calcio 2000 n.208

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foto Agenzia Aldo Liverani BAD BOY A CHI ? ESCLUSIVA Mauro ICARDI Mensile | APRILE 2015 | N. 208 | Italia | Euro 3,90 Esclusiva Nicolás BURDISSO Esclusiva Letterio PINO U lisse SAVINI Speciale VIAREGGIO 2015 Speciale MAJOR LEAGUE SOCCER “IL GENOA TI POTENZIA” AGENTI IN CRESCITA TALENTI DA SEGUIRE LA NUOVA MECCA Calcio 2 OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

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MAURO ICARDI: Il ragazzo dell'hummer... NICOLÁS BURDISSO: L'argentino del Grifone SAVINI e PINO: Ci siamo fatti da soli ROBERTO PRUZZO: L'unico vero bomber SPECIALE VIAREGGIO 2015: Un carnevale di talenti

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i sono sempre chiesto come mai il ribelle, il maledetto, sia tanto glorificato, soprattutto nel mondo sportivo. Da Tyson a Maradona, chi si fa beffe delle regole, è sempre il più cocco-lato. Ho provato a darmi una risposta intervi-stando Icardi, il ragazzo che, a detta di tutti, è l’irriverente per eccellenza del nostro calcio.

Purtroppo non ho avuto risposta, per il fatto che Maurito, senza ombra di dubbio, è tutt’altro che un Bad Boy. Non ci credete? Beh, dopo aver letto l’intervista credo che cambierete opinione. Bad Boy o no, Icardi è destinato a scrivere pagine importanti nel cal-cio (sperando che l’Inter lo blindi il più a lungo possibile)… In fin dei conti, i bomber che la mettono in fondo alla rete con regolari-tà sono, da sempre, merce rara. Icardi, da questo punto di vista, è uno che la porta la vede, quindi va tutelato. Icardi ma non solo. In questo numero spazio al nuovo che avanza (speciale Viareggio) e ad una vecchia conoscenza della nostra Serie A come Burdisso, oltre a tante esclusive da gustarsi tutte d’un fiato. Veniamo ad al-tri argomenti, su tutti il “caos Parma”. Mi avete scritto in tanti, chie-dendomi il mio pensiero in proposito. Eccolo. Noi tutti abbiamo un difetto: cerchiamo di curare il male quando ormai è, di fatto, allo stadio terminale. La prevenzione non fa parte del nostro modo di essere ed agire. Se arrivi a non avere neppure i soldi per pagare gli steward, significa che non avresti neanche dovuto avere la chance di essere al timone di un club di enorme prestigio come il Parma. Hanno fallito gli ex proprietari e chi è subentrato in corsa. A parole siamo tutti degli artisti, poi, però, contano i fatti e, in quell’arte, pochi eccedono. In Inghilterra, una situazione del ge-nere non sarebbe mai accaduta. Lì, dove il calcio è un business, ci si informa sulla reale solvibilità di un potenziale acquirente (chie-dete a Cellino). Non bastano quattro fideiussioni e un bel sorriso per condire su chi deve elargire gli ok definitivi. Non mi interessa di quello che accadrà in futuro, io so solamente che, a Parma, ab-biamo, ancora una volta, dimostrato che il nostro è un calcio im-provvisato. Dopo lo sfogo, parliamo del nostro futuro. Apprezzo che tanti di voi stanno cominciando a sottolineare qualche pregio della nuova rivista. Foto migliorate (e vere), interviste più curate, approfondimenti ben studiati, argomenti vari. E, tranquilli, sono al lavoro anche per trovare una soluzione ai problemi più urgenti, statistiche in primis. Colgo l’occasione anche per invitarvi a man-darmi ancor più proposte, così da decidere al meglio cosa fare in vista della prossima stagione. Prima di lasciarvi alla lettura, un proverbio a cui, ultimamente, penso di sovente, almeno quando mi viene in mente lo stato di salute, pessimo, del nostro calcio:

“Quando, in questo mondo, un uomo ha qualcosa da dire, la difficoltà non sta nel far-gliela dire, ma nell'impedirgli di dirla troppo spesso”.

È di Bernard Shaw…

EDITORIALE

di Fabrizio PONCIROLI

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Calcio2000 è parte del Network

Calcio2OOOANNO 19 N. 4 APRILE 2015

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Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione

al n. 18246

EDITORETC&C srl

Strada Setteponti Levante 11452028 Terranuova Bracciolini (AR)

Tel +39 055 9172741Fax +39 055 9170872

DIRETTORE RESPONSABILEMichele Criscitiello

DIRETTO DAFABRIzIO PONCIROLI

REDAzIONEMarco Conterio, Luca Bargellini,

Cristina Guerri, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei,

Lorenzo Marucci

HANNO COLLABORATOSergio Stanco, Giulia Borletto,

Gabriele Cantella, Pasquale Romano,Simone Toninato, Stefano Borgi,

Gabriele Porri, Luca Manes, Renato Maisani, Flavio Sirna, Carletto RTLThomas Saccani, Paolo Bardelli,

Carlo Tagliagambe.

FOTOGRAFIE Image Photo Agency

(imagephotoagency.it),Federico De Luca, Balti/Photoviews,Ag. Liverani, Mascolo/Photoviews.

REALIzzAzIONE GRAFICATC&C S.r.l.

STATISTICHE Redazione Calcio2000

CONTATTI PER LA PuBBLICITà:e-mail: [email protected]

STAMPATiber S.p.A.

Via della Volta, 179 - 25124 Brescia (Italy) Tel. 030 3543439

Fax. 030349805

DISTRIBuzIONEPieroni S.r.l.

via Carlo Cazzaniga, 1920132 Milano

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6 LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli

8 INTERVISTA ESCLuSIVA MAURO ICARDI di Fabrizio Ponciroli

20 INTERVISTA ESCLuSIVA NICOLás BURDIssO di Giulia Borletto

30 SPECIALE VIAREGGIO 2015 CARNEVALE DI TALENTI di Carlo Tagliagambe

38 SPECIALE BOMBER ARTIsTI sU PUNIZIONE di Gabriele Cantella

44 SPECIALE MAjOR LEAgUE sOCCER di Fabrizio Ponciroli

50 SERIE B - VICENZA di Tommaso Maschio

52 LEGA PRO - PIsA di Pasquale Romano

54 SERIE D - CIVITANOVEsE di Simone Toninato

56 I RE DEL MERCATO PINO & sAVINI di Marco Conterio

66 I GIGANTI DEL CALCIO ROBERTO PRUZZO di Fabrizio Ponciroli 76 STORIA ChAMPIONs LEAgUE 1974/75 di Gabriele Porri

80 ACCADDE A... L'IMPREsA DI ZEMAN di Stefano Borgi

82 DOVE SONO FINITI? FRANCEsCO ChIMENTI di Stefano Borgi

CAMPIONATI STRANIERI86 sPAgNA di Paolo Bardelli88 INghILTERRA di Luca Manes90 gERMANIA di Flavio Sirna92 FRANCIA di Renato Maisani

94 IL TIFO RACCONTA di Thomas Saccani

98 SCOVATE da CARLETTO RTL

NuMERO CHIuSO IL 28 FEBBRAIO 2015IL PROSSIMO NuMERO sarà in edicola il

15 APRILE 2015

SOMMARIO N.208

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LA BOCCA DEL LEONEdi Fabrizio PONCIROLI - foto Image Sport e Federico De Luca

INTER IN FIDUCIACaro direttore,stanno uscendo numeri davvero belli, complimenti. Sono un tifoso interista, ultimamente stiamo vivendo alti e bassi, e i risultati tardano ad arrivare, ma con questo non sto mettendo in discussione il lavoro del Mister Mancini, le volevo chiedere, a fine stagione riusciremo a portare a termine i nostri obiettivi, cioè riusciremo a qualificarci per la Cham-pions? E se magari riuscissimo a portare a casa l'Europa League il lavoro di Mancini si potrebbe definire "eccellen-te"? Grazie mille, un saluto a tutta la redazione.Matteo Goldoni, mail firmata

Ciao Matteo, sono felice di trovare tanto entusiasmo e notevole fiducia nelle tue parole… Credo che Mancini sia un eccellente tecnico e penso sia la persona che potrebbe davvero far fare il salto di qualità all’Inter. Il patron Thohir gli ha regalato giocatori importanti e il Mancio li sta facendo fruttare. Se dovesse vincere l’Europa League (me lo auguro da italiano) sa-rebbe da applaudire per anni. Penso anche che l’Europa League sia l’unico

modo per arrivare in Champions, almeno per quest’anno…

CONsIgLI PREZIOsIBuongiorno Sig. Direttore,Sono un ragazzo di 17 anni ma leggo Calcio2000 da quando ho 10 anni. Prima di tutto sono un grande appassio-nato di questa rivista e la ringrazio di cuore perché porta avanti un giornale veramente molto valido. Ho notato molti cambiamenti però in questo Calcio2000 '2.0'.Ho letto di molti lettori che si aspettava-no di più. Anche io un po' da lei pensa-vo facesse di più perché so che come me è appassionato di statistiche. Perché non ci sono più? I campionati esteri? Due facciate al massimo. Le interviste sono sempre magnifiche lo devo ammettere, però mi permetto di dirle che 98 pagine a me e a tutti gli altri lettori sembrano poche. Le foto sono bellissime è vero piacciono anche a me come a tutti, ma come molti lettori mi hanno riferito, sono troppe. Altri invece mi hanno un po' segnalato la troppa pubblicità presente. Volevo farle due domande, di interesse non di critica: 1) Come mai adesso Calcio2000 non

ha statistiche sui campionati, approfon-dimenti sui campionati esteri e ha solo 98 pagine? 2) È possibile fare l'abbonamento per la rivista? Per farlo dove dobbiamo rivolgerci? Con questo la saluto, volevo dirle che le mie non erano critiche ma solo delle domande fatte per migliorare il nostro/suo giornale perché è l'unico che merita di essere letto e per questo dobbiamo dare il massimo. Complimenti e arrive-derci direttore! Massimiliano, mail firmata

Ciao Massimiliano, grazie per i prezio-si consigli. Sai che io ascolto il parere di tutti… Allora, le statistiche sono un cruccio personale e, credimi, sto lavorando per trovare una soluzione. Credo che per l’inizio della prossima stagione una soluzione definitiva verrà trovata. Perché “solo” 98 pagine? Sono sincero, solo questioni di costi. Fosse per me lo farei di 150 pagine… Abbonamento altra opzione che stia-mo valutando, non la escludo ma prima voglio risolvere altre problematiche più urgenti, vedi statistiche… Spero di essere stato esaustivo.

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Mensile | DICEMBRE 2014 | N. 204 | Italia | Euro 3,90

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TROPPI STRANIERI IN SERIE A

“Poco spazio agli italiani”

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roberto mancini

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PER SCRIVERCI: [email protected]

sE NE VANNO TUTTIDirettore,dall’Italia se ne vanno tutti. Non ci sono più soldi e tutti se ne vanno dove i soldi invece non mancano, la verità è solo questa. Non potremmo mai tenere gente come Pogba, Higuain o gli altri campioni. Guardi Cuadrado, ce l’hanno soffiato in due giorni. È colpa dei presidenti che negli anni d’oro hanno sperperato senza pensare al futuro, hanno buttato via tutti i soldi che avevano e ora dobbiamo vedere gente come Podolski che è un ex giocato-re o Essien, altro ex giocatore. Diciamola la verità caro direttore. Scusi lo sfogo ma le cose vanno dette per quello che sono…Filippo, mail firmata

Alla faccia dello sfogo… Allora, andia-mo con ordine Filippo. Che il nostro cal-cio (non solo, anche la nostra economia) sia in crisi non è una novità da tempo. Normale che, gente come Pogba ed Higuain siano obiettivi dei grandi club con disponibilità economiche importanti. Ma non condivido il ragionamento sul “passato”. I presidenti del passato han-no investito tanti soldi, proprio per farci godere gente come Ronaldo, Kakà, Zidane e via dicendo… È esattamente

quello che stanno facendo i presidenti dei club europei importanti di oggi. A noi infastidisce perché, oggi, non ab-biamo più i presidenti di una volta, tutto qui… Concordo sul fatto che stiano arrivando troppi giocatori desiderosi di rilanciarsi o in là con l’età.

BONAZZOLI, ChE ERROREGentile Direttore,mi aiuti lei a capire, io non ci riesco. Noi (parlo dell’Inter) abbiamo un giocatore, tale Bonazzoli, che vince il Viareggio, viene eletto miglior giocatore del torneo ed è anche cannoniere del torneo e lo diamo via alla Sampdoria? Ma come ragioniamo? È pure italiano e noi lo diamo via? Mi scusi ma proprio io non capisco.Michele, mail firmata

Eh, domanda spinosa… Provo a mettermi nei panni dell’Inter. Ho speso tanto durante il mercato inverna-le, mi servono soldi freschi ma non voglio cedere un big. La Sampdoria mi offre sette milioni per un giovane che, seppur bravo, da me fatichereb-be a giocare con continuità. Lo lascio andare ma inserendo una clausola che

mi permette di ricomprarlo se dovesse sbocciare (a 12 milioni, quindi a cinque in più). È un rischio ma, onestamente, il ragionamento ci può anche stare.

RIsPOsTA sECCADirettore,al volo: chi vince la Champions League e chi l’Europa League?Luca, mail firmata

Al volo: Champions al Chelsea, Europa League all’Inter…

RICEVIAMO & PUBBLIChIAMODirettore, il massimo: Calcio2000, con cover Juventus, e Calciatori Panini!!! So che apprezzerà. Continui così, finalmen-te comincio a vedere una rivista con una sua dignità. Se mi rimette le statistiche, allora siamo a posto e magari qualche pagina in più... Comunque è sulla strada buona e glielo dice uno che non la per-de dal numero 1!Severino, mail firmata

Beh, caro Severino, direi che l’accop-piata è di quelle da prima pagina… Tra l’altro quell’album Panini è uno dei miei preferiti…

JUan cUaDraDo feDerico bonazzoli

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IL RAgAZZODELL’hUMMER…

ALL’APPARENZA SEMBRA uN BAD BOy MA, NELL’INTIMO, ICARDI È TRANquILLO E RILASSATO, CON uNA GRANDE

PASSIONE PER IL CALCIO (E NON SOLO)…

di Fabrizio PONCIROLI

foto Daniele MASCOLO e Mourad BALTI

COPERTINA

MAuRO ICARDI

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

iStinto Da bomberi numeri dicono

che in pochivedono la

porta comemaurito...

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

l giorno è giunto. Oggi siamo alla Pi-netina, il cuore pul-sante dell’Inter, per Icardi, l’anima dei nerazzurri di Man-cini. Giornata impe-

gnativa: shooting fotografico (griffato Nike) ed intervista. Come la prenderà quello che viene dipinto come il Bad Boy del nostro calcio? L’appuntamento è per le 12.30 e, primo segnale, Mau-rito si presenta puntuale come un orolo-gio (una delle sue passioni, ne parlere-mo). Il look è stravagante, come si confà ad un “cattivo ragazzo”. L’auto con cui sfreccia all’interno della Pinetina pure, visto che parliamo della chiacchierata Bentley Ghost, una delle auto del parco Icardi (altra passione, parleremo pure di questo). Eppure, bastano 5’ nel pre shooting fotografico per comprendere che Icardi, del Bad Boy ha solo l’ap-parenza. La figlioletta Francesca non l’ha fatto dormire, appare provato ma, con totale professionalità, si mette a completa disposizione dei tanti presen-ti, non prima di aver salutato tutti (con impegno). Ma come? Icardi non doveva essere un ribelle? Lascio a voi il giudizio..

Eccolo qui il Bad Boy di cui tutti parla-no… Eppure, osservandoti, non mi sem-bri poi tanto ribelle, vestiti a parte…“Ma sai, quello che dice la gente a me non interessa. Io penso solo alla mia vita, a fare quello che mi piace”.

Ripercorrendo la tua vita, si nota che sei sempre stato in movimento. A nove anni via dall’Argentina per le Canarie, poi Barcellona, a seguire genova e ora Milano…“Il primo spostamento, quello alle Ca-narie, l’ho vissuto come un gioco. I miei genitori hanno lasciato l’Argentina per lavoro e io e i miei fratelli li abbiamo se-guiti come è normale che sia. Più difficile andare a Barcellona da solo. Non avevo la famiglia, quindi è stata dura, anche perché ero un ragazzino. A Genova sono andato tranquillo, ero abituato ed ero pronto a fare il calciatore…”.

A proposito di calciatore, hai sempre pensato solo e solamente al pallone?“Sì, ho sempre voluto giocare a calcio, è quello che mi piaceva fare. Certo, non pensavo di arrivare a simili livelli. Da un giorno all’altro, mi sono ritrovato ad avere delle opportunità importanti che

ho saputo sfruttare”.

Mai pensato di dedicarti completamente alla pesca subacquea, disciplina con cui ti diletti molto…“(Ride ndr) Ho iniziato a fare pesca su-bacquea quando ero alle Canarie. un modo per divertirsi e mangiare del buon pesce, ma non ho mai pensato di farla diventare la mia professione”.

Torniamo al Barcellona. Ci sei arrivato giovanissimo ma qualcosa non ha fun-zionato. I maligni dicono che hai litigato anche con un certo guardiola…“No, con Guardiola non ho mai avuto problemi. Quando sono arrivato, è sta-to lui il primo ad accogliermi e a farmi sentire importante. Mi ha portato nel suo ufficio e mi ha parlato del Barcellona”.

Che ricordo hai di genova? I tifosi ti han-no amato tanto, prima di “scomunicarti” dopo il tuo passaggio all’Inter…“Guarda, ricordo che ero a Barcellona e, appena mi hanno detto dell’oppor-tunità di andare a giocare in Italia, alla Sampdoria, ho subito pensato: ‘Questa è un’opportunità da sfruttare al meglio…’. Sapevo che a Genova potevo diventare un

I

altro cHe ribelleDisciplinato e tranquillo,icardi non hagrilli per la testa

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

la Stella Dell'interGiorno dopo giorno,

sta diventando l'armain più dei nerazzurri

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

giocatore vero. Comunque è normale che, oggi, i tifosi della Sampdoria non mi ami-no. Ho segnato contro di loro con la ma-glia dell’Inter e ho anche esultato, quindi credo sia normale che non sia ben visto”.

Passiamo all’Inter. Come è andata?“Il mio procuratore mi ha chiamato e mi ha detto che c’era l’Inter. Lui era con-tento, io anche... Onestamente non ci ho pensato un attimo…”.

Non hai pensato al fatto che, per la prima volta in carriera, andavi a gio-care in una città senza il mare?“Non c’è il mare, è vero ma c’è il lago… A dire il vero, all’inizio, con la mia fa-miglia e il mio procuratore, ci abbiamo scherzato molto ma, alla fine, ti abitui a vivere anche senza il mare…”.

hai perso il mare ma hai guadagnato dal punto di vista della moda…“Su questo non ci sono dubbi…”.

E come va con il cibo? A Milano hai

scoperto qualche piatto interessante?“A Genova mangiavo bene ma non c’e-rano ristoranti argentini, qui a Milano c’è davvero di tutto. Sono felice perché man-gio argentino…”.

Cibo a posto e tu, come stai?“Io sto bene a Milano e penso che ci sia modo di migliorare ancora tanto”.

Dove credi che tu possa migliorare ul-teriormente?

“Beh, l’allenatore Mancini mi dice sem-pre che devo imparare a giocare più con la squadra, dialogare più con gli altri miei compagni e non stare solo in area di rigore ad aspettare la palla buona. Io ero abituato, ad esempio a Genova, a prendere le botte e a tenere alta la squa-dra, cercando di finalizzare il gioco. Ora il mio gioco sta cambiando…”.

Visto che ne hai parlato, che rapporto hai con Mancini?“un buon rapporto. A dire il vero, io ho sempre avuto buoni rapporti con tutti gli allenatori che ho avuto”.

Tra i tuoi compagni c’è anche juan jesus, uno che ti ha fatto soffrire…“Sì, è vero… Quando giocavo alla Sam-pdoria, Juan Jesus è stato il difensore che mi ha fatto soffrire di più. Mi picchiava anche quando ero senza palla, un tor-mento continuo (Ride ndr). Ancora oggi scherzo spesso con lui con lui su questa cosa. Gli ricordo sempre che mi picchia-va sempre…”.

“”A GenovAmAnGiAvo benemA non c’erAnoristorAnti

ArGentini, quiA milAno c’è

dAvvero di tutto

maccHine, moDa e...Tanti hobbies ma, alla fine,il calcio è la grande passione... IL KIT DI

ICARDIPER CALCIO2000, MAuRITO HA INDOSSATO LA NuOVALINEA NIke TRAININg...

l calcio è sempre più fisico e richiede sempre maggiore preparazione atletica. Ciò comporta per i gioca-

tori allenamenti atleticamente molto impegnativi e tanto lavoro con la palla quanto senza.Per questo Nike desidera con la linea Nike Training fornire il massimo sup-porto, la massima innovazione e la massima performance all’atleta anche durante le sedute atletiche. Ecco da dove nasce la Nike Revolution Jacket: una giacca adatta a qualsiasi condizio-ne atmosferica che permette all’atleta di allenarsi in massima libertà e con il massimo comfort. Per consentire la mas-sima agilità nei movimenti la giacca prende alcuni dettagli dalla collezioni Nike Golf. La giacca è composta da materiale in mesh assemblato in modo da rendere facili i movimenti e allo stesso tempo mantenere l’ideale tem-peratura del corpo.La sovrapposizione dei tessuti conferi-sce alla giacca un effetto luminoso.

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

All’Inter stai anche vivendo una pressione diversa rispetto a genova. Come vivi le vigilie dei grandi big match? sei uno che ci pensa per tutta la settimana?“No, non ci penso mai. Io sono tranquillo per tutta la settimana. Sono rilassato an-che durante i minuti di riscaldamento allo stadio, sono sempre stato così”.

E come vivi il post partita?“Beh, se vinciamo sono sicuramente più contento (Ride ndr)”.

A dire il vero, anche in campo non perdi mai la calma…“Io sono sempre tranquillo, non mi agito mai in campo. Ho compagni più nervosi, a me viene più naturale pensare a gioca-re e basta”.

Parliamo delle tue passioni extra cal-cio. Tutti sanno del tuo amore per le belle macchine, ma mi dici quale è stata la tua prima vera auto?“È stato l’Hummer color oro che ancora uso… Ho pensato di partire subito alla grande”.

Ma nel futuro su che auto punterai?“Con la Rolls direi che ho già fatto un bel passo in avanti. Certamente ci sono delle auto che mi piacciono, vedremo… Sicuramente sarà una macchina strana”.

Da dove arriva, invece, la passione per gli orologi?“Ho sempre pensato che un uomo, per essere elegante, debba avere al polso un orologio. Mi piace averlo addosso… Va di pari passo con la moda”.

Parliamo di film… In quale ti sarebbe piaciuto essere il protagonista asso-luto?

“”JuAn Jesus è il difensore chemi hA fAtto

soffrire di più. mi picchiAvAAnche quAndo

ero senzA pAllA

SemPre in Giocol'amico agente sabene quale sia il

meglio per maurito...

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

recorD Di GolStagione da millee una notte per ilbomber argentino...

“”ho AncorA tre Anni dicontrAtto. se rinnovo, AllorA lAstoriA conl’inter potrebbeessere Anchepiù lunGA

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

LA CARRIERA DI ICARDI

NUMERI DAVERO BOMBERDi Fabrizio PonciroliIN EuROPA È IL GOLEADOR PIù GIOVANE MA C’È DELL’ALTRO…

he fosse forte lo si sapeva da tempo. Non a caso, Don Balon, nel 2013, l’ha inserito tra i migliori gio-vani nati dopo il 1992. Inoltre, se per te si muove il Barcellona, non puoi essere scarso. Per fortuna

dell’Italia, con i blaugrana, il rapporto non è andato benissi-mo. Bravo poi Tosi, ds della Sampdoria, a portarlo a Genova (2011). Pagato circa 400 mila euro, due anni e mezzo più tardi, va all’Inter, a conferma delle doti del ragazzo. Sceglie un nu-mero di maglia impegnativo (il 9, in onore dell’idolo Batistuta) e va subito a segno contro la Juventus, mandando in delirio il popolo nerazzurro. Nel suo primo anno all’Inter mette a segno nove reti in campionato, giocando “solo” 23 gare. quest’an-no un ulteriore passo in avanti: segna 13 gol nelle prime 22 gare disputate in campionato (dati aggiornati al 15 febbraio, ndr), dimostrando una facilità nel concretizzare sotto porta da applausi. un ruolino di marcia che lo porta ad essere il 13esimo cannoniere in Europa, il più giovane in assoluto, con i suoi 22 anni appena compiuti. Il nomignolo El Nino del Partido, da questo punto di vista, gli calza a pennello. Impressionan-te la sua crescita, tanto che, in tanti, si attendono una nuova chiamata in Nazionale. Ad oggi ha collezionato una sola pre-senza con l’Albiceleste (16 ottobre 2013, contro l’uruguay) ma l’impressione è che ci saranno altre partite e altri gol…

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TUTTI I gOL DI ICARDI CON L’INTER IN sERIE APartita Stagione N.gol Minuti

giocati

Inter-Juventus 1-1 2013/14 1 24Cagliari-Inter 1-1 2013/14 1 47Fiorentina-Inter 1-2 2013/14 1 39Inter-Atalanta 1-2 2013/14 1 96Inter-Bologna 2-2 2013/14 2 95Sampdoria-Inter 0-4 2013/14 2 69Inter-Lazio 4-1 2013/14 1 93Inter-Sassuolo 7-0 2014/15 3 93Cesena-Inter 0-1 2014/15 1 95Inter-Sampdoria 1-0 2014/15 1 95Inter-Verona 2-2 2014/15 2 94Inter-udinese 1-2 2014/15 1 68Juventus-Inter 1-1 2014/15 1 89Inter-Genoa 3-1 2014/15 1 95Sassuolo-Inter 3-1 2014/15 1 40Inter-Palermo 3-0 2014/15 2 95Cagliari-Inter 1-2 2014/15 1 94

Stagione Squadra Campionato Coppa Italia Europa League TotaleComp Pres Reti Pres Reti Pres Reti Pres Reti

2011-2012 Sampdoria B 2 1 0 0 0 0 2 12012-2013 Sampdoria A 31 10 0 0 0 0 31 102013-2014 Inter A 22 9 1 0 0 0 23 92014-2015 Inter A 23 14 2 1 7 4 32 19

* dati aggiornati al 24/02/2015

* dati aggiornati al 24/02/2015

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

“Domanda difficile. Mi è piaciuto molto Jack Sparrow, soprattutto nel primo film de I Pirati dei Caraibi. L’avrò visto 20 volte, adoro quel film e quel personag-gio…”.

