di ivo ferrario digitale - ibc onlineti in azienda. nel caso dell’e-commerce, per esempio, si...
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n . 1 · marzo 2017
In questo numero
POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% C/RM
a marca del distributore è un mercato sempre più attrattivo per le imprese industriali, ma
le implicazioni operative e strategiche della relazione con il trade finora non sono stateindagate in profondità. Per colmare questa lacuna, Ibc ha incaricato Trade Lab di realizzare
Il corsivo
segue a pagina 15
di Ivo Ferrario
Idee e informazioni per gli associati
el suo recente libro The Invitable. Un-derstanding the 12 Technological Forces That Will Shape the Future, Kevin Kel-
lyraccontacome,almenofinoal1981,l’evolu-zionedicalcolatoriecomputernonl’avesseim-pressionato più di tanto. Abituato ai futuribili scenari della fanta-scienza, il co-fondatore della rivista Wired non riusciva a cogliere nel succedersi di modelli e versioni sempre più performanti quel momento di discontinuità tale da innescare non solo una effettiva rivoluzione informatica, ma addirittu-raun’autenticasvoltaculturale. «Certo»,spiegaKelly,«l’AppleII(cheavevaindotazionequandolavoravapressol’Universi-tà della Georgia) mi consentiva di digitare me-
glio di una macchina da scrivere ed era un por-tentonelprodurregraficieperimmagazzinaredati. Ma non era un vero computer». Il motivo? Kevin non ha dubbi: «Quella macchina non mi stava cambiando la vita». In sintesi, velocizzava e agevolava molte ope-razioni, ma non ridisegnava le consuetudini e gli abiti concettuali dei suoi fruitori. La svolta sarebbe giunta di lì a pochi mesi;
ovvero quando, grazie alla connessione con un modem,l’ultimoprodottodellafactorydiCu-pertinositrasformòinunafinestrainformaticaspalancatasuun“universopressochéinfinito”checiattendevadall’altrapartediunconnetto-re telefonico. Fu così, spiega Kelly, che «il com-puter sposò il telefono». E che dalla loro unione «si generò quel nuovo solido ibrido tecnologi-co» con cui avremmo più o meno consapevol-mente iniziato a riscrivere il paradigma delle nostre stesse esistenze. Le osservazioni di Kelly dovrebbero rappre-sentare un utile spunto per chi volesse davvero ri-fletteresulletecnologieche,diepocainepoca,(...)
Persone e imprese
Con il consumatore siate veri e sempliciJennifer Hubber a pagina 2
Idee e strategie
Presidiare nicchie ed economie di scalaIntervista a Luca De Biase a pagina 3
Business to consumer
Una nuova sf ida da affrontare con decisioneRoberto Liscia a pagina 4
Business to business
Le opportunitàdell'e-commerce tra impreseMaurizio Benzi a pagina 5
Network 2.0
Aziende alla provadella SocialMediAbilityGuido Di Fraia a pagina 6
Distribuzione
Il nostro alleatosi chiama smartphoneGiorgio Santambrogio a pagina 11
S
L
All’assemblea Ibc approfondimentisu social media e strategie d’impresa IlavorisiterrannoalMagnaParsdiMilano(viaForcella6)il28marzo2017,ore10.Inprogrammaapprofondimenti in materia di social media e strategie d'impresa a cura di: Stefano Moriggi (FilosofodellaScienza,UniversitàdegliStudidiMilano Bicocca), Jennifer Hubber (Ceo, Ipsos),Guido Di Fraia (Direttore Executive Master inSocial Media Marketing, Università Iulm diMilano). Sulle evidenze che saranno proposte interverranno: Stefano Agostini (Presidente eAmministratore Delegato, Sanpellegrino), Andrea Carlucci (Amministratore Delegato, ToyotaMotor Italia); LucaColombo (CountryManager,Facebook Italia), Luca De Biase (Giornalista eScrittore), FabioVaccarono (ManagingDirector,GoogleItaly),IvoFerrario(DirettorediLink·Ibc). Come di consueto la relazione introduttiva sarà a cura del Presidente Aldo Sutter. Per informazioni e adesioni: www.ibconline.it
N.1 | Anno IV | marzo 2017 www.ibconline.it
Appuntamento a Milano il 28 marzo 2017
E-commerce, smartphone, social media, superfici touch…
Strumenti e servizi diventano sempre più utili, interattivi,
facili da usare. Alcuni esperti ci aiutano a leggere la portata
del cambiamento e i suoi effetti sull'evoluzione delle aziende
Quando il computer
“sposò” il telefono
di Stefano Moriggi*
una ricerca su un campione d’imprese.I risultati dell’indagine, di particolare interesseper le aziende associate, sono stati presentati pubblicamente a Bologna in occasione di “Marca 2017”. Una sintesi delle evidenze è contenutanelle pagine centrali di questo numero di Link·Ibc.
segue a pagina 16
e l’innovazione delle automobili avesse potu-to seguire il ritmo di quella informatica, oggi le utilitarie viaggerebbero a 480mila chilo-
metri l’ora e costerebbero 4 centesimi di dollaro. Il paragone di Thomas Friedman, uno dei più noti opinionisti statunitensi, dà un’idea dell’incredibi-le progressione digitale. È diffi cile - e sarebbe arbitrario - stabilire in quale momento si possa tracciare lo spartiac-que tra un “prima” analogico e un “dopo” di-gitale. Momenti di svolta sono stati sicuramen-te l’invenzione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nei primi Anni Novanta. O il lancio nel 2007 dell’iPhone, scaturito dal-la straordinaria visione di Steve Jobs. Ma non possiamo dimenticare la rilevanza dello sviluppo di microchip sempre più performanti, delle reti di trasmissione e tanti al-tri fatti che hanno contribuito a determinare la realtà digitale in cui siamo immersi e che non possiamo ignorare. Facciamo le cose in modo diverso. Leggiamo, lavoriamo, studiamo, condividiamo idee, progetti ed emozioni attraverso il digitale. Succede e non ci facciamo caso, perché le architetture tecnolo-giche sono straordinariamente complesse, ma gli strumenti digitali sempre più immediati, utili, fa-cili da conquistare chiunque. Negli anni Sessanta e Settanta il supercomputer progettato dalla Ibm e programmato dagli inge-gneri del Massachusetts Institute of Technology per guidare le missioni Apollo nei viaggi sul-la Luna era grande come un autocarro. Oggi fa sorridere paragonare le sue capacità di calcolo a quelle di uno smartphone, soprattutto se consi-deriamo che al costo di 3,5 milioni di dollari cor-rispondeva una memoria di 64mila byte, contro i 256milioni di byte disponibili nei modelli top di un moderno apparecchio portatile, che solo per abi-tudine chiamiamo ancora telefono cellulare. Guardiamoci attorno: miliardi di dispositivi di-versi, fi ssi e mobili, oggi sono collegati. Le infor-mazioni scorrono velocissime, in tempo reale su-perano confi ni geografi ci, alimentano dialoghi che interessano persone e macchine. L’innovazio-ne avanza di continuo. Vetri, specchi, muri, mobi-li: progressivamente ogni superfi cie sta diventan-do touch, interattiva, intelligente, connessa. Queste rifl essioni ci hanno spinto a mettere a punto il numero di Link·Ibc che state sfogliando (ma che trovate anche su www.ibconline.it), de-dicato non agli aspetti strettamente tecnologici del digitale, ma alle sue applicazioni e agli effetti che determinano nella società e quindi nei merca-ti. I contributi che troverete all’interno affronta-no l’argomento da diverse angolazioni, guidando il lettore attraverso un cambiamento di grandis-sima rilevanza per tutti gli operatori della fi liera dei beni di consumo. Proviamo a sintetizzare alcune evidenze d’interesse per gli imprenditori e i manager, attingendo dalle considerazioni degli interventi contenuti in questo numero del giornale. Per prima cosa il digitale impone di guardare alle persone e all’organizzazione. Non è né effi ciente né effi cace mettere a punto una strategia aziendale per lo sfruttamento delle opportunità digitali se i collaboratori non hanno la preparazione per capirla e tradurla in chiave operativa. (...)
Il consumatoreha un cuore
digitale
Abbiamo la tecnologia, riempiamola di contenuti
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Aldo Sutter
di Ivo Ferrario
Quando
e l’innovazione delle automobili avesse potu-to seguire il ritmo di quella informatica, oggi le utilitarie viaggerebbero a 480mila chilo-
metri l’ora e costerebbero 4 centesimi di dollaro. Il paragone di Thomas Friedman, uno dei più noti opinionisti statunitensi, dà un’idea dell’incredibi-
È diffi cile - e sarebbe arbitrario - stabilire in quale momento si possa tracciare lo spartiac-que tra un “prima” analogico e un “dopo” di-gitale. Momenti di svolta sono stati sicuramen-te l’invenzione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nei primi Anni Novanta. O il lancio nel 2007 dell’iPhone, scaturito dal-la straordinaria visione di Steve Jobs. Ma
performanti, delle reti di trasmissione e tanti al-tri fatti che hanno contribuito a determinare la realtà digitale in cui siamo immersi e che non
Facciamo le cose in modo diverso. Leggiamo, lavoriamo, studiamo, condividiamo idee, progetti ed emozioni attraverso il digitale. Succede e non ci facciamo caso, perché le architetture tecnolo-giche sono straordinariamente complesse, ma gli strumenti digitali sempre più immediati, utili, fa-
Il consumatore
digitale
Abbiamo la tecnologia, riempiamola di contenuti
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servizi all'interno
Nei dialoghicon il consumatore siate
veri e sempliciL’architettura tecnologica è sofisticatissima, incomprensibile ai più.
Ma i suoi strumenti sono così immediati, facili e utili da conquistare chiunque.L'incalzare dell’innovazione apre nuovi inimmaginabili spazi d’interazione
Il punto di partenza di qualsiasi iniziativa digital è l'individuo, con le sue molteplici esigenze. L'azienda deve essere credibile
Per interagire in modo efficace è indispensabile varare progetti
originali, differenzianti, evitando approcci stereotipati
2 n . 1 · marzo 2017
Persone e imprese
l digital pervade la nostra vita. Cambia le nostre abitudini. Rende prodotti e servizi più accessibili e meno costosi. Facilita l’interazione
tra individui, aziende e istituzioni. È con noi a casa, mentre siamo in movimento, quando facciamo sport, shopping o ci sottoponiamo a un check up medico. Affi diamo quasi naturalmente alla rete stati d’animo, storie personali, opinioni, immagini, suoni.
L’architettura tecnologica è sofisticatissima, incom-prensibile ai più, ma i suoi strumenti sono così immedia-ti,facili,utili,divertenti,sfidantidaconquistarechiun-que. Lo leggiamo di continuo nelle nostre ricerche e il trend non dà segni di stanchezza. Anzi, si rafforza con l’incalzareinesorabilediun’innovazionechenonhamaifineeaprenuovifrontiinimmaginabilid’interazione. ÈunpeccatocheinItalial’adeguamentodell’infrastrut-tura indispensabile per far viaggiare velocemente tutto ciò che è in rete, si muova a una velocità nettamente inferiore al ritmo esponenziale con cui si moltiplicano le opportunità per effetto della costante evoluzione tecnologica. Non si è investito nella diffusione della banda larga. Il gap è forte perfino rispetto alla Spagna, uno dei paesimeno avanzati. E va colmato al più presto. L’aumentosignificativodegliaccessimobilecompensainuna certa misura la carenza strutturale, ma il problema resta edèserio.IlPaesenonstarispondendocomedovrebbeall’e-voluzione di un cittadino digitalmente esigente e iperattivo. A pagarne lo scotto sono soprattutto i residenti nei centri medio-piccoli, dove si registrano forti problemi di accessibi-lità alla rete e quindi alle opportunità che contiene per le per-sone e le imprese. Pensiamo all’e-commerce. Più della metà degli internetuser acquista online, per un giro di affari di prodotti e servi-zi valutato intorno ai 20 miliardi di euro. Il dato è inferiore agli altri paesi europei, ma il ritmo di crescita potenziale è di grande interesse.
