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34 60 50 SPECIALE MILAN “La Casa Rossonera” PAOLO DI CANIO I Giganti del Calcio GABRIELE GIUFFRIDA I Re del Mercato Mensile | DICEMBRE 2014 | N. 204 | Italia | Euro 3,90 foto Federico De Luca TROPPI STRANIERI IN SERIE A “Poco spazio agli italiani” Pag.18 INCHIESTA Zdeněk ZEMAN EDIZIONE SPECIALE CON L’ALBUM CHAMPIONS LEAGUE 2014-15 Calcio 2 OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

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34 6050SPECIALE MILAN“La Casa Rossonera”

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Mensile | DICEMBRE 2014 | N. 204 | Italia | Euro 3,90

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TROPPI STRANIERI IN SERIE A

“Poco spazio agli italiani”

Pag.18INCHIESTA

Zdeněk ZEmAN

EDIzIONE SPECIALE CON L’ALBUM ChAMPIONS LEAGUE 2014-15

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il mensile diretto da FABRIzIO PONCIROLI

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come Zeman l’ha capito: troppi stranieri in Italia e tanti senza il pass necessario per calcare i campi della massima serie. E, allora, che fare? Le frontiere non sono più legali, i vivai sono mezzi morti e gli italiani, quelli buoni, costano un occhio della testa. Soluzioni? Sperare che quelle squadre, poche, che puntano su italiani facciano bene, in maniera tale che gli esterofili comprendano che non bisogna per forza avere rose piene zeppe di non italiani per far bene. Altra soluzione? Fare sempre più il tifo per il Made in Italy che ha deciso di emigrare. Se loro fanno bene, altri ci pro-veranno e più italiani ci saranno in circolazione. Non è mol-to, lo comprendo, ma è meglio che niente. Ormai siamo in un vortice senza fine ed uscirne sarà complicatissimo. Sape-te, a volte invidio mio padre che ha potuto gustarsi un cal-cio nostrano, da tutti i punti di vista. Vero, senza l’apertura delle frontiere, non avrei potuto vedere dal vivo Maradona e Platini, ma mi sarei evitato anche i vari Vampeta, Oli-veira (quello del Milan) e Athirson (i primi tre che mi sono venuti in mente ma la lista completa occuperebbe almeno metà rivista)… Comunque, la mia nuova linea è decisa: tifo all’ennesima potenza per i prodotti doc. Per fortuna Conte mi pare intenzionato a valorizzare anche quelli sconosciuti e questo è già un segnale rimarchevole. Buona lettura…

on è mai facile rinnegare se stessi. Da giovincello, primi anni ’80, andavo paz-zo per lo straniero. Tuttavia, allora, era merce rara. In squadra se ne potevano avere due al massimo e, quei due, oltre ad un cognome esotico, avevano anche piedi fatati. Bell’epoca. Ricordo Casa-

grande, idolo assoluto ancor prima di sbarcare in Italia… Poi, con il passare degli anni, siamo diventati ingordi. Lo straniero si è trasformato da figura rara a fastidiosa ed ingombrante presenza. Siamo stati, letteralmente, invasi da stranieri, per lo più mediocri. E, alla fine, eccoci qua: assue-fatti dallo straniero ma incapaci di tornare all’origine. C’è chi mi taccia di essere razzista, calcisticamente parlando. Siamo nel mondo globale, tutti devono avere le stesse pos-sibilità. Scusate, ma personalmente la vedo diversamente. A me piace sentir gridare, dallo speaker dello stadio, an-che qualche nome italiano e non per questo mi sento un raz-zista. Ben vengano gli stranieri, ma in maniera moderata e che almeno abbiano piedi degni. Invece, orde di calciatori non azzurri invadono, da anni, il nostro campionato e tanti, con tutto il rispetto, hanno ben poco a che vedere con quel-lo strumento chiamato pallone. Anche un italiano adottato

EDITORIALE

di Fabrizio PONCIROLI

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34 6050SPECIALE MILAN“La Casa Rossonera”

PAOLO DI CANIOI Giganti del Calcio

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Mensile | DICEMBRE 2014 | N. 204 | Italia | Euro 3,90

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TROPPI STRANIERI IN SERIE A

“Poco spazio agli italiani”

Pag.18INCHIESTA

Zdeněk ZEmAN

EDIzIONE SPECIALE CON L’ALBUM ChAMPIONS LEAGUE 2014-15

Calcio2OOO

il mensile diretto da FABRIzIO PONCIROLI

www.calcio2000.it [email protected]

NON CHIEDO LA LUNA,SOLO L’ITALIA…

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Calcio2000 è parte del Network

Calcio2OOOSOmmaRIO N.204 aNNO 18 N. 12 DICEmBRE 2014

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Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione

al n. 18246

EDITORETC&C srl

Strada Setteponti Levante 11452028 Terranuova Bracciolini (AR)

Tel +39 055 9172741Fax +39 055 9170872

DIRETTORE RESPONSABILEMichele Criscitiello

DIRETTO DAFABRIzIO PONCIROLI

REDAzIONEMarco Conterio, Luca Bargellini

Gaetano Mocciaro, Tommaso MaschioChiara Biondini

HANNO COLLABORATOPaolo Camedda, Pietro Mazzara,

Pasquale Romano, Simone Toninato, Gabriele Porri,Stefano Borgi,

Carletto RTL, Paolo Bardelli, Luca Manes, Flavio Sirna, Renato Maisani,

Thomas Saccani

FOTOGRAFIE Image Photo Agency

(imagephotoagency.it),Agenzia Liverani, Photoviews,

Federico De Luca, Daniele Mascolo

REALIzzAzIONE GRAFICATC&C S.r.l.

STATISTICHE Redazione Calcio2000

CONTATTI PER LA PuBBLICITà:e-mail: [email protected]

STAMPATiber S.p.A.

Via della Volta, 179 - 25124 Brescia (Italy) Tel. 030 3543439

Fax. 030349805

DISTRIBuzIONEPieroni S.r.l.

via Carlo Cazzaniga, 1920132 Milano

Tel 02 25823176Fax 02 25823324

www.calcio2000.it

6 LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli

8 INTERVISTA ESCLuSIVA ZdeněkZeman di Paolo Camedda

18 INCHIESTA SPECIALE STRANIERI di marco Conterio

30 SPECIALE PALLONE D’ORO di Luca Bargellini

34 SPECIALE CaSamILan di Pietro Mazzara

44 SERIE B - PRO VERCELLI di Tommaso Maschio

46 LEGA PRO - REGGINA di Pasquale Romano

48 SERIE D - RImInI di Simone Toninato

50 I RE DEL MERCATO GABRIELE GIUFFRIDA di marco Conterio

60 I GIGANTI DEL CALCIO PAOLO DI CANIO di Fabrizio Ponciroli 70 STORIA ChampIonS LEAGUE 1970/71 di Gabriele Porri

74 ACCADDE A... dICemBRe di Stefano Borgi

76 DOVE SONO FINITI? LUCIANO BODINI di Fabrizio Ponciroli

CAMPIONATI STRANIERI

78 SPAGNA di Paolo Bardelli82 INGHILTERRA di Luca Manes86 GeRmanIa di Flavio Sirna90 FRANCIA di Renato maisani

94 PHOTOGALLERY IL TIFO RACCONTA di Thomas Saccani

98 SCOVATE DA CARLETTO di Carletto RTL

NuMERO CHIuSO IL 30 OTTOBRE 2014IL PROSSIMO NuMERO

sarà in edicola il 15 DICEMBRE 2014

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maLeSTaTISTIChe?

Caro Direttore,ho sempre letto la nostra/vostra rivista, ma devo dirle con franchezza che mi aspettavo molto di più in queste ultime uscite. Da un lettore di Calcio2000 apprezzo tutti gli sforzi che vengono fatti per migliorare il prodotto, ma a mio avviso ci sono troppe interviste a discapito delle statistiche che ormai stanno scomparendo totalmente. Da amante del calcio spero di cuore che ci sia più spazio per approfondimenti relativi ai numeri dei singoli campionati o giocatori in particolare. Lo speciale Champions League sarebbe stato ancora migliore se fossero state pubblicate le rose complete con i numeri di ogni singolo giocatore nella massima competizione europea. Da come può avere capito sono amante delle statistiche. Ovvia-mente la mia voleva essere una critica costruttiva.La ringrazio e le invio i miei più cordiali saluti.Andrea, mail firmata

Ciao andrea, comprendo il tuo disagio. Sai che ho un debole per le statistiche, di ogni tipo esse siano ma voglia-mo anche provare ad offrire sempre più contenuti esclusivi. Interviste con foto esclusive per intenderci. Comunque ho sempre nel cassetto il foglio delle statistiche e, prima o poi, tornerà d’attualità…

anCoRaJUVe-Roma

Egregio Direttore,il momento in cui le scrivo è giovedì 23 ottobre, il giorno dopo le due disfatte delle compagini italiane in Champions. Non so se è tifoso o no, ma non le sembra che la Roma da compagine simpatica, ambiziosa e che raccoglie apprezza-menti dagli addetti ai lavori stia un po’ mostrando il suo “lato

soldi, non lo abbia ascoltato quasi nessuno…

RITIRIpRemaTURI…Buongiorno Direttore, si ricorda di me? Le ho scritto circa due mesi fa e con ritardo mi scuso per il mio sfogo che, rileggen-domi, mi è sembrato eccessivo (faccio mea culpa). Questa volta le volevo chiedere un suo parere su una cosa, anche se apparentemente sembra di poca importanza: ogni anno vedo tanti calciatori che si ritirano dal calcio o dalla propria nazio-nale quando superano appena i 30 anni vedi Ribery, Mertesa-cker, Thiago (quello del Portogallo), Spinesi, Budan, Accardi, Marianini, e tanti altri ancora. In media tutti questi, fra cui quelli che ho appena citato, hanno all’incirca 32/33 anni, secondo lei è normale? Posso capire gente come Natalino, Pettinari o Deisler che avendo avuto problemi cardiaci hanno dovuto smettere di giocare, o come il grande Van Basten, tanto per citarne uno, che si è ritirato per un grave infortunio. Ma tutti quelli che hanno appena 32 o 34 anni francamente non li capisco: siccome tanti vogliono diventare allenatori o avere comunque un ruolo societario o tecnico non possono

aspettare qualche anno quando avranno 37, 38 o anche 39 anni? Perché tutta questa fretta? Che poi sinceramente mi mette tristezza il fatto che ogni anno sull’almanacco (lo com-pro da sempre) vedo tanti ritiri in contrapposizione al numero elevato di giocatori classe ‘95 o ‘96. Volevo appunto un suo parere su questo argomento. Aspettando, senza fretta, una sua risposta le auguro buon lavoro.Daniele, mail firmata

Caro Daniele, ti rispondo con le parole di Platini. Le Roi, come saprai, ha appeso le scarpe al chiodo a soli 32 anni.

Non stiamo parlando di un giocatore qualsiasi ma, a mio avviso, di uno tra i primi cinque fuoriclasse della storia del calcio. Motivo? “Non ne avevo più, non segnavo e ho capito che era giusto finirla lì”. Ecco, credo che, spesso, il momento del ritiro, per un giocatore, sia legato alle motivazioni per-sonali. Dopo una vita sui campi, il momento dell’addio ti può cogliere all’improvviso. Per certi giocatori, questo momento può arrivare prima del previsto. avere 32 o 38 anni fa poca differenza, se non hai più la voglia di un tempo. Farei poi una distinzione ulteriore. Alcuni dei giocatori che hai citato, hanno detto basta solo alla Nazionale (e qualcuno

potrebbe anche cambiare idea, come ha fatto Pirlo). In que-sto caso, credo sia solo un modo per allungarsi la carriera e, magari, lasciare spazio a giovani talenti.

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio PONCIROLI - foto Image Sport

oscuro”? I singoli rilasciano interviste che incitano alla violen-za negli stadi alludendo a imbrogli degni dell’era Calciopoli (nonostante dicono di analizzare lo scontro diretto con la Juve a mente fredda), salvo poi dopo pochi giorni essere convinti di essere stati superiori ai bianconeri e di poter vincere il tri-colore, per non parlare dell’uscita oscena di De Sanctis, in cui dice che Buffon deve imparare da lui come si vince... Al di là dei deliri senza senso dei vari Totti (che ha dimostrato ancora una volta di essere troppo sopravvalutato come persona di calcio, e qui avrei molto da dire su di lui in maniera negativa) e compagnia bella, non crede che dovrebbero smetterla di

rilasciare certe dichiarazioni affinché una partita di calcio non si trasformi in una guerra civile? Non crede che la FIGC do-vrebbe infliggere pesanti sanzioni a questi piccoli uomini che stanno esasperando i toni incitando alla violenza negli stadi e dintorni?Distinti salutiVincenzo, mail firmata

Premessa: io odio le polemiche e il “post match”, soprattutto se si parla poco di calcio e tanto di episodi. Di Juventus-Roma, a mio avviso, si è parlato davvero troppo prima e ancora peggio è andata dopo. Avrei fatto a meno di ogni parola spesa dai protagonisti. Ci metto tutti, giallorossi e bianconeri (penso a Bonucci, ad esempio). Il nostro calcio già ha poco appeal, se poi lo rendiamo ancor più problematico con “battaglie linguistiche” di poco valore, allora siamo pro-prio destinati a diventare un Paese con un calcio mediocre. Pallotta, americano, è stato l’unico che ha “invitato” a guar-dare avanti. Peccato che, sebbene sia quello che ci mette i

PER SCRIVERCI: [email protected]

RICEVIamO & PUBBLICHIamO

LA TOP 11 FIFABuongiorno Direttore, le propongo un gioco. Basandoci su Fifa 15, mi dà la sua Top 11 preferita da potermi giocare in un torneo che dovrò fare presto? Realizzerò una squadra sulle sue indicazioni, la Top 11 di Calcio2000… Almeno qui non ha limiti di spesa e di nazionalità…Mauro, mail firmata

Bella sfida… allora mi lascio proprio andare. Vado con un 4-3-3, cercando di dare spazio anche a qualcuno che mi-lita in Italia. Neuer in porta, difesa con Lichsteiner, Bonucci, Thiago Silva e Maicon. Iniesta, Pogba e Pjanic a centro-campo. In avanti Ibrahimovic, messi e Cristiano Ronaldo. Sbilanciata ma tutti giocatori che adoro… allenatore? Beh, chiunque.

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ono passate da poco le 11.30 del mattino e al Centro sportivo Ercole Celli-no di Assemini regna la pace. Il Cagliari ha terminato l’alle-

namento e Zdeněk Zeman si avvicina a noi fischiettando. Ti rendi subito conto di avere di fronte un maestro del cal-cio italiano, e l’emozione è grande. Ma quello che più ti colpisce è la sua gran-de umanità, che percepisci distintamen-te appena il boemo inizia a proferire parola… Lui è l’ultimo rimasto di un calcio artistico, dove la bellezza è la ragion d’essere. Dicono che con Zeman in panchina non si vince ma, alla fine, vince chi si diverte, o no?

mister,dopol’esperienzanegativadiRoma,siaspettavaditornareinSerieacosìpresto?Cos’hapensatoquan-doleèarrivatal’offertadelCagliarie

cosal’haconvintaadaccettarla?“un allenatore penso che speri sempre di poter lavorare. Visto che è scaduto il 30 giugno il contratto con la Roma, ci sono state delle squadre che mi hanno fatto un’offerta. Ho scelto Cagliari perché è cambiata la proprietà e si è parlato di un progetto e a me piace costruire. Sono ve-nuto qui perché mi hanno convinto il pro-getto e le ambizioni del presidente Giulini”.

Qualisonostatelemaggioridifficoltàchehatrovatofinora?“Sul piano dell’impegno non mi posso la-mentare dei ragazzi, perché si sono tutti messi a disposizione e finora hanno cerca-to di fare il possibile. Poi magari durante alcune partite non sempre si riesce a gio-care con la mentalità che chiedo io, penso più per abitudine, perché cambiare tipo di gioco è sempre difficile per uno che l’ha fatto per tanti anni in modo diverso”.

Qualcuno ha anche sostenuto che il

A TUTTOZeman…La NUOVa aVVENTURa aL CagLIaRI, La SUa CaRRIERa IN PaNCHINa, I maLI DEL

CaLCIO ITaLIaNO E La LOTTa SCUDETTO: ZDENěk ZEmaN SI RaCCONTa, a mODO

SUO, IN ESCLUSIVa a CaLCIO2000…

di Paolo CAMEDDA

foto Federico DE LuCA

S

ISOLA FELICEDopo la bruttaesperienza di

Roma, Zeman hadeciso di ripartire

dalla Sardegna

INTERVISTA

ZDENěk ZEmaNINTERVISTA / ZDENěk ZEMAN

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suocalciofosse‘superato’.Checosasisentedirispondere?“Non so cosa rispondere, nel senso che io ho fatto sempre un certo tipo di cal-cio… Trent’anni fa mi dicevano che fossi 20 anni avanti, 10 anni fa ero sempre 20 anni avanti… Dipende da che lato si guarda…”.

poi è arrivata la grande vittoriasull’InteraSanSiro…Riesceancoraad emozionarsi per una vittoria inunostadiocosìimportante?“Ho sempre detto che lo Stadio di San Siro a me piace tanto. Mi piace tanto gio-carci, e penso che a San Siro le mie squa-dre abbiano sempre fatto buona figura, sul piano del gioco, anche se poi magari si perdeva. A Milano sono abituati a vedere un calcio importante e per questo ci hanno sempre rispettato. Fa piacere quando rice-vi complimenti per una partita”.

Quali sono ora gli obiettivi del Ca-gliari in questa stagione e dove ri-tiene possa arrivare la squadra neiprossimianni? “Io penso che ci sia tanto lavoro da fare, ma che possiamo toglierci delle soddisfa-zioni durante la stagione. Noi dovremmo fare del nostro meglio con tutti gli av-versari, poi i conti si faranno alla fine. L’obiettivo, come ha spiegato il presiden-te Giulini, è una crescita graduale della squadra nel giro di alcuni anni. I ragazzi stanno lavorando bene e i risultati arri-veranno”.

Chil’hastupitadipiù,fraisuoigio-catori,finoaoggi,echipensapossaavereunfuturoimportante?“Io non voglio fare le classifiche, chi più, chi meno… È una cosa antipatica… Io alleno un gruppo che ha provato a fare del suo meglio, a qualcuno per ora è riu-scito di più, qualcun altro spero ci riesca con il tempo. La disponibilità me l’hanno sempre data e cercano di applicarsi su quello che chiedo”.

Unodeigiocatoripiùimportantidel-lasquadraèVictorIbarbo,cheanchedomenica a San Siro ha fatto unagrande prestazione. dove deve mi-gliorare secondo lei il colombiano equalisonoisuoimarginidicrescita?“Secondo me Ibarbo è un giocatore im-portante, e spero lo diventi di più, perché ha tutte le qualità, fisiche e tecniche. Gli

manca la continuità, nel senso che è un giocatore un po’ naif, che c’è ma a volte non si vede. Se lui riesce ad esserci per tutti i 90 minuti può aiutarci tanto…”.

Comesi trova inSardegnaecosa lepiacedipiùdellavitanell’isola?“Mi piace l’isola. Sono arrivato in Italia nel 1969, e nella mia carriera sono stato anche a Palermo, altra città di mare. A me piacciono il mare e il sole. A parte il fatto che gran parte della Sardegna fa il tifo per la squadra, mi piace proprio il fatto di essere isolati e di poter lavorare in tranquillità. Penso che sia la cosa più importante, poi magari arrivano le voci destabilizzanti dal continente, ma noi qua ridiamo…”.

I tifosi l’hanno accolta subito congrandeaffetto.Qualèilsuorapportoconloro?“Mi hanno accolto benissimo, il rapporto è ottimo e spero che riusciremo a ripa-garli della fiducia che hanno messo su di me, sul presidente e sulla squadra”.

ha imparato in questi mesi qualcheparola di sardo? Il suo volto, comequellodialcunigiocatori,èstatouti-lizzatoperlacampagnaabbonamen-ti del club accompagnato da alcunislogansignificativiin‘limba’…“Finora non ho imparato nessuna paro-la di sardo, anche perché non lo sento… Per gli slogan mi ci vuole il traduttore… Purtroppo ho vissuto sempre qua nel cen-tro sportivo, e qua il sardo si parla poco.

Ora ho preso casa e vedremo…”.

Lepiacelacucinasarda?Qualèilsuopiattopreferitodellacucinalocale?“A parte il pesce, che ci dev’essere sem-pre, a me il maialetto non mi dispiace proprio…”.

QuandoèarrivatoGigiRivahadet-to che avrebbe avuto piacere a in-contrarla.Lechiedosevisietevistiecomeèandata.“Ancora non ci siamo visti. Sono andato al suo ristorante, ma stranamente non c’era… Ci sarà sicuramente occasione in futuro”.

ConVentura lei è il decanodegli al-lenatoridellaSeriea.Chedifferenzatrovafrailcalciodioggiequello‘ro-mantico’deglianniottanta-novanta?“Io penso che il calcio non sia cambia-to: i campi sono sempre uguali. Poi ma-gari oggi il calcio è più un prodotto da vendere. Prima c’erano soltanto il presi-dente, l’allenatore e il direttore sportivo, oggi ci sono 50 persone che collaborano per mandare avanti la squadra, anche se secondo me la cosa più importante resta il campo”.

nellasuacarrierahaguidatosquadreimportanti come Lazio e Roma. C’èchidice che rispettoalpotenzialediquelle squadre abbia vinto poco. Sepotessetornareindietrocisonodellesceltechenonrifarebbe?“Dicono che ho vinto poco… Ho vinto 3 campionati, che saranno pochi, ma sono importanti… Poi con le squadre grandi, anche lì… Stavo alla Lazio, ma la Lazio non era quella del 2000, una squadra mondiale che spendeva centinaia di mi-liardi di lire. Lo stesso la Roma, che ha vinto quando ha speso 80 miliardi per un giocatore. Ai miei tempi avevo il pro-blema di prendere Cafu a 4 miliardi… Poi meno male che li abbiamo spesi. Non possono vincere tutti, e normalmente quelli che spendono di più sono avvan-taggiati. Visto che sono arrivato 2°, 3°, 4°, 5° con le squadre di Roma, e che a quei tempi non c’erano quattro squa-dre in Champions, penso di aver fatto bene… Nell’ultima stagione alla Roma ho portato la squadra anche in finale di Coppa Italia…”.

nellosportcontapiùvincereoesseredegliinnovatori(oesserecoerenti)?

INTERVISTA / ZDENěk ZEMANINTERVISTA / ZDENěk ZEMAN

CASA ASSEMINIIl mister ha vissutonel centro sportivodel Cagliari neiprimi mesi: “C’era tantoda lavorare”

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INTERVISTA / ZDENěk ZEMANINTERVISTA / ZDENěk ZEMAN

“”In ItalIa sI portano

troppI stranIerI che poI

chIudono la strada aI

talentI ItalIanI

ZEMAN IN FUMOIl mister e l’immancabilesigaretta: “Smettere di fumare?Ogni tanto ci penso, ma poi continuo”

di 10 anni nei vari Tribunali, forse c’era qualcosa che non andava…”.

FraRomaeJuventus,asuogiudizio,chihalemaggioripossibilitàdivin-cereloScudettoeperché?“Non lo so, il campionato è lungo. Pen-so che tutte le squadre durante un’an-nata hanno un periodo di crisi, che può dipendere dai troppi impegni, visto che entrambe giocano in Champions, dagli infortuni o dalle squalifiche, che posso-no pesare. Ma ritengo che la rosa della Roma dia più ampie possibilità di scel-ta. Per me se alla Juve salta Tevez va in difficoltà, se alla Roma mancano Totti o Destro è lo stesso…”.

Cosa avrebbe fatto Zdeněk Zemannellavita senonavesse fatto l’alle-natoredicalcio?“Ho studiato sport all’università di Praga per fare l’allenatore e quello volevo fare. Se non avessi fatto l’allenatore di calcio avrei allenato in qualche altro sport: pal-lamano, pallavolo, pallanuoto… Come mi

“Per qualcuno conta più vincere. Io però da allenatore, devo cercare di dare un gioco alla squadra e migliorarla, co-struendo qualcosa. E penso che in que-sto sia abbastanza riuscito, visto che ho mandato in Nazionale diversi giocatori. È questo il lavoro dell’allenatore”.

Chièilgiocatorepiùfortefratuttiquel-lichehaallenatonellasuacarriera?“Io ho avuto tanti bravissimi giocatori, Campioni del Mondo… Sicuramente sono più legato a Signori per il periodo nella Lazio e a Totti per il periodo nella Roma. Sono due ragazzi che si sono comportati benissimo e hanno sempre aiutato gli altri, sul campo e fuori dal campo”.

