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© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013 1 PROGETTO SPERIMENTALE DIDATTICA DELLE EMOZIONI®”

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© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013

1

PROGETTO SPERIMENTALE

“DIDATTICA DELLE EMOZIONI®”

© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013

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PREMESSA

Questo abstract contiene i risultati di anni di lavoro, riflessioni, ricerca ed

esperienze avviate da una équipe di psicologi e ricercatori della provincia di Viterbo

in materia di prevenzione del disagio giovanile e promozione del benessere in età

evolutiva.

Rappresenta altresì il punto di arrivo di un enorme sforzo sperimentale nel

campo della prevenzione primaria e dell’educazione, in quanto si è passati, negli

anni, dal fare prevenzione all’essere nella prevenzione attraverso la costruzione di

un modello d’intervento unico nel suo genere denominato “Didattica delle

emozioni”.

Cosa vuol dire “essere nella prevenzione”?

A differenza del “fare” (informazione, assemblee nelle scuole, incontri con

gruppi a rischio, counseling, spot pubblicitari ed altro ancora), “essere” vuol dire

costruire pazientemente, gradualmente e costantemente valori in grado di

accompagnare i giovani, ed ancor più i giovanissimi, verso l’adultità con le

necessarie competenze per non cedere all’illusione di avventure pseudoemozionali

favorite dall’assunzione di droghe e alcool, o da comportamenti caratterizzati da

dipendenza e compulsività (anoressia, bulimia, gioco d’azzardo, rischio, abuso di

Internet e tecnologia).

Per ridurre i danni indotti dalle sostanze stupefacenti e da tutte le altre

dipendenze che attualmente rappresentano la più diffusa emergenza socio-sanitaria

tra le giovani generazioni, è necessario costruire e sviluppare valori educativi

attraverso la disponibilità all’ascolto, l’autorevolezza, il contenimento, l’accoglienza

e tempo “significativo” da dedicare (agli alunni, ai figli, ai bambini, ai ragazzi in

difficoltà).

Essere nella prevenzione rappresenta dunque l’imprescindibilità di

costruire validi e profondi rapporti con i bambini e i giovani, affinché questi

possano sviluppare autonomia, senso di appartenenza, autostima e competenze

relazionali, veri antidoti del disagio e, ancor più, delle dipendenze patologiche.

A questo concetto, teorico e pragmatico, di prevenzione, si è giunti dopo anni di

lavoro nelle scuole, a contatto con migliaia di alunni, centinaia di docenti e di

genitori.

Da queste osservazioni cliniche, dal confronto, dall’intenso lavoro nelle scuole

con gli alunni, i docenti e le famiglie iniziò a delinearsi diversi anni fa l’esigenza di

riformulare alcuni concetti circa la prevenzione e di costruire un modello d’intervento

preventivo e promotivo (per ridurre i rischi e favorire il benessere) in grado di

rispondere a diverse esigenze.

Il modello d’intervento che si andava delineando era focalizzato

prevalentemente sullo spazio-scuola. Tale spazio risulta infatti essere il più adeguato

per almeno due motivi:

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1. tutti i soggetti in età evolutiva, da 3 a 18 anni circa, affrontano il percorso

scolastico; 2. la scuola rappresenta (dopo la famiglia) lo spazio-tempo più intenso e

significativo circa l’educazione e la trasmissione dei valori.

Posta la scuola come spazio-tempo privilegiato per promuovere benessere e

ridurre i rischi del disagio e del disadattamento, si è dovuto negli anni costruire, e

quindi proporre, un modello d’intervento che, pena il fallimento o l’appiattimento su

altri modelli di basso profilo che durano il breve spazio del “consumo del

finanziamento” o dell’esaurimento della motivazione di questo o quel docente, avesse

alcune caratteristiche ben definite. Tale modello doveva rispondere (e risponde) a

queste imprescindibili proprietà:

1. non costituisce un surplus di lavoro per gli insegnanti;

2. non intralcia né rallenta le consuete attività didattiche;

3. è di facile applicazione per i docenti (basta un corso di formazione di

10 ore circa);

4. ha un costo economico molto contenuto;

5. è divertente e proficuo;

6. è flessibile e versatile, tale da essere adattato a tutte le scuole, in tutte

le classi e per una grande quantità di esigenze pedagogiche ed

educative;

7. è efficace (nella direzione di una riduzione dei fattori di rischio e di

una promozione di quelli di protezione).

La scommessa più ardua nell’aver costruito questo format era tuttavia

rappresentata dal fattore “efficacia”, condizione senza cui non è possibile affermare

la validità intrinseca di ogni intervento.

Pur avendo infatti validato empiricamente nel corso degli anni il programma di

prevenzione basato sulla Didattica delle emozioni ed avendolo misurato su campioni

di alunni rilevanti, ma non estremamente significativi dal punto di vista scientifico, si

era ancora, fino ad un anno fa circa, nell’ambito di una buona prassi con delle

tendenze di risultato incoraggianti e degne di approfondimento.

Nel luglio del 2005, la Giunta della Regione Lazio, con delibera n. 632,

approvava e finanziava di fatto, attraverso il Fondo nazionale della lotta alla droga, la

sperimentazione su larga scala del progetto “Educazione alle emozioni come fattore

di protezione delle dipendenze patologiche”, dando così la possibilità di verificare

e validare scientificamente un modello di intervento di prevenzione primaria di nuova

generazione ed unico nel suo genere.

L’atto deliberativo della Giunta regionale ha dato la possibilità concreta di

mettere in moto tutte quelle necessarie procedure metodologiche per progettare su

larga scala (quasi 1300 alunni tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo) un

intervento che mira a costruire e rafforzare in un’ampia parte di popolazione

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scolastica i migliori fattori di protezione per difendersi in modo costruttivo ed

evolutivo dal disagio in generale e dalle dipendenze patologiche in particolare.

