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Capitolo 3 Pag. 1
Univers i tà d i Roma "La Sap i enza"
Facol tà d i Ingegneria
G . C A L A B R E S I
APPUNTI DALLE LEZIONI
DI
GG EE OO TT EE CC NN II CC AA
c ap i t o l o t e r zo
a n n o a c c . 1 9 9 3 - 9 4
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3. SCAVI DI FONDAZIONE E STRUTTURE DI SOSTEGNO
3.1 SCAVI DI FONDAZIONE
3.1.1 - Considerazioni generali. Le strutture di fondazione sono in genere
poste sotto il piano di campagna e richiedono quindi, per essere
realizzate, opere di scavo e di sostegno del terreno circostante. Queste
possono essere provvisorie, se hanno il solo scopo di rendere possibile
l'esecuzione delle strutture di fondazione, o definitive, se è prevista
l’utilizzazione di volumi sotterranei.
Generalmente l'esecuzione degli scavi e delle opere temporanee
e finalizzate all'esecuzione dei lavori, dette opere provvisionali, è lasciato
all'impresa esecutrice, mentre il progettista delle strutture ha il compito di
verificare la fattibilità delle operazioni necessarie per eseguire le
fondazioni dell'intera opera. Talvolta è necessario un vero e proprio
progetto delle opere provvisionali, corredato delle analisi di sicurezza degli
scavi e delle strutture di sostegno, e lo studio del comportamento del
terreno interessato dai lavori di scavo. Indipendentemente dagli aspetti
professionali della suddivisione dei compiti progettuali, visto che il
progetto delle fondazioni di un'opera è necessariamente legato allo studio
delle modalità esecutive e, in particolare, delle opere di scavo e di
sostegno, è opportuno che l'analisi di queste preceda quella delle
fondazioni.
In generale gli scavi di fondazione vengono suddivisi in su-
perficiali e profondi. Il criterio di classificazione resta peraltro impreciso e
arbitrario. Più precisamente si possono distinguere scavi aperti, non
armati, e scavi armati, o sostenuti. La necessità di sostenere le pareti di uno
scavo con opere provvisorie, o definitive, dipende non soltanto dalle
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caratteristiche del terreno e dalla profondità degli scavi, ma anche, o
soprattutto, dalle condizioni ambientali. In particolare le limitazioni
all'ampiezza degli scavi, per la presenza di altre opere e strutture
adiacenti all'area interessata dallo scavo, o i vincoli di carattere idraulico,
che impediscono sostanziali abbassamenti della superficie freatica,
rendono spesso indispensabile l'adozione di strutture di sostegno degli
scavi e, tra le varie tipologie, fanno preferire quelle che, come le
palancolate o le paratie, permettono di effettuare gli scavi dopo avere
realizzato gli elementi resistenti. I paragrafi che seguono descrivono le
principali tecniche esecutive e le particolarità costruttive degli scavi di
fondazione e delle relative strutture di sostegno.
3.1.2 - Scavi aperti. Gli scavi, per poter essere eseguiti con mezzi mec-
canici, devono avere le dimensioni minime che permettano il movimento
di escavatori e di mezzi di carico. Le scarpate hanno inclinazioni diverse a
seconda della natura dei terreni.
La scelta della profilatura delle scarpate (come la decisione se
ricorrere a strutture temporanee di sostegno del fronte di scavo) è lasciata
in generale alla responsabilità dell'impresa esecutrice e della direzione dei
lavori. La soluzione da adottare dipende principalmente dal grado di
rischio accettabile, e questo a sua volta è strettamente connesso alle
modalità esecutive dello scavo e in particolare, alla possibilità che uno
smottamento del fronte investa persone che, anche occasionalmente, si
trovino a poca distanza dal piede. Perciò quando non esistono
impedimenti ad ampliare le aree interessate dai lavori, è più conveniente
diminuire la pendenza delle scarpate, impiegando solo mezzi meccanici,
piuttosto che limitare i volumi di scavo adottando profilature di scarpate
più acclivi e di maggiore rischio o, eventualmente, opere provvisionali di
sostegno.
Per quanto concerne i mezzi di scavo, si possono impiegare
escavatori frontali operanti entro lo scavo, o escavatori a cucchiaio rove-
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scio operanti dall'alto. Nel primo caso l'altezza del fronte può raggiungere
4÷5 m; la larghezza minima per consentire l'operatività dall'interno degli
scavi è dell'ordine di 7÷8 m (Fig. 3.1). Con gli escavatori a cucchiaio rove-
scio è possibile anche l'apertura di trincee strette (1÷1.5 m), operando dal-
l'esterno. La profondità praticamente raggiungibile è di 3÷4 m (Fig. 3.2).
Per scavi di profondità maggiori occorre operare per fasi successive. Se
non è possibile operare all'interno dello scavo si utilizzano, con costi più
alti e minore efficienza, escavatori drag line, che non possono però operare
in spazi ristretti, né profilare le pareti dello scavo (Fig. 3.3).
3.1.3 - Fronti di scavo in terreni coerenti. Le analisi di stabilità a breve
termine di pendii in terreni coerenti mostrano la possibilità teorica di
soddisfare le condizioni di equilibrio di scarpate verticali di altezza in-
feriore ad un valore critico Hcr.
Se si suppone che il terreno non resista a trazione, dalla con-
dizione che solo alla base della parete verticale si possano avere stati
limite di sforzo si deduce un’altezza critica ridotta Hcr = 2 cu/γ, essendo γ
il peso unitario e cu la coesione non drenata. Questa espressione può
essere adottata in prima approssimazione per verificare a breve termine la
stabilità di uno scavo temporaneo. Si assumono coefficienti di sicurezza F
≥ 1.2÷1.3 se non vi è rischio per le persone, ed F ≥ 1.5÷2 altrimenti.
La stabilità delle scarpate non verticali, ma con inclinazione
uniforme si può verificare con i diagrammi di Taylor, o con altri abachi
che traducono in forma grafica i risultati delle analisi in termini di ten-
sioni totali di pendii in terreni omogenei. Con la carta di Fig. 3.4 (Taylor),
che riporta in ordinata il fattore di stabilità N = γ Hcr/cu, la verifica è im-
mediata. Il coefficiente di sicurezza è espresso dal rapporto tra l'altezza
critica Hcre quella effettiva del fronte di scavo:
F =HcrH cioè:
F =
N cuγ H
I valori di F da adottare sono quelli sopra indicati.
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In terreni argillosi consistenti fessurati occorre tener conto
dell'effetto delle discontinuità (fessure e giunti) e delle disomogeneità. A
causa dell'irregolarità delle discontinuità generalmente presenti nei
terreni argillosi, o della mancanza di sistematicità in orientamento ed
estensione, i metodi di analisi di stabilità che tengono conto in modo
razionale dell'influenza delle macrostrutture sono praticamente inap-
plicabili.
Il criterio adottato comunemente per stabilire le caratteristiche
dei fronti temporanei di scavo è solamente empirico, consistendo
nell'osservazione, spesso puramente visuale, del comportamento effettivo
delle scarpate durante e dopo gli scavi. Questo criterio è applicabile
soltanto a scavi temporanei, in terreni abbastanza omogenei, e in
condizioni di sicurezza per gli operatori. In conclusione la valutazione
delle condizioni di stabilità di una scarpata di scavo può essere solo ap-
prossimata.
3.1.4 - Fronti di scavo in terreni incoerenti. Teoricamente si può dimo-
strare che in assenza di acqua, in un terreno perfettamente incoerente
(c' = 0), un fronte di scavo è stabile solo se la scarpata ha un'inclinazione β
< ϕ'. Si constata anche che una debole coesione è sufficiente ad assicurare
la stabilità di pendii notevolmente più acclivi, o anche di tagli verticali,
purché di altezza limitata. In realtà sopra la falda freatica, a causa della
parziale saturazione del terreno (Sr< 1, u < 0) è quasi sempre presente una
coesione apparente. E' peraltro necessario considerare che variazioni
positive o negative del grado di saturazione possono avvenire molto
facilmente e rapidamente, per la variazione di condizioni ambientali
prodotta dallo stesso scavo (esposizione all'aria, alle precipitazioni e
all'insolazione del fronte); in conseguenza si può avere una diminuzione
della coesione apparente e l'instabilità del fronte di scavo.
In pratica negli scavi temporanei in terreni incoerenti si adotta
generalmente un angolo di scarpata di 45°; in questo caso, se l'altezza del
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fronte è limitata, è sufficiente un valore minimo della coesione apparente
per assicurare la stabilità.
Negli scavi in falda, cioè quando il piano di scavo ha una quota
inferiore a quella della superficie freatica, l'allontanamento dell'acqua con
pompaggio produrrebbe non solo una filtrazione continua entro lo scavo,
ma anche l'instabilità delle scarpate, anche adottando pendenze minime (β
< (ϕ'/2)). Perciò se non si vogliono adottare strutture di sostegno è
necessario deprimere artificialmente la falda all'esterno del perimetro
dello scavo. Questo effetto si può conseguire installando pozzi, o punte
drenanti (well points).
I pozzi si dispongono esternamente all'area di scavo e possono
essere eseguiti con sonde ordinarie. In pratica per permettere l'in-
serimento di una pompa (sommersa), o di un eiettore ad aria, e di una
corona filtrante (Fig. 3.5) i pozzi devono avere un diametro non minore di
0.4 m circa. Se vengono attrezzati con pompe sommerse la loro profondità
può superare 30 - 40 m.
Le punte drenanti (well points) sono costituite da tubi in acciaio
di piccolo diametro (≈ 65 mm), forati e protetti da una griglia metallica e
dotati di una punta con uno o più ugelli. La lunghezza totale è circa 7 m,
quella della parte perforata 1 m. Nei terreni sabbiosi le punte si inse-
riscono sfruttando un effetto jetting, con l'immissione di acqua in forte
pressione; la presenza di frazioni ghiaiose, o di intercalazioni coerenti,
rende necessaria l'esecuzione di perforazioni preventive. Dopo l'infissione
le punte vengono collegate a un circuito aspirante, funzionante con una
pompa in depressione (Fig. 3.6). La massima profondità di aspirazione
non può superare, com'è ben noto, 6÷6.5 m. Per ottenere una depressione
della falda a maggiori profondità occorre disporre le punte drenanti su
più livelli, in file parallele o lungo anelli co o lungo anelli concentrici (Fig.
3.7).
