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REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
Dott. Elena Riva Crugnola Presidente Dott. Marianna Galioto Giudice Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore
ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al numero di ruolo 38491/2013 R.G., proposta con atto di citazione ritualmente notificato da ATTILIO BELLET, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Elisabetta Lorusso e Aniello Garofalo ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Via Boccaccio n. 27, 20123 MILANO, come da procura a margine dell’atto di citazione
- ATTORE -
CONTRO
AUSONIA 1931 SOCIETA’ COOPERATIVA SPORTIVA DILETTANTISTICA A RESPONSABILITÀ LIMITATA, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lorenzo Lamberti e Paolo Grandi ed elettivamente domiciliata preso il suo studio in Piazzale Cadorna n. 4 20121 MILANO, come da procura a margine della comparsa di risposta.
- CONVENUTO -
CONCLUSIONI
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Per parte attrice: “Piaccia all’ill.mo Tribunale adito, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa e respinta, così GIUDICARE - accertare la nullità, o comunque annullare la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’11 marzo 2013 di esclusione dell’attore dalla società per la genericità ed indeterminatezza sua e della sua comunicazione; · qualora il Tribunale dovesse ritenere di entrare nel merito delle motivazioni eccepite dalla convenuta società in comparsa di costituzione, respingere le eccezioni della convenuta siccome infondate e condannare la società convenuta a rimborsare all’attore le seguenti somme: 1. la somma di €61.475,99= per la fideiussione prestata dall’attore alla convenuta società a garanzia dell’affidamento per scoperto del conto corrente 25/460 presso Banca Intermobiliare ed escussa dalla Banca nel luglio 2013; 2. le somme dall’attore versate per finanziamenti effettuati a favore della convenuta società per la somma complessiva di €83.326,63, o per quella somma, maggiore o minore, che risulterà in corso di causa; 3. le somme che dovessero essere richieste per la fideiussione fino alla somma di €25.000,00 dalla Banca Itermobiliare prestata a favore della convenuta società nei confronti del Comune di Milano, fideiussione garantita dall’attore. · con il favore in ogni caso delle spese, dritti e onorari di causa. · In via istruttoria: Ø voglia l’ill.mo Tribunale respingere tutte le istanze formulate da controparte di produzione di ulteriore documentazione in quanto irrilevante e ininfluente, e nel denegato caso di ammissione della produzione concedere termine all’attore per la produzione e le deduzioni contrarie; Ø voglia il Tribunale ammettere la prova per interrogatorio e testi sui capitoli da 1 a 8, che qui vanno ritenuti integralmente riportati, dedotti con la memoria n.2 ex art. 183 cod.proc.civ. in data 30 novembre 2014; Ø voglia il Tribunale non ammettere la prova per testi dedotta dalla società convenuta con la memoria in data 30 novembre 2014 siccome irrilevante e inammissibile per i motivi esposti con la memoria dell’attore n.3 ex art. 183 cod.proc.civ. in data 17 dicembre 2014; e, nel denegato caso di ammissione in tutto o in parte della prova testimoniale dedotta dalla società convenuta, ammettere la prova contraria, dedotta dall’attore con la richiamata memoria del 17 dicembre 2014, sui capitoli che dovessero essere ammessi di controparte, nonché sul capitolo n.9 dedotto dall’attore con la stessa memoria”. Per parte convenuta: “In via istruttoria