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Identità culturale e globalizzazione
Introduzione
Ringrazio di cuore il Rettore Magnifico di questa Libera Università degli Studi di Enna
“Kore”, Chiarissimo Prof. Salvo Andò, che mi ha dato l‟occasione di essere oggi con voi. Lo
ringrazio anche per il suo desiderio di conferirmi la laurea honoris causa” . Un grazie lo
rivolgo, anche, a tante istituzioni universitarie italiane che, similmente a questa Università,
si stanno dando da fare per favorire una collaborazione culturale internazionale tra studenti e
professori di vari popoli, che avvicini sempre di più le sponde dei nostri paesi e delle nostre
culture.
Proprio per questo, ho scelto di parlare con voi di un tema che merita di essere approfondito
e valutato con senso critico, da noi tutti, professori ed alunni, come pure dai responsabili
politici. Tutti noi dobbiamo, nelle nostre realtà e soprattutto nell‟impegno quotidiano,
confrontarci con le sfide e le conseguenze più immediate del fenomeno chiamato
globalizzazione e con il suo impatto sulla nostra identità o meglio sulle nostre varie identità
(culturale, religiosa, nazionale).
1. Il fenomeno Globalizzazione
1.1. Il termine globalizzazione.
Per globalizzazione o mondializzazione intendiamo genericamente il processo di
continua e sempre più diffusa integrazione e interdipendenza nella vita dei diversi popoli
della terra1.
Il significato del termine ha riguardato inizialmente soprattutto il settore economico, indicando
la progressiva integrazione dei mercati economico-finanziari. È un fenomeno complesso e in
rapida evoluzione. Accenneremo ad alcune sue caratteristiche essenziali, per poi passare ad
affrontare meglio il suo aspetto culturale.
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa mette le tre sfide per l‟uomo d‟oggi:
-la verità stessa dell‟essere uomo;
-la comprensione
-e la gestione del pluralismo e delle differenze in tutti gli ambiti e la globalizzazione, come i
punti principali sui quali puntare l‟indagine sull‟uomo e sul destino dell‟Umanità2. La nostra
lezione sarà un intento di mette in rilievo queste realtà inseparabili.
1.2. Analogia ed equivocità del termine
Oggi si rischia di trattare dei diversi soggetti come se tutti capissero la stessa realtà quando
parlano sugli stessi „termini‟. Evidentemente che questo è una delle tante conseguenze del
Nominalismo in cui si sviluppa il mondo contemporaneo, e del relativismo filosofico ed
assolutista che gli dà fondamento. Per questo motivo dobbiamo anzitutto ricordare che il
„termine‟ globalizzazione non è soltanto un termine analogico, ma può –e di fato lo è-
presentato con significati diversi, e quindi equivoco. Così, per esempio, si può pretendere
1
Cf. Gergely Kovács, L'identità culturale nell'era della globalizzazione: tentazione nostalgica o sfida per la
Chiesa?, in People on the Move – N°86, Settembre 2001, n.1. Il quale ha ispirato la mia lezione. 2 Cf. Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 2005, Introduzione 16.
2
che ogni „universalizzazione‟ delle risorse –economiche, idiosincratiche, culturali- sia una
sorte di primum principium da applicare univocamente a tutto il mondo, a tutto il globo
terracqueo.
Vediamo la genesi dell‟uso del termine „Globalizzazione‟: A partire dagli anni ‟60 abbiamo
assistito all’internazionalizzazione dell’economia, cioè alla liberalizzazione degli scambi
commerciali e della circolazione dei capitali: per cui, l‟economia non è più pensabile in un
orizzonte ristretto ad un‟area geografica, tanto che oggi si può parlare di economia quasi in
termini mondiali. Questo fenomeno ha un‟enorme rilevanza sia dal punto di vista politico che
etico.
Connesso a questo primo aspetto del fenomeno, notiamo un secondo elemento: la
prevalenza della finanza sull’industria e sull’economia reale. Il mercato finanziario è
sempre più sganciato dalla produzione di beni. L‟economia non si sviluppa solamente in
fabbrica ma in Borsa, dove si decidono le sorti di migliaia di aziende.
Già questo aspetto di separazione tra beni reali –economici- e beni virtuali –finanze-, ci dà
una intelligenza può profonda dell‟uso preponderante che il vocabolo “Globalizzazione”
comprende.
Questo ci servirà per capire che la “Globalizzazione” in quanto tale non si può dire un valore
assoluto in quanto che fa riferimento a una sorte di „distacco‟ della realtà.
1.3. Il Fondamento metafisico della Globalizzazione
Tuttavia, il termine può – e tante volte accade - essere usato correttamente. Questo si deve
a che è impossibile negare i lacci con i quali il mondo odierno si comunica, entra in rapporto.
La „Globalizzazione‟ ha un fondamento metafisico, reale, che è la natura stessa dell‟essere
umano e dei beni che si trovano nell‟Universo. Così come l‟uomo è un essere per natura
sociale, ed è impossibile astrarlo da questa realtà, così le diverse società umane hanno
bisogno delle altre per andare avanti, per svilupparsi, per comunicare agli altri i beni
posseduti o scoperti. Per noi, dunque, la „Globalizzazione‟ può e deve essere un fattore
positivo nella costruzione di un mondo più umano.