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3.1.5 - Opere provvisionali di sostegno. Nei capitolati dei lavori con il
termine provvisionali si definiscono strutture, o provvedimenti costruttivi,
che siano temporanei e strumentali, necessari solo in fase costruttiva per
realizzare un progetto. Sono quindi opere che non costituiscono il fine
diretto della progettazione, ma sono mezzi e strumenti appositamente
realizzati per eseguire il lavoro.
Nei lavori di ingegneria che richiedono scavi, come quelli di
fondazione, è spesso necessaria un'opera provvisionale per sostenere il
terreno circostante, fino a quando non è stata realizzata la struttura de-
finitiva. Esempio caratteristico e tradizionale di opera provvisionale di
sostegno sono le armature, o sbadacchiature, degli scavi.
L'evoluzione tecnologica ed i progressi compiuti nella cono-
scenza delle proprietà dei terreni hanno prodotto una grande varietà di
opere provvisionali di sostegno, di cui solo alcune sono dirette deriva-
zioni delle strutture puntellate tradizionali. Possono infatti svolgere la
funzione di opere provvisionali anche le palancole metalliche, le paratie in
pali accostati, le pareti ancorate e chiodate, i trattamenti di consolida-
mento del terreno con aggiunta di leganti. Nel paragrafo che segue
verranno esaminati soltanto alcuni aspetti e problemi esecutivi delle
principali e più diffuse opere provvisionali di sostegno degli scavi di
fondazione.
3.1.6 - Trincee e scavi armati. Nello scavo di trincee o di pozzi a sezione
ristretta è in generale necessario adottare strutture di sostegno delle pa-
reti. Sia le norme geotecniche, sia quelle antinfortunistiche, prescrivono
l'impiego di armature di sostegno nello scavo di trincee. Le norme
geotecniche italiane (D. M. 11.3.1988) stabiliscono che l'armatura è
obbligatoria per qualsiasi trincea di altezza superiore a 2 m, salvo i casi di
comprovata stabilità e sicurezza dello scavo, come nei terreni coerenti
molto consistenti e non fessurati.
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Le tradizionali forme di armature in legname vengono oggi
usate raramente, sia per il costo elevato, sia per il poco spazio lasciato
libero, che non permette, o rende molto difficile, l'impiego di mezzi
meccanici per lo scavo e l'asportazione del terreno (Fig. 3.8).
Strutture di sostegno che consentono maggiore libertà di lavoro
e una più ampia scelta di soluzioni costruttive sono le palancole metalliche
(sheet piles), infisse per percussione o vibrazione, e vincolate da tiranti,
ancoraggi o puntelli. Le palancole assicurano anche l'impermeabilità delle
pareti dello scavo. In terreni granulari fini e non cementati, o in terreni
coerenti non troppo consistenti, le palancole metalliche possono essere
infisse fino a 12÷15 m di profondità. Notevoli difficoltà si incontrano per
l'infissione in terreni ghiaiosi e in presenza di ciottoli.
I più diffusi e comuni profili di palancole sono illustrati nella
Fig. 3.9, mentre in Tabella 3.1 sono riportate le loro caratteristiche
geometriche e meccaniche. La Fig. 3.10, infine, mostra le forme e le di-
sposizioni comunemente adottate per le strutture di supporto delle pa-
lancolate (travi di collegamento, tiranti e ancoraggi, puntelli).
In alternativa a queste soluzioni trovano ora applicazione nei
lavori di scavo anche metodi speciali di trattamento dei terreni, che
conferiscono a materiali incoerenti la coesione necessaria per garantire la
stabilità a pareti verticali. Mediante questi procedimenti (jet grouting,
colonne stabilizzate), miscelando meccanicamente o idraulicamente il
terreno in posto con cemento si creano colonne consistenti, che a seconda
della natura dei materiali e delle procedure impiegate possono raggiun-
gere un diametro variabile da 0.3 a 1.5 m circa e una resistenza a com-
pressione compresa tra 0.5 e 5 MPa (Fig. 3.11 a, b, c).
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3.2 TECNOLOGIA DELLE STRUTTURE DI SOSTEGNO
3.2.1 - Funzioni e requisiti essenziali. Le strutture di sostegno hanno la
funzione di garantire condizioni permanenti di stabilità a corpi di terreno
che, per forma, posizione o caratterizzazione meccaniche, non siano
naturalmente in equilibrio.
L'azione di sostegno può esplicarsi su corpi di terreno naturale,
per i quali in seguito a scavi vengano a mancare le condizioni preesistenti
di equilibrio, come nel caso delle pareti di sostegno di opere sotterranee o
dei muri che delimitano le trincee stradali, sostenendone le scarpate, o per
corpi di terreno artificiali, ai quali si debbano dare forme altrimenti
incompatibili con le condizioni di equilibrio, come si verifica per i rilevati
di accessi a ponti e viadotti (spalle dell'opera), e per qualsiasi opera in
terra di cui occorra delimitare l'area di appoggio.
Requisito essenziale delle strutture di sostegno è dunque quello
di poter esercitare le forze necessarie per l'equilibrio del corpo di terreno
interessato, in qualsiasi condizione che si possa verificare durante la vita
dell'opera.
L'interazione tra struttura di sostegno e terreno dipende es-
senzialmente dalle caratteristiche meccaniche del terreno e dalla de-
formabilità della struttura ed è fondamentalmente indeterminata.
3.2.2 - Criteri di progetto. E' opportuno distinguere i criteri di progetto
delle strutture di sostegno secondo l'azione che esse debbono esercitare: il
sostegno di opere in terra, o di scavi.
Nel primo caso non vi sono vincoli costruttivi particolari: si
tratta infatti di strutture da costruire prima dell'opera in terra, che pos-
sono essere progettate senza speciali soggezioni alla condizione transi-
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toria della fase costruttiva. I criteri generali di scelta e di progettazione
non saranno perciò diversi da quelli assunti per le altre strutture, in
particolare per quelle interagenti con le stesse strutture di sostegno. Ad
esempio, le spalle di ponti che sostengono un rilevato di accesso, non
hanno per questa funzione una specifica caratterizzazione nei criteri di
progetto.
Le strutture di sostegno di fronti di scavo, invece, sono con-
dizionate più dalle situazioni che si verificano durante la costruzione, che
da quelle che si instaurano dopo. L'ovvia constatazione che un muro di
sostegno non può svolgere le sue funzioni finché non sia stato realizzato,
ha una serie di implicazioni pratiche non trascurabili. Infatti durante la
costruzione del muro, e proprio perché questa sia possibile, è necessario
sostenere il fronte di scavo, o garantirne la stabilità temporanea, con
mezzi d'opera o con adatti provvedimenti costruttivi. Perciò questi
finiscono per assumere spesso un'importanza fondamentale nella scelta
della tipologia della struttura definitiva. Ad esempio, la costruzione di un
muro di sostegno per uno scavo da effettuarsi in adiacenza a strutture
esistenti richiede onerose opere provvisionali. In queste condizioni una
paratia, che si costruisce prima di effettuare lo scavo, può rappresentare
non solo la soluzione più sicura, ma anche quella economicamente più
conveniente.
3.2.3 - Muri di sostegno. Si possono distinguere vari tipi di muri, secondo
la forma e le caratteristiche strutturali, usando una terminologia
largamente diffusa in ambito tecnico-costruttivo.
Muri a gravità - I muri a gravità in muratura sono la forma più antica di
struttura di sostegno. Sono strutture monolitiche pesanti, che sfruttano il
proprio peso per reagire alla spinta del terreno. Si possono realizzare in
muratura di mattoni o di pietrame, o in calcestruzzo (Fig. 3.12a). Hanno
forma trapezoidale, con uno zoccolo di fondazione poco più largo della
base del muro (Figg. 3.12 b, c). Attualmente è in generale più usata la
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costruzione in calcestruzzo non armato, impiegando casseforme
metalliche.
I muri a gravità risultano più convenienti per altezze limitate, inferiori a
4÷6 m. Le dimensioni sono spesso standardizzate dagli enti preposti alla
costruzione di opere pubbliche. In Italia le Ferrovie dello Stato, l'ANAS e
la società Autostrade adottano forme ben definite di muri a gravità. In
Svizzera, le forme dei muri stradali sono state normalizzate in grande
dettaglio dall'Associazione V.S.S.
Muri a contrafforti - Non differiscono funzionalmente dai muri a gravità, di
cui rappresentano una forma alleggerita, adatta per altezze maggiori e per
terreni poco spingenti e poco deformabili. Sono state impiegate
soprattutto in passato, nelle grosse opere di sostegno in muratura di
pietrame o di mattoni (Fig. 3.13). Sono strutture più rigide e fragili dei
muri a gravità, e non sopportano cedimenti differenziali.
Muri a sbalzo, o a mensola - Hanno una forma che permette di utilizzare il
peso del rinterro per equilibrare la spinta del terreno (Fig. 3.14). Devono
essere realizzati in cemento armato per avere la necessaria resistenza a
flessione. La parete verticale è intestata nella suola di fondazione ad una
distanza dal bordo esterno pari a circa 1/3 della larghezza. Il rinterro
assume particolare importanza, venendo a gravare sulla suola di
fondazione e contribuendo in tal modo all'equilibrio della struttura. In
generale è lo stesso rinterro ad assolvere la funzione di drenaggio del
terreno a tergo del muro.
I muri a sbalzo sono in genere convenienti per altezze non superiori a 6÷8
m, oltre le quali il valore del momento al piede richiede uno spessore
troppo grande ed armature troppo onerose. Anche per i muri a sbalzo
sono state standardizzate le soluzioni più convenienti.
Muri a speroni - Costituiscono una variante dei muri a sbalzo (Fig. 3.15),
conveniente per altezze superiori a 6÷8 m. Gli speroni, che hanno la forma
di setti inseriti nel rinterro, aumentano notevolmente il momento
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resistente della sezione di incastro e assolvono la funzione di travi di
appoggio per la parete verticale. Le dimensioni della soletta, degli speroni
e della suola di fondazione devono essere stabilite in base a confronti
tecnico-economici.
Tutti i muri di sostegno, completata la costruzione, devono
essere rinterrati a tergo. Lo spessore del rinterro (backfill) dipende dalla
forma della scarpata provvisoria e dalle caratteristiche geometriche del
muro. I muri a sbalzo e a speroni devono avere rinterri di grosso spessore.
Il materiale impiegato per rinterrare ha un'influenza fondamentale sul
comportamento del muro e sulle condizioni idrauliche nel terreno
circostante. Infatti si rende minima la spinta se a tergo del muro si realizza
un drenaggio che raccolga l'acqua alla quota di fondazione o al piede del
muro (Fig. 3.16).
