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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Darkest Secret

HQN Books © 2011 Gena Showalter Traduzione di Anna Polo

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne

ottobre 2011

Questo volume è stato stampato nel settembre 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico quindicinale n. 50 del 28/10/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Strider, custode del demone della Sconfitta, varcò le im-ponenti porte della fortezza di Budapest che condivideva con un gruppo crescente di amici – fratelli e sorelle uniti dalle circostanze, più che dal sangue, ma non per questo meno legati tra loro – lottando contro un impeto di inne-gabile piacere. Ce l'aveva fatta! Aveva inseguito il nemico per tutti i continenti e rinunciato a uno degli oggetti divini necessari a trovare e distruggere il vaso di Pandora – cosa che gli a-vrebbe procurato una bella punizione – era stato mangiato vivo dagli insetti e ferito dal coltello di una pollastrella, ma alla fine aveva vinto. E ora era pronto a festeggiare. «Sono il re del mondo! Venite qui a bearvi nella mia gloria.» La sua voce echeggiò nell'atrio, ma nessuno rispo-se. Ridacchiando, spostò comunque la donna priva di sensi che portava in spalla in una posizione più comoda... per lui. Era lei il nemico che aveva inseguito e la pollastrella così scortese da trafiggergli il pancreas con un pugnale. Non vedeva l'ora di annunciare agli altri che era riuscito dove loro avevano fallito. «Ehi, paparino è tornato a casa!» annunciò a gran voce. «C'è qualcuno?»

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Nessuna risposta. La sua euforia cominciò a svanire. Maledizione. Quando perdeva una sfida stava malissi-mo per giorni, ma quando vinceva vibrava di energia e gli pareva di scoppiare di gioia. Era quasi come un orgasmo. Aveva bisogno di condividere quell'entusiasmo con qual-cuno: nella fortezza vivevano dodici guerrieri, molti dei quali accoppiati, e nessuno lo aspettava per dargli il ben-venuto! Con tutti i dispositivi e gli allarmi che tenevano sotto controllo la casa e i suoi paraggi, la sua presenza era stata di certo notata, eppure... Non aveva senso. Forse se lo meritava, ammise: non mandava SMS e non telefonava da una settimana, ma in fondo nell'ultimo ag-giornamento gli avevano detto che il pericolo era passato e che tutti potevano tornare, così aveva smesso di chiamare per sapere come andavano le cose. Per consolarsi immaginò l'espressione della prigioniera al suo risveglio: si sarebbe ritrovata in gabbia, una scoper-ta non piacevole. Poi si guardò intorno e le ultime tracce di euforia sparirono. Si fermò di colpo. Nel breve lasso di tempo della sua assenza qualcuno aveva cambiato in modo radicale la cupa fortezza che i guerrieri consideravano casa loro. Il malconcio pavimento di pietra era adesso di marmo bianco con venature di am-bra e le pareti sbrecciate erano coperte di lucidi pannelli di palissandro. La scalinata saliva serpeggiando, senza più crepe, orna-ta da una brillante ringhiera d'oro. C'erano anche una pol-troncina di velluto bianco e bacheche di vetro piene di og-getti preziosi – vasi decorati, scrigni tempestati di pietre preziose e antiche punte di lancia. Niente era là in precedenza. Tutti quei cambiamenti in meno di un mese? Sembrava