Un’infrastrutturaall’altezzadellasituazione,unitaainve-stimenti da parte delle imprese nella ricerca di modalità in-novativedifruizione,cherendanosemprepiùgradevolel’e-sperienza, potrebbe sicuramente assecondare con successo l’orientamentodeiconsumatoriall’acquistoonlinedinume-rose merceologie. Anche appartenenti a settori grocery che finoadoggisonostaticonsideratiappannaggioesclusivodeipuntidivenditafisicidellamodernadistribuzione. Va poi affrontato il problema degli investimenti delle im-prese, indispensabili per colmare i ritardi di alfabetizzazio-ne rispetto alla rete e favorire un approccio interfunziona-lealdigital.Secondolenostreindagini,80aziendesu100hannoregistratobeneficidaquestasceltaquandohannoas-sunto collaboratori dotati di nuove competenze, che hanno operatoinsinergiaconlepersone(eiknow-how)giàpresen-tiinazienda.Nelcasodell’e-commerce,peresempio,sicre-anolecondizioniperlacreazionediuna“valueproposition”piùefficace.
Il punto di partenza di qualsiasi approccio al di-gital è la persona, con le sue esigenze. Barare è ri-
schioso, perché il consumatore in rete percepisce chiaramente gli elementi - in particolare le forme di comunicazione - che non sono coerenti. Ai suoi occhinonrisultanocredibilieperdonodiefficacia.Pensiamo, per esempio, ai social media: attraver-
so questo strumento straordinario di ascolto e intera-zione le aziende veicolano soprattutto contenuti interrut-
tivi (peresempio icommercialutilizzati in tv) insiemeadarticoli e prodotti multimediali chiaramente autoreferen-
ziali. Questo approccio irrita il consumatore, perché si rifà a una visione top-down della relazione. Vicever-
sa è fondamentale sviluppare con lui un dialogo, attraversounastrategiachevalorizzilespecificitàe il ruolo di ogni singolo social media e le moda-lità di interazione. Certo, farlosignificaavere ilcoraggiodispe-
rimentare, di dare spazio a personale più giova-ne, di credere in un approccio bottom-up. Soprattut-
to implica la formulazione di progetti non standardizzati e quindi probabilmente non in sintonia con le routine del-le imprese più strutturate. Ma attenzione: il rischio più grande, per chi vuole interagire sui social, è proprio quel-lo di adottare approcci stereotipati, che non differenziano. Alpuntodafarclassificarel’aziendacomeobsoletaefuo-ri dalla contemporaneità. (Testo raccolto da Valentina Bardozzo)
*Ceo Ipsos
di Jennifer Hubber*
I
3n . 1 · marzo 2017
onostante i ritardi a livello in-frastrutturale, dal punto di vista degli utenti in Italia la digitaliz-zazione è un dato di fatto. Negli
ultimi dieci anni l’internet mobile ha conqui-stato una quantità di persone enorme rispet-to al fi sso, indipendentemente dalla loro pro-pensione alla tecnologia. Tutti possono essere considerati coinvolti o coinvolgibili nell’acces-so alla rete, dove la maggior parte del tempo è passato sui social media. Il problema è capire se le imprese stanno individuando le migliori modalità per entrare in contatto con i consu-matori e cogliere obiettivi di tipo commercia-le. In linea di massima direi che diversi punti meritano una registrazione».
Luca De Biase, giornalista, editor di innovazione al quotidiano Il Sole 24 Ore è la persona giusta per una conversazione non convenzionale sul rapporto tra imprese e digital. È stato componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italiana, membro dellaCommissione sulle garanzie, i diritti e i doveri per l’uso diinternetallaCameradeiDeputatiedell’unitàdimissioneperilPresidentedelConsigliosull’Agendadigitaleitaliana. Ha tenuto inoltre interventi all’Ocse di Parigi, all’StsForum di Kyoto, al Massachusetts Institute of Technology Media Lab di Cambridge e presso altri autorevoli think tank internazionali.
Su cosa dovrebbe fondarsi l’approccio di un’azienda inten-zionata ad avere successo in rete? «Sull’autenticità.Bisognaaffermareciòchesièesifare-almente.Nonhasensoproporreun’immagineartificiale,peresempio facendo finta su Twitter o su Facebook di essere un account come gli altri, quando in realtà si ha palesemente un’ideapromozionaleinmente.Èmoltomegliodireconchia-rezza al consumatore perché si è in un certo contenitore di-gitale e cosa si vuole fare. Gli stratagemmi e i camuffamen-ti potevano funzionare nella old economy, ma oggi il gioco è nelle mani del consumatore, non delle aziende. E questo è pa-radossalmentetantopiùveronell’epocadellapost-verità.Unaltro errore che si dovrebbe evitare, indipendentemente dal-ledimensionidell’impresa,èquellodiconsiderareildigitalecome uno strumento a sé, che non interferisce con le attività extradigitali.Tuttoècollegatoeinterdipendente».
di Alessio Mainardi
Presidiare nicchie ed economie di scala
In questa conversazione Luca De Biase, giornalista, scrittore ed esperto di innovazione
al quotidiano Il Sole 24 Ore, ci parla della relazione tra imprese e rete. È in corso un importante
cambiamento culturale fondato su nuove competenze, incroci interfunzionali e flessibilità.
Tutto è sempre più collegato e interdipendente
«Nel nostro cervello abbiamo miliardi di neuroni. Ma cosa sono? Soltanto cellule. Il cervello non sa nulla fi no a quando i neuroni non sono collegati tra di loro». A Sir Timothy John Berners-Lee (nella foto) e a Robert Cailliau si deve l’invenzione nei primi Anni Novanta del World Wide Web, la rete mondiale che consente di navigare, fruire e interagire con una quantità enorme
di contenuti: informazioni, servizi, dati, immagini, suoni, testi… Una ragnatela sempre più ampia e interattiva che ha pervaso la vita delle persone e delle impresein tutto il mondo. «Ho progettato il web perché avesse una ricaduta sociale», scrive Berners-Lee, «perché aiutasse le persone a collaborare e non come un giocattolo tecnologico».
La visione di Tim
Idee e strategie
Facebook, Amazon, Google sono strumenti che offrono op-portunità diverse e vanno usati in modo differente. Nel mondo delle piccole e medie imprese questo è un dato acquisito? «Lo scenario mi sembra chiaro. Su Google, la pubblicità deve aggiungereinformazionisuuntemacheègiàalcentrodell’at-tenzione di chi è impegnato in una certa attività di ricerca. Fa-cebook,luogodeldialogo,consentel’ipertargetizzazionedellaproposta promozionale che si vuole veicolare. In entrambi i casi lavorando bene si possono inserire contenuti abbastanza coe-renticonquellocheinuncertomomentoèilfocusd’interessedel consumatore. Amazon è il luogo della vendita. Ogni sforzo lì è orientato a favore del cliente, per rendergli la vita più facile possibile: dal pagamento, alla consegna della merce, al modo di scegliere ciò che si desidera. In questo ambiente la promozione èaffidataall’algoritmo,chetisegnalacomesisonocomportatealtre persone con esigenze e gusti simili ai tuoi».
Non ritiene che molte piccole e medie aziende, spesso eccel-lenti nella cultura di prodotto, soffrano un senso di ritardo e di inadeguatezza che non consente loro di cogliere le opportu-nità offerte dalla rete? «Senza dubbio il digital impone uno sforzo aziendale impor-tante,unupgradeculturale,l’inserimentodinuovecompeten-ze,lacoltivazionediincrocirelazionalitrafunzionichefinoaieri non comunicavano tra loro. Ed è vero che rispetto alla con-tinua e rapida evoluzione delle piattaforme americane i nostri sforzisembranosempreinsufficientielanostracapacitàdiade-guarci troppo lenta. Ma non ne farei un dramma: non dobbiamo sopravvalutare il nostro senso di inferiorità.
In Italia abbiamo sviluppato una capacità di generare sul-le nostre produzioni un valore percepito, di dare un senso al consumo che fonde gusto, autenticità, innovazione, qualità, design… Fattori materiali ed immateriali che fanno la dif-ferenza al momento delle scelte del consumatore e generano valore aggiunto, quindi costi inferiori ai ricavi. Dobbiamo da una parte coltivare e consolidare sulla rete questa leader-ship culturale di prodotto costruita nel tempo da parte del-leaziende.Edall’altrapuntarecontemporaneamentesuduefattori: nicchia e scala. Le due cose non vanno in contrapposizione. Per avere scala i vari gestori delle nicchie possono condividere forme di sa-pere e servizi che sono utili per tutti senza essere strategiche per nessuno. Penso, per esempio, alla cybersecurity o alla lo-gistica… Insomma, cose che non sono segreto industriale, ma possono creare valore per tutti senza ripercussioni sulle stra-tegie e sulla piena competitività delle imprese».
I produttori italiani sono a un bivio: fare e-commerce da soli o salire sul carro dei grandi operatori. Che fare? «Stiamo parlando di business di volumi, quindi non deve stu-pire il fatto che pochi grandi operatori raccolgano la maggior parte degli ordini online. È però altrettanto vero che non esisto-no risposte giuste uguali per tutti. Oltre al mass market online ci sono siti di e-commerce di consorzi e cooperative, di micro brand commerciali che commercializzano con successo i loro prodotti. Ci sono esperienze positive nel biologico, nel com-mercio equo e in molti altri ambiti che fanno leva su “value proposition”distintiveesuidentitàautenticheeconvincenti».
«N
Una nuova sf idada affrontare
con decisione
4 n . 1 · marzo 2017
Gli attori principali dell'e-commerce Btc sono grandi gruppi internazionali. Aziende native digitali con struttura organizzativa e cultura orientata a soddisfare i bisogni di un cliente che pretende di interagire in modo diverso. Ma non mancano startup e aziende tradizionali che hanno saputo conquistare un loro spazio,mettendo in discussione il proprio modo di essere impresae generando innovazioni appaganti per il pubblico
Oltre 1,4 miliardi di consumatori acquistano online nel mercato globale. La penetrazione delle vendite di prodotti sul totale è pari al 7%
un dato ormai assoda-to che il digitale sia una strada necessaria per le aziende che vogliono competere con successo.
Ma quale sia lo scenario di mer-cato attuale e cosa significhi co-gliere le opportunità dell’onli-ne sono temi sui quali ancora c’è poca chiarezza. Per comprende-re meglio come approcciarci al contesto digitale bisogna parti-re da un concetto di base: la ri-voluzione non è uno scenario a medio-lungo termine, ma un fe-nomeno che sta già cambiando profondamente i consumatori, lo scenario competitivo e il modo di fare impresa.
Il digitale non è il futuro, ma è già il presente. Basti pensare che nel 2016 sono stati acquistati nel mondo beni e servizi online per circa 2.600 miliardi di dollari, registrando una crescita del 17% rispetto al 2015. I consumatori che acqui-stano online a livello globale hanno raggiunto la quota di 1,4 miliardi e la penetrazione delle ven-dite online di prodotti sul totale della distribu-zione è del 7%. Anche l’e-commerce Btc in Italia registradati interessanti, nonostante rimanga un mer-cato emergente rispetto a realtà come Cina, UsaeRegnoUnito,caratterizzatedaunadif-fusione molto più importante delle vendite. Gli acquirenti online in Italia sono circa 19mi-lionieilvaloredellevenditeèdicirca19mi-liardidieuro(+18%rispettoal2015).Lesolevenditediprodottigenerano9miliardi,men-tre quelle di servizi 10,6. Il comparto storica-mente più rilevante è quello del turismo, con una quota del 44% e una crescita del 10%, se-guitodall’elettronicadi consumo, chevale il15%ecrescedel28%.Interzaposizionevièl’abbigliamento,checonlasuaquotadel10%e una crescita anno su anno del 27% si dimo-stra uno dei settori più interessanti. Altri ambiti, quali food&grocery, arreda-mento e home living, beauty e giocattoli ri-mangono comparti emergenti, che insieme
valgono oltre 1,5 miliardi di euro e crescono con tassi compresi tra il 30 e il 50%. Gli attori che ad oggi la fanno da padroni, sia in Italia che all’estero, sonograndi grup-pi internazionali di aziende native digitali. Il loro Dna pure digital consente loro di ave-re una struttura organizzativa e una cultura aziendale già orientata a soddisfare i bisogni del nuovo consumatore, che pretende di intera-gireconl’aziendainmodoimmediatoediret-toattraversounapluralitàdi interfacce(ine-gozifisici,ilnegozioonline,lepaginesocial,leapp,ecc.)vivendoun’esperienzaunica,per-sonalizzata e continuativa. Il nuovo contesto competitivo è caratteriz-zato anche da eccellenti start-up e da azien-de“tradizionali”chehannosaputocogliereleopportunità offerte dal digitale. Queste ultime hanno affrontato il mercato online non come un nuovo canale di vendita o di comunicazio-
Non è necessario avere a disposizione bud-get importanti, ma bisogna partire con un pro-getto chiaro, che si ponga degli obiettivi e che coinvolgal’interaazienda,formandooacqui-sendo le competenze necessarie. Gli elementi che ruotano intorno a un progetto di digitaliz-zazione sono infatti molti, così come etero-genee sono le possibili strategie da percorre-re: dall’apertura di uno store online proprio,all’affidarsiamarketplaceoe-retailergiàaf-fermati sul mercato, dall’integrazione dellecampagne digital nei piani marketing allo svi-luppo delle attività logistiche e di pagamento legate alle vendite online. Sitrattaindefinitivadicogliereleopportuni-tà che il digitale offre, in sinergia con gli asset attualidell’aziendaeipropriobiettivistrategici.