Se l'abbassamento della superficie piezometrica prodotto dal
drenaggio genera la consolidazione di terreni compressibili si possono
produrre cedimenti sensibili, con effetti negativi sulle costruzioni vicine.
Nella generalità dei casi è però possibile realizzare un rinterro drenante
senza produrre inconvenienti nell'area circostante.
Per il rinterro è conveniente impiegare materiale permeabile ed
introdurre, ai piedi del rinterro, tubi sfinestrati o feritoie di raccolta
dell'acqua di drenaggio (Fig. 3.17). Al contatto con il terreno naturale il
rinterro può assolvere la funzione di filtro drenante, se ha adeguate ca-
ratteristiche granulometriche. Infatti i requisiti che deve possedere un
materiale garnulare per assolvere la funzione di filtro rispetto ad un
terreno da drenare si traducono in termini di composizione granulo-
metrica, per mezzo delle regole dei filtri, che precisano i rapporti delle
granulometrie del terreno e del filtro per mezzo delle dimensioni dei
granuli corrispondenti a certi valori del passante nella curva granulo-
metrica. Una delle regole più note ed applicate è quella proposta da
Terzaghi, che si riferisce ai passanti del 15, 50, e 85%, D15, D50, D85. Più
precisamente:
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(D15F/D85T) < 5 4 < (D15F/D15T) < 20 (D50F/D50T) < 25
dove gli indici T e F individuano il terreno naturale ed il filtro, rispet-
tivamente.
I muri di sostegno sono opere i cui caratteri di semplicità ed
economia non giustificano lavorazioni complesse ed onerose come quelle
necessarie per la costituzione di strati filtranti. E' però in genere possibile
realizzare il rinterro con materiali granulari naturali (misti di cava,
materiali alluvionali), ghiaioso-sabbiosi, a granulometria continua (Fig.
3.18), di caratteristiche abbastanza vicine a quelle proprie dei filtri. Si deve
invece assolutamente evitare di impiegare, come materiale drenante,
pietrame frantumato di grossa pezzatura (scapoli di pietra) e granulometria
uniforme, a contatto con terreni naturali o rinterri limo-argillosi, o
sabbiosi fini. Venendo infatti a mancare i requisiti per la funzione filtrante,
si verifica un progressivo intasamento del drenaggio e l'innalzamento
della superficie piezometrica nel terreno. L'aumento di spinta che ne
consegue può facilmente produrre l'instabilità del muro, come è
ampiamente documentato dal crollo di antiche strutture di sostegno.
Una moderna soluzione al problema dell'intasamento dei
drenaggi in pietrame è costituita dall'impiego dei geotessili, costituiti da
teli di fibre polimere, permeabili e filtranti, da interporre tra il terreno ed
il drenaggio, di cui impediscono l'occlusione, trattenendo le particelle
solide trascinate dall'acqua nella filtrazione.
3.2.4 - Paratie e diaframmi - Metodi costruttivi. Molti complessi problemi
di sostegno degli scavi si possono risolvere costruendo preventivamente
nel terreno, strutture continue, formate da elementi in cemento armato,
gettati in opera, a sezione rettangolare, circolare o composita. Vengono
realizzati con attrezzature e tecnologie diverse, che permettono di
disgregare ed asportare il terreno, sostenendo le pareti dello scavo, per
eseguire successivamente la posa in opera delle armature ed il getto di
calcestruzzo fluido. Sono costruite con questo procedimento le paratie in
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c.a., che hanno sui muri di sostegno il sostanziale vantaggio di venire
realizzate prima dello scavo costituendo perciò, allo stesso tempo, opere
provvisionali e definitive.
Le paratie possono essere soltanto incastrate al piede, entrando
nel terreno per un tratto sufficientemente lungo sotto il piano di scavo,
oppure possono essere vincolate anche con tiranti o puntelli, disposti su
uno o più livelli. Le prime sono dette paratie a sbalzo, le seconde paratie
ancorate.
Strutture dello stesso tipo permettono di risolvere anche
problemi idraulici, di intercettazione di moti di filtrazione nel terreno. Se
hanno solo funzioni idrauliche possono essere realizzate in calcestruzzo
non armato, o in conglomerato bituminoso, e sono generalmente dette
diaframmi. Le tecniche costruttive delle paratie e dei diaframmi sono
comunque le stesse. Nate negli anni '50, sono dovute allo sviluppo degli
impieghi dei fanghi bentonitici per il sostegno delle perforazioni nel
terreno.
Nella forma più comune paratie e diaframmi sono costituiti da
pannelli a sezione rettangolare, con spessore compreso fra 0.6 e 1 m,
larghezza 2÷3.5 m e lunghezza fino a 30÷35 m (Fig. 3.19).
Per formare i pannelli si esegue lo scavo con benne a funi o a
guida rigida, operanti entro un fango fluido, costituito da una sospensione
bentonitica. La bentonite, un'argilla del gruppo delle montmorilloniti, ha
un'elevatissima plasticità ( IP= 50%÷100% WL = 300%÷700%;) e può man-
tenere adsorbita un'altissima quantità di acqua, formando una miscela
fluida (fango, cake). La viscosità di un fango bentonitico è funzione delle
sue condizioni di moto ed aumenta sensibilmente nello stato di quiete
(questa proprietà reologica è detta tixotropia). Il peso specifico del fango,
con le normali percentuali di bentonite (3÷5%), è di poco superiore a
quello dell'acqua (γf= 10.2÷10.3 kN/m3).
Il fango, essendo più pesante dell'acqua e mantenuto durante lo
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scavo ad un livello superiore a quello della falda freatica, tende a pene-
trare nel terreno attraverso le superfici dello scavo. La permeazione, che
avviene molto lentamente, produce un aumento della viscosità del fango e
questo forma nel terreno, lungo la superficie di contatto, una superficie
praticamente impermeabile, sulla quale si esercita verso l'esterno la pres-
sione idrostatica del fango presente nello scavo (Fig. 3.20). Questa pres-
sione è in genere sufficiente ad assicurare l'equilibrio del terreno circo-
stante.
Terminato lo scavo si inserisce la gabbia di armatura e si esegue
il getto del conglomerato, attraverso un tubo che raggiunge il fondo dello
scavo (tubo-getto). Man mano che procede il getto, dal basso verso l'alto, il
fango viene evacuato e, lasciando decantare in una vasca le particelle
limo-sabbiose di cui si è arricchito, può essere impiegato nuovamente.
L'impiego dei fanghi bentonitici per lo scavo e per la costru-
zione di elementi strutturali nel terreno si è progressivamente ampliato.
Inizialmente i fanghi si sono usati per scavare pozzi a sezione circolare; in
questo caso (condizioni assialsimmetriche) la pressione necessaria per il
sostegno della parete di scavo è minore. In seguito si è constatato che
l'azione del fango permetteva di assicurare la stabilità anche di scavi a
sezione rettangolare, con un rapporto tra i lati non maggiore di 2÷3, e
conseguentemente di eseguire paratie composte di pannelli piani contigui,
invece che di pali a sezione circolare accostati.
Negli anni recenti si sono sviluppate tecnologie di scavo di
pannelli a T, dotati di un elevato momento di inerzia (Fig. 3.21). Sezioni a
T, o doppio T, si possono anche ottenere componendo pannelli a sezione
rettangolare. In questo caso l'attrito prodotto dallo sforzo normale, per la
scabrosità della superficie, può assorbire uno sforzo di taglio sulla
superficie di contatto tra i pannelli (Fig. 3.22).
Non è possibile collegare orizzontalmente i pannelli attraverso
le armature. Inoltre è difficile controllare il loro allineamento e assicurare
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la continuità della struttura in profondità, soprattutto nelle paratie di
grande lunghezza e in terreni eterogenei. Spesso accade che i pannelli,
accostati in superficie, divergano in profondità. Per migliorare l'alline-
amento dei pannelli, o limitarne le divergenze, si può predisporre in
corrispondenza del giunto una chiave, che favorisce il controllo della
verticalità e costituisce un collegamento tra due pannelli consecutivi (Fig.
3.23). Travi orizzontali di collegamento possono invece essere realizzate
durante o dopo lo scavo.
3.2.5 - Paratie a sbalzo. Le paratie a sbalzo sono utilizzabili soltanto in
assenza di spinte idrauliche e per altezze libere fino a 6÷8 m, se la sezione
è rettangolare, e poco superiori se la sezione è a T, monolitica o composta.
La successione delle fasi costruttive è illustrata in Fig. 3.24.
Le condizioni idrauliche a monte della paratia sono difficil-
mente controllabili, non esistendo la possibilità, come nei muri di so-
stegno, di utilizzare un rinterro di materiale permeabile per mantenere
depressa la falda. D'altronde l'incremento di spinta derivante da una falda
a quote superiori a quella di scavo rende molto oneroso il ricorso alle
paratie, in particolare a sbalzo, per le opere di sostegno. In terreni
permeabili (ghiaie, sabbie) è spesso possibile deprimere la falda a monte
con tubi drenanti dotati di un involucro filtrante (Fig. 3.25), inseriti nel
terreno con perforazioni che attraversano la paratia. In terreni poco
permeabili può essere necessario eseguire pannelli in misto granulare a
monte della paratia, in aderenza ad essa, scaricando a valle l'acqua di
drenaggio con fori attraverso la paratia. Si aumenta in tal modo la su-
perficie drenante e si diminuisce la spinta sulla struttura.
3.2.6 - Paratie ancorate. Se, a causa dell'altezza libera di scavo, delle carat-
teristiche meccaniche del terreno, o delle condizioni idrauliche, la spinta
sulle paratie è troppo elevata per essere equilibrata con il solo vincolo di
incastro al piede, si introducono vincoli supplementari di appoggio, per
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Capitolo 3 Pag. 17
mezzo di tiranti o puntelli, disposti su uno o più livelli, in prossimità
dell'estremo superiore.
I puntelli di contrasto sono preferibili e più convenienti in
presenza di due paratie parallele, a breve distanza tra loro (non più di
15÷20 m), come nel caso delle gallerie artificiali per le metropolitane o dei
piani interrati dei fabbricati. I puntelli agiscono su una trave orizzontale
di collegamento, che ripartisce i carichi sui pannelli ed assicura la
continuità trasversale della paratia. La Fig. 3.26 mostra la successione
delle fasi costruttive per paratie dotate di una sola linea di puntelli e per
paratie vincolate su più livelli, per realizzare una ferrovia metropolitana a
cielo aperto.
