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CAPITOLO IV:
QUALIFICAZIONE E NATURA DEGLI ATTI NON PREVISTI
SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive e sindacabilità degli atti atipici; -
2. Il valore degli atti atipici attraverso la giurisprudenza della Corte di
giustizia.
1. Considerazioni introduttive e sindacabilità degli atti atipici.
E’ chiaro, da quanto detto in precedenza che, quando ci si
accinge ad affrontare il problema della natura e degli effetti degli atti
non previsti dai trattati, non è possibile farlo da un punto di vista
generale e valevole per ogni tipo di atto che abbiamo in precedenza
analizzato.
Tale è infatti la varietà degli atti che rientrano in questa
categoria, così diverse le caratteristiche di ogni singolo atto, anche
all’interno di ciascuna categoria classificatoria, che sarebbe
impossibile impostare un principio che valga in ogni caso.
Questa affermazione è peraltro confortata dall’atteggiamento
della dottrina che ha affrontato questo argomento.
Infatti la dottrina ha assunto posizioni differenti in merito ai
diversi atti che ha preso in esame: in alcuni casi ha riconosciuto loro
un’efficacia vincolante, altre volte l’ha negata tout court, altre ancora
ha assunto posizioni intermedie369.
Quasi sempre anche la dottrina ha poi, da un lato, evitato
l’impostazione di un discorso generale valevole per tutti gli atti 369Per una panoramica sulle diverse posizioni della dottrina si possono vedere ad esempio tra i più significativi G. TESAURO, Diritto comunitario, cit., p. 131 e ss.; G. STROZZI, Diritto istituzionale dell’Unione europea, cit., p. 183 e ss.; J. V. LOUIS, L’ordinamento giuridico comunitario, cit., p. 118-120; G. ISAAC, Droit communautaire général, cit., p. 139-141. In riferimento a categorie specifiche si vedano ad esempio M. ANTONIOLI, Comunicazioni della commissione e atti amministrativi, cit.; E. WILLE, Le risoluzioni del Parlamento e del Consiglio, cit.; M. C. REALE, Le comunicazioni interpretative della commissione etc., cit. p. 507-523.
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che potevano rientrare in questa particolare categoria, cercando di
differenziare il discorso per ogni categoria di atti se non per ogni
singolo atto prodotto dalla prassi; dall’altro lato ha invece quasi
sempre fatto riferimento per le sue deduzioni alle pronunce della Corte
di giustizia370.
La Corte di giustizia è, per indicazione dello stesso trattato CE,
l’organo di garanzia e vigilanza dell’ordinamento della Comunità
europea371, che - assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e
nell’applicazione- dei trattati372.
Considerando quindi il ruolo di interprete della legge non solo
della Comunità ma in forza del trattato sull’Unione anche della
Unione europea e di garante della legittimità degli atti della stessa,
sembra opportuno valutare gli orientamenti della giurisprudenza della
Corte di giustizia.
Solo attraverso l’analisi delle sentenze di questo organo e dei principi
che queste esprimono sarà infatti possibile capire quale sia
effettivamente ed attualmente il valore giuridico che viene attribuito ai
diversi atti non previsti che abbiamo esaminato.
La funzione di organo addetto al controllo di legittimità degli
atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, e quindi addetto
all’interpretazione degli atti stessi, è confermata dall’art. 230 del
trattato Ce il quale dice che - La Corte di giustizia esercita un
controllo di legittimità sugli atti adottati congiuntamente dal
Parlamento europeo e dal Consiglio, sugli atti del Consiglio, della
Commissione e della BCE che non siano raccomandazioni o pareri,
370 Per un riferimento in merito vedi nota precedente e in più A. BASSU, Gli atti atipici della Comunità europea e ordinamento comunitario, cit., p. 887 e ss. 371 Dopo il trattato di Amsterdam infatti, la Corte di giustizia ha competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o l’interpretazione degli atti emessi in materia di Cooperazione di polizia e giudiziaria previsti nel titolo VI del trattato sull’Unione europea (art. 35 TUE). 372 Art. 220 trattato CE.
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nonché sugli atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti
giuridici nei confronti dei terzi -.
Questo primo comma dell’articolo citato delimita dunque gli
atti che possono essere sottoposti al sindacato della Corte di giustizia,
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disegnando un sistema nel quale sembra che la caratteristica
essenziale, affinché si possa sottoporre tali atti a tale controllo, sia
quella che gli atti siano produttivi di effetti giuridici verso terzi.
Il requisito secondo il quale l’atto impugnato deve essere
produttivo di effetti giuridici può infatti essere dedotto dal combinato
del suddetto articolo 230 e l’art. 249 del trattato CE, il quale definisce
le raccomandazioni e i pareri come atti di natura non vincolante.
Poiché l’articolo 230 sembra escludere soltanto questi due atti dal
novero di quelli sindacabili dalla Corte, si ritiene a contrario che i
provvedimenti delle istituzioni debbano presentare quanto meno
natura vincolante per poter essere oggetto di tale giudizio.
E’ quindi interessante rilevare che l’identificazione degli atti
impugnabili non avviene attraverso il loro nomen iuris, ma piuttosto
con riferimento ai loro effetti giuridici.
Il problema si pone quindi in riferimento agli atti che stiamo
considerando in questa trattazione i quali, non solo esulano
dall’elencazione dell’art. 249, ma non sono neanche previsti da altre
disposizioni dei trattati.
Se il trattato avesse considerato l’elencazione contenuta dall’art.
249 come tassativa relativamente agli atti sindacabili, ci si sarebbe
trovati in presenza di due alternative: o gli atti adottati dalle istituzioni
al di fuori delle forme prescritte sarebbero stati da considerarsi privi di
qualunque effetto giuridico, e pertanto esclusi dal sindacato della
Corte373; ovvero qualora si fosse ammessa la possibilità che atti atipici
incidano sulla situazione giuridica degli amministrati, si sarebbe
dovuto considerare il ricorso ricevibile, ma nello stesso tempo
fondato, per violazione dei requisiti di forma prescritti dagli articoli 373 Così effettivamente si è pronunciata la Corte nella sentenza del 10-12-1957, Cause riunite 1 e 14/57, in Raccolta, 1957, p. 112.
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249-254 del trattato CE374.
La rigidità di tali posizioni ha condotto la Corte ad assumere
una posizione nella quale la Corte riconosce la possibilità alle
istituzioni di utilizzare atti non previsti e atipici che se pur non
rivestono una forma vincolante non sono privi, come abbiamo già
visto, di conseguenze giuridiche nei confronti degli amministrati, che
se soddisfano i requisiti posti dalla Corte, saranno altresì da essa
sindacabili.
Si perviene per questa via all’abbandono di qualsiasi criterio
formale in favore di un criterio sostanziale che pone attenzione ai reali
effetti giuridici che l’atto è in grado di produrre, indipendentemente
dalla forma con la quale è stato adottato dalle istituzioni.
Questo principio che è apparso nelle pronunce della Corte nei primi
anni ‘70375 , è stato costantemente ribadito nella giurisprudenza
successiva376, con la quale la Corte ha infatti giudicato ricevibili
ricorsi introdotti avverso lettere, risoluzioni, note interne, codici di
condotta, dichiarazioni.