Per qualche tempo l’hai avuto qui all’Inter jack sparrow… “Vero, Osvaldo è uguale…”.

Ora che hai quattro bambini in casa, sarà dura vedere dei film…“Vero ma hanno il tablet…”.

Parliamo di Francesca, tua figlia. Im-magino che il nome l’abbia scelto Wanda?“Guarda, a Wanda il nome Francesca piaceva tanto. Io prendevo tempo… Quando siamo andati dal Papa, ab-biamo deciso, in onore proprio di Papa Francesco, di chiamarla Francesca. Pensa che a Wanda il nome piaceva talmente tanto che, nonostante una sua amica ab-bia chiamato sua figlia Francesca prima che nascesse nostra figlia, non l’ha voluto cambiare comunque”.

Torniamo alla tua carriera. Che obiet-tivi hai a livello sportivo?“A me piace giocare a calcio, spero dav-vero di vincere tanti trofei”.

Zanetti ha vinto una Champions (in-dico la foto davanti a noi che ritrae il Capitano mentre alza il trofeo del 2010)…“Eh, speriamo… Devi anche avere la fortuna di giocare in squadre che posso-no concorrere a certi livelli. Speriamo di riuscirci. Mi auguro, un giorno, di essere

ricordato come un giocatore che ha fatto cose importanti e, quindi, che abbia vinto trofei importanti”.

Punti a vincere con la casacca dell’In-ter nei prossimi anni?“Ho ancora tre anni di contratto. Se rin-novo, allora la storia con l’Inter potrebbe essere anche più lunga. Se non rinnoverò, comunque ho ancora tre anni di contrat-to”.

Ci sarebbe anche l’Argentina per pro-vare a vincere. La maglietta della Na-zionale l’hai già indossata e, ricordia-molo, poteva essere anche di colore diverso (Icardi ha rifiutato di giocare per l’Italia)…“Sì potevo giocare con l’Italia ma, con tutto il rispetto, io mi sento argentino. Devo ringraziare l’Italia, è il Paese dove gioco e vivo ma, per me e la mia fami-glia, era giusto giocare con l’Argentina. Per ora l’ho provata una sola volta, spe-riamo di tornarci presto…”.

Mi dici un gol a cui sei particolarmen-

“HA L’ISTINTO DEL GOL”Di Fabrizio PonciroliPRuZZO, ATTACCANTE DI RAZZA, HA GRANDE FIDuCIA NEL GIOVANE BOMBER NERAZZuRRO…

l fiuto per il gol di Icardi è una di quelle doti che fanno la differenza, soprattutto se passi la tua vita, calcisticamente parlando, in area di rigore. una qualità che Pruzzo, centravanti anni ’70 e

’80 di rara efficacia (ben 163 gol in Serie A, 106 con la casacca della Roma), conosce molto bene…

Pruzzo, che ne pensa di Icardi?“È un giovane attaccante che si sta facendo notare. È uno che in area di rigore si fa sentire. I numeri sono dalla sua parte… Ha un grande istinto per il gol, non ci sono dubbi”.

Crede che con un tecnico come Mancini possa crescere?“A differenza del Milan, mi pare che l’Inter, con Mancini, abbia una strada ben definita. All’Inter puntano tanto su Mancini, uno che sa come vincere e far rendere al meglio i giocatori che ha a disposizione. Icardi non potrà che migliorare, se seguirà i consigli di Mancini”.

Farà mai cinque gol in una sola partita di serie A come

fece lei contro l’Avellino?“(Ride ndr) Quella è stata una partita particolare, di quelle che capitano quasi per caso… Per fortuna è capitata a me. Ancora oggi ne parlano tutti”.

Come è cambiato il ruolo di attaccante rispetto ai suoi tempi?“Beh, si deve sempre segnare, no? Forse oggi si chiede più sacrificio in difesa ma, alla fine, quello che conta è mettere la palla in fondo alla rete”.

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“”primA Auto? è stAto l’hummer color oro che AncorA uso… ho pensAto di pArtire subito AllA GrAnde

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ANNODIgRAZIADi Fabrizio PonciroliICARDI È uNO DEI TANTIASSI NATI NEL 1992, uNO DEI MIGLIORI…

aurito è venuto alla luce il 19 febbraio del 1992. Da poco

22enne, è uno dei miglio-ri talenti in circolazione. un anno, il 1992, deci-samente fortunato per il “soccer”. Tantissimi i fuoriclasse che sono nati in questo miraco-lato anno. Recente-mente, in Inghilterra, è stata stilata la mi-glior formazione dei nati nel 1992 e, nomi alla mano, si tratta di una squadra dav-vero eccezionale. Tra i pali Courtois, estre-mo difensore belga alla corte di Mourinho al Chelsea. Non si scherza neppure in difesa con Ala-ba, in forza al Bayern Mo-naco, De Vrij (sotto contrat-to con la Lazio), Philip Jones (Manchester united), Carvajal, scoperta di Ancelotti al Real Madrid. Non male neppure il centrocampo con i vari Wilshe-re (Arsenal), Koke (Atletico Ma-drid) e Verratti (l’italiano del PSG). In avanti spazio al triden-te delle meraviglie formato da Neymar, asso del Barcellona, Icardi e Gotze (Bayern Monaco, in gol nell’ultima finale Mondia-le). Nessun problema anche per allestire una panchina all’altez-za dei titolari. Ter-Stegen, De Sciglio, Moreno, Lucas Moura, Isco, Lamella, Eriksen, Muniain, Bernard, Salah ed El Shaarawy bastano?

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

PUo' Solo miGliorareGiovane e il meglio

deve ancora arrivare...

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COPERTINA / MAuRO ICARDI

Intervista di Fabrizio Ponciroli

Lasciando stare l’alterco con i tifosi post sassuolo, almeno in macchina sarai un po’ nervoso, no?“No, affatto. Se uno fa il gradasso, so-litamente mi faccio da parte e lo lascio passare. Non voglio casini. Ecco, forse il non dormire. La mia bimba, appena nata, non dorme tantissimo e quello mi infastidisce (Ride ndr)”.

Insomma, il look è aggressivo, i tatuag-gi, come le auto e gli orologi, denotano una forte personalità ma, per favore, non chiamatelo Bad Boy… Icardi è so-prattutto un ragazzo che ama giocare a calcio, la sua vera passione. Poi c’è il resto, tra cui il ruolo di padre, svolto in maniera premurosa, come ci confà ad un bravo ragazzo…

l’Inter, contro la Juventus. Ricordo che volevo fare gol contro i bianconeri. Lo dicevo anche al mio procuratore prima della gara: ‘Se entro, devo segnare…’. E così è stato. Segnare contro la Juven-tus, davanti a 80.000 persone, è stato pazzesco”.

A proposito di san siro, è ancora uno stadio che procura grandi emozioni?“Sicuramente, parliamo di uno stadio storico, non potrebbe essere altrimenti. Ricordo che, la mia prima a San Siro, da avversario, è stato incredibile”.

ho ancora una curiosità: ma c’è qual-cosa che ti fa arrabbiare per davvero? “Io prendo la vita con calma, difficile che perda la pazienza”.

te legato…“A dire il vero ce ne sono due. Il primo è quello che ho segnato nel Derby della Lanterna, davvero indimenticabile. Era la mia prima da titolare con la Sam-pdoria. Poi quello che ho segnato, con

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DOPO INTER E ROMA, BuRDISSO STA FACENDO LA DIFFERENZA CON LA CASACCA DEL GENOA...

di Giulia BORLETTO

foto Danilo VIGO

L’ARgENTINODEL gRIFONE

INTERVIsTA

NICOLáS BuRDISSO

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

la forza De el leonGranitico difensore,

guerriero conpochi eguali

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ra il 2004 e un gio-vane difensore del Boca Juniors chia-mato Nicolas Burdis-so sbarca in Italia, a Milano, carico di sogni, aspettative e

desideri. Non era un novellino, perché i cinque anni precedenti, Nicolas li aveva passati in prima squadra, tra i grandi del calcio argentino ed era riuscito a vincere come difficilmente a 18 anni ti può capitare: 2 campionati, 3 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinen-tali. La nostra chiacchierata a Pegli co-mincia proprio da lì, dal Sudamerica.

Partiamo dal tuo paese d'origine, l'Argentina. Che ricordi hai di quegli anni? “Sono stati anni legati al calcio. Vengo da una famiglia che respira calcio, mio papà ha giocato in una squadra piccola. Abitavo in un paesino in mezzo alla cam-pagna e giocare a calcio era la cosa più facile. Sono stato lì fino ai 15 anni, poi sono andato in città per fare un provino perché sentivo la vocazione, avevo biso-gno di giocare per davvero”.

I tuoi genitori hanno origini italiane, che idea avevi dell'Italia da piccolo: sognavi di giocarci un giorno o di vi-sitarla? “I miei nonni sono italiani, sono nati a Cuneo. Sono sempre stato curioso di conoscere l'Italia calcistica. Da piccolo guardavo il campionato italiano, era-vamo quasi obbligati a seguirlo. Negli anni 80 per Maradona, negli anni 90 per Batistuta, Simeone, Veron, zanetti, tutti giocatori che hanno fatto la storia di vari club e per noi era un rito vedere cosa facevano la domenica. I miei nonni vivevano in Argentina in maniera italiana e per questo volevo conoscerla. Mi piace la storia, la cultura, l'Italia in questo sen-so è unica al mondo”.

A Roma hai giocato anche con tuo fratello, com'è stato dividere lo spo-gliatoio? gli facevi da fratello mag-giore anche lì? “È una sensazione strana, bellissima però è anche vero che le gioie erano per due così come i dispiaceri. Lui ha giocato po-chissimo e io soffrivo per lui, anche se era un anno di crescita perché aveva solo 20 anni. Poi è tornato in Argentina dove

INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

Eha cominciato la seconda parte della sua carriera. Ora gioca nel Boca e gioca, sono contento di questo. Quell'anno l'ha comunque aiutato tantissimo, ma non so se lo rifarei perché è una sensazione un po' strana”.

Però a giugno potresti raggiungerlo? “Lui andrà in scadenza col Boca, io in scadenza col Genoa. Adesso non voglio pensare a cosa accadrà, anche se è una delle tante possibilità che ho in testa. Io a differenza di tanti giocatori argentini ho giocato lì per 5 anni, dai 18 ai 23, ho giocato tanto in prima squadra e ho avu-to la fortuna di vincere tanti trofei, quindi non sento il bisogno di tornare per fare quello che non sono riuscito a fare. La-mela ha fatto un anno in Argentina, poi è venuto subito in Italia, anche Osvaldo o Perotti e Tino Costa, lì non ci hanno mai giocato. Sono casi particolari”.

Nel 2004 quando sei arrivato in Italia e all'Inter, ti è capitata una cosa orri-bile, la malattia di tua figlia Angelica. Avevi solo 23 anni, come hai affron-tato quel periodo? “In quel periodo ho lasciato da parte il calcio. Mi sono trovato davanti una si-tuazione molto particolare, difficile. Ero da solo 6 mesi in Italia e non mi senti-vo pronto ad affrontare una cosa così grande come la leucemia in un ospedale che non fosse nel mio Paese, da solo con mia moglie. Ho fatto la scelta che era più giusta, fermarmi per quei mesi e stare insieme a mia figlia. Ho trovato un pre-sidente e una società che mi hanno dato sostegno, mi hanno lasciato la possibilità di mettere da parte il lavoro e ho avuto la fortuna di poterlo fare. Ho conosciuto tanta gente che non poteva smettere di lavorare, anzi devono continuare a far-lo e per me avere questa opportunità è stata come una benedizione. Ho messo da parte anche la Nazionale e tutto il mondo calcio”.

Cosa ti ha dato quel periodo? “Mi ha dato tantissimo questa brutta esperienza. Siamo cresciuti come fami-glia. Ho conosciuto un mondo che nes-suno immagina se non viene toccato. C'è tanta gente che lotta, che si aspetta una parola di sostegno. Non è la fine, anche se è la prima cosa che uno pensa. All'ini-zio vivi un periodo di lutto personale, ti chiedi perché ha toccato proprio te, poi

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

banDiera Del GrifoneDal suo arrivo

a Genova, burdissoha lasciato il segno...

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

però decidi di reagire. 8 bambini su 10 guariscono completamente, com'è capi-tato a lei. Sono 10 anni che è capitato e dicono che dopo 5 sei completamente guarito, ti danno anche un diploma. Ora ha 12 anni e come genitore rimane il ri-cordo più che la paura. Ora lo racconto e mi sento quasi in obbligo farlo”.

Tornare a giocare poi com'è stato? “Com'è stata tutta la mia carriera. Ho sempre lottato, ho dato il massimo. Era il 2005 e l'anno dopo ci sarebbe stato il Mondiale: io volevo esserci, quindi nei mesi accanto a mia figlia sono sempre ri-masto in allenamento. Alla fine sono stato ricompensato. Avevo smesso a febbraio e ad ottobre sono tornato a giocare nell'In-ter, ho ritrovato spazio e giocato tanto”.

Il problema tra te e l'Inter poi è stato josè Mourinho? “No al contrario, mi ha aiutato tanto. Ho ancora un bel rapporto con lui. È uno di quegli allenatori che ti porti dentro negli anni. L'ultimo anno ho giocato 30 partite ed è stato tanto, abbiamo vinto lo scu-detto. Poi hanno preso un altro centrale

e ho pensato di cambiare. Volevo dimo-strare il mio vero gioco, perché in 5 anni a Milano ho giocato come terzino, a cen-trocampo ma mai come centrale, che è il ruolo che prediligo. Anche se Mourinho non voleva andassi via, sono andato a Roma dove abbiamo lottato fino all'ul-timo contro l'Inter per lo scudetto, perso all'ultima giornata”.

Quando ti sei trasferito a Roma si di-ceva fosse passata la moda dei bra-siliani: era cominciata quella degli argentini. È vero? “Più che altro è cominciata quando è ar-rivato Luis Enrique che ha portato Gago, Osvaldo, Lamela. Il primo anno ero l'u-nico argentino a differenza dell'Inter dove eravamo in tantissimi. Lì c'era uno spogliatoio internazionale, alla Roma ne ho trovato uno italiano e mi è piaciuto tantissimo”.

Nonostante la Roma avesse una grande squadra però, perché non ha vinto il campionato? “Il primo anno l'abbiamo perso all'ulti-ma giornata. L'anno dopo avevamo una squadra ancora più forte, era l'anno in cui è andato via Ranieri, ma c'erano dei problemi in società. Erano gli anni del passaggio dall'era Sensi alla nuova proprietà americana e questo ha portato tanta confusione in squadra. A gennaio eravamo vicino al Milan, avanti in Cop-pa Italia e Champions, ma poi abbiamo iniziato a perdere 1, 2 partite, Ranie-ri si è dimesso ed è arrivato Montella, ma non abbiamo centrato comunque gli obiettivi europei. Abbiamo subito il cam-bio societario”.

Perché i tifosi ti chiamavano “il Ban-dito”? “Credo che mi abbia chiamato così Ra-nieri. Essere visto in maniera negativa appena arrivi in una squadra è normale: o sei un fuoriclasse e fai ogni giorno un gol o se sei un difensore centrale devi guadagnarti la fiducia dei tifosi. Sono da 11 anni in Italia e non si può pensa-re di arrivare e dimostrare tutto subito. Io preferisco fare vedere le cose piano piano. La carriera di un giocatore è una maratona, non una corsa dei 100 metri.

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

Sia a Roma che qui a Genova ho avuto subito un buon feeling con la tifoseria e penso che loro si rivedano in me, io do tutto in campo. All'Inter l'avventura non è cominciata bene, poi ho giocato tanto in un ruolo che non era il mio e spesso mi sono distinto per episodi poco cari-ni in campo come a Valencia. Sono stati comunque anni indimenticabili in cui ho vinto tanto. A Roma poi sono arrivato all'età giusta per esprimere il mio modo di fare calcio. I tifosi hanno visto uno che non voleva accontentarsi di fare panchi-na e prendere soldi”.

sei stato anche vicino alla juventus, ti sarebbe piaciuta come esperienza? “Dopo aver giocato all'Inter e alla Roma è difficile andare in una squadra come la Juve. Non perché non puoi fare bene, ma devi avere un'identità come giocatore. Io non mi sento di essere un mercenario. Dopo 5 anni all'Inter, conoscendo la riva-lità tra le due squadre e poi alla Roma, dove si guarda prima alla Lazio e poi alla Juve, non me la sono sentita. Tutti i giocatori del mondo vogliono giocar-ci, ma io parlo di sentimenti e di rispetto verso i tifosi”.

Nel novembre 2011 però sei stato nuovamente messo a dura prova da

un brutto infortunio. Nei mesi di ria-bilitazione cosa ti passa per la testa? Voglia di smettere, paura, grinta. “Bisogna capire il momento in cui ti ca-pita. Mi sono fatto male in uno dei mo-menti più belli della mia carriera, ero in Nazionale ed era una partita molto importante, giocavo titolare nella Roma. Dicevano che sarei stato fuori tutto un anno, alla fine sono rientrato nei mesi giusti. Non è stata colpa del ginocchio se poi non sono più tornato in Naziona-le. È stato un episodio, te lo porti dietro, ma non è stato così negativo. Ognuno la prende alla sua maniera. In tutta la mia carriera mi sono capitate delle sfide e anche questa lo è stata: è stato un altro ostacolo da superare”.

Che ricordo hai di Luis Enrique, mai troppo amato dai tifosi. È vero però che secondo te Antonio Conte nella

juventus si è ispirato al suo gioco? “Per noi giocatori è stato molto impor-tante come allenatore, ha portato idee nuove nonostante non sia stato un inno-vatore. Basta vedere quante squadre nel 2011 cercavano di fare gioco partendo dal portiere: adesso al contrario, quasi tutte giocano partendo da dietro e sono poche quelle che lanciano. una di queste in quella stagione è stata al Juve di Con-te, che poi ha vinto lo Scudetto. Conte è molto intelligente, prende le cose migliori di molti altri colleghi e sono convinto che questo modo di giocare l'abbia preso da Luis Enrique. Lui non è stato fortunato co-munque, è arrivato nel momento del cam-biamento con gli americani, c'era uno spogliatoio nuovo, ne sono andati via 15 e arrivati altrettanti. Lui aveva una squa-dra non forte come quella di oggi. una volta uno a Roma ha detto che la sua sfortuna era di essere 10 anni avanti agli altri, ma io credo sia più giusto pensare che fossimo noi 10 anni indietro”.

Dopo Zeman è arrivato garcia. ha davvero cambiato la mentalità della Roma?

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sempre distinto,in campo e fuori

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

UNAsPLENDIDACARRIERADi Thomas Saccani18 TROFEI IN BACHECA E ANCORATANTA VOGLIA DI FAR BENE…

uando ti chiamano El Leon non puoi essere uno qua-lunque. Burdisso, difensore classe 1981 in forza al Ge-

noa, è sempre stato uno di quei giocatori che fa comodo a qualunque allenatore. Abile di testa, puntuale negli anticipi, con forza fisica e carattere, insomma un giocatore completo. Cresciuto nel Boca Juniors, club con cui ha vinto tantissimo (tre Coppa Libertadores, due scudetti e due Coppa Intercontinentale), nel 2004 approda in Italia, nell’Inter. Con i neraz-zurri si impone come difensore di grande affidabilità. In cinque stagioni, disputa 140 gare e segna anche otto reti, por-tandosi a casa nove trofei, tra cui bril-lano quattro scudetti. Nel 2009 passa alla Roma dove resta per quattro anni e mezzo, collezionando 131 presenze, con sei reti all’attivo. Nel gennaio del 2014 si trasferisce a Genova, sponda rossoblù. Si conferma, in breve tempo, elemento importante, tanto che Gaspe-rini ne fa uno dei perni della squadra. A quasi 34 anni, Burdisso resta un di-fensore di notevole classe, nonostante una bacheca ricchissima e ben 43 pre-senze (con due reti) in Nazionale (con cui ha vinto un Campionato Mondiale u20 e l’Oro olimpico ad Atene 2004).

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INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

“”soprAnnome ‘il bAndito’?

penso che Arrivi dAll’AllenAtore

rAnieri…

“Roma è una piazza difficilissima e sarà sempre la mentalità la cosa più difficile da cambiare di tutto l'ambiente. Nelle squadre del Nord, piccole o grandi che siano, non succede. Garcia è stato mol-to bravo e ha portato calma, equilibrio dopo aver perso la finale di Coppa Italia con la Lazio, dopo le contestazioni dell'e-state. Ha fatto un bel gruppo e da lì ab-biamo iniziato il campionato con 10 vit-torie di fila. L'anno scorso ci voleva una cosa e lui l'ha portata, ora ci vogliono i fatti, ci vogliono le vittorie e lui credo abbia le capacità per farlo”.

Veniamo al presente. Cosa ti ha con-vinto a sposare il progetto genoa? “Sono stato convinto dalla piazza. Mi sono trovato per la prima volta a gioca-re davvero poco e il sabato avevo sem-pre questa sensazione del “gioco o non gioco?”. Volevo rischiare il tutto e per tutto per la mia carriera perché avevo e ho ancora voglia di giocare. È venu-ta fuori questa possibilità nel mercato di gennaio, un mercato molto difficile, per-ché le squadre che cercano sono in diffi-coltà e tu che sei in una grande squadra non vuoi andare in una che è in difficoltà. Ho avuto la sensazione però che fosse la scelta giusta, la piazza per un giocatore è fantastica. Ho fatto poi 4 mesi che non sono stati i miei migliori, dopo 10 anni tra Inter e Roma mi sono dovuto calare in una realtà comunque differente. Que-sto però mi ha fatto crescere. Quest'anno abbiamo una squadra competitiva, bella, forte, con tanti giovani e abbiamo tutto da guadagnare”.

Tu qui stai vivendo una specie di se-conda giovinezza. Merito tuo o di ga-sperini? “Merito di tutti. Questa piazza ti poten-zia, io ho la mentalità per farlo ma il contorno ti aiuta, ti aiuta ad esprime-re il massimo sempre. Era quello di cui avevo bisogno per non crollare in basso. fo

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Mi auguro di poter portare questo en-tusiasmo anche alla città e ai tifosi. Ho sempre cercato di aiutare gli altri, ho l'e-tà e l'esperienza per farlo e qui ci sono tanti giovani in rosa che possono avere bisogno di una parola giusta al momento giusto, di essere spronati”.

A chi lasceresti il tuo posto tra i giova-ni difensori in circolazione? “Quando sono arrivato in Italia c'era-no difensori pazzeschi: Nesta, Samuel, Cannavaro, Cordoba, Thuram. Purtrop-po oggi in Italia non ci sono più tutti questi difensori campioni. Vogliono tutti fare gli attaccanti così si soffre di meno (ride, ndr). Adesso ci sono tanti ragazzi argentini che stanno facendo bene, Ron-caglia, Gonzalo, Silvestre, ma non potrei dirti. Mi piacerebbe però che mio fratello potesse tornare qui in Italia un giorno”.

Dove ti vedi tra 10 anni? “Mi vedo sempre vicino al calcio, più vi-cino al terreno di gioco magari. Ho fatto il primo corso da allenatore. Il calcio è sempre stato il mio lavoro, la mia emo-zione. Ho usato il calcio per migliorarmi come persona e credo che si debba usare sempre in maniera positiva”.

Eccoci quindi alla fine, 35 minuti di chiacchierata profonda e sincera, come poche volte ti può capitare nel mondo del calcio. Complimenti Nicolas, solo co-noscendoti si può dire di credere dav-vero che l'universo pallone possa rende-re migliore una persona anche quando meno te lo aspetti, quando tutto sembra sgretolarsi e andare in polvere. questo può ancora essere il calcio dei campio-ni, l'importante è che ci sia sempre una bella storia da raccontare e qualcuno che abbia voglia di ascoltare.

INTERVIsTA / NICOLáS BURDISSO

“”GenoA ti potenziA, io

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il calcio, SemPreburdisso si vede,tra 10 anni, ancoranel mondo del pallone

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Viaggio nel Viareggio, il torneo che modella i campioni del domani…

e Viareggio avesse San Siro, sarebbe (forse) una piccola Milano, potrebbero dire i tifosi meneghi-ni che - negli ultimi due anni - si sono

spartiti la posta in palio nel prestigio-so torneo giovanile. E, tra l’altro, di uno stadio nuovo (o, meglio, di un manto er-boso nuovo, per essere precisi) la citta-dina toscana avrebbe assoluto bisogno, viste le polemiche alimentate proprio dalla società rossonera, circa lo stato di salute del terreno di gioco dell’impian-to ‘Dei Pini’. Dal Milan all’Inter, diceva-mo, con la Coppa Carnevale che passa da una sponda all’altra del Naviglio proprio sotto gli occhi di uno spettatore d’eccezione: Roberto Mancini.