I tiranti di ancoraggio soni necessari nel caso di paratie singole,
o troppo distanti da altre strutture utilizzabili come elemento di contrasto.
Essi possono trasmettere lo sforzo ad altri elementi strutturali posti a
monte, come piastre o paratie di ancoraggio (Fig. 3.27), o diffonderlo nel
terreno, con funzioni analoghe a quelle di un palo soggetto a trazione
(Fig. 3.28). In questo caso devono avere una lunghezza sufficiente per
interessare un volume di terreno che non sia sensibilmente influenzato
dalla paratia stessa. Nella Fig. 3.29 sono descritte schematicamente le fasi
costruttive di una paratia ancorata a tiranti.
Occorre tener presente, per l'analisi delle paratie, che i tiranti di
ancoraggio sono vincoli deformabili, al contrario dei puntoni che possono
considerarsi rigidi.
3.2.7 - Tiranti di ancoraggio. I tiranti sono elementi strutturali resistenti a
trazione, inseriti nel terreno. Sono costituiti (Fig. 3.30) da una armatura
metallica e da una guaina, installate in un foro preventivamente eseguito
nel terreno. Un dispositivo di bloccaggio fissa l'armatura alla testa del
tirante, solidale con la struttura da vincolare. L'armatura può essere
costituita da barre, tubi, fili o trefoli di acciaio. Il trasferimento al terreno
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Capitolo 3 Pag. 18
della trazione applicata alla testa del tirante è reso possibile dalla
cementazione del terreno attorno all'armatura nella parte attiva del tirante,
detta anche fondazione (Fig. 3.31), con l'iniezione di una malta di cemento.
Le tecniche di cementazione variano con il tipo di tirante e con
le caratteristiche del terreno: si adottano soluzioni diverse per ottenere
una penetrazione omogenea della malta attorno all'armatura ed
incrementare l'aderenza tra terreno e tirante, così da sfruttare al massimo
la capacità di questo. Ad esempio, con armature costituite da tubi
sfinestrati, si può iniettare la malta in diversi punti in successione,
distribuendola uniformemente nella parte attiva del tirante. Le macchine di
perforazione sono simili alle sonde a rotazione impiegate nell'esecuzione
di pali di fondazione di piccolo diametro (Fig. 3.32).
In genere i tiranti di ancoraggio delle paratie vengono leg-
germente inclinati verso il basso (10÷15°) per raggiungere con la parte
attiva le zone del terreno nelle quali le tensioni litostatiche (e quindi gli
sforzi trasmessi) sono maggiori e l'influenza della paratia è minore.
I tipi di tiranti più comunemente impiegati hanno lunghezza
compresa tra 15 e 25 m e carichi utili variabili da 150 a 900 KN. Per ridurre
la cedevolezza, cioè lo spostamento della testa sotto carico, che influenza
sensibilmente le sollecitazioni della paratia, si ricorre alla presollecitazione
dei tiranti, mettendo in tensione l'armatura prima di procedere con lo
scavo a valle della paratia, sotto la quota dei punti di ancoraggio. In
questo caso i tiranti si dicono attivi. La presollecitazione permette di
diminuire, o annullare, lo spostamento della testa all'atto dell'entrata in
funzione del tirante ed offre il vantaggio di collaudarne l'efficienza,
verificandone l'aderenza al terreno, in fase di costruzione, quando è
ancora possibile intervenire per ovviare ai difetti esecutivi. I tiranti non
presollecitati sono detti passivi.
Alcuni sistemi di bloccaggio permettono di riprendere la te-
satura in una fase successiva, per esempio al termine degli scavi.
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Capitolo 3 Pag. 19
3.2.8 - Terra rinforzata. La terra rinforzata è un materiale artificiale, realiz-
zato inserendo in un corpo di terra, durante la costruzione, tiranti di
acciaio, o fibre di altro materiale resistente a trazione. La struttura ri-
sultante permette di costruire corpi di materiali sciolti di forma altrimenti
instabile.
In sostanza le fibre di materiali resistenti a trazione costituisco-
no un'armatura che conferisce ad un corpo di terra incoerente una certa
coesione. L'effetto prodotto è simile ad uno stato di coazione, sul piano
normale alle fibre. Evidentemente la terra rinforzata è un materiale
intrinsecamente anisotropo.
Le prime ricerche sperimentali sull'influenza di armature
metalliche sul comportamento di un corpo di terra incoerente risalgono
alla fine degli anni '50. Le tecnologie messe a punto sulla base di quelle
esperienze hanno trovato una larga diffusione nel decennio successivo,
soprattutto in Francia, e particolarmente nelle costruzioni stradali: oggi la
terra rinforzata costituisce una tipologia costruttiva ampiamente
sperimentata e molto diffusa. Le più frequenti utilizzazioni sono
rappresentate dalle strutture di sostegno di rilevati stradali e ferroviari e
delle spalle di cavalcavia e viadotti. Tra le diverse tecnologie speri-
mentate, quella brevettata col nome di Terra Armata ha avuto particolare
successo in Europa e negli Stati Uniti.
Nella costruzione di un rilevato in terra rinforzata le armature
sono poste in opera su piani orizzontali, ad intervalli di 30÷50 cm e
collegate ad elementi prefabbricati che delimitano il corpo di terra con
una superficie verticale e ne impediscono l'erosione. Il procedimento
tecnologico più diffuso (Terra Armata) usa armature formate da strisce di
acciaio con leggeri risalti, protette galvanicamente dalla corrosione, larghe
60÷80 mm e spesse 5 mm. Sono state però anche impiegate armature in
fibre di vetro o in materiali sintetici (geotessili). Gli elementi prefabbricati
terminali hanno solo una funzione protettiva dall'erosione e di
contenimento locale del materiale di riempimento e non sopportano la
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Capitolo 3 Pag. 20
spinta del rinterro Essi sono generalmente costituiti da lastre
prefabbricate in c.a.; saltuariamente sono stati peraltro usati anche
elementi semitubolari di acciaio. Nella Fig. 3.33 sono illustrati alcuni
classici esempi di costruzioni in terra rinforzata, le loro fasi esecutive ed i
principali particolari di progetto.
I principali vantaggi che la terra rinforzata può offrire rispetto
ai tradizionali muri di sostegno sono il minor peso, il minore ingombro
trasversale, la maggiore rapidità di montaggio e la maggiore deformabi-
lità. In termini economici la terra rinforzata diviene generalmente con-
veniente quando l'altezza del rilevato supera 8÷10 metri.
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Capitolo 3 Pag. 21
3.3 ANALISI DELLE STRUTTURE DI SOSTEGNO
3.3.1 - Definizione e considerazioni preliminari. Le strutture di sostegno
hanno lo scopo di fornire a un corpo di terra le forze necessarie per
assicurare le condizioni di equilibrio. Benché il problema dell'interazione
terreno-struttura assuma nella maggior parte dei casi un'importanza
secondaria e sia possibile prescinderne nell'analisi di progetto,
teoricamente nelle strutture di sostegno le sollecitazioni e le deformazioni
dipendono dalle caratteristiche di deformabilità del terreno e della
struttura interagenti. L'influenza dei fenomeni di interazione terreno-
struttura sembra dunque il più logico criterio di classificazione di queste
opere.
Adottando questo criterio è conveniente distinguere le strut-
ture in rigide e flessibili.
a) Strutture di sostegno rigide. La loro deformabilità è tanto piccola da
non influenzare sensibilmente lo stato tensionale nel terreno; perciò nelle
analisi si suppone che queste strutture possano solo ruotare o spostarsi
rigidamente. Il terreno è assimilato a un corpo plastico perfetto in
condizioni di scorrimento plastico e si analizzano solo gli stati di
equilibrio limite. Con queste ipotesi il sistema diviene staticamente de-
terminato e l'analisi delle sole condizioni di equilibrio risolve il problema:
infatti, ad un ben definito stato tensionale (in condizione di scorrimento
plastico) il legame tensioni-deformazioni assunto associa deformazioni
indefinite. Il problema di interazione terreno-struttura cade, ma è
possibile un'analisi dell'equilibrio limite per la verifica delle condizioni di
sicurezza della struttura. Per questa analisi si applicano le classiche teorie
della spinta delle terre.
Sono strutture rigide: i muri di sostegno, le pareti in cemento armato
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Capitolo 3 Pag. 22
rigidamente vincolate ad altre strutture, le opere massicce in pietrame,
come le gabbionate, e ogni altra struttura poco deformabile che abbia il
fine di sostenere la spinta di rinterri e fronti di scavo.
b) Strutture di sostegno flessibili. La loro deformabilità è abbastanza
grande da influenzare sensibilmente lo stato tensionale del terreno e la
distribuzione delle pressioni sulla superficie di contatto. Le forze agenti
dipendono dunque dall'interazione terreno-struttura. In questo caso il si-
stema è iperstatico e per la soluzione del problema è necessario imporre
condizioni di equilibrio e di congruenza, tenendo conto del legame sforzi-
deformazioni del terreno. Nell'analisi di progetto si adottano soluzioni
analitiche in campo elastico o modelli pseudoelastici, o soluzioni
empiriche, che tengono conto in modo approssimato delle deformabilità
relative del terreno e della struttura. In prima approssimazione è possibile
trattare anche le strutture flessibili come quelle rigide, eventualmente
correggendo in modo empirico i risultati per tener cono delle differenze di
comportamento tra il terreno e il modello assunto.
Sono strutture di sostegno flessibili le palancolate metalliche e le paratie
di pali di piccolo diametro. Le paratie in c.a., che per lo schema statico
sono del tutto simili alle palancolate, hanno una rigidezza molto elevata
anche se formate solo di pannelli a sezione rettangolare, non composita.
Per questo motivo vengono in generale analizzate come strutture rigide.
3.3.2 - Progetto ed analisi dei muri di sostegno. Il progetto dei muri di
sostegno comporta generalmente l'analisi e il confronto di diverse so-
luzioni. Nella scelta e nel dimensionamento delle possibili forme è
conveniente fare riferimento alle tipologie normalizzate. Poiché i muri di
sostegno sono strutture rigide, si analizzano le condizioni di equilibrio
limite del terreno, nello stato di scorrimento. Con questa ipotesi il solo
problema che può essere risolto è l'analisi della sicurezza rispetto alla
rottura del terreno, cioè la verifica dell'equilibrio del muro, mentre non è
possibile valutare le deformazioni del terreno, o gli spostamenti della
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Capitolo 3 Pag. 23
struttura in condizioni di esercizio.
