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14 GENERALITÀ La storia dellalimentazione, soprattutto nel lattante dei primi mesi, è piena di luci e di ombre, anche per la pediatria italiana. Lallattamento al seno, che ha accom- pagnato luomo fin dalla sua prima comparsa alcuni milioni di anni fa, allinizio del XX secolo venne quasi allimprovviso sostituito dallallattamento artificiale, con preparazioni derivate soprattutto dal latte vaccino: fino a una trentina di anni fa chi si manteneva fedele allallattamento al seno e ne propagandava la grandissi- ma utilità veniva considerato un retrogrado, che non si teneva aggiornato sugli ultimi ritrovati della scienza dellalimentazione. Molti cultori delle discipline pedia- triche pontificavano sullutilità e la praticità dellallatta- mento artificiale (formule), nei confronti dellallatta- mento al seno. Poi, come è avvenuto per la dieta mediterranea, si è riaffacciato alla porta quello che era stato impropriamen- te gettato dalla finestra, sullonda della stessa letteratura anglosassone, che era stata fra le prime a favorire il passaggio alle formule. Da una trentina di anni abbiamo assistito a una progressiva riconversione delle diverse scuole pediatriche nel riconoscere la grande utilità dellallattamento al seno, per un numero infinito di ragio- ni, non ultima quella dei vantaggi psicologici nei rapporti madre-lattante. Fortunatamente, il buon senso della popolazione aveva cercato di arginare, a suo tempo, il dilagare dei latti in polvere, ma lutilizzo del latte di donna si era ridotto a meno del 25% fra i nuovi nati. Ora la percentuale è tornata finalmente a risalire: in unindagine italiana del 1995-96 lallattamento esclusivo al 1° mese è risultato del 72,8% e del 35% alla fine del 3° mese; successiva- mente, in parecchie regioni dItalia, lallattamento ma- terno esclusivo ha raggiunto e superato l80%, anche per periodi di tempo superiori ai 3 mesi. LAccademia Americana di Pediatria ha raccomanda- to di mantenere lalimentazione al seno esclusiva del lattante per tutti i primi 6 mesi di vita e di continuare lallattamento anche nel 2° semestre, dopo linizio del divezzamento. Oggi le madri, appartenenti a tutti gli strati sociali, sanno che il latte materno è il migliore alimento per il proprio figlio e sanno o intuiscono anche il perché. Se questo è vero, perché ancora oggi alcune madri scelgono di alimentare il proprio figlio con il biberon? Perché non hanno ricevuto da parte dei sanitari con i quali sono venute in contatto alcun segno dincoraggiamento per lalimentazione al seno e perché è stato loro consi- gliato, molto erroneamente, da parenti e amiche di non allattare il bambino per non incorrere in un precoce invecchiamento del seno. Le madri degli anni 60 e 70 dicono a questo proposito: Se soltanto il mio dottore mi avesse detto allora quanto era importante lalimentazione al seno per mio figlio!. Ecco che a questo punto sinserisce la figura del pediatra moderno che, cosciente dellimportanza dellal- lattamento al seno, già mentre partecipa come docente al corso di preparazione alla nascita, comunica alle future madri il proprio convincimento e le guida nella scelta dellalimentazione al momento della nascita. Il latte ma- terno è sempre pronto, sempre caldo, sempre sufficiente- mente sterile: come non approfittarne? I vantaggi del latte umano sono, come vedremo, tal- mente tanti che viene difficile enumerarli. Per prima cosa va ricordato che il latte è specie-speci- fico: il latte di donna è, in altre parole, formato proprio per la crescita e lo sviluppo del piccolo delluomo, come quello della mucca è destinato, attraverso un affinamento durato milioni di anni, alla crescita del vitellino. Ma nei casi, pochissimi, in cui la madre effettivamente non si trovi nella condizione di allattare il proprio figlio, il pediatra non deve insistere oltre il dovuto e non la deve mai colpevolizzare: deve renderle invece noto che al giorno doggi i latti in polvere offrono tutti ogni garanzia per la nutrizione del bambino e che, pur non essendo NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI G. BARTOLOZZI Capitolo 14.fm Page 225 Thursday, July 17, 2008 2:43 PM

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14

GENERALITÀ

La storia dell�alimentazione, soprattutto nel lattantedei primi mesi, è piena di luci e di ombre, anche per lapediatria italiana. L�allattamento al seno, che ha accom-pagnato l�uomo fin dalla sua prima comparsa alcunimilioni di anni fa, all�inizio del XX secolo venne quasiall�improvviso sostituito dall�allattamento artificiale,con preparazioni derivate soprattutto dal latte vaccino:fino a una trentina di anni fa chi si manteneva fedeleall�allattamento al seno e ne propagandava la grandissi-ma utilità veniva considerato un retrogrado, che non siteneva aggiornato sugli ultimi ritrovati della scienzadell�alimentazione. Molti cultori delle discipline pedia-triche pontificavano sull�utilità e la praticità dell�allatta-mento artificiale (formule), nei confronti dell�allatta-mento al seno.

Poi, come è avvenuto per la dieta mediterranea, si èriaffacciato alla porta quello che era stato impropriamen-te gettato dalla finestra, sull�onda della stessa letteraturaanglosassone, che era stata fra le prime a favorire ilpassaggio alle formule. Da una trentina di anni abbiamoassistito a una progressiva riconversione delle diversescuole pediatriche nel riconoscere la grande utilitàdell�allattamento al seno, per un numero infinito di ragio-ni, non ultima quella dei vantaggi psicologici nei rapportimadre-lattante.

Fortunatamente, il buon senso della popolazioneaveva cercato di arginare, a suo tempo, il dilagare dei lattiin polvere, ma l�utilizzo del latte di donna si era ridottoa meno del 25% fra i nuovi nati. Ora la percentuale ètornata finalmente a risalire: in un�indagine italiana del1995-96 l�allattamento esclusivo al 1° mese è risultatodel 72,8% e del 35% alla fine del 3° mese; successiva-mente, in parecchie regioni d�Italia, l�allattamento ma-terno esclusivo ha raggiunto e superato l�80%, anche perperiodi di tempo superiori ai 3 mesi.

L�Accademia Americana di Pediatria ha raccomanda-

to di mantenere l�alimentazione al seno esclusiva dellattante per tutti i primi 6 mesi di vita e di continuarel�allattamento anche nel 2° semestre, dopo l�inizio deldivezzamento.

Oggi le madri, appartenenti a tutti gli strati sociali,sanno che il latte materno è il migliore alimento per ilproprio figlio e sanno o intuiscono anche il perché.

Se questo è vero, perché ancora oggi alcune madriscelgono di alimentare il proprio figlio con il biberon?Perché non hanno ricevuto da parte dei sanitari con i qualisono venute in contatto alcun segno d�incoraggiamentoper l�alimentazione al seno e perché è stato loro consi-gliato, molto erroneamente, da parenti e amiche di nonallattare il bambino per non incorrere in un precoceinvecchiamento del seno. Le madri degli anni �60 e �70dicono a questo proposito: �Se soltanto il mio dottore miavesse detto allora quanto era importante l�alimentazioneal seno per mio figlio!�.

Ecco che a questo punto s�inserisce la figura delpediatra moderno che, cosciente dell�importanza dell�al-lattamento al seno, già mentre partecipa come docente alcorso di preparazione alla nascita, comunica alle futuremadri il proprio convincimento e le guida nella sceltadell�alimentazione al momento della nascita. Il latte ma-terno è sempre pronto, sempre caldo, sempre sufficiente-mente sterile: come non approfittarne?

I vantaggi del latte umano sono, come vedremo, tal-mente tanti che viene difficile enumerarli.

Per prima cosa va ricordato che il latte è specie-speci-fico: il latte di donna è, in altre parole, formato proprioper la crescita e lo sviluppo del piccolo dell�uomo, comequello della mucca è destinato, attraverso un affinamentodurato milioni di anni, alla crescita del vitellino.

Ma nei casi, pochissimi, in cui la madre effettivamentenon si trovi nella condizione di allattare il proprio figlio,il pediatra non deve insistere oltre il dovuto e non la devemai colpevolizzare: deve renderle invece noto che algiorno d�oggi i latti in polvere offrono tutti ogni garanziaper la nutrizione del bambino e che, pur non essendo

NUTRIZIONE ED EVENTIPATOLOGICI AD ESSACOLLEGATIG. BARTOLOZZI

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226 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

paragonabili al latte materno, sono stati modificati a unpunto tale da permettere un ottimo e sicuro accrescimento.

Normative di legge

A parte il latte materno, la necessità di avere la dispo-nibilità di alimenti adeguati, per caratteristiche nutrizio-nali e sicurezza d�uso, alle specifiche necessità del lat-tante e del bambino della prima e della seconda infanzia,venne riconosciuta in Italia fin dai primi anni �50. Glialimenti per l�infanzia sono regolati da una vecchia legge(29 marzo 1951, n. 327) e dal suo regolamento di appli-cazione, il Decreto del Presidente della Repubblica del30 maggio 1953, n. 578. Secondo tale legge i prodotti perl�infanzia debbono essere sottoposti da parte del Ministe-ro a un regime di autorizzazione preventiva all�immissio-ne in commercio, secondo il parere di una CommissioneScientifica, formata da esperti, selezionati dal Ministerodella Salute (già Ministero della Sanità). La Commissio-ne aveva il compito di valutare l�idoneità della composi-zione del prodotto in rapporto ai requisiti igienico-sani-tari richiesti.

Negli anni �60 viene creata a livello internazionale, laCommissione del Codex alimentarius, organo dell�ONUper l�alimentazione (FAO) e la salute (OMS): tra i diversiComitati che lo compongono vi è il Comitato CodexNutrizione e Prodotti Dietetici, che sostiene l�allattamen-to al seno ed elabora norme in materia di prodotti dieteticispecifici, compresi gli alimenti per l�infanzia (CodexStandard72 del 1981 e 156 del 1987 e successive modi-fiche).

A livello europeo già negli anni �70 inizia lo sviluppodi una legislazione comunitaria, che si propone di armo-nizzare le disposizioni legislative nazionali in materiaalimentare: le linee guida vengono fornite sia da organi-smi mondiali (Codex) che europei (per esempio ESP-GHAN).

In Italia nel 1992 viene abrogata la legge, relativa aiprodotti dietetici fino allora in uso ed entra in vigore laDirettiva (Decreto Legislativo del 27 gennaio 1992, n.111) che distingue gli �alimenti destinati a un�alimenta-zione particolare� dai �prodotti dietitici� destinati a finimedici speciali. Fra questi sono compresi i prodotti perl�infanzia, cioè per individui in buona salute, che vengo-no distinti da preparazioni che vengono usate per soggetticon necessità specifiche, darivanti da malattie, da parti-colari terapie o da diete speciali (per esempio latte perpretermine e gli idrolisati spinti).

La Comunità europea ha emanato un regolamento peril latte per lattanti nel primo semestre di vita (latte dipartenza) e per le formule di proseguimento, recepito inItalia con il Decreto ministeriale del 6 aprile 1994, n. 500e successive modifiche. Tale regolamento prevede i re-quisiti essenziali per questi prodotti al fine di offrirepreparazioni �senza eccessi e senza difetti� per quantoriguarda i nutrienti essenziali, in rapporto con le partico-lari situazioni di tolleranza fisio-metabolica delle diverseetà (Tabella 14.1).

Il Decreto ministeriale n. 500 comprende inoltre le se-guenti disposizioni:

limitazioni severe in materia di pubblicità e di etichet-tatura;divieto di promozioni commerciali;divieto di distribuzione di campioni e di omaggi alconsumatore, direttamente o indirettamente, attraver-so il personale sanitario dei reparti di neonatologia(latte di partenza);obbligo di erogare forniture gratuite o a basso prezzoper i Centri nascite, solo su richiesta scritta del respon-sabile sanitario, in quantità commisurata al numeromedio di nati non allattati al seno.I prodotti per lo svezzamento e per l�alimentazione

diversificata sono regolati dal Decreto del Presidentedella Repubblica del 7 aprile 1999, n. 128 (recepimentodelle Direttive 96/5/CE e 98/36/CE) e vengono suddivisiin due gruppi:

alimenti a base di cereali;altri alimenti per lattanti e bambini (baby food).Gli alimenti a base di cereali sono prodotti essenzial-

mente a partire da uno o più cereali macinati (farine) e/otuberi o rizomi, e debbono rispondere alle seguenti pre-scrizioni generali:

tenore di cereali e/o tuberi o rizomi non inferiore al25% del peso secco;contenuto di timine non inferiore a 0,1 mg/100 kcal;i sali di sodio possono essere aggiunti solo a scopo tec-nologico (agenti lievitanti) e comunque la quantità disodio non deve essere superiore a 100 mg/100 kcl.Gli altri alimenti per la prima infanzia sono i cosiddetti

baby food, comprendenti tutti i tipi di omogeneizzati,liofilizzati e prodotti assimilabili. Il decreto n. 128 citato,fissa le seguenti disposizioni generali per i baby food:

quantità totale di sodio non superiore a 200 mg/kcal,a eccezione dei prodotti nei quali il formaggio sial�unico ingrediente, nel qual caso la quantità massimadi sodio sale a 300 mg/100 kcal;divieto di aggiunta della vitamina D;divieto di aggiunta della vitamina A;quantità massima di grassi pari a 4,5 g/kcal, a eccezio-ne dei prodotti nei quali la carne e il formaggio sianogli unici ingredienti, nel qual caso il livello massimoè portato a 6 g/100 kcal;quantità massima di carboidrati per omogeneizzati difrutta, succhi, dessert e merende;

Tabella 14.1 - Latte per lattanti. Proteine consentite elivelli di concentrazione ammessi.

TIPO DI PROTEINE (D/100 KCAL) MINIMO MASSIMO

Proteine del latte vaccino (modificateo meno)

Proteine della soia (proteine + ami-noacidi)

Proteine del latte vaccino, parzial-mente idrolizzate

1,8

2,25

2,25

3,0

3,0

3,0

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227RICHIESTE DI NUTRIENTI (FABBISOGNO ALIMENTARE)

integrazione obbligata con vitamina C per tutti i deri-vati della frutta.

Norme particolari per la sicurezza e i controlliNel 2005 l�ESPGHAN ha emanato un position paper

nel quale non viene più citata la percentuale di caseina/sieroproteina, come primo parametro di un latte adattatoeuropeo, per cui va bene anche l�80% di caseina e il 20%di sieroproteine, come nel latte vaccino e come nei lattistatunitensi e del resto del mondo. Nello stesso positionpaper si afferma che la sola imitazione della composizio-ne del latte materno non è di per sé un sufficiente criteriodi adeguatezza, mentre viene sottolineato il principio del�correlato funzionale�.

Passando dalla alimentazione del lattante e del bam-bino nei primi 2 anni di vita alla alimentazione delle etàsuccessive, va rilevato che ai primi del 2005, negli StatiUniti la vecchia �piramide alimentare�, costruita oltre 10anni fa, è stata completamente sovvertita, vista la diffu-sione nella popolazione dei soggetti sovrappeso e obesi,che superano ormai negli Stati Uniti il 50% degli abitanti.Anche le nuove norme consigliano di mangiare una gran-de quantità di frutta e di verdure e di fare esercizio fisicodai 30 ai 90 minuti al giorno, ma consigliano nel contem-po di usare prodotti integrali per una delle porzioni gior-naliere di cereali (grano, avena o riso). I grassi nondovrebbero costituire più del 35% delle calorie ingeriteogni giorno e dovrebbero essere costituiti essenzialmenteda acidi grassi mono- e polinsaturi. Gli acidi grassi saturinon dovrebbero essere consumati per più del 10% dellecalorie giornaliere, mentre il colesterolo non dovrebbeessere ingerito in più di 300 mg al giorno. La dietamediterranea, che di recente era stata messa in discussio-ne, è stata completamentre riabilitata, compresa la suaelevata componente in carboidrati. I due obiettivi princi-pali sono oggi per gli alimentaristi statunitensi mangiaremeno calorie e fare più attività fisica.

Il continuo progresso delle conoscenze scientificheporta alla necessità di una continua modifica delle normeche regolano i prodotti alimentari, soprattutto per queisoggetti come i bambini, che hanno peculiari caratteristi-che fisiologiche.

RICHIESTE DI NUTRIENTI (FABBISOGNO ALIMENTARE)

La richiesta individuale di nutrienti è regolata essen-zialmente da caratteristiche genetico-metaboliche: per lapediatria essa deve portare a una crescita soddisfacente,senza che si sviluppino stati d�insufficienza energetica,minerale o vitaminica.

Di recente sono stati identificati i quantitativi alimen-tari necessari, per le diverse sostanze, per prevenire statidi deficienza nella maggior parte delle persone (Food andNutrition Board, National Academy of Science: NationalResearch Council Recommended Dietary Allowances,

riviste nel 1989). Poiché, in via teorica, è possibile chealcuni nutrienti essenziali non siano stati ancora identifi-cati, tutti i nutrizionisti consigliano di seguire a qualsiasietà, ma soprattutto nell�infanzia, una dieta molto variata,anche nei bambini che, come capita spesso, tendono aessere conservatori al massimo nella loro dieta.

In Europa i fabbisogni alimentari sono stati identifica-ti dal Comitato per la Nutrizione della Società Europeadi Gastroenterologia Pediatrica e della Nutrizione (ESP-GAM); in Italia l�Istituto della Nutrizione ha stabilito iLivelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti(LARN), che sono definiti come i livelli necessari pertutta la popolazione, tenendo conto degli estremi delledifferenze individuali (Tabella 14.2): ovviamente iLARN sono più elevati sia dei livelli stabiliti negli StatiUniti che di quelli dell�ESPGAM (anche del 30% per leproteine).

L�opinione prevalente nella comunità scientifica è chela strategia migliore per promuovere la salute sia quellache privilegia l�assunzione di elevate quantità di frutta evegetali, mentre il ricorso alla supplementazione convitamine e/o minerali sia consigliabile solo per determi-nati segmenti della popolazione con specifiche esigenzenutrizionali e/o fisiologiche.

AcquaIn proporzione al peso, il contenuto in acqua del

lattante è superiore a quello del soggetto adulto: 75-80%contro 55-60%. Si tratta soprattutto di liquidi extracellu-lari. Poiché, in senso assoluto, essi, nelle prime età dellavita, sono abbastanza scarsi, si rende necessario restau-rare in breve tempo le perdite che eventualmente doves-sero avvenire con la diarrea e col vomito, pena l�insor-genza di un grave stato di disidratazione.

L�acqua extracellulare del nostro organismo non deri-va solo dalle fonti esterne, ma origina anche dall�interno,per esempio dall�ossidazione di alcune molecole.

Il fabbisogno di acqua del bambino, come d�altra partedell�adulto, deriva da:

consumo metabolico (5-10% del totale);perspiratio insensibilis, legata alla perdita di acquadalle superfici dell�organismo, come la cute e le vieaeree, e alla sudorazione (40-50% del totale);perdita attraverso le urine (40-50% del totale) e le feci(3-10% del totale).Il lattante necessita di una maggiore quantità di acqua

per kg di peso corporeo, in confronto all�adolescente eall�adulto (Tabella 14.3): il fabbisogno di liquidi dellattante sano rappresenta ogni giorno il 13-15% del suopeso, contro il 2-4% dell�adulto (Figura 14.1). Il fabbi-sogno di acqua diminuisce percentualmente mese dopomese e anno dopo anno, dalla nascita all�adolescenza.

Il rene mantiene l�equilibro dei liquidi e degli elettro-liti dell�organismo, variando, entro limiti diversi per etàe situazione, l�osmolarità (da 300 a 1.000 mOsm/L) e ilvolume delle urine (vedi Capitolo 41, pag. 1037).L�osmolarità ematica varia entro limiti ristretti (intornoa 293 mOsm/L).

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228 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Gran parte della popolazione italiana è ormai abituataa bere prevalentemente acqua minerale: circa il 60%degli italiani beve acqua minerale, più spesso naturale(60%), più di rado effervescente naturale (18%), ancorapiù di rado lievemente frizzante (12%) e meno ancoradecisamente frizzante (10%). Nella maggioranza dei casiil consumatore pensa che un�acqua sia uguale a un�altra,mentre le differenze fra un�acqua minerale e un�altrasono a volte rilevanti. Il fatturato è di 3 miliardi di euro;i marchi sono 265; gli stabilimenti 166 e gli occupati delsettore 40.000. Il consumo di acqua minerale per personaè passato da 154,8 litri del 1999 a 195 litri del 2004: ilmaggiore di tutti i Paesi del mondo. Nel 2004 gli italianihanno bevuto 10.700 milioni di litri di acqua minerale.La pubblicità dell�acqua minerale in Italia è divenutamartellante: le immagini meravigliose dei luoghi daiquali sgorga quella determinata acqua, fanno aumentarela paura nei confronti dell�acqua che esce dal rubinetto.

Si continua a comprare l�acqua minerale anche quandosiamo in montagna, proprio là dove ci sono le sorgenti diquella stessa acqua minerale. Siamo l�unico Paese almondo dove questo accade.

Il residuo fisso è la quantità di sali inorganici contenutinell�acqua: esso si ottiene facendo evaporare l�acqua a180 °C. Viene espresso in milligrammi per litro. Un�acquache contenga una quantità elevata di sali inorganici, deter-mina un sovraccarico di elettroliti nel sangue e richiede unsuperlavoro da parte del rene: poiché la funzione escreto-ria renale viene raggiunta solo fra i sei mesi e i due annidi età, per la diluizione del latte in polvere è consigliabileche venga usata un�acqua che abbia un residuo fissoinferiore ai 200 mg/L o meglio 100 mg/L. Al di là dei 6mesi il miglioramento della funzione renale permettel�uso di acqua con una maggiore quantità di residuo fisso.

Il pH consigliato sta fra 6 e 6,8. Il contenuto di fluoro(vedi Capitolo 34, pag. 766) deve variare fra 0,5 e 1 mg/

Tabella 14.2 - LARN di proteine e acidi grassi essenziali per la popolazione italiana.

ETÀ IN ANNI PESO IN kg PROTEINE IN g ACIDI GRASSI ESSENZIALI IN g 3 6

LattantiBambini

Maschi

Femmine

GestantiNutrici

0,5-11-34-67-1011-1415-1718-2930-59

60 e più11-1415-1718-2930-49

50 e più

7-109-1616-2223-3335-5355-66

656565

35-5152-55

565656

15-1913-2321-2829-4244-6564-72

626262

43-5856-57

5353535970

44445666645

4,54,54,55

5,5

0,50,7111

1,51,51,51,51111111

(Società Italiana di Nutrizione Umana, 1996)

Tabella 14.3 - Fabbisogno medio di acqua in bambini sani a seconda dell�età.

ETÀ PESO MEDIO IN kg QUANTITÀ DI ACQUA NECESSARIA NELLE 24 ORE (mL)

ACQUA NECESSARIA PER kg NELLE 24 ORE (mL)

3 giorni10 giorni3 mesi6 mesi9 mesi1 anno2 anni4 anni10 anni14 anni18 anni

3,03,25,77,89,0

10,012,216,529,248,052,0

250-300400-500750-850950-1200

1200-14001250-14501400-15001800-20002000-25002200-27002200-2700

80-100125-150140-160130-155125-145120-135115-12590-10070-8550-6040-50

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229RICHIESTE DI NUTRIENTI (FABBISOGNO ALIMENTARE)

L. Altrettanto importante il contenuto in sodio (deveessere il più basso possibile) e in nitrati (spesso indice diinquinamento).

EnergiaUna grande caloria o chilocaloria (1 Cal = 1 kcal) è la

quantità di calore necessario per aumentare la temperaturadi 1 kg di acqua (1 litro) da 14,5 a 15,5 °C. Il fabbisognocalorico varia in senso assoluto alle diverse età e in variecondizioni (Figura 14.2). Da 100 calorie per kg di pesonel 1° anno, si passa a 80 per kg a 6 anni, per scendere a60, a 12 anni e, infine, a 40 calorie per kg a 18 anni. Moltodiverso è anche l�utilizzo delle calorie per kg alle diverseetà: mentre il valore totale delle calorie diminuisce quasiparallelamente alle calorie basali e alle calorie destinatealla crescita, aumenta dalla nascita ai 6-9 anni la spesa peri movimenti, mentre rimane quasi costante la spesa permantenere la temperatura corporea nei limiti normali,come rimane costante la perdita delle calorie con le feci.Per esempio, un bambino di 6-12 anni spende la metà delsuo fabbisogno calorico per il metabolismo basale (laspesa minima di energia necessaria per mantenere la re-spirazione, la circolazione, la peristalsi, il tono muscolare,l�attività ghiandolare e le altre funzioni vegetative), il12% per la crescita, il 25% per l�attività fisica e circa l�8%lo perde con le feci, come grassi non assorbiti (saponi).

Il fabbisogno calorico, necessario per ottenere unbuon accrescimento staturale e ponderale, varia notevol-mente da un soggetto all�altro.

Mentre in oltre il 60% dei casi valgono i livelli indicatinella Figura 14.2, vi è una parte di soggetti che crescebene solo se introita una quantità di calorie superiore aquella indicata (per esempio nel 1° anno 120-140 kcal perkg), ma vi è dal lato opposto della curva di Gaus ancheuna parte di soggetti che cresce bene anche se introducesolo 75-80 kcal per kg di peso. Questo concetto è fonda-

mentale per comprendere il comportamento ponderale dialcuni bambini che mangiano poco o giusto e ingrassanoo al contrario di altri bambini che mangiano molto omoltissimo e sono magri: trasmettere alla madre questinostri convincimenti può aiutarla a capire le regole delfabbisogno alimentare e può servire a noi pediatri perspiegare una realtà altrimenti di difficile o complessainterpretazione.

L�apporto di macronutrienti, necessario alle varie età,è riportato nella Tabella 14.4.

Prendendo in considerazione il latte materno comel�alimento ideale del lattante nei primi 6 mesi di vita,ritroviamo questa suddivisione calorica per i diversi ma-cronutrienti:

proteine: 6-8% delle calorie totalicarboidrati: 41-43%grassi: 52-54%.Nelle età successive il totale delle calorie dovrebbe

essere così suddiviso fra i vari macronutrienti:proteine: 8-12% delle calorie totalicarboidrati: 52-62% delle calorie totaligrassi: 30-34%.Da tener presente che 1 g di carboidrati e 1 g di

proteine corrispondono a 4 calorie per ciascuno e che 1g di grassi corrisponde a 9 calorie, mentre 1 g di alcoletilico (ma il suo uso è completamente vietato in etàevolutiva) corrisponde a 7 calorie.

ProteineLe proteine sono formate di aminoacidi, che si suddi-

vidono in:aminoacidi essenziali, cioè non sintetizzabili dall�or-ganismo e quindi necessariamente da introdurredall�esterno: treonina, valina, leucina, isoleucina, lisi-na, triptofano, fenilalanina, metionina, istidina. Argi-nina, cistina e taurina sono essenziali per i nati di bassopeso;aminoacidi non essenziali, tutti gli altri che l�organi-smo è in grado di sintetizzare da solo e che quindi nonè necessario introdurre con la dieta.

Figura 14.1 - Bilancio idrico giornaliero nel lattante enell�adulto.

Figura 14.2 - Fabbisogno e utilizzo calorico alle varie età.

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230 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Per ogni proteina è necessario conoscere il valorebiologico, cioè il grado di utilizzazione. In altre parole leproteine ad alto valore biologico contengono tutti gliaminoacidi essenziali necessari per la sintesi dei tessutie hanno poco �sciupìo�: contengono proteine ad altovalore biologico le uova, il latte, il manzo, il pesce, ilpollame, il formaggio, i legumi. Le proteine vegetalihanno un valore biologico più basso (del 25-30%, inconfronto per esempio all�uovo): di questo si deve tenerconto nel calcolo dell�apporto proteico in un bambino.

CarboidratiSono il macronutriente che partecipa in maggior mi-

sura alle spese energetiche dell�organismo: quando man-cano i carboidrati l�organismo attinge energie dalle riser-ve di grassi e di proteine. Vengono immagazzinati comeglicogeno nel muscolo e nel fegato, dai quali vengonoliberati attraverso il processo della glicogenolisi. I car-boidrati si ritrovano nel latte, nei cereali, nella frutta,nelle patate e nei vegetali; lo zucchero (un disaccaridecostituito da glucosio e fruttosio) è formato al cento percento da carboidrati.

GrassiI lipidi (o grassi, rappresentati essenzialmente da tri-

gliceridi) sono costituenti fondamentali delle membranedi tutte le cellule; essi rappresentano inoltre le più impor-tanti riserve di energia del nostro organismo. Sono ricer-cati nell�alimentazione, sia dai bambini che dagli adulti,perché aumentano la palatabilità degli alimenti. Essiveicolano le vitamine liposolubili (A, D, E e K). Sonoformati da acidi grassi, che differiscono fortemente l�unodall�altro, sia come lunghezza sia per la mancanza o lapresenza di uno o più doppi legami (acidi grassi saturi,monoinsaturi e polinsaturi).

L�uomo non è in grado di sintetizzare gli acidi grassicon due doppi legami (acido linoleico) e con tre doppilegami (acido linolenico), che debbono necessariamenteessere presenti nella dieta. L�acido linoleico è il precur-sore dell�acido arachidonico, delle prostaglandine e deileucotrieni. L�acido linolenico modula la velocità di sin-tesi di acido arachidonico e di altri composti, che sono

essenziali per la struttura e la funzione del sistema ner-voso centrale. Il latte materno contiene discrete quantitàdi acidi grassi essenziali (fra il 4 e il 5% del totale dellecalorie); nelle età successive essi sono contenuti nelladieta in una proporzione dell�1-2% delle calorie. La loromancanza, in un organismo in rapida crescita, determinaintertrigine, secchezza, ispessimento e desquamazionedella pelle. Un loro eccesso aumenta la produzione diperossidi e può causare distruzione delle membrane cel-lulari. I grassi sono contenuti nel latte materno e vaccino,nel rosso d�uovo, nel burro, nella carne, nel pesce, nelformaggio, nelle noccioline e negli oli vegetali: l�olio dioliva contiene prevalentemente acido oleico (con un dop-pio legame), analogamente all�olio di arachidi. Gli acidigrassi polinsaturi (linoleico soprattutto) sono contenutiin gran quantità (circa il 50% del totale) nell�olio di mais,di girasole, di soia e di vinaccioli.

Il contenuto di grassi nei vari alimenti cambia con ilpassare del tempo: per esempio, secondo l�Istituto Nazio-nale della Nutrizione il contenuto di lipidi presente in 100g di tuorlo d�uovo (cioè di circa due uova) si è abbassatonegli ultimi anni da 11,1 g a 8,7 g. Parallelamente si èridotto anche il contenuto di colesterolo, che è passato da504 mg (in due tuorli d�uovo) a 371 mg: una riduzione dicirca un quarto.

Una dieta ricca di grassi può favorire l�incrementoponderale in quanto:

i grassi hanno un elevato rendimento calorico ed estre-ma palatabilità, per cui favoriscono il consumo di ele-vate quantità di cibo, promuovendo un bilancio ener-getico positivo;hanno un minor effetto saziante e di autocompensa-zione mediante la regolazione dei successivi introiti;inducono una minor termogenesi pasto-indotta (circail 3% del contenuto energetico per i grassi ingeriti,contro il 5-8% dei carboidrati e il 20-25% delle prote-ine);lo stoccaggio dei grassi è 8 volte superiore dopo unpasto ricco di grassi rispetto al pasto ricco in carboi-drati.

Vitamine e mineraliVedi pag. 261 e pag. 272.

Tabella 14.4 - Fabbisogni di macronutrienti alle diverse età.

ETÀ IN MESI/ ANNI

PESO MEDIOin kg

ALTEZZA MEDIAin cm

PROTEINE g/die

CARBOIDRATIg/die

GRASSI g/die

CALORIE TOTALI/DIE

Lattanti

Bambini

Maschi

Femmine

6 mesi12 mesi 3 anni 6 anni10 anni14 anni18 anni14 anni18 anni

7.8001014223046655055

667593

114135158176159162

131620263246604648

7890

160230260300320325300

4664688286

102120112100

7801.0001.3301.7601.9502.3002.6002.5002.300

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231DIETA DEL LATTANTE

GLI ACIDI GRASSI CIS E TRANS

I grassi trans, acidi grassi insaturi con almeno un doppiolegame in configurazione trans (Figura A), sono formati du-rante l�idrogenazione parziale degli oli vegetali, un processoche converte gli oli vegetali in grassi semisolidi, come lemargarine. Da un punto di vista industriale, gli oli vegetaliparzialmente idrogenati sono convenienti per la loro lungavita nelle confezioni, la loro stabilità durante la frittura ad altetemperature, il loro stato semisolido, che permette di confe-zionarli secondo i bisogni, e l�aumento della palatabilità dicibi cotti e di dolci. Il consumo medio degli acidi grassi transnegli Stati Uniti rappresenta il 2-3% del totale delle calorieconsumate. La maggior origine di grassi trans sono i cibi frittivelocemente ad alta temperatura (patatine fritte), i prodotticotti in forno, i cibi per spuntini, le pizze, le margarine, ipopcorn, le torte, i cracker e molti altri. Una minima quantitàdi grassi trans (0,5% dell�energia totale consumata) si trovanella carne: essi sono prodotti dai batteri nello stomaco deiruminanti.

Figura A - Struttura degli acidi grassi cis e trans. Sia l�acido oleico che l�acido elaidico sono acidi grassia 18 atomi di carbonio con un singolo doppio legame.Ma l�acido oleico ha un doppio legame cis (gli atomi diidrogeno sono dallo stesso lato), che causa una curvao un nodo nella catena dell�acido grasso, mentre l�aci-do elaidico ha un doppio legame trans (gli atomi diidrogeno sono uno da un lato e l�altro dall�altro dellamolecola di acido grasso), il che raddrizza la catenadell�acido grasso. Il legame trans conferisce alla strut-tura dell�acido grasso un aspetto più simile a quellodegli acidi grassi saturi, alterando le proprietà fisiolo-giche e gli effetti degli acidi grassi. Nell�acido elaidicoil doppio legame è presente al nono atomo di carbonio(trans 18:1-9). (Da Mozaffarian D. et al.: Trans fatty acidand cardiovascular disease, N Eng J Med 354:1601-13,2006.)

La Food and Drug Administration ha deciso che dal primogennaio 2006 tutti i cibi debbono indicare il contenuto inacidi grassi trans. Il Dipartimento della Salute e dell�IgieneMentale di New York ha chiesto ai ristoranti e ai fornitori dicibi di eliminare parzialmente i grassi idrogenati. Anche laDanimarca e il Canada hanno preso o prenderanno provvedi-menti per limitare il consumo di acidi grassi trans.Sulla base degli studi sperimentali e clinici, il consumo di acidigrassi trans, ottenuti da oli parzialmente idrogenati, nonfornisce alcun apparente beneficio alimentare e ha moltepotenzialità di danno per l�organismo umano. È possibileeliminare gli oli parzialmente idrogenati dai cibi nei ristorantie da quanti preparano i cibi, perché, secondo l�esperienza dialcuni Paesi, essi possono essere largamente rimpiazzati dagliacidi grassi cis senza aumentare i costi e senza ridurre laqualità o la disponibilità dei cibi. La riduzione del consumo digrassi trans porterà probabilmente a sostanziali benefici perla salute, impedendo migliaia di malattie coronariche.

FibreCol nome di fibre sono indicate quelle parti dei cereali,

dei vegetali, della frutta, dei legumi, delle noci e dellenocciole che non vengono scisse e digerite nell�uomo alivello intestinale: esse sono costituite da carboidrati(cellulosa) e lignina. Si ritiene comunemente che unadieta ricca di cibi raffinati e povera di fibre possa provo-care stipsi, diverticolite, calcolosi colecistica, appendici-te acuta e perfino cancro del colon. D�altra parte, diete adalto contenuto di fibre possono portare a una riduzionedell�assorbimento del colesterolo, dello zinco e di altrinutrienti importanti.

È ovvio che nel 1° anno di vita, quando l�alimentazio-ne lattea è prevalente, l�apporto di fibre è scarso e limi-tato ai passati di verdura ed eventualmente alle creme dicereali integrali. È solo negli anni successivi, e in parti-colare dopo il secondo, che le fibre debbono rappresen-tare una componente essenziale nella dieta del bambino,anche perché comincia a familiarizzare con alimenti cheentreranno a far parte della sua alimentazione quotidiana.

Essenziale per tutti è sapere che le fibre sono un alimento enon un medicamento.

Il fabbisogno giornaliero di fibre va da 170 a 300mg/kg/die. I bambini che siano tenuti a una dieta varia ebilanciata introitano sufficienti quantità di fibre. Fra leverdure bollite quelle che contengono più fibre sono icavolini di Bruxelles, i carciofi, i broccoli e la cicoria.

DIETA DEL LATTANTE

Il successo nell�alimentazione del lattante, come inquella delle età successive, dipende essenzialmente da un

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232 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

buon rapporto psicologico, e quindi dalla cooperazioneesistente fra il bambino e la madre.

Il momento del pasto deve rappresentare un momentodi gioia, di piacere, di soddisfazione per la madre e diesaudimento di un bisogno essenziale per la sopravvi-venza del bambino. Il dovere della madre è quello diessere in grado di procurare e di offrire i nutrienti neces-sari al proprio figlio, o sotto forma dell�offerta del pro-prio seno, ricco di latte, o sotto forma della preparazionedei vari componenti del pasto. Deve inoltre offrirli albambino con dolcezza e comprensione, accettando dibuon grado (almeno esteriormente) uno scarso gradi-mento o addirittura un rifiuto. Ovviamente, fra i doveridella madre non c�è quello di somministrare al cento percento al proprio figlio i cibi che gli ha preparato.

Come abbiamo visto, esiste un�estrema variabilità in-dividuale nei fabbisogni alimentari, ma bisogna tenereconto che esiste anche una grande variabilità di assunzio-ne di alimenti fra un pasto e l�altro, come da un giornoall�altro o da una settimana all�altra: le ragioni di questaestrema variabilità sono spesso fisiologiche, e solo dirado sono legate a processi patologici in divenire o ma-nifesti. L�oscillazione nella quantità di alimenti ingeritidal bambino come dall�adulto, in periodi di tempo e incircostanze diversi, porta quindi a periodi felici per lamadre, in cui il bambino riesce a finire tutto quello cheella gli presenta, e a periodi tristi per la madre, in cui ilbambino limita i suoi introiti e dimostra di non gradirel�ulteriore somministrazione di cibo. È necessario che ilpediatra trasmetta alla madre del �bambino che nonmangia� queste semplici informazioni e la rassicuri,come sempre, dopo aver accertato, solo sulla base dei daticlinici, che in effetti non esista niente di patologico.

Se la madre incautamente, durante un periodo di scar-sa tendenza all�alimentazione, cerca, con le buone o conle cattive (cioè usando un�amorosa violenza), d�introdur-re cibo nella bocca del bambino nel giro di pochi giorni,si viene a determinare un�incrinatura, all�inizio di lieveentità e successivamente più profonda, nei rapporti framadre e figlio. Quali sono i segni di sazietà del bambino?All�inizio, se sta già seduto, si ritrae di fronte al biberon,alla tazza o al cucchiaio, poi serra fortemente la bocca,infine sputa e soffia via l�alimento o, addirittura, persanzionare completamente la sconfitta della madre, vo-mita durante o alla fine di un pasto combattuto.

Per ricondurre il rapporto, in corrispondenza dei pasti,alla situazione quo ante è necessario che passi del tempo;tanto più l�intervento della madre si era manifestato coninsistenza o violenza, quanto più tempo occorre aspetta-re. Il lavoro del pediatra a questo punto è essenziale, eglideve sfruttare appieno la sua presa sulla famiglia, devespiegare e convincere. Deve chiarire soprattutto che lamadre, o chi per essa, al momento del pasto deve mostrar-si calma e disponibile e offrire, quasi con noncuranza, ilcibo preparato, ritirandolo quando il bambino le trasmet-ta, anche senza parlare, il suo rifiuto ad alimentarsi. Aquesto punto la madre non deve manifestare in alcunmodo la sua temporanea sconfitta davanti al bambino,anche se internamente è in preda a un senso di colpa e

d�incapacità personale che compromettono il suo equili-brio. Il pediatra deve prepararla a un calvario di moltigiorni, senz�altro più di una settimana, prima che sia statoraggiunto l�equilibrio desiderato.

Nei casi più difficili va suggerito alla persona dellafamiglia che sia incaricata dell�alimentazione del bambi-no di passare l�incombenza a un�altra persona, ben infor-mata; a volte è necessario che la madre non assista allasomministrazione degli alimenti, almeno finché non siastato superato il periodo di crisi.

Il pediatra che non s�impegni nel ristabilire i rapportialimentari fra madre e bambino viene meno al suo com-pito, in particolare se cerca di risolvere il problema con ifarmaci (i famosi ricostituenti), e peggio ancora se questifarmaci sono rappresentati da veri stimolanti dell�appe-tito, come la ciproeptadina (Periactin e simili), che sonodotati di numerosi effetti collaterali e che non trovano frale loro indicazioni l�anoressia secondaria del bambino:spesso essi sono una mescolanza di principi attivi diversi.Secondo la moderna farmacologia, il pediatra in lineagenerale deve sempre scartare le preparazioni composteda principi diversi (salvo casi eccezionali), limitando laprescrizione a preparazioni farmacologiche che conten-gano un solo principio attivo.

Allattamento al seno

DEFINIZIONI OMS

� Allattamento esclusivo: latte materno come unico alimento.� Allattamento predominante: latte materno, come unico

alimento, ma con la somministrazione contemporanea diliquidi, come acqua (semplice o zuccherata), e bevandeacquose, come tè, camomilla, tisane, infusioni, succhi difrutta o soluzioni reidratanti orali.

� Allattamento complementare: latte materno con l�aggiun-ta di alimenti liquidi (latte di mucca, brodi di carne ovegetali), semiliquidi (pappe di cereali, verdura, frutta,carne, pesce) e solidi (biscotti).

� Allattamento artificiale: alimentazione senza latte materno.

Raccomandazioni OMSCominciare l�allattamento al seno entro un�ora dallanascita.Allattare esclusivamentre al seno fino a circa 6 mesidi età.Introdurre alimenti complementari tra i 4 e i 6 mesi,solo se il bambino ha fame e cresce poco.Dare alimenti complementari a tutti i bambini da circai 6 mesi di età.Continuare l�allatamento al seno fino a 2 anni o più.

Raccomandazioni dell�Accademia Americana di Pediatria

L�obiettivo è quello di portare al 75% la percentualedi mamme che allattano al seno esclusivamente i loro

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233DIETA DEL LATTANTE

bambini nel periodo post partum precoce e ad almeno il50% la percentuale di madri che continuano ad allattarefino a quando il lattante non abbia raggiunto i 5-6 mesidi età.

Il latte materno deve essere considerato l�alimentopreferito per tutti i neonati, salvo rare eccezioni.L�allattamento al seno deve essere iniziato precoce-mente dopo la nascita, di solito entro la prima ora.È opportuno che i neonati vengano alimentati ognivolta che mostrino segno di fame, come un aumentodello stato di allerta o di attività motoria, o movimentodelle labbra caratteristico o dimostrazione di cercarecibo. Il pianto è un indicatore tardivo di fame.Ai neonati allattati al seno non debbono essere datisupplementi di acqua, glucosata o meno, pasti di latteartificiale o altro, a meno che non esista una indica-zione clinica. Debbono essere evitati succhiotti o al-meno possono essere usati soltanto quando l�allatta-mento al seno si sia consolidato.L�assistenza del pediatra è essenziale fin dai primigiorni di vita.L�allattamento materno esclusivo è sufficiente per unacrescita adeguata nel corso dei primi 6 mesi di vita.

