cento milioni di sudditi - … · con la rivoluzione scientifica si ha un approccio alla realtà in...
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CENTO MILIONI DI SUDDITI
Verso la fine del Seicento si ritiene che l’Europa contasse circa cento milioni di abitanti.
I sudditi non erano cittadini, avevano pochi diritti ma anche pochi doveri.
Inoltre erano obbligati a pagare le imposte e a prestare il servizio militare.
Per gli uomini come per le donne dell’età moderna, il grosso della vita si svolgeva al di fuori di ogni
dimensione politica o burocratica. I sovrani d’europa condivisero la tendenza di trasferire le loro
residenze a una distanza di sicurezza dalle loro capitali, per timore delle sommosse, e affidavano la
propria immagine alla propaganda, rivolta soprattutto alle èlite.
Il nodo centrale del consenso verso i sovrani era la legge dell’”economia morale” delle società
europee moderne: evitare dunque che il popolo, sempre a rischio di penuria e carestie, patisse la
fame.
NASCERE E MORIRE
L’andamento demografico europeo nell’età moderna era caratterizzato da una vita media relativamente
breve, da alta natalità e da alta mortalità.Alla nascita, la speranza di vita di un bambino era più ridotta che
ai nostri giorni: per le carenze nell’alimentazione e nell’igiene. Al tempo stesso la fertilità delle donne era
maggiore, aveva nel corso della sua vita matrimoniale anche dieci o quindici figli.
Si facevano tanti figli per tre motivi per CALCOLO
per IGNORANZA
per DISPERAZIONE
Per calcolo perché la forza lavoro umana era preziosa;
per ignoranza poiché non si conoscevano affatto le tecniche contraccettive;
per disperazione, perché si sapeva che molti bambini sarebbero morti prima dell’età adulta.
La chiesa rendeva solenni i passaggi dell’esistenza attraverso la celebrazione sacramentale della nascita e
della morte, ovverosia battesimo e unzione dei defunti, ritualizzati nella vita delle comunità.
La scelta della madrina e del padrino del neonato, serviva a stringere legami tra una famiglia e l’altra.
IL BATTESIMO, dipinto di Pietro Longhi (1755-1757)
SPOSARSi
Il matrimonio non era affatto cosa scontata e nemmeno romantica come oggi si
intende. Essendo un "contratto" stipulato tra grandi casate esso aveva un'iter lungo e
difficoltoso che non teneva conto dell'amore. Era determinato da calcoli economici e strategie di alleanza tra famiglie.
Per coloro che abitavano in piccoli villaggi sposarsi non era semplice, poiché
l’esperienza che una fecondazione tra consanguinei può provocare gravi difetti
congeniti nel nascituro, era risaputa. Soluzione a questo problema era dunque
rinunciare a sposarsi all’interno della propria comunità e trovare moglie nei villaggi
più lontani.
APPROFONDIMENTO LE ETA' DEGLI SPOSI
L’età media della sposa poteva variare dai 14 anni ai 18 a seconda della famiglia. Usualmente
venivano date in spose appena si presentava il ciclo mestruale che già allora si sapeva che era
segnale della fertilità della donna. Prima del XVI secolo ci sono spose giovanissime di addirittura 12
anni come ci testimoniano i testi teatrali e letterari. Questo perché la vita media era breve e si
riteneva che una donna tanto più giovane era, tanto più resistente alle fatiche del parto e fertile
sarebbe stata in futuro.Il marito in media poteva avere dai 10 anni in su più della sposa essendo
doveroso che questi fosse dotato di grandi beni e una posizione sociale di un certo livello.
Posizione che ovviamente non veniva raggiunta, salvo qualche caso, nella giovinezza ma verso l'età
matura che per un uomo poteva partire dai 25 anni.
LA CONDIZIONE DELLA DONNA
Le donne, vivevano in una condizione di sottomissione all’autorità del padre e del
marito, vincolate a regole sessuali e patriarcali, a cui sfuggivano raramente, e solo in
caso di vedovanza. Ma anche l’autonomia delle vedove era malvista. Una vedova in
effetti era costretta a sposare il cognato, se questi era vedovo a sua volta: cosi’ da non
disperdere beni al di fuori della famiglia di sangue.