* Presidente di Netcomm, il Consorziodel Commercio Elettronico Italiano
ne, ma come un elemento da includere nella loro strategia di business. Le aziende offline che hanno affrontato il digitale con successo sono quelle che hanno messo in discussione il proprio modello di bu-siness, il modo di relazionarsi con il cliente e l’interazionetraonlineeoffline,generandoin-novazioni appaganti per il consumatore ed ef-ficaciperilbusiness. Le aziende che stanno cavalcando al meglio l’ondasonoperciòquellechenonsisonofat-telimitaredaipotenzialiconflittidicanaleodall’attualemodus operandi,ma hanno vistonel digitale un nuovo stimolo per portar lin-fa alla loro attività. E le aziende che non han-no ancora iniziato ad affrontare la rivoluzione digitale? È fondamentale per tutte le imprese italiane, sia grandi che medio-piccole, approc-ciarsi al digitale. Ne va della loro competitivi-tà e della loro sopravvivenza.
di Roberto Liscia*
Gli snodi della competitività online
Multicanalità
User experience e contenuti
Digital marketing
Il consumatore deve essere po-stoalcentrodell’e-sperienza complessiva del brand, attorno al qua-le orbitano gli elementi di interazionetraluiel’azienda.Negozifisiciestoreonline,app e canali social devono essere progettati per supportare in maniera sinergica il customer journey del cliente.
Un sito ben fatto si distingueper una user experience
ingaggiante e semplice, con contenuti di testo, immagini
e video studiati nel dettaglio, sia nella navigazione tramite
desktop che da mobile.
Unabuonacampagnapubblici-taria per un e-shop richiede ne-
cessariamente un investimento del budget in canali digitali. Le
campagne online non solo pos-sono essere definite con pre-cisione (target, obiettivi, ecc.)
ma possono essere monitorate e ottimizzate strada facendo, abeneficiodelRoifinale.
La consegna del prodotto acquista-to online è un aspetto fondamenta-
le per il consumatore, che deside-ra ottenere informazioni chiare ed esaustivealmomentodell’acquisto,
monitorare lo stato di evasione del-la consegna e avere a disposizione
una serie di opzioni che gli consen-tano di entrare in possesso del bene
nel modo che preferisce.
Non disporre degli strumenti di pagamento adeguati alle
esigenze del consumato-re può determinare la mancatafinalizzazio-
ne dell'ordine.
Logistica
Pagamenti
Business to consumer
È
5n . 1 · marzo 2017
Nel 2020 il valore globale dell'e-commerce Btbraggiungerà i 12 trilioni di dollari. Ma la vendita online è solo uno degli aspetti in cui si manifesta il cambiamento del mercato...
e-commerce e l'utilizzo della rete cambiano spesso radicalmente le strutture aziendali e i
processi di fi liera da parte delle aziende che vendono ai clienti fi nali. Oggi molte imprese Btb stanno attraversando la stessa metamorfosi, ma più rapida, avvantaggiate dall'abitudine delle persone all'utilizzo del web nel contesto privato. Il valore del mercato e-commerce Btb a livello mondiale raggiungerà un fatturato di 12 trilioni didollari(da5,5trilioninel2012)entroil2020,incluselevenditeviaEdi(Electronicdatainter-change). La vendita online è tuttavia solo uno degli aspetti in cui si manifesta il cambiamento del mercato Btb grazie al digitale. Secondo una ricerca che abbiamo condotto sulle aziende Btb italiane (downloadabile su:www.casaleggio.it/Btb) la trasformazione inve-ste infatti tutte e quattro le aree della strategia d'impresa. Vediamo con quali impatti. Brand. Cambiano le modalità e gli strumenti perpromuoverel’azienda,ilbrandeiprodotti.Gli investimenti di marketing sono diretti verso i canali online, anche laddove la vendita avvie-ne successivamente su altri canali. Vendite. Crescono quelle attraverso il sito di proprietà o sui marketplace. La vendita offli-ne, attraverso agenti, cataloghi o altro si avva-le sempre più di strumenti e dispositivi digitali come tablet e smartphone. Fedeltà.Cambianolestrategieperlafideliz-zazione dei clienti e la costruzione di relazioni continuative nel tempo, che devono necessaria-
mente passare attraverso i canali online. Organizzazione. Cambiano i modelli e i ruoli deidiversiattoricoinvoltinellafilieraenelpro-cessodiacquisto.All’internodell’aziendal’evo-luzionedigitaleinfluisceinvariomodonelledi-verseareeedefiniscenuovemodalitàdilavoro. Oggi le aziende italiane del Btb stanno già uti-lizzando attività di marketing online per la pro-mozione del brand e dei prodotti. Gli strumen-ti più utilizzati nel Btb a livello internazionale sono:e-mail(87%),registrazioneonline(70%),socialmedia (68%), contentmarketing (67%),fiereeconferenze(62%),directmail(49%),we-binars(44%),pubblicitàonline(43%),telemar-keting(37%),indirizzarionline(36%),retarge-ting(32%)edeventidalvivo(28%). Il potenziale di sviluppo del mercato Btb onli-neèenorme.L’e-commerce,ancorapocodiffu-soinItalianelBtb,èmoltopiùsviluppatoall’e-stero anche per le stesse aziende che operano sia sul nostromercato cheoltre confine, tendenzache sarà presto visibile anche in Italia. Questo porteràadunaprogressivaridefinizionedeiruo-lidegliattoridellafiliera,versounmodellodivendita sempre più self service. La digitalizzazione dei documenti, in parte spinta dalla necessità di rispettare le nuove di-rettive sulla fatturazione elettronica, sta portan-do le aziende ad investire nella digitalizzazione dell’interoprocessodigestionedell’ordine,ot-tenendorisparmisignificativi. Le attività dimarketing efidelizzazione chegià oggi si avvalgono di strumenti digitali, come l’e-mail marketing (utilizzato dall’89%delle aziende intervistate come strumento di contatto con i propri clienti e prospect), saran-nopotenziategrazieasistemidiprofilazionedeiclientisemprepiùefficaciedalladiffusionedisistemi per gestire queste attività in modo auto-matico. Gli investimenti sul marketing online delle aziende Btb si concentrano sulle attività di Seo (Searchengineoptimization), circa il19%delbudget, seguite dal keyword advertising che ri-ceve il 14%. Importanti anche gli investimen-
ti inpartecipazioneaeventiefiere (13,5%delbudget)ede-mailmarketing(13%).La produzione di cataloghi e altri materiali mar-keting stampati riceve il 12% del budget, mentre il 10% viene destinato a sponsorizzazioni e af-filiazioni.Leattivitàdisocialmediamarketingricevono in media il 7% del budget complessi-vo.Seguonodisplayadvertising(3%),produzio-ne di contenuti digitali - come blog, webinars, virtualevents,onlinevideo,richmedia-(2,5%),attivitàdipubblicherelazioni(2%)emediaof-flinecometv,radioestampa(1%). La generazione di lead può essere significa-tivamente incrementata attraverso le attività di marketingonline.Lostrumentopiùefficaceperlagenerazionedileadèl’e-mailmarketing,in-dicato dal 55% delle aziende del campione. Se-guonolapartecipazioneaeventiefiere,indica-ti dal 45% delle aziende, e le attività di keyword advertising(42%). Le attività di social media marketing sono in-dicatecomeefficaciperlagenerazionedeileaddal 37% delle aziende, le attività di Seo dal 35%, sponsorizzazionieaffiliazionidal29%.Televi-sione, radio e stampa complessivamente sono ef-ficaciperil27%delleaziende,leattivitàdipub-bliche relazioni per il 25%. La produzione di cataloghi e materiali stam-pati è utile alla generazione di lead per il 15% delle aziende Btb italiane, mentre i contenuti di-gitali e il display advertising sono indicati en-trambi dal 5% delle aziende. Per le aziende Btb che investono sui social me-dia,ilnetworkpiùefficaceèLinkedin,cherac-coglie il 21% di valutazioni molto positive e un equivalente 21% di giudizi favorevoli. Facebo-oksicollocainsecondaposizione(21%e16%).A seguire Youtube, reputato utile dal 37% del campione interpellato. Meno importanti risulta-noessereTwitter(peril5%èmoltovalido,peril16%incisivo)eInstagram(5%e11%).Infine,Pinterest, giudicato molto convincente dal 5% degli intervistati.
*Casaleggio & Associati
di Maurizio Benzi*
Le molteplici
opportunitàdel commercio digitale
tra imprese
Business to business
Redigere una strategia chedefinisca:iltarget,quali social utilizzare, tipo di contenuto da pubblicare, obiettivi, parametri da adattare, analisi dei competitor.
Monitorare i social rilevanti per il proprio brand e i propri prodotti.
Evitare di spingere subito l'obiettivo di lead: è necessario instaurare un dialogo con le persone primadiportarleall’acquisto.
Per la comunicazione interna, definiremetriche legate
al business e non ai social media(adesempiolead,
offerte, vendite rispetto alla reach, fan, follower...).
Identificareil target di riferimento. Si può iniziare
ascoltando la rete, conducendo attività di sentiment analysis
e studi del mercato.
Le best practice nell’utilizzo dei social
media nel Btb
INCIDENZE · Nel grafi co: le aree aziendali sulle quali il digitale ha maggiore impatto
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Le aziende alla prova
della SocialMediAbilityutti i processi di inno-vazione si svolgono se-guendo fasi riconoscibi-li e la transizione verso
la comunicazione digitale da par-te delle aziende italiane non fa ec-cezione. L’osservatorio del Master Iulm in Social Media Marketing, segue questo processo monito-rando dal 2010 un panel di 720 aziende di 6 diversi settori.
L’analisi viene condotta sia attraverso unadesk analysis manuale dei canali social delle aziende monitorate, sia utilizzando tools profes-sionali di rilevazione delle principali metriche diperformance.L’insiemedeirisultatiottenuticonsentediricostruirel’indicediSocialMediA-bility: un modello standardizzato di valutazio-nedell’usoditalicanaliperattivitàdimarke-ting e comunicazione di ogni singola azienda. Le evidenze emerse dalle diverse edizioni della ricerca consentono oggi di fare alcune conside-razioni“disistema”sulprocessod’innovazionein corso. A una prima fase pionieristica in cui, a fron-te di un atteggiamento generale di scarsa cono-scenza e grande sospetto verso i social media, pochissime realtà avevano colto l’importanzaditalicanali(nel2010soloil32%delleaziendemonitorate ne aveva attivato uno), ne è seguita (trail2013eil2015)unadiaccettazione/curio-sità emulativa. Durante questa fase, la forte motivazione delle aziende ad attivare proprie presenze so-cial era riconducibile alla ben poco strategica considerazione: “I nostri competitor sono su Facebook,dobbiamoessercianchenoi!”. Come“esserci”eper“farcicosa”erauntemadi cui ci si sarebbe occupati poi. Attualmente leaziendepiùavanzate(cheingeneresonoan-che quelle di maggiori dimensioni) si trovano in una terza fase di tipo tattico-performativo. Si è compreso che i nuovi canali possono realmen-te contribuire al raggiungimento di obiettivi di business e questo ha fatto aumentare notevol-
di Guido Di Fraia*
Social media
Si è compreso che i nuovi canali possono realmente contribuire al raggiungimento di obiettivi di business e questo ha fatto aumentare notevolmente gli investimenti
mente gli investimenti su di essi, sia a livello di advertising, che di generazione di contenuti. Si è scoperta la necessità di ripensare il cu-stomer journey in modo più articolato rispetto a quello utilizzato per modellizzare i processi decisionali dei consumatori al tempo dei media classici.Cisièpersinoconvintidell’importanzadei consumatori e la customer centricity sta pro-gressivamente diventando il nuovo mantra. Oggi, il nuovo Santo Graal del marketing di-
gitale pare essere quello di intercettare il clien-te per offrirgli una user-experience di qualitàattraverso tutti i possibili touch-point aziendali, in modo da soddisfarne i bisogni nel momento stesso in cui essi si generano; magari preveden-doliaddiritturainanticipo.Un’opportunitàpre-ziosa, resa possibile dall’analisi dei Big Data,dalla diffusione delle applicazioni di cognitive computing e dei Bot e dalle diverse implemen-tazioni di marketing automation.