Tali fattori di protezione consistono, come si vedrà, nella capacità di

identificare, modulare e gestire il proprio mondo emozionale interno.

Il presente abstract riporta in forma sintetica i momenti essenziali e significativi

del progetto, soffermandosi ovviamente sui risultati della sperimentazione.

Le strategie d’intervento utilizzate in questo progetto-intervento sono in

sintonia con le raccomandazioni, le linee guida e le revisioni sistematiche

realizzate negli ultimi anni dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal

National Institute on Drug Abuse (NIDA, 2003) e dall’European Monitoring

Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA) in materia di evidenze di

efficacia nella prevenzione.

Il progetto di seguito sintetizzato si basa in gran parte su una strategia di tipo

educativo-promozionale (Life Skills Training).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità da alcuni anni ha comprovato che, tra

tutti gli interventi di prevenzione, le strategie di tipo educativo-promozionale

(potenziamento delle abilità personali) sembrano risultare, da una revisione

sistematica condotta su 1265 studi redatti tra il 1985 e il 2001, le più efficaci.

Tra le principali evidenze di efficacia relative a questo tipo di strategia,

l’OMS annovera e quindi raccomanda:

la formazione dei docenti (a lungo termine);

la collocazione dei progetti di salute all’interno dei curriculum di

educazione alla salute nelle scuole (per l’Italia i POF);

il rafforzamento delle capacità del self-control, della comunicazione, della

gestione delle emozioni e delle relazioni con i pari negli alunni (per una

durata di almeno sei mesi);

l’inizio precoce dell’intervento (età prescolare);

interventi educativi rivolti ai genitori (scuole per genitori);

azioni ed interventi immediatamente utilizzabili nella pratica.

Il presente progetto si è “snodato” lungo tutte queste direttrici, utilizzando per la

sperimentazione un campione di soggetti così ampio, da risultare, allo stato attuale,

uno dei progetto-interventi basato sulle Life Skills Training più consistenti di cui

si ha notizia a livello mondiale (NIDA, 2003 e 2005).

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Descrizione del progetto e della sperimentazione

Spesso in Italia progettare interventi di prevenzione universale o selettiva

(primaria e secondaria) rivolta ai problemi espressi dai giovani e dai giovanissimi

consiste nell’incontro tra una domanda allarmistica e perentoria proveniente per lo

più dal mondo della scuola (“bisogna fare qualcosa, presto venite!”, “abbiamo trovato

gli spinelli nei bagni: organizziamo un’assemblea”) con una risposta blanda, lenta e

poco incisiva, proveniente per lo più dai servizi sanitari o dai tanti esperti, a volte non

tutti all’altezza, che si propongono sul mercato.

Allarmismo e poca incisività normalmente si annullano a vicenda.

Una delle caratteristiche del progetto di seguito descritto consiste invece nel

proporre al mondo della scuola e quindi agli alunni, dalla scuola dell’infanzia

alla scuola secondaria di secondo grado, un format educativo trasversale che

comprende, pur non trattandole direttamente e formalmente, tutte le varie

problematiche, prima che si trasformino in disagio o addirittura in

comportamenti disadattati.

Si tratta di fornire, attraverso questo intervento, la possibilità di insegnare e

rafforzare nei soggetti in età evolutiva la capacità di individuare, riconoscere,

modulare e gestire le proprie emozioni.

Una grande mole di studi e letteratura scientifica è infatti concorde nel ritenere

tale competenza la più efficace nel proteggere le giovani generazioni da molte forme

di disagio con particolare riferimento a quelle connotate da dipendenza e regressione.

D’altra parte l’acquisizione precoce delle competenze per gestire la sfera

emotiva in senso adattivo consente ai bambini e ai giovani di possedere un “locus

of control” interno attraverso cui sviluppare al meglio l’autostima, l’autonomia

e la capacità di costruire e mantenere relazioni affettivamente significative,

riducendo al minimo i rischi di un arresto dello sviluppo della personalità o di

devianza.

Una buona educazione alla gestione delle proprie emozioni comprende così

l’intera gamma delle “educazioni” proposte nelle scuole: autostima, autonomia e

competenze relazionali costituiscono infatti la necessaria base per ogni

apprendimento cognitivo e affettivo, favorendo di fatto motivazione, desiderio,

curiosità, partecipazione, protagonismo, senso critico e senso di appartenenza.

Per tali ragioni il progetto riassunto in queste pagine appartiene all’ambito della

prevenzione universale (primaria), promuove benessere, aumenta i fattori di

protezione nei soggetti in età evolutiva, diminuisce i rischi di disadattamento,

devianza e dipendenza patologica e favorisce l’acquisizione attiva, critica e

partecipata di specifiche informazioni sui temi delle droghe, delle vecchie e nuove

dipendenze e di tutte le altre “educazioni” (alla salute, alla legalità, alla sessualità,

ecc…).

E’ inoltre un progetto in controtendenza.

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Mentre il mondo degli adulti ha sempre meno tempo da dedicare ai bambini, si

affanna a propinare ai giovani falsi reality, a dopare e corrompere lo sport,

rendendolo un simulacro di se stesso, a tecnologizzare l’inverosimile, fino a

costringere quote sempre più elevate di ragazzi a stare lontano da chi è vicino e ad

illudersi di stare vicino a chi è lontano (vedi l’uso scriteriato di sms, di Internet, delle

chat), qui si parla di emozioni, empatia, comunicazione profonda, rispecchiamento,

sensazioni.

Sull’incisività e sull’efficacia è stata dedicata la sperimentazione, i cui risultati

sono interamente riportati più avanti.

Il progetto sperimentale ha avuto una durata di 18 mesi, comprendente, per

la specificità dell’oggetto di studio, l’intero anno scolastico 2005-2006.