APPROFONDIMENTO Si parlerà ora delle donne dei ceti più basse, le povere donne
campagnole. Anch'esse si occupavano della casa e filavano. Ma svolgevano molte altre faccende oltre a
queste.In campagna: era a loro affidata la tosatura delle pecore e la raccolta del lino e la canapa,
che sarebbe stata poi da loro filata e tessuta. Coltivavano l'orto per poter raccogliere verdure e
ortaggi da poter mangiare o vendere, per lo stesso scopo si occupavano di ovile, pollaio e stalla.
Nelle stagioni estive, ove il lavoro nei campi si faceva più costante, venivano aiutate dagli uomini
per quanto riguardava la raccolta del fieno e la sarchiatura della terra. L'economia campagnola
prevedeva anche l'allevamento dei bachi da seta, al quale si dedicavano esclusivamente le donne.
Sebbene già nei secoli precedenti era una lavorazione molto propagata, fu nel Seicento ad
assumere un'importanza centrale. In città: le donne lavoravano anche come bambinaie, lavandaie
ed operaie tessili, quindi non "in proprio", bensì in una fabbrica tessile. A svolgere questi lavori
erano perlopiù le donne sole, le donne maritate affidavano loro stesse i bambini alle balie, per
poter svolgere altri compiti. Le domestiche erano senz'altro le donne più fortunate: passavano
tutta la vita nelle case dei ricchi.
Jacopo di Chimenti, matrimonio di Caterina
LA VITA DELLE COSE: il miglioramento della qualità della vita
La vita quotidiana nell’Europa del Sei e Settecento poteva considerarsi un cumulo di miserie per le
guerre disastrose, carestie ricorrenti, morti per pestilenze, abbandono dei bambini, caccia alle
streghe, ecc. .In realtà non è stato proprio così per tanti fattori legati alla rivoluzione scientifica
(fine ‘500 e inizio ‘600), ammodernamento dei trasporti, potenziamento dell’amministrazione
statale. Con la Rivoluzione Scientifica si ha un approccio alla realtà in maniera più razionale e
grazie ai miglioramenti nell’igiene pubblica, le epidemie di peste si fecero più rare fino a
scomparire durante il Settecento. I bambini abbandonati venivano raccolti e usufruivano di
assistenze più accurate. L’aumento delle infrastrutture, come strade, ponti, canali, favorì la
circolazione di beni ( grano, olio, ecc. ) e di merci in genere favorendo la circolazione di monete.
Inoltre l’economia dipendeva dalla posizione geografica dei vari stati, per cui le aree più floride
erano quelle mediterranee con climi temperati perché le merci e gli uomini viaggiavano
agevolmente per via d’acqua.
I RISCHI DEL VIAGGIO
Viaggiare per via di terra era lento e insicuro perché si potevano incontrare durante il cammino
bande di briganti che assalivano i convogli e rapinavano il bottino, mentre la polizia non poteva
controllare tutto il territorio che invece doveva essere sicuro e praticabile sia per i sovrani (
perspostare le truppe) che per i commercianti. Con il commercio si incrementò la circolazione di
denaro, la fortuna dei finanzieri, in un primo tempo italiani e tedeschi, che prestavano denaro a
interesse sia ai sovrani che ai nobili e se i debitori non erano in grado di restituire i soldi, i creditori
aumentavano i tassi. Ecco perché i re e i nobili per non pagare troppi interessi riscuotevano le
tasse dalla gente comune come borghesi, artigiani e contadini.
I CONFINI DELLO SPAZIO E DEL TEMPO
Sin dagli inizi dell'età moderna abbiamo a che fare con un rapporto con lo spazio completamente
opposto rispetto a quello odierno, come ben noto vi era una grande voglia di esplorare l'inesplorato
e spingersi oltre i confini del proprio villaggio varcando i limiti del CAMPANILISMO
(attaccamento al proprio paese d'origine) al quale si era soggetti.
Come possiamo immaginare però il lusso di viaggiare e avere la possibilità di varcare le soglie di
paesi come la Germania , le Fiandre, o la Svizzera era riservato a coloro che erano talmente ricchi
da poter dedicare mesi o addirittura anni a questi viaggi che confluivano nel rinomato GRAND
TOUR.