La prevalenza dell�allattamento al senoSecondo un�indagine dell�Istituto Superiore di Sanità

(2002) su 1.627 madri è risultato:alla dimissione dal reparto maternità allattamentoesclusivo o predominante nel 70% dei casi; allatta-mento misto nel 21% e allattamento artificiale nel 9%;a 3 mesi di vita il 76% dei bambini è ancora allattatoal seno in modo completo o misto;al 6° mese allattamento al seno nel 57% dei nuovi nati;a 9 mesi il 34%;a 12 mesi il 19%.I fattori associati, in maniera statisticamente significa-

tiva all�allattamento al seno completo, sono (indagineISS, 2002):

istruzione alta;età pari o superiore ai 30 anni;non fumatrice;pluriparità;frequenza del corso di preparazione alla nascita;parto spontaneo;rooming-in;neonato attaccato al seno entro 2 ore dal parto.

Dieta della madreDi grande importanza nell�allattamento al seno è la

dieta della madre, che va incrementata in senso quantita-tivo e migliorata in senso qualitativo. La madre puòcontinuare a mangiare quello che ha sempre mangiato, aicui sapori il bambino si è già abituato in gravidanza.

Eccessi di cibi con odori/sapori intensi (asparagi, ca-volo, aglio e altri) in una madre/bambino non abituati,possono provocare disagio per il bambino nelle succes-sive 24 ore. La somministrazione di alcol durante l�allat-tamento va sempre sconsigliata, perché l�alcol passavelocemente nel latte materno, al quale conferisce un

odore particolare. Può essere permesso, se richiesto, unmezzo bicchiere di vino ai pasti.

Sembra ormai accertato che almeno nei primi mesi illatte non cambia la sua composizione, soprattutto protei-ca, anche in presenza di una carenza alimentare dellamadre; per mantenere le giuste concentrazioni di nutrien-ti l�organismo della madre attinge da tutte le riserve e datutti i tessuti fino ai limiti del possibile, per fornire alcontinuatore della specie le migliori garanzie di soprav-vivenza.

Le componenti del latte che più risentono della dietadella madre sono le vitamine, che non essendo sintetiz-zabili dalle cellule né immagazzinabili (salvo quelle li-posolubili) dipendono strettamente dall�apporto alimen-tare della madre, quasi giorno dopo giorno. Inoltre, perquanto riguarda il tipo di grassi, risulta ormai evidenteche esso è direttamente influenzato dai lipidi assunti conla dieta dalla madre, per cui un�alimentazione ricca diacidi grassi polinsaturi si ripercuote in breve tempo in unaumento della concentrazione di questi acidi grassi nellatte che il seno fornisce al lattante. Solo il colesterolo,soggetto a una sintesi locale, viene mantenuto alla con-centrazione corrente.

È risultato che l�esercizio aerobico, ripetuto 4-5 voltealla settimana, iniziando 6-8 settimane dopo il parto, nonesercita effetti secondari sulla lattazione e migliora signi-ficativamente la buona salute della madre. Esso non haalcuna influenza sui livelli di IgA, lattoferrina o lisozima.

Da bandire il fumo di sigaretta, il fumo passivo e l�usodi droghe.

L�incremento dell�apporto energetico alla madre deveessere proporzionale alla quantità di latte prodotto dalseno, che viene calcolato mediamente in 750 mL algiorno, corrispondenti a circa 500 kcal al giorno. Oltreall�energia fornita con il latte materno, bisogna consi-derare anche il dispendio energetico aggiuntivo, neces-sario per convertire l�energia introdotta dalla madre congli alimenti in energia trasferita al latte. Poiché nei 6 mesisuccessivi al parto si verifica una perdita di peso, pari acirca 0,5 kg al mese, può essere prevista una riduzionedel fabbisogno energetico di circa 120 kcal/die. Com-plessivamente il fabbisogno energetico aggiuntivo delladonna che allatta varia dalle 450 kcal nel 1° mese alle 565kcal tra il 2° e il 3° mese, in relazione all�incremento dellaquota lattea prodotta. Dopo il 6° mese le raccomandazio-ni sono diverse a seconda che si attui uno svezzamentorapido (+ 250 kcal/die) o lento (+ 543 kcal/die).

Vantaggi del latte umanoLa grande utilità del latte è ben dimostrata da queste

semplici considerazioni:è sempre pronto: non ha bisogno di essere preparato;è sempre fresco: il seno non ha latte immagazzinato,come avviene nella mammella della mucca; essoviene prodotto a richiesta, nel momento stesso in cuiil bambino comincia a succhiare e a spremere la basedell�areola con le arcate gengivali;è sempre caldo: ha la stessa temperatura del corpoumano.

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234 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Regolazione della secrezioneNella regolazione della secrezione del latte dalla mam-

mella sono presenti una componente nervosa e una endo-crina: con la stimolazione delle numerose terminazioninervose del capezzolo da parte della bocca del bambinoparte un arco riflesso (riflesso di secrezione) che, attraver-so vie nervose specifiche, giunge all�ipotalamo. Dall�ipo-talamo vengono liberati stimoli ormonali che giungonoall�ipofisi, attraverso la vena porta ipofisaria: questi stimo-li hanno come conseguenza la secrezione da partedell�ipofisi anteriore di prolattina, che agisce direttamen-te sulle cellule mioepiteliali dei dotti e sugli acini dellaghiandola mammaria, stimolando la formazione e la secre-zione di latte e di ossitocina, che permette la fuoriuscitadel latte lungo i dotti galattofori, fino ai seni, e porta, nelleprime settimane dopo il parto, a una contrazione dell�uteroe ne facilita l�involuzione (Figura 14.3). Il riflesso dell�os-sitocina è condizionato dai pensieri (positivi e negativi),dai sentimenti e dalle sensazioni della madre.

Gli ultrasuoni rappresentano una tecnica oggettiva enon invasiva per lo studio della secrezione del latte dalseno, valutando l�aumento di diametro dei dotti galatto-fori. Va considerato ancora vero il vecchio detto: �lamammella dà il latte che le si chiede�. Se il neonato e illattante stanno bene, crescono bene e sono vigorosi nellapoppata, il latte fornito dal seno materno aumenta pro-gressivamente, almeno fino al 2°-3° mese. Riconoscereuna componente riflessa della secrezione lattea significaanche ammettere che esista la possibilità di una suariduzione, successiva alle emozioni, allo stress, alle ma-lattie infettive e in minima parte al digiuno, perché, comevedremo, le variazioni anche quantitative nella dietadella madre influenzano di poco la qualità e la quantitàdel latte fornito dal seno.

ComposizioneL�87% del latte materno è composto di acqua. Un

lattante, cui è permesso di poppare senza limitazioni di

tempo e di quantità, non ha bisogno di aggiunta di acqua,anche in climi molti caldi e asciutti.

Il contenuto in proteine (10 g/L) del latte umano ènotevolmente inferiore a quello del latte vaccino (30 g/L)e a quello di molte altre specie, ma esso è sufficiente peruna specie, come la nostra, che deve raddoppiare il pesodella nascita, verso il 4°-5° mese e non in giorni o pochesettimane, come avviene per altri animali (Tabella14.5). Inoltre, il profilo degli aminoacidi contenuti nellatte di donna è ideale non tanto per l�assorbimentoquanto per l�utilizzazione, soprattutto a livello cerebrale(Tabella 14.6).

Il latte di mucca contiene una quantità 3 volte più altadi proteine (Tabella 14.7), fra le quali molta caseina,difficilmente digeribile, perché si addensa in grossi coa-guli e contiene alti livelli di fenilalanina, tirosina e me-tionina, per il metabolismo dei quali il neonato umano hauna scarsa attività enzimatica. Per contro, il latte dimucca contiene poche lattoalbumina, cisteina e taurina,un importante elemento quest�ultimo per la crescita delcervello e dei nervi: poiché la taurina è contenuta in bassaconcentrazione nel latte vaccino, essa viene di normaaggiunta nei latti in polvere.

Le differenze riscontrate nel contenuto in proteine siripercuotono in modo amplificato nella concentrazionerispettiva dei diversi aminoacidi (Tabella 14.6). Il conte-nuto in aminoacidi del latte umano è ovviamente desti-nato alla sintesi delle proteine della specie umana: usarequantità e proporzioni diverse non è probabilmente senzaconseguenze, quando si sa che all�interno delle celluleesiste un trasportatore per ogni singolo aminoacido. Lariduzione del contenuto proteico nei latti artificiali è statoil primo decisivo passo per evitare di fornire ai lattanti uncarico eccessivo di aminoacidi e quindi di azoto: il passosuccessivo sarà il riequilibrio almeno dei più importantiaminoacidi.

Anche se il contenuto in grassi del latte umano e diquello vaccino è pressoché uguale, le differenze qualita-tive sono moltissime e tutte di grande rilievo (Tabella14.5).

I trigliceridi plasmatici (lipoproteine ad alta e bassadensità, chilomicroni) a livello della mammella vengonoscissi in acidi grassi, monogliceridi e glicerolo a opera diuna lipoprotein-lipasi; queste sostanze vengono utilizza-te dalle cellule degli acini ghiandolari per sintetizzarenuovi trigliceridi, che vengono riversati nelle cisterne enei dotti galattofori come globuli di grasso. I grassi dellatte umano sono rappresentati da acidi grassi polinsa-turi (acido linoleico) nella percentuale dell�8-12% e mo-noinsaturi (acido oleico) nella percentuale del 33-38%. Ilcolesterolo nel latte materno è a concentrazione costantedi 160 mg/L, indipendentemente dal tipo di alimentazio-ne materna. Il colesterolo è un importante costituente delcervello e dei nervi, nonché di molti enzimi e vitamine asintesi endogena (vitamina D3): molte delle formule noncontengono colesterolo, perché i grassi presenti nel lattedi mucca sono stati completamente sostituiti da altrigrassi di varia origine. Gli acidi laurico e miristico sonoFigura 14.3 - Regolazione della secrezione di latte.

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235DIETA DEL LATTANTE

Tabella 14.5 - Composizione del latte materno e del latte vaccino.

CARATTERISTICHE LATTE UMANO MATURO (DA 15 GG A 15 MM DAL PARTO) LATTE VACCINO

Calorie/LPeso specificopHAcquaPeso totale dei solidi (g/L)Ceneri (g/L)

Proteine totali (g/L)CaseinaSieroproteineLattoalbuminaLattoferrinaLattoglobulinaAlbumina del sieroImmunoglobuline del sieroAzoto non proteico totale

CarboidratiLattosio (g/L)Monosaccaridi (g/L)

Lipidi totali (g/L)Colesterolo totale (mg/L)Acidi grassi insaturi (% del totale)� ac. oleico monoinsaturo (C 18:1)� ac. palmitoleico monoinsaturo (C 16:1)� ac. linoleico con 2 doppi legami (C 18:2)� ac. linolenico con 3 doppi legami (C 18:3)� ac. arachidonico con 4 doppi legami (C 20:4)Acidi grassi saturi a catena lunga (% del totale)� ac. palmitico (C 16:0)� ac. stearico (C 18:0)� ac. miristico (C 14:0)Acidi grassi saturi a catena corta e media (ac. laurico, caprico, caprilico, caproico, butirrico)

Minerali elettropositivi (mEq/L)Sodio (mg/L)Potassio (mg/L)Calcio (mg/L)Magnesio (mg/L)

Minerali elettronegativi (mEq/L)Fosforo (mg/L)Zolfo (mg/L)Cloro (mg/L)

Eccesso di minerali positivi (mEq/L)

VitamineVitamina A (U/L)Caroteni (mg/L)Vitamina D (U/L)Tocoferolo (vitamina E) (mg/L)Tiamina (vitamina B1) (mg/L)Riboflavina (vitamina B2) (mg/L)Vitamina B6 (mg/L)Acido nicotinico (vitamina PP) (mg/L)Vitamina B12 (mg/L)Acido folico (mg/L)Biotina (mg/L)Acido ascorbico (vitamina C) (mg/L)

6901.0317,01

871292,02

10,63,7

73,61,7

�0,320,1

0,324

717

40160

52-54%34-36%

3-4%6-12%2-3%

1%44-46%22-26%

7-8%7-8%

6-10%

4117251234435

2814114

375

13

1.9000,25

422,4

0,1420,3730,181,83

tracce35-38

252

6701.031

6,687

1247,15

32,4624,9

72,4

�2,50,40,8

0,252

47tracce

3711035%

30-34%2-3%

1,5-2%tracce

?60%

27-30%12-14%12-13%

6-7%

149768

1.4301.370

130

1089130

1.080

41

1.0000,37

200,6

0,431,560,510,746,6502211

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236 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

sintetizzati dalla ghiandola mammaria a partire dai car-boidrati; gli acidi linoleico e linolenico, essendo acidigrassi essenziali e quindi non sintetizzabili dall�uomo,dipendono dall�apporto alimentare della madre. L�acidodocosaesaenoico (DHA) e gli oli 3, mentre sono presen-ti nel latte umano e nell�olio di pesce, sono assenti nellatte vaccino e nelle comuni formule per lattanti: questigrassi sono essenziali per la crescita cerebrale.

Il terzo componente dei macronutrienti del latteumano è rappresentato dai carboidrati, di cui il lattosioè la parte principale. Il lattosio è un disaccaride (glucosio+ galattosio) presente in alta concentrazione (71 g/L),unicamente nella secrezione lattea della gran parte deimammiferi. Nel latte umano il lattosio è contenuto inconcentrazione superiore del 50% rispetto a quella dellatte vaccino: in definitiva il latte umano è più dolce.Oltre al lattosio sono contenuti circa un centinaio dioligosaccaridi, tutti sintetizzati dalla ghiandola mamma-ria: essi rappresentano il 10% del totale dei carboidrati.La loro presenza è stata evidenziata nell�ultimo decen-nio, anche a opera di ricercatori italiani: essi giocano unruolo fondamentale, non tanto come nutrienti, ma comeelementi importanti nei processi maturativi delle cellulenervose, come favorenti l�attecchimento e la moltiplica-zione del Bacillus bifidus nell�intestino, come inibenti

l�adesione dell�Escherichia coli, dotato di fimbrie e dimolecole di adesione alle cellule epiteliali dei tubulirenali.

I minerali contenuti nel latte umano sono circa unterzo di quelli del latte vaccino; la loro concentrazione èindipendente dalla dieta della madre. Elementi traccia(cobalto, ferro, rame, manganese, zinco, fluoro, iodio eselenio) sono presenti nel latte materno in concentrazionidiverse da quelle del latte vaccino; l�elevata biodisponi-bilità di alcuni di essi (ferro in prima fila) compensalargamente il loro scarso contenuto.

Il latte umano è ricco di vitamine (A, C ed E); ilcontenuto in vitamine B1, B6 e B12 dipende dal tipo dialimentazione della madre. Anche il contenuto in vitami-na D e dei suoi derivati idrosolubili dipende in parte dalladieta della madre e dalla sua esposizione alla luce delsole. Il contenuto in vitamina K è relativamente basso edè anch�esso correlato con la dieta della madre, che do-vrebbe assumere broccoli, cavoli, cavolfiori e cavolini diBruxelles, che d�altra parte, come si sa, conferiscono allatte un sapore poco gradevole.

A parte i componenti nutritivi, esistono nel latteumano sostanze e cellule essenziali nella lotta control�infezione. I fattori di resistenza dell�ospite, presentinel latte umano, sono unici per il piccolo dell�uomo. Leformule arricchite di nucleotidi non hanno avuto alcuneffetto nella prevenzione delle malattie. Cellule vive, equindi attive, si ritrovano in numero di 4.000/mm3 nelcolostro e di 1.500 nel latte maturo. I macrofagi del latteumano sono in grado di fagocitare batteri e virus nell�in-testino. I linfociti presenti nel latte umano sono uguali ailinfociti T e B della madre, e sono in grado di fornire unaprotezione immunologica, almeno a livello faringeo eintestinale, diretta verso quegli antigeni virali e batterici,presenti nell�ambiente nel quale la madre e il lattantesono immersi: sono anticorpi e cellule di difesa fatti�su misura� (Figura 14.4). Gli anticorpi materni, acqui-siti per infezione naturale o per vaccinazione, entrano nellatte principalmente attraverso due vie: transcitosi e pas-saggio paracellulare: questo passaggio è aumentato du-rante la mastite. Il fattore bifidogeno, presente nel latteumano insieme a un pH leggermente acido delle feci,stimola la moltiplicazione del Bacillus bifidus, un batte-rio gram-positivo, che impedisce la colonizzazione deigermi gram-negativi, saprofiti o patogeni. La crescitadell�E. coli è soppressa anche dalla lattoferrina, presentein buona quantità nel latte umano, che lega il ferro,indispensabile per il metabolismo e la sopravvivenza diquesto germe. Gli alti livelli di immunoglobuline forni-scono difese umorali specifiche, mentre le IgA secretorie(SIgA) determinano una protezione particolare già nelcavo orale, contro i microrganismi inalati o ingeriti: leSIgA forniscono protezione anche contro le malattierespiratorie, la diarrea e la stessa sepsi.

Esistono altri fattori umorali nel latte umano, chesvolgono un ruolo preciso: un fattore di resistenza, illisozima, l�interferone, il complemento e la proteina le-gante la vitamina B12. I lattanti alimentati esclusivamente

Tabella 14.6 - Gli aminoacidi del latte umano e del lattevaccino.

AMINOACIDI LATTE UMANO (mg/dL)

LATTE VACCINO(mg/dL)

IstidinaLeucinaIsoleucinaLisinaMetioninaFenilalaninaTreoninaTriptofanoValinaArgininaAlaninaAcido asparticoCistinaAcido glutamicoGlicinaProlinaSerinaTirosina

2268

1007325485018704535

11622

2300

806961

9522835027788

17216449

24512975

16632

68011

250160179

Tabella 14.7 - Distribuzione calorica dei macronutrienti, inpercentuale.

MACRONUTRIENTI LATTE UMANO MATURO (%)

LATTE VACCINO(%)

ProteineLipidiCarboidrati

6-752-5440-41

2248-5028-30

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237DIETA DEL LATTANTE

al seno hanno infatti una bassa incidenza di malattiebatteriche e virali (virus respiratorio sinciziale) a caricodell�albero respiratorio, sia delle alte che delle basse vieaeree. Lo stesso avviene per tutti i numerosi agenti chedanno diarrea. La presenza di monosaccaridi nel latteumano riduce anche l�incidenza delle infezioni delle vieurinarie nel lattante.

L�effetto favorevole in qualche caso è indiretto, comeper l�otite media: questa frequentissima malattia è legataa un malfunzionamento della tuba. L�effetto favorevoledell�allattamento al seno risiederebbe in una specie diallenamento continuo che il succhiamento e la spremitu-ra dell�areola determinano a carico del muscolo tensoredel velo palatino, essenziale per condizionare l�aperturae la chiusura della tuba di Eustachio.

Sulle risposte immunologiche l�alimentazione conlatte umano sembra offrire numerosi vantaggi: aumentale risposte immuni in corso di infezioni o di malattie, maaumenta anche la risposta immunologica dopo la vacci-nazione. Le differenze sono tanto evidenti da consigliare,nella valutazione dell�efficacia di un vaccino, di tenereseparati i lattanti allattati al seno da quelli alimentati conformula.

Il latte umano contiene inoltre sostanze che partecipa-no ai fenomeni dell�infiammazione, ma contiene anche,e in quantità elevate, fattori antiflogistici che limitano

l�estensione delle reazioni infiammatorie, soprattutto alivello intestinale.

Proprio per la presenza così abbondante di cellule edi sostanze essenziali per la crescita e lo sviluppo, si hala tentazione di considerare il latte umano più comeun tessuto (analogamente a quanto è stato fatto per ilsangue) che come una secrezione. Se si adotta questopunto di vista, è facilmente deducibile che la sostituzio-ne di un tessuto con un altro (per esempio latte vaccino)possa in qualche caso portare a fenomeni di rigetto, ches�identificano con le manifestazioni allergiche che cosìspesso si riscontrano in seguito all�uso del latte vaccino.In effetti, il latte umano riduce di circa 10 volte il rischiod�insorgenza delle manifestazioni allergiche, nelle lorodiverse espressioni cliniche. Sia la dermatite atopica(eczema) che l�asma e la rinite allergica sono nettamen-te diminuite nei primi 2 anni di vita nei bambini alimen-tati con latte umano, anche con genitori che presentinoun�alta incidenza di manifestazioni allergiche. In mol-tissimi studi clinici è stato dimostrato, infatti, un effettoallergico-protettivo sui lattanti alimentati al seno, dovu-to in larga parte a una riduzione della permeabilità dellamucosa intestinale. La diminuita permeabilità alle ma-cromolecole spiega la ridotta intolleranza alle proteinedel latte vaccino nei bambini che sono stati alimentatial seno.

Figura 14.4 - Integrazione dell�immunità mucosa fra madre e lattante con particolare interesse per la migrazione dellecellule B �marcate� (e probabilmente delle cellule T) dalle placche del Peyer al sangue periferico fino alla ghiandolamammaria. Tale distribuzione (frecce) al di là dell�intestino dei precursori delle plasmacellule IgA è essenziale per laproduzione a livello della mammella, e la successiva comparsa nel latte, degli anticorpi secretori (IgA e IgM) specifici per gliantigeni intestinali (batteri e proteine alimentari). Con questo meccanismo, il lattante, alimentato al seno, riceve rilevantiquantità di anticorpi secretori, diretti contro i microbi che stanno colonizzando le sue mucose: nello stesso tempo la mucosaintestinale della madre è protetta da anticorpi analoghi. (Da Brandtzaeg P.: Mucosal immunity: integration between motherand the breast-fed infant, Vaccine 21:3382-8, 2003.)

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238 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

L�uso del latte umano nei primi 4-6 mesi di vitasembra prolungare il suo effetto benefico ben al di là delperiodo durante il quale viene usato. Si è visto che il latteumano riduce l�incidenza del diabete mellito, del cancroe del linfoma, della malattia di Crohn, e ritarda l�insor-genza del morbo celiaco.

Una caratteristica unica del latte umano è rappresen-tata dalla presenza di alcuni fattori di grande importanza,anche se non essenziali, per la crescita, lo sviluppo e ilfunzionamento di particolari organi e apparati:

fattore di crescita epidermica (EGF);fattore di crescita nervosa (NGF), individuato per laprima volta da Rita Levi-Montalcini;taurina;neuropeptidi: GIP (Gastric Inhibitory Peptide), ga-strina, colecistochinina, bombesina e altri;fattore stimolante le colonie di granulociti, una cito-china che aumenta le difese antibatteriche, per la qualeesiste un recettore sui villi dell�intestino del feto e delneonato.Il latte umano, unico esempio fra i nutrienti presenti

in natura, contiene alcuni enzimi (soprattutto lipasi) chesono estremamente utili per la digestione dei grassi,anche in presenza di una bassa concentrazione di lipasipancreatica e di sali biliari, caratteristica dei primi mesidi vita.

Il latte umano contiene insulina in elevate concentra-zioni e sugli enterociti presenti sulle membrane intesti-nali sono presenti i recettori dell�insulina.

Il latte di donna contiene in basse concentrazioni tuttigli ormoni (compresi quelli tiroidei) presenti nel sanguecircolante della madre. È contenuta anche un�elevataquantità di lepitina.

Nell�elenco dei vantaggi, le ripercussioni psicologi-che e cognitive sono state poste per ultime, ma non perquesto devono essere considerate meno importanti.

Ormai siamo tutti convinti che il neonato e poi illattante insieme alla madre costituiscano una diade sullaquale conviene intervenire il meno possibile, sia da partedei familiari che da parte di persone estranee alla fami-glia. L�attaccamento reciproco che si viene a creare conl�allattamento al seno è formato da diverse componenti,costituite principalmente dall�esaudimento delle necessi-tà alimentari e dal piacere del contatto con un senomorbido e caldo (ricordo le vecchie esperienze con lescimmie di pezza riscaldate), al quale è possibile rimane-re piacevolmente attaccati anche al di là delle necessitàalimentari. Gli effetti psicologici che ne derivano vannoin tutti e due i sensi; basta pensare che l�assetto ormonaledella donna che allatta (prolattina in prima fila) influenzain senso positivo gli atteggiamenti e il comportamentomaterni.

Altro elemento, profondamente poetico e peculiaredella specie umana, lo sguardo, occhi negli occhi, delbambino che poppa, con la madre (Figura 14.5): di sicuroattraverso questo sguardo passano molte componenti,con direzione nei due sensi: si trasmettono i sentimenti,ma si comunicano anche la sicurezza, la difesa, l�esaudi-

mento delle proprie necessità. Il sorriso e il senso dipiacere traspaiono dal volto della madre e vengono per-cepiti sicuramente dal lattante. È possibile che passinoanche altre informazioni? È facile negarlo, ma è megliosperare che ciò avvenga.

Variazione nella composizione del latte a seconda dell�età gestazionale

Il latte di una madre che abbia avuto un parto preter-mine è risultato notevolmente diverso da quello succes-sivo a un parto a termine: ha un contenuto di proteinesuperiore di oltre il 15%, di grassi di oltre il 30%, e uncontenuto lievemente più basso di lattosio, mentre ilcontenuto minerale è più alto. È come se il seno siadattasse alle maggiori richieste energetiche e plastichedel pretermine, fornendo un latte più ricco. Col trascor-rere dei giorni, oltre la fine del 1° mese di vita, ledifferenze col latte maturo del nato a termine si attenuanoprogressivamente, fino a scomparire, ma nel frattempoanche il peso del neonato è aumentato.

Variazione nella composizione del latte in rapporto al tempo trascorso dal parto

Il latte di tutte le specie varia fortemente a secondadella maturazione del neonato e del lattante.

Il primo latte che viene secreto dalla mammella uma-na, giallognolo e denso, viene chiamato colostro (entro iprimi 5 giorni dal parto): esso è povero di grassi, ricco dicellule, di proteine (specialmente immunoglobuline eIgA secretorie) e contiene un po� meno lattosio del lattematuro. Complessivamente il colostro presenta menocalorie del latte maturo. Con il colostro viene sommini-strata al neonato una prima dose di costituenti anti-infettivi (elevato tasso di IgA secretore; cellule e sostanze

Figura 14.5 - Il lattante mentre poppa guarda la madre.

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239DIETA DEL LATTANTE

ad azione immunitaria, come la lattoferrina) che lo difen-deranno dai microrganismi presenti nell�ambiente. Il co-lostro è ricco di caroteni, che gli conferiscono il caratte-ristico colore giallo. Con il colostro passa inoltre unabuona quota di enzimi (lipasi del latte materno) chestimolano la maturazione intestinale, la digestione e fa-cilitano la fuoriuscita del meconio.

Dal colostro si passa al latte di transizione, presentedal 6° al 10°-15° giorno dal parto: il latte di transizioneha una composizione intermedia fra il colostro e il lattematuro. Con l�espressione latte maturo si indica il lattematerno oltre il 15° giorno dal parto. Le caratteristichedel latte materno si mantengono costanti per 6 mesi. Aldivezzamento, mentre si riduce la quantità totale, il latteaumenta il suo contenuto in proteine, sodio e cloruri.

I 10 passi per promuovere l�allattamento al seno. OMS-Unicef, 1989. Tutti i reparti di maternità e le altre strutturesanitarie, preposte alla cura dei neonati dovrebbero: 1. avere un protocollo scritto che contenga specifiche regole

di comportamento riguardo all�allattamento, da comuni-care sistematicamente a tutto il personale;

2. istruire tutto il personale nelle pratiche necessarie perattuare compiutamente il protocollo;

3. informare tutte le donne in gravidanza sui vantaggi e sullacorretta gestione dell�allattamento al seno;

4. aiutare le madri a iniziare l�allattamento nella primamezz�ora dopo la nascita;

5. dimostrare come allattare al seno e come è possibilemantenere la produzione di latte, anche quando si verificauna separazione fra madre e figlio;

6. non dare altra bevanda o alimento oltre il latte materno,a meno che non sussista la necessità medica di offrire altreforme di nutrimento o altri liquidi;

7. lasciare il bambino alla madre 24 ore su 24 (rooming in); 8. incoraggiare l�allattamento a richiesta; 9. non dare al neonato allattato al seno i succhiotti;10. incoraggiare la formazione di gruppi di sostegno all�allat-

tamento al seno e spiegare alle mamme, alla dimissione,come mettersi in contatto con essi.

Variazione nella composizione del latte durante la stessa poppata e nel corso della giornata

Già i nostri grandi maestri del passato ci insegnavanoche durante la stessa poppata si osservano notevoli varia-zioni nella composizione del latte umano: il primo latteè quasi trasparente, povero di grassi, ma man mano chesi procede nella poppata il latte diventa sempre più cre-moso, perché più ricco di grassi di almeno 2-3 volte. Civeniva detto che se si pone una goccia di latte, presoall�inizio della poppata, su un�unghia questo scivola via,come fosse acqua, non appena si ruoti il dito; ma se illatte è preso alla fine, la goccia appare biancastra, piùdensa, più spessa ed è meno soggetta a cadere quando si

ruoti il dito. È anche per questa ragione che si consigliaalla madre di porgere, dopo le prime settimane, un senoper volta o almeno di passare all�altro dopo che il primosia stato svuotato completamente.

Le caratteristiche del latte variano inoltre nelle 24 ore:il contenuto di grassi tende a essere più elevato al mattinoe più basso la notte.

Non è raro riscontrare non solo una variazione nellaquantità di latte fra una mammella e l�altra, ma anchenella sua stessa composizione.

Soppressione dell�allattamento al senoIn caso in cui si renda necessario interrompere all�im-

provviso l�allattamento al seno, viene usata la cabergo-lina (Dostinex, compresse da 0,5 mg), alla dose di 0,25mg (mezza compressa) 2 volte al giorno per 2 giorni, conuna dose totale di 1 mg. Le controindicazioni all�uso diquesto farmaco sono la ipersensibilità all�ergotamina,l�insufficienza epatica, le psicosi, l�ulcera peptica e lagravidanza. Il farmaco interagisce con i macrolidi.

Vere e false controindicazioni all�allattamento materno

Reali controindicazioni da parte della madre si ve-rificano di rado (in meno del 5% dei neonati). Le infezio-ni in generale non sono una controindicazione all�allat-tamento al seno. L�epatite B rappresenterebbe invece unavera controindicazione, se come di regola, tutti i nati damadri HBsAg-positivo non ricevessero Ig specificheanti-HBV, immediatamente dopo la nascita (entro leprime 12 ore), insieme al vaccino; con questa prevenzio-ne l�allattamento al seno può considerarsi sicuro, anchese minime quantità di virus possono essere presenti nellatte. L�infezione sulla quale conviene soffermarsi èquella da HIV (vedi Capitolo 28, pag. 668): come si sa,non tutti i nati da madre HIV-positiva sono infettati dalvirus al momento della nascita. Il virus HIV tuttaviapassa nel latte materno: il latte materno rappresenta quin-di una fonte ulteriore d�infezione per il neonato e illattante, da quantificare fra il 5 e il 6%. Nei Paesi occi-dentali, nei quali l�allattamento artificiale può esserecondotto con sufficiente sicurezza, l�allattamento al senoè assolutamente controindicato, ma nei Paesi in via disviluppo, nei quali chi non è allattato al seno ha unaprobabilità di morte nel 1° anno di circa il 50%, l�allatta-mento materno viene ugualmente incoraggiato.

Anche nelle infezioni materne da HLTV-1 l�allatta-mento al seno è controindicato.

Per il virus dell�epatite C, oggi si ritiene che l�allatta-mento al seno non sia controindicato.

Il CMV passa nel latte materno ed è capace di infettareil neonato e il lattante.

Le vere controindicazioni all�allattamento al senosono:

lattanti con galattosemia classica (deficienza dell�en-zima galattosio-1-fosfato uridiltransferasi);tubercolosi in fase attiva;infezione da HIV; questa controindicazione vale per i

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240 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Paesi sviluppati, ma non vale per i Paesi in via di svi-luppo;madri positive per il virus linfotropico per le cellule Tumane, sia di tipo I che II;madri che abbiano lesioni da herpes simplex sul seno(l�allattamento può essere proseguito dopo la guari-gione delle lesioni);uso di droghe pesanti;madri che abbiano ricevuto isotopi radioattivi per dia-gnosi o cura;madri che siano state esposte a materiale radioattivo;madri che abbiano ricevuto farmaci antimetaboliti oantiblastici o altri farmaci che passano nel latte;situazioni locali, che rendano difficile l�allattamento.Purtroppo le false controindicazioni sono molto nu-

merose e andrebbero costantemente combattute dal pe-diatra:

coliche gassose dei primi mesi di vita;ittero da latte materno;malattia emolitica del neonato;madre HBsAg-positiva (se il neonato ha ricevuto Igspecifiche e vaccinazione anti-HBV);madre positiva per il virus dell�epatite C; madri positive per il CMV;madri con febbre, a meno che la febbre non sia dovutaa una delle condizioni ricordate nel precedente elenco;madri che siano esposte a bassi livelli di agenti chimiciambientali;madri che fumano (si consiglia di non fumare nell�am-biente domestico)sono ammesse piccole quantità di alcol, ma sarebbemeglio che la madre non offrisse il suo latte per 2 oredopo l�ingestione di alcol;mastite, ingorgo, ragadi;raggi X, TC, RM;comparsa delle mestruazioni;stato di gravidanza (non controindica un�immediatasospensione, anche se le doppie richieste di nutrientinecessitano di una dieta particolarmente ricca e com-pleta per la madre);problemi oculari della madre;attività sportiva.

Cosa manca nel latte materno?Nel latte di donna la quantità di vitamina C è sufficien-

te per i bisogni del lattante, se la madre si alimenta conuna buona quantità di frutta e verdura.

Se la madre ha una buona esposizione al sole e la suapelle non è iperpigmentata, il contenuto di vitamina D delsuo latte è sufficiente per assicurare il fabbisogno; in ognialtro caso, soprattutto se il lattante per una qualsiasiragione non sia ben esposto ai raggi del sole, è sempreconsigliabile l�uso di un polivitaminico fin dal 1° mesedi vita. Nonostante il basso contenuto di calcio e fosforodel latte materno, la mineralizzazione ossea nel 1° annodi vita è uguale nei bambini allattati al seno e in quellialimentati con formula.

Come abbiamo visto, al basso contenuto di ferro nel

latte materno fa riscontro un�ottima bio-disponibilità, percui in corso di allattamento materno non è necessariopreoccuparsi per una sua eventuale carenza, almeno finoal 5° mese di vita.

Il fluoro contenuto nel latte materno è inferiore a 0,5parti per milione (0,5 mg/L), per cui conviene iniziarnela somministrazione a 6 mesi.

La concentrazione di proteine del latte umano è rela-tivamente bassa, ma è sufficiente in condizioni di buonfunzionamento della digestione, dell�assorbimento e diun normale consumo. Quando, come nella fibrosi cistica,nessuna di queste componenti si trovi in condizioni otti-mali, può accadere che insorgano manifestazioni da scar-so apporto proteico (edemi, anemia).

I genitori più attenti domandano al pediatra come mainel latte umano manchino o siano scarse alcune sostanze,indispensabili per l�accrescimento del lattante, quando siritiene che il latte della madre sia l�alimento naturale delpiccolo dell�uomo. Nel rispondere è necessario far rife-rimento all�origine dell�uomo moderno nelle aree centra-li dell�Africa, dalle quali egli, nell�ultima migrazione, siè spinto in tutto il mondo poco più di un centinaio dimigliaia di anni fa: è molto probabile che in quelle areele sostanze che nei nostri climi giudichiamo carenti sianopresenti in quantità sufficiente (fluoro, ferro) o sianosintetizzabili dall�organismo umano (vitamina D) grazieall�esposizione ai raggi del sole.

Modalità dell�allattamento al senoAnche se i pediatri sono convinti degli enormi vantag-

gi dell�allattamento al seno, spesso alcuni sbagliano almomento di dare consigli alla madre, perché applicanoall�allattamento al seno le stesse regole imparate e appli-cate per l�allattamento artificiale: orari da rispettare, dop-pia pesata a ogni pasto, indicazione del numero dei pastie così via.

Ma l�allattamento al seno è un�altra cosa, ha una suafilosofia completamente diversa da quella dell�allatta-mento con formula.

In primo luogo va iniziato immediatamente dopo lanascita, anche se a questo punto la secrezione è moltoscarsa o per le prime poppate quasi assente. Le successi-ve poppate, in un nato a termine con buon indice diApgar, sono regolate �a domanda�, cioè quando il bam-bino piange o comunque mostra di avere fame. Nellaprima settimana, non solo allo scopo di fornire nutriential neonato, ma anche per stimolare la secrezione di latte,la distanza fra un pasto e un altro non dovrebbe superarele 4-5 ore: il successo dell�allattamento al seno dipendein primo luogo dal neonato stesso. La somministrazionedi acqua, di soluzioni di glucosio o di formule deve essereeseguita solo quando sia stato dimostrato che esisteun�insufficienza della lattazione.

Non è bene, almeno inizialmente, controllare quantoduri la poppata: nella prima settimana possono esserenecessari 3-4 minuti perché il latte fuoriesca dal capez-zolo e oltre 5 minuti perché aumenti il suo contenuto ingrasso. Anche se all�inizio sarebbe utile stimolare ambe-

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241DIETA DEL LATTANTE

due i seni, spesso questo non è sempre possibile. Lacomparsa di dolore ai capezzoli non dipende tanto dalladurata della poppata, quanto piuttosto dalla posizione dellattante mentre poppa. In caso di capezzolo dolente èimportante infatti che il pediatra controlli la posizione delbambino mentre poppa: quella migliore è addome dellattante contro addome della madre e faccia del bambinocontro il seno della madre.

Durante la poppata la maggioranza delle madri prende�a pinza�, con il dito indice e quello medio, la mammella,proprio al di fuori dell�areola, in modo da rivolgere ilcapezzolo verso la bocca del bambino. Per le donne cheabbiano il capezzolo dolente o la mano tanto piccola danon poter usare la �pinza� fra secondo e terzo dito, oquando il seno sia troppo grosso o il lattante abbia diffi-coltà durante la poppata, può essere più utile la pinza frail pollice e l�indice (detta �presa palmare�). A disposizio-ne della bocca del lattante non deve esserci solo il capez-zolo ma anche l�areola, per un raggio di 1,5-2 cm. Capez-zolo e areola sono spinti fino a comprimerli sul palato dellattante da parte della lingua, con un movimento peristal-tico che spreme il latte dall�ampolla duttale fino ai dottigalattofori nella cavità orale del lattante. Il lattante deveessere capace di coordinare spremitura e deglutizione(Figura 14.6).

Se a 10 giorni di vita un neonato non ha imparato acoordinare i movimenti di suzione e deglutizione, è ne-cessario fare attenzione, perché questa insufficienza puòrappresentare il primo segno di un�alterazione dello svi-luppo neuro-motorio.

Durante le prime 2 settimane di vita il lattante poppain media ogni 2 ore, quindi 10-12 volte nelle 24 ore. Se,

come accennato in precedenza, i pasti vengono regolatia 3-4 ore di distanza l�uno dall�altro, s�interferisce inmodo pesante sui comportamenti fisiologici del neonato-lattante. Le 3-4 ore di intervallo non sono infatti neces-sarie per l�allattamento al seno, perché il latte umano èfacilmente digerito e lo stomaco si svuota in 90 minuti,mentre con le formule sono necessarie almeno 3 ore, maa volte anche 6. La durata della poppata varia, d�altraparte, da un lattante all�altro: alcuni lattanti poppanovelocemente e svuotano un seno in 10 minuti, altri ne-cessitano di più tempo: il pediatra deve informare lamadre di questa variabilità individuale e non deve mai,anche in altre occasioni riguardanti l�alimentazione,emettere regole rigide ed eccessivamente vincolanti. Lamadre si rende presto conto delle caratteristiche delproprio lattante e deve imparare ad adattarsi alle suenecessità e abitudini.

Dopo 2 settimane molti neonati imparano a svuotarecompletamente una mammella, altri continuano a usare idue seni, per ogni poppata.

Il lattante in generale non necessita di un succhiotto,tuttavia il suo uso deve essere lasciato alla discrezionalitàdei genitori e non deve essere introdotto dal personaledella nursery, senza prima aver consultato la famiglia.

Cessata la nefasta abitudine della doppia pesata, unavalutazione esatta della sufficienza dell�alimentazione alseno si ricava dal peso del bambino, che deve aumentaredi circa 200 g alla settimana, cioè di circa 800 g al mese.Se il bambino cresce secondo questo ritmo, egli raddop-pia il peso durante il 5° mese.

L�osservazione della poppata è un punto essenzialeper la valutazione dell�esistenza di difficoltà nell�allatta-mento: è importante che l�osservazione abbia inizio nelmomento in cui la mamma si rivolge al lattante per allat-tarlo e si conclude quando il piccolo si stacca dal seno; èindispensabile prendere in considerazione non solo la�tecnica di allattamento� (posizione, attacco, suzione),ma tutti gli aspetti che possono aiutarci a capire le condi-zioni della madre e del bambino, nonché la loro relazione.

Nelle prime settimane di vita il bambino allattato alseno emette feci (di aspetto cremoso, giallo-oro, di odoreacidulo) ogni giorno, spesso dopo ogni pasto, ma sitrovano anche lattanti che, pur alimentati al seno, emet-tono feci ogni 2-4 giorni; stabilito in questi casi che lacrescita sia sufficiente e così l�alimentazione, non è ne-cessario preoccuparsene oltre.

La causa più comune di un�insufficiente somministra-zione di latte umano risiede nella mancanza o nell�insuf-ficienza di adeguate istruzioni alla madre o di un carentesupporto a domicilio. Lo stress e la stanchezza dellamadre, spossata dal parto e dal puerperio, possono aggra-vare la situazione. Il bambino che ha fame, almenoall�inizio, manifesta la sua voglia di mangiare, ma inseguito può anche sopportare una dieta insufficiente enon piangere per la fame: è questo un rilievo di cui tenerconto in molte occasioni.

Spesso una parola d�incoraggiamento e d�informa-zione del pediatra sulla tecnica e sulle abitudini più

Figura 14.6 - Modalità di assunzione del latte dal senomaterno.A. Posizionamento del capezzolo e dell�areolaB. AspirazioneC. Aspirazione, spremitura e deglutizione

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242 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

comuni del neonato è sufficiente per trasformare unaprimipara impaurita in una madre che allatta, piena difiducia. Le famiglie moderne prevedono la presenza solodei genitori e del lattante: manca la figura della nonnache trasmetta le giuste informazioni, per cui è il pediatra,che, in base all�accrescimento, deve rassicurare i geni-tori che l�alimentazione è sufficiente: l�abolizione delladoppia pesata è, a questo riguardo, un elemento fonda-mentale, che riduce l�ansia della madre di non avere lattee di non essere sufficiente per l�alimentazione del pro-prio figlio. La bilancia, infatti, è solo fonte di errori,quando venga usata per determinare il peso prima e dopola poppata: il risultato è legato a un numero infinito difattori che favoriscono l�errore, come considerare il latteassunto in una sola poppata, la durata della poppata,l�eliminazione di urina o di feci durante la poppata e cosìvia. È chiaro che tenere attaccato al seno il lattante perun�ora non permette un�esatta doppia pesata, perchéquel lattante consuma un terzo di quanto ha mangiato inquel lasso di tempo. Per far capire questo alle madri,basta richiamare la loro attenzione sulle variazioni dipeso tra una poppata e l�altra, valori che si discostanopoco l�uno dall�altro, perché la quantità di latte assuntoè stata escreta o utilizzata nell�arco di tempo fra le duepoppate.