IL TORNEOAlla fine ha vinto l’Inter, ossia la squadra che - in fin dei conti - poteva fregiar-si da settimane della scomoda ‘palma’ da favorita. Bravo quindi mister Vecchi a condurre i suoi ragazzi all’impresa dopo aver superato al fotofinish il sor-prendente Verona di Pavanel. Ma fac-ciamo un passo indietro e andiamo ad analizzare il cammino delle 32 squa-dre partecipanti alla Coppa Carneva-le. Pronti via e si parte subito con una sorpresa: i campioni in carica del Milan vanno ko al primo turno e non riescono a superare il girone. Merito di Paler-mo e Psv, che sconfiggono entrambe i ragazzi di Brocchi ipotecando il pas-saggio agli ottavi e colpa (forse) anche dello scarno manto erboso dello stadio viareggino, che ha mandato su tutte le furie i rossoneri. Accedono al turno ad eliminazione diretta, anche Atalanta e Club Bruges (a spese del Bari, eliminato per differenza reti), Verona e Napoli, rispettivamente prima e seconda nel gi-rone 3. Passano quindi Fiorentina e Ce-

sena, mentre il Parma di Lucarelli esce di scena già al girone sotto i colpi di Inter e Genk. Nessuna sorpresa per la Roma, che cede sì il primato del gruppo al Pescara, ma stacca il pass a braccet-to con gli abruzzesi, e per lo Spezia, che arriva davanti al Genoa. Chiudo-no la lista delle qualificate il Toro e la sorprendente Rappresentativa della Serie D. Agli ottavi di finale comincia la sorprendente epopea del Verona: i ragazzi di Pavanel superano - dopo lo 0-0 dei 90’ - il Genoa ai calci di rigo-re con protagonista assoluto il portie-re Gollini. Stesso copione si rivedrà ai quarti, quando gli scaligeri avranno la meglio sul Napoli con la stessa identica modalità. L’Inter intanto stende la Rap-presentativa di Serie D con una rete di Bonazzoli e si guadagna la sfida col Pescara, poi vinta 3-1 con una doppiet-ta del suo baby-bomber. In semifinale i nerazzurri liquidano la Roma con un netto 4-0 (doppietta di Appiah), men-tre i gialloblù superano 2-1 la Fiorenti-na grazie alla rimonta completata dal rigore decisivo di Cappelluzzo. La fina-le vede quindi di fronte Inter e Verona.

IL sETTIMO sIgILLOL’ultimo atto del torneo, come spesso accade, è una gara tirata e spettaco-lare soltanto a tratti. Ma tanto basta per divertire ed emozionare il pubbli-co dell’Arena Garibaldi di Pisa, scelto come sede della finale per evitare ulte-riori polemiche sui noti problemi dell’im-pianto dei Pini. Pochi secondi e l’Inter si trova in vantaggio con il solito Bonaz-zoli, che con un delizioso pallonetto supera Gollini per l’1-0. Il pari arriva nella ripresa con una girata di testa di Cappelluzzo, prima che il portiere scaligero decida di fare il fenomeno e blindare il risultato sull’1-1. Proprio quando la gara sembra ormai desti-nata alla parità (e i veronesi sperano

nell’ormai consueta lotteria dei rigori), ecco che un tap-in del terzino Gyamfi regala la coppa all’Inter: è l’ultimo atto del torneo di Viareggio 2015.

IL gOLDEN BOYÈ senza ombra di dubbio Federico Bonazzoli il miglior giocatore di que-sta edizione della Coppa Carnevale. Attaccante possente dotato di grande fisico, il classe ’97 ha trascinato i ne-razzurri di Vecchi alla vittoria grazie al suo carisma e alla sua voglia di emer-gere. Se riuscirà a mantenere lo spirito di sacrificio che messo in campo a Via-reggio, allora sentiremo parlare di lui sempre più spesso…

I PRINCIPI DEL gOLBonazzoli, ma non solo. A dividere con lui la corona di capocannoniere del Tor-neo c’è anche il palermitano Accursio Bentivegna, autore - come l’interista - di 5 reti complessive. Il giovane palermita-no è andato a segno in tutte e quattro le gare giocate dai rosanero (eliminati poi agli ottavi dalla Roma) nel corso del torneo. Non sarà certo un caso che lui, come del resto il nerazzurro, è uno di quelli che ha già debuttato in Serie A…

LE ALTRE sTELLINEDel tanto decantato Mastour non c’è stata traccia a causa di un fastidio al menisco che gli ha impedito di scendere in campo ma, in compenso, sono tanti i baby-campioni che si sono messi in luce nel corso del Torneo. A partire dai campioni dell’Inter, che tra le proprie file annoveravano giocatori di sicuro avvenire come Gaston Camara, deva-stante esterno offensivo capace - con la sua velocità - di infiammare le partite. Guineano, classe 1996, Camara ha già conosciuto la Serie A esordendo agli ordini di Mazzarri e, ne siamo sicuri, avrà presto un’altra chance. Così come

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VIAREGGIO 2015

uN CARNEVALE DI TALENTIdi Carlo TAGLIAGAMBE

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Vittoria nerazzUrral'inter si è assicurata

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iil compagno Michele Rocca, assoluto protagonista del Viareggio nerazzurro: tecnica, dribbling e una gran visione di gioco sono i segni particolari che ad-dobbano il suo curriculum. Menzione d’onore anche per la seconda punta Micheal Ventre, per il centrocampista Steffé e per il portiere Andrei Radu, distintosi per senso della posizione e un’esplosività tra i pali che ricorda un certo Samir Handanovic… Il Verona vice-campione torna in Veneto con tan-ta soddisfazione e qualche certezza in più, a partire dall’affidabilità del portiere Gollini (eletto miglior portiere della manifestazione), dal senso del gol di Cappelluzzo (autore di ben 4 reti) e dalla rapidità dell’algerino Fares, che in riva all’Adige hanno già ribattezzato

come ‘nuovo Iturbe’. Anche il Milan, no-nostante una cavalcata non certo indi-menticabile, ha messo in vetrina i gioiel-lini Calabria (terzino destro classe ’96) e Fabbro (attaccante classe ’96). Dalla scuola di calcio della Roma, ecco serviti gli attaccanti Vestenicky (tre gol) e Di Mariano, oltre al difensore Calabresi, già aggregato più volte al gruppo di Rudi Garcia. Occhio anche ai napole-tani Prezioso (centrocampista centrale dotato di ottima visione di gioco), Ana-stasio (rapido terzino sinistro) e Luper-to (mastodontico difensore centrale), ma anche ai giovanissimi fiorentini: con Gondo, Bangu e Diakhate rispettiva-mente ‘96, ’97, ’98, il futuro è sempre più viola. Chi cerca difensori non reste-rà deluso da Fissore del Torino, Vitturi-

ni del Pescara e il terzino Mercadante in forza al Bari. Segnatevi infine i vari Sparacello (bomber della rappresen-tativa serie D), Raffini (cannoniere del Cesena con 4 reti), Sadiq (attaccante nigeriano dello Spezia) e Martinez, “puntero” argentino del Parma di Luca-relli, perché - a nostro avviso - sentirete presto parlare di loro.

IL PIÙ gIOVANE TRA I gIOVANIChiudiamo con una piccola curiosità. Il riconoscimento per il giocatore più giovane della finale è stato assegnato a Marco Pissardo, portiere di riserva dell’Inter, che – emozionatissimo - ha ritirato il premio a fine gara a 17 anni appena compiuti (è nato infatti l’8 gen-naio 1998). In bocca al lupo!

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ALBO D'ORO TORNEO DI VIAREggIO

SuCCESSI SquADRA (EDIZIONI)

9 Milan

(1949, 1952, 1953, 1957,1959, 1960, 1999, 2001, 2014)

8 Fiorentina

(1966, 1973, 1974, 1978, 1979, 1982, 1988, 1992)

8 juventus

(1961, 1994, 2003, 2004, 2005, 2009, 2010, 2012)

7 Inter

(1962, 1971, 1986, 2002, 2008, 2011, 2015)

6 Dukla Praga

(1964, 1968, 1970, 1972, 1976, 1980)

6 Torino

(1984, 1985, 1987, 1989, 1995, 1998)

4 sampdoria

(1950, 1958, 1963, 1977)

3 Roma

(1981, 1983, 1991)

2 L.R. Vicenza (1954, 1955)

2 Atalanta

(1969, 1993)

2 genoa

(1965, 2007)

1 Partizan (1951)

1 sparta Praga

(1956)

1 Bologna (1967)

1 Napoli (1975)

1 Cesena (1990)

1 Brescia (1996)

1 Bari

(1997)

1 Empoli (2000)

1 juventud (2006)

1 Anderlecht

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SQUaDre Vincenticampioni

al Viareggiodal 2010 al 2013...

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Gli Ultimi camPionimilan e inter,trionfatori nelleedizioni 2014 e 2015...

67 ANNI DI TORNEODI VIAREGGIODi Carlo Tagliagambe

utto nacque un inverno del lontano 1947. Era l’Italia del primo dopoguerra, che aveva bi-sogno di lasciarsi alle spalle un periodo buio per ricostruire tutto: strade, case e industrie ma anche - e soprattutto - la propria identità e i

propri valori. E, tra questi, un posto di rilievo era riserva-to proprio allo sport. Ecco perché un gruppo di sportivi viareggini, capitanati da Torquato Bresciani, fondarono la Coppa Carnevale, torneo internazionale ad uso e consumo delle squadre giovanili. Coppa che, nel 1949, è diventato il “Torneo di Viareggio” come oggi lo intendiamo. E che, pronti via, fu subito vinto dal Milan, che tra gli anni 50-60 si aggiudica il trofeo per altre cinque volte. Significativo anche l’exploit del Lanerossi Vicenza, campione nel ’54 e nel ’55, che annovera tra le proprie file il futuro ct della nazionale Azeglio Vicini. Sono gli anni in cui, tra gli altri, si mettono in luce talenti del calibro di Eugenio Fascetti, Fabio Cudicini e Giovanni Trapattoni. quindi gli anni ’60, col Viareggio che diventa il serbatoio della futura nazio-nale di Valcareggi, nonché il preludio della grande Inter del mago Herrera: Facchetti, Mazzola, Corso, Boninsegna crescono tutti qui, duellando con i fiorentini Chiarugi, Merlo e Ferranti, tutti protagonisti dello scudetto viola del 1969. I favolosi anni ’70 non a caso, segnano il dominio della Fiorentina, che si aggiudica il Viareggio per ben quattro volte, trascinata dal giovanissimo Giancarlo Antognoni. È il decennio in cui passano dalla Versilia anche i vari Zenga e Oriali per l’Inter, Maldera e Collovati per il Milan, nonché i fratelli Baresi, puntualmente divisi sulle due sponde del Na-viglio. Gli anni ’80 segnano l’avvento prepotente del Toro nell’albo d’oro della manifestazione: i granata - trascina-ti da Fuser e Lentini - alzano la coppa per quattro volte, contro le due di Fiorentina e Roma. Protagonisti del torneo sono i futuri sampdoriani Vialli e Mancini, i milanisti Maldi-ni, Albertini e Costacurta e poi Ferrara, Di Livio, Peruzzi, Tagliatela, Ganz ma – soprattutto - l’allora giovanissimo ‘Divin Codino’, Roberto Baggio. E poi, tra gli stranieri, si fa notare anche un certo Gabriel Omar Batistuta che - per 150 milioni - stava per essere ingaggiato dall’allora pre-sidente del Viareggio Calcio... Finirà diversamente, come sappiamo, e come ci insegna la storia calcistica degli anni ’90, che vedono l’affermazione delle cosiddette provinciali: in pochi anni Cesena, Atalanta, Brescia e Bari si aggiu-dicarono vittorie prestigiose quanto inaspettate, lanciando giovani come Zauli, Tacchinardi, Morfeo, Pirlo e Ventola. Tra gli altri, da segnalare gli esordi dei vari Del Piero, Totti, Vieri e Lucarelli. quindi gli anni 2000 che, dopo l’exploit dell’Empoli, raccontano del dominio della Juventus, vincitri-ce di ben sei trofei dall’inizio del 2003 ad oggi grazie ai vari Palladino, Oliveira e – soprattutto - del super bomber Ciro Immobile. Nel 2008 da segnalare anche la vittoria dell’Inter di Supermario Balotelli, autore di ben sette reti. quindi, nel 2014, il trionfo del Milan di Pippo Inzaghi, che lascia il testimone, quest’anno, ai cugini nerazzurri…

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PAROLA ALL’ESPERTO…Di Carlo TagliagambeCHIACCHIERATA CON CHI IL VIAREGGIO L’HA VINTO, DA PROTAGONISTA ASSOLuTO: FAuSTO PIZZI

austo Pizzi è uno che il Torneo di Viareggio lo conosce bene, avendolo giocato (e vinto) da cal-ciatore con l’Inter nel 1986, e avendolo poi vissu-to in panchina da allenatore della Primavera del Parma, centrando per ben due volte il traguardo

delle semifinali.

Fausto, descrivici in due parole il torneo di Viareggio…“È un torneo che mette a dura prova le qualità dei giocatori, sia dal punto di vista fisico, che caratteriale: in fondo ci arriva solo chi ha una tempra dura e speciale”.

E tu lo sai bene, avendolo vissuto sia da allenatore che da giocatore…“È un torneo che conosco bene e a cui sono particolarmente affezionato, cosa che mi ha aiutato molto quando, da allena-tore del Parma, sono riuscito a centrare per ben due volte le semifinali insieme ai miei ragazzi. Si tratta di una competizione speciale, dove si respira un’atmosfera unica, visto che si sta via per due settimane e c’è la possibilità di cementare il gruppo sulla base dei valori e dell’appartenenza. E la soddisfazione più grande è quando riesci a tirare fuori le qualità dai tuoi ragazzi”.

Perché il torneo di Viareggio è importante per un giovane?“Perché è una vetrina importante che, in sole due settimane, ti dà una visibilità pazzesca, sia a livello mediatico che per quanto riguarda gli operatori del settore. In questi 14 giorni si è sotto la luce dei riflettori e si ha la possibilità di confrontarsi con tante realtà sportive, italiane e straniere”.

Com’è cambiato - negli anni - il torneo di Viareggio?“Sicuramente nella formula. Quest’anno si è scelto, finalmente, di privilegiare la qualità: meno gironi (otto, ndr) e un livel-lo complessivo importante, nonostante le defezioni di lusso di Juve, Lazio, Sampdoria e dei campioni d’Italia del Chievo. È stata poi abolita la decisione - secondo me assurda - di far entrare le teste di serie solo agli ottavi come invece era l’anno scorso. L’unico neo riguarda la situazione dei campi da gioco, che quest’anno sono stati davvero un problema. Ma il Viareg-gio resta un punto di riferimento per tutti noi, essendo ormai arrivato alla sua 67esima edizione”.

Com’è il livello del calcio giovanile in Italia?“Direi in ripresa: la flessione degli ultimi anni sembra ormai superata, siamo ripartiti con il piede giusto e c’è tanta voglia di scommettere sui giovani e di migliorare questo mondo. E lo si è visto anche nell’edizione appena conclusa, dove abbiamo assistito ad un buon livello di calcio, con belle partite e grande intensità di gioco, tutti elementi che lasciano intravedere passi avanti importanti per il movimento. Ecco perché ho davvero grande fiducia nel futuro delle giovanili”.

Il torneo di Viareggio 2015 si è da poco concluso e noi ti

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poniamo tre domande secche:La squadra rivelazione:“Senza dubbio il Verona, arrivato in finale con pieno merito dando poi del filo da torcere ad una squadra con grandissimi mezzi tecnici come l’Inter”.

Il tecnico più sorprendente:“Dico Pavanel del Verona, che è un ragazzo che trasmette una carica e una determinazione speciale ai suoi giocatori”.

E infine i giocatori da tenere d’occhio…“Facile dire Bonazzoli perché è il giocatore che più ha spostato gli equilibri. Ma vi segnalo anche Radu e Gollini, portieri ri-spettivamente di Inter e Verona”.

il ricorDo Di Pizzinel 1986, l'ex centrocampistaha vinto, in maglia inter,il Viareggio

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IL GRAN RIFIuTO DEL MILAN:“ADDIO VIAREGGIO”Di Carlo Tagliagambe

iamo il club più titolato…del Viareggio!”. Ebbene sì, anche a livello di calcio giovanile i rossone-ri possono fregiarsi dell’etichetta che ha tanto fatto discutere sulla conta dei trofei a livello in-ternazionale. Però, almeno per quanto riguarda

il calcio giovanile, non c’è storia: i rossoneri si sono infatti aggiudicati ben nove edizioni della manifestazione, tra cui quella del 2014 conquistata da Pippo Inzaghi e i suoi ra-gazzi. Ma il numero delle Coppe Carnevale già messe in bacheca, probabilmente, resterà tale per diverso tempo, perché i rossoneri - con un duro comunicato - hanno sancito il loro addio alla nota rassegna giovanile. Il motivo? Proble-mi… di campo, visto che la società milanese non ha gradito lo stato di salute del manto erboso dello stadio Bresciani di Viareggio e ha espresso tutto il proprio disappunto per bocca del responsabile del settore giovanile Filippo Galli: “Il campo su cui si è giocata Milan-Psv (gara vinta dagli olandesi, ndr) era veramente inde-gno per chi, come noi, prova a proporre gioco. Credo che la nostra esperienza al Viareggio terminerà con questa sta-gione. Non è una reazione a caldo per il risultato, ma non possia-mo venire a giocare su questi terreni”. Insomma, una vera e propria sfuriata che sancisce l’addio (defi-nitivo?) dei rossoneri alla più importante kermesse giovani-le italiana.

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Galli non ci Stail responsabile delsettore giovanile delmilan adiratocon il Viareggio...

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sPECIALE BOMBERGLI ARTISTI DELLA PuNIZIONE

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artiSta Verozico, mortiferosui calci piazzati...

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COME MUORE UNAFOgLIA CI sONO ATTIMI IN CUI UN CALCIO PIAZZATO DIVENTA POEsIA…

di Gabriele CANTELLA

SPECIALE BOMBER/ GLI ARTISTI DELLA PUNIZIONe

l portiere sistema la barriera davanti a sé. Vuole un uomo in più a copertura del primo palo, quello libero. Lui va a presi-diare il secondo. D'altra parte della bar-ricata, pardon, della barriera, il numero 10 raccoglie il pallone umido di pioggia e lo asciuga con il bordo inferiore della

maglia. Lo accarezza, lo bacia. Poi lo mette giù, lo adagia morbidamente su un letto d'erba e s'allontana. Tre passi in-dietro, un occhio al portiere, il fischio dell'arbitro. Sembra si sia arrestato il tempo. È un attimo, ma dura una vita. un tocco lieve, il pallone prende l'ascensore e comincia a salire. Sale oltre la barriera, la scavalca e girando su se stesso conti-nua a salire. Poi d'un tratto scende, planando leggero, come una foglia cullata in aria da un Ponentino estivo. Scende alle spalle del portiere, tramonta laddove s'incontrano i pali, lì dov'è impossibile arrivare. Goool! Chi di noi, da bambino, non ha immaginato, sognato, desiderato, almeno una volta, di essere il protagonista di una scena così. quante volte ab-biamo provato a imitare Platini e Zico, sforzandoci di far salire il pallone oltre la barriera, una barriera di macchine parcheggiate per strada, per poi farlo scendere all'incrocio, non dei pali, ma dei bordi della saracinesca di un garage. quante volte abbiamo provato a calciare una punizione a foglia morta e la maledetta, non quella di Pirlo, rimaneva sempre viva! Già, come muore una foglia? Dev'esserselo chiesto, molto prima di noi, Mariolino Corso, che di foglie nella sua parabola da calciatore ha fatto strage. Se l'è chie-sto e si è anche risposto: una foglia muore accarezzando il pallone con la parte interna del piede, il sinistro nel suo caso, così da imprimergli un particolare effetto rotatorio, simile a quello di un'elica che gira. Girando l'elica permette all'ae-roplano di decollare, allo stesso modo, il pallone, girando, si solleva da terra e inizia a salire fino a che non perde quota e comincia a scendere verso la destinazione finale, il sette. Corso ha sfidato la fisica, si è fatto beffe della gravità, ha

I il miGliore Del lottoPirlo ha segnato

più gol di tuttisu punizione...

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SPECIALE BOMBER/ GLI ARTISTI DELLA PUNIZIONe

identico il risultato. A dispetto delle chiare origini italiane, novaresi per l'esattezza, Michel è francese a tutto tondo, di italiano non ha nulla, italiano non s'è mai sentito, neanche un po'. Francese Platini lo era anche in campo, francesi erano le sue punizioni, calciate con quella pigra indolenza che velava la compiaciuta arroganza, tutta francese, di chi è già sicuro di far gol. Il 26 febbraio 1984 Platini di gol ne fa due, il primo di testa, il secondo, neanche a dirlo, su punizione. L'av-versario della Juventus, in quel pomeriggio di trentun anni fa, era il Toro di Bersellini, che ha trascorso notti insonni alla ricerca di un antidoto al veleno delle traiettorie di Michel e alla fine lo trovò, o meglio, pensò d'averlo trovato. A dieci minuti dal termine della partita, ecco per il tecnico granata l'occasione di scoprire se funziona. Punizione dal limite per la Juve, calcia Platini. Goool! L'antidoto non ha funzionato, evidentemente non era quello giusto. Ma qual era questo

mostrato a tutti come muore una foglia. Al posto della foglia, per poco non moriva una signora, sulla Rue Saint-Exupéry di Joeuf, dove un bambino di sette anni, più simile a un nano in pantaloncini, si allenava tutti i giorni a calciare le punizioni. La porta è la saracinesca del garage dei vicini, il portiere Fufi, il cane di sua cugina Stefanina, ma il pallone non sem-pre finisce dove dovrebbe e così capita che una volta andò a colpire una donna che passava per strada, mandando-la all'ospedale. Per continuare ad allenarsi sulle punizioni a foglia, senza rischiare di avere sulla coscienza una donna morta, il nano in pantaloncini decise di cambiare bersaglio e cominciò a mirare al palo del telegrafo di fronte casa. Si chiamava Michel quel nano in pantaloncini, Michel Platini, e il palo del telegrafo era capace di centrarlo anche 10 volte di seguito. Dal palo del telegrafo di fronte casa all'incrocio dei pali della porta del Comunale di Torino, cambia il bersaglio,

Un GeSto meraViGlioSoSegnare da calciopiazzato è un'arteper pochi eletti...

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SPECIALE BOMBER/ GLI ARTISTI DELLA PUNIZIONe

ad opporsi, nove su 10 finivano nel sette. Ci provò il Profes-sor Scoglio, che alla vigilia di un Genoa-udinese di 32 anni fa, esclamò eureka! come Archimede e annunciò al mondo d'aver trovato il modo di disinnescare le mine del Galinho: "Basta far saltare la barriera al momento giusto". E la barrie-ra saltò, ma Zico calciò rasoterra e il pallone non trovò osta-coli nel suo viaggio verso l'angolino. Goool! Inevitabile. Se è vero che, come insegna Esopo, nessuno sfugge al proprio destino, le punizioni di Zico sono un destino al quale i por-tieri avversari non possono sottrarsi. Come le sentenze della Cassazione, le punizioni di Zico sono inappellabili. Lo sapeva bene Sandro Ciotti, che una volta, ai tempi preistorici di "Tut-to il calcio minuto per minuto", chiese la linea da Catania per informare "gli amici ascoltatori" che Zico stava per battere un calcio di punizione. Chiese la linea già sicuro che il pallone sarebbe finito dove finiva sempre. Dove i pali della porta

antidoto? Consapevole del fatto che la destinazione finale, il naturale punto d'approdo delle parabole di Platini era il sette dal lato opposto a quello del portiere, Bersellini aveva pensato di proteggerlo, quel sette, piazzando Italo Galbiati a presidiarlo. Eppure Michel riuscì a far passare il pallone tra la traversa e la pelata di Galbiati. Fortuna? Nient'affat-to! Aveva mirato proprio lì Platini, volutamente, per dimostra-re a Bersellini e a tutto il mondo che non esisteva antidoto al veleno delle sue traiettorie. Arrogante? No, semplicemente francese. Semplicemente Michel Platini. Semplicemente brasiliano, una sorta di Carmen Miranda prestata al calcio, è Zico, che di Platini ha rappresentato la nemesi, mentre un altro duello, in quei meravigliosi anni '80, andava in scena nel mondo della musica, quello tra Duran Duran e Spandau Ballet. Se non esisteva antidoto alle puni-zioni di Platini, a quelle di Zico era altrettanto inutile provare

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DA BAGGIO A DEL PIERO Di Gabriele Cantella NuMERI 10 CAPACI DI CALCI PIAZZATI MAGISTRALI…

l 10 sulle spalle, il codino, un interno destro tagliente come la katana di un samurai. Con quell'interno destro Roby Baggio sapeva taglia-re traiettorie irridenti per i portieri avversari, inebrianti per i tifosi della Juventus, che dai tem-

pi di Michel Platini, non vedevano simili magie. Come muore una foglia Roberto lo ha imparato da Zico, ammirando e imitando le punizioni del Galinho, non immaginando che un giorno sarebbero le sue punizioni ad essere ammirate e imi-tate. 6 Aprile 1993, al Delle Alpi sbarca il PSG del futuro milanista Weah, la Juve del Trap si gioca un posto in finale di Coppa uefa. La clessidra si è quasi del tutto svuotata, l'1-1 sta bene ai parigini, decisamente meno ai bianconeri. È cominciato l'ultimo giro di orologio quando Vialli viene ab-battuto al limite dell'area avversaria, punizione per la Juve.

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Punizione per Baggio. Di Canio tocca il pallone verso Vialli, che lo arresta con la suola e lo lascia a Roby. La katana del samurai taglia una traiettoria irridente per il portiere francese, esaltante per il popolo bianconero che non vede-va simili prodezze da quando giocava Le Roi. Baggio lo ha insegnato a un giovanotto, veneto come lui, che insieme a lui si allena sull'erba spelacchiata del vecchio Comunale, da quando il Trap ha deciso di aggregarlo alla prima squadra. Da Baggio a Del Piero, da un 10 all'altro, da Raffaello a Pinturicchio. L'interno destro di Alex è il pennello d'un pittore d'alta scuola, uno alla Bernardino di Betto, maestro di geo-metrie rinascimentali. Con quel pennello Pinturicchio dipinge una tela degna del Louvre il 5 novembre 2008 e la incasto-na nella cornice suggestiva del Santiago Bernabeu: Casillas sistema la barriera davanti a sé, ma dimentica di piazzare un uomo a protezione del primo palo. Lui va a coprire l'altro. E Del Piero la mette sul primo. una pennellata nel sette, dove nessun portiere ci può mai arrivare. un colpo da fuoriclasse assoluto, momenti da ricordare per sempre.