Il più diffuso fine di viaggio era il lavoro, molti agricoltori nei periodi di pausa dai campi si
dirigevano verso metropoli come Londra o Parigi esercitando mestieri di tutti i generi per poter
guadagnare un po di pane per i loro denti a contrario degli artigiani che compivano invece viaggi
lunghissimi per far proprie nuove tecniche di lavorazione tipiche del loro mestiere, ultime erano le
donne che erano destinate a muoversi poco o affatto.
Comunque sia viaggiare era un lusso che richiedeva tempo e denaro nonché coraggio
nell'avventurarsi in luoghi attraverso la distanza, i batteri e le insidiosità meteorologiche.
Un caso a se stante però era quello dei pellegrinaggi, viaggi a scopo religioso verso luoghi di
cultomolto visitati dai credenti come Roma Gerusalemme o la Mecca.
Durante l'età moderna in oltre, si dava una misera importanza a quello che era il tempo libero e lo
svago termine che stava ad indicare giochi per strada o giochi con le carte cercando però di restare
nei limiti poiché Stato e Chiesa li condannavano;
riguardo quest'ultima sia quella Cattolica che quella Protestante fecero il possibile per sopprimere
questo genere di frivolezze ritenute delle sole distrazioni popolari.
Durante l'anno solo una volta era concesso abbracciare tali forme di divertimento, durante il
CARNEVALE posizionato strategicamente prima del periodo di purificazione della QUARESIMA
infatti la gente si concedeva il lusso di bere e danzare fino allo sfinimento.
Importanza nota poi era quella fornita ai calendari e agli almanacchi, libri contenenti non solo le
fasi della luna e dei pianeti ma anche pronostici e oroscopi ricordando inoltre le principali festività
religiose.
Sul podio invece di quella che era la fede dei credenti abbiamo i santi, individui che tramite le loro
imprese dette miracoli riescono a spiegare l'inspiegabile e rendono possibile l'impossibile dando alla
gente modo di credere che epidemie malattie e guerre potessero essere risanati tramite fede, alcuni
esempi sono santa Lucia protettrice della vista e guaritrice della cecità oppure sant'Aventino
protettore delle donne che partoriscono.
APPROFONDIMENTO Nel 1600 il filosofo e pedagogo inglese John Locke(1632-1704) riteneva fondamentale per il bambino
apprendere attraverso il gioco.
Gran parte della pedagogia riteneva che il movimento e l’esercizio fisico fossero necessari per una crescita
armoniosa del corpo dei fanciulli per cui essi si divertivano saltando la corda, giocando a moscacieca, a
nascondino, al gioco della bandiera, a rincorrersi e così via ad elencare una quantità di giochi e di
divertimenti.
E’ molto interessante soffermarsi su un aspetto molto curioso che riguarda la bambola del 1600 e del 1700;
in quel periodo storico la bambola ebbe anche una funzione diversa da quella giocosa ,e cioè diventò
messaggera della moda parigina in tutte le corti reali o principesche o nelle case dell’alta borghesia per far
conoscere le ultime novità in fatto di abbigliamento.
La distribuzione dei giocattoli avveniva attraverso diversi canali di vendita: i venditori ambulanti che
smerciavano gli articoli nelle fiere e nei mercati e le nascenti botteghe specializzate che, oltre ai tradizionali
giocattoli, incominciavano a proporre oggetti per l’infanzia come giochi di carte, tombole , giochi dell’oca,
abbecedari ,immagini a stampa con soggetti infantili.
BAMBOLA DELLA SECONDA
META’ DEL 600
APPROFONDIMENTO
La commedia dell'arte è nata in Italia nel XVI secolo ed è rimasta popolare fino alla metà del XVIII
secolo,anni della Riforma Goldoniana della commedia. Non si trattava di un genere di
rappresentazione teatrale, bensì di una diversa modalità di produzione degli spettacoli. Le
rappresentazioni non erano basate su testi scritti ma su dei canovacci, detti anche scenari; inorigine,
le rappresentazioni erano tenute all'aperto con una scenografia fatta di pochi oggetti. Le compagnie
erano composte da dieci persone: otto uomini e due donne. All'estero era conosciuta come
"Commedia italiana". Nella loro formula spettacolare, i comici della Commedia dell'Arte
introdussero un elemento nuovo di portata dirompente e rivoluzionaria: la presenza delle donne sul
palcoscenico. Il nome "arte", nel Medioevo, significava "mestiere", "professione": quello del
teatrante, infatti, era un vero e proprio mestiere.