Può capitare abbastanza di rado che il lattante rifiutiil seno, con conseguente angoscia della madre che sisente respinta e frustrata. La madre e il pediatra devonocercare di capire perché il neonato o il lattante rifiuti ilseno (malattia, dolore, dolore nella bocca, naso chiuso,sedazione, errori nella tecnica di allattamento, malattiadella madre, ricomparsa delle mestruazioni, cambiamen-to del profumo da parte della madre, assunzione di alcol).Quando la causa sia stata trovata, il pediatra deve aiutarela madre a rimuoverla, quando possibile. Bisogna inoltretentare di rendere l�allattamento di nuovo gradevole peril bambino e per la madre, suggerendo di tenere il lattantepiù vicino possibile a sé (contatto cute-cute), di prendersicura di lui da sola, attaccando il bambino al seno nonappena dimostri di gradirlo, senza tenere alcun contodegli orari.

L�uso frequente del succhiotto accorcia la duratadell�allattamento al seno: lo stesso effetto non si verificase il bambino succhia il pollice.

Adeguatezza nutrizionalePer valutare se il latte materno ha le caratteristiche

necessarie per la crescita e lo sviluppo del lattante e se laquantità somministrata è sufficiente, basta seguire la suacrescita ponderale. Oggi, come abbiamo detto non sipratica più la doppia pesata, che incide negativamentesulla secrezione lattea, né si ricorre all�esame organolet-tico del latte materno.

Dopo i primi 7 giorni, durante i quali è bene pesare ilneonato tutti i giorni, basta, per essere sicuri, pesare ilbambino, una volta alla settimana.

I segni di un�adeguata introduzione di latte materno,sono i seguenti:

un bambino, nato a termine, aumenta di 25-30 grammial giorno, cioè in una settimana aumenta di circa 200g: è comunque sufficiente che cresca oltre 150 g persettimana;il bambino bagna 6 o più pannolini nelle 24 ore, conurine chiare come l�acqua e con bassissimo peso spe-cifico;il calo ponderale dopo la nascita non deve superare il10% del peso alla nascita.

Benefici immediati e a distanza dell�allattamento al seno per il nuovo nato

Come abbiamo visto, l�allattamento al seno assicura imigliori accrescimento e sviluppo per il piccolo dell�uo-mo. Esso inoltre lo difende a breve e a lunga distanza damolte situazioni patologiche di grande importanza (Ta-bella 14.8).

Il tasso di mortalità infantile e di mortalità negli annisuccessivi si abbassa negli allattati al seno. Anche lacomparsa delle malattie delle vie aeree e il rischio diospedalizzazione è abbassato negli allattati al seno, inrapporto alla durata dell�allattamento.

È stato osservato che l�allattamento al seno è un po-tente analgesico nei neonati, durante un prelievo di san-gue.

Esso ha sicuramente un effetto protettivo sulle infe-zioni sintomatiche da rotavirus, grazie alla presenza nellatte umano della lactaderina, che si fissa specificatamen-te ai virus e ne inibisce l�infettività. Sembra offrire unaqualche protezione anche nei confronti dello sviluppodella celiachia, ma non è chiaro se l�allattamento al senoritarda la comparsa dei sintomi o fornisce una protezionepermanente contro la malattia. L�allattamento al seno peralmeno 3 mesi riduce la possibilità di comparsa di enu-resi, al di là dei 5 anni di vita.

È stato dimostrato che l�allattamento al seno aumentain modo lieve, ma statisticamente ben dimostrabile, lecapacità cognitive e il rendimento scolastico dei bambininelle età successive, anche se questi erano nati di bassopeso. Il rendimento risulta proporzionato alla duratadell�allattamento, per cui è maggiore quando l�allatta-mento (anche non esclusivo) si prolunga fino agli 8 mesi,un po� minore, ma sempre presente, quando dura 5 mesi

Tabella 14.8 - Infezioni e malattie dalle quali il lattematerno difende il lattante e il bambino.

�Enterite acuta e cronica da Shigella, Salmonella sp., Campylo-bacter, E. coli, Vibrio cholerae, Helicobacter pylori, rotavirus

�Enterite necrotizzante del prematuro� Infezioni delle vie aeree superiori (otite media cuta) e inferiori�Batteriemie, sepsi e meningiti� Infezioni delle vie urinarie�Colite ulcerosa e morbo di Crohn�Migliori risposte ai vaccini�Ridotti tassi di morbilità e mortalità infantili�Diabete mellito non insulino-dipendente

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243DIETA DEL LATTANTE

e ancora evidente quando l�allattamento al seno dura 3mesi. A ogni livello le differenze, nei confronti dell�al-lattato artificialmente, risultarono statisticamente signi-ficative (p < 0,0001). È stata evidenziata anche unadiretta associazione fra la durata dell�allattamento alseno e l�intelligenza dell�adulto. È stato rilevato succes-sivamente che le migliori prestazioni cognitive degliallattati al seno non erano dovute tanto al latte stesso,quanto a fattori genetici e socio-ambientali che avrebbe-ro complessivamente una valida influenza.

L�allattamento al seno riduce il rischio di obesità nelbambino. L�allattamento al seno condiziona uno svilup-po del timo superiore a quello riscontrato nei lattantialimentati con formula, sia all�età di 4 che di 10 mesi.

Anche se il latte materno si associa a un aumento deilivelli di colesterolo totale e di LDL durante l�infanzia,nell�adolescenza e nell�adulto si hanno tassi medi infe-riori a quelli dei soggetti allattati artificialmente.

Contrariamente a quanto si riteneva fino a oggi, l�al-lattamento al seno non diminuisce l�incidenza di asma odi dermatite atopica, quando il controllo venga esteso diuna decina di anni, mentre sembra che nei primi 5-6 annidi vita, esso possa avere un effetto preventivo.

Benefici dell�allattamento al seno per la madreL�allattamento al seno raramente ha effetti negativi per

la donna, mente invece sono ormai ben chiari gli effettifavorevoli, primo fra tutti una riduzione della comparsadel cancro del seno, un ridotto rischio di cancro delleovaie, una possibile riduzione delle fratture dell�anca e diosteoporosi nel periodo successivo alla menopausa, maanche un miglioramento di alcune precedenti patologiecroniche. Come affermano Davanzo e Bruno, l�allatta-mento al seno è compatibile con l�aspirazione della donnamoderna di evitare eccessivi condizionamenti e rigidelimitazioni sulla dieta, attività fisica, attività sessuale e piùin generale su qualità della vita sociale e di relazione.

Durante i primi 6 mesi dopo il parto, le prime mestrua-zioni sono spesso anovulatorie (intorno al 41%), masuccessivamente questa percentuale si riduce notevol-mente. Il rischio di ovulazione, e quindi di gravidanza, siriduce quando i pasti al seno siano esclusivi, abbiano unafrequenza molto alta e venga assunta un�elevata quantitàdi latte per pasto. D�altra parte, oltre i 6 mesi dal parto ilrischio di ovulazione aumenta progressivamente, per cuisi rendono necessarie precauzioni se si vuole evitare unanuova gravidanza.

Benefici per la societàOltre agli specifici vantaggi di salute per il bambino e

per la madre, sono stati dimostrati benefici economici,familiari e ambientali. Questi benefici comprendono unariduzione del potenziale costo per la salute della popola-zione, valutato in 3,6 miliadi di dollari per anno, negliStati Uniti, una riduzione dell�assenteismo dei genitoridal lavoro, un maggior tempo dedicato all�attenzione peri figli, insieme a una riduzione delle malattie dei bambini.Va considerato infine un ridotto carico di spesa per

l�acquisto del latte in polvere e delle attrezzature per lasua somministrazione.

Durata ed effetti spiacevoli dell�allattamento al seno

Con l�allattamento al seno il piccolo cresce e si svi-luppa nel modo più adatto per il suo organismo. Quantodeve durare l�allattamento al seno? La risposta è moltosemplice: quanto più a lungo possibile, anche se bisognaricordare che alla fine del 5° mese è necessario iniziareil divezzamento. Il problema non è quindi quanto devedurare l�allattamento, ma quando deve iniziare il divez-zamento.

Non vi sono più dubbi sulla necessità di lasciare lamadre libera di decidere per quanto continuare, o meglioquando sospendere, l�allattamento al seno, secondo lescelte, inappellabili, sue e del proprio bambino, ma varicordato che con l�allattamento al seno esclusivo pertutto il 1° anno è stato osservato che, in confronto a unlattante che abbia iniziato il divezzamento alla fine del5° mese, l�allattato al seno all�età di 1 anno pesa inmedia mezzo kg in meno e soprattutto ha una lunghezzainferiore di 2 cm, in confronto a quello allattato artifi-cialmente. Quindi l�introduzione di alimenti diversi dallatte alla fine del 1° semestre di vita o poco prima ha unasua ragione biologica importante, che non può esseretrascurata.

L�analisi del latte materno di madri che allattano peroltre un anno ha permesso di mettere in evidenza che èpresente un significativo aumento dei grassi e del conte-nuto di energia.

L�ittero da latte materno è un inconveniente benconosciuto: ormai da decenni si sa che i nati a termineallattati al seno sviluppano ittero più spesso e per periodidi tempo più lunghi, in confronto agli allattati artificial-mente. Questo ittero si embrica col cosiddetto itterofisiologico: a volte compare anche qualche giorno piùtardi, intorno all�8° giorno di vita (vedi Capitolo 9, pag.117). In presenza di ittero da latte materno, il pediatradeve solo rassicurare. Esiste tuttavia un altro inconve-niente: il lattante alimentato al seno tende a rimaneresveglio durante la notte o rischia di svegliarsi più spessodi quanto non avvenga nel bambino alimentato con for-mula. I frequenti risvegli notturni della madre possonoportare addirittura alla diminuzione della secrezione lat-tea e quindi all�interruzione dell�allattamento al seno.D�altra parte bisogna ricordare che una buona distinzionefra veglia e sonno viene raggiunta nella maggior parte deicasi solo a 4-5 mesi di vita. Il pediatra, fin dall�iniziodell�allattamento, deve parlare con la madre di questoproblema.

Il dubbio che sia il succhiotto che il succhiare il ditopotessero avere influenze negative sulla durata dell�allat-tamento al seno esclusivo, o comunque sulla sua duratain generale, era sorto più volte nella mente dei pediatri.Oggi è stato provato che ambedue le situazioni accorcia-no la durata dell�allattamento al seno, nonostante lemadri siano fortemente motivate.

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244 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Il latte materno nel pretermineCome abbiamo visto, il latte delle madri che hanno

partorito un neonato pretermine ha una diversa composi-zione, rispetto al latte di madri di nati a termine: essopresenta una maggiore concentrazione di azoto totale,azoto proteico, sodio, cloro, magnesio, ferro, ramer ezinco. Le ragioni di questa differenza non sono stateancora chiarite, ma la ragione potrebbe consistere nelridotto volume di latte, prodotto dalle madri dei preter-mine. In effetti questo tipo di latte si adatta meglio aifabbisogni nutrizionali del pretermine. Tuttavia le diffe-renze riscontrate si attenuano e scompaiono dopo leprime settimane.

Nei nati con peso inferiore ai 1.500 g, un�alimentazio-ne esclusiva con latte umano non può fornire un adegua-to apporto di nutrienti, determinando di conseguenza unaridotta velocità di crescita e deficit nutrizionali. Ancheil latte di madri di nati pretermine non riesce, dopo leprime settimane, a coprire gli elevati bisogni nutriziona-li. Al fine di mantenere i vantaggi del latte umano, inutrizionisti hanno tentato di arricchirlo in proteine eminerali: non essendo possibile dal punto di vista dellapraticità, l�utilizzo di proteine derivate dal latte umano,sono stati usati altri fortificanti (proteine, calcio e fosfo-ro), senza trovare ancora una formula buona per tutti inati con peso molto basso. Se il latte umano non èdisponibile esistono formule particolari per i preterminee per i piccoli per la data.

Banca del latte umanoLa donazione del latte umano si avvicina molto alla

donazione del sangue, in quanto, come abbiamo visto,anche il latte umano deve essere considerato come untessuto.

Per tutte le sue caratteristiche nel contenuto di nutrien-ti e di fattori di difesa, il latte umano diviene indispensa-bile in molte patologie del neonato e del lattante. Perquesto, fin dal 1971, è stata creata presso l�OspedaleMeyer di Firenze una Banca del latte, dove le madrinutrici donano gratuitamente il proprio latte a favore siadei bambini ricoverati che di quelli che, a domicilio, neabbiano assoluto bisogno. A metà dell�anno 2000 esiste-vano in Italia almeno altre 17 Banche del latte umanoche, in assenza di una legislazione chiara, operano per laraccolta e la conservazione di linee guida locali, conampia variabilità individuale. Su 18 Centri, 16 effettuanouno screening per HCV, 15 per HIV, 14 per HBV e 9 perCMV. Tutti richiedevano esami di screening per tuber-colosi e lue.

Nel 1993 la Human Milk Banking Association ofNorth America (HMBANA) ha pubblicato alcuni docu-menti con precise indicazioni per l�organizzazione di unaBanca del latte umano, ai quali si ispirano le linee guidadi molti Centri italiani.

Nella Tabella 14.9 sono riportate le modalità di elimi-nazione dei batteri e dei virus dal latte umano. Come silegge, rimane impossibile eliminare l�HBV e l�HCV dallatte umano con la pastorizzazione, per cui si rende

necessario per questi due virus effettuare uno screeningnelle madri: è d�altra parte necessario tener conto che illatte di donne HCV-positive può essere utilizzato tran-quillamente anche dal proprio figlio.

Dopo pastorizzazione, il latte può essere conservatoin congelatore (da �18 a �20 °C) per 2 mesi; una recentepubblicazione stabilisce dei limiti molto più ampi: 3mesi se il latte viene assunto da un nato da parto prema-turo o da un nato a rischio e 6 mesi per il nato a terminesano.

Cosa passa nel latte materno, oltre ai nutrienti?Nel latte passano molte sostanze, come l�alcol o le

molecole contenute in alcuni alimenti, che conferisconoal latte umano odori e sapori particolari, spesso nongraditi al lattante o che inducono l�emissione di feci più�lente�: tutti i vegetali appartenenti alle brassicacee (peresempio cavolo, cavolini di Bruxelles), gli asparagi, lecipolle, i pomodori, la cioccolata e alcune bacche. Nellatte materno sono state anche ritrovate proteine derivatedal latte vaccino.

Se si somministra a una donna che allatta una quantitàdi alcol etilico corrispondente a 0,3 g/kg (corrispondentia circa 160 mL di vino a 12° per una donna di 60 kg) giàdopo mezz�ora/un�ora il latte ha un odore particolare,parallelamente alla presenza di alcol al suo interno (inmedia 32 mg/dL). Il lattante succhia inizialmente nelprimo minuto più latte contenente alcol, ma complessi-vamente nella poppata egli assume significativamentemeno latte.

Oltre all�alcol esistono molte droghe che devono es-sere assolutamente evitate dalle madri che allattano. Perquanto riguarda la marijuana, sembra che il rapportorischio/beneficio sia a favore dell�allattamento al seno.Per il fumo di tabacco (nicotina) è risultato come moltoprobabile che esso diminuisca la durata della lattazione:comunque i figli di madri che fumano sigarette e allatta-no hanno meno infezioni respiratorie di quelle presentateda lattanti alimentati con formula. Tuttavia, le madridevono stare attente ad astenersi dal fumo in presenza del

Tabella 14.9 - Eliminazione di virus e batteri dai liquidibiologici, compreso il latte umano.

VIRUS E BATTERI MODALITÀ DI ELIMINAZIONE

BatteriHIVCMV

HBV, HCV

HTLV-I e -II

Uccisi a 56 °C per 30 minInattivato a 56 °C per 30 minLa pastorizzazione sembra inattivarlo; ilcongelamento a �20 °C diminuisce la caricavirale, ma non elimina il virusPer eliminarli dai liquidi biologici occorre ri-scaldare a 60 °C per 10 oreInattivati a 56 °C per 30 min e dal congela-mento per 12 ore a �20 °C

(Da Chiappini et al.: Problematiche infettivologiche delle Banche del latte umano, Giorn It Inf Pediatr 3:29-33, 2001.)

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245DIETA DEL LATTANTE

proprio figlio almeno nei 30 minuti precedenti la poppataper diminuire la possibilità di una soppressione sul rifles-so della montata lattea e per ridurre il tasso di nicotinanel latte.

Sebbene tutti i farmaci passino nel latte materno inminore o maggiore quantità, a seconda delle qualitàfarmacologiche del composto, la maggior parte dei far-maci può essere somministrata con sicurezza alla madreche allatta, in dosi terapeutiche. Fanno eccezione i far-maci che passano in grandi quantità nel latte, e chequindi raggiungono alti livelli nel lattante, e quelli chehanno effetti collaterali gravi anche a dosi basse. Sfor-tunatamente mancano molti dati epidemiologici riguar-danti gli effetti collaterali di alcuni farmaci negli allattatial seno.

Quando vi sia in gioco la salute della madre, il medicodeve considerare il rischio per il lattante in confronto agliindubbi benefici che la donna ricava dal farmaco e cheil lattante ottiene con l�alimentazione al seno. Purtroppo,abbastanza spesso, questa valutazione è molto difficile,per le infinite variabili che si possono riscontrare: il tipoe la gravità della malattia materna, il tipo e la dose difarmaco somministrato, l�età gestazionale del neonato,l�età cronologica, la quantità totale di latte consumato e,infine, la presenza di altri componenti nella dieta dellattante.

Le sostanze che hanno una molecola più grande, il pHacido, un alto potenziale di legame con le proteine ditrasporto e un grande volume di distribuzione si ritrovanoin piccole quantità nel latte umano. I farmaci caratteriz-zati da una bassa biodisponibilità per via orale hannoscarse conseguenze sul neonato e sul lattante perché nonsono assorbiti dal suo apparato gastro-intestinale.

Il Committee on Drugs dell�Accademia Americana diPediatria ha pubblicato di recente (2001) una completamessa a punto sull�argomento.

Alcuni farmaci sono, d�altra parte, assolutamente con-troindicati (Tabella 14.10).

In molti casi esistono altri farmaci corrispondenti, chenon hanno le stesse conseguenze negative sulla lattazio-ne o sul lattante. Per esempio, al posto del tiuracile puòessere usato il propiltiuracile, che non ha gli stessi effettinegativi. Il metronidazolo in alcune circostanze può es-sere somministrato in un�unica forte dose, anche se que-sto richiede una temporanea sospensione di 24 oredell�allattamento al seno, durante la quale può essereusato latte della stessa madre, raccolto nei giorni prece-denti e mantenuto a �20 °C.

Nella Tabella 14.11 sono riportati i farmaci da sceglie-re nelle donne che allattano.

L�aspirina, il paracetamolo e l�ibuprofen, se assunti indosi moderate, non hanno ripercussioni sull�allattamen-to. Anche se gli antibiotici passano tutti nel latte in basseconcentrazioni, essi possono ugualmente essere sommi-nistrati alla madre, quando si tratti di sostanze ammessenella prescrizione in bambini nel 1° anno di vita.

L�impianto di protesi di silicone per scopi estetici noncostituisce una controindicazione all�allattamento.

Nel latte materno è stata dimostrata anche la presenzadi inquinanti di origine ambientale, fra i quali:

pesticidi cloro-organici, come il DDT;policlorobifenili;piombo;mercurio.

Cosa concludere?Il piccolo dell�uomo deve ricevere latte materno

esclusivo fino alla fine del 5°-6° mese, in seguito l�ali-mentazione va integrata gradualmente con nutrientidiversi dal latte, in modo da permettergli di sviluppa-re al completo le sue potenzialità di accrescimento edi sviluppo.

Allattamento con formula

Il latte vaccino è la base per la preparazione del latteartificiale: esso viene sottoposto dall�industria alimenta-re a modificazioni profonde delle varie componenti, peravvicinarlo sempre di più alle caratteristiche del lattematerno, che rimane il punto di riferimento insostituibilenell�alimentazione del lattante, almeno nei primi 6 mesidi vita.

Il termine formula fu coniato nel 1903 da Thomas MorganRotch in riferimento ai complessi calcoli matematici elaboratiper realizzare un alimento derivato dal latte vaccino, in gradodi soddisfare i fabbisogni nutritizi dei lattanti pretermine. Egliera convinto che la sua �alimentazione percentuale� avrebberidotto l�elevata mortalità (80-90%) dei lattanti non alimen-tati al seno.

Va ricordato che l�allattamento artificiale, a parte ognialtra considerazione, ha un suo elevato costo economico,che può essere difficilmente sostenibile per qualche fa-miglia: da 550 euro a 900 euro per neonato durante tuttoil 1° anno di vita.

Il latte vaccino come tale nel 1° anno di vita non vienepiù consigliato nella dieta del lattante normale, anche sela stessa bollitura modifica la caseina in esso contenuta,in modo tale che, a contatto con l�acidità presente nellostomaco del lattante, si formano coaguli piuttosto piccolie quindi più facilmente digeribili. Le ragioni per le qualinel 1° anno non viene più consigliato il latte vaccino incommercio sono numerose:

determina microemorragie intestinali;ha un eccesso di acidi grassi saturi e difetto di acidigrassi essenziali (acido linoleico);gli elementi traccia e le vitamine sono per qualità equantità molto differenti da quelle presenti nel latteumano;il carico proteico è molto elevato;il carico di sali è troppo elevato, per la funzionalità re-nale del lattante nel 1° anno di vita.

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246 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Tabella 14.10 - Farmaci e sostanze che richiedono un�attenta valutazione prima di essere prescritti a una donna che allatta.

CATEGORIA PRINCIPIO ATTIVO SPECIFICO O COMPOSTI

CONSIDERAZIONI E TRATTAMENTI ALTERNATIVI

Analgesici

Antiartritici

Anticoagulanti

Antidepressivi e litio

Antiepilettici

Antimicrobici

Anticancro

Ansiolitici

Farmaci per il sistema cardio-vascolare e antipertensivi

Farmaci endocrini e ormoni

Farmaci immunosoppressori

Farmaci per l�apparato respiratorio

Composti radioattivi

Droghe

Altre sostanze

Altri farmaci

Meperidina, ossicodone

Sali d�oro, metotrexato, aspirina ad alte dosi

Fenindione

Fluoxetina, doxepina e litio

Fenobarbital, etosuccimide, primidone

Cloramfenicolo, tetracicline

Tutti (ciclofosfamide, metotrexato, doxorubicina)

Diazepam, alprazolam

Acebutololo, amiodarone, atenololo, nadololo, sotalolo

Estrogeni, bromocriptina

Ciclosporina, azatioprina

Teofillina

Tutti

Tutte

Alcol, caffeina, nicotina

Ioduri e iodio, ergotamina, ergonovina

Usare farmaci alternativi. Gli allattati al seno da madri che hanno ricevuto la mepe-ridina sono a maggior rischio di avere uno stato depressivo neurocomportamentaledei lattanti le cui madri ricevano morfina. Nei lattanti il livello di esposizione all�os-sicodone può raggiungere il 10% della dose terapeutica. Per una forte analgesia lamorfina può essere usata con cautela. Il paracetamolo e i farmaci antinfiammatorinon steroidei sono sicuri.

Considerare farmaci alternativi ai sali d�oro. Considerare alternative anche al meto-trexato, sebbene le basse dosi abbiano rischi più bassi di quando il metotrexato vieneusato nella chemioterapia anticancro. Alte dosi di aspirina vanno usate con cautela,perché è stato descritto il caso di un lattante con acidosi metabolica: il lattante vamonitorato clinicamente.

Usare farmaci alternativi, come il warfarin e l�acenocumarolo o l�eparina.

Usare con cautela. Sebbene la loro concentrazione nel latte sia bassa, sono state ri-portate coliche (fluoxetina) e sedazione (doxepina). Le concentrazioni di litio nel lat-tante possono essere vicine alle dosi terapeutiche.

Negli allattati al seno l�esposizione a questi farmaci può eccedere del 10% la doseterapeutica. Considerare le alternative, come la carbamazepina, la fenitoina e l�acidovalproico.

Usare alternative a questi farmaci. L�anemia aplastica da CAF è possibile nell�allattatoal seno. Sebbene negli allatati al seno non sia stata riportata la colorazione dei denti,il rischio potenziale esiste e deve essere comunicato alla madre.

Per il loro potente effetto, i farmaci citotossici non vanno somministrati a donne cheallattano.

Evitare l�uso prolungato dei due farmaci. L�uso intermittente presenta pochi rischi,mentre l�uso regolare porta a un accumulo (letargia, scarso accrescimento). Con l�al-prazolam è stato descritto un caso di sindrome da sospensione.

Questi farmaci vanno usati con cautela, per gli alti livelli che possono raggiungerenel lattante. I due antagonisti -adrenergici propranololo e labetololo sono conside-rati sicuri.

Estrogeni e bromocriptina possono sopprimere la produzione di latte. I contraccettiviorali contegono poco o nessun estrogeno e quindi hanno un minimo rischio; unacerta cautela, tuttavia, va osservata anche con il loro uso.

Il livello di questi due farmaci nel sangue della madre va monitorato. Tuttavia, in al-cuni casi nei quali il lattante al seno fu esposto all�azatioprina, non vennero notatieffetti spiacevoli.

La teofillina va usata con cautela. Quando le dosi siano alte, i livelli nel lattante pos-sono essere elevati (cioè il 10% della dose terapeutica).

L�allattamento al seno deve essere sospeso per tutta la durata dell�emivita dei com-posti radiomarcati.

L�uso di droghe controindica l�allattamento al seno. È stata descritta la tossicità percocaina in lattanti le cui madri ne facevano uso. Il metadone invece è sicuro nelledonne che allattano, quando assunto alla dose di 80 mg al giorno. La buprenorfinapuò esssere un valido sostituto del metadone.

Per evitare l�esposizione del lattante all�etanolo, la madre non dovrebbe assumerealcol o non consumare più di un bicchiere 2 o 3 ore prima della poppata. L�ingestionedi moderate quantità di caffeina è sicura. Il fumo è controindicato nelle madri cheallattano.

Usare alternative alle sostanze antisettiche contenenti iodio. L�ergotamina e l�ergo-novina possono sopprimere la secrezione di latte. D�altra parte, l�uso della metil-er-gonovina per stimolare l�involuzione dell�utero viene considerata sicura nelle donneche allattano.

(Da Ito S.: Drug therapy for breast-feeding women, N Engl J Med 343:118-26, 2000.)

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247DIETA DEL LATTANTE

Le due principali modificazioni alle quali viene sotto-posto il latte vaccino sono la riduzione dell�apporto pro-teico (dai 3,5 g/dL del latte vaccino a livelli più vicini aquelli del latte materno, che ne contiene solo 1 g/dL) e lariduzione dei sali, cioè delle ceneri, che nel latte di muccasono contenuti in quantità 3 volte superiore a quella dellatte materno (oltre 3 g/dL contro circa 1 g/dL), rappre-sentando un carico di soluti difficilmente eliminabile dalrene del lattante dei primi mesi, che, come si sa, presentauna fisiologica moderata insufficienza. Nel passato eramolto usata la diluizione del latte vaccino, che se attenuain parte il surplus di proteine e di sali, contemporanea-mente diluisce anche il lattosio (che è già presente nellatte vaccino in quantità ridotta in confronto al lattematerno: 4 g/dL contro i 7 g/dL) e i grassi, che sonocontenuti nei due latti nella stessa concentrazione asso-luta, ma si differenziano per la composizione qualitati-va, che non viene modificata dalla diluizione. Nellapreparazione dei latti artificiali, i grassi saturi del lattevaccino sono sostituiti da oli vegetali, ricchi di acidigrassi insaturi e vengono aggiunte vitamine e, spesso,ferro.

Il compito del pediatra è facilitato dalla formulazionedi alcune raccomandazioni del Comitato per la Nutrizio-ne della Società Europea di Gastroenterologia Pediatricae di Nutrizione (ESPGAN), pubblicate sulla GazzettaUfficiale della Comunità Europea (n. 321/91): le diretti-ve stabiliscono che gli Stati membri della Comunitàdevono provvedere affinché gli alimenti per lattanti dei

primi mesi e i latti di proseguimento siano introdotti incommercio solo se rispondono alle norme riguardanti lacomposizione e l�etichettatura.

Come abbiamo visto (pag. 226), viene definito ali-mento per lattanti (latte per lattanti) il prodotto alimen-tare, destinato a bambini nei primi 4-6 mesi di vita, ingrado di fornire da solo il fabbisogno nutritivo per questeetà, e alimento di proseguimento (latte di proseguimen-to) il prodotto alimentare, destinato all�alimentazione deilattanti dopo il 4°-6° mese di vita, che rappresenti ilcomponente principale di un�alimentazione di un bambi-no che abbia iniziato il divezzamento.

La composizione del latte adattato, stabilita dall�ESP-GAM, è riportata nella Tabella 14.12.

Il latte artificiale è posto in commercio secondo duemodalità:

in confezione liquida, che non richiede la ricostitu-zione del latte al momento della preparazione dell�ali-mento e che quindi impedisce gli errori di diluizione,che così spesso la madre compie involontariamente.Tuttavia la confezione, una volta aperta, anche semantenuta in frigorifero, deve essere usata entro le 24e massimo entro le 48 ore. Anche a confezione chiusaquesti latti hanno comunque una durata un po� piùbreve di quella dei latti in polvere. Ovviamente la con-fezione liquida elimina i problemi del contenuto in salidell�acqua in cui viene diluito il latte in polvere;in polvere: questi latti necessitano di essere diluiti inacqua al momento dell�uso e quindi richiedono un�at-

Tabella 14.11 - Farmaci di scelta nelle donne che allattano.

CATEGORIA PRINCIPIO ATTIVO O COMPOSTI COMMENTI

Analgesici

Anticoagulanti

Antidepressivi

Antiepilettici

Antistaminici (anti-H1)

Antimicrobici

Antagonisti -adrenergici

Farmaci endocrini

Glicocorticoidi

Paracetamolo, ibuprofen, flurbuprofen, ketorolac, sumatriptan, morfina

Warfarin, acenocumarolo, eparina regolare e a basso peso molecolare

Sertralina, antidepressivi triciclici

Carbamazepina, fenitoina, acido valproico

Loratidina

Penicilline, cefalosporine, aminoglicosidi, macrolidi

Labetalolo, propranololo

Propiltiuracile, insulina, levotiroxina

Prednisone e prednisolone

Il sumatriptan può essere somministrato nella cura della cefalea. Per un�analgesia profonda può essere somministrata la morfina.

Negli allatati al seno, figli di madri che assumevano warfarin, la pre-senza nel sangue non è dimostrabile e il tempo di sanguinamentonon si è modificato

Anche la fluoxetina può essere somministrata, ma con grande cau-tela (vedi Tabella 14.10).

Il livello di esposizione a questi farmaci nei lattanti è inferiore al 10%della dose terapeutica, tenendo conto del peso.

Si possono somministrare anche altri antistaminici, ma mancano an-cora dati sulla concentrazione di questi farmaci nel latte umano.

Da evitare l�uso di cloramfenicolo e di tetracicline.

Anche gli inibitori dell�enzima angiotensina-convertente e i calcio-an-tagonisti sono da considerarsi sicuri.

I livelli di propiltiuracile nei lattanti alimentati al seno è inferioreall�1% della dose terapeutica per il peso; la funzione tiroidea del lat-tante non viene interessata.

La quantità di prednisolone che il lattante potrebbe ingerire con illatte materno è inferiore allo 0,1% della dose terapeutica, tenendoconto del peso.

(Da Ito S.: Drug therapy for breast-feeding women, N Engl J Med 34:118-26, 2000.)

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248 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

tenta scelta dell�acqua minerale da usare. Sono da pre-ferire le acque che contengano sali al di sotto dei 100mg/L (residuo fisso), per non aggravare ulteriormenteil carico di soluti del latte vaccino, artificialmente ri-dotto dalle case produttrici di latti: quelle più spessousate, messe in ordine crescente per il residuo fissosono Amorosa, San Carlo, Humana, Levissima, Nor-da, Pejo, Fiuggi e altre.Da alcuni decenni i latti in polvere del commercio sono

tutti dei buoni sostituti del latte umano e tutti rispondonoallo scopo di fornire al lattante le migliori probabilità dicrescere e di svilupparsi (Tabella 14.13). La difficoltànella quale si ritrova oggi il pediatra è quella di doverscegliere fra prodotti troppo numerosi: le differenze fral�uno e l�altro non sono poi tali da facilitare la scelta. Èbene che il pediatra familiarizzi con uno di questi, neimpari la precisa composizione e le esatte modalità d�uso;è opportuno, comunque, che ne conosca, anche menoapprofonditamente, altri, nel caso che la scelta da lui fattanon incontri il gradimento del piccolo paziente.

Oltre un anno fa sono entrati in commercio due lattiformulati per l�infanzia, ciascuno del tipo 1 e 2; uno diquesti, preparato dalla COOP ha il nome di Crescendo1 e 2. Il prezzo per una confezione da 900 grammi è di9 euro, una cifra da tre a cinque volte inferiore a quelladegli altri latti del commercio. La differenza di prezzoviene giustificata dalla presenza negli altri latti delcommercio di sostanze diverse, fra le quali l�acido -linolenico, l�acido eicosapentaenoico, l�acido docosae-sanoico, l�acido linoleico e l�acido arachinodico (tuttiacidi grassi a lunga catena, essenziali). Come abbiamogià detto, l�aggiunta di queste sostanze non apportaalcun beneficio riguardo allo sviluppo visivo o generalenei nati a termine, mentre, almeno sullo sviluppo visivo

una certa azione sembra che l�abbiano nei pretermine.Penso che il pediatra non possa, al momento dellaprescrizione di un latte artificiale, non parlare ai genitoridi questa possibilità di risparmio; sarà poi libero diesprimere, con scienza e coscienza, il proprio parere alriguardo.

I latti adattati (Tabella 14.12) derivano tutti dal lattevaccino, opportunamente trattato. Fra i latti modificati,quelli parzialmente adattati hanno un contenuto digrassi leggermente inferiore a quello dei latti adattati; alcontrario le proteine hanno un contenuto lievemente su-periore e contengono oltre al lattosio, altri carboidrati,quali le maltodestrine, l�amido, il saccarosio e anchemonosaccaridi. Possono essere usati nei casi di eccessivafermentazione del lattosio: le maltodestrine ne riduconol�osmolarità. I latti acidificati fanno parte della conti-nuazione di una vecchia tradizione, secondo la qualel�acidificazione permetterebbe una miglior flocculazionedella caseina.

I latti per il pretermine hanno una componente pro-teica più elevata (2/2,2 g), al lattosio sono state aggiuntemaltodestrine, in alcuni latti fra i grassi sono presenti gliMCT e gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga ( 3 e 6nella giusta proporzione) e sono state spesso aggiuntetaurina e carnitina.

Gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga, come l�aci-do arachidonico e l�acido docosaesaenoico (DHA22:6n-3) sono coinvolti nello sviluppo del cervello e inparticolare della sostanza grigia. Il latte umano, comeabbiamo visto, contiene quantità di DHA più elevate diquelle presenti nei latti in polvere, che spesso non necontengono affatto. Da queste conoscenze deriva la mo-derna tendenza di aggiungere acido arachidonico e DHAalle formule per migliorare lo sviluppo neurologico: sono

Tabella 14.12 - Caratteristiche e composizione del latte adattato.

Non deve contenere:� amidi o farine� miele (per prevenire il botulismo del lattante)� fattori di crescita� sostanze addensantiNon deve essere acidificatoDeve essere a bassa concentrazione di sali:� sodio non superiore a 12 mEq/L� sodio + potassio + cloro non superiori a 50 mEq/LValore calorico:� 62-72 kcal/dL

Grassi in quantità tale da fornire il 50% delle calorie totali:� 2,7-4,1 g/dL� 50% di grassi insaturi, tenendo conto che il 3-6% delle calorie totali deve essere rappresentato da acido linoleico� l�assorbimento deve essere non inferiore all�80%Proteine: intorno al 10% delle calorie totali:� 1,2/1,9 g/dL� rapporto caseina/proteine del siero < 1*

Carboidrati:5,4/8,2 g/dL di lattosio

Rapporto Ca/P:1,2/2; calcio fra 40 e 50 mg/dL; fosforo 20-35 mg/dL

Ferro:0,7/1,4 mg/dL

Zinco:0,2/0,3 mg/dL

Rame:30-40 g/dL

Magnesio:0,5/0,6 mg/dL

Osmolarità totale:non deve eccedere del 10% quella del latte materno (270 mOsm/L)

* Nel 2005 l�ESPGHAN ha emanato un position paper nel quale non viene più citata la percentuale di caseina/sieroproteina, come primo parametro di un latteadattato europeo, per cui va bene anche l�80% di caseina e il 20% di sieroproteine, come nel latte vaccino e come nei latti statunitensi e del resto del mondo.

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249DIETA DEL LATTANTE

stati studiati i potenziali evocati visivi, l�indice di svilup-po mentale di Bayley e l�indice di sviluppo psicomotorio,nei nati a termine senza riscontrare alcuna variazione.Nel contempo non è risultato nessun effetto nemmenosulla crescita. Nei nati da parto prematuro invece è statorilevato un effetto benefico sull�acutezza visiva, mentresui risultati delle prove di sviluppo mentale e sulla cre-scita staturale e ponderale l�effetto è stato nullo.

Nei soggetti allergici alle proteine del latte vaccino laprima alternativa da suggerire è quella dell�impiego dellatte di soia (Tabella 14.15), verso il quale a voltecompare, poco dopo l�introduzione, un processo di aller-gizzazione del tutto sovrapponibile a quello verso leproteine del latte vaccino. Il latte di soia ha il vantaggiodi non contenere lattosio, sostituito con carboidrati didiverso tipo, di essere costituito da grassi vegetali, com-

Tabella 14.13 - Elenco dei latti artificiali disponibili in Italia*.

TIPO DI LATTE NOME DEI LATTI

Latti di crescita

Latti interi adattati

Latti modificatiLatti interi parzialmente adattatiacidificati

Latte privo di proteine del latte,per i primi giorni di vita

Latte antirigurgito

Latte ipoallergenico

Latti �0� per il pretermine

Latti di proseguimentoI latti con la sigla AR o Confort sonoantirigurgito

I latti con la sigla HA o IPO sonoipoallergenici

Aptamil latte di crescitaJunior drink Latte Guigoz

Aptamil 1Aptamil 1 C/Milupan NF,polvere e liquido

Blemil plus 1 ACBlemil plus 1 ASEnfamil Premium 1Formulat 1, polvere e liquidoHumana 1, polvere eliquido

Humana 1 con LC-PUFA eprebiotici, liquido e polvere

Pantolac 1

Aptamil Primergen

Aptamil AR1Blemil plus 1 AREnfamil pregel lipid 1Formulat 1 pregelAptamil HA 1 con LCPMilupan

Aptamil pepti 1Enfamil HA digest

Formulat pre-0 liquidoFormulat 0, liquidoHumana 0B con LC-PUFAliquido

Aptamil 2Aptamil HA 2Aptamil pepti 2Aptamil conformil 2Aptamil 3Beby bio 2Bebilac 2Blemil plus 2 ARBlemil plus 2 forteEnfamil HA digestEnfamil premium 2Enfamil PreGel LIPIL 2Formulat 2 pregelpolvere e liquido

Latte MioLatte Mio 5 cerealiLatte Mio crescita

Humana plus, polvere eliquido

Mellin 1, polvere e liquidoMellin 1 progressMiltina 1, polvere e liquidoMiltina LBMilumil 1Mumilk 1Nativa 1, polvere e liquidoNeolatte 1Nidina 1, polvere e liquido

Pelargon 1

Humana AR1Mellin AR 1

Enfamil premium 1Humana HA 1HypolacMellin HA

Mellin 0, liquidoMiltina 0, liquido

Humana 2 con prebioticiHumana HA 2Humana AR 2Humana 3, polvere e liquidoLatte di crescita Latte di proseguimentoMellin 2, polvere e liquidoMellin Pantolac 2Mellin AR 2Miltina 2, polvere e liquidoMiltina ipo 2Milumil 2, polvere e liquidoMumilk 2Nativà 2, polvere e liquidoNativà HA 2, ipoallerginico

Latte prima crescitaLatte per l�infanzia, latte crescita Similac formula plus 1,polvere e liquido

Nidina 1 activeNidina 1 PE liquido e polvereNovolac 1Nutrilon 1Nutrilon 1, polvere e liquido O-LAC plus Plasmon primi giorniSimilac formula plus 1Unimil liquido e polvere

Nidina Confort 1Nutrilon pepti 1

Multina ipo 1, polvere e liquidoNativà HA 1 ipoallergenico NeolatteNidina 1 active excel

Pre-aptamil con LCP MilupanPre-Humana con LC-PufaPrenidina, liquido e polvere

Neolatte 2Neolatte 3Neolatte HA 2Nidina 2, polvere e liquidoNidina 2 active excelNidina HA 2 ipoallergenicoNidina Confort 2Nutrilon 2 plus, polvere e liquido Nutrilon 3Nutrilon pepti 2Pelargon 2Risolac 2Similac formula plus 2Similac RA

* I prodotti sono ricavati dall�Informatore Farmaceutico 2007, Parafarmaceutici.

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250 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

preso l�acido linoleico, e di avere un�aggiunta di metio-nina, di taurina e di carnitina. I latti ipoallergenici, ifamosi HA, non trovano applicazione nel trattamentodelle allergie alle proteine del latte vaccino e non sonopiù nemmeno usati nella prevenzione della stessa aller-gia, quando il neonato provenga da una famiglia in cuisia evidente una tara allergica. Il peso molecolare deiloro peptidi è quasi sempre inferiore ai 6.000 Da, ma conuna distribuzione percentuale diversa da quella che siriscontra negli idrolisati spinti: per prima cosa le frazioniinferiori ai 1.500 Da sono quantitativamente molto mi-nori, mentre la massima parte è distribuita fra i 3.500 e i6.000 Da.

Nei lattanti sicuramente allergici al latte vaccino, chenon tollerino il latte di soia, trovano una loro precisaindicazione gli idrolisati proteici spinti (Tabella 14.16).Esiste poi una categoria di latti artificiali poveri dilattosio, da usare quando si sospetti un�intolleranza se-condaria al lattosio (la primitiva è eccezionale), in alter-nativa al latte di soia.

Come abbiamo visto, oltre il 6° mese l�alimentazionecon latte viene fatta con i cosiddetti latti di prosegui-mento, la cui composizione è stata fissata dall�ESPGAM(vedi Tabella 14.14). Questi latti possono essere usatianche fino all�età di 2-3 anni. Secondo l�ESPGAM il lattedi proseguimento è un alimento da impiegare come com-

ponente liquida, in una dieta per il divezzamento delbambino a partire appunto dal 6° mese di vita.

Alimentazione integrativa dell�allattamento al seno, nei primi mesi di vita

Pur riconoscendo che per il lattante, il latte dellapropria madre rappresenta quanto di meglio gli possaessere offerto per nutrirsi e quindi per crescere e perdifferenziarsi, bisogna riconoscere che esistono alcunesituazioni nelle quali è necessario integrare il latte mater-no con alcuni pasti di formula.

È evidente che il tipo di alimento che viene offerto allattante deve avere come scopo primario quello di per-

Tabella 14.14 - Composizione dei latti di proseguimento.

CARATTERISTICHE E COMPONENTI

TIPO DI NUTRIENTI E LORO QUALITÀ

Valore caloricoProteine

CarboidratiGrassi

Ferro

60-80 kcal/dL2,1-3,1 g/dL

5,7-8,6 g/dL2,7-4 g/dL, con più del 2,7% del totale

delle calorie, come acido linoleico

0,7-1,2 mg/dL

Tabella 14.15 - Latti dietetici disponibili in Italia*.

TIPO DI LATTE NOME DEI LATTI

Latti di soja

Latti di soja di proseguimento

Latti poveri di lattosio

Formulat Biosoya 1Humana Sinelac 1Aptamil soja, latte di crescitaFormulat Biosoya 2Al 110

Isomil 1

Humana Sinelac 2Isomil 2HN 25

Prosobee 1Soyamil unicoProsobee 2

Humana disanal

* I prodotti sono ricavati dall�Informatore Farmaceutico 2007, Parafarmaceutici.