2. Globalizzazione, cultura e culture
2.1. Cosa si intende per cultura
La Gaudium et Spes insegna: “Con il termine generico di « cultura » si vogliono indicare tutti
quei mezzi con i quali l'uomo affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del
suo corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro;
rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il
progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del tempo, esprime, comunica e
conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano
servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano.”3
Per questo, quando si parla di cultura si parla di qualcosa d‟essenziale all‟essere umano.
Non si trovano essere umani senza cultura. Saranno culture diverse, saranno difettose, ma
saranno espressioni dell‟anima umana e dell‟ambiente nel quale l‟uomo è cresciuto ed
educato.4
3 Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo Gaudium et Spes, 53.
4 Cf. Joseph H. Fichter, Sociologia, Herder, Barcelona 1990, p. 269.
3
2.2. Cultura e Globalizzazione
l‟aspetto forse più rilevante della globalizzazione ci viene offerto dal mondo della
comunicazione, dai mass media, dagli spostamenti degli uomini e dagli straordinari
progressi dell‟informatica.
Senza il supporto tecnologico sarebbe difficile concepire la stessa globalizzazione. Lo
sviluppo impressionante di Internet , ha reso il nostro mondo un villaggio globale5: un
villaggio in cui tutti possono, in tempo reale, comunicare con tutti, scambiando una quantità
enorme di dati in pochi minuti, anche se il monopolio rimane concentrato nelle mani di alcuni.
L‟immensa quantità di comunicazione , paradossalmente, comporta un altro problema: alla
frequenza e alla velocità delle comunicazioni non corrispondono la qualità e la profondità .
Queste considerazioni devono spingerci a riflettere sull‟uso delle nuove tecnologie e sul tipo
di comunicazione, e quindi di cultura, che da esso può derivare. Già nel Documento del
Pontificio Consiglio della Cultura, risalente a più di dieci anni fa, intitolato Per una Pastorale
della Cultura, si notava: “Un fatto richiama in particolare l‟attenzione dei responsabili della
pastorale, la cultura diventa sempre più globale sotto l‟influsso dei mass media e della
tecnologia informatica” 6. Una delle preoccupazioni della Chiesa circa la globalizzazione è
proprio il fatto che essa è divenuta un fenomeno culturale, come ha sottolineato Giovanni
Paolo II: “Ciò che sta accadendo è che i cambiamenti nella tecnologia e nei rapporti di
lavoro, si muovono troppo velocemente perché la cultura sia in grado di rispondere”. 7
2.3. Culture
Essendo la realtà dell‟uomo una realtà essenzialmente sociale, in ricerca e comunicazione
di valori, si può e si deve parlare non soltanto di „cultura‟ ma pure di „culture‟, divenendo, in
questo caso un termine sociologico ed etnologico. A tale riguardo ancora manifesta la
Gaudium et Spes: “In questo senso si parla di pluralità delle culture. Infatti dal diverso modo
di far uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare i costumi,
di fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le arti e di coltivare il
bello, hanno origine i diversi stili di vita e le diverse scale di valori. Così dalle usanze
tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano. Così pure si costituisce
l'ambiente storicamente definito in cui ogni uomo, di qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e
da cui attinge i beni che gli consentono di promuovere la civiltà.”8
Molto interessante è l‟insegnamento dello stesso Catechismo della Chiesa sul tema “Alla
base di ogni sviluppo completo della società umana sta la crescita del senso di Dio e della
conoscenza di sé. Allora lo sviluppo moltiplica i beni materiali e li mette al servizio della
persona e della sua libertà. Riduce la miseria e lo sfruttamento economico. Fa crescere il
rispetto delle identità culturali e l'apertura alla trascendenza”9
2.4. Il fondamento metafisico della cultura e delle culture
Considerando la cultura e le culture umane, è impossibile non scoprire il fondamento di esse
nella stessa natura umana. In ogni esistente umano e nei gruppi umani esistenti.
5 Cf. Marshall McLuhan, Guerra e pace nel villaggio globale, Bantam, New York 1968.
6 Pontificio Consiglio della Cultura, Per una Pastorale della Cultura, 23 maggio 1999, n.33.
7 Giovanni Paolo II, Discorso ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001, n.3.
8 Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo Gaudium et Spes, n.53.
9 Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2441; Cf. Cf Giovanni Paolo II, Enciclica Sollicitudo rei socialis, n.32;
Id., Enciclica Centesimus annus, n.51.
4
L‟univocità metafisica della natura umana, attraverso la quale, ogni essere umano è eguale a
un altro essere umano. E questo senza dare importanza al colore, alle etnie, alle lingue e
nemmeno all‟istruzione. E‟ il fondamento unico e saldo della cultura e delle culture.
In questo fondamento troviamo pure un punto di riferimento eguale per tutte le persone e le
società. Ogni essere umano ha sete naturale di conoscere la verità, di esprimerla, di viverla.
Ha il desiderio connaturale del bene e di ciò che è bello e giusto10.