Perciò, prescindendo dalla verifica strutturale del muro, il
progetto richiede l'analisi dei possibili modi di rottura del terreno e di
collasso del muro di sostegno: questo può avvenire per rotazione o per
traslazione del muro e per rottura del terreno di fondazione. L'ultima
verifica non differisce da quelle delle fondazioni di qualsiasi struttura,
mentre le prime due sono caratteristiche dei muri di sostegno.
Per effettuare la verifica di stabilità occorre determinare la ri-
sultante delle azioni esercitate sul muro dal terreno nello stato di equi-
librio limite e la loro distribuzione sulla superficie di contatto, operazione
che viene comunemente indicata come calcolo della spinta del terreno. Le
forze agenti sul muro, in equilibrio con il peso del muro stesso, sono la
spinta S del terreno, o del rinterro, e la reazione R sulla fondazione (Fig.
3.34). Queste sono limitate dalla resistenza del terreno di fondazione, cioè
dai massimi valori delle componenti normale N e tangenziale T applicate
al terreno sulle superfici di contatto.
Perciò calcolata spinta S e noti i valori delle reazioni N e T si
tratta di verificare che siano assicurati:
a) l'equilibrio alla traslazione del muro, con un adeguato fattore di si-
curezza FT; il rapporto FT tra le forze reagenti alla traslazione del muro e
le corrispondenti componenti della spinta deve essere superiore a un
valore minimo prescritto e comunque sufficientemente maggiore dell'u-
nità;
b) l'equilibrio alla rotazione del muro, attorno ad un possibile asse di
ribaltamento con un adeguato fattore di sicurezza FR; il rapporto FR tra il
momento delle reazioni e delle forze agenti deve essere superiore a un
valore minimo prescritto e comunque sufficientemente maggiore
dell'unità.
La spinta S può essere calcolata con due metodi concettual-
mente distinti:
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Capitolo 3 Pag. 24
a) un metodo di analisi globale delle condizioni limiti di equilibrio
dell'insieme di corpi rigidi formato dal muro e da un prisma di terreno a
tergo, rispetto ad un possibile cinematismo di rottura per scorrimento
relativo lungo le superfici di mutuo contatto. Da questa analisi si ricavano
le forze che mutuamente si scambiano il muro ed il terreno. Adottano
questa impostazione la teoria di Coulomb (1776) ed il metodo dei cunei
(wedge method);
b) un metodo di analisi dello stato tensionale del terreno che si trova a
tergo del muro e si suppone in condizioni di equilibrio limite. L'analisi
fornisce in particolare le tensioni sulla superficie di contatto tra il muro e
il terreno, da cui si ricava la spinta S. A questo metodo appartengono le
teorie di Rankine (1857) e di Sokolowski (1965).
In tutte le teorie il muro di sostegno è rappresentato da
un'unica superficie piana, adiacente al terreno. Per il calcolo della spinta
(spinta attiva) su muri che presentano verso il terreno superfici formate da
più piani o sporgenze della fondazione con riseghe, come i muri a
mensola (Fig. 3.35a), è necessario apportare schematizzazioni geometriche
al profilo della superficie di contatto. In genere si prende in con-
siderazione una superficie piana, possibilmente verticale, che circoscriva il
profilo del muro (Figg. 3.35b, c, d); il materiale di rinterro compreso tra
questo piano ed il paramento si congloba nella struttura del muro,
sommandone i pesi (Fig. 3.35e).
Molto spesso il muro e la sua base sono inseriti ad una certa
profondità nel terreno di fondazione. I movimenti di traslazione e di
rotazione sono allora contrastati dalla resistenza passiva del terreno a valle.
L'analisi dell'equilibrio dei muri di sostegno richiede perciò, in genere,
anche il calcolo della resistenza passiva, che può svilupparsi su quelle
superfici che, comprimendo il terreno adiacente, ne ricevono la reazione,
entro il limite dello scorrimento plastico.
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Capitolo 3 Pag. 25
3.3.3 - Spinta dei terreni incoerenti. Nel caso dei terreni incoerenti, la
grande permeabilità, che consente l'analisi in condizioni drenate, e
l'assenza di coesione facilitano il calcolo della spinta attiva, con le teorie
citate. La componente della spinta applicata dal terreno, S’, si calcola in
termini di tensioni efficaci, riferendosi all’angolo di attrito ϕ’ e, nel caso
che la pressione interstiziale a tergo del muro non sia nulla, si calcola
separatamente la spinta dell’acqua, Sw.
Le condizioni di equilibrio limite di un terreno incoerente,
delimitato da una superficie piana sono note dalla Meccanica delle Terre.
Si suppone che la costruzione del muro di sostegno non alteri le
condizioni iniziali del terreno e che sia possibile immaginare una parete
verticale, o inclinata, prossima al paramento del muro, che mantenga le
condizioni preesistenti in un volume di terreno indefinito a tergo del
muro. Nell'ipotesi di comportamento rigido-plastico del terreno un
piccolo spostamento del muro, che produca espansione orizzontale del
terreno a tergo, è sufficiente per generare condizioni di equilibrio limite;
applicando la teoria di Rankine si possono allora calcolare gli sforzi
applicati alla parete ideale e dedurne la spinta sul muro di sostegno. Si
tratta, com'è noto, della spinta attiva.
Per limitare le incongruenze e le approssimazioni che derivano
dalle schematizzazioni introdotte, è conveniente considerare la spinta che
agisce su una superficie piana verticale, passante per il punto del muro
che più si addentra nel terreno da sostenere (Fig. 3.36). Se questo piano
attraversa un eventuale rinterro a tergo del muro, che presumibilmente
avrà una resistenza maggiore del terreno naturale, anche per effetto di
una leggera coesione apparente, occorre considerare due situazioni
estreme:
- il rinterro si estende poco oltre il piano verticale su cui si calcola la
spinta. Si può allora assumere che il terreno sia omogeneo e caratterizzato
dai parametri di resistenza del terreno naturale;
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Capitolo 3 Pag. 26
- il rinterro si estende molto oltre il piano inclinato sull'orizzontale
dell'angolo β = (̟/4) + (ϕ'/2), dove ϕ' il maggiore tra i valori dell'angolo
di attrito del terreno naturale e del rinterro. In questo caso è logico
calcolare la spinta prodotta da un terreno omogeneo che ha le caratteri-
stiche del materiale di rinterro, non essendo il muro di sostegno inte-
ressato dall'equilibrio del terreno naturale.
Nelle situazioni intermedie la spinta si può ricavare dall'analisi
delle condizioni di equilibrio limite del cuneo di rinterro compreso tra il
muro ed il piano di scavo del terreno naturale (metodo dei cunei) (Fig. 3.37).
Questo metodo di analisi verrà esaminato in seguito.
a) Teoria di Rankine. Per applicare la teoria di Rankine sull'equilibrio
limite occorre ricordare che le tensioni sul piano verticale per cui si calcola
la spinta, τa σa, sono legate all'inclinazione ε del piano che delimita il ter-
reno. In particolare (τa/σa) = tan ε. La spinta del terreno S’ è perciò paral-
lela al piano di campagna a monte del muro di sostegno. Se il piano di
campagna è orizzontale anche la spinta è diretta orizzontalmente, mentre
sul piano verticale τa = 0.
Se manca un drenaggio che annulli la pressione interstiziale a
tergo del muro occorre considerare la posizione della falda per calcolare la
spinta prodotta dall'acqua, Sw, normale alla parete.
Ciò premesso, per un muro di altezza H, se il piano di cam-
pagna è orizzontale, ε = 0, si può scrivere (Fig. 3.38):
S = σh dz
0
H
= σha' dz
0
H
+ u dz0
H'
= S' + Sw
dove per le ipotesi fatte nell'applicare la teoria di Rankine
σ'ha = k aσ'v e
ka =1– sin ϕ'1 + sin ϕ' = tan
2 (π4
–ϕ '2
)
Riferendosi alla Fig. 3.38, assumendo una coordinata verticale z
diretta verso il basso, con origine alla sommità del muro, supposto il
terreno omogeneo con peso unitario γ in condizioni idrostatiche, con falda
-
Capitolo 3 Pag. 27
alla profondità Dw dal piano di campagna, si ha
σv = γ z e u = γw (z - Dw)
relazioni da sostituire in quella generale per ottenere la spinta.
Se, per la presenza di un drenaggio al piede, la pressione in-
terstiziale a tergo del muro è nulla, u = 0. Gli effetti della tensione su-
perficiale sopra la falda freatica, dove u < 0, vengono sempre trascurati.
Pertanto, essendo σ'h ≡ σh e Sw = 0, risulta:
S = S' =1
2γ k a H
2.
Se invece, per mancanza di drenaggio, la falda è al piano di
campagna, Dw = 0, si ottiene:
S = σhdz
0
H
= (σ'ha+ u)dz0
H
= (kaσ'v+ u)dz0
H
= [kaσv+ u (1– ka)]dz0
H
Con falda alla profondità Dw, 0 < Dw < H, si può scrivere in
forma generale:
σ'h = (σv - u) ka σh= (σv-u) ka+ u = kaσv+ (1 - ka) u
e la spinta diviene:
S = S' + Sw = k a
0
H
σv' dz + u dzDw
H
mentre nel calcolo si deve tener conto che:
per z < Dw u = 0
per Dw < z < H u = γw (z - Dw)
In presenza di terreni eterogenei è conveniente considerare
separatamente le singole stratificazioni, diagrammando la tensione
orizzontale efficace σ’ha e la pressione dell'acqua u, per procedere poi al
computo delle aree che rappresentano i vari contributi della spinta.
Nel caso che sulla superficie del terreno sia applicata una
pressione uniforme po occorre considerare il conseguente aumento della
spinta. Supponendo che l'estensione dell'area caricata sia grande rispetto
all'altezza del muro, detta σ'vo la tensione verticale litostatica, si ha:
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Capitolo 3 Pag. 28
σv' = σvo' + po e σ'ha = ka σ'v = ka (σvo'
+ po);
perciò in un terreno omogeneo e in assenza di acqua il diagramma delle
pressioni applicate al muro assume forma trapezia e la spinta vale:
S' = σ'ha dz
0
H
= k apoH +12
γ kaH2
Se il carico applicato po non copre interamente l’area che in-
teressa per la spinta, ma occupa una striscia di larghezza inferiore a quella
di larghezza Bo in cui è compreso il volume di terreno nello stato limite
attivo, dove
Bo =H
tan (π4
–ϕ'2
)
per effetto della distribuzione delle tensioni nel terreno risulta:
σv' < σvo' + po
e la spinta sul muro è minore che nel caso precedente. In genere è pos-
sibile distribuire in modo uniforme il carico sulla striscia di larghezza Bo
senza introdurre sensibili errori nel valore della spinta e nelle verifiche
dell’equilibrio del muro.