Per ciò che riguarda poi il tipo di effetti giuridici che devono
essere prodotti dagli atti, non si devono configurare esclusivamente
come quelli consistenti nell’attribuzione di diritti o nell’imposizione di
obblighi, ma possono consistere anche in interessi giuridicamente
tutelati377 o in effetti capaci di incidere sulla ripartizione delle
competenze e sull’equilibrio istituzionale dei poteri previsto dai
374 Si veda sentenza 15-3-1967, Cause riunite da 8 a 11/66, in Raccolta, 1966, p. 83. 375 La dottrina è concorde nell’individuare come sentenza guida la sentenza 31-3-1971, causa 22/70 Commissione c. Consiglio (AETS), in Raccolta, 1971, p. 263. Si vedano in merito al commento su tale giurisprudenza ad esempio A. BASSU, Gli atti atipici della Comunità europea e l’ordinamento comunitario, cit., p. 889, oppure Il ricorso di annullamento nel trattato istitutivo della Comunità europea, a cura di B. NASCIMBENE e L. DANIELE, Milano, 1998, p. 146-147. 376 Per una panoramica si vedano ad esempio G. TESAURO, Diritto comunitario, cit., p. 141 e T. C. HARTLEY, The Fundations of european community law, Oxford, 1994, p. 342 e ss. 377 C-39/93, in Raccolta, 1994, p. 1468.
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trattati378.
Al fine di determinare gli effetti giuridici eventualmente
prodotti dall’atto, la giurisprudenza della Corte pare riconoscere due
diversi procedimenti.
Anzitutto viene fatto ricorso all’esame del contenuto vincolante
dell’atto, quale si desume dal suo tenore letterale e dal contesto
giuridico nel quale è collocato.
Ad esempio, nel valutare la ricevibilità di un ricorso introdotto
dal governo lussemburghese avverso una risoluzione del
Parlamento379 intesa a modificare le sedi di servizio dei membri di
questa istituzione, la Corte ha rigettato la tesi secondo la quale si
sarebbe trattato di un atto avente natura non decisoria, relativo alla
sfera amministrativa e interna del Parlamento, nei seguenti termini: -
…occorre osservare, senza attribuire un’eccessiva importanza all’uso
del verbo “decide” nel testo della risoluzione controversa, che dalla
stessa lettera risulta che essa contempli provvedimenti concreti, che
consistono nella definitiva ripartizione…Il Parlamento anche se ai
punti 2 e 3 della risoluzione di cui trattasi, incarica l’ufficio di
presidenza e la segreteria generale di procedere…lo fa perché esso
stesso ha deciso queste modifiche e questa riorganizzazione ed esige
che facciano seguito misure di attuazione. Dall’esame della
risoluzione controversa emerge quindi che essa ha un carattere
decisorio preciso e concreto e produce effetti giuridici -.
Un secondo procedimento di analisi degli effetti giuridici è
quello che si fonda sull’individuazione di una competenza
dell’istituzione cui l’atto è imputabile.
In numerose sentenze la Corte ha escluso la ricevibilità del 378 Ancora causa 22/1970, cit. 379 Sentenza 10-4-1984, causa 108/83, in Raccolta, 1984, p. 194.
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ricorso in ragione della manifesta incompetenza dell’istituzione che
aveva adottato l’atto controverso380.
Tale criterio può essere utilizzato anche nella sua dimensione
positiva, per qualificare come sindacabile un atto che prima facie non
apparirebbe tale: così la Corte ha ritenuto che, nell’ambito dei
procedimenti d’applicazione delle regole di concorrenza, l’ampio
potere discrezionale di cui la Commissione dispone in ordine alle
misure necessarie per far cessare un’infrazione consentivano di
assimilare un impegno sottoscritto dalle imprese concorrenti, con il
quale esse si obbligavano a porre fine a determinati comportamenti
anticoncorrenziali, a una decisione inibitoria ai sensi dell’art. 3 del
regolamento 17/1962381.
Nei casi in cui la natura vincolante dell’atto si presti
maggiormente a dubbio, il giudice comunitario include nella
valutazione anche elementi che normalmente sarebbero esclusi
dall’analisi, quali le circostanze cha hanno caratterizzato
l’emanazione e le modalità di elaborazione, redazione e
pubblicazione382. Così per esempio, nella sentenza Francia c.
Commissione del 1991383, trattandosi di stabilire la natura giuridica di
un codice di condotta relativo alle informazioni sulle irregolarità
nell’ambito delle azioni finanziate dai fondi strutturali della Comunità,
la Corte sembra aver considerato il ricorso ricevibile in seguito non
solo ad un raffronto tra i contenuti del codice e quelli della norma
regolamentare cui aveva dato attuazione, ma anche in considerazione
del fatto che, a dispetto del suo nomen iuris, il codice era stato
380 Ad esempio si vedano causa 182/80, in Raccolta, 1982, p. 819; causa 108/83, in Raccolta, 1984, p. 1945; causa C-303/90,in Raccolta, 1991, p. I-5315. 381 Sentenza 31-3-1993, C riunite C-89/95, 104/95, 114/85, 116/85, 117/85, e da 125/85 a 129/85, in Raccolta 1993, p. I-1307. 382 Sentenza 9-10-1990, causa 366/1988, in Raccolta, 1990, p. I-5315. 383 Sentenza 13-11-1991, causa C-303/1990, in Raccolta, 1991, p. I-5315.
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accompagnato da modalità di redazione e di pubblicità tali da rendere
inequivocabile la volontà di vincolare i destinatari384.
L’adozione del criterio sostanziale nella qualificazione dell’atto
sottoponibile a sindacato della Corte, ed il superamento delle tipologie
previste dai trattati, comporta anzitutto come conseguenza principale
il vantaggio di estendere la tutela giurisdizionale dei soggetti
dell’Unione.
Il principio di una tutela giurisdizionale soggettiva reale ed
estesa è molto importante all’interno di un sistema normativo, perché
espressione delle garanzie di legalità offerte ai soggetti che ne fanno
parte e del grado di evoluzione del sistema giurisdizionale.
La Corte di giustizia ha sempre interpretato385 le norme relative
al diritto dei soggetti di ricorrere presso la Corte stessa per la tutela dei
loro diritti, molto estensivamente.
Ad esempio nella sentenza Parti écologiste “Les Verts” c.
Parlamento europeo,386 la Corte dimostra di aderire ad una
interpretazione molto ampia dei requisiti necessari affinché un
soggetto sia legittimato ad agire in giudizio avverso un atto di una
istituzione comunitaria.
Nel caso preso ad esempio, la Corte considera legittimato ad
agire contro un atto del Parlamento un partito politico francese che
formalmente non era presente tra quelli rappresentati al Parlamento
europeo, ma che aspirava a presentare i suoi candidati alle imminenti
elezioni dei membri dello stesso Parlamento.