C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo?Certamente no! Il rischio è solo quello di con-fondere la parte per il tutto. Di focalizzarsi su tali aspetti che, pur portando risultati economi-ci,sonocomunquedinatura“tattica”,perdendodivistailquadrod’insiemee,conesso,lastra-tegia. Non tanto la strategia di marketing digi-tale: per ottenere risultati bisogna che questa ci sia e funzioni. Quanto piuttosto la gestione stra-tegica di alto livello del brand. Qualcuno potrebbe obiettare che le cose non stanno affatto così e che, anzi, negli ul-timi tempi si parla sempre più spesso di digi-tal branding. Ma è una risposta che conferma l’ipotesi. Ilmotivoper cui inprecedenzanonsi è mai sentito parlare di tv branding o di ra-dio branding è perché, al tempo, la gestione del branderaintesacomeun’attivitàdialtolivelloin grado di orientare le scelte strategiche, indi-pendentemente dai canali. Certo, il nuovo paradigma rende le cose stra-ordinariamente più difficili.Mentre al tempodeimedia classici l’universo simbolico e im-materiale del brand era generato totalmente dall’azienda,oggiessoèsempredipiùilrisul-tato di un processo relazionale e negoziale con i consumatori che, avendo acquisito il “pote-redellaparola”,possonocondividereattraver-so i social network le proprie visioni del mon-do, comprese quelle sui brand. Da attività progettata e gestita in modo mo-no-autoriale, il brand è diventato il risultato di un’attività collaborativa intrinsecamente so-cial.Unaveraepropria“scritturaapiùmani”condivisa tra azienda e consumatori. Ma proprio in quanto attività complessa e non più approcciabile attraverso i modelli classici, il brand management deve tornare a essere uno dei principali focus attenzionali della gestione strategicadelleaziende.Farsiprenderedall’eu-foria dei risultati ottenibili attraverso le forme più avanzate e performanti del digital marke-ting, tralasciando il tema del branding, rappre-senterebbe un passo indietro pericoloso e di-sfunzionale nel processo di innovazione in atto. Ma altrettanto pericoloso è immaginare che possa esistere qualcosa come il digital bran-ding inteso come attività separata e distinta rispetto alla gestione strategica - e trasversale ai canali - del brand.
*Direttoreexecutivemasterinsocialmediamktg,Iulm - www.osservatoriosocialmedia.it
SocialMediAbilityT
Ogni giorno nel mondo è prodotta una mole abnor-medidatiraccoltiattraversoinfinitemodalità:daglismartphone con le loro applicazioni alle carte di cre-dito utilizzate per gli acquisti, dagli storage necessa-ri per le applicazioni dei computer alle infrastrutture intelligentidellecittà,aisensorimontatisugliedifici,sui mezzi di trasporto e così via. Le informazioni sono tante: per questo vanno sele-zionate ed elaborate se si vuole trasformarle negli in-gredienti di una strategia aziendale.
Nonhasenso,comeLoizzeddamostranell’illustra-zionequiaccanto,“fareilpieno”,accumulareinfor-mazioni se poi non si ha la volontà di analizzarle e condividerle per creare valore. Va considerato, inoltre, che la trasformazione dei Big Data in reali strumenti di supporto decisionale non implica una semplice elaborazione informatica. In gioco entrano competenze disciplinari trasversali: dall’ingegneria informatica alla statistica avanzata,dalla sociologia al marketing, dalla linguistica com-putazionale alla teoria delle reti. Sono un nuovo petrolio, come dicono alcuni, ma da distillare con grandissima attenzione. (a.m.)
Big Data, un nuovo petrolio da usare con attenzione
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in partenza spinto i pro
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DD
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do, dove esiste in Italia una fo
rte polverizzazio
ne e dove la M
DD
è solo
una delle alternative disponibili a scaffale,
il problem
a dell’insufficienza dei volum
i emerge e in alcuni casi
porta anche a rinunciare alla fo
rnitura.
Nel rappo
rto tra le parti so
no evidenti anche aree di diffico
l-tà. È sco
ntato che i m
argini sono
bassi, in particolare per le M
DD
per il disco
unt, e che chi opera in questo
mercato
non può
che farlo
sulla base di una rigida disciplina nel contro
llo dei co
sti. Un
elemento
negativo nuovo
che sta emergendo
è invece la richie-sta di co
ntributi aggiuntivi per sostenere la pro
mozio
nalità del-le M
DD
, creando una rilevante incertezza su co
ndizioni di fo
rni-tura che già sco
ntano una redditività co
ntenuta.
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incia anche a diffondersi la pratica delle aste su capi-
tolato
, in particolare nel disco
unt e all’estero. U
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considerata
mo
lto
negativamente
non so
lo per il suo
impatto
sui margini, m
a per le implicazio
-ni che può
avere quando i capito
lati, mal definiti, lasciano
aper-te aree grigie in m
erito alla qualità dei pro
dotti. Anco
ra, risul-ta pro
blematica la po
ssibilità di differenziare i prodotti a M
DD
da quelli o
fferti con la m
arca industriale: il tentativo di arriva-
re al consum
atore co
n prodotti co
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mpatibile co
n la ricerca di elevati volum
i di pro-
duzione per ridurre i co
sti. Infine, va rimarcato
il giudizio, per
mo
lti versi inaspettato, sul trasferim
ento sulla M
DD
dell’in-novazio
ne veicolata sulla m
arca industriale. Il problem
a esi-ste, m
a per mo
lte imprese sem
bra essere gestibile e non in-
fluenzare in mo
do determ
inante l’investimento
in innovazione.
In definitiva, il quadro
di relazioni che em
erge è caratterizza-to
da una notevole stabilità e da un clim
a nel com
plesso buo
no,
che favorisce un appro
ccio di m
edio-lungo
periodo
. Emerge an-
che qualche elemento
di criticità, in merito
alla valutazione tec-
nica dei capitolati per la G
do, all’incertezza co
ntrattuale e a una prim
a diffusione delle aste, che no
n pare per ora co
mpro
mette-
re la possibilità per entram
be le parti di trarre vantaggio dalla svi-
luppo di un m
ercato che in Italia ha anco
ra ampi spazi di crescita.
AN
NO
TAZ
ION
I
2 La m
arca del distributore (M
DD
) è orm
ai una presenza consoli-
data sugli scaffali di tutta la Gdo e do
minante su quelli delle inse-
gne del discount. È di co
nseguenza un mercato diventato attratti-
vo per l’industria disposta a produrla co
me specialista o accanto ai
beni offerti con la pro
pria marca.
IBC
, l’Asso
ciazione delle Industrie dei Beni di C
onsum
o, ha così
prom
osso
una ricerca per approfondire, a un livello
sia strategico che o
perativo, le implicazio
ni della sua diffusione per l’industria.
Il tem
a della MD
D è infatti esplo
rato nei dettagli sul lato del con-
sumato
re, con dati sulla sua percezio
ne e sui suoi com
portam
enti d’acquisto, e su quello della distribuzio
ne, in rapporto alle strategie
perseguite e a ciò che essa chiede ai propri fo
rnitori, m
entre è an-co
ra scarsa l’inform
azione dispo
nibile sull’industria, spesso a cau-sa della riservatezza dei rappo
rti com
merciali da indagare, in par-
ticolare per chi produce sia M
DD
sia la propria m
arca. È su questo fro
nte che la ricerca vuole offrire un contributo e nel seguito ver-
ranno riportati parte dei risultati del lavo
ro svolto, com
mentando
una sintesi dell’analisi condotta attraverso interviste e co
n un que-stio
nario agli associati IBC
che operano nel m
ercato della MD
D.
LE C
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ISTIC
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D
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PIO
NE
L’indagine è stata co
ndotta nel 2016 e si è svolta in due fasi. Nel-
la prima so
no state fatte interviste in profondità a un insiem
e di im
prese di produzio
ne che rappresentano un ampio spettro di si-
tuazioni sia per dim
ensioni aziendali sia per setto
re di riferimento.
I risultati delle interviste sono stati poi la base per la costruzio
ne di un questio
nario inviato alle aziende associate a IBC
con più di 5 m
i-lio
ni di euro di fatturato attive nel largo consum
o. Le imprese che
produco
no MD
D che hanno co
mpletato il questio
nario sono sta-
te 75 e ad esse si riferiscono i dati e le co
nsiderazioni che seguo
no.
La mancanza di info
rmazio
ni sull’universo dei produtto
ri che fo
rniscono M
DD
rende difficile valutare la generalizzabilità dei dati raccolti nel lavo
ro ed è quindi oppo
rtuno riportare anzitut-
to le caratteristiche delle imprese che hanno risposto al questio
-nario. C
om
e si è detto, sono 75 e o
perano in 35 delle 41 categorie
merceologiche in cui è stato suddiviso il m
ercato, 26 foo
d (su 29) e 9 no
n alimentari (su 12); co
mplessivam
ente 120 osservazioni di ca-
tegoria, co
nsiderando presenze in più categorie, di cui 95 alim
en-tari e 25 no
n alimentari ( Tavola 1 ).
L’alim
entare è quindi rappresentato da un numero più elevato di
imprese. In term
ini dimensio
nali, rispetto all’universo di riferimen-
to il campio
ne rappresenta volutamente im
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Tenuto
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del 15%
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una riduzione delle vendite nell’ul-
timo
triennio. La loro
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è per circa la metà dei casi
inferiore al 5%
, ma per 16 aziende la quota è elevata, so
pra il 20%.
In termini di po
sizionam
ento, un terzo delle im
prese opera nell’al-
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ma, circa un quarto
ha posizio
ni di leadership, altrettan-te di follow
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Poiché dalle interviste in profo
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stria 7
la concentrazio
ne dell’offerta del disco
unt sulle MD
D, i vo
lumi
sono
elevati e quindi consento
no di raggiungere quelle eco
no-
mie di scala che hanno
in partenza spinto i pro
duttori a fo
rnire M
DD
. Nella G
do, dove esiste in Italia una fo
rte polverizzazio
ne e dove la M
DD
è solo
una delle alternative disponibili a scaffale,
il problem
a dell’insufficienza dei volum
i emerge e in alcuni casi
porta anche a rinunciare alla fo
rnitura.
Nel rappo
rto tra le parti so
no evidenti anche aree di diffico
l-tà. È sco
ntato che i m
argini sono
bassi, in particolare per le M
DD
per il disco
unt, e che chi opera in questo
mercato
non può
che farlo
sulla base di una rigida disciplina nel contro
llo dei co
sti. Un
elemento
negativo nuovo
che sta emergendo
è invece la richie-sta di co
ntributi aggiuntivi per sostenere la pro
mozio
nalità del-le M
DD
, creando una rilevante incertezza su co
ndizioni di fo
rni-tura che già sco
ntano una redditività co
ntenuta.