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impossibile, anche con i Titani che entravano e uscivano dalla fortezza a loro piacimento. Inoltre quegli dei erano interessati a provocare morte e distruzione, più che alla decorazione d'interni. O forse, tutto preso dalla soddisfa-zione per il lavoro svolto, era entrato nella casa sbagliata? Gli era già successo in passato. Se le cose stavano davvero così, non sarebbe stato faci-le spiegare lo stato pietoso della donna che portava in spalla, o giustificare le macchie di sangue sui propri vestiti senza passare un po' di tempo in prigione. No, decise un attimo più tardi: quella era la casa giusta. Sul muro che fiancheggiava la scalinata era appeso un ri-tratto di Sabin, custode del demone del Dubbio. Nudo. Solo una persona poteva osare una cosa del genere: Anya, dea dell'Anarchia e compagna di Lucien, custode del de-mone della Morte. Una strana coppia, a suo parere, ma vi-sto che nessuno gli aveva chiesto la sua opinione se l'era tenuta per sé. Inoltre, meglio stare zitto che perdere la sua appendice preferita: Anya non gradiva le critiche. «Ehi, Tor Tor» gridò. Torin, custode del demone della Malattia, non lasciava mai la fortezza. Seguiva sugli schermi dei computer tutto ciò che succedeva, si assicurava che non si verificassero invasioni e faceva un sacco di soldi per tutti loro. Quando gli rispose solo l'eco del suo richiamo, Strider cominciò a preoccuparsi. Era successo qualcosa di cata-strofico? I demoni erano stati spazzati via? Ma, allora, per-ché lui era ancora là? O forse Kane, custode del demone del Disastro, aveva avuto una settimana particolarmente devastante e... Sentì un suono di passi sempre più vicino e il sollievo lo invase. Sollevò lo sguardo e scorse Torin in cima alle scale, in piedi su un tappeto a strisce stile zebra che non

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aveva mai visto prima. I folti capelli bianchi gli incornicia-vano il viso dalla bellezza diabolica, gli occhi verdi brilla-vano come smeraldi, era vestito tutto di nero e le mani e-rano coperte da soffici guanti, necessari a salvare l'umani-tà. «Bentornato a casa» lo salutò. «Testa di cazzo» aggiun-se. «Che saluto carino!» «Non chiami, non scrivi e ti aspetti un benvenuto con mazzi di fiori e acclamazioni?» «Certo.» «Logico.» Il minimo contatto con la pelle di Torin bastava a sca-tenare un'epidemia devastante; Strider era immortale e non sarebbe morto, ma nel caso degli umani il contagio poteva diventare inarrestabile. Inoltre lui lo avrebbe passa-to a chiunque toccasse: per quanto non adorasse sedurre le donne mortali, quando lo faceva preferiva la modalità pelle contro pelle. «Allora, tutto a posto qui?» chiese. «Stanno tutti bene?» «Vuoi proprio saperlo?» «Sì.» «Be', va tutto più o meno bene. La maggior parte dei ragazzi è in giro a nascondere gli oggetti divini, a cercare l'ultimo o a dare la caccia a Galen.» Torin scese le scale facendo i gradini a due per volta e si fermò in fondo, re-stando a distanza di sicurezza. Come sempre. Puntò lo sguardo sulla donna e un lampo divertito gli illuminò gli occhi verdi. «Ti sei innamorato anche tu? Coglione! Pen-savo avessi più buon senso.» «Per favore! Non voglio avere niente a che fare con questa stronza.» Bugia: durante il loro lunghissimo viag-gio, si era trovato spesso a desiderarla, per poi odiarsi

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sempre di più. Quella donna era un concentrato di sesso, ma anche un pericolo mortale. Le labbra sensuali di Torin si incurvarono divertite. «È quello che diceva Maddox di Ashlyn, Lucien di Anya, Re-yes di Danika, Sabin di...» «Okay, okay, ho capito.» Strider alzò gli occhi al cielo. «Ora stai zitto.» La ragazza lo attraeva, era vero, ma non sarebbe mai stato così stupido da farsela. Le donne gli pia-cevano docili e sane di mente. Bugiardo. Lei ti piace davvero. Purtroppo non poteva incolpare il suo demone per quell'ammissione, ma... Perfi-no in quel momento gli bastava pensare a lei per sentire il corpo teso ed eccitato. Torin incrociò le braccia sul petto. «Allora, chi è? Un'umana con capacità sovrannaturali? Una dea? Un'Ar-pia?» In effetti i suoi amici tendevano a scegliere donne po-tenti, con talenti particolari: Ashlyn poteva sentire le voci del passato, Anya appiccava incendi con la mente (e non solo), Danika vedeva nei cieli e nell'inferno e Gwen, la moglie di Sabin, aveva un lato oscuro che mostrava prima di uccidere l'avversario in modo atroce. «Amico mio, quella che ho portato qui è un'autentica Cacciatrice.» Strider le diede una pacca sul sedere, come per sottolineare che non aveva alcun valore per lui, ma non rivelò all'amico chi era. Non sapeva come mai: forse era colpa della stanchezza. Sì, in effetti era sfinito e non aveva voglia di affrontare commenti, domande e lodi. L'indomani, dopo una buona notte di risposo, avrebbe raccontato tutto. La ragazza non reagì alla pacca, d'altra parte Strider non se l'aspettava: l'aveva drogata più volte, mentre giravano il mondo passando da Roma alla Grecia, da New York a Los