Se la superficie del terreno è inclinata sull'orizzontale di un
angolo ε (Fig. 3.39) la spinta è parallela al piano di campagna. La com-
ponente orizzontale della spinta risulta:
Sha =
12
γ kaεH2
dove kaε vale:
kaε = cosε
cosε - cos2ε - cos2ϕ'
cosε + cos2ε - cos2ϕ'
Tuttavia nel caso di superficie inclinata emergono più evidenti
le incongruenze tra l'applicazione della teoria di Rankine e la situazione
reale: l'inclinazione della spinta non ha alcuna relazione con la natura
della superficie alla quale è applicata, né con gli scorrimenti del terreno
rispetto al muro. Ciò considerato è in pratica preferibile approssimare il
-
Capitolo 3 Pag. 29
profilo del terreno nella striscia di larghezza Bo con un tratto orizzontale
ed un sovraccarico po.
Calcolata la spinta, o determinati i diagrammi della pressione
sulla parete verticale ideale cui si fa riferimento, per calcolare i momenti
rispetto al piede del muro occorre individuare le rette di azione delle
forze applicate (v. Figg. 3.38 e 3.39). Nella pratica risulta più conveniente
suddividere i diagrammi in triangoli, rettangoli o trapezi, ed applicare le
risultanti nei baricentri delle singole aree.
In linea di principio la spinta del terreno sul muro di sostegno
potrebbe essere calcolata applicando teorie diverse da quelle di Rankine,
che meglio descrivono il comportamento del terreno a contatto della
struttura. La principale limitazione della teoria di Rankine deriva dal-
l'assimilazione della parete su cui si esercita la spinta ad un piano ideale
interno ad un semispazio e dalla conseguente relazione biunivoca tra
tensioni agenti sulla parete e inclinazioni della parete e della superficie del
terreno. Ne discende, in particolare, l'assenza di sforzi di taglio su una
parete verticale se la superficie è orizzontale.
Se si esaminano i possibili movimenti di un muro di sostegno
per effetto della spinta del terreno, si constata che necessariamente
devono nascere azioni tangenziali tra muro e terreno. Queste producono
una alterazione del campo di linee di scorrimento (slip-lines) ipotizzato da
Rankine e delle tensioni di contatto (Fig. 3.40). Tra le teorie proposte per
tener conto di questi effetti, quella di Sokolowski che considera diverse
condizioni al contorno, pur mantenendo le ipotesi di Rankine sul
comportamento del terreno, è la più completa e concettualmente valida. E'
fondata sull'ipotesi che lo sforzo tangenziale τ sulla superficie di contatto
sia una frazione costante del valore di scorrimento τf.
b) Teoria di Coulomb. Su ipotesi concettualmente diverse sono invece
fondati i metodi di analisi globale dell'equilibrio delle terre e delle spinte
sulle strutture di sostegno.
-
Capitolo 3 Pag. 30
Nella teoria di Coulomb si suppone che il muro di sostegno si
possa muovere per la spinta di un cuneo rigido di terreno che scorre
lungo una superficie piana. Diversamente dalle teorie che, come quella di
Rankine, trattando il terreno come un corpo continuo analizzano lo stato
tensionale al suo interno, nelle condizioni di scorrimento, nella Teoria di
Coulomb si analizzano le forze che, applicate al contorno di un cuneo
rigido, lo pongono nelle condizioni limite dell'equilibrio, ignorando lo
stato tensionale nel suo interno. Da questa analisi si ricava la forza che,
applicata al cuneo di terreno dall'opera di sostegno, è sufficiente a
mantenere l'equilibrio.
Nel caso semplice che il piano di campagna sia orizzontale, il
paramento del muro rettilineo e la fondazione non abbia alcun risalto
interno, si tratta di individuare una superficie piana di scorrimento per lo
spigolo di base del muro e di calcolare la spinta risultante sul muro (Fig.
3.41a). Quindi variando l'inclinazione del piano di scorrimento si cerca
quella che dà luogo al massimo valore di S.
Per analizzare l'equilibrio sono necessarie alcune ipotesi ag-
giuntive. Si suppone che la spinta abbia un'inclinazione prefissata rispetto
alla parete, in relazione alla natura di questa, e che sia applicata ad un
terzo dell'altezza, ipotizzando per le pressioni di contatto una
distribuzione triangolare. Si suppone poi che, per effetto dell’attrito, la
risultante sul piano di scorrimento sia inclinata dell'angolo ϕ rispetto alla
normale: la componente tangenziale T si oppone al moto del cuneo di
terra (Fig. 3.41b). Per ogni piano di scorrimento ipotizzato la spinta S si
deduce dalle sole equazioni di equilibrio alla traslazione; avendo fissato
arbitrariamente punto di applicazione e direzione delle forze agenti sul
cuneo, le loro rette di azione non passano per uno stesso punto. Pertanto
l'equilibrio alla rotazione non è in genere soddisfatto e la soluzione non è
staticamente corretta.
Per qualsiasi condizione il cuneo di spinta che dà luogo al
valore massimo della spinta S si trova annullando la derivata di S rispetto
-
Capitolo 3 Pag. 31
all'angolo di inclinazione del piano di scorrimento. Nel caso particolare di
piano di campagna orizzontale, parete verticale priva di attrito, con spinta
normale ad essa (δ = 0, spinta diretta orizzontalmente), si ricava il
poligono delle forze di Fig. 3.41c). In questo caso ricercando l'inclinazione
α sull'orizzontale di un piano di scorrimento passante per il piede del
muro per cui la spinta S è massima, ponendo:
dS
dα = 0 si ottiene α = π
4+
ϕ'2 e ne risulta:
S = 1
2γ H2 tan2(π
4–
ϕ'2
) =12
γ H2 λa
Dunque λa ha lo stesso valore del coefficiente di spinta attiva ka
che si ottiene dalla teoria di Rankine ed il piano che delimita il cuneo di
spinta coincide ha per traccia la linea di scorrimento passante per il piede
della parete. Infatti, avendo stabilito le stesse condizioni al contorno ed
assumendo per piano di scorrimento una superficie piana che coincide
con un'effettiva slip-line, il risultato non poteva essere diverso.
Naturalmente cambiando le condizioni al contorno, assumendo per
esempio che la spinta sia inclinata rispetto alla parete del muro verticale e
non perpendicolare ad esso, i valori del coefficiente di spinta differiscono,
anche sensibilmente, da quelli della teoria di Rankine.
La teoria di Coulomb, benché sia stata sottoposta a numerose
critiche, soprattutto concettuali (si è già osservato che l'equazione di
equilibrio alla rotazione non è verificata), è ancora largamente applicata
nella pratica. Nella Tab. 3.2 sono riportati i coefficienti di spinta λa,
calcolati da Krey e Müller Breaslau, per alcuni valori caratteristici dei
parametri geometrici e dell'angolo di attrito.
-
Capitolo 3 Pag. 32
Tabella 3.2 a
Teoria di Coulomb.
Coefficienti di spinta λa per pareti verticali (α = 90°)
I)
ε = 0 ϕ
δ 26° 28° 30° 32° 34° 36° 38° 40° 0° 0.390 0.361 0.333 0.307 0.283 0.260 0.238 0.217
16° 0.349 0.324 0.300 0.278 0.257 0.237 0.218 0.201
17° 0.348 0.323 0.299 0.277 0.256 0.237 0.218 0.200
20° 0.345 0.320 0.297 0.276 0.255 0.235 0.217 0.199
22° 0.343 0.319 0.296 0.275 0.254 0.235 0.217 0.199
II)
ε = 5° ϕ
δ 26° 28° 30° 32° 34° 36° 38° 40° 0° 0.414 0.382 0.352 0.323 0.297 0.272 0.249 0.227
16° 0.373 0.345 0.319 0.295 0.272 0.250 0.229 0.210
17° 0.372 0.344 0.318 0.294 0.271 0.249 0.229 0.210
20° 0.370 0.342 0.316 0.292 0.270 0.248 0.228 0.209
22° 0.369 0.341 0.316 0.292 0.269 0.248 0.228 0.209
III)
ε = 10° ϕ
δ 26° 28° 30° 32° 34° 36° 38° 40° 0° 0.443 0.407 0.374 0.343 0.314 0.286 0.261 0.238
16° 0.404 0.372 0.342 0.315 0.289 0.265 0.242 0.221
17° 0.404 0.371 0.342 0.314 0.288 0.264 0.242 0.221
20° 0.402 0.370 0.340 0.313 0.287 0.263 0.241 0.220
22° 0.401 0.369 0.240 0.312 0.287 0.263 0.241 0.220
-
Capitolo 3 Pag. 33
Tabella 3.2 b
Angolo di attrito δδδδ fra diversi materiali da costruzione e terra
Materiali a contatto δδδδ (°) Muratura e:
roccia 35
ghiaia, sabbia e ghiaia, sabbia grossa 29÷31
sabbia da fina a media, ghiaia con limo o argilla 24÷29
sabbia fina, sabbia da fina a media, limosa o argillosa 19÷24
limo sabbioso 22÷26
argilla 17÷19
Acciaio e:
ghiaia, ghiaia e sabbia 33
sabbia, sabbia limosa e ghiaia 17
sabbia limosa, ghiaia o sabbia con limo o argilla 14
limo sabbioso 11
Calcestruzzo e:
ghiaia, ghiaia e sabbia 22÷26
sabbia, sabbia limosa e ghiaia 17÷22
sabbia limosa, ghiaia o sabbia con limo o argilla 14
limo sabbioso 14
-
Capitolo 3 Pag. 34
c) Altre teorie dell’equilibrio globale. Alla teoria di Coulomb, che esa-
mina l'equilibrio limite di un cuneo di terreno delimitato dal piano di
campagna, dal muro e da una superficie di scorrimento piana, si collegano
direttamente altre teorie che esaminano l'equilibrio limite del terreno as-
similato a un corpo rigido. assumendo superfici di scorrimento curve,
generalmente cerchi o spirali logaritmiche, o superfici di forma qualsiasi.