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roberto baGGio

21 Volte baGGioUn altro che, sucalcio piazzato,ci sapeva fare...

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SPECIALE BOMBER/ GLI ARTISTI DELLA PUNIZIONe

ripresa quando Giancarlo Redini da Pisa fischia una punizio-ne a due nell'area della Juve. Sul pallone Pecci e Maradona, ma stavolta, neanche Diego riuscirebbe a metterla nel sette, troppo vicina la barriera per provare a scavalcarla, troppo esigua la distanza dalla porta perché la palla possa scen-dere all'incrocio anche ammettendo che riesca a superare il muro bianconero. Lo dice la fisica, è scienza, non è un'opinio-ne. Ma Diego della fisica se ne infischia e la scienza la pren-de a calci. Il pallone invece lo accarezza e con quella carez-za lo mette proprio dove pareva impossibile metterlo. Dove i pali della porta s'incontrano, lì dov'è impossibile arrivare. Maradona 1 Juventus 0, Maradona 1 Fisica 0. The impossi-ble made possibile. Per Diego non esiste Mission Impossible.

s'incontrano, lì dov'è impossibile arrivare. Da un brasiliano a un argentino, da udine a Napoli, teatro di sogni che lui, il ra-gazzo d'oro, sapeva trasformare in incredibile realtà. Lui è Diego, il Diez, l'uomo dei sogni. Lui è Diego Armando Mara-dona, in lui il Dio del calcio si è compiaciuto. Sul campo Diego compie autentici miracoli, rende possibile l'impossibile, acca-rezza il pallone e prende a calci la scienza. È il 3 novembre 1985, al San Paolo arriva "L'invincibile Armata", non quella di Filippo II, ma la Juventus di Trapattoni e Platini, otto su otto in campionato, a caccia della nona vittima da sacrificare sull'altare dello scudetto. E invece la nona la suona Marado-na, novello Beethoven, che compone un "Inno alla gioia" per i 70.000 del San Paolo. Se ne sono andati 27 minuti della

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1 Mihajlovic 282 Pirlo 273 Del Piero 224 R.Baggio 215 Totti 20

Zola 207 Maradona 148 Chiesa 13

Platini 13Recoba 13

* dati aggiornati al 15/02/2015

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MAJOR LEAGuE SOCCER

LA NUOVAMECCADA LEGA PER ATTEMPATISENATORI A TORNEO DI VERE STELLE, L’MLS ALSuO MEGLIO…di Fabrizio PONCIROLI

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crescita esponenziale e, aspetto da non sottovalutare, ingaggi importanti e garantiti. una solidità, quella dell’attuale MLS, raggiunta grazie ad una policy ben definita. Fondata, ufficial-mente, nel 1993 (presentata, altrettanto ufficialmente, “solo” due anni più tardi), la MLS ha, nel corso di circa due decenni, saputo imparare dai propri errori. Prendendo spunto dalle al-tre leghe americane, ha creato un “sistema” infallibile. Nessuna retrocessione, regular season e play-off, draft annuale, salary cap (per controllare ricavi e spese di ogni franchigia) e, in particolare, tutto centralizzato, appunto, nella Lega con Don Garber, il suo presidente, punto di riferimento e confronto per tutti i proprietari delle singole franchigie. un nome, quello di Garber, di un certo peso. Con 16 anni di esperienza nel mon-do NFL alle spalle (uomo noto anche per il suo impegno nella NFL Europa League), “The Soccer Don” (il suo soprannome), sin dal suo primo giorno a capo della MLS (4 agosto 1999) ha lavorato proprio per rendere la Lega in grado di sostenersi autonomamente. un format vincente che ha permesso alla MLS di “catturare” sempre più credibilità. Dopo aver seminato per anni, ora è il tempo di raccogliere i frutti, leggi campioni veri…

NAsL, EsPERIMENTO FALLITOPrima della MLS, l’America aveva già assaggiato il prodot-to calcio. La memoria va alla NASL, il primo, vero, tentativo di introdurre il pallone negli States. Nata, nel lontano 1966 (si narra sull’onda del successo dell’Inghilterra ai Mondiali del 1966), la Lega partì alla grande, con ben 17 franchigie al via. L’entusiasmo durò poco, tanto che, nell’edizione del 1969, ci fu l’adesione di solo cinque società. Nel 1971 il colpo di genio: la nascita dei New york Cosmos. Di proprietà di due fratelli noti nel mondo musicale, i Cosmos dovevano diventare la squadra delle grandi stelle del calcio. In effetti, l’impatto fu notevole. La NASL, nel 1975, tornò a 20 franchigie, grazie, appunto, alla presenza nel torneo di fuoriclasse assoluti, su tutti Pelé, uomo copertina proprio dei Cosmos (insieme a lui, negli anni, a Ny arrivarono altre leggende del calibro di Be-ckenbauer, Carlos Alberto, Wilson, Chinaglia, e tanti altri…). Il novizio popolo di tifosi americani si esalta nel vedere all’ope-ra gente come O Rey, Cruijff (uomo franchigia dei LA Aztecs) o Bettega (48 presenze e 11 gol con i Toronto Blizzard). Nel 1978 si decide anche di introdurre la novità indoor (gare al chiuso), così da prolungare la presenza del calcio sul territorio del Nord America. Purtroppo, ad inizio degli anni Ottanta, la NASL crolla. Le TV, in particolare la ABC, molla i diritti, scontenta del poco audience e la Lega naufraga. L’ultimo cam-pionato fu disputato nel 1984, con successo finale dei Chica-go Sting. qualche mese fa, il Chicago Tribune ha pubblicato quella che è risultata la miglior formazione di tutti i tempi della NASL: Stojanovic tra i pali, difesa con John Best, Bruce Wilson, Carlos Alberto e Mike England. A centrocampo Vladi-slav Bogicevic, Franz Beckenbauer, Ilija Mitic. Attacco formato da Giorgio Chinaglia (cinque volte miglior marcatore della NASL), Karl-Heinz Granitza e, ovviamente, Pelé. Non proprio una squadra di seconda fascia…

MLs, sCOMMEssA VINTADopo aver archiviato l’esperimento NASL, gli States, per poter organizzare i Mondiali del 1994, accettano, non con grande entusiasmo per la verità, di riprovarci. Nasce la MLS. Dopo

er anni abbiamo sentito risuonare un ritor-nello: “Negli States il calcio non attecchirà mai”. In effetti, in un Paese dominato da baseball, basket, hockey e football (ame-ricano ovviamente) pareva pura utopia pensare di poter introdurre anche il calcio. Ma, fatto noto, gli statunitensi, quando si

mettono in testa qualcosa, difficilmente falliscono. E, dopo tanti tentativi mal riusciti e mille peripezie, alla fine siamo giunti ad un torneo, la MLS, che inizia a far invidia a tanti. Dopo essersi sorbiti attempati senatori ad un passo dal chiudere con il calcio, i tifosi a stelle e strisce stanno iniziando a gustarsi vere e proprie stelle del calcio internazionale, in particolare europeo. Giovinco, da questo punto di vista, rappresenta la brutale inversione di rotta. La MLS, forte di una Lega sana e ben strutturata, può garantire un calcio qualitativamente in

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PRIMA DELLA MLS, L’AMERICA SPERIMENTò LA NASL DEI FAMOSI COSMOS DI PELé E BECKENBAuER…“”

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GRAZIE ALLA THE BECKHAM RuLE, I CLuB DELLA MLS

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anni tribolati, nel 1996, si parte. Al via 10 franchigie. Fino all’anno di grazia 2006 la partecipazione è limitata, sia come franchigie che come spettatori. L’edizione 2007 è quella della prima, vera, svolta. Oltre all’ingresso nella lista delle parteci-panti di Toronto, prima realtà canadese nella MLS, viene va-rata, dagli alti vertici, la cosiddetta Designated Player Rule, una sorta di deroga al rigido tetto salariale (punto di forza della MLS), che permette ai LA Galaxy di ingaggiare un mito internazionale come David Beckham. È la prima vera stella del calcio che mette piede in MLS. Il ritorno è impressionante, sia in termini mediatici che di sponsorizzazioni. Grazie all’arrivo del forte inglese, la MLS si sdogana, diventando, di colpo, un torneo mappato nel calcio che conta. Il numero delle franchi-gie partecipanti aumenta di anno in anno. Nel 2012 sono 19, quest’anno si arriva, a quota 20 (uscita di scena dei Chivas uSA ma ingresso di Orlando City e New york City). Don Gar-ber, numero uno della MLS, non si accontenta e punta in alto: “Il nostro obiettivo è raggiungere le 24 franchigie nel 2020”. Insomma, l’MLS ha svoltato. Lo dicono i numeri e l’interesse che si è scatenato attorno a quella che, secondo molti addetti ai lavori, è la Nuova Mecca del calcio… Non a caso, la MLS può ora mettere sul piatto nomi altisonanti come quelli di Steven Gerrard, Frank Lampard, Sebastian Giovinco, David Villa e Kakà, tanto per citare i più quotati…

ALBO D'ORO MVP MLsStagione Giocatore Franchigia

1996Carlos

ValderramaTampa Bay Mutiny

1997Predag

RadosavljevicKansas City Wizards

1998 Marco Etcheverry D.C. united1999 Jason Kreis Dallas Burn2000 Tony Meola Kansas City Wizards

2001Alex

Pineda ChacónMiami Fusion

2002 Carlos Ruíz Los Angeles Galaxy

2003Predag

RadosavljevicKansas City Wizards

2004 Amado guevara MetroStars2005 Taylor Twellman New England Revolution2006 Christian gómez D.C. united2007 Luciano Emilio D.C. united

2008Guillermo

Barros schelottoColumbus Crew

2009 Landon Donovan Los Angeles Galaxy2010 David Ferreira FC Dallas

2011Dwayne

De RosarioD.C. united

2012 Chris Wondolowski San Jose Earthquakes2013 Mike Magee Chicago Fire2014 Robbie Keane Los Angeles Galaxy

erché la MLS ha potuto permettersi Giovinco, ossia un giocatore nel pieno della sua forma e, quindi, con un ingaggio da star? La risposta sta nella Designated Player Rule, meglio nota come The Beckahm Rule. Nella MLS è in vigore il Salary

Cup che impone, ad ogni franchigia, un tetto salariale ben de-finito (attorno ai tre milioni di dollari a stagione ndr). Dall’anno di grazia 2007, è stata introdotta un’eccezione, appunto la The Beckham Rule. una “scappatoia” che, di fatto, permette ad ogni club di potersi permettere giocatori di prima fascia internazionale. In sintesi: il patron della franchigia si compra una stella pagando di tasca sua l’ingaggio che, quindi, non va ad incidere sul salary cup del club (se non in minima percen-tuale). Grazie a questa norma, i Los Angeles Galaxy hanno ingaggiato, in passato, Beckham (con contratto garantito da 6,5 milioni di dollari a stagione). Il primo di una lunga serie vi-sto che, dopo l’inglese, tanti altri hanno approfittato della The Beckham Rule. Solo nell’ultima finestra di mercato, sono già oltre 10 i campioni internazionali acquistati dalle franchigie a stelle e strisce grazie alla Designated Player Rule. Da Ger-rard (LA Galaxy) a Lampard (New york City), passando per I vari Maloney (Chicago Fire), Emeghara (San Josè Earthqua-kes), Wright-Phillips (New york Red Bulls) e Giovinco (Toron-to). una normativa che sta facendo la fortuna dell’MLS…

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LA LEGGE BECKHAMSI CHIAMA DESIGNATED PLAyER RuLE ED È LA NORMATIVA CHE HA PERMESSO ALL’MLS DI AVERE GIOVINCO…

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no dei segreti del successo della MLS (e, prima, di tutte le altre Leghe professionistiche americane) è, senza ombra di dubbio il Draft. un sistema che permette ai club di mettere sotto contratto gio-vani talenti provenienti dal college o dalle varie

academy e, di riflesso, di avere risorse preziose per tutti i club. Ogni anno, il Draft è un appuntamento imperdibile per tutte le franchigie, desiderose di accaparrarsi i migliori prospetti in circolazione. L’MLS Super Draft 2015 è stato decisamente intrigante. Complice la decisione di Jordan Morris (segnatevi questo nome) di restare all’università ancora per un anno, la prima scelta assoluta, nelle mani di Orlando, è caduta su Cyle Larin (university of Connecticut). Primo canadese ad essere chiamato con la N.1, 19 anni, ha segnato 23 reti in 39 gare al college, a dimostrazione del suo talento. Anche la seconda chiamata è finita per premiare un attaccante: Khiry Shelton (Oregon State), finito ai New york City. Stessa scelta per Montreal Impact che, alla N.3 ha chiamato Romario Wil-liams (18 gol in 51 gare con university of Central Florida). Tra i nomi più intriganti, attenzione ad Alex Bono. Di ruolo portiere, ha fatto vedere grandi cose a Syracuse university, tanto da convincere Toronto a chiamarlo alla sesta (già nel giro della nazionale). questa la lista delle prime 10 chia-mate all’MLS Super Draft 2015: 1. Cyle Larin (Att), univer-sity of Connecticut – Orlando City SC; 2. Khiry Shelton (Att), Oregon State university – New york City FC; 3. Romario Williams (Att), university of Central Florida – Montreal Im-pact; 4. Fatai Alashe (Cent), Michigan State university – San Jose Earthquakes; 5. Nick Besler (Cent), university of Notre Dame – Portland Timbers; 6. Alex Bono (Port), Syracuse uni-versity – Toronto FC; 7. Matt Polster (Difen), Southern Illinois university of Edwardsville – Chicago Fire; 8. Zach Steinber-ge (Cent), Butler university – Houston Dynamo; 9. Clement Simonin (Difen), North Carolina State university – Toronto FC; 10. Connor Hallisey (Cent), university of California, Berke-ley – Sporting Kansas City. Nomi da segnare sul libretto…

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I CAMPIONI DEL FuTuROCON IL DRAFT, LE FRANCHIGIE SI ASSICuRANO I CAMPIONI DEL FuTuRO…

TIFOSI OVuNquEBEN 19.148 SPETTATORI DI MEDIA E SIAMO SOLO ALL’INIZIO

egli States sanno come valorizzare i propri asset. una Lega forte, in grado di “gestire” al me-glio ogni aspetto del prodotto calcio, significa anche avere una promozione stellare. La con-ferma arriva dall’incredibile media spettatori

che riguarda il mondo MLS. Abituati, in Italia, a stadi semi vuoti (con l’eccezione dei big match), fa una certa impres-sione pensare che, in MLS, ci siano 19.148 tifosi ad ogni partita (media stagione 2014). un dato in continua crescita (+2,9% rispetto alla stagione 2013). Sorprendente, in par-ticolare, la città che garantisce più tifo. Los Angeles? Toron-to? No, Seattle. Se LA Galaxy e Toronto FC si difendono alla grande (21.258 e 22.088 presenze rispettivamente), fa impressione il pensare che, alle gare interne dei Seattle Sounders ci siano la bellezza di 43.474 spettatori di media. Il Century Link Field, dimora dei Sounders, è uno spettacolo per gli occhi, con bandiere verdi e blu, speciali coreogra-fie e tifo organizzato ovunque. una passione viscerale che porta allo stadio tifosi di ogni età ed estrazione sociale, a dimostrazione che l’MLS è pensata per tutti, nessuno escluso. La Lega punta, con l’allargamento a 24 squadre nel 2020, ad arrivare ad una media spettatori superiore alle 25.000 unità. Obiettivo più che fattibile, considerate le premesse…

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ALBO D'ORO MLs

StagioneFranchigiaCampione

Franchigia Finalista

1996 D.C. united Los Angeles Galaxy1997 D.C. united Colorado Rapids1998 Chicago Fire D.C. united1999 D.C. united Los Angeles Galaxy2000 KC Wizards Chicago Fire2001 S.J. Earthquakes Los Angeles Galaxy2002 L.A. Galaxy New England Revolution2003 S.J. Earthquakes Chicago Fire2004 D.C. united Kansas City Wizards2005 L.A. Galaxy New England Revolution2006 Houston Dynamo New England Revolution2007 Houston Dynamo New England Revolution2008 Columbus Crew New york Red Bulls2009 Real Salt Lake Los Angeles Galaxy2010 Colorado Rapids FC Dallas2011 L.A. Galaxy Houston Dynamo2012 L.A. Galaxy Houston Dynamo2013 Sporting K.C. Real Salt Lake2014 L.A. Galaxy New England Revolution

KaKa' aD orlanDol'ex rossonero èuna delle stelle

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L’OBIETTIVO DICHIARATO DELLA MLS È DI ARRIVARE A 24 FRANCHIGIE A PARTIRE DALLA STAGIONE 2020…“”

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di Tommaso MASCHIO

l'Uomo GUiDaDi Gennaroè l'anima pensantedel Vicenza

a lunga trafila nelle gio-vanili del Milan (“che ringrazierò sempre per avermi formato come calciatore e uomo”) e tanta Serie B alle spal-

le con due promozioni in massima se-rie conquistate nella sua carriera, ma

solo un anno da protagonista in A con la Reggina nel 2008-09 che lo portò a un passo dall'Europeo under21 con l'I-talia. Ora l'avventura col Vicenza dove studia, con profitto, da regista basso.

Il Vicenza è una delle sorprese sta-gionali. Ripescati in extremis state

viaggiando a ritmo play off. C'è un segreto dietro tutto questo?“Il segreto è credere nel lavoro che si fa giornalmente per migliorarsi e crescere come gruppo e squadra. Con l'arrivo di mister Marino la nostra crescita è stata esponenziale, perché anche grazie ai ri-sultati positivi la nostra autostima e fidu-

ARRETRARE PER AVANZARE. DI gENNARO PUNTA ALLA A: “ANCELOTTI MI CONsIgLIò DI gIOCARE PIÙ ARRETRATO…”

LA MENTE DEL VICENZA

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SERIE B/ VICeNZAdi Tommaso MASCHIO

cia è aumentata, siamo diventati sempre più consapevoli dei nostri mezzi e delle nostre qualità”.

siete una squadra costruita in pochi giorni. Questo può aver influito su un inizio di stagione meno brillante?“Siamo partiti fra mille difficoltà essendo una squadra costruita in 10 giorni dopo la notizia del ripescaggio. Con mister Lo-pez qualche difficoltà all'inizio c'è stata anche se alla fine stavamo facendo un buon cammino. Sicuramente quelle diffi-coltà affrontate all'inizio ci hanno aiuta-to a compattare il gruppo e venire fuori alla distanza”.

Che differenze ci sono fra Lopez e Marino?“All'inizio eravamo una squadra alla ricer-ca di un'identità. Mister Lopez adottava un modulo (il 4-4-2 ndr) per cercare di sopperire a queste difficoltà e trovare la quadratura del cerchio. Con Marino abbiamo cambiato modulo, passando a quello per cui la squadra era stata costru-ita, e le cose sono andate bene, come è sotto gli occhi di tutti. Il mister poi ha por-tato con sé un grande bagaglio d'espe-rienza accumulata in tanti anni e anche su panchine importanti e questo ha aiutato”.

Facciamo un salto indietro nel passa-to. se dico Milan che ricordi ti vengo-no in mente?“Ricordi legati a tutta la mia infanzia e adolescenza. Sono arrivato in rossonero

a sei anni e me ne sono andato per la pri-ma volta a 18. Mi hanno reso il calciato-re e l'uomo che sono e non finirò mai di ringraziarli per questo, sarò sempre gra-to alla società rossonera. Sono rimasto legato al Milan fino a 24 anni, tornando in rossonero sotto la guida di Leonardo, ma poi si sono fatte altre valutazioni e le nostre strade si sono divise”.

Andiamo avanti. A Bologna e Reg-gio Calabria le prime esperienze da “grande”.“Bologna è stata la mia prima da profes-sionista ed è stata una grande esperien-za. Ho contribuito a riportare in Serie A una squadra prestigiosa dopo tanti anni giocando con continuità e trovando un al-lenatore come Arrigoni a cui sarò sempre grato. Conservo i ricordi di quel perio-do con grande piacere. A Reggio andò peggio a livello sportivo, ma ho trova-to grande continuità a livello personale e ho anche in questo caso ottimi ricordi. Inoltre ero molto coccolato dal pubbli-co e questo fa sempre molto piacere”.

Hai anche sfiorato l'Europeo con l'Un-der 21 quell'anno.“Con mister Casiraghi avevo un ottimo rapporto. Ho raccolto più presenze in un-der 21 quando ero in anticipo sul biennio rispetto alla 'mia' annata, anche a cau-sa di qualche infortunio di troppo, come quello che mi costrinse a saltare l'Euro-peo. Quello era un gruppo molto forte e sono felice di averne fatto parte nono-

stante avessi 1-2 anni meno degli altri”.

A Modena e spezia le tue stagioni finora migliori dal punto di vista re-alizzativo, ma la A ti sfugge ancora.“In gialloblu ho disputato quella che re-puto la mia miglior stagione nel comples-so. Al termine di quell'anno avevo anche proposte in Serie A, ma preferii appro-dare allo Spezia per sposare un proget-to ambizioso come quello del presidente Volpi che mirava alla promozione. un progetto poco fortunato però visto che lo Spezia è ancora in B e non è riuscito a conquistare la categoria superiore. A fine anno si fece avanti il Palermo, una squadra prestigiosa che valeva la Serie A e mi trasferii lì. Abbiamo raggiunto subito la promozione ed è stato un mo-mento emozionante e felice”.

Che ricordi hai di mister Iachini? “Con Iachini il rapporto è stato ottimo. Lo devo anche ringraziare perché nel gi-rone di ritorno della passata stagione mi impostò come regista davanti alla dife-sa, il ruolo in cui gioco ora, una scelta vincente in fin dei conti”.

Una scelta che potrebbe anche esse-re una svolta nella sua carriera come accaduto ad altri in passato, su tutti Andrea Pirlo.“Si, la scelta di Vicenza è anche legata a questo. Qui sapevo di poter giocare con continuità in questo ruolo nuovo per me, crescere e migliorarmi come regista. Questo ruolo può darmi molto e, nono-stante sia ancora abbastanza giovane, permettermi di giocare più a lungo oltre che di affermarmi ad alti livelli. Ricordo che già Ancelotti ai tempi della Primave-ra del Milan mi consigliò di cambiare e giocare più arretrato, ma all'epoca ero giovane e segnavo molto nelle giovani-li e ho preferito continuare nel ruolo di trequartista”.

A quasi 27 anni sei nel pieno della maturità calcistica. Che obiettivi ti poni?“Innanzitutto voglio finire bene la sta-gione col Vicenza e ripagare una società che ha creduto molto in me. Questa è la cosa che più mi interessa nell'immedia-to. Poi certo il pensiero va alla Serie A e alla possibilità di ritagliarmi uno spazio importante visto che nel mio ruolo non ci sono tantissimi interpreti in giro”.

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'eziologia' di Eziolino è studio complicato. Il cal-cio spesso è fatto della stessa materia dei so-gni, Capuano è riuscito in diverse occasioni ad

afferrarla. Il più delle volte in contesti quantomeno complicati, alle prese con difficoltà di ogni genere. Squadre pros-sime al fallimento o costruite con pochi soldi e tante idee? Capuano è la per-sona ideale per accompagnarle verso l'impresa. Personaggio fuori dagli sche-mi e dalle righe, impossibile da catalo-gare o classificare. Altrettanto difficile riuscire a tenerlo fermo per più di un anno nello stesso posto, i pochi contatti pluriennali firmati nel corso della car-riera sono finiti nel cestino "In nome di una dignità che non può essere barattata con nient'altro".

Le perle di saggezza si sprecano: il tecnico campano riesce a passare con disinvoltura da pensieri alti ('La libertà di pensiero dovrebbe essere il più nobile sentimento che alberga nell'animo uma-no') a fuoriuscite piene di ironia che hanno fatto il giro del web, ad esem-pio l'ultima 'l'Arezzo in serie D? Sarebbe

come Belen che fa la barista'. Il calcio come fonte di vita, sgorga sincera e inevitabile.

Un brutto infortunio ha stoppato pre-cocemente la carriera da calciatore, nelle giovanili dell'Empoli inizia a farsi strada quella che viene definita 'una vocazione'... "Ho cominciato come osservatore del club toscano, ancora li ringrazio per la possibilità che mi è stata concessa. Da quel momento è iniziata la mia carriera, mi sentivo già allenatore".

Tantissime le esperienze, tutte al sud prima di Arezzo. Come mai? "Forse da campano mi è venuto più na-turale lavorare al centro-sud, ma devo dire che il calcio è uguale dappertutto. Sicuramente nel meridione c'è più passio-ne, questo sport viene vissuto in maniera completamente diversa".

In Toscana la prima avventura in un ambiente diverso, le differenze prin-cipali? "Dal punto di vista del calore e della passione sembra di essere al Sud. L'im-portante è avere la giusta adrenalina,

cosa che non mi è mai mancata. Stiamo vivendo un sogno, il miracolo è a portata di mano".

L'Arezzo staziona a metà classifica, l'obiettivo salvezza sembra essere in cassaforte. "Voglio ricordare che la squadra è stata costruita in gran ritardo, a campionato già iniziato. Alla terza giornata pratica-mente non avevo un gruppo, è un qual-cosa di incredibile quello che sta acca-dendo".

La sfida sembra essere sempre la stessa. Nelle situazioni di difficoltà, Capuano si esalta e spesso centra una missione che pareva impossibile. È così? "Vero, quando bisogna remare contro avversità di tutti i tipi do il meglio di me. Probabilmente, mi sento più coinvolto quando si è in mezzo alla tempesta. Mi reputo una persona di grandi principi, davanti alle difficoltà non scappo".