Qualeerrorenonperdonerebbemaiaunsuocalciatore?“Tutti sbagliano: se sbaglio io possono sbagliare anche i giocatori. Tutto si può risolvere, l’importante è che ci sia il ri-spetto reciproco”.

Cosalepiaceecosanonlepiacedel

è anche capitato all’inizio in Italia”.

C’èunacosaperlaqualesmetterebbeungiornodifumare?“Ogni tanto ci penso, ma poi, visto che non ho problemi fisici e non ne risento, continuo a fumare…”.

C’èmaistataunavoltaincuilasuasquadra non è partita dall’inizio col

calciodioggi?Sedovesseidentificareil“male”delcalcioitalianooggi?“Il calcio italiano secondo me è in crisi per un problema economico. Mentre pri-ma in Italia venivano i più forti giocatori al mondo, dai quali poi anche i giocatori italiani potevano imparare e potevano crescere, oggi i migliori non si riesce più a portarli qui. Si portano troppi stranieri che poi chiudono la strada ai talenti ita-liani che non hanno allora la possibilità

4-3-3?L’hasegnatasulcalendario?“L’ultima volta che non ho giocato con il 4-3-3 era in Coppa Italia a Firenze con la Roma, ma per necessità. Avevo tutti gli attaccanti squalificati o infortunati e mi avanzavano difensori…”.

perché, secondo lei, il 4-3-3 è ilmi-gliormodulo?Spieghiipregi,e,secisono,idifetti,diquestosistema…“Se lo uso è per i suoi pregi… Per coprire il campo in modo razionale il 4-3-3 è la miglior disposizione. Poi qualcuno sta 10 metri più avanti o 10 metri più in-dietro… Con questa disposizione il cam-po viene diviso tutto in triangoli. Difetti non ce ne sono, sennò non lo userei. Tutti dicono che qualsiasi modulo è perfetto, se si fa bene. Per me non è così, perché quando giochi con due attaccanti non c’è equilibrio. Come disposizione base per coprire tutto il campo in lunghezza e in larghezza il 4-3-3 è il modulo perfetto. Poi il discorso è che uno si muove male, gli attaccanti non attaccano, o difendono male, e allora non ci sono più le distanze

di farsi vedere e di maturare sul campo”. perlasedicesimagiornata,primadina-tale,èinprogrammaCagliari-Juventus.Saràunagaraparticolareperlei?“Per le squadre di provincia, come succe-deva col Foggia, affrontare avversari di nome dev’essere uno stimolo, una spinta, per dare qualcosa in più del solito. Ma personalmente non mi interessa se gioco con la Juve, con l’Inter, con il Milan o con la Roma…”.

ÈverochedabambinotifavaJuventus?“Io cerco di spiegarmi, e o non mi ca-pisce nessuno, o lo fanno apposta… Visto che io sono nato nel 1947, e mio zio è stato acquistato dalla Juventus nel 1946, è normale che io sia nato juventi-no. Ho seguito la Juventus per tanti anni quando mio zio era alla Juventus e ha portato 2 Scudetti alla Juventus. Ero un tifoso e la seguivo. Lo ripeto: per me il problema non è la Juventus, il problema sono le persone che hanno fatto male al calcio italiano, con i farmaci e con Cal-ciopoli. Se quei personaggi sono da più

“”se non avessI allenato nel

calcIo lo avreI Fatto In qualchealtro sport:pallamano, pallavolo,pallanuoto

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INTERVISTA / ZDENěk ZEMANINTERVISTA / ZDENěk ZEMAN

GURU Per molti suoi “seguaci”, tra cuiStramaccioni, Zeman è semplicemente inimitabile

“”Io superato? trent’annI Fa

mI dIcevano che FossI 20 annI

avantI, 10 annI Fa ero sempre 20

annI avantI

Calcio2OOOCalcio2OOO 1514 1514

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INTERVISTA / ZDENěk ZEMANINTERVISTA / ZDENěk ZEMAN

“Se non segni, non vinci”

“Non meritavamo di perdere, siamo riusciti a fare 900 passaggi, come fa il Barcellona. Loro

però sanno perché li fanno, noi ancora no”.

“Non ho eredi e non ne voglio: troppi tecnici vedono il calcio come un lavoro e non come

un divertimento”.

“Non c’è nulla di male ad essere ultimi, se lo si è con dignità”.

“Non è vero che non mi piace vincere: mi pia-ce vincere rispettando le regole”.

“Il calcio deve uscire dalle farmacie”.

“La grande popolarità del calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finan-

ziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo c’è un bambino che gioca e

si diverte con un pallone tra i piedi”.

“Raramente mi capita di dire una bugia. Per questo mi sento solo. È un mondo, il nostro,

in cui se ne dicono tante”.

LE MASSIME DI ZEMAN

Zeman ha girato tutta l’italia da Sud a nord, laSciando ovunque la Sua impronta, quel 4-3-3 come mar-

chio di fabbrica indelebile. amato o odiato, Sulla Sua carriera è Stato Scritto un libro e tratto un film.

ecco una carrellata delle Sue maSSime più celebri, recenti e non

di Luca PUDDU

lo stress, le critiche fanno male. Io invece sono abituato, per me ognuno è libero di dire quello che vuole…”.Glivuolmandareunmessaggio?

fra i reparti. Ma in teoria il 4-3-3 è il modulo perfetto”.

Suofiglioèallenatore:nonl’hascon-sigliato quando glielo ha detto? Viscambiateidee?“Mio figlio quando aveva un anno lo portavo al campo di allenamento, lo lasciavo dietro la rete di recinzione e seguiva tutti i miei allenamenti, tutte le mie preparazioni e tutte le mie partite, in Italia e qualche volta anche all’estero. Penso quindi che ne abbia viste tante. Io veramente gli ho sconsigliato in partenza di fare questo mestiere. Visto che si è lau-reato in Lingue, gli ho consigliato di fare qualcosa di più tranquillo. Questo perché so che lui non ha il mio carattere, è un po’ più emotivo e quando uno è emotivo

“A lui piace fare l’allenatore, quindi fin-ché ha motivazione e gli piace lavorare sul campo gli dico di continuare in questo lavoro applicando le sue idee”.

misterZemanha(ohamaiavuto)unsognoprofessionale?Qualè?“Il mio sogno professionale è sedermi in panchina e divertirmi a vedere la mia squadra giocare a calcio. Vedere un cal-cio che piaccia a me e alla gente che vie-ne a vederci”.

Conclusa l’intervista, Zeman si alza, e prima di andar via ringrazia e saluta con una stretta di mano. La sensazio-ne è che il calcio italiano avrà sempre bisogno di personaggi come lui. Buon divertimento con il Cagliari, mister.

“”FInora non ho Imparato nessuna parola dI sardo, anche perché non lo sento… per glI slogan mI cI vuole

Il traduttore

ZEMANLANDIA 2A Cagliari Zeman vuole

tornare a stupire:“Il mio sogno èfare bel calcio”

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INCHIESTA

STRaNIERI IN SERIE aINCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

QUI PASSA LO STRANIERO

L’ITaLIa Ha La mEDIa ETà PIù aLTa D’EUROPaED È La TERZa PER STRaNIERI PRESENTI.

CON UN RECORD aSSOLUTO IN CaSa INTER…

di Marco CONTERIO

foto Image SPORT

che arriva il maggior numero di calciatori scesi in cam-po nell’ultimo campionato. 51, da Diego milito fino a Nahuel Valentini. Una nazione, quella albiceleste, laddove è semplice trovare l’avo, l’antenato e risa-lire dunque al discendente con le scarpette ai piedi. Non spaventa lì lo status da extracomunitario, vista l’infornata di oriundi sbarcata sulle coste d’Italia, non fa paura neanche in Brasile. Che, con 49 giocatori scesi in campo, non conquista di poco il primato ma stacca di gran lunga la terza, anch’essa sudamerica-na. E’ l’Uruguay, pochi milioni d’abitanti ed un talento sconfinato che pullula dietro ogni angolo: 19 quelli impiegati nell’ultima Serie A, poi la Francia con 15, la Spagna con 14, la Colombia con 12, il ghana con 10 e, appaiate, Svizzera e Slovacchia con 10. Quaran-tasei nazionalità diverse che, nel complesso, secondo gli studi della Lega Calcio, hanno dato una media età di 26,8 anni. 610 calciatori in tutto di cui, tra italiani e stranieri, solo 67 gli Under 21 esordienti. Dati che fanno sorridere, se paragonati ai record dei migliori

vvolto da una nuvola di fumo, il vecchio saggio Zdenek Zeman sen-tenzia. “Stanno uccidendo i vivai”. Così la nube s’addensa, si contor-ce attorno all’Italia, strozzando le speranze ed i sogni. E nel gioco senza frontiere che è la Serie A,

il dato esemplificativo arriva dall’ultimo campionato disputato. Nelle trentotto partite della a 2013/2014, sono scesi in campo 610 calciatori dei quali soltanto 258 italiani. a farla da padrone gli stranieri, col 58 per cento delle presenze conquistate. L’invasione ha più radici. La sentenza Bosman, il caro prezzi dei ta-lenti nostrani, le mire di alcuni di far affari coi soliti noti, la voglia sfrenata di scoprire la nuova gemma lontano da casa.

L’INVASIONE DELLO STRANIERO - Lontano anche dal cuore, però. Perché i chilometri che separano l’I-talia dall’argentina sono migliaia ma è proprio da lì

A

SIMONE ZAZACARLOS TEVEZ

Il bomber dellaJuve saluta il

giovane chespera di

emularlo...

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impensabili, come il 38,9% della Svezia, Francia e Spagna hanno percentuali importanti: 23,6% la pri-ma, 21,1% la seconda. La germania è più staccata, col suo 16,6%, mentre l’Inghilterra è al 13,6%. L’Ita-lia è ultima, anche dietro Russia e Turchia, fanalino di coda per il futuro dei suoi talenti. Da un recente studio di Tuttomercatoweb.com, nella Serie A ora in corso, ci sono soltanto 35 casi di giocatori passati dal vivaio al mondo dei grandi senza passare dai prestiti. Specifica: i trentacinque hanno almeno giocato una stagione di Serie a o due di Serie B, e almeno 20 presenze con il proprio club. Lo scorso 21 gennaio il CIES Football Observatory ha pubblicato uno studio sulle maggiori leghe della Uefa: 472 club ed 11,653 giocatori. La nazione che accoglie più stranieri è Cipro, davanti alla Premier League con il 60,4% e quello dell’Inter è il re-cord di stranieri in tutta Europa. Una crisi che si esprime anche nelle medie età: l’undici ‘tipo’ della Juventus che ha vinto lo Scudetto è, oggi, di oltre 29 anni, mentre allo scorso gennaio la media della Serie a, di 27,3

che già nel 2005 aveva regalato al calcio che conta Claudio marchisio, Domenico Criscito, Paolo De Ceglie e Sebastian giovinco, nel 2009 ha sformato Lorenzo ariaudo, Luca marrone, Ciro Immobile ed albin Ekdal, mentre un anno più tardi Yago Falque. Nel 2011, l’Inter ha messo in mostra il portiere Francesco Bar-di, Cristiano Biraghi, marco Davide Faraoni, Lorenzo Crisetig, mentre la Juve, nel 2012, ha regalato alla a odierna il solo Raman Chibsah.

ITALIA DA UNDER - Un’occhiata la merita l’Italia Under 21 che, nel ritorno dei play-off, ha sconfitto la Slovacchia per 3-1. Uno sguardo diretto alla for-mazione: Francesco Bardi, dell’Inter, gioca titolare nel Chievo Verona. Davide Zappacosta lo fa nell’atalan-ta, matteo Bianchetti è la riserva di Davide Rugani all’Empoli e Cristiano Biraghi è terzino del Chievo Ve-rona. Federico Viviani gioca a Latina, Lorenzo Crise-tig a Cagliari, Domenico Berardi al Sassuolo, Federico Bernardeschi fa panchina alla Fiorentina, Davide Be-

giovani. Perché, nonostante l’invasione dello straniero, il calciatore con più palle recuperate è stato Davide astori, ora alla Roma ed allora al Cagliari. Quello con più presenze è stato Mattia Perin, portiere del Genoa e quello con più reti segnate, Domenico Berardi, follet-to avanzato del Sassuolo. Numeri che, poi, variano da squadra a squadra: l’Inter ha avuto addirittura oltre il 90% del minutaggio complessivo saldamente nelle mani di calciatori stranieri. In media, la metà delle squadre di A ha utilizzato più giocatori di fuori fron-tiera che italiani.

ITALIA FANALINO DI CODA - Il confronto con le altre grandi potenze europee è impietoso, soprattutto se si considera il numero di calciatori formati nei club, ov-vero coloro che, per almeno tre stagioni tra i 15 ed i 21 anni, sono cresciuti nel serbatoio della squadra. La percentuale italiana è al minimo europeo, con il solo 8,4%, secondo una statistica del Cies Demographic Study 2014. E se in Scandinavia si superano record

anni, era la più alta di tutta Europa (media di 26,8).

VIaReGGIoCUp:ChICeL’haFaTTa - Da sempre la Viareggio Cup regala, al calcio italiano, talenti e prospetti. Che fine hanno fatto quelli delle ultime vincitrici, dal 2005 al 2012? In quel lungo lasso di tempo, degli undici titolari e dei subentrati, nelle fina-lissime, giocano attualmente in Serie A o in un grande campionato estero solo in 19 su 95. Della formazione della Juventus che vinse la Viareggio Cup nel 2005, il portiere era Nicola Avitabile, che ha interrotto la carriera tra i pro tre anni più tardi alla Scafatese. Rey Volpato e Davide Arigò, tandem d’attacco di quella Juve, giocano ora rispettivamente nel Campodarsego e nell’asti. Del genoa, che vinse nel 2007, nessuno gioca oggi nel massimo campionato, l’Inter del 2008 ha regalato, alla A odierna, solo Mattia Destro tra i titolari mentre mario Balotelli gioca al Liverpool e Luca Caldirola al Werder Brema. Poi tanta B, Lega Pro o talenti che hanno mollato, mentre la Juventus,

INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE AINCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

ANTONIO CONTEPer il CT è semprepiù difficile trovareitaliani di qualità...

CLAUDIO MARChISIOPer fortuna qualche

campione azzurroc’è ancora...

foto

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DANIELE RUGANITalento purissimo, ne sentiremo parlare a lungo...

DOMENICO BERARDIE’ della Juventus, sta facendo grande il Sassuolo...

il trequartista del Real madrid, Isco, e la bandiera d’attacco dell’athletic Bilbao, Iker muniain. E la Fran-cia? Bastano alcuni nomi per spiegare tutto: geof-frey kondogbia, titolare nel monaco, Florian Thauvin, nome di punta all’Olympique marsiglia, Samuel Umtiti milita nel Lione, aymeric Laporte nell’athletic Bilbao. Dati incontrovertibili: se il trend è variato in positivo in Italia, visto che i talenti dell’Under giocano in Serie a, in Europa ci sono anche fior di campioncini che mi-litano nelle big. Mentre Juventus, Milan, Inter, Napoli, Roma e via andando, non ne fanno giocare nessuno. E così il fumo s’addensa, mentre il resto d’Europa cerca di vedere la luce in fondo al tunnel.

“ITALIA MERCATO CARO. BARCELLONA, CHE OCCASIONI”Pierluigi Casiraghi, storico osservatore di casa Inter, commenta il caro-prezzi dei giovani italiani.

“E’ difficile da spiegare; il mercato interno dice chiara-mente: ‘se vuoi il ragazzo lo paghi, altrimenti lo porto

lotti al Palermo e Cristian Battocchio gioca nella Virtus Entella. Il confronto con le altre d’Europa è impietoso, seppur l’Italia sia passata e, clamorosamente, Spagna e Francia no. Partiamo dall’Inghilterra, qualificatasi dopo la vittoria contro la Croazia: Jack Butland è tito-lare dello Stoke, ma in difesa ci sono Luke Shaw, clas-se 1995 (dunque più giovane di tutti gli italiani scesi in campo) è terzino del manchester United. Classe 1994, coetaneo di Rugani, è Eric Dier che, però, gioca titolare nel Tottenham. La Germania, che nell’incontro contro l’Irlanda della Nazionale di Low ha schiera-to una media età inferiore ai 24 anni, ha un’Under 21 da sogno: max meyer, classe ‘95, è talento dello Schalke 04. marc-andrè ter Stegen gioca in Cham-pions col Barcellona, kevin Volland, capitano classe 1992, è capitano dell’Under 21 e cardine dell’Hof-fenheim che sta stupendo la Bundesliga. L’eliminazione della Spagna, comunque per mano della Serbia, ha del clamoroso: in formazione, nel ritorno, c’erano il ti-tolare del Barcellona, classe 1995, munir El Haddadi,

INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE AINCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

FEDERICO BERNARDESChIClasse infinita, eppure fa panchinaalla Fiorentina...

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INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

vigore in Francia, Spagna, Portogallo e Germania. In Spagna, l’accordo risale all’aprile del 2007, con tanti calciatori che da extracomunitari sono stati parificati ai comunitari. La richiesta, anni dopo la sentenza Bo-sman, partì da una richiesta di Real madrid e getafe che precedentemente avevano consultato FIFa e UEFa per tesserare lavoratori (dunque calciatori) prove-nienti dai paesi dell’aCP. Nel Consiglio Federale della Federbasket del giugno 2012, venne deliberata la recezione degli accordi di Cotonou. Si decise di met-tere a disposizione dei club di serie a la possibilità di optare tra due costituzioni diverse del roster. Fermo restando i 5 italiani da portare a referto, da un lato 5 stranieri (comunitari o extracomunitari), dall’altro 3 extracomunitari più 4 comunitari. Ed il primo cestista in Italia fu CJ Wallace, americano naturalizzato con-golese e dunque equiparato ai lavoratori comunitari. Quali Paesi verrebbero equiparati con la recezione degli accordi di Cotonou? Oltre a nazioni del Paci-fico, come Samoa e Nauru, laddove il calcio è ma-

GIoChI SenZa FRonTIeRe: eCCo La ConVen-ZIONE DI COTONOUL’Italia pronta alla recezione degli accordi che equi-parano calciatori di 79 Paesi a quelli comunitari.

L’Italia, stretta nella discussione sul futuro di giova-ni e vivai, è pronta alla recezione degli accordi di Cotonou. In tema del quale, il Consiglio Federale, si discute già dal 2010. E’ un sistema di partenariato e cooperazione con l’Unione Europea che arriva da lontano, dalla Convenzione di Lomè del 1975 e poi confermato nel 2000 a Cotonou. Riguarda 79 Paesi, di cui 48 dell’africa subsahariana, 16 dei Caraibi e 15 del Pacifico. I lavoratori di questi Paesi vengono assimilati ai comunitari, dunque liberamente tessera-bili. In Italia è già presente la recezione degli accordi nella Federbasket, dal 2010, così come già accade in molte altre parti d’Europa. La richiesta della Lega Calcio alla FIgC, in Italia, risale alla scorsa estate e, per quanto riguarda il calcio internazionale, già è in

OGENyI ONAZIIl numero degli stranieri in Italia non accenna a diminuire...

AFRIyIE ACqUAhCi sono squadre in cui è difficile trovare giocatori Made in Italy...

INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

magari, lo prendi in una squadra di medio livello o, al-trimenti, vai al Barcellona che ha una Cantera così flori-da che non a tutti fa il contratto da professionista. Vedi Keita, Tounkara, Icardi... Tra poco sarà la stessa cosa anche al Real Madrid, dove in prima portano solo il top, mentre gli altri li scartano”. E l’Inter, che ha più stranieri di ogni altra squadra in Europa? “Noi arriviamo sino al livello Primavera, per quel che il lavoro ci richiede; noi dobbiamo portar dei giocatori che escano dal settore giovanile sino ai professionisti. Inter può decidere di ce-derli, di fare plusvalenza, di metterli in prima squadra; noi abbiamo prodotto molto a livello giovanile, a livello di qualità individuale. Abbiamo iniziato con Pandev e Martins, poi Balotelli, Destro e Biabiany; poi Longo, Li-vaja e Bessa. Al livello di Primavera la qualità la fanno gli attaccanti e noi abbiamo prodotto tanto, pure a livello economico. Il resto sono decisioni che non sta certo a me commentare. Faccio sempre un esempio: noi gli facciamo fare il classico, l’università, prendono il top e poi affron-tano il mondo del lavoro che non dipende da noi...”.

in prima squadra e lo prendi più avanti’. Io capisco le squadre di Lega Pro, o di B, che danno via un giocatore solo per cifre allettanti. Altrimenti lo fanno esordire e parte per un prezzo più elevato”. Pierluigi Casiraghi è universalmente considerato uno dei migliori scout del-la storia recente del calcio italiano. Da lungo tempo all’Inter, commenta quella che è la crisi della Giovane Italia. “Quello di prima è un fattore. Poi c’è la forzatura degli agenti, che i ragazzi hanno già a 15 o 16 anni, che spingono per mandarli in una grande squadra ma il percorso diventa un pacchetto che viene a costar caro. Perché all’estero giocano nelle big e qui no? Qui, in Italia, c’è sempre difficoltà a proporre un prodotto nato in casa. Alla Juventus c’è Marchisio, poi Giovinco; al Mi-lan solo De Sciglio, all’Inter la stessa cosa... Almeno in rosa dovrebbero starci, i ragazzi, è questo il problema. Li mandi in prestito, o li vendi, poi ti rivolgi al mercato interno e costano sempre di più. Se io devo prendere un quindicenne o sedicenne in Italia, costa tre volte più che all’estero”. Ecco, è questo il punto focale. “In Spagna,

MARIO BALOTELLICresciuto nell’Inter, ora milita nel Liverpool...

MATTIA DESTROAltro prodotto nerazzurro, bomber della Roma di Garcia

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yAO KOUASSI GERVINhOTanti giocatori mediocri

ma anche fuoriclasse come l’ivoriano della Roma...

INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

lo sguardo lassù, perso, perché un giorno così, spes-so, non torna mai più. Erano passati pochi mesi, ma a kingston, giamaica, splendeva sempre il sole. 8 di-cembre 1994. Nasce Raheem Sterling, novello John Barnes oggi, figlio di una terra del vento e non del futbol allora. Il destino lo porta, in tenera età, in In-ghilterra e lì mette giovani radici che si saldano e s’inerpicano su, nella scala sociale di chi ha il desti-no nei piedi. Il Liverpool lo compra giovanissimo, a sedici anni da compiere, dall’Academy del Queen’s Park Rangers, florida accademia di talenti. E poi su, fino alle stelle: oggi, a vent’anni, è l’uomo copertina di una terra che vuol scrollarsi dalle spalle la polvere degli eterni perdenti, di una nazione che da Geoff Hurst in poi ha vissuto di più boria che gloria. L’insuc-cesso all’ultimo Mondiale brasiliano è l’apice di una generazione d’oro mal sfruttata, quella dei Gerrard, dei Lampard, dei Rooney. Però nella terra d’albione si pensa già al futuro e lo si fa lanciando talenti, ora da subito, senza timori. Sterling è all’alba del terzo

teria sconosciuta, tra le più prolifiche di talenti per il football internazionale sono da annotare certamente angola, Camerun, Costa d’avorio, ghana, mali, Ni-geria, Sudafrica, Senegal, oltre alle varie caraibiche come giamaica, Suriname e Trinidad e Tobago. Come è recepito questo accordo dal mondo del calcio? L’Av-vocato Claudio Pasqualin, procuratore storico di Del Piero ed ora, tra gli altri, di Giovinco, commenta il tutto con un eloquente “resistere, resistere, resistere”. Il Presidente della Lega di B, andrea abodi, chiede che venga data “priorità ai vivai italiani”, mentre Moreno Roggi, procuratore, commenta ironico. “Chissà quanto sarà felice il ct antonio Conte...”.

pRemIeRLeaGUe:GIoVanISenZapaURaDa Sterling a Stones: dopo le recenti delusioni, le big inglesi schierano titolari i loro talenti.