L’obiettivo generale del progetto consiste nell’aumentare quei fattori di

protezione ritenuti maggiormente efficaci per contrastare lo sviluppo delle

dipendenze patologiche, ossia l’individuazione, la gestione e la modulazione delle

proprie emozioni da parte dei bambini, dei preadolescenti e degli adolescenti

(Goleman, 1997; Bandura, 1997; Di Pietro, 1999; Caprara, 2000; Mariani, 2001).

Si è ritenuto che tale obiettivo poteva essere conseguito introducendo nelle

consuete attività didattiche, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo

grado, particolari programmi educativi finalizzati ad aiutare gli alunni a identificare e

gestire in modo adeguato il proprio mondo emozionale.

Tale processo, durante lo svolgimento del progetto-intervento, è stato

denominato dagli stessi docenti “la Didattica delle emozioni”.

Le tecniche sono state utilizzate dagli insegnanti dopo una breve ma intensa

formazione teorica e pratica.

Le attività e le tecniche usate durante la sperimentazione erano già state

codificate, validate, standardizzate e parzialmente verificate in precedenti

progetti (Mariani e Schiralli, 2002).

L’altra importante direttrice su cui si è sviluppato il progetto è la “Scuola

per genitori”. Si sono infatti proposti, organizzati e realizzati una serie di intensi

incontri formativi con i genitori degli alunni del gruppo sperimentale, finalizzati a

dotarli delle migliori competenze educative (autorevolezza, accoglienza,

comunicazione efficace, gestione dei conflitti, contenimento delle pulsioni, ecc…).

Con questo progetto si è tentato, in definitiva, di favorire l’attivazione di canali

di comunicazione tra il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza (bambini, figli,

alunni) e il mondo degli adulti (genitori, insegnanti) troppo spesso disattenti,

disimpegnati e lontani dai bisogni dei giovani.

Il format della Didattica delle emozioni non è altro che uno stratagemma

per “obbligare” gli adulti a dedicare del tempo ai propri figli/alunni per

ascoltarli, accompagnarli e favorire in loro autonomia e autostima.

In sede di sperimentazione si è provveduto a realizzare nelle classi degli alunni

più grandi una capillare operazione d’informazione sulle sostanze stupefacenti,

sull’alcool e su altre problematiche di interesse giovanile.

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Per attuare quest’ultima parte di attività si sono realizzati appositi laboratori di

ricerca dove gli studenti hanno potuto confrontarsi sulle proprie conoscenze e

convinzioni in materia di droga, alcool, divertimento, affettività, sessualità e relazioni

con gli altri.

Per validare l’ipotesi di fondo è stato necessario costituire fin da subito un

campione di alunni facenti parte del gruppo sperimentale e un omogeneo

campione di alunni per la costituzione del gruppo di controllo.

Ogni scuola individuata è stata pertanto divisa in due parti: un gruppo

sperimentale ed un gruppo di controllo. Docenti, alunni e genitori del primo gruppo

hanno partecipato al progetto (formazione, scuola per genitori, verifiche, utilizzo

delle tecniche, supervisioni, attività informative, laboratori di ricerca); quelli del

gruppo di controllo non hanno partecipato ad alcuna attività, salvo alla rilevazione e

alla misurazione di alcuni tratti psicologici e comportamentali degli alunni all’inizio

dell’anno scolastico (pre-test) ed alla fine (post-test).

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I risultati della sperimentazione: analisi quantitativa e analisi qualitativa

Qui di seguito verranno descritti e commentati i dati quantitativi e

qualitativi emersi dalla sperimentazione della “Didattica delle emozioni”.

La rilevazione statistica ha dato infatti una misura di quanto il campione sia

cambiato nella capacità di gestire e modulare le emozioni. Accanto a questi dati,

necessari per validare il modello di intervento, se ne sono profilati altri che indicano

come i bambini e i ragazzi hanno potenziato la loro “intelligenza emotiva”

(Goleman,1999); in che modo, cioè, hanno costruito rappresentazioni più complesse

di sé e dell’altro tali da attivare sequenze di comportamento più efficaci per esprimere

e condividere il proprio vissuto emotivo.

Grazie a questa impostazione, secondo gli adulti partecipanti alla

sperimentazione, è stato possibile incrementare i livelli di attunement o

sintonizzazione emotiva:

“l’attivazione di uno stato emotivo corrispondente e/o reciproco a quello

espresso da altri soggetti significativi (genitori, insegnanti, caregiver in generale)”

(Liotti, 1994).

Sintonizzarsi con gli alunni e con i figli, offrire loro le parole che identificano

quello specifico stato emotivo, condividere il significato di ciò che sentono e di

conseguenza analizzare le problematiche connesse e le possibili soluzioni è un’azione

altamente educativa. Costituisce, infatti, un’occasione di riflessione e di confronto

con sé e con l’altro, diminuendo il rischio di perdersi nella “sicurezza” offerta da

qualsiasi forma di dipendenza.

Questa competenza era naturalmente presente negli insegnanti e nei genitori

anche prima della sperimentazione. E’ stata però resa più consapevole e più strategica

grazie agli interventi effettuati da operatori qualificati che si sono occupati di

formazione e supervisione del corpo docenti e della scuola per genitori.

Inserire dei comportamenti, a volte intuitivi e spontanei, in una matrice teorica di

significato ha dato un senso qualitativamente diverso alle azioni educative: queste

non solo possono essere condivise da tutti gli adulti che interagiscono con soggetti in

età evolutiva, ma possono sostenersi e fortificarsi a vicenda e quindi concorrere in

misura maggiore allo sviluppo psicoaffettivo dei bambini e dei giovani.