Tabella 14.16 - Latti idrolisati spinti. Composizione peptidica percentuale secondo il peso molecolare*.

PESO MOLECOLARE

NOME ORIGINE <1.500 Da 1.500/3.500 Da 3.500/6.000 Da > 6.000 Da

Polilat

Nutramigen

Nutramigen 1 e 2 LGG

Pregestimil

Hypolac

Alfarè

Pepti Junior

Nutrilon pepti

Pregomin

Similac RA

Caseina

Caseina LV

Caseina LV

Siero

Siero LV

Siero LV

Siero LV

Soia, collageno di suino

Siero LV

100

95,5

97,0

88,1

88,0

85,0

84,0

80,0

77,8

0

3,5

2,0

9,1

8,0

11,5

12,0

20,0

21,2

0

0,5

0,5

2,0

1,5

1,5

2,0

0,99

0

0,5

0,5

0,8

2,5

2,0

2,0

0,1

* I prodotti sono ricavati dall�Informatore Farmaceutico 2007, Parafarmaceutici.

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251DIETA DEL LATTANTE

mettergli un accrescimento adeguato (circa 800 g almese per il nato a termine, cioè circa 200 g a settimana,almeno dalla 2a-3a settimana di vita fino ai primi 4-5mesi); per tale ragione è opportuno che la madre, unavolta alla settimana, sempre nello stesso giorno dellasettimana e meglio alla stessa distanza dal pasto, pesi illattante, nudo, dopo avergli fatti il bagnetto e dopoaverlo opportunamente asciugato: ella registrerà in suc-cessione, in un apposito quaderno, il peso riscontrato. Intal modo la madre ha sempre modo di controllare se laquantità di latte che ha dato al bambino nella settimanaprecedente sia stata sufficiente per le sue necessità diaccrescimento ponderale; poiché il peso rilevato puòessere variamente influenzato da fattori diversi (distanzadal pasto, emissione di urine e di feci, infezioni clinica-mente evidenti ma anche inapparenti, variazioni transi-torie, e quindi nei limiti del normale, dell�appetito edell�accrescimento), per stabilire se effettivamente esi-sta un�insufficienza alimentare, è giusto non limitarsialla valutazione di una settimana, ma è necessario atten-dere il risultato di almeno 2 settimane. L�esperienzainsegna che spesso dopo una settimana di scarso accre-scimento in peso, il lattante riprende a crescere normal-mente (cioè intorno ai 200 g a settimana), tanto che avolte esso riprende il peso che non aveva guadagnato inprecedenza. Ma se per 2 settimane di seguito il lattantecresce meno di 150 g a settimana è giusto discutere ilproblema con la madre ed eventualmente introdurreun supplemento alimentare, costituito da latte artifi-ciale. In questo caso s�inizia con la somministrazionenegli ultimi 3 pasti della giornata, dopo la poppata, di 50g di latte artificiale, pronti ad aumentarlo a seconda dellerichieste del bambino e nel caso in cui permanganorallentamenti nell�accrescimento ponderale. Anche sel�introduzione di una �aggiunta� al latte materno vieneeseguita per pochi pasti e dopo la poppata al seno, essaporterà come conseguenza, a minore o maggiore distan-za, una riduzione della componente latte umano nell�ali-mentazione di quel lattante. Tuttavia, è necessario ricor-dare che uno dei primi compiti del pediatra è quello dipermettere un accrescimento adeguato del proprio assi-stito, molto meglio se alimentato col latte materno, maugualmente bene anche se è stato fatto ricorso all�ali-mentazione artificiale.

L�importante è che fino alla fine del 5° mese nonsia somministrato al lattante alimento diverso dallatte, sia esso di donna o vaccino, cioè che si procedaal divezzamento non prima dell'inizio del 6° mese.

L�altra situazione nella quale il pediatra deve prescri-vere un latte artificiale (latte adattato) è quando la madre,solo dopo qualche mese dal parto, debba tornare al lavo-ro. La legge italiana tutela abbastanza la donna, sia ingravidanza che nel 1° anno di vita del bambino, mapossono esistere situazioni particolari nelle quali, già neiprimi mesi, ella debba lasciarlo per una parte o per tuttala giornata. La decisione di sostituire alcuni pasti con unlatte artificiale diviene obbligata: nella maggior parte deicasi il latte artificiale viene offerto al lattante nelle ore

intermedie della giornata, mentre al primo pasto delmattino e nella notte egli si attacca al seno materno.Anche in questo caso comunque l�allattamento al seno èdestinato prima o poi a ridursi fino a cessare.

Allattamento artificiale sostitutivo del latte maternoVi sono, come abbiamo visto (pag. 239), alcune rare

controindicazioni all�allattamento al seno ed esistonod�altra parte altrettanto rare condizioni in cui la madrenon produce una quantità di latte sufficiente per iniziarel�allattamento. In questi casi è necessario passare imme-diatamente all�allattamento artificiale, ricorrendo a unlatte adattato, per fornire al neonato l�energia necessariaper la sua sopravvivenza e per la sua crescita.

Tecnica per l�allattamento artificialeIl biberon graduato deve essere accuratamente sciac-

quato e bollito dopo ogni pasto: è possibile anche sciac-quare ogni biberon alla fine del pasto e bollire per 5minuti tutti insieme i biberon e i succhiotti della giornata,da mantenere poi in frigorifero, ben coperti, fino almomento dell�uso. Solo dopo i 6 mesi di età è possibilesciacquare in acqua corrente i biberon, ricorrendoall�ebollizione ogni 5-7 giorni. Il succhiotto deve esseresufficientemente morbido, deve avere le perforazioniadatte e, al momento del pasto, non deve contenere aria.Prima della preparazione del pasto la madre deve lavarsiaccuratamente le mani e deve porre i vari utensili e lapolvere su una tavola pulita, coperta con un telo dibucato. La presenza della madre o comunque di unadulto è sempre necessaria durante la somministrazionedel latte artificiale, per non privare il lattante del contattofisico e del senso di sicurezza conferiti da un adulto,pronto a staccare il biberon non appena questo sia statosvuotato. La bottiglia deve esser riscaldata precedente-mente alla poppata fino alla temperatura del corpo ed èsempre bene controllarne il calore facendo cadere qual-che goccia sul polso.

L�eruttazione dell�aria ingerita durante il pasto è im-portante per evitare rigurgiti o dolori addominali, ma nonè detto che essa debba avvenire per forza dopo ognipoppata. Il pasto deve durare 5-25 minuti, a seconda dellaforza che ha il bambino nel succhiare la tettarella. Daricordare che esiste un�ampia variabilità nella quantità dilatte ingerito da un pasto all�altro nello stesso giorno eancor più da un giorno all�altro. Non vi è motivo diallarme se alla fine della settimana, con la pesata, illattante dimostra di essere cresciuto ugualmente intornoai 200 g.

Poiché il nato a termine fino al 6° mese richiede percrescere 80-120 kcal/per kg di peso (media 100 calorie)e poiché un latte adattato fornisce in media 65 kcal perdl, si può dare alla madre l�indicazione che nelle 24 oreil lattante dovrebbe assumere 160 mL/kg, suddivisi nelnumero dei pasti. Per esempio, a un bambino di 5.200 g,va offerta nelle 24 ore una quantità totale di latte artifi-ciale di 5,2 160 mL = 832 mL, che suddivisi in 6 pastidanno circa 140 mL a pasto per 6 volte. Ricordando

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252 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

l�estrema variabilità del singolo lattante, il pediatra, dopoaver fornito alla madre queste indicazioni generiche,deve subito affermare che esiste un certo numero dilattanti che cresce bene anche con 80 kcal per kg, mentrealtri necessitano di 120 e a volte anche di 130 calorie perkg: ne deriva che la quantità di latte da somministrare perpasto e nelle 24 ore deve essere trovata in una giustaproporzione fra il calcolo teorico sopra descritto e l�ef-fettiva richiesta di nutrienti del bambino. La pesata setti-manale ci confermerà nell�aver trovato la giusta quantitàdi alimento.

La quantità media di acqua richiesta da un lattantenei primi mesi è proprio quella di 160 mL/kg, checorrisponde alla quantità media di latte per kg chedobbiamo somministrargli. Se il latte artificiale è liqui-do non va manipolato, ma se viene scelto un latte inpolvere è bene consigliare alla madre di usare 1 misuri-no da 5 g ogni 30 mL di acqua, cioè 3/31/2 misurini in100 mL e 61/2/7 in 200 mL di acqua. L�acqua nella qualesciogliere il latte in polvere deve essere una di quelleprecedentemente ricordate, a bassissimo contenuto disali: l�acqua va messa nella polvere agitando bene ilbiberon, in modo che non rimangano ammassi, anchepiccoli, di polvere.

Quanti pasti si devono somministrare al giorno?Quanto più il lattante si allontana dalla nascita e tanto

più basso sarà il numero dei suoi pasti: 6-7 pasti nel 1°mese, ancora 6 pasti (ma vanno bene anche 5) neisuccessivi 4 mesi; alla fine del 5° mese i pasti debbonoessere 5, per scendere a 4 alla fine del 6° mese, quandol�alimentazione passa al �tutto vitto� (Tabelle 14.17 e14.18). Anche in questo caso il pediatra deve sottoline-are che questi numeri sono solo teorici, che vanno beneper la gran parte dei lattanti, ma può essere che ilbambino di cui stiamo parlando desideri un numero dipasti superiore, ma anche inferiore: l�importante è sem-pre che alla pesata settimanale egli abbia dimostrato dicrescere la quota dovuta (intorno ai 200 g). La distanzafra un pasto e l�altro sarà proporzionata al numero dipasti: ogni 3 ore con 7 pasti, ogni 3 ore e mezzo con 6pasti, 4 ore con 5 pasti e così via. Non trattandosi di lattematerno, lo svuotamento gastrico di un allattato artifi-cialmente richiede almeno 2 ore e mezzo/3 ore; perquesto non va dato il pasto successivo se non sianopassate almeno 3 ore; è possibile invece attendere unlasso di tempo superiore allo stabilito se il bambino nonmostri di aver fame. Va ricordato che il momento delpasto, anche se artificiale, deve essere piacevole per illattante, come per il bambino, perché corrisponde a unesaudimento di un bisogno e a un momento di grandecomunione con la madre e con il padre. Trasformarequesto naturale rapporto in una battaglia per far ingerireal bambino la quantità di alimento che la madre ritienesia necessaria per la sua crescita è uno degli errori piùfrequenti delle donne italiane, che il pediatra deve intutti i modi prevenire, soffermandosi a lungo sulla dina-mica del pasto.

In fondo ogni lattante, come ogni bambino, è il prin-cipale responsabile nel determinare la quantità di latte daingerire (Tabelle 14.17 e 14.18).

Se la madre decide di dare uno o più pasti fuori di casa,non è bene che ponga nel termos il latte già preparato, maè meglio che nel termos porti l�acqua calda e in un piccolocontenitore pulito la quantità di polvere che di solito usaper preparare il pasto per il bambino. La mescolanza dellapolvere nell�acqua verrà fatta al momento del pasto, conle precauzioni alle quali abbiamo sopra accennato (cor-pora non agunt nisi soluta). Lo stesso vale per i pasti chela madre prevede di dare nella notte, a meno che ella nonconservi il latte preparato in frigorifero e lo riscaldi primadi offrirlo al proprio bambino.

I moderni componenti delle formuleI grandi passi compiuti nella conoscenza della fisio-

patologia dell�alimentazione enterale hanno portatoall�identificazione dei nutrienti chiave che possono gio-care un ruolo essenziale sia per la crescita sia per iprocessi di guarigione, nelle sepsi e nell�infiammazione.Molti di questi sono stati aggiunti alle formule, presentiin commercio:

L-arginina;glutamina;taurina;nucleotidi;acidi grassi 3 e 6;carnitina;fattori di crescita: fattore- 2 trasformante la crescita;antiossidanti;probiotici: Lactobacillus acidophilus, LactobacillusGG;prebiotici.

Tabella 14.17 - Numero dei pasti nelle 24 ore a secondadell�età.

ETÀ NUMERO DEI PASTI NELLE 24 ORE

1a settimana2a-4a settimana1-3 mesi4-6 mesi7-9 mesi10-12 mesi

6-106-865-643-4

Tabella 14.18 - Quantità di latte per pasto nel primo anno.

ETÀ QUANTITÀ PER PASTO

1a-2a settimana3a settimana-2° mese3°-4° mese5°-6° mese> 7° mese fino all�anno

60-90 mL120-150 mL150-180 mL180-210 mL210-240 mL

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253IL DIVEZZAMENTO E LA DIETA DEL 2° SEMESTRE DI VITA

IL DIVEZZAMENTO E LA DIETA DEL 2° SEMESTRE DI VITA

Il termine divezzamento indica il passaggio da una dietaesclusivamente lattea (quella dei primi 5 mesi di vita) a unadieta nella quale guadualmente vengono introdotti altri cibi,quasi sempre di tipo solido, a partire dall�inizio del 6° mese(mai prima del compimento del 4° mese e mai dopo il com-pimento del 6°, secondo l�European Society of Gastroentero-logy, Hepatology and Nutrition (ESPGHAN).

L�introduzione dei cibi solidi prima del 6° mese di vitanon ha alcun vantaggio, né sull�accrescimento, né sulcomportamento del lattante (non dorme meglio o più alungo) rispetto all�introduzione più tardiva. Una mucosaintestinale non ancora ben adatta a sopportare il contattocon alimenti diversi dal latte può non sempre servire dabarriera per impedire la penetrazione di composti diversi,che possono contribuire a determinare nelle età succes-sive intolleranze o vere e proprie allergie. È un fatto cheda quando l�allattamento al seno è stato ampiamentepromosso e da quando l�introduzione di alimenti diversidal latte è stata spostata all�inizio del 6° mese, la compar-sa delle diarree croniche aspecifiche (vedi Capitolo 35,pag. 813), così frequente fino a una quindicina di anni fa,si è oggi notevolmente ridotta.

Ricordo che nel passato l�introduzione delle farineveniva iniziata nel corso del 3° mese e che, ancor oggi,in alcune parti d�Italia, l�introduzione delle farine, degli�omogeneizzati� di carne e a volte dello stesso tuorlod�uovo è anticipata ai primi pochi mesi di vita. Come seintrodurre precocemente alimenti diversi dal latte fosseil segnale di un alto grado di civiltà o una conquista dellemoderne conoscenze: direi, senza ombra di dubbio, cheil messaggio è proprio in senso contrario. In fondo varicordato che la comparsa dei denti avviene in media alcompimento dei 6 mesi e che, quando la selezione natu-rale contribuì a stabilire questi limiti, non erano ancorain commercio né frullatori, né alimenti omogeneizzati,né tantomeno liofilizzati.

Prima di procedere nella trattazione della dieta delbambino dal 6° mese all�anno è bene premettere alcuniconcetti generali che varranno, come vedremo, per tuttala vita: vi sono alcune regole d�oro da tenere semprepresenti:

nella prescrizione della dieta all�inizio del 6° mese, ènecessario tenere conto degli usi regionali, almeno diquelli che non si allontanino di molto dagli schemi ge-nerali di alimentazione. Per esempio, nell�Italia cen-trale il divezzamento s�inizia con le farinate del com-mercio (di riso o di grano), mentre al Nord vengonousate farine multicereali e pappe lattee da affiancareal latte di proseguimento;ugualmente, nella prescrizione della dieta è necessariotenere conto delle abitudini della famiglia e soprattut-to dell�assetto che la famiglia intende darsi, dopo l�in-

troduzione di una nuova persona, con i suoi bisogni ei suoi interessi;la somministrazione di un pasto deve essere effettuataquando il bambino abbia dimostrato di avere fame;non ci deve far paura se egli passa dei periodi di scarsoappetito, anche di alcuni giorni;non c�è alcuna ragione nel continuare a offrire un ciboche il bambino abbia dimostrato di non gradire, né ètantomeno necessario forzarlo a ingerire un cibo cheegli abbia decisamente rifiutato;al momento di stabilire le dosi, il pediatra deve esseresempre molto elastico, per evitare che la madre prendala prescrizione alla lettera, intervenendo con �violen-za� sul lattante o sul bambino;la maggior parte dei bambini viene sottoposta aun�iperalimentazione da parte di genitori che confon-dono l�accettazione del cibo, che essi offrono, conl�appetito;l�appetito del bambino è il miglior indice della giustaquantità di alimento necessaria: rispettare queste esi-genze eviterà alla famiglia molti futuri problemi.Dunque all�inizio del 6° mese di vita si procede alla

somministrazione di alimenti diversi dal latte, comin-ciando con piccole quantità, come 1-2 cucchiaini, di-sciolte almeno inizialmente nel latte (Tabella 14.19).Questi nuovi alimenti (per esempio le farine lattee di risoo grano, o le pappe lattee) possono essere somministratimediante il biberon, ma possono, con grande dolcezza,essere eseguiti anche i primi tentativi di somministrazio-ne col cucchiaino.

Abbiamo già visto che il bambino al 6° mese fa 5 pasti:si comincia a sostituirne uno (il 2° o il 3°, a seconda delleesigenze della madre) con una farina o con una pappalattea (200-220 g di acqua, a quest�età va bene ancheun�acqua che abbia una concentrazione di sali superiorea quella indicata per i primi mesi, con 40-48 g di polvere:è bene almeno inizialmente provvedere all�esatta pesatadella polvere, perché la madre si renda conto della massada somministrare), che all�inizio viene data nella quantitàdi pochi cucchiaini per valutarne il gradimento e la tolle-rabilità; dopo 5-7 giorni, raggiunta la quantità stabilita,si passa a due farinate (la prima al 2°-3° pasto e laseconda al 4°-5° pasto, a seconda delle necessità dellamadre).

Riso o grano? È tradizione iniziare con il riso, perpassare poi dopo un mese al grano e agli altri cereali. Èchiaro che questo modo di comportarsi non ha comescopo quello di ridurre o annullare l�incidenza del morboceliaco, perché non ne sarebbe affatto capace; esso hasolo lo scopo di mettere in contatto con la mucosa dell�in-testino l�amido di riso, che è risultato più precocementee più facilmente aggredibile dagli enzimi intestinali dellattante.

Farina lattea o pappa lattea? Non ci sono moltedifferenze: nella prima il contenuto proteico è, nellamaggior parte dei casi, un po� più basso di quanto non siapresente nella pappa lattea, mentre al contrario i lipidisono maggiormente presenti nella farina lattea che nellapappa lattea: comunque le differenze sono talmente ri-

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254 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Tabella 14.19 - Alimenti per il divezzamento*.

TIPO DI ALIMENTO NOME COMMERCIALE

Crema di riso

Crema di riso e fruttaCrema di riso con verdura

Crema d�orzo

Crema multicereali

Crema di cereali/Frutta mistaFarina dei cereali senza glutine (riso ecc. )

Farina di cereali con glutineFarina lattea al riso (senza glutine)

Farina lattea al riso con frutta (o altro)

Farina lattea con glutine

Farina lattea con biscotti e miele

Farina lattea con glutine e frutta (o altro)

Farina lattea ai 7 cerealiMinestrinePappa al risoPappa al riso (o mais o tapioca) con fruttaPappa con biscottiPappa con glutine, frutta (o altro)

Pappa multicerealiPappa alla soja

PastinaSemolino

Verdure

Guigoz � Crema di risoHumana � Crema di risoMellin � Crema di riso

Guigoz � Crema di riso con fruttaNestlè Mio � Crema di riso con verdure

Milupa crema d�orzo bio � Crema d�orzo

Guigoz � Fiocchi 5 cerealiHumana � Crema multicerealiMellin � Crema mais e tapiocaMellin � Crema multicerealiMellin � Crema ai cereali biologiciMilupa � Crema di riso, mais, tapioca bioMilupa Crema multicereali � Crema

multicerealiMilupa Crema multicereali bio � Crema

multicerealiMilupa � Crema cereali/frutta mistaNolac � Crema di riso, semi di carruba,

mais e tapioca Guigoz � Fiocchi di 5 cerealiMilupa Milfarin riso � Farina lattea Milupa Milfarin � Farina lattea, biscotti con

mieleMilupa Milcrema mela con pezzettini

(crema di riso con latte e mela), Junior

Milupa Milfarin � Farina lattea 7 cerealiGuigoz � Farina lattea biscottataMilupa Milfarin biscotti con miele � Farina

latteaMilupa Milfarin � Farina lattea, biscotti con

mieleMilupa Milfrutta � Farina lattea, mela,

banana, yogurtMilupa Milfrutta � Farina lattea, melaMilupa Milfarin 7 cereali � Farina latteaMilupa Le minestrineDieterba � Pappa al risoSelac � Pappa lattea con meleMellin � Pappa con biscottiMellin � Pappa lattea con frutta mistaMellin � Pappa lattea con melaNestlè Mio � Pappa lattea, frutta mistaNestlè Mio � Pappa lattea, meleEurofood � Pappa multicerealiHumana � Pappa alla soja con cereali senza

glutineMilupa Fior di pasta � Pastina dieteticaGuigoz � SemolinoMiluvit bio Milupa � Semolino Mellin VerdureMilupa Le verdure

Milupa crema di riso-Miluris bio � Crema di riso

Nestlè Mio � Crema di risoNestlè Mio � Crema di riso con verdure

Nestlè Mio � Crema di riso con mais etapioca

Milupa Fior di cereali �Crema d�orzo� � Crema d�orzo biologico

Milupa Fior di cereali �Crema di risoMiluris� � Crema di riso biologico

Milupa Fior di cereali �Crema multicereali� � Crema multicerealibiologici

Nestlè Mio � Crema di riso, mais e tapiocaNestlè Mio � Crema multicerealiNestlè Mio � Fiocchi di grano integrale con orzo e avena

Nestlè Mio � Farina lattea biscottataMilupa Milfarin riso � Farina latteaNestlè Mio � Farina lattea al riso

Milupa Milfrutta mela, banana, con yogurt � Farina lattea

Milupa Milfrutta mela � Farina latteaHumana � Farina latteaNestlè � Farina lattea biscottata

Milupa Milfrutta � Farina lattea con fruttamista e fette biscottate

Milupa Milfrutta mista � Farina latteaMilupa Milfrutta � Farina lattea peraHumana � Farina lattea con frutta mista

Mellin � MinestrinaSelac � Pappa lattea con banane

Selac � Pappa lattea con bananeSelac � Pappa lattea con frutta mistaSelac � Pappa lattea con mele

Milupa Som � Pappa

Nestlè Mio � Semolino

Mellin � Passato di verdure

* I prodotti sono ricavati dall�Informatore Farmaceutico 2007, Parafarmaceutici.

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255IL DIVEZZAMENTO E LA DIETA DEL 2° SEMESTRE DI VITA

dotte che la scelta può essere lasciata libera, a secondadelle abitudini regionali o familiari.

Dopo la somministrazione della farina lattea o dellapappa lattea è possibile aggiungere della frutta fresca,come succo di arancia (5 cucchiaini) o un quarto di melagrattata.

Raggiunta la fine del 6° mese è possibile passare a 4pasti (in media ogni 4 ore, ma vanno bene anche 3 o 5ore, come va bene anche che il lattante riceva, a richiesta,5 pasti), a quello che in generale viene chiamato �tuttovitto�.

Il 1° e il 3° pasto saranno uguali: costituiti da latte diproseguimento (200-220 g di acqua con 6 e mezzo 7misurini da 5 g), con l�aggiunta di 3 cucchiaini di biscottigranulati ed eventualmente, dopo qualche settimana, 1-2cucchiaini di caffè d�orzo, nel caso che il sapore del lattenon fosse più gradito.

Il 2° pasto richiede un notevole impegno di tempo edi lavoro da parte della madre:

250 g di brodo di verdura (1 litro di acqua, 1 pugnet-to di tutte le verdure di stagione, ben lavate, senza sale;far bollire per un�ora, e poi colare; quello che passa at-traverso il colino è il brodo di verdura, che va conser-vato in frigorifero e va rifatto tutti i giorni per impedirela trasformazione dei nitrati, di cui sono ricche le mo-derne verdure, in nitriti). Dopo qualche settimana puòessere usato anche il brodo di carne, scegliendo lacarne magra e provvedendo al mantenimento delbrodo in frigorifero, allo scopo di procedere all�elimi-nazione del grasso che si addensa in superficie: ilbrodo di carne tenuto in frigorifero può essere usatoanche il giorno successivo o può essere congelato peril suo uso anche entro 7 giorni;20 g di pastina per l�infanzia, tipo 0. Inizialmente lamadre deve provvedere a identificare quanta pastinain cucchiai (con o senza cupola) corrisponda ai 20 g:successivamente, identificata la quantità, le dosi pos-sono essere stabilite a occhio. Vanno bene anche lacrema di riso o il semolino;2 cucchiaini di parmigiano;1 cucchiaino di olio extravergine di oliva;1 cucchiaino di olio di semi (di girasole, di soja, dimais, di vinaccioli indifferentemente), allo scopo didare acidi grassi polinsaturi, essenziali. L�olio di ara-chidi è sovrapponibile, come acidi grassi polinsaturi,all�olio di oliva, che contiene in generale quantitàtroppo basse;un pezzetto (40-50 g) di patata e di carota, usate peril brodo, schiacciate opportunamente; dopo qualchemese è bene passare anche qualche verdura (zucchiniper esempio);30 g di agnello o di coniglio o di petto di pollo, cottoa vapore, nel forno a microonde o bollito, frammenta-to e frullato nel brodo. La carne di pollo (o di tacchino)è quella a più basso contenuto di grassi. Dopo qualchesettimana è possibile passare alla carne di bue, di qua-lunque parte si tratti, purché sia fresca e sufficiente-mente morbida. La carne può essere sostituita da 40 g

di pesce magro (sogliola, nasello, spigola, orata, den-tice e altri);frutta (sempre fresca): mela, arancia, banana (unquarto), mescolate e pestate, in una quantità di una de-cina di cucchiaini. La pera, che contiene una discretaquantità di sorbitolo, può essere aggiunta per i bambi-ni che abbiano una scarsa tendenza all�eliminazionedelle feci.Il 4° pasto può essere uguale al 2°, solo che al posto

dei 30 g di carne (che sono sufficienti per concorrere acoprire il fabbisogno proteico, insieme a tutte le altre fontidi proteine) va usato un formaggino ipolipidico per iprimi mesi da 60 g. Attenzione che molti dei formagginiin commercio, definiti �per bambini�, hanno un contenu-to di grassi superiore al 60%. Tuttavia, può avvenire cheper qualche settimana il lattante gradisca a cena la stessafarinata o la stessa pappa lattea, che era abituato a pren-dere nel 6° mese; in questo caso è inutile insistere con laminestrina e può essere mantenuta la farinata, che aquesto punto può essere di grano o multicereale.

Nel 2° semestre di vita i nutrienti possono essereofferti con diverse modalità: il 1° e il 3° pasto possonoessere somministrati con lo stesso biberon usato nei mesiprecedenti, mentre per il 2° e il 4° è meglio usare ilcucchiaino o, se l�alimento è sufficientemente diluito,anche direttamente la tazza, modalità difficilmente otte-nibile prima degli ultimi mesi del 1° anno. Comunqueogni lattante ha le sue preferenze, che, quando non siallontanino molto da quelle della maggioranza degli altrilattanti, vanno rispettate.

Nella maggior parte dei casi il pediatra e i genitori nonincontrano alcuna difficoltà alla somministrazione dellatte e biscotti al 1° e 3° pasto, ma possono sorgeredifficoltà per il pasto della minestrina; in effetti questo èun pasto non dolce, che può incontrare il mancato gradi-mento del lattante, abituato al sapore dolce per tutti iprimi mesi di vita. In questo caso è possibile tornare allafarina lattea o alla pappa lattea, come abbiamo visto peril 2° o 4° pasto; dopo 7 giorni è tuttavia utile proporre dinuovo il pasto non dolce, per saggiarne il gradimento. Incaso di nuovo rifiuto è possibile ridurre nella minestrinail contenuto della pastina e aggiungere un cucchiaino dizucchero, per renderla più gradita al gusto del lattante.

Passano così il 7° e l�8° mese. All�inizio del 9° meseconviene cambiare la composizione del 2° pasto, quellodella prima minestrina della giornata. A quest�età è pos-sibile compiere i primi tentativi per un�alimentazionecomposta da primo, secondo con contorno e frutta. Ilprimo può essere la pasta asciutta con il pomodoro: si puòadoperare la stessa pastina usata per fare la minestra, masi possono usare anche i capelli d�angelo, in quantità di30-40 g, non scolati completamente, perché un po� diacqua di cottura può tornare utile; a questi si aggiungonodue cucchiaini di olio di oliva extravergine, un cucchiaiodi sugo di pomodoro fresco e due cucchiaini di parmigia-no. Al secondo possiamo dare il nome di �polpetta�: 30g di carne rossa, tritata, un pezzetto di patata lessa, un po�di mollica di pane e un ottavo di tuorlo d�uovo, che serve

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256 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

a tenere insieme l�impasto: si cuoce al vapore o nel fornoa microonde. Si serve con un piccolo zucchino lesso,condito con olio e limone, segue la frutta. A cena rimaneil �pastone� preparato nei mesi precedenti, pronti a pas-sare a una cena uguale al pranzo, sempre sostituendo lacarne (la polpetta) con il formaggino con pochi grassi.

A quest�età è possibile passare dai biscotti granulatidel 7°-8° mese ai biscotti Marie, molto meno ricchi digrassi e altrettanto gradevoli al palato.

Ci avviamo in tal modo gradualmente al compimentodel 1° anno di vita.

DIETA NEL SECONDO ANNO DI VITA

Il passaggio dal 1° al 2° anno di vita non rappresentaper l�organismo del bambino un brusco cambiamentonella crescita, nello sviluppo delle varie funzioni o, infi-ne, nei comportamenti psico-neuro-motori. Questo pas-saggio è meglio visibile alla fine del 2° anno, al momentodell�ingresso nel 3° anno di vita, quando molte attività efunzioni, giunte a maturazione completa, si avvicinano aquelle tipiche dell�adolescente e dell�adulto. In fondo,nella suddivisione in fasi della pediatria generale è giàimplicito questo concetto: il primo stadio, quello dellaprima infanzia, va infatti dalla nascita alla fine del 2°anno, comprendendo in un�unica fase tutto il periodo ditempo necessario perché l�organismo del nuovo nato siadatti completamente alla vita extrauterina e maturi tuttele funzioni basilari che lo rendono sufficientemente au-tonomo nell�ambiente in cui vive.

Ma per i genitori il compimento del 1° anno è un puntoimportante nella vita della famiglia e anche del propriofiglio. Essi non si rendono conto che esiste una continua,e a volte difficilmente percepibile, trasformazione ditutte le funzioni e attività, di cui alcune maturano primae altre maturano dopo il compimento del 1° anno.

Queste caratteristiche riguardano anche l�alimenta-zione. Alcuni bambini mantengono le preferenze per ilgusto (per la trattazione del gusto vedi Capitolo 34, pag.765) e per il tipo di preparazione già presenti alla fine del1° anno, altri passano facilmente ai 3 pasti al giorno,partecipando volentieri alle abitudini alimentari dellafamiglia. Vi sono alcuni bambini, pochi a dire il vero, chepreferiscono continuare ad assumere i nutrienti (latte ebiscotti) al 1° e 3° pasto, allo stato semiliquido nelbiberon, e altri ancora che vorrebbero ricevere latte ebiscotti come unico alimento a tutti i pasti. In certi casisi assiste alla persistenza di abitudini che risalgono al 1°anno di vita, per l�abbandono delle quali il bambinopreferisce rimandare.

Oltre il 1° anno il pediatra non è tenuto a stabilire unadieta precisa; egli deve permettere il passaggio gradualedella dieta alle abitudini familiari e regionali, intervenen-do soltanto quando le deviazioni dalle regole generalidell�alimentazione potrebbero comportare un nocumen-to per la salute attuale e futura del bambino. Come al

solito il pediatra non deve entrare nella privatezza dellafamiglia, se non richiesto ufficialmente o quando riscon-tri comportamenti a rischio.

Quindi, pur lasciando una notevole elasticità nelladieta del bambino, il pediatra deve fornire alla madre iconcetti generali sui fabbisogni dietetici e sui rischi chealcuni alimenti possono a lungo andare presentare.

Il primo punto che il pediatra deve affrontare coigenitori è quello del rallentamento della crescita staturalee ponderale dei bambini nel 2° anno di vita: in questoperiodo il bambino crescerà in altezza in media unadecina di centimetri (contro i 25 del 1° anno) e in peso 2-2,5 kg (contro i 7 kg del 1° anno). Questo rallentamentodella velocità di crescita è un evento fisiologico, daricordare ai genitori, al quale va collegato un rallenta-mento evidente delle richieste alimentari giornaliere,spesso già presente negli ultimi mesi del 1° anno di vita,legato anche alla riduzione nel numero di calorie neces-sarie per kg di peso, che scende nel 2° anno (vedi Figura14.2) a 90 per kg, contro le 100-120 del 1° anno. Daricordare la variabilità di appetito nello stesso giorno o ingiorni diversi, insieme a caratteristiche individuali, allequali abbiamo in precedenza accennato.

Portare a conoscenza della madre l�insieme di questemodificazioni sulla quantità di nutrienti nel 2° anno divita serve per la prevenzione di tentativi di forzare ilbambino nella somministrazione dei pasti giornalieri,quando egli dimostri di non gradire un�ulteriore assun-zione di cibo. Nella maggior parte dei casi il bambino nonsopporta che l�adulto interferisca con la sua alimentazio-ne, si ribella e rifiuta il cibo, non tanto perché non logradisca e non abbia fame, quanto per assumere unatteggiamento negativo, quasi punitivo nei confronti deigenitori. Ogni pasto diviene una battaglia, che il bambinoriesce a vincere sistematicamente.

La riunione della famiglia in occasione del pasto do-vrebbe essere piacevole e la conversazione dovrebbeessere rivolta all�esposizione di problemi che riguardanotutti. La televisione deve restare nel soggiorno. Il bambi-no deve essere posto su una sedia comoda, con poggia-piedi, di altezza giusta per portarlo a livello della tavola.

Come regola generale risulta opportuno rispettare,entro certi limiti, i gusti del bambino, sia nel senso dellepreferenze che dei rifiuti categorici. Le caratteristichealimentari del bambino nei primi 2 anni sono destinate adurare per molti anni.

Nel bambino che ha compiuto il 1° anno può gradual-mente essere iniziato un tentativo d�indurlo ad alimentar-si da solo: entro la fine del 2° anno questo obiettivo èquasi sempre raggiunto.

Nelle Figure 14.7 e 14.8 e nella Tabella 14.20 vengo-no riportati in modo succinto i consigli che possonoessere rivolti alla madre sulla quantità e sulla composi-zione dei vari nutrienti non solo nel 2° anno di vita, maanche nei successivi.

Come è possibile osservare, guardando la vecchia ela nuova piramide, le differenze sono molto importanti.Quello che salta subito agli occhi è il passaggio alla

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257DIETA NEL SECONDO ANNO DI VITA

punta della piramide della carne rossa, messa allo stessolivello del burro, da usare limitatamente, come il risomolato e il pane bianco, le patate, la pasta e i dolci. Ilpesce, la carne bianca (pollo) e le uova vengono posti alterzo livello, dopo il latte e i formaggi. I legumi e ivegetali sono da consumare in abbondanza; la frutta èraccomandata. Il pane e la pasta integrale, insieme aglioli vegetali (mono-insaturi [oliva, arachidi] e poli-insa-turi [girasole, soia, vinaccioli, mais]) vanno consumatia tutti i pasti.

L�indicazione che se ne ricava è abbastanza generica,ma è sufficiente per specificare che la dieta del bambinodebba essere assolutamente varia: un eccesso di un grup-po di nutrienti può comportare uno sbilanciamento o, inultima analisi, un eccesso di assunzione e quindi la pos-sibilità di un sovrappeso. Analogamente, un eccessivoconsumo di latte e un ridotto introito di carne possonoalla lunga, contribuire all�insorgenza di un�anemia dacarenza di ferro.

L�organizzazione della dieta deve essere fatta su base

Figura 14.7 - Vecchia piramide ali-mentare 1992.

Figura 14.8 - Nuova piramide ali-mentare 2003.

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258 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

settimanale o, meglio, bisettimanale, rispettando un giu-sto equilibrio fra i vari nutrienti: le quantità assuntedipendono dalla disponibilità del bambino. Qualunquefarmaco per forzare l�appetito è assolutamente daproscrivere.

Qualche consiglio pratico: all�anno si può passare dallatte di proseguimento al latte vaccino, parzialmentescremato (va bene anche lo yogurt semimagro). Nondovrebbe essere concesso più di un tuorlo d�uovo allasettimana; un tuorlo conteneva 250 mg di colesterolo,oggi sembra, per i cambiamenti nella dieta dei polli, chein ogni tuorlo siano contenuti poco più di 150 g dicolesterolo, per cui si può consumare un uovo ogni 5giorni. La quantità di carne dovrebbe essere compresafra i 30 e i 50 g al giorno, in alternativa si può dare ilpesce fra 40 e 60 g al giorno. Sia carne che pescedovrebbero essere preferibilmente magri. I formaggidovrebbero essere a basso contenuto di grassi, come ilraveggiolo, la ricotta, la mozzarella e il parmigiano.Eliminare il burro e preferire l�olio di oliva extravergine;far ricorso agli oli di semi, ricchi di acidi grassi polinsa-turi (olio di girasole, di mais, di soia, di vinaccioli). Daricordare l�importanza delle fibre nell�alimentazione(vedi pag. 231).

Capita abbastanza spesso che i bambini al di là dell�etàdi un anno frequentino la mensa scolastica all�asilo nidoo alla scuola materna.

All�asilo nido il pasto costituisce un momento partico-larmente delicato, perché esso rappresenta la prima dele-ga che la mamma fa verso un altro adulto. Esso contribu-isce a rompere quella simbiosi madre/bambino che si ècostituita subito dopo la nascita. Già alla scuola materna,

ma ancora di più nella scuola elementare, si possonomettere in atto le prime tappe dell�educazione alimentare.

DIETA DEL BAMBINO E DELL�ADOLESCENTE

La dieta dei bambini oltre i 2 anni di età non si discostadalle regole generali, sopra ricordate, né dalla composi-zione della piramide alimentare. Il pediatra deve sottoli-neare ai genitori l�importanza dei cereali, dei legumi,delle verdure e della frutta.

Oltre i 2 anni i grassi non debbono superare il 30%delle calorie totali, ricordando che 1 grammo di grassifornisce 9 calorie, di cui un terzo possono essere grassisaturi (già presenti nella gran parte degli alimenti: dallatte, alla carne, all�uovo) un po� meno di un terzo daacidi grassi polinsaturi (oli di semi) e un po� più di unterzo da acidi grassi monoinsaturi, presenti nell�olio dioliva e di arachidi. La quantità giornaliera di colesterolonon deve eccedere i 100 mg/1.000 calorie: da ricordareche un solo tuorlo d�uovo ne contiene almeno 150 mg.

Può capitare talvolta che i bambini anche prima dei 2anni, ma soprattutto fra i 2 e i 6 anni, consumino un�ec-cessiva quantità di succhi di frutta (più di 360 mL algiorno). A parte gli inconvenienti legati al possibilemanifestarsi d�intolleranze e di allergie, bisogna tenerconto della possibilità d�insorgenza di carie dentaria, didiarrea osmotica da malassorbimento di carboidrati e diobesità (Tabella 14.21). Non è stata trovata invece un�as-sociazione fra elevato consumo di succhi di frutta eriduzione dei parametri di crescita staturale, come sisospettava alcuni anni fa.

LA DIETA MEDITERRANEA

Vi è un accordo generale che una dieta di tipo mediterraneo, nella quale l�olio di oliva rappresenti la fonte principale di grassi,contribuisca alla prevenzione dei fattori di rischio cardio-vascolare, come la dislipidemia, l�ipertensione, il diabete, l�obesità e, infine,la malattia coronarica. Vi sono inoltre prove che suggeriscono che la dieta mediterranea gioca un ruolo preventivo nei confronti dialcuni tumori, fra i quali in primo luogo il cancro del colon. Essa è caratterizzata da abbondanza di alimenti derivati dal mondovegetale, come pane, pasta, verdure, insalata, legumi, frutta e noci; essa è costituita da basse o moderate quantità di pesce, pollame,formaggi e uova, con piccole quantità di carne bovina, basse o moderate quantità di vino, normalmente consumato durante i pasti.Questa dieta, quindi, risulta povera in acidi grassi saturi, ricca in carboidrati complessi e fibre e ha un alto contenuto di acidi grassimoninsaturi, derivati principalmente dalll�olio di oliva.

Tabella 14.20 - Assunzione di cibi raccomandata, in accordo con la piramide alimentare.

ALIMENTO GRANDEZZADELLA MISURA

1 ANNOMISURE/DIE

2-3 ANNIMISURE/DIE

4 ANNI E PIÙMISURE/DIE

PaneRiso, pasta, cerealiVegetaliFruttaLatteFormaggioCarne, pesce

1 fetta30-40 g120 g

1 mela, 1 banana240 ml40-50 g60-90 g

1-21-21/21/21/21/2

1/2-1

2-42-41111

Metà-1

3-113-113-52-41-31-31-3

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259I CIBI TRANSGENICI E GLI ALIMENTI BIOLOGICI

L�alimentazione dell�adolescente deve essere moltovicina a quella dell�adulto: in questa età più che nellealtre è importante tener conto della propensione o menoall�introduzione di nutrienti, nel rispetto delle preferenzeindividuali: come al solito il pediatra deve interveniresoltanto quando ci si allontani troppo dalle regole gene-rali, già esposte per l�alimentazione. L�obesità e l�ano-ressia mentale sono i due spettri di cui il pediatra e lafamiglia debbono tener conto in questa fascia di età.

Nell�adolescente che pratica uno sport, l�eserciziospesso serve a riequilibrare la bilancia delle entrate e delleuscite energetiche. Nel ragazzo obeso l�esercizio fisico èpiù efficace della restrizione calorica (Tabella 14.22).

I CIBI TRANSGENICI E GLI ALIMENTI BIOLOGICI

Grazie alla biotecnologia sono state determinate mo-difiche fondamentali in alcune specie, in generale appar-tenenti al mondo vegetale, nelle quali, grazie all�introdu-zione o alla sostituzione di un gene, sono determinate

variazioni non solo nella catena polipeptidica derivata daquel gene, ma spesso a carico di caratteri diversi, privi diun�apparente correlazione con il nuovo gene.

Le conseguenze per l�uomo, che più frequentementesi associano all�applicazione delle tecniche di biotecno-logia ai costituenti della dieta, sono essenzialmente di tretipi:

cambiamenti nella concentrazione e nella biodisponi-bilità dei componenti caratteristici dell�alimento;alterazioni della composizione e nella quantità degliallergeni;eventuale aumento della quantità di sostanze tossicheo antinutrizionali, prima contenute in basse concentra-zioni.L�enorme espansione della biotecnologia, verificatasi

in questi ultimi anni, ha messo in evidenza la grande epromettente potenzialità di questa tecnica sia nel campodell�alimentazione che della medicina. Tuttavia, il suoimpiego desta numerose preoccupazioni sotto il profiloscientifico, alimentare e commerciale. Non è infatti fa-cilmente prevedibile quali siano i cambiamenti che lemanipolazioni geniche possono determinare in termini diallergenicità, metabolismo, biodisponibilità e interazioni

Tabella 14.21 - Raccomandazioni dell�American Academy of Pediatrics sull�uso dei succhi di frutta (modificata).