Canovaccio d'autore
La maschera, che insieme al costume caratterizza fortemente lo stile di recitazione, viene spesso ad
essere sinonimo stesso di personaggio. Le maschere più celebri della commedia dell'arte, alcune
divenute maschere regionali,sono:
Brighella:maschera probabilmente di origine bergamasca, ma la sua fama si deve all'attore
Carlo Cantù (1609-1676 ca), che ne vestì i panni per molti anni.
Nella Commedia dell'Arte Brighella ricopriva il ruolo di "primo Zani", ovvero il servo furbo, autore
di intrighi architettati con sottile malizia, ai danni di Pantalone o per favorire i giovani innamorati
contrastati.
Nel corso del Seicento e del Settecento precisò i suoi caratteri in contrasto con quelli del "secondo
Zani" (ruolo del servo sciocco, spesso impersonato da Arlecchino) e, soprattutto con Goldoni,
divenne servo fedele e saggio, tutore a volte di padroncini scapestrati, oppure albergatore avveduto
o buon padre di famiglia.
Il costume di scena, che andò precisandosi nel corso del tempo, comprende la maschera e una livrea
bianca, costituita di un'ampia casacca ornata di alamari verdi, con strisce dello stesso colore lungo
le braccia e le gambe.
Tra i maggiori interpreti di questo ruolo, oltre a Carlo Cantù, si ricorda Atanasio Zannoni nel 1700.
Flaminia è uno dei molti nomi che nella Commedia dell'Arte prende il personaggio della
Innamorata.
In perenne contrasto con i vecchi, che ne ostacolano i desideri d'amore, le Innamorate sono di solito
molto più determinate dei loro colleghi uomini, sia nel cercare che nel rifiutare l'amore degli
uomini. Intraprendenti e battagliere, sono pronte a qualsiasi impresa per conquistare l'oggetto dei
propri desideri, anche a travestirsi da uomo. Abili nel parlare, capaci di assumere diversi ruoli, alle
attrici che impersonavano le Innamorate erano richieste doti di bellezza, eleganza, qualità artistiche
e una certa cultura.
Peppe Nappa: maschera di origine siciliana
deve il suo nome alle parole "Peppi", diminutivo dialettale di Giuseppe, e "nappa", che significa toppa dei
calzoni, cosicché "Giuseppe toppa nei calzoni" sta ad indicare un "uomo da nulla".
Il costume di scena era costituito da un ampio abito azzurro, formato da casacca e calzoni e un cappellino di
feltro sul volto privo di maschera e di trucco.
Caratteristica peculiare del personaggio è la fame insaziabile, unita ad una smisurata golosità, che fa della
cucina il suo ambiente favorito e del cibo il suo primario interesse. Nelle trame egli ricopre la parte del
servo, pigro e infingardo, ma capace di stupire il pubblico con guizzi di inaspettata agilità
Dosseno proviene dalla tradizione latina della fabula atellana (farsa popolare, originaria della città di
Atella, irriverente e sboccata, caratterizzata dalla presenza di tipi fissi, fortemente caratterizzati nell'aspetto
e nel comportamento), Dosseno deve il suo nome ad una caratteristica fisica, la gobba, che risponde anche
ad un atteggiamento dell'animo. La gobba era segno di malizia e abilità nel raggiro, nella truffa. Ladro,
avido e imbroglione, giovane o vecchio che sia, Dosseno viene sempre rappresentato come brutto e goffo,
facile alle battute grossolane e a lunghi discorsi da ciarlatano.
SINTESI CAPITOLO 3, realizzata dagli alunni della classe 4E
Dezio Samira
Lippolis Angela
Perrone Giusy
Petrera Wilson