la domenicaDI REPUBBLICADOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 NUMERO 518
Cult
SAMANTHA CRISTOFORETTI
STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
MENTRE SCRIVO QUESTE RIGHE, qui sulla StazioneSpaziale Internazionale sta finendo il giornosettantacinque della mia vita extraterrestre.È un tranquillo venerdì sera, il resto dell’e-quipaggio si è già ritirato, ognuno nella pro-
pria cuccetta. Non mi stupisce: è stata una settimana di la-voro intenso e siamo arrivati piuttosto affaticati alla confe-renza serale di oggi con i centri di controllo. Stanchi di quel-la stanchezza gratificante, che si mescola con la soddisfa-zione di avere portato a termine molto — attività semplicio complesse, critiche o di routine — cercando di essere sem-pre il più possibile concentrati e attenti ai dettagli, ma an-che pronti a scambiare una battuta di spirito tra di noi o coni team a terra. Saper tenere il morale alto è importante quia bordo, quanto essere efficienti nell’esecuzione delle pro-cedure e devo dire che da entrambi i punti di vista il mio equi-paggio è eccezionale: sono stata fortunata.
SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE
VITTORIO ZUCCONI
SONO SOLTANTO 540,fra maschi e femmine, gli abi-tanti della Terra che, da quel 12 aprile 1961 diYuri Gagarin, possano dire di essersi affacciati albalcone dello Spazio. Con una decina di cani, gat-ti e scimmie sparati in cielo senza averlo chiesto,
sono le sole creature che abbiano visto il nostro Pianeta gal-leggiare nell’universo, dall’oblò di una capsula, dal visore diun casco pressurizzato o da quella che Buzz Aldrin chiamò«la magnifica desolazione» della Luna. Se il loro numero èmicroscopico per un pianeta con più di sette miliardi di uma-ni, un grappolino di nomi e eventi potrebbero essere citatia memoria. Gagarin e Valentina Tereshkova, la prima don-na in orbita, in Russia. John Glenn, Neil Armstrong, l’Apol-lo XIII strappato alla catastrofe e sigillato da Hollywood, Ch-rista McAuliffe, la maestra astronauta consumata nell’e-splosione del Challenger e ricordata in centinaia di targheappese alle pareti di scuole elementari, negli Stati Uniti.
SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVEIl diariodiSamantha
L’attualità. Novant’anni da New Yorker, intervista al direttore della più raffinata tra le riviste L’inedito. Le tenere lettere d’amoredi Cristopher Isherwood Spettacoli. Francesco De Gregori: “Adesso vi spiego la storia di Alice e perché lo sposo è impazzito”
La copertina. Riaccendiamo i Lumi della ragioneStraparlando. Paolo Prodi, ho rifiutato la politicaMondovisioni. Dharamsala, pensione dello spirito
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Lavorare, dormire,volare
La prima donna italiana
nello spazioracconta
com’è la vita quotidiana
extraterrestre
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBARIO 2015 30LA DOMENICA
La copertina.
CREATURA DELLO SPAZIOQuando c’è molto da fare il tempo vola e mi ren-do conto, anche con un po’ di inquietudine, chemi avvicino già alla metà nella mia missione. Do-po oltre due mesi a bordo, devo dire che ormaimi sento davvero a mio agio. In queste settima-ne mi è piaciuto molto osservarmi e vedere co-me mi sono trasformata giorno per giorno inuna creatura dello spazio. L’adattamento èun’esperienza individuale e imprevedibile, nonè possibile sapere in anticipo come ognuno im-parerà a vivere in assenza di peso. Ricordo cheprima del lancio mi preparavo mentalmente alpeggio, perché sapevo bene che il primo impat-to può essere davvero difficile e non è inusualeessere disorientati e avere malesseri di stoma-
co per qualche giorno. Per questo sono statadavvero felice quando mi sono accorta che, finda subito, non manifestavo alcun sintomo dimal di spazio. Certo, nonostante stessi bene, ri-cordo che nei primi giorni avevo sempre a por-tata di mano una busta, da usare in caso di nau-sea; troppi gli aneddoti di astronauti veteraniche raccontano di avere avuto all’improvvisoun malessere al secondo giorno, o al terzo. Co-me amano dire gli americani: “better safe, thansorry!”. Ho temuto invece di essere predispostaa un altro effetto collaterale indesiderato del-l’assenza di peso: il naso congestionato. La ridi-stribuzione dei fluidi corporei verso la parte al-
ta del corpo può provocare la sensazione di ave-re il naso intasato, insieme a un senso di pres-sione nella testa, e effettivamente ho avuto que-sti sintomi in maniera intermittente nei primidieci giorni. Poi fortunatamente sono spariti…speriamo per sempre!
MEGLIO DI UN MATERASSOIl sonno poi è stata una piacevole sorpresa. Nonsta a me giudicare se sono adatta a lavorare nel-lo spazio, ma una cosa la so per certa: sono nataper dormire nello spazio! A sera, quando sonostanca, mi chiudo nel mio sacco a pelo, spengola luce, richiudo i laptop che dividono con me la
cuccetta e mi lascio fluttuare, senza fissare ilsacco a pelo. In genere mi addormento subito,ma prima per qualche secondo mi soffermo sul-la piacevole sensazione di completo rilassa-mento dei muscoli. Poi dormo senza alcunapressione sul mio corpo. Meglio del miglior ma-terasso! E sicuramente durante la notte sbattoogni tanto contro una parete, ma sono impattilievi e non mi hanno mai svegliata. Ne sono con-vinta, fluttuare è il modo migliore di dormire!
Fluttuare è anche il modo migliore di spo-starsi, credetemi… una volta che avete affinatola tecnica. Eh sì, all’inizio non avevo molto con-trollo: spinte troppo forti o troppo lievi, oppuretali da farmi ruotare su me stessa in modi nonproprio previsti o desiderati. Insomma, c’è vo-luto un po’ per imparare a spostarmi nella Sta-zione in modo controllato e elegante. Adessoperò mi sento davvero padrona del mio corponelle tre dimensioni! Sarà anche che ormai ognipunto di appoggio, ogni ringhiera, ogni appi-glio mi sono noti. Per esempio, quando ho rei-dratato il cibo al distributore di acqua, che si tro-va sul soffitto del Laboratorio Usa, so darmi laspinta giusta con la punta dei piedi e poi, pas-sando nel Nodo 1 una lieve spinta con la mano,quel tanto che basta per farmi ruotare in mododa atterrare precisamente davanti al mio “po-sto a tavola”. Anche se ogni tanto mi piace man-giare sopra il tavolo, sul soffitto: giusto perchéavrò tutto il tempo quando tornerò sulla Terradi essere sul pavimento.
LAVARSI I DENTI
QUESTO È IL MIOBAGNO: QUASICOME A CASASOLO CHE QUIL’ACQUA È INUN SACCHETTO
Carta d’identità
NOME: SAMANTHA
COGNOME: CRISTOFORETTI
NATA A: MILANO, 26 APRILE 1977
STATO CIVILE: FIDANZATA
PROFESSIONE: ASTRONAUTA DELL’ESA,
CAPITANO PILOTA DELL’AERONAUTICA MILITARE
STUDI: DIPLOMA LICEO SCIENTIFICO, LAUREA
IN INGEGNERIA MECCANICA A MONACO DI BAVIERA
E IN SCIENZE AERONAUTICHE A NAPOLI
PARLA INGLESE, FRANCESE, TEDESCO, RUSSO E CINESE
RECORD: PRIMA DONNA ITALIANA NELLO SPAZIO
CURIOSITÀ: LE È STATO DEDICATO UN ASTEROIDE,
IL 15006 SAMCRISTOFORETTI
La missione
NOME: EXPEDITION 42-FUTURA
LANCIO: 23 NOVEMBRE 2014 (KAZAKISTAN)
VELIVOLO: SOJUZ (VELOCITÀ MASSIMA 28.800 KM/H)
DURATA: 6 MESI
VIAGGIO: 6 ORE ALL’ANDATA, 3 ORE E 26” AL RITORNO
OBIETTIVO: ESPERIMENTI SULLA FISIOLOGIA UMANA,
ANALISI BIOLOGICHE E STAMPA 3D IN ASSENZA DI PESO
EQUIPAGGIO: 6 MEMBRI
ARRIVANO I RIFORNIMENTI
OLTRE AGLI EQUIPAGGIAMENTI SCIENTIFICIDRAGON CI HA PORTATO ANCHE ALTRIRIFORNIMENTI... CIBO COMPRESO
BALLANDO TRA LE STELLE
L’ULTIMO DELL’ANNO ABBIAMO BALLATO:SASHA E ANTON HANNO PERFINO INTONATOCANZONI DI CELENTANO
Da più di due mesi l’astronauta italiana si trova a bordo della Stazione Spaziale Internazionale
La stazione
NOME: STAZIONE SPAZIALE
INTERNAZIONALE
LARGHEZZA: 108 MT
LUNGHEZZA: 88 MT
PESO: 426 T
ORBITA: 325-405 KM DA TERRA
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77giorninello spazio
AstroSamantha
<SEGUE DALLA COPERTINA
SAMANTHA CRISTOFORETTI*
DALL’ARRIVO DEL VEICOLO CARGO DRAGON qualche settima-na fa i ritmi di lavoro a bordo sono stati frenetici. Sca-ricare tonnellate di cargo, in molti casi senza romperela catena del freddo dei campioni scientifici, svolgerein parallelo dozzine di esperimenti e progressivamen-te caricare Dragon per il rientro, preparando nellostesso tempo per il ritorno anche il grande veicolo car-go Atv dell’Agenzia Spaziale Europea e svolgendocomplesse attività preparatorie per le prossime trepasseggiate spaziali non è cosa da poco, anche per glistandard della Iss. Qualcuno dice che questo sia unodei mesi più densi di attività di tutta la storia della Sta-
zione. Una cosa è certa: ogni volta che marchiamo come “completata” un’attivitàsull’agenda elettronica che regola le nostre giornate, qualcuno a terra sorride. Chesia un team di scienziati che ha sviluppato per anni un esperimento o un team diingegneri che ha fatto le ore piccole lavorando a una procedura di manutenzioneper permetterci di riparare tempestivamente un’apparecchiatura, ogni cosa chefacciamo a bordo è spesso il coronamento del lavoro di dozzine, a volte centinaia dipersone. Cerchiamo di non dimenticarlo mai.
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la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBARIO 2015 31
<SEGUE DALLA COPERTINA
VITTORIO ZUCCONI
EOGGI IN ITALIA SAMANTHA
Cristoforetti, capitano
dell’Aeronautica militare in
orbita con cinque compagni di
viaggio nella Stazione Spaziale
Internazionale. Ma un sondaggio che
chiedesse i nomi degli altri sei viaggiatori
italiani dello Spazio (Cheli, Guidoni,
Malerba, Nespoli, Vittori e Parmisano)
darebbe risultati deprimenti.
Questo, della normalità nell’eccezionalità,
nella routine di imprese che poco più di una
generazione fa sarebbero sembrate
inconcepibili e le nuove generazioni
ignorano, è il destino che attende questi
uomini e donne fortunati abbastanza per
andare e tornare indenni da satelliti
naturali o artificiali. Sarà soltanto il grande
salto verso Marte, se davvero avverrà
attorno al 2035 come ottimisticamente è
previsto, a scuotere l’immaginazione e a
scaldare il cuore di nuove generazioni.
O la finzione cinematografica di film
come Gravity.