� I succhi di frutta non debbono essere introdotti nella dieta prima dei 6 mesi: essi non offrono alcun beneficio nutritizio

� I succhi di frutta non offrono benefici nutritizi nemmeno in bambini oltre i 6 mesi. Essi non debbono essere considerati un sostituto dellafrutta. La loro assunzione deve avvenire di rado; non vanno somministrati prima di andare a letto

�L�assunzione dei succhi di frutta deve essere limitata a 120-170 g al giorno per bambini da 1 a 6 anni e a 225-340 g al giorno per soggettida 7 a 18 anni, corrispondenti grossolanamente a due bottigliette al giorno

� I bambini debbono essere incoraggiati a mangiare la frutta intera; il succo di frutta non è appropriato per il trattamento della disidratazioneo della diarrea

� I lattanti, i bambini e gli adolescenti non debbono bere succhi di frutta che non siano stati pastorizzati, perché potrebbero contenere pa-togeni, che possono causare gravi malattie

�Un eccessivo consumo di succhi di frutta può portare a ipernutrizione (obesità) o a malnutrizione da malassorbimento di carboidrati

�L�eccessivo consumo di succhi di frutta può essere associato a diarrea, flatulenza, distensione addominale e carie dentaria, per cui di frontea un bambino con carie dentaria è necessario conoscere quanti succhi di frutta consumi; il consumo consentito è di 10 mL/kg/die

�Succhi di frutta diversa, assunti in quantità appropriata per l�età del bambino, si accompagnano difficilmente a sintomi clinici

� I pediatri debbono routinariamente discutere con i genitori la differenza che esiste fra succo di frutta e assunzione di frutta, in modo cheessi la comprendano

� I succhi di frutta contenenti calcio rappresentano una sorgente di calcio biodisponibile, ma mancano gli altri nutrienti che sono contenutinel latte materno, nelle formule o nel latte di mucca

Tabella 14.22 - Minuti di attività sportiva per bruciare l�energia fornita dai diversi alimenti.

ALIMENTO KCAL CALCIO NUOTO TENNIS GINNASTICA BASKET STUDIO

Cioccolata 30 g

Cono gelato 120 gPatatine fritte 120 gCaramelle n. 4

Mela 240 gCereali per la prima colazione 30 g

Latte parzialmente scremato 125 g

170

254410120

102111

111

35

528424

2123

23

29

437020

1718

18

43

6410330

2628

28

70

10617150

4347

47

34

518224

2021

21

170

254410120

102111

111

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260 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

fra i diversi nutrienti. Dalla loro introduzione nel mercatomondiale, il numero degli alimenti contenenti OGM,posti in commercio, e di conseguenza il numero deiconsumatori, è cresciuto in modo esponenziale, senzache si siano registrati ad oggi casi eclatanti di danni allasalute umana. Tuttavia l�assenza di prove non costituisceprova di assenza di effetti indesiderati, soprattutto sullungo termine.

È inoltre da ricordare che al momento attuale nonesiste ancora un consenso sui diversi interventi da utiliz-zare per controllare i vari passaggi che portano alladisponibilità di un cibo transgenico, come non è standar-dizzato il tipo di prova da applicare, né quale debbaessere l�organismo preposto a controllare ed eseguire gliesperimenti, né, infine, quali debbano essere le modalitàdi diffusione dei risultati.

Di tutte le varietà OGM per le quali è stato autorizzatoil rilascio nell�ambiente, solo due, la soia resistente alglifosato di Monsanto e il Bt-mais di Novartis, sono stateautorizzate anche per l�impiego negli alimenti.

In risposta alla sempre maggiore disponibilità di ali-menti transgenici, è sorta negli ultimi decenni una semprepiù diffusa disponibilità di alimenti biologici. Negli ulti-mi anni molti organismi internazionali (Nazioni Unite,OMS, FAO, Comunità europea e altri) e nazionali (De-creto Ministeriale 22 marzo 2000, n. 5.173) hanno sotto-lineato quali debbano essere le tecniche agricole checaratterizzano la cosiddetta �agricoltura sostenibile�:�Con il nome di agricoltura sostenibile s�intende quell�in-sieme di pratiche agricole che, mediante un�accurata ge-stione delle risorse, permette di soddisfare le esigenzeagricole dell�umanità, migliorando nello stesso tempo laqualità dell�ambiente e conservando le difese naturali�.

Nell�ambito dell��agricoltura sostenibile� e per ri-spondere alle esigenze di sicurezza del consumatore sonostate individuate diverse tecniche di gestione agricola, frale quali sono comprese:

l�agricoltura controllata (precision agriculture);la lotta biologica integrata (Integrated Pest Manage-ment, IPM);l�agricoltura biologica (organic agriculture).L�agricoltura biologica è oggi regolamentata sia dalla

CEE (Regolamento CE 2092/91) che dallo Stato italiano(Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 220). Essa èquindi una delle diverse modalità dell��agricoltura soste-nibile�: molte delle tecniche che vi sono impiegate, comela rotazione delle colture, l�utilizzo di strati protettiviorganici e inorganici da distribuire sul terreno agricolo,e l�integrazione fra raccolti e allevamenti animali, ven-gono praticate secondo diversi �sistemi agricoli�.

La caratteristica principale è che sono proibiti quasitutti gli interventi sintetici, fatta eccezione per alcuniprodotti fitosanitari per i quali esiste un�apposita lista,annessa alla legge vigente sull�agricoltura biologica. IPaesi nei quali l�agricoltura biologica ha trovato la mas-sima espansione sono gli USA e il Canada. In Italia lapercentuale di terreni agricoli convertiti o in conversionenell�anno 2000 è del 5,3%: le regioni nelle quali la

superficie agricola convertita è più estesa sono la Sarde-gna, la Calabria e la Puglia (1998). Nonostante tutto ciò,il consumo domestico di alimenti biologici in Italia è solodell�1% del consumo alimentare totale.

Come distinguere i prodotti alimentari derivati daun���agricoltura biologica�?

Le tipologie di etichettatura sono tre:prodotto bio al 95-100%: si tratta di prodotti i cui in-gredienti sono al 95-100% di produzione biologica.Avremo così un olio extravergine di oliva da agricol-tura biologica, una marmellata di fragole da agricol-tura biologica e così via;prodotto bio al 70%: i prodotti in cui dal 70 al 95%degli ingredienti di origine agricola sia di origine bio-logica possono far riferimento al biologico solonell�elenco degli ingredienti e non nella denominazio-ne di vendita. Se un prodotto contiene ingredienti diorigine biologica in misura inferiore al 70% non puòfare alcun riferimento al biologico né in etichetta nénella pubblicità;prodotti in conversione: questa categoria è costituitadai prodotti i cui ingredienti sono sì coltivati con me-todo biologico, ma per un periodo che, pur superioreai 12 mesi, è inferiore a quello necessario per poter es-sere ufficialmente biologici (periodo superiore ai 2 an-ni). Questa categoria deve utilizzare la dicitura �pro-dotto in conversione all�agricoltura biologica�. Il pro-dotto può contenere solo un ingrediente di origineagricola, per cui non possono esistere una macedoniadi frutta in conversione all�agricoltura biologica o deitortellini in conversione all�agricoltura biologica,mentre possono esistere, per esempio, la farina di maisin conversione, l�olio extravergine di oliva in conver-sione e il succo di mele in conversione.In particolare i prodotti destinati all�infanzia sono

sottoposti a una rigorosa normativa e ad un�oculata sceltadi materie prime che ne preveda il controllo alla produ-zione (sul campo e nell�allevamento) progettandone eperseguendone la qualità.

VITAMINE

Sotto il nome �vitamine� si comprendono sostanze organichemolto diverse l�una dall�altra, che si ritrovano in molti cibi ingrande quantità e che sono necessarie in quantità minima(come traccia) per le normali funzioni metaboliche dell�orga-nismo.

Le vitamine si suddividono in due grandi gruppi:vitamine liposolubili: vitamina A, D, K ed E;vitamine idrosolubili: tutte le altre (vitamine del com-plesso B, vitamina C, riboflavina, biotina, acido folicoe altre).Le vitamine liposolubili richiedono per l�assorbimen-

to la lipasi e la bile (sali biliari), per cui alcune malnutri-

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261VITAMINE

zioni, alcuni malassorbimenti e molte patologie epatichedi tipo colestatico si accompagnato a bassi livelli ematicidi queste vitamine. Nonostante la definizione riportata incornice, l�organismo umano ricava due di queste vitami-ne (la vitamina D e la K) anche dalla sintesi endogena, laprima sulla cute, a opera dei raggi ultravioletti, e laseconda grazie alla sintesi intestinale da parte di alcuninormali saprofiti. Quando queste due sostanze venneroidentificate come vitamine negli alimenti, furono classi-ficate come vitamine perché ancora non si sapeva cheesse erano, in effetti, sintetizzate anche all�internodell�organismo.

Le vitamine liposolubili hanno un�altra importantecaratteristica che le distingue da quelle idrosolubili, cioèquella di essere immagazzinate, essenzialmente dal fega-to: per tale ragione esistono malattie da eccesso di dose(soprattutto per la vitamina A e D), o in seguito a unaforte somministrazione (intossicazione ad andamentoacuto) o in seguito all�accumulo nel fegato di dosi gior-naliere superiori al fabbisogno, ma non poi così elevateda dare manifestazioni acute (intossicazioni ad andamen-to cronico). Tuttavia, pur essendo idrosolubili, anchel�acido folico, la vitamina B12 e la biotina necessitano dilunghi periodi di tempo, prima di dare fenomeni di ca-renza, sempre perché esse vengono in parte immagazzi-nate. Per le altre vitamine, una volta eliminate dalla dieta,i sintomi di carenza possono comparire già dopo unasettimana o al massimo tre.

Ne deriva proprio la corretta abitudine di sommini-strare nel 1° anno di vita un preparato multivitaminico(Protovit gocce [in 1 mL, corrispondente a 24 gocce,sono contenute 5.000 UI di vitamina A, 2 mg di tiami-na, 1,27 mg di riboflavina, 10 mg di nicotinamide, 1mg di piridossina (vitamina B6), 10 mg di pantenolo,0,1 mg di biotina, 50 mg di acido ascorbico, 1000 UIdi vitamina D2, 3 mg di vitamina E], alla dose di 5gocce 2 volte al giorno, dal 15° giorno di vita al 6°-12°mese). Questo preparato contiene la vitamina D, in forma

idrosolubile, il cui uso è indicato anche nei lattanti ali-mentati esclusivamente con latte materno.

Per il fabbisogno delle vitamine alle diverse età siveda la Tabella 14.23.

I pediatri dovrebbero essere a conoscenza del fabbi-sogno vitaminico quotidiano dei bambini e degli adole-scenti di diversa età e di diverso sesso, ma soprattuttodovrebbero essere a conoscenza dei sintomi e dei segnidelle carenze e degli eccessi vitaminici, per essere ingrado d�intervenire attivamente prima che si verifichiuna grave e permanente sofferenza di alcuni organivitali.

Vitamine liposolubili

Vitamina ALa vitamina A è stata scoperta nel 1913 da E.V.

McCollum.Sebbene con il nome vitamina A si indichi uno speci-

fico composto chimico, come il retinolo e i suoi esteri,oggi questo termine viene usato in modo più generico perdescrivere composti diversi che mostrano l�attività biolo-gica del retinolo. Il termine retinoidi si usa d�altra parteper indicare il retinolo e altri derivati presenti in natura.

Si tratta di una vitamina liposolubile, termostabile,che si ritrova in natura sotto due forme:

il retinolo, un alcol presente in forma esterificata neglianimali in forma cis e transl�acido retinoico, nel quale il gruppo alcolico è statoossidato: esso mantiene molte delle attività della vita-mina A, ma ha perduto la funzione sulla visione e sullariproduzione, mentre ha mantenuto l�attività sulle cel-lule epiteliali. L�acido retinoico trans (tretinoina)sembra essere la forma attiva della vitamina A in tuttii tessuti fuorché nella retina. Esso è più potente da 10a 100 volte del retinolo. Di recente sono stati sintetiz-zati molti analoghi dell�acido retinico, come l�etreti-nato e l�acitretina (i cosiddetti retinoidi di seconda ge-

Tabella 14.23 - Fabbisogno di vitamine per età e per sesso.

ETÀ IN MESI/ANNI

VIT. A(UI)

VIT. D(UI)

VIT. K( g)

VIT. E(mg)

VIT. C(mg)

TIAMINA(mg)

RIBOFLA-VINA (mg)

NIACINA(mg)

VIT. B6(mg)

FOLATI( g)

VIT. B12( g)

Lattanti

Bambini

Adolescenti e adulti maschi

Adolescenti e adulti femmine

0-6 mesi7-12 mesi

1-3 anni4-6 anni

7-10 anni11-14 anni15-18 anni19-24 anni25-50 anni> 50 anni

11-14 anni15-18 anni19-24 anni25-50 anni> 50 anni

1.0001.0001.5001.5002.5003.3003.3003.3003.3003.3002.5002.5002.5002.5002.500

200200200200200200200200200200200200200200200

51015203045657080804555606565

34677

101010101088888

303540454550606060605060606060

0,30,40,70,9

11,31,51,51,21,11,11,11,11,1

1

0,40,50,81,11,21,51,81,71,71,41,31,31,31,31,2

569

121317201919151515151513

0,30,6

11,11,41,7

2222

1,41,51,61,61,6

25355075

100150200200200200150180180180180

0,30,50,7

11,4

2222222222

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262 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

nerazione) e i retinoidi aromatici (arotinoidi), chiama-ti anche retinoidi di terza generazione.1 g di retinolo è uguale a 3,3 UI. In natura si trovano

anche provitamine, che rappresentano un pigmento dellepiante, come l� -, il - e il -carotene e la criptoxantina,la cui potenza vitaminica è circa 1/6 del retinolo.

Il retinolo si ritrova nel fegato, nell�olio di fegato dipesci, nel latte intero, nel burro, nel tuorlo d�uovo; icarotinoidi sono invece contenuti in alte concentrazioninelle piante, nei vegetali verdi, nella frutta e nei vegetaligialli; anche le carote li contengono in alte quantità.

La vitamina A svolge un ruolo importante come com-ponente dei pigmenti retinici, rodopsina e iodopsina, ne-cessari per la visione con scarsa illuminazione e nellaformazione e nella maturazione degli epiteli. È coinvoltaanche nello sviluppo dei denti e delle ossa. Avrebbeanche un effetto protettivo verso le malattie degenerative.

La vitamina A gioca un importante ruolo in immuno-logia, soprattutto nello sviluppo delle sottopopolazionidei linfociti Th1 e Th2: si ritiene che essa inibisca larisposta Th1 e promuova la risposta Th2.

Carenza. Nelle forme conclamate i segni e sintomiprincipali si sviluppano a carico dell�occhio: nictalopia,fotofobia, xeroftalmia, congiuntivite, cheratomalacia,fino alla cecità. La sua carenza può determinare anchedeficit dell�accrescimento, apatia, ritardo mentale, alte-razioni cutanee, difettosa formazione di osso epifisario edi smalto dentario e, occasionalmente, ipertensione en-docranica. Il trattamento si basa sulla somministrazioneimmediata di 100.000 UI di vitamina A, per via orale, daripetere il giorno successivo.

Di recente è stato dimostrato che una carenza subcli-nica di vitamina A, soprattutto in bambini malnutriti,determina un incremento della morbilità e della mortalitàper malattie infettive in genere e per il morbillo in parti-colare. Da estesi studi in Paesi in via di sviluppo èrisultato che la somministrazione regolare di un supple-mento di vitamina A contribuisce in modo decisivo allasopravvivenza dei bambini. Il regime raccomandato pre-vede 100.000 UI di vitamina A una tantum in bambinidai 6 mesi a 1 anno di età e di 200.000 UI per i bambinidi 1 anno o più, che vivano in aree dove la letalità permorbillo sia elevata. La deficienza di vitamina A deter-mina, infatti, profondi effetti sul sistema immunitario, siaumorale che cellulare.

Con metà di queste dosi si ottiene una corrispondenteprotezione della mortalità, ma non della morbilità.

Iperdosaggio. Esiste una tossicità acuta con dosi di 1milione e oltre di unità, anche in una sola somministra-zione, caratterizzata da un aumento improvviso dellapressione intracranica (vomito, cefalea, stato stuporoso):nel passato i cacciatori polari presentavano un quadro delgenere, quando mangiavano il fegato di orso polare, checontiene più di 1 milione di unità di vitamina A pergrammo di tessuto. Esiste inoltre una tossicità cronica,per l�uso prolungato quotidiano (per oltre un mese) didosi di vitamina A superiori alle 30.000 UI al giorno, di

frequente prescritte per il trattamento dell�ittiosi o di altremalattie della pelle: nelle forme da somministrazionecronica si manifestano anoressia, cute secca con finedesquamazione, cheilite, tumefazione della milza e delfegato, tumefazione dolente delle ossa lunghe, fragilitàossea, alopecia, aumento della pressione intracranica eaumento dei livelli ematici di vitamina A. Dato che ilcarotene in eccesso non viene convertito in vitamina A,l�esagerata assunzione di carote non provoca sintomi ditossicità, tuttavia conferisce alla cute una caratteristicacolorazione arancione, che non interessa le sclere e lamucosa orale, come invece si riscontra in corso di itteroda iperbilirubinemia.

Elevate concentrazioni di vitamina A nella dieta hannoun effetto teratogeno.

Il rischio di fratture è risultato più elevato negli uominiche avevano i più alti livelli di retinolo del siero.

Analoghi della vitamina A, come l�isotretinoina el�acido 13-cis-retinoico, sono usati con successo nel trat-tamento dell�acne dell�adolescente; quando si prescrivo-no vitamina A o derivati in un adolescente di sessofemminile è bene accertarsi che la paziente non sia instato di gravidanza, perché la somministrazione di vita-mina A in queste condizioni comporta un pericolo realeper il prodotto del concepimento. Esiste infatti una strettarelazione fra l�uso di questi derivati della vitamina A e lapresenza di malformazioni multiple nel prodotto del con-cepimento. È necessario comunque che la paziente siaavvertita di questo pericolo potenziale.

Vitamina DIn natura si ritrovano due forme attive di vitamina D:la vitamina D2 (ergocalciferolo), presente nel regnovegetale;la vitamina D3 (colecalciferolo), presente nel regnoanimale, uomo compreso.Si tratta di due vitamine liposolubili, termostabili, che

differiscono soltanto per un doppio legame fra il carbo-nio 22 e 23 e per un gruppo metilico al carbonio 24: essevengono considerate oggi come dei protormoni; cioècome prodotti che richiedono poche modificazioni perpassare da vitamine a sostanze che hanno tutte le carat-teristiche degli ormoni (25-idrossi-colecalciferolo e 1-25diidrossi-colecalciferolo). Sia la vitamina D2 che la vita-mina D3 richiedono le stesse modificazioni per passare aormoni e posseggono nell�uomo la stessa attività, per cuispesso vengono globalmente indicate sotto la denomina-zione di vitamina D, senza specificare di quale tipo divitamina in effetti si tratti. Un g di vitamina D è ugualea 40 UI, per cui 1 mg è uguale a 40.000 UI.

Il fabbisogno di vitamina D negli Stati Uniti, di recen-te, è stato abbassato da 400 a 200 UI al giorno; lasupplementazione va iniziata nei primi 2 mesi di vita,anche nei soggetti alimentati esclusivamente con latteumano. La supplementazione di calcio e vitamina D permolti anni in donne dopo la menopausa non ha alcuneffetto sull�incidenza del cancro colon-rettale.

La vitamina D3, oltre a essere assorbita dall�intestino,viene sintetizzata nella cute per azione della luce solare

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ultravioletta su uno steroide precursore, il 7-deidrocole-sterolo. Sia il colecalciferolo introdotto con la dieta chequello prodotto dalla sintesi endogena vengono idrossi-lati nel fegato a 25-idrossi-colecalciferolo (o 25-OHD3o calcidiolo); questa sostanza viene ulteriormente idros-silata in posizione 1 nel rene per passare all�1-25-diidros-si-colecalciferolo (o 1-25-(OH)2D3 o calcitriolo). Il 25-idrossi-colecalciferolo è la forma di vitamina D circolan-te a livelli più elevati (25 ng/mL), con un�emivita di 15giorni, quindi molto lunga.

Nel 1998 è stato approvato negli Stati Uniti un nuovoderivato della vitamina D, il paracalcitolo (19-nor-1,25-diidrossivitamina D2) per il trattamento dell�iperparati-roidismo nella insufficienza renale cronica: esso soppri-me la secrezione del paratormone più velocemente delcalcitriolo.

Come abbiamo visto le due vitamine hanno similiattività fisiologiche: esse stimolano l�intestino ad aumen-tare l�assorbimento del calcio e del fosforo, attraverso lamodificazione della permeabilità intestinale. Il secondobersaglio della vitamina D è rappresentato dall�osso: lavitamina D determina, facilitando l�assorbimento intesti-nale, un aumento della disponibilità di calcio e di fosforo,in quantità sufficiente a determinare la cristallizzazionea livello delle superfici ossee; il calcitriolo agisce inoltreaumentando il riassorbimento dell�osso, in questo facili-tato dal paratormone. Questo effetto sul riassorbimentodell�osso sembra in contrasto con l�azione principale dimineralizzazione dell�osso, caratteristica della vitaminaD: i due effetti in sostanza concorrono a determinare ilrimodellamento secondo le linee di forza, muscolari estatiche; è attraverso questa via che la vitamina D regolai livelli di fosfatasi alcalina del siero. Il calcitriolo stimolainoltre il riassorbimento renale del calcio dal tubulodistale. Ciò determina un incremento del calcio plasma-tico, che blocca a livello renale la sintesi del calcitriolo,mediante un feedback negativo. Vitamina D e paratormo-ne, attraverso questi vari meccanismi, regolano inoltre ilivelli di calcio e di fosforo nel sangue (Figura 14.9).

Il calcitriolo ha inoltre un importante effetto regolato-rio sul sistema immunitario: esso promuove la differen-ziazione dei precursori dei monociti a monociti e macro-fagi, inibisce la citotossicità delle cellule natural killer,diminuisce la sintesi di interferon e la sintesi di IL-2 edi IL-12. Esso, d�altra parte, aumenta la sintesi dell�in-terleuchina-4, -5 e -10, nonché le IgA secretorie a livellodelle mucose e le IgG1 del siero. Se ne può concludereche questa vitamina, nella sua forma attivata, inibisce lerisposte Th1 e promuove le risposte Th2.

La dieta del lattante è povera di vitamina D; sia il lattematerno sia il latte vaccino ne contengono in quantitàinsufficiente a coprire il fabbisogno: di sicuro nei nostrilontanissimi antenati, provenienti dall�Africa centrale,l�esposizione al sole era sufficiente per le necessitàdell�organismo umano. Nei latti in polvere rinforzati lavitamina D è contenuta in quantità sufficiente. La vita-mina D si ritrova inoltre nell�olio di fegato di merluzzoe nel tuorlo d�uovo; i vegetali, i cereali e la frutta necontengono in quantità molto limitate.

Carenza di vitamina D: il rachitismo carenziale

Quando la carenza vitaminica si verifica prima della saldaturadelle epifisi ossee, cioè durante l�età evolutiva, la conseguen-za diretta è rappresentata dal rachitismo; se la carenza siverifica invece nell�adulto, si manifesta un altro quadro clini-co, molto diverso, chiamato osteomalacia.

La carenza di vitamina D non sempre si associa allapresenza di manifestazioni cliniche di rachitismo o diosteomalacia: talvolta, come può capitare nell�adole-scente, essa è visibile soltanto dagli esami di laboratorio,caratterizzati da bassi livelli di 25-OH-D e da alti livellidi paratormone.

Da un punto di vista patogenetico generale è necessa-rio premettere che nella genesi delle deformazioni ossee,tipiche del rachitismo, vanno considerati due meccani-smi basilari:

le alterazioni a carico di un osso sono tanto più fre-quenti quanto maggiore è la sua velocità di crescita;le alterazioni inoltre sono soprattutto a carico di quelleossa sottoposte ai maggiori gradienti di forza.Ne deriva che le alterazioni ossee del rachitismo sa-

ranno diverse nel loro comparire, a seconda dell�età delsoggetto e quindi delle ossa, in quel momento sottopostealla maggiore velocità di crescita e ai maggiori gradientidi forza (dinamica e statica).

Figura 14.9 - Attività della vitamina D.

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Le alterazioni ossee determinate dal rachitismo han-no, inoltre, la tendenza a permanere come tali o comun-que a modificarsi scarsamente, anche dopo che il rachi-tismo sia stato trattato opportunamente e sia in effettiguarito.

La causa predominante del rachitismo è rappresentatada due condizioni:

l�insufficiente introduzione della vitamina D con ladieta, al di sotto del fabbisogno giornaliero. La dietadel lattante contiene scarse quantità di vitamina D: illatte di mucca ne contiene 0,5-4 UI/dL e il latte didonna una quantità idonea solo se la madre si esponesufficientemente alla luce del sole. La maggior partedei latti in polvere o liquidi del commercio sono for-tificati con la vitamina D;la scarsa esposizione alla luce del sole, che per mezzodei raggi ultravioletti (296-310 µm) ne condiziona lasintesi nella cute. Questi raggi non passano attraversoil vetro delle finestre, né superano le barriere di plasti-ca, che fanno parte delle moderne carrozzine.Nei Paesi industrializzati è oggi eccezionale il riscon-

tro del rachitismo clinico, sia perché tutti i bambiniricevono precocemente un supplemento vitaminico, siaperché è stata rivalutata l�esposizione al sole. Esistonoaltre cause, eccezionalmente rare, come la mancata atti-vazione della vitamina D, per malattie epatiche o renali(rachitismi D-resistenti e rachitismi D-dipendenti), o larottura dell�omeostasi calcio-fosforo per le cause piùdiverse (scarso assorbimento della vitamina D per malat-tia celiaca, steatorrea, pancreatite, fibrosi cistica). Il trat-tamento con farmaci anticonvulsivanti, come il fenobar-bitale e la fenitoina, accelera, per induzione enzimatica,il metabolismo della vitamina D, mentre l�uso dei corti-costeroidi inibisce l�assorbimento del calcio dall�intesti-no e quindi antagonizza l�azione della vitamina D.

Fra i fattori di rischio vanno ricordati il basso peso allanascita e il colorito molto scuro della cute, che impedisceai raggi ultravioletti di penetrare attraverso gli stratisuperficiali.

A carico dell�osso si verifica un arresto o un rallenta-mento della crescita normale della cartilagine metafisariae della fisiologica deposizione di calcio. Si ha comeconseguenza una sovrabbondanza di tessuto osteoide euna profonda irregolarità della metafisi. Il tessuto osteoi-de, sollecitato dalle linee di forza, si distribuisce lateral-mente portando a un ingrossamento e a una deformazionedelle estremità delle ossa e al famoso rosario rachitico. Ilmancato riconoscimento di questa situazione di scarsarigidità delle ossa, porta, se non trattato, alle deformazio-ni rachitiche tipiche.

Le manifestazioni cliniche del rachitismo compaionodopo mesi di deficienza di vitamina D. Il primo segno dirachitismo (dal 3° al 5° mese di vita) è rappresentato dallacraniotabe, caratterizzata dalla comparsa di una marcatacedevolezza, quando con un dito si prema in corrispon-denza della squama dell�occipite o sulla parte posterioredei parietali; il segno si apprezza sia in seno alla squamaossea, lontano dalle suture, che lungo le suture stesse. Il

veloce accrescimento del cranio nei primi mesi di vita (lacirconferenza aumenta di 3 cm al mese nei primi 2 mesie complessivamente 9 cm nel 1° semestre, mentre nelrestante della vita aumenta solo di 11 cm) contribuiscealla comparsa di questo primo segno di rachitismo.Quando il pediatra inizi il trattamento con vitamina D,dalla mancanza di consistenza si passa alla consistenzamembranacea e a quella pergamenacea, che, nell�arco disettimane, porta a una consistenza maggiore, che si ac-compagna alla sensazione che si prova premendo unapallina da ping-pong. La craniotabe e la posizione sdra-iata del lattante dei primi mesi portano a una deformazio-ne della rotondità del cranio, che appare schiacciatoposteriormente (caput quadratum), ma può anche deter-minare, talvolta, un�evidente asimmetria (plagiocefalia).La posizione supina, consigliata oggi per la prevenzionedella SIDS, accentua le deformità del cranio. La fonta-nella anteriore è ampia e non ossificata, anche fino al 2°anno. Le ossa frontali sono ispessite e sporgenti (bozzefrontali prominenti). La circonferenza cranica tende aessere maggiore del normale e tale rimane, nonostante lecure, per tutta la vita. L�eruzione dei denti è a volteritardata.

Nel lattante di 6 mesi e per tutto il 1° anno i segni daricercare accuratamente sono quelli a carico del torace:il rosario rachitico e il solco di Harrison. Il nome�rosario rachitico� (per distinguerlo dal rosario delloscorbuto, che vedremo successivamente) deriva da uningrossamento delle giunzioni condro-costali, che si di-stribuiscono sulla parte anteriore del torace, come unrosario. Questi ingrossamenti possono essere soltantopalpabili, ma nelle forme più gravi anche visibili. Mentrela parte superiore del torace viene spinta in avanti (pettocarenato, a pollo), la parte inferiore rimane medialmenteinfossata (torace a calzolaio): il diametro antero-poste-riore del torace a questo livello è molto ridotto. Il solcodi Harrison, ben evidente talvolta anche nei soggettiadulti come esito di rachitismo, corrisponde all�inserzio-ne del diaframma sulle coste: esso si manifesta in corri-spondenza della 6a costa, con un profondo infossamento,mentre la parte inferiore del torace viene spinta in fuori(torace a campana o a violino). Il solco di Harrisoninsorge per la continua trazione del diaframma a livellodell�inserzione sulle coste, in occasione di ogni attorespiratorio.

Col proseguire del processo rachitico, nel 2° semestre,cominciano a comparire gli ingrossamenti a caricodelle metafisi delle ossa lunghe (soprattutto evidenti alpolso e alle caviglie), visibili a occhio nudo e dimostra-bili con la palpazione (Figura 14.10). Il costituente prin-cipale di queste tumefazioni è il tessuto osteoide, cheproprio perché privo di depositi di calcio non è visibilealla radiografia delle ossa, che d�altra parte mostranoun�immagine �a coppa� delle metafisi delle ossa lunghe.Quando dopo l�anno il bambino comincia a camminaree quindi a esercitare sollecitazioni statiche e dinamichesugli arti inferiori, si notano sempre di più le gravideformazioni della diafisi del femore, della tibia e della

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fibula con la comparsa, progressivamente sempre piùevidente, delle gambe vare. Sono osservabili a voltefratture a legno verde, completamente asintomatiche.

A tutto questo si associano deformità della colonna,del bacino e riduzione della velocità di crescita.

La diagnosi si basa sulla storia clinica (mancata som-ministrazione di supplementi di vitamina D e scarsaesposizione ai raggi del sole) e sui dati clinici, che vannoricercati, come abbiamo detto, in sedi diverse a secondadell�età. Gli esami di laboratorio e la radiografia delleossa confermeranno il sospetto diagnostico (Figura14.11). Il livello di calcio nel sangue non si discostamolto dalla norma (intorno a 9 mg/dL contro i 9-10 dinorma), mentre è notevolmente abbassato il livello difosforo, che dai normali 4-6 mg/dL, passa nel rachitico a1,5-2,5 mg/dL. Sia la normalità del livello di calcio chei bassi livelli di fosforo sono legati all�iperparatiroidismosecondario, che si viene a verificare nel soggetto rachiti-co (vedi Capitolo 43, pag. 1141). Il paratormone, permantenere il calcio entro i livelli normali, lo mobilita daidepositi ossei, ma inibisce anche, a livello tubulare, il

riassorbimento del fosforo, per cui si ha un�iperfosfaturiae un�ipofosfatemia. L�attività della fosfatasi alcalinaossea è notevolmente aumentata e raggiunge livelli di 2-3 volte superiori alla norma, per l�età. Essa ritorna allanorma in seguito al trattamento con vitamina D e allaguarigione del rachitismo.

Le deficienze di vitamina D si accompagnano sempread aminoaciduria e ad un�aumentata escrezione di citratonelle urine, insieme a una diminuita capacità da parte delrene di acidificare le urine. Le infezioni delle vie aereesuperiori e inferiori sono più frequenti nei bambini conrachitismo.

Con dosi adeguate di vitamina D il rachitismo guari-sce nell�arco di molti giorni o di poche settimane, finoalla ricostituzione di una struttura ossea normale. Comeè stato accennato in precedenza, questo non significa chele deformazioni ossee scompaiano nello stesso arco ditempo: l�osso per riprendere la forma normale richiedemesi o anni, anche se qualche stigmata di rachitismorimane per la vita.

Il rachitismo può essere prevenuto con la sommini-strazione di vitamina D (il fabbisogno è di 200-400 UIal giorno in neonati a termine, 800 UI nel pretermine) econ l�esposizione al sole.

La vitamina D va somministrata alle donne in stato digravidanza e alle madri che allattano.

Per la cura sono sufficienti le somministrazioni gior-naliere di 2.000-6.000 unità di vitamina D per 4-6 setti-mane, o 0,5-2,0 µg di 1,25-diidrossicolecalciferolo perun uguale periodo di tempo. Purtroppo in Italia non esisteun preparato in gocce di sola vitamina D che permetta diraggiungere le dosi indicate; tutti i preparati orali a bassodosaggio di vitamina D sono associati alla vitamina A inuna proporzione di 1:4: il pediatra deve stare attentoquindi, nel somministrare la vitamina D, di non superarele dosi tossiche di vitamina A, alle quali è stato accennatonel capitolo precedente (20.000-30.000 UI al giorno).

L�uso delle cosiddette dosi urto (da 400.000 a 600.000UI in una sola dose) può essere utile quando la madre nondia sufficienti garanzie di accettazione delle indicazionidel pediatra o quando il loro uso serva per differenziareun rachitismo legato a deficienza di vitamina D o di raggisolari dai rari rachitismi D-resistenti, da avviare a uncentro pediatrico specializzato.

IPERFOSFATASEMIA TRANSITORIA

La fosfatasi alcalina è un sensibile indicatore delle malattie dell�osso e del fegato nei bambini e negli adulti. L�attività plasmatica dellafosfatasi alcalina aumenta più rapidamente della bilirubinemia nell�ostruzione biliare: l�aumento può superare di 10 volte il livellonormale (valore normale nei bambini da 1 a 9 anni = 14,5-42 U/dL).Capita di rado di riscontrare in bambini e adulti senza malattie delle ossa e del fegato livelli elevati anche di 20-70 volte (superiori a1.000 U/dL). Nella maggior parte dei casi i livelli ritornano nella norma entro 4 mesi dal rilevamento. In molti di questi bambinil�aumento della fosfatasi alcalina è stato riscontrato in corso di gastro-enterite acuta; appropriati esami di laboratorio escludono lapresenza di sofferenza delle ossa e del fegato.Il riconoscimento di questa condizione benigna previene il ricorso a ulteriori esami non necessari e a trattamenti inappropriati diquesti pazienti.

Figura 14.10 - Rachitismo florido: slargamento delle me-tafisi distali del radio e dell�ulna. (Dalla Collezione del Prof.G. Baldasseroni.)

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266 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Una volta superato un rachitismo carenziale, è neces-sario continuare la somministrazione giornaliera di vita-mina D, alla dose di 400 UI al giorno.

Carenza di vitamina D: la tetania rachitogena

La tetania è una situazione d�ipereccitabilità del sistema ner-voso centrale e periferico, originata da un�anormale concen-trazione di ioni nel liquido extracellulare che bagna le cellulenervose e i loro prolungamenti.

Le alterazioni degli ioni riguardano soprattutto unadiminuzione del calcio, del magnesio o degli idrogenioni(alcalosi) o un aumento del sodio e del potassio.

Per quanto riguarda il calcio, la tetania si sviluppaquando la concentrazione di calcio ioni è inferiore a 2,5mg/dL (valori normali di calcio ioni intorno a 5 mg/dL);a concentrazione normale di albumina questa concentra-zione di calcio ioni corrisponde a 7 mg/dL di calcio

totale. Per il magnesio si può avere tetania quando i valorisi abbassano al di sotto di 1 mg/dL.

La tetania ipocalcemica, la forma più frequente ditetania, può derivare:

da un�alterazione della funzione delle paratiroidi o dauna loro completa mancanza (vedi Capitolo 43, pag.1138);da una deficienza di vitamina D o da un�alterazionedel suo metabolismo (tetania rachitogena).Si ritiene che la tetania rachitogena sia legata a un�in-

sufficiente attività della paratiroide, che non riesce amantenere lo stato d�iperattività, secondaria all�ipocalce-mia per difetto di vitamina D. Le condizioni che possonoportare all�insufficienza transitoria della paratiroide sonoper lo più rappresentate da un�infezione infettiva acuta,che precede l�insorgenza del quadro clinico, oppuredall�esposizione improvvisa ai raggi del sole (la tetaniarachitogena è una malattia della primavera) o dalla som-ministrazione di vitamina D a dosi relativamente elevate.

Il quadro clinico della tetania rachitogena è dominatodalla crisi convulsiva, generalizzata, di breve durata e

Figura 14.11 - Algoritmo dia-gnostico per il rachitismo vita-mina D-deficiente. (Da JoinerT.A. et al.: The many faces ofvitamin D deficiency rickets, Pe-diatr Rev 21:296-302, 2000.)

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spesso senza perdita di conoscenza. Lo spasmo carpo-pedale non si rileva di frequente in pediatria, mentre illaringospasmo con cianosi ed episodi di apnea si verifi-cano abbastanza di frequente. L�irritabilità o la letargia,i tremori e le fibrillazioni muscolari sono sintomi altret-tanto frequenti. Si parla di tetania latente quando ilquadro clinico spontaneo della tetania manchi e la situa-zione di tetania si possa riscontrare solo con la provoca-zione di alcuni stimoli: positività del riflesso del facciale,del peroniero, dello spasmo carpo-pedale, associati alquadro umorale o strumentale caratteristici. Di rado sinota bradicardia: all�ECG è sempre evidente un allunga-mento del tratto QT, suggestivo dell�ipocalcemia. Fra gliesami di laboratorio risaltano l�abbassamento dei livellidella calcemia (al di sotto di 7 mg/dL) e il notevoleaumento dei livelli della fosforemia, che raggiunge anchei 10-12 mg/dL, a ulteriore documentazione del transitorioblocco dell�iperparatiroidismo secondario, caratteristicodel rachitismo. All�elettromiografia è presente il quadrotipico, caratterizzato da abbassamento di tutti i livelli distimolazione e inversione dei termini medi: oggi questotipo di esame strumentale è eseguito di rado.

Lo scopo del trattamento è quello di riportare al piùpresto i livelli di calcio nei limiti di norma; questo puòessere ottenuto con la somministrazione di cloruro dicalcio, per os, mescolato al latte in una concentrazionedell�1-2%, e alla dose di 4 g al giorno, almeno inizial-mente, da ridurre a 2 g al giorno per qualche settimana.Al posto del cloruro di calcio può essere usato anche illattato di calcio, per os, o il gluconato di calcio per viavenosa (5-10 mL di una soluzione al 10%). Il fenobarbi-tal ha un�attività anticonvulsivante anche quando la con-vulsione sia sostenuta da ipocalcemia, esso quindi puòessere utile quando la somministrazione di calcio nonrisulti sufficiente a bloccare l�attacco convulsivo, ma nonpuò essere utilizzato per la diagnosi differenziale exjuvantibus. Una volta vinta la fase acuta, può essere utilesomministrare la vitamina D per os, alla dose di 2.000-4.000 UI al giorno per la cura del rachitismo, per poipassare alle 400 UI al giorno, come dose profilattica, finoall�età di un anno.

Rachitismo vitamina D-resistente (ipofosfatemia familiare)

La più comune forma di rachitismo, non su basenutrizionale, è il rachitismo vitamina D-resistente o ipo-fosfatemia familiare.

Si tratta di una malattia prevalentemente a ereditarietàdominante legata all�X (il gene è localizzato sul cromo-soma X a livello Xp22.31-p21.3): di rado l�eredità è ditipo autosomico recessivo. Il meccanismo patogeneticosi collega a un difetto nel riassorbimento, a livello deltubulo prossimale, dei fosfati; si associa anche un difettodella conversione del 25(OH)D a 1-25(OH)2D.

I bambini che ne siano affetti mostrano gambe vare ebassa statura. Si notano spesso anomalie dentarie (dentinaintraglobulare) e, di rado, difetti dello smalto. I livellidella calcemia sono pressoché normali, mentre è presente

un certo grado d�ipofosfatemia. Si differenzia dal rachiti-smo classico per la mancanza di aminoaciduria, di glico-suria e di bicarbonaturia e per la presenza di un�evidentefosfaturia.

Il trattamento si basa sulla somministrazione orale difosfati: nei bambini piccoli da 0,5 a 1 g di fosfati nelle 24ore, in 5-6 dosi e nei bambini più grandi da 1 a 4 g/diesempre in 5-6 dosi. Al calcio si associa la somministra-zione di vitamina D (2.000 UI/kg/die) o il diidrotachiste-rolo, alla dose di 0,02 mg/kg/die, o l�1-25(OH)2D alladose di 50-65 ng/kg/die.

Rachitismo vitamina D-dipendenteIl rachitismo vitamina D-dipendente si rende evidente

a 3-6 mesi di età, quando si nota che, nonostante laprevenzione con 400-600 UI/die di vitamina D, si svilup-pa ugualmente il rachitismo. La calcemia e la fosforemiasono a livelli bassi. Che si tratti di una vera e propriaforma di rachitismo classico è dimostrato dalla presenzad�iperparatiroidismo con aminoaciduria, glicosuria e bi-carbonaturia.

Il trattamento si basa sulla somministrazione di200.000-1.000.000 UI di vitamina D al giorno o megliodi 1-2 g di 1-25(OH)2D.

L�ipotesi patogenetica si basa sulla riduzione o l�as-senza dell�enzima 1-25(OH)2D-1 e-idrossilasi.

Ipervitaminosi DUn�elevata somministrazione di vitamina D può porta-

re alla comparsa di sintomi e segni uguali a quelli presentinell�ipercalcemia idiopatica (sindrome di Williams). Lavitamina D in dosi elevate determina ipercalcemia, siaperché aumenta l�assorbimento di calcio dall�intestinosia perché mobilita calcio e fosforo dal tessuto osseo efacilita la loro deposizione nei tessuti molli.

A dir la verità fra una scarsa sensibilità all�azione dellavitamina D, come si ritrova in qualche forma di rachiti-smo vitamina D-resistente, e un�eccessiva sensibilità,come si ritrova nella sindrome di Williams, esiste unavasta gamma di risposte individuali alla vitamina D, percui un lattante, trattato in via preventiva con dosi corri-spondenti al fabbisogno, può ugualmente mostrare qual-che segno di rachitismo, mentre, d�altra parte, un lattante,pur non avendo ricevuto alcun tipo di profilassi e nonessendo stato esposto ai raggi del sole, può non mostrarealcun segno di deficit vitaminico.

Se si applica questo concetto all�ipervitaminosi D, bensi comprende come possa accadere che un bambino dellaprima infanzia che abbia ricevuto 400.000 UI di vitaminaD ogni 2 giorni per 10 somministrazioni possa non pre-sentare alcun sintomo o segno, mentre un altro bambinosolo dopo 600.000 UI in una sola dose mostra già i segnid�intossicazione.

I sintomi e i segni possono insorgere acutamente connausea, stipsi o diarrea, perdita di peso, poliuria e seteintensa, nicturia e, successivamente, calcificazioni a ca-rico dei vari tessuti e soprattutto del rene; ma possonoinsorgere anche a distanza di qualche mese dalla sommi-

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268 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

nistrazione con anoressia, costipazione, poliuria e polidi-psia intense, irritabilità; seguono i segni del danno renalecon calcificazioni metastatiche. La radiografia delle ossamostra una diffusa osteoporosi, a testimonianza dell�ef-fetto calcio-mobilitante della vitamina D (pensare chequesta vitamina una volta era detta, con verità parziale,calcio-fissatrice).