384 L’espressione è dell’avvocato Generale G. Tesauro in causa C-303/1990, in Raccolta, 1991, p. I-5328-5331. 385 Vedi ad esempio causa 25/62, in Raccolta, 1963, p. 195; causa 22/70, in Raccolta, 1971, p. 263; più recentemente anche la causa T-177/01, attualmente in Raccolta della giurisprudenza del Tribunale di primo grado on line al sito internet http://www.europa.eu.int. 386 Causa 294/83, in Raccolta, 1986, p. 1339 e ss; in essa un partito politico fu legittimato ad agire in giudizio per l’annullamento di una decisione del Parlamento relativa alla distribuzione dei fondi per le campagne elettorali in occasione delle elezioni dei membri del Parlamento europeo.
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La Corte giustifica la sua posizione dicendo che - le
disposizioni relative al diritto d’impugnazione non possono essere
interpretate restrittivamente , onde nel silenzio del trattato, la
disposizione di cui all’art. 230 non può essere intesa in senso
limitativo - e che - l’azione di annullamento è destinata a garantire il
rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del trattato.
Sarebbe perciò in contrasto con questa finalità interpretare
restrittivamente i presupposti della ricevibilità dell’azione -.
Inoltre in questa causa la Corte adotta anche una interpretazione
estensiva dell’ex articolo 173 che allora non prevedeva espressamente
l’impugnabilità degli atti del Parlamento387.
La Corte poi sottolinea come l’esigenza di riconoscere una
tutela ampia è determinata dal fatto che la Comunità europea è una
comunità di diritto388 nel senso che né gli Stati che ne fanno parte né
le istituzioni sono sottratti al controllo della di legittimità in base ai
trattati.
Essa inoltre sottolinea come il sistema di rimedi giurisdizionali
per i soggetti privati sia una tutela ampia e completa poiché quando
sono presenti i requisiti di ricevibilità di cui all’articolo 230389, essi
possono agire direttamente attraverso un’azione di annullamento
presso la Corte di giustizia.
Quando tali requisiti mancano le persone fisiche e le persone
giuridiche possono sempre far valere l’illegittimità di un atto
comunitario davanti ad un giudice nazionale sollecitando un rinvio
387 L’attuale articolo 230 infatti è frutto del trattato di Maastricht del 1992, che in seguito alla rinnovata posizione del Parlamento nel sistema delle istituzioni dell’Unione europea, ha dovuto tener conto anche degli atti del Parlamento. 388 Causa 294/83, cit., p. 1365. 389 Secondo il dettato di tale articolo ai fini della ricevibilità di un ricorso contro un atto comunitario deve infatti trattarsi una decisione presa nei suoi confronti o che comunque la riguardi direttamente ed individualmente.
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pregiudiziale a norma dell’articolo 234 del trattato CE e una pronuncia
della Corte in merito.
Peraltro va sottolineato come il diritto ad una tutela
giurisdizionale sia peraltro uno dei diritti che sono previsti dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948390 che
all’articolo 8 prevede che - Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva
possibilità di ricorso a competenti tribunali (nazionali) contro atti che
violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o
dalla legge - e viene ripresa anche nella successiva Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali391 per la quale - Ogni persona ha diritto ad un’equa e
pubblica udienza …davanti ad un tribunale indipendente e imparziale
costituito per legge, che decide (sia) in ordine alla controversia sui
suoi diritti e obblighi di natura civile… -.
Bisogna poi rilevare come tale diritto, come è avvenuto per altri
diritti fondamentali392, è inoltre entrato a far parte di quei principi
generali di diritto comunitario di cui la Corte assicura il rispetto
nell’ordinamento393.
L’adozione del criterio sostanziale, implica inoltre che le
istituzioni possano adottare degli atti pregiudizievoli per i soggetti
dell’ordinamento anche al di fuori, non solo delle tipologie di cui
all’articolo 249, ma anche al di fuori di qualsiasi tipologia di atti
prevista dai trattati. Atti dunque che in linea di principio, non sono
390 Approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948. 391 Questa convenzione è stata adottata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953. 392 La Corte di giustizia nel corso di un lungo processo evolutivo, è giunta a proclamare, sia pure incidentalmente, l’incorporazione dei diritti fondamentali dell’uomo tra i principi generali del diritto comunitario di cui essa assicura l’osservanza. In ordine a questa questione si può vedere ad esempio causa 29/69, in Raccolta, 1969, p. 419; causa 4/73, in Raccolta, 1974, p. 491. 393 In merito al riconoscimento del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva si possono vedere causa 222/84, in Raccolta, 1986, p. 1651; cause riunite 87-89/90, in Raccolta, 1991, p. 3757.
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riconoscibili come tali dagli interessati. Sorge quindi per questi ultimi
l’onere di discernere, nella cospicua mole di atti che costituiscono la
produzione normativa dell’Unione, quali provvedimenti, anche in
apparenza “innocui”, anche pubblicati a solo titolo informativo o non
pubblicati affatto, siano comunque suscettibili di produrre sostanziali
modificazioni della loro situazione giuridica394.
Tale inconveniente che incide sfavorevolmente sulla certezza
del diritto e sul legittimo affidamento dei soggetti dell’ordinamento
dell’Unione è stato avvertito anche dagli avvocati generali.395
Volendo a questo punto razionalizzare, almeno minimamente,
l’analisi dettagliata delle sentenze più importanti della Corte di
giustizia in questa materia, che sarà esposta di seguito396, alla luce dei
criteri sopra elencati si cercherà di fornire alcune indicazioni generali
e di massima relativo al tipo di atti che la Corte in questi anni ha
ritenuto sindacabili.
Tali indicazioni vanno comunque prese con le dovute cautele
poiché, come chiarito in precedenza, solo tramite un’analisi dei singoli
casi sarà possibile valutare la posizione effettiva della Corte di
giustizia in merito agli atti non previsti.
Ad esempio nei settori in cui l’azione delle istituzioni si articola
in diverse fasi e presuppone l’espressione di diverse forme di volontà
da parte delle stesse, la Corte ha riconosciuto, a guisa di principio
generale, che - costituiscono atti sindacabili solamente quei
provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione della
Commissione o del Consiglio (o del Parlamento) al termine di tale
394 Il Ricorso di annullamento nel trattato istitutivo della Comunità europea, a cura di B. NASCIMBENE e L. DANIELE, Milano, 1998, p. 165, 395 Si vedano ad esempio le conclusioni dell’avvocato generale G. Tesauro nelle cause 366/88 in Raccolta, 1988, p. I-3586 e C-57/95, in Raccolta, 1995, p. I-1627. 396 Infra § 2.
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procedura, con esclusione dei provvedimenti provvisori destinati a
preparare la decisione finale -397, stabilendo quindi che gli atti
preparatori non producono alcun effetto giuridico.
In talune ipotesi però la Corte ha ritenuto che atti facenti parte
di una procedura complessa fossero idonei a produrre effetti giuridici
caratterizzanti398, e costituissero il momento conclusivo di un
procedimento speciale, distinto da quello attraverso il quale le
istituzioni pervengono ad adottare la decisione nel merito.
Il carattere di specialità del procedimento risulterebbe in questi
casi anzitutto dal rilevamento di un’autonoma attività decisoria o di
scelta, ed inoltre dalla configurazione di un effetto giuridico
qualificato che abbia la capacità di colpire soggetti terzi in maniera
immediata e irreversibile399.