OBIETTIVI E FINALITÀ

La sperimentazione svolta in alcune scuole del comune di Viterbo e della

provincia, si prefigge di:

1. verificare se e quanto la didattica delle emozioni incide sullo sviluppo

cognitivo/emotivo del soggetto incrementando la sua competenza nel

riconoscere, gestire e modulare le emozioni;

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2. individuare le fasce di età in cui l’applicazione di questa metodologia

risulta più significativa;

3. indicare se la didattica delle emozioni incide sulle singole dimensioni

dello sviluppo psicoaffettivo del soggetto (del sé, relazionale,

emozionale, ecc...) o se il suo effetto è più generalizzato.

Scopo del progetto è costruire una metodologia, valida dal punto di vista

scientifico, in grado di favorire la crescita emotiva dei soggetti in età evolutiva, al

fine di un sano sviluppo della personalità e un incremento dei fattori protettivi.

IL CAMPIONE

Il campione di riferimento è costituito da 1231 soggetti (752 appartenenti al

gruppo sperimentale e 479 al gruppo di controllo) frequentanti le scuole di

Viterbo e provincia.

In tutto hanno partecipato alla ricerca:

410 bambini (di età compresa fra 3 e 10 anni) frequentanti l’ultimo anno

della scuola dell’infanzia e le classi terze e quarte della scuola primaria;

670 ragazzi (di età compresa tra 12 e 14 anni) frequentanti la scuola

secondaria di primo grado;

151 ragazzi (di età compresa tra 15 e 16 anni), frequentanti il primo e il

secondo anno della scuola secondaria di secondo grado.

Per valutare l’efficacia dell’intervento, sono stati somministrati tre test

psicometrici all’inizio e alla fine dell’anno scolastico.

A tutto il campione (tranne che per la scuola dell’infanzia) sono stati

somministrati almeno due test in base alla fascia di età dei soggetti per i quali sono

stati tarati, come riportato nella seguente tabella. Vengono successivamente riportate

le dimensioni dettagliate del campione.

Scuole Test Somministrati Scuola dell’infanzia SEDS

Scuola primaria SEDS TMA

Scuola secondaria di primo grado

TMA MRO

Scuola secondaria di secondo grado

TMA MRO

Dimensioni del campione

Gruppo sperimentale Gruppo di controllo Test Retest Test Retest

SEDS 257 241 163 159

TMA 658 638 407 398

MRO 495 471 316 301

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Tra la prima e la seconda somministrazione sono stati utilizzati per tutto il

campione (sperimentale e di controllo) 4504 test per un totale di 250.301 item da

completare, computare ed analizzare.

Complessivamente sono stati analizzati 820 SEDS, per un totale di 26240

valutazioni, 2101 TMA, per un totale 157575 domande a scelta multipla e 1583

MRO, per un totale di 66486 frasi completate.

La prima somministrazione è avvenuta tra ottobre e novembre 2005; la seconda

nel mese di maggio 2006. A ottobre e novembre 2005 gli insegnanti del gruppo

sperimentale hanno effettuato degli incontri di formazione sulla didattica delle

emozioni e hanno scelto quali tecniche applicare in classe.

In particolare i docenti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della

secondaria di primo grado hanno applicato per tutto il tempo della sperimentazione la

tecnica denominata “appello emotivo”, aggiungendo altre metodologie di supporto

adatte alle diverse fasce di età dei soggetti.

L’appello emotivo è stato utilizzato tutte le mattine, durante la prima ora di

lezione, con la possibilità di effettuare una riflessione più specifica sul proprio vissuto

emotivo in altri momenti della giornata e attraverso altre metodologie.

Gli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado hanno invece partecipato

alla formazione teorica pur non dovendo applicare direttamente nessuna tecnica

specifica, ma partecipare all’organizzazione dei laboratori di ricerca.

Gli alunni di 14-16 anni si trovano, infatti, in una fase dello sviluppo cognitivo

ed emotivo in cui le emozioni hanno già assunto un significato e una modalità di

espressione specifiche: in questa fascia di età alcune competenze sono già state

raggiunte e vengono consolidate attraverso le relazioni con il gruppo dei pari e le

sollecitazioni degli adulti di riferimento. Per questi motivi nel gruppo sperimentale

della scuola secondaria di secondo grado sono stati attivati i “laboratori di ricerca”

che sollecitano la partecipazione e il protagonismo degli alunni e producono una forte

risonanza emotiva.

La sperimentazione nelle classi è iniziata circa due settimane dopo la

somministrazione dei test e si è sviluppata per tutto l’anno scolastico,

interrompendosi a maggio per le misurazioni finali.

Il gruppo di controllo non ha partecipato a nessun tipo di intervento nell’arco

dell’anno.

STRUMENTI E RISULTATI

Il“Test di valutazione dei problemi comportamentali ed emozionali”(SEDS),

ideato da J. B.Button e T.G.Roberts (1986), è stato utilizzato per alunni di età

compresa fra 3 e 10 anni (scuola dell’infanzia e scuola primaria).

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Si tratta di una scala di valutazione strutturata per individuare alunni “a rischio”.

Gli item del SEDS misurano vari aspetti psicologici ed interpersonali dell’alunno.

Vengono compilati dagli insegnanti, i quali devono avere una conoscenza del

soggetto precedente alla somministrazione del test.

La diminuzione dei comportamenti definiti problematici e registrati dagli

insegnanti partecipanti alla sperimentazione confermerà l’ipotesi dell’efficacia della

didattica delle emozioni nel favorire la crescita emotiva dei bambini.

Per la valutazione dei risultati è stato effettuato un conteggio delle frequenze dei

profili individuali ottenuti dall’osservazione dell’insegnante, raggruppandoli in base

ai 5 profili definiti dal SEDS.