Il cielo di Pasadena aveva da poco smesso di pian-gere lacrime azzurre. Il Divin Codino aveva ancora

MIChAEL ESSIENArrivato a parametro zero, ultra trentenne

RAMAN ChIBSAhBen il 58% dei giocatori impiegati lo scorso anno in A è straniero

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INCHIESTA / STRaNIERI IN SERIE A

zionale pure Jonjo Shelvey, titolarissimo allo Swansea ora ed al Liverpool in passato; Danny Welbeck, nuovo puntero dell’Arsenal, ma anche Andros Townsend, clas-se 1991 del Tottenham e pure Jordan Henderson, vicino di reparto di gerrard. In difesa è già stato chiamato tra i grandi Nathaniel Clyne, classe 1991 del Southam-pton, la lista s’allunga con Phil Jones, ‘92 dello United, John Stones, ‘94 dell’Everton, Jon Flanagan, ‘93 del Li-verpool, Steven Caulker e kyle Walker, rispettivamen-te ‘91 e ‘90 di QPR e Tottenham. E questo solo per restare agli Under 24 della difesa, perché in mezzo c’è il talento purissimo del ‘93 Ross Barkley dell’Ever-ton, davanti anche la potenza di Connor Wickham, ‘93 del Sunderland. Tutti titolari nei rispettivi club, nessuno escluso. Perché, dopo cocenti delusioni, nasce una nuova generazione in Inghilterra. Senza paura.

ventennio della vita eppure è già titolare nell’Inghil-terra dei grandi, nel Liverpool, lo è stato in tutte le na-zionali col Leone cucito sul cuore. Può contare, l’Inghil-terra, su una folta nidiata di talenti che già giocano nelle grandi, a differenza di quel che ora non accade nel Belpaese: Luke Shaw, mister 30 milioni di sterline, è un classe 1995 che sfreccia sulla mancina del manche-ster United e già agli ordini di Roy Hodgson. Eric Dier, centrale classe 1994, è titolare nel Tottenham. Calum Chambers, diciannovenne, è anche lui perno centrale della retroguardia dell’arsenal e già con l’esperta In-ghilterra. Tra i grandi son già da considerare veterani Jack Wilshere, che compirà ventitre anni a Capodanno e uomo simbolo della mediana dei Gunners ed il com-pagno di squadra, un anno più giovane, alex Oxlade-Chamberlain. Tra i nati dal ‘90 in poi, sono già in Na-

RAhEEM STERLING Classe 1994, gioca nei Reds ed è già nel giro della Nazionale...

JACK WILShEREAltro giovane nazionale inglese, pilastro dell’Arsenal di Wenger...

CIRO IMMOBILEC’è chi, per trovare

spazio, è statocostretto a volare

all’estero...

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FOOTBALL A 24 CARATI

daL1956adoGGIIL“paLLoned’oRo”hadaToLamISURadeLTaLenTomondIaLe.SToRIeemITISenZaTempo.

di Luca BARGELLINI

LIONEL MESSIBen quattro trionfiper il fuoriclassedel Barcellona...

57 EDIZIONISpesso discusso ma

indiscutibilmenteaffascinante: il

Pallone d’Oro

SPECIALEPaLLONE D’ORO

SPECIaLE/ PALLONE D’ORO

ognare, fortuna-tamente, non costa niente. Così, per chiunque, chiudere gli occhi e immagi-narsi con il palloned’oro fra le mani è

una cosa tanto semplice quanto magni-fica. Il mondo del calcio è una fucina di sogni, di fantasie che diventano real-tà. Ecco, questo è ciò che rappresenta il Pallone d’Oro dal 1956 ad oggi. Un alloro per i realizzatori di sogni. Cin-quantasette edizioni, una serie infinita di storie da raccontare e un numero in-calcolabile di folli, geni, sognatori da scoprire ed imparare ad amare. Institu-ito da France Football, nel corso degli anni, è diventato un premio tanto am-bito quanto discusso. Fino all’edizione 1994, per vincerlo era necessario esse-re di nazionalità europea. Un, calcisti-camente parlando, clamoroso autogol che, per fortuna, è stato presto risolto (Maradona avrebbe, probabilmente, vinto diversi allori se le regole negli anni ’80 fossero state diverse). Dice-vamo: prestigioso ma anche motivo di incredibili ed infinite disquisizioni. anno 1986: il Pallone d’Oro finisce nelle mani

di Belanov. Ha fatto benissimo ai mon-diali ma, di fatto, è uno sconosciuto alle grandi platee. Sbaraglia concorrenti come Lineker e Butragueno, non proprio dei rincalzi. In realtà sono diversi gli anni in cui nessuno ha osato mettere in dubbio le votazioni, come nel caso delle “triplette” dei vari Cruyff, Platini e van Basten… Su un fatto non ci sono dubbi: il Pallone d’Oro è anche un perfetto as-set pubblicitario. Avere in rosa un vinci-tore del trofeo rende più appetibili sul mercato. Ne sa qualcosa il Barcellona. I blaugrana sono il club con più Palloni d’Oro nella storia, ben 10 (compresi i quattro di Messi), tre in più dell’odia-to Real madrid (il settimo trionfo è recente, visto che è arrivato grazie a Cristiano Ronaldo lo scorso anno). Lon-tani i tempi in cui Milan e Juventus la facevano da padrone (otto successi a testa). kakà (2007) e Nedved (2003, Cannavaro, vincitore nel 2006, era già del Real madrid) gli ultimi a centrare il sontuoso traguardo. E l’Inter? Solo due firme, seppur prestigiose: uno grazie al mitico matthaus (1990), l’altro con quel Ronaldo (1997) che, ancora oggi, è il più giovane vincitore del premio con i suoi 21 anni e tre mesi (messi, se vi in-

teressa, ci è riuscito a 22 anni e cinque mesi). Record difficile da battere, così come quello del “vecchietto” Matthews, il primo a vincerlo (1956, allora milita-va nel Blackpool) e pure quello con più primavere sulle spalle (41 anni).

Quandovinseunportiere…Lev Yashin (Russia - Dinamo Mosca. Pal-lone d’Oro 1963)Nel dicembre 1963 avvenne una sorta di miracolo calcistico. Un qualcosa che mai più è accaduto. Il Pallone d’Oro non finì nelle mani del bomber di turno o del più classico dei funamboli. Il premio fu conquistato dal più improbabile dei vincenti. Un portiere. LevYashin. Ban-diera della squadra del Ministero degli Interni dell’URSS, la Dinamo mosca, l’e-stremo difensore classe 1929 è tutt’ora considerato il migliore dell’intera storia del calcio. Esagerato? Possibile. Un mo-stro sacro del calcio italiano come San-dromazzola, però, nel 1963 dopo un rigore paratogli dal colosso russo in un Italia-URSS disse: “Yashin era un gigante nero: lo guardai cercando di capire dove si sarebbe tuffato e solo tempo dopo mi resi conto che doveva avermi ipnotizza-to. Quando presi la rincorsa vidi che si

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cio, passionale e divertente, tanto che per averlo arrivò a spendere 148 mi-lioni di lire pur di vederlo in biancone-ro. “L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras”, dirà successivamente il numero uno di Torino. Un amore, quello fra Platini e la Vecchia Signora, che ha resistito alle polemiche, ma anche e soprattutto al tempo. Nessun numero 10 bianconero ha più fatto ciò che “Le Roi” è stato in grado di fare.

Marco van Basten (Olanda - Milan. Pal-lone d’Oro 1988, 1989 e 1992)Chiunque ami il calcio non può non conoscere “Il Cigno di utrecht”, al se-colo marco vanBasten. Il centravanti olandese, protagonista assoluto della rivoluzione rossonera del Milan di ar-rigoSacchi, è stato per molto tempo il prototipo dell’attaccante moderno. Ve-loce, grande fisico e piedi da fuoriclas-se vero. Un talento immenso, purtroppo

buttava a destra: potevo tirare dall’altra parte, non ci riuscii. Quel giorno il mio tiro andò dove voleva lui”. Parole chiare, con un significato netto e preciso. Yashin non ha avuto eguali dal giorno della sua vittoria fino ai giorni nostri. E così probabilmente sarà ancora per molto tempo.

Lavittoriadelfolle…George Best (Inghilterra - Manchester united. Pallone d’Oro 1968)Parlare di George Best in termini di mito è estremamente semplice. La sua vita dissoluta, l’aura del bello e dan-nato, l’etichetta di “quinto Beatles” ren-dono il campione del manchester Uni-ted praticamente immortale. La realtà parla anche di altro. Parla di un talento cristallino, bruciato nell’arco di undici anni. Best aveva solo 28 anni quando la sua stella intraprese la via del declino. Eppure il suo palmares già annovera-va tutto quello che un calciatore pro-

mal sorretto da caviglie fragili come il cristallo. Una menomazione che lo ob-bligò a salutare il calcio giocato troppo presto, a soli 30 anni. Al Milan trascorre sette stagioni, di cui solo cinque a pie-no regime, ma bastano per incidere il suo nome nella storia. Quattro scudetti, quattro Supercoppe Italiane, tre Cham-pions League, tre Supercoppe UEFa e due Coppe Intercontinentali: ecco qual è il bagaglio del fenomeno olandese. Più tre indimenticabili Palloni d’Oro. diegoarmandomaradona di lui dis-se: “Van Basten è una macchina da gol che si è rotta ad un passo dalla vetta”. Rimane comunque un mito.

Ilredeire…Lionel Messi (Argentina - Barcellona. Pal-lone d’Oro 2009, 2010, 2011 e 2012)Quattro titoli, ad onor del vero, tre come Pallone d’Oro Fifa (nel 2010 c’è sta-ta la fusione tra l’antico Pallone d’Oro France Football e il Fifa World Player

fessionista potesse sognare, compreso un Pallone d’Oro. Una edizione, quella del 1968, che vide il premio francese a forte tinte britanniche: dietro al fe-nomeno di Belfast si posizionò, infatti, SirBobbyCharlton, colonna e capitano dello stesso United. Fra i due non ci fu mai un gran rapporto. Troppe le dif-ferenze per trovare una linea comune. Eppure mattBusby, tecnico di quei leg-gendari Red Devils, sapeva che assie-me avrebbero fatto faville. Best, però, era la vera arma in più, il campione de-cisivo. “Appena possibile, date la palla a George”, soleva dire per preparare le sue partite. Peccato che il mito abbia bruciato troppo presto il campione. Ci saremmo divertiti tutti molto di più.

Letriplette“italiane”Michel Platini (Francia - Juventus. Pallone d’Oro 1983, 1984 e 1985)Se da ragazzino fai finta di firmare au-tografi storpiando il tuo cognome per

of the Year). Nessuno ha vinto più trofei di lui. messi, l’artista del Barcellona, è il re dei re, colui che vanta più scettri (tra l’altro il quinto, lo scorso anno, gli è sfuggito per un soffio). giocatore nato nell’ombra di Maradona, a suon di titoli, la sua storia l’ha scritta e pure a carat-teri cubitali. Che sia già leggenda è un fatto, che possa vincere altri titoli molto probabile. Difficile dire se sarà anco-ra lui a trionfare quest’anno. Cristiano Ronaldo, forte di due successi, punta al terzo e poi, nell’anno del Mondiale, c’è una Germania intera che spinge per dare merito ad uno dei propri fenomeni (Muller?). Storicamente il Pallone d’Oro è in grado di regalare sorprese inatte-se. Tuttavia una certezza ce l’abbiamo: considerata la nostra più che disastrosa spedizione in Brasile, sarà improbabi-le vedere uno dei nostri alzare il tro-feo che tutti vogliono. Il Pallone d’Oro, da qualche anno, è affare d’altri ma resta comunque di grande fascino…

inserire il nome del tuo idolo, Pelè, e al momento di fornire le generalità per la compilazione dei documenti d’identità scrivi “calciatore” come professione, il calcio non può che essere nel tuo desti-no. Questo è solo l’inizio della grande epopea del pallone di michelplatini, il genio francese che riuscì a vincere per la prima volta nella storia tre trofei del “Pallone d’Oro” consecutivamente. La storia di “Le Roi” parla di emigrazione dalla provincia novarese, di un amore vero per il pallone e di sana ambizione. Nel maggio 1987 dopo la sua ultima partita in Serie A Platini disse: “Ho gio-cato nel Nancy, perché era la mia città e la migliore della Lorena, nel Saint-Etien-ne, perché era la migliore in Francia e nella Juventus perché era la migliore al mondo”. Bastano queste poche parole a spiegare il carattere del più gran-de giocatore francese di tutti i tempi. Gianniagnelli, l’avvocato in persona, era innamorato follemente del suo cal-

SPECIaLE/ PALLONE D’OROSPECIaLE/ PALLONE D’ORO

MESSI NON SI ACCONTENTALa Pulce punta al quinto sigillo

RONALDO, IL PIU’ GIOVANEA 21 anni, il brasilianoha vinto il suo primoPallone d’Oro

PLATINI, IL RELe Roi ha vintoil Pallone d’Oroin tre occasioni

IL GRANDE VAN BASTENTre titoli anche perl’ex stella del Milan...

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a CaSa DI BaRBaRaCalcio2000 ha visitato la nuova sede del Milan, un progetto innovativo, al passo con i tempi e dal futuro roseo…

SPECIALECaSa mILaN

SPECIaLE/ CaSa MILAN

NUOVA SEDEIl Milan cambia casa

per nuovi trionfi

di Pietro MAzzARA foto Daniele MASCOLO

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cambiamenti sono spesso sinonimi di in-novazioni. Cambiare per migliorare è cer-tamente qualcosa di positivo ed è quello che ha pensato Bar-

bara Berlusconi quando è entrata a far parte del Consiglio d’amministra-zione del milan il 20 aprile 2011. Ci voleva qualcosa di nuovo, che potesse far spiccare nuovamente il club anche in un ambito aziendale, che era stato fin troppo oscurato dai grandi risultati sportivi ottenuti fino a quel momento dalla squadra. Un club da considerare come un’azienda che potesse guarda-re al futuro con qualcosa di nuovo da proporre ai suoi clienti, ovvero i tifosi. Nasce da queste intuizioni, e non solo, l’idea di dare un nuovo quartier ge-nerale al club, una struttura futuristica che possa essere considerata un punto di riferimento per tutti. La nuova casa del milan diventa una realtà tra la fine del 2012 ed il 2013, quando Barbara Berlusconi individua nella zona della vecchia Fiera di Milano il punto giusto per realizzare un progetto ambizioso ma che, nel medio periodo, consentirà al Milan di incamerare ulteriori introiti per aumentare il suo fatturato. La location è quella che si colloca alle spalle dei vecchi padiglioni di Fiera Mi-lano City, un’area che, nelle idee del comune di milano, dovrà rappresenta-re un nuovo polo d’attrattiva della città ed ecco che, uno dei palazzi principali della zona, di proprietà della Vittoria Assicurazioni, viene individuato come l’ideale per rendere così operativo, l’addio alla storica sede di Via Turati 3 che ha visto in Ricardo kakà l’ultimo giocatore di livello firmare il suo con-tratto nella vecchia sala delle coppe. Il trasferimento dei vari uffici si comple-ta nelle ultime settimane del 2013, con Adriano Galliani che è tra gli ultimi a lasciare il suo vecchio ufficio, collocato al terzo piano della scala B. Un cam-biamento epocale per un club, come quello rossonero, abituato da sempre ad innovare e che in molti non pensa-vano potesse essere così imminente. Ma si è trattato anche di un cambio necessario, visto che in via Turati non era possibile ampliare ulteriormente gli spazi a disposizione della società, con alcuni dipartimenti che erano dislocati

ISPECIaLE/ CaSa MILANSPECIaLE/ CaSa MILAN

tra di loro, mentre nella nuova struttura c’è maggior compattezza e più facilità di comunicazione.Il progetto è stato seguito dall’archi-tetto Fabio Novembre che ha coinvol-to Barbara Berlusconi in ogni singola fase della realizzazione di Casa mi-lan. Ogni dettaglio è stato curato in maniera meticolosa dall’ad rossonera che, spesso, si è recata in cantiere per controllare di persona lo stato d’avan-zamento dei lavori. Quella che è stata inaugurata ufficialmente lo scorso 19 maggio, è una sede moderna, poliva-lente e in grado di essere individuata dai tifosi come un nuovo simbolo del-la società. Non è un caso che la stessa Casa milan abbia un suo logo ufficiale che, quest’anno, campeggia sulla se-conda maglia della squadra. Ma come è strutturata la nuova sede rossonera? Il palazzo è composto da quattro piani, ognuno dei quali svolge una funzione specifica. Il primo piano è dedicato a Milan Lab e a quello che sarà il suo centro di ricerca che coinvol-gerà non solo il lavoro svolto a milanel-lo, ma anche quello effettuato al Cen-tro Sportivo Vismara per le giovanili. Nel suo settore specifico, un unicum in Italia che al Milan sperano possa dare dei frutti importanti. Il secondo piano è caratterizzato dagli uffici amministrati-vi della società, dalla gestione stadio ed eventi relativi all’intrattenimento dei tifosi e da quelli riservati al progetto giovani. È presente anche un ufficio de-dicato ai dirigenti del settore giovanile. Al terzo piano invece troviamo uno dei punti più vissuti della sede ovvero la sala stampa “Beppe Viola”, dove sono avvenute tutte le principali conferen-ze stampa degli ultimi mesi, da quelle commerciali, alle presentazioni dei gio-catori fino a quella per l’approvazione del bilancio societario. La sala stampa, di grande impatto, è dotata di oltre 50 posti a sedere, di una cabina re-gia cablata che ha consentito le dirette televisive di tutti gli eventi svolti lì den-tro, oltre alle uscite audio per le tele-camere. Alle spalle della sala stampa troviamo il lounge “Seconda pelle”, un ambiente sobrio, ma allo stesso tempo raffinato dotato anche di una terraz-za che, lo scorso 6 giugno, ha ospitato il pranzo del presidente Berlusconi nel giorno della sua prima visita alla sede. Guardando agli aspetti operativi, al

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SPECIaLE/ CaSa MILANSPECIaLE/ CaSa MILAN

terzo piano si trovano gli uffici del-la direzione comunicazione, dall’area commerciale, dell’area marketing e il dipartimento digital.Il quarto e ultimo piano è da conside-rarsi la vera e propria stanza dei bot-toni del club, perché è quello dedicato alla dirigenza. È qui che si trovano gli uffici di adriano galliani e Barba-ra Berlusconi, ma anche del direttore organizzativo Umberto gandini e del direttore sportivo Rocco maiorino. ma, come ovvio, non poteva mancare l’uffi-cio presidenziale che si trova nel punto più estremo della struttura e che forni-sce, dalle sue vetrate, una visione moz-zafiato di milano. Silvio Berlusconi ne ha preso possesso lo scorso 6 giugno promettendo a tutti che, presto, sareb-be tornato ad occuparlo. Ogni piano è munito di almeno una sala riunioni, ognuna delle quali porta il nome di un’area che ha fatto o la storia di milano o del milan e così troviamo la sala dedicata a San Siro, alla vecchia sede di via Turati, ma anche quelle che richiamano posti fondamentali per la città come il Duomo, il Castello e via Montenapoleone. La struttura poi viene completata da due parcheggi sotter-ranei: il primo dedicato ai dipendenti mentre il secondo, una volta ultimato, sarà dedicato a tutti coloro che vorran-no usufruire delle attività commerciali che arricchiscono Casa milan, facendo-la diventare un pezzo pressoché unico nel panorama calcistico mondiale. Al ristorante “Cucina Milanello”, per esem-pio, i tifosi possono godersi le partite sui maxi schermi e gustare un menù ricco che varia a seconda della squa-dra contro la quale giocano i rossoneri. Nel corso dell’estate, Casa milan ha trasmesso tutte le partite della nazio-nale raccogliendo un grande successo di pubblico. Lo Store e la biglietteria, infine, sono altri due servizi che stanno ingranando e che stanno dando dei ri-sultati soddisfacenti.

pio, il raduno ufficiale della squadra si è svolto proprio nel nuovo quartier ge-nerale. Un evento che ha raccolto quasi 5000 persone e che ha visto i giocatori impegnati in varie attività negli stand del Milan Village. La nuova sede è pia-ciuta a tutti, anche a Silvio Berlusconi che di recente ha affermato: “Casa Mi-lan è la più bella sede di una squadra di calcio al mondo. Devo fare i com-plimenti a mia figlia Barbara per aver realizzato questo grande progetto”. Da sottolineare come la vendita della vec-chia sede rossonera, oggi divenuta un complesso di uffici, ha fruttato al club circa 11 milioni di euro, come eviden-ziato dall’ultimo bilancio societario.

“”una nuova sede per creare ancor pIù busIness, sempre In stIle

mIlan

Cambiare casa dopo 47 anni non è mai facile. Perché quelle mura sono piene di ricordi che profumano ancora di vit-torie e di campioni che hanno scritto

pagine indelebili della storia rossone-ra. ma spesso le opportunità portano a fare delle scelte diverse da quelle dettate dal cuore, come ha confermato Barbara Berlusconi il giorno dell’inau-gurazione di Casa milan: “Ci dispiace aver salutato una sede storica come quella in via Turati, che ci ha ospitato per quasi 50 anni. Casa Milan sarà an-che un punto di incontro, non sarà solo un luogo di lavoro per i dipendenti del club”. È qui che la società, dopo anni di invasioni in via Turati, vuole tornare a festeggiare i suoi futuri successi ma non solo. Casa milan è diventata il centro nevralgico di tutte le principali attività del club. Lo scorso 10 luglio, ad esem-

UNCamBIoEPOCALEDOPO 47 aNNI, IL DIaVOLO Ha UNa NUOVa DImORa, PRONTa PER FESTEggIaRE NUOVI TRIONFI…

L’ORGOGLIO DI BARBARACasa Milan è il primo

grande progettodella figlia di Silvio...

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SPECIaLE/ CaSa MILANSPECIaLE/ CaSa MILAN

L’attrazione più suggestiva della sede è certamente il museo “Mondo Milan”. Un percorso che va dal 1899 ai giorni nostri e che ripercorre, anno dopo anno, tutte le stagioni rossonere. Negli anni delle vittorie, indicate con il colore rosso, sono presenti degli schermi contenenti contributi esclusivi dei protagonisti che raccontano in prima persona, con aneddoti vari, i trionfi da loro vissuti. Molti i cimeli esposti. Tra questi, nella prima area, ci sono pezzi unici come la maglia più vecchia della nazionale italiana indossata dall’allora milanista De Vecchi nel 1912, il pallone della finale di Coppa dei Campioni del 1963 vinta a Wembley contro il Benfica, le scarpe di Gunnar Nordhal e una maglia indossata dal Nils Liedholm. La seconda area storica del museo è caratterizzata dall’epopea berlusconiana. Qui, tra le memorabilia esposte, troviamo gli appunti di Pietro Carmignani preparati in occasione della finale di Coppa Intercontinentale del 1990, la cravatta di galliani indossata nella finale di atene del 2007 con il Liverpool e le scarpe di Daniele Massaro con le quali realizzò la doppietta nella finale del 1994 contro il Barcellona. La parte centrale del museo rossonero è caratterizzata dalla suggestiva sala delle coppe, mentre il tour si conclude con la mostra dei palloni d’Oro vinti dai giocatori del Milan. Ogni visitatore del museo Mondo Milan, all’ingresso, viene dotato di un braccialetto interattivo in base al quale può personalizzare la sua esperienza, scegliendo autonomamente i contenuti che ritiene più importanti. Prima di varcare la porta che introduce nel primo salone, i visitatori vengono accolti da una citazione di Barbara Berlusconi dall’alto impatto emotivo: “La nostra storia non è il passato, è il modo che abbiamo scelto per presentarci al futuro. È spettacolo, è passione. Questo è il Milan: una questione di cuore. Il nostro, il vostro”. Il coinvolgimento del tifoso,

mondomILanÈ IL mUSEO INTERaTTIVO, UN LUOgO CHE EVOCa EmOZIONI INCREDIBILI…

dunque, parte subito con una scarica di adrenalina purissima che viene acuita poco prima di lasciare la sala dei palloni d’oro dove c’è un’altra citazione, questa volta di Silvio Berlusconi, a chiudere il tour: “Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide. Cercheremo altre vittorie che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte e di vero c’è in noi. In tutti noi che abbiamo nel cuore questa ventura di intrecciare la nostra vita con un sogno che si chiama Milan”.Una volta finita la visita, l’esperienza può essere rivissuta grazie al museo digitale. Sulla falsa riga dei tour dei musei degli altri club europei, anche quello di Mondo Milan si conclude nello store che vanta centinaia di articoli che vanno dal materiale tecnico a quello brandizzato Casa milan. Ma il nuovo museo rossonero, che ha ricevuto visite da parte di tifosi di tutto il mondo, è pronto ad ampliare i sui orizzonti. In attesa di ricevere altri cimeli ed essere arricchito con nuove vittorie, la struttura verrà presto aperta anche alle scuole con percorsi educativi e conoscitivi su misura, che possano aiutare i tifosi del domani a capire cos’è stato, non solo per il calcio ma anche per la città, il milan nel corso dei suoi 115 anni di storia.

qUANTI CAMPIONINon mancano le maglie

dei tanti fuoriclassedel Diavolo

RICORDI INDELEBILINel museo, tutto

evoca grandi trionfi rossoneri

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SPECIaLE/ CaSa MILANSPECIaLE/ CaSa MILAN

ma Casa milan non è solo un progetto per il milan, lo è per tutta la città di Milano e non solo. Il suo alto tasso attrattivo ha fatto sì che, da quando è stata aperta ufficialmente al pubblico, la nuova sede milanista è stata visitata da oltre 50 mila persone per un incasso complessivo che supera i due milioni di euro. Il giorno della presentazione alla stampa, il direttore dell’area commerciale Jaap kalma, ha affermato: “È un progetto nuovo ed innovativo. Le nostre aspettative sono quelle di chiudere il primo anno di attività di Casa Milan con circa 100 mila visitatori complessivi”. Ad oggi, quel dato sembra essere ampiamente raggiungibile visto il trend sempre più positivo che vede, quotidianamente, molti tifosi recarsi in via aldo Rossi. Il flusso maggiore lo si ha soprattutto nei giorni delle partite visto che i dati ufficiali parlano di una media di oltre 3000 visite nei match-day.Dopo i primi 100 giorni di attività, Barbara Berlusconi ha dichiarato: “Casa Milan è già una sfida vinta dal punto di vista commerciale, ma soprattutto perché è già diventata la casa di tutti i tifosi milanisti. È già entrata nel cuore di tutti noi rossoneri”. Difficile darle torto ma il progetto non si fermerà qui. Casa Milan, ad oggi, rappresenta qualcosa di unico che potrà aprire le porte a nuovi mercati, finora poco esplorati, per la società rossonera. Non è un caso, infatti, che molti imprenditori esteri, siano rimasti affascinati dal piano aziendale che ruota attorno al quartier generale milanista, con richieste di informazioni pervenute, nei mesi scorsi, da ogni parte del mondo. Un progetto manageriale e industriale che ha come obiettivo quello di far crescere il brand Milan nel mondo anche grazie a qualcosa che gli altri club italiani non hanno. Nel business plan di Barbara, Casa milan, soprattutto nei Emirati Arabi, potrebbe rappresentare anche il nome di un eventuale parco giochi

PROGETTOGLOBALEDOPO POCHI mESI, La NUOVa CaSa ROSSONERa È gIà UN SUCCESSO…

tematico da realizzare sulla falsa riga del Ferrari World, progetto al quale Jaap kalma aveva lavorato nella sua precedente esperienza nella dirigenza della scuderia di Maranello.“Casa Milan nasce per il desiderio di creare un contatto tra società, giocatori e tifosi. Noi lavoriamo e portiamo avanti questa passione per i tifosi e quindi di questo sono felicissima”. (Barbara Berlusconi, 10 luglio 2014)Quel che pare evidente è che Casa Milan possa avere un boom di visite nel corso del periodo dell’Expo 2015 che si terrà proprio a milano. Il giro turistico della città sui pullman metterà nel suoi luoghi da visitare proprio via aldo Rossi che, nei prossimi mesi, sarà facilmente raggiungibile grazie all’imminente apertura della nuova fermata della metropolitana. Il marchio Milan, all’estero, è il più forte tra i club italiani e questo potrebbe essere anche un elemento a favore dell’incremento di accessi giornalieri alle proprie attività.Infine, tra gli obiettivi del club, ci sarebbe quello di organizzare un proprio tour per i gruppi che preveda la visita sia alla sede sia a quello che, nei piani, dovrebbe essere il nuovo stadio. Perché il fine ultimo, oltre a quello commerciale, è quello di far sentire i milanisti sempre a… Casa.