Tra i vari esempi forniti dalla giurisprudenza della Corte si
potrà ricordare quello con cui la Corte stessa ha considerato
sindacabile un atto con cui la Commissione, nell’ambito della
procedura di infrazione di cui al regolamento 17/62400, decise di
comunicare al terzo denunziante i documenti riservati ottenuti tramite
accertamento presso le strutture dell’impresa interessata401, nonché il
caso in cui la Corte ha valutato ammissibile il ricorso contro una
decisione della Commissione, dopo un esame preliminare del
comportamento anticoncorrenziale oggetto di una notifica, e previa
valutazione dell’esistenza di una valutazione dell’esistenza di una
397 Sentenza 11-11-1981, causa C-60/81, in Raccolta, 1981, p. 2639. 398 La Corte distingue, a tal proposito, tra effetti giuridici ed effetti meramente procedimentali o fattuali, questi ultimi consistendo nelle conseguenze automatiche, anche a livello giuridico, che si determinano nella sfera giuridica del soggetto ricorrente o dei terzi, per effetto di quel determinato atto. 399 Sentenza 18-12-1992, cause riunite da T-10/92 a T-12/92 e T-15/92, in Raccolta, 1992, p.II-2667. 400 G. U. C. E. del 401 Sentenza 24-6-1986, causa 53/85, in Raccolta, 1986, p. 1965.
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infrazione suscettibile di ricadere nel divieto di cui all’articolo 81,
comma 1 del trattato CE, e tale da non poter fruire della deroga di cui
allo stesso articolo, comma 3, decise di togliere alle imprese la
protezione consistente nell’esonero dalle ammende previsto
dall’articolo 15, comma 5 del regolamento 17 del 1962402.
Una giurisprudenza della Corte più recente ha annoverato l’atto
con cui la Commissione decide di instaurare la procedura di cui
all’articolo 88, comma 2 del trattato CE, fra gli atti impugnabili ai
sensi dell’articolo 230. Esemplificativo di questa giurisprudenza è il
caso della sentenza Italia c. Commissione del 1992403, in cui la
ricorrente aveva impugnato la lettera con cui la Commissione,
comunicandole l’avvio del procedimento di cui all’articolo 88, aveva
implicitamente qualificato l’aiuto in questione come un aiuto nuovo,
essendo già stato notificato ed approvato dalla Commissione ai sensi
dell’articolo 88, comma 3 del trattato CE.
L’oggetto della controversia verteva infatti sulla qualificazione
dell’aiuto, implicando la qualifica dello stesso come “nuovo” il
divieto, per l’Italia, di erogare i relativi finanziamenti sino a che la
procedura non si fosse conclusa.
La Corte in questo caso ha ritenuto di poter assegnare natura
decisoria alla lettera della Commissione, facendo leva sulla attività di
scelta delle norme procedurali da applicare, e in ragione del carattere
definitivo e irreversibile del pregiudizio che ne sarebbe derivato alle
imprese beneficiarie.
Secondo altra giurisprudenza della Corte di giustizia, non
possono, passando ad un altro filone tematico, formare oggetto di
402 Sentenza 15-3-1967 cause riunite da 8 a 11/66, in Raccolta 1967, p. 83; più recentemente nello stesso senso si veda anche sentenza 27-2-1992 causa T-19/91, in Raccolta, 1992, p. II-415. 403 Sentenza 30-6-1992, causa C-47/92, in Raccolta, 1992, p. I-4145; nello stesso senso si veda anche causa C-312/90, in Raccolta, 1992, p. I-4117.
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sindacato da parte della Corte gli atti che esauriscono i loro effetti
nella sfera interna dell’amministrazione e che non creano diritti ed
obblighi in capo a soggetti terzi404. Rientrerebbero, secondo le
sentenze della Corte, in questa categoria numerosi atti adottati dal
Parlamento ad esempio, quali i provvedimenti amministrativi di
impegno, di liquidazione e di pagamento delle spese405, l’atto di
designazione del presidente di una delegazione interparlamentare406, la
decisione dell’ufficio di presidenza di istituzione di una commissione
di inchiesta407
Peraltro in questi casi la Corte ha dimostrato di interpretare
estensivamente il concetto di soggetti “terzi”, ricomprendendovi, oltre
ai singoli, anche le istituzioni e gli Stati membri408, nonché
un’organizzazione sindacale dei dipendenti delle istituzioni409.
Bisogna poi sottolineare come la Corte in numerose pronunce
ha giudicato insindacabili, e quindi privi di effetti giuridici, atti sui
generis della Commissione, che si limitavano a fornire
un’interpretazione di norme preesistenti, la cui attuazione spettava alle
autorità nazionali. Si tratta nella maggior parte dei casi di lettere o
documenti inviati dai servizi della Commissione alle autorità
nazionali, su richiesta di queste ultime. Quando si può affermare con
certezza che vi sia assenza di competenza della Commissione
nell’attuare le norme preesistenti, la Corte ha negato la loro
sindacabilità410, pur non escludendo comunque che essi potessero
404 Vedi ad esempio sentenza 9-10-1990, causa 366/88, in Raccolta, 1990, p. I-3571, in particolare il punto 9 delle motivazioni. 405 Sentenza 25-2-1988, causa 190/84, in Raccolta, 1988, p. 1017. 406 Ordinanza del 22-5-1990, causa C- 68/90, in Raccolta, 1990, p.I-2101. 407 Ordinanza 4-6-1986, causa 78/85, in Raccolta, 1986, p. 1753. 408 Vedi ad esempio cause riunite, 358/85 e 51/86, in raccolta, p. 1753. 409 Causa C-322/91, in Raccolta, 1992, p. I-6373. 410 Si vedano in merito sentenza 27-3-1980, 133/79, in Raccolta, 1980, p. 1299; sentenza 28-6-1993, C-64/93, in Raccolta, 1993, p. I-3595, dove tuttavia l’analisi degli effetti giuridici scaturenti
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produrre un qualche effetto giuridico.
Ad analoghe conclusioni la Corte di giustizia è giunta nel caso
di atti comunitari che si limitano a concretizzare, in via
amministrativa, i diritti e gli obblighi che discendono da una norma
base411.
La Corte in questi casi ha affermato che - pur non potendosi
escludere che taluni effetti giuridici autonomi siano ricollegabili a
delle misure di esecuzione412 -, queste non potranno essere oggetto di
ricorso alla Corte - nella misura in cui si limitano ad esplicare i
precetti della norma primaria413-. Sembra tuttavia necessario, secondo
la Corte, che per escludere l’impugnabilità, sia necessario che la
norma di base permetta di individuare con sufficiente chiarezza e
precisione la portata del suo contenuto precettivo.
Anche in questo ambito tuttavia la posizione della Corte non
appare costante essendosi verificati anche casi in cui la stessa,
ribaltando le sue precedenti posizioni, ha giudicato sindacabili tali tipi
di atti esecutivi414.