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C
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incia anche a diffondersi la pratica delle aste su capi-
tolato
, in particolare nel disco
unt e all’estero. U
na mo
dali-
tà di
approvvigionam
ento
considerata
mo
lto
negativamente
non so
lo per il suo
impatto
sui margini, m
a per le implicazio
-ni che può
avere quando i capito
lati, mal definiti, lasciano
aper-te aree grigie in m
erito alla qualità dei pro
dotti. Anco
ra, risul-ta pro
blematica la po
ssibilità di differenziare i prodotti a M
DD
da quelli o
fferti con la m
arca industriale: il tentativo di arriva-
re al consum
atore co
n prodotti co
n caratteristiche diverse può diventare inco
mpatibile co
n la ricerca di elevati volum
i di pro-
duzione per ridurre i co
sti. Infine, va rimarcato
il giudizio, per
mo
lti versi inaspettato, sul trasferim
ento sulla M
DD
dell’in-novazio
ne veicolata sulla m
arca industriale. Il problem
a esi-ste, m
a per mo
lte imprese sem
bra essere gestibile e non in-
fluenzare in mo
do determ
inante l’investimento
in innovazione.
In definitiva, il quadro
di relazioni che em
erge è caratterizza-to
da una notevole stabilità e da un clim
a nel com
plesso buo
no,
che favorisce un appro
ccio di m
edio-lungo
periodo
. Emerge an-
che qualche elemento
di criticità, in merito
alla valutazione tec-
nica dei capitolati per la G
do, all’incertezza co
ntrattuale e a una prim
a diffusione delle aste, che no
n pare per ora co
mpro
mette-
re la possibilità per entram
be le parti di trarre vantaggio dalla svi-
luppo di un m
ercato che in Italia ha anco
ra ampi spazi di crescita.
AN
NO
TAZ
ION
I
2 La m
arca del distributore (M
DD
) è orm
ai una presenza consoli-
data sugli scaffali di tutta la Gdo e do
minante su quelli delle inse-
gne del discount. È di co
nseguenza un mercato diventato attratti-
vo per l’industria disposta a produrla co
me specialista o accanto ai
beni offerti con la pro
pria marca.
IBC
, l’Asso
ciazione delle Industrie dei Beni di C
onsum
o, ha così
prom
osso
una ricerca per approfondire, a un livello
sia strategico che o
perativo, le implicazio
ni della sua diffusione per l’industria.
Il tem
a della MD
D è infatti esplo
rato nei dettagli sul lato del con-
sumato
re, con dati sulla sua percezio
ne e sui suoi com
portam
enti d’acquisto, e su quello della distribuzio
ne, in rapporto alle strategie
perseguite e a ciò che essa chiede ai propri fo
rnitori, m
entre è an-co
ra scarsa l’inform
azione dispo
nibile sull’industria, spesso a cau-sa della riservatezza dei rappo
rti com
merciali da indagare, in par-
ticolare per chi produce sia M
DD
sia la propria m
arca. È su questo fro
nte che la ricerca vuole offrire un contributo e nel seguito ver-
ranno riportati parte dei risultati del lavo
ro svolto, com
mentando
una sintesi dell’analisi condotta attraverso interviste e co
n un que-stio
nario agli associati IBC
che operano nel m
ercato della MD
D.
LE C
AR
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TER
ISTIC
HE
D
EL C
AM
PIO
NE
L’indagine è stata co
ndotta nel 2016 e si è svolta in due fasi. Nel-
la prima so
no state fatte interviste in profondità a un insiem
e di im
prese di produzio
ne che rappresentano un ampio spettro di si-
tuazioni sia per dim
ensioni aziendali sia per setto
re di riferimento.
I risultati delle interviste sono stati poi la base per la costruzio
ne di un questio
nario inviato alle aziende associate a IBC
con più di 5 m
i-lio
ni di euro di fatturato attive nel largo consum
o. Le imprese che
produco
no MD
D che hanno co
mpletato il questio
nario sono sta-
te 75 e ad esse si riferiscono i dati e le co
nsiderazioni che seguo
no.
La mancanza di info
rmazio
ni sull’universo dei produtto
ri che fo
rniscono M
DD
rende difficile valutare la generalizzabilità dei dati raccolti nel lavo
ro ed è quindi oppo
rtuno riportare anzitut-
to le caratteristiche delle imprese che hanno risposto al questio
-nario. C
om
e si è detto, sono 75 e o
perano in 35 delle 41 categorie
merceologiche in cui è stato suddiviso il m
ercato, 26 foo
d (su 29) e 9 no
n alimentari (su 12); co
mplessivam
ente 120 osservazioni di ca-
tegoria, co
nsiderando presenze in più categorie, di cui 95 alim
en-tari e 25 no
n alimentari ( Tavola 1 ).
L’alim
entare è quindi rappresentato da un numero più elevato di
imprese. In term
ini dimensio
nali, rispetto all’universo di riferimen-
to il campio
ne rappresenta volutamente im
prese di medio
-grandi dim
ensioni, che espo
rtano in media il 25%
del loro fatturato.
Tenuto
conto
dell’andamento
dell’econo
mia italiana, i lo
ro ri-
sultati econo
mici so
no stati nel co
mplesso
buoni, co
n meno
del 15%
delle imprese che ha avuto
una riduzione delle vendite nell’ul-
timo
triennio. La loro
quota di mercato
è per circa la metà dei casi
inferiore al 5%
, ma per 16 aziende la quota è elevata, so
pra il 20%.
In termini di po
sizionam
ento, un terzo delle im
prese opera nell’al-
to di gam
ma, circa un quarto
ha posizio
ni di leadership, altrettan-te di follow
er e solo il 14%
si dichiara produtto
re di primi prezzi.
Poiché dalle interviste in profo
ndità era emersa una fo
rte corre-
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,9%
Totale10
0,0
%
L’esposizione al confronto di prezzo per il distributore (d
a 1 a 5) - M
ed
ia = 3,4%
Alto
(4,5)
46,5
%M
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(3)34,9
%B
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,6%
Totale10
0,0
%
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n.%
Fino a 10
m €
79,3%
Da 10
a 20
m €
1216
,0%
Da 2
0 a 5
0 m
€13
17,3%D
a 50
a 100
m €
192
5,3%
Da 10
0 a 5
00
m €
192
5,3%
Oltre 5
00
m €
56
,7%Totale
7510
0,0
%Fatturato estero: m
edia
-2
5,0
%
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ta di m
ercato nella categ
oria
n.%
Fino a 5
%42
48,3%
Da 6
a 10%
1517,2
%D
a 11 a 20
%14
16,1%
Da 2
1 a 30%
910
,3%O
ltre 30%
78
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Totale8
710
0,0
%
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i mercato
nella catego
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%
Alto
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a2
831,8
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23
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,1%P
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follo
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22
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,0%
Altro
1213,6
%P
rimo
prezzo
33,4%
Totale8
810
0,0
%
Andam
ento del fatturato nel triennio 2013-2015n.
%
Co
ntrazione (<-5
%)
45
,3%Lieve co
ntrazione (-5
% - <0
%)
79,3%
Stab
ilità (0%
- 5%
)2
736
,0%
Mo
desta crescita (6
% - 10
%)
192
5,3%
Buo
na crescita (11% - 2
0%
)13
17,3%Fo
rte crescita (>20
%)
56
,7%Totale
7510
0,0
%
Trade Lab
per IB
C, 2
016
Trade Lab
per IB
C, 2
016
10 n . 1 · marzo 2017
La m
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stria 5
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GLI A
CC
OR
DI N
ET-NET
Per quanto
riguarda i prezzi di cessione, prevalgo
no acco
rdi net-net all’atto
del contratto, nel 38%
e nel 61% dei casi rispettiva-
mente per G
do e disco
unt, ma revisio
ni in corso
d’anno
con ri-
chiesta di contributi per attività di so
stegno alle vendite si stanno
diffondendo, in particolare nella G
do (48%
dei casi, contro
il 27%
del discount), un feno
meno
innescato dalla crescente pro
mozio
-nalità che ha o
rmai interessato
anche le MD
D ( Tavola 1 3 ).
N
elle interviste è emerso co
me la professio
nalità degli interlo-
cutori della G
do sia un elemento im
portante per strutturare un’in-
tesa orientata al m
edio-lungo perio
do. È stato quindi chiesto alle im
prese com
e valutassero la com
petenza dei loro interlo
cutori e il
risultato più interessante emerso è la netta differenza del giudizio
dato sui buyer di Gdo e disco
unt ( Tavola 1 4 ). Il 60% dei rispo
ndenti ha infatti valutato la co
mpetenza dei seco
ndi com
e buona o m
ol-to buo
na, contro un’analoga percentuale per quelli della G
do del 42%
. Una differenza rilevante e spiegabile a partire dal diverso pre-
supposto con cui avviene la trattativa nei due casi.
In quello del disco
unt i buyer scelgono quella che spesso è l’uni-
ca alternativa offerta al cliente e dunque devono essere in grado di
valutarla da un punto di vista qualitativo in mo
do preciso, con una
logica simile a quella di un pro
duttore, m
entre i buyer della Gdo
tendono a trasferire sulla M
DD
lo stesso tipo di contrattazio
ne che caratterizza l’acquisto di beni a m
archio industriale, quindi più cen-trata sulle partite co
ntrattuali che sui contenuti del capitolato di
prodotto.
Infine, sem
pre in relazione ai rappo
rti di fornitura, è stata chie-
sta una valutazione sulla diffusio
ne delle aste, che è risultata an-co
ra non elevata, in particolare in Italia rispetto all’estero e per la
Gdo rispetto al disco
unt ( Tavola 1 5 ).
IL GR
AD
O D
I DIFFE
RE
NZ
IAZ
ION
ED
EI PR
OD
OTTI A
MD
D
D
ue questioni su cui si è m
olto discusso in rapporto alla diffu-
sione delle M
DD
riguardano il grado di differenziazione dei pro
-dotti a M
DD
rispetto a quelli analoghi venduti con la m
arca del fo
rnitore ( Tavola 1 6 ) e gli effetti negativi sull’investim
ento in inno-
vazione che avrebbe la pressio
ne della distribuzione per accelerar-
ne il trasferimento dalla m
arca industriale alla MD
D (Tavola 1 7 ).
N
el primo caso le im
prese hanno dichiarato di produrre, per ra-
gioni di costo, beni sim
ili o identici alla MD
D nel 57%
dei casi per la G
do e nel 49% per il disco
unt. È palese il tentativo di differenziare di più le M
DD
del discount, in particolare per giustificare un diver-
so posizionam
ento di prezzo. Per quanto riguarda il trasferimento
dell’innovazione inizialm
ente veicolata sul proprio m
archio anche sulle M
DD
, le risposte del campio
ne non pare co
nfermare il tim
o-
re di una riduzione dei tem
pi di sfruttamento dell’investim
ento.
Per il 43% dei rispondenti non è il trasferim
ento accelerato dell’in-novazione sulle M
DD
che ne riduce la redditività, ma la concorren-
za di altri produttori. Un altro 33%
, pur subendo questa pressione, ritiene che se l’innovazione è realm
ente tale si trova di norma un ac-
L'E
SC
LU
SIV
ITÀ
DE
LL
A F
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GD
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iscount
Fornito
ri unici19,4%
16,1%
Fornitura co
ndivisa
80
,6%
83,9
%(M
otivazioni della condivisionerisposte m
ultiple riportate a 100
)
L’insegna vuole garantirsi un fornitore di riserva
45,9
%44,0
%
L’insegna vuo
le garantirsi un
confro
nto co
ntinuo tra fo
rnitori
40,5
%45
,3%
Distanza g
eog
rafica (log
istica po
co
conveniente)
13,5%
10,7%
Totale10
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100
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Si ag
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Si ag
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Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
4 Infine, la Tavola 8, dove è ripo
rtato l’andam
ento del fatturato
nel passato triennio
e le previsioni per il pro
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ra una durata dei rapp
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erciali di oltre 4 anni.
La stabilità dei rappo
rti emerge anche da quanto
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dicono
sulla loro
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ina-ta ( Tavola 11 ). D
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verificate, il motivo
più citato è
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ncorrente più aggressivo
sui prezzi, seguito da
un mancato
accordo
dovuto all’insufficiente m
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a ricono
scere. Nel caso
della Gdo
ha inoltre un certo
peso l’interruzio
ne delle forniture
a motivo
dei bassi volum
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e più generali problem
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n il managem
ent dell’insegna.