Senza il riconoscimento di questo principio metafisico della dignità irrinunciabile di ogni
essere umano, la cultura diventerà facilmente „moda culturale‟ e la „moda dipenderà da
cose accidentali, se non superflue e contrarie allo stesso essere umano.
3. Globalizzazione e Identità culturale.
Ora, si pone chiaramente la domanda: se la cultura diventa sempre più globale, in quali
termini si può oggi parlare di identità culturale? In sostanza, la domanda e‟: con la
globalizzazione, rimane ancora spazio per le identità culturali, religiose o nazionali?
3.1. Identità culturale
Non ostante abbiamo già specificato il termine cultura, è necessario ancora parlare di
identità culturale. A dir la verità possono essere considerati come sinonimi, ma l‟uso di
„identità culturale‟ sembra metter ancora più in rilievo il senso di cultura propria in rapporto o
in confronto con la cultura degli altri.
È licito parlare, allora, di identità culturale? Sì. Essendo giusto e necessario che l‟uomo abbia
e sviluppi la propria cultura, è giusto pure che possa mettersi in confronto con gli altri.
Questo esige un altro concetto oggi tante volte dimenticato, quello della vera libertà di
coscienza. Chi cerca la verità sull‟uomo e sulla società, non deve avere paura a „pensare‟, a
riflettere sull‟uomo, sul suo origine, sul suo destino, e pure sul mondo, sulle risorse, ecc.
Senza libertà di coscienza e una sana e rispettosa libertà di espressione, l‟identità cultura
esperimenterà una mancanza di un elemento essenziale: quello di manifestare al mondo
cosa ne pensa e il perché ne pensa così.
Ciò non vuol dire che ogni espressione umana sia vera11, ma appunto, nella possibilità di
manifestarsi e confrontarsi, mettendo argomentazioni razionali, si potrà arrivare al „logos‟
della realtà, vale a dire, al „logos‟ dello stesso uomo, del mondo e di Dio.
La libertà di espressione e, soprattutto la libertà di coscienza, sono le fondamenta essenziali
per poter sviluppare, purificare ed elevare la cultura umana. La libertà può essere mal
usata12, può esserci un abuso della libertà, però questo rischio lo ha già considerato Dio
prima di creare l‟uomo e la donna esseri liberi. Bisogna combattere il male, però non si può
combatterlo con il male. L‟identità culturale è uno dei diritti umani fondamentali, che –come
tutti gli altri diritti- dovrà rispettare le nature delle cose: in questo caso, la considerazione e
manifestazione ragionevole e in concordia con la propria identità culturale.
3.2. L’identità europea
La domanda sulle identità culturali, trova la sua motivazione nel fatto che oggi si parla
sempre più spesso di un‟identità europea e meno di un‟ Europa dalle diverse identità
10
Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1706. 11
Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1707. 12
Cf. Cornelio Fabro, Riflessioni sulla Libertà, EDIVI, Segni 2004, p.321.
5
culturali. Indubbiamente, la specificità dell‟Europa è culturale, prima ancora che politica o
monetaria. Non si può parlare di sviluppo politico, economico e sociale, senza fare i conti con
lo sviluppo culturale. La generalizzazione degli scambi con altri Paesi, lo sviluppo dei viaggi
e del turismo in genere, l‟espansione del commercio internazionale, la diffusione di nuovi
modelli di vita, di costumi secolarizzati, nonché il miglioramento del tenore di vita, segna
certo il passo di questo sviluppo culturale. Il dibattito sull‟avvenire dell‟Europa non può non
affrontare la questione più generale della sua identità, prima ancora del suo sviluppo
economico.
Nel Consiglio d‟Europa, creato prima della Comunità Europea, la cultura rappresentava uno
dei capitoli principali. Già nel giugno 1919 Konrad Adenauer in un suo famoso discorso,
invocò la necessità di creare una comunità di nazioni per la salvezza dell‟Europa, basata non
soltanto sugli interessi economici, ma anche su un avvicinamento culturale. Perciò egli
invitava a riconoscere e coltivare gli aspetti comuni della cultura europea13. Allo stesso modo
Robert Schuman nel suo libro sull‟Europa scrisse: l‟Europa, prima di essere un‟alleanza
militare o un‟entità economica, deve essere una comunità culturale nel significato più alto di
questa parola 14.
La domanda sull‟identità culturale non può dunque essere messa da parte. Il progetto della
Casa Europa, si lega strettamente alla questione di un‟identità culturale europea. La
domanda riguardo a tale identità non può essere ignorata, anche se non è facile definirla.
A questo riguardo ci sembra molto opportuno citare le parole della dichiarazione comune di
Papa Giovanni Paolo II e di Sua Beatitudine Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la
Grecia, sull‟importanza delle radici proprie come uno dei costitutivi essenziali dell‟identità
europea: “Ci rallegriamo del successo e del progresso dell‟Unione Europea. L‟unità del
Continente europeo in un‟unica entità civile, senza tuttavia che i popoli componenti perdano
la propria autocoscienza nazionale, le loro tradizioni e la loro identità, è stata un‟intuizione
dei suoi pionieri. La tendenza emergente a trasformare alcuni Paesi europei in Stati
secolarizzati senza alcun riferimento alla religione, costituisce un regresso e una negazione
della loro eredità spirituale. Siamo chiamati ad intensificare i nostri sforzi affinché
l‟unificazione dell‟Europa giunga a compimento. Sarà nostro compito fare il possibile, perché
siano conservate inviolate le radici e l‟anima cristiana dell‟Europa.”15
Negare le radici di una intera società è un attentato culturale contro la vera identità culturale,
senza radici non soltanto non vivono le piante, ma non può vivere nessun essere vivente.