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Angeles e infine a Budapest, inseguiti invano dagli altri Cacciatori. Volevano salvarla, ma non ci sarebbero mai riusciti. Abbiamo vinto!, proclamò euforico il suo demone. Esatto, confermò Strider con un fremito deliziato. «Una Cacciatrice?» Torin perse ogni divertimento e gli occhi verdi assunsero un bagliore duro e letale. «Temo di sì.» I Cacciatori erano i loro più acerrimi nemici, fanatici de-cisi a distruggerli: quei bastardi li consideravano malvagi al di là di ogni possibilità di redenzione e li incolpavano di ogni male. Strider dal canto suo era deciso a spedirli all'in-ferno uno alla volta. Se avesse usato le bombe a mano, magari poteva inviarne centinaia in un colpo solo in quei gironi infuocati. Dipendeva dall'umore del momento. «Avresti dovuto eliminarla» commentò Torin. «Ora Sa-bin vorrà parlare con lei.» Ossia torturarla. «Lo so: è per questo che è ancora vi-va.» Quella ragazza sapeva cose interessanti sugli dei e poteva compiere imprese incredibili, come materializzare delle armi dal nulla. Strider era convinto che ci riuscissero solo gli angeli, ma lei non lo era. E non solo perché le mancavano le ali. Il suo caratterino non era certo angelico. Voleva sapere tutto, e poi c'era dell'altro: non era riu-scito a eliminarla. Ogni volta che ci aveva provato, guarda-re il suo bel viso l'aveva fatto esitare. L'esitazione aveva lasciato il posto al desiderio e lui aveva dovuto lottare con-tro l'impulso di baciarla, invece di ucciderla. Sabin non si sarebbe lasciato commuovere. In fondo quella donna... Strider digrignò i denti e un dolore atroce si propagò dalle tempie al cervello: reagiva sempre in quel modo, quando si ricordava che quella donna aveva aiutato a de-

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capitare il suo amico Baden, un tempo custode del demo-ne della Sfiducia. Non avrebbe mai potuto dimenticare o perdonare quell'azione. Era successo migliaia di anni prima, ma il dolore era vi-vo come se fosse accaduto quella mattina: quel giorno un pezzo della sua anima era morto insieme all'amico e, co-me la ragazza aveva imparato nel loro viaggio, era avvizzi-ta anche una parte del suo cuore. Strider non aveva più alcuna pietà. Soprattutto non per lei. Pensava di essersi vendicato tanti secoli prima, ucci-dendola: ricordava bene il sibilo della lama che si abbatte-va su di lei, decapitandola, il lago di sangue, l'odore di morte, il rumore del corpo che cadeva e l'ultimo rantolo uscito dalla sua bocca, eppure eccola là, viva, vegeta e pronta a farlo impazzire. Forse l'aveva uccisa, ma lei era rinata, oppure la sua a-nima era stata inserita in un altro corpo. O forse era più immortale di lui ed era guarita da quell'incredibile ferita. Non lo sapeva e non se ne curava. Una sola cosa contava: lei era Hadiee dell'antica Grecia. Be', adesso si faceva chiamare Haidee. Per dare un tocco moderno al suo nome, diceva. Be', lui se ne fregava: la chiamava Gius, diminutivo di Giustiziere dei demoni. La prova dei suoi crimini era evidente nei suoi gelidi, duri occhi grigi, nell'orgoglio che le vibrava nella voce o-gni volta che parlava di quella notte fatale – adoro il modo in cui la sua testa è rotolata – e nei tatuaggi sulla schiena: Haidee: 1, Signori: IIII. Haidee meritava tutto quello che lui e Sabin le avrebbe-ro fatto. «La porto nelle segrete» annunciò con un misto di sod-