Difficile trovare una piazza dove Ca-puano non sia stato idolo dei tifosi. spesso si è creata una simbiosi per-fetta, quali i motivi di un rapporto

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AREZZOdi Pasquale ROMANO

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INTERVISTA ESCLuSIVA A EZIOLINO CAPuANO, ALLENATORE DELL’AREZZO E STORICO PERSONAGGIO DELLA LEGA PRO

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così intenso?"Mi definisco un uomo del popolo, che lavora con grande dedizione e rispetto verso i tifosi. Mi è capitato di festeggia-re come un pazzo in mezzo alla gen-te, esternazioni inaspettate ma sincere. Come molti di loro so cosa significa la vera sofferenza, per queste ragioni sap-piamo gioire in modo simile".

Tanta Lega Pro, quasi trent'anni di panchina e mai una vera chance nel campionato cadetto. C'è rimpianto o rammarico? "Non sono mai rimasto fermo per una stagione, la continuità è figlia di passione e abnegazione. Poi riconosco che non è semplice andare d'accordo con un carat-tere come il mio, per nulla accomodante".

Integrità e moralità i punti fermi. La grande occasione in serie A è arriva-ta, in Belgio con l'Eupen, ma è durata poche settimane. Per la poca voglia di scendere a compromessi? "Esattamente, c'è stata una diversità di vedute troppo profonda. Non ho avuto dubbi nel lasciare e stracciare un con-tratto importante, i soldi non valgono la dignità professionale".

Dimissioni ma anche esoneri lampo, come a Caserta. La squadra ha con-cluso la stagione al primo posto, al fianco del Messina. "Ho costruito io quel gruppo, con un simi-le organico sarebbe arrivata prima an-che con un bambino in panchina. Anche in quell'occasione ho visto cose che non mi sono piaciute, l'esonero dopo appena tre giornate non credo possa essere mo-tivato con i risultati".

La carriera ideale di un allenatore dovrebbe vivere di un percorso gra-duale, maturo e consapevole. gavet-ta che invece spesso viene saltata a piè pari, numerosi gli esempi illustri. Cosa ne pensa Capuano? "Sono orgoglioso del mio percorso, fatto di tanta fatica ed esperienze in tutte le categorie. Noto che tanti tecnici rischia-no di bruciarsi per inesperienza, la mia convinzione è che non si può fare il ve-scovo senza aver fatto prima il parroco".

ha avuto la possibilità di conoscere da vicino due 'guru' del calibro di Mourihno e Van gaal, con quali sensazioni? "Si tratta di due grandissimi allenatori,

tra i migliori in circolazione. Hanno me-todologie e caratteri completamente di-versi, mi sento più vicino a Mourihno per quanto riguarda la filosofia gestionale di un gruppo".

Capuano ha avuto dei miti che ne hanno influenzato la formazione? "Dire mito forse è esagerato, sicuramen-te reputo Sacchi un precursore. All'inizio della carriera ho tratto ispirazione dal suo modo di proporre calcio in modo in-novativo e l'equilibrio tattico".

Da poco compiuti 50 anni, sarebbe tempo di bilanci. Capuano però sfug-ge nuovamente alla normalità... "Li fa chi si guarda indietro, io invece sono sempre proiettato al futuro. Mi sen-to un ragazzino, mi alzo alle 7 e respiro calcio 18 ore al giorno".

L'uomo dei tanti miracoli sportivi ha ancora qualche sogno nel cassetto? "Mi reputo soddisfatto per quanto fatto sinora, ma non si smette mai di imparare o sognare. Voglio vivere intensamente ogni attimo della vita, calcistica e non. E salvare l'Arezzo, sono sicuro che ce la farò anche stavolta...".

LEGA PRO/ AReZZOdi Pasquale ROMANO

miSter caPUanoUn tecnico abile

ed esperto pervolare in alto...

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CIVITANOVESE

itanò è il modo in cui i civitanovesi chiamano in dialetto la propria città e la propria squadra. una compagine dalla casacca rossoblu, che da

più di novanta anni, era il 1919 quando la Civitanovese venne fondata da Ge-rardo Bella, scalda il cuore dei propri tifosi. qualche anno di C nel palmares e l’immensa soddisfazione di aver segnato un gol al “grande” Milan, dell’allora pre-sidente Farina. I rossoneri, che in quell’a-gosto ’84 presentavano il nuovo acqui-sto, l’inglese Mark Hateley, si imposero per 3-1, in un “Comunale di Civitanova, pieno come un uovo” (scrisse così Ferretti, penna de “La Stampa”). Ma la Civitano-vese non era stata proprio a guardare ed era anzi passata in vantaggio con Mazza, al 40’, prima di capitolare nella ripresa. Oggi la squadra marchigiana vive un momento difficile a livello socie-tario, ma continua a lottare tra le prime, trascinata da Giovanni Amodeo, profes-sione attaccante, che per idolo aveva proprio il successore di Hateley al Milan, Marco Van Basten.

Paganini non ripete, ma Amodeo ne-

anche. Mi spiego, ci sono calciatori “ripetitivi”, perché vestono sempre la stessa maglia, lei invece la cambia praticamente ogni anno. C’è un moti-vo particolare?“La vita di un calciatore, ancor più per un attaccante, dipende dalle richieste che si hanno. Se fai bene ti cercano in tanti, se fai male, la società di cui fai parte non ti tiene. E se non ti tengono devi cambiare squadra. Quando ero più giovane avevo bisogno sempre di nuovi stimoli, oggi i cambi possono essere motivati anche dalla ricerca della stabilità economica”.

In questo girovagare per l’Italia mai in Piemonte, regione di nascita. Perché?“In Piemonte ho avuto solo esperienze a livello di settore giovanile, quando ero piccolo. Poi non ho mai più avuto la pos-sibilità di giocarci, la motivazione è que-sta. Spesso in queste categorie ti cercano le squadre del tuo stesso girone o di un girone confinante. Mi piacciono i rag-gruppamenti centromeridionali perché ti portano a giocare in piazze belle, a volte anche palcoscenici calcistici importanti”.

E a Civitanova, come ha vissuto que-sti primi mesi?

“Siamo partiti benissimo, in ritiro c’era entusiasmo ed un progetto importante. A metà campionato ci siamo trovati ad un solo punto dalla prima, poi le vicende societarie non ci hanno consentito di ave-re serenità e la concentrazione è un po’ calata. Oggi la situazione è grave e non sono problematiche facili da risolvere. Mi auguro che tutto vada per il meglio e che si possa ricominciare a pensare solo al calcio giocato”.

Con questo clima che si è venuto a creare, i playoff sono ancora alla vo-stra portata?“Oggi è difficile dirlo, non possiamo crearci obiettivi, pur avendo in squadra calciatori importanti. Siamo tutti ragaz-zi, adesso abbiamo tanti problemi e se non verranno risanati sarà sempre più difficile proseguire, soprattutto per chi abita lontano e per chi ha famiglia. Fino ad oggi la squadra in campo non ha risentito troppo di queste componenti e nonostante tutto siamo ancora quarti. La Maceratese è un discorso a parte, sta fa-cendo un grande campionato e gliene va dato tutto il merito”.

In fumo anche la possibilità di battere

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di Simone TONINATO

DOPO uN OTTIMO AVVIO, I PROBLEMI SOCIETARI. MA C’È IL BOMBER AMODEO A TRASCINARE I MARCHIGIANI

CORAggIO CITANò

orGoGlio roSSoblUassalto ai play...poi chissà

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il proprio record personale di marca-ture in un unica stagione?“Il record è battibile, ma se tutto quello che ci circonda torna a darci serenità. Non è il mio primo pensiero, mettiamola così. Penso a questa squadra, sarebbe un pec-cato mettere nei guai novant’anni di sto-ria, con questa tifoseria poi, che ha capito i problemi che stiamo vivendo e continua a sostenerci. Ho visto veramente gran-de passione attorno a questa squadra”.

Ciononostante lei ha già segnato di-ciassette gol ed in carriera non ha mai fatto male il suo dovere, non può dipendere solo dalla fortuna. C’è un segreto? Un attaccante a cui si ispira o si è ispirato? “La chiave per me è l’esperienza. Se riesci a maturarla fin da giovane puoi diventare un gran calciatore, se la ac-quisisci più avanti, ti ritagli degli spazi in questi campionati che ci permettono di vivere, ma non sono certo la Serie A che sognavamo da bambini, quello è un altro calcio. L’esperienza influisce enormemen-te dal punto di vista della concretezza e compensa al calo fisiologico che si ha negli anni, dal punto di vista fisico. Tanto che i miei gol sono aumentati e non di-

SERIE D/ CIVITANOVeSedi Simone TONINATO

minuiti. Da bambino amavo Marco van Basten, sono andato a vederlo diverse volte. È la prima punta per eccellenza, aveva tutto: colpo di testa, forte di pie-de, ottimo fisico, gran tecnica, era un cal-ciatore totale ed un grande uomo. Degli attuali, mi piace tantissimo Ibrahimovic”.

Lì davanti è meglio stare solo o in compagnia?“Sono un attaccante un po’ atipico, sono alto ma mi piace giocare palla a terra.

Mi piace avere un trequartista o una se-conda punta vicino. Come assetto prefe-risco il 4-2-3-1 e il 4-3-1-2”.

E una volta appesi gli scarpini al chio-do?“Ancora non ci penso, perché quando pensi di smettere di giocare, è l’ora che lo fai. Ho ancora voglia di giocare nel miglior modo possibile e mi auguro di chiudere la carriera fra diversi anni, il più tardi possibile”.

GioVanni amoDeoDopo tanto girovagare,

i gol del bombersono arrivatia civitanova

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CI sIAMOFATTI

DA sOLI

ELIO LETTERIO PINO ED uLISSE SAVINI. NOMI FuORI DALL'ORDINARIO

ED uNA CERTEZZA: “ORGOGLIOSI DI quANTO FATTO”

di Marco CONTERIO

foto Mourad BALTI TOuATI/Photoviews

I RE DeL MeRCATO

u. SAVINI E L. PINO

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I RE DeL MeRCATO / u. SAVINI E L. PINO

Un Gennaio Da SoGnoPino e Savini sono

stati gli intermediariper Shaqiri-inter

e Salah-fiorentina

elio letterio Pino UliSSe SaVini

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I RE DeL MeRCATO / u. SAVINI E L. PINO

è profumo di vernice fresca, intorno a noi. Le maglie di Mau-ro Icardi, di Baldè Diao Keita, di Mo-dibo Diakité, ricordi e memorie che però

devono ancora arrivare. Il nuovo uffi-cio della Top Eleven è come la vita di Elio Letterio Pino e di ulisse Savini. È un work in progress continuo, dove non ci si ferma mai. Dove da un punto c'è una nuova partenza e così via. una parola ed un occhio al cellulare. una risposta a noi ed una ad un messaggio. Senza sosta. Però c'è anche, e soprattutto, spazio per raccontare le storie di due uomini che s'incontrano.

Prima però toglietemi una curiosità: Elio Letterio ed Ulisse non sono due nomi comuni.Letterio: “Viene dalla Madonna della Lettera, la patrona di Messina. Io sono cresciuto qui, a Milano, ma i miei genitori hanno origini siciliane. Ed ho sempre vis-suto nel dubbio di molti, tra quale fosse il nome e quale il cognome”.ulisse: “Era il nome di mio nonno. I miei

pensarono anche di darmi un secondo nome, uno comune, ma alla fine mio pa-dre ne scelse uno solo”.

Passiamo alle vostre radici.Letterio: “Sono diplomato in ragioneria, poi per rinviare il militare mi iscrissi a giurisprudenza. Ho lavorato anche come giornalista, ma dal 1995 faccio il pro-curatore”.

ulisse: “Vengo dal Molise, poi vado a vivere a Bologna. È una città che ho scelto, e che mi ha scelto, durante la gita scolastica di quarta superiore. Ho studia-to e mi sono fermato lì, laureandomi in giurisprudenza nel 2002. Volevo fare l'agente, quella di poter fare l'avvocato era l'alternativa. Mi sono iscritto a ma-gistratura, ma si studiava troppo, nono-stante fossi pure bravo. E non era una

C’ “”mentre lA fiorentinA

prendevA lAtorre,ero certo:quello forteerA bAtistutA

icarDi e KeitaDue dei nomi più importantiche hanno segnato la carrieradei due procuratori

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questione di ore sui libri, adesso lavoro pure 18 ore al giorno, ma lì solo di quel-lo si trattava”.

Parliamo del vostro amore per il fo-otball.Letterio: “Devo tutto a mio padre. A quattro anni andavo allo stadio, cono-scevo a memoria tutti i giocatori. una volta, per difendere mio padre ad un signore 'tuttologo', dissi: “se sai tutto, allora chi è il secondo del Foggia? Non lo sai? È Pietro Villa”. Ricordo che pian-gevo quando l'Inter perdeva e, ahimè, è capitato spesso. A vent'anni poi c'è stato un punto di svolta importante: un ristora-tore mi disse 'parli sempre di calcio, ma mica ti dà da mangiare'. Gli dissi “no, ma accadrà”. Ed è successo”.ulisse: “Capodistria faceva vedere sempre i campionati stranieri, volevo vedere se i talenti che ammiravo lì sarebbero venuti poi in Italia. Ricordo quando la Fiorentina seguiva Latorre. Mio cugino, tifoso viola, si augurava il colpo, io gli dissi: “ma no, quello forte è Batistuta”, che pure giocava punta esterna a destra”.

Come vi siete incontrati?

ulisse: “Volevo fare l'agente a prescin-dere, dopo il lavoro andavo a vedere i giovani nei campetti di Pescara e dintorni visto che nel Molise, nella mia terra, non è una realtà concreta quella del calcio. Vidi una partita dove c'era Scarpello della Juventus, ed il padre cercava una squadra al ragazzo...”.Letterio: “Aggiungo: le nostre consor-ti sono entrambe di Cariati, ma non si

“”devo tutto A mio pAdre domenico. e per ulisse ho fAtto quel che tAnti non hAnno fAtto per me

laUreati in SoGninonostante gli studi,

hanno deciso entrambidi seguire la propria

vocazione

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I RE DeL MeRCATO / u. SAVINI E L. PINO

l'eSPertoagente dal 1995,Pino confessa:"Ho pianto spessoper la mia inter"

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il GioVaneil primo assistitodi Savini è stato

Diakitè. "con lui unrapporto eccezionale"

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conoscevano all'epoca. Scarpello era un mio assistito ma il padre disse ad ulisse 'chiama questo signore, che è lo zio'”.

E quindi?ulisse: “Beh, non lo era...”Letterio: “Non sapeva chi fossi, mi dis-se di essere un agente e mi spiegò come funzionava in questi casi. Gli spiegai poi che ero io il procuratore del ragazzo, ma mi fece simpatia e tenerezza”.

Come andò a finire?Letterio: “Dopo alcuni minuti mi richiamò dicendomi se poteva passare a Milano per vedermi. Mi piacque la sua intra-prendenza”.ulisse: “Poi, alla fine, portammo Scarpel-lo al Lanciano insieme. Io cercavo chi mi potesse aiutare, Elio fu l'unico che cre-dette in me”.

Non solo agenti, non solo uomini di legge, però.Letterio: “Ho fatto le pulizie, il catering mentre mi laureavo. Ricordo una volta che provai un profondo imbarazzo per-ché, mentre facevo già l'agente, stavo per offrire dei pasticcini a Pasqualin che stava andando in sede all'Inter per il rin-novo di Branca”.ulisse: “Ho fatto la sicurezza nei locali, ma sono stato cacciato, perché ero sem-pre al telefono coi ragazzi che assiste-vo... E poi di tutto, ho consegnato anche le pizze a domicilio. Facevo lavori per mantenermi e per vivere”.

Come hanno visto le vostre famiglie questo lavoro?ulisse: “Vengo da una famiglia bene. Non mi è mai mancato niente, quando lasciai gli studi per la magistratura per dedicarmi al lavoro di agente mio padre mi disse che avevo scelto la mia vita, ma che da quel momento dovevo arrangiar-mi senza i soldi di famiglia. Beh, oggi è

“”leGAto emotivAmente A diAkité, per me è stAto il primotrAsferimento importAnte

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una soddisfazione esserci riuscito con le mie gambe, aver scelto la mia strada, ed anche lui è ben orgoglioso che ce l'abbia fatta”.Letterio: “Chiudo un cerchio: chi mi ha aiutato di più è stato mio padre Domeni-co. E lui sa bene perché”.

Forse anche per questo vi siete scelti.Letterio: “Sono figlio di un bancario, non ho mai avuto un padre dirigente o cal-ciatore. Ho fatto per lui quello che nessu-no ha mai fatto per me, anche se ho avu-to grandi consigli e supporti da persone come Antonio Dell'Aglio, dello studio Branchini. È stata dura, all'inizio, ricor-do una Solbiatese-Varese Berretti. Avevo mille lire in tasca, non potevo neanche pagare il caffè ai genitori dei miei ra-gazzi. Mi nascondevo, a fine gara sono andato in auto e sono scoppiato a pian-gere. Così ho chiesto un segnale, se stessi sbagliando strada, ma da quel giorno è sempre successo qualcosa di bello”.

Partiamo, ora: chi il vostro primo gio-catore?Letterio: “Giuseppe Pellegrini, un '78 dell'Inter. Gran fisico e qualità, ma ricor-do ancora un episodio del mio passato: nella finale del Viareggio del 2000, avevo sette undicesimi dell'Inter titolare”.ulisse: “Modibo Diakité, classe '87 del Pescara. Era in una squadra spettacola-re, con Aquilanti, Carrozza, Ciofani, Pa-olucci, Artipoli, Aridità, Balzano”.

Come si sviluppa il vostro percorso?Letterio: “Per due anni e mezzo mi aiuta Dell'Aglio, poi per altrettanto tempo la-voro con Fioranelli, Morabito e Vigorelli. In seguito, collaboro in società con Sauro Catellani”.ulisse: “E dal 2011 inizia il nostro percorso insieme, quando costituiamo la Top Eleven, dove siamo soci al cinquanta per cento”.Letterio: “E ci tengo a dire una cosa:

“”icArdi è un rAGAzzofAntAstico,non fermAtevi solo AllA

suA immAGine

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ulisse è stato sempre una persona cor-retta, cosa non banale e scontata. I miei giocatori avevano finito o stanno finendo un ciclo. I suoi, quelli che aveva contrat-tualizzato lui, sono nostri. Insieme”.

Parliamo di Icardi?ulisse: “Parte da una segnalazione di Nunzio Marchione, che collaborava con noi e viveva a Barcellona. È una sua intui-zione: ce lo descrisse come crack, mentre giocava con le giovanili del Barcellona. Elio andò là con Riccardo Pecini, della Sampdoria, all'epoca non conoscevamo quello che anche oggi è il suo agente, e con cui collaboriamo, Morano. Andammo a vederlo per conto del Doria, contro l'E-spanyol, ma non giocava. C'era Thiago Alcantara falso nueve, per fortuna poi entrò...”.Letterio: “E piacque a Pecini, l'uomo che l'ha portato in Italia. Lì abbiamo anche iniziato il percorso con Morano. Adesso siamo gli intermediari ufficiali nelle trat-tative per il ragazzo”.

Che tipo è Icardi?Letterio: “un ragazzo fantastico, che stride con l'immagine che in molti si sono fatti di sé. È generoso, bravo, altruista. Vederlo coi bambini intorno è meravi-glioso, commovente”.ulisse: “Ho un ricordo di Mauro. Gio-cava nella Primavera della Samp, fece quattro gol col Sassuolo e i blucerchiati volevano mandarlo nell'under 19 dell'I-talia. Lo presi dopo la partita e venne a casa mia: era triste, disse subito di no perché si sentiva, e chiaramente si sente, argentino. Insomma, eravamo da me e vedemmo Barça-Madrid, lui tifoso dei blaugrana e io dei Blancos. In spagnolo, ma vincemmo noi... Per questo non vede più il Barcellona da me”.

savini, tolga una curiosità: ma è stato lei il primo agente di Angelo Ogbonna?ulisse: “È stato il mio secondo giocatore dopo Diakité. Lo contattai quando era alla Primavera del Torino. Insieme abbia-mo firmato il primo contratto pro, quello con la Nike ed anche il contratto coi gra-nata che ha avuto sino al trasferimento alla Juventus. Cambiò agenti, poi, pas-sando a Giovanni Branchini, ma anche con lui ci siamo perfettamente chiariti e colla-boriamo in tante operazioni all'estero”.

Come shaqiri, dal Bayern Monaco

all'Inter.Elio: “Il rapporto con Xherdan nasce ai tempi del Basilea. Lo proponemmo in Ita-lia 3 anni fa, l'Inter era interessata ma il Bayern lo prese”.ulisse: “Nella trattativa per Shaqiri all'Inter, adesso, ho imparato da un mae-stro come Branchini delle cose che nean-che immaginavo esistessero. Certo, se mi guardo indietro, in vita mia sono stato un pazzo suicida, ma anche bravo, fortuna-to e con quella presunzione giusta che mi è poi servita”.

“”con icArdi e keitA in

spAGnA, GrAzieA mArchione,AbbiAmo Aperto unA nuovA strAdA

intUizione SHaQiriconosciuto ai tempi delbasilea, sono stati intermediaridel passaggio dell'esternoin nerazzurro

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I RE DeL MeRCATO / u. SAVINI E L. PINO

Intervista di Marco Conterio

Un gennaio ricco: anche salah alla Fiorentina.Letterio: “Abbiamo conosciuto Cristina Marice che gestiva il ragazzo ed abbia-mo avuto il mandato per l'Italia. È stata una fortuna che i viola abbiano creduto in lui, i risultati gli stanno dando ragione”.Parliamo di Diakité, savini?ulisse: “È uno di famiglia, quello a cui emotivamente sono più legato. Per Mo-dibo metto da parte anche la professio-nalità. È stato il mio primo trasferimento

importante, i miei primi soldi veri, il pri-mo giocatore in A. È stato il primo per tante cose”.

sempre in casa Lazio, passiamo a Keita.Letterio: “un altro talento segnalatoci da Nunzio Marchione. È stata una grande operazione”.ulisse: “Strategicamente, una delle mi-gliori. In Spagna, un giovane si può solo cedere e non dare in prestito, per questo intervenimmo per portarlo alla Lazio. Ed abbiamo aperto la strada per molti altri, in una metodologia dove però in pochi altri hanno avuto successo”.Letterio: “Come qualità prezzo, sono sta-te grandi operazioni. È facile prendere questi ragazzi a cinque milioni, difficile portare Tounkara alla Lazio per 50mila euro ed Icardi alla Sampdoria per 300mila euro”.

Ed ora, dove vi porta il futuro?ulisse: “Mi piacerebbe fare il ds, non l'agente per tutta la vita. Però adesso è bellissimo e la nostra idea è lavorare sui campionati più importanti, concentran-doci sui top e sulle mediazioni”.Letterio: “Continuerò un po' di anni, ma mi piacerebbe poi fare esclusivamente l'osservatore. un agente non deve esser-lo per forza ma per me, per noi, anche grazie a Nunzio, è stato un valore ag-giunto”.

Il rimpianto più grande?Letterio: “Luis Jimenez. Era un giocatore top, ma i nostri percorsi non sono andati avanti insieme e non ha avuto il successo meritato”.ulisse: “Diakité al Napoli. Era fatta, poi è saltato tutto. E sarebbe stata un'altra carriera, anche se Cagliari, adesso, è un gran bel punto di ripartenza”.

“”ho fAttodi tutto invitA miA per mAntenere

questo seGno: Anche sicurezzA e conseGnA pizze

fUtUro e ambizioni"Un giorno mi piacerebbe

fare il ds -dice Savini-.ma non è ancora

il momento"

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L’UNICOVERO

BOMBER

FACCIA A FACCIA CON PRuZZO, L'uOMO CHE HA SEGNATO ANCHE CINquE GOL IN uNA SOLA GARA...

di Fabrizio PONCIROLI

foto Mourad BALTI TOuATI/Photoviews

I gIgANTI DEL CALCIO

ROBERTO PRuZZO

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GoleaDor Di razzaovunque è stato, Pruzzo

ha sempre segnatogol importanti...

I gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

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iciamolo… Per chi l’ha visto giocare, Pruzzo non può es-sere considerato un attaccante come tanti altri. Davanti alla porta, O Rey

di Crocefieschi era glaciale, efficace, unico. un bomber di quelli che sanno mettere la palla in fondo alla rete. Per anni ho sentito mio padre lamentarsi per “…la scelta di Bearzot di lasciare a casa Pruzzo, uno che vale dieci Rossi…”. Lo incontro, grazie all’amico Dario Za-notto, uno che di calcio ne sa parecchio, all’Hotel Melià a Milano. Lui è il “Bom-ber” (titolo della sua autobiografia), uno che ha saputo segnare cinque gol in una partita, uno degli artefici dello scudetto della Roma 1982/83, uno che giocava per passione…“Ieri c’è stato un servizio su Sky sullo scudetto della Roma 1982/83… Mam-ma mia che flash rivedersi in campo, davvero un flash. Che squadra però… Quando c’è il Barone di mezzo, è sempre fantastico…”. L’intervista non è ancora cominciata e già abbiano uno spunto. Il ricordo della Roma di Liedholm, un

pezzo di storia del nostro calcio. Ma ci arriveremo…

Roberto, spiegaci questa leggenda metropolitana secondo la quale non volevi fare il calciatore…“No, non è che non volevo fare il cal-ciatore. Io volevo giocare a calcio, non avevo l’obiettivo dichiarato di diventare qualcuno, semplicemente mi piaceva gio-care a calcio, tutto qua. Non ho mai pen-sato a cosa avrei potuto fare di diverso, visto che a 15 anni ero già nel giro del calcio che contava”.

Quando hai capito che il calcio sareb-be stato il tuo vero mestiere?“Quando solo andato a Genova ho ca-pito che potevo fare qualcosa di impor-tante. Quando a 17 anni giochi in Serie A, ecco lì capisci che sei arrivato ad un certo livello. Se poi iniziano anche a darti dei soldi, beh allora è proprio fatta”.

Come dicevi, hai iniziato prestissimo a calcare i campi della serie A. Mai sentito la pressione?“Mai avuto pressione, zero. Era talmen-te un fatto naturale che non ci pensavo

neanche. Fino a quando non ho giocato con la Nazionale militare, a 20 anni, ho sempre giocato con la testa libera. Mi veniva tutto naturale. Poi, piano piano, tutto cambia”.