In questi anni di languore che sfiora
l’indifferenza, e riempie di brevi orgogli le
nazioni alle quali appartengono i non
americani e i non russi a bordo della
Stazione Spaziale, l’astronauta, o il
cosmonauta come è chiamato in Russia,
vive un luminoso momento di estasi seguito
dal ritorno alla gravità del quotidiano. Una
transizione dal vuoto dello Spazio alla
vertigine di un futuro che niente potrà più
riempire di emozioni paragonabili. Lo
leggemmo nel lungo silenzio di Neil
Armstrong e lo vidi nello sguardo ansioso e
inquieto di Buzz Aldrin, incontrandolo nel
soggiorno della sua casa sulle colline della
California. Come altri prima e dopo di lui,
Aldrin, apparentemente ossessionato dal
rancore verso quella Nasa che non aveva
concesso ai primi esploratori neppure un
ciottolo di Luna come souvenir, era roso da
un vuoto interiore che ebbe il coraggio di
chiamare con il suo nome, depressione
clinica, e di curare per guarirne. Come non
ebbe invece la forza di fare Lisa Nowak,
l’astronauta che, dopo avere guidato per ore
dal Texas alla Florida, fasciata in un
pannolone per non doversi mai fermare,
tentò di uccidere la donna che gli aveva
portato via l’uomo della sua vita. Anche lui
un reduce dallo Spazio.
Il mito accuratamente coltivato del right
stuff, della “stoffa giusta” per lanciarsi fuori
dai confini della Terra che aveva prodotto
esemplari apparentemente siderurgici di
maschi inossidabili come Gagarin, morto
alcolizzato, come Aldrin il depresso, come
John Glenn, senatore senza pace che
pretese e ottenne di tornare nello Spazio a
settantasette anni, si è dissolto per la
semplice verità che avrebbe dovuto rendere
ancora più straordinari quei temerari e li ha
invece resi ordinari. Il loro essere, anche a
460 chilometri di quota e a 28.800 di
velocità, uomini. E donne.
Gagarin, Aldrine la magnificadesolazionedella Luna
© RIPRODUZIONE RISERVATA
COME AL SUPERMERCATONel Nodo 1, dove mangiamo, teniamo ancheuna scorta di buste di cibo, un po’ come la di-spensa in casa. E un po’ come spesso ci si trova afare la spesa nel fine settimana, quando si ha piùtempo libero, noi cerchiamo di sfruttare ilweekend per rifornire la nostre dispensa attin-gendo alle scorte di cibo. Queste sono organiz-zate per categorie, come per esempio carni, ver-dure, frutti e frutta secca, minestre, prima co-lazione. Tramite un lettore di codice a barre se-gnaliamo nel sistema di inventario che un nuo-vo pacco è stato aperto, in modo che chi a terrasi occupa dei rifornimenti sappia sempre quan-ti pacchi di ogni categoria rimangono nelle scor-te. Naturalmente non possiamo aprire un nuo-vo pacco prima della data programmata, altri-menti rischieremmo di mangiare le scorte pre-viste per spedizioni successive alla nostra. E nonè un buon modo di passare le consegne!
LA FINESTRA SUL MONDOHo fatto una piccola pausa per fare un giro nel-la Cupola, la nostra finestra sul mondo. Abbia-mo appena attraversato l’Africa, ora siamo sul-l’Oceano Indiano. Recentemente abbiamo avu-to dei passaggi notturni sull’Europa, però qua-si sempre con una fitta copertura di nuvole. Dav-vero un peccato! È lo svantaggio di volare quan-do è inverno nell’emisfero nord. Ehi, credo chein questi giorni saremo visibili dall’Italia nel tar-do pomeriggio. Salutateci! Anche noi salutere-mo, ma non vi vedremo, perché sono passaggimolto vicini al terminatore, la linea di separa-zione tra il giorno e la notte terrestri. In questicasi, mentre sotto di noi la superficie terrestreè già al buio, noi siamo ancora illuminati dal so-le: un po’ come essere su un palco illuminato, dacui è impossibile vedere chi è seduto nella pla-tea al buio. In giorni di lavoro intenso come og-
gi, l’unico momento in cui c’è il tempo, pri-ma di sera, di dare una sbirciata dalla
Cupola, è la sessione quotidiana
di allenamento su Ared, la nostra macchina perfare “sollevamento pesi” in assenza di peso: ci-lindri a vuoto al posto dei pesi, ma gli esercizi so-no gli stessi, dagli squat alla bench press e per-sino gli addominali. Ared è sicuramente la pa-lestra con la vista migliore sul pianeta e fuori: èproprio accanto alla Cupola e quindi nelle pau-se di riposo tra un set e l’altro possiamo ammi-rare lo scorrere dei continenti e degli oceani so-pra la nostra testa. Sì, la sensazione che provo ioè quella di avere la Terra sopra di me. L’effettoè particolarmente accentuato di notte. Guar-dando lateralmente, verso lo spazio, la StazioneSpaziale mi sembra una nave che naviga su unmare immensamente profondo e infinitamen-te nero, mentre la Terra, soprattutto quando ècoperta di nuvole, e queste brillano nella nottedella luce della luna, mi sembra un cielo agitatoche sovrasta il mare calmo dello spazio.
FALSO ALLARMEVivere sulla Stazione Spaziale regala esperien-ze estetiche davvero intense. Non l’esperienzadel silenzio, tuttavia, contrariamente a quantosi potrebbe pensare. La famosa battuta “nellospazio, nessuno può sentirti urlare” si applicasolo al vuoto dello spazio: fortunatamente al-l’interno della Stazione Spaziale abbiamoun’atmosfera respirabile con circa la stessapressione che c’è sulla Terra al livello del mare.C’è sempre un sensibile rumore di fondo, a cau-sa delle molte ventole e pompe continuamentein funzione: un ronzio costante che indica che la
Stazione è “viva” e in buona salute. In realtà, seavessimo un’emergenza, come un incendio ouna depressurizzazione, anche se non scattas-se nessun allarme udibile, ce ne accorgeremmoimmediatamente perché la Stazione divente-rebbe silenziosa: i computer attiverebbero unarisposta automatica d’emergenza che spegne-rebbe tutta la ventilazione.
Di questo abbiamo avuto esperienza direttaqualche settimana fa. Avevo appena terminatouna videoconferenza con i miei dirigenti dell’E-sa, quando tutti gli altoparlanti lungo l’interaStazione hanno iniziato a trasmettere l’unicosegnale acustico che di sicuro cattura l’atten-
zione immediata di tutti: il segnale d’emer-genza. Sono uscita dal mio alloggio e
ho guardato il più vicino pan-nello di controllo allarmi
ed eccola lì, la terza spia da sinistra era illumi-nata di rosso: anche senza leggere l’etichetta,so che la terza spia indica la temuta fuga di am-moniaca. Ho immediatamente afferrato unamaschera a ossigeno, l’ho indossata e mi sonodiretta verso il segmento russo insieme con imiei compagni. Il segmento russo è sicuro, per-ché lì non viene usata ammoniaca nei condottidi raffreddamento, quindi ci siamo isolati lì,chiudendo due portelli per isolare l’eventualeperdita nel segmento non russo della Stazione.
La cosa sembrava conclusa quando, pochi mi-nuti dopo, Houston ha chiamato e ha dichiara-to un falso allarme, ma mentre iniziavamo e ri-mettere a posto l’equipaggiamento d’emer-
genza e tornare alla normalità, ecco Houstonchiamare di nuovo con una comunicazione ina-spettata ripetuta tre volte su tutti i canali: “Fu-ga di ammoniaca. Eseguire la risposta d’emer-genza”. E mentre chiudevamo di nuovo il por-tello che ci isolava nel segmento russo, pensoche nella mente di tutti, ancor più che la primavolta, sia passato il pensiero che forse non loavremmo riaperto mai più. Per fortuna, il tuttosi è rivelato un falso allarme!
DANZA DI COLORIAdesso è ora di andare a dormire anche per me.Certo, per andare in bagno e lavarmi i denti, de-vo tornare nel Nodo 3 e la Cupola è proprio lì,quindi nonostante la stanchezza mi concederòqualche minuto di meraviglia. Stiamo passan-do sopra agli Stati Uniti, un passaggio notturnomolto a nord. Ci sarà l’aurora, compagna spes-so presente, ma sempre diversa e sorprenden-te. Che meraviglia poi se capita che ci sia anco-ra l’aurora quando appare all’orizzonte lo spic-chio di blu vivo che annuncia il prossimo sorge-re del sole e quel blu si congiunge con il verdebrillante dell’aurora in una danza di colori, cuisi aggiunge un’esplosione di arancio nel mo-mento in cui il sole inizia emerge dalla linea del-l’orizzonte. Giusto pochi secondi e poi tutto èinondato dalla prepotenza della piena luce so-lare, che cancella in un attimo lo spettacolo del-la notte e piano piano, da est a ovest, fa emer-gere dall’oscurità oceani e continenti, ridise-gnando le linee ormai familiari e amiche delnostro meraviglioso pianeta.
*Samantha Cristoforettiastronauta Esa, capitano e pilota
dell’Aeronautica Militare,in orbita per la seconda missione
di lunga duratadell’Agenzia Spaziale Italiana
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SOLLEVAMENTO PESI
GLI ESERCIZI SONO SEMPRE GLI STESSI,DAGLI SQUAT AGLI ADDOMINALI,MA IN ASSENZA DI PESO...
GRANDI PULIZIE
SABATO È IL GIORNO DELLE PULIZIE:PASSIAMO L’ASPIRAPOLVERE SU TUTTELE GRIGLIE DI VENTILAZIONE
ASPARAGI CHE PASSIONE
IERI HO MANGIATO DEGLI OTTIMI ASPARAGIREIDRATATI, LA MIA VERDURA PREFERITADAL RISTORANTE SELF-SERVICE NODO 1
Dove le cose più facili sono difficili. Ecco i suoi appunti di viaggio sulla vita in assenza di gravità
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 32LA DOMENICA
2 FEBBRAIO 2015
“ADIEU”, LA REDAZIONE TRASLOCADA TIMES SQUARE A GROUNDZERO: DISEGNO DI BRUCE MCCALL
21 FEBBRAIO 1925
SULLA PRIMA COPERTINAIL DANDY EUSTACE TILLEYDISEGNATO DA REA IRVIN
23 LUGLIO 1927
NEL DISEGNO DI STANLEY W. REYNOLDS L’AMERICA PRIMADELLA GRANDE DEPRESSIONE
31 AGOSTO 1929
NON È ANCORA IL “MARTEDÌ NERO”MA È GIÀ PANICO A WALL STREET:DISEGNO DI THEODORE G. HAUPT
27 LUGLIO 1940
IL NAZISMO E LA DEPORTAZIONEDEGLI EBREI. L’ILLUSTRAZIONEÈ DI CHRISTINA MALMAN
15 LUGLIO 1944
ANCORA REA IRVIN, PRIMO ART DIRECTOR DEL “NEW YORKER”,PER LA COPERTINA DEL D-DAY
26 GENNAIO 2015
A CINQUANT’ANNI DALLA STORICAMARCIA DI MARTIN LUTHER KING,LA COPERTINA DI BARRY BLITT
ANTONIO MONDA
NEW YORK
N NOVANT’ANNI DI STORIA, ilNew Yorkerha avuto soltantocinque direttori. David Remnick, ultimo in ordine ditempo, tiene le redini della rivista dal 1998. Corrispon-dente in Urss per il Washington Post, ha vinto un pre-mio Pulitzer nel 1993 per La tomba di Lenin: gli ultimigiorni dell’impero sovietico, a cui hanno fatto seguitoaltri cinque libri coronati da grande successo, tra i qua-li King of the World, dedicato a Muhammad Ali, e TheBridge, sul presidente Obama. Nato a Hillsdale, NewJersey, cinquantasette anni, padre dentista e madre in-segnante d’arte, Remnick è sposato con Esther Fein dal-la quale ha avuto tre figli. Colto, brillante e dalla battu-
ta pronta, interpreta alla perfezione il ruolo del direttore moderno,con un occhio alle innovazioni tecnologiche e un altro alla tradizio-ne. Del resto, a cominciare dal dandy Eustace Tilley, icona del NewYorker, la forza della rivista è stata proprio nella combinazione trala celebrazione del rito e una costante attenzione alle novità cultu-rali e sociali. Questa duplicità si rispecchia in un altro elemento concui Remnick interpreta la propria direzione: riesce a essere estre-mamente autorevole e nello stesso tempo cordiale e ironico. Lo in-contro a pochi giorni dallo storico trasloco della rivista, immortala-to sulla copertina dell’ultimo numero disegnata da Bruce McCall: daTimes Square alla Freedom Tower, il grattacielo sorto sulle ceneridelle Torri gemelle, nel quale Si Newhouse ha acquistato venti-quattro piani per le riviste della sua Conde Nast. «Sto vedendo la cittàdalla stessa prospettiva che ebbero le vittime dell’attacco al WorldTrade Center», osserva Remnick con una punta di inquietudine,«ma ho sempre creduto nella forza positiva dei cambiamenti».