È noto che spesso l’affidamento dei pro
dotti a MD
D in una
categoria
non
viene co
nferito a
un solo
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que-sta situazio
ne è conferm
ata dalle imprese co
ntattate ( Tavola 12).
Infatti, solo nel 19% dei casi per la G
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prese sono fo
rnitrici uniche. I motivi so
no principalmente due:
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problem
i con uno di quelli attivi nella catego
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ni di fornitura. Rilevante, m
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Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Un retailer moderno dovrebbe focalizzarsi sullo studio approfondito della customer journey.Il futuro è nel riconoscere il singolo cliente, profilando offerte specifiche coerenti con le caratteristiche dei suoi consumi e dello stile di vita. Ma soprattutto in funzione delle esigenze specifiche del momento
Il nostro alleatosi chiama
smartphone
11n . 1 · marzo 2017
Cos’èil beacon?
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ndendo, in particolare nella Gdo (48%
dei casi, contro il 27%
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unt), un fenom
eno innescato dalla crescente prom
ozio-
nalità che ha ormai interessato anche le M
DD
( Tavola 1 3 ).
Nelle interviste è em
erso come la professionalità degli interlo-
cutori della Gdo sia un elem
ento importante per strutturare un’in-
tesa orientata al medio-lungo periodo. È stato quindi chiesto alle
imprese com
e valutassero la competenza dei loro interlocutori e il
risultato più interessante emerso è la netta differenza del giudizio
dato sui buyer di Gdo e discount ( Tavola 1 4 ). Il 60%
dei rispondenti ha infatti valutato la com
petenza dei secondi come buona o m
ol-to buona, contro un’analoga percentuale per quelli della G
do del 42%
. Una differenza rilevante e spiegabile a partire dal diverso pre-
supposto con cui avviene la trattativa nei due casi.
In quello del discount i buyer scelgono quella che spesso è l’uni-ca alternativa offerta al cliente e dunque devono essere in grado di valutarla da un punto di vista qualitativo in m
odo preciso, con una logica sim
ile a quella di un produttore, mentre i buyer della G
do tendono a trasferire sulla M
DD
lo stesso tipo di contrattazione che caratterizza l’acquisto di beni a m
archio industriale, quindi più cen-trata sulle partite contrattuali che sui contenuti del capitolato di prodotto.
Infine, sempre in relazione ai rapporti di fornitura, è stata chie-
sta una valutazione sulla diffusione delle aste, che è risultata an-cora non elevata, in particolare in Italia rispetto all’estero e per la G
do rispetto al discount (Tavola 1 5 ).
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D riguardano il grado di differenziazione dei pro-
dotti a MD
D rispetto a quelli analoghi venduti con la m
arca del fornitore (Tavola 1 6 ) e gli effetti negativi sull’investim
ento in inno-vazione che avrebbe la pressione della distribuzione per accelerar-ne il trasferim
ento dalla marca industriale alla M
DD
(Tavola 1 7 ).
Nel prim
o caso le imprese hanno dichiarato di produrre, per ra-
gioni di costo, beni simili o identici alla M
DD
nel 57% dei casi per la
Gdo e nel 49%
per il discount. È palese il tentativo di differenziare di più le M
DD
del discount, in particolare per giustificare un diver-so posizionam
ento di prezzo. Per quanto riguarda il trasferimento
dell’innovazione inizialmente veicolata sul proprio m
archio anche sulle M
DD
, le risposte del campione non pare conferm
are il timo-
re di una riduzione dei tempi di sfruttam
ento dell’investimento.
Per il 43%
dei rispondenti non è il trasferimento accelerato dell’in-
novazione sulle MD
D che ne riduce la redditività, m
a la concorren-za di altri produttori. U
n altro 33%, pur subendo questa pressione,
ritiene che se l’innovazione è realmente tale si trova di norm
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4 Infine, la Tavola 8, dove è ripo
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La stabilità dei rappo
rti emerge anche da quanto le im
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no sulla loro rottura e sulle cause che l’hanno determ
ina-ta (Tavola 11 ). D
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ncorrente più aggressivo sui prezzi, seguito da
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rdo dovuto all’insufficiente marginalità dei prez-
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della Gdo ha inoltre un certo peso l’interruzio
ne delle forniture
a motivo dei bassi volum
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rapporto co
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È noto che spesso l’affidamento dei prodotti a M
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in una categoria
non viene
conferito a
un solo
produttore e
que-sta situazione è conferm
ata dalle imprese contattate (Tavola 12
). Infatti, solo nel 19%
dei casi per la Gdo e nel 16%
per il discount le im
prese sono fornitrici uniche. I motivi sono principalm
ente due: la volontà dell’insegna di avere un fornitore di riserva in caso di problem
i con uno di quelli attivi nella categoria e la possibilità di un continuo confronto delle condizioni di fornitura. Rilevante, m
a solo per i prodotti dell’alim
entare fresco, la presenza di fornito-
ri diversi per aree territoriali per ottimizzare i costi della logistica.
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Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Trade Lab per IBC, 2016
Il presidio della sola dimensione analogi-ca non è comunque sufficiente per competereecostruirerelazioniefficacinellafiliera.Cre-do che un retailer moderno debba focalizzarsi sullo studio approfondito dell’intera customerjourney. Seguire digitalmente il cliente nel-lefasicheprecedonoeseguonol’esperienzadiacquisto. E ovviamente entrare in relazione con lui sul punto di vendita. Attraverso le innovative tecnologie geofen-cing e beacon, per esempio, si possono coglie-re opportunità mai esplorate. I consumatori che passano nei pressi di un punto di vendita rice-vono in tempo reale sui loro smartphone offer-teallettanti.Quellichedecidonodiapprofittar-ne, al loro ingresso nel pdv, sono ringraziati e davanti agli scaffali possono ricevere ulteriori proposteadhocsuspecificiprodotti. Certoèun’attivitàdasvolgereinmodointel-ligente, senza eccedere nelle proposte per non dar luogo a sindromi da rigetto per eccesso di stimoli. Ma il futuro è nel riconoscere il singo-locliente,profilandooffertespecificheinfun-zione delle caratteristiche dei suoi consumi e stili di vita, ma soprattutto in funzione delle specifiche esigenze nello specificomicromo-mento. Non credo di esagerare affermando che lo smartphone è già per molti distributori la nuova carta fedeltà.
di Giorgio Santambrogio*
Distribuzione
La tecnologia beacon consente di tra-smettere e ricevere messaggi, entro brevi distanze, tra apparecchi dotati di bluetooth. In parole più semplici, il beacon è un pic-colo strumento (misura pochi centimetri)applicabilenegliambienti(peresempioalmuro o su uno scaffale) che comunica con undispositivoricevente(l’appinstallatasuun device mobile). L’utilizzo dei beacon nell’ambito del-la moderna distribuzione consente nume-rose attività di marketing e di servizio al consumatore. È possibile inoltrare offerte, coupon, programmi fedeltà personalizza-tipericlientichetransitanoosonoall’in-ternodiunpuntodivendita(ilcontenutopuòvariareinbaseall’orario,alprofilodelconsumatore, ecc.). Si possono, inoltre, suggerire percorsi preferenziali. I beacon localizzano il cliente nel pdv e propongono delle mappe con percorsi ad hoc in sintonia con le sue caratteristiche (desunte anche dai datiforniti al momento della sottoscrizione della app o dalle serie storiche degli acquisti). I retailer, inoltre, possono monitorare le visite dei clienti, il tempo passato davanti a un certo scaffale, le statistiche degli acquisti, la reattività alle diverse tipologie promozionali proposte, ecc. (a.m.)
A fare la differenza sul piano competitivo contribuirà la capacità di monitorare la soddi-sfazionedelcliente,prima,duranteedopol’e-sperienzad’acquisto,conl’obiettivodicono-scerla a fondo, migliorarla, renderla nel tempo semprepiùprofilata. Abbiamo a disposizione tutte le tecnolo-gie e le progettualità per farlo. I social media, per esempio, possono consentirci di veicola-re promozioni, ma anche di dialogare, di re-gistrare le valutazioni dei clienti sui prodotti acquistati, di raccogliere informazioni sul pri-cingdeiconcorrenti.L’ingressodiAmazonelo sviluppo di altri e-player globali non porte-ràl’interosistemaariconvertirsiintegralmen-teall’e-commerce.Contribuiràperòadefiniremeglio le missioni dei formati distributivi. La Gdo deve attualizzare il suo ruolo, estra-endo dalle moderne tecnologie tutto ciò che può contribuire a migliorare il servizio e a rendere attrattivo il punto di vendita. Ma può anche usare il digitale per valorizzare in modo molto particolare la qualità, la sicurez-za dei prodotti, del fresco e del freschissimo, dellecarni,dell’ortofrutta,dell’ittico. Questo,siachiaro,nonsignificarinunciareapriori a gestire anche un canale di e-commer-ce. Ci sono potenzialità interessanti di sbocco da considerare per i prodotti destinati alla cura
dellacasaoperspecificisettoridell’alimenta-reconfezionato, incui lapropensioneall’ac-quisto online sarà sempre più elevata. La presenza di un elemento di garanzia come una marca forte, unita a un prezzo con-venienteeallacomoditàdifarel’acquistodacasafavorirannoinmisuracrescentel’acqui-sto online di numerose merceologie. Unadelleprioritàsucuistiamoconcentran-do i nostri sforzi è la formazione continua dei manager. Non possiamo pensare, per esempio, di avere persone che passano ore impegnate nella contrattazione, ma non sanno sfruttare i nuovi strumenti digitali che possono aiutarli a superare la discussione su sconti promoziona-liecontributidifineannoeaindividuareso-luzioni nuove per generare valore. Un altro elemento importante di attenzio-ne per le nostre imprese sono i Big Data. Le aziende vivono in una fase di sovrabbondan-za di informazioni. Per questo va prestata la massima attenzione nel selezionare e analiz-zare solo quelle ad alto valore aggiunto, uti-li per portare al successo le nostre strategie e quelle dei partner industriali. A tutti noi servono soprattutto gli “actiona-ble data”: informazioni puntuali che ci con-sentano di capire i mercati, le categorie, i pro-dotti, i clienti, da utilizzare nella relazione con i fornitori e con i consumatori. Anche per questo dovremmo iniziare a considerare le informazioni non come una merce di scambio, ma come un patrimonio comune da condividere. Abbiamo molte opportunità da cogliere. Nonperdiamol’occasioneperfarlo.
*Amministratore delegato Gruppo VéGé e presidente Adm
A nche noi distributori, come l’industria, lavoriamo quoti-dianamente per leggere il consumatore in chiave digital. È impegnativo, ma nel contempo molto stimolante. Aiuta a guardarsi dentro, a innescare processi evolutivi, a pensare
approcci diversi alla nostra attività.
12 n . 1 · marzo 2017
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13n . 1 · marzo 2017
l 2016 si è chiuso per la distribuzione moderna nel segno della stagnazione. Le cause sono molteplici. Una
politica favorevole all’apertura di nuovi punti di vendita, adottata negli ultimi anni da molti operatori per far fronte alla contrazione della domanda, ha portato a un eccesso di capacità produttiva.