Nell‟uomo e nella cultura dell‟umo le radici sono le origini, e le origini di Europa è un origine
culturale-religioso. Questo non è, né deve esser considerato, offensivo a nessuno. Anzi, la
grandezza culturale di Europa trova la sua universalità meravigliosa dell‟anima religiosa,
prevalentemente cristiana, della maggior parte dei figli di questo continente.
Così indicava la strada da percorrere Giovanni Paolo Magno: “Dire “Europa” deve voler dire
“apertura”. Nonostante esperienze e segni contrari che pure non sono mancati, è la sua
stessa storia ad esigerlo: «L'Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è
costruita andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre culture, ad altre civiltà ».
13 W. Weidenfeld, Seine Sorge hieß Europa: Konrad Adenauer, in: Thomas Jansen-Dieter Mahnke (ed.),
Persönlichkeiten der europäischen Integration. Vierzehn biographische Essays, Bonn 1981. 14 R. SCHUMAN, Per l’Europa, Roma 1965, p. 59.
15
Dichiarazione Comune del Papa Giovanni Paolo II e di Sua Beatitudine Christodoulos, Arcivescovo di Atene
e di tutta la Grecia, Dal Bema (Podio) di San Paolo, l’Apostolo delle Genti, 4 Maggio 2001, n.6.
6
Perciò deve essere un Continente aperto e accogliente, continuando a realizzare nell'attuale
globalizzazione, forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale.”16
3.3. Identità culturali diverse
È evidente che l‟unione politica ed economica dell‟Europa, così come le sue radici
cristiane, non deve farci dimenticare la pluralità delle culture oggi presenti in questo
continente . Non possiamo negare che le vicende degli ultimi decenni, che hanno sconvolto
l‟Europa centro-orientale, siano da ricondurre proprio alla questione dell‟identità culturale.
L‟esplodere delle questioni nazionali o delle minoranze in Europa e pure nel Medio Oriente,
come anche la nascita di movimenti radicali hanno come radice e forza motrice, il fatto di
sentirsi minacciati nella propria identità culturale e religiosa; identità che si cerca di
mantenere e proteggere, creando uno Stato nazionale, oppure confessionale.
E‟ necessario perciò avviare un nuovo progetto di globalizzazione che rispetti il
principio dell‟interdipendenza, ma anche della differenziazione, dove la gente e lo stesso
individuo, siano in condizione di ritrovare la propria identità culturale e religiosa.
Solo riconoscendo e rispettando la diversità delle culture, si può progettare un futuro,
che non conduca a violenze. Si deve sviluppare una politica culturale dell‟interdipendenza,
che renda libero ogni individuo, gruppo o nazione dal timore di essere minacciato o
schiacciato da un‟altra cultura, per creare un‟autentica cultura del rispetto e del dialogo.
Peraltro, la questione dell‟identità culturale è significativa anche per la Comunità
Europea, dove ogni nazione è ormai minoritaria. Qui si potrebbe trattare anche il delicato
problema degli immigrati. Basti ricordare che solo in Germania vivono più di quattro milioni di
musulmani e in Italia più di un milione e mezzo, che conservano la loro identità e non sono
molto inclini all‟integrazione: non si può parlare di Europa unita o di Europa delle diversità,
senza porsi il problema dell‟identità culturale, cioè delle minoranze, sul piano interno di ogni
Paese.
Nel nostro ultimo Sinodo per le Chiese Orientali17 abbiamo visto come anche il rito,
cioè il modo di pregare, esprima la cultura e l‟identità di un popolo. Basti pensare, per
esempio, al rito maronita, copto e caldeo, che ci riportano alle realtà culturali del Libano, dell‟
Egitto e dell‟Iraq.
Mi sembra opportuno citare di nuovo la dichiarazione comune del Santo Padre Giovanni
Paolo II e dell‟Arcivescovo di Grecia: “Seguiamo attentamente e con disagio la cosiddetta
globalizzazione ed è nostro auspicio che essa porti buoni frutti. Tuttavia, desideriamo
sottolineare che vi saranno conseguenze perniciose se essa non avrà ciò che si potrebbe
definire la "globalizzazione della fratellanza" in Cristo, in piena sincerità ed efficacia.”18
Questo per mettere in rilievo che è possibile la coesistenza delle identità culturali diverse,
però bisogna non cadere in un „irenismo relativista‟ dove tutte le manifestazioni degli uomini
„globalizzati‟ senza discrezione e lasciando a Dio di fuori scena può portare dei buoni frutti.
L‟uomo è un essere sociale e anche è un essere religioso. Senza l‟aspetto verticale dei suoi
rapporti, pure culturali, le rapporti orizzontali con gli altri esseri umani non saranno
consistente. Il vero consigliatore, il cittadino tollerante, è il vero uomo nel suo rapporto con
Dio e con i fratelli.