La suddivisione in 5 categorie mostra un aumento complessivo delle

percentuali dei profili “positivi” a scapito dei profili “negativi”, come mostrato

nella seguente tabella:

Campione Nessun problema

Nella media A rischio Ad alto rischio

Rischio elevatissimo

Sperimentale test 21,0% 58,0% 9,3% 6,2% 5,4%

Sperimentale retest 33,6% 51,5% 8,3% 4,1% 2,5%

Controllo test 16,0% 70,6% 7,4% 4,3% 1,8%

Controllo retest 29,6% 60,4% 8,2% 1,3% 0,6%

L’andamento del gruppo di controllo, pur essendo simile, presenta valori meno

marcati che nello sperimentale. Se si raggruppano, infatti, i risultati in due sole

categorie (profili positivi e negativi) si ha una diminuzione del 6.1% di profili

negativi nel gruppo sperimentale e solo del 3.4% nel gruppo di controllo.

“Positivi” “Negativi”

Sperimentale test 79,0% 21,0%

Sperimentale retest 85,1% 14,9%

Controllo test 86,5% 13,5%

Controllo retest 89,9% 10,1%

Si riporta di seguito, in forma grafica, un riepilogo dei risultati ottenuti:

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Complessivo

Variazione percentuale

-100.00%

-50.00%

0.00%

50.00%

100.00%

Sperimentale 59.96% -11.25% -11.13% -33.35% -54.30%

Controllo 85.32% -14.42% 11.06% -70.71% -65.83%

Nessun

problemaNella media A rischio

Ad alto

rischio

Rischio

elevatiss.

Complessivo

Variazione percentuale

-40.00%

-30.00%

-20.00%

-10.00%

0.00%

10.00%

Sperimentale 7.69% -28.91%

Controllo 3.97% -25.44%

"Positivi" "Negativi"

I soggetti del gruppo sperimentale sembrano più capaci di costruire

rappresentazioni di sé e degli altri in chiave emotiva, di riconoscere alcune sfumature

emotive e di incrementare le capacità previsionali dei propri comportamenti; le

riflessioni su quanto sentono e su come reagiscono, a detta degli insegnanti, sono più

articolate e complesse; acquisiscono competenze proprie della fase di sviluppo

preoperatorio più velocemente, in particolare nella capacità di simbolizzazione e di

rappresentazione delle emozioni; ricostruiscono le emozioni provate in passato con

più abilità e anticipano l’esito di una determinata situazione, attivando una

pianificazione semplice ma congrua delle proprie azioni.

Osservazioni più specifiche, effettuate dagli psicologi del progetto su alcuni

bambini del gruppo sperimentale, concordano con le impressioni degli insegnanti:

attraverso la Didattica delle emozioni, le competenze proprie di determinate fasi

dello sviluppo cognitivo e affettivo vengono acquisite prima e meglio

consolidate.

Il “Test multidimensionale dell’autostima” (TMA) di B.A.Bracken (1992) è

stato somministrato a soggetti tra gli 8 anni e i 16 anni, età massima del campione.

Sono state prese in considerazione solamente 3 delle 6 scale che lo compongono: “le

relazioni interpersonali”,“la competenza di controllo dell’ambiente” e “l’emotività”,

trascurando “il successo scolastico”, “la vita familiare” e “il vissuto corporeo”, in

quanto ritenute estranee agli ambiti di intervento del progetto.

Il TMA è basato sul costrutto di autostima intesa come uno schema

comportamentale e cognitivo appreso, multidimensionale e riferito ai diversi contesti.

Si fonda sulla valutazione espressa da un individuo circa le esperienze ed i

comportamenti attuali e la previsione di quelli futuri (Bracken, 1992).

Cambiamenti nei livelli di autostima, all’interno del gruppo che ha partecipato

alla sperimentazione, indicheranno che la didattica delle emozioni incide

positivamente in una o più delle tre dimensioni analizzate (relazioni interpersonali,

controllo sull’ambiente, gestione dell’emotività).

I risultati sono stati ricavati dall’analisi e dal confronto dei punteggi medi

ottenuti dal gruppo sperimentale e di controllo nelle due somministrazioni.

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Nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado i punteggi del

TMA evidenziano una scarsa significatività.

Per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, i risultati ottenuti nel

TMA dai ragazzi offrono spunti di riflessione.

96.00

97.00

98.00

99.00

100.00

101.00

102.00

103.00

interpersonale competenze emozionale

Gruppo sperimentale - Secondaria 2º grado

test retest

96.00

97.00

98.00

99.00

100.00

101.00

102.00

103.00

interpersonale competenze emozionale

Gruppo di controllo - Secondaria 2º grado

test retest

-2.00%

-1.50%

-1.00%

-0.50%

0.00%

0.50%

1.00%

1.50%

interpersonale competenze emozionale

Variazione perc. delle medie - Secondaria 2º grado

Controllo Sperimentale

Nel gruppo sperimentale si assiste ad un incremento dell’area interpersonale

dell’autostima, mentre si registra una diminuzione nell’area delle competenze di

controllo sull’ambiente e una sostanziale stabilità nell’area emozionale.

Questi dati sono interessanti se paragonati a quelli ottenuti nel gruppo di

monitoraggio dove sia l’area delle competenze di controllo sull’ambiente che quella

emozionale subiscono un decremento più significativo. Qui, infatti, la diminuzione di

queste due aree risulta ancora più marcata mentre l’area interpersonale segue gli

stessi andamenti riferiti sopra, anche se l’aumento appare di minore entità rispetto al

gruppo sperimentale.

Si potrebbe ipotizzare che nella fascia di età adolescenziale la Didattica delle

emozioni (attivata mediante la partecipazione ai laboratori di ricerca e agli incontri

tematici) tende a favorire il mantenimento dei livelli di autostima nell’area

emozionale e nelle competenze di controllo sull’ambiente e che i ragazzi, se non

vengono supportati dall’intervento di un adulto “allenatore emotivo”, possono più

facilmente “regredire” rispetto alle competenze acquisite in passato nelle due

specifiche aree.