INTERATTIVITàA Casa Milan si può

“entrare in contatto”con la storia

LA STANZA DEI TROFEIImperdibile la visita

nel luogo magico,quello delle grandi vittorie...

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L’EROE DI SEMPREMarchi è un simboloper la Pro Vercelli...

SERIE B

PRO VERCELLI

inizio a Gubbio, sua cit-tà natale, poi in giro per la provincia fra Trieste, la Romagna e Porto-gruaro. Il Sassuolo che si appresta a diventare

grande, la puntata al Sud con il Be-nevento e infine la storica Pro Vercelli. Questo il giro d’Italia di ettoremarchi, attaccante duttile e generoso, con due promozioni in B conquistate e una in Se-rie a sfiorata alle spalle, un presente che si chiama Pro Vercelli e un obiettivo ben preciso in testa: confermarsi bom-ber in serie cadetta e salvare la pro-pria squadra. Senza voli pindarici, ma con l’ambizione propria di un calciatore che ha sempre lavorato sodo tenendo i piedi ben piantati per terra.

aGubbioseinatoecresciutoelìhaiesorditofraiprofessionistipiùdi10anni fa. Che ricordi hai di quelmo-mento?Cheemozionihaiprovato?“Il ricordo è bellissimo, perché sono nato a Gubbio ed esordire a casa propria è sempre qualcosa di speciale. Certo erano tempi diversi, c’era ancora la C2, ma re-stano indelebili. Ricordo che alla seconda di campionato incontrammo il Gualdo,

una rivale storica, e per me fu molto bel-lo e speciale scendere in campo contro di loro e giocare quella sfida”.

nel 2007 doppio salto in avanti. LaSerieBconlaTriestinaetantipresti-ti ingiroper l’Italia:Sangiovannese,Bellariaeportogruaro.“A Trieste nei primi 3-4 anni andai in prestito in giro per l’Italia e furono tut-te esperienze importanti sia per la mia crescita come calciatore che come uomo. Inoltre mi sono tolto delle belle soddisfa-zioni come la promozione in Serie B con il Portogruaro”.

propriocoiveneticonquistilatuapri-mapromozioneinseriecadetta.Unapromozionestorica.“Ho ricordi fantastici di quella stagione.

Arrivammo primi davanti a due squadre importanti come Hellas Verona e Pescara, che sono un lusso per quella categoria e che adesso stanno facendo grandi cose ri-spettivamente in Serie A e Serie B. Tutti i ricordi di quell’anno sono più che positivi”.

nel2011vaiaSassuolo,sfiorilapro-mozioneinSeriea,manonresti.haiqualche rimpiantopernonessere ri-mastoinemilia?“Non ho rimpianti per aver lasciato il Sassuolo, anche perché fui io a voler andare a Benevento. Sfiorammo la Serie A perdendo solo nei play-off contro la Sampdoria e sono contento che la squa-dra sia poi riuscita a essere promossa e restare nella massima serie. Ho ancora buoni rapporti coi ragazzi che sono ri-masti da quell’avventura. In generale però non mi guardo mai indietro, ma sempre in avanti”.

BeneventoeinfinelaproVercelli.Quihaianchetrovatomaggiorecontinui-tàsottoporta.“Quando sono arrivato a Vercelli, il mi-ster ha cambiato il mio modo di giocare e il mio ruolo: prima giocavo più largo, quasi da ala, mentre Scazzola mi ha

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L’ETTORE DI VERCELLI ETTORE MARCHI, EROE DELLA PROMOzIONE, VuOLECONFERMARSI IN B: “POI SOGNO LA A. MA NON CI PENSO”

VOGLIA DI STUPIRETanti sogni, tra cui

quello di giocare in A...

la fortuna di avere una famiglia solida al suo fianco”.

Qualiobiettivitiponiperquestasta-gioneeperilfuturo?“Per me l’obiettivo è sempre dare il mas-simo per raggiungere i traguardi che la squadra si pone. Non penso ai gol e non mi pongo obiettivi precisi. Non faccio voli con la fantasia, ma tengo i piedi per terra. Ora voglio solo confermarmi in Serie B e

restarci assieme a questa squadra”.

La Serie a non rientra fra i tuoipensieri?“Ovviamente l’ambizione c’è e la Serie A resta un sogno per tutti quelli che fanno questo mestiere. Però ora non è nei miei pensieri, non voglio fare il passo più lungo della gamba. So che queste parole posso-no far sembrare che non abbia ambizioni, ma non è così. Sono solamente realista”.

spostato al centro dell’attacco e così ho trovato maggiore continuità sotto porta e sono andato a segno con regolarità”.

Cosa puoi dirci di questo allenatoregiovaneegiàvincente?“Mister Scazzola è come lo si vede da fuori. un grande lavoratore che prepara ogni gara in ogni dettaglio, fino al più piccolo particolare. Quando si lavora così tanto e bene, è normale che i risultati arrivino prima o poi e nel suo caso sono arrivati fin da subito con la promozione in B al primo tentativo”.

Inestatehaidetto:“Via dalla Pro solo se mi cacciano”.Unabelladichiarazio-ned’amore?“Qui mi sono trovato benissimo fin da su-bito sia con la piazza che con la società. Ho trovato un gruppo fantastico e per questo motivo in estate pronunciai quella frase a mo’ di battuta. Onestamente non ho alcun motivo per andarmene via da Vercelli”.

Chièettoremarchi?Chi sono i suoiidolicalcistici?“Non ho mai avuto idoli calcistici e non ho mai aspirato ad assomigliare a qual-cuno in particolare. Penso solo a me stes-so e a lavorare per migliorarmi sempre di più imparando dai giocatori più esper-ti che ho incontrato in questi anni. Lavoro duramente ogni giorno per poter dare il meglio di me il sabato in campo. In gene-rale sono un tipo tranquillo, che ha avuto

SERIE B/ PRO VERCELLIdi Tommaso MASCHIO

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acchiappasogni. Gio-vanissimo, Roberto Insi-gne ha già assaporato la magia del San Pao-lo, ineguagliabile per ogni napoletano verace

come lui. Lavogliadi riprovarequelbrividoèimmaginabile, l’attaccante campanohaleideechiareeladeterminazionepertramutarleinrealtà:“Non lo nascondo, il mio sogno è quello di tornare al Napoli, al fianco di mio fra-tello Lorenzo. Esordire in Serie A con lui in campo è stato qualcosa di indescrivi-bile, una splendida emozione che voglio riprovare”.

Lasocietàpartenopea,per farlo cre-scere e consentirgli di scendere incampoconmaggiorecontinuità,nellascorsastagionelohacedutoalperu-gia.Gliumbridopounasplendidaca-valcatasonovolatiinB,Insignedopounabuonapartenzahafatto‘crac’:“Al primo anno tra i professionisti ho subito centrato la promozione, ovvia la notevole soddisfazione. Peccato per l’in-fortunio (frattura del quinto metatarso del piede destro, ndr) che mi ha tenuto

per qualche mese lontano dal rettangolo verde, ma credo di aver comunque con-tribuito al successo della squadra”.

Cercato da diverse società nel corsodell’ultimocalciomercato, Insignehascelto la Reggina per ripartire dallariformataLegapro:“È vero, ho ricevuto tante proposte. Ho preferito la Reggina per il suo trascorso importante e l’abitudine che ha nel fare crescere giovani calciatori. Ho chiesto un consiglio a mio fratello Lorenzo, lui mi ha assicurato che a Reggio Calabria avrei trovato l’ambiente giusto”.

Con la societàamaranto, Insigneharipreso lefiladiundiscorso iniziatotempofa…:“Sarei potuto venire alla Reggina alcuni anni fa, dopo un provino però decisi che a 14 anni era meglio rimanere a Napoli, per crescere vicino alla famiglia”.

Rapidoe imprevedibile, conunsini-stro affilato, l’attaccante napoletanoinquestastagioneèpartitoconiltur-bo. difficile immaginare un impattomiglioreinmagliaamaranto.Conseirealizzatenelleprimesettegiornate,

Insigneèilcapocannonieredell’inte-raLegapro.magica laprimadome-nicadiottobre: la triplettarealizzatacontro il Cosenza lo consegna allastoriadelclubcalabrese.eglipermet-tediportarsiilpalloneacasa,primadicederloall’amata:“Dopo averlo firmato l’ho regalato alla mia fidanzata, ci tenevo. È stata una giornata perfetta, l’importante però era ottenere i tre punti. Dopo qualche risulta-to negativo volevamo reagire e l’abbia-mo fatto nel migliore dei modi. Dobbia-mo proseguire su questa strada”.

LaformazioneallenatadaCozzanonha ancora chiaro l’obiettivo all’oriz-zonte,dopouniniziodistagionetraalti ebassi. Insigneprovaadalzarel’asticella:“Abbiamo le potenzialità per arrivare in zona play off, dobbiamo essere più concreti negli ultimi sedici metri. Nessuno può negare, però che siamo una squadra che gioca a calcio, con una mentalità of-fensiva e voglia di imporsi contro tutti gli avversari”.

esterno destro nel tridente schieratodaCozza,Insignepuò‘rubare’itruc-

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L’ALTRO INSIGNE…ROBERTO SOgNa NaPOLI PER DImOSTRaRE DI VaLERE IL SaN PaOLO. a REggIO CaLaBRIa CERCa IL PaSS PER La gLORIa…

chi del mestiere a un prestigiatoreevergreencomedimichele:“Largo a destra nel tridente è la zona di campo dove mi sento maggiormente a mio agio, posso giocare, però anche da trequartista o seconda punta. Peccato per

l’infortunio di Di Michele, anche perché con una squadra giovane come la nostra la sua esperienza serve doppiamente”.

desideri e aspirazioni in cima allasalitadiunacarrieraappenainiziata.

Lavolontàdiraggiungereiltraguar-doèlegataaunapassionegiovanile:“Da bambino andavo matto per la biciclet-ta, pedalavo tutti i giorni e immaginavo avrei fatto il ciclista. una volta toccato il pal-lone però, l’ho posata e mai più ripresa…”

LEga PRO/ REGGINAdi Pasquale ROMANO

CLASSE NON MENTECome il fratello Lorenzo,anche Roberto ha inumeri del campione

TORNARE A NAPOLIRoberto sogna di diventare

protagonista al San Paolo...

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Dfuori dal campo. A mio fratello mi lega un rapporto particolarmente intenso, ci sentiamo spesso e io gli chiedo qualche consiglio”. Lorenzo Insigne e il Napoli. L’affetto dei tifosi azzurri non è ai mas-simi storici, del resto ogni vero amore che si rispetti ha i suoi alti e i suoi bas-si: “Personalmente sono molto conten-to di Lorenzo, quando scende in campo fa sempre il suo dovere. Lui sente come nessun altro quella maglia, e nonostante qualche fischio dei tifosi dubito la lascerà mai”. Zeman l’allenatore che ha aiutato Insigne senior ad esplodere, in un rap-porto produttivo per entrambi: “È vero che il tecnico boemo è stato importante

per Lorenzo, ma è vero anche il contrario. Si devono ringraziare a vicenda, zeman è stato bravo a tirare fuori delle qualità che mio fratello già aveva”. Il poster in camera, da ragazzino, era in ‘bianco e nero’. L’idolo però è a colori...: “Del Piero il giocatore che più ho ammirato quando ero piccolo. Ma se devo indica-re il preferito non ho alcun dubbio. Da sempre e per sempre sarà mio fratello...”

na baciato dal destino e stessa voglia di stu-pire con il pallone tra i piedi. Uno scatto dalla panchina per esultare a un gol del fratello, ha

catturato l’attenzione di Mazzarri du-rante un Napoli-Palermo, nel gennaio del 2013. Il risultato oramai al sicuro (3 a 0 in favore dei campani) ha favorito l’esordio in Serie A di RobertoInsigne. Debutto accompagnato da una battu-ta del tecnico toscano (‘Ehi bambino, scaldati ed entra in campo’): “Ringrazio Mazzarri per la gioia che mi ha regala-to, si tratta di un tecnico bravo dentro e

2TaLenTIInFamIGLIadi Pasquale ROMANOLORENZO E ROBERTO, DUE FUORICLaSSE NaTI SOTTO LO STESSO TETTO…

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L’ANIMA DEL RIMINIRicchiuti è il punto diriferimento dei biancorossi

SERIE D

RImINI

piagge e mare al sole della riviera adriatica o all’ombra del Tempio Malatestiano, bastereb-be questo per acconten-tarsi, ma Rimini è anche

altro, Rimini è anche e soprattutto una città di calcio. Protagonista di un caso cu-rioso, la prima telecronaca trasmessa da una tv privata fu l’incontro Rimini – Spal del 5 dicembre 1971, la compagine biancorossa vanta un quinto posto in se-rie B nel 2006/07 come miglior risultato assoluto, nel torneo in cui i primi tre po-sti vennero occupati da Juventus, Napoli e Genoa; non proprio le ultime arriva-te del calcio nostrano. Tra le altre cose, all’epoca allenato da Leonardo Acori, quel Rimini fu l’unica squadra insieme ad Albinoleffe e Spezia a non perdere nel doppio confronto con la “Vecchia Signo-ra” di Deschamps. Di quella squadra, re-trocessa due anni più tardi e capitolata fino alla serie D, non è rimasto più nulla, ad eccezione di adrianRicchiuti (“Chi-co” per i riminesi), che dopo le parentesi Catania ed Entella, ha deciso di tornare per riportale il Rimini nel calcio che conta.

In serieahaigiocato86partite, inB

labellezzadi215segnando38gol.LatuacarrieradicecheconlaseriedRic-chiutic’entrapoco.perchéhaidecisoditornare?“E’ semplice, tifo Rimini, qui ho la fami-glia e con questa maglia mi sono tolto tante soddisfazioni. Sono innamorato di questa città”.

Quindinonc’entrailfattochetuabbiasegnatocinquantacinquegolconilRi-minie il recorddiCinquettisiaasoleseilunghezze?“Il mio compito è innanzitutto quello di dare una mano a questa squadra con la mia esperienza. Ci sono tanti ragazzi e io mi sento responsabile, devo dare il buon esempio …anche perché oltre che gioca-tore sono il primo tifoso. Poi cercherò di battere il record di Cinquetti, mi auguro di riuscirci”.

prima accennavi alle tante soddisfa-zioniche leganoteaquestasquadra.Scegliamone una, che ci dici del golsegnatoaBuffon,frescocampionedelmondo, inquelRimini–Juve1-1delsettembre2006?“Quello è un ricordo incredibile, mi au-guro che un giorno il Rimini possa gio-

care in Serie A e spero di poter essere vivo per vederlo. Altrimenti penso che un Rimini-Juventus di campionato sia irripe-tibile, perché credo che la Juve in B non ci andrà mai più”.

dacapitano,dovepensipossaarrivarequestoRimini?halecartepercentrarelapromozione?“La squadra è stata costruita per vince-re, ma è dura perché è un torneo molto competitivo e difficile. In serie D si gioca meno e si corre tanto, ci sono i ragazzini di 16-17 anni che corrono come mat-ti. Ma noi abbiamo un solo risultato, la squadra è importante, quindi non ci resta che cercare di vincere il campionato. Mi sento molto responsabilizzato”.

Rispettoallasquadraconcuihaifattola serieB è cambiata tutta ladirigen-za,anchemisteregrupposononuovi,cometitrovi?“E’ vero, è cambiato tutto, società, diri-genza, di vecchio non c’è più nessuno. Io mi trovo molto bene, il gruppo è valido e se stiamo incontrando qualche difficoltà è perché dobbiamo entrare nella mentalità della nuova categoria. Anche la squadra è tutta nuova, ma ci stiamo compattando

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SI RIPARTE DA “CHICO”…gLI aNTICHI FaSTI SONO LONTaNI ma IL RImINI Ha VOgLIa DI TORNaRE gRaNDE, CON RICCHIUTI aL TImONE...

IN A CON IL CATANIABandiera del Rimini

ma anche con unpassato siciliano...

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per recuperare i punti persi”. In passato hai fatto l’attaccante, manonsolo.Quiconmisteracorigiocaviinavanti,poiaCataniahaifattoanchel’internodicentrocampo,dicertonontisipuòrimproverarenullasullaversati-lità.ma,potendoscegliere,inchezonadelcampopreferiscigiocare?“Il mio ruolo naturale è la seconda punta. A Catania ho fatto il centrocampista e mi sono trovato molto bene, qui al momento non so in che ruolo posso giocare, perché ho fatto solo mezzora domenica (Mezzo-lara – Rimini del 12/10 ndr). Detto que-sto non sono troppo interessato al ruolo, dove mi mette il mister gioco, mi va bene

SERIE D/ RIMINIdi Simone TONINATO

così, l’importante è scendere in campo”.

Tiseidetto innamoratodiquestacittàelohaidimostratotornando.datocheoltreadessereuncalciatoreseiancheuntifoso,ciparlidelrapportotralacit-tàdiRiminielasquadra?Sempresultematifosi,pertuttoilmondopastoreè“El Flaco”,Lavezziè“El Pocho”,perchétusei“Chico”? “Dopo la retrocessione si è creata una falla e la gente è ancora un po’ scetti-ca, sta a noi riportarla allo stadio con i risultati e con le vittorie. Se riusciamo a fare risultati importanti la gente ci mette un attimo a ritornare allo stadio, come ha sempre fatto, è questo il segreto. Sul

mio soprannome in realtà non c’è un mo-tivo particolare, semplicemente vengo dall’Argentina e i tifosi hanno deciso di chiamarmi “Chico”, tutto qui”.

hai36annieiltuocontrattodurasoloperquestastagione.Saigiàcosafaraidopo?magariandraiadallenarecomefannoedhannofattomoltideituoicol-leghi?“Intanto va bene per un anno, poi si vedrà. In questo momento non voglio pensare ad altro, solo concentrarmi al massimo per disputare questa stagione nel migliore dei modi. Per il futuro ci sono tante idee, ma in questo momento devo pensare a fare bene sul campo. Ad oggi è questo il mio lavoro”.

ADRIAN RICChIUTI

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è del profondo ro-manticismo, nell’a-more malato di Gabriele Giuffridaper il calcio. Apre l’agenda e sorride. La figurina di Pep

Guardiola in ultima pagina. Perché il football, in senso lato, è un rock ragio-nato e studiato, ma pure istinto e arte. ama Roberto Baggio, che è la prima pennellata su una tela vergine, vene-ra Arrigo Sacchi, che in confronto è il più scientifico dei matematici. “Sono un ragazzo normale”. La storia parte così. Ma ha radici ben più profonde. “Mio padre ed i miei nonni avevano gallerie d’arte come La Barcaccia e La Gradi-va a Firenze, ma anche a Roma e Forte dei Marmi. Mio nonno, per esempio, ha lanciato De Chirico”. C’è poco di surre-alismo, nelle parole di Giuffrida, l’uo-mo con la valigia con dentro Fiesta di Hemingway e tanta voglia di conoscere il mondo. “Faccio un lavoro bellissimo:

viaggiare tanto ti arricchisce; ho visto posti incredibili e questo per me è ancor più sorprendente”.

perché?“Sono un abitudinario. Quasi un seden-tario. Però, così, mi godo Roma, la mia Roma, come da turista, due-tre giorni alla settimana. Ed è bella, ancor più bella”.

Suonadavveroromantico.artistico.“Il mio gusto per l’estetica ha prevalso su tutto il resto, con le conseguenze del caso. Anche nel calcio: guardo alla tecni-ca, alla cura del gesto, che ha spesso la prevalenza sulla parte pratica”.

eppureadoraSacchi,l’inventorediuncalcioquasiscientifico.“Ero innamorato del suo metodo e mo-dulo, ma anche di Baggio, come ora di Guardiola e pure di Mourinho. Sono facce di una stessa medaglia, materia di studio per un malato di pallone come me. Pensi che dal 1986 ho registrato tutte le gare

I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA

LamIaFIESTA DEL CALCIODa SaCCHI a HEmINgWaY, DaL CHIRINgUITO

a FORmENTERa a POCHETTINO aL TOTTENHam: STORIa DI UN INNamORaTO DEL PaLLONE.

di Marco CONTERIO

foto Image SPORT

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GUARDIOLA SULL’AGENDA Nell’ultima pagina,

la foto di Pep Guardiola,ora manager del Bayern

I RE DEL MERCATO

gaBRIELE gIUFFRIDa

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COLPO TORRES Giuffrida in estateha portato el Niño al Milan

I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDAI RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA

2006: PUNTO DI ROTTURADopo Calciopoli,

via al grandeentusiasmo

“”dal 1986ad oggI horegIstrato ognI gara

deI mondIalI

dei Mondiali. Dalla prima all’ultima”.

nonèbellociòcheèbello.“È un concetto relativo. La bellezza di Sacchi è diversa da quella di Guardiola. Io ascolto tutto e parlo soprattutto con chi ne sa più di me. Sono un egoista, in questo senso, perché tendo ad immagaz-zinare tutto. Anche nel mio lavoro, ho come riferimento i più bravi. Non lo dico per piaggeria: Branchini, Bozzo, Berti, Tinti, sono competitor da cui imparare”.

Ègiovanemahagiàmacinatochilo-metri,colpallonenellavaligia.“Ed il saldo, nel calcio, non è mai glo-balmente positivo. Penso a quest’ultima estate...”.

CituffiamosubitosuTorres.“Se vuole da Hernandez”.

Chicharito?“Già. Da Javier Hernandez, che era al Manchester united. Esco dalla sede del Milan, felice per aver chiuso l’operazio-ne Torres, sulla quale torniamo tra poco. Trovo sul cellulare un messaggio del pro-curatore, con cui stavo per chiudere l’af-fare. Mi disse che non si sarebbe fatto, perché si era inserito il Real Madrid”.

Scusi,maquiscappalanotizia.“Non ci allarghiamo: Javier Hernandez, a fine agosto, era molto vicino ad una società italiana. Ma non dirò quale...”.