16
Giovanni Paolo II, Esortazione Post Sinodale Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n.111. 17
Sviluppato a Roma dal 10 al 24 Ottobre 2010. 18
Giovanni Paolo II e Sua Beatitudine Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Dichiarazione
Comune Dal Bema (Podio) di San Paolo, l’Apostolo delle Genti, 4 Maggio 2001, n.5.
7
3.4. Globalizzazione, Cultura e Culture: metafisica e diritto internazionale
Già abbiamo indicato come la natura stessa dell‟uomo è il fondamento della cultura umana.
Lì, nella stessa natura troviamo pure la fonte dell‟armonia essenziale che l‟uomo deve
cercare tra le persone e le risorse –spirituali, conoscitive, culturali, materiali, ecc.-
Globalizzazione e cultura o culture, non sono di per se realtà contraddittorie se vissute ed
sviluppate per il bene dell‟Umanità.
A questo riguardo è necessario che il Diritto Internazionale sia il garante della libertà di
esistenza –e di coesistenza- delle identità culturali. Non possono essere i grandi „gruppi‟ a
decidere sulla maniera di esistenza delle identità culturali, secondo i loro voleri o interessi.
La Dottrina Sociale della Chiesa, insegna che una sana globalizzazione umanizzata ed
umanizzante, è possibile soltanto con la ricerca del bene comune – con la applicazione
del principio di solidarietà 19 -
Così, succintamente, insegnava Giovanni Paolo II: “Occorre globalizzare la solidarietà”20.
“La solidarietà che unisce tutti, non intende escludere il legittimo diritto di ogni nazione alla
piena uguaglianza, anzi, essa significa, e qui sta tutto il suo valore unificante, che esistono
dei vincoli tra le nazioni che esigono l‟interdipendenza di tutta l‟umanità”21. E “quando
parliamo di solidarietà universale vogliamo accentuare la necessità d‟interdipendenza senza,
che la mutua dipendenza diventi inferiorità nazionale o disuguaglianza giuridica” .22
In quanto alla tutela del Diritto Internazionale sulle diverse culture , si deve ancora andare
avanti nella “creazione d‟un diritto e delle istituzioni internazionali”, dove imperi un critero di
giustizia, in riferimento al diritto degli altri, protestando invece di essere complice con il
silenzio, soprattutto quando questo calpestare i diritti degli altri ,viene fatto dai più potenti, sia
a livello personale come a livello nazionale.23
4. Il concetto “globalizzazione” in Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
4.1. Giovanni Paolo II, globalizzazione e cultura
Nel pensiero della Chiesa, la cultura è l’elemento essenziale che costituisce
l’identità della persona umana e di una comunità e che rappresenta un valore ed un
diritto fondamentale.
La Gaudium et Spes, dedica un capitolo intero alla cultura24. Tale insegnamento é stato
successivamente sviluppato da Giovanni Paolo II in due interventi, davanti ai due Forum
internazionali: l‟UNESCO a Parigi il 1° giugno 1980, e l‟ONU a New York il 5 ottobre 1995. In
essi veniva affermato il rispetto dovuto alle differenze esistenti tra le culture ed i popoli: “Il
diritto all‟esistenza implica naturalmente, per ogni nazione, anche il diritto alla propria lingua
e cultura, mediante le quali un popolo esprime e promuove quella che direi la sua originaria
sovranità spirituale (n° 8)”. La Chiesa, allora, nel momento in cui afferma e sostiene i diritti
fondamentali dell‟uomo e della comunità delle persone, afferma e sostiene il diritto di
19
Cf. Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, 1 maggio 1991, n.15. 20
Giovanni Paolo II, Discorso in occasione del Giubileo dei Lavoratori, 1 maggio 2000. 21
Bonifacio Honings, Solidarietà Mondiale, in Iter Fidei et Rationis, T.II, Moralia, Pontificia Università
Lateranense, Roma 2004, p.412. 22
Bonifacio Honings, Solidarietà Mondiale, in Iter Fidei et Rationis, T.II, Moralia, Pontificia Università
Lateranense, Roma 2004, p.412. 23
Cf. Alberto Hurtado, Moral Social, Ediciones Universidad Católica de Chile, Santiago 20062, pp.125-126.
24 Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo Gaudium et Spes, n.53-61.
8
conservare e tutelare la propria cultura, di sviluppare la cultura propria di ciascuna comunità
sociale, in dialogo con le altre comunità, di difenderla da minacce di forzate omologazioni.
Perdere la propria cultura significa, per una persona o per una comunità, perdere la
propria identità essenziale e, più profondamente, perdere la propria anima. Lo spaesamento,
di cui parlano filosofi e sociologi, consiste in questo: apparentemente siamo a casa in ogni
parte del mondo, ma in realtà siamo senza più Paese, senza più casa e cultura, senza più
una chiara identità sia a livello personale sia a livello comunitario, sociale e spesso anche
religioso.
Si impone, pertanto, un atteggiamento critico, capace di attento discernimento, che
sappia adeguatamente valutare il fenomeno complesso della globalizzazione e le sue
valenze culturali.