Il trattamento si basa sull�immediata sospensione, alminimo sospetto, della somministrazione di vitamina D,e all�eliminazione, altrettanto immediata, del calciodall�alimentazione (uso di acqua distillata). L�uso dicortisone, da riservare ai casi più gravi, blocca comunquel�assorbimento di calcio dall�intestino. Anche l�impiegodei bifosfonati (pamidronato) per via venosa si è dimo-strato utile nel trattamento dell�ipercalcemia.

Vitamina KLa vitamina K naturale appartiene al gruppo dei naf-

tochinoni; è una vitamina liposolubile, che per essereassorbita richiede la trasformazione in micelle a opera deisali biliari e della lipasi pancreatica. Essa è stabile alcalore; ha un forte potere ossidante.

La vitamina K si ritrova prevalentemente nelle fogliedei vegetali verdi, nel muscolo, nel fegato: è ampiamentedistribuita in natura. Essa viene d�altra parte sintetizzatadai batteri presenti nel colon dell�uomo, dal quale vieneassorbita direttamente o, in caso di reflusso, nel tenue, inmodo da fornire una sorgente endogena, in aggiunta allavitamina contenuta nella dieta.

La vitamina K induce una modificazione caratteristicadi alcune proteine (protrombina, e i fattori VII, IX e X),promovendo il passaggio da acido glutamico ad acido -carbossi-glutamico. Con la carbossilazione queste prote-ine divengono sostanze attive. Oltre ai fattori della coa-gulazione K-dipendenti, nel plasma sono state trovatealtre 3 proteine K-dipendenti (proteine C, S e Z). Direcente è stato dimostrato che la carbossilazione vitami-na K-dipendente è importante anche nella sintesi di oste-ocalcina, una proteina presente nelle ossa.

Carenza. Quando si consideri l�apporto di vitaminaK i neonati mostrano una situazione speciale, perché laplacenta rappresenta un organo relativamente poco effi-ciente per la trasmissione dei lipidi e quindi anche dellavitamina K. D�altra parte la flora intestinale, che abbia-mo visto importante per la sintesi endogena, mancacompletamente all�inizio ed è comunque scarsa neiprimi giorni di vita. Quindi i fattori della coagulazioneK-dipendenti nei primi giorni di vita possono essere soloil 30% di quelli delle età successive; se il valore dellaprotrombina scende al di sotto del 10% ne segue unamalattia emorragica del neonato. Esiste una malattiaemorragica del neonato precoce e una tardiva (da 2 a 12settimane).

Per questa ragione l�Accademia Americana di Pedia-tria raccomanda di somministrare al 1° giorno di vita 1mg di vitamina K per via intramuscolare (fitomenadioneo fillochinone = Konakion fiale da 10 mg), da ripeteredopo 7 giorni nei nati da parto prematuro, o per os a

gocce, alla dose di 1-2 gocce da 1 mg, da ripetere neigiorni successivi (fitomenadione = Konakion gocce, 1goccia = 1 mg): alla nascita, alla dimissione e a 3-4settimane (vedi Capitolo 9, pagg. 95 e 142). Per la pre-venzione della malattia emorragica tardiva del neonato èpreferibile la somministrazione di 1 mg di vitamina K pervia parenterale.

In Italia una Consensus Conference della Società Ita-liana di Neonatologia (2004) ha dato invece le seguentiraccomandazioni da applicare nel bambino allattatoesclusivamente al seno:

vitamina K (0,5 mg IM) alla nascita, seguita da 25 gal giorno di vitamina K dal 15° giorno fino a 14 setti-mane, oppurevitamina K (2 mg per os) alla nascita, seguita da 25 µgal giorno di vitamina K dal 7° giorno fino a 14 setti-mane.Questa raccomandazione è a ragione tuttora molto

dibattuta nel mondo pediatrico italiano. Riporto quantoaffermato dal Laboratorio Mario Negri di Milano:

�A tutt�oggi in Italia sono disponibili due formulazio-ni orali di vitamina K: il Konakion gocce e la Vita K;confrontando gli schemi posologici delle due formula-zioni risulta che la supplementazione del Konakion com-porta un costo nettamente inferiore e non grava sullafamiglia, trattandosi di un farmaco rimborsabile dal SSN.Sebbene la Società Italiana di Neonatologia proponga dieseguire la profilassi nei primi 3 mesi di vita, secondo loschema olandese di 25 g/die, riteniamo che lo schemadanese (1 mg alla settimana) sia da preferirsi per il minorcosto e la migliore compliance e che potrebbe essereadottato in Italia come supplementazione successiva allasomministrazione IM alla nascita�.

I suggerimenti del Mario Negri mi sembrano moltoopportuni; perché il rapporto di spesa fra l�uno e l�altrotipo di prevenzione corrisponde a 1 contro 70.

I soggetti trattati con antibiotici a largo spettro perlunghi periodi, quelli alimentati per via parenterale equelli con ostruzione biliare cronica o affetti da sindromida malassorbimento lipidico sono particolarmente espo-sti al rischio di carenza da vitamina K. In caso di malattiaemorragica da deficit di vitamina K, è necessario sommi-nistrare immediatamente vitamina K sintetica (fitome-nadione = Konakion fiale da 10 mg, alla dose di 5 mgper via parenterale).

Nonostante sia stata sospettata, non è risultata alcunaassociazione fra uso di vitamina K e leucemie o tumorisolidi nell�infanzia.

Iperdosaggio. In seguito all�elevato potere ossidantedella vitamina K, quando questa venga usata in eccessoper via parenterale (vitamina K sintetica) nei nati preter-mine, può determinare emolisi intensa e iperbilirubine-mia a reazione indiretta, fino all�ittero nucleare.

Vitamina ELa vitamina E fa parte di un gruppo di composti

chimici, chiamati tocoferoli, di cui la forma più attiva èrappresentata dall� -tocoferolo. Si tratta della quarta vi-

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269VITAMINE

tamina liposolubile (oltre alle vitamine A, D e K), la cuiazione principale è quella di agire come antiossidante,che concorre alla protezione dei fosfolipidi di membranae di altri componenti dell�organismo, dall�attività deiperossidi. Come per le altre vitamine liposolubili, per ilsuo assorbimento è necessaria l�azione della bile.

Si ritrova nell�olio di vari semi, nelle foglie dei vege-tali verdi, nei legumi e nelle noci. Il fabbisogno giorna-liero nell�infanzia è di 3-7 mg al giorno.

Carenza. Fino a una decina di anni fa si riteneva chela carenza di questa vitamina si associasse prevalente-mente all�anemia emolitica del pretermine; successiva-mente è stato osservato che la carenza di vitamina Eprovoca anche un danno neuronale progressivo sia neibambini che negli adulti. La carenza si manifesta quasiesclusivamente in seguito a uno scarso assorbimento,della durata di molti mesi o di anni, in soggetti con unmalassorbimento dei grassi, associato o meno a patologiadelle vie biliari.

Iperdosaggio. Non sono conosciute manifestazionida iperdosaggio.

Vitamine idrosolubili

Le vitamine idrosolubili comprendono molte vitami-ne, di cui ne vengono ricordate solo 7, quelle di maggioreinteresse per l�età pediatrica. Tutte agiscono prevalente-mente come cofattori nelle reazioni biochimiche. L�inte-ro gruppo è largamente diffuso nelle piante e negli ani-mali. Data la loro ampia diffusione in natura, se il sog-getto segue una dieta varia ed equilibrata è molto difficileche mostri una carenza per una di queste vitamine. Comeavviene per le vitamine liposolubili, nei Paesi occidentaligli stati carenziali sono comunemente associati a malattiecroniche, ad alimentazioni profondamente squilibratebasate sull�uso di un singolo nutriente, all�uso cronico difarmaci o alcol per l�adulto, tutte situazioni che interfe-riscono con i normali assorbimento e metabolizzazionedi una particolare vitamina. Purtroppo, nei Paesi in via disviluppo, i quadri legati a deficit di vitamine idrosolubili(come anche di vitamine liposolubili) si associano spessoa malnutrizioni proteico-caloriche.

Vitamina CLa vitamina C (acido L-ascorbico o vitamina antiscor-

butica) si ritrova abbondantemente nei succhi di frutta,nei pomodori, nelle bacche, nel melone, nel cavolo, neivegetali verdi: essa viene distrutta completamente dallacottura. La sua azione è rivolta all�integrità e al manteni-mento del materiale intercellulare, alla facilitazionedell�assorbimento del ferro, alla conversione dell�acidofolico (acido pteroilglutamico) in acido folinico (acidotetra-pteroilglutamico), al metabolismo della tirosina edella fenilalanina, all�attività della succinin-deidrogenasie della fosfatasi alcalina nei bambini e non negli adulti.

L�esposizione cronica dei bambini al fumo passivoporta a un abbassamento dei livelli dell�acido ascorbiconel siero.

Carenza. La mancanza di vitamina C nella dieta por-ta, alla lunga, alla comparsa dei segni e dei sintomi delloscorbuto, una grave malattia caratterizzata da indeboli-mento delle strutture del collageno, responsabile di emor-ragie capillari diffuse. Tali emorragie sono alla base dimanifestazioni petecchiali ed ecchimotiche sulla cute, dicopiose emorragie gengivali e di emorragie sottoperio-stee. Esiste un rosario dello scorbuto (da porre in diagnosidifferenziale col rosario rachitico) che è caratterizzato daun�angolazione più acuta. Nei bambini si possono verifi-care anche ritardi o blocchi dell�accrescimento. Il fabbi-sogno giornaliero va da 30 a 60 mg, ma bastano 10 mgper prevenire la comparsa dello scorbuto. Il trattamentosi basa sulla somministrazione di vitamina C, alla dose di25 mg 4 volte al giorno, per 4-5 giorni e successivamentedi 25 mg 2 volte al giorno fino alla guarigione.

La mancanza di vitamina C avrebbe anche un effettoritardante sulla guarigione delle ferite.

Iperdosaggio. Non esistono prove che elevate quan-tità di vitamina C abbiano effetti acuti, ma la sommini-strazione cronica, attraverso l�acidificazione delle urinee l�ossaluria, può facilitare l�insorgenza di una calcolosi.Le esperienze accumulate in proposito sono molto vaste,perché dosi elevate di vitamina C (fino a 2-5 g al giorno)sono state consigliate per la profilassi e il trattamentodelle infezioni delle vie aeree superiori: per tale uso èutile ricordare che non esiste alcuna prova sull�efficaciadella vitamina C per quanto riguarda l�incidenza, la du-rata o la gravità di queste malattie.

TiaminaLa tiamina (o come veniva chiamata nel passato la

vitamina B1, o vitamina anti beri beri o aneurina) è unavitamina labile al calore: essa agisce, come coenzima(tiamina pirofosfato), nelle reazioni di decarbossilazioneossidativa, interessanti i carboidrati. Le richieste di tia-mina aumentano quindi con l�aumento dell�apporto dicarboidrati. Ai livelli dietetici abituali la tiamina vienerapidamente assorbita nel tratto prossimale del tenue.Viene escreta con le urine, sia intatta che come metabo-liti. Si ritrova nel fegato, nella carne, specialmente dimaiale, nella farina di grano integrale, in generale in tuttii cereali, nei legumi e nelle noci. Il fabbisogno giornalie-ro varia fra 0,3 e 1,3 mg al giorno.

Carenza. La carenza di tiamina provoca una riduzio-ne della decarbossilazione ossidativa, soprattutto a caricodei carboidrati. La conseguenza clinica principale è ilberi beri, i cui sintomi e segni coinvolgono il sistemanervoso e il sistema cardio-vascolare: confusione menta-le, acidosi lattica, debolezza muscolare, atassia, paralisiperiferica, oftalmoplegia, edema (beri beri umido) o im-poverimento della massa muscolare (beri beri secco),tachicardia e cardiomegalia. Possono comparire, varia-mente combinati fra loro, anche stanchezza, irritabilità,anoressia, costipazione, cefalea, insonnia, tachicardia,polinevrite, insufficienza cardiaca, edema, elevazione diacido piruvico nel sangue, afonia.

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270 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Sono state riportate tre morti in bambini israeliani peruna grave deficienza di tiamina, in seguito all�alimenta-zione con un latte di soia, povero di questa vitamina, cheaveva ottenuto la certificazione Kosher (Promed 12 no-vembre 2003).

Prove attendibili per la dimostrazione della carenza ditiamina sono rappresentate dal dosaggio della transche-tolasi eritrocitaria e dalla misurazione dell�attività enzi-matica prima e dopo l�aggiunta di tiamina pirofosfato. Latiamina può essere dosata anche come tale nel sangueintero. I pazienti con carenza semplice possono esseretrattati con 5 mg di tiamina al giorno per os. Nei bambinigravemente ammalati, per una carenza cronica, è neces-sario somministrare 10 mg 2 volte al giorno, per viaendovenosa. Nel trattamento della cardiomiopatia fulmi-nante sono necessari 100 mg di tiamina, insieme a unenergico trattamento dello scompenso cardiaco.

Iperdosaggio. Non sono stati segnalati effetti tossiciper dosi elevate di tiamina, somministrate per bocca.Sono state invece segnalate reazioni da ipersensibilità adosi elevate di tiamina per via venosa, a bolo.

RiboflavinaLa riboflavina veniva chiamata nel passato vitamina

B2. Si tratta di una vitamina idrosolubile, termostabile,che agisce essenzialmente come componente di due co-enzimi flavinici, la flavina mononucleotide e la flavina-adenina dinucleotide, che catalizzano parecchie reazionidi ossidoriduzione, del metabolismo dei carboidrati,degli aminoacidi e degli acidi grassi. Tra gli enzimi cherichiedono la presenza di riboflavina vi sono la ossidasi-flavina, mononucleotide-dipendente, responsabile dellaconversione della piridossina fosforilata a coenzima fun-zionale, e la idrossilasi flavina adenina dinucleotide-dipendente, coinvolta nella conversione del triptofano aniacina. Contribuisce alla formazione del pigmento reti-nico per l�adattamento alla luce.

La vitamina B2 si ritrova nel latte, nei formaggi, nelfegato e in altri organi, nella carne, nelle uova, nel pesce,nei vegetali con le foglie verdi, nei cereali. Viene facil-mente assorbita dalla parte prossimale del tenue e vieneescreta con i suoi metaboliti nelle urine. Il fabbisognogiornaliero di riboflavina varia da 0,4 a 1,8 mg.

Per valutare l�apporto di riboflavina viene comune-mente dosato un enzima eritrocitario, facilmente dispo-nibile, che richiede la flavina adenina dinucleotide comecoenzima.

Carenza. La mancanza di riboflavina si associa conla comparsa di cheilosi, stomatite angolare, dermatiteseborroica, fotofobia, visione offuscata, prurito agli oc-chi, vascolarizzazione corneale, scarso accrescimento eanemia. Poiché la riboflavina viene consumata durante lafotodegradazione della bilirubina, nei neonati trattati conla fototerapia è possibile che si instauri una situazione dicarenza. Questo è vero soprattutto per i neonati allattatial seno, perché il contenuto di riboflavina del latte ma-terno è inferiore a quello che si trova nel latte in polvere

del commercio. I neonati carenti rispondono bene a 0,5mg di riboflavina, somministrati 2 volte al giorno; nelleetà successive sono necessari 1 mg 3 volte al giorno perdiverse settimane.

Iperdosaggio. La somministrazione, anche di fortidosi, non presenta rischi.

NiacinaLa niacina è conosciuta anche col nome di nicotamide,

di acido nicotinico o di vitamina antipellagra. Si trattadi una vitamina idrosolubile, termostabile, il cui fabbiso-gno (da 5 a 20 mg al giorno) è in parte soddisfatto dallaconversione del triptofano alimentare in niacina. La nia-cina è contenuta nella carne bovina, nel pollame, neipesci, nel fegato, negli oli di semi, nei cereali, nei vegetaliverdi e nelle noccioline. La nicotamide agisce comecomponente di due coenzimi, la nicotamide adenininadinucleotide e la nicotamide adenina dinucleotide fosfato(NAD e NADP). Questi enzimi sono presenti in tutte lecellule e partecipano a diversi processi metabolici, comela glicolisi, il metabolismo degli acidi grassi e la respira-zione tissutale. D�altra parte, la nicotamide partecipa almetabolismo dei nucleotidi, attraverso una serie di atti-vazioni e di inibizioni enzimatiche che coinvolgono lasintesi e la degradazione di coenzimi niacinici. Per lavalutazione della copertura nutrizionale della niacina siricorre alla determinazione di due dei molti metabolitiurinari, l�N-1 metilniacinamide e l�N-1 metil-6-piridone-3-carbossamide.

Carenza. La pellagra (pelle ruvida) è la malattia piùconosciuta, riconducibile a una carenza di niacina. Esisteanche una sindrome da carenza dei fattori vitaminici B (equindi anche di niacina), caratterizzata da diarrea, der-matite e demenza. I primi sintomi della pellagra sonorappresentati da glossite, stomatite, insonnia, anoressia,debolezza, irritabilità, dolori addominali, perdita dellamemoria, fobie e senso di vertigine.

Il trattamento viene eseguito preferibilmente per boc-ca, con dosi giornaliere di 100 mg nell�adulto; contem-poraneamente è utile somministrare vitamine dell�interogruppo B.

Iperdosaggio. Dosi elevate di acido nicotinico (e nondi nicotamide) determinano vasodilatazione, arrossa-menti (flush) al volto, vampate di calore, cefalea, pruritoed epatomegalia. L�effetto compare 7-10 minuti dopo lasomministrazione di acido nicotinico e dura circa 30minuti. In alcuni tipi di trattamento dell�iperlipidemiasono usate dosi elevate e ripetute di niacina, che a lungoandare possono dare resistenza al trattamento insulinicoed epatopatia.

PiridossinaLa piridossina è conosciuta anche sotto il nome di

vitamina B6: si tratta di una vitamina termolabile. Essacomprende 3 forme chimicamente, metabolicamente efunzionalmente correlate: la piridossina, il piridossale e

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271MINERALI

la piridossamina. Queste sostanze idrosolubili si ritrova-no in molti cibi, specialmente nelle carni, nel fegato, neipesci, nel pollame, nei vegetali verdi, nei cereali integrali,nella soia, nelle noci e nel tuorlo d�uovo. Il fabbisognogiornaliero varia, a seconda dell�età, fra 0,3 e 2 mg.Queste forme sono convertite nel fegato, nei globuli rossie in altre cellule dei tessuti, in piridossal fosfato e piridos-samina fosfato, che agiscono principalmente come coen-zimi nelle reazioni di transaminazione, di decarbossila-zione e di trans-solfurazione. Il piridossalfosfato parteci-pa anche alla decarbossilazione e racemizzazione di alcu-ni aminoacidi, ad altre trasformazioni degli aminoacidi,dei lipidi e delle fosforilasi nucleiche. Gli esteri dell�aci-do fosforico delle forme attive della piridossina sonoidrolizzati prima del rilascio dalle cellule o sono metabo-lizzati in prodotti ossidativi inattivi, escreti con le urine.

Carenza. Nella maggioranza dei casi la carenza dipiridossina si ritrova in soggetti che presentano carenzedi tutte le vitamine del complesso B. La carenza dellapiridossina determina irritabilità, convulsioni, dermatite,anemia ipocromica, neurite periferica in soggetti adultiche ricevano isoniazide, e ossaluria. In caso di erroricongeniti del metabolismo della piridossina sono neces-sarie dosi di piridossina di molto superiori al fabbisognoabituale: talvolta possono essere necessari quantitativi di200-600 mg al giorno per avere una risposta clinica. Siparla in questi casi di convulsioni piridossino-dipen-denti e di anemia piridossino-dipendente.

Iperdosaggio. Di recente è stata osservata una neuro-patia sensoriale.

FolatiCon i nomi di folati e folacina si indicano composti

che hanno proprietà nutrizionali e struttura chimica simi-li a quelle dell�acido folico (acido pteroilglutamico). Leforme metabolicamente attive (acido folinico o acidotetra-pteroilglutamico) sono essenziali per molte attivitàmetaboliche del nostro organismo. Si tratta di sostanzepoco solubili in acqua e termolabili. Si ritrovano nelfegato, nei vegetali verdi, nelle noci, nei cereali, nelformaggio, nella frutta, nei lieviti, nei fagioli e nei piselli.Il fabbisogno giornaliero è di 25-200 g. L�acido folinicoè coinvolto nella formazione e nel metabolismo delleunità di carbonio; partecipa alla sintesi delle purine, dellepirimidine, delle nucleoproteine e dei gruppi metilici.

La somministrazione di acido folico alle donne, pocoprima e durante la gravidanza (vedi Capitolo 6, pag. 76)ha un effetto protettivo nei confronti dei difetti del tuboneurale: per tale ragione in alcune nazioni (Canada) icereali vengono fortificati con acido folico (0,1-0,2 mgal giorno).

La somministrazione di acido folico in soggetti chegià hanno presentato un infarto del miocardio, pur ab-bassando il livello di omocisteina, non riduce il rischiocardio-vascolare. Analogamente la somministrazione diacido folico non migliora le prestazioni cognitive, purabbassando l�omocisteina.

Carenza. L�anemia megaloblastica (vedi Capitolo38, pag. 953) del lattante e della donna in stato digravidanza è, nella maggior parte dei casi, secondaria aun malassorbimento di acido folico. La malattia è carat-terizzata anche da glossite, ulcere del faringe e alterazio-ni dell�immunità. Nei bambini con carenza di acidofolico sono necessarie dosi quotidiane orali comprese fra1 e 5 mg.

Iperdosaggio. Dosi molto elevate di acido folico (an-che di 100 volte superiori al normale fabbisogno) posso-no scatenare crisi convulsive, in soggetti la cui epilessiasia stata controllata con la fenitoina, per un�azione com-petitiva con la fenitoina a livello neuronale. Comunque èmeglio evitare la somministrazione di dosi elevate (10mg al giorno) di acido folico per lunghi periodi di tempo.

Cianocobalamina Oggi con il nome di cianocobalamina viene definita

una vitamina idrosolubile, dalle molteplici funzioni, allaquale nel passato veniva dato il nome di vitamina B12.Questa vitamina è termostabile in soluzione neutra ed èdistrutta dalla luce. Per il suo assorbimento è necessarioil fattore intrinseco gastrico di Castle. Essa si ritrova nelmuscolo e in vari organi, nei pesci, nelle uova, nel lattee nei formaggi. Quando la cianocobalamina viene som-ministrata all�uomo, essa viene convertita, dopo la rimo-zione del cianuro, nelle forme metabolicamente attive:metilcobalamina, adenosilcobalamina e idrossicobala-mina. Il fabbisogno giornaliero va da 0,3 a 2 g, aseconda dell�età. Essa trasferisce le unità di carbonio e igruppi metilici nelle purine. È essenziale per la matura-zione dei globuli rossi nel midollo osseo e per il metabo-lismo del tessuto nervoso; entra nella trasformazionedell�acido folico in acido folinico.

Carenza. L�anemia perniciosa giovanile, dovuta adifetti dell�assorbimento, è la conseguenza più comune;più difficile che sia in gioco una mancanza nella dieta(vedi Capitolo 38, pag. 954). La carenza può essere anchesecondaria a gastrectomia, malattia celiaca, malattie in-fiammatorie croniche dell�intestino, uso prolungato diacido para-amino-salicilico (PAS) o di neomicina. Il trat-tamento, che consiste nella somministrazione parenteraledella vitamina, deve essere effettuato ogni 1-2 mesi.

Iperdosaggio. Non è mai stata segnalata tossicità daiperdosaggio; tuttavia le macrodosi, per la loro assolutainutilità, sono da sconsigliare.

MINERALI

Molti minerali sono componenti essenziali dell�orga-nismo umano. Già nel feto le ceneri rappresentano il 3%del peso del corpo, proporzione che gradualmente au-menta fino a raggiungere la percentuale del 4,3 nell�adul-to. L�83% delle ceneri origina dall�osso e il 10% dal

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272 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

muscolo; ogni grammo di proteine comprende lo 0,3% diminerali.

La funzione dei minerali e degli elementi traccia(oligoelementi, la cui concentrazione nei liquidi delcorpo umano è inferiore a 100 mg/100 mL) contenuti nelnostro organismo è determinata dalle loro cariche elettri-che, ma in parte anche dalla loro mobilità e dal lorolegame con componenti biologici. Per quanto riguarda lacarica elettrica, hanno carica positiva (cationi) il calcio,il magnesio, il potassio e il sodio, mentre hanno caricanegativa (anioni) il cloro, il fosforo e lo zolfo. I mineralicontenuti in più alta concentrazione e gli elementi tracciapossono essere suddivisi, da un punto di vista biologico-funzionale, in 3 grandi gruppi:

primo gruppo: il sodio e il potassio si legano in modomolto debole a molecole organiche caricate negativa-mente, per cui possono attraversare le membrane cel-lulari senza grandi difficoltà. Essi sono usati per esem-pio per il trasporto di cariche elettriche lungo i nervi;secondo gruppo: il calcio e il magnesio formano com-plessi più stabili con enzimi, acidi nucleici e altre mo-lecole organiche. Essi agiscono modificando o con-trollando le funzioni di queste molecole: per esempioil calcio contribuisce alla contrazione e al rilasciamen-to dei muscoli;terzo gruppo, costituito dagli elementi traccia (ferro,zinco, rame, cobalto, manganese, selenio, nichel,cromo e altri): questi minerali formano complessi per-manenti con alcuni enzimi e proteine, ad azione nonenzimatica, dei quali divengono un componente fun-zionale integrante.I minerali possono causare malattia sia perché defici-

tari sia perché insufficienti in caso di aumento dellarichiesta, sia, infine, perché presenti in eccessiva quantità(tossicità).

Il fabbisogno giornaliero dei principali minerali èriportato nella Tabella 14.24.

CalcioIl calcio si ritrova soprattutto nel latte vaccino, nei

formaggi, nelle foglie dei vegetali verdi, nel salmone e neibivalvi. È assorbito nella parte superiore del tenue, graziealla vitamina D e in parte alla vitamina C, al lattosio eall�acidità dell�ambiente. Il suo assorbimento è inibitodalla presenza di elevate quantità nella dieta di acidoossalico, acido fitico, grassi, fibre e fosfati. Si depositanelle ossa e nei denti e si mantiene in equilibrio dinamicocon gli altri tessuti dell�organismo, grazie all�azione delparatormone, della vitamina D in forma attiva e dellacalcitonina. Della quantità ingerita circa il 70% è escretocon le feci, il 10% con le urine, mentre il 15-25% vienetrattenuto, a seconda della velocità di crescita staturale.

Nel sangue è presente in concentrazione di 9-11 mg/dL,di cui il 50-60% in forma ionizzata e il resto legato all�al-bumina. Ne deriva che in soggetti ipoalbuminemici (ne-frosi in fase acuta) livelli di calcio totale di 7 mg/dL nonsi accompagnano ai segni della tetania, perché, mentre èdiminuito il calcio legato all�albumina, il calcio ione è inconcentrazione normale.

Rappresenta un elemento essenziale nella formazionedella struttura delle ossa e dei denti, della contrazionemuscolare, della coagulazione del sangue (da ricordareche in caso di grave ipocalcemia, si muore prima ditetania che di difetto della coagulazione, per cui la som-ministrazione di calcio, prima di interventi chirurgiciquali tonsillectomia, adenoidectomia, è assolutamentenon necessaria), dell�attività del cuore e della produzionedel latte dal seno materno.

Una sua ridotta assunzione porta a una scarsa minera-lizzazione delle ossa e dei denti, a rachitismo e tetania

Tabella 14.24 - Fabbisogno giornaliero dei principali minerali alle varie età.

ETÀ IN MESI/ANNI CALCIO( g)

FOSFORO( g)

MAGNESIO( g)

FERRO( g)

ZINCO( g)

IODIO( g)

SELENIO( g)

Lattanti

Bambini

Adolescenti e adulti maschi

Adolescenti e adulti femmine

GestantiNutrici

0-6 mesi7-12 mesi

1-3 anni4-6 anni

7-10 anni11-14 anni15-17 anni18-29 anni30-59 anni

60 anni e più11-14 anni15-17 anni18-29 anni30-59 anni

60 anni e più

400500

800800

1.0001.2001.2001.000

8001.0001.2001.2001.200

8001.200-1.500

1.2001.200

300600

800800

1.0001.2001.2001.000

8001.0001.2001.2001.000

8001.000

1.2001.200

4060

80120170270400350350350280300280280280

67

799

1212101010

12-1818181810

3018

54

46799

10101097777

712

4050

7090

120150150150150150150150150150150

150180

88

10152535455555553545555555

5570

Livelli di assunzione giornalieri di nutrienti raccomandati per la popolazione italiana (LARN). Società Italiana di Nutrizione Umana, revisione 1996.

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273MINERALI

nell�età evolutiva, a osteomalacia e osteoporosi nell�adul-to. Può avere conseguenze sull�accrescimento. L��epide-mia� di fratture del collo del femore nelle donne anzianeha sollevato di recente il problema dell�apporto di calcionelle varie età della vita: è risultato che l�introduzione dicalcio nella dieta o come preparato in età prepuberale epuberale (circa 1 g al giorno) aumenta l�apposizione dicalcio nelle ossa, che si prolunga successivamente pertutta la vita. È necessario che la supplementazione dicalcio abbia una lunga durata (oltre 2 anni), perché as-sunzioni di durata inferiore (anche di un anno) non deter-minano alcun beneficio nell�indurre e nel mantenere lamassa ossea. Anche l�attività sportiva in fase immedia-tamente prepuberale e puberale gioca a favore della de-posizione di calcio nelle ossa.

Nelle Tabelle 14.25 e 14.26 sono elencati i preparatidi calcio disponibili in Italia e le concentrazioni di calcionei vari alimenti.

Non si conosce un effetto tossico per un eccesso diassunzione con la dieta, ma quando viene somministratoper via endovenosa in alte dosi può portare a bloccocardiaco e a calcoli renali.

Di recente è stata sottolineata l�importanza delle pro-teine leganti il calcio in molte malattie del bambino.

CloroIl cloro è una parte costituente del sale da cucina

(NaCl), si ritrova nella carne, nel latte e nelle uova.Viene facilmente assorbito; circa il 92% viene escretocon le urine, in parte con le feci e il sudore; costituiscecirca i 2/3 degli anioni del plasma; si ritrova nei liquidiintra- ed extracellulari: i livelli sierici variano fra 99 e106 mEq/L. È essenziale per il mantenimento della pres-sione osmotica, del bilancio acido-base; si ritrova comeHCl nel succo gastrico.

Per la presenza di vomito incoercibile, eccessiva su-dorazione (fibrosi cistica) o per l�uso prolungato d�infu-sioni di glucosio senza sali, durante una terapia conACTH di lunga durata o in pazienti con alcalosi conge-nita, si può manifestare un�alcalosi ipocloremica. Non siconoscono conseguenze cliniche per eccesso di sommi-nistrazione.

CobaltoÈ ampiamente distribuito in natura. È un componente

della molecola della vitamina B12 e dell�eritropoietina.Non si conoscono le conseguenze della sua carenza. Ilsuo eccesso determina cardiomiopatia e gozzo tiroideo.

Tabella 14.25 - Preparazioni di calcio per uso orale in Italia.

FARMACO CALCIO IN MG VITAMINA D UI COMPRESSE O BUSTINE /DIE CLASSE SSN

Calcio carbonato + vitamina D � Biocalcium D3 � Cacit vitamina D3 � Calcidon � Calcium D3 Sandoz � Eurocal D3 � Ideos � Metocal vitamina D3Calcio lattogluconato + carbonato � Calcium Sandoz

Calcio fosfato � Calisvit

1.0001.000625

1.0001.000500600

500/1.000

500

880300880300400400400

0

200

1121222

1

2

AA

CbisAAAA

A

C

Tabella 14.26 - Contenuto in calcio di alcuni alimenti.

ALIMENTO QUANTITÀ CALCIO (mg) ALIMENTO QUANTITÀ CALCIO (mg)

Latte scremato

Yogurt magro alla fruttaFormaggio GrovieraFormaggio svizzero

Fichi secchiCereali arrichiti di calcio

Formaggio CheddarSucco di arancia arricchito

con Ca

1 tazza

250 g30 g30 g

10 fichi3/4 di tazza

30 g

180 g

302

300287272

269250

204

200

Mozzarella

CavoloFormaggio americanoFormaggio cremoso

Sardine sott�olioParmigiano

Broccoli bolliti

30 g

1/2 tazza30 g1 tazza

2 sardine1 cucchiaio

1/2 tazza

183

179174126

9269

36

(Integrazioni di Calcio. Medical letter 29:45-7, 2000.)

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274 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

CromoSi ritrova nei lieviti; è importante per la regolazione

della glicemia e per il metabolismo dell�insulina. La suamancanza negli animali porta a diabete mellito. Non siconoscono le conseguenza da iperdosaggio.

FerroSi ritrova nel fegato, nella carne, nel tuorlo d�uovo, nei

vegetali verdi, nei cereali integrali, nei legumi e nelle noci.Viene assorbito in forma ferrosa (ferro bivalente), a se-conda delle necessità dell�organismo, utilizzando l�azionedel succo gastrico e della vitamina C. L�assorbimento èostacolato dalle fibre, dai fitati e dalla steatorrea. Circolanel sangue allo stato ferrico (ferro trivalente) legato allatransferrina. Viene immagazzinato nel fegato, nella milza,nel midollo osseo e nei reni come ferritina e come emosi-derina per essere utilizzato successivamente, a secondadelle necessità (vedi Capitolo 38, pag. 949). Viene perdu-to in minima parte con le urine e col sudore. Circa il 90%del ferro introdotto viene perduto con le feci. È necessarioper la sintesi dell�emoglobina e della mioglobina e per iltrasporto dell�O2 e della CO2. Si ritrova anche negli enzi-mi ossidativi, nel citocromo C e nella catalasi.

Un deficiente apporto o un eccesso di perdita portaall�anemia da carenza di ferro, microcitica, ipocromica(vedi Capitolo 38, pag. 949). Si associa a irritabilità,anoressia, insufficienza a crescere. Alte concentrazionidi ferro nella dieta e basso contenuto di fosforo possonoportare a emosiderosi (Bantu). Esiste un avvelenamentoda eccessivo apporto come farmaco.

FluoroSi ritrova nell�acqua, nei frutti di mare, nelle piante e

in tutti gli animali (a seconda del contenuto di fluoro delleacque e del suolo). Viene facilmente assorbito, vienetrattenuto in quantità di 0,6 mg al giorno (quando se neingerisca 1 mg); è escreto con le urine e col sudore; sideposita nelle ossa e nello smalto dei denti, coi quali èsempre in equilibrio dinamico. Una ridotta assunzionefacilita l�insorgenza della carie; un eccesso di sommini-strazione (4-8 mg/24 ore) per lunghi periodi di tempoporta alla fluorosi, caratterizzata dalla comparsa di mac-chie bluastre sulla superficie dei denti.

FosforoSi ritrova nel latte, nei derivati del latte, nel tuorlo

d�uovo, nei cibi freschi, nei legumi, nelle noci e neicereali integrali. Circa il 70% del fosforo è assorbitocome fosfati liberi; la vitamina D e il paratormone parte-cipano al metabolismo del fosforo sia per quanto riguar-da l�assorbimento intestinale che l�escrezione urinaria(vedi pag. 263). Si ritrova nel sangue come fosfolipidi,esteri organici, fosfati inorganici, a livelli di 4-7 mg/dLnel lattante e nel bambino. Il rapporto fosfati inorganici/organici nel sangue intero è di 1:20. È un importantecostituente delle ossa e dei denti. Si ritrova nella strutturadel nucleo e nel citoplasma di tutte le cellule. Partecipaal mantenimento del rapporto acido-base e alla trasfor-

mazione e alla trasmissione degli impulsi nervosi. Èimportante nel metabolismo dei carboidrati, delle prote-ine e dei grassi.

Un suo ridotto apporto con la dieta si accompagna arachitismo, soprattutto nei nati di basso peso e quando siassoci a una dieta povera di calcio. La sua mancanzadetermina stanchezza muscolare. Un suo eccesso nell�ali-mentazione durante la guarigione del rachitismo rendepossibile lo sviluppo di una tetania; una tetania può svi-lupparsi anche nel neonato quando nella formula ci sia unbasso rapporto calcio/fosforo (1:1).

IodioSi ritrova nel sale da cucina, arricchito di iodio, nei

pesci e nei frutti di mare, negli alimenti originari di areenon gozzigene. Viene facilmente assorbito dall�intestino;circola come iodio inorganico e organico: si concentra(25 volte contro 1) nella tiroide, dove si lega con amino-acidi per venire a far parte successivamente della tiroglo-bulina. Da questa, per azione degli enzimi proteolitici, siliberano tiroxina (T4) e triiodo-tironina (T3) che si ritro-vano nel sangue. L�escrezione dello iodio avviene prin-cipalmente per via urinaria. Le brassicacee e alcuni far-maci, che interferiscono col metabolismo dello iodio,sono gozzigeni.

La deficienza nutrizionale dello iodio può portare allacomparsa del gozzo o al cretinismo endemico. L�assun-zione di alimenti ricchi di iodio è senza conseguenze;l�uso dello iodio come farmaco può portare alla comparsadi gozzo (vedi Capitolo 43, pag. 1137).

MagnesioSi ritrova nei cereali, nei legumi, nelle noci, nella

carne e nel latte. L�assorbimento attraverso il tenue variaa seconda dell�introduzione. Viene eliminato in piccolequantità con le urine. Si ritrova nella struttura delle ossae dei denti; attiva gli enzimi del metabolismo dei carboi-drati. È un importante catione intracellulare che partecipaa molti metabolismi.

Nel corso di malassorbimento si può verificare unacarenza, che è caratterizzata da irritabilità muscolare enervosa, tetania, diabete mellito; si associa spesso a ipo-calcemia e ipopotassiemia. Un�eccessiva introduzionecon la dieta è senza conseguenze; usato come farmacoper infusione può dare segni e sintomi tossici.

ManganeseSi ritrova nei legumi, nelle noci, nei cereali integrali,

nelle foglie dei vegetali verdi. È poco assorbito dall�in-testino, è presente nel plasma; ha un metabolismo parti-colarmente alto nei mitocondri; l�escrezione avviene conla bile; compete con il ferro. Agisce attraverso l�attiva-zione enzimatica, specialmente delle superossido-dismu-tasi; si ritrova nella struttura ossea, partecipa al metabo-lismo dei carboidrati.

Non è stata descritta una sofferenza da deficit di man-ganese nella dieta, né un quadro da eccesso alimentare.Determina encefalopatia quando inalato cronicamente.

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275MINERALI

MolibdenoSi ritrova nei legumi, nei cereali, nei vegetali con

foglie verde scuro, negli organi interni degli animali.Viene facilmente assorbito dall�intestino ed è escretoprincipalmente con la bile e poco con le urine. È unimportante componente di alcuni enzimi: la xantino-ossidasi per la trasformazione della xantina in acido uricoe l�aldeido-ossidasi del fegato. È necessario per la mobi-litazione del ferro dalla ferritina nel fegato. Nell�uomonon sono stati rilevati quadri clinici né da difetto, né daeccesso.

PotassioSi ritrova in tutti i cibi. Viene assorbito facilmente, a

seconda delle necessità. Viene escreto per l�80% con leurine e in parte col sudore e con le feci. Nel bambino increscita ne viene conservato circa l�8%. I livelli siericivariano da 4 a 5,6 mEq/L. È essenziale per la contrazionemuscolare, per la conduzione degli impulsi nervosi, perla pressione osmotica intracellulare e per il bilancio deiliquidi intra- ed extracellulari. Controlla il ritmo cardiaco.

Nel digiuno o in alcune condizioni patologiche in cuiil suo livello si abbassa (diarrea, acidosi diabetica, uso dielevate dosi di ACTH), insorgono stanchezza muscolare,anoressia, nausea, distensione addominale, irritabilità,confusione, tachicardia. L�eccesso di potassio, come siverifica nella malattia di Addison, nell�iperplasia surre-nale congenita, nell�insufficienza renale e nella sommi-nistrazione di sali contenenti elevate quantità di potassio,aumenta i livelli fino a 10 mEq/L e può associarsi ablocco cardiaco.

RameSi ritrova nel fegato, nelle ostriche, nella carne, nei

pesci, nei cereali integrali, nelle noci, nei legumi. Èassorbito con le proteine ricche di zolfo; viene trasportatonel plasma dalla ceruloplasmina; si ritrova nei globulirossi in forma labile e in forma stabile nell�emocupreina;le più alte concentrazioni si ritrovano nel fegato e nelsistema nervoso centrale; è escreto nell�intestino e nellabile. È essenziale per la produzione dei globuli rossi, perla sintesi della transferrina, per la formazione dell�emo-globina, per l�assorbimento del ferro, per l�attività dellatirosinasi, della catalasi, dell�uricasi, della citocromo C-ossidasi, della deidrogenasi, dell�acido 8-aminolevulini-co e della lisil-ossidasi.

L�alterazione del suo metabolismo porta alla malattiadi Wilson e alla sindrome di Menkes. Il suo ridottoapporto con la dieta può portare ad anemia refrattaria,osteoporosi, neutropenia, depigmentazione cutanea, ri-tardo nell�età ossea, fratture ossee, pseudoparalisi, atas-sia, aumento del colesterolo nel siero. Il suo eccesso portaa cirrosi, emolisi, gastrite.

SelenioSi ritrova nei vegetali e nella carne. È un cofattore

della glutatione-perossidasi nella respirazione cellulare.La sua mancanza nella dieta porta alla malattia di Kashin,

caratterizzata da cardiomiopatia e miosite. Il suo eccessosi accompagna a edema, se c�è un�inadeguata escrezioneinsieme a un eccesso di liquidi per via parenterale.

SodioÈ un costituente del sale da cucina (NaCl). Si ritrova

nei cibi freschi, nel latte, nelle uova, nei cibi conservati,nei conservanti in genere, nei glutamati. È rapidamenteassorbito dall�intestino; è escreto principalmente con leurine (98%); il suo assorbimento avviene in parallelo conl�assorbimento del cloro. L�escrezione renale è control-lata dall�ACTH, dall�ADH e dall�aldosterone; è il prin-cipale catione extracellulare. Piccole quantità si ritrova-no anche nel muscolo e nella cartilagine. Nel sangue ilsuo livello va da 135 a 145 mEq/L. Una dieta a bassocontenuto di sodio provoca nausea, diarrea, crampi mu-scolari, disidratazione, ipotensione. Un suo eccesso conla dieta porta a edema, se si associa a un�inadeguataescrezione o a un�eccessiva somministrazione di liquidiper via venosa.

Viene definita �ipernatremia� un aumento della con-centrazione di sodio nel sangue superiore a 145 mEq/L.Viene definita �iponatremia� una riduzione della con-centrazione di sodio nel sangue, inferiore a 135 mEq/L.

La principale conseguenza dell�iponatremia è l�afflus-so di acqua nello spazio intracellulare, con conseguenterigonfiamento delle cellule, che può portare a edemacerebrale ed encefalopatia.

Nella sindrome da inappropriata secrezione diADH (ormone antidiuretico) è presente iponatremia (Naplasmatico < 120 nEq/L. Essa è causata da una un�elevatasecrezione di ADH in assenza di uno stimolo osmotico oipovolemico. Questa sindrome è associata a un grannumero di malattie, comprendenti le malattie del sistemanervoso centrale (meningite), affezioni polmonari o som-ministrazione di farmaci (vincristina, ciclofosfamide,carbamazepina e altri). I sintomi di allarme per unasindrome da inappropriata secrezione di ADH sono unalieve espansione del volume del sangue circolante, conconcentrazioni più basse del normale di creatinina, urea,acido urico e potassio. L�iponatremia di questa sindromenon risponde alla somministrazione di sodio, in assenzadi restrizione di liquidi. La restrizione nella somministra-zione di liquidi è il punto essenziale della terapia; tutti iliquidi per via venosa debbono essere almeno normo-salini. Se essi non correggono il sodio del plasma, vasomministrato cloruro di sodio al 3% (nella soluzionefisiologica NaCl è allo 0,91%).