Dopo genova, ecco l’approdo a Roma per circa tre miliardi di vecchie lire…“Mi pare un po’ meno ma, comunque, erano parecchi soldi. Credo che, dopo Savoldi al Napoli, fosse il trasferimento più costoso all’epoca. Devo essere since-ro, al tempo non ho dato tanto peso ai soldi. Ho solo pensato che andavo in una squadra scarsa (ride, ndr) perché, ve lo assicuro, la prima Roma che ho trovato non era di primissimo livello”.

DI gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

aSSi Della romaPruzzo e conti, duedegli assi della romadello scudetto 1982/83...

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I gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

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I gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

spiegaci meglio…“Beh, tieni conto che, due anni prima, do-vevo andare alla Juventus. Poi c’è stato il Milan. Alla fine Moggi ha avuto un’intui-zione fantastica, ovvero pensare che an-che a Roma si potesse vincere lo scudetto. Hanno lavorato bene e si sono mossi per allestire una squadra importante. Il pri-mo anno, però, è stato drammatico, la squadra non c’era, ci siamo salvati dalla retrocessione per un mio gol. Per questo dico che era una squadra scarsa… “.

Poi tutto è cambiato…“Sì, assolutamente. E’ cambiato tutto nel giro di poco tempo. Con l’arrivo di Viola e Liedholm, la Roma ha cambiato pelle. Quel duo ha fatto volare la Roma. Ogni anno arrivavano giocatori importanti, uno o due alla volta, per continuare nella crescita del gruppo. Con Liedholm alla guida, la mentalità è cambiata e abbia-mo cominciato a vincere. Prima le Coppa Italia e poi è arrivato lo scudetto. Poi ci sarebbe anche la questione Coppa Cam-pioni (persa in finale contro il Liverpool ndr)…”.

Ecco, parliamo della Coppa Campioni“Momento più triste della mia carriera. Se ci penso ancora oggi, mi girano i cog….i. Tra l’altro io ho lasciato la cosa a metà. Avevo fatto gol ma sono dovuto uscire per infortunio ed è stata durissima. Credo che in quella serata si sia conclusa la nostra era”.

Per fortuna c’è sempre il ricordo dello scudetto del 1982/83…“Vincerlo è stato incredibile. Tra l’altro l’abbiamo vinto a Genova, la squadra che mi aveva lanciato nel calcio che con-ta. Comunque, in tutti i 10 anni di Roma, non ho mai rimpianto di non essere an-dato altrove. A Roma ho trascorso anni

“”aUtobioGrafia alla PrUzzoDa non perdere il librofirmato dal bomber... lo scudetto?

vincerlo è stAto incredibile. trA l’Altro

l’AbbiAmo vintocontro ilmio GenoA

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I gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

bellissimi, indimenticabili”.

Ora voglio sapere dei benedetti cin-que gol rifilati all’Avellino…“Giornata sfigatissima (ride ndr). Ma no, sono arrivati quasi per caso, uno dietro l’altro. Tra l’altro potevo fare anche il sesto…”.

Poi hai chiuso la tua carriera a Firen-ze. Che ricordi hai di quella stagione?“Bellissima esperienza. Ho avuto Eriksson come allenatore che avevo già avuto a Roma. Qualche problema con lui l’avevo avuto, ma a Firenze abbiamo risolto tut-to. Io abito a Lucca e facevo il pendolare di lusso. C’era gente come Borgonovo, Baggio, Dunga, quest’ultimo un perso-naggio davvero clamoroso. Ricordo il mio gol, l’ultimo della mia carriera, iro-nia della sorte segnato contro la Roma. Il modo migliore per chiudere”.

hai giocato con tanti campioni, me ne dici due o tre fuori categoria…“Vero, se ci penso, ho giocato con tan-tissimi campionissimi. Sul podio ci metto sicuramente Baggio. Roby è stato, a mio avviso, il migliore con cui abbia mai gio-cato. un talento pazzesco. Poi ci metto Bruno Conti, un grande compagno e un fuoriclasse nel suo ruolo. Poi ci metto un altro calciatore, con cui ho giocato solo in Nazionale militare. Dico D’Amico, un talento senza eguali. Tecnicamente incre-dibile. Come stranieri, dico Falcao. Era un grande in tutto, completo, uomo squa-dra e goleador. Poi ci sarebbero Cerezo, Dunga, Voeller, stranieri davvero tantis-simi ma Falcao lo metto al primo posto”.

Lo segui ancora il calcio oggi?“Per vedere una partita intera ce ne vuo-le… se è una grande partita magari la seguo, ma non sono mai stato uno che

SemPre in corSamomenti dell'intervista,

anche con l'amicoDario zanotto

“”coppA cAmpioni? momento più triste dellA miA cArrierA.se ci penso

AncorA oGGi, miGirAno i coG….i

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RAZZA DI BOMBERDi Fabrizio PonciroliNuMERI ECCEZIONALI PER uN ATTACCANTE ECCEZIONALE

ruzzo è un’istituzione nel mondo del calcio. Negli anni ’70 e ’80, a dettare leggere era lui, il ra-gazzo di Crocefieschi. Che sia dotato di grandi qualità lo si comprende subito. Nel 1973 fa il suo

esordio in Serie A, con la casacca del Genoa. Il suo primo gol nel massimo campionato arriva nell’ottobre del 1976, contro la Roma, la squadra del futuro. Nel 1978, infatti, dopo 57 gol, in 143 gare con il Grifone, passa ai giallorossi. Con la squadra capitolina è amore a prima vista. Vince il titolo di capocannoniere tre volte (1981, 1982, 1986), conquista scudetto (1982/83) e quattro Coppa Italia (1980, 1981, 1984, 1986). Segna la bellezza di 138 gol (di cui 106 in Serie A), con la Roma, tra cui la famosa rete che salva i giallorossi dalla retrocessione nell’orribile annata 1978/79 (contro l’Atalanta), il gol scudetto nella sfida contro il Genoa,

P

I gIgANTI DeL CALCIO / ROBERTO PRUZZO

sua ex squadra e pure la fantastica e leggendaria cinquina ai danni dell’Avellino nella stagione 1985/86. Momenti bel-lissimi con una sola macchia: la finale di Coppa Campioni del 1983/84 persa contro il Liverpool ai rigori. Conclude la sua ineguagliabile carriera con la Fiorentina. una sola stagione (1988/89), solo 13 presenze, nessuna rete in campionato ma con, però, il pesantissimo gol nello spareggio uefa a Pe-rugia, contro il vecchio amore giallorosso, che vale l’accesso alla Coppa uefa ai viola di Eriksson (dall’altra parte, a gui-dare la Roma, Liedholm, l’allenatore più amato e rispettato da Pruzzo). Splendido nelle squadre di club, meno fortunato con la Nazionale. L’esordio avviene presto, nel 1978, contro la Turchia. Nel 1980 viene convocato per gli Europei ma non vede mai il campo. Per i Mondiali del 1982 sembra certa una sua chiamata ma, a sorpresa, Bearzot lo lascia a casa. Nel 1986, Mondiali del Messico, altra chance. E’ il capocan-noniere del campionato ma, ancora una volta, non fa parte della spedizione azzurra. In totale disputa solo sei gare con l’Italia: “Ho avuto qualche occasione ma non l’ho sfruttata. Ca-pita. Di sicuro, dopo quanto accaduto nel 1982, il rapporto era ormai incrinato e quindi sapevo che non sarei più tornato nel giro azzurro”, ci confida. Pruzzo tenta poi anche la carriera da allenatore e dirigente. Ma, come riferisce Dario Zanotto, da sempre al suo fianco, “…il bomber è nato per segnare”.

creSciUto nel Genoacon il Grifone, Pruzzo è diventatoun grande giocatore...

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LA CINQUINA A ZANINELLIDi Thomas SaccaniCI SONO IMPRESE DESTINATE A RESTARE NELLA STORIA DEL CALCIO PER SEMPRE…

record, si sa, sono parte integrante del calcio. un primato, molto spesso, equivale a diventare immortali. Se poi si compie qualcosa di eccezio-nale nella categoria dei gol, l’anima del pallo-

ne, è chiaro che la cassa di risonanza aumenta in maniera vertiginosa. quello che ha combinato Pruzzo il 16 febbraio del 1986 è una di quelle imprese che ti rendono leggenda. La Roma di Eriksson sfida, all’Olimpico, l’Avellino del tecni-co Robotti. Non una squadra malvagia quella irpina, come dimostra la presenza nell’undici iniziale di gente come Amo-dio, De Napoli, Batista, Diaz e Bertoni. Tuttavia, in quella giornata, Pruzzo è pressoché inarrestabile. Al 15’ 1-0, se-gna Pruzzo su rigore. Pareggio di Diaz al 27’. Nella ripresa Pruzzo si scatena. Va in rete al 58’, al 69’, all’86’ e, dulcis in fundo, anche all’89, ancora su calcio di rigore. Zaninelli, portiere dell’Avellino, è incredulo. Cinque gol subiti sono tan-ti, se poi te li segna sempre lo stesso giocatore, beh, allora fa davvero male. Pruzzo, nell’immediato, non si rende conto di quanto è riuscito a combinare. Non sa che l’ultimo ad aver segnato un pokerissimo in Serie A era stato un certo Kurt

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TUTTI I gOL DIPRUZZO IN sERIE A

Stagione Squadra Serie Presenze Reti

1973-1974 Genoa A 19 01974-1975 Genoa B 33 121975-1976 Genoa B 32 181976-1977 Genoa A 30 181977-1978 Genoa A 29 91978-1979 Roma A 29 91979-1980 Roma A 28 121980-1981 Roma A 28 181981-1982 Roma A 26 151982-1983 Roma A 27 121983-1984 Roma A 27 81984-1985 Roma A 21 81985-1986 Roma A 24 191986-1987 Roma A 19 41987-1988 Roma A 11 11988-1989 Fiorentina A 13 0

Hamrin, circa 22 anni prima (Atalanta-Fiorentina 1-7). Ma, con il passare del tempo, la sua impresa contro l’Avellino acquista sempre più importanza. Gli anni passano e nessuno riesce a fare altrettanto: “Può capitare a chiunque di fare gol ma cinque insieme non è che capiti proprio a tutti…”, ci spiega. E, in effetti, prima di assistere ad una performance simile bisogna attendere oltre 27 anni. L’incantesimo viene spezzato da Klose che, nel 6-0 rifilato dalla sua Lazio al Bologna, trova la via della rete per ben cinque volte. Fan-tastico, meraviglioso. un’altra prestazione da leggenda. Il 14esimo giocatore a riuscirci. Ecco, poi ci sarebbero Silvio Piola e Omar Sivori, ancor più in alto, con sei gol in singolo match (primato assoluto nel nostro campionato). Comunque stiamo sempre parlando di record di notevole peso specifico. Certo, se paragonati a quanto ha combinato tale Panagio-tis Pontikos, sembrano di poco valore. Di ruolo attaccante, classe 1979, il cipriota in questione, nel magico giorno del 7 maggio 2007, ha stabilito un record destinato a restare negli annali del calcio a lungo. Nella sfida tra l’Olympos Xylofagou, la sua squadra) e , valida per la terza divisione del non irresistibile campionato cipriota, il buon Pontikos ha messo a segno la bellezza di 16 gol nel 24-3 finale con cui l’Olympos Xylofagou ha asfaltato gli avversari. Dopo aver messo a segno quattro gol nella prima frazione, Pon-tikos si è scatenato nella ripresa, con altre 12 reti a sua firma, per un totale di 16 centri. Superato, così, il precedente record che apparteneva ad Archie Thompson: 13 gol nel confronto tra la sua Australia e Samoa Americane (31-0)…

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l'Ultimo acUto ViolaUn suo gol, alla roma,ha portato la fiorentinain Uefa..

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Intervista di Fabrizio Ponciroli

guarda tanto calcio in tv…”.

Cambiato tanto il calcio rispetto ai tuoi tempi?“Ma sai, ai miei tempi c’erano due stra-nieri per squadra e 15 giocatori in rosa, ora sono 15 stranieri e 30 in rosa. Ai miei tempi si vedevano più facilmente quelli scarsi, ora è più complicato. Ecco, il fatto che ci siano così tanti stranieri, secondo me, non aiuta, anche se mi ren-do conto che non è semplice tornare in-dietro. Sarebbe bello vedere rose da 25 giocatori, con 20 italiani e cinque stra-nieri ma, ripeto, so che non è facile”.

Non facile il lavoro di Conte…“Assolutamente, credo che questa sia la Nazionale più scarsa di sempre. Ai miei tempi la qualità era nettamente superiore, potevi scegliere tra tanti italiani di qua-lità, ora ti accontenti di quello che hai”.

Parlando di Nazionale.. hai mai capi-to perché non sei andato al Mondiale del 1982?“No, non ho mai avuto l’occasione di chiarirmi con Bearzot. Onestamente non credo sia stato un grande scandalo come

è stato dipinto nel corso degli anni. Pro-babilmente non aver giocato in squadre come Inter, Milan o Juventus magari ha influito. In quel periodo andavano di moda i blocchi. Ecco, il fatto che fossi ca-pocannoniere da due anni, forse quello un po’ stonava con le scelte del Ct”.

Roberto che mi dici della tua autobio-grafia…“Mi è stata proposta questa opportunità e mi è sembrata una buona idea. È sta-to bello perché ho potuto ricordare un sacco di persone e, alla fine, ho parlato

di chi sono veramente, che è quello a cui tenevo di più. In tanti hanno sottolinea-to la parte in cui ho fatto riferimento al suicidio. Personalmente credo che capiti a chiunque, nel corso di una vita, di fare certi ragionamenti. Non credo di essere un’eccezione. Certo poi c’è anche chi non riflette su certe cose e va bene anche così. Comunque, al di là di questo polverone, sono contento perché, chi l’ha letto, l’ha trovato molto interessante”.

Ed era normale che fosse così… quan-do hai di fronte Pruzzo, nulla è banale.

ancora tanto Da farePruzzo ha

diversi progettida portare avanti,sempre di corsa...

“”sul podio dei miGliori cimetto bAGGio. roby è stAto,A mio Avviso,il miGliore con cui AbbiAmAi GiocAto

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sPECIALE sTORIACOPPA DEI CAMPIONI

ANCORA BAYERN

Il 1974 è l’anno del calcio tedesco: il Ba-yern ha vinto la sua prima Coppa dei Campioni e dato sei uomini alla Nazio-nale che, proprio a

Monaco, ha ottenuto il suo secondo titolo mondiale sconfiggendo l’Olanda. Anche la Coppa delle Coppe va a una tede-sca, ma d’Oltrecortina: il Magdeburgo, anch’esso serbatoio della Germania Est

che, unica volta nella storia, si è quali-ficata per la fase finale dei Mondiali e vince lo scontro fratricida di Ambur-go. Il duello prosegue in Coppa Cam-pioni, Bayern e Magdeburgo vengono sorteggiate insieme agli ottavi…, ma fermiamoci un attimo e facciamo un pic-colo passo indietro. L’edizione 1974-75 della Coppa Campioni passa alla sto-ria come l’unica senza squadre italiane. La Lazio scudettata di Maestrelli e Chi-naglia è stata squalificata dalla uEFA

per gli episodi di violenza nella gara con l’Ipswich, sedicesimi di Coppa uEFA 73-74. I biancocelesti hanno perso 4-0 all’andata, ma a Roma vanno sul 2-0 alla mezzora. Nella ripresa, l’arbitro concede un rigore agli inglesi e viene spintonato dai giocatori laziali che lo fanno cadere. L’arbitro, per svelenire il clima, non interrompe il match, concede un rigore anche alla Lazio e convalida il 4-1 di Chinaglia in netto off-side. Al fischio finale dalle tribune viene lanciato

BIS PER I BAVARESI DEL DuO BECKENBAuER-MuLLER. NIENTE IMPRESA PER LA SORPRESA LEEDS

di Gabriele PORRI

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il GranDe müllerattaccante glaciale,

uno dei punti diforza dei bavaresi

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di tutto e ci sono incidenti con feriti sia tra i tifosi che nelle forze dell’ordine, su-gli spalti e fuori. Inevitabile la decisione uEFA: un anno senza coppe.Poche sono le squadre che possono insi-diare il Bayern. In pole troviamo il Bar-cellona, al rientro tredici anni dopo la finale persa col Benfica. È un Barça olan-dese, con Michels in panchina, Cruyff e Neeskens che cercano di rinverdire in Ca-talogna i successi dell’Ajax. C’è il Leeds united, che ha vinto il suo secondo titolo nell’anno di una clamorosa retrocessione del Manchester uTD, ma in estate deve subire lo “choc” della partenza di Don Revie verso la Nazionale, con l’ingaggio di Nigel Clough. I 44 giorni di Clough al Leeds sono narrati nel libro di David Pe-ace “Il Maledetto united”, che evidenzia la profonda spaccatura tra il manager e i suoi “odiati” giocatori. Al posto di Clou-gh viene ingaggiato Jimmy Armfield, ma nel primo turno sulla panchina del Leeds siede il “traghettatore” Maurice Lindley, vecchio vice di Don Revie, che elimina lo Zurigo senza grossi problemi. Sono poche le sorprese e poche le sfi-de equilibrate dei sedicesimi. Spicca la qualificazione dell’Olympiacos ai danni del Celtic, quella per i gol in trasferta dell’Anderlecht sullo Slovan Bratislava, mentre il Saint-étienne estromette lo Sporting Lisbona.La manifestazione entra nel vivo agli ot-tavi, con lo scontro fratricida tra tedeschi a cui abbiamo già accennato. Il Bayern vi arriva senza Breitner, ceduto in estate al Real Madrid e nel pieno di una crisi in Bundesliga. Anche la sfida col Magde-burgo sembra mettersi male, un’autorete di Hansen e una rete di Sparwasser por-tano i sassoni avanti 2-0 all’Olympia-stadion, ma nella ripresa Gerd Müller rimette le cose a posto e i bavaresi ribal-tano il punteggio. Al ritorno Müller inizia da dove aveva terminato, realizzando una doppietta e chiudendo il discorso: non basta il singolo gol di Sparwasser. In Bundesliga, però, le cose precipitano e il quattordicesimo posto con cui il Ba-yern chiude l’andata provoca le dimis-sioni di Lattek. Al suo posto, i bavaresi assumono il giramondo Dettmar Cramer, (Giappone, Egitto, Stati uniti, Malesia, Tailandia e Corea del Sud le sue tap-pe). È soprannominato “Napoleone” per la bassa statura, ma anche “Il Professo-re”. Le cose non migliorano di molto in Bundesliga, alla fine il Bayern sarà de-

cimo, ma prosegue il dominio europeo. Intanto, si qualificano ai quarti anche il Ruch Chorzow, facile sul Fenerbahçe e i campioni sovietici, gli armeni dell’Ararat Erevan. un complessivo 3-0 promuo-ve sia l’Atvidaberg nella sfida nordica con l’HJK Helsinki, sia il Barcellona con il Feyenoord dove, nel derby di Neeskens e Cruyff emerge Rexach.Sono gli ottavi delle rimonte, riuscite e mancate. Il Saint-étienne a mezzora dalla fine è sotto 2-5 nel totale, dopo l’1-4 di Spalato contro l’Hajduk di To-mislav Ivic e l’1-1 casalingo: Jovanic segna al 60’, un solo minuto e lo imita Bathenay, seguono il rigore di Bereta e la rete di yves Triantafylos. È lo stesso franco-greco a realizzare la rete deci-siva nel primo tempo supplementare. Al contrario, una tripletta di Galakos sul neutro di Patrasso non basta per pa-reggiare i conti all’Olympiakos, sconfitto 5-1 all’andata dall’Anderlecht. Va bene anche al Leeds, che vince entrambe le sfide con lo ujpest, nonostante all’an-data perda McKenzie, espulso dopo un quarto d’ora. Di Lorimer, Fazekas e Mc-queen i gol per il 2-1 inglese; il Leeds poi si conferma a Elland Road dove si impone 3-0. La legge del 3-0 vale an-che ai quarti di finale, con l’Anderlecht va a segno anche lo “Squalo” Joe Jor-dan, insieme ai soliti Mcqueen e Lorimer. Anche questa volta la squadra del West yorkshire ottiene una vittoria – di misura – in trasferta e arriva in semifinale sen-za troppi patemi, così come il Barcellona contro l’Atvidaberg: 5-0 totale. Il Ba-yern affronta l’Ararat prima a Monaco, sconfiggendo gli armeni con i gol di uli Hoeness e Torstensson e resiste al ritorno a Erevan, 1-0 con la rete di Arkady An-driasyan, che sarà negli anni anche alle-natore e vice-presidente del club. Passa anche il Saint-étienne, ancora una volta costretto a rimontare. Stavolta la vittima è il Ruch Chorzow, che dopo 60’ della gara di andata conduce 3-0. Le reti sono di Larqué e ancora di Triantafylos, prelevato dall’Olympiacos, ma che da giovanissimo aveva disputato due par-tite con i Verts nella vittoriosa stagione 1966-67. Al “Geoffroy Guichard” segna Janvion dopo pochi minuti, basterebbe per passare in semifinale, ma la situazio-ne resta in bilico fino al rigore di Revelli, a sei minuti dalla fine.A Leeds va in scena il primo atto tra lo united e il Barça. Detto della forza dei

catalani, anche il Leeds è squadra solida e trova subito il gol con Bremner, servito di testa da Jordan. I Blaugrana pareg-giano con Asensi su assist di Cruyff e il gol nel finale è di Allan Clarke, su cross di Reaney. Il vantaggio è risicato, ma il Leeds si porta al comando anche al Camp Nou nei minuti iniziali e sembra tenere sotto controllo la sfida. Verso la metà della ripresa tuttavia Mcqueen viene espulso per fallo di reazione, il Barcellona pareggia e si porta a un solo gol dal supplementare, ma le parate di Stewart portano il Leeds alla finale di Parigi. L’altra semifinale è una rivincita per il Bayern, contro il Saint-étienne che, primo avversario incontrato nel 69-70, all’esordio in Coppa Campioni, l’aveva eliminato, ovviamente in rimonta. que-sta volta la migliore organizzazione di gioco di capitan Beckenbauer e compa-gni ha la meglio. In Francia finisce 0-0, ma al ritorno l’equilibrio si spezza dopo soli due minuti, con un bel diagonale di “Kaiser” Franz dopo una serpentina tra le maglie avversarie. Dürnberger rad-doppia e il Bayern va in finale. La sede, per il ventennale della Coppa, è la stes-sa dell’edizione inaugurale: il Parco dei Principi a Parigi.La partita non è delle migliori, come spesso capita nelle finali, ma il compor-tamento dei tifosi inglesi e alcune de-cisioni dell’arbitro francese Kitabdjian l’hanno resa una delle più controverse. yorath entra su Andersson per fagli male e il terzino del Bayern deve abbando-nare il campo dopo soli 4’ (nessun prov-vedimento contro l’attaccante inglese). Il Leeds prende in mano le redini del gioco, poi il direttore di gara nega due rigori al Leeds, uno per fallo di mano di Beckenbauer e l’altro per una trat-tenuta dello stesso capitano bavarese, netta, come lo stesso Franz ammetterà in seguito. Nella ripresa, Lorimer viene fermato mentre è lanciato a rete per un fuorigioco dubbio e i tifosi inglesi dietro la porta di Maier cominciano a lanciare oggetti. Cramer, che ha esaurito i cambi nel primo tempo mettendo Wunder al posto dell’acciaccato Hoeness, arretra Müller e trova i gol negli ultimi minuti, con Roth servito da Torstensson e con lo stesso Gerd in contropiede. In un clima pesantissimo, tra il lancio di seggiolini e razzi e gli scontri dei tifosi inglesi con la polizia parigina, Franz Beckenbauer alza la coppa per il secondo anno di fila.

sPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1974-1975

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sPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1974-1975

LEEDs UNITED-BARCELLONA 2-1 (1-0)

Mercoledì 9 aprile 1975, ore 19:30LEEDS (Stadio "Elland Road")Arbitro: Vital LORAuX (BEL)Spettatori: 50.393

LeeDS UNITeD: David STEWART, Paul REANEy, Frank GRAy, William BREMNER (cap.), Gordon MC quEEN, Paul MADELEy, Terence yORATH, Allan CLARKE, Joseph JORDAN, John GILES, Edwin GRAy Commissario tecnico: James ARMFIELD.

BARCeLLONA: Salvador SADuRNÍ, Enrique CO-STAS [27' Joaquim RIFé], MARIO MARINHO, GALLEGO, Jesus Antonio DE LA CRuZ, Johan NEESKENS [70' JuAN CARLOS], Carlos RE-XACH, MIGuELI, Johannes CRuyFF (cap.), Juan Manuel ASENSI, Juan Carlos HEREDIACommissario tecnico: Marinus MICHELS.

Reti: 10' William BREMNER, 65' Juan Manuel ASENSI, 78' Allan CLARKE.

Ammonito: 66' Allan CLARKE.

BARCELLONA-LEEDs UNITED 1-1 (0-1)

Mercoledì 23 aprile 1975, ore 20:45BARCELLONA (Stadio "Nou Camp")Arbitro: Erich LINEMAyR (AuT)Spettatori: 100.000

BARCeLLONA: Salvador SADuRNÍ, MARIO MA-RINHO, GALLEGO, MIGuELI, Jesus Antonio DE LA CRuZ, Johan NEESKENS, Carlos REXACH, Juan Carlos HEREDIA, Johannes CRuyFF (cap.), Juan Manuel ASENSI [46' Joaquim RIFé], Manuel CLARESCommissario tecnico: Marinus MICHELS.

LeeDS UNITeD: David STEWART, Trevor CHERRy, Frank GRAy, William BREMNER (cap.), Gordon MC quEEN, Norman HuN-TER, Paul MADELEy, Allan CLARKE, Joseph JORDAN, Terence yORATH, Peter LORIMERCommissario tecnico: James ARMFIELD.