Giovanni Paolo II evidenziava: “Di per sé un mercato mondiale organizzato con
equilibrio e una buona regolamentazione possono portare, oltre al benessere, allo sviluppo
della cultura. Ci si deve però aspettare effetti ben diversi da un mercato selvaggio che tende
ad omologare, in generale in senso materialistico, le culture e le tradizioni vive dei popoli:
sradica i valori etici e culturali fondamentali comuni.”25
Nel 1999, lo stesso Pontefice, in due Esortazioni Post-Sinodali, ritornò più volte sul
fenomeno della globalizzazione e sul suo strettissimo collegamento con la cultura: “La
Chiesa, sebbene stimi i valori positivi che la globalizzazione comporta, guarda con
inquietudine agli aspetti negativi da essa veicolati. E che dire della globalizzazione culturale
prodotta dalla forza dei mezzi di comunicazione sociale? Essi impongono dappertutto nuove
scale di valori, sovente arbitrari e nel fondo materialistici, di fronte ai quali è difficile
mantenere viva l‟adesione ai valori del Vangelo”26. La globalizzazione culturale sta
rapidamente attirando le società “in una cultura consumistica globale, secolarizzata e
materialistica”27.
4.2. Benedetto XVI, Globalizzazione ed Economia
Benedetto XVI ha, allo stesso modo, avvertito l‟urgenza di soffermarsi sugli aspetti
positivi e negativi del fenomeno della globalizzazione, ormai distintivo dell‟epoca in cui
viviamo. Tracce della sua riflessione in proposito, le troviamo nell‟enciclica “Deus caritas est
” e in altri singoli interventi, ma soprattutto nell‟enciclica Caritas in veritate, nella quale vi si
sofferma lungamente, collegandolo al tema della cultura e dell‟educazione, diventando
innanzitutto una domanda esistenziale su come formare ad una cultura della vita.
4.2.1. L’Enciclica Deus Caritas est
Nell‟enciclica Deus Caritas est, si evidenzia la potenzialità positiva del fenomeno
globalizzazione, che “avvicinando velocemente uomini e culture profondamente diversi”28,
tramite i mezzi di comunicazione di massa, favorisce la conoscenza immediata “delle
25
Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 25 aprile del 1997, n.5. 26
Giovanni Paolo II, Esortazione Post Sinodale Ecclesia in America, 22 gennaio 1999, n.20. 27
Giovanni Paolo II, Esortazione Post Sinodale Ecclesia in Asia, 6 novembre 1999, n. 39. 28
Benedetto XVI, Enciclica Deus Caritas Est, 25 dicembre 2005, n.30.
9
necessità degli uomini”, costituendo “soprattutto un appello a condividerne la situazione e le
difficoltà…”29.
Oggi abbiamo innumerevoli strumenti per prestare aiuto umanitario ai fratelli
bisognosi, così che la sollecitudine per il prossimo ,“superando i confini delle comunità
nazionali (…) tende ad allargare i suoi orizzonti al mondo intero…”30. Tale situazione offre
una grande possibilità di collaborazione comune tra enti statali e associazioni umanitarie in
iniziative di solidarietà. Viene sottolineato il moltiplicarsi, sia dentro sia fuori la Chiesa, di
organizzazioni con scopi caritativi e filantropici. insieme al volontariato, creano nelle giovani
generazioni una cultura della vita, e educano alla solidarietà e alla disponibilità a dare, non
semplicemente qualcosa, ma se stessi.
La relazione tra globalizzazione e cultura, connessa all‟importante ruolo
dell‟educazione, viene ripresa nella lettera dell‟aprile 2007, indirizzata alla professoressa
Mary Ann Glendon, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: “La
globalizzazione ha aumentato l'interdipendenza dei popoli, con le loro differenti tradizioni,
religioni e sistemi di educazione. Ciò significa che i popoli del mondo, proprio in virtù delle
loro differenze, stanno continuamente imparando l‟uno a riguardo dell'altro, e addivenendo
ad un contatto molto più grande. Sempre più importante, perciò, è il bisogno di un dialogo
che possa aiutare le persone a comprendere le proprie tradizioni, nel momento in cui entrano
in contatto con quelle degli altri, al fine di sviluppare una maggiore autocoscienza di fronte
alle sfide recate alla propria identità, promuovendo così la comprensione e il riconoscimento
dei veri valori umani all'interno di una prospettiva interculturale. Per affrontare tali sfide è
urgentemente necessaria una giusta uguaglianza di opportunità, specie nel campo
dell'educazione e della trasmissione della conoscenza. Purtroppo, l'educazione,
specialmente al livello primario, rimane drammaticamente insufficiente in molte parti del
mondo”.
Nel Messaggio per la Pace del 1° gennaio 2009, la globalizzazione viene finalizzata
agli interessi della grande famiglia umana e quindi pensata come una delle strade maestre
per costruire la pace. Allo stesso tempo, è però evidenziata anche la necessità di una forte
solidarietà globale tra paesi ricchi e poveri, perché la globalizzazione, “non crea di per sé le
condizioni per una vera comunione e un'autentica pace (…); solo se ogni uomo si sentirà
personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad
esse connesse”, si potrà giungere a costruire un mondo più pacifico e solidale.