Un’estate ricca, però, con una grandesoddisfazione:FernandoTorresalmilan.“una passione adolescenziale. Quan-do uno è forte, è forte, e Fernando lo è ancora, come allora. Sono amico dell’a-gente di Torres, Margarita Garay, con cui ho condotto altre operazioni in passato in Spagna. Volevo fare Torres in Italia, da tempo, ma ogni volta c’era un motivo per non chiudere o per non riuscirci. Sta-volta ce l’abbiamo fatta, era il momento

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I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDAI RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA

NOTTI MAGIChEItalia ‘90: il Mondiale

che ha raccontatoun’Italia felice

“”coI calcIatorIè come conle ragazze:a volte vuoI convIncertIche sIa

quella gIusta

giusto. Il Milan l’ha scelto e lui ha scelto il Milan”.

Certo che dall’amare Sacchi al chiu-dereTorres-milan,ilpassoèlungo.“Riparto da lontano, allora. Faccio lo scientifico, poi studio legge, sempre vi-vendo a Roma. Nel frattempo mi diver-tivo a vedere le partite, ero malato di calcio a tal punto che con mio fratello Valerio e con mio padre, colui che ci ha trasmesso la passione, riuscivamo a ve-dere tutta la A grazie alle antenne a bas-se frequenze. un amore che è sempre an-dato in crescendo, esploso ad Italia ‘90”.

Ilmondialedellenottimagiche.“Ha cambiato le persone, le ho viste felici. C’era un’Italia diversa, erano le notti del ‘prima che finisse tutto’. O che iniziasse a finire, almeno. Però ho ricordi belli, inde-lebili. Di un’atmosfera, appunto, magica. E poi c’erano Baggio e Schillaci...”.

poi,dapassione,ilcalciodiventalavo-ro.edintuttelestorie,c’èqualcunooqualcosachetiaiutaatracciarelavia.“Quando racconti la tua storia, vorresti sempre dire qualcosa di epico, perché vorresti fosse interessante per qualcuno. Io però non ho nulla di epico da raccontare”.

Èilbelloelostraordinariodellanor-

malità.“Lo ripeto, mi ritengo un ragazzo nor-male. Sulla strada incontrai Luciano Marangon. Fu lui a presentarmi Diego Maradona jr e zenga jr, i miei primi gio-catori, che portai al Genoa. Lo conobbi a Formentera in un chiringuito sulla spiag-gia. Lui conosceva il mondo del pallone, da ex calciatore, le dinamiche televisive. Io, col tempo, ero entrato in contatto con molti calciatori, che erano miei coetanei, se non più grandi di me. Marangon non seguiva il calcio e capii che quella era una via propedeutica per il raggiungi-mento del mio obiettivo. Mi occupavo, tra le altre, della gestione delle ospita-te dei calciatori in televisione: Ronaldo il Fenomeno a ‘C’è Posta per Te’. Kakà sempre a Mediaset, poi Adriano, anche Figo. Tutti i top all’epoca”.

Il calendario scorre. 2006. odisseanelcalcioitaliano.“Fu il punto di rottura. Come quando cade un muro, come, fatte le debite e do-vute proporzioni, per la caduta del Co-munismo in Russia. Ci fu un nuovo inizio, un big bang, si aprirono possibilità per molti. Ci fu anche grande entusiasmo e, con quello, anche una buona dose di for-tuna. Che credo sia un’attitudine”.

Viaalleprimeoperazionidimercato.“Thiago Gosling al Genoa, Maximiliano Pellegrino all’Atalanta, Artur al Cesena e tanti altri che non hanno cambiato la sto-ria del calcio italiano, magari, ma sicu-ramente la mia. Anche per questo inizio a seguire con grande attenzione il Suda-merica, dove avevo contatti con Brasile ed Argentina”.

Tantoche,apropositodiluoghi,voltienomichecambianounavita,pas-siamoaRodrigopalacio.“Chiamai un amico in Argentina che ci or-ganizzò un meeting. ‘Vengo se incontro Rodrigo’, gli dissi e ci mise in contatto. Sapevo che era malato di un videogio-co per la Playstation in particolare, PES, che in Argentina usciva successivamente. Glielo portai, apprezzò e da lì nacque il bel rapporto che ci lega anche oggi. E grazie a lui ho conosciuto Roberto De Pietri, che per me è come un fratello maggiore”.

palacio,dalBoca,nonarrivòperòsu-bitoinItalia.“Ci provammo con Juventus e Lazio. un giorno, con Fabrizio Preziosi, figlio del presidente del Genoa, andai in Argenti-na: Fabrizio è uno che vive di prime im-pressioni. Si piacquero ed il matrimonio

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fu subitaneo: il Genoa fu abile nel bat-tere club del calibro di Atletico Madrid e Valencia, per un giocatore per il quale il Boca aveva detto di no a quattordi-ci milioni dal Barcellona nella stagione precedente”.

L’argentinaèuntangocheritmanelsangue.Chenon senevapiù.Cosìdiventailsuoleitmotiv.“Se parliamo di argentini, parliamo an-che di Hernan Crespo. Con l’Avvocato Gianluca Chibbaro, che gestiva l’imma-gine, abbiamo iniziato ai tempi a colla-borare: si trovò bene e ci chiese lui di seguirlo. È la soddisfazione più bella, quando accade. È un collezionista di atti-mi giusti, Hernan, una persona a cui sono molto legato. Per me è come un ‘milon-guero’, è come un ballerino di tango con le scarpette da calcio che trasmette emo-zioni dentro e fuori dal campo”.

argentina,ovveromauroBoselli.“È una storia bella, quella di Mauro”.

Fuorifaungrancaldo.Stiamoqui,co-modi,esentiamoconcalma.“Lo osservavo con attenzione quando era al Boca Juniors, poi andò al Wigan, in Inghilterra, dove era in difficoltà. Ro-berto Martinez, ora manager dell’Ever-ton, mi disse che lo volevano in tanti. Fa-cemmo un affare col Genoa: sei mesi, in prestito, a cifre alte. E lì arriva la parte bella della storia, con Enrico Preziosi”.

prego.“Tutto fatto, tutti d’accordo, al momento delle visite lo staff sanitario trova però uno stiramento di quattordici millimetri. Preziosi, alle una di notte, chiamò Mauro per dirgli ‘ti aspetto, ti aspettiamo. Que-sta è la tua famiglia’. Mi spiace per la Sampdoria, fece un gol pesantissimo in un derby storico, ma ha scritto in poco

tempo una pagina gloriosa di un club im-portante come il Genoa. Va come credo: dal bene, nasce il meglio. Sempre”.

artistaefilosofo.È così chehacon-vintoLeandroCastan?“Bravissimo ragazzo, gran difensore, Le-andro. Lo conobbi in Brasile, dopo aver incontrato il padre. Ci lavorammo per tutto l’inverno e poi lo portammo in Ita-lia, alla Roma, che cercava uno con le sue caratteristiche e che già lo conosceva bene”.

estate 2014, salto temporale nonmale.peròlatrattativaperilrinnovoèstataunabellasudata...“C’è stato anche un momento ‘nevroti-co’, di stallo, visto che c’era anche il caso Benatia. Però abbiamo superato ogni momento di tensione ed è finita in modo bello”.

aquestopuntocidicecome...“Feci un video, dal mio cellulare, a Le-andro dove diceva con un sorriso conta-gioso ‘Direttore, lo sa, io voglio firmare il nuovo contratto’. Alle 7 la mattina an-dammo in sede e facemmo tutto prima della partenza degli Stati uniti. È stato il passo giusto per stemperare gli animi”.

SeledicoLondonCalling?“Dico Mauricio Pochettino. Che soddi-sfazione portarlo al Tottenham, e pure che prestigio. un rapporto nato ai tempi dell’Espanyol, lo conobbi grazie al mio amico Ramon Planes, allora direttore sportivo del club catalano. È sempre sta-to bello vedere le squadre di Pochetti-no giocare e per me è stata una grande soddisfazione: un italiano che porta un tecnico argentino dal Southampton ad una squadra di Londra così importante come il Tottenham. C’erano agenzie im-portantissime in corsa, la soddisfazione

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I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDAI RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA

FAMIGLIA DI CLASSE Gabriele Giuffridacon il fratello Valerio

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è doppia, perché è anche stata la scelta giusta per lui. Mauricio è un perfezioni-sta, un creativo, un lavoratore infaticabi-le, un soggetto unico nel calcio di oggi”.

Ciraccontaanchelesue‘stalle’,ovve-roicolpinonmessiasegno?“Vede, per me coi calciatori è come con la ‘ragazza giusta’. O almeno presun-ta. Sei stordito dall’infatuazione calcisti-ca: prendi la sbandata e trovi sempre la ragione per pensare che sia la persona giusta per te. Ed a volte può capitare di prendere decisioni sbagliate”.

enelcasodelcalciatore?“Nilmar, l’attaccante brasiliano. Ci sono state occasioni per portarlo in Italia, ma non è mai andata, per un motivo o per un altro”.

nelleultimesessioni, traglialtri,haportatoinItaliagiovanitopcomeSa-nabriae Jedvaj.C’èperòunastoriab-sidedaraccontare:quelladiThiagoCionek.“Era in Terza Divisione in Brasile. Extra-comunitario, fece un provino con l’Ata-lanta che però non poteva prenderlo. Scoprimmo che aveva antenati in Polo-nia, così chiamai Boniek. Cionek fece tre anni al Jagellonia, poi è arrivato in Italia con Padova prima e Modena ora. Fino all’esordio in Nazionale, contro la Ger-mania, che è stata una vera emozione per tutti”.

IlSudamerical’hasegnata,profonda-

mente.ancheilparaguay.“Con un nome, quello di Nelson Valdez: abbiamo cambiato sei squadre in quattro anni e dovunque è andato, è stato sem-pre il più amato. Ha sempre fatto benis-simo ma... Ovunque tranne che in Italia”.

Lodiceconilsorriso,Giuffrida.“Sono i casi e gli incroci della vita. Ma io sorrido spesso, mi ritengo fortunato. Sono fortunato. Viaggio, conosco perso-ne nuove, amo stare tra la gente, che sia per un aperitivo sulla spiaggia a Formen-tera o nel nostro ristorante ad Ibiza”.

Ilvostro...Ristorante?“Si chiama Piccola Cucina: è ad Ibiza, ne abbiamo anche uno a Miami. Non parlo di calcio tutto il giorno, ma cerco tutto quel che produca qualcosa, in ogni am-bito. E... Beh, il ristorante ad Ibiza è...”.

‘Figo’.Cipassailtermine?“Sì, dai. Fico. Ci vengono tanti campio-ni e protagonisti del calcio, per me è un vero piacere, nonché una passione”.

macomenascel’idea?“Da mio fratello Valerio. Era in vacanza ad Ibiza e vide un locale chiamato Sushi Point. Così li contattammo per avere drit-

te su un locale simile da aprire e... Com-prammo quello”.

Scusi,masacucinare?“Io? No, assolutamente”.

dormebene?“Sì ma...”

non si preoccupi. È per sapere cosasogna.“un giorno, forse, fare il direttore spor-tivo. Mi piacerebbe molto, anche se non so come gestirei l’aspetto negoziale e dei rapporti, se ‘inquinato’ dall’adrenalina dei novanta minuti della tua squadra”.

Però sarebbe un’altra tappa bella del suo viaggio da appuntare sulla sua agenda. già. Quella con la figurina di Guardiola stampata in fondo. Ma non c’è mai un’ultima pagina, in un viaggio. Sorride ancora, Giuffrida, mentre por-ge il suo taccuino. Parte con una scritta. ‘Devi sempre avere un altro posto dove andare’. Così il viaggio continua.

Intervista di marco Conterio

‘GIVE ME ThE MONEy’ La dedica ironicadi Crespo a Giuffrida

I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA I RE DEL MERCATO / gaBRIELE GIUFFRIDA

torres al mIlan? una passIone

adolescenzIale

“”

DA BOSELLI A CASTAN Maglie e dediche

speciali nell’ufficio

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I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

emIGRanTeAZZURRO

UNO DEI PRImI a mETTERSI IN gIOCOaLL’ESTERO, UNO DEI POCHI a DIRE SEmPRE QUELLO CHE PENSa: PaOLO DI CaNIO…

di Fabrizio PONCIROLI

foto Image SPORT

IO DI CANIOCampione in campo,unico nel suo genere

I GIGANTI DEL CALCIO

PaOLO DI CaNIO

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I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

CUORE LAZIOLegatissimoai coloribiancocelesti

I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

VINCERE SEMPREDi Canio ha un solo obiettivo:

battere l’avversario

H “”sono sempre stato curIoso. da pIccolo,al subbuteo, gIocavo conla squadradel celtIc

o sempre avuto un debole per Paolo Di Canio. In campo mi mandava in solluche-ro, fuori dal campo ho sempre apprez-zato il suo essere

sempre fedele al suo modo di pensare, mai schiavo di niente e nessuno. Forse, a causa del suo carattere indomabile, si è perso qualche treno ma, per fortuna, è rimasto il solito inafferrabile Di Canio. Ora è a bordo di Fox Sports, deciso a raccontare il calcio a modo suo…

Buongiornopaolo,èunpiaceresen-tirla commentare ilgrandecalcio in-glesesuFoxSports…dadovenascequestascelta?“Dal mio istinto e dalla mia passione per il calcio inglese. Mi viene naturale commen-tare il calcio, mi appassiono poi, onesta-mente, il calcio inglese fa ormai parte del mio DNA. Fox Sports lo sa: io ho lavora-to con tanti gruppi ma cercavo un luogo dove poter parlare di calcio e non dove fare salotto con inutili polemiche”.

hai parlato di istinto, forse proprioquellochetihaportato,dacalciatore,

alasciarel’Italiaesperimentarealtricampionati…“Sono sempre stato curioso. Da picco-lo, al subbuteo, giocavo con la squadra del Celtic, a conferma della mia voglia di provare sempre qualcosa di nuovo e diverso. Quando ho vinto lo scudetto con il Milan (stagione 1995/96 ndr), ho ca-pito che era giunto il momento di andare via dall’Italia. Da noi c’erano i grandi campioni, il calcio era al top, ma io vole-vo qualcosa di differente. Così sono an-dato in Scozia, al Celtic, dove ho trovato un calcio di guerrieri. È stata un’esperien-za davvero costruttiva…”.

Credi di essere cambiato lontano

dall’Italia?“Certo che sono cambiato. L’ambiente esterno ti condiziona sempre. In Italia avevo già girato tante città, ognuna diversa dall’altra, ma andare all’estero mi ha aperto la mente ancor di più. Io, ad esempio, non conoscevo l’inglese e ho dovuto applicarmi per imparare la lingua. Volevo calarmi nel ruolo, non solo fare il turista che sa giocare a pallone…”.

dopoilCeltic,eccol’Inghilterra…“In Inghilterra, allo Sheffield, ho dovuto ricominciare tutto da zero. Nuovo Paese, nuove abitudini, anche la lingua, di fatto, era molto diversa…”

ma, da calciatore, hai avvertitoquell’atmosferadi“vero calcio”dicuitutti parlano quando si soffermanosulcalcioinglese?“Sì, l’ho avvertita… Quando entri in campo, in un campo inglese, tutto è di-verso. Attenzione, anche da noi c’è gran-de passione, lo dice uno che ha giocato alla Lazio, ma in Inghilterra è tutto diver-so. Ogni gara era il massimo, in Italia ti esalti solo per qualche gara di cartello. Da loro, se vinci o perdi non fa differen-za, a patto che hai dato il massimo. Ti

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I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

racconto un aneddoto: alle prime gare con lo Sheffield, quando perdevamo, io ero dispiaciuto. uscivo dallo stadio con la testa bassa, cercavo di far capire il mio stato di delusione al pubblico e, inve-ce, loro che facevano? Mi caricavano, mi dicevano di non abbattermi, che sarebbe andata meglio la partita successiva… Pazzesco… E così, la gara successiva, eri ancora più carico e voglioso di far bene. Meraviglioso”.

Tuttol’oppostorispettoall’Italia…“Guarda a me procura un gran fastidio quello che sta accadendo ora da noi. Si cerca, in ogni modo, di esaltare il nostro calcio attuale quando, in realtà, c’è poco da esaltare. Io penso male del nostro cal-cio, a tutti i livelli. Il calcio italiano è in un momento disastroso. Lasciamo fuori la Juve di Allegri o la Roma di Garcia, il resto non c’è. Si dice che non ci sono più soldi. Ok, uno come Di Maria da noi non viene, eppure spendiamo oltre 20 milioni per Hernanes…”.

Insomma,ilcalcioitalianononticon-vinceproprio…“Si parla tanto di queste riforme che dovrebbero salvare l’Italia ma, al di là di discutere sul numero di squadre che debbano partecipare ai vari campionati, non mi pare di vedere nulla di concreto. Io so solamente che, ogni anno, in Italia ci sono squadre che iniziano la stagione con qualche punto di penalità e questo non è il massimo, anzi, all’estero, ci pena-lizza molto. Diamo l’impressione di non essere un calcio serio”.

maallenerestiinItalia?“Credo di avere una chance su un milione di allenare in Italia. Io ho le mie idee. Secondo me deve essere l’allenatore a fare la squadra, non il direttore sportivo.

SUPERSTAR INGLESEIn Premier, Di Canioè diventato una leggenda

SUPER COMMENTATOREA Fox Sports, Di Canio

è un talent straordinario“”In InghIlterra

ognI gara eraIl massImo,In ItalIa tI

esaltI solo per qualche garadI cartello

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I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

IL RAGAzzO DEL QuARTICCIOLO

di Thomas SACCANI

DAL QuARTIERE ROMANO SINO ALLA PREMIER LEAGuE, SEMPRE CON LA FANTASIA AL POTERE…

Scoperto da Angelucci durante una par-tita della Pro Tevere Roma, la sua prima squadra, Di Canio impiega pochissimo a mettere in mostra le sue grandi qua-lità. A 18 anni gioca già in Serie C2, con la Ternana. A 20 anni, con la ca-sacca della Lazio, fa il suo esordio nella massima serie (contro il Cesena). Nello stesso anno punisce anche la Roma, fe-steggiando sotto la curva giallorossa. Nel 1990 finisce alla Juventus dove ha modo di conquistare una Coppa uefa. Dopo una stagione al Napoli, va al Milan dei campionissimi dove risulta decisivo per la conquista dello scudetto 1995/96 (cinque gol in 22 presenze). Conquistato il tricolore, decide di met-tersi in gioco all’estero. Va in Scozia, al Celtic, dove viene votato giocatore dell’anno. Decide poi di sperimentare la Premier League. Indossa la casac-ca dello Sheffield Wednesday, dove resta per circa un anno e mezzo. Nel dicembre del 1998, ecco la chiamata del West Ham. Ben quattro stagioni e mezza con gli Hammers, con 51 gol in 137 gare. Tanti gli episodi da ricordare come il famoso gesto, durante la sfida Everton-West Ham (gara fermata con la mano per non approfittare di un in-fortunio occorso al portiere avversario Gerrrard), che gli vale il premio Fair Play dell’anno. Gioca la sua ultima an-nata in Inghilterra al Charlton, prima di tornare in Italia. Torna nella sua Lazio e torna anche a segnare nel Derby, con festeggiamenti simili a quelli messi in scena 16 anni prima… Prima di ritirar-si, fa in tempo a divertirsi anche con la Cisco Roma. Poi, inizia l’avventura da allenatore. Allo Swindon, club disastra-to, conquista la promozione in League One e vola fino ai quarti di FA Cup. Al Sunderland si salva la prima stagione, nella seconda il rapporto si conclude prima del previsto. In attesa di tornare in sella, accetta di divertirsi a commen-tare il calcio inglese a Fox Sports…

MAI BANALELa verità,

a qualsiasi costo...

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I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

Ti faccio un esempio: da noi parlano più i direttori sportivi che gli allenatori men-tre, in Inghilterra, di tante squadre non si sa neppure chi sia il direttore sportivo. Prendiamo Garcia. un allenatore che sta portando una filosofia speciale in Italia, eppure si mette l’operato di Sabatini al suo stesso livello”.

Quindi a che condizioni allenerestiunasquadraitaliana?“Potrei farlo solo a patto che si respi-ri una mentalità nuova. Io ho solo vinto dove sono stato come allenatore e mi piacerebbe poter lavorare in un club con la massima libertà possibile. Insomma, avere carta bianca e non sempre dei di-rigenti che mi condizionano. Non credo che accadrà tanto facilmente”.

mac’èqualcheallenatorechetipia-ce?Qualcunochetifaancoragoderequandoguardiilcalcio?“Il nuovo modello di gioco del Borussia Dortmund mi piace molto. Klopp ha dav-vero fatto qualcosa di interessante. Ha

proposto un gioco moderno, di atleti mo-derni che, oltre ai muscoli, ci mettono an-che una velocità impressionante. Se pen-so a 15/20 anni fa, quando giocavo io, noto delle differenze incredibili. Ai miei tempi, ogni squadra, aveva, al massimo, due o tre giocatori grossi, ora sono tutti grossi. Il calcio si sta evolvendo e anche il modo di giocare deve evolversi”.

Inquestocalcio,moltomuscolare,nonsirischiadioffuscareiltalentovero?“No, il contrario, ora il talento si nota me-

glio proprio, perché è più difficile fare la differenza in campo. Se non sei un feno-meno, fatichi ad eccellere, di conseguen-za, se hai talento, non passi inosservato”.

dovetiveditracinqueanni?“Mi vedo allenatore, magari con qualche bel trofeo in bacheca, oppure a condurre un programma televisivo, un mio format in cui mi piacerebbe spiegare le caratte-ristiche peculiari di ogni calcio e calcia-tore. Far capire perché si comprende, al volo, se un giocatore proviene dal calcio australiano o dall’Europa del Nord, ad esempio…”.

Ci rivedremo tra cinque anni per sape-re la strada intrapresa da Paolo Di Ca-nio… Per il momento ci basta e avanza aver compreso, se mai ce ne fosse biso-gno, che uno come Paolo è davvero la classica mosca bianca in un calcio dove è sempre più difficile trovare persone che hanno il coraggio di dire ciò che pensano… Onore all’emigrante che ha ancora l’azzurro nel cuore…

I GIGANTI DEL CALCIO / PAOLO DI CANIO

FUTURO MISTERIOSODi Canio si senteallenatore ma haanche altre idee...

PREOCCUPATO DALL’ITALIAIl calcio italiano non

piace affatto a Paolo...