Vale a tale proposito menzionare una pronuncia in cui la Corte,
ritenendo ricevibile e fondato un ricorso di annullamento introdotto
dalla Repubblica francese contro una comunicazione concernente la
libertà di gestione e di investimento dei fondi detenuti dagli enti di
dall’atto, viene a confondersi con la questione degli effetti giuridici da esso prodotti nei confronti dei singoli individui (vedi punto 14 e ss. Delle motivazioni). 411 Sentenza 25-2-1988, cit. 412 Per esempio, l’effetto che risulta dalla riduzione della discrezionalità risultante dal solo dettato della norma di base: vedi conclusioni dell’avvocato generale G. Tesauro in causa C-303/90, in Raccolta, 1991, p. I-5328 e ss. 413 Sentenza 16-6-1993, C-325/91, in raccolta, 1993, p. I-3283, dove la Corte ha annullato una comunicazione della Commissione intesa ad esplicitare gli obblighi imposti agli Stati membri in virtù della direttiva 80/727/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nella misura in cui essa non si limitava a precisare le modalità di adempimento di tali obblighi, ma ne creava di nuovi, senza nondimeno indicare la base giuridica dalla quale avrebbe tratto la sua forza vincolante. 414 Si vedano per degli esempi sentenza 10-4-1984, causa 108/83, in Raccolta, 1984, p. 1945 oppure sentenza 13-11-1991, causa C-303/90, in Raccolta, 1991, p. I-5315.
117
previdenza415, ha incluso nel suo sindacato giurisdizionale un atto
atipico della Commissione in materie nelle quali essa non dispone
manifestatamene di alcuna autonoma competenza normativa.
La comunicazione in questione precisava taluni orientamenti -
in ordine al tipo di restrizioni che possono essere imposte agli Stati
membri per motivi prudenziali -, nonché - un certo numero di principi
prudenziali in materia di investimenti che dovrebbero essere applicati
da tutti gli enti di previdenza -. Sotto il profilo formale essa risultava
adottata dalla Commissione collegialmente e pubblicata nella parte C
della Gazzetta ufficiale.
La Corte ha ritenuto, a fronte di un esame (invero sommario)
del suo contenuto e delle sue finalità, che la comunicazione
controversa non si limitasse, come sostenuto dall’esecutivo
comunitario, ad esplicitare i precetti direttamente efficaci contenuti
nelle norme del trattato, ma che essa intendesse per converso stabilire
una serie di obblighi autonomi, non direttamente riconducibili per via
interpretativa al disposto delle norme primarie e miranti a favorire
l’effettivo esercizio dei diritti derivanti da queste ultime416.
2. Il valore degli atti atipici attraverso la giurisprudenza della Corte
di giustizia.
La questione considerata in questo capitolo trovava spazio nella
giurisprudenza della Corte già agli albori del sistema comunitario.
415 Vedi la Comunicazione in G.U.C.E. 1994, C-360, p.7. 416 Sentenza 20-3-1997, cit. Nelle motivazioni non pare essere estraneo alla valutazione della Corte, favorevole alla ricevibilità del ricorso, il fatto che la Commissione avesse adottato la comunicazione sui fondi pensione solo dopo il ritiro di una proposta di direttiva, di oggetto e contenuto analogo, che non aveva trovato l’approvazione del consiglio. Come suggeriva l’avvocato generale Tesauro, le circostanze e relative all’adozione della comunicazione, il cui tenore appariva “essenzialmente identico” a quello della proposta di direttiva presentata al Consiglio, potevano ingenerare il dubbio che l’intento (neppure troppo dissimulato) perseguito dall’esecutivo fosse quello “di vincolare i destinatari, dunque gli Stati membri e per tale via gli operatori del settore” tramite un atto solo formalmente sprovvisto di effetti giuridici obbligatori ( punti 10-17 delle conclusioni).
118
In ambito CECA la Corte si era occupata della questione degli
atti atipici già nel 1963417.
La Corte in questo caso aveva, all’inizio di un processo
evolutivo delle sue posizioni, mostrato di attribuire un rilievo alla
forma rivestita dall’atto ai fini dell’esito di controllo di legittimità da
essa svolto.
Così nella sentenza Usines Henricot, il giudice comunitario
aveva escluso la ricevibilità di un ricorso introdotto contro talune
lettere dell’Alta Autorità poiché, a dispetto del loro tenore imperativo,
esse apparivano sfornite dei requisiti di forma necessari affinché
potesse essere loro riconosciuta una natura decisoria. La Corte si trovò
ad affermare che, - la doverosa tutela giuridica degli interessati
implica che essi siano in grado di identificare in base alla sua
semplice forma una decisione gravida di conseguenze giuridiche così
rilevanti, prima fra le quali la fissazione di un termine tassativo di
impugnazione. Perché un atto abbia valore di decisione è soprattutto
necessario che i destinatari siano in grado di comprendere
chiaramente di trovarsi di fronte ad un atto di tale natura -.
Nella fattispecie il fatto che le lettere in lite non risultassero
deliberate ed adottate collegialmente dall’Alta Autorità, e che non
recassero la firma di uno dei suoi membri, costituivano risultanze
sufficienti ad escluderne l’impugnabilità.
Nella prima pronuncia in ambito CE418 la Corte, pur
abbandonando il criterio formale ai fini della sindacabilità dell’atto e
quindi della ricezione del ricorso, pur sembrando attribuire ancora una
417 Sentenze 5 dicembre 1963, cause riunite 23/63, 24/63, 52/63, in Raccolta 1963, p. 439; ancora si può vedere causa 54/65, in Raccolta, 1966, p. 382. 418 Si vedano le cause riunite da 8 a 11/1966, in Raccolta, 1967, p.105 e ss. e soprattutto le conclusioni dell’Avvocato generale Roemer.
119
certa importanza ai requisiti formali di cui all’articolo 249419. Così si
afferma che - l’atto che abbia materialmente una natura decisoria,
senza presentare una forma appropriata ai suoi effetti, sarà annullato
dal giudice comunitario -.
Nella sentenza in questione (sentenza Cementeries del 1967)420
la Corte, chiamata a statuire sul ricorso introdotto contro una lettera
con cui la Commissione informava le imprese interessate che
l’esenzione dalle ammende per i comportamenti notificati ai sensi
dell’articolo 15, n. 5 del regolamento 17/1962, non era applicabile
nella fattispecie, ha riconosciuto l’impugnazione ricevibile e fondata.
Secondo la Corte, infatti, la comunicazione in oggetto, in
quanto privava le imprese ricorrenti della protezione consistente
nell’esonero temporaneo dalle ammende, era suscettibile di incidere
sugli interessi di quest’ultime, modificando la loro situazione
giuridica. Frutto di una valutazione giuridica e di una attività
chiaramente decisoria, il provvedimento della Commissione si
configurava, quanto meno per i suoi effetti, come una decisione,
nonostante il fatto che il suo nomen iuris, l’intestazione, la firma e le
procedure di notifica non fossero in alcun modo indicative della sua
reale natura giuridica.