Nei bambini l�ipernatremia si osserva principalmentein soggetti ospedalizzati nei quali è stato impedito di bereper una o un�altra ragione. I pazienti che ne sono colpitisono ai limiti per l�età e sono debilitati per una malattiaacuta o cronica: spesso di tratta di nati pretermine. Lagastro-enterite rimane la causa principale di una iperna-tremia. L�ipernatremia origina da una fuoruscita di liqui-di dallo spazio intracellulare allo spazio extracellulare,per mantenere l�equilibrio osmotico. Questo porta a unadisidratazione cerebrale e a un rimpiccolimento delle

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276 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

cellule. Il volume cerebrale può ridursi anche del 10-15%. Possono svilupparsi trombosi dei seni venosi edemorragie intracerebrali. I bambini sono inizialmenteagitati e irritabili, ma i sintomi possono progredire finoalla letargia, alle convulsioni e al coma. Il trattamento sibasa sulla somministrazione di soluzioni ipotoniche(0,45% di NaCl in destrosio al 5%).

ZincoSi ritrova nella carne, nei cereali, nelle noci e nel

formaggio. Viene assorbito facilmente, è escreto princi-palmente dall�intestino, compete con il rame. È il costi-tuente di molti enzimi, fra i quali l�anidrasi carbonica deiglobuli rossi, essenziale per gli scambi di CO2. È uncostituente della carbossipeptidasi dell�intestino perl�idrolisi delle proteine e della deidrogenasi del fegato.Si ritrova nel fegato e in altri organi, nel muscolo, nelleossa e nei globuli bianchi e rossi. La sua concentrazionenei tessuti è più alta nei soggetti giovani. Il suo assorbi-mento compete col rame.

Un deficit di zinco può essere causato da diete ricchedi cereali, che, per l�alto contenuto di fitati, inibisconol�assorbimento dello zinco.

La mancanza di zinco nella dieta determina nanismo,anemia da carenza di ferro, epato-splenomegalia, iper-pigmentazione, ipogonadismo, acrodermatite enteropa-tica, depressione dell�immunocompetenza, scarsa ten-denza alla cicatrizzazione delle ferite. Il suo eccessonella dieta può derivare dall�uso di utensili di ferrogalvanizzato, usati per cuocere le vivande; porta a unadeficienza di rame e a una diminuzione delle lipoprote-ine ad alta densità.

La somministrazione di 70 mg di zinco alla settimanariduce in Bangladesh il tasso di mortalità e di polmonitenei bambini piccoli. La somministrazione di micronu-trienti ha ridotto la prevalenza longitudinale della diarreae può anche ridurre la mortalità per diarrea nei bambinidei primi anni di vita.

ZolfoTutti i cibi ricchi di proteine contengono l�1% di zolfo.

Le sole sorgenti utilizzate per l�apporto di zolfo sono lacistina e la metionina; le forme inorganiche non sonoutilizzate dall�uomo. Viene escreto come solfato inorga-nico o come eteri di zolfo, con le urine e con la bile. È uncostituente delle proteine delle cellule, della cocarbossi-lasi, della melanina, dei muco-polisaccaridi, dell�umorvitreo, del liquido sinoviale, del tessuto connettivo, dellacartilagine, dell�eparina e dell�insulina. Partecipa al me-tabolismo del tessuto nervoso, ai meccanismi di detossi-ficazione (solfatazione). È presente nei gruppi SH delcoenzima A, della cistationina e del glutatione.

Non si conoscono le conseguenze di una sua mancan-za nella dieta. L�insufficienza a crescere nella deficienzaproteica potrebbe essere dovuta in parte alla mancanza diaminoacidi contenenti zolfo (cistina e metionina). Unadieta ricca di zolfo non è pericolosa.

VALUTAZIONE DELLO STATO NUTRIZIONALE

Dalla valutazione dello stato di nutrizione di un bam-bino si ottengono dati essenziali sull�assunzione di cibo,sul suo assorbimento e sulla sua utilizzazione tissutale.Una sua frequente determinazione consente di migliorarela qualità della vita del bambino, permettendo l�identifi-cazione dei soggetti a rischio di sviluppare difetti oeccessi nutrizionali.

Dopo un�accurata anamnesi, è indispensabile la valu-tazione delle misure antropometriche (vedi Capitolo 11,pagg. 166 e 170), quali il peso, l�altezza, la circonferenzacranica (nei soggetti al di sotto dei 2 anni), l�indice dimassa corporea e la plicometria (che vedremo successi-vamente).

Anche l�analisi dietetica è essenziale: essa può essereeseguita attraverso un questionario sulla frequenza delconsumo dei diversi alimenti e sulla registrazione per 7giorni dell�apporto alimentare. Nei casi in cui sia neces-sario approfondire la ricerca, può essere utile la determi-nazione di alcuni esami di laboratorio: emoglobina, ema-tocrito, volume corpuscolare medio, albuminemia, crea-tininemia, ferritinemia, transferrinemia e altro.

DIGIUNO PROLUNGATO

La fame e la mancanza di cibo hanno delle conseguen-ze a breve e a lungo termine sulla salute.

Tabella 14.27 - Cause della sindrome da inappropriatasecrezione di ADH.

Malattie del sistema nervoso centraleInfezioni: meningite, encefaliteTumoriAlterazioni vascolariPsicosiIdrocefaloChirurgia dell�ipofisi posterioreMalattie del polmonePolmoniteTubercolosiAsmaVentilazione a pressione positivaPneumotoraceCarcinomiCarcinoma broncogenicoCancro con cellule a chicco di avenaDel duodenoDel pancreasNeuroblastomaFarmaciVincristinaCiclofosfamide per via venosaCarbamazepinaInibizione della riassunzione di serotonina

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277MALNUTRIZIONE

Fra le conseguenze tardive del digiuno durante lagravidanza vi è in primo luogo una ridotta crescita fetalee un rischio aumentato di cardiopatie, ictus e diabetenell�età adulta. Durante la grande fame dell�inverno1944-45 in Germania i bambini concepiti o nati avevanoun peso di 300 grammi più basso della media; analoga-mente durante l�assedio di Stalingrado del 1941-44 ilpeso alla nascita dei nati a termine risultò inferiore di500-600 grammi: circa la metà di quelli che nacqueronella prima metà del 1942 pesavano meno di 2.500 g.Una buona parte di questi mostrarono nella vita adulta unvario grado d�ipertensione, il 15% presentò un aumentodel rischio di malattia ischemica di cuore e il 35% unrischio aumentato di ictus emorragico.

Analogamente il digiuno cronico, dopo la nascita,particolarmente all�inizio o durante la pubertà, può au-mentare la vulnerabilità per le malattie cardio-vascolariin età adulta.

MALNUTRIZIONE

Per malnutrizione s�intende ogni alterazione della nutrizione,dovuta sia a una dieta non bilanciata o insufficiente, che a undifetto della digestione o dell�assorbimento e dell�utilizzazio-ne dei nutrienti. La malnutrizione più comune è quella pro-teico-calorica, primitiva o secondaria, che determina graviripercussioni sulle condizioni generali dell�organismo:� peso corporeo al di sotto del 85% del peso atteso per l�età;� rapporto peso ideale/altezza al di sotto del 75%.

Mentre nei Paesi industrializzati un deficit primitivodi macronutrienti nella dieta è un�evenienza eccezionale,nei Paesi in via di sviluppo la malnutrizione proteico-calorica primitiva è una causa frequente di morbilità e dimorte nei bambini al di sotto dei 5 anni.

La malnutrizione più comune è quella proteico-calo-rica, primitiva o secondaria, che determina gravi riper-cussioni sulle condizioni generali dell�organismo.

La forma secondaria è presente anche fra i nostribambini. Essa riconosce diverse origini, riportate nellaTabella 14.28.

Il marasma è una forma particolarmente grave dimalnutrizione.

Mentre nell�adulto i nutrienti sono richiesti essenzial-mente per il mantenimento dello status quo dell�organi-smo e per le spese energetiche, in relazione ai movimenti,nel bambino l�apporto energetico, soprattutto quello pro-teico, deve rispondere alla naturale esigenza di crescita,tipica dell�età evolutiva.

Una valutazione precisa dello stato nutrizionale pre-senta, da un punto di vista pratico, notevoli difficoltà.

Le ripercussioni sul peso sono quelle più immediate,mentre quelle sull�altezza avvengono più tardivamente e

sono inizialmente meno accentuate. All�ispezione e allapalpazione risulta evidente la perdita del sottocutaneo edelle masse muscolari. Ne consegue che la testa sembrapiù grande del normale, anche se questa impressione èrelativa. L�edema è di rado presente. La pelle è secca esottile; anche i capelli sono sottili e radi. I bambini colpitida malnutrizione grave sono deboli e stanchi, spessopoco partecipi a quanto li circonda; frequenti la bradicar-dia e l�ipotermia. Sulla lingua è evidente l�atrofia dellepapille filiformi, che si associa spesso a una stomatite daCandida. Poiché il grasso della guancia (bolla di Bichat)è grasso bruno, e poiché esso viene perduto per ultimonell�utilizzo dei depositi, può risultare che vi sia in questibambini un aspetto relativamente paffuto del volto, no-nostante le gravi condizioni generali. L�addome puòapparire molto disteso o eccessivamente piatto. Nei Paesiin via di sviluppo risulta spesso che questi bambini sianostati divezzati da poco e che abbiano ricevuto un�alimen-tazione inappropriata: la diarrea cronica è un repertocomune, la cui origine può essere diversa.

Nei Paesi occidentali, sia la diarrea cronica che ilmalassorbimento sono spesso secondari a difetti di dige-stione e di assorbimento (fibrosi cistica, morbo celiaco ealtro); nei Paesi in via di sviluppo, invece, le cause sonocompletamente diverse e in qualche modo legate alladiarrea cronica; la diarrea può essere secondaria allamalnutrizione (atrofia della mucosa, malassorbimento),ma anche all�aumentata suscettibilità del malnutrito alleinfezioni virali, batteriche, protozoarie e parassitarie,secondarie all�immunodeficienza dei linfociti T e B(conta linfocitaria inferiore a 1.500 cellule/mm3, situa-zione di anergia alle prove cutanee per l�ipersensibilitàritardata). D�altra parte possono essere i ripetuti episodidi diarrea, con fasi prolungate di digiuno e con l�uso direidratanti orali ipocalorici, a contribuire alla malnutri-zione.

La diagnosi di malnutrizione si basa su vari parametri:anamnesi alimentare accurata;determinazione del centile attuale del paziente e valu-tazione della deviazione della situazione del paziente

Tabella 14.28 - Cause di deficit secondario di malnutrizio-ne proteico-calorica.

CONDIZIONE DI BASE CAUSE

Aumento delle richieste caloriche

Aumentate perdite caloriche:� per maldigestione � per alterato assorbimento

Ridotta assunzione proteico-calorica

Combinazione delle diverse componenti

InfezioniCancro

Fibrosi cisticaMalassorbimento

Anoressia mentaleCancroRestrizione degli introiti per fattori sociali

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278 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

nei confronti della mediana, per quanto riguarda peso,altezza e circonferenza cranica;valutazione del precedente ritmo di crescita;determinazione dell�Indice di Massa Corporea (IMC)e misurazioni comparate nel tempo della circonferen-za del braccio e dello spessore delle pliche cutanee(vedi pag. 281);esecuzione, valutazione e interpretazione dei risultatidegli esami biochimici (proteinemia, albuminemia,transferrina, emoglobinemia, glicemia, calcemia, fo-sforemia, attività della fosfatasi alcalina, livello diacido folico nel siero).Nei casi più gravi di diarrea, di malnutrizione e di

malassorbimento, l�alimentazione per via parenteraletrova un�utile applicazione.

Una forma particolare di grave malnutrizione protei-co-calorica è rappresentata dal kwashiorkor, nel quale,al quadro della malnutrizione grave, si associa la presen-za di edema, che maschera la grave perdita di peso. Ladermatite è comune: nelle sedi sottoposte a sfregamentola pelle si pigmenta fortemente, fuorché nelle aree foto-esposte: i capelli, radi e sottili, possono presentare unacolorazione rossastra/grigiastra.

Il trattamento è complesso e di difficile esecuzione,tali e tante sono le carenze da rimediare. Spesso è richie-sta l�alimentazione parenterale.

OBESITÀ

Per obesità s�intende un accumulo eccessivo e generalizzatodi grasso, nel tessuto sottocutaneo e negli altri tessuti, chepuò essere identificato e quantizzato determinando l�indicedi massa corporea e lo spessore delle pliche cutanee, median-te l�uso del plicometro.

L�obesità rappresenta uno dei più difficili problemi daaffrontare nella pratica quotidiana. È ben conosciuto ilsenso di frustrazione che attanaglia il pediatra quando sirende conto che la famiglia non è motivata a seguire lesue prescrizioni e soprattutto quando ne scaturisce (macome potrebbe essere altrimenti?) un insuccesso terapeu-tico. D�altra parte il pediatra, di fronte a una malattia cosìdifficile da trattare, così frequente e così facilmente attri-buibile a una forma di devianza sociale, è spesso portatoa colpevolizzare famiglia e pazienti, quando i suoi sforzinon siano coronati da successo.

Eppure l�identificazione dell�obesità e del sovrappesoè una parte essenziale della pediatria preventiva, al finedi ridurre la possibilità che il bambino o l�adolescenteobeso si trasformi in un adulto obeso, con tutte le sueconseguenze (aumento della mortalità, malattie cardio-vascolari, arteriosclerosi e diabete mellito). D�altra parte,l�obesità non rappresenta in se stessa una vera e propriamalattia, quanto piuttosto un insieme di sintomi che

hanno una correlazione più o meno stretta (a secondadell�età del bambino) con l�obesità dell�adulto: quantopiù è avanzata l�età dell�obeso in età evolutiva tanto piùè facile che sia seguita dall�obesità dell�adulto. In effetti,per quanto riguarda la prima, la seconda e parte dellaterza infanzia, l�obesità dell�adulto avviene in una mino-ranza (dal 10 al 30%) dei soggetti in sovrappeso o obesida bambini. È stato osservato che il peso elevato allanascita o durante il 1° mese di vita si accompagna arischio di sovrappeso a 3 anni. Ma va ricordato ancheche l�obesità dell�adulto è più facile quando l�eccesso digrasso del bambino sia molto grave, quando esistano casidi obesità nella famiglia e, infine, quando l�obesità siainiziata in età adolescenziale.

IL RUOLO DEL PEDIATRA NELLA PREVENZIONE DELL�OBESITÀ

Il pediatra gioca un ruolo importante nella prevenzionedell�obesità.Dalla nascita in poi egli consiglia l�alimentazione del bambi-no, secondo due indirizzi:� offrendo gli alimenti in appropriate quantità;� regolandosi secondo le modalità con le quali il bambino

esprime le sue necessità (senso di fame).Solo in questo modo il bambino può sviluppare le sue capa-cità discriminative e divenire parte attiva nella regolazione dise stesso.

Secondo lo studio Bogalusa i livelli sia dell�indice dimassa corporea che lo spessore della piega tricipitale nelbambino si associano ad obesità nell�adulto. La grandez-za di queste associazioni longitudinali aumenta con l�etàdel bambino, ma anche l�indice di massa corporea dei piùgiovani (da 2 a 5 anni) si associa moderatamente all�obe-sità dell�adulto (r = 0,33-0,41). Gli obesi a 2-5 anni è piùfacile che siano obesi da adulti, in confronto ai bambiniche hanno un indice di massa corporea inferiore al 50°centile.

Tuttavia è stato osservato che anche uno stato dimagrezza nel 1° anno o nei primi 2 anni di vita, si associanelle età successive a un�adiposità di rimbalzo che siaccompagna ad alterate curve da carico di glucosio e dadiabete nelle età successive.

Esistono due periodi critici nello sviluppo e nellapersistenza del sovrappeso in età pediatrica; essi sono:

il periodo prenatale;il periodo dell�adolescenza;il periodo di rimbalzo dell�adiposità, dopo un�infanziasottopeso.La differenziazione fra obesità vera e �sovrappeso�

è spesso molto difficile, perché non esistono nella praticametodiche adatte a differenziarle. In teoria l�obesità è uneccessivo aumento di grasso nell�organismo e il sovrap-peso è sì un aumento del proprio peso, ma senza che,accanto a un aumento della massa magra, vi sia un

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279OBESITÀ

eccessivo accumulo di grassi. Segni indiretti di obesità,specialmente nel bambino verso la fine della terza infan-zia e nell�adolescente, si ricavano dagli esami di labora-torio che nell�obeso mostrano aumento della pressionearteriosa, aumento della lipidemia e dei livelli di lipopro-teine insieme a un aumento dei livelli di insulina plasma-tica e, spesso, delle aminotransferasi.

IdentificazioneQuesto punto rappresenta il primo passo nell�avvici-

namento al bambino obeso. A causa della difficoltà amisurare la massa grassa, l�obesità può essere espressacon l�indice di massa corporea, che si correla bene con laquota di massa grassa sia nei bambini che negli adulti.Gli indici usati a questo proposito sono:

l�indice di massa corporea (IMC), che si ricava dalrapporto fra il peso in kg, diviso per l�altezza in metri,al quadrato (Figure 14.12 e 14.13);lo spessore della piega tricipitale, da rilevare con uncompasso graduato (Tabella 14.29);la circonferenza del braccio (Tabella 14.30), negli ul-timi tempi caduta in disuso.Ognuna delle metodiche ha i suoi vantaggi e i suoi

limiti. La classificazione OMS e le linee guida americanedefiniscono come sovrappeso l�indice di massa corporeadi 25-30 kg/m2 e l�obesità come un indice di massacorporea di 30 kg/m2 o superiore. L�IMC è facilmenterilevabile da tutti: quando il valore del paziente in studio

si colloca oltre l�85° centile per l�età e per il sesso si parladi rischio di obesità, mentre quando è sul 90° centile odoltre si parla senz�altro di obesità. Tuttavia, l�IMC nonpermette un�esatta distinzione fra massa magra e massagrassa. Il fisiologico aumento annuale dell�IMC durantel�infanzia è da attribuire soprattutto alla componentemagra e alla statura, piuttosto che alla componente grassadell�organismo: quindi l�aumento dell�IMC non va sem-plicemente interpretato come un aumento dell�adiposità,ma come una variazione nella composizione dell�organi-smo, associata alla crescita. È indispensabile quindi, perun�esatta interpretazione dell�IMC, tenere sempre contodell�età e del sesso del soggetto in esame, da confrontarecon specifiche tabelle dei centili (vedi Figure 14.12 e14.13).

La misurazione dello spessore della piega tricipitale ametà lunghezza del braccio corrisponde maggiormente algrasso totale dell�organismo: anche per la piega tricipi-tale valori superiori all�85°-90° centile sono indicativi diobesità. La circonferenza del braccio è meno collegatacon l�IMC.

Epidemiologia: un�epidemia di obesità?Senza che nel nostro Paese si raggiungano gli elevati

livelli di obesità di molte nazioni del mondo occidentale(Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e altre), anche inItalia l�obesità, nei limiti sopra riportati, è presente incirca il 7% della popolazione, con un tasso crescente dal

Tabella 14.29 - Centili per la piega tricipitale, in mm.

ETÀIN ANNI 5 10

MASCHI25 50 75 90 95

FEMMINE 5 10 25 50 75 90 95

1-1,92-2,93-3,94-4,95-5,96-6,97-7,98-8,99-9,910-10,911-11,912-12,913-13,914-14,915-15,916-16,917-17,918-18,919-24,925-34,935-44,945-54,955-64,965-74,9

666665556666544454455654

777666666666555555566666

888887777888776666788888

10101099898

101011111098889

101212121111

121211111110121013141614141411121213151616151415

141414121413151317182022222118161620202020201919

161515141516171618212428262424221924222423252222

667766668778898

101010101012121212

7888767888898

1010121212111214161614

89988899

10101011121312151315141618202018

101010101010111213121314151617181918182123252524

121212121212131516171818212121222422242729303129

141514141514161820232423262625263026303435363634

161615161816182422272827302832313730343738403836

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280 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

nord al sud mentre la percentuale di soggetti in sovrap-peso è di 2-3 volte maggiore. Ricordando alcuni esempipiù estremi negli Stati Uniti la prevalenza del sovrappesoè raddoppiata nei bambini fra 6 e 11 anni e triplicata inquelli tra 12 e 17 anni, tra il 1976-1980 e il 1999-2000.Circa il 15% dei teen-ager americani rientra nella cate-goria degli obesi. Gli afro-americani, gli ispano-america-ni (messicani e portoricani), gli indiani piva e altri nativiamericani hanno una particolare predisposizione all�obe-sità. Un confronto del sovrappeso e dell�obesità nei bam-bini e negli adulti nel 1999-2000 e nel 2003-2004 hamesso in evidenza che:

nei soggetti di sesso femminile non si è manifestato un

aumento dell�incidenza dell�obesità (33,4% contro33,2%);nei soggetti di sesso maschile invece c�è stato un au-mento del sovrappeso dal 14% al 18,2%.I dati riguardanti l�Europa hanno messo in evidenza

che una maggiore prevalenza del sovrappeso è presentenelle aree dell�Europa sud-occidentale. Spesso i bambinicon sovrappeso diventano adolescenti e adulti obesi, coni conseguenti fattori di rischio tanto maggiori quanto piùprecoce è stato l�esordio dell�obesità. L�obesità nei geni-tori, la classe economica medio-alta della famiglia e illivello di educazione dei genitori sono tutti fattori checontribuiscono in modo evidente all�obesità del bambino

L�OBESITÀ IN ITALIA NEI BAMBINI IN ETÀ SCOLARE

Durante l�anno scolastico 1991-1992 sono stati raccolti i dati antropometrici di 7.291 bambini, afferenti alla 2a classe della scuolaelementare e alla 1a classe della scuola media, in 13 città italiane (in 9 regioni). Sono stati considerati normali i bambini con rapportopeso reale/peso ideale compreso fra l�80 e il 120%; sono stati considerati sovrappeso quelli con un indice fra il 120 e il 140% e sonostati considerati obesi quelli con un rapporto superiore al 140%.Le frequenze di sovrappeso e di obesità sono risultate rispettivamente del 16,5% e del 6,9% nei maschi e del 12,7% e del 3,6% nellefemmine. È stato osservato un andamento crescente con l�aumentare dell�età. Le frequenze di soggetti con rapporto peso reale/pesoideale superiore al 120% e al 140% sono risultate significativamente più elevate nell�Italia meridionale rispetto a quelle osservate neicentri settentrionali (rispettivamente 26,1% contro 16,5% e 8,0% contro 3,7%).Questi livelli di sovrappeso e di obesità avvicinano la situazione italiana a quella degli altri Paesi sviluppati.

Figura 14.12 - Percentili dell�indice di massa corporea insoggetti di sesso femminile, da 2 a 20 anni � USA. (DaStrauss R.S.: Childhood obesity, Pediatr Clin North Am49:175-201, 2002.)

Figura 14.13 - Percentili dell�indice di massa corporea nelmaschio, da 2 a 20 anni � USA. (Da Strauss R.S.: Childhoodobesity, Pediatr Clin North Am 49:175-201, 2002.)

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281OBESITÀ

e dell�adolescente. Anche l�attività o, al contrario, l�inat-tività della famiglia risultano elementi importanti. Iltempo trascorso davanti al televisore, non solo per l�im-mobilità che comporta, ma anche per la sicura influenzasull�introito di cibi, è un fattore nettamente favorente. Iragazzi e le ragazze che passano davanti al televisore piùdi 4 ore al giorno hanno più grasso nel loro organismo ehanno un indice di massa corporea più elevato di quelliche guardano la televisione per meno di 2 ore al giorno.È stata trovata una relazione stretta fra fruizione televisi-va durante i pasti, consumo di cibi da parte del bambinoe obesità. L�obesità è prevalente nelle aree urbane.

Il fenomeno dell�obesità nel Regno Unito è risultatocosì evidente negli ultimi anni da essere consideratocome una vera e propria epidemia: nel 1999 il 22% deibambini all�età di 6 anni e il 31% all�età di 15 anni èsovrappeso, mentre sono obesi il 10% dei bambini a 6anni e il 17% a 15 anni. Se si pensa, come abbiamo visto,che il rischio per un bambino di diventare un adulto obesoè tanto più alto quanto maggiore è l�età del soggetto, sicomprende facilmente quale allarme questi dati abbianosuscitato nel Regno Unito.

EziologiaL�obesità va compresa fra le malattie multifattoriali,

nelle quali fattori genetici e ambientali si confondono.L�obesità è una situazione tipica dei mammiferi; gli

insetti, i pesci e i rettili, insieme a quasi tutti gli uccelli,non hanno bisogno di grasso per isolare i loro corpi caldiin un ambiente a bassa temperatura, né hanno bisogno digrasso per la gravidanza o per l�allattamento.

Il grasso infatti ha varie funzioni:la principale è quella d�immagazzinare energia, daconsumare nei periodi di scarsa assunzione di nutrienti;agisce come isolante e come difesa dei tessuti sotto-stanti;serve come riserva per alcuni steroidi e partecipa atti-vamente al loro metabolismo;concorre nelle persone sane a regolare l�assunzione dialimenti, attraverso un ormone, la leptina.Il tessuto adiposo cresce nei primi 6 mesi di vita

extrauterina, soprattutto aumentando il numero degli adi-pociti (iperplasia): il loro numero continua ad aumentarelentamente durante tutta la vita; nell�obesità non è tantoaumentato il numero degli adipociti, quanto il loro volu-me (iperplasia).

È bene subito premettere che l�obesità testimoniaun�eccessiva assunzione di cibi per il bambino che andia-mo esaminando, soprattutto nei confronti del suo consu-mo di energia, il che può significare in alcuni casi parti-colari che in senso assoluto l�assunzione di cibi non superiquella media per l�età, ma che essa è ugualmente ineccesso per un ridotto consumo di energia o per un parti-colare metabolismo del soggetto (quante volte non abbia-

Tabella 14.30 - Centili per la circonferenza del braccio, in mm.

ETÀIN ANNI 5 10

MASCHI25 50 75 90 95

FEMMINE 5 10 25 50 75 90 95

1-1,92-2,93-3,94-4,95-5,96-6,97-7,98-8,99-9,910-10,911-11,912-12,913-13,914-14,915-15,916-16,917-17,918-18,919-24,925-34,935-44,945-54,955-64,965-74,9

142141150149153155162162175181186193194220222244246245262271278267258248

146145153154160159167170178184190200211226229248253260272282287281273263

150153160162167167177177187196202214228237244262267276288300305301296285

159162167171175179187190200210223232247253264278285297308319326322317307

170170175180185188201202217231244254263283284303308321331342345342336325

176178184186195209223220249262261282286303311324336353355362363362355344

183185190192204228230245257274280303301322320343347379372375374376369355

138142143149153156164168178174185194202214208218220226221233241242243240

142145150154157162167172182182194203211223221224227237230240251256257252

148152158160165170174183194193208216223237239241241252247256267274280274

156160167169175176183195211210224237243252254258264264265277290299303299

164167175177185187199214224228248256271272279283295283290304317328335326

172176183184203204216247251251276282301304300318324298319342356362367356

177184189191211211231261260265303294338322322334350324345368378384385373

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282 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

mo creduto a una madre che ci diceva che il suo bambino,pur essendo grasso, mangiava quantità normali di alimen-ti!). Al contrario molti soggetti assumono cibo in eccesso,ma non sono grassi perché hanno spese energetiche ele-vate, insieme a un metabolismo particolarmente attivo.

È molto probabile che nel passato l�obesità non fosseda considerare come una situazione nettamente patologi-ca, perché grazie ad essa era possibile prevenire i lunghiperiodi di scarsezza di cibo, verificabili alternativamentea periodi di ricchezza di cibo (alternanza fra i periodi divacche magre e i periodi di vacche grasse). Ma oggi, èbene ricordarlo, siamo costantemente in un periodo divacche grasse, anche perché siamo riusciti a risolvere unproblema che ha assillato l�uomo fino dalle sue origini,quello della conservazione degli alimenti.

I soggetti che sono stati alimentati con latte maternonon mostrano differenze nei confronti dell�obesità quan-do esaminati a 3-5 anni, ma nei soggetti valutati a 9-14anni è stato riscontrato che quelli che erano stati alimen-tati esclusivamente con latte materno per i primi 6 mesihanno un minor rischio di essere sovrappeso. Questorischio è risultato proporzionale alla durata dell�allatta-mento al seno: era maggiore per i soggetti che erano statiallattati per almeno 7 mesi, contro quelli che erano statiallattati per 3 mesi o meno. I bambini nati piccoli per l�etàgestazionale e magari nei primi 2 ani di vita hanno menoprobabilità di presentare successivamente una tendenzaverso l�obesità, in confronto alla popolazione in generale.

Sulle cause di obesità si sono da sempre fronteggiatidue punti di vista:

quello che la attribuisce a cause ambientali;quello che la attribuisce a cause genetiche.Anche se nel passato i sostenitori dell�una o dell�altra

causa si sono continuamente alternati: negli ultimi annil�influenza della genetica ha assunto il ruolo principalenella determinazione dell�obesità sia nel bambino chenell�adulto, mentre l�ambiente, sia familiare che extrafa-miliare, non ha dimostrato il ruolo che si riteneva giocas-se nel passato. Studi su gemelli identici adottati in fami-glie diverse (studi danesi e studi negli USA) hanno mo-strato che l�indice di massa corporea si avvicina più aquello dei genitori biologici, che a quello dei genitoriadottivi: è stata riscontrata una concordanza di 0,7-0,9 frai gemelli monozigoti e dello 0,35-0,45 fra i gemellidizigoti. Il contributo della genetica all�obesità è statocalcolato fra il 64 e il 94%. Tuttavia, l�eredità non vainterpretata come un�influenza determinante al 100%,come il colore degli occhi o dei capelli; alle influenzegenetiche infatti si sommano le abitudini alimentari delsoggetto, per cui al limite può accadere anche che unaforte influenza genetica, in mancanza di fonti energeti-che, non abbia possibilità di manifestarsi.

Attraverso quali meccanismi agisce l�ereditarietà? Relativamente di recente sono state identificate due vie:la via della leptina;la via della melanocortina.Prima di parlare di queste vie è necessario riflettere sul

ruolo del tessuto adiposo nell�organismo. Oggi sappiamoche il tessuto adiposo è più complesso di quanto non losi ritenesse: esso infatti si comporta come un organoendocrino che libera ormoni in risposta a stimoli specificiextracellulari ed è capace di cambiare il proprio statometabolico. Le sostanze che secerne (fra le quali laleptina) vengono di norma indicate con il nome di adipo-chine.

La scoperta del gene ob e della sua adipocito-specificaproteina (detta leptina, dal greco , che significa�magro�) ha fornito il primo legame fisiologico fra obe-sità e sistema regolatore del peso del corpo umano. Laconcentrazione di leptina è regolata da modificazioninell�espressione del gene ob, che, a livello degli adipoci-ti, porta alla sintesi della leptina, una proteina costituitada 167 aminoacidi. Esiste di norma un sistema di regola-zione (feedback) fra gli adipociti e i centri della sazietàdell'ipotalamo ventro-mediale, dai quali dipendono, inoccasione di un aumento della leptina, una diminuzionedell�appetito e un aumento delle spese di energia. Inpratica, nel soggetto normale la leptina, formata dallecellule del tessuto adiposo bianco (adipociti), segnala airecettori della leptina, localizzati nell�ipotalamo, l�entitàdei depositi di grasso, per limitare e ridurne l�accumulo(Figura 14.14).

Nel soggetto normale l�aumento della leptina, deter-minato dall�aumento della massa del tessuto adiposo,determina una riduzione degli introiti alimentari e au-menta le spese di energia, che tendono a riportare la

Figura 14.14 - Regolazione della sintesi di leptina.

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283OBESITÀ

massa del tessuto adiposo al livello individuale. In talmodo la leptina e i recettori della leptina fanno parte diun�ampia ansa di feedback. Nei lattanti si ritrovano ele-vate quantità di lepitina perché questo ormone è conte-nuto in forti quantità nel latte umano.

A parte modificazioni nei geni della leptina, vannoricordate, perché connesse con l�obesità, le modificazio-ni dei geni dei recettori della leptina, della propiomela-nocortina, della pro-ormone convertasi 1, dei recettori 3e 4 della melanocortina, del fattore di trascrizione SIMI;l�elenco si allunga anno dopo anno. Mutazioni in omozi-gosi per alcuni di questi geni determinano obesità grave,precoce e in genere associata a fenotipi caratteristici(ipogonadismo ipogonadotropo con deficit di leptina,capelli rossi e ipocortisolismo). La mutazione MC4R delrecettore della melanocortina è la causa nota più frequen-te di obesità monogenica e comprende il 4% delle causedi obesità precoce grave.

È possibile concludere che è molto probabile chel�obesità pediatrica sia un disordine poligenico con unasuscettibilità determinata da complessi fattori genici.

Per quanto riguarda la leptina, negli adipociti deisoggetti obesi, sia bambini che adulti, contrariamente aquanto ci si sarebbe dovuto aspettare, è stata ritrovata unaquantità all�incirca doppia di mRNA ob e nel sangue unaquantità elevata di leptina, senz�altro maggiore di quellache si ritrova nei soggetti normali: sebbene vi siano moltialtri fattori che contribuiscono all�elevazione dei livellidi leptina nel sangue (per esempio la quantità degli in-troiti calorici), i valori ritrovati sono risultati strettamentecorrelati con la percentuale di grassi nell�organismo.

Quale può essere la spiegazione di questo apparente paradosso?

Escluso che la leptina dell�obeso presenti modifica-zioni nella struttura chimica o nella funzione, ne risultache l�unica spiegazione dell�aumentata concentrazionedi leptina ritrovata nei soggetti obesi (sia bambini cheadulti) risiede nella diminuita sensibilità alla leptina deimeccanismi centrali ipotalamici, che regolano gli introitidi cibo e la spesa energetica, per cui i segnali partiti dagliadipociti non attivano i meccanismi centrali di regolazio-ne e quindi non riducono, come di norma, l�appetito, enon aumentano, come di norma, le spese energetiche. Inpratica, nell�obeso viene a mancare un indispensabilemeccanismo di freno all�introito di nutrienti: la resisten-za ipotalamica all�azione centrale della leptina porta, inultima analisi, a un aumento dell�appetito e a una ridu-zione delle spese energetiche. Viene ipotizzato che laleptino-resistenza possa rappresentare in qualche fasedella vita (adolescenza, gravidanza) un normale processodi crescita e di sviluppo e che l�obesità comporti un�alte-razione permanente di questo processo normale di resi-stenza temporanea all�azione della leptina.

Le influenze genetiche nell�obesità si spiegano quindicon un mancato meccanismo di autoregolazione.

Nel frattempo sono stati identificati molti bambini chenon producono leptina: essi, pur nati con un peso norma-

le, aumentano progressivamente i loro depositi di grasso,in seguito a un appetito vorace. Bambini di questo tiposono rari e sono stati trattati e guariti facilmente con lasomministrazione di leptina ricombinante. Anche in sog-getti con lipodistrofia, deficienza di leptina e resistenzaall�insulina, la somministrazione di leptina migliora lecondizioni cliniche e il controllo glicemico, mentre ridu-ce il livello di trigliceridi.

Quindi, sebbene l�assenza di leptina possa causareobesità nell�uomo, la maggior parte degli obesi ha uneccesso di leptina, per cui leptina/peso corporeo sonodue componenti che si correlano facilmente. Da questopunto di vista l�obesità si correla al diabete tipo 2: comesi sa nel diabete tipo 2 è la resistenza all�insulina checausa la malattia (che almeno inizialmente è presente inaumentata quantità), mentre nell�obesità la resistenzaall�azione della leptina promuove l�aumento della massagrassa.

Accanto alla via della leptina è stata dimostrata direcente la via della melanocortina, una strada altrettantoeccitante che parte dal nucleo ipotalamico ventro-media-le e, attraverso l� -ormone stimolante i melanociti, ini-bisce o stimola l�appetito e aumenta o reprime le speseenergetiche, agendo sui nuclei dell�ipotalamo laterale esul nucleo paraventricolare.

Va ricordato che l�obesità è una componente dimolte sindromi genetiche umane rare, quali la sindro-me di Prader-Willi (vedi Capitolo 4, pag. 43), la sindromedi Bardet-Biedl e altre. Inoltre alcuni disordini endocrini(deficit di ormone della crescita, deficit di ormone tiroi-deo, ipercotisolismo e pseudoipoparatiroidismo) possonoeccezionalmente presentarsi come un�obesità.

Si può affermare senza ombra di dubbio che in condizioninormali il bilancio energetico del soggetto in età evolutivadeve essere in pari, cioè l�energia assunta deve essere ugualea quella spesa, per l�accrescimento, per il metabolismo basa-le, per l�attività motoria e per l�effetto termico dei diversi cibi.

In ultima analisi il grasso del corpo aumenta quandogli introiti di energia superino le spese: questo è tanto piùvero quando si abbia a che fare con piccoli eccessi diintroiti per lunghi periodi di tempo.

Il bambino obeso, nella maggior parte dei casi, nonmangia cibi particolari, come pensano i genitori: egli nonmangia più amidi di quanti non ne mangino i suoi fratellio i suoi amici, la verità è che egli mangia troppo di tutto.Il bambino obeso spende energie, come ogni altro bam-bino, ma le sue spese sono equivalenti a quelle di unbambino non obeso e non sono affatto rapportate al suopeso, perché altrimenti non sarebbe grasso.

Il guadagno in peso, acquisito durante le vacanze,tende a rimanere: intorno alle festività di Natale il gua-dagno si aggira intorno a mezzo kg; poiché non risultache questo aumento venga perso nei mesi successivi, sipuò concludere che esso contribuisce in modo determi-

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284 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

nante al progressivo aumento del peso corporeo sia du-rante l�età evolutiva che durante l�età adulta. Derivaanche da questo, la necessità, alla quale è stato accennatoin precedenza, di attuare un controllo settimanale delpeso (meglio sarebbe giornaliero) per ricondurlo al piùpresto alla situazione quo ante. Tanto prima si cerca dieliminarlo, in confronto al momento dell�acquisizione, etanto più facile è riuscire a perderlo.

Bambini che siano oltre l�85° centile di indice dimassa corporea è più facile che continuino a guadagnarepeso e raggiungano l�obesità all�adolescenza, in confron-to ai bambini che abbiano un IMC che sia inferiore al 50°centile; l�identificazione del rischio di obesità aiuta ge-nitori e pediatri a prendere provvedimenti per limitarnela progressione.

L�eccesivo consumo di bevande dolci è stato di recen-te ritenuto elemento importante nella genesi dell�obesità:di qui la necessità di limitare sempre il loro uso (una o almassimo due confezioni nelle 24 ore) sia nella preven-zione che nel trattamento. Un�eccessiva introduzione dilatte vaccino all�adolescenza può contribuire all�aumen-to di peso. L�allattamento al seno (vedi pag. 232) proteg-ge dall�obesità durante tutta la vita.

L�obeso diviene spesso resistente anche all�insulina,per cui i suoi livelli d�insulina circolante sono aumentati:l�insulina riduce la lipolisi e aumenta la sintesi dei grassicon l�assunzione di alimenti. Accanto agli aumentatilivelli d�insulina si riscontra una riduzione nel numerodei recettori cellulari per questo ormone.

Manifestazioni clinicheL�obesità può manifestarsi a qualunque età, ma esisto-

no alcuni periodi nei quali appare più di frequente: il 1°anno di vita, fra i 5 e i 6 anni e nell�adolescenza.

L�obesità non solo si manifesta come un eccesso dipeso, ma è responsabile anche di numerose modificazio-ni psico-sociali e anche di funzioni fisiologiche e dicaratteristiche anatomiche.

Il bambino obeso non è solo più grasso dei suoicoetanei, ma spesso è anche più alto e ha un�età ossea piùavanzata. Il grasso si localizza alla regione mammaria,all�addome, che diventa pendulo e che, quando il bambi-no sta seduto, forma numerose pieghe (bambino �Miche-lin�). I genitali esterni del soggetto di sesso maschile aun esame superficiale sembrano poco sviluppati, coperticome sono dal grasso presente al pube, ma basta premerecon le dita alla base del pene, per fargli riacquistare leloro effettive dimensioni.

Il grasso si accumula anche sui fianchi, per cui l�incavosi trova molto più in alto rispetto alla norma, proprio perla presenza dei �manubri� adiposi. Sono più spesso col-piti gli arti superiori e le cosce; quasi costante è il ginoc-chio valgo, che a volte raggiunge livelli eccezionali.

Sulla pelle dei fianchi, delle cosce e talvolta anche dellemammelle è possibile ritrovare, in corrispondenza dellapubertà, le famose strie rubre, rappresentate da smaglia-ture della pelle, ad andamento parallelo e a raggiera, checol tempo perdono il caratteristico colore rossastro per

farsi pallide e assumere l�aspetto di vere e proprie cicatricipermanenti. Sono di frequente reperto anche le intertrigi-ni, in corrispondenza delle pieghe di grasso o al di sottodelle mammelle, e lesioni flogistiche di vario tipo.

L�anticipazione dell�inizio della pubertà nelle ragazzebianche è stato messo in connessione con il dilagaredell�obesità. Ne deriva che l�altezza finale può essereinferiore nell�obesa a quella delle coetanee che hannomaturato più lentamente.

Altrettanto importanti delle modificazioni somatiche,sono le variazioni psicologiche che accompagnanol�obesità. Va riconosciuto che la società moderna non ècomprensiva verso l�obeso: l�obesità viene consideratacome un�ipergratificazione e come un�eccessiva indul-genza verso se stessi. L�ideale per l�aspetto del corpo èrappresentato dalla magrezza e dalla normoconformazio-ne. Il bambino obeso non piace, è goffo, è goloso, non ècapace di partecipare attivamente e con successo a unosport. Egli viene estromesso dal gruppo ed è spessoescluso da qualsiasi attività. Per tutto questo nel bambinosi creano alterazioni della propria immagine corporea einsorge una tendenza alla depressione. Questi fenomenisi accentuano in corrispondenza dell�adolescenza. Nonvi è dubbio che le modificazioni psicologiche contribui-scono in qualche modo a far sì che il bambino si rifuginell�alimentazione. La dimostrata anticipazione del me-narca negli ultimi decenni si pensa che possa esserecollegata con l�aumentata incidenza del sovrappeso edell�obesità fra le ragazze.

Esami di laboratorio e diagnosiIl soggetto obeso presenta un�elevazione delle con-

centrazioni di proteina C reattiva e del numero dei globulibianchi in confronto alla popolazione non obesa; questeelevazioni non possono essere spiegate con la presenzadi una malattia o con altri fattori associati: esse sonoprobabilmente espressione di minimi processi flogisticiasintomatici e minime lesioni endo-vascolari, legate aldeposito di grassi fin dai primi anni di vita.

Per la comparsa di steatosi epatica e di steatoepatite,il livello delle aminotransferasi nell�obeso è molto spes-so elevato. È possibile che dalla steatosi si passi a varigradi di steatosi micro- e macrovescicolare e alla fibrosiperiportale.

Come abbiamo già detto, gli elementi essenziali perstabilire la diagnosi di sovrappeso sono l�IMC, lo spes-sore della piega tricipitale e la circonferenza del braccio.Nei soggetti che risultino con IMC superiore all�85°centile o addirittura sopra il 95° centile (con un IMC di30 o più) è necessario approfondire le ricerche, per sta-bilire l�importanza del quadro e l�eventuale presenza difattori di rischio. L�esame deve riguardare:

storia familiare, positiva per malattie cardio-vascolari,per livello aumentato di colesterolo, per diabete mel-lito o per obesità nei genitori;pressione arteriosa elevata, secondo metodi e criteriufficiali;livelli di colesterolo totale superiori a 200 mg/dL, con

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285OBESITÀ

aumento delle lipoproteine a densità bassa (LDL) emolto bassa (VLDL);forte incremento annuale dell�IMC, con aumentonell�ultimo anno di 2 unità;considerazione da parte del paziente della propria si-tuazione di sovrappeso, sia da un punto di vista perso-nale, che emotivo e psicologico.Meno dell�1% delle obesità in età evolutiva è dovu-

to a cause diverse dall�eccesso di alimentazione (Ta-bella 14.31).