“”credo dI avere una chance su un mIlIone

dI allenare In ItalIa. Io ho le mIe Idee

e non le cambIo

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spese dell’Estudiantes e pensa di vincere facilmente in Transilvania. Happel mo-tiva i suoi quasi irridendo gli avversari: «Una qualificazione dei rumeni a nostre spese sarebbe come l’ottava meraviglia del mondo», afferma l’austriaco. L’UTa Arad, che in patria è chiamato, come la Juventus, “Vecchia signora”, riesce a in-chiodare il risultato sullo 0-0 e al termine della gara migliaia di tifosi aspettano il Feyenoord e soprattutto il suo allenatore davanti all’albergo, al grido di «Happel, Happel, ha ha ha.» Tuttavia, l’avventura dei ragazzi di Nicolae Dumitrescu dure-rà poco.Il calcio olandese può comunque contare sull’ajax di Rinus michels, la squadra del calcio totale, dove tutti corrono e sanno coprire ogni zona del campo. La gene-razione dei Cruyff e dei Neeskens negli anni è cresciuta ed è arrivata vicino alla vetta europea nel 1969, sconfitta dal mi-lan. Nonostante le premesse, il primo tur-no contro il Nentori Tirana non è esaltante, in Albania i “Lancieri” si fanno rimontare due gol di Suurbier, poi all’Olympisch ar-riva un 2-0 comodo. Niente a che vedere con la baldanza del Celtic, che nei primi due turni segnano 24 gol ai finlandesi del kokkola e agli irlandesi del Waterford, subendone solo 2 da questi ultimi. Desta impressione anche il 16-0 complessivo del Borussia mönchengladbach, all’esor-dio nella competizione, ai danni dei ci-prioti del Larnaca, anche se questa volta i tedeschi non faranno strada.Non ci sono altre sorprese al primo tur-no, oltre all’eliminazione dei detentori. Fa bene il Cagliari di Scopigno, che elimina il Saint-Étienne. Il nuovo Sant’Elia è stracol-mo di tifosi di tutta l’Isola, che già dopo soli 7’ esultano per il gol Riva. al 20’ Nené sigla il 2-0 e un’altra rete di “Rombo di tuono” porta la qualificazione al sicuro. al ritorno i transalpini mettono in difficoltà Albertosi, ma si devono accontentare del gol del Pallone d’oro africano, il maliano Salif keita. Il secondo turno è difficile, di fronte alla squadra del “Filosofo” Manlio Scopigno c’è l’Atletico Madrid. Andata ancora al Sant’Elia, che si rivela ardua come da previsioni. Nonostante ciò, Riva segna poco prima del riposo. Raddop-pia “Bobo” gori, Riva sbaglia il terzo e un’indecisione di Tomasini favorisce Luis aragones, che sigla il 2-1. Norbert Hof è uno che, giocasse oggi, verrebbe so-prannominato “pitbull”. Uno che quando ti si attacca morde e scalpita. Gioca nel

Wiener Sport-Club e con la squadra del quartiere viennese di Dornbach ha incro-ciato il Cagliari in un doppio confronto in mitropa nel 1968, terminato in rissa. Non l’ha dimenticato e, quando il 31 ottobre c’è austria-Italia al Prater, falcia Riva con cattiveria e gli procura la frattura di tibia e perone, a un quarto d’ora dal termi-ne. La prima partita giocata dal Cagliari dopo l’incidente è il ritorno al Manzana-res, ma i rossoblu, sotto choc e svuotati di ogni velleità, perdono 3-0 con tripletta ancora di Aragones.gli ottavi di finale portano anche la novi-tà dei rigori che sostituiscono il lancio del-la monetina come tie-breaker dopo 210’ di assoluta parità. Joe Royle, dell’Everton, è stato un buon attaccante con quasi 500 presenze in campionato e sei in naziona-le, ma passa alla storia anche come primo rigorista di Coppa dei Campioni. Royle si fa parare il tiro da kleff, di fronte al pubblico attonito di Goodison Park e su-bito dopo di lui, Sieloff segna. L’equilibrio tra Everton e Borussia si è spezzato, dopo il doppio 1-1 del campo. Niente però è perduto per i Blues, che recuperano su-bito grazie al goal di Ball e all’errore di Laumen, che spara a lato. Finisce 4-3 per gli inglesi, è Ludwig Müller a sbagliare l’ultimo rigore, complice la gran parata di Rankin. Il manager dell’Everton Catterick commenta così: «Continuo a pensare che i rigori per decidere queste sfide sembrano un circo, ma non riesco a pensare a una soluzione migliore, se non si può giocare lo spareggio.» Gioiscono gli inglesi e, con loro, passano anche Stella Rossa (6-1 complessivo all’Arad), Legia Varsavia, Carl-Zeiss Jena, Panathinaikos e ajax. La partita tra i campioni d’Olanda e il Celtic è il clou dei quarti di finale.Ad Amsterdam, se ne vanno due terzi di gara senza gol, per la gioia degli ospiti. Poi, al 62’ Cruyff con un gran tiro batte Williams. Otto minuti e arriva un gol di-rettamente da punizione di Hushoff e al 90’ è keizer a dare il 3-0. al Celtic Park, nonostante il gol di Johnstone al 27’, la sconfitta dell’andata è troppo dura per essere ribaltata. La Stella Rossa sfida il Carl-Zeiss, due anni dopo la rinuncia dei tedeschi orientali per la diatriba seguita alla “Primavera di Praga”. In Turingia, i padroni di casa hanno la meglio di misura, inoltre gli jugoslavi perdono per il ritorno il loro giocatore migliore, Dzajic, espulso e squalificato per quattro turni per rissa in campo. I biancorossi belgradesi, però, re-

agiscono al ritorno e vincono 4-0. In semi-finale li aspetta un sorprendente Panathi-naikos, allenato dal mostro sacro Ferenc Puskas e trascinato dalla punta Antonis Antoniadis. È proprio l’attaccante manci-no a gelare Goodison Park, con un poten-te tiro dal limite dell’area piccola, ma al 90’ David Johnson pareggia. Il ritorno al Nikolaidis di Atene vede le squadre bloc-cate sullo 0-0 e il Panathinaikos taglia il traguardo della semifinale, tuttora unica greca della storia.La prima semifinale è quella tra ajax e Atletico, con i Colchoneros che ai quarti hanno eliminato il temibile Legia Varsa-via grazie ai gol in trasferta. Entrambe le semifinali sono vinte in rimonta. L’ajax soccombe di misura al Manzanares per il gol del basco Javier Irureta, ma pareg-gia i conti con keizer dopo soli 9’, con una bomba su punizione. Il pubblico di Amsterdam attende paziente un secondo gol che non arriva, ma al 76’ Roberto fa una papera su tiro da fuori di Suurbier, a cui fa seguito un altro errore del portiere spagnolo, che sbaglia l’uscita favorendo il gol a porta vuota di Neeskens. Nell’al-tra semifinale, Ostojic illude con la sua tri-pletta la Stella Rossa, nel 4-1 casalingo di fronte a 100.000 spettatori. Quando si deve rimontare, si dice che un gol in avvio è determinante. Il Panathinaikos lo trova subito con Antoniadis: Dujkovic è battuto in uscita. Non accade nulla fino all’inter-vallo, poi è ancora antoniadis, dopo 9’. Manca un solo gol ai greci per una storica rimonta, che puntualmente arriva per me-rito di kamaras. a Wembley, sarà ajax-Panathinaikos.Da una parte ci sono i greci della leg-genda Puskas, con Antoniadis (10 reti) che insidia il suo record, il Pana del lea-der Domazos, il “generale”, sposato con la popstar Vicky Moscholiou. Dall’al-tra Cruyff, Neeskens e il calcio totale dell’altro e più famoso “generale”, Rinus Michels. L’equilibrio è subito spezzato quando van Dijk, su cross dalla sinistra, incrocia di testa e batte Ikonomopoulos. Sono solo le parate del portiere greco a evitare il tracollo; nella ripresa i “verdi” prendono possesso del centrocampo con Domazos ed Elefterakis. Stuy, però, non corre pericoli e a due minuti dal fischio finale Cruyff lancia il giovane subentra-to Haan per il 2-0. La classe dell’ajax prevale sul coraggio dei greci e per la seconda volta di fila un club olandese si aggiudica il trofeo. Ed è solo l’inizio…

SPECIALE STORIACoppadeICampIonI

CI PENSA CRUYFF

SpeCIaLeCoppadeICampIonI/ 1970-1971

Il Feyenoord manca la tripletta e, vinti i titoli europeo e mon-diale, arriva secondo in campionato dietro l’ajax. La presenza di due olandesi co-

stringe l’UEFa a un turno preliminare, con l’austria Vienna che si qualifica a spese del Levski-Spartak di Sofia, rimontando

il 3-1 dell’andata. L’edizione 1970/71 della Coppa dei Campioni vede l’as-senza dei club che fino a quel momento hanno fatto la storia della competizione: Real e Barcellona, Inter e milan, man-chester United e Benfica. Le uniche ad avere vinto una coppa sono il Feyeno-ord, appunto, e il Celtic.Gli scozzesi restano presto soli, quando i campioni in carica vengono clamoro-

samente buttati fuori dai rumeni dell’A-rad, che sfruttando la regola dei gol in trasferta, passano agli ottavi con due pareggi. a Rotterdam segna Florian Du-mitrescu al quarto d’ora, poi pareggia Wim Jansen. I successivi 65 minuti sono un assalto alla porta di Gornea, ma i rumeni resistono e portano a casa il pareggio. Al ritorno il Feyenoord è ap-pena diventato campione del mondo a

DOPO L’ImPRESa DEL FEYENOORD, TOCCa aLL’aJax SaLIRE SUL TETTO DELL’EUROPa.

IL CaLCIO OLaNDESE DOmINa…di Gabriele PORRI

UN PROFETA DEL CALCIOCruyff ha ridisegnatole regole del giocodel pallone...

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SpeCIaLeCoppadeICampIonI/ 1970-1971 STATISTICHE

aTLeTIComadRId-aJaX1-0(1-0)

mercoledì 14 aprile 1971, ore 21maDRID (Stadio “Manzanares”)arbitro: gerhard SCHULENBURg (gER)Spettatori: 40.000

ATLETICO MADRID: RODRI, Francisco mELO, Isacio CaLLEJa (cap.) [68’ José Luis CaPON], aDELaRDO (cap.), Jesús maRTINEZ JaYO, Iselín Santos OVEJERO, José armando UFaRTE, Javier IRURETa, Luis aRagONES, José Eulogio gaRaTE, aLBERTO [76’ Igancio SaLCEDO]Commissario tecnico: marcel DOmINgO.

AJAX: Heinz STUY, Velibor VaSOVIC (cap.), Wilhelmus SUURBIER, Bernardus HULSHOFF, Ru-dolf kROL, Reiner Johannes RIJNDERS, Johannes NEESkENS, Jesaia SWaRT [85’ Dick VaN DIJk], gerardus mÜHREN, Johannes CRUYFF [76’ Horst BLaNkENBURg], Petrus kEIZERCommissario tecnico: marinus mICHELS.

Rete: 43’ Javier IRURETa.ammonito: 48’ Reiner Johannes RIJNDERS.

aJaX-aTLeTIComadRId3-0(1-0)

mercoledì 28 aprile 1971, ore 20:15amSTERDam (Stadio “Olympisch”)arbitro: antonio SBaRDELLa (ITa)Spettatori: 65.000

AJAX: Heinz STUY, Velibor VaSOVIC (cap.), Wilhelmus SUURBIER, Bernardus HULSHOFF, Horst BLaNkENBURg, Reiner Johannes RIJNDERS, Johannes NEESkENS, Jesaia SWaRT, gerardus mÜHREN, Johannes CRUYFF, Petrus kEIZERCommissario tecnico: marinus mICHELS.

ATLETICO MADRID: RODRI, Iselín Santos OVEJE-RO, Francisco mELO, Jesús maRTINEZ JaYO, QUIQUE, Javier IRURETa, EUSEBIO, aLBERTO, José armando UFaRTE, Luis aRagONES (cap.), Igancio SaLCEDOCommissario tecnico: marcel DOmINgO.

Reti: 8’ Petrus kEIZER, 76’ Wilhelmus SUURBIER, 85’ Johannes NEESkENS.

STeLLaRoSSa-panaThInaIkoS4-1(2-0)

mercoledì 14 aprile 1971BELgRaDO (Stadio “Crvena zvezda”)arbitro: Erich LINEmaYR (aUT)Spettatori: 100.000

STELLA ROSSA: Ratomir DUJkOVIC, milovan DJORIC, mile NOVkOVIC, Vladislav BOgICE-VIC, Branislav kLENkOVSkI, miroslav PaVLOVIC, Jovan aCImOVIC, Slobodan JaNkOVIC, Stani-slav kaRaSI, Stevan OSTOJIC, Zoran FILIPOVICCommissario tecnico: miljan mILJaNIC.

PANATHINAIKOS: Panayotis IkONOmOPOULOS [72’ Vasilis kONSTaNTINOU], Ioannis TOma-RaS, Frankiskos SOURPIS, aristidis kamaRaS, konstantinos ELEFTHERakIS, giorgios VLaHOS, Dimitrios DOMAZOS (cap.), Panagiotis FILA-kOURIS, anthimos kaPSIS, Harilaos gRammOS, Antonis ANTONIADISCommissario tecnico: Ferenc PUSkaS.

Reti: 15’ Stevan OSTOJIC, 39’ Slobodan JaNkOVIC, 46’ Stevan OSTOJIC, 55’ aristidis kamaRaS, 70’ Stevan OSTOJIC.

panaThInaIkoS-STeLLaRoSSa3-0(1-0)

mercoledì 28 aprile 1971ATENE (Stadio “Apostolos Nikolaidis”)arbitro: José maria ORTIZ DE mENDIBIL (ESP)Spettatori: 27.000

PANATHINAIKOS: Vasilis kONSTaNTINOU, Ioannis TOmaRaS, Frankiskos SOURPIS, aristidis kamaRaS, Dimitris kaLLIgERIS [56’ kostas aTHaNaSOPOULOS], giorgios VLaHOS, Dimi-trios DOmaZOS (cap.), Panagiotis FILakOURIS, anthimos kaPSIS, Harilaos gRammOS, antonis ANTONIADISCommissario tecnico: Ferenc PUSkaS.

STELLA ROSSA: Ratomir DUJkOVIC, milovan DJORIC, mile NOVkOVIC, Vladislav BOgICE-VIC, Branislav kLENkOVSkI, miroslav PaVLOVIC, Jovan aCImOVIC, Slobodan JaNkOVIC, Stani-slav kaRaSI, Stevan OSTOJIC, Zoran FILIPOVICCommissario tecnico: miljan mILJaNIC.

Reti: 1’ e 54’ antonis aNTONIaDIS, 65’ aristidis kamaRaS.

SEMIFINALE 1 SEMIFINALE 2aJaX-panaThInaIkoS2-0(1-0)

mercoledì 2 giugno 1971, ore 19:45LONDRa (Stadio “Wembley”)arbitro: John keith TaYLOR (ENg)Spettatori: 83.179

AJAX: Heinz STUY, Velibor VaSOVIC (cap.), Wilhelmus SUURBIER, Bernardus HULSHOFF, Reiner Johannes RIJNDERS [46’ Horst BLaN-kENBURg], Johannes NEESkENS, gerardus mÜHREN, Jesaia SWaRT [46’ arend HaaN], Johannes CRUYFF, Dick VaN DIJk, Petrus kEIZER Commissario tecnico: marinus mICHELS.

PANATHINAIKOS: Panayotis IkONOmOPOU-LOS, Ioannis TOmaRaS, giorgios VLaHOS, konstantinos ELEFTHERakIS, aristidis kamaRaS, Frankiskos SOURPIS, Harilaos gRammOS, Panagiotis FILakOURIS, antonis aNTONIaDIS, Dimitrios DOmaZOS (cap.), anthimos kaPSISCommissario tecnico: Ferenc PUSkaS.

Reti: 5’ Dick VaN DIJk, 87’ arend HaaN.

FINALE

JOhAN NEESKENS

JOhAN CRUIJFF

TEMPO DI “UEFA CHAMPIONSLEAGUE 2014-2015”Scudetti In “Figurine Doppie”, 60 anni di finali e la Uefa Youth League, Panini fa sul serio…

in edicola “UEFA Champions League 2014-2015”, la nuova collezione di figurine Panini dedicata all’élite del calcio europeo. Si tratta della nona raccolta consecutiva realizzata dal-la casa modenese su licenza ufficiale UEFA, un appuntamento imperdibile per i collezionisti italiani. questa nuova raccolta è articolata in

ben 634 figurine adesive, di cui 64 in speciale materia-le olografico metal, da raccogliere nell’apposito album di 96 pagine. vi sono rappresentate le 32 squadre europee che quest’anno prendono parte alla fase a gironi della più prestigiosa competizione per club, tra cui ovviamente le italiane Juventus e roma. nella collezione “UEFA Champions League 2014-2015”, ogni club ha una doppia pagina con i propri dati storici e statistici, comprensivi dei trofei uefa vinti in passato, i piazzamenti nelle ultime cinque edizioni di champions ol-tre che nella rispettiva lega di appartenenza, con relativo palmares nazionale. ciascuna squadra è rappresentata dalle figurine di 18 giocatori, 11 dei quali vanno a com-porre la formazione tipoi; vi è anche uno speciale sticker dedicato ad una delle stelle del club. Proprio le 576 figuri-ne “giocatore”, a seguito del generale apprezzamento dei collezionisti nella passata edizione, sono realizzate anche quest’anno nel formato “doppio”: da una parte la foto del calciatore, da incollare nella sezione della squadra di ap-partenenza, dall’altra una mini-figurina con le statistiche e i dati anagrafici dello stesso calciatore, da attaccare nell’apposita sezione speciale di ogni girone (un formato innovativo che quest’anno viene esteso anche ai loghi uf-ficiali delle 32 squadre partecipanti)…

la raccolta “UEFA Cham-pions League 2014-2015” presenta al suo interno anche altre sezioni. l’inizio dell’album è dedicato alla parte istituzio-nale con 3 figurine relative a pallone ufficiale, trofeo e messaggio sul “Fair play”, oltre alla speciale figurina con il logo Panini. Notevole la parte dedicate alle finali (la finale di Berlino 2015 sarà infatti la sessantesima). chiudono la collezione la sezione dedicata alla uefa Women’s champions league, che contiene l’albo d’o-ro e la figurina del Wolfsburg campione in carica, e la nuovissima sezione dedicata alla uefa Youth league, nella quale trova spazio la figurina con il trofeo. Spazio anche al multimediale di ultima generazione: la collezione “UEFA Champions League 2014-2015” sarà infatti supportata dall’applicazione gratuita Panini collectors. ritorna anche la uefa champions league 2014-15 Official Virtual Sticker Collection, presentata da unicredit, per collezionare anche online e accessibile grazie ai codici stampati sul retro delle figurine “metal”.

di Thomas Saccani

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di Stefano BORGI

L’UOMO DEI CAPOLAVORIDel Piero ha realizzatoinnumerevoli golda leggenda...

ACCADDE ADICEmBRE

aCCaDDE a/ DICEMBRE

omanda: quanti gol ha fatto Del Piero in carriera? È presto detto: 290 nella Ju-ventus e 27 in Na-zionale. In tutto, con-siderando anche il

Padova in Serie B e l’esperienza al Sid-ney, fanno quasi 350. Altra domanda: qual è il gol più famoso realizzato da Del Piero? Qualcuno potrebbe risponde-re: “tutti quelli segnati... alla Del Piero”. Vale a dire, tiro liftato di destro nel ‘set-te’ alla sinistra del portiere. Oppure il gol contro il River Plate, nella finale in-tercontinentale del 26 novembre 1996: sempre di destro, sempre all’angolino alto. E invece, se riguardate qualsia-si servizio sulle gesta del “pinturicchio” bianconero, il gol che non manca mai è quello del 4 dicembre 1994. Il gol del 3-2 alla Fiorentina. Sarà perché era la prima stagione di alex da titolare, forse perché la Juve perdeva 2-0. O ancora, perché realizzare un gol in quel modo sembrò impossibile ai più. Insomma, quell’esterno destro al volo resta il gol più famoso (e più bello) di Alessandro Del Piero.

VIaLLI vs. BaTISTUTa - La stagione ‘94-’95 fu una specie di anno zero per entrambe le squadre. La Fiorentina, ap-pena risalita nella massima serie, era chiamata a ricostruirsi una verginità dopo l’incredibile retrocessione del ‘93. gabriel Batistuta era il leader incontra-stato, e proprio il “re leone”, sette giorni prima, aveva sgretolato lo storico record del bolognese Pascutti (13 gol consecuti-vi nelle prime 11 giornate di campiona-to). Dall’altra parte la Juventus, affida-ta per la prima volta a Marcello Lippi,

reduce da nove anni di digiuno (l’ultimo titolo risaliva al 1986) e da un triennio di Trapattoni che aveva prodotto una misera (si fa per dire) Coppa Uefa. Un giovanissimo Del Piero sostituiva Roberto Baggio (infortunato), dal mercato erano arrivati Ferrara, Tacchinardi, Deschamps e Paolo Sousa. C’era poi gianluca Vialli. Di lui Torricelli dirà: “Io ho giocato con tanti campioni, con Del Piero sono amico fraterno. Ma se devo dire il compagno più decisivo che ho avuto, dico Gianluca Vialli”. Anche in quella famosa partita? “Certo - prosegue Moreno. Gianluca ci dette la carica, fece addirittura doppietta. Gianluca ci credette fino alla fine. Poi, è chiaro, se Alex non inventava quel gol a questo punto stavamo a parlare d’altro”. E Batistuta? Il bomber argentino, proprio quel 4 dicembre, interruppe la serie di gol consecutivi. Mise lo zampino nelle prime due reti viola, lottò come un “re leone”, ma alla fine i tre punti andarono alla Juve. Alla Juve di Vialli e Del Piero.

RImonTadeCISIVa - Juventus-Fioren-tina giunge alla 12° di campionato. La classifica recita Parma in testa con 24 punti, Juve seconda con 23, Fiorentina terza con 22 (i viola finiranno la stagio-ne al 10° posto). Lazio quarta con 21. Il Milan campione d’Italia? Staccatissimo con appena 14. Tra i bianconeri Conte è squalificato, assenti anche Deschamps, Di Livio e Fusi. Nella Fiorentina manca Di mauro, Ranieri schiera un 4-3-1-2 con Robbiati trequartista dietro alla coppia d’attacco Baiano-Batistuta. Ed è proprio l’esile fantasista a dare il via all’azione del vantaggio gigliato: è il 25’, lancio in profondità per Batistuta, Peruzzi re-spinge sui piedi di Baiano (per l’occa-sione capitano) che in scivolata realizza

l’1-0. Appena 11 minuti dopo sempre Batistuta “spizza” per l’inserimento di angelo Carbone che, con un destro sotto la traversa, batte per la seconda volta Peruzzi. alla fine del primo tempo i viola conducono per 2-0. La partita, e forse l’intera stagione bianconera, si decide negli ultimi 20’. al 73’ Ravanelli, dalla sinistra, crossa al centro dove Vialli di testa anticipa Marcio Santos realizzan-do l’1-2. È questo il momento decisivo: Vialli (al 100° gol in campionato) suo-na la carica, si getta nella rete viola e prende il pallone, strappandolo a Toldo. Che accenna un sorrisino. La differenza tra le due squadre sta tutta in quell’e-spressione: grintosa, quasi cattiva quel-la di Gianluca, accondiscendente, quasi arrendevole quella di “Francescone”. E infatti, da lì in poi sarà un monologo bianconero: al 76’ alessandro Orlando mette in mezzo per Ravanelli, ponte per Vialli (testa, spalla, non si capisce...) che di destro fa 2-2. Fino all’87’, quando la storia scatta una fotografia che l’ac-compagnerà per il resto dei suoi anni. Sempre Orlando dalla tre-quarti getta in avanti, palla nei pressi del vertice sini-stro dell’area viola, Del Piero si coordina e con l’esterno destro mette nel “sette” alla destra di Toldo. Sembrava impossi-bile, ma la Juve vince una partita prati-camente già persa. Da quel giorno è un crescendo rossiniano. Certo, non manca-no i passi falsi come la doppia sconfit-ta nel derby, gli 0-3 con Roma e Lazio, l’inopinata sconfitta casalinga contro il Padova. a fine stagione, però, arrive-rà il 23° scudetto con 10 punti di van-taggio sulla Lazio e la vittoria in Cop-pa Italia (in finale contro il Parma) per un “double” di grande prestigio. Quel giorno è nata la Juve mondiale di Lippi.

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LamaGIaALLA VIOLA

DEL PIERO HA SEGNATO VALANGHE DI GOL IN CARRIERA,eppUReILCapoLaVoRomeSSoaSeGnoConTRo

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DOVE SONO FINITILUCIaNO BODINI

DOVE SONO FINITI/ LUCIaNO BODINIdi Fabrizio PONCIROLI

12 CON ONOREPORTIERE VERO, BODINI HA SAPUTO ESSERE GRANDE

anCheSenZaUnamaGLIadaTIToLaRe…

Quando hai davan-ti mostri sacri come Zoff e Tacconi, di-venta difficile farsi trovare pronti. Ep-pure Luciano Bodini ha sempre saputo

onorare il suo ruolo, quello del 12esi-mo, al meglio. Poi c’è quella finale di Supercoppa con il Liverpool giocata con la maschera…atalanta, Cremonese, Juventus (tanta, per 10 anni), Verona e Inter (di sfuggi-ta), la carriera di Luciano Bodini è stata lunga e longeva. Definito il “12esimo per eccellenza”, ha dovuto confrontar-si, in particolare alla Vecchia Signora, con grandissimi numero uno come Zoff e Tacconi. Per nulla intimidito, si è rita-gliato il suo spazio… Lo abbiamo in-contrato…

BuongiornoLuciano,allorapartiamodalperchéseidiventatounportiere…“Il mio babbo ha sempre giocato a cal-cio. In famiglia il calcio era di casa. Mio fratello mi spediva, da piccolo, in porta e calciava, così mi sono appassionato al ruolo del portiere”.

ecomeseientratonelcalciocheconta?“Fu sempre grazie al mio babbo. Mi por-tò, insieme a mio fratello, all’Atalanta. Loro volevano mio fratello, che giocava mezz’ala. Il mio babbo disse: ‘Se volete la mezz’ala, dovete prendervi anche il portiere’… Così è iniziato il tutto”.

Conl’atalantasubitoprotagonista…“Vero, a 17 anni andai in panchina in Serie A. Feci anche diverse partite, a causa dell’in-fortunio occorso al titolare Rigamonti”.

Quanto è stato importante andareall’atalanta(1974-77,ndr)?“Tanto, in realtà dovevo andare al Pe-rugia, da Castagner… Feci molto bene, volevo anche restare ma l’Atalanta mi rivolle indietro…”.

vato e poi avrebbe deciso. Alla fine giocò lui. Non era in forma ma era Tacconi…”.

Unafinale, quella dell’heysel, che èancoraunaferitaaperta…“un ricordo bruttissimo. Per tutta la gara ebbi mal di stomaco. Sembrava di essere in guerra, quando vedi dei morti in diretta non te lo puoi dimenticare. Non ho neanche esultato e non lo faccio neppure oggi”.