Tuttavia per la Corte il fatto che l’apparenza dell’atto non
corrispondesse alla sua sostanza, aveva delle conseguenze rilevanti:
esso in quanto costituiva una decisione, avrebbe dovuto essere
adottata in quella forma, e quindi doveva essere annullata.421
419 Questa è anche l’opinione di B. NASCIMBENE e L. DANIELE, ult. op. cit., p. 145; su questa sentenza si veda poi anche G. STROZZI, Diritto istituzionale dell’Unione europea, cit., p. 181-182. 420 Vedi note precedenti. 421 Nello stesso senso si veda anche causa 792/79, in Raccolta, 1980, p. 119, dove la Corte nel riconoscere alla Commissione il potere di adottare i provvedimenti urgenti necessari all’applicazione dell’art. 3 comma 1, del regolamento 17/1962, ha subordinato tale attribuzione al rispetto di taluni requisiti formali: “Le decisioni devono…essere prese in forma tale da poter
120
Il criterio formale, veniva usato più tardi dalla Corte, non tanto
per non ammettere il ricorso, ma sostanzialmente per decretare la
mancanza di effetti giuridici di atti atipici.
Nella causa 74/69422 infatti la Corte, di fronte ad un atto
informale della Commissione con cui la stessa interpretava le
statuizioni contenute in un regolamento, affermava che -
interpretazioni ufficiose di un regolamento, quali quelle contenute in
un atto non formale della Commissione, non possono essere
considerate come interpretazioni autentiche del diritto comunitario.
Atti del genere non hanno effetto vincolante e non possono quindi
garantire che le norme cui si riferiscono abbiano in tutti gli Stati
membri la stessa portata. L’applicazione uniforme del diritto
comunitario è garantita solo da atti formali adottati a norma del
trattato -.
Questa posizione della Corte di giustizia in merito agli atti
interpretativi di norme secondarie, verrà confermata anche in seguito,
ad esempio nella causa C-292/89423, dove trovandosi a dover stabilire
della natura giuridica di una dichiarazione a verbale del Consiglio,
affermò che tale tipo di atti non può essere preso in considerazione per
l’interpretazione di una disposizione di diritto derivato.
Un importante precedente in materia è rappresentato dalla causa
22/70424, dove la Corte ha riconosciuto che una deliberazione adottata
dal Consiglio il 20-3-1970, nella quale veniva definita la procedura di
negoziazione dell’Accordo europeo relativo al lavoro degli equipaggi
dei veicoli adibiti ai trasporti internazionali su strada (cosiddetta
costituire oggetto di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia, proponibile da qualsiasi parte che si considerasse lesa” (punto 19 delle motivazioni. 422 Sentenza del 18-6-1970, in Raccolta, 1970, p. 451 e ss. 423 Sentenza 26-2-1991, in Raccolta, 1991, p. I-745 e ss. 424 Sentenza del 31-3-1971, in Raccolta, 1971, p. 263 e ss.
121
AETS), poteva costituire oggetto di sindacato giurisdizionale in quanto
- l’azione di annullamento deve…potersi esperire nei confronti di
qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni che,
indipendentemente dalla loro natura e dalla loro forma, mirino a
produrre effetti giuridici -.425
Siffatto provvedimento non era stato sottoposto a pubblicazione
né a notifica, ma risultava solamente dal processo verbale della
riunione durante la quale era stato adottato; esso inoltre non conteneva
alcuna menzione di base giuridica secondo la quale sarebbe stato
adottato, né sembrava contenere, avendo riguardo al suo tenore
letterale, effetti giuridicamente vincolanti.
Il Consiglio, che era stato chiamato in giudizio dalla
Commissione la quale lamentava il mancato rispetto della procedura
da parte del Consiglio stesso nell’adottare questo atto426, basandosi su
queste argomentazioni sosteneva l’irricevibilità del ricorso e
l’impossibilità di sottoporre a sindacato tale tipo di atto che avrebbe
avuto la natura, secondo il Consiglio stesso, di un’espressione o
constatazione di coordinamento degli Stati membri.427
La Corte invece giustificando la sua presa di posizione facendo
un collegamento tra la natura dell’atto ed il problema della ripartizione
delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri, affermando che -
la deliberazione del Consiglio verteva su un oggetto che rientra nella
competenza della Comunità; di conseguenza gli Stati membri non
potevano agire al di fuori dell’ambito delle istituzioni comuni-,
considerò l’atto dotato di una natura differente.
425 Vedi punti 38-43 della stessa sentenza. 426 La Commissione infatti aveva proposto ricorso in quanto lamentava la violazione degli articoli 71, 300 e 308 che prevedono in ambito generale, il 300 e 308, e in ambito particolare in materia di trasporti, il 71, la partecipazione e la consultazione della Commissione stessa all’adozione di accordi internazionali o misure necessari. 427 Punti 52-55 della causa 22/70, cit.
122
L’atto in questione, secondo la Corte, aveva la finalità di
stabilire una linea di condotta vincolante per le istituzioni come per
gli Stati membri e destinata ad incidere in seguito sul contenuto del
regolamento 543/1969 in materia di armonizzazione di disposizioni in
materia di trasporti su strada428.
Nella parte della deliberazione relativa alla procedura dei
negoziati, il Consiglio ha adottato disposizioni atte a derogare ,
eventualmente, alle procedure contemplate dal trattato per quanto
riguarda la negoziazione e la conclusione di accordi coi paesi terzi429.
Inoltre la Corte, nel merito del ricorso, ha anche respinto
l’allegazione della Commissione secondo la quale l’atto controverso
sarebbe stato viziato anche dalla mancanza di motivazione e di
qualsiasi fondamento giuridico, affermando che - questi requisiti,
previsti dall’articolo 249 del trattato CE per quanto riguarda i
regolamenti, le direttive e le decisioni, non valgono per un atto di
natura particolare quale la deliberazione di cui è causa -430 .
Considerato tutto ciò, è chiaro come questa sentenza della Corte
di giustizia rappresenti un importantissimo precedente nella materia
degli atti atipici. Per la prima volta infatti la Corte riconosce, non solo
la sindacabilità di tali tipi di atti, ma riconosce la possibilità, lecita a
quanto pare, di poter produrre precisi effetti giuridici, sia nei rapporti
tra la Comunità e gli stati membri, sia nel rapporto tra istituzioni,
anche quando la stessa istituzione che li ha adottati, in questo caso il
428 Regolamento del Consiglio n. 543/1969 relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada adottato il 25-3-1969, in G.U.C.E. 1969, n. L 77, pag. 49. 429 Punto 55 sentenza causa 22/70, cit. 430 Tale sentenza esaminata è ritenuta all’unanimità di fondamentale importanza dalla dottrina più autorevole. In proposito solo per citarne alcuni si vedano G. TESAURO, Diritto istituzionale dell’Unione europea, cit., p. 186; M. CONDINANZI, Il tribunale di primo grado e la giurisdizione comunitaria, Milano, 1996, p. 67; A. BASSU, ult. op. cit., p. 889-891; B. NASCIMBENE e L. DANIELE, ult. op. cit., 146-147.
123
Consiglio, ne sostiene la natura non vincolante.
La Corte quindi sembra ammettere l’esistenza,
nell’ordinamento comunitario, di atti vincolanti, adottati al di fuori
delle forme previste dal trattato, ammettendo per di più che tale tipo di
atti non potranno essere sindacati sotto il profilo della loro legittimità,
in mancanza di motivazione o di base giuridica, alla luce del vizio di
violazione di forme sostanziali di cui all’articolo 230 comma 2431.