Il 34,7% dei bambini adolescenti e obesi ha una pres-sione arteriosa elevata (27,9% pre-ipertensione e 6,8%ipertensione): più i soggetti erano obesi e maggiore erala quantità di lipoproteine a molto bassa densità (40,3%).Ne consegue che è necessario nei bambini obesi conindice di massa corporea superiore al 90° centile o me-glio all�85° centile valutare l�assetto lipidico.

Un terzo dei bambini e degli adolescenti obesi ha unasindrome da resistenza all�insulina; tuttavia il diabetetipo 2 è molto meno frequente. La perdita di peso ( 0,5dell�indice di massa corporea) si associa costantementea un miglioramento della sensibilità all�insulina.

Conseguenze e complicazioniIl principale rischio dell�obesità in età evolutiva è

quello di trapassare a un�obesità dell�adulto. A partequesto il rischio principale riguarda la comparsa dellemalattie cardio-vascolari (Tabella 14.32) e l�insorgenzadella steatoepatite. Una forte obesità nel bambino siassocia a una rigidità della parete arteriosa e a disfunzio-ne dell�endotelio, elemento importante nella genesidell�ateroma.

L�obesità del bambino si accompagna a un aumentomarcato della sindrome metabolica (vedi Capitolo 22,pag. 386) e del diabete tipo 2: la curva da carico diglucosio patologica è un buon indicatore dell�aumentatorischio.

In giovani adolescenti l�obesità viscerale si accompa-gna spesso a iperandrogenismo e iperinsulinismo: circail 50% del testosterone circolante deriva nelle giovani

donne dal tessuto adiposo. D�altra parte l�insulino-resi-stenza stimola l�ovaio e il surrene a produrre androgeni.Ne consegue spesso un elevato rischio di disordini me-struali e dell�esordio precoce della sindrome dell�ovaiopolicistico, quadro reversibile con il calo ponderale.

L�obesità infine determina molte alterazioni cardia-che, sia strutturali che emodinamiche: essa induce unaumento del flusso sanguigno e della gittata cardiaca, conconseguente tendenza all�aumento della pressione arte-riosa. Le apnee notturne che così spesso si riscontranonell�obeso, affetto da apnea ostruttiva nel sonno (vediCapitolo 36, pag. 851), possono contribuire all�iperten-sione dell�arteria polmonare. Tutto questo conduce a unacardio-miopatia.

Comunque è da evitare di collegare direttamente unelevato indice di massa corporea con un aumento dellamortalità totale: recenti studi hanno messo in evidenzache:

pazienti in sovrappeso con indice di massa corporeafra 25 e 30 hanno un minor rischio di mortalità totalee di mortalità per cause cardio-vascolari;pazienti obesi (IMC fra 30 e 35) non hanno un aumen-

Tabella 14.31 - Diagnosi differenziali nell�obesità dell�etàevolutiva.

CAUSE GENERALI SITUAZIONE PATOLOGICA SPECIFICA

Cause endocrine

Sindromi genetiche

Altre sindromi

Sindrome di CushingIpotiroidismoIperinsulinemiaDisfunzione ipotalamicaSindrome di Prader-WilliSindrome dell�ovaio policistico (Stein-Leventhal)Pseudoipoparatiroidismo tipo ISindrome di TurnerSindrome di Laurence-Moon-BiedlSindrome di Alström-HallgrenSindrome di CohenSindrome di Carpenter

Tabella 14.32 - Complicazioni dell�obesità in età evolutiva.

COMPLICAZIONIGENERALI

SITUAZIONE PATOLOGICA SPECIFICA

Cardio-vascolari

Endocrine

Gastro-intestinali

Polmonari

Muscolo- scheletriche

Neurologiche

Aumento della pressione arteriosaAumento dei livelli di colesterolo totaleAumento della trigliceridemiaAumento delle lipoproteine a bassa den-

sità (LDL)Aumento delle lipoproteine a densità mol-

to bassa (VDL)Diminuzione delle proteine ad alta densi-

tà (HDL)Iperinsulinismo e aumento della resisten-

za all�insulinaDiabete mellito non insulino-dipendenteNei soggetti di sesso femminile: � menarca precoce � menopausa precoce � disordini mestruali � sindrome dell�ovaio policisticoNei soggetti di sesso maschile: � diminuiti livelli di testosterone � oligospermia � aumentati livelli di estradioloColelitiasiSteatoepatite (spesso con ipertransami-

nasemia), fibrosi periportale, cirrosiSindrome di Pickwick: apnea ostruttiva nel

sonnoIpoventilazione polmonare primariaAsmaAlterazioni della funzione polmonare

OsteoartriteMalattia di Blunt (tibia vara)Epifisi femorali punteggiate

Pseudotumor cerebri

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286 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

tato rischio di mortalità totale e per malattie cardio-va-scolari;pazienti fortemente obesi (IMC 35) non hanno unaumento della mortalità totale, ma hanno un rischiomaggiore di mortalità cardio-vascolare.Questi rilievi dimostrano che l�indice di massa corpo-

rea non è in grado di discriminare la massa magra e lamassa grassa del nostro corpo.

Come abbiamo visto l�obesità si associa spesso a unaumento, per lo più modesto, delle aminotransferasi,riconducibile a una steatosi epatica non-alcolica. Alcunidi questi casi di steatosi evolvono in fibrosi epatica, finoalla cirrosi, con modificazioni non più transitorie, mapermanenti. I soggetti in sovrappeso od obesi, soprattuttose di sesso femminile, vanno incontro a deformità degliarti inferiori (ginocchio valgo soprattutto) che li predi-spongono ad alterazioni ossee nelle età succesive e atraumi di vario tipo, fino alle fratture.

Casi di pseudotumor cerebri sono stati descritti, conuna frequenza 15 volte il normale, in soggetti con elevatoindice di massa corporea.

L�obesità e l�insulino-resistenza condizionano unostato �microinfiammatorio� (vedi pag. 284) che sta allabase delle più gravi complicazioni cardio-vascolari edepatiche. La popolazione obesa ha una maggiore tenden-za a sviluppare infezioni di vario tipo, comprese quellepost-operatorie, e a presentare delle complicazioni, comeconseguenza dell�infezione.

Gli adolescenti sovrappeso e obesi vengono emargi-nati nella società.

Il sovrappeso e l�obesità possono contribuire a un�in-sufficiente capacità di allattamento al seno nelle primasettimana dopo il parto.

È stato notato un aumento nel numero delle morti indonne obese con ridotta attività fisica: obesità e inattivitàsono due forti predittori, che agiscono indipendentemen-te. Una perdita degli anni di vita è stata notata d�altraparte in ambedue i sessi.

Prevenzione e trattamentoÈ ormai chiaro che la prevenzione del sovrappeso e

dell�obesità deve inziare prima della gravidanza e devecontinuare nella prima infanzia.

Nel campo della prevenzione il pediatra deve avverti-re la famiglia che è inutile somministrare nutrienti al dilà di quanto non richieda l�istinto del bambino, che ènecessario ridurre il numero delle ore che il bambinopassa davanti al televisore, e che è sempre utile spendereenergia per camminare, per l�esecuzione di esercizi gin-nici a domicilio o per praticare qualche sport.

L�Accademia Americana di Pediatria raccomanda chetutti i bambini con almeno due fattori di rischio (storiafamiliare di diabete mellito tipo 2, screening per il diabe-te mellito tipo 2 a partire dall�età di 10 anni, appartenenzaa gruppi etnici suscettibili, ipertensione, dislipidemia,acantosi nigricans, sindrome dell�ovaio policistico)siano sottoposti ad accertamenti, a partire dall�età di 10

anni, e successivamente ogni 2 anni. La curva da caricodi glucosio è la prima prova per lo screening del diabetemellito tipo 2 nel bambino e nell�adolescente.

Bastano 50 calorie in più al giorno per aumentare di peso 2,5kg in un anno. 50 calorie corrispondono a:� 1 cucchiaino di burro;� 2 cucchiaini e mezzo di zucchero.

Un basso peso alla nascita per l�età gestazionale, indi-ce di insufficienza placentare, fumo materno in gravidan-za, o alternativamente macrosomia per diabete maternogestazionale, possono essere associati successivamente aobesità.

Per prima cosa il pediatra, di fronte a un bambinoobeso, deve domandare ai genitori se essi sono d�accordocon questa diagnosi: a volte il bambino obeso giungeall�ambulatorio del pediatra per una malattia intercorren-te e il rilievo dell�obesità è occasionale. Una volta trovatol�accordo coi genitori è bene accertare se essi sianoconvinti che essere obesi comporta un certo rischio perla salute, attuale e futura, del bambino; se la risposta è sì,va posta l�ultima domanda, quella dalla quale dipende ilsuccesso o meno della vostra opera: �il bambino e lafamiglia sono coscienti che per dimagrire sono necessariun forte impegno e una qualche sofferenza da parte ditutti?�. Se le risposte sono tutte positive, il pediatra puòoffrire la propria opera per cercare di risolvere il sovrap-peso del bambino.

In un bambino già obeso queste possono essere lelinee direttive:

ridurre gli introiti alimentari (meglio se sotto la guidadi un dietista, ma sempre sotto il controllo del pedia-tra);aumentare i consumi;coinvolgere la famiglia, attraverso il colloquio, dalquale deve risaltare la difficoltà di raggiungere ancheun parziale successo;conquistare la fiducia della famiglia e del bambino peraumentare le probabilità di successo.Una restrizione calorica media può essere iniziata in

qualsiasi bambino obeso o sovrappeso, quando la fami-glia sia motivata a cambiare la abitudini alimentari. Tut-tavia una riduzione o un arresto del peso si raggiungonopiù facilmente con un aumento della spesa energetica.Sono sempre da prescrivere un ridotto consumo deglizuccheri semplici e un aumentato consumo di fibre.

Molta importanza è stata data all�induzione del sensodi sazietà dopo un pasto. A questo proposito è stato fattoriferimento all�indice glicemico, che misura gli effetti diun alimento sui livelli post-prandiali della glicemia; essoviene definito come l�area al di sotto della curva dirisposta glicemica dopo il consumo di 50 g di carboidrati,con riferimento al pane bianco o al glucosio. I cibi cheevocano un rapido aumento dei livelli della glicemia

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287ALTRI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

sono chiamati �ad alto indice glicemico�, mentre quelliche determinano una minima fluttuazione sono chiamati�a basso indice glicemico�. Le diete a basso indiceglicemico hanno bassi livelli di glicemia, scarsa rispostain insulina, migliorano il profilo dei lipidi, aumentano lasensibilità all�insulina e riducono la lipogenesi. Le dietea basso indice glicemico sono utili nei bambini e negliadolescenti obesi, nei quali le percentuali di secrezioned�insulina sono generalmente più alte di quelle presentinei loro coetanei magri; con questa dieta il prolungatosenso di sazietà, associato con i cibi a basso indiceglicemico, è un metodo efficace per ridurre l�introitocalorico e per ottenere un controllo del peso di lungadurata. Nella pratica una dieta a basso indice glicemicoconsiste di carne di pollo, verdure con condimento, fruttae biscotti a pranzo, insieme a prosciutto, formaggio e unamela a cena.

Un aumento dell�attività motoria è sempre fortementeopportuno.

Va escluso nel bambino qualsiasi trattamento farma-cologico rivolto alla soppressione del senso della fame.Qualche studioso limita l�intervento farmacologico nelbambino e nell�adolescente ai soggetti che abbiano unIMC al 95° percentile o più. Tra i farmaci anoressizzantil�unico agente approvato in età pediatrica è la sibutrami-na, un inibitore non selettivo della riassunzione dellaserotonina, della norepinefrina e della dopamina. Tutta-via il soggetto trattato va controllato strettamente perchésono stati descritte, durante il trattamento, che non devedurare più di 2 anni, lieve ipertensione e tachicardia.L�orlistat, un inibitore della lipasi pancreatica, che au-menta le perdite fecali di trigliceridi, ha permesso diottenere buoni risultati. Negli Stati Uniti l�orlistat è indi-cato in soggetti di età superiore ai 12 anni.

È opportuno che il trattamento farmacologico vengapreso in considerazione nelle forme complicate di obesi-tà o quando fallisca il nostro intervento sullo stile di vitae sulle abitudini alimentari.

Per il trattamento della steatoepatite è stata suggeritala somministrazione di vitamina E; l�acido ursodesossi-colico non ha dimostrato alcuna efficacia.

Il consumo di latte e latticini ha una forte associazioneinversa con la sindrome di resistenza all�insulina fraadulti obesi, tanto da ridurre il rischio di diabete tipo 2 edi malattie cardio-vascolari.

Camminare e correre richiedono spese energetichemaggiori per il bambino obeso. Non è tanto difficile farperdere peso a un bambino nei primi mesi di cura, quantoè difficilissimo impedire che egli in breve tempo, sel�impegno della famiglia si attenua, riprenda il suo so-vrappeso iniziale. Da un punto di vista generale non ètanto importante perdere peso, quanto instaurare un di-verso rapporto con il cibo. Se riusciamo a mantenere ilpeso, riscontrato alla prima visita, alla fine del semestresuccessivo, dobbiamo considerarlo un evidente succes-so, perché nel frattempo l�indice di massa corporea silocalizza in un binario inferiore, perché, come abbiamo

visto, le curve dell�indice di massa corporea cresconocon l�aumentare dell�età.

Non conviene quindi impegnarsi in un soggetto in viadi sviluppo nel tentativo di farlo diminuire di peso; ilnostro obiettivo, altrettanto valido, deve essere quello dimantenere il peso nel tempo. Questa sarebbe già unabella vittoria.

ALTRI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

I disturbi del comportamento alimentare comprendo-no situazioni molto complesse, legate a condizioni psi-cologiche, biologiche e sociali. Esse si distribuiscono inun continuum che va dalla assoluta normalità al pazienteaffetto dal quadro più grave, assumendo caratteristichediverse a seconda dell�età.

La frequenza con la quale queste manifestazioni sipresentano in età evolutiva rende necessario che il pedia-tra acquisisca le nozioni indispensabili per impostareprima il sospetto e poi la diagnosi di queste diverse situa-zioni, che, solo apparentemente, sembrano essere costitu-ite da fenomeni contrari, quali l�anoressia e la bulimia.

Anoressia nervosa

L�anoressia infantile, cioè l�anoressia secondaria deiprimi 2-3 anni di vita, legata a fattori psico-sociali per unalterato rapporto madre/figlio, pur essendo una situazio-ne assolutamente diversa dalla anoressia nervosa, hacomunque degli effetti diretti sia sull�accrescimento sta-turo-ponderale che sullo sviluppo cognitivo.

Completamente diversi il quadro e le conseguenzedell�anoressia nervosa che colpisce soprattuto soggettidi sesso femminile in corrispondenza della pubertà.

L�aumentata incidenza e prevalenza dell�obesità,dell�anoressia e della bulimia nervosa nei bambini e negliadolescenti ha reso indispensabile che il pediatra divengafamiliare con la precoce identificazione e con l�appro-priato trattamento dei disordini della nutrizione. Durantel�ultima decade, la prevalenza dell�obesità nei bambini enegli adolescenti è aumentata in modo significativo, ac-compagnandosi a un�enfasi poco salutare nel prescriverediete e a perseguire perdite di peso.

Oggi si pensa che negli Stati Uniti lo 0,5% delle ado-lescenti soffra di anoressia nervosa e che dall�1 al 5%risponda ai criteri della bulimia nervosa. Dal 10 al 15% ditutti i casi sono rappresentati dai maschi. Accanto a questic�è un numero molto più largo di soggetti con forme piùlievi, che non rientrano nei criteri del Diagnostic andStatistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV) perl�anoressia e la bulimia nervose.

In Italia nel 2000 sono stati identificati 65.000 soggetticon anoressia o bulimia, con 8.500 nuovi casi all�anno.

La causa dell�anoressia mentale è sconosciuta.In una buona percentuale di casi la malattia fa seguito

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288 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

a tentativi di perdere peso, che improvvisamente sfocia-no nella paura di essere grassi e nella costante preoccu-pazione di divenire sempre più sottili.

Il pediatra deve essere sempre pronto a sospettareun�anoressia mentale in un adolescente che dimostriun�evidente perdita di peso; egli inoltre, per quanto ri-guarda la prevenzione, deve tener sempre presente lapossibilità di sviluppo dell�affezione, ogni volta che sitrovi di fronte a un adolescente con peso lievementesuperiore al normale. Egli deve cercare di convincerlo adalimentarsi nel modo più adatto e deve spingerlo verso lapratica di uno sport: non deve mai intervenire in modopesante, ma deve, come sempre, dimostrarsi disponibilee comprensivo nei suoi confronti.

Sono stati individuati alcuni fattori predisponenti, frai quali in primo luogo un comportamento perfezionista,scarsa stima di se stessi e in ben il 40% dei casi una storiadi leggero sovrappeso (Tabella 14.33).

Un altro costante aspetto che caratterizza l�anoressiamentale è l�evidente piacere del paziente di aver raggiun-to un basso peso, per ragioni personali ed emotive. Alcontrario, ogni aumento in peso anche minimo determinauno stato di grave ansietà, che viene immediatamentesuperato quando l�aumento in peso sia scomparso. Leragazze affette da anoressia nervosa sono delle bravecuoche e delle scolare diligenti.

Nonostante la riduzione dell�introito di nutrienti, soloeccezionalmente si manifestano segni o sintomi di caren-ze vitaminiche, ma i capelli cadono di frequente, mentresulle spalle e al volto compare una peluria sottile, similea lanugine. La pelle è ruvida, con una desquamazionefurfuracea.

Nei confronti della dieta prevalgono due comporta-menti antitetici:

il primo è caratterizzato dal digiuno, dall�astinenza odalla forte restrizione;il secondo è rappresentato dalla bulimia occasionale,che si manifesta in improvvisi impulsi a mangiare ingran quantità, spesso un solo tipo di alimento. Allafine dell�abbuffata viene sovente provocato il vomito,o vengono usati lassativi e diuretici per impedire lacomparsa di un aumento di peso. L�esecuzione di eser-

cizi sfrenati è un altro metodo per tenere il peso sottocontrollo.Altri aspetti comprendono la bradicardia, l�osteope-

nia, il ritardo nello svuotamento gastrico, la linfopenia,l�ECG a basso voltaggio, la diminuzione del FEV1, l�ipo-termia, la miopatia, la neuropatia e, nelle forme gravissi-me, i segni della sofferenza cerebrale. Alla risonanzamagnetica è evidente un deficit della sostanza grigia, chepersiste anche quando il peso sia stato riacquistato.

Il livello di leptina è molto basso.Nella maggioranza delle pazienti l�amenorrea, che

insorge quando il peso scende al di sotto dei limiti nor-mali, è dovuta ai bassi livelli ematici di ormone luteiniz-zante, che porta a una ridotta stimolazione ovarica, abassi livelli di estriolo e di progesterone. Le modificazio-ni nell�asse ipotalamo-ipofisi-tiroide comportano un ab-bassamento dei livelli ematici di T3 e di T4. La produ-zione di cortisolo è alta: l�impiego del desametazone nonmodifica, come di norma, i livelli di cortisolo. Il guada-gno in peso e il raggiungimento dei livelli normali cor-reggono tutte le modificazioni endocrine già descritte neisoggetti con anoressia mentale.

La diagnosi differenziale prevede: la malattia di Ad-dison, l�ipertiroidismo, il diabete mellito, la presenza ditumori, la tossicodipendenza, la depressione primaria, laschizofrenia e i disordini ossessivo-compulsivi.

È essenziale che il trattamento sia di tipo multidisci-plinare (pediatra, psicologo, neurologo, dietista), basatosoprattutto su un programma alimentare e su una terapiaindividuale e familiare. Il trattamento risulta sempremolto difficile, perché spesso la famiglia nega l�esistenzadella malattia e ne maschera i sintomi. Lo scopo deltrattamento è quello di ripristinare il giusto peso e diristabilire un corretto comportamento alimentare. Unadeguato apporto di nutrienti, eventualmente per viaendovenosa, è d�altra parte essenziale per salvare la vitadi questi pazienti, ammalatisi acutamente: il ricovero inospedale (quando la perdita di peso superi il 25%) e ilmomentaneo allontanamento dalla famiglia possono es-sere necessari. Da ricordare che l�anoressico, mentrerifiuta il cibo, accetta quasi volentieri le medicine e lediverse prescrizioni mediche, purché non riguardino inutrienti. Una volta superata la fase acuta, prima d�ini-ziare il trattamento vero e proprio è bene, alla presenzadel paziente e dei genitori, stabilire, attraverso la discus-sione e il compromesso, uno schema preciso di tratta-mento. Se il trattamento ha successo, si passa a un�ali-mentazione su base volontaria con l�assunzione di pastiregolari. Il trattamento deve prevedere anche la cura dialcune complicazioni, come la disidratazione, l�ipopo-tassiemia, le gravi disritmie, o la sospensione dell�usoimproprio di alcuni farmaci, come lassativi e diuretici.Chi segue direttamente il paziente deve anche tener contodella possibilità, relativamente frequente, di tentativi disuicidio o di suicidi veri e propri.

In qualche caso è indicata una terapia antidepressivao di stimolo dell�appetito: in questo caso la ciproeptadi-na (Periactin) trova la sua vera indicazione.

Tabella 14.33 - Elementi per la diagnosi di anoressianervosa.

�Sforzi per scendere di peso al di sotto del minimo per l�età e perl�altezza

�Calo di peso al di sotto del 15% di quello ideale e insufficienzaa seguire il naturale guadagno in peso durante la crescita, conla conseguenza di avere un peso che è al di sotto del 15% diquello che ci si aspetta per l�età e per l�altezza

�Alterazione dell�immagine corporea: sentirsi grassi, nonostantel�evidente stato di estrema magrezza

� Intensa paura d�ingrassare, anche di fronte a un�evidente per-dita di peso

�Assenza di almeno 3 cicli mestruali�Nessuna malattia che giustifichi la perdita di peso

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289ALTRI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

A distanza di 21 anni dalla remissione, poco più dellametà dei soggetti risulta completamente guarito, il 20%circa si ritrova in una situazione intermedia, mentre il26% ha avuto un�evoluzione sfavorevole; il 15,6% deltotale (tutti i soggetti appartenevano all�ultimo gruppo)era andato incontro a morte, per condizioni collegateall�anoressia mentale. In tempi più brevi il rischio direcidiva è del 30-40% e la letalità si aggira fra il 3 e il5%; nei sopravvissuti la persistenza di problemi psicolo-gici è elevata (20%).

Bulimia nervosa

Pur sembrando superficialmente che la bulimia sia ilcontrario dell�anoressia, se si osservano meglio i duefenomeni sulla base di quanto rilevato in un sempremaggior numero di soggetti, risulta evidente che esistonofra i due quadri molti punti di contatto, che giustificano,come fanno molti studiosi, la descrizione dell�anoressiamentale e della bulimia nello stesso capitolo.

Il comportamento di un paziente con bulimia mentaleè caratteristico: rimane preda di episodi, sempre piùfrequenti, di abbuffamento, senza riuscire a controllarela sua iperalimentazione. Abbiamo già visto come episo-di di bulimia possano in qualche paziente entrare a farparte del quadro di un�anoressia nervosa (Tabella 14.34).L�applicazione di una dieta, in un soggetto con peso dipoco superiore al normale, è, nella maggior parte dei casi,una precondizione necessaria per lo sviluppo della buli-mia. La prevalenza è intorno al 5%, con un rapportofemmine/maschi di 5-6:1, cioè un po� più basso di quellodell�anoressia mentale.

Durante la crisi di bulimia il paziente ingerisce quan-tità impensabili del cibo proibito, quasi sempre ricco in

carboidrati e in grassi (Tabella 14.35), ma può mangiareanche gli avanzi di cibo, assolutamente non graditi alpalato. I cibi vengono assunti con grande rapidità e dinascosto, senza tener conto del gusto. Il vomito concludespesso la crisi bulimica: la maggior parte delle alterazionimetaboliche è un effetto diretto del vomito.

Confrontando un paziente bulimico con uno con ano-ressia nervosa, è più facile riscontrare nei soggetti conbulimia alterazioni della personalità, difficoltà a control-lare gli impulsi (piccoli furti, tossicodipendenza, promi-scuità sessuale), storia personale o familiare di alterazio-ni affettive, insieme a una risposta positiva ai farmaciantidepressivi. Questi pazienti risultano spesso imbaraz-zati, si sentono colpevoli, si vergognano delle loro crisibulimiche.

Si deve sempre adottare un avvicinamento multidisci-plinare al problema (dietisti, educatori, psicologi, psi-chiatri, pediatri, neurologi): i farmaci antidepressivi tro-vano una corretta indicazione. Il 5% di questi pazientitenta il suicidio.

Intolleranze e allergie alimentari

Una persona mangia nella sua vita da 2 a 3 tonnellatedi alimenti, ma, nonostante questo, la maggior parte degliindividui non mostra reazioni contrarie ai cibi. Tuttavia,circa il 25% di essi pensa di avere una reazione allergicaa un alimento, anche se in realtà la prevalenza di questidisturbi è molto inferiore e va dal 2 all�8% nei bambinipiccoli fino a meno del 2% nell�adulto.

Le più comuni fonti di allergia o intolleranza nelbambino sono rappresentate dal latte vaccino (2%), dalleuova (1,3%), dalle noccioline (0,5%), dalla soia, dalgrano, dalle noci, dai pesci e dai frutti di mare.

Tabella 14.34 - Caratteristiche rispettive dell�anoressia e della bulimia nervosa.

ANORESSIA NERVOSA BULIMIA NERVOSA

Forte preoccupazione per il ciboPerdita di pesoSesso femminileStoria familiareMetodi per controllare il peso

Senso di colpevolezza e di vergognaNegazione del fenomenoPersonalitàEtà d�esordioEndocrinopatia/metabolismo

Complicazioni cardio-vascolari

Complicazioni gastro-intestinali

Aspetti psichiatrici

SìGrave95%Positiva per anoressia mentaleGrave restrizione alimentare, vomito, esercizio fisico

NessunoSìRitirata, asessualeBimodale: 13-14 anni e 17-18 anniAmenorrea, aumento dell�ormone della crescita, osteoporosi, ipotermia,ipercarotenemia

Bradicardia, ipotensione, aritmie

Stitichezza, elevazione dell�attività degli enzimi epatici

Depressione, suicidio, paure ossessive

SìFluttuante90-95%Positiva per depressioneRestrizione e crisi bulimiche con vomito indotto e uso di diuretici e lassativi

SìNoLibera, eterosessuale17-25 anniIrregolarità mestruali, ipopotassiemia

Miocardite e infarto miocardico acuto da ipecacuana, usata per procurarsi il vomito

Dilatazione e rottura gastrica, esofagite, tumefazione delle parotidi, erosione dello smalto dei denti

Comportamenti impulsivi, dipendenza da alcol o da droghe, depressione, suicidio

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290 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

Le reazioni alimentari contrarie, cioè le risposteanormali all�ingestione di un alimento (Tabella 14.36),possono essere suddivise per quanto riguarda la causa in:

reazioni contrarie non immunomediate (Tabella14.37);reazioni contrarie immunomediate (Tabella 14.38 eFigura 14.15), da suddividere in IgE-mediate e nonIgE-mediate.L�avvelenamento, chiamato ciguatera, è la più comu-

ne causa non immune di malattia di origine alimentare,dovuta a sostanze chimiche presenti in alcuni pescitropicali, che si sono alimentati con alghe dinoflagellate.La malattia è caratterizzata inizialmente da gravi sinto-mi gastro-intestinali, seguiti da compromissione neuro-logica.

Nei Paesi occidentali la più comune intolleranza èquella al lattosio, presente nel latte vaccino, per deficien-za della lattasi intestinale. La mancanza dell�enzimaporta a un�aumentata concentrazione di lattosio nel co-lon, dove i batteri lo convertono in CO2, idrogeno eacqua. I sintomi, legati a un�eccessiva produzione di gas,

comprendono crampi addominali, flatulenza e diarrea. InItalia altre condizioni ereditarie-metaboliche sono l�in-sufficienza pancreatica e la deficienza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi.

Un fenomeno molto frequente nelle reazioni immunia carico dell�apparato gastro-intestinale è quello dellatolleranza, cioè, della scomparsa, dopo anni dall�inizio,della sintomatologia legata all�introduzione, per esem-pio, delle proteine del latte vaccino. Un soggetto diventatollerante quando una proteina alimentare può entrare incircolo o può venire in contatto con tutte le cellule im-muni senza indurre una manifestazione immunologica.In seguito all�acquisizione della tolleranza, un bambinoche nel 1° anno di vita aveva dimostrato la comparsa disintomi (vomito, diarrea, sintomi generali) al contattocon le proteine del latte vaccino, durante il 2° anno, o

Tabella 14.35 - Criteri diagnostici nella bulimia nervosa secondo il DSM-IV.

�Episodi ricorrenti di alimentazione sfrenata, con rapido consumo di grandi quantità di cibo in brevi periodi di tempo: almeno 2 episodi allasettimana per 3 mesi

�Eccessivo interessamento per la forma e per il peso del corpo�Almeno 3 delle 5 situazioni riportate:

� consumo di cibi altamente calorici, spesso difficilmente digeribili, durante un�abbuffata� consumo di altri cibi relativamente basso, durante una crisi di bulimia� alla fine della crisi bulimica, dolori addominali, vomito indotto, sonno e interruzione dei rapporti sociali� ripetuti tentativi di perdere peso con diete restrittive, purganti, diuretici e vomito provocato� frequenti fluttuazioni del peso, di oltre 4,5 kg, sia verso l�alto che verso il basso

�Consapevolezza di avere un anormale comportamento alimentare, paura di essere incapace di fermare l�introduzione di cibo con la volontà;mancanza assoluta di controllo durante la crisi bulimica

�Depressione e autocommiserazione dopo la crisi�Esclusione dell�anoressia nervosa e di cause fisiche conosciute degli episodi di bulimia

Tabella 14.36 - Manifestazioni immuni indotte dagli ali-menti.

SEDE DELLA REAZIONE TIPO DI REAZIONE

Cute

Albero respiratorio

Apparato gastro-intestinaleGeneralizzata: anafilassi

Orticaria acuta e angioedemaOrticaria da contattoOrticaria cronica e angioedemaDermatite atopicaDermatite erpetiformeRinite allergicaAsmaEmosiderosi polmonare indotta dagli alimenti

Enterite acutaIndotta dai cibiIndotta dall�esercizio

(Modificata da Spergel J.M. e Pawlowski N.A.: Food allergy: mechanism,diagnosis and management in children, Pediatr Clin North Am 49:73-96,2002.)

Tabella 14.37 - Cause di reazioni contrarie non immuno-mediate.

Metaboliche

Farmacologiche

Tossiche

Infettive

Disaccaridasi deficienza: deficienza di lattasiFavismo: deficienza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi

Insufficienza pancreatica: fibrosi cisticaGalactosemiaFenilchetonuria e altri errori congeniti del metabolismo

CaffeinaIstaminaTiraminaAromi e conservanti: metabisolfito di sodioColori: tartrazinaTossine batteriche o fungine: Clostridium botulinum, aflatossine

Tossine dei pesci: tonno, sgombroChimiche: ciguateraContaminanti: metalli pesanti, pesticidiParassiti: GiardiaBatteriche: Salmonella sp.Virali: epatite

(Sampson H.: Food allergy II: diagnosis and management, J Allergy Clin Im-munol 103:981-9, 1999.)

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291ALTRI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

meglio al suo compimento, tollera al 100% queste prote-ine, che non sono più capaci d�indurre una reazioneimmune.

Per definire una reazione contraria immunologicaIgE-mediata è necessario che essa avvenga rapidamente,spesso entro pochi minuti e sempre prima di due ore emezzo. Le forme intestinali immuni non IgE-mediateiniziano in generale dopo 1,5 ore dall�ingestione dell�ali-mento; anche nelle forme miste l�inizio dei sintomi èritardato.

È stato visto che ritardare l�esposizione iniziale aicereali dopo i 6 mesi può amentare, invece che diminuire,il rischio di sviluppare un�allergia al frumento.

La sola terapia efficace per l�allergia alimentare èl�allontanamento dell�alimento in causa. I farmaci ven-gono usati in generale solo per trattare alcuni sintomiatopici specifici; a volte gli steroidi per via orale sonoindicati nelle gravi enteropatie. Tutti i pazienti a rischiodi anafilassi debbono essere abituati a riconoscere i primi

Tabella 14.38 - Reazioni contrarie immuno-mediate acarico dell�apparato gastro-intestinale.

TIPO D�IMMUNO-MEDIAZIONE

QUADRO CLINICO

IgE-mediate

Non IgE-mediate

Meccanismi immuni misti (IgE e cellule T)

Allergia oraleIpersensibilità immediata dell�ap-

parato gastro-intestinale (vomi-to, nausea, coliche, dolori addo-minali, diarrea)

Enteropatia da proteine alimentariEnterocolite, proctite, enteropatia

indotte dalle proteine alimentari(FPIES): vomito e diarrea, associa-ti a quadro shock-simile

Proctite da proteine alimentari

Esofagite eosinofilaGastrite eosinofilaGastroenterite eosinofila

Figura 14.15 - Valutazione disintomi gastro-intestinali, so-spetti di essere IgE-mediati.

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292 14 - NUTRIZIONE ED EVENTI PATOLOGICI AD ESSA COLLEGATI

sintomi e a trattare adeguatamente le eventuali crisi dianafilassi. L�adrenalina autoiniettabile rappresenta unmezzo essenziale, da mettere a disposizione dei soggettiad alto rischio.

ALIMENTAZIONE IN ALCUNE SITUAZIONI NORMALI

E PATOLOGICHE

Nutrizione enterale e parenterale

Esistono alcune controindicazioni all�alimentazioneper via orale, rappresentate dalle ostruzioni e dalle per-forazioni intestinali, dalla ritenzione gastrica, dallegravi emorragie gastro-intestinali, dalle malattie croni-che intestinali o dalla prematuranza: tutte situazioni cherichiedono vie alternative per la somministrazione deinutrienti.

Altre volte, in occasione di situazioni di ridotta dige-stione intestinale o d�ipersensibilità alle proteine del lat-te, vengono usate diete, cosiddette elementari, costituiteda idrolisati proteici spinti (vedi pag. 250), che hannocome caratteristica comune quella di essere poco palata-bili. In questi casi, specialmente nei bambini più grandi,la soluzione viene somministrata, mediante un tubinonaso-gastrico, direttamente nello stomaco (alimentazio-ne enterale); questa via di somministrazione è moltousata anche nei pretermine e nei bambini che abbianocomunque difetti della deglutizione o in quelli nei qualisi voglia forzare l�assunzione di cibo. Nei casi più graviall�alimentazione enterale va associata l�alimentazioneparenterale per via venosa.

Esistono alcune complicazioni che possono insorgerein seguito all�inserzione di un catetere naso-gastrico:prima fra tutte l�erosione del setto nasale, la risalita delcatetere in esofago e la successiva discesa nelle vie aeree,il passaggio dallo stomaco al duodeno o, infine, la perfo-razione della parete gastrica. I cateteri di silastic riduconol�incidenza delle complicazioni. Se si prevede che l�ali-mentazione enterale debba durare a lungo, si può ricor-rere a una gastrostomia percutanea, con posizionamentodi un catetere.

La nutrizione parenterale va presa in considerazionequando non sia possibile un apporto alimentare adeguatoalla crescita normale, con la più semplice alimentazioneenterale: nonostante questo, in ogni caso l�alimentazioneenterale rimane la preferita, perché più fisiologica, menocostosa e gravata da minori complicazioni. Spesso lanutrizione parenterale completa quella enterale, almenofinché quest�ultima sia in grado di fornire una parterelativamente elevata di nutrienti.

La nutrizione parenterale trova la sua indicazionenelle anomalie congenite gastro-intestinali, nelle enteritinecrotizzanti gravi, nella sindrome dell�intestino corto,nella diarrea intrattabile, che non risponde all�alimenta-zione enterale. Ma essa può trovare un utile impiego

anche in pazienti con traumi estesi, ustioni, malattiemaligne, insufficienza di molteplici organi e apparati e,nelle forme gravi, di malattie infiammatorie croniche.

Nella maggior parte dei casi per la nutrizione parente-rale viene usata una via di accesso venosa periferica,sostituita da una via di accesso centrale quando quellaperiferica non sia più praticabile. Nel caso in cui sipreveda un uso prolungato, può essere istituita findall�inizio una via di accesso centrale. Mediante soluzio-ni dei diversi nutrienti si somministrano calorie, amino-acidi, elettroliti, vitamine, minerali (eccetto il ferro),elementi traccia e acidi grassi essenziali. Le calorie nonproteiche sono costituite da carboidrati (glucosio) e daun�emulsione di lipidi al 20%.

Le soluzioni usate per la nutrizione parenterale peri-ferica sono costituite da:

soluzione di glucosio al 10-12%;soluzione di aminoacidi al 2-3% o più (per fornire 0,8-2 g di proteine/kg/24 ore nei bambini di qualche anno,di 1,5-3 g/kg/24 ore nei nati a termine e di 2,5-3,5/kg/24 ore nei pretermine);lipidi, all�inizio 0,5-1 g/kg/24 ore per arrivare a 2-4 g/24 ore (compresi di acidi grassi essenziali).La densità calorica delle soluzioni di glucosio e di

aminoacidi è limitata dall�osmolarità delle soluzioni(10% di glucosio = 550 mOsm), poiché soluzioni conun�osmolarità superiore a 600 mOsm/l causano flebitenelle vene periferiche. Sono i lipidi, dotati di elevatadensità calorica e di bassa osmolarità, che forniscono lecalorie necessarie rimanenti. Da tener presente che lenecessità caloriche per via venosa sono del 10% inferioria quelle richieste nell�alimentazione enterale, per la man-canza di perdite con le feci e di spese caloriche, in seguitoall�effetto termico dei nutrienti.

Le soluzioni usate per la nutrizione parenterale centra-le differiscono da quelle usate per l�accesso periferico,soprattutto per la concentrazione di glucosio, che puòessere elevata al 20% e, in rari casi, fino al 30%. Laconcentrazione di aminoacidi, di minerali traccia e divitamine va adattata al singolo paziente. Il catetere vieneposizionato chirurgicamente in una branca della venasucclavia o della vena giugulare e attraverso un tunnelnel sottocute viene messo in comunicazione con l�ester-no a livello della parete anteriore del torace; esso vienespinto prossimalmente fino all�atrio destro. L�elevatoflusso ematico nelle vene centrali diminuisce il rischionell�uso di soluzioni altamente concentrate.

Nel corso della nutrizione parenterale vanno di conti-nuo controllati il catetere, la sua sede d�infissione nellacute, il bilancio dei liquidi e degli elettroliti, la crescita ele risposte metaboliche del bambino.

Gli esami di laboratorio comprendono la determina-zione della glicemia, dell�azoto ureico, della creatinina,del calcio, del fosforo, del magnesio, della bilirubina(coniugata e non coniugata), dell�albumina, degli enzimiepatici e dei trigliceridi: essi vanno determinati primadell�inizio del trattamento e poi con cadenza settimanale.

Le complicazioni sono numerose: si tratta di compli-cazioni di tipo metabolico, di tipo tecnico (riferentesi al

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293ALIMENTAZIONE IN ALCUNE SITUAZIONI NORMALI E PATOLOGICHE

catetere) e di tipo infettivo. Quella che si verifica abba-stanza spesso, quando la nutrizione enterale perduri peroltre 2 settimane, è l�alterata funzione dell�albero epato-biliare con la comparsa della colestasi, che consiglia ilpassaggio in tempi brevi all�alimentazione enterale. Losbocco del catetere deve essere accuratamente pulito consoluzioni asettiche, in situazioni di assoluta sterilità. Neipretermine l�uso prolungato dell�alimentazione enteraleo della nutrizione parenterale può successivamente ren-dere difficile il passaggio alla nutrizione per le vie natu-rali, per la perdita del riflesso della deglutizione: perevitare questo inconveniente viene comunemente usatoil succhiotto, allo scopo di mantenere un minimo difunzione: spesso alla fine della nutrizione parenterale ènecessario attendere qualche giorno perché il lattanteriacquisti in pieno tutte le sue funzioni.

Alimenti contaminati e sicurezza alimentare

Di recente si sono verificati numerosi episodi chehanno richiamato l�attenzione dell�opinione pubblicasulla sicurezza degli alimenti, che sono risultati contami-nati da:

sostanze chimiche di origine naturale o xenobiotici;agenti eziologici di malattie infettive;contaminanti fisici;altro.Capita spesso che la popolazione, eccessivamente al-

larmata, smetta di consumare tutti quei prodotti che inqualche modo potrebbero essere fonte di potenziali ri-schi. Purtroppo non sempre sono disponibili informazio-ni scientifiche che consentano un�adeguata analisi deirischi. Tuttavia merita ricordare che, dopo brevi periodidi grande allarmismo, l�interesse dei mass-media si ab-bassa e anche i consumatori riacquistano la necessariaserenità, almeno fino all�allarme successivo.

Ricordo l�allarme per il Sudan I del 9 maggio 2003,l�allarme per la semicarbazide (usata per sigillare i

vasetti di vetro degli omogeneizzati e liofilizzati), l�al-larme per i norovirus (calicovirus) e del tutto di recenteper il virus dell�influenza aviaria, che ha messo in crisiil mercato della carne del pollo e degli altri animali dacortile.

Un aspetto particolare è quello del trattamento diprodotti alimentari con radiazioni ionizzanti: questatecnica, riconosciuta dalla FAO già nel 1984, continua aprovocare ancora oggi perplessità e dibattiti. Mentrel�Unione Internazionale delle Organizzazioni dei Consu-matori (UICO) è contraria, tutte le altre organizzazioniinternazionali sono a favore della sua applicazione sularga scala. In effetti il trattamento radiante presentavantaggi e svantaggi. Fra i primi, i più importanti riguar-dano la maggior sicurezza sanitaria degli alimenti e lariduzione del deterioramento; inoltre questa tecnica ri-chiede un basso consumo di energia e quindi un impattoambientale ridotto rispetto ad altre metodiche di conser-vazione. Tra gli svantaggi vi sono: la perdita selettivadelle vitamine; non tutti i microrganismi, le tossine, lespore, gli enzimi e i virus, presenti nel cibo al momentodel trattamento, sono completamente inattivati dalle dosisomministrate di irradiazione.

Vengono usati i raggi , emessi da una sorgente dicesio 137 o di cobalto 60 o da fasci di fotoni o di elettroni.

In Italia il trattamento degli alimenti con radiazioniionizzanti è disciplinato dal Decreto Legislativo del 30gennaio 2001 n. 945, che dà attuazione alle Direttivecomunitarie 1999/2/CE e 1999/3/CE. I prodotti sottopo-sti a irradiazione debbono essere provvisti di un�etichettacon la dicitura �irradiato� e l�indicazione della denomi-nazione e dell�indirizzo dell�impianto che ha effettuatol�irradiazione. In Italia è consentito sottoporre a irradia-zione le patate, l�aglio e le cipolle. L�Istituto Superioredi Sanità individua i metodi che possono essere utilizzatiper irradiare; esso ha inoltre il compito di eseguire leanalisi di revisione. Presto l�Italia si troverà costretta adaffrontare l�immissione nel mercato interno di prodottitrattati in altri Paesi europei.

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