Torniamo alla Juventus di queglianni.achierapiùlegato?Checidicidiplatini?“Grande squadra, grande gruppo, era-vamo tutti amici. Sicuramente Scirea è quello che ho più nel cuore. Ci sentivamo sempre, è stata dura la sua scomparsa per me. Platini? Fuori dal comune. Nes-suna emozione in campo, faceva quello che voleva con il pallone. Ricordo che amava giocare anche a carte e, anche lì, era furbo. Solitamente eravamo io e Bodini contro lui e zoff. Anche a scopa era bravo…”.

dopo la Juventus, eccoVeronae,distrisciol’Inter…“A Verona sono stato un solo anno, all’In-ter ci volevo andare perché sono sempre stato interista. Mi spiace non aver gioca-to una partita, ma è stata comunque una bella esperienza”.

Cosanepensideiportieri italianidioggi?“Beh, Buffon è ancora una sicurezza ma, ai miei tempi, ce n’erano davvero tanti forti. zoff, Albertosi, lo stesso Pizzabal-la, davvero tanti. Speriamo nei nuovi, vediamo come andranno i vari Perin, Bardi, Scuffet…”.

Luciano,seguiancorailcalcio?pensimaiatornarci?“Solo da sportivo, da tifoso, non mi inte-ressa fare altro”.

Per il campo, abbiamo già dato…

e nel 1979 arriva la chiamata dellaJuventus…“Bortolotti mi disse che io, insieme ad altri, tra cui Tardelli, saremmo andati alla Juventus. Sapevo che sarei stato il 12esimo, ma anche che zoff non era più giovanissimo…”.

eppureZoff non ti ha lasciato tantospaziopermettertiinmostra…“(Ride) Mi ha fregato. Doveva ritirarsi ed invece è andato avanti fino a 40 anni…”.

CON L’ETERNO ZOFFBodini è stato un “12”di estremo valore...

escediscenaZoffmaentraTacconi…“Inizialmente non si sapeva chi sarebbe stato il titolare tra noi due. Il Trap mi parò molto in quel periodo, dicendomi che avrebbe capito se avessi lasciato la Juventus ma, onestamente, come facevo ad andarmene dalla Juventus? Così sono rimasto”.

etisei toltoanchedellebellesoddi-sfazioni,no?“Assolutamente… Mi ricordo con gran-de piacere la Supercoppa Europea con-tro il Liverpool. Fu bellissimo, giocai con la maschera perché avevo il naso rotto, ma fu bellissimo davvero. Bello anche il ricordo della semifinale di Coppa Cam-pioni contro il Bordeaux… Gara tirata, ricordo un gol salvato su conclusione di Tigana…”.

Siraccontacheavrestidovutogiocareanchelafinaledell’heysel…“Tacconi veniva da un periodo non esal-tante, il Trap mi disse che l’avrebbe pro-

“”platInI? FuorI dal comune.nessuna emozIone In campo, e col pallone Faceva

quello che voleva

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di Paolo BARDELLILIGASPAGNA

er me andare via è una grande sconfitta, non sono riuscito a trasmet-tere quello che volevo. Non sono riuscito a dare il 100% e a mettere sul

campo le idee che volevo. Lascio non per colpa di qualcuno, ma perché non riesco ad allenare la squadra come vorrei. Mi sento scarico”. Sono passati poco più di due anni da quando Luis Enrique ha pronunciato queste parole al momento di lasciare Roma, a rileggerle ora non sembra neppure di parlare dello stesso uomo che oggi con piglio da condottie-ro guida il Barcellona, guardando tutti dall’alto in basso. Molto è cambiato ma la sincerità è sempre la stessa, Luis En-rique non è tipo da inventare realtà di

comodo, non l’ha fatto a Roma e non lo fa ora che è tornato in casa blaugra-na. I fischi non lo spaventano e lui non si tira indietro quando c’è da fare una scelta impopolare. L’onestà intellettuale prima di tutto. a Roma non è riuscito a farsi capire, non ha avuto tempo e non era pronto, a Barcellona lo conoscono bene. Otto stagioni con addosso la ca-sacca blaugrana costellati da numerose vittorie, poi tre come allenatore della squadra B, conquistando uno storico terzo posto in Segunda Division. Ora il terzo atto, quello decisivo. Prima, però, ricostruiamo il percorso dell’asturiano, a cominciare dalla sua avventura romana.Correva l’anno 2011, il mondo del calcio era in piena luna di miele con Guardiola e il suo tiki-taka, come tutti i

marchi vincenti anche questo vanta(va) numerosi tentativi d’imitazione. L’ambi-ziosa proprietà giallorossa decise di legarsi a un tecnico giovane, con il DNA blaugrana e il titolo di erede designato di Pep. Le cose non sono andate come sperato, tante idee ma poca esperien-za, i pensieri di Luis Enrique si sono schiantati contro la realtà di una Serie A ,che non concede tempo per esperi-menti. Il possesso palla come religione, problemi difensivi e tanti giocatori spo-stati di ruolo. Al cospetto di una piazza vorace si presentò un allenatore che sembrava sbarcato da Marte, l’astu-riano scelse fin da subito la via dell’o-nestà. arma a doppio taglio, un paese abituato a frasi di circostanza e paro-le acchiappa-consenso. Inflessibile per quanto riguarda la disciplina nello spo-gliatoio, tanto da punire De Rossi per un ritardo di qualche minuto. Ma poi fu proprio lo stesso centrocampista uno dei suoi difensori più sinceri: “È l’allenatore più bravo che abbia avuto”, queste le parole del centrocampista. La strada verso una nuova Roma vincente è co-minciata proprio sotto la guida dell’a-

sturiano, tosto ma democratico, i gioca-tori ne hanno compreso le qualità senza tuttavia riuscire a capirlo a pieno. Stes-so discorso vale per la piazza, in molti chiedevano la testa dello spagnolo già a dicembre, la stima per l’uomo non è mai stata in discussione, semmai era evidente che Roma non fosse il posto per lui, tanto che i tifosi per esprimere vicinanza nei suoi confronti esposero lo striscione “más que un entrenador” sulla falsa riga del motto blaugrana. Loro avevano già capito tutto. Discreta la prima parte della stagione, con barlumi di bel gioco, all’aumentare della pres-sione Luis arrivò in parte a tradire se stesso con un atteggiamento più accor-to e fu quella la sua principale sconfit-ta, molto più di alcune discutibili scelte tattiche. In particolare ricordiamo José angel, esterno mancino dal profitto di-sastroso. Il giovane allenatore non le-sinò piccole e grandi rivoluzioni, come l’iPad per spiegare gli schemi o la pre-senza di Antonio Llorente, professione: mental coach. Le cose iniziarono male, eliminazione dall’Europa ad agosto, e finirono ancora peggio, settimo posto

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FIGLIOL PRODIGOLUIS ENRIQUE È TORNaTO a CaSa E STa RILaNCIaNDO IL BaRCELLONa, a SUON DI IDEE IN STILE BLaUgRaNa…

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IL NUOVO CONDOTTIERODopo il Tata Martino,

panchina adun’ex leggenda blaugrana

e conseguente mancata qualificazione europea. Doveva essere un “progetto”, termine che risuonava come un tormen-tone dalle parti di Trigoria in quei mesi, il matrimonio invece durò meno di un anno.Luis Enrique è rimasto segnato da que-sta esperienza e ha deciso di pren-dersi un anno sabbatico. Nell’estate 2013 il ritorno in panchina, al Celta Vigo. Ottimi i risultati alla guida dei galiziani, la squadra giocava un cal-cio meraviglioso e come premio arrivò una salvezza tranquilla. La chiamata del Barcellona quest’estate è arrivata come qualcosa di naturale, era scritto nel destino, ma servivano le condizioni ideali. I blaugrana, reduci dalla delu-dente esperienza Martino, volevano un volto noto: e chi meglio di un vecchio amico per riprendere il discorso inter-rotto? Luis ha fatto tesoro della lezione italiana e, a livello tattico, ha mostrato maggiore flessibilità. Il suo Barcellona è aggressivo, fa una densità che toglie il fiato agli avversari, difesa alta e rin-novata. Una delle scelte più clamorose fatte da Luis Enrique riguarda proprio

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LUIS ENRIqUE

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il pacchetto arretrato con l’esclusione di Piqué a favore di Mathieu, elemento vo-luto con fermezza dal tecnico e pagato profumatamente. Ha riportato Rafinha alla base dopo averlo allenato a Vigo, mossa che denota pure una maturata consapevolezza circa l’importanza di avere fedelissimi. Disciplina ferra, que-sta è rimasta la stessa, multe e sanzioni per indisciplinati e ritardatari. È solo uno dei punti di un vero e proprio va-demecum che, stando a quanto riporta la stampa spagnola, l’asturiano avreb-be imposto alla maniera del Mourinho di Madrid. Da sottolineare come tra le regole in questione ci sia anche un giro di vite per quanto riguarda l’uso dei so-

cial network: ognuno è responsabile di quello che condivide. Ciò che ne è derivato è un avvio da record, mai una squadra era stata in grado di vincere le prime quattro gare della stagione senza incassare gol. La fase difensiva è al centro del proget-to, ciò non vuol dire che Luis Enrique sia stato fulminato sulla via del catenaccio, ma è in non possesso che la sua squa-dra dà il meglio. maggiore la varietà di soluzioni tattiche, dopo tutto neppure Guardiola disdegna più il lancio lungo talvolta. Mettere in discussione pure Xavi è una prova di attributi, le scelte però non sono in discussione e il tecnico asturiano le difende con le unghie e con

i denti al cospetto dei giornalisti. “Che abbiano 34 o 20 anni i giocatori voglio-no essere sempre titolari, ma il giorno in cui lo farò giocare voi mi chiederete perché non giocano Iniesta o Rakitic. Il gioco del Barcellona è un po’ cambiato – spiega il mister - ma la filosofia è sem-pre la stessa, io ho impostato il modo di giocare in base alle caratteristiche di chi c’è”. Il rapporto con la stampa è teso, proprio per volontà dell’allenatore, che stavolta non aspetta le critiche ma at-tacca per primo. E pure questa scelta è figlia degli insegnamenti romani. È un Luis Enrique “post-ideologico” se, il tiki-taka senza se e senza ma è alle spalle. La forza delle idee però è la stessa.

Il futurodiLuissembraroseo,quellodikansasCity1927qualesarà?“Kansas vive. Di una vita sua che ormai prescinde da noi due, che però comunque siamo vivi, a scanso di equivoci. Abbiamo scritto dopo la vittoria sul Cska perché eravamo felici e perché avevamo il tempo di farlo, ma anche per-ché era una situazione inedita: non avevamo mai potuto scrivere di Champions su Kansas. È stato bello farlo, ed è stato bello leggersi tutti i commenti (non ne abbiamo mai saltato uno da quando esiste la pagina) il giorno dopo. Però rimane il fatto che abbiamo molto meno tempo da dedicare alla scrittura. Comunque scriveremo ancora, non sappiamo quando e come, ma sappiamo che quel momento lì in cui pubblichi la scheda e iniziano ad arrivare i primi commenti e capisci che anche stavolta in qualche modo sei arrivato a qualcuno, e l’hai fatto emozionare o più spesso semplicemente ridere e svagare per un quarto d’ora. Beh, quel momento lì è proprio bello”.

ansas City 1927 ha raccontato le ultime stagioni romaniste in modo scanzonato e romantico, una pagina Facebook che in breve si è trasformata in fenomeno e ha dato vita a un libro. Abbiamo raggiunto Simone Conti, che insieme a Diego Bian-

chi ha raccontato l’epopea dell’asturiano sulla panchina giallorossa.“Senza Luis, Kansas non sarebbe stata la stessa cosa. All’improvviso ci siamo ritrovati catapultati in un mondo di motivatori, ipad a bordocampo e terzini improbabili. Kansas City 1927 è nato senza dubbio per gioco, ma an-che per provare a sdrammatizzare quello che succedeva partita dopo partita, ci è sembrato l’unico modo per so-pravvivere alla stagione calcistica. A Luis abbiamo voluto bene. Fino alla fine. Ma forse non eravamo pronti noi, più probabilmente non era pronto lui, sicuramente c’era un grande scollamento tra la persona bella che ti faceva esse-re orgoglioso di avere in panchina uno così, e l’allenatore irrisolto che ti faceva disperare per le scelte di campo che spesso faceva. La revolucion è andata in porto con tre anni di differita, c’era un problema di delay sul segnale”.

pensichefosseropreventivabiliquestisuccessisullapanchinadelBarça?“Sì, era prevedibile, ma sicuramente non in questi tempi. Degli sprazzi di calcio bello ed efficace si erano visti an-che a Roma, quello che era mancato era la capacità di adattare le proprie convinzioni al materiale umano che si ha a disposizione. Dopo la Roma, davanti a Luis c’erano due strade: quella dell’intransigenza e quella dell’apertura mentale. La prima può farti diventare zeman, la seconda può anche farti diventare allenatore del Barcellona. Duran-te la stagione con il Celta Vigo ha riallineato l’intelligen-za dell’uomo (mai in dubbio, neanche a Roma) a quella dell’allenatore. Essersi dimostrato un manager in grado di gestire un gruppo e di portarlo ad ottenere buoni risultati è stato sufficiente per permettergli di accedere al bonus che lo aspettava. Quando parlo di bonus intendo che dopo la gestione Martino e la tragedia Vilanova, l’ambiente Barça aveva decisamente bisogno di un uomo figlio della tra-dizione blaugrana, e Luis si è trovato al posto giusto, nel momento giusto, dopo la stagione giusta. Ci sono pochi dubbi sul fatto che oltre al suo curriculum sia stata valutata anche la sua provenienza, ma questo non vuol dire che non possa dimostrarsi all’altezza della situazione e meritarsi pienamente ex post una panchina così prestigiosa”.

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STORIA DI UN LIBRO…CORTI SU LUIS ENRIQUE: “FORSE NON ERaVamO PRONTI NOI, PIù PROBaBILECHE NON FOSSE PRONTO LUI”…

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di Luca maneSpRemIeRLeaGUeINGHILTERRA

icchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile dare un giudizio defini-tivo sull’intenso, a tratti esaltante, in altre occa-sioni tragico 2014 del

Liverpool FC. L’anno che volge al ter-mine sarà infatti ricordato per la splen-dida rincorsa a quel titolo di campioni d’Inghilterra che manca addirittura dal 1990 (quando la Premier ancora non era stata fondata...), ma anche per l’i-naspettato crollo nel momento decisi-vo, segnato dalla beffa interna con il Chelsea e il rocambolesco pareggio al Selhurst Park. Impossibile non citare le trame eleganti, il bel gioco espresso dal team allenato dal nuovo idolo della kop Brendan Rodgers, l’esplosione de-

finitiva del guizzante Raheem Sterling e del neo-titolare dei Tre Leoni Jordan Henderson, il fiuto del goal di Dean Sturridge, ma è altresì difficile scordar-si del doloroso addio a Luis Suarez, di un mercato estivo che ha sollevato più di una perplessità (con mario Balotelli subito sul banco degli imputati) e una difesa che continua a rappresentare il tallone d’Achille della squadra. Fuori dal campo di gioco sono arrivate no-tizie incoraggianti: nei primi mesi del 2015 inizieranno i lavori di espansione dell’anfield Road, in particolare della stagionata main Stand. In realtà alle spalle della tribuna è già stata demo-lita la fila di case sulla Lothair Road, e altre abitazioni saranno presto buttate giù nelle altre due vie nei pressi della

Main Stand. L’investimento è di quelli importanti: 260 milioni di sterline (oltre 300 milioni di euro), ma entro la sta-gione 2016-17 si conta di portare la capienza totale dell’arena da 45.500 a 58.500 posti. Un po’ quanto succes-so all’arsenal, con il passaggio da Hi-ghbury ad Ashburton Groves (ovvero all’Emirates Stadium), con la differenza che i Reds potranno continuare a gioca-re nel loro tempio rimodernato.

La proprietà a stelle e strisce sta quindi cercando di riportare il Liverpool sulla vetta del football inglese e continen-tale. Di certo la partecipazione alla Champions League dopo cinque lunghi (e frustranti) anni di assenza è un se-gnale confortante. Meno confortanti

sono le prestazioni del primo segmento di 2014-15. Inutile girarci intorno: l’as-senza del “pistolero” uruguayano si fa sentire, eccome. Mancano i goal (31 in tutto il 2013-14), ma anche la sua ca-pacità di scardinare le difese avversarie e di duettare con Sturridge e Sterling. La scommessa Balotelli per ora non si è rivelata vincente e già si parla – forse in maniera un po’ prematura – di acqui-sti nella sessione invernale del mercato. Non che l’enfant du pays Rickie Lam-bert (centravanti vecchio stampo, mol-to grintoso ma non certo con piedi da fuoriclasse) e i difensori Dejan Lovren, Javi Manquillo e Alberto Moreno, ab-biano troppo impressionato i fedelissimi della kop e gli addetti ai lavori. met-teteci pure uno Steven Gerrard che va per i 35 e un Coutinho meno scintillante rispetto al passato e capirete perché i Reds sono già troppo lontani dal vertice della Premier e stanno palesando alcune inattese difficoltà in Champions League, nonostante un girone molto abbordabile.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pie-no, però, c’è da tessere le lodi di quello

che, nella nostra umile opinione, è uno dei più fulgidi talenti espressi dal calcio inglese – ed europeo – negli ultimi anni: Adam Lallana. Superato l’infortunio che lo ha tormentato nelle prime settimane della nuova campagna, il buon Adam ha dimostrato di valere i 25 milioni di euro pagati per assicurarsi i suoi servi-gi. Comunque è costato meno di Luke Shaw, che per il momento non si sta di-mostrando all’altezza del suo ex com-pagno al Southampton.

Lallana sarebbe sicuramente piaciuto a un fine intenditore come Bill Shankly. Il manager scozzese senza il quale l’epo-pea del Liverpool non avrebbe mai visto la luce. Colui che prese i Reds nei bassi-fondi della Seconda Divisione e nel cor-so di pochi anni li condusse nell’olimpo del calcio mondiale. Nel caso dell’al-lenatore più amato dai tifosi dei Reds le statistiche non dicono tutto. Tra i suoi pari è quello che ha incamerato meno trofei, “solo” sei (tre campionati, due FA Cup e una Coppa Uefa), ma nei suoi tre lustri ad anfield Road aveva semi-nato talmente bene che i suoi successori

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GIOSTRA REDS2014, UN aNNO STRaNO PER UN CLUB STORICO.IL LIVERPOOL SI INTERROga…

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LIVERPOOL ALLA SBARRAAlti e bassi per uno dei

club più amati d’Inghilterra

(ed ex collaboratori) Bob Paisley e Joe Fagan hanno raccolto una cornucopia di frutti, tra cui le quattro Coppe dei Campioni fra il 1977 e il 1984.

In queste settimane è uscito in Italia, edi-to dalla casa Editrice Il Saggiatore, Red or Dead, libro che narra le imprese di Shankly alla guida del Liverpool. Autore dell’opera l’affermato scrittore inglese David Peace, che, dopo il fortunato Il Ma-ledetto united, si è di nuovo cimentato con il tema calcistico. Con un pizzico di succes-so in meno, o almeno noi abbiamo prefe-rito il racconto dei catastrofici 44 giorni trascorsi da Brian Clough alla guida del Leeds United a metà degli anni Settanta.

Nella sua ultima fatica Peace trasmette però al meglio la sensazione di quanto Shankly fosse adorato dalla metà rossa di Liverpool, che lo venera ancor oggi come una divinità, e come lo scozzese ritenesse a sua volta la kop, quella con solo posti in piedi e niente seggiolini, un luogo sacro. Ma leggendo le pagine di Read or Dead, si capisce anche come il grande Bill sia stato l’allenatore che più

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BRENDAN RODGERS

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di ogni altro aveva cercato di applicare il socialismo al football. “Nessuno è più importante del team, non esistono pri-me donne e solo aiutandosi tra di loro i giocatori possono raggiungere i risultati sperati”. La base della filosofia calcistica di Shankly viene citata spesso nelle oltre 700 pagine del libro, per buona metà incentrato sulle 15 stagioni passate dallo scozzese ad anfield Road. Proprio que-sta prima parte, però, è la meno convin-cente di Read or Dead. Quasi ossessivo il resoconto degli infiniti match giocati dai ragazzi in rosso, tra elenco dei marcato-ri, risultati e presenze allo stadio, infra-mezzati dalla descrizione, anche quella tremendamente ripetitiva, della routine quotidiana di Shankly. L’idea di rendere, così facendo, la meticolosità del perso-naggio poteva essere anche apprezza-bile, ma la nostra impressione è che Pea-ce si sia fatto prendere troppo la mano. Certo, non mancano gli aneddoti, come quando a Leeds Shankly fece salire sul pullman della squadra un gruppo di tifosi in trasferta, oppure quando tenne il discorso alla squadra prima

di una celebre sfida con il manchester United, usando gli omini del Subbuteo per indicare la “santa trinità” Law-Best-Charlton. Qua e là compaiono le frasi taglienti che tanto hanno contribuito a creare il personaggio (“se sei primo sei primo, se sei secondo non sei nulla”), ma la netta impressione è che Peace voglia soprattutto mettere più in evidenza la bontà d’animo di Shankly. “Dopo tan-ti personaggi negativi”, ha ammesso lo stesso autore, “volevo raccontare la sto-ria di una brava persona”.

Per questo è l’ultimo segmento di Red or Dead ad apparire più riuscito. Splendi-do, a tratti commovente è il suo duetto in radio con l’ex primo ministro laburista Harold Wilson, a parlare di football e politica, di quel socialista ante-litteram che rispondeva al nome del sommo po-eta Robert Burns e di quando anche Shankly, a soli 14 anni, si immergeva nelle viscere di Glenbuck per guada-gnare la paga giornaliera che spettava ai minatori. Anch’egli, come i suoi conna-zionali e illustri colleghi Jock Stein e Matt Busby, iniziò il percorso lavorativo picco-

nando le rocce per cavarne carbone. Ma gli anni della pensione per il gran-de Bill sono anche pieni di delusioni e rimpianti. Rimpianti per non aver dedi-cato più tempo alla famiglia, delusioni per come lo aveva trattato (male) dopo il ritiro il Liverpool e per la brutta china che stava prendendo il suo amato foot-ball, soprattutto perché c’erano troppi soldi in giro. Stava iniziando il distacco, lo scollamento tra i calciatori, figli del-la working class, e la loro stessa fascia sociale di provenienza, ora, in piena epoca di corporate football divenuto irreversibile. La sua consolazione erano i tifosi. Rispondeva sempre alle lettere, ai messaggi che gli scrivevano. Non ri-nunciava mai a scambiare due parole di persona con i supporter dei Reds che nel settembre del 2013, il mese in cui Shankly, se fosse stato ancora vivo, avrebbe compiuto 100 anni, lo hanno ricordato con una splendida coreogra-fia che ha coinvolto tutta la kop e con uno striscione che dice tutto: “ha reso fe-lice la sua gente”. Ora spetta a Rodgers provare a imitarlo, aprendo un nuovo ciclo di trionfi in patria e in Europa.

sioni hanno ridotto al minimo sindacale l’entusiasmo e la fiducia dei supporter dei Tre Leoni, però va anche detto che specialmente nel caso del girone di accesso a Euro 2016 la formula (le prime due passano automaticamen-te) non ha certo aiutato. Vincendo in Svizzera l’Inghilterra si è già aggiudicata metà del biglietto per la fase finale della competizione. Oltre Manica qualcuno si chiede se non sarebbe stato meglio giocarli altrove gli incontri di qualificazione, specialmente quelli contro le squadre più deboli. Certo, sarebbe stata una buona occasione per riempire un impianto in cui casomai la nazionale aveva giocato solo durante gli anni della ricostruzione di Wem-bley. Ma proprio qui sta il punto. Il nuovo stadio è costato così tanto (oltre 750 milioni di sterline) che va sfruttato quanto più possibile. Quindi non solo finali di Coppa, ma anche semifinali e atti decisivi dei play off. E già si parla di farci giocare un team londinese. No, non ci riferiamo né al Chelsea né al Tottenham, ma a una possibile franchigia di football americano da aggiungere a quelle della NFL...

opo il fallimento Mondiale forse c’era da aspettarselo: i tifosi inglesi hanno in-cominciato a disertare Wembley (posti a sedere, ben 90.000). Per il match con-tro la Norvegia erano in 40mila, contro San Marino 55mila. Entrambi sono record

negativi (il primo per un’amichevole, il secondo per una partita di qualificazione a una competizione internazio-nale). C’è di che preoccuparsi? Sì, ma non tantissimo. È vero che decenni di clamorosi insuccessi e cocenti delu-

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WemBLeY,ADDIO FASCINOPUò CONTENERE 90.000 PERSONE, ma SPESSO È mEZZO VUOTO…

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di Flavio SIRNABUNDESLIGAGeRmanIa

ltre ai molti big, spar-si tra le rose delle solite potenze che rispondo-no al nome di Bayern, Dortmund e Bayer, la Bundesliga 2014-2015

ha il pregio di essere la vetrina perfetta anche per molti giovani interessanti che hanno tutte le carte in regola per poter presto indossare maglie più prestigiose (con tutto il rispetto per i loro attuali club). In questa carrellata ci soffermiamo su al-cuni di questi diamanti grezzi, già pronti a lasciare il segno. Ecco poi c’è anche da parlare di un “giovane” di nome Di Mat-teo, fresco di nuova nomina…

hakanCalhanoglu (Bayer Leverkusen, classe 1994) - Cresciuto nelle giovanili

del karlsruhe, ha cominciato a far in-travedere le sue qualità con la maglia dell’Amburgo (casacca con la quale ver-rà ricordato per una conclusione-goal da distanza siderale). Quest’estate le Aspirine lo hanno acquistato dagli ansea-tici per circa 15 milioni di euro. E l’inizio di stagione del ragazzo sembra valere l’investimento: centrocampista sopraffino (soprattutto trequartista), Calhanoglu ha la capacità di utilizzare entrambi i piedi. Ne sa qualcosa il Benfica, trafitto da un suo splendido calcio di punizione in Cham-pions League. Numeri d’alta scuola per un giocatore che pare un predestinato…

antonio Rudiger (Stoccarda, classe 1993) - Cresciuto nelle giovanili del Dortmund, è arrivato allo Stoccarda nel

febbraio del 2011. Dopo un periodo di trafila nella squadra Under 19 ed in quella B, ha fatto il suo esordio in Bunde-sliga nel 2012. Da quel momento in poi ha cominciato a scalare posizioni all’in-terno della rosa, sino a collezionare 30 presenze (2 goal) nella stagione 2013-2014. Possente fisicamente (191 cm di altezza), Rudiger è un difensore centrale che possiede anche una discreta velocità nel movimento ed un ottimo stacco di te-

sta, che ne fa un pericolo costante anche in fase offensiva (sui corner). Di lui si è accorto anche Low, che lo ha convoca-to per la prima volta in Nazionale nel maggio del 2014 e gli ha consegnato una maglia da titolare contro l’Irlanda.