E‟ chiaro che la globalizzazione da sola, non è in grado di costruire la pace. Essa è
piuttosto un‟occasione per realizzare qualcosa di importante nella lotta alla povertà, e per
mettere a disposizione della giustizia e della pace ,risorse fino ad ora impensabili.
Benedetto XVI è ritornato sul tema della relazione tra globalizzazione e cultura,anche
nel corso della sua visita in Terra Santa. In tale occasione è emerso soprattutto il
contributo della religione alle culture del mondo in un contesto di globalizzazione. Dopo
aver sottolineato che la fede è sempre vissuta in una cultura, il Santo Padre si é soffermato
ad evidenziare il contributo portato dalla religione alle culture del mondo: “Voi
quotidianamente dimostrate la vostra convinzione che il nostro dovere davanti a Dio non si
esprime soltanto nel culto ma anche nell‟amore e nella cura per la società, per la cultura, per
il nostro mondo e per tutti coloro che vivono in questa terra. (discorso tenuto presso
29
Benedetto XVI, Enciclica Deus Caritas Est, 25 dicembre 2005, n.30. 30
Benedetto XVI, Enciclica Deus Caritas Est, 25 dicembre 2005, n.30.
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l‟Auditorium Notre Dame di Gerusalemme, l‟11 maggio 2009, e rivolto alle organizzazioni per
il dialogo interreligioso.)
4.2.2. L’Enciclica Caritas in Veritate
L‟enciclica, scritta a fine giugno 2009, rappresenta l‟apice del magistero di Benedetto
XVI sul tema della globalizzazione, qui definita “esplosione dell‟interdipendenza planetaria”31.
In essa, si riprende il tema della collaborazione animata dalla carità: “In una società in via di
globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le
dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni,
così da dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura
anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio”32.
Il rischio del nostro tempo, infatti, è che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i
popoli, non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale
possa emergere uno sviluppo veramente umano. “Solo con la carità, illuminata dalla luce
della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza
più umana e umanizzante. La condivisione dei beni e delle risorse, da cui proviene
l'autentico sviluppo, non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di
convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cf. Rm 12,21) e apre
alla reciprocità delle coscienze e delle libertà”33.
Nel riconoscere come il processo di globalizzazione abbia prodotto un coinvolgimento
di tutte le economie, se ne evidenziano aspetti positivi e rischi “di danni sconosciuti finora e
di nuove divisioni nella famiglia umana”34. La grande sfida che ci attende, è far sì che “anche
che nei rapporti mercantili, il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della
fraternità”35 trovino posto entro la normale attività economica.
Nell'epoca della globalizzazione, l'attività economica non può, infatti, prescindere
dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia e il
bene comune nei suoi vari soggetti e attori. Tutto ciò significa “dare forma e organizzazione a
quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la
logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso”36.
La verità della globalizzazione come processo e il suo criterio etico fondamentale,
sono dati dall'unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene. “ Sotto il processo più
visibile c'è la realtà di un'umanità che diviene sempre più interconnessa; essa è costituita da
persone e da popoli a cui quel processo deve essere di utilità e di sviluppo, grazie
all'assunzione da parte, tanto dei singoli quanto della collettività ,delle rispettive
responsabilità. Il superamento dei confini non è solo un fatto materiale, ma anche culturale
nelle sue cause e nei suoi effetti”( n.42)
31
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.33 32
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.7. 33
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.9. 34
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.33. 35
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.36. 36
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.38.
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5. Identità Culturale e Globalizzazione: Integrazione
Prima di concludere, vorrei dare due esempi realistici,per dire che grazie
all‟integrazione ,possiamo salvare l‟Identita di un popolo, assieme alla Globalizzazione.
1- il modus vivendi dei nostri cristiani di Terra Santa e del
Medio Oriente in mezzo a una società con maggioranza assoluta di altre religioni.
È una realtà ammirevole che, lasciando a parte le vicende storiche, talvolta violente
tra i differenti gruppi, i cristiani di Medio Oriente hanno saputo vivere per secoli con
connazionali che possedevano identità culturali religiosa e civilmente diverse. Loro hanno
saputo integrarsi nelle Nazioni dove vivono, conservando la loro identità, vivendo insieme
come veri connazionali. È vero che, delle volte per interessi alieni alle persone stesse, la
popolazione viene tentata di mettere l‟accento in ciò che li divide. Però quello non è il modus
operandi della maggior parte. Anzi il cristiano del Medio Oriente non si sente, e non vuole
sentirsi, estraneo alla sorte dei suoi fratelli. Lui è fratello del musulmano e dell‟ebreo . E
questa fratellanza è possibile appunto per il senso realistico che, quasi anticipando i tempi,
hanno saputo metter in pratica integrandosi nelle realtà sociali che provvidenzialmente li ha
toccato in sorte.