Confrontando quanto emerso dall’analisi del TMA sia con i risultati del SEDS,

sia con quelli dell’MRO, mostrati in seguito, sia con le impressioni degli adulti

© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013

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coinvolti nel progetto, si ha la conferma che il TMA sia uno strumento poco adatto a

rilevare le competenze emotive per le fasce di età inferiori alla scuola secondaria di

secondo grado.

I valori ottenuti con gli altri test sono, infatti, in linea con quelli del TMA solo

sopra i 14 anni.

Il “Modello delle relazioni d’oggetto”(MRO) è un test ideato da M. Ardizzone

e M. Grasso (1997) costituito da 42 frasi da completare. E’ stato somministrato, in

abbinamento con il TMA, a soggetti dagli 11 ai 16 anni.

Questo strumento si propone di spiegare, in senso psicodinamico, l’insieme dei

rapporti oggettuali significativi che caratterizzano l’esperienza interna ed esterna

dell’adolescente.

Le 42 frasi incomplete si riferiscono alle modalità relazionali degli adolescenti

rispetto a quattro oggetti di relazione (il sé, le figure genitoriali, le relazioni con

l’altro sesso, i rapporti tra pari), riconducibili ad altrettante dimensioni di sviluppo:

dimensione del sé, dimensione familiare, dimensione psicosessuale, dimensione

interpersonale.

L’MRO permette di valutare i diversi gradi di autenticità relazionale (o esame di

realtà) raggiunti dal soggetto.

Le frasi sono state codificate secondo un criterio valutativo che attribuisce un

valore da 1 a 7 a ogni item (dalla massima polarità negativa alla massima polarità

positiva) in base alle seguenti modalità dinamiche: percezione interna

(svalutazione/valutazione), movimento interno (passività/attività), ruolo reciproco

(dipendenza/autonomia).

I valori 1 e 7 , connotati dalla sigla Pat (patologia) si collocano al di fuori di un

adeguato esame di realtà. Infatti, tanto l’estrema svalutazione che l’ipervalutazione

dell’oggetto di relazione, sono indicativi di una difficoltà a rapportarsi con una

concreta realtà oggettuale.

I valori 3 e 5 sono definiti con la sigla N (normalità), mentre 2 e 6 sono definiti

rispettivamente N- (normalità con una accentuazione negativa del rapporto con

l’oggetto) e N+ (normalità con una accentuazione positiva del rapporto con

l’oggetto). Questi punteggi connotano, quindi, qualità esperienziali diversamente

graduate in un senso o nell’altro, ma che tengono sempre conto della realtà

dell’oggetto.

Un’attenzione particolare merita il valore 4, definito “difensività relazionale”

(contrassegnato dalla lettera D). Questo valore esprime una relazione con l’oggetto in

cui non c’è partecipazione emotiva ma una sorta di apatia o di ritiro emozionale

rispetto all’oggetto stesso. Verificare cambiamenti nei punteggi D significa, quindi,

registrare modifiche nella capacità di riconoscere, gestire e modulare le emozioni

rispetto a diversi oggetti di relazione sia interni che esterni.

Tale rilevazione può dare la misura di quanto un “allenamento emotivo” possa

attivare i circuiti dell’intelligenza emotiva, definita come “una miscela equilibrata di

motivazione, empatia, logica e autocontrollo, che consente, imparando a comprendere

i propri sentimenti e quelli degli altri, di sviluppare una grande capacità di

© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013

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adattamento e di convogliare opportunamente le proprie emozioni, in modo da

sfruttare i lati positivi di ogni situazione.”(Goleman, 1999).

Anche un incremento dei punteggi N, N+ e N- tra la prima e la seconda

somministrazione dei test saranno indicativi di un migliore rapporto con la realtà

oggettuale ottenuto grazie all’applicazione della didattica delle emozioni che si

presume favorisca una maggiore articolazione del vissuto emotivo.

Utilizzando il test T di Student è stata analizzata la significatività delle

differenze tra il gruppo di controllo ed il gruppo sperimentale sia al test che al retest.

Sono stati raggruppati tra loro i risultati considerati “positivi” e quelli considerati

“negativi” per verificare l’esistenza di differenze significative tra i due gruppi.

Test Retest

Positive (N, N+, N-) Negative (D, Pat, 0) Positive (N, N+, N-) Negative (D, Pat, 0)

Gruppo Sperimentale 34.16 7.84 36.69 5.31

Gruppo di Controllo 35.01 6.99 33.14 8.86

Significatività (5%) Differenza

significativa Differenza

significativa Differenza

significativa Differenza

significativa

Dalla tabella si evidenzia che il gruppo di controllo presenta al test una

media di risposte positive significativamente migliore del gruppo sperimentale

mentre al retest la situazione è completamente invertita.

I punteggi variano al retest in modo statisticamente significativo (con qualsiasi

livello scelto, anche se è stato riportato in tabella il 5%) sia nel gruppo sperimentale

che in quello di controllo.

In particolare nel gruppo di controllo si assiste a un peggioramento dei

risultati a fronte di un netto miglioramento dello sperimentale.