Tra queste si può citare quella di Brinch Hansen.
Con queste ipotesi è anche possibile esaminare l'equilibrio di
volumi di terra che comprendono il muro di sostegno, lungo superfici di
scorrimento passanti sotto la sua fondazione. Il problema diviene quello
generale dell'equilibrio limite di scarpate e pendii naturali e sarà
esaminato in seguito.
3.3.4 - Resistenza dei terreni incoerenti. Le teorie della spinta delle terre
si utilizzano anche per il calcolo della resistenza passiva, cioè della re-
sistenza massima che il terreno può opporre a una compressione oriz-
zontale. Le condizioni di equilibrio limite, nello stato passivo, si anal-
izzano più semplicemente con la teoria di Rankine, evidentemente con le
limitazioni e le incongruenze già discusse per lo stato attivo. In
particolare, la direzione della resistenza passiva dipende, come quella
della spinta attiva, dall'inclinazione della parete e della superficie del
terreno.
Nel caso di superficie orizzontale, ε = 0, la resistenza R è diretta
orizzontalmente. Per una parete verticale di altezza H in terreni
incoerenti, con falda ad una profondità Dw:
R = σh dz0
H
= σ' h dz0
H
+ u dz0
Dw
= R' + Sw
dove per le ipotesi fatte
σ'hp = k pσ'v e kp =
1 + sin ϕ'1 – sinϕ' = tan
2 (π4
+ϕ'2
)
-
Capitolo 3 Pag. 35
Per Dw> H, u = 0 e non vi è pressione dell'acqua: si ha allora
Sw = 0 e R = R'. In questo caso per un terreno omogeneo risulta:
R = 1
2 γ kpH2
Se la superficie del terreno non è orizzontale (ε ≠ 0) il coeffi-
ciente di resistenza passiva vale:
kpε = cos ε
cos ε + cos2ε - cos2ϕ'cos ε - cos2ε - cos2ϕ'
Nel caso in cui sia presente un sovraccarico po si ha:
σ'hp = kp (σ'v+po).
In forma analoga si esprime la resistenza passiva applicando la
teoria di Coulomb. Stabilito il valore dell'inclinazione della resistenza
rispetto alla superficie cui è applicata, dalle tabelle di Krey si ricavano i
valori del coefficiente λp e si calcola la resistenza R:
R = 1
2 γ λpH2
3.3.5 - Validità e approssimazione dei metodi di calcolo della spinta e
della resistenza nei terreni incoerenti. Le diverse teorie sulla spinta delle
terre sulle strutture di sostegno, soprattutto per i terreni incoerenti, sono
state messe a confronto tra loro e con le osservazioni sperimentali.
Perciò i coefficienti di spinta attiva e di resistenza passiva su
pareti di sostegno verticali forniti dalle principali teorie sono stati pa-
ragonati a quelli della teoria di Rankine. Questa è infatti la più semplice
teoria della spinta e, nei limiti derivanti dalle ipotesi assunte, è
teoricamente corretta. Nelle Figg. 3.42 a, b) e 3.43 a, b) sono riportati sin-
teticamente in forma grafica i risultati più interessanti di questo confronto,
in forma di diagrammi dei rapporti percentuali tra i coefficienti derivati
dalle varie teorie ed i corrispondenti della teoria di Rankine,
separatamente per la spinta attiva, la resistenza passiva e le rispettive
componenti orizzontali.
-
Capitolo 3 Pag. 36
I diagrammi mettono molto chiaramente in evidenza che tutte
le teorie esaminate forniscono valori del coefficiente di spinta attiva
minori della teoria di Rankine, ma che gli scostamenti massimi da questa,
nelle condizioni estreme, sono inferiori al 20% e generalmente non
superano il 15%. Diversa è la situazione per la resistenza passiva: tutte le
teorie esaminate forniscono coefficienti maggiori di quella di Rankine e le
differenze sono sempre notevoli. Nel campo dei valori di maggiore
interesse applicativo, i rapporti tra i risultati corrispondenti sono
maggiori di 2 e spesso superano 4÷5.
In sintesi si può dire che dalla teoria di Rankine si ottengono in
ogni caso risultati prudenziali: rispetto alle altre teorie si ha una maggiore
spinta attiva ed una minore resistenza passiva. Perciò, nella pratica,
tenendo anche conto delle approssimazioni generali dell'analisi, del grado
di indeterminatezza dei parametri di resistenza del terreno e delle
incertezze relative alla descrizione di problemi reali in forme
geometricamente semplici, prevale in generale la tendenza ad applicare la
teoria di Rankine, sia per il calcolo della spinta attiva sui muri di sostegno,
sia della resistenza passiva delle strutture che devono reagire ad azioni
orizzontali.
Il confronto tra i risultati teorici e le osservazioni sperimentali è
stato effettuato in laboratorio su modelli in scala ridotta di strutture di
sostegno diversamente vincolate e su strutture reali, in vera grandezza.
Tutte le esperienze mostrano che occorre uno spostamento della parete di
sostegno, perché le tensioni applicate passino dalle condizioni di quiete a
quelle di equilibrio limite, attivo o passivo. Classiche esperienze di
Terzaghi (Fig. 3.44), confermate da più recenti ricerche, hanno mostrato
che gli spostamenti necessari per generare la spinta attiva sono sempre
molto piccoli (inferiori ad 1‰ dell'altezza della parete), mentre quelli che
determinano la resistenza passiva sono di uno o due ordini di grandezza
maggiori. Teoricamente il fatto si spiega considerando i diversi percorsi di
carico nei due casi e il differente comportamento dei terreni granulari in
-
Capitolo 3 Pag. 37
presenza di aumento o di diminuzione della tensione media.
Questa osservazione ha una notevole importanza. Infatti,
mentre si può ritenere che ogni muro di sostegno, che non sia rigidamente
vincolato in più punti a strutture praticamente indeformabili, ha la
possibilità di spostarsi sufficientemente per raggiungere la spinta attiva,
non è sempre possibile soddisfare le condizioni che permettono di
generare la resistenza passiva.
Su queste considerazioni, e su quelle relative al grado di in-
determinatezza dei parametri di resistenza e al conseguente grado di
approssimazione dei risultati del calcolo della spinta e della resistenza
passiva, si deve basare la scelta dei coefficienti di sicurezza delle strutture
di sostegno.
3.3.6 - Spinta e resistenza dei terreni coerenti. Dalla teoria di Rankine, nel
caso di parete verticale e di superficie orizzontale (Fig. 3.40), per un
terreno coerente ideale, la cui resistenza sia espressa dall'equazione
τf = c + σ tan ϕ, si ottengono i valori della pressione orizzontale:
σha = - 2 c ka + σvka e σhp = 2 c kp+ σvkp
rispettivamente nello stato limite attivo e passivo.
La prima relazione mostra che è possibile l'equilibrio di un
elemento di terreno adiacente al piano verticale di contorno anche se
σh = 0, cioè anche se la parete non trasmette alcuno sforzo, purché sia
σv < 2 c
γ ka
La spinta attiva di un terreno omogeneo su una parete verticale
di altezza H risulta:
S = σh dz
0
H
= - 2 c H ka +12
γ ka H2
Ponendo Sa = 0 si ricava l'altezza per la quale, nelle ipotesi
assunte, il corpo di terreno è in equilibrio anche senza una parete di
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Capitolo 3 Pag. 38
sostegno:
Hc <
4c
γ ka
Per H
-
Capitolo 3 Pag. 39
b) condizione di lungo termine o di esercizio, o drenata. Le pressioni
interstiziali sono idrostatiche o di moto permanente. La resistenza si
esprime in termini di tensioni efficaci τf = c' + (σ - u) tan ϕ' e la spinta si
calcola tenendo conto del termine che dipende da u. Perciò, essendo:
σha = - 2 c' ka+ σ' v ka
per un terreno omogeneo, con falda alla profondità Dw la spinta vale:
S = σh dz
0
H
= -2 c'H ka + ka(σv- u) dz0
H
+ u dzDw
H
cioè:
S = - 2 c'H ka + kaγ z dz
0
Dw
+ ka (γ - γw) (z - Dw) + γ Dw dzDw
H
+ u dzDw
H
Se non si tratta di opere provvisorie, per le quali interessano
soltanto le condizioni a breve termine, si dovranno esaminare ambedue le
condizioni e verificare il muro per quella più sfavorevole. Occorre però
tener presente che in generale, nelle operazioni sul terreno che
accompagnano la costruzione di un muro di sostegno predomina l'effetto
dello scavo e della conseguente diminuzione delle tensioni preesistenti. Si
verifica perciò un graduale rigonfiamento dei terreni argillosi, tanto
maggiore quanto più è elevato il loro grado di sovraconsolidazione, e una
diminuzione della resistenza non drenata. Perciò le condizioni a lungo
termine possono essere più sfavorevoli di quelle iniziali.
In pratica la necessità di sostenere con un muro un terreno
coerente si presenta solo nel caso di scavi in terreni naturali. Infatti i corpi
di terra artificiali, come i rilevati stradali, si realizzano soltanto con terre
incoerenti, o contenenti frazioni molto piccole di limo e argilla. Per questi
materiali una verifica a breve termine non ha significato.
Anche quando il terreno ha una coesione non drenata suffi-
ciente ad assicurare la stabilità del fronte di scavo, un muro di sostegno è
in generale necessario per assicurare la stabilità dello scavo a lungo
termine, o per proteggere la scarpata dall'erosione. In questi casi la spinta
sul muro nasce soltanto dall'azione del materiale di rinterro, che per
-
Capitolo 3 Pag. 40
esigenze di drenaggio, o per ridurre le sollecitazioni sul muro, è
incoerente. La spinta si può calcolare assumendo che il rinterro abbia
un'estensione indefinita, o più realisticamente, considerando l'equilibrio
limite del cuneo di rinterro compreso tra il muro ed il piano di scavo.
Dalle equazioni di equilibrio alla traslazione in due direzioni ortogonali,
assumendo arbitrariamente l'inclinazione della spinta S e quella della
risultante sul piano di scorrimento, è facile dedurre graficamente o
algebricamente la spinta agente sul muro.