L‟altro esempio di concordia e di armonia tra l‟identità culturale e il mondo nel quale
vivono, l‟ho potuto costatare recentemente nel mio viaggio per America del Sud. Lì , ho
potuto comprovare come la comunità araba palestinese, si sia integrata totalmente nella
società cilena. E tuttavia, hanno saputo conservare le ricchezze proprie dei loro bagagli
culturali. Sono di origine araba, cristiana o musulmana, ma sono –allo stesso tempo- 100%
cittadini cileni fedeli e amanti della loro patria di adozione.
Conclusione
Concludendo, è vero che, come disse Giovanni Paolo II : “La globalizzazione, a priori,
non è né buona né cattiva”37. Queste parole sono state riprese da Benedetto XVI proprio
nella sua ultima enciclica: “Nonostante alcune sue dimensioni strutturali che non vanno
negate ma nemmeno assolutizzate, „la globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva.
Sarà ciò che le persone ne faranno‟”38.
Non dobbiamo quindi esserne vittime, ma protagonisti, procedendo con
ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità. I processi di globalizzazione,
adeguatamente concepiti e gestiti, offrono la possibilità di una grande ridistribuzione della
ricchezza a livello planetario, come in precedenza non era mai avvenuto; se mal gestiti,
possono, invece, far crescere povertà e disuguaglianza, nonché, contagiare con una crisi
l'intero mondo. Bisogna correggerne le disfunzioni, anche gravi, che introducono nuove
divisioni tra i popoli e dentro i popoli, e fare in modo che la ridistribuzione della ricchezza,
non avvenga con una ridistribuzione della povertà o addirittura con una sua accentuazione.
Ciò consentirà di vivere ed orientare la globalizzazione, come auspicato dal Santo
Padre, in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione.
Riprendendo ancora una volta la domanda, anticipata dal Concilio Vaticano II39, “Che
cosa si deve fare, affinché gli intensificati rapporti culturali, non mettano in pericolo l‟indole
propria di ciascun popolo? In qual modo promuovere il dinamismo e l‟espansione della
37
Giovanni Paolo II, Discorso ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001. 38
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.42.; Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai
Membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001. 39
Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo Gaudium et Spes, 56.
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nuova cultura, senza che si perda la viva fedeltà verso il patrimonio delle tradizioni?”
possiamo rispondere che, nel contesto della globalizzazione, la Chiesa deve basarsi sui due
principi esplicitamente indicati, sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI:
- primo, il valore inalienabile della persona umana e
- secondo, il valore delle culture umane che nessun potere esterno ha il diritto di sminuire e
ancor meno di distruggere.40
“Occorre quindi impegnarsi incessantemente per favorire un orientamento culturale
personalista e comunitario, aperto alla trascendenza del processo di integrazione
planetaria”41. La globalizzazione, allora, non deve essere un nuovo tipo di colonialismo, ma è
chiamata a rispettare la diversità delle culture. Affrontare il tema dell‟identità culturale, oggi,
nell‟era della globalizzazione, è una vera sfida per tutti noi.
+ Fouad Twal
Patriarca Latino de Gerusalemme
Enna, 14 gennaio 2011.
IDENTITÀ CULTURALE E GLOBALIZZAZIONE ..................................................................... 1
INTRODUZIONE ................................................................................................................................. 1
1. IL FENOMENO GLOBALIZZAZIONE ........................................................................................ 1
1.1. IL TERMINE GLOBALIZZAZIONE:.................................................................................................... 1
1.2. ANALOGIA ED EQUIVOCITÀ DEL TERMINE .................................................................................... 1
1.3. IL FONDAMENTO METAFISICO DELLA GLOBALIZZAZIONE ........................................................... 2
2. GLOBALIZZAZIONE, CULTURA E CULTURE ....................................................................... 2
2.1. COSA SI INTENDE PER CULTURA .................................................................................................... 2
2.2. CULTURA E GLOBALIZZAZIONE .................................................................................................... 3
2.3. CULTURE ....................................................................................................................................... 3
2.4. IL FONDAMENTO METAFISICO DELLA CULTURA E DELLE CULTURE .............................................. 3
3. GLOBALIZZAZIONE E IDENTITÀ CULTURALE ................................................................... 4
3.1. IDENTITÀ CULTURALE ................................................................................................................... 4
3.2. L’IDENTITÀ EUROPEA .................................................................................................................... 4
3.3. IDENTITÀ CULTURALI DIVERSE ..................................................................................................... 6
3.4. GLOBALIZZAZIONE, CULTURA E CULTURE: METAFISICA E DIRITTO INTERNAZIONALE ............... 7
4. IL CONCETTO “GLOBALIZZAZIONE” IN GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO XVI .......... 7
4.1. GIOVANNI PAOLO II, GLOBALIZZAZIONE E CULTURA ................................................................... 7
4.2. BENEDETTO XVI, GLOBALIZZAZIONE ED ECONOMIA .................................................................. 8
4.2.1. L’Enciclica Deus Caritas est ................................................................................................. 8
4.2.2. L’Enciclica Caritas in Veritate ............................................................................................ 10
5. IDENTITÀ CULTURALE E GLOBALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE ............................... 11
CONCLUSIONE ................................................................................................................................. 11
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Giovanni Paolo II, Discorso ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001. 41
Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, 29 giugno 2009, n.42.