Lucas piazon (Eintracht Francoforte, classe 1994) - acquistato nel 2012 dal Chelsea per 7,5 milioni di euro, il ragaz-zo di San Paolo è stato considerato per qualche tempo l’erede di kakà. Con la maglia Blues non riesce a sfondare, an-che perché i vari allenatori londinesi non gli danno la fiducia che (forse) merite-rebbe. Comincia così il suo pellegrinag-gio che lo ha portato prima al Malaga e poi al Vitesse, dove comincia finalmente a fare vedere di che pasta è fatto, met-tendo a segno 12 goal nella sua prima ed unica stagione orange. Le sue presta-zioni stuzzicano l’Eintracht, che lo prende in prestito dal Chelsea. Trequartista di nascita, visto il suo piede sensibile e la sua buona capacità sia di servire i com-pagni che di concludere (ne sa qualcosa l’Amburgo, vittima di una sua incredibile punizione), Piazon appare in grado di

potersi ben destreggiare anche come ala sinistra. Dovesse dimostrare final-mente di essere definitivamente matu-rato, nella prossima stagione Mourinho, che di giocatori come lui avrebbe biso-gno per il suo 4-2-3-1, gli permetterà di fare ritorno in Premier League.

Leon Goretzka (Schalke 04, classe 1995) - Nonostante Julian Draxler in-dossi ancora la maglia della compagine di Gelsenkirchen, in molti lo considera-no, in quanto a talento, l’erede del forte esterno teutonico. Più possente dal pun-to di vista fisico, appare maggiormen-te adatto ad occupare una posizione centrale o come centrocampista o come trequartista (Draxler può invece fungere anche da esterno d’attacco). Dopo aver collezionato 30 presenze e 4 goal nel 2013-2014, quest’anno è stato fermato da un problema muscolare (strappo). Di Matteo, nuovo allenatore dello Schalke 04, potrà averlo nuovamente a dispo-sizione tra un po’ di tempo e, siamo si-curi, saprà valorizzarlo nel migliore dei modi. Di lui si è accorto anche Low, che lo ha convocato in Nazionale lo scorso

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LARGO AI GIOVANINESSUN CamPIONaTO È COmE La BUNDES: QUI I TaLENTI HaNNO mODO DI CRESCERE E DIVENTaRE CamPIONI VERI…

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FORZA DI OSAREIn Germania non c’è

la paura di lanciare lepromesse del futuro...

maggio. Il talento è tutto lì da vedere e, carta d’identità alla mano, l’impressione è che di questo ragazzotto sentiremo parlare ancora a lungo. Il meglio deve ancora arrivare…

Thorgan hazard (Borussia monchen-gladbach, classe 1993) - Due anni in meno rispetto al celebre fratello Eden, nel 2012 è stato acquistato insieme a lui dal Chelsea. a differenza del fratello, costato 40 milioni di euro e subito pro-tagonista, è stato mandato in Belgio a farsi le ossa con la maglia dello Zulte Waregem, dove ha collezionato 70 pre-senze e 12 goal. Nonostante questo il Chelsea decide di mandarlo a giocare nuovamente in prestito in un campiona-to maggiormente competitivo come la Bundesliga. Principalmente trequartista, dotato di un buon tiro, Thorgan è comun-que capace come Eden di poter gioca-re anche come esterno nel 4-2-3-1. Le sue prestazioni vengono monitorate dai Blues. Ha cominciato bene la stagione, soprattutto in Europa League, dove ha messo a segno tre reti in due partite. Do-vesse continuare su questo filone, non è

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ROBERTO DI MATTEO

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da escludere che Mourinho la prossima estate possa realizzare il suo sogno, os-sia quello di giocare titolare in una big insieme al fratello. Ovviamente tutto di-penderà dalle sue prestazioni in casac-ca monchengladbach…

E intanto c’è un “giovane”, in questo caso allenatore, che è tornato in auge. Stiamo parlando di Robertodimatteo. Aveva-mo lasciato il 44enne tecnico italiano fresco di esonero. Dopo aver centrato, nella sorpresa generale, la Champions League con il Chelsea (2011/12), Di Matteo, qualche mese più tardi, era sta-to sollevato dall’incarino, complice una sonora sconfitta, proprio in Champions, contro la Juventus. Due anni più tardi, più o meno, il buon Di Matteo si è rifatto vivo. Ancora il blu come colore dominan-te ma questa volta di stampo tedesco. Si è preso lo Schalke 04. Un rimpiazzo di keller? No, tutt’altro. Un contratto fino al 2017, per portare avanti un progetto importante con il club di Gelsenkirchen. Una sfida ambiziosa che Di matteo ha accettato con entusiasmo. I primi risultati gli hanno dato ragione. Di lui si dice che

paghi un carattere troppo docile, forse la verità non è proprio questa… In tanti hanno ritenuto che l’exploit con il Chel-sea sia stato una casualità. al timone dello Schalke 04, Di matteo vuole dimo-strare che, invece, ha le doti per essere un allenatore di prima fascia… La rosa a disposizione non è da applausi, anche se Huntelaar, Boateng, Draxler, tan-to per fare qualche esempio, non sono nomi proprio sconosciuti (si vocifera che potrebbe anche arrivare un certo Torres, ora al Milan ma vecchia conoscenza di Di Matteo ai tempi dell’esperienza ai Blues). giocatori a parte, l’impressione è che la Bundes sia il luogo perfetto per il nativo di Sciaffusa. In Germania ap-prezzano i tecnici veri, quelli che hanno lo sguardo fiero e sanno prendersi le proprie responsabilità. Come se non ba-stasse, siamo di fronte ad una persona sincera, di quelle che non sanno mentire. Lo abbiamo aspettato per ben due anni ma ora ce lo godiamo, nella speranza che possa zittire tutti i critici. Chissà che ne pensa abramovich…

C’è purtroppo anche chi, nonostante

sia giovane, deve fare i conti con una sfortuna nerissima. Stiamo parlando di Thiago Alcantara. Dopo aver avuto grossi problemi fisici lo scorso anno, il talento 23enne del Bayern monaco si è fatto male nuovamente e, questa volta, in maniera decisamente grave: rottu-ra parziale del legamento collaterale mediale del ginocchio destro. Di fatto, stagione compromessa… Una mazzata per lo spagnolo che, dopo aver dovu-to saltare il Mondiale, si è fermato due giorni dopo aver ripreso ad allenarsi con i compagni: “Sono deluso e dispera-to, perché sempre io? Ma non mollo e mi batterò di nuovo…”, il commento, strug-gente, dello stesso Thiago alcantara… La speranza del Bayern e del mondo del calcio in generale è che la sfortuna smet-ta di accanirsi contro un talento purissimo che, con la casacca del Barcellona, ave-va incantato tutti, tanto da convincere i bavaresi a mettere sulla bilancia 20 mi-lioni (più bonus) per portarlo a Monaco. Dalla sua la giovane età, un motivo in più per non farsi abbattere. Per il tecnico Guardiola una perdita dolorosa. Il Pep ha voluto personalmente lo spagnolo…

Tali risultati negativi non possono sicuramente essere spie-gati solamente dall’appagamento e dall’addio di ele-menti di personalità come Lahm e mertesacker. Come ha spiegato uno dei leader del gruppo, Toni kroos, i ragazzi di Low sono forse un po’ troppo sicuri dei loro (tanti) pregi, da pensare che non sarà per forza necessario mettere tut-to quello che hanno in campo per arrivare ad un risultato positivo. A parziale scusante c’è da sottolineare come Low stia anche cercando di far inserire negli oleati meccanismi della squadra nuovi giocatori. Contro l’Irlanda per esem-pio c’erano in campo i due gialloneri Ginter (centrocampi-sta centrale) e Durm (terzino), Draxler (che a poco a poco diventerà, siamo sicuri, un nuovo titolare), il possente Rudi-ger e il naturalizzato Bellarabi. Per molti addetti ai lavori non c’è quindi motivo di preoccuparsi. È certo però che nelle prossime uscite, oltre ai goal, ci vorranno prestazioni come si deve per poter nuovamente ripartire. Il titolo di Campione del mondo impone ai teutonici di non sbagliare più. Tutti lo sanno, dal Ct ai giocatori…

opo aver fatto festa per il Mondiale con-quistato meritatamente in Brasile nel luglio del 2014, la nazionale tedesca si è ritro-vata nel mese di agosto per preparare le qualificazioni ad Euro 2016. Le cose però non stanno andando come previsto. Se fa

poco testo l’amichevole persa in casa per 4-2 contro l’ar-gentina, non era sicuramente in programma lo stentato avvio nei match ufficiali. Vittoria a fatica contro la Scozia, sconfitta in Polonia e pareggio casalingo contro l’Irlanda.

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e il tuo soprannome è “El Loco” qualcosa di stra-vagante, per lo meno, l’avrai pur fatta. Nel caso specifico del “Loco” Bielsa, ben più di qualco-

sa. Nato a Rosario il 21 luglio del 1955, marcelo Bielsa ha avuto la sua prima panchina nel 1990 e, in ventiquattro anni di carriera è riuscito in un qualcosa che raramente riesce ad un allenatore, vale a dire ottenere una tifoseria pro-pria, un nutrito gruppo di appassionati di calcio che continua a seguirlo e a tifa-re per lui e per le squadre che, di volta in volta, dirige.Perché Bielsa è “loco” sì, ma è anche – e soprattutto – bravo. Bravo, schiet-to, moderno e diretto: insomma, uno di

quei personaggi che fa soltanto bene al mondo del calcio. A Marsiglia, in po-chi mesi, hanno imparato ad amarlo e non soltanto per gli ottimi risultati raccol-ti alla guida dell’OM, ma anche per la sua bizzarra verve comunicativa e per i curiosi siparietti inscenati dentro e fuo-ri dal terreno di gioco. Un personaggio unico ma anche, dicevamo, un allenato-re brillante. Le sue squadre non sempre vincono, ma comunque divertono. E, so-prattutto, mai deludono. Al ‘Velodrome’ impazziscono per lui, i tifosi dell’OM tor-nano a sognare il titolo numero 10, re-putato un’utopia fino a qualche mese fa. E la Francia tutta, ma non solo, si gode il gioco di Gignac e compagni, ma anche i singolari exploit del ‘Loco’ che impaz-zano sul web.

Vivere da vicino Bielsa è un qualcosa di unico. Così lo hanno raccontato in tanti, la maggior parte di coloro i quali sono stati allenati da lui. “Bielsa mi ha spie-gato come vivere il calcio”, una frase che rimane scolpita nella memoria spe-cialmente se a pronunciarla è uno come Javier Zanetti, che sul tema ‘Come vivere il calcio’ potrebbe tenere convegni ed organizzare corsi di formazione. Dedi-zione maniacale al lavoro, metodi non sempre usuali ma efficaci, rispetto per tutti e un pizzico di scaramanzia, che non guasta mai. Il “Loco” è anche, ma non solo questo. Emiliano Gabrielli, tifo-sissimo dell’ahtleic Bilbao e Presidente della Peña Leones Italianos – il fans club dedicato al club basco – ci racconta il Bielsa conosciuto durante l’avventura a Bilbao. “Ho avuto la fortuna di conosce-re Bielsa personalmente in occasione di una trasferta a Lione e quell’incontro fu particolarmente significativo. Gli dissi di essere onorato di conoscerlo e lui mi ri-spose che, al contrario, si sentiva onorato di conoscere dei tifosi capaci di arrivare dall’Italia pur di assistere ad una parti-ta del Bilbao”. Umile, Bielsa, come pochi

nel calcio moderno. Durante la sua av-ventura alla guida dei ‘Leones’, durata dall’estate 2011 al giugno del 2013, fece sognare il popolo del ‘San Mames’, sfiorando persino la vittoria dell’Europa League, persa in finale contro l’atletico madrid di un incontenibile Radamel Fal-cao. Nella prima delle sue due stagioni in terra basca, Bielsa centrò anche la finale di Coppa del Re, anch’essa per-sa contro il Real madrid. “In quegli anni però – ricorda gabrielli – era sempre un piacere veder giocare quella squadra. Non vincemmo niente (l’Athletic arrivò 10° nella stagione 2011-2012 e 12° in quella successiva, ndr), ma abbiamo visto un calcio esaltante, divertente, propositi-vo. E poi Bielsa ha sempre trovato il modo per interessarci, per appassionarci ancor di più”. Parole che lasciano trasparire lo splendido ricordo lasciato dal ‘Loco’. Sin dall’inizio, a Bilbao, Bielsa si fece infat-ti notare per scrupolosità e attenzione, ma anche per la correttezza e l’estremo rigore morale. Il presidente dell’Inter, Massimo Moratti, raccontò di essere sta-to vicinissimo ad ingaggiarlo nell’estate del 2011, salvo poi incassare il ‘no’ del

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tecnico. In seguito, alcuni rumors circo-lati in Italia, attribuivano all’allenatore argentino una presunta ammissione di pentimento. Emiliano Gabrielli, però, ci tiene a ribadire che “Bielsa non ha mai ammesso pubblicamente di essersi pentito di aver scelto il Bilbao anziché l’Inter. Piut-tosto, in occasione della conferenza stam-pa di presentazione, dichiarò di non aver nemmeno valutato né ascoltato, la propo-sta ricevuta da Moratti, poiché aveva già dato la sua parola all’Athletic e non sa-rebbe certo tornato sui propri passi. Nes-sun pentimento, poi, nonostante quanto si scrisse in Italia”. E risulta facile creder-lo poiché uno come Bielsa difficilmente prende una decisione senza ponderarla in tutti i suoi aspetti e, di conseguenza, difficilmente arriva a pentirsi. Scrupoloso, Bielsa, a livelli più che mou-rinhiani. Storico fu il suo discorso tenuto in occasione della conferenza stampa di presentazione della candidatura alla presidenza del club da parte di Urrutia. Il ‘Loco’, che sarebbe appunto divenuto l’allenatore soltanto in caso di elezione di Urrutia, prese la parola per presen-tarsi e, a sorpresa, non si lasciò andare

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ai classici proclami o alle solite banalità. “Tutt’altro – ricorda sorridendo gabrielli – Quel giorno, quando tutti si attendeva-no una semplice presentazione del pro-getto sportivo, Bielsa iniziò a sciorinare i dati di ogni singolo giocatore del Bilbao, partita dopo partita, spiegandone pregi e difetti e sbilanciandosi già su coloro i quali sarebbero stati utili alla causa, se-condo il suo modo di intendere il calcio”. Un atteggiamento che colpì tutti, tifosi e addetti ai lavori. E che, secondo qualcu-no, diede un contributo non indifferente alla schiacciante vittoria di Urrutia.Nel curriculum di Bielsa, oltre ai tre cam-pionati vinti in argentina (2 col Newell’s ed 1 col Velez) fa bella mostra di sé la medaglia d’oro conquistata alle Olim-piadi di atene del 2004, sicuramente il punto più alto della carriera del tecnico . Ma il “Maestro” – così lo definiscono molti dei suoi fans – è riuscito nella gran-de impresa di lasciare il segno anche laddove non ha raccolto trofei. La sua avventura come commissario tecnico del Cile, ad esempio, fu tutt’altro che ba-nale. Chiamato a dirigere ‘La Roja’ nel 2007, la trascinò con un girone elimina-

torio praticamente perfetto ai Mondiali sudafricani del 2010, dove la Naziona-le cilena si arrese soltanto al cospetto del Brasile agli ottavi di finale. anche in quella occasione, però, Bielsa non si smentì e, fedele al proprio credo, schie-rò anche in quell’occasione una squa-dra iper-offensiva con quattro giocatori d’attacco. Il Cile perse, ma i cileni riem-pirono d’orgoglio il loro petto. Prima dell’esaltante esperienza a Bil-bao, Bielsa aveva già assaporato il cal-cio spagnolo, ma non abbastanza per poter tracciare un bilancio. Chiamato alla guida dell’Espanyol nell’estate del 1998, infatti, Bielsa si dimise in fretta e furia per rispondere alla chiamata dell’argentina che, finita l’era Passarel-la, decise di affidare a lui la panchina della Selección. Ma durante la sua bre-ve permanenza in Catalogna, tuttavia, Bielsa riuscì a far parlare di sé anche in Italia: in occasione di un’amichevole disputata a San Benedetto del Tronto contro la Juventus, infatti, mister Lippi non gradì il gioco duro dei catalani, ma Bielsa gli rispose per le rime, dando vita ad un vero e proprio battibecco. Quel

giorno, la Juventus uscì dal campo scon-fitta e Del Piero, dopo appena 35 minuti di gioco, si fece espellere scalciando un avversario perché stufo di essere costan-temente vittima di contrasti duri durante un’amichevole d’agosto. Ma Lippi non fu l’unico allenatore italiano col quale Bielsa si scontrò a muso duro: nel 2008, infatti, al termine di una partita tra il suo Cile e l’Italia olimpica di Casiraghi, vin-ta per 1-0 dagli Azzurri, piuttosto che fare i complimenti al selezionatore ita-liano, Bielsa lo rimbrottò in diretta tv con un inequivocabile: “Pelotazos al nueve, por arriba...eso no es jugar” e cioè “Palla all’attaccante e via, questo non è gioca-re a calcio”. Inusuale, starete pensando. Beh, non più di un allenatore che – per avere una visuale più ampia del campo d’allenamento – era solito seguire la se-duta arrampicandosi su un albero posto all’altezza del centrocampo. Sì, sempre lui, un giovane Bielsa alla guida del Newell’s Old Boys, da immaginare acco-vacciato su un tronco con tanto di penna e taccuino a seguito. Perché se il tuo so-prannome è “El Loco” qualcosa di stra-vagante, per lo meno, l’avrai pur fatta.

del derby con la Real Sociedad li posizionò sulla panchina. Il Bilbao vinse e lui ripeté quel rito altre volte”. Anche a marsiglia, sebbene in pochi mesi di militanza, Bielsa si è fatto notare a più riprese in seguito a comportamen-ti decisamente curiosi. Come ad esempio bere un caffè in panchina, proprio nel bel mezzo del match. Oppure, come accaduto in occasione del match contro il Tolosa, al-zarsi per dare delle disposizioni ai propri giocatori per poi risedersi proprio sul caffè posizionato frattanto lì da uno dei suoi assistenti. Lì dove? Beh, uno come Bielsa può accontentarsi di star seduto in panchina? Ovviamente no. Il ‘Loco’ segue le partite del suo OM ‘comodamente’ se-duto su una cassetta solitamente adibita al trasporto del-le bevande energetiche. Scelta che, in maniera virale, ha scatenato l’ilarità dei tifosi dell’Om. alcuni di loro, pur di emulare il loro nuovo mito, hanno assistito alle partite della loro squadra del cuore davanti alla tv seduti su cassette identiche, pubblicando poi le simpatiche foto sui social net-work. Che dire? Se non è Bielsa-mania, poco ci manca...

ra le peculiarità di marcelo Bielsa ruolo sicuramente importante ricopre l’aspet-to scaramantico del suo carattere. Come molti ‘latini’, infatti, l’allenatore nato e cresciuto a Rosario porta con sé dei picco-li riti, gesti che se coincidenti con risultati

positivi, il tecnico è solito ripetere ad oltranza. “Durante la sua militanza a Bilbao – ci racconta il n°1 del fan club dell’athletic Bilbao in Italia, Emiliano gabrielli - ricevette delle immaginette sacre da alcune suore alle quali aveva fatto una donazione: qualche giorno dopo, in occasione

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IL TIFO RaCCONTaphoToGaLLeRY / IL TIFO RACCONTA

di Thomas SACCANI

l bello del calcio è spesso raccolto in pochi attimi. Riuscire a fotografarli è un’arte e, soprattutto, il modo migliore per raccon-tare ciò che accade. Nulla avrebbe senso senza la presenza del pubblico. I tifosi sono l’essenza stessa del mondo del pallone, doveroso un tributo per raccontarne la vera passione…

IL CaLCIO DEI TIFOSII

STRISCIONE DELLA CURVA NORD gENOa-Sampdoria 28.9.14 Serie a STRISCIONI PER TOTTI ROma-Hellas Verona 27.9.14 Serie a

STRISCIONE ITaLIa-azerbaigian 10.10.14 Qualif. Europeo 2016

STRISCIONI PER TOTTI ROma-Hellas Verona 27.9.14 Serie a

STENDARDO PER INZAGHI mILaN-Juventus 20.9.14 Serie aSTRISCIONE DELLA CURVA SUD SamPDORIa-Roma 25.10.14 Serie a

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STRISCIONE DELLA CURVA NORD LaZIO-Torino 26.10.14 Serie a

COREOGRAFIA JUVENTUS-Roma 5.10.14 Serie a

COREOGRAFIA CURVA FIESOLE FIORENTINa-Inter 5.10.14 Serie a

SPETTACOLO CURVA NORD INTER-Napoli 19.10.14 Serie a

COREOGRAFIA CURVA SUD ROma-Bayern monaco 21.10.14 Champions League

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Abbiamo trovato su Instagram anche il

mister del Real Madrid in versione turista! A Madrid? Assolutamente no:

Toledo!

Rimanendo in casa viola, ecco i due colombiani italiani: Cuadrado e guarin dell’Inter in trasferta con la Nazionale colombiana a New York.

Il trio svizzero con trascorsi in squadre italiane in ritiro du-

rante le qualificazioni europee. Berhami

adesso all’Amburgo, Seferovic anche lui in

Germania all’Eintracht Francoforte e l’unico

superstite in Italia, Inler del Napoli.

Reduce dal brutto infortunio che gli ha fatto saltare i mondiali brasiliani, ecco una bella imma-gine del campione colombiano Falcao all’interno dello spogliatoio della sua nuova squadra: il manchester United.

Un bel ritratto del campione inglese

insieme al proprie-tario del PSG, lo

sceicco Al-Thani, e al difensore brasiliano

Thiago Silva

All’esordio nella sua nuova esperienza indiana, un ritratto personale e divertito del campione, ex Juventus, alexDel Piero

Il passato e il presente della Fiorentina. Il

campione e bomber argentino Batistuta im-

pegnato in una gara di golf con il centro-

campista spagnolo in forza alla squadra viola Borja Valero.

Un bel quadretto quello presente nella foto dell’ex velina Federica Nargi, com-pagna di Alessandro Matri, qui con un po’ di amici, tra i quali si riconosce l’ex cen-trocampista di Milan, Fiorentina e Lazio Christian Brocchi.

Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb

ANCELOTTI CUADRADO

BECKHAM DEL PIERO

BERHAMI FALCAO

BORJA VALERO NARGI

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Emergenza alimentare Italia18a giornata nazionale della

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LE STELLE DEL CALCIO EUROPEO

TUTTE DA COLLEZIONARE!

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