Nella causa 9/73432, la Corte tornava a pronunziarsi circa
l’interpretazione di un atto non contemplato dal trattato, e
precisamente della risoluzione adottata dal Consiglio e dai
rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di
Consiglio il 23-3-1971433, in merito alla realizzazione per tappe
dell’Unione economica e monetaria. Con questa risoluzione il
Consiglio aveva, o meglio sembrava avere, vietato agli Stati membri
di poter liberare i cambi valutari, mantenendoli in un regime di libera
fluttuazione. La Commissione nonché gli Stati membri sostenevano
che, non essendo ancora state elaborate le procedure perché tale
materia fosse trattata a livello comunitario in toto, il trattato lasciava
una libertà di azione agli stati membri che non poteva far sorgere,a
favore dei singoli, dei diritti che i giudici nazionali sarebbero tenuti a
sanzionare.
In quella occasione, la Corte affermò che la risoluzione
menzionata esprimeva sostanzialmente solo una volontà politica del
Consiglio e dei rappresentanti degli Stati membri, non essendo idonea,
per il suo contenuto produrre effetti giuridici vincolanti.
431 Sulla questione della natura della deliberazione del Consiglio in questione si può vedere A. TIZZANO, La controversia tra Consiglio e Commissione in materia di competenza a stipulare della CEE, in Foro italiano, 1971, IV, p. 320 e ss. 432 Sentenza del 24-10-1973, causa 9/73, in Raccolta, 1973, p. 1161. 433 In G.U.C.E. n. C-28 del 27-3-1971, p.1 e ss.
124
Un altro importantissimo caso in tema di effetti giuridici e
valore da attribuire agli atti atipici è quello della causa 141/78,
relativamente alla risoluzione del Consiglio adottata all’Aia il 3-11-
1976, riguardante delle misure di conservazione delle risorse ittiche434.
E’ molto interessante notare come in questo caso la Corte ha
espressamente sancito che tale risoluzione, e in particolare l’allegato
VI alla stessa, è obbligatoria per gli Stati membri e deve essere
ricompresso tra le fonti di diritto comunitario, costituendo espressione
specifica del dovere di cooperazione sancito in termini generali
dall’articolo 10 del trattato CE.
Particolarmente interessanti sono le motivazioni che la Corte dà
per affermare l’obbligatorietà di tale atto.
Anzitutto la Corte fa discendere l’obbligatorietà di tale atto,
come detto poco fa, dal dovere di cooperazione imposto dall’articolo
10 del trattato CE dove tra l’altro si impone agli Stati membri di
adottare tutte le misure necessarie ad assicurare l’esecuzione degli
obblighi derivanti dal trattato o determinati dagli atti delle istituzioni.
Per tali atti, sostiene la Corte, - non possono intendersi
solamente i regolamenti, le direttive, le decisioni. Del resto risulta
chiaramente dal 2° comma dell’articolo 10 che taluni obblighi
giuridici imposti agli Stati membri risultano non da un atto specifico
del Consiglio o della Commissione ma dall’obbligo generale loro
incombente di agire in conformità alla lettera e allo spirito del
trattato. Una risoluzione del Consiglio adottata su proposta della
Commissione e relativa ad una questione importante e notevolmente
difficile per la Comunità, può pertanto far sorgere obblighi giuridici -
434 Sentenza del 4-10-1979, in Raccolta, 1979, p. 2923 e ss.
126
atti atipici devono avere affinché possono essere considerati
vincolanti.
Siamo di fronte ad un inizio di un discorso generale, che
tuttavia non “decolla” perché la Corte si ferma all’apprezzamento del
singolo atto senza elaborare ed estendere un principio valevole in
generale.
Un modo simile di agire, viene riproposto dalla Corte qualche
hanno più tardi nella sentenza della causa C-316/91436, dove l’atto
controverso era un regolamento finanziario del 29 luglio 1991437,
applicabile alla cooperazione per il finanziamento dello sviluppo ai
sensi della quarta convenzione ACP-CEE438.
In questa sentenza la Corte, oltre a ripetere il principio per cui
può essere sotto posto al suo sindacato qualsiasi atto che sia adottato
dalle istituzioni e che miri a produrre effetti giuridici nell’ordinamento
dell’Unione, fornisce come nella causa precedentemente esaminata,
una serie di criteri che sono utili questa volta a classificare un atto
come comunitario.
Queste considerazioni unite a quelle espresse nella causa
precedente439, potrebbero costituire un ulteriore tassello per la
costruzione di uno schema generale applicabile a tutti gli atti, valevole
quantomeno per l’interprete, anche se non riconosciuto allo stato delle
cose, dalla Corte che si limita a riferirsi di volta in volta al singolo
atto.
Gli elementi che nel caso specifico la Corte individua come
436 Sentenza 2-3-1994, in Raccolta, 1994, p. I-625. 437 Regolamento CE 29-7-1991, n. 491, in G.U.C.E. del 5-8-1991. 438 La quarta convenzione ACP-CEE è stata conclusa a Lomè il 15 dicembre 1989 tra la Comunità e gli Stati membri da un lato e 68 Stati dell’Africa, dei Carabi e dell’Oceano Pacifico dall’altro ( G.U.C.E. 1991, L 266, p. 1); è stata approvata con decisione del Consiglio e della Commissione del 25-2-1991 (G.U.C.E. 1991, L 229, p. 3). 439 Causa 9/73, cit.
127
caratterizzanti un atto comunitario delle istituzioni sono
L’essere stato adottato dal Consiglio, quindi da un
istituzione comunitaria;
Altri organismi comunitari sono stati implicati
nell’adozione dell’atto contestato in quanto il Consiglio
ha agito su proposta della Commissione, con parere del
Parlamento e della Corte dei Conti e della Banca
europea per gli investimenti;
L’atto contestato è destinato a produrre effetti giuridici
in quanto impone una linea di condotta vincolante per le
istituzioni comunitarie e per gli Stati membri;
La forma dell’atto “assomiglia” in parte a quella di un
atto formale: è intitolato “regolamento” finanziario, è
pubblicato nella parte legislativa della Gazzetta
Ufficiale, il suo preambolo si apre con la frase - visto il
trattato che istituisce la Comunità Economica Europea
-, anche se contrariamente alla prassi comunitaria non si
riferisce ad alcuna disposizione in particolare del
trattato.
E’ chiaro come ci si avvicina sempre di più ad uno schema
generale.
La Corte dimostra in queste cause e nelle cause successive, di
aver ormai fatto proprio il criterio sostanziale, il quale permette alla
Corte stessa di considerare come produttivi di effetti giuridici atti
atipici non previsti dal trattato, indipendentemente quindi dalla loro
forma, secondo una tendenza sempre più affermata di voler sottoporre
al suo controllo sempre più atti adottati dalle istituzioni, superando il
dettato letterale dell’articolo 230 del trattato CE.