Il New Yorkernasceva il 21 febbraio 1925 intorno all’”Algonquin
Round Table”, il celebre circolo di scrittori della New York anni
Venti, a pochi passi da Times Square: il cuore della città…
«Sì, effettivamente la storia della rivista si è sviluppata nello spa-zio di pochi isolati, ma devo dire che questo cambiamento geografi-co offre un rapporto più organico con una zona determinante per lastoria della città: il porto. Non credo tuttavia che tutto ciò possa ave-re un impatto significativo sulla nostra proposta culturale».
Quanto vende oggi il New Yorker?
«Gli ultimi dati si attestano sul milione e cinquantamila copie. E sicalcola che ogni numero sia letto mediamente da tre persone. Piùdella metà della tiratura viene effettuata fuori da New York, e potràsorprenderla scoprire che in California vendiamo più che nello sta-to di New York. Il motivo è che lì ci sono due grandi città, Los Ange-les e San Francisco».
Quali sono state le svolte principali in questi novant’anni?
«La rivista nasce in un’America precedente la Grande depressio-ne, immersa nell’Età del jazz, e dunque caratterizzata da raffina-tezza e leggerezza. La prima grande svolta avviene in coincidenzacon la Seconda guerra mondiale: è il momento in cui i reportage e isaggi diventano più lunghi, più profondi. La seconda grande svoltaè quella dell’11 settembre. È evidente: la maturazione è avvenutasempre grazie a momenti dolorosi».
Lei è stato il primo direttore a fare un endorsement presidenzia-
le: John Kerry contro George W. Bush.
«Mi sarebbe sembrato ridicolo non farlo: leggendo i nostri artico-li era assolutamente chiara la nostra posizione. Si è trattato quindidi un endorsementassolutamente prevedibile, che tuttavia non eb-be alcuna fortuna: Kerry perse».
Poi ci fu un secondo endorsement, stavolta coronato dal succes-
so: in una famosa copertina del 2008 raffigurò il presidente Oba-
ma e la moglie Michelle in posa da terroristi, sotto un quadro di
Bin Laden.
«A me quella copertina parve una parodia degli stereotipi di cer-ta destra».
Tuttavia il presidente Obama la definì “un tentativo non molto
riuscito di fare satira”.
UnNewYorker
David Remnick è il direttore della più raffinata tra le riviste
E tra uno storico trasloco e un compleanno tondo racconta
che cosa vuol dire passare dall’età del jazz a quella del web
L’attualità. The Talk of the Town
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23 DICEMBRE 2013
PAPA FRANCESCO È UN “ANGELODELLA NEVE” SULLA COPERTINADISEGNATA DA BARRY BLITT
16 DICEMBRE 2013
PER LA MORTE DI MANDELA IL TESTO DI NADINE GORDIMER E IL DISEGNO DI KADIR NELSON
19 GENNAIO 2015
UNA TOUR EIFFEL A FORMA DI MATITA PER “CHARLIE HEBDO”, A DISEGNARLA È ANA JUAN
21 LUGLIO 2014
I NEW YORKERS ADORANO LA SPIAGGIA DELLA LORO CITTÀ:CONEY ISLAND DI MARK ULRIKSEN
1 SETTEMBRE 2014
“LA RIVOLTA DI FERGUSON”ILLUSTRATA DA ERIC DROOKER E RACCONTATA DA JELANI COBB
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 33
28 AGOSTO 1995
“DIVING IN”, UNA DELLE TANTECOPERTINE DEL MAGAZINEFIRMATE DA LORENZO MATTOTTI
11 FEBBRAIO 1961
CHARLES ADDAMS, CREATOREDELLA “FAMIGLIA ADDAMS”, PER IL GIORNO DI SAN VALENTINO
15 AGOSTO 1970
LA GUERRA IN VIETNAM SULLA COPERTINA DEL MAGAZINE: LA DIPINGE COSÌ ILONA KARASZ
29 MARZO 1976
IL MONDO VISTO DALLA NONA AV.,LA FIRMA DELLA COVER È QUELLA DI SAUL STEINBERG
23 APRILE 1990
IL PIANETA È INQUINATO: ROBERT MANKOFF, CARTOONEDITOR, FIRMA LA COPERTINA
13 SETTEMBRE 1993
ART SPIEGELMAN RACCONTA IL FENOMENO DEI RAGAZZINIARMATI NELLE SCUOLE USA
8 NOVEMBRE 2004
TRA UN UOMO E UNA DONNAGIOCO DI SGUARDI SUL METRÒ: LA COVER È DI ADRIAN TOMINE
24 SETTEMBRE 2001
ART SPIEGELMAN E FRANÇOISEMOULY: NERO SU NERO, ATTACCO ALLE TWIN TOWERS
17 DICEMBRE 2007
UNO DEI NOVANTA NATALI DEL “NEW YORKER”: QUESTO LO FIRMA BOB STAAKE
8 APRILE 1950
CONSTANTIN ALAJALOV ILLUSTRA“FOR ESMÉ-WITH LOVE AND SQUALOR” DI SALINGER
«Questo dimostra che la nostra satira, riuscita o meno che sia, è li-bera da condizionamenti, e che può divertire o offendere chiunque».
La tragedia di Charlie Hebdo invita a riflettere sul fatto che pos-
sano esistere limiti alla satira, o no?
«Io non credo, e in questo sono assolutamente con Voltaire. Vogliodire che lo sono anche nel momento in cui lotto in prima linea per at-taccare l’antisemitismo dello stesso Voltaire».
Davvero non pensa che la satira possa diventare una copertura
per veicolare messaggi di odio o disprezzo?
«Il rischio ovviamente c’è, ma evi-terei di aprire la porta alla censura.Credo che quei casi siano facilmenteidentificabili dai lettori: e sarebbesbagliato sottovalutarli».
Sinceramente: le piacciono le vi-
gnette di Charlie Hebdo?
«No e non le avrei mai pubblica-te, ma rivendico la possibilità, perchiunque, di farlo».
La carta stampata è in crisi: il fu-
turo è digitale?
«Devo correggerla, è il presente aessere digitale. Per quanto ci riguar-da non possiamo che adeguarci almeglio. I nostri siti hanno circa dodici milioni di visitatori al mese.Affrontiamo il problema delle inserzioni pubblicitarie, tutte con-centrate su compagnie come Google o Yahoo, nella consapevolezzache l’unico modo per sopravvivere è essere unici. Noi proponiamo te-sti che cercano di risultare sempre profondi e che si rifiutano di ri-solvere in venti secondi qualcosa avvenuto venti secondi prima».
Il New Yorker è celebre anche per i “fact checkers”: lei ne ha ben
sedici sotto contratto.
«Proporre la massima accuratezza dei testi, controllandoneogni aspetto, è un altro modo attraverso cui cerchiamo di distin-
guerci. Ovvio che questo aumenti il lavoro, i tempi e i costi».Come mai non esistono testate come il New Yorker a Londra o
a Parigi?
«Sono splendide città e grandi capitali, ma oggi non hanno lastessa centralità. Tuttavia negli ultimi anni ho assistito a vari ten-tativi di imitazioni, falliti uno dopo l’altro: sono rimasto in parti-colare colpito da una testata russa, arrivata a una cinquantina dinumeri, e da un’altra di Hong Kong. Copie spudorate, con le vi-gnette, con i testi lunghi, insomma con tutto ciò che caratterizza
la nostra rivista».Ma New York è ancora la capitale
del mondo?
«Oggi il mondo ha numerose ca-pitali, ma non credo si possa seria-mente pensare che Pechino o Shan-ghai abbiano la stessa forza di at-trazione di New York, non in termi-ni culturali».
Cosa ha imparato dalla sua espe-
rienza russa che le è poi servita per
dirigere un giornale prettamente
newyorchese?
«Facevo il cronista sportivo quan-do a ventinove anni sono stato im-
provvisamente catapultato al centro di un impero che stava crol-lando. Quello che ho riportato a casa è stata la conoscenza di unarealtà diversa e lontana, con la quale non bisogna mai dimentica-re di confrontarsi».
C’è qualcosa che invidia in un’altra rivista?
«Certamente alcuni scrittori, ma anche scelte editoriali di testa-te come l’Atlantic: si tratta tuttavia di una gelosia positiva, che cre-sce su un terreno sano. Intendo dire un terreno in cui non esista solol’approccio twitter».
di novant’anni
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NONPUBBLICOARTICOLICHE
IN VENTI SECONDICERCHINODI SPIEGAREUN FATTOACCADUTONEI VENTISECONDIPRECEDENTI
24 GIUGNO 2013
“ZIO SAM TI ASCOLTA”, IL CASO NSA VISTO DA RICHARD MCGUIRE
21 LUGLIO 2008
BARACK E MICHELLE OBAMA IN VERSIONE TERRORISTI: COVER SCANDALO DI BARRY BLITT
DAVID REMNICK, 57 ANNI
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 34LA DOMENICA
DOMENICA, 2 OTTOBRE 1960, SANTA MONICA
È stato meraviglioso sentire la voce di Kittystamani al telefono. Eppure il vecchio e ottu-so Dobbin non è riuscito a dirgli tutto ciò cheprovava: quanto sia fiero di Kitty e quanto loami e gli sia grato, ogni giorno. È quasi troppobello per essere vero che Kitty abbia un ta-lento così straordinario, e Dobbin ne è così fe-lice, ma più per Kitty che per se stesso, perchéDobbin l’avrebbe amato comunque. Dobbinsente tantissimo la mancanza di Kitty, manon vuole certo anticipare il ritorno di Kitty diun solo istante se Kitty ha motivo di restare.Con amore, sempre. D.
26 OTTOBRE 1960, FILADELFIA
Carissimo adorato Dub, Kitty sente tantissi-mo la sua mancanza e desidera così tanto po-sare la testa su quella lunga criniera e sentir-si avvolgere da quella gamba nodosa. Kittyha una voglia disperata del suo cavallo e ognigiorno in cui è lontano è sempre più difficile,ma Kitty non deve arrendersi. Deve esserepiù forte di quanto chiunque abbia mai pen-
s a t o .Amo cosìtanto ilmio tesoro emi manca moltissimo.Tutto l’amore del suo Kitty,K.