Altreminaccesiaffaccianopoiall’orizzontediunsettorematuro: inprimis l’entrata sulmercatodi ulteriori concorrenti internazionali (leggiAldi) e la diffusione di canali disruptive attivi nell’e-commerce, di cui Amazon è il principaleesempio. Per i player che vorranno continuare a esserecompetitivis’imponedunqueilsuperamentodi un modello consolidato e la necessità di sfruttare le opportunità concesse dalle nuove tecnologie e logiche di mercato. La bussola delle insegne - come pure quella delle marche - dovrà quindi essere orientatacondecisioneversol’innovazione. Giànelcorsodell’ultimodecennio,delresto,ire-tailer e le aziende consumer goods che hanno sapu-tocoglierequestasfidasonoquellechehannocre-ato maggiore valore per i propri azionisti. Letto in prospettiva,ciòsignificanontrascurarel’ondatadidigital transformation che, seppure con qualche ri-tardo rispetto ad altri Paesi, sta ormai lambendo an-chele“coste”delmercatoitaliano. L’evolversie ladiffusionedeidispositivimobi-le,lasempremaggiorecoperturadireteel’acces-so a un numero esponenziale di informazioni e dati aprono, infatti, a nuovi modelli capaci di coniuga-re le esigenze dei reparti commerciale e marketing conibeneficiderivantidall’utilizzodeidevicecon-nessi a internet. Si tratta di modelli che utilizza-no soluzioni applicative di Sa-lesforceautomation(Sfa)ediTrade marketing management (Tmm), capaci, nei proget-ti più all’avanguardia, di tra-slare la product strategy della marcafinoalsingolopuntodivendita attraverso un disegno chiaro e integrato tra le varie fasi e i diversi attori coinvolti. In grado, quindi, di accorciare sempre più le distan-zetramarca,canaledistributivoeclientefinale. Unesempiocalzanteèdatodalpercorsointrapre-sosuspecificheattivitàdimerchandisingdaLindt& Sprüngli: grazie alla soluzione di Sfa distribui-tasuidispostivitabletdeimerchandiser,l’aziendaha potuto monitorare il corretto posizionamento dei prodotti presso i pdv, rilevare la presenza a scaffa-le e la quota dello spazio espositiva per categoria diprodotto,valutare l’efficaciadelle isolepromo-zionali e tenere sotto controllo l’effettivoutilizzodei volantini o dei supporti promozionali concorda-ti. «Abbiamo introdotto strumenti di gestione della forza di vendita con una logica di modularità» spie-ga il trade marketing manager, Stefano Turati. «Co-noscere e misurare con precisione il cliente deter-minalapossibilitàdidefinireeperseguireobiettiviimportanti. Siamo partiti a valle, con lo scanning dello scaffale; i dati acquisiti si sono rivelati poi uti-li per analizzare le performance generate dalle in-segne in cui siamo presenti». Significativaèanchel’esperienzadiLavazza:av-viatialcuniannifa,iprogettiinambitoSfadell’a-zienda piemontese sono culminati nel 2014 con la revisione della strategia - e della tecnologia - mobi-le a supporto delle attività del personale di vendita. In buona sostanza, Lavazza ha dotato di tablet equi-paggiati con SalesWare i dipendenti e gli agenti che operanosuunaduplicetipologiadiclienti(GdoeFood service, cioè bar e ristoranti). «Volevamo raccogliere un’informazione detta-gliata sui luoghi dove i nostri consumatori acqui-stano il caffè per sviluppare una strategia condivi-sa con i nostri partner della distribuzione» afferma Guido Civati, project management manager di La-vazza. «La nuova soluzione di Sfa ci ha permesso diottenereinformazionifotografiche,dielaborarlesuccessivamente con sistemi di ricerca automatica,
di segnalare nuovi prodotti o nuove promozioni at-tive nei punti di vendita. Inoltre, ci ha consentito di raccogliere gli ordini, riducendo nettamente il mar-gine di errore. I vantaggi ottenuti sono stati in li-nea con gli obiettivi strategici non solo in termini dimaggiorevelocitànell’esecuzionedidetermina-teoperazioni,masoprattuttoinrelazioneall’enor-me mole di informazioni raccolte sul campo sui no-stri clienti». I benefici di queste soluzioni sono infatti evi-denti. La loro adozione consente di digitalizzare quei processi che tradizionalmente venivano svol-ti attraverso carta e penna dal personale on-fielde che richiedevano poi ulteriore tempo in fase di backoffice.Saltandoquestipassaggi,siriducefinoall’85%iltempoimpiegatonellagestioneenell’e-vasionedegliordinienell’inserimentodelleinfor-mazioniraccolteinmanieradestrutturataall’inter-no dei diversi sistemi informatici aziendali. Non solo. I vantaggi più interessanti riscontra-ti dalle aziende che hanno già messo a punto que-sto tipo di iniziative si manifestano soprattutto in un significativo miglioramento dell’efficacia del-levendite.L’utilizzodisoluzioni“everywhereedeverytime” consente di avere a disposizione datisempre aggiornati in grado di supportare un ap-proccio più consulenziale e target-oriented. Che a suavoltasiriflettepositivamentesulbusiness:in-dagini condotte dai principali centri di ricerca in-dicanocomel’adozioneditalistrumentipossapor-tare a un aumento del 28% delle vendite e a unincrementodelnumerodegliordinifinoal18%. Vaperòdettochel’adozionediquestesoluzio-ni almomento è tutt’altro che capillare. «Nellegrandi imprese» osserva Paolo Catti, associate partner di Partners4Innovation e co-fondatore de-gli osservatori Digital Innovation del Politecni-co di Milano «la Sfa è abbastanza diffusa con so-luzioniefficaci,inalcunicasiancoradiscutibili,magari non complete dal punto di vista delle in-tegrazioni con gli altri sistemi. Le piccole azien-de, invece, vivono una situazione decisamente meno evoluta: sono rimaste indietro e continuano amantenereattivociòchefinoaqualchetempo
fa ha dimostrato senza dub-bioefficacia,ecioèl’utiliz-zo di carta e penna come de-vice mobile. Purtroppo su questo fronte si stanno per-dendo opportunità che una Sfa efficace riesce a porta-re anche in realtà piccole. Si pensi, per esempio, all’in-cremento della produttivi-
tàdell’individuograziearisparmiditempoche,nell’esperienzadelsingoloagente,sfioranoaddi-ritturaledueorealgiorno.Ilchesignificapoten-zialmente due ore di recupero di operatività di-rettamenteacontattoconilcliente.Unbeneficioquasi incalcolabile». PerchélaSalesforceautomationrisultiefficaceè però necessario valutarne in maniera oggettiva gli impatti legati al change management. In pri-moluogo,nondeveesseresottovalutatal’impor-tanza di una forte sponsorizzazione e di un deci-so commitment da parte della proprietà o del top managementdell’aziendainmodochetuttigliin-terlocutori interessati siano in linea con gli obiet-tivi da perseguire. È inoltre fondamentale che gli stakeholder ven-ganocoinvoltifindalleprimefasidelprogettoperdefinireinmanierapuntualeildisegnodisvilupposia in termini di processi di business sia sul fronte degli aspetti più tecnici di delivery della soluzione, comeperesempiol’integrazioneconl’Erpazien-dale. Assolutamente non trascurabile è poi la fase di formazione degli addetti alla vendita, veri pro-tagonistionfieldeutilizzatorideidispositivitabletsui quali verranno distribuite le app di Sfa. Se si terranno in considerazione questi aspetti, i progetti potranno rappresentare una valida rispo-sta a mercati sempre più competitivi che richiedo-no di spostare l’attenzione verso un’integrazionespinta tra i bisogni del consumatore e le logiche dei retaileredellemarche.Unasfidachebrandein-segne dovranno affrontare insieme, mitigando gli aspetti competitivi delle relazioni e convergendo versonuovimodellicollaborativirivoltiall’inno-vazione e a nuove opportunità di posizionamento commerciale e di sviluppo di condotte strategiche.
*Direttore commerciale di Risorsa
Il successodella forza
vendita è un “affare” 2.0
L’adozione dei dispositivi mobili in ambito commerciale e marketing contribuisce ad aumentare il fatturato ed a incrementare gli ordini
Tecnologie & impresedi Marco Passera*
La Sales force automationpuò migliorare la produttività del singolo venditore, consentendo un recupero di operatività pari a due ore al giorno
I
14 n . 1 · marzo 2017
Siamo un comparto che conta
LE INDUSTRIE ASSOCIATE: GRANDI E PICCOLE, ITALIANE ED ESTERE, ALIMENTARI E NON FOOD
GLI OCCUPATI DEL COMPARTO, PARI AL 25% DEI POSTIDI LAVORO DEL SETTORE INDUSTRIALE
L’INCIDENZA SUI CONSUMI TOTALI DELLE FAMIGLIE ITALIANE
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Bastano pochi numeri per descrivere la rilevanza nel tessuto economico e nella società dell’Industria dei Beni di Consumo. Migliaia di imprese che danno un apporto determinante alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini, all’occupazione e alla crescita dell’economia. Ibc contribuisce a creare le condizioni affinché possano esprimereil loro potenziale competitivo, nelle relazioni di filiera, sul Mercato italiano ed internazionale.
15n . 1 · marzo 2017
L’Italianoncorre.Elestimenonlascianobensperare. L’Accenture Institute for high perfor-mance, in collaborazione con Frontier Econo-mics, ha calcolato che, alle attuali condizioni, nel 2035 la crescita della nostra economia sarà dell’1%.Unaspintapropulsivapotrebbeperòve-niredall’Industry4.0,einparticolaredallaver-sione più radicale, ossia dall’intelligenza artifi-ciale.«Quest’ultima-si leggenel reportstilatodall’Istituto - sarebbe potenzialmente in gradodi duplicare la crescita nel 2035. In questo pe-riodo, in Italia il valore aggiunto potrebbe toc-carel’1,8%».Quasiildoppio,dunque,delvalo-re stimato a bocce ferme. Meno, però, del 2,5% della Spagna, del 2,9% della Francia e del 3%dellaGermania.L’aumentodellaproduttivitàita-liana, da qui al 2035, sarebbe del 12%. Superio-re all’11% spagnolo,ma inferiore al 20% fran-cese e al 29% tedesco. «Questa differenza», silegge ancora nel rapporto, «trova una sua origi-ne nella diversa capacità che i Paesi hanno di in-tegrare e assorbire le innovazioni tecnologiche». Ogni ipotesi di impatto di breve o di lungo pe-riodo deve perciò confrontarsi con il principio di realtà,cioèilprofiloconcretodelpaesaggioin-dustriale italiano, messo peraltro sotto pressio-ne dalla grande crisi. «La nostra industria», spie-gal’ultimanotadelCentroStudiConfindustria,«ha un’elevata propensione a innovare processie prodotti. Con una forte eterogeneità nelle for-me attraverso cui lo sforzo innovativo si tradu-ce, a seconda degli obiettivi strategici perseguiti,
dei canali utilizzati per accrescere le conoscenze detenuteedelletipologied’investimento.Inbasealle elaborazioni del Csc su dati Istat, le strategie più complesse, che puntano sugli investimenti sia in R&S sia in nuovi macchinari e attrezzature, sono state appannaggio di una piccola minoran-za(il7,4%delleimpreseconpiùdi10addettineltriennio2010-2012);perlealtreimprese(il38%deltotale)l’attivitàformalizzatadiricercaèstatadebole o quasi assente, mentre anche per loro si-gnificativoèstatoilricorsoalcanaledell’acqui-sto di nuovi macchinari e attrezzature. La metà circa delle imprese monitorate non ha invece av-viato attività innovative nel periodo di analisi, una quota purtroppo cresciuta nel corso del trien-nio 2012-2014 secondo quanto emerso dai dati ag-gregatipubblicatidall’Istatloscorsonovembre».
Spintadall’ottimoandamentoregistratonell’ul-timoquarterdell’anno,duranteilqualeperlapri-ma volta ha superato la soglia del miliardo di euro di business, Zalando archivia il 2016 con una cre-scita a doppia cifra. Grazie a un fatturato stimato tra i 3,63 e 3,64 miliardi di euro di ricavi, la so-cietà quotata a Francoforte ha incassato un incre-mentocompreso tra il22,9e il23,1%sull’annoprecedente,inlineaconlaguidanceprefissata. Il gruppo, attivo in 15 mercati worldwide, havaratonel2016unmaxipianoda180milio-ni di euro dedicato alla crescita commerciale, che comprende anche la logistica e lo sviluppo della piattaforma.