128
Questa tendenza è significativa anche per ciò che riguarda il
valore da attribuire agli atti atipici di cu ci siamo occupati, perché se
pur con la finalità di sottoporli al suo sindacato di controllo, sempre
più spesso la Corte ha riconosciuto a questo tipo di atti una efficacia
vincolante, anche se altrettanto spesso ha annullato questi atti per
vizio di incompetenza o in nome del principio di certezza del diritto.
Così ad esempio nella causa C-303/90440, la Corte pur avendo
riconosciuto la capacità di un codice di condotta in materia di
controllo finanziario degli interventi strutturali441 adottato dalla
Commissione in attuazione di un regolamento442, di produrre effetti
giuridici, lo ha poi annullato per incompetenza della Commissione, in
quanto un atto con tale tipo di contenuto doveva essere adottato
tramite un atto tipico come un regolamento.
La stessa situazione si è verificata nella causa C-57/95443, dove
la Corte ha riconosciuto l’obbligatorietà delle disposizioni di una
comunicazione della Commissione pubblicata nella serie C della
Gazzetta Ufficiale, relativa ad un mercato interno per i fondi di
pensione , che, secondo la Corte, non si limitava ad esplicare le norme
del trattato relative alla libera prestazione dei servizi, alla libertà di
stabilimento e alla libera circolazione dei capitali applicabili agli enti
di previdenza, ma stabiliva obblighi gravanti sugli Stati membri .
La Corte anche in questo caso però annullerà tale atto in nome
di una esigenza di certezza del diritto per il quale - qualsiasi atto che
miri a produrre degli effetti giuridici deve trarre la propria forza
vincolante da una disposizione di diritto comunitario che deve essere
440 Sentenza 13-11-1991, cit. 441 Il codice di condotta in questione è stato pubblicato in G.U.C.E. C-200, del 9-8-1990, p. 3 e 4 . 442 In attuazione dell’art. 23 del regolamento 4253/1988 del Consiglio riguardante le irregolarità nonché l’organizzazione di un sistema di informazioni sulle irregolarità in materia di interventi strutturali. 443 Sentenza 20-3-1997, in Raccolta, 1997, p. I-1627.
129
espressamente indicata come base giuridica e che prescrive la forma
di cui l’atto deve essere rivestito -444.
Come è facilmente comprensibile dalla trattazione svolta nelle
pagine precedenti la Corte di giustizia non ha dunque mai affrontato la
questione degli atti atipici e del loro valore alla radice, essendosi
limitata a rilevarla solo incidentalmente.
Anzi in linea generale la Corte, che, è bene sottolinearlo, non ha
mai usato l’espressione “atti atipici”, non ha mai compiuto analisi
approfondite in ordine alla natura degli atti sottoposti al suo esame.
Questa mancanza è forse da ricollegarsi alla tendenza,
manifestata dalla Corte soprattutto negli ultimi anni, a garantire il suo
sindacato su un sempre maggior numero di atti dell’Unione,
superando il dettato letterale sia dell’articolo 249 sia dell’articolo 230.
Questo percorso ha determinato l’abbandono del criterio
formale che caratterizzava le sue prime sentenze445 in nome di un
criterio sostanziale che sposta l’attenzione sul reale valore dell’atto e
sulla sua capacità di produrre degli effetti giuridici.
E’ chiaro però come l’assenza di una analisi di tipo generale
permette alla Corte di poter decidere di volta in volta e ogni volta, la
sua competenza a sindacare qualsivoglia atto, nonché di poter decidere
ogni volta quale valore dare all’atto sottoposto al suo sindacato.
Questo però non ha dato vita ad una chiara giurisprudenza della
Corte di giustizia, la quale a volte ha dichiarato l’incapacità degli atti
atipici a produrre effetti giuridici446, altre volte invece ha affermato la
loro capacità a produrre tali effetti ma ha poi in concreto annullato gli
444 Vedi conclusioni dell’Avvocato generale G. Tesauro, in causa 57/95, cit., punti 14 e 15, p. I-1634-1636. 445 Si vedano le cause riunite 23/63, 24/63, 52/63, cit., nonché causa 54/65, cit., e in parte cause riunite da 8 a 11/66, cit. 446 Ad esempio causa 74/79, cit., oppure C-292/1989, cit.
130
atti stessi447, più raramente ne ha affermato la obbligatorietà448.
Questo modo di agire della Corte ha certamente avuto l’effetto
di incrementare quella situazione di incertezza del diritto dell’Unione
che la Corte ha più volte dichiarato di voler combattere449.
D’altronde il ruolo della Corte delineato dai trattati450 e dallo
stesso modo di agire della Corte, fa sì che solo la stessa Corte di
giustizia sia l’istituzione che è in grado e che è dotata del potere
necessario per porre fine, allo stato delle cose, a questa situazione di
incertezza, che è destinata a permanere perché le istituzioni, come
riportato, sono sempre più propense alla utilizzazione di atti atipici.
Un certo spiraglio, come si è detto in precedenza si è notato in
alcune sentenze della Corte come quella in occasione della causa
141/1978, dove la Corte ha elencato degli elementi che un atto
dovrebbe avere per essere dotato di forza vincolante, pur riferendosi
solo all’atto controverso in questa causa.
Se la Corte affrontando la questione dal punto di vista generale,
costruisse uno schema contenente le caratteristiche che un atto deve
avere per poter essere considerato vincolante, questo fungerebbe da
parametro di valutazione per qualsiasi atto e in particolare per gli atti
atipici tra i quali sarebbe possibile individuare quelli con effetti
giuridici da quelli che ne sarebbero privi, con tutte le conseguenze del
caso.
Sebbene una tale soluzione potrebbe essere auspicabile, non
sarebbe esente da ulteriori problemi.
La costruzione di uno schema così fatto determinerebbe in
447 E’ il caso della risoluzione controversa nella causa 22/70, cit., del codice di condotta della causa, C-303/1990 e della comunicazione della Commissione della causa C-57/95. 448 Si veda causa citata 141/78. 449 Si vedano le conclusioni dell’Avvocato generale Tesauro nella causa 57/95, cit. 450 Ricordiamo che l’articolo 220 del trattato CE afferma che “La Corte di giustizia assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del presente trattato”.
131
concreto un irrigidimento delle forme e delle procedure della Corte,
che si trasformerebbe anche in una rigidità nel sistema delle fonti di
diritto del sistema comunitario e dell’Unione. Si prospetterebbe un
ritorno all’utilizzo di un principio di carattere formale, nella
valutazione degli effetti degli atti atipici, certamente più ampio
rispetto a quello utilizzato nelle prime sentenze della Corte451, ma pur
sempre di carattere formale.
Le istituzioni di carattere più specificatamente politico come la
Commissione e il Consiglio, sarebbero disposte ad essere imbrigliate
in ulteriori forme, oltre a quelle già previste dai trattati, o si
verificherebbero episodi di “fuga” verso atti ulteriormente atipici, non
più solo rispetto a quelli tipici previsti dai trattati, ma anche rispetto a
quelli tipicizzati dallo schema della Corte?
Considerato tutto questo, è chiaro come una soluzione ottimale
sia non solo auspicabile, ma necessaria.
451 Ad esempio sentenza 5-12-1963, cit., oppure sentenza 18-6-1970, cit.