Reti: 8' Peter LORIMER, 69' Manuel CLARES.Ammonito: 48' GALLEGO.Espulso: 65' Gordon MC quEEN.

sAINT ETIENNE-BAYERN MONACO 0-0

Mercoledì 9 aprile 1975, ore 20:30SAINT-ETIENNE (Stadio "Geoffroy Guichard")Arbitro: Walter HuNGERBÜHLER (SuI)Spettatori: 35.200

SAINT eTIeNNe: Ivan CuRKOVIC, Pierre REPEL-LINI, Gerard FARISON, Osvaldo PIAZZA, Chri-stian LOPEZ, Gerard JANVION [81' Alain MER-CHADIER], Patrick REVELLI, Jean Michel LARqué (cap.), yves TRIANTAFyLOS, Hervé REVELLI, Chri-stian SyNAEGHEL [62' Dominique BATHENAy]Commissario tecnico: Robert HERBIN.

BAYeRN MONACO: Josef MAIER, Bernd DÜRNBERGER, Björn ANDERSSON, Georg SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAuER (cap.), Franz ROTH, Conny TORSTENS-SON, Hans-Josef KAPELLMANN, Gerhard MÜLLER, ulrich HOENESS, Klaus WuNDERCommissario tecnico: Dettmar CRAMER.

Ammonito: 64' Klaus WuNDER.

BAYERN MONACO-sAINT ETIENNE 2-0 (1-0)

Mercoledì 23 aprile 1975, ore 20MONACO (Stadio "Olympia")Arbitro: Charles CORVER (NED)Spettatori: 72.919

BAYeRN MONACO: Josef MAIER, Bernd DÜRNBER-GER, Björn ANDERSSON, Georg SCHWAR-ZENBECK, Franz BECKENBAuER (cap.), Josef WEISS, Conny TORSTENSSON [70' Karl Heinz RuMMENIGGE], Rainer ZOBEL, Gerhard MÜL-LER, ulrich HOENESS, Hans-Josef KAPELLMANNCommissario tecnico: Dettmar CRAMER.

SAINT eTIeNNe: Ivan CuRKOVIC, Alain MERCHA-DIER [87' Jacques SANTINI], Gerard FARISON, Osvaldo PIAZZA, Christian LOPEZ, Dominique BATHENAy, Patrick REVELLI, Jean Michel LAR-qué (cap.), yves TRIANTAFyLOS, Hervé REVEL-LI, Christian SyNAEGHEL [87' Pierre REPELLINI]Commissario tecnico: Robert HERBIN.Reti: 2' Franz BECKENBAuER, 69' Bernd DÜRNBERGER.Ammoniti: 13' Osvaldo PIAZZA, 42' Bernd DÜRNBERGER.

Semifinale 1 Semifinale 2BAYERN MONACO-LEEDs UNITED 2-0 (0-0)

Mercoledì 28 maggio 1975, ore 20:15PARIGI (Stadio "Parco dei Principi")Arbitro: Michel KITABDJIAN (FRA)Spettatori: 48.374

BAYeRN MONACO: Josef MAIER, Bernd DÜRNBER-GER, Björn ANDERSSON [4' Josef WEISS], Ge-org SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAuER (cap.), Franz ROTH, Conny TORSTENSSON, Rai-ner ZOBEL, Gerhard MÜLLER, ulrich HOENESS [38' Klaus WuNDER], Hans-Josef KAPELLMANNCommissario tecnico: Dettmar CRAMER.

LeeDS UNITeD: David STEWART, Paul REA-NEy, Frank GRAy, William BREMNER (cap.), Paul MADELEy, Norman HuNTER, Peter LO-RIMER, Allan CLARKE, Joseph JORDAN, John GILES, Terence yORATH [75' Edwin GRAy]Commissario tecnico: James ARMFIELD.

Reti: 71' Franz ROTH, 82' Gerhard MÜLLER.Ammoniti: 11' Paul REANEy, 22' Georg SCHWARZENBECK, 80' Norman HuNTER.

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di Stefano BORGI ACCADDE AL'IMPRESA DI ZEMAN

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il boemo biancoceleStezeman ha lasciatoun bel ricordo aitifosi della lazio...

IL CAPOLAVORO DI ZEMAN

IL TRIONFO DI ZEMANLANDIA, I VIOLA DI BATIsTUTAE RUI COsTA sULL'OTTOVOLANTE DEL BOEMO...

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ACCADDE A/L'IMPRESA DI ZeMAN

er qualcuno è il punto più alto della Lazio di Zeman. Per altri, allargando il concet-to, è il capolavoro in assoluto di Zeman allenatore: più di

Foggia, più di Roma (sponda gialloros-sa), più di Pescara qualche anno dopo. Per altri, infine, uno spettacolo addirit-tura superiore alla Lazio scudettata di Eriksson: Cravero meglio di "Miha", Win-ter meglio di Veron, Casiraghi meglio di Salas. Il boemo? Meglio di "svengo", ovviamente... Di fronte la malcapitata Fiorentina di Ranieri, con Toldo, Rui Co-sta, Baiano e Batistuta (come dire, mica pizze e fichi...) suo malgrado distrutta, sgretolata dalla coralità zemaniana. Stiamo parlando di Lazio-Fiorentina 8-2 del 5 marzo 1995. Viola in fase calante, reduci da una sola vittoria nelle ultime otto partite, biancocelesti protagonisti di una doppia vita (un classico di Zeman) sospesi tra casa e trasferta. Pensate, 16 gol realizzati all'Olimpico tra febbraio e marzo: vittime di turno Fiorentina, Milan e Genoa. Di contro tre sconfitte esterne con Toro, Parma e Napoli. Più lo squalli-do pareggio di Cremona per 0-0. Roba da esaurimento nervoso. Per poi ripren-dersi con la vittoria nel derby (2-0 il 23 aprile) ed il 3-0 in casa della Juve il 7 maggio, la prima di cinque vittorie con-secutive nelle ultime cinque di campio-nato. Insomma, tutto normale se questo accade nel paese di "Zemanlandia". Eh già, chi non ricorda quel gustoso neolo-gismo nato ai tempi di Foggia? Zeman-landia come un luogo ideale dove gli attaccanti stanno al potere, dove lo 0-0 era bandito, dove portiere e difensori sono nemici da combattere. Persino da umiliare, se possibile. Regole fondamen-tali? Il modulo, rigorosamente il 4-3-3. quindi la partecipazione al gioco di tutti gli elementi, terzini e mediani compresi. E poi filtranti sui tagli, sovrapposizioni continue, cross dal fondo. Proprio quel-lo che andò a sublimarsi in quel Lazio-Fiorentina 8-2.

PRONTI VIA, CAsIRAghI-gOL! - Mat-tatore della partita Pier Luigi Casiraghi, autore di quattro gol. Il bomber brian-zolo, quell'anno, fu il secondo realizzato-re della Lazio con 12 reti. Davanti a lui, con 17, Beppe Signori che quel 5 marzo contro la Fiorentina non giocò. Facile fa-

gergo? Entrare in porta col pallone... La Lazio di Zeman era tutto questo, e anche di più.

CONsIDERAZIONI FINALI - Due pa-role anche sulla Fiorentina. Impossibile fermare "quella" Lazio, impossibile argi-nare le squadre di Zeman. Soprattutto se affrontate nel loro periodo migliore. I gol di Rui Costa al 60' e di Batistuta su rigore al 74' (il "re leone" aveva sba-gliato un altro penalty nel primo tempo) servirono solo ad addolcire la pillola. Resta una sconfitta storica che andò a macchiare una stagione tutto somma-to positiva. La Fiorentina tornava nella massima serie dopo l'incredibile retro-cessione del '93, vantava un Batistuta capocannoniere con 26 gol. Viola che pagarono un girone d'andata sorpren-dente con un ritorno assai deludente: 10° posto finale a 16 punti dalla Lazio 2° classificata dietro la Juve. La stessa Lazio che si qualifica in Coppa uefa col miglior attacco del campionato (69 gol), la miglior differenza reti (+35). Con la stella di Zeman che brillerà ancora un anno (3° posto nel '95-'96) per poi offu-scarsi inesorabile con l'esonero del gen-naio '97. Sopra ogni cosa, però, restano otto gol indimenticabili sotto gli occhi di Giorgia e Suor Paola (tifose doc), ed una grande prova di forza. La certezza che meglio di così, al calcio, non si può davvero giocare.

LAZIO-FIORENTINA 8-2Stadio Olimpico - 5 marzo 1995Campionato di Serie A 1994/9523° giornata - Spettatori: 43.000LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Di-Matteo, Bergodi, Cravero, Rambaudi, Fuser, Boksic (62' Di Vaio), Winter (62' Venturin), Casiraghi. A disp. Orsi, Bacci, De Sio. All. Zeman.FIOReNTINA: Toldo, Sottil (46' Flachi), Luppi, Cois (46' Amerini), Pioli, Malusci, Carbone, Tedesco, Batistuta, Rui Costa, Baiano. A disp.: Scalabrelli, Innocenti, Campolo. All. Ranieri.Arbitro: Treossi (Forlì).Marcatori: 4' Casiraghi, 30' Negro, 35' Cravero (rig), 49' Casiraghi, 57' Boksic, 60' Rui Costa, 74' Batistuta (rig), 82' Casiraghi, 86' Di Vaio, 89' Casiraghi (rig).Ammoniti: Nesta per la Lazio, Malusci e Cois per la Fiorentina.Espulsi: al 76' Pioli.

Pcile il primo centro al 4': fuga di Boksic sulla sinistra, cross radente e tape-in vin-cente di Casiraghi. Fateci caso, già dalla prima azione emergono alcuni dettami dello Zeman-pensiero: sovrapposizio-ne dell'attaccante, cross dal fondo, gol dall'area piccola. Secondo sigillo al 49', e stavolta è l'asse Di Matteo-Negro a bucare il centrocampo viola: cross raso-terra del terzino e di nuovo Casiraghi a ribadire in rete. Di nuovo dall'area piccola. All'82' si replica: sempre dalla destra (Rambaudi per Di Matteo), cross teso a centro area e Gigi scarica in rete la tripletta personale. Che diventerà po-ker col rigore dell'89'. uno, due, tre gol in fotocopia, quasi fosse un "mantra" da mandare a memoria. Tutto troppo fa-cile? Tutto troppo bello, almeno per la Nord.

ALEN, IL gEMELLO... - Se Casiraghi era il cannoniere, Boksic era il braccio che lo armava. Alen non era un goleador, non è mai stato un goleador, anzi... spesso arrivava sotto porta per poi fallire il toc-co decisivo. E comunque, nel campionato '94-'95, l'alieno (così veniva chiamato Boksic) andò in rete la bellezza di 9 vol-te, una anche nella goleada contro i vio-la: è il 57', ancora un cross dalla destra, ponte di Casiraghi e tuffo del croato per il momentaneo 5-0. Dall'area piccola di Toldo, tanto per cambiare.

LA COOPERATIVA DEL gOL - Non solo la coppia Casiraghi-Boksic. Lo abbiamo detto, a "Zemanlandia" tutti si divertono: dal terzino all'attaccante, dal libero al mediano. E infatti non tardano gli acu-ti di Paolo Negro (incornata su schema da corner per il gol del 2-0) e Roberto Cravero (rigore al 35' che fissa il primo tempo sul 3-0). Manca all'appello il gol del 7-2, griffato da un ragazzino del quale sentiremo parlare. Il suo nome è Marco Di Vaio, allora 19enne, che ave-va già esordito e segnato in Serie A nel 4-1 casalingo al Padova. Si ripete in quel rutilante 5 marzo, ed il suo è un gol d'autore: scatto perentorio a tagliare l'area, controllo in corsa e destro incro-ciato alle spalle dell'incolpevole Toldo. Sempre e comunque (repetita iuvant) ai limiti dell'area piccola. A questo punto urge una spiegazione: fate attenzione, sei gol sugli otto finali (tolti i due rigori) sono stati segnati dall'interno dell'area del portiere avversario. Come si dice in

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DOVE sONO FINITIFRANCESCO CHIMENTI

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Vincente in bianconeroDue scudetti, uno revocatoper chimenti alla Juve...

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DOVE SONO FINITI/ FRANCESCO CHIMeNTI

L’

di Stefano BORGI

DINAsTIAChIMENTI

COL PADRE ED UNO ZIO CENTRAVANTI, ANTONIO DECIDE DI FARE IL PORTIERE. FINChé UN gIORNO TOTTI LO sOPRANNOMINA "ZUCCHINA".

evoluzione della specie. In principio fu Francesco Chi-menti, padre di Antonio. Centravanti potente, una carriera tra Bari e Sambene-detto del Tronto (Serie B e C) col sogno irrealizzato della

Serie A. Poi è la volta di Vito, fratello minore di Francesco, zio di Antonio. Anche lui attac-cante, a differenza di Francesco più agile, più tecnico. Per lui 77 presenze e 13 reti in Serie A, ma soprattutto un dribbling ("la bicicletta") che ha fatto la storia. Infine Antonio Chimenti, fi-glio di Francesco, nipote di Vito. Di professione portiere, così... tanto per cambiare. I Chimenti, una vera e propria dinastia di calciatori, come i tre fratelli Trevisanello, i tre fratelli Maldera. Piuttosto che i tre Mazzola: Valentino, Sandro e Ferruccio.... al tempo andava di moda. La storia di Antonio Chimenti è singolare, ed è lui stesso a raccontarcela: "Diciamo che fino ai 15 anni anch'io ho giocato come attaccante. Poi mi piaceva Tacconi, che aveva giocato con mio pa-dre, e in spiaggia a San Benedetto lo imitavo. Addirittura Stefano un giorno mi regalò la sua maglia, ed io da tifoso della Juve se lo può im-maginare..."

Tempio Pausania, Monza, ancora sambe-nedettese. Poi salernitana quattro anni: un anno di C, tre anni di B. Non male per essere all'inizio..."Per niente, tanto che mi compra la Roma per 3 miliardi di lire. Esordisco in Serie A in un Roma-Lecce 3-1, espulsione di Konsel, prendo il posto di Balbo. E che ti faccio?"

Non ci lasci in sospeso..."Paro subito un rigore. Si rende conto? Prima palla toccata, rigore parato. L'autore del tiro fu Maspero, mi sembra. Un sogno che si realizza..."

Chissà contento Zeman..."Zeman, mi sembra, non fece una piega. Però non riuscirà a farmi parlare male di zeman. Il

boemo era molto diverso da come appariva, anzi le dirò... zeman era simpaticissimo. Certo pretendeva molto, i suoi allenamenti erano mol-to duri, i portieri poi venivano trattati in modo particolare. Io gli andavo bene perché ero bravo con i piedi".

Il classico portiere di Zeman..."Mi aiutò il passato da attaccante. E poi già alla Salernitana ero abituato a giocare con i piedi. Delio Rossi (allievo di Zeman ndr.) voleva un portiere bravo a giocare il pallone, e per me quella fu una grande palestra".

Leviamoci il dente: se le dico "zucchina"?"Quale dente? "Zucchina" mi evoca ricordi pia-cevolissimi. Fu Francesco Totti a darmi quel so-prannome. Nel '97 avevo pochi capelli, un gior-no mi presentai nello spogliatoio completamente pelato. Al che Francesco se ne uscì con quel so-prannome, e quando parlava Totti..."

Ok, a parte il soprannome "Zucchina", nei due anni di Roma disputò 32 partite. Non male per un "dodicesimo"..."Devo dire mi aiutarono gli infortuni di Konsel. Comunque si, Roma giallorossa fu per me una grande esperienza, praticamente feci il titolare aggiunto. Soprattutto Roma fu una grande spe-ranza..."

Finché arrivò la chiamata della juventus. Ci dica: che senso ha lasciare la Roma da quasi titolare e andare alla juve... come riserva?"Innanzitutto la Juventus era un sogno che si re-alizzava. Forse è vero: in carriera mi è mancata una "grande" che mi abbia offerto un posto da titolare. Però gliel'ho detto: zoff era il mio idolo, poi è venuto Tacconi, da bambino tifavo Juve... Lei cosa avrebbe fatto?"

Non fa una piega. Però tornava a fare il do-dicesimo..."Che centra? La Juventus giocava in tre compe-tizioni. Pensavo ci sarebbe stato spazio per tut-

il mio idolo erA tAcconi,

ricordo AncorA quAndo mi reGAlò lA suA mAGliettA

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famiGliaDi calciatoriin casa chimenti, il calcio è l'argomento principale...

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il ricorDo Dell'olD trafforDchimenti ha difesola porta della Juvecontro lo United...

ti. E comunque mi tolsi delle soddisfazioni. Ad esempio, la partita dell'Old Trafford nel 2003: Manchester united - Juventus. Perdemmo 2-1, ma vuol mettere? E poi i trofei: tre scudetti (uno reale, due virtuali cancellati da calciopoli ndr.) due supercoppe italiane. Insomma, la Juve è sem-pre la Juve..."

Purtroppo l'esperienza in bianconero non finì bene..."Diciamo che non finì secondo le mie aspettative, e in effetti ci rimasi male. Nel 2005, durante il trofeo Berlusconi, s'infortuna Buffon. Io da parte della società spero mi venga data una chance, un'occasione. Poi se non andavo bene, sarei stato io il primo ad andarmene. E invece presero Ab-biati in prestito. Non ce l'ho con nessuno, però avrei voluto che mi fosse data una possibilità. E invece niente..."

La vendetta è un piatto che si consuma fred-do. Più o meno come quando parò un rigore a Del Piero..."Non lo nego, quel rigore parato ad Alex ebbe un gusto particolare. Nel gennaio 2006 vado al Cagliari, ed in un Cagliari-Juve paro un rigore a

Del Piero. Me lo lasci dire: tanta roba. Però vo-glio precisare, non ce l'avevo con la società. Non ce l'avevo con Moggi, né con Giraudo".

Andiamo per esclusione: ce l'aveva con Ca-pello?"Ripeto: non ce l'avevo con la società. Mi fanno ridere le accuse per calciopoli, la Juve favorita. Lo sa quanti giocatori della Juve c'erano nella finale mondiale del 2006 tra Italia e Francia? Glielo dico io, ce n'erano 11. E secondo lei la Juventus non era la squadra più forte? Io so solo che, sul campo, mi allenavo e lottavo per vincere. Del resto non sapevo niente".

Un anno e mezzo a Cagliari, poi Udine ed il ritorno alla juventus..."Tornai alla Juve come terzo portiere. Sapevo che prima di me c'erano Buffon e Manninger, ma io me la volevo giocare..."

E infatti se la giocò, fino a rompersi un polso..."Quello fu uno scatto di nervi. Era il 2010, veni-vo da un infortunio, la domenica giocai a Siena e subii delle critiche. A mio parere ingiuste. Poi an-dammo a Londra, col Fulham... altre critiche. An-

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il soprAnnome 'Zucchina'? me lo dettetotti, un

Giorno che mi ero tAGliAto i cApelli A zero

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che queste eccessive. Gioco a Genova, prendo un gol balordo da Cassano, rientro negli spogliatoi nell'intervallo e per la rabbia spacco un tavolino. Risultato? Un polso rotto e carriera finita. Since-ramente me la potevo risparmiare".

Appende i guanti al chiodo e segue Ferrara alla sampdoria. Ma è solo l'inizio..."Con Ciro feci il preparatore dei portieri, a Ge-nova. L'avevo fatto anche alla Juventus l'anno prima. Oggi, invece, lavoro con l'under 21 di Di Biagio. Che faccio? Preparo i portieri, è la cosa che faccio meglio..."

Lei ha giocato con i giocatori più grandi, con autentici fuoriclasse. Dovesse sceglierne uno per andarci in ferie?"Non saprei, io andavo d'accordo con tutti. Po-trei citare Buffon, Cannavaro, Ferrara. Poi Totti,

Di Biagio, Montella e Di Francesco... Tutti amici che, a parte il capitano (Totti ndr.) che gioca an-cora, sono diventati eccellenti allenatori. Guardi le dico una cosa: il mondo del calcio è nettamen-te migliore di quello che sembra. Almeno visto dalla parte dei calciatori".

Antonio Chimenti, è contento di se stesso?"Contentissimo. Anche perché, in gioventù, non tutti credevano in me. Anzi... E invece con il la-voro, col sacrificio, con l'impegno ce l'ho fatta. Niente di trascendentale, ma ce l'ho fatta. Rim-pianti? Solo uno: non ho mai giocato in naziona-le. In nessuna nazionale, dalle giovanili a quella maggiore. Quando ero alla Roma, nel '98, se ne parlò, sembrava ci fosse la possibilità, e invece... Non chiedevo tanto, almeno una convocazione. Ma va bene così. Sono felice lo stesso, di me e della mia carriera".

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A GennAio 2006 lAscio lA Juve per cAGliAri. poche settimA-ne dopo pAro un riGore A del piero...

che rivincitA!

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VITO“bicicLEtta” ChIMENTIDi Stefano BorgiZIO DI ANTONIO, FRATELLO DI FRANCESCO, VITO CHIMENTI INVENTò uN DRIBBLINGCHE HA FATTO STORIA

n dribbling ti cambia la vita. Mutuando il celebre spot, pensate ad un signore baffuto (anche un po' traccagnotto) che ad un tratto alza il pal-lone con i talloni, lo fa roteare sopra la testa,

per poi colpirlo di collo piede... preferibilmente col sinistro. E qualche volta fa pure gol. Ecco, quel dribbling si chiama "bicicletta", e quel signore si chiama Vito Chimenti... zio di Antonio. "Sai quante volte gliel'ho visto fare sulla spiaggia di San Benedetto? - racconta il nipote d'arte - Ed ha pure tentato di insegnarmelo, ma niente. Non mi riusciva. Non a caso poi ho deciso di fare il portiere". se diciamo che suo zio è famo-so (soprattutto) per quel dribbling? Non è che poi se la prende... "No, lo sa anche lui. In effetti il mito di Vito Chimenti vive per quella prodezza, quasi una magia da circo. In tanti hanno tentato di copiarlo, ma come lo faceva lui..." In realtà la carriera di Vito Chimenti non si ferma alla "bicicletta": su tutti quel gol alla Juventus in finale di Coppa Italia. È il 20 giugno 1979, sul neutro del San Paolo di Napoli si disputa Juventus-Palermo. Dopo appena un minuto l'allora 26enne Chimenti dribbla Zoff e depone in rete. un'intera isola, la Sicilia, sogna la grande affermazione. Ma il sogno svani-sce all'83' col pareggio di Brio, muore definitivamente a tre minuti dalla fine dei supplementari per il gol di Causio. Nel frattempo Chimenti era uscito per infortunio, dopo uno scon-tro con Cabrini... forse un segno del destino. Non solo Paler-

mo nella carriera del "bomber della bicicletta". un buonissimo girone d'andata con la Pistoiese nel campionato '80-'81, nel quale gli "arancioni" toscani stupirono un po’ tutti. E Chimenti con loro, grazie a 9 reti. Poi, nel ritorno, il crollo verticale e l'ultimo posto in classifica. Soprattutto Chimenti fece benissi-mo nel Taranto in C1 (capocannoniere nel 1983 con 13 reti), e successivamente in Serie B dove resta fino al 1985. Poi una squalifica di 5 anni per il calcio scommesse gli fa terminare la carriera. un dribbling ti cambia la vita, abbiamo detto... La bicicletta di Chimenti fu addirittura ripresa da Ardiles nel film "Fuga per la vittoria", e poi ricordiamo Giovanni Rocco-telli per la "rabona" e Palanca per i gol su calcio d'ango-lo. All'estero meritano menzione il messicano Blanco per la "Cuauchteminha", il portoghese quaresma per la "trivela", il colombiano Higuita per lo "scorpione". Tutti gesti tecnici che, come recita la famosa telefonata, cambiano una vita sportiva.