Per i retailer è oggi imperativo organizzare i propri siti in modo logico e user friendly, cosìda facilitare lequeryedunque l’attodiacquistofinale.InFranciaquestastradaègiàstata intrapresa con buoni risultati. Il website del gruppo franceseSystèmeU, cooperativache raccoglie oltre 1.500 punti di vendita, è stato, per esempio, strutturato secondo la lo-gicadell’alberodellecategorie: sipartedal-le più generali per procedere poi a cascata in sotto-sezioni sempre più precise e dettagliate. Eancora,ilsitoCourses-Uconsentediap-prodare alla referenza desiderata applicando unaseriedifiltriincrociatichefocalizzanolaricerca sulle specifiche connotazioni di pro-dotto: tipologia, gusto, brand, formato, novi-tà e promozioni. Senza dimenticare il prezzo unitarioeilprezzoalkg/litro.Unparametro,quest’ultimo, inspiegabilmente assente daisiti italiani: benché esposto, esso non costitu-isceinfattiun“filtrodiordinamento”innes-suno dei portali recentemente analizzati dal sito specializzato RetalWatch.it finendo conl’esseresurrogatoalmeroprezzounitario. E la mancanza non è di poco conto, perché la letteratura di retail marketing e shopper behavior insegnachenell’ambiente freddoeasettico del canale online la scelta del con-sumatore tende alla razionalità in modo più pronunciato rispetto a quanto accade negli storefisici.Ilcheimplica,appunto,unamag-giore tendenza al confronto non solo del prez-zounitario,maanche(esoprattutto)diquellorapportato al peso/volume. In questa prospettiva, una possibile solu-zione è data dalla classificazione merceolo-gica Nielsen-GS1, condivisa fra le imprese industriali e della Gdo, che consente di giun-gere al momento della scelta evitando molti aspetti confusivi destinati a interferire con l’efficienzadelloscambiofraiduefondamen-tali attori del mercato: azienda e cliente.
Unadichiarazionechevaleunadoppiare-plica. Jeff Bezos (foto) ha annunciato di voler creare 100 mila nuovi posti di lavoro entro la metà del 2018. Nelle previsioni del numerounodiAmazon,alraggiungimentodell’obiet-tivoconcorrerannol’aperturadinuovicentridi stoccaggio e gli investimenti in settori comeilcloud, l’apprendimentoautomaticoela logistica avanzata. Ma un ruolo importante sarà giocato anche da altre aree, quali i servi-zi commerciali, i centri di smistamento e i siti disseminati a livello locale. La decisione rappresenta una neppure trop-po velata risposta del colosso americano all’attacco sferrato da Donald Trump, cheaveva accusato la multinazionale di avere be-neficiatodiindebitivantaggifiscali. «Bezos - aveva tuonato il neopresidente Usa - ha utilizzato il Washington Post per esercitare potere sui politici a Washington ed evitare che Amazon sia tassata come dovreb-be». Ma non solo. Con questo annuncio il ma-nager ribatte anche colpo su colpo alla pro-messa fatta sempre a Trump dal rivale Jack Ma: assumere nella sua Alibaba 1 milione di statunitensinell’arcodiduedecenni.
(...) hanno contribuito a strutturare la societàoltre che le condotte dei singoli individui. Oggi, a quasi venticinque anni dalla diffusio-ne pubblica e gratuita del Web - era il 30 apri-le1993quandoilCerndiGinevradeciseintalsenso - ancora troppo spesso confondiamo la di-mestichezza operativa con cui si utilizza un di-spositivo tecnologico e l’effettivametabolizza-zione culturale della tecnologia in questione. Per esempio, come suggerisce David Weinber-ger in La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete, nonsièmeditato(ancora)ab-bastanza su come, «trasformando il medium - o il supporto - tramite cui sviluppiamo, conserviamo e trasformiamo il sapere, trasformiamo anche la conoscenza. Ovvero, gli stili di apprendimento, di comunicazione e di cooperazione». Una storia culturale dei supporti che hanno
resopossibile,divoltainvolta,un’ideadisape-re non meno che pratiche e metodologie di con-divisione e di apprendimento, farebbe meglio in-tendere quanto profondo sia il nostro rapporto con le tecnologie. Assumendo tale punto di vi-sta diventerebbe, di fatto, più intuitivo come - per dirla con una vecchia battuta di Derrick de Kerckhove - «noi siamo la continua reinvenzio-ne delle nostre stesse invenzioni». Non agiamo e non pensiamo indistintamente da strumenti e di-spositivi mediante i quali mediamo e aumentia-mo la nostra esperienza del mondo. Ecco dunque la necessità di pensare con le macchine: da non intendersi come una progres-siva delega in bianco della facoltà del pensiero aintelligenzeartificialisemprepiùpotenti;macomel’urgenzadicomprenderechetecnologica-menteabital’uomosuquestomondo. E non da ora…
*Filosofo della Scienza, UniversitàdegliStudidiMilanoBicocca
N. 1 - Anno IV - Marzo 2017
Testataperiodicaeditadall’AssociazioneIndustrie dei Beni di Consumo.Registrazione Tribunale di Milano n.329del22.10.2014
Direttore responsabileIvo Ferrario
In redazione:Valentina Bardozzo, Silvia Bergamaschini
Hanno collaborato:Maurizio Benzi, Guido Di Fraia, Manuela Falchero, Jennifer Hubber, Roberto Liscia, Danilo Loizzedda,Alessio Mainardi, Stefano Moriggi,Marco Passera, Luca Pellegrini,Guido Rosa, Giorgio Santambrogio.
Editore e redazioneVia Serbelloni 520122 [email protected]
Responsabile trattamento datiRoberto [email protected]
Art, impaginazione e stampaCromograficaRomaViaTiburtina192-00156Roma
Link Ibc non pubblica testi e immagini non richiesti. La pubblicazione non implica la condivisione dei contenuti da parte dell’editore,maèdaintendersiunicamente come un contributo di approfondimento utile per i lettori. Ogni numero di Link Ibc è diffuso a circa 33 mila industrie associate a Ibc. L’Editoreèadisposizionedegliaventidiritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti. Chiuso in redazione il 24/02/2017
Quando il computer “sposò” il telefono
segue dalla prima pagina
RetailerE-biz: l’esempio francese, il ritardo italiano
AmazonBezos promette 100 mila nuovi posti entro il 2018
In brevea cura di Manuela Falchero
BilanciZalando, i ricavi volano oltre i 3,6 miliardi di euro
EconomiaLa sfida della crescita è nell’Industry 4.0
Un fatturato di 4,8 milioni di dollari,oltre 42.000 dipendenti e tassi di crescita a tripla cifra non bastano a Jack Ma (foto). Il fondatore di Alibaba, la piattaforma di e-commerce cinese che rivaleggia ormai a pieno titolo con Amazon, guarda avanti e alza l’asticella. L’imprenditore haannunciato di poter centrare l’obiettivodi creare 100 milioni di posti di lavoro in vent’anni, regalandone addirittura “unmilione” all’America di Jeff Bezos, comepromesso dallo stesso Ma in un incontro con il neoeletto presidente Donald Trump. Un obiettivo ambizioso che il magnatecinese conta di centrare puntando oltre il web. Dobbiamo cambiare - ha scritto nell’ultima lettera agli azionisti - perché
anche l’e-commerce di oggi è destinato adiventareun“businesstradizionale”,mentreAlibaba deve «anticipare la nascita di un’industriadelcommerciore-immaginata,spinta dall’integrazione di online, offline,logistica e raccolta dati in una singola catena del valore». Solo teoria? Pare proprio di no, visto che l’offline c’è già: Alibabaha investito il 20% in Suning, la catena di elettronica di quello stesso imprenditore che, sul fronte calcistico, ha conquistato la nostra Inter. E così, i clienti possono, per esempio, scegliere una lavatrice in uno store dell’insegnaepoiordinarlasullapiattaformadi e-commerce. È il modello chiamato O2O: OnlinetoOfflinecommerce.Sitrattaoradivedere se davvero il futuro passerà da qui.
Online e off line:punta all’integrazione la strategia di Jack Ma
Alibaba
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INTERVENTI • Il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha presentato il Piano Nazionale Industria 4.0, che prevede investimenti per 10 miliardi di euro nel periodo 2017-2020.
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16 n . 1 · marzo 2017
(...)Questo signifi ca attingere dal mercato del lavoro le risorse necessarie e formare quelle presenti in azienda. La parola chiave è: integrazione. Ottanta aziende su cento (Hubber, a pagina 2) hanno registrato benefi ci importanti quando i collaboratori dotati di nuove competenze sono stati messi nelle condizioni di operare in sinergia con le persone (e il loro know-how) già presenti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si sono create le condizioni per l’espressione di una più effi cace “value proposition”. Si parla molto del ritardo infrastrutturale del Paese, ma indubbiamente dal punto di vista de-gli utenti la digitalizzazione oggi è un dato di fatto (De Biase, a pagina 3). È dunque imprescindibile per le aziende attivarsi sui fronti dell’e-commerce (Btb e Btc) e dei social media. Il primo può esse-re affrontato con successo perfi no da una picco-la e media impresa. Per esempio agganciandosi a un marketplace. Secondo l’osservatorio del com-
mercio online di Netcomm e Politecnico di Milano, in Italia circa 40mila aziende sono attive online. E moltissime piccole e medie colgono i vantaggi deri-vanti dall’utilizzo di piattaforme comuni, che con-sentono loro di approcciare il mercato digitale e farsi notare. È una soluzione per continuare ad oc-cupare posizionamenti di nicchia (spesso ad alto valore aggiunto, su piccole produzioni) sfruttando la notorietà e le economie di scala di contatto degli operatori online (Amazon, ma anche siti di e-com-merce aperti da consorzi o cooperative di produt-tori). Va sottolineato, però, che il contesto competiti-vo è caratterizzato anche da eccellenti start-up e da aziende tradizionali che hanno saputo coglie-re le opportunità offerte dal digitale. Le aziende of-fl ine che hanno avuto più successo sono quelle che hanno messo in discussione il loro modello di busi-ness e il loro modo di relazionarsi con il cliente ge-nerando innovazione (Liscia, a pagina 4). Anche il potenziale di sviluppo dell’e-commerce Btb è enorme. La tendenza sarà sempre più visibi-le anche in Italia e questo porterà ad una progres-siva ridefi nizione dei ruoli degli attori della fi liera, verso un modello di vendita sempre più self service (Benzi, a pagina 5). Rifl essioni importanti, nel contesto defi nito dal
digital, meritano i social media, cui non a caso Ibc dedica la sua assemblea annuale, in programma a Milano il prossimo 28 marzo (in merito si rimanda al riquadro in prima pagina). Questi nuovi strumenti determinano cambia-menti fondamentali per le marche. Da attività pro-gettata e gestita in modo mono-autoriale, il brand diventa il risultato di un’opera collaborativa intrin-secamente social. Una vera e propria “scrittura a più mani”, condivisa tra azienda e consumatori (Di Fraia, a pagina 6). Per questo il brand manage-ment deve tornare a essere uno dei principali focus attenzionali della gestione strategica delle aziende. Farsi prendere dall’euforia dei risultati ottenibili attraverso le forme più avanzate e performanti del digital marketing, tralasciando il tema del bran-ding, rappresenterebbe un passo indietro pericolo-so e disfunzionale. Nella società digitale la domanda si organiz-za, getta le basi per determinare le caratteristiche dell’offerta, impone alle aziende di trasformarsi in “Brand Editor”, cioè in entità capaci di opera-re e vincere nel mercato non attraverso i tradizio-nali meccanismi di promozione di un prodotto, ma agendo in modo intelligente e trasparente nelle co-munità dei consumatori. In questo contesto vince chi profi la il Brand in
modo coerente con le aspettative dei potenziali ac-quirenti. Non è una novità, certo. Ma farlo signifi ca sganciarsi realmente dagli stereotipi e riempire di contenuti veri e innovativi parole come marketing, qualità, innovazione, responsabilità sociale d’im-presa. Anche la distribuzione moderna lavora per leg-gere il consumatore in chiave digital. Un compi-to impegnativo, ma nel contempo stimolante per-ché aiuta a guardarsi dentro, a innescare processi evolutivi, a pensare approcci diversi alla propria attività. Il retailer tradizionale, fi no ad ora, ha in-novato soprattutto nella parte di back-end (dalla business intelligence alla fatturazione elettronica) e nella logistica. Se saprà agire anche all’esterno e all’interno del punto di vendita in una logica evo-luta sicuramente potrà cogliere risultati importan-ti (Santambrogio, a pagina 11). In tutta la fi liera è il momento di travalicare i re-cinti funzionali, di interagire, di contribuire proat-tivamente ai cambiamenti di cui le imprese - e più che mai il nostro Paese - hanno bisogno. Gli stru-menti ci sono, ma contano poco se a monte manca-no buone strategie, organizzazione, contenuti, con-divisione, commitment. Parole note nel mondo delle imprese che tutti siamo chiamati a riempire di reale sostanza. (i.f.)
Abbiamo la tecnologia,riempiamola di contenuti
segue dalla prima pagina