Questi dati si ripetono sia valutando il campione complessivamente (scuole

secondarie di primo e secondo grado) sia analizzando i singoli dati per scuola di

appartenenza, come risulta dai grafici di seguito riportati:

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Complessivo

Variazione percentuale delle medie

-100.0%

-50.0%

0.0%

50.0%

100.0%

150.0%

200.0%

250.0%

Sperimentale -7.9% 224.1% 11.2% -40.9% -14.6% -3.6%

Controllo -22.5% 164.4% 71.9% 12.1% 153.2% -14.3%

N N+ N- D Pat 0

Complessivo

Variazione percentuale delle medie

-40.0%

-30.0%

-20.0%

-10.0%

0.0%

10.0%

20.0%

30.0%

Sperimentale 7.4% -32.3%

Controllo -5.3% 26.7%

"Positive" (N, N+, N-) "Negative" (D, Pat, 0)

Secondaria di 1º grado

Variazione percentuale delle medie

-100.0%

-50.0%

0.0%

50.0%

100.0%

150.0%

200.0%

250.0%

Sperimentale -3.4% 222.7% 4.3% -53.0% -38.8% -4.1%

Controllo -17.6% 132.1% 55.6% 0.5% 100.7% -6.0%

N N+ N- D Pat 0

Secondaria di 1º grado

Variazione percentuale delle medie

-50.0%

-40.0%

-30.0%

-20.0%

-10.0%

0.0%

10.0%

20.0%

Sperimentale 11.3% -43.8%

Controllo -3.3% 14.6%

"Positive" (N, N+, N-) "Negative" (D, Pat, 0)

Secondaria di 2º grado

Variazione percentuale delle medie

-100.0%

0.0%

100.0%

200.0%

300.0%

400.0%

Sperimentale -16.6% 226.5% 27.6% -8.8% 120.2% -3.5%

Controllo -30.5% 222.2% 108.6% 37.8% 333.0% -32.7%

N N+ N- D Pat 0

Secondaria di 2º grado

Variazione percentuale delle medie

-20.0%

-10.0%

0.0%

10.0%

20.0%

30.0%

40.0%

50.0%

60.0%

Sperimentale -0.4% 2.6%

Controllo -8.6% 54.3%

"Positive" (N, N+, N-) "Negative" (D, Pat, 0)

Prendendo in esame l’intero campione, i test MRO del gruppo sperimentale

evidenziano nella seconda somministrazione un incremento del 7.4% dei valori

“positivi” contro un decremento del 5.3% del gruppo di controllo.

Parallelamente diminuiscono del 32.3% i valori “negativi” del gruppo

sperimentale e aumentano del 26.7% quelli del gruppo di controllo. Se si

analizzano i singoli valori, ciò che colpisce nel gruppo sperimentale è la

diminuzione dei valori D (difensività relazionale -40.9%) e dei valori Pat

(patologia relazionale -14.6%) a favore di quelli N+ (positività del rapporto

oggettuale 224.1%) e N- (normalità con una accentuazione negativa del rapporto

con l’oggetto 11.2%).

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Nel gruppo sperimentale si nota complessivamente uno spostamento dei valori

indicativi di una relazione d’oggetto disturbata (D, Pat) verso valori che

caratterizzano una più adeguata relazione oggettuale.

Il gruppo di controllo diminuisce al retest tutti i valori positivi che vanno a

distribuirsi principalmente intorno a quelli Pat (100.7%), D (12.1%) e N-

(55.6%).

Questi dati vanno a consolidare ciò che era già emerso in una precedente ricerca

effettuata nell’anno scolastico 2000/2001 presso alcune scuole secondarie di primo

grado del viterbese. Lo studio pilota fatto su un campione molto ristretto di alunni

(306 soggetti) e con una sperimentazione di soli 4 mesi su una singola tecnica

(appello emotivo), dimostrava attraverso l’utilizzo dell’MRO, come la didattica delle

emozioni producesse degli effetti significativi nel gruppo sperimentale con una

diminuzione dei valori D e Pat al retest. (vedi Mariani e Schiralli, 2002).

Tali dati vengono oggi definitivamente confermati e, trattandosi di un

campione molto più ampio, possono essere generalizzati.

L’ampiezza del campione di riferimento ha permesso inoltre di effettuare altre

considerazioni: poiché l’MRO consente una valutazione dettagliata delle dimensioni

di sviluppo del soggetto, è stato possibile studiare la loro variazione nel dettaglio

all’interno delle singole aree.

La positività dei risultati del gruppo sperimentale rispetto al monitoraggio è

osservabile in modo piuttosto uniforme in tutte le dimensioni di sviluppo misurate dal

test, con una leggera prevalenza nella dimensione del Sé.

Tale risultato era prevedibile in quanto la dimensione del Sé rispecchia

l’immagine complessiva che il soggetto ha di sé stesso e deriva dal rapporto stabilito

con i singoli oggetti di relazione.

Sostanzialmente la dimensione del Sé è strettamente legata alle altre dimensioni

misurate dal test.

Secondaria 1º grado - Dimensioni - Risp "Positive"

-10.00%

-5.00%

0.00%

5.00%

10.00%

15.00%

Sperimentale 12.09% 9.40% 10.91% 12.51%

Controllo -4.10% -2.16% -1.14% -5.19%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

Secondaria 1º grado - Dimensioni - Risp "Negative"

-60.00%

-50.00%

-40.00%

-30.00%

-20.00%

-10.00%

0.00%

10.00%

20.00%

30.00%

Sperimentale -52.50% -39.74% -35.58% -43.97%

Controllo 21.10% 9.80% 4.22% 21.22%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

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Secondaria 2º grado - Dimensioni - Risp "Positive"

-12.00%

-10.00%

-8.00%

-6.00%

-4.00%

-2.00%

0.00%

2.00%

4.00%

Sperimentale -0.69% -2.07% 2.04% -0.68%

Controllo -9.73% -8.75% -6.22% -8.57%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

Secondaria 2º grado - Dimensioni - Risp "Negative"

-20.00%

0.00%

20.00%

40.00%

60.00%

80.00%

100.00%

Sperimentale 4.66% 14.94% -7.77% 4.23%

Controllo 86.46% 65.00% 25.22% 47.98%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

Complessivo - Dimensioni - Risposte "Positive"

-8.00%

-6.00%

-4.00%

-2.00%

0.00%

2.00%

4.00%

6.00%

8.00%

10.00%

Sperimentale 7.85% 5.55% 8.05% 8.03%

Controllo -6.32% -4.74% -2.98% -6.54%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