Con procedure del tutto analoghe alle precedenti si calcola la
resistenza passiva. A breve termine σhp = 2 cu + σv e la resistenza vale:
R = 2 cu H + 1
2 γ H2
mentre nelle condizioni di lungo termine, in termini di tensioni efficaci, si
ha:
σhp = σ' hp + u essendo σ' hp = 2 c' kp+ σ' v kp
Per una parete di altezza H, con falda alla profondità Dw la re-
sistenza passiva R vale perciò:
R = σh dz
0
H
= 2 c'H kp + kp (σv- u) dz0
H
+ u dzDw
H
3.3.7 - Verifiche di stabilità. Calcolata la spinta, diviene possibile verifi-
care la stabilità del muro allo scorrimento ed alla rotazione.
Per la prima verifica si esamina l'equilibrio alla traslazione nella
direzione parallela al piano di fondazione. Si definisce quindi un
coefficiente di sicurezza FT, rapporto tra le componenti delle forze che si
oppongono alla traslazione e della spinta S parallele al piano di fon-
dazione. Le prime sono date dall'attrito e dall'adesione tra la fondazione
ed il terreno sottostante, ed eventualmente dalla resistenza passiva R
offerta dal terreno in cui la fondazione è inserita. Perciò, se il piano di
fondazione è orizzontale, indicando con B la larghezza della fondazione,
con SH la componente orizzontale della spinta ed Sv quella verticale, con
-
Capitolo 3 Pag. 41
Ws e WR i pesi della struttura (muro) e del rinterro a tergo, con riferimento
alla Fig. 3.39 si può scrivere:
FT =
(WS
+ WR
+ SV) tan ϕ
a+ c
aB + R
SH
dove ϕa e ca sono l'attrito e l'adesione tra la fondazione ed il terreno.
La resistenza al taglio su superfici di contatto tra terreno e
strutture non dipende solo dalla natura dei materiali a contatto, ma è
influenzata da tanti fattori difficilmente definibili, in particolare dalle
azioni che il terreno subisce prima e durante la creazione del piano di
posa. Per esempio nel caso di superfici orizzontali di scavo, sulle quali
venga eseguito un getto di calcestruzzo, è inevitabile una variazione
locale dello stato di addensamento, che si traduce in una riduzione del-
l'angolo di attrito nel terreno a contatto con il getto. La rugosità della su-
perficie di contatto è una condizione necessaria perché lo scorrimento
avvenga entro il terreno; una superficie liscia può offrire una resistenza al
taglio minore di quella propria del terreno.
Per tenere conto di questi fattori, anche se approssimativa-
mente, per i terreni granulari si può assumere ca = 0 e ϕa = ϕcv'
, dove ϕcv' è
l'angolo di attrito a volume costante. Mancando questo dato si può as-
sumere ϕa= (3/4) ϕο' avendo indicato con ϕο
' l'angolo di attrito del terreno
indisturbato, nelle condizioni che precedono l'esecuzione dello scavo di
fondazione.
Analoghe considerazioni valgono per la scelta dei parametri
per i terreni coerenti: si tratta di valutare la resistenza allo scorrimento
della fondazione su una superficie di scavo esposta per qualche tempo
all'atmosfera. La diminuzione delle tensioni applicate, con la possibilità
per il terreno di assorbire acqua, produce localmente una riduzione del
valore iniziale della coesione non drenata cu. Questi effetti sono tanto più
marcati quanto più il terreno argilloso è sovraconsolidato e fessurato. Si
può tenere conto di questi fenomeni assumendo, nelle verifiche a breve
-
Capitolo 3 Pag. 42
termine, ϕa = ϕu = 0 e ca = α cu, dove α = 0.5÷0.9 è un coefficiente
correttivo empirico. Per la verifica a lungo termine si può assumere invece
ca = 0 e ϕa = ϕ'. Poiché le fondazioni dei muri di sostegno hanno
dimensioni limitate, i valori di equilibrio della pressione interstiziale nel
terreno interessato dallo scorrimento si raggiungono rapidamente; sembra
dunque logico verificare la sicurezza allo scorrimento in termini di
tensioni efficaci fin dall'inizio, assumendo che sulla superficie di contatto
della fondazione la pressione interstiziale abbia il valore corrispondente
alle condizioni finali di equilibrio.
Per la verifica al ribaltamento si definisce coefficiente di sicu-
rezza FR il rapporto tra il momento delle forze che si oppongono alla
rotazione del muro rispetto al suo piede e quello delle forze che tendono a
rovesciare il muro. Perciò, dette a, b, c, d le distanze delle rette di
applicazione delle forze Ws, Wr, SH, SV, dal supposto centro di rotazione,
si ha:
FR = W s a + W R b
SH c - SV d
I coefficienti di sicurezza FT e FR devono tener conto soprattutto
del grado di approssimazione delle verifiche, che dipende dalla
indeterminatezza di molti fattori che influenzano la spinta del terreno.
Come sempre, sono gli aspetti costruttivi che hanno il maggior peso. Tra
questi si ricorda il profilo di scavo che effettivamente si realizza ed il
problema di individuare il volume di terreno a tergo del muro che
effettivamente interagisce con esso.
Le norme del D.M. 11/3/88, § D.4.2 e D.4.3, impongono che si
abbia FT ≥ 1.3 e FR ≥ 1.5. I valori minimi richiesti sono diversi per tener
conto delle differenti approssimazioni delle procedure di calcolo e
soprattutto del comportamento del muro al verificarsi di forti movimenti.
Infatti nel caso del ribaltamento una forte rotazione del muro può
introdurre un fattore aggiuntivo di instabilità.
-
Capitolo 3 Pag. 43
3.3.8 - Metodi di analisi delle paratie e delle palancolate. I metodi gene-
ralmente impiegati per il progetto e la verifica della sicurezza di paratie e
palancolate, se si prescinde da quelli di analisi della interazione terreno-
struttura adatti a strutture molto flessibili, si possono raggruppare in due
categorie:
a) metodi dell'equilibrio limite, che supponendo il terreno in condizioni
di scorrimento a tensioni costanti, possono prescindere dalla
deformabilità della struttura, che può anche essere assimilata ad un corpo
rigido, e trattare le paratie e le palancolate in modo del tutto analogo ad
un muro di sostegno. Questi metodi sono i più semplici e i più diffusi; la
loro validità è confermata dall'esperienza. Infatti, benché le misure
sperimentali mostrino spesso delle divergenze tra i diagrammi di
pressione teorici e quelli reali, nell'insieme le sollecitazioni delle pareti
non differiscono sostanzialmente da quelle ipotizzate e le condizioni di
equilibrio globale sono verificate correttamente;
b) metodi empirici, fondati sulle osservazioni del comportamento delle
tipologie più comuni di strutture in terreni uniformi. Alcuni di questi
metodi, specifici per le palancolate metalliche, sono inclusi in disposizioni
normative straniere per le costruzioni (Codes of Practice). Essi derivano da
esperienze regionali ed hanno perciò una validità limitata, legata alle
condizioni locali ed alle caratteristiche delle strutture.
I metodi dell'equilibrio limite si applicano facilmente a qual-
siasi tipo di struttura. Conviene comunque trattare separatamente le
paratie a sbalzo da quelle ancorate. Inoltre, per semplificare l'esposizione
e la rappresentazione grafica della distribuzione delle pressioni di
contatto, si farà in genere riferimento a terreni omogenei in assenza di
acqua. Le procedure sono facilmente estendibili ai terreni eterogenei e ai
casi in cui è presente una spinta idrostatica.
3.3.9 - Paratie a sbalzo in terreni incoerenti. Nell'ipotesi che il terreno in-
-
Capitolo 3 Pag. 44
teressato dalla struttura si trovi in condizioni di equilibrio limite, nello
stato attivo o passivo, ed applicando la teoria di Rankine, i diagrammi
delle pressioni applicate dipendono soltanto dal verso dello spostamento
della paratia; dove il terreno è compresso si ha la resistenza passiva, dove
si espande la spinta attiva (Fig. 3.45a).
Supponendo che la paratia ruoti attorno al punto C, ad una
distanza x dal piede di incastro D, i diagrammi di spinta e di resistenza
che corrispondono a quest'ipotesi devono assicurare l'equilibrio. Negli
stati limite il problema è isostatico; la profondità d'infissione d necessaria
per l'equilibrio della struttura si può determinare risolvendo contem-
poraneamente due equazioni non lineari in x e d, esprimendo l'equilibrio
alla traslazione orizzontale ed alla rotazione.
Il problema si semplifica notevolmente, senza introdurre
sensibili errori, concentrando in un punto la resistenza passiva R' , al
piede D della paratia (Fig. 3.45b). Infatti, si constata che il centro di rota-
zione C e il punto di applicazione di R' sono molto vicini a D. Perciò
scrivendo l'equazione di equilibrio alla rotazione rispetto a D scompare la
R' e si ottiene:
MR - MP = 0
dove MR e MP sono i momenti della resistenza passiva R e della spinta
attiva P rispetto al punto D (Fig. 3.45b). Questa equazione è valida in
generale, per qualsiasi forma dei diagrammi delle pressioni. Nel caso che
il terreno sia omogeneo (γ = cost, ϕ = cost) e la falda sia a profondità
maggiori del piede D della paratia (u = 0), si ottiene:
R
d
3– P
h + d
3= 0
ed essendo
R = 1
2 kp γ d2
P = 1
2 ka γ (h + d) 2
sostituendo si ottiene:
kp d3 - ka (h + d)
3 = 0
-
Capitolo 3 Pag. 45
da cui si ricava la profondità di infissione d che assicura l'equilibrio della
paratia, nelle condizioni esaminate.
E' evidente che, per le ipotesi assunte, a queste condizioni cor-
risponde un coefficiente di sicurezza F = 1. Perciò spesso si adotta il cri-
terio empirico di aumentare d del 20% per introdurre un margine di
sicurezza, che peraltro resta indefinito, rispetto alle condizioni di equi-
librio limite. Più logicamente si può riscrivere l'equazione di equilibrio
introducendo un coefficiente di sicurezza F in una forma analoga a quella
adottata per i muri di sostegno. In altri termini si pone:
F =
MSM R
=RdRP dP ovvero:
P dP -
R
FdR = 0
che equivale ad introdurre un valore ridotto della resistenza passiva
nell'equazione di equilibrio. In pratica si semplifica l'analisi adottando per
il calcolo della resistenza passiva un coefficiente ridotto: kp
* = kp/ F,
assumendo F = 1.5.
La procedura ora suggerita per introdurre un coefficiente di si-
curezza è giustificata anche dalle osservazioni sperimentali sugli spo-
stamenti di una parete che corrispondono agli stati di equilibrio limite nei
terreni granulari. Infatti, diminuendo il coefficiente di resistenza passiva
si riducono l