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disfazione e rimpianto che non aveva mai sentito nella propria voce. «Sii carino, avverti il nostro amico Dubbiet-to» aggiunse mettendosi in moto. «Non posso. C'è... una cosa che devi vedere.» Le parole di Torin erano cariche di paura, desolazione e di una sorta di cupa aspettativa. Strider si fermò di colpo, sistemò Gius per evitare che scivolasse a terra e si voltò verso l'amico. Notò quanto fosse pallido e il terrore lo invase. «Hai detto che andava tutto bene. Cos'è successo?» Torin scosse la testa. «Non c'è modo di spiegartelo: devi vederlo. E poi ho detto che tutto andava più o meno bene. Ora vieni.» «La ragazza...» «Porta anche lei: sarà ben sorvegliata.» Torin corse su per le scale, facendo di nuovo i gradini due alla volta. Strider lo seguì sempre più allarmato, con Gius che gli ballonzolava sulla spalla. Se fosse stata sveglia avrebbe ur-lato di dolore per i continui colpi allo stomaco e lottato con un'abilità e una tenacia che pochi guerrieri possede-vano. Peccato che le droghe fossero così potenti: un bel corpo a corpo gli avrebbe calmato i nervi. Rinchiudere quell'abominevole Cacciatrice nelle segrete avrebbe richiesto solo pochi minuti; perché Torin glielo aveva impedito? Cosa c'era di così urgente e importante da mostrargli? Quelle domande svanirono appena raggiunto il piane-rottolo. Strider rimase a bocca aperta, senza parole: angeli dappertutto. Non c'era da meravigliarsi che la casa fosse cambiata. Erano allineati lungo le pareti, con le immense ali bian-che striate d'oro, il tratto distintivo degli angeli guerrieri. Il loro profumo – un misto di orchidea, rugiada del mattino,

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cioccolata e champagne – pervadeva l'aria. L'altezza va-riava, ma era sempre notevole; nonostante le lunghe vesti bianche dall'apparenza femminile, i loro muscoli potevano competere con i suoi. In maggioranza erano maschi e tutti erano assassini di demoni abituati a inseguire, distruggere e a volte protegge-re. Dato che non gli corsero incontro brandendo una spa-da di fuoco, immaginò che al momento quell'ultima fun-zione avesse la precedenza. Li osservò con attenzione: erano ventitré in tutto, ma nessuno ricambiò il suo sguardo. Rigidi e silenziosi, fissa-vano tutti davanti a sé. Fisicamente lo affascinavano, per quanto gli costasse ammetterlo. Il loro magnetismo aveva un effetto ipnotico, come una droga per gli occhi. I capelli presentavano le sfumature più diverse, da neri come la notte a bianchi come la neve, ma il suo colore preferito era il biondo, così ricco e vivo da sembrare oro fuso. In ogni caso Strider non li avrebbe presi in giro per quei boccoli dorati: gli angeli non lo avevano attaccato, né degnato di uno sguardo, ma emanavano lo stesso una po-tenza mortale. Qualcuno si schiarì la gola. Strider batté le palpebre e si rese conto che Torin era al centro del corridoio. Probabilmente era sempre stato lì, ma appena aveva scorto gli angeli lui si era dimenticato di qualsiasi altra cosa. Ehm, davvero imbarazzante. «Perché?» fu tutto ciò che riuscì a chiedere. Torin capì al volo cosa intendeva. «Aeron e William hanno portato Amun all'inferno per liberare Legione. Ci sono riusciti. Lei è viva e sta guarendo, ma Amun...» Strider completò da solo la frase e fu tentato di sbattere un pugno contro il muro: il custode del demone dei Segre-

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ti aveva una miriade di nuove voci nella testa. Conosceva Amun da millenni e sapeva che il suo de-mone assorbiva i pensieri più cupi e i misteri più profondi di chiunque gli stesse vicino: cose sepolte da tempo, orri-bili, raccapriccianti, indesiderate e umilianti. Se Amun era stato all'inferno, un luogo gremito di demoni nella loro forma più pura, ora la sua testa doveva essere piena di o-gni sorta di orrori: sussurri malevoli, immagini perverse che cancellavano l'essenza di ciò che era. O meglio, di ciò che era stato. «E gli angeli?» chiese a denti stretti. Non era molto edu-cato parlare di loro come se non fossero là, lo sapeva, ma in quel momento non gliene fregava niente: non voleva bene a molta gente, ma di sicuro era affezionato agli altri abitanti della fortezza, posseduti da un demone come lui. Li amava più di quanto amasse se stesso, ed era tutto dire! «Volevano ucciderlo, ma...» «Cazzo, no!» ruggì Strider. Chi osava toccare uno dei suoi amici avrebbe perso le mani, gli arti, gli organi e, alla fine, anche la vita. Sollevò Gius, la prese tra le braccia e la sistemò a terra, poi si fece avanti brandendo un pugnale. Sconfitta avvertì il suo bisogno di distruggere e scoppiò a ridere. Vittoria! «Fermati.» Torin sollevò un braccio per bloccarlo, pur indietreggiando per mantenere la solita distanza di sicu-rezza. «Lasciami finire, maledizione. Volevano ucciderlo, ma non lo hanno fatto e non lo faranno» terminò. Non ancora, almeno. La frase restò sospesa nell'aria. Strider preferì ignorare quella minaccia e si fermò, tutto sudato e ansimante per l'improvviso accesso di rabbia fu-ribonda. Niente vittoria?, piagnucolò il suo demone.

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Non è stata lanciata nessuna sfida. Dunque poteva ti-rarsi indietro senza conseguenze. Sconfitta sospirò deluso. «Perché sono qui, allora?» sbottò Strider. Gli occhi verdi di Torin si rabbuiarono, mentre lui pas-sava il peso da un piede all'altro e apriva e richiudeva la bocca. «Amun non ha assorbito solo nuovi ricordi, ma an-che centinaia di demoni.» «Com'è possibile? Ho vissuto insieme a lui per secoli e non ha mai assorbito il mio demone.» «E neanche il mio, ma i nostri sono demoni di rango superiore, che possono legarsi a degli umani. Quelli erano demoni minori, capaci solo di attaccarsi a quelli come i nostri... e lo hanno fatto, con il suo. Amun ora è conta-minato e rappresenta un pericolo molto peggiore del tocco della mia pelle. Gli angeli sono qui per sorvegliarlo, limita-re i suoi contatti con gli altri e assicurarsi che non se ne vada, o faccia male a se stesso o agli umani.» Strider si incupì. Amun parlava di rado, deciso a conte-nere dentro di sé i segreti che aveva rubato suo malgrado, così che nessun altro dovesse affrontarli. Era un peso orri-bile, che pochi sarebbero stati in grado di sopportare, ep-pure lui lo faceva per preservare il benessere di chi gli stava intorno. Amun un pericolo? No, non poteva crederlo. «Spiegati meglio» ordinò imperioso. «Amun trasuda malvagità: ti basterà entrare in camera sua per percepirla e cominciare a desiderare cose orribili.» Torin rabbrividì. «Non riuscirai a scacciare quei desideri di-sgustosi; ti resteranno attaccati per giorni.» A Strider non importava. E comunque non riusciva a crederci. «Voglio vederlo.» Torin esitò un attimo – pareva quasi che si aspettasse quella richiesta – poi assentì. «Ma la ragazza...»

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Strider sentì un fruscio di vestiti alle sue spalle, seguito da un gemito femminile. Si girò in tempo per vedere un angelo che prendeva in braccio Gius e la portava nella ca-mera vuota accanto a quella di Amun. Fu sul punto di avventarsi sulla creatura celeste e strap-pargliela dalle braccia. Aveva già avuto a che fare con gli angeli – in particolare con Lysander, il capo dei guerrieri – e sapeva che quegli esseri non avrebbero mai capito la profondità del suo odio per lei. L'avrebbero considerata un'umana innocente, bisognosa di cure e gentilezza. A-mun però era più importante di Haidee, così lui non si mosse. «Tanto perché lo sappiate, quella donna è peggiore di un demone» li avvertì. «Farete meglio a sorvegliarla come Amun. Non uccidetela, però» aggiunse prima di riuscire a fermarsi. «È in possesso di informazioni che ci servono.» L'angelo si fermò e si girò verso di lui. Aveva gli occhi verdi come Torin, ma i suoi erano limpidi, intensi e sfolgo-ranti. «Sento la sua infezione» dichiarò con voce profonda. «Farò in modo che non lasci la fortezza e che resti viva. Per ora.» Infezione? Strider non ne sapeva niente, ma in quel momento non se ne curò. «Grazie.» Maledizione, non pensava che sarebbe mai arrivato a ringraziare un assassi-no di demoni! Be', a parte Olivia, la compagna di Aeron. Scosse la testa, scacciò dalla mente Gius e qualsiasi altra cosa e seguì Torin, che si fermò in fondo al corridoio, tras-se un respiro mesto e girò la maniglia. «Stai attento» gli raccomandò. Poi si fece da parte per permettergli di entrare. La prima cosa che notò fu l'aria densa e cupa. Poi sentì l'odore di zolfo e venne investito da urla attenuate ma in-dimenticabili. Erano migliaia e creavano un coro colmo di

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orrore. Si fermò ai piedi del letto e abbassò lo sguardo: Amun si dibatteva sul materasso, tappandosi le orecchie e gemendo. No, si rese conto un attimo dopo: quei gemiti non venivano dal suo amico, che teneva la bocca aperta in un grido senza fine che non riusciva a liberare, ma da lui stesso. La pelle scura era ridotta a brandelli sanguinanti. Come guerriero immortale, Amun si riprendeva in fretta, ma quelle sembravano ferite guarite e poi riaperte infinite vol-te. Il tatuaggio a forma di farfalla un tempo gli ornava il polpaccio destro, ma ora si muoveva su per la gamba, arri-vava allo stomaco, si frammentava in centinaia di piccole farfalle, si riuniva formandone una e poi scompariva dietro la schiena. Com'era possibile? Strider studiò tremando il viso, dove le ciglia sembrava-no incollate e le orbite così gonfie che... Una nausea atro-ce lo invase: l'amico aveva cercato di cavarsi gli occhi, for-se per bloccare le immagini che si formavano dietro di es-si. Fu l'ultimo pensiero coerente che riuscì a formulare, poi l'oscurità lo avvolse, colmandogli la mente e consumando-lo. Ricordò i pugnali che portava assicurati a varie parti del corpo; avrebbe dovuto brandirli e usarli per fare a pezzi se stesso, Amun, gli angeli appostati fuori dalla porta e tutto il mondo. Il sangue sarebbe fluito a fiumi, la carne sarebbe caduta a brandelli, le ossa si sarebbero polverizzate. Avrebbe bevuto il sangue e divorato le ossa, ma non sa-rebbero stati loro a mantenerlo in vita. No, a quello avreb-bero pensato le urla di dolore provocate dalle sue azioni. Avrebbe gioito del terrore altrui e riso, riso tanto. Scoppiò a ridere: quel suono raggelante era musica per le sue orec-chie.

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Sconfitta non sapeva come reagire. Starnazzò, piagnu-colò e infine si rifugiò in fondo alla mente di Strider. Il demone aveva paura. Qualcosa di forte e duro lo afferrò per gli avambracci e lo tirò all'indietro, strappandolo all'oscurità e trascinando-lo fuori dalla stanza, in una luce intensa. Strider scalciò e gridò, mentre gli occhi bruciavano e si riempivano di la-crime. Queste gli schiarirono la mente e le immagini or-rende di poco prima svanirono. Più o meno. Batté le palpebre confuso. Tremava con violenza, era tutto sudato e le palme sanguinavano perché aveva affer-rato i pugnali per la lama e li stringeva ancora. Il dolore era forte ma sopportabile. Aprì le dita e le armi caddero a ter-ra. Un angelo gli stava davanti, un altro dietro. Sfolgorava-no di una luce interiore intensa come quella del sole. Stri-der prese un respiro, poi un altro, e ringraziò gli dei: niente odore di zolfo e sapore di cenere. Solo il profumo della ru-giada del mattino e il ritorno della cruda realtà. Era quello che Amun doveva sopportare? Lui aveva avuto solo un assaggio, mentre l'amico era immerso in quell'orrore giorno e notte. Nessuno poteva restare sano di mente in una situazione del genere. «Guerriero?» lo chiamò l'angelo di fronte a lui. «Sono di nuovo me stesso» gracchiò Strider. Una bugia: non sarebbe mai più stato uguale a prima. Guardò al di sopra della spalla dell'angelo e scorse To-rin. Condivisero un momento di inorridita comprensione, poi l'attenzione si puntò di nuovo sull'angelo. «Perché vi limitate a stare qui fermi? Qualcuno dovrebbe incatenarlo: si sta facendo a pezzi. E infilategli una flebo, cazzo! Ha bisogno di medicine, di nutrimento.» I due angeli si scambiarono un'occhiata simile a quella

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che lui aveva condiviso un attimo prima con Torin, ma la loro era carica di conoscenze acquisite solo attraverso bat-taglie e dolori. Poi uno tornò vicino al muro e l'altro entrò in camera di Amun. «Gli abbiamo già fatto molte flebo, ma non durano mai a lungo» spiegò il primo angelo. «Gli aghi schizzano fuori dalle vene. Possiamo incatenarlo, però. E prima che tu ci chieda di lavarlo e curarlo, sappi che lo stiamo facendo: gli facciamo il bagno, gli laviamo i denti, gli ripuliamo le feri-te, lo alimentiamo, ci prendiamo cura di lui in tutti i modi possibili.» «Quello che fate non basta.» «Se hai altre idee, siamo pronti ad ascoltarle.» Strider non aveva risposte. Controllava di nuovo i suoi pensieri, ma il bisogno di uccidere, di fare del male agli in-nocenti non era sparito del tutto. Era ancora là, come una patina sottile sulla pelle. Aveva la sensazione che non sarebbe riuscito a liberar-sene neanche sfregandosi a sangue. Come avrebbe fatto Amun a sopravvivere a un simile orrore?

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Patto col diavolo COLLEEN GLEASON

Demon's Secret GENA SHOWALTER

Londra, 1804. Membro della Draculia, un'associazione se-greta di aristocratici che hanno venduto l'anima al diavolo, il Visconte Voss Dewhurst è sempre stato molto attento a rimanere neutrale nella guerra in corso tra i suoi simili. Finché, a un ballo, non incontra Angelica Woodmore. Che scatena in lui insaziabili e pericolosi desideri...

Amun, custode del demone dei Segreti, ha scelto di non parlare per non tradire le persone che ama. Ma proprio per questo ora rischia di morire. Poi incontra Haidee, una spie-tata Cacciatrice che sembra in grado di alleviare le sue sofferenze. E che anziché odiarlo è attratta da lui. Ma sarà disposta ad affrontare un micidiale nemico per amore?

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Graffio sull'anima RACHEL VINCENT

Ghost Shadow - L'isola delle ossa HEATHER GRAHAM

Il momento che Faythe temeva è giunto, la guerra tra clan è scoppiata e i nemici della sua famiglia hanno coinvolto nel conflitto una nuova, pericolosa specie di mutaforma. Per giunta, la tensione tra Marc e Jace è alle stelle, e lei sa di dover prendere una decisione. E che non sarà facile, perché per salvare il clan avrà bisogno di entrambi.

Pochi, tra i vivi, percepiscono la presenza degli spiriti che camminano in mezzo a noi, e Katie O'Hara è una di essi. Da quando è tornata a Key West, più si addentra nei miste-ri che riguardano un omicidio commesso in passato, più si fanno insistenti gli avvertimenti di un amico fantasma. E scoprire la verità diventa tutto a un tratto fondamentale...

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Francesca Moretti, investigatrice privata, sta indagando sulla scomparsa di una giovane con l’aiuto dell’aitante Jonah Young. Peccato che la presenza di Jonah, invece di aiutarla, complichi ulteriormente le cose… BRENDA NOVAK fi rma una vicenda mozzafi ato, dove il passato torna a fare i conti con il presente in un susseguirsi di sospetti, colpi di scena e incontri appassionati.

CALDO PERICOLO

IL VERDETTO

Per l’avvocato Jaywalker non c’è caso che non possa fi nire con un trionfo. Ma ci sono

processi che neppure lui può vincere. Eppure, anche quando ogni indizio sembra essere contro il suo

assistito, il suo istinto gli suggerisce di non mollare. E forse, ancora una volta, potrebbe non sbagliare.JOSEPH TELLER torna con un nuovo, avvincente

legal-thriller, dove nulla è ciò che sembra…

Brenda Novak

Joseph Teller

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