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T una meteora, mesi di completo anoni-mato con un solo gol all'attivo, l'involu-zione del giocatore ha però origini più lontane. Neppure al Chelsea è riuscito a esprimersi come ai vecchi tempi, tanto che Mourinho l'anno scorso fece presen-te a più riprese la necessità di un pun-tero, eppure il numero nove era sulle spalle di un bomber dal pedigree pre-stigioso. Cosa è accaduto nel frattem-po? Per aver il quadro completo della situazione, dobbiamo fare un salto di 21 anni quando un bambino di Fuenla-brada - diventato attaccante allenan-dosi con uno dei suoi fratelli, portiere,

realizza la bellezza di 55 gol in una stagione con la maglia del Rayo 13. Il ragazzo diventa una mezza celebrità a Madrid, gli mette gli occhi addosso l'Atletico che lo aggrega al settore gio-vanile. Da lì è un crescendo, passando per allori a livello giovanile fino ad arrivare all'esordio in prima squadra, datato 27 maggio 2001. Fernando im-piegherà solo sette giorni per realizza-re la prima rete, contro l'Albacete, sono tempi duri per l'Atletico, ma in questa stagione inizia la rinascita con il ritor-no nella massima serie. Torres ha 17 anni, mai l'Atletico Madrid ha mandato

UNA sTELLA RINATATORRES, A MADRID, HA RISCOPERTO DI ESSERE uN GIOCATORE ANCORA CAPACE DI ESALTARSI…

orres: 45 mila persone allo stadio per la presentazione di un giocatore. La folla del-le grandi occasioni, numeri che fanno pensare all'arri-

vo del fuoriclasse del momento, l'uomo in rampa di lancio che renderà gran-de una squadra. E se vi dicessimo che questa marea umana è stata radunata da un attaccante che in campionato non va in doppia cifra da cinque anni? Mai come in questo in caso i gol non sono tutto, perché lo stadio in questione è il Vicente Calderon e il calciatore si chia-ma Fernando Torres. Al Milan è stato

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sUBITOPROTAgONIsTA

APPENA ARRIVATO, EL NINO DIMOSTRA CHE SA ANCORA SEGNARE…

Subito l'occasione per scriverne nuo-ve pagine: derby di coppa. Debutto all'andata e doppietta al ritorno, due zampate per graffiare gli odia-ti rivali al Bernabeu. Fernando è di nuovo a casa, ancora un gol contro il Barcellona, sempre in Copa del Rey, stavolta però inutile ai fini della qualificazione. Passa il tempo, alcune cose restano uguali, come abbiamo visto, altre invece cambiano in ma-niera inaspettata. Torres si è scrol-lato di dosso l’etichetta di acquisto flop ed è stato incoronato colpo del mercato invernale da un sondaggio della uefa. “Tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato”. Torres ha fatto tesoro delle parole di Tolkien, scrittore che ama particolarmente, il tempo per-duto certo non si recupera, ma se lo trascorri nel posto che chiami casa potrai fartelo amico.

di Paolo BARDELLI

in campo un ragazzo tanto giovane. È solo il primo di una serie di record. Di gol ne arrivano altri, sempre di più, a 19 anni diventa il capitano più giovane in tutta la storia dei Colchoneros. Non lo ferma nessuno. La piazza lo ama e non smetterà di amarlo, ma per Fernando nell'estate del 2007, dopo annate a suon di gol, arriva il momento di cam-biare aria. Ne guadagna anche il club, visto che il Liverpool mette sul tavolo 20 milioni di euro più il cartellino di Luis Garcia. Torres viene considerato senza mezze misure il centravanti più forte del mondo e, nonostante qualche problema fisico, ripaga i Reds con prestazioni no-tevoli che gli valgono il terzo posto nel-la classifica del Pallone d'Oro. Soldi a non finire, ingaggio ritoccato al rialzo nella stagione successiva, lo spagnolo resta ad Anfield dal 2007 al gennaio 2011, mettendo a segno 81 reti in 142 incontri. Scusate se è poco. Nel frattem-po, vince da protagonista Euro 2008. Stende la Germania in finale con un

gran gol, il continente intero è ai piedi del bomber, è il primo trofeo importan-te della carriera, ne arriveranno altri ma la storia di Fernando cambierà. Il 31 gennaio 2011 il Chelsea lo ricopre d'oro, quasi 60 milioni per il suo cartelli-no. Mai si era speso tanto in Inghilterra. quell'esborso, purtroppo, peserà come un macigno sulle spalle di Torres. Cinque stagioni nelle quali arrivano una Coppa d'Inghilterra, una Champions League e un'Europa League, detto così verrebbe da pensare a un'esperienza trionfante, visto che nel frattempo arrivano pure un mondiale e un altro Europeo con la Spagna, ma le prestazioni di Torres assumono i connotati di un mistero. Le parole del diretto interessato, data-te maggio 2014, spiegano l'assurdità della situazione: "Oggi sono un gioca-tore differente e non voglio dire bugie: a volte mi manca davvero essere il gioca-tore che ero, quello che sapeva di avere il posto garantito all’inizio della partita. A un certo punto, mi sono anche messo a riguardare i video dei miei gol: volevo capire come funzionava, prima, quando segnavo". quando segnavo. L'ha detto veramente. Difficile spiegare cosa sia andato storto, certamente qualcosa si è inceppato per sempre tra gennaio e giugno 2011, mister 60 milioni (o 58, se vogliamo fare i pignoli) piazzò nel sacco un solo pallone. Al Chelsea Torres è sempre apparso un corpo estraneo. Poi è giunto Mou e le sue scelte. Fon-damentale l'arrivo di Diego Costa, che ha preso il posto di Fernando Torres a Stamford Bridge. Lo stesso Costa è sta-to terminale offensivo dell'Atletico Ma-drid che ha conquistato la Liga e un'in-sperata finale di Champions League. Il nazionale brasiliano però non è riuscito a prendere il posto di Torres nel cuore del popolo rojiblanco che continuavano a sognare il ritorno del figliol prodigo. In casa Atletico questo 31enne è e re-sta Niño, bambino, il soprannome che si porta appresso da una vita, come se il tempo si fosse fermato ai giorni in cui il Calderon si svegliava dal torpore per abbracciare il simbolo della sua rina-scita. un eterno presente, riecco Torres e l'Atletico di nuovo insieme, sembra tut-to come allora. L'attaccante ritrova Si-meone e Burgos, Colchoneros calciatori quando era capitano e ora in panchina, ciò che non è cambiato è l'amore della sua gente. "Fernando vuelve a casa", con

questo messaggio la società ha ratifi-cato il regalo di Natale, sotto l'albero la maglia numero 19. Guarda caso, quella abbandonata da Diego Costa. Il cerchio si chiude, una storia si riapre…

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il ritorno Del fiGliol ProDiGotorres è tornato a madrid,

da dove tutto è cominciato...

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PREMIER LEAgUEINghILTERRA

U cona Ally McCoist ha rassegnato a ma-lincuore le sue dimissioni da manager lo scorso dicembre. Il buon Ally, il bomber più prolifico della storia dei Light Blues con 355 goal in tutte le competizioni, evidentemente era fin troppo conscio degli enormi limiti della sua squadra. Ormai il glorioso e splendido Ibrox Sta-dium si sta tristemente svuotando. Altro che i 44mila abbonati dei bei tempi, ormai è tanto se si riempie la metà dei quasi 51mila posti a disposizione. Pa-radossalmente c'erano più supporter ad assistere ai match di quarta serie contro i paria del calcio scozzese che

quest'anno, che tutto sommato una spe-ranza di promozione ancora esiste – la seconda della Championship disputa infatti un play off contro l'undicesima della Premier. Nei cuori dei sostenitori del club prote-stante di Glasgow albergano ben po-che speranze di un futuro roseo, sia esso nella massima serie o in quella cadetta. Il perché è presto detto: il trambusto societario non accenna a placarsi. Anzi. Adesso si parla con insistenza di un for-te interessamento del proprietario del Newcastle, Mike Ashley, ad aumenta-re le sue quote del club e a diventare

DIsCEsA AgLI INFERINEGLI uLTIMI ANNI, SOLO DELuSIONI PER I RANGERS DIGLASGOW…

n incubo apparentemen-te senza fine. È quello che stanno vivendo i tifosi dei Rangers di Glasgow da tre anni a questa parte. Ovvero

da quando il loro amato club è finito in bancarotta e ha perso la possibilità di giocare nella Premier scozzese. Dopo essere passati per le divisioni minori, i Gers ora disputano la serie cadetta, sebbene al momento il distacco dalla capolista Heart of Midlothian (altra no-bile decaduta) appaia incolmabile. È inutile girarci intorno: i ragazzi in blu giocano un pessimo calcio, tanto che l'i-

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MALE ANChE NEL DERBY

NON C’È PROPRIO FINE AL PERIODO NO DEI RANGERS

Per chiudere questo cahier de dole-ances apparentemente infinito, un'ul-tima nota dal campo. Dopo 1008 giorni, i Rangers hanno disputato di nuovo un Old Firm Derby contro i ri-vali di sempre del Celtic nella semi-finale di Coppa di Lega disputatasi all'Hampden Park (lo stadio della nazionale) il 1 febbraio. È andata malissimo. Gli attuali campioni di Scozia hanno vinto 2-0, tra cori di scherno e giubilo assoluto della metà biancoverde dell'arena. A memoria non ricordiamo una stracittadina di Glasgow così poco equilibrata, con una squadra che non ha praticamen-te mai tirato in porta ed è stata in balia dell'avversario per tutti e 90 minuti. “Ha da passà a nuttata” diceva Eduardo De Filippo. Purtroppo per loro quella dei Rangers è una notte cupa e apparentemente senza fine.

di Luca MANEs

azionista di maggioranza. Ma dietro ci potrebbe essere una mossa a traboc-chetto: Ashley vorrebbe infatti mettere le mani sul glorioso Ibrox, principale as-set dei Light Blues. Intanto l'ultimo gior-no del calcio mercato invernale ha fatto arrivare in prestito dal Newcastle una mezza dozzina di giocatori di secondo piano dei Magpies.

Il tentativo di “scalata virtuosa” del-la società da parte dei tifosi non dà garanzia, perché, sebbene il club na-vighi in brutte acque, serve comunque un bel gruzzolo di milioni per rilevarlo. Anche un'altra cordata, composta da alcuni uomini d'affari molto facoltosi e legatissimi ai colori della compagine protestante di Glasgow, appare in dif-ficoltà nell'intavolare una trattativa con il board attuale, “misteriosamente” più propenso a cedere ad Ashley sebbene la sua offerta sia inferiore. Beghe di palazzo che non fanno certo l'interesse degli appassionati, sempre più disillusi.

Facciamo però un passo indietro. Come è nato questo sconquasso? Perché qual-cuno aveva provato a lucrare in ma-niera sconsiderata sulla squadra più vincente di Scozia (nel loro palmares vantano 54 titoli, 33 coppe nazionali e una Coppa delle Coppe).

L'ex azionista di maggioranza dal 1988 fino al 2011, David Murray ave-va a lungo nascosto la reale entità del debito contratto con l'erario a causa di azzardate mosse di finanza creativa, per poi dover finalmente gettare la spugna. Ma a rilevare il testimone, pur-troppo per i Rangers, è stato uno de-gli avventurieri che solcano i mari del calcio moderno, tale Craig Whyte. Per comprarsi le quote dei Rangers aveva pagato la cifra simbolica di una ster-lina, accollandosi 18 milioni di debiti e promettendo grandi acquisti, ma in re-altà usando lo stesso trucchetto adotta-to dai padroni americani del Manche-ster united: “trasferire” la spesa alla società appena acquistata. Per far ciò aveva “impegnato” gli introiti derivanti dagli abbonamenti dei successivi quat-tro anni, facendosi anticipare il denaro dalla Ticketus, una compagnia specia-lizzata in questo tipo di operazioni.Insomma, Whyte aveva finito per peg-giorare le cose tanto che la federazione

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stanno vivendoun momentaccio...

scozzese lo aveva dichiarato “unfit” (ina-datto) a guidare il club. Da quel punto in poi le cose sono precipitate in manie-ra drammatica, raggiungendo il nadir con la retrocessione in quarta divisione.

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seconda avventura in campionato viene ingaggiato dal Jahn Regensburg il clas-se 1974 Markus Weinzierl. La prima stagione è altalenante, con un quindi-cesimo posto (ed una conseguente sal-vezza) arrivato solamente in extremis, grazie alla vittoria ottenuta all'ultima giornata contro il Greuther Furth. Il mi-lione e mezzo di euro versato al Basilea per l'attaccante argentino Raul Boba-dilla, autore solamente di 3 goal in 17 presenze, non sembra essere stato speso molto bene. Stesso discorso per il pro-mettente classe 1994, di nazionalità po-lacca, Arkadiusz Milik, arrivato in pre-stito dal Bayer Leverkusen (18 presenze

e due goal). Parliamo dello stesso Milik che, acquistato dall'Ajax, nella stagione in corso ha realizzato 8 goal in 16 parti-te di Eredivisie ed ha una valutazione di mercato che molti stimano essere di circa 10 milioni di euro. Nonostante questo la società non ha mai pensato di cambiare allenatore, ma ha confermato la fiducia al tecnico, convinta che con la forza del-le idee e con giocatori vogliosi di met-tersi in mostra, le cose sarebbero potute andare per il verso giusto. E la stagio-ne 2014-2015, perlomeno sino a metà campionato, gli sta dando ampiamente ragione. La campagna di rafforzamento estiva, tra acquisti e cessioni, si è con-

BUNDEsLIgAgERMANIA

AsCEsA AUgsBURgLA BAVIERA NON È SOLO BAyERN MONACO E NORIMBERGA: OCCHIO ALLA SquADRA DI REGENSBuRG…

E ra la stagione 2010-2011, dopo 104 anni di storia, con il secondo posto otte-nuto in Zweilte Bundesliga, l'Augsburg festeggiava la

prima promozione della sua storia nella massima serie tedesca. A guidare quella squadra, arrivata seconda dietro l'Her-tha Berlino, c'era il tecnico olandese Jos Luhukay, che nel 2011-2012 la condusse ad ottenere un più che decoroso quat-tordicesimo posto, che significò salvezza. Luhukay, ironia del destino, abbandonò la Baviera proprio per passare all'Her-tha, che allenerà sino al gennaio del 2015. Per guidare l'Augsburg nella sua

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clusa con un passivo di circa 6 milioni di euro. Sono stati spesi 4 milioni per fare arrivare l'attaccante sloveno Tim Matavz dal PSV e circa 2,5 per il terzino sinistro ex-Greuther Furth, Rahman Baba (20 anni, ghanese, si è messo così in mostra che su di lui hanno messo gli occhi anche alcuni club italiani, Napoli in primis). In particolar modo Matavz avrebbe dovu-to prendere il posto, in termini di goal, di Andrè Hahn, autore di 12 segnature nel 2013-2014 e ceduto per quasi 3 milioni di euro al Borussia Monchengladbach. Weinzierl ha disegnato la squadra con un 4-2-3-1, che in alcuni frangenti è in grado di potersi trasformare in un 4-1-4-1. In porta si sono alternati il classe Hitz e una vecchia conoscenza del calcio italiano, ossia l'austriaco Alex Manninger. Sulle fasce, oltre al già citato Rahman Baba, si destreggia il terzino olandese col vizio del goal (5) Paul Verhaeg, uno dei reduci della storica promozione. Il muro centrale è formato dall'estone Kla-van e dal classe 1994 Dominik Kohr, che

REUs REsTA

IL TALENTO DEL DORTMuND HA RINNOVATO FINO AL GIuGNO DEL 2019

Il Dortmund sta a poco a poco risa-lendo la classifica della Bundesliga, abbandonando la zona retrocessione e l’ultimo posto che aveva, ovviamen-te, del clamoroso. Nel frattempo la società ha però provveduto ad ef-fettuare l’adeguamento del contratto alla stella della squadra, ossia il te-desco Marco Reus, che sino a qualche mese fa veniva considerato in par-tenza, con destinazione (in primis) Ba-yern Monaco ed in seconda battuta Barcellona o Arsenal. In scadenza nel giugno del 2017, l’ex-Borussia Mon-chengladbach ha prolungato sino al giugno del 2019 ed ha espresso tut-ta la sua soddisfazione: “Sono mol-to felice di essere rimasto, il Borussia Dortmund è casa mia, questo è il mio club. Sono proiettato verso un futuro pieno di successi con la nostra squadra e col supporto dei nostri fantastici tifosi. C'è tanto lavoro da fare e voglio fare la mia parte”. Il direttore generale dei gialloneri Hans-Joachim Watzke ha confermato l’intenzione della società di fare di Reus una vera e propria bandiera: “Non abbiamo mai dato peso a certi rumors di calciomercato e abbiamo sempre creduto nelle nostre chance di riuscire a trattenere uno stra-ordinario talento come Marco Reus. Può essere il giocatore-simbolo di una nuova era, come Seeler all'Amburgo o Gerrard a Liverpool. È per l'identifica-zione con questo club al più alto livello che ha deciso di rinnovare con noi, per giunta nel bel mezzo di una crisi tecni-ca. Siamo molto orgogliosi di questo”.

di Flavio sIRNA

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della baviera chesta incantando...

di tanto in tanto ha preso il posto dell'e-sperto Callsen-Bracker, altro reduce del-la promozione. Davanti alla difesa ha giostrato la manovra l'esperto Markus Feulner, che ha formato un’ottima coppia con il numero 10 della squadra, Daniel Baier (altro reduce). Il primo però, anche a causa di qualche problema fisico, ulti-mamente ha lasciato il posto al danese Pierre-Emile Hojbjerg, arrivato in presti-to dal Bayern Monaco, dove Guardiola gli ha accordato poca fiducia. Ma è il trio di trequartisti che, onestamente, sta facendo la differenza e sta trascinando la squadra nelle zone più che nobili del-la classifica. Il classe 1985 Tobias Wer-ner, in squadra dall'estate del 2008, ha macinato corsa ed anche capacità realizzativa, come dimostrano le sue sei segnature. Al centro ci si è avvalsi della grande esperienza e dell'ottimo tasso tecnico del turco Halil Altintop: non ha più la freschezza ed il passo dei tempi dello Schalke 04 o dell'Eintracht Fran-coforte, ma è comunque fondamenta-le nell'economia del gioco. A fungere da finalizzatore della manovra non è stato invece, come si sperava, Matavz (solamente due reti), ma l'ala destra ar-gentina Raul Bobadilla: dopo valanghe di goal in Svizzera, ci sono volute due stagioni al sudamericano per mostrare che ci troviamo di fronte ad un gioca-tore completo, in grado di muoversi su tutto il fronte d'attacco ed essere sia go-leador che assist-man. Come punta cen-trale, detto di Matavz, si stanno tutt'ora alternando il coreano Dong-Wong Ji, lo sloveno classe 1986 Nikola Djurdjic e il giovanissimo (1994, doppia nazionalità, tedesca ed americana) Shawn Parker, acquistato un anno fa dal Mainz. La sen-sazione, senza esagerare, è che la posi-zione di classifica avrebbe potuto essere ancora più entusiasmante nel momento in cui, oltre ai goal messi a segno dal trio di trequartisti, ci sarebbe stata la presenza di una punta stabile (nelle prime posi-zioni solamente il Monchengladbach, con una difesa però molto più solida, ha fatto peggio in quanto a goal realiz-zati). Tutto comunque passerà in secon-do piano se effettivamente, il prossimo maggio, la squadra riuscirà nell'impresa di festeggiare, oltre che la terza salvez-za consecutiva, anche la sua prima sto-rica qualificazione ad una competizione europea. E di sicuro in Baviera, a poca distanza tra una città e l’altra (solamen-

te 75 km tra Monaco di Baviera e Au-gusta) dove di solito si festeggiano titoli a go-go, un'Europa League creerà en-tusiasmo tanto quanto un Meisterschale.

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ormai celebre telefonata tra Claudio Lotito e il ds dell’I-schia Pino Iodice ha per giorni animato la cronaca sportiva italiana. Le dichia-

razioni del presidente della Lazio nonché Consigliere Federale della FIGC, hanno colpito l’opinione pubblica tanto per il tono quanto per i contenuti. In soldoni, secondo il patron di Lazio e Salernitana, la promozione in massima serie di club con un bacino d’utenza relativamente basso (nello specifico Carpi e Frosinone) danneggerebbe in maniera evidente la Serie A, per lo meno dal punto di vista

economico. Ecco, appunto. Attenendoci all’aspetto meramente economico della questione, forse, Lotito non ha poi nem-meno tutti i torti. Ma, ahilui, il calcio – e lo sport in generale – sono soliti premia-re chi è più bravo, non chi ‘rende’ di più in termini monetari. Di conseguenza, le parole di Lotito, sono sicuramente da censurare e, con esse, la teoria che vi sta alle spalle. Il calcio è meraviglioso anche per la sua innata capacità di sovvertire i pronostici e di scrivere delle vere e pro-prie favole sportive. qualche anno fa, in Italia, ci fu quella del Castel di Sangro, da tempo nel nostro Paese proseguono

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LA FORZA DEI PICCOLIIN FRANCIA, È ACCADuTO PIù VOLTE CHE REALTà MINORI RAGGIuNGESSERO LA VETTA…

quelle di Chievo e Sassuolo. In Francia, se possibile, ci si è spinti ancora oltre grazie a piccole realtà locali che hanno fatto sognare migliaia di tifosi. Già, mi-gliaia non milioni. Ma va già benissimo così.uno degli esempi più eclatanti è quello del Montpellier. Il club fondato nel 1974 ed espressione di poco più di 250mila abitanti, nel 2012 è riuscito nell’impre-sa di conquistare il titolo di Campione di Francia a scapito del PSG, club ricco e – per restare in tema – simbolo calcistico di una città come Parigi, la cui popolazione sfiora i 2.5 milioni di abitanti. un’impresa

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unica, impronosticabile e praticamente impensabile nel calcio di oggi, dove – appunto – è quasi impossibile riuscire a mettere in piedi una squadra competiti-va, se non si hanno alle spalle proprietà miliardarie e ricchi sponsor, requisiti che difficilmente appartengono alle compa-gini cosiddette ‘provinciali’. Se però, a distanza di 3 anni, in tanti si ricordano della favola del Montpellier e – noi in primis – la raccontano ancora, significa che il bello del calcio sta proprio qui: nell’imponderabile, nel ‘non banale’. E pensare che una ‘SuperLega Europea’, progetto che sembra sempre meno lon-tano dall’essere definito un’utopia, met-terebbe di fronte soltanto squadre dello stesso livello fa un po’ rabbrividire: che fine faranno i Verona, i Montpellier e i Blackburn trionfatori al cospetto delle grandi storiche?La Francia, dal canto suo, è stata spes-so espressione di piccole realtà capaci di lasciare il segno nella massima serie. L’Auxerre, ad esempio, nel 1996 si è laureato Campione di Francia e il nume-ro dei suoi abitanti è inferiore ai 40mila. una favola ancor più esaltante di quella del Montpellier. E, se si pensa che Frosi-none vanta quasi 50mila abitanti e Car-pi circa 70mila, è facile capire come le dichiarazioni di Lotito, ancora una vol-ta, siano anacronistiche e inadeguate. È vero, sicuramente l’Auxerre non ha lo stesso fascino del PSG o del Lione, club grazie ai quali gli incassi derivanti dai diritti televisivi si sono impennati anno dopo anno. Tuttavia, però, raccontare un’annata come quella che ha condotto al successo l’Auxerre o il Montpellier non è altro che un vantaggio per chi quei di-ritti li ha acquistati e li detiene. E poi, mettendo un attimo da parte l’aspetto economico, perché privare il calcio della possibilità di raccontare storie simili che, se ben interpretate, non fanno altro che trasmettere messaggi positivi e di spe-ranza a tutti? L’Auxerre, dicevamo, ma non solo. Il Sochaux, ad esempio, re-trocesso in Ligue 2 lo scorso anno, è la squadra che vanta più partecipazioni al massimo campionato francese, ben 65. E la sua realtà è tra le più piccole del calcio transalpino. Il Guingamp, addirit-tura, riempie settimanalmente uno stadio da 18.000 posti nonostante gli abitanti della città siano appena 8.000. La mol-tiplicazione dei tifosi. Miracoli del calcio, insomma.

FAVOLE DI COPPA

NELLA COPPA NAZIONALE, TANTE LE SORPRESE NEL CORSO DELLA STORIA…

Il sistema della Coppa Nazionale, poi – altro aspetto sul quale il cal-cio italiano farebbe bene a riflet-tere – permette alle piccole realtà di confrontarsi con le grandi storiche del calcio francese e, talvolta, di metterle al tappeto e di dare vita a delle parabole clamorose. È il caso del Lorient, vincitore della Cop-pa di Francia nel 2002 o di Calais ed Amiens, finaliste rispettivamen-te nel 2000 e nel 2001. Lo stesso Sochaux, nel 2007, ha conquistato la Coppa di Francia, ma ancor più clamorose sono state le cavalcate di Vannes e quevilly. Il Vannes, nel 2009, si è arreso soltanto in finale di Coppa di Lega al Bordeaux, dopo aver eliminato Nizza, Metz, Auxer-re, Valenciennes, Amiens e Dijon. Il quevilly, invece, nel 2012 è andato ancora oltre. Con la spinta dei suoi 22.000 abitanti, la compagine gial-lonera, piccolissima realtà del calcio transalpino, sfiorò un’impresa desti-nata a restare negli almanacchi del calcio, ammesso che già non lo sia. Eliminando Angers, Olympique Mar-siglia e Rennes, la compagine alle-nata all’epoca da Regis Brouard, si presentò al Saint Denis per la finalis-sima di Coppa di Francia, al cospet-to del Lione. Alla fine, a spuntarla, fu l’OL che però faticò parecchio ad imporsi per 1-0. Il Lione, fresco dei 7 titoli vinti consecutivamente, costretto a faticare contro una squadra com-posta da dilettanti. Ecco il bello del calcio. Che nessuno può portarci via.

di Renato MAIsANI

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MILAN-Cesena SERIE A 22.02.2015

TORINO-Athletic Bilbao EuROPA LEAGuE 19.02.2015

PhOTOgALLERY / IL TIFO RACCONTA

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di Thomas SACCANI

l bello del calcio è spesso raccolto in pochi attimi. Riuscire a fotografarli è un’arte e, soprattutto, il modo migliore per raccon-tare ciò che accade. Nulla avrebbe senso senza la presenza del pubblico. I tifosi sono l’essenza stessa del mondo del pallone, doveroso un tributo per raccontarne la vera passione…

IL CALCIO DEI TIFOSII

Sampdoria-SASSuOLO SERIE A 08.02.2015

ROMA-Parma SERIE A 15.02.2015

SAMPDORIA-Genoa SERIE A 24.02.2015

Inter-PALERMO SERIE A 08.02.2015

PhOTOgALLERY

IL TIFO RACCONTA

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PhOTOgALLERY / IL TIFO RACCONTA

ROMA-Feyenoord EuROPA LEAGuE 19.02.2015

Sampdoria-GENOA SERIE A 24.02.2015

JuVENTuS-Milan SERIE A 07.02.2015

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PhOTOgALLERY / IL TIFO RACCONTA

CESENA-Juventus SERIE A 15.02.2015

Tottenham-FIORENTINA EuROPA LEAGuE 19.02.2015

SAMPDORIA-Genoa SERIE A 24.02.2015

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Con gli ex Ganz, Carrera, Filippini

e Possanzini, un simpatico Baronio

immortala unmomento di relax

durante il loro corso di

aggiornamento

Non possiamo certo direche il centrocampista dell’Interabbia dellebrutte sorelle

Ha appena lasciato l’Italia ed eccolo con

la nuova divisa del Chelsea in mezzo a

campioni come Fabregas e

Diego Costa

L’unico, l’originale, che con una semplicità disarmante si selfa tranquillamente nella metropolitanadi New york

Insieme a Cristiano Militello

dopo averrealizzato il servi-

zio andatoin onda a

Striscia La Notizia

Per chiunquesarebbe un sognoincontrare l’exstella del basketamericano MichaelJordan, figuriamociper uno come Materazzi che ha scelto il suo stesso numero di maglia

Momento d’oro per

il giocatorecolombiano

dell’Inter e sivede anche dal

bel sorriso nel suo selfie in auto

Rimane il più attivo di tutti sui social. Ecco l’attaccantebrasiliano del Barcellona godersi il concerto di Katy Perry da unaposizionenaturalmente privilegiata

Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLeTTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb

BARONIO kOVACIC

BeRTOLACCI MATeRAZZI

CUADRADO RONALDO

gUARIN NeYMAR

scovate da CARLeTT

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