Complessivo - Dimensioni - Risposte "Negative"

-50.00%

-40.00%

-30.00%

-20.00%

-10.00%

0.00%

10.00%

20.00%

30.00%

40.00%

50.00%

Sperimentale -38.76% -27.28% -27.54% -33.08%

Controllo 38.92% 25.37% 11.40% 29.84%

Sé Interpersonale Psicosessuale Familiare

Secondo l’analisi statistica effettuata con l’MRO si può affermare che la

Didattica delle emozioni incide in modo significativo sullo sviluppo delle

competenze emotive dei ragazzi, mentre, se non si interviene con tali attività, si

assisterà a un peggioramento nelle capacità di relazione, di rapporto con sé e con gli

altri che può tradursi in disagio variamente espresso.

Osservando i dati differenziati per fasce di età si evince che minore è l’età in

cui si interviene, maggiori e più significativi saranno i cambiamenti nei soggetti.

Nella scuola secondaria di secondo grado la didattica delle emozioni non

produce cambiamenti significativi nel gruppo sperimentale; tuttavia se non si effettua

nessun intervento di prevenzione si assiste a un peggioramento altrettanto

significativo delle competenze emozionali, come mostrato dai risultati del gruppo di

controllo.

L’educazione alle emozioni sembra poter stabilizzare e proteggere i ragazzi

che, se lasciati soli, sperimenteranno con maggiore probabilità vissuti di

incertezza, fino a sviluppare veri e propri comportamenti inadeguati o

patologici.

La riduzione del rischio sembra essere quindi un traguardo importante da

realizzare specialmente per la fascia di età adolescenziale, esposta a perturbazioni

psicologiche, cambiamenti fisici e ormonali normalmente destabilizzanti.

Soprattutto in questo periodo di vita si mettono in discussione sistemi di valori,

amici e famiglia alla ricerca di nuovi equilibri. Risulta perciò molto importante che si

© F. Mencaroni - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013

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arrivi a una sintesi creativa e personale dei legami e dei valori acquisiti così da non

dover essere rifiutati a priori, ma inseriti in una nuova matrice di significato che

costituirà il nucleo di una personalità adulta.

CONCLUSIONI

In base alla sperimentazione effettuata è possibile affermare che la didattica

delle emozioni ha un’influenza positiva sullo sviluppo del soggetto:

- nei più piccoli potenzia il processo di attribuzione di significato delle

esperienze emotive e cognitive in un continuum spazio temporale che

favorisce l’emergere del sé;

- nei preadolescenti ha un alto impatto emotivo che facilita il rapporto

con il gruppo dei pari e con gli adulti, proteggendo il soggetto da

percorsi di sviluppo alternativi e rischiosi;

- negli adolescenti la didattica delle emozioni permette di stabilizzare e

consolidare l’identità del soggetto che, se lasciato solo, incrementerà

la sua fragilità.

La Didattica delle emozioni si rivela, quindi, uno strumento importante per

riconoscere, gestire e modulare le emozioni, con funzioni protettive circa lo sviluppo

della personalità.

La sperimentazione ha messo in luce come l’utilizzo delle tecniche proposte

risulti tanto più efficace quanto più è bassa l’età del soggetto: se si interviene con

questa metodologia prima dei tredici anni, si avrà un incremento delle

competenze emotive che costituirà un fattore di protezione essenziale nel periodo

dell’adolescenza.

La Didattica delle emozioni incrementa lo sviluppo di un’identità forte e

sicura, come evidenziato dal test MRO, che descrive nel dettaglio quanto si siano

modificate positivamente tutte le dimensioni di sviluppo dei ragazzi del gruppo

sperimentale.

Il TMA si è rivelato uno strumento poco sensibile nel valutare alcuni aspetti

generali dello sviluppo cognitivo-affettivo del soggetto, privilegiando un’ottica

multidimensionale non adatta per le fasce di età più basse.

Il SEDS, pur registrando con più chiarezza i cambiamenti dei bambini nel

gruppo sperimentale, ha il limite di fornire una misurazione indiretta degli stessi,

rendendo necessario l’utilizzo di altri strumenti.

In base ai dati emersi dalla sperimentazione, cui ha partecipato un campione

molto ampio di soggetti, è possibile generalizzare i risultati ottenuti e stilare delle

linee guida che consentano di applicare le tecniche di alfabetizzazione emotiva

nelle scuole, a partire dalla scuola dell’infanzia, con la supervisione di personale

qualificato utile soprattutto per la formazione dei docenti.

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I risultati ottenuti si pongono inoltre, in continuità con le più avanzate

scoperte nel campo delle neuroscienze circa la sintonizzazione emotiva e

l’attivazione dei neuroni specchio. Con l’utilizzo di metodiche diagnostiche non

invasive come la Tomografia a emissione di positroni (PET) e la Risonanza

magnetica funzionale (REM) oggi si è in grado di osservare in tempo reale

l’attivazione di precise strutture neurofisiologiche allorché i cervelli di due o più

soggetti si connettono. Il tipo di connessione può attivare o disattivare la

produzione di specifici mediatori chimici in grado a loro volta di generare stress

o benessere. Recentemente si è visto quanto profonde connessioni emotive tra

adulti e soggetti in età evolutiva possano scolpire, sviluppare e modificare archi

sinaptici e connessioni neurologiche in grado di produrre diversi itinerari

evolutivi. In particolare, un certo tipo di rapporto educativo

caratterizzato da accoglienza (sintonizzazione) e regole (contenimento)

promuove una base sicura nei figli, la quale successivamente consentirà loro di

sviluppare autonomia, autostima e capacità di costruire e mantenere relazioni

affettive significative: i migliori fattori di protezione.

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