GIOVEDÌ SERA, 23 FEBBRAIO 1961,
SANTA MONICA
Oggi è un mese da quando è partito ilmio Kitty! Gli ho scritto stamani ma nonme n’ero reso conto, sembra essere passatomolto più tempo, quindi gli spedirò altre paroled’amore. È molto bello che Dobbin chiami Kittytesoro. Ma ogni tanto Dobbin è colpito dalla pa-rola e si rende conto che un tesoro è insostitui-bile, e si può perdere se non si tratta con cura. Al-lora viene colto dalla disperazione! Carissimoamore, intorno vedo gente che ignora di averel’amore di qualcuno e lo butta via. Noi non fare-mo quell’errore, vero? Il vecchio Dobbin se nesta a casa, tutto solo, e stasera non c’è neancheun po’ di vento. Ha mangiato uno sformato di
L’inedito. Giochi di coppia
Dolcemicino
“Stringimi forte con le tue zampette
anteriori”. “Vorrei solo poter posare
la testa sulla tua grigia criniera”
DOBBIN
QUI SOTTO KITTY(OVVERO DON BACHARDY)
IN SELLA A DOBBIN,IL CAVALLO DA TRAINO
(COME CHRISTOPHER ISHERWWODSI FIRMA NELLE LETTERE
AL FIDANZATO). IN ALTO LA COPPIA:
DON È IL PIÙ GIOVANE DEI DUE.TUTTI I DISEGNI DI DON BACHARDY,
COME PURE LE LETTERE,SONO TRATTI DA “ANIMALS”
(FSG BOOKS)
LUNEDÌ 25 GIUGNO 1957, NEW YORK
ARISSIMO CHRIS,non hai ideaquanto mimanchi, quan-to pensi a te e tiami ancor dipiù dopo esse-re stato lonta-no tutto que-sto tempo. Hopensato e ri-pensato a te
un’infinità di volte, specialmente a quantosei piccolo ed esile e a quanto sarai ancor piùminuto solo in quelle grandi stanze, e avreivoluto precipitarmi a casa perché senza tenulla ha senso: sei l’unica cosa che conta perme, non m’interessa dove sono o con chi sonose tu sei laggiù. Mi sembra assurdo essere quia New York senza te, mi pare una sorta di con-danna, una prova di resistenza che devo su-perare. Questo viaggio è stato un enormesuccesso. Credo di avere imparato molto dime stesso, e di essere diventato più sicuro dime e più stabile. Ho così tanto da raccontartisu quel che mi è successo che aspetterò quan-do saremo insieme; ho scritto tutto sul mio li-brone così non dimenticherò niente. Vogliodire ancora una volta al mio cavallino quantolo amo e quanto desidero essere a casa con lui.Con tutta la mia adorazione, Kitty
C
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 35
Quando l’amorese ne infischiadi apparire ridicolo
IRENE BIGNARDI
CORREVA L‘ANNO 1952 e Christopher
Isherwood, quarantanove anni, il
celebre e fortunato scrittore
britannico che aveva scelto gli Usa,
durante la guerra, come sua patria,
l’autore dei racconti di Addio a Berlino, diventati
un fortunato spettacolo di Broadway sotto il titolo I
am a Camera, il grande ammiratore di Beatrix
Potter (e questo spiega molto di ciò che stiamo per
raccontare), Christopher Isherwood, dunque, vide
sulla spiaggia di Santa Monica, in California, un bel
ragazzo di diciotto anni, Don Bachardy, che stava
tentando la strada della pittura. Fu amore a prima
vista. E se la carriera di pittore di Don non sarà
eccelsa e si svilupperà soprattutto nella cerchia
degli amici dello scrittore (Bachardy farà i ritratti
di Auden, Polanski, Salvador Dalí), la storia
d’amore con Isherwood sarà invece molto
fortunata. I due, complici, forse, i molti distacchi,
vissero una felice, inequivocabile ma
prudentemente discreta (l’omosessualità era
ancora un reato) vita di coppia fino alla morte di
Isherwood nel 1986. E i molti viaggi, soprattutto di
Bachardy, in assenza di telefonini e telefononi
(Isherwood ne installò uno, pare, solo nel 1970)
sono all’origine dell’enorme quantità di lettere che
i due innamorati si scambiarono nel corso della loro
love story, e che vengono pubblicate in America in
un tomo di oltre cinquecento pagine a cura di una
paziente signora, Katherine Bucknell, con la
collaborazione di Bachardy, intitolato Animals
(Fsg books). Perché Animals? Perché, rischiando
spesso la caduta nel ridicolo (per favore,
l’osservazione non ha nulla di omofobo, la cosa
farebbe sorridere anche nel caso della più giovane
coppia di adolescenti), i due pensano a se stessi
come a due animali. Bachardy, da ragazzo ma
anche da ragazzo cresciuto, è visto sotto forma di
gattino, e Kitty è infatti il suo nome ufficiale nella
loro corrispondenza e nel loro idioletto. Mentre
Isherwood è Dobbin, un vecchio, robusto cavallo da
tiro. Ma il gioco ha i suoi deliziosi bizantinismi.
Kitty è anche Puss (come pussy cat), Snowpaws
(come zampe di neve), Snowgaiters (come ghetta
antineve ) e via gattonando attraverso Fluffcat
(gattino morbido), Velvetpaws (zampe di velluto),
Pink paws (zampette rosa), White whiskers (baffi
bianchi), fino a Claws, artigli, che contrassegna i
momenti di cattiveria. Dobbin è seguito da un’altra
serie di nomignoli più o meno barocchi, partendo
in sottotono con Old Pony (vecchio pony) e Horse
(cavallo) per culminare in Worshipped Glossyhoof
(adorato dagli zoccoli lucidi). E come se non
bastasse, a complicare le cose e la sequenza dei
fatti, c’è che i due si esprimono spesso in terza
persona, con una civetteria da infanti, tanto che
persino la curatrice del volume non sa bene di chi si
stia parlando. Un esempio che è molto piaciuto al
paziente critico dell’Independent, così diligente da
aver letto tutte le cinquecento pagine del carteggio
e averne fatto un bel resoconto? “Il cavallo che
Kitty ama è sempre stato una vecchia cavalla
grigia, così dolce e cara, e mai come quegli avidi e
infedeli stalloni bianchi. E poi il grigio si intona
meglio con la pelliccia bianca di Kitty. Due animali
bianchi non funzionerebbero”. Loro funzionavano,
con occasionali, confesse infedeltà che tali
appunto, essendo previste, non erano — ma che
qualche volta facevano soffrire lo stesso,
soprattutto Isherwood. E si divertivano, i due, con
molte smalignazzate epistolari su personaggi che
non gli piacevano. Come Paul Bowles e la sua
“smorfia di ironico disprezzo”, come i “gelidi”
Franco Nero e Vanessa Redgrave, forse dei robot
non umani, come la povera, adorabile Audrey
Hepburn, colpevole di essere tanto magra che
nemmeno un gatto affamato se la sarebbe
mangiata. Gatto? Non parlavano certo del
fortunato, viziato, felice gatto Kitty.
manzo congelato, fagiolini e sorbetto all’ana-nas. Ha deciso di non bere per un po’. E man-gia un sacco di sedano perché qualcuno ha det-to che Kinsey ha detto che rende potenti; manon fraintendere, l’energia gli serve per altrecose, tipo finire il suo romanzo. Stamani sonoriuscito a fare una montagna di lavoro, quindisono di ottimo umore. Buonanotte, Kitty te-soro mio, D.
1 MAGGIO 1963, SAN FRANCISCO
Mio adorato Kitty, ho appena ricevuto la tualettera. So che non si può essere la persona chesei senza attraversare periodi terribili. Manon sei mai stato debole e, anche se non riescia scorgerlo, stai diventando sempre più forte.Supererai questo momento difficile. Se c’èniente che posso fare per aiutarti, devi dirme-lo, anche se potrebbe ferirmi. Sarebbe d’aiutose rimanessi lontano più a lungo? Devo resta-re qui fino al 15, e prevedevo di tornare giù peril tuo compleanno. Ma se pensi che in questomomento staresti meglio senza di me, lo ca-pirò. Cerco di non essere possessivo nei tuoi
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Le appassionate lettere tra due teneri
innamorati: Christopher Isherwood
e il suo fidanzato Don Bachardy
Adorato
to in boccio e Dobbin si è quasi sentito di nuo-vo un puledro, se ci fosse stato Kitty avrebbepreso tra gli zoccoli la sua adorata zampettasussurrandogli promesse d’amore. Ha sentitodavvero la mancanza di Kitty accanto a lui. Oh,che sensazione struggente, come in Cimetempestose. Spero di ricevere una lettera dalmio tesoro domani: oggi niente posta. Dobbindice a Kitty, come se fosse la prima volta chepronuncia le parole: “Ti amo”. Poi stringeKitty tra le zampe anteriori. Senza fine, Dob
5 GIUGNO 1967, LONDRA
Micio adorato, non una vera lettera, solo uncenno per far sapere a Kitty che Dub pensa alui più assiduamente che mai, e si preoccupaper questa terribile guerra (la guerra dei seigiorni, ndr). È spaventoso essere lontano daKitty quando ci si sente minacciati dal minimopericolo. Dub vorrebbe tanto raggiungere sta-sera la sua cesta. Sbrigati ad arrivare, venerdì!TWA. 7:05 Volo 771. Pegaso
VENERDÌ 1 NOVEMBRE 1968, LONDRA
Mio adorato e paziente Pony, una pioggia dibacetti e fusa. Kitty sogna la Red Room di ElCaballo e non desidera altro. Gli Animali ce-neranno lì a base di champagne lunedì sera.Come sempre con il cuore e l’animo devotodi un gattino . Micio Fedele
(Traduzione di Luisa Piussi)
confronti, e credo che sto migliorando. Mainella vita sono andato così avanti in una rela-zione. Stamani ha chiamato Cecil Beaton e hadetto che avete trascorso una bella serata, co-sì ho capito che il micetto, facendo ricorso alsuo coraggio e stile aristocratico, aveva sorri-so malgrado il dolore sotto il pelo. E sono certosarà stato in forma splendida, tirato a lustro esenza un baffo fuori posto. Kitty deve ricorda-re quanto Dobbin senta la sua mancanza. MaDobbin non vuole tornare finché Kitty non èsicuro che Dobbin non sia d’ostacolo alla solu-zione dei suoi problemi. E Kitty deve credereche Dobbin non vuole usare il suo amore comericatto o per fare sentire in colpa Kitty. È sem-plicemente una cosa che Kitty può averequando vuole. Sempre. Drub
MERCOLEDÌ, 3 MARZO 1965, SANTA MONICA
Amato Gattino, Dobbin si sente così solo. Con-tinua a trottare fino alla cassetta della posta,irrequieto e agitato, ma oggi non c’è niente,nessuna notizia dal suo Amore. Il tempo èsplendido, ma freddo, ed è come se la vecchiacasa non sarà mai calda finché non ritornaKitty. Senza di lui la California meridionale èuno scherzo di cattivo gusto. D.
29 MAGGIO 1967, 13 BENTSIDE ROAD, DISLEY
Mio caro Amore, stamani c’era il sole e sono an-dato a fare una passeggiata per la strada cheporta alla brughiera. Faceva caldo ed era tut-
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KITTY
SOPRA, UN BIGLIETTO CON FOTO DI GATTO INVIATODA DON-KITTY A CHRISTOPHER-DOBBIN: “SOGNO UNO STALLONE BIANCO / IL SOLO CHE IO POSSA AMARE / CON QUEGLI OCCHI CHE BRILLANO / E QUELLE ORECCHIE CHE SANNO ASCOLTARE / I MIAGOLII CHE ARRIVANO DA SOPRA”
cavallino
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 36LA DOMENICA
studio di Roma cantava Alice e altre stra-nezze che mandavano in frantumi la canzo-netta tradizionale e d’autore, parole senzatempo, senza anni, senza vezzi, sfuggite al-le mode, al punto che ancora oggi non tuttosi ricorda di De Gregori, qualcosa magari haanche fatto storcere il naso, ma per tutti, vec-chi e giovani, quando si tratta di citare unabella canzone c’è quasi sempre un’arditaemozione di De Gregori.
È qui che le scrive?
«Sì, ma non sono metodico, quello che tut-te le mattine si mette al tavolo. Se ho già seio sette canzoni e vedo il traguardo di un di-sco, allora sì, c’è un momento di lavoro più di-sciplinato, ma prima no. Certe cose mi ven-gono fuori, magari mentre sono a fare la spe-sa. Frasi, parole che poi segno nei quadernie che riprendo se sono interessanti per unacanzone. Mai cose troppo vecchie, perché ri-schiano di essere scritte con la testa di un al-tro. La visione della vita cambia. E le mie can-zoni sono sempre state addosso alla mia vi-ta. Ricordo benissimo quando scrissi La don-na cannone, la casa, dove stava il pianoforte,il vociare dei figli piccoli... Ma dire poi in cherapporto tutto questo sta con quello che hoscritto, ci vorrebbe uno psicanalista».
Quel suo modo di scrivere i testi sono già
“la canzone”, o no?
«Non saprei. Non mi piace quando diconoche sono poesie. La poesia è ben altro e se leg-gi La donna cannonesenza pensare alla mu-sica, è una boiata pazzesca, non sta in piedi».
Ma come? Una delle sue canzoni più belle?
«Anche secondo me è tra le più belle, maquesto non vuol dire che il testo da solo reg-ga. Tutti quegli accenti tronchi, “butteròquesto enorme cuore... giuro che lo farò...nell’azzurro io volerò...”. Nemmeno un bam-bino scrive così. È la musica che dà potenza equi, devo dire, c’è una bella invenzione me-
lodica, non banale. No, nemmeno degli au-tori più famosi si può leggere il testo comeuna cosa autonoma, nemmeno Bob Dylanche è tra quelli che amo di più».
È vero che quella canzone nacque da un ar-
ticolo di giornale?
«Avevo letto in un trafiletto di un giorna-le locale che una “donna cannone”, princi-pale attrazione di un piccolo circo, era fuggi-ta per amore. Mi aveva colpito soprattutto ladisperazione del circo, ora ridotto in mala-parata. Una storia un po’ felliniana».
E Alice?
«Se non sei un po’ strano non faiAlice nonlo sa. Nel ‘73 non c’entrava niente con quel-lo che c’era: Paoli, De André, Endrigo, cheerano i miei riferimenti, quelli che mi ave-vano fatto capire che le canzoni possono es-sere un veicolo non solo di banalità».
Ha raccontato che l’aveva ispirata l’Alice
nel paesedelle meravigliedi Lewis Carroll.
«Sì, l’immagine di Alice che guarda i gattiappartiene a Carroll e alle illustrazioni diJohn Tenniel: quella bambina con gli occhisgranati era stato il primo impatto visivoquando da piccolo lessi il libro. La verità è chevenivo da un periodo in cui ero attratto datutto ciò che nell’arte non seguiva un filo lo-gico. Mi ero innamorato degli scrittori da-daisti, Tristan Tzara, la scrittura automati-ca, avevo letto Joyce, lo stream of consciou-sness, Freud e l’interpretazione dei sogni».
Nelle canzoni contano molto le letture?
«Io sono un buon lettore. Avendo moltimomenti morti nel mio lavoro ed essendo diuna generazione non digitale, se sto molteore in treno invece di smanettare, leggo. Madetta così sembra che io sfogli solo Kafka,Melville e Proust. Invece devo gratitudineanche a Grisham, Stieg Larsson, Ken Follette molta narrativa di genere. Comunque in
quel momento ero patito per i dadaisti e tro-vavo corrispondenze tra quel modo di crea-re con il cinema che mi piaceva».
Che cinema?
«Blow up di Antonioni ma più di tutti Ottoe mezzodi Fellini. Vidi quel film e alla fine dis-si ho capito tutto. Ma perché? Avrei dovutonon capire niente per come era costruito,scritto, montato, per come cambiava il pun-to di vista dello spettatore e invece no. Quelfilm ha influenzato tutto il mio lavoro».
Più Fellini di Dylan?
«Anche Dylan aveva dietro un mondo ar-tistico aperto a forme di sperimentazionenarrativa. Penso a Faulkner di L’urlo e il fu-rore. Ma lo shock di Fellini me lo porto anco-ra dentro, nessuno mi darà tutte le informa-zioni utili per la mia vita che mi ha dato Ottoe mezzo. Credo di aver importato nel mondodella canzone quel modo di narrare».
Torniamo ad Alice.
«Non avevo nessuno che mi premesse,nessuno si aspettava che vendessi dischi.Ero libero di fare tutti i danni che volevo. E lacanzone me la sono scritta esattamente co-me pensavo si dovesse scrivere una canzone.Avevo già una musica su cui io cantavo un te-sto finto inglese, una specie di grammelot, cimisi sopra quello che avevo scritto... Quandola portai a Vincenzo Micocci, allora direttoreartistico della Rca, e al mio produttoreEdoardo de Angelis, piacque anche a loro».
Ci sono personaggi e punti di vista diversi.
«Il “Cesare perduto nella pioggia”, è Cesa-re Pavese. Avevo letto tutto di lui, e nella bio-grafia c’è questo episodio di quando una se-ra aspettò per una notte Costance Dowling,donna bellissima, ballerina che lo illuse e poilo lasciò. Alice per me è una specie di sfingeche guarda il mondo senza nessi conse-quenziali. Non è nemmeno chiaro se è lei lanarratrice o io che scrivo. Mentre il perso-naggio dello sposo ha qualcosa di sicura-mente autobiografico. No, non perché vo-lessi sposarmi, ma fuggire. Una fuga che eraprobabilmente dalla vita cui ero predestina-to da studente universitario, fare l’inse-gnante come mia madre o il bibliotecario co-me mio padre. Ma forse fuggire anche dalmondo della musica per cui ero uno strano».
Che vuol dire essere strano?
«Che se mi dovessi guardare dal di fuori mivedo sempre un po’ a parte, un corpo affet-tuosamente estraneo al mondo musicale,forse per il fatto di aver frequentato poco latelevisione, forse per la fama di antipatico,di snob e tante cose che mi hanno accompa-gnato, scambiando la riservatezza per anti-patia... Sì, se dovessi uscire da me stesso e di-re “allora De Gregori dove sta?”, direi non stapropriamente dentro il circolo, nel main-stream, nemmeno oggi che vado a X-Factor.Non sono mai stato di moda. Ma questo miha permesso, quando si è detto che i cantau-tori erano fuori moda, di non esserlo io».
Però l’ha influenzata la moda. Bastereb-
be citare le collaborazioni negli anni con
Dalla, De André, Zucchero, Fossati…
«Scrivo canzoni strane ma se incontro albar Ivan Graziani non è che non siamo ami-
ANNA BANDETTINI
ROMA
ANCHE AI TEMPI C’ERA CHI DISCUTEVA sapientemente su chi fosse“Alice che guarda i gatti”, se la “donna cannone” fosse maidavvero esistita o perché “l’uomo di passaggio mentre vola-va alto nel cielo di Napoli”, rubava i soldi e i ricordi come fa ilprotagonista di Atlantide. Le canzoni di Francesco De Gre-gori sono sempre state così, misteriose e visionarie, così li-bere, stravaganti nelle suggestioni e nei significati invisibilida farti sentire, insieme al potere incantatore della sua voce,più verità della vita reale. Alice, Donna cannone, La leva cal-cistica della classe ‘68, Finestre rotte, Vai in Africa Celestino,Santa Lucia, Titanic, Viva l’Italia, Per le strade di Roma, Fio-rellino... Da poco le ricanta, riarrangiate e rinate e l’album,
Vivavoceè andato così bene che dal 20 marzo da Roma inizierà un nuovo, lunghissimo tour:segno che De Gregori ha continuato a tenere in tensione quel filo che da quarant’anni, ven-tuno album, quindici live e dodici raccolte, lo lega al pubblico. Ma anche a se stesso. «Sareimatto se dicessi che quelle canzoni sono un capitolo chiuso. Le sento mie e ringrazio dio chealcune sono venute particolarmente bene. Se le ricanto è proprio perché volevo che non ri-manessero lì, imbalsamate, ma che venisse fuori che sono contemporanee, che hanno unsenso anche nel 2015», dice nella casa romana dove vive con la moglie Francesca, seduto ac-canto alla jack russell Maria Josè nel divano del salotto collegato senza porte né séparé allostudio dove tutto è al suo posto, il pianoforte, le chitarre, i tanti libri, le matite, i fogli di car-ta, la macchina per scrivere, il computer. Oggi ha sessantatré anni, è alto alto, magro ma-gro, sempre la bella faccia ironica, diffidente che da giovane era bellissima come si vede nellibro Guarda che non sono io(titolo anche di una canzone dell’album del 2012, Sulla strada)curato da Alessandro Arianti e Silvia Viglietti, tra le immagini di quando a vent’anni al Folk-
Alice ora lo sa
Francesco De Gregori. “Ho scrittocanzoni strane. Adesso ve le spiego”
Da sempre ama andare controcorrente
e anche qui non si smentisce: “I miei testi
non sono poesie e le parole da sole
non reggono. Ci vuole la musica...”
Spettacoli. Anticonformisti
IL PRIMO
“ALICENON LO SA”ESCE, SENZASUCCESSO,NEL 1973.IL BRANO CHEGLI DÀ IL TITOLOÈ FAMOSOPER IL SUOERMETISMOTANTO CHEAL “DISCOPER L’ESTATE”SI CLASSIFICAULTIMOMA GLI DÀALMENOUNA MINIMAVISIBILITÀ
IL SUCCESSO
L’ALBUMCAPOLAVOROÈ DEL1975:DA “RIMMEL”CHE LO APREE GLI DÀIL TITOLOA “PIANO BAR”CHE LO CHIUDEPASSANDOPER PEZZI COME“BUONANOTTEFIORELLINO”.È UNO DEI DISCHIFONDAMENTALIDELLA MUSICAITALIANA
L’ULTIMO
“VIVAVOCE”È USCITOA NOVEMBRE2014. È L’ULTIMOALBUM DELCANTAUTOREROMANOCHE QUI RIVISITAI SUOI BRANIPIÙ BELLI.IL 20 MARZODA ROMA PARTEIL NUOVO TOURNEI PALASPORT,CHE D’ESTATESI SPOSTERÀNELLE PIAZZEE IN AUTUNNONEI CLUB
IL “CESARE PERDUTONELLA PIOGGIA”PER ESEMPIO È PAVESEAVEVO LETTO DI QUANDOUNA SERA ASPETTÒPER UNA NOTTELA BALLERINACHE LO ILLUSE E POILO LASCIÒ. MENTREIL PERSONAGGIODELLO SPOSOHA QUALCOSADI AUTOBIOGRAFICO,LO AMMETTO
SE MI DOVESSI GUARDAREDAL DI FUORI MI VEDOSEMPRE UN PO’ A PARTE,UN CORPOAFFETTUOSAMENTEESTRANEO AL MONDOMUSICALE, FORSEPER LA FAMADI ANTIPATICO.NON VADO IN TV, NON VADOTROPPO IN GIRO, NON SONOUN HABITUÈ DEL WEB
IL TESTO
L’ORIGINALE DE “LA DONNA CANNONE”SCRITTA DOPO AVER LETTOUN ARTICOLO SU UN GIORNALE LOCALE
Ma tutto questo
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ci. E poi c’entra la Rca degli anni Settanta. Unposto pazzesco, non solo una casa discogra-fica. Era una specie di castello medievale quia Roma dove c’era tutto, le presse per lastampa dei dischi, gli uffici, gli studi, il cam-petto di pallone, la mensa, il bar dove passa-vano Rubinstein e Lou Reed. Lì ebbi il mio pri-mo e unico incontro con Battisti, una raritàperché non si vedeva mai, era schivo, stavaa Milano. Io pensavo che non sapesse nem-meno chi fossi e invece fu molto carino. C’e-rano Baglioni, Cocciante, Renato Zero, staviinsieme senza barriere culturali. Così alla fi-ne non ti prendevi troppo sul serio. Cosa im-portante per me. Se la gente mi ferma perstrada non mi dà fastidio, mi irrita se pensadi conoscermi dalle mie canzoni, o se consi-dera una canzone come un vaticinio... È tut-ta fuffa. L’ho scritto anche inGuarda che nonsono io in cui mi ritrovo parecchio».
Vuol dire che non scrive pensando a chi l’a-
scolta?
«Sì e no. Vorrei sempre che le mie cose pia-cessero, ma non scrivo per compiacere chiascolta. Dopo Rimmel che fu un successoavrei potuto fare una seconda puntata, in-vece scrissi Bufalo Billcon echi, riverberi e unsuono diverso. Ma questo ha fatto sì che an-che il pubblico si rigenerasse. Una partel’ho presa, una parte l’ho persa».
Le spiace?
«No. Anzi sono contento di ve-dere ai miei concerti ragazzigiovani. Ma come fanno a sa-pere che esisto, mi chiedo.Non vado in tv, non vadotroppo in giro, non sonoun habitué del web...Quanto a certi rimpro-veri, magari per ar-rangiamenti nuovi oper i nuovi testi, me lison sentiti fare pro-prio dai miei coetanei.Per loro De Gregori èsempre quello, dicia-mo fino a Titanic, fino aquando cioè loro hannocomprato dischi e ascol-tato musica. Ciò che èarrivato dopo non con-ta, perché non è in-vecchiato con loro.Sono orgoglioso diessermi sempre con-traddetto.
Dopo Rimmel il mioposto nel pantheondella musica italiana cel’avevo. Ma non mi è maipiaciuto che potesse fini-re così. Preferisco conti-nuare a scrivere canzonimagari più brutte o discarso successo, ma conti-nuare a scrivere quelloche ho in testa. Sempremeglio che cavalcare leonde del passato».
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SU RTV- LA EFFE
IN REPTVNEWS(ORE 19,45, CANALE 50DEL DIGITALE E 139DI SKY) ANNA BANDETTINIRACCONTAFRANCESCO DE GREGORI
Repubblica Nazionale 2015-02-08
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Next. Oasi
Deserto2022
dare una temperatura stimata intorno ai 45gradi. Per far fronte al problema, i qatarini findalla fase di assegnazione hanno promesso sta-di interamente coperti da impianti di aria con-dizionata, in grado di ridurre la temperaturapercepita a 23 gradi e di avere impatto zero sul-l’ambiente, grazie ad avveniristici pannelli so-lari. Ci riusciranno? L’interrogativo appassionapiù di qualche milione di tifosi. La sfida, infatti,non riguarda solo il futuro del calcio, ma quellodi un’intera fetta di umanità: fino a che puntol’uomo può sfidare il deserto?
La risposta oggi è molto diversa da quella diqualche anno fa: basta un giro per le strade delQatar per confermarlo. L’emirato sonnolentoche negli anni Sessanta viveva del commerciodi perle oggi è il paese con il Pil pro capite più al-to del mondo. L’emiro Hamad bin Khalifa AlThani, che ha lasciato il potere nel 2013, ha usa-
FRANCESCA CAFERRI
LO SKYLINE A DOHA CAMBIA
di anno in anno. Pochimesi senza passare e lacapitale del Qatar riser-va al viaggiatore nuovesorprese: il profilo di ungrattacielo laddove pri-ma non c’era che sab-bia, un anfiteatro dimarmo sorto dal nulla,un brulichio di gru e im-palcature in mezzo alle
dune. Cantiere dopo cantiere, la città sta co-struendo dal nulla il suo futuro: qui nel 2022 siterranno i contestatissimi Mondiali di calcio, iprimi assegnati a un paese arabo, i primi in cuii calciatori, oltre ai loro avversari, dovranno sfi-
A DOHA, IN QATAR, SONO IN COSTRUZIONE LE GRANDI OPERE PER OSPITARE I MONDIALI DI CALCIO DEL 2022: DUECENTOCINQUANTA MILIARDI DI DOLLARISTANZIATI PER “BATTERE” IL CALDO A 45 GRADI. I QATARINI HANNO PROMESSOSTADI COPERTI CON ARIA CONDIZIONATA A IMPATTO ZERO
ABU DHABI PUNTA TUTTO SULLA CULTURA. NEI PROSSIMI MESI APRIRANNOTRE SUPER MUSEI: IL GUGGENHEIM ABU DHABI, OPERA DI FRANK GEHRY, IL LOUVRE ABU DHABI, DISEGNATO DA JEAN NOUVEL, E IL ZAYED NATIONALMUSEUM (NEL RENDERING), COSTOLA ARABA DEL BRITISH MUSEUM,PROGETTATO DALLO STUDIO LONDINESE DI NORMAN FOSTER
Stadi con aria condizionata
in vista dei Mondiali di calcio,
musei firmati da archistar
e una città eco-friendly
Ultime tappe di una sfida che avanza
tra polemiche e nuove soluzioni:
la penisola arabica batterà le dune?
ABITANTI
TANTI I RESIDENTI, MENTRE SARANNO 50MILA I PENDOLARIGIORNALIERI DI MASDAR CITY
20ENERGIA
LA COMPAGNIA ENERGETICAMASDAR HA INVESTITO 20 MILIARDIDI DOLLARI NEL PROGETTO
LA CITTÀ
VERDE
LA CITTÀ SARÀ CIRCONDATA DA AREE VERDI
PER MITIGARE IL CLIMA TORRIDO. GLI ALBERI
LA PROTEGGERANNO DAL VENTO E DALLA SABBIA
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STADI MUSEI
SI CHIAMA MASDAR CITY
LA CITTÀ “A EMISSIONI ZERO”
CHE STA SORGENDO A 30 KM
DA ABU DHABI, NEGLI EMIRATI ARABI,
SU UN’AREA DI SEI KMQ.
SARÀ ALIMENTATA SOLO A ENERGIA
SOLARE (88MILA PANNELLI
FOTOVOLTAICI). PROGETTATA
DA NORMAN FOSTER NEL 2008,
SARÀ PRONTA NEL 2025
MILA MLD40
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 39
to i proventi dei ricchissimi giacimenti di gasper cambiare il volto del suo paese: da qualcheanno ormai Doha è una foresta di grattacieli cheospita il campus universitario più grande e pre-stigioso della regione, dove hanno sede le suc-cursali di alcune fra le più famose universitàamericane. Sulla Corniche sorge il museo piùbello della Penisola arabica, dedicato all’arteislamica e progettato dall’archistar I. M. Pei, au-tore delle piramidi del Louvre. Altri due megaspazi espositivi sono a poche centinaia di metridi distanza, quasi pronti per essere aperti (unoè a firma di un’altra stella dell’architettura, ilfrancese Jean Nouvel) mentre a pochi minuti diauto dal mare capita di imbattersi in un anfi-teatro romano in puro marmo di Carrara, cuoredel nuovo villaggio culturale, dove star del ci-nema e orchestre sinfoniche di tutto il mondo siesibiscono regolarmente, per la gioia del (ric-
chissimo) pubblico locale. Kitsch? Forse. Ma ba-sta spostarsi di poco per capire che nel progettodi re-invenzione del deserto i limiti comuni — intermini di gusto e di possibilità — possono es-sere abbattuti senza troppi scrupoli.
Ospitata dentro il Mall of Dubai, uno dei cen-tri commerciali più grandi del mondo, la pistada sci di Dubai è un perfetto esempio di inven-zione di un mondo nuovo: completa di rifugio al-pino, area affitto attrezzature e zona snow-board dedicata, è da sempre una tappa imper-dibile per i visitatori dell’emirato. Il caldo del-l’esterno non è un problema: enormi impianti diaria condizionata e cannoni sparaneve dannol’impressione di sciare realmente sulle Alpi. Po-chi passi fuori dal Mall e le temperature torna-no tropicali, mentre intorno si sviluppa un uni-verso fittizio fatto di super lusso, finte palme dacocco, alberghi multistelle e isole artificiali.
Per cambiare aria bisogna varcare il confineche separa Dubai dai cugini più responsabili (ericchi) di Abu Dhabi: quanto i primi hanno pun-tato sul lusso e sulla frivolezza, tanto i secondihanno scelto la cultura. In un’isola apposita-mente realizzata nei prossimi mesi aprirannotre musei che promettono di far parlare moltodi sé: il Guggenheim Abu Dhabi, opera di FrankGehry, il Louvre Abu Dhabi, disegnato da JeanNouvel, e il Zayed National museum, costolaaraba del British museum, progettata dal fa-moso studio londinese di Norman Foster. Ma lascommessa più ardita dell’emirato è altrove: incostruzione nel mezzo del deserto c’è MasdarCity, un’intera città eco-compatibile, total-mente alimentata da energia solare ed eolica,dove il novantotto per cento dei rifiuti vengonoriciclati. Opera dello stesso Foster, andrà a re-gime fra una decina di anni e ospiterà case e uf-
fici per quarantamila abitanti e millecinque-cento imprese, con cinquantamila pendolariprevisti in arrivo da Abu Dhabi ogni giorno.
Un progetto che si ispira a realtà già esisten-ti quello di Masdar City. Da anni uno dei paesiaridi per eccellenza, l’Arabia Saudita ha con-centrato il suo sviluppo industriale in appositezone ricavate nel deserto: cento milioni di metriquadri circa in cui si estraggono, si lavorano e sistoccano petrolio e altre risorse naturali. Jubail,la più grande e la più antica, ospita quasi due-centocinquantamila persone e dà origine al set-te per cento del Pil nazionale. Nelle sue indu-strie le macchine non si fermano mai: per que-sto nei prossimi anni è in cantiere un progettoper raddoppiarne l’estensione e la capacità diaccoglienza. Una sfida senza precedenti a un de-serto sempre meno deserto.
IL LUSSO È IL PRINCIPIO ISPIRATORE DI TUTTE LE OPERE DI ABU DHABI: DAGLI HOTEL A MULTIPLE STELLE NATI SU ISOLE ARTIFICIALI AI GRATTACIELI PIÙ ALTI. L’ULTIMA NOVITÀ È IL PARCO A TEMA DEDICATO ALLA FERRARI (NELLA FOTO). MENTRE È ORMAI TANTO CELEBRE QUANTO DATATA LA PISTA DA SCI OSPITATA A DUBAI, UNO DEI PAESI PIÙ CALDI AL MONDO
L’ARABIA SAUDITA HA CONCENTRATO IL SUO SVILUPPO INDUSTRIALEIN ALCUNE ZONE DESERTICHE: CENTO MILIONI DI METRI QUADRI CIRCA IN CUI SI ESTRAGGONO, SI LAVORANO E SI STOCCANO PETROLIO E ALTRE RISORSE. JUBAIL (NELLA FOTO), LA PIÙ GRANDE E ANTICA, OSPITAQUASI DUECENTOCINQUANTAMILA PERSONE E DÀ ORIGINE AL 7% DEL PIL
PANNELLI FOTOVOLTAICI
IL CENTRO DIREZIONALE,
IL PIÙ GRANDE EDIFICIO ADIBITO
A UFFICI, SARÀ DEL TUTTO
RICOPERTO DA PANNELLI
FOTOVOLTAICI
CHE PRODURRANNO PIÙ ENERGIA
DEL FABBISOGNO PREVISTO
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OMBRELLONI
MASDAR PLAZAM, CUORE DELLA CITTÀ, AVRÀ 54 TENDONI
PARASOLE CHE SI POTRANNO APRIRE NELLE ORE PIÙ CALDE
-50%
ACQUA
IL CONSUMO SARÀ DIMEZZATO. L’80% DELLE ACQUE GRIGIE DI SCARICO VERRÀ RICICLATO
STRADE
OMBREGGIATE
COLLEGAMENTO
PEDONALE
SOTTERRANEO
UFFICI
QUARTIER
GENERALE
SPAZI
COMMERCIALI
PARETE
PORTANTE
TETTO
PANNELLI
FOTOVOLTAICI
TORRE
EOLICA ASCENSORE
WORKSTATION
INTEGRATA
TORRE EOLICA
IL MASDAR INSTITUTE, POLO
UNIVERSITARIO TECNOLOGICO,
AVRÀ UNA CORTE CENTRALE
VENTILATA DA UNA TORRE EOLICA
TRASPORTI PUBBLICI
SARANNO AFFIDATI A 2.500 NAVETTE
A EMISSIONI ZERO
CHE COPRIRANNO 150MILA
PERCORSI AL GIORNO:
INGRESSO VIETATO
ALLE AUTOMOBILI
(© 2011 MASDAR CITY)
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GIARDINO
PENSILE
PARCHI INDUSTRIE
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STRADE
SARANNO, IN LINEA CON
LE TRADIZIONI LOCALI,
BREVI E STRETTE
PER ESSERE PIÙ
OMBREGGIATE
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 40LA DOMENICA
LICIA GRANELLO
RO GIOVANE, MI TROVAVO A BARCELLONA, a teatro e guar-dando nei palchi, vidi tantissime signore vestite di ros-so. Era uno spettacolo magnifico e pensai che quello sa-rebbe stato il mio colore. È un colore che mi ha sempreportato fortuna”. Il colore-icona dello stilista Valenti-no — mix di carminio, porpora e rosso cadmio — ve-leggia, acceso e sfacciato, tra l’haute couture e la festadegli innamorati, da Valentino a San Valentino, pas-sando rigorosamente per la tavola. Questione di pas-sione. Per il cibo, e per i suoi colori, se è vero che la cro-moterapia assegna al rosso la palma di energia allo sta-to puro. Mangiare cibi rossi, sostengono i naturopati,
significa fare il pieno di sostanze antidepressive, stimolanti, depurative, antiossidanti. L’ortosa infuocarsi di rosso tutto l’anno, obbedendo ai comandamenti di madre natura, che accendefoglie e bucce da una stagione all’altra: fragole e ciliegie in primavera, pomodori e cocomeri inestate, cachi e uva in autunno, mele e arance in inverno. Un mese l’altro, una maturazione do-po l’altra, il contenuto di antocianine e licopene, carotenoidi e tannini fa la differenza, suppor-tando e migliorando l’equilibrio del corpo. Ma se nei mesi caldi incamerare vitamine e mine-rali riesce facile e quasi superfluo, le temperature degli ultimi giorni obbligano alla cura ali-mentare per non soccombere a freddo e virus.Dalle spremute di tarocchi e sanguinelle alsucco di ribes, su su fino alla passata di pomo-doro e a un bicchiere di vino, il rosso ci attira,benefico e allegro, drenando le vie linfatiche eattivando il sistema immunitario, aumentan-do il metabolismo e regalandoci surplus di fer-ro e potassio.
Anche il coté enogastronomico non scher-za. Gli amanti della verdura sanno che nes-sun’altra insalata ha il phisique-du-rôledel ra-dicchio, capace di immolarsi su braci e grati-cole senza guastarsi, anzi, diventando sem-plicemente più morbido e amaramente lasci-vo al cospetto della sapida dolcezza di una fet-ta di fegato spadellato. Allo stesso modo, melee pere rosso fuoco — red delicious, williams —gareggiano con arance per colore e contenutodi vitamine.
E poi i crudi, in primis la carne, che ha nel co-lore il suo passaporto genetico e di qualità. Cipiace gustarla in estate e invece dovremmomangiarla in inverno, per questione di salu-brità — le alte temperature non le si addicono
— e assimilazione di nutrienti. In quanto al pe-sce, sono rossi gli scorfani (brutti e indispen-sabili in zuppe e guazzetti), le triglie di sco-glio, i gamberi più saporiti e i ricci di mare, me-ravigliosi nei mesi con la erre, proprio come leostriche.Se volete sgranchirvi le mani in vistadella cena di San Valentino, potete andare ascuola di ricette amorose alla “Bit 2015”, laBorsa internazionale del turismo in program-ma alla Fiera di Milano nel prossimo fine set-timana, dove le Masserie didattiche di Pugliaorganizzano corsi hands on (mani in pasta) eracconti sul vino.
Se invece siete restii al cimento culinario, al-lestite una cena in rosso senz’altra fatica chescegliere i prodotti giusti: prosciutto crudo diLuciano Zanini, battuta al coltello di Obertocon insalata di radicchio e cavolo rosso, unabottiglia di barolo Sarmassa 2006 Marchesi diBarolo e, dulcis in fundo, i cuori di cioccolatorosso di Guido Gobino. Davanti a voi, si spa-lancherà il paradiso degli innamorati.
Rosso di sera. Carnivino, radicchio e ribesIl menù scelto col cuore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il weekend
L’Ente turismo spagnoloorganizza un weekend
amoroso sulle tracce di Frédéric Chopin
e George Sand a Valldemossa (Maiorca).
Tra le stradine del porto e la sierra Tramuntana,
d’obbligo la cena al ristorantestellato “Es Racó d’es Teix”
Il ristorante
L’edizione 2015 della guidaMichelin Francia, pubblicata
in settimana, ha assegnato tre stelle al parigino
“Le Pavillon Ledoyen”: sul sito, in vendita i “coffret
amour secret”, con tartufi al cioccolato e candele
aromatizzate al caramello salato
ANTIOSSIDANTE,ANTIDEPRESSIVO,
DEPURATIVO,RICCO DI FERROE DI POTASSIO,
MA SOPRATTUTTOROMANTICO:
IL COLOREDELL’AMORE,
A TAVOLA,È ENERGIA
ALLO STATO PURO
Barbabietole su pere e caprinola mia crema di velluto
La ricetta
Sapori. Forti
400 G. DI FORMAGGIO CAPRINO FRESCO; 500 G. DI BARBABIETOLE COTTE;
1 MELA GRANNY SMITH; 1 PERA WILLIAMS VERDE; 300 G. DI SCIROPPO
(METÀ ACQUA METÀ ZUCCHERO); OLIO EXTRAVERGINE GARDESANO; 50 G. DI ACETO
DI MELE; SALE MALDON; PEPE SARAWAK; GERMOGLI O FOGLIE DI BARBABIETOLA
Pulire le barbabietole e frullare la polpa con poca acqua, sale, pepee olio fino a ottenere una crema liscia rosso violaceo. Conservarein frigo. Essiccare gli scarti in forno, frullare e setacciare per otte-nere una polvere sottile e riporre in un contenitore ermetico. Ta-
gliare la frutta a spicchi, inserire in un sacchetto da sottovuo-to con lo sciroppo, l’aceto di mele, un cucchiaino di polveredi barbabietola. Riposare in frigo per tre ore. Condire il for-maggio con olio, sale e pepe. Formare 12 palline da 30 g. l’u-na e riporre in frigo. Scolare la frutta dalla marinatura. Riem-pire un cucchiaio di crema di barbabietola, versarlo suogni piatto e tirare, creando una virgola. Sistemaredue spicchi di mela uno di pera nella parte larga dellavirgola e condire con fiocchi di sale Maldon. Accanto,tre tartufi di caprino spolverizzati con la polvere dibarbabietola. Decorare con foglie di barbabietola.
“E
SUCCO DI RAPA ROSSA, CAROTA E CETRIOLO
BARCHETTE DI CARPACCIO DI MANZO
LO CHEF
DANIELEZENNARO GUIDA LA CUCINADEL VENEZIANO“VECIO FRITOLIN”DI IRINAFREGUIA, DOVE PIATTICONTEMPORANEI E TRADIZIONALISI FONDONOPERFETTAMENTE
Il libro
Si intitola “Cioccolate. Storia e ricette di una celebre
tentazione” il nuovo libro di Ivonne Boscaino,
bibliotecaria dell’Università di Siena e docente
di scrittura creativa, dedicato al coté letterario
del cioccolato, con ricette annesse
Repubblica Nazionale 2015-02-08
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8sfumature
PomodoroLontano dalle produzioni di serra, salse rosso fuoco,piennoli (i pomodoriappassiti del Vesuvio) e sott’oli fatti con datterini e corbarini in extravergine
LE CHICCHE DI GIÒ (ANCHE ONLINE)VIA ROMA 25GRAGNANO (NA)TEL. 081-8743652
GamberoTra Sanremo e Mazara del Vallo, polpa e carapace di colore sgargiante per carpacci e tartare.In versione cocktail, consalsa Aurora (con ketchup)
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MelagranaLa buccia solida e aranciataprotegge chicchi translucenti e rossastri, simbolo di felicità, fecondità e ricchezza. Su insalate e risotti, macedonie e creme
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RibesFresco o in confetture, salse,sorbetti, gelatine per piattidolci e salati. Con vodka,lime e triple sec compone la ricetta del cocktailamericano Cosmopolitan
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CarneCruda in versione tartara o carpaccio, appena scottataper sigillare l’esternomantenendo il cuore rosso.Rossi&crudi anche salame,prosciutto e salsiccia di Bra
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RadicchioDa Treviso a Verona, da Chioggia a Gorizia,le cicorie rosse del Trivenetoottime in paste e risotti.Anche spadellate alla brace,per torte o salse agrodolci
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VinoDai rosati al Lambrusco, finoal cupo Negramaro, il colorebattezza mille profumi e sapori. In abbinamento o in beata solitudine (rosso da meditazione)
VOGLIA DI VINO
VIA PERTINACE 7/AALBA (CN)TEL. 0173-593090
GUIA SONCINI
HO UN SOGNO: che le
coincidenze del calendario
producano un disastro che
superi tutti quelli che
raccontiamo e ascoltiamo
raccontare da anni. Tutte le cene di san
Valentino andate (a) male, tutti quei
menu afrodisiaci che avrebbero dovuto
garantire prestazioni straordinarie e
sono finiti in intossicazioni alimentari.
Tutte quelle convinzioni che la
controparte non potesse aver
dimenticato una data tanto importante
— di sicuro stava per sorprenderci con
una qualche serata romanticissima
organizzata in gran segreto — sfracellate
contro la realtà: «Lavoro fino a tardi» non
era una frase in codice, era proprio quel
che prometteva d’essere; era proprio la
metà meno romantica (cioè: meno
attenta alle scadenze fisse) della coppia
che rientrava verso mezzanotte
dichiarando stanchezza e domandando
come niente fosse: «Tu invece cos’hai
fatto stasera?».
Tutti i disastri annunciati — perché è
comunque un disastro: se ci tieni sei
infantile, ti lasci condizionare dalle
americanate, se Charlie Brown non
avesse mandato invano bigliettini di san
Valentino alla sua ragazzina dai capelli
rossi non sapresti neanche che questa
ricorrenza esiste; se non ci tieni allora
cosa stiamo insieme a fare e guarda i
ristoranti sono pieni di coppie e tu
invece. Neanche la festa della donna —
che se mi porti le mimose mi consideri un
panda e se non me le porti sei uno sporco
maschilista — è un incubo dell’entità di
san Valentino.
Ma nel 2015 il calendario potrebbe
donarci la guerra che porrà fine a tutte le
guerre, la catastrofe che supererà tutte
le catastrofi, il peggior san Valentino
(altrui) che supererà tutti i peggiori san
Valentino (nostri). Quest’anno san
Valentino casca in mezzo al carnevale.
Non può non succedere: deve, per forza.
Di certo non a noi, e possibilmente
neanche a qualcuno di troppo vicino, una
sorella o un amico del cuore, perché il
cascame drammatico sarebbe troppo
pesante da gestire. Alla giusta distanza,
quella che ci permetta di esorcizzare
ridendo l’incubo, di raccontarlo con
dettagli sempre nuovi, e di inorridirne
senza che ci riguardi troppo. La sera di
san Valentino una coppia alle prime
uscite sarà a cena, e a un certo punto uno
dei due dirà che sì, sente di poterlo dire:
crede proprio che si tratti di grande
amore. Segue commozione. Segue «Era
uno scherzo di carnevale, mica ci stavi
cascando, no?». Segue, plausibilmente,
strage di san Valentino.
San Valentinol’invito a cenaquest’annoè con delitto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MELAGRANA IN CHICCHI
ASPIC AI FRUTTI ROSSI
PeperoncinoIn polvere o listarelle, va scelto con riguardo a tipie valori di capsaicina, dalla paprica al Carolinareaper, dieci volte più infuocato dell’Habanero
AZIENDA AGRICOLA CARMAZZI
VIA DELLA FONTANELLA 61VIAREGGIO (LU)TEL. 0584-340941
Repubblica Nazionale 2015-02-08
la RepubblicaDOMENICA 8 FEBBRAIO 2015 42LA DOMENICA
A cinque anni, nella Germania distrutta dalla guerra, decise che
avrebbe fatto il pittore. È diventato uno dei massimi artisti contem-
poranei. Ogni mattina prende un libro e lo trasforma in un’opera:
“Solo dando forma al mondo riusciamo a regalargli un senso: è a
questo che serve l’arte. La scienza ha scoperto che cosa è successo
un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, ma solo la mitologia
delle immagini può raccontare
cosa è accaduto l’attimo prima.E
però sia gli artisti che gli scienzia-
ti, quando scoprono una cosa
nuova, usano lo stesso aggettivo.
Dicono: che bello!”
AnselmKiefer
GIAN LUCA FAVETTO
TORINO
QUEL SIGNORE CON GLI OCCHI CHIARI che lanciano sguardi rapidi e in-calzanti, il viso piccolo, disteso. Alto e dinoccolato, maglia giac-ca pantaloni neri, nero anche il cappotto di cashmere abbando-nato sul pavimento, neri i sandali aperti in pieno inverno, conuna fettuccia blu di lato, nere le calze rotte sul tallone. Quel-
l’uomo in fondo al corridoio, catturato davanti ai suoi quadri, gli ultimi diun percorso espositivo intitolato Infinito, è in realtà una biblioteca di librie di visioni. Visioni che nascono da libri e che poi lui mette su tela: le rico-struisce come quadri, come presenze, come installazioni. Le architetta co-me opere. D’arte.
Anselm Kiefer, classe 1945, l’autore dei Deutschlands Geisteshelden(Germania eroica), dei Sette palazzi celesti, delle Età del mondo, unodei più importanti artisti contemporanei, con personali alla Bienna-le di Venezia e al MoMA di New York, al Grand Palais di Parigi e allaRoyal Academy di Londra, a Berlino e a Tokyo, ad Amsterdam e aCittà del Messico, è a Torino per ricevere la laurea honoris causa in fi-losofia: “Per avere prodotto un percorso speculativo per immagini diesiti straordinariamente fecondi, in grado di confrontarsi con la tra-gedia del Novecento e con il mondo contemporaneo”, detta la motiva-zione. Dopo la cerimonia all’Università, si è rifugiato nella Galleriad’arte moderna, dal suo amico, il direttore Danilo Eccher. Qui siè ritrovato faccia a faccia con due sue opere, Einschüssee Hum-baba, fatte di piombo, rovi, colori acrilici e a olio, foglie d’o-ro, fotografia, cenere, gommalacca. Sono esplosioni fra
montagne innevate e frammenti della mitologia su-mera di Gilgamesh. Sono materia che urla e canta,mappe che resistono al tempo.
Da un quarto d’ora almeno ha in tasca la mia do-manda, buttata lì tanto per iniziare la conversazione:qual è la sua storia? La storia di una celebrità dell’arte con-temporanea, come e dove comincia? Prima di rispondere, sifa tutto l’Infinito. Ci vogliono una ventina di minuti. Arriva-to al fondo, in piedi davanti ai suoi quadri, dice: «Si cerca sem-pre di scoprire il modo in cui il Cosmo è nato». Suona come un
sottotitolo adatto a entrambi i lavori. Poi attacca: «La mia storia è molto lun-ga e viene da lontano. Io non sono nato nel 1945, ma molto prima. Ho den-tro di me dei protoni che risalgono all’inizio del Cosmo. Siamo tutti impa-stati di particelle che sono all’origine dell’Universo. Siamo molto più vec-chi della Terra. Io so che le mie origini risalgono a prima ancora che nascesseil nostro pianeta. L’ho compreso pienamente, per la prima volta, solo qual-che mese fa».
Parla con un’energia da fanciullo che, esplorando, ha toccato la meravi-glia, e ha quell’espressione da “ho visto cose e conosciuto mondi che voi uma-ni nemmeno potete immaginare”... E non sono le navi in fiamme al largo deibastioni di Orione o i raggi B che balenano vicino alle porte di Tannhäuser,no. Lui ha visto il Cern di Ginevra, il più grande laboratorio di fisica delle par-ticelle. «Quando mi hanno invitato stavano riparando l’acceleratore di par-ticelle. Quindi sono potuto scendere nel suo ventre e contemplare il sincro-ciclotrone aperto, questo enorme meccanismo dove si scontrano le parti-celle accelerate alla velocità della luce. Mi hanno mostrato il lavoro che si faper vedere l’infinitamente piccolo. E poi ho assistito a un dibattito dove han-no illustrato una teoria che permette di risalire fino a un miliardesimo di se-condo dopo il Big Bang. Ma l’attimo prima? Niente: dell’attimo prima non sisa nulla. Anzi, più si scopre, meno si sa. Ci vuole l’arte per dirlo. Serve la mi-tologia delle immagini per raccontare l’inizio del mondo, per svelare ciò cheè accaduto prima». Sorride: «Gli scienziati lavorano in gruppo per trovareuna formula matematica, gli artisti vanno da soli alla ricerca di un’immagi-ne. Ma quando fisici e matematici scoprono qualcosa di nuovo, dicono: chebello! Adoperano lo stesso aggettivo, hanno la medesima sensazione este-tica degli artisti».
Ha sempre scelto i luoghi dove lavorare: una filanda e un vecchio deposi-to sono diventati i suoi studi. «Il mio lavoro è la continuazione del lavoro chesi svolgeva fra quelle pareti», dice. I posti in cui vivere, invece, li hanno scel-ti le sue compagne. «Ho sempre seguito le donne. Andavo dove volevano lo-ro, dai miei primi spostamenti in Germania, poi in Toscana, ora in Francia».
Tedesco di Donaueschingen, nel Baden-Württemberg, da più di vent’an-ni ha casa e studio a Parigi e nel Sud della Francia. «Da bambino disegnavotutto ciò che vedevo — ricorda —. Ero il primo di tre fratelli, nato in una can-tina dell’ospedale, sotto un bombardamento. Appena venuto al mondo, persfuggire alle bombe, ho trascorso il mio primo giorno nella foresta. Era il no-stro rifugio. A cinque anni avevo già deciso di diventare pittore. Credevo diessere un genio. Quando mi sono diplomato, mi sono iscritto a Legge, tantoero già un genio, no? Non avevo bisogno di imparare la tecnica. Il linguag-gio artificiale del diritto mi piaceva: è il contrario della vita. Lo sentivo eso-tico, attraente. Dice che la realtà non esiste. Per tre anni ho studiato diritto,leggevo Montesquieu e la sera dipingevo. Poi ho capito che, se volevo di-ventare un vero pittore, dovevo andare a una scuola di Beaux Arts. Non erosoddisfatto delle mie ricerche, facevo ritratti e paesaggi che non erano ma-le, ma non funzionavano. Erano assolutamente vuoti». Si trasferisce a Fri-burgo e a Karlsruhe. Ed è stato un po’ come uscire di prigione per scoprire lalibertà dell’arte.
È il 1967 e comincia la sua carriera, segnata dall’incontro conJoseph Beuys, lo sciamano dell’arte, con la sua magia e il suo
pensiero sull’armonia fra essere umano e natura. «Io credoche le donne generino il mondo, gli uomini sono impulsivi evanitosi. Le donne sono coloro che accendono la vita, sono più
legate alla natura, sono più streghe. I maschi devono sempreprovare di essere forti. E però alla base della Rivoluzione fran-
cese, ad esempio, c’erano le donne. E così, dietro tutti i miti del-l’antichità, ci sono le donne, c’è la loro forza creatrice». Do-
po la creazione, viene la storia. «Ma la storia oggettivanon esiste. Le persone la ricostruiscono secondo ipropri bisogni e punti di vista. La storia è argillache si plasma con le mani. Il mio lavoro è conti-nuare i miti: loro esistono e io li continuo. Cia-scuno dà forma alla sua storia e ha la sua inter-pretazione».
È per questo che, ogni mattina, nella sua bi-blioteca lunga sessanta metri, lui cerca un libro. Ècome se andasse a spasso nella foresta. Controlla i
dorsi, ne prende uno, lo sfoglia, legge. «Quasi sem-pre scopro che, il libro scelto, è proprio quello che
mi serve per il lavoro che sto facendo». Ogni giornoil suo lavoro riparte da un libro. Ogni giorno da un li-
bro Anselm Kiefer ricomincia a dare forma al mondo.Al suo mondo. Dandogli forma, gli dà senso. «A questoserve l’arte. Non potrei vivere senza. Mi fa trovare unsenso nella vita». Il senso che non c’è nella Storia, masolo nelle storie che racconti. Lo creiamo noi, dice. Nonun senso definitivo, ma quello necessario per vivere.Quello per cui il Cosmo, nei racconti e nei respiri, si famondo, territorio, abitazione, casa, io.
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ANCHE DIETRO LA RIVOLUZIONE FRANCESE C’È LA FORZA CREATRICE DELLE DONNE, SONO LORO CHE GENERANO TUTTO. IO LE HO SEMPRE SEGUITE. ANDAVO DOVE LOROVOLEVANO: PRIMA LA TOSCANA, ORA LA FRANCIA
LA STORIA OGGETTIVA NON ESISTE LA STORIA È ARGILLA CHE SI PLASMA CON LE MANI. IL MIO LAVORO È PROPRIO QUESTO, CONTINUARE I MITI:LORO ESISTONO, IO LI CONTINUO
MI ISCRISSIA LEGGE PERCHÉ
MI ATTRAEVAIL LINGUAGGIO
ARTIFICIALEDEL DIRITTO:
È IL CONTRARIODELLA VITA
POI HO CAPITOCHE DOVEVO
ANDARE A SCUOLADI BELLE ARTI:
I MIEI PAESAGGIERANO VUOTI
L’incontro. Visionari
Repubblica Nazionale 2015-02-08