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numero tre luglio 2010 la letteratura nel pallone

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La rivista di libri e culture letterarie

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numero tre luglio 2010

la letteratura nel pallone

Redazione

Paola Calvetti Carla Casazza Marco Crestani Layla El Sayed Michele Genchi Alen Loreti Valeria Merlini Geraldine Meyer Francesca Schirone

U�cio Stampa Paola Manduca

Colophon Agnese Trocchi

[email protected]

le foto di questo numero sono di: © Il Riccio, Ab Kolan, Diego 78, TekHouse da Flickr

pag. Sommario 3 Editoriale scrivere con i piedi

5 Speciale del mese: La letteratura nel pallone6 calcio e letteratura, di Claudio Agostoni9 scuola di calcio, di Pier Paolo Pasolini

Recensioni: 13 Darwin Pastorin, Le partite non �niscono mai16 La febbre secondo Nick Hornby 18 Io sono El Diego

15 l’ articolo:, Osvaldo Soriano Futball Club la storia di una sorprendente squadra di calcio

20 piccola cosmogonia portatiloe ad uso del tisofo di calcio. I libri da leggere

Dal classico “Pensare con i piedi” di Soriano, a “Feb-bre a 90°” di Nick Hornby, non sono pochi i testi di narrativa ispirati o dedicati al mondo del calcio. Ma già Leopardi, nel 1821, aveva scritto la canzone A un vincitore nel pallone.

Quando mi è venuto in mente di scrivere una storia su una società che va in pezzi perché un beniamino delle folle sparisce, ho subito pensato a un calcia-tore. Forse perché è difficile trovare un'altra cosa "futile" come il calcio che sia in grado di legare a sé l'interesse e la passione di tanta gente, di ogni ceto e censo sociale (donne incluse: probabilmente il calcio è lo sport con il maggior numero di tifose). Tanto che non so quanti lo considerino davvero un gioco (eppure si dice "il gioco del calcio"): semmai potrebbe essere una versione incruenta (ma nean-che tanto) della guerra, combattuta con strategie e tattiche e tutto l'ardore di cui si è capaci, al coman-do di un "generale" che osserva e dà ordini fuori dal campo di battaglia, come gli antichi condot-tieri. O più prosaicamente come una rissa tra un branco di bravi pagati per dar lustro al signorotto di turno. Gli scrittori, che pensano in grande, gli piace invece vederlo come una metafora della vita: "Tutto quello che so della vita, l'ho imparato dal calcio" arrivo' a dire Albert Camus, e non era-no ancora i tempi di Zidane e compagni. In tema, Fernando Acitelli ha intitolato il suo canzoniere del calcio mondiale (185 ritratti in poesia di calciatori

famosi) La solitudine dell'ala destra: come si può indovinare, non intende certo alludere alla frustra-zione del giocatore che non sa a chi passar palla. Molto prima di lui, nel 1821, Leopardi aveva scritto la canzone classicheggiante (pesantuccia) A un vincitore nel pallone, in elogio all'atleta vittorioso, il cui vigore vorrebbe riuscire ad applicare nelle cose della vita. Metafore a parte, il pallone di cui parla Leopardi è ancora ben lontano da quello che si intende oggi: è uno sport più simile alla palla-volo o al tennis. Ma dopo avere inventato la palla, gli uomini, a partire dall'omerica Nausicaa, si sono ingegnati a trovare tutti i modi possibili per giocar-ci. Il calcio, ufficialmente, risulta inventato nel 1860 in Inghilterra: stando ai testi sacri, arrivò in Italia nel 1880, anche se già nel XV secolo ci si azzuffava in una specie di calcio-rugby. Nessun dubbio comun-que sulla data del primo campionato nazionale: fu nel 1898, a Torino, in un sola giornata: se lo dispu-tarono quattro squadre (tre torinesi e una geno-vese) e lo vinse, entrando nella leggenda, il Genoa Crickett and Football Club, italianissima squadra dal nome tutto inglese. Questo lontanissimo e mitologico esordio è raccontato da Dario Voltolini, insieme alle imprese di Platini, agli esordi di Franco Baresi, a Italia-Germania di Città del Messico e a molto altro ancora, nella raccolta di racconti intito-lata 10 (intervista all'autore nel Cafè letterario), in omaggio alla maglia magica del gioco del calcio. Per una dettagliata storia del calcio si può vedere

editoriale

Scrivere con i piedi: quando il calcio incontra la letteratura.

editoriale

il sito Cronologia, che per altro contiene anche una altrettanto dettagliata storia della letteratura mondiale. Le incursioni degli scrittori nel campo del calcio (non nel "campo di calcio": anche questa sarebbe una bella storia da scrivere) sono racconta-te da Claudio Agostoni nell'articolo on-line Calcio e letteratura, che ho ripreso per questo numero, arricchito con un contributo di Darwin Pastorin e la già citata intervista a Dario Voltolini. Più ristret-to l'intervento anonimo sul sito dell'Università di Bologna, dove sono approfondite le cinque poesie sul calcio di Umberto Saba e le teorie calcistiche di Pasolini. Secondo Pasolini, il calcio praticato in Europa, tutto teso all'organizzazione del gioco di squadra, equivale a un discorso in prosa, mentre il calcio sudamericano, che si affida all'estro dei solisti, è poesia. E quando prosa e poesia si scontra-no, chi vince? Stando alle statistiche, si direbbe la poesia (anche se il gioco "prosastico" della Germa-nia potrebbe dire la sua. E l'Italia? Siamo una via di mezzo, abbiamo inventato i poemi in prosa del calcio). Ancora di Darwin Pastorin (con Paolo Collo) una rassegna pubblicata sul sito di Einaudi alla vi-gilia dei disgraziati mondiali coreanici-giapponesi. Vi compaiono molti interessanti testi (tra cui Il gri-do silenzioso, del giapponese Kenzaburo Oe) tutti più o meno "contaminati" dal calcio. Ma l'interesse degli scrittori per il calcio è solo una faccia della medaglia: dall'altra parte va registrata la passione, sul piano della produzione non meno feconda, di

calciatori e affini per la scrittura. A conferma della teoria secondi cui gli uomini aspirano a diventare famosi soltanto per pubblicare un libro. Dunque, tra i calciatori scrittori troviamo stelle di primissimo piano: Diego Armando Maradona, primo fra tutti, con Io sono El Diego: autobiografia confessione, fuori e dentro il campo, del più discusso asso del pallone. Tra i campioni di casa nostra, Paolo Rossi ha intitolato la propria storia Ho fatto piangere il Brasile. Chi non ricorda? Più tecnico il libro con cui Johan Cruyff spiega il suo modo di vedere il cal-cio. E il titolo non potrebbe essere più eloquente: Mi piace il calcio ma non quello di oggi. Infine, è in uscita il libro del migliore arbitro del mondo, il commendator Collina, ormai ricercato dagli spon-sor come una vera stella. Bisogna riconoscere al calcio un altro primato: riesce a rendere famosi persino gli arbitri.

Massimo Violahttp://web.infinito.it/utenti/m/mviola/index.htm

editoriale

speciale mese

la letteratura nel pallone

Calcio e Letteratura

di Claudio Agostoni

Il calcio e letteratura in Italia non hanno mai avuto un rapporto serio e consolidato. Non mancano pre-stigiose eccezioni. Pasolini e Umberto Saba hanno scritto pagine stupende. E Giacomo Leopardi nel 1821 scrisse un'ode dedicata a Carlo Didimi di Treia, una stella del pallone (all'epoca una sorta di incrocio tra la pallavolo e il tennis). E Vittorio Sereni presagì in tempi non sospetti gli odierni veleni tra l'Inter (di cui era tifoso) e la Juventus:

Il verde è sommerso in neroazzurri.Ma le zebre venute di Piemontesormontano riscosse a un hallalìsquillato dietro barriere di folla...

Ma pur sempre di eccezioni si tratta. Una vera e propria letteratura calcistica non esiste, anche se il nostro è l'unico paese al mondo che può vantare tre testate quotidiane sportive. Il direttore Cannavò mi perdoni ma di sicuro il suo giornale (la mitica 'Gazza') non si segnala per la qualità di chi ci scri-ve. Anche qui abbiamo avuto delle eccezioni che hanno prodotto ottimi libri (Brera su tutti). Tra i giornalisti tutt'ora in campo meritevole di nota è Storie esemplari di piccoli eroi. E' un libro di Cesare Fiumi, penna sportiva del Corriere della Sera. Come

recita il sottotitolo si tratta di un viaggio nello sport dell'Italia di ieri, racconti epici da un tempo scadu-to. La storia più antica è del 1912, la più recente è del 1951. I protagonisti, che si raccontano in prima persona, non sono solo calciatori, ma anche ciclisti, motociclisti e duecentometristi. Tra i protagoni-sti posso provare a stendere una formazione che funzioni (cercando di far si che funzioni anche col contrappunto da campanone dei cognomi tron-chi): Buffon, Ferrario, Lodetti, Tagnin, Lorenzi, Me-roni, Da Rin, Balmamion, Pivatelli, Blason e Pascutti. Dalle pagine dedicate a Giovanni "baslèta" Lodetti: "...Altri tempi i miei. Penso al raduno ad Asiago, con il Milan nel '62, quando mi convocarono a discutere il mio primo contratto. Gipo Viani e Nereo Rocco parlarono tra loro per dieci minuti, come se io non ci fossi, e poi mi guardarono e chiesero a brucia-pelo: 'Beh, tu?'. 'Sono qui per il contratto'. 'Ma sei tu che devi pagare noi che ti facciamo giocare...' Molto semplicemente era una battuta, eppure corrispon-deva alla verità."

L'avere nominato un protagonista del calibro di Nero Rocco ci impone di segnalare un libro a lui dedicato. Trattasi di El Paron del giornalista triesti-no Giuliano Sadar. Dalla mitica esperienza con il Padova ai successi rossoneri, dall'innamoramento granata all'addio.La prefazione è a cura dell'attuale CT degli azzurri Cesare Maldini, che fu lanciato in serie A proprio da Nereo Rocco. Insieme lavorarono per il Torino

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negli anni in cui giocava uno dei personaggi più bizzarri e umani della storia del calcio italiano: Gigi Meroni. La sua meravigliosa e malinconica storia è raccontata nel libro La farfalla granata del sociolo-go Nando Della Chiesa. Una storia che vede come fondale una scorpacciata di canzoni di Eduardo Vianello e uno scatenamento danzereccio a base di twist nelle balere della riviera. Erano anni, quelli, in cui chi portava il numero 7 faceva l'ala destra e non il cursore di fascia. Con il suo estro e la sua poesia, dentro e fuori dal campo, e grazie alla sua bizzarra imprevedibilità probabilmente fu, nell'am-biente calcistico, l'unico interprete della domanda di libertà che investì l'universo giovanile negli anni sessanta. E proprio a quegli anni, spesso, corre il ricordo dei protagonisti dei racconti che compaio-no su Il pomeriggio dell'atleta stanco, una piccola antologia di sensazioni, odori e rumori ben noti a chi ama l'attività motoria. Gli autori sono Giampie-ro Comolli, Daniele Azzolini, Sandro Onofri, Manilo Santanelli, Valeria Viganò e Marco Lodoli.

Di quest'ultimo imperdibile il raccontino dal tito-lo "Spopolamenti"dove si scopre che la vita può essere divisa in cicli legati alle proprie esperienze di calciatore. E così si scopre che anche Lodoli è uno dei tanti scrittori che, spesso a livello amato-riale, hanno calcato un campo di calcio. Valgano ad esempio, in campo internazionale, i trascorsi calci-stici di Osvaldo Soriano che giocava come 'puntero' in Argentina o quelli di Albert Camus, che militò

come portiere in una squadretta algerina. Anche lo scrittore romano Fernando Acitelli ha calcato i cam-pi spelacchiati della periferia della sua città: terzino destro nelle giovanili della Standa e poi titolare nella Romulea. E' uscita la sua raccolta di poesie La solitudine dell'ala destra, che come sottotitolo re-cita 'storia poetica del calcio mondiale'. E' il ritratto, in versi, di 185 calciatori che hanno fatto la storia di questo sport: da Giuseppe Meazza a Nils Liedholm, da Pelè ad Eusebio, da Bruno Conti a Ronaldo pas-sando per Felice Levratto, Amaro Amancio, Kevin Keegan e Thomas N'Kono. Esemplificativa del suo lavoro la pagina scritta per Klaus Augenthaler, rude ex libero del Bayer Monaco:

Fuoriuscito dalla Guerra dei Trent'anni,t'allineasti su sentieri di sbronzaa fronteggiar agguati palatini,brandeburghesi,protestanti,cattolicie della marca luterana.Nei tornei d'Europail tuo voltofu l'effigie del saccheggio,l'alito dello stupro.Era sui cross dal fondoche rammentandoti dei lanzichenecchiponevi a ferro e fuoco l'inoffensivobargello.

Per una volta si può essere d'accordo con Alessan-dro Baricco che del lavoro di Acitelli ha scritto sulla

Stampa di mercoledì 8 aprile che "la cosa più bella è l'indice". Ma non è una condanna al libro. "Dall'in-dice...ti arrivano nomi come acqua che va a riva: Platini, Piola, Tardelli. Poi, l'onda: un nome che per te sta in bilico tra il ricordare esattamente tutto e il non avere mai saputo niente. Si solleva la superficie del pensiero, si inalbera nel rotondo sforzo di dis-seppellire qualcosa che corrisponda a quel nome, e tu, con la memoria , ci scivoli sopra, ed è velocità, in costume da bagno a fare surf sulla nostalgia, piccoli Proust da California...". Per certi versi svolge la stessa funzione dell'album delle figurine. Ma in quel caso c'è la foto ad aiutarti e spesso è proprio lei a spegnere l'onda, e soffocare la microavventura della mente ancor prima che sia iniziata.

Per gli ultras delle figurine Panini (e per Veltroni) se-gnaliamo però che è uscito un costoso World Cup Panini Collections 1970-1994. Per chi invece più prosaicamente si volesse accontentare di un buon bignami per un ripasso sulla storia dei mondiali che hanno preceduto quello francese segnaliamo Storie e miti dei mondiali di Gianni Minà e Darwin Pastorin. Per ogni edizione tre sezioni: la cronaca, i vincitori e i vinti e una interessante documenta-zione fotografica. A voi, se ne avrete il tempo e la voglia, scrivere l'ultimo capitolo: quello dei mon-diali di Francia 1998.

CESARE FIUMIStorie esemplari di piccoli eroi1996 - Universale Economica Feltrinelli219 pagine, Lire 14.000

GIULIANO SADAREl Paron - Vita di Nereo Rocco1997 - Edizioni Lint Trieste261 pagine, Lire 26.500

NANDO DALLA CHIESALa farfalla granata"La meravigliosa e melanconica storia di Gigi Mero-ni, il calciatore artista"1995 - Edizioni Limina191 pagine, Lire 25.000

AA.VV.Il pomeriggio dell'atleta stanco1995 - Edizioni Theoria124 pagine, Lire 10.000

FERNANDO ACITELLI

La solitudine dell'ala destra"Storia poetica del calcio mondiale"1998 - Einaudi Tascabile218 pagine, Lire 15.000

AA.VV.World Cup Panini Collection 1970-19941998 - Franco Cosimo Panini Editore399 pagine, Lire 95.000

GIANNI MINÀ - DARWIN PASTORINStorie e miti dei mondiali1998 - Franco Cosimo Panini Editore187 pagine, Lire 26.000

fine

http://erewhon.ticonuno.it/arch/rivi/narrare/foot-lett.htm

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scuola di calcio

di Pier Paolo Pasolini, (ala destra)

«Il calcio è l'ultima rappre- sentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasio-ne. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». Per la sua passione calcistica illimitata Pasolini assimila in modo alquanto originale il calcio a un vero e proprio linguaggio, coi suoi poeti e prosato-ri, e definisce il football un sistema di segni, cioè un linguaggio, che ha tutte le caratteristiche fonda-mentali di quello scritto-parlato:«[...] Il football è un sistema di segni, cioè un lin-guaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamen-tali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato. Infatti le “parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato.Ora, come si formano queste ultime? Esse si forma-no attraverso la cosiddetta “doppia articolazione” ossia attraverso le infinite combinazioni dei “fone-mi”: che sono, in italiano, le 21 lettere dell’alfabe-to. I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire

l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone” è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo conti-nuare a divertirci).Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche. I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fo-nemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combi-nazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio di-scorso drammatico. I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice. Chi non conosce il codice del calcio non capisce il “significa-to” delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi). Non sono né Roland Barthes né Greimas, ma da dilettante, se volessi, potrei scrivere un saggio ben più convincente di questo accenno, sulla “lingua del calcio”. Penso, inoltre, che si potrebbe anche scrivere un bel saggio intitolato Propp applicato al calcio: perché, naturalmente, come ogni lingua, il calcio ha il suo momento puramente “strumentale” rigidamente e astrattamente regolato dal codice, e il suo momento “espressivo”. Ho detto infatti qui sopra come ogni lingua si arti-coli in varie sottolingue, in possesso ciascuna di un sottocodice. Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il cal-cio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamen-talmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Per spiegarmi, darò – anticipando le conclusioni – alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un “prosatore realista”; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un “poeta realista”. Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un “poeta realista”: è un poeta un po’ maudit, extravagante. Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da “elzeviro”. Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul “Corriere della Sera”: ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti. Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore; la mia è una distinzione pura-mente tecnica. Tuttavia intendiamoci: la letteratura italiana, specie recente, è la letteratura degli “elzevi-

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ri”: essi sono eleganti e al limite estetizzanti: il loro fondo è quasi sempre conservatore e un po’ provin-ciale... insomma, democristiano. Fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c’è un terreno comune: che è la “cultura” di quel Paese: la sua attualità storica. Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il cal-cio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest’ultimo è il caso dell’Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia. Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. Ogni goal è sempre un’in-venzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il ca-pocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno. In questo momento lo è Savoldi.Il calcio che esprime più goals è il calcio più poeti-co. Anche il “dribbling” è di per sé poetico (anche se non “sempre” come l’azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spet-tatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare.Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. E un sogno (che ho visto realizzato solo nei Maghi del pallone da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfetta-mente onirico).

Chi sono i migliori “dribblatori” del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal. Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa: esso è infatti basato sulla sin-tassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull’esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l’annes-so “goal” (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento indivi- dualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato).Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo): il suo schema è il seguente:

il “goal”, in questo schema, è affidato alla “conclu-sione”, possibilmente di un “poeta realistico” come Riva, ma deve derivare da una organizzazione di gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi “geometrici” eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace per-ché si tratta di una perfezione un po’ estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).Il calcio in poesia è quello del calcio latino-america-no: il suo schema è il seguente:

schema che per es- sere realizzato deve richiedere una capa- cità mostruosa di dribblare (cosa che in

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Europa è snobbata in nome della “prosa colletti-va”): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione. Se dribbling e goal sono i momenti individualistici-poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso pura-mente tecnico, in Messico [Olimpiadi 1968] è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.»

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bookavenue.itil social web che parla di libri

Fischio d’inizio. Ma attenzione. Questa è una partita speciale, infinita. Del resto le partite non finiscono mai, dice il titolo del libro che parafrasa Eduardo, un libro uscito nel 1999 e attuale più che mai.. Darwin Pastorin, un vero narratore del calcio, da sempre interessato ad esplorare i sottili legami tra la letteratura e lo sport più bello del mondo, è pronto per cominciare. Dalla fine. Dall’ultima pagi-na. La formazione ideale, la squadra del cuore: Che Guevara, Scirea, la madre Leda Avogadro, Marghe-rita Buy, Giovanni Arpino, Gianni Minà, Fabrizio De André, Diego Armando Maradona, Mané Garrincha, Pietro Anastasi, il figlio Santiago. Allenatore: Anto-nio Tabucchi; presidente: la moglie Olga; dirigenti: amici, amiche, colleghi di ieri e di oggi, i parenti tutti.Si comincia: il calcio d’inizio è a San Paolo, in Brasi-le, la terra dove Darwin è nato: un brulichio di odori ed immagini, il profumo di bucato, rose e riso, e un cavallino di legno. Ecco il pallone avanzare tra le gambe, ancora lentamente, mentre una maglietta verde lo fa innamorare della squadra del padre, il Palmeiras.

Da questo momento Darwin entra nella fiaba del pallone, e la partita scorre al ritmo di un unico calciatore che dribbla, anticipa, difende, si slancia. Vola con la palla e le parole. Le parole si incurvano con morbidezza e scivolano in tondo, pronte a fare un altro giro. Sembra che per lui il goal più importante da rea-lizzare sia quello di far appassionare al calcio chi

il calcio non sa neanche cos’è, o chi lo considera talmente svilito e umiliato che non ha più voglia di guardarlo. E ci riesce, ci riesce alla perfezione, perché tutti gli altri giocatori invisibili – i suoi miti Garrincha, Altafini e Maradona, le squadre della Juve, del Torino e del Napoli, i colleghi giornalisti, gli scrittori che hanno saputo regalare l’emozione di un gioco immaginario, i viaggi e le interviste, le canzoni di Guccini e Chico Barque, le date storiche di battaglie non vinte e vittorie su cui piangere di gioia, la tenerezza di una madre tifosa – sono ritrat-ti come ombre della memoria, una memoria che di-venta una leggenda circolare da non perdere mai.I ricordi nitidi vengono offuscati dalla fantasia, e diventano una storia da raccontare, ancora più avvincente di quella vera. Vissuta sempre accanto alla palla, guardandola, e guardando – soprattutto – chi gira intorno, senza distrarsi, volendo afferrare ogni emozione, ogni colpo di testa.

Corre, Darwin, corre, e ci racconta di quando si tra-sferisce in Italia con la famiglia, decide più tardi di diventare cronista sportivo, in compagnia dei libri di Arpino e Kerouac, e conosce Zico, Falcão, Edinho, la colonia italiana divenuta fenomeno nazionale.Da qui il pallone arretra, e ritorna al disastro di Su-perga, quando la squadra del Torino, nel ‘49, muore in un incidente aereo. Tra i brandelli di vestiti e va-ligie Darwin cammina tra gente china, ma lui vede – è certo – tutti i calciatori giocare in cielo. E dà un colpo di tacco: “Il bello del calcio è anche questo: ci permette di giocare le partite dell’immaginazione. Di farci, anche da grandi, ritornare fanciulli”.

Così, con una rovesciata, le parole non narra-no più solo il calcio, ma le amicizie e i litigi con calciatori danesi e francesi, la responsabilità

Darwin PastorinLe partite non finiscono mai. Storie di calcio fuori dal campoFeltrinelli

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del mondo del pallone verso i bambini schiavi delle multinazionali, i valori della vita portati in campo,

come il coraggio di Zico, che dopo un rigore man-cato al Messico di Francia-Brasile, ne ripete un altro subito dopo, e riesce a segnare. E poi le partite rare e belle giocate dai militanti del movimento dei lavoratori rurali senza terra, in Bra-sile, perché il calcio, dicono i leader, “è un fattore di integrazione sociale, appartiene alla cultura popo-lare”. Loro, scendono in campo col pugno chiuso e la maglietta con la sigla del movimento, non con le tute extralucide da supereroi che si vedono da un bel pezzo nei campi di casa nostra.

Darwin si guarda intorno, fa un giro su sé stesso, lascia allontanare la palla e la raggiunge, laddove la domenica aveva un altro odore, si andava allo stadio con tutta la famiglia e i suoni erano dolci, non urlati, quando l’impegno e il divertimento portavano a delirare per Anastasi e Guevara senza alcuna contraddizione, sfilando ai cortei a fianco degli operai e a quelli per una vittoria nel derby, nel 1974.

Adesso l’unico giocatore raggiunge la palla che sfiora l’ombra del portiere, con la maglia spessa di lana, che lui considera “il ruolo più poetico e lette-rario e romantico”, e i centravanti, i bomber, i terzini che venivano male anche nelle figurine, e che oggi sono i belli del calcio, senza più la ruvidezza di un tempo. Dietro di loro, ecco un’altra squadra ideale ed invisibile, quella degli scrittori che hanno saputo dipingere i tratti di personaggi intensi come gli ultimi minuti di una partita. Loro, angeli custodi ac-canto ad uomini con le ali ai piedi – dunque ottimi compagni di gioco -, loro, Camus, Galeano, Manuel Vásquez Montalbán, Soriano, Acitelli, Brera, Amado, Lodoli, Veronesi, Tabucchi e tanti altri, ché di spazio ce n’è per

quelli che vivono il calcio come un sogno per guardare meglio la vita.

Io me lo ricordo, il goal di Falcão ai Mondiali dell’’82. Italia-Brasile 2-2. Per me, adolescente romanista innamorata della classe di Paulo Rober-to, fu la sintesi perfetta della gioia e del dolore. Sicuramente anche Darwin lo porta sempre con sé, quell’urlo biondo e riccioluto.

In quel momento non c’era ancora nessun vinci-tore, come nel sogno ricorrente che lui fa, finale di Coppa Intercontinentale tra Juventus e Palmeiras, in cui stringe la mano ai due capitani, si siede tra le panchine e la “Grande Partita non finisce mai, ci sono sempre valanghe di goal, poi tutto sfuma nel sonno perduto”. Come il “talento di passaggio”, Tommaso, il vagabondo di Amsterdam che chie-de di giocare con lui e i suoi compagni, disegna traiettorie impossibili con le scarpe inadatte e la giacca lisa e poi sparisce nel nulla: Darwin lo ha sempre considerato al pari di Platini, ma non ne ha ha saputo più nulla. Sembra riapparire adesso, in campo, a

fare un magnifico assist al nostro, che infila in rete.

La partita potrebbe finire qui. Ma c’è ancora tempo, ancora tempo per scrivere, correre e sognare. Al di là dei tempi supplementari, al di là dei calci di rigore. L’arbitro non fischia. La palla rimbalza lieve, pronta per essere ancora colpita.

© Francesca Di Mattia

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Osvaldo Soriano Football Club

Writers Football Club

Storia di una squadra un po' speciale, che oltre a giocare a pallone ama raccontare il mito e la storia quotidiana di questo sport con la scrittura

di Giancarlo Susanna

Non sono in molti a saperlo, ma da un paio d'anni abbondanti "venti scrittori si riuniscono ogni mese, nella bella stagione, da marzo a ottobre, per sfi-dare loro stessi, cercare nel calcio quell'equilibrio, quell'impegno, quel gesto unico che sanno essere preclusi ai sogni individuali, anche se di gloria" (dalla prefazione di Paolo Verri).

Nel momento in cui ne scriviamo - non avremmo potuto farne a meno, visto il tema centrale della nostra copertina - questo volumetto con la co-pertina bianca è entrato nelle case di moltissime persone. Accompagnava la mitica Gazzetta dello Sport, è vero. E ha anche cavalcato l'onda oceani-ca del "libro in edicola". Ma dai suoi "colleghi" di Repubblica e del Corrierone era (ed è) abbastanza diverso. Soprattutto perché non è un classico ed è stato pensato come naturale espressione di questa squadra un po' speciale, che oltre a giocare a pallo-ne ama raccontare il mito e la storia quotidiana di questo sport con la scrittura. Diciamo che ha amato farlo specialmente in questa occasione, fra l'altro, perché non tutti gli scrittori dell'Osvaldo Soriano Football Club - allenatore Giancarlo Magrini – ave-vano affrontato questo argomento in precedenza.

Nominiamoli, allora, questi appassionati calcia-tori. In rigoroso ordine alfabetico sono: Fernando Acitelli, Alessandro Baricco, Marco Bettini, Marco Bosonetto, Enzo Fileno Carabba, Cristiano Cavina, Andrea Cotti, Carlo D'Amicis, Alessandro Fabbri, Gian Luca Favetto, Carlo Grande, Davide Longo, Carlo Lucarelli, Michele Mari, Alessandro Perissinot-to, Davide Pinardi, Enrico Remmert, Stefano Sardo, Giampaolo Simi, Paolo Verri e Dario Voltolini.

Ognuno di loro partecipa all'impresa con un rac-conto e come capita sempre in simili circostanze diventa difficile - se non impossibile – stabilire gra-duatorie che non abbiano a che fare esclusivamen-te con i gusti personali (e ovviamente con il tifo

per questa o quella squadra di serie A: dal Torino di Baricco alla Lazio di D'Amicis). Possiamo dire che il livello generale è molto alto e che questa antologia non fa che confermare una delle cose che voleva-mo sottolineare con la nostra copertina e cioé che calcio e letteratura sono sempre andati - e proba-bilmente sempre andranno - in accordo perfetto.

La presenza attiva dell'Osvaldo Soriano Football Club - sui campi di calcio come davanti a un com-puter o a una vecchia macchina per scrivere – ci ricorda che al di là del business e dei giocatori milardari, al di là della sociologia e della violenza negli stadi, quello del pallone è rimasto forse l'uni-co sport che permette di raccontare delle storie appassionanti, ironiche e divertenti.

Ad arricchire Schema libero ci sono inoltre due appendici: la prima rievoca le partite scelte dalla squadra - da una Torino-Sampdoria del 1967 a Giappone-Corea del Sud del Campionato Mondia-le 2002; la seconda propone concise biografie e bibliografie dei venti scrittori/tifosi/calciatori.

Osvaldo Soriano Football ClubNazionale Calcio ScrittoriSchema libero La Gazzetta dello Sport

fine

doppi falli, vittorie impossibili, biglietti e program-mi di partite, tragedie epocali presunte e reali: dalla prima sconfitta al disastro dell’Heysel. Tutto stila-to con la consueta enfasi classificatoria (al posto dei dischi rari e delle tortine al cioccolato di Alta fedeltà) a mo’ di nevrotico scadenzario delle disav-venture esistenziali dell’autore. Che sono poi quelle cui certo folklore piccolo-borghese britannico ci ha ormai abituato: l’infanzia provinciale all’interno di una famiglia altamente disfunzionale, i primi amori, la carriera di insegnante, un tentativo di psicanalisi - ma il calcio, “il grande ritardante”, si rivelerà una terapia ben più efficace.

A 11 anni (Arsenal-Stoke City, 14/9/1968) le partite del sabato pomeriggio sono il viatico per riconqui-stare il rapporto col padre. La passione si fa subito incandescente, l’interlocutore adulto non si rivela all’altezza della situazione e il ragazzo Hornby abbandona presto qualsiasi tentativo di conver-sazione. “Il calcio poteva averci fornito un nuovo mezzo di comunicazione, ma non necessariamente lo usavamo. Non necessariamente avevamo belle cose da dire”.

A 15 anni (Reading-Arsenal, 5/2/1972) il calcio è il simbolo dell’appartenenza e di una personalità culturale accettabile. Per l’adolescente di Maiden-head che sogna i punk di Londra nord e le sboccate ragazze delle comprehensive school, il tifo per una

Nick Hornby

La febbre del pallone secondo Hornby

L’autore di “Alta fedeltà” racconta l’Arsenal minuto per minuto nel celebre romanzo-confessione “Feb-bre a 90°”

di Claudia Bonadonna

Un’autobiografia (avviata - pare - sul lettino dello psicanalista e solo dopo divenuta un fragoroso debutto letterario) e una bibbia del calcio intrec-ciate indissolubilmente insieme. Di più, una diver-tente, lucida, appassionata dichiarazione d’amore nei confronti della squadra più odiata d’Inghilterra: l’Arsenal. “Una relazione iniziata come una cotta da scolaro - dichiara Hornby in apertura di romanzo - e resistita per quasi un quarto di secolo, più a lungo di ogni altro legame da me liberamente scelto. Una passione improvvisa, inesplicabile, acritica”.

Tutte le gesta dei “Gunners”, dunque, minuto per minuto. Dal 1968, anno in cui genitori del Nostro si separano e il padre in colpa lo porta a vedere la prima partita, al 1993, quando Fever Pitch fa la sua clamorosa comparsa nelle patrie lettere. Goal,

squadra che non vince mai diventa l’orgogliosa al-ternativa con cui riscattare la propria condanna alla normalità. “L’inglese bianco, borghese, del sud è la creatura più sradicata in assoluto; preferiremmo appartenere a qualsiasi altra comunità del mondo. I nativi dello Yorkshire, di Lancaster, gli scozzesi, gli irlandesi, i neri, i ricchi, i poveri, perfino gli america-ni e gli australiani hanno qualcosa su cui piangere davanti a una birra in un pub o in un bar, canzoni da cantare, cose a cui aggrapparsi e stringere forte quando ne hanno voglia, ma noi non abbiamo niente, o perlomeno niente che vogliamo”.

A 30 anni (Arsenal-Liverpool, 15/8/1987) lo sta-dio diventa il postulato perfetto su cui costruire la propria incapacità di relazione, l’irresolutezza vagamente infantile con cui spingere lontano le certezze dell’intimità. “La travolgente maschiezza del tutto”: il fumo di sigaro e pipa, il linguaggio osceno, la difficoltà fisica a reggere lo scontro dei corpi sugli spalti, fissa comicamente ma inesora-bilmente i limiti di un territorio per soli uomini. “Mi viene la tentazione di credere che tutto cominci in quel periodo - dice Hornby a proposito di un’adole-scenza incolore in cerca di passioni -, che gli uo-mini abbiano dovuto imparare la loro attitudine a immagazzinare fatti, dischi e programmi di partite per compensare la mancanza di rughe interessan-ti”. L’ossessione quindi come problema di identità, come rivendicazione di un territorio emozionale

non condivisibile e per ciò stesso concorrente alla vita di coppia. Ma anche come comoda tirannia alla quale delegare le scelte di vita: “Il calendario delle partite ha sempre l’ultima parola su qualsiasi progetto”. O per la quale scaricare responsabilità ad una controparte femminile compresa in un ruolo di algida, misteriosa e per ciò stesso distaccante superiorità.

I cori “unici” intonati alle partite, le gradinate fradi-ce di pioggia gelata, la birra calda, i treni per i tifosi “speciali” come prigioni, i poliziotti allo stadio in tenuta antisommossa. Alla fine della corsa tutto in-neggia al football che fu: “Le grandi tragedie come Hillsborough, e i soldi della Tv via satellite, hanno cambiato tutto nel modo di farlo e di guardarlo. La meravigliosa ingenuità, l’energia degli anni Settan-ta e Ottanta è scomparsa. Ora la gente si comporta meglio, gli stadi sono meglio. Tutto è meglio. Meno quella perduta intensità”. L’Highbury Stadium, piccolo, obsoleto e coraggioso, veglia materno su questo sogno che non c’è più. Hornby gli costruisce intorno una Londra popolare e stanca, un’altra vitti-ma del thatcherismo che si uniforma alla nazione e inizia a edificare cimiteri di disoccupati.

Hornby, NickFebbre a 90°Guanda, pp.245, euro 13,00 (traduzione di Federica Pedrotti e Laura Willis)

bookavenue n.3

l'autobiografia del pibe de oro

Io sono el Diego

di Michele Genchi

Una passione, quella per il pallone, che si manife-sta fin da piccolo quando, vivendo in una casa ben più che modesta (non c'era neppure l'acqua) non aveva molte cose con cui divertirsi. Grazie al padre, grande lavoratore, aveva però da mangiare sempre a sufficienza e questo spiega come, sia cresciuto con forza nelle gambe e con un fisico resistente. Non aveva mai pensato seriamente di intraprende-re la carriera di calciatore, la sua era, come quella di tutti i bambini argentini una semplice passione e il desiderio di giocare e di divertirsi con il pallone. Ma il suo destino era diverso e forse già segnato nelle sue gambe

e così, quando è davvero ancora un ragazzino piccolo, viene subito scelto e messo in una squadra giovanile, i Cebollitas.

E poi, di anno in anno, sempre maggiori successi, sempre maggiori abilità e fama. Giocare nel Boca è di certo uno dei sogni di ogni ragazzo argentino, e Diego lo raggiunge che è davvero giovanissimo, ma in patria non è amato da tutti, gelosie e contra-

sti sono davvero sfiancanti, fuori dal Paese invece inizia ad essere tessuto intorno a lui il mito. Ci sono anche delusioni e amarezze, ma anche grandi sod-disfazioni e infine il Napoli! Ancora oggi a distanza di tanti anni a Napoli c'è un altarino dedicato al Pibe, ancora oggi non c'è ragazzo che non lo adori come si fa con un santo, un rapporto con l'Italia molto contraddittorio, fatto di amore e di odio, ma Maradona sa che Napoli è una città che lo ama e lo amerà sempre.

Ma a Barcellona, prima di sbarcare in Italia inizia per lui la più tremenda delle vicende, la sua dipen-denza dalla cocaina: ancora dominata quando va al Napoli, ma sempre più invasiva nella sua vita anche perché altri utilizzeranno questa cosa in modo piuttosto spregiudicato.

Ed ecco come affronta il tema doloroso della sua dipendenza, con la rabbia di chi ha sbagliato, ma che è stato condotto da altri all'errore, di chi sa di non essere il solo, ma di essere stato il solo a paga-re: "Ora però basta: smettiamola con questa storia di Maradona che ha portato la droga nel calcio argentino: mi hanno invischiato con la cocaina e questo non è un vantaggio, è uno svantaggio! Ma se nel calcio argentino è stata usata la droga, è stata per correre! Per stare all'altezza dei tedeschi, per vincere la Coppa Intercontinentale, per vincere la Coppa Libertadores che io non sono mai riuscito

Diego Armando MaradonaIo sono el DiegoFandango

a giocare."

Ma anche quando affronta questo tema doloroso, se parla dei mondiali a cui ha partecipato, quel-li vinti e quelli persi (magari in modo poco limpido), in Maradona c'è una gioia appassio-nata,

un entusiasmo tale che dimostra come, a distanza di tanti anni, quelle siano state per lui esperienze indimenticabili, felici o dolorose, ma indimentica-bili.Ma è la solitudine, il sentirsi respinto che ha fatto soffrire questo numero uno diventato improvvisa-mente troppo scomodo per tutti.

Per tutti ma non per Claudia, la donna che gli è sempre stata vicina, che ha sopportato ogni fase della sua vita, ogni debolezza e ogni gloria. Questa autobiografia, forse sincera forse no, come è logico, molto interpretativa dei momenti neri e piuttosto assolutoria, è davvero interessante per chi ami il calcio perché è prevalentemente dedicata alla sua attività professionale: solo le ultime pagine del libro sono dedicate esplicitamente alla famiglia e alle persone umanamente importanti per lui, Fidel Castro tra questi.

Diego Armando Maradona - Io sono el DiegoTraduzione di Alberto Bracci T.Fandango (Fandango tascabili)

Enrico VarrialeA bordocampo. Il calcio oltre la linea biancaEd.Testepiene

Allenatori, arbitri, giocatori e giornalisti del mondo calcistico: nessuno sfugge allo sguardo sfrontato di Enrico Varriale. Gior-nalista sportivo di punta della

Rai che ha conosciuto miserie e nobiltà dello sport più amato. Varriale racconta gli uomini del calcio: Lippi, Cannavaro, Collina, Maradona, Biscardi, e chiunque si sia trovato sul cammino, professio-nale o privato, del conduttore di "Stadio Sprint". Il giornalista analizza il fenomeno calcistico andando oltre il campo da gioco, affronta il conflitto Rai-Sky oggi ampiamente discusso, regala anticipazioni sui mondiali 2010, ripercorre esperienze, incontri, scontri, successi e sconfitte, consegnando al lettore (che sia tifoso o meno) una nuova chiave di lettura del "pallone".

Antonio TramaCalcio. Una storia MondialeEd.Graficaelettronica

"Calcio. Una storia mondiale" ripercorre tutte le edizioni dei Campionati del mondo di calcio.

Per ciascuna delle competizioni vengono ricorda-te le Nazioni partecipanti, i risultati ed i marcatori delle singole partite. Inoltre, per l'Italia, si fa riferi-mento anche alle gare di qualificazione per la fase finale dei Mondiali. Si tratta di una serie di dati che, all'apparenza, potrebbero sembrare freddi ed insignificanti, ma hanno una vitalità nascosta, in quanto sono capaci di suscitare, negli appassionati di questo "sport mondiale", le stesse emozioni che hanno provato vivendo, di volta in volta, ogni cam-pionato, ogni partita, ogni allenamento.

Jean LesayIl Calcio. Teatro di vitaEd.Colla

Queste storie di calcio, narrate come scene di un teatro, pren-dono le mosse da eventi im-previsti e da particolari inediti e curiosi, e contengono i grandi temi e i grandi nomi che hanno

fatto la storia dello sport più conosciuto, praticato e amato al mondo. Che si tratti di commedie o di farse, di tragedie collettive o di imprese personali, in questo teatro calcistico gli attori sono ben più che semplici giocatori e la scena ben più ampia del rettangolo di gioco, poiché ognuno degli avve-nimenti, più di una trentina, è collocato nel suo contesto sociale, storico ed economico. Lo humour e la precisione con cui sono narrate le imprese di club e di giocatori fanno di questi racconti sul cal-cio, spettacolo vivente, teatro dei nostri sogni, dei nostri drammi e dei nostri sorrisi, un libro diverten-te e istruttivo.

Marco BallestracciA pedate. 11 eroi e 11 leggenda-rie partiteEd. Mattioli 1885

Alcune tra le più combattute e clamorose sfide di calcio viste con gli occhi di chi ne è stato protagonista. Da Carletto Ceresoli nell'epico scontro Inghilterra-

Italia del 1934, fino al Karl Heinz Schnellinger dell'altrettanto leggendario match Italia-Germania nel 1970. Grandi campioni, ma anche illustri scono-sciuti e pagine indelebili della nostra storia.

Adriano AngeliniCentouno goal che hanno cambiato la storia del

il gioco del calcio.i libri

una piccola guida alla lettura sul gioco più bello del mondo

calcio italianoEd. Newton Compton

101 gol che hanno segnato la storia del calcio italiano: i più belli, i più memorabili, i più importanti. Reti arrivate per caso o per azioni combinate, prodezze balistiche, capolavori di tecnica o potenza. 101 gol

che raccontano l'Italia del pallone, delle domeni-che allo stadio, o di quelle trascorse ad ascoltare via etere la voce dei più popolari radiocronisti, sulle frequenze di Tutto il calcio minuto per minuto. Rac-contano i pomeriggi e le serate incollati a una tv per le appassionanti telecronache de "La Domenica Sportiva". Squadra per squadra, per concludere con la nazionale, 101 momenti magici per ricordare le gioie e le delusioni dei tifosi, le gesta di giocatori che si sono accesi per un unico gol, o che brilla-no ancora nel firmamento degli eterni campioni, insieme alle intuizioni tattiche di indimenticabili allenatori. Un libro per rivivere, 101 volte ancora, quel rito collettivo che unisce, esalta e fa gioire fino a inebriare.

Troy BlacklawsBafana BafanaUna storia di calcio, di magia e di MandelaEd. Donzelli

In un polveroso villaggio del Sudafrica circondato dalla giun-gla vive Pelé, 11 anni e un nome bizzarro, scelto dal padre in ono-

re del leggendario campione di calcio brasiliano, maestro della rovesciata. Anche il piccolo Pelé è un patito del calcio, ma quant'è dura fare goal cor-rendo dietro a una vecchia pallina da tennis, con i cani del villaggio alle calcagna. La cosa più bella del mondo per Pelé è starsene seduto fuori dalla capanna accanto al nonno, davanti al televisore alimentato dalla batteria di una vecchia macchina, a guardare le prodezze dei Bafana Bafana, i ragazzi della nazionale sudafricana. "Vedrò i Bafana Bafa-na giocare dal vivo", pensa Pelé. Ma come può un bambino senza scarpe e senza bici arrivare a Città del Capo, attraversando la giungla vera e quella metropolitana delle moderne città che lui ha solo intravisto alla tv? "Ragazzo mio, i sogni sono fatti di magia e tu devi andare da Vecchio Jamani. Lui

conosce la magia", lo incoraggia il nonno. A guida-re Pelé saranno dunque i consigli dello sciamano del villaggio e gli amuleti che riceverà dagli ani-mali della giungla: il dente della Lince per darsi coraggio, l'unghia dell'Iguana per nuotare veloce, un pelo dello Sciacallo per agire in fretta, la punta della coda del Camaleonte per diventare invisibile, la piuma dell'Ibis per volare via. Su tutto, la buona stella di Nelson Mandela, "che ha avuto il coraggio di combattere contro un pitone gigante per libera-re la sua gente"

Gianni Brera, Gigi BignottiI mondiali di calcioEd. Book Time

Questo volume parla della sto-ria ormai più che settantennale del Mondiale. È stato scritto dal più grande giornalista sportivo italiano degli ultimi due secoli,

Gianni Brera. È una narrazione partigiana, perché segue l'Italia con un occhio di assoluto riguardo e perché difende a spada tratta, con verve e compe-tenza, una certa scuola calcistica. Il libro non è solo una riproposizione del testo breriano, bensì un'ac-curata e aggiornata edizione a cura di Gigi Bignotti, grande esperto di calcio oltre che giornalista de "Il Gazzettino". Prefazione di Paolo Brera.

Andrea Saronni, Paolo Madeddu100 volte ItaliaEd. Castelvecchi

Il 15 maggio del 1910, all’Arena Civica di Milano, la Nazionale italiana di calcio giocò il primo incontro della sua storia impar-tendo un sonoro 6 a 2 ai “cugini” francesi. Da allora, partita dopo

partita, gli Azzurri del calcio sono diventati gli asso-luti protagonisti di un’intensa galleria di immagini memorabili: eventi che, nel bene e nel male, hanno trasformato lo sport più popolare della penisola in un rito collettivo, un’appassionante serie di episo-di in cui – andando oltre il calcio – tutti gli italiani vedono rispecchiare la propria vita. Dal clamoroso gol di Rivera in Italia-Germania 4 a 3 alla testata di Zidane a Materazzi durante la finalissima del vit-torioso mondiale del 2006, dagli occhi sgranati di Totò Schillaci durante le “notti magiche”di Italia ’90 al famoso rigore a “cucchiaio” segnato da Francesco Totti contro l’Olanda durante gli europei del 2000,

100 volte Italia celebra il centenario della Nazio-nale, ripercorrendo i momenti più emblematici, raccontando la vita dei protagonisti e svelando i retroscena delle partite più importanti: incontri che il tempo ha trasformato in un patrimonio di emo-zioni finalmente a disposizione di tutti.

Claudio FerrettiCento anni azzurri 1910-2110Storia della nazionale di calcio italianaEd.Mondadori

Calcio è sinonimo di italianità: argomento onnipresente in televisione, alla ra-dio e sui giornali, è lo sport più diffuso e preferito dagli italiani, che si uniscono per soffrire e gioire durante le partite più importanti. Quelle della Nazionale che quest'anno, alla vigilia del World Cup South Africa, compie un secolo di vita. Dal debutto all'Arena di Milano, del 15 maggio 1910, il volume ripercorre gli eventi salienti vissuti dalla squadra azzurra: le imprese dei grandi campioni del pas-sato, come Giuseppe Meazza e Silvio Piolo, e del presente, con Roberto Baggio, Paolo Maldini, Fabio Cannavaro. Il racconto segue un filo cronologico abbracciando vittorie e sconfitte della Nazionale. 300 le immagini presenti, scatti indimenticabili che fissano gli attimi più belli di un'avventura che fa parte ormai della nostra storia. Fotografie capaci di evocare profonde emozioni, come le partecipazioni ai Campionati internazionali che hanno visto gli az-zurri vincere il titolo mondiale nel 1934, 1938, 1982 e nel 2006. Gli apparati finali contengono tutte le partite finora giocate: l'elenco delle 700 formazioni della Nazionale complete dei risultati, le partecipa-zioni in azzurro dei giocatori di tutte le epoche e la classifica dei primi 50 goleador rendono questo libro il più completo almanacco calcistico mai rea-lizzato. Prefazione di Gianluigi Buffon.

John FootCalcio. 1898-2010Storia dello sport che ha fatto l'ItaliaEd.Rizzoli Bur

John Foot concentra in questo libro la sua conoscenza di stori-co dell'Italia contemporanea e la grande passione per lo sport:

tifoso dell'Arsenal, attento osservatore e profondo conoscitore del nostro campionato, ci presenta una

panoramica del calcio italiano completa e det-tagliata, dal primo torneo ufficiale dell'8 maggio 1898 fino ai giorni nostri. Un'opera che affronta lo sport nazionale attraverso una lettura per temi: dal campanilismo dei club all'evoluzione della figura dell'arbitro, dalle prime radiocronache alle movio-le dei processi televisivi, dal ruolo del manager e dell'allenatore al cambiamento delle strategie di gioco e dei suoi interpreti. I campioni come Meaz-za, Rivera, Mazzola, Maradona, Balotelli, ma anche i più celebri "brocchi"; squadre indimenticabili come il Torino degli anni Quaranta, la grande Inter e il Milan di Sacchi; la storia della Nazionale azzurra, le tragedie e gli scandali. Uno spaccato di questa "religione laica" che tanto fa gioire e soffrire i tifosi, e che da noi come in nessun altro Paese ha un lega-me strettissimo con il potere economico, la politica, i mezzi di comunicazione, la vicenda di un popolo.

Alexandre JuillardMaradona. Il calcio sono ioEd. Castelvecchi

Se c'è un campione che, con i suoi gol e la sua classe sopraffi-na ha incarnato il prototipo del giocatore ideale, quell'uomo è Diego Armando Maradona, secondo più di un osservatore,

semplicemente il più grande calciatore di tutti i tempi. Allo stesso modo, dovendo dare un volto alla vecchia regola secondo la quale il genio, come colpito da una maledizione, ha sempre bisogno di essere accompagnato dalla sregolatezza, nessuno meglio di Maradona è in grado di dare corpo a una simile idea. Dalla gloria sportiva alle disavventure giudiziarie, la biografia di Alexandre Juillard tiene conto di tutte le dimensioni che hanno caratteriz-zato l'esistenza del «Pibe de Oro»: l'esordio con la maglietta dell'Argentinos Juniors, l'esperienza nelle file del Barcellona, i grandi trionfi ottenuti con il Na-poli, la conquista della Coppa del Mondo, l'incontro con Fidel Castro e la nomina a CT della nazionale argentina; ma anche la dipendenza dalla cocaina, le difficili vicende sentimentali, le strumentalizza-zioni della camorra e gli implacabili verdetti della giustizia sportiva in tema di antidoping. Tutto que-sto e molto altro ancora è Diego Armando Marado-na: una vita appassionante come un romanzo che, dopo decenni di osservazione diretta, Alexandre Juillard ha scelto finalmente di raccontare.

Autori VariCalcio. Il libro completoEd. DeAgostini

Denso di curiosità e di emozioni per gli appassionati di questo popolarissimo sport, il volume propone un'ampia veduta d'in-sieme sul mondo del pallone. Ogni argomento è trattato su

due pagine affiancate, ricche di box, approfon-dimenti, schemi, numeri e suggestive immagini "disegnate" sulle foto dei protagonisti: calciatori, allenatori, presidenti. Chi vuole imparare a calciare le punizioni come Beckham troverà una spiega-zione tecnica a pag. 139, chi vuole sapere come è cambiata negli anni la regola del fuorigioco stu-dierà gli schemi a pag. 21, chi vuole vedere com'è fatta la Copa Libertadores la potrà ammirare a pag. 339. L'opera è suddivisa in sette capitoli: Il calcio nel mondo, Come si gioca, Formazioni e strategie, Il talento dei singoli, Il Pianeta Calcio, Le competizio-ni, I record.

Autori VariOgni maledetta domenicaed. Minimum Fax

Il mondo del calcio raccontato "dall'interno" come non avviene mai sui quotidiani o nelle tra-smissioni televisive. Otto scrit-

tori si addentrano nei chiaroscuri del nostro sport nazionale. Tommaso Giagni si mescola tra gli ultras della Lazio alla ricerca di una verità sull'omicidio di Gabriele Sandri. Stefano Scacchi segue i talent scout delle grandi squadre a caccia di campioni tra favelas e campetti di periferia. Luca Mastrantonio ripercorre fasti e rovine del Milan di Berlusconi, e Vittorio Giacopini insegue la leggenda di Bora Milutinovic, l'allenatore "zingaro" che risollevava le sorti delle nazionali più povere del terzo mondo. Carlo Carabba mette sotto il microscopio il calcio geneticamente modificato ai tempi della pay-tv, e Andrea Cisi racconta la calda, folle, insostituibile esperienza di un pomeriggio allo stadio Zini tra i ti-fosi della Cremonese. Francesco Pacifico decostru-isce splendori e miserie del "caso Balotelli", mentre Osvaldo Capraro mette in scena una luminosa parabola fatta di calcio, violenza, colpa e reden-zione. Otto racconti che mostrano - alla vigilia dei primi mondiali africani - che quello che un tempo

fu un semplice sport è oggi, nel bene e nel male, lo specchio fedele del nostro mondo e dei nostri sentimenti più profondi.

bookavenuela rivista di libri e culutre letterarie

scrivete a:[email protected]

in agosto la rivista non viene pubblicata

numero 4, settembrepaese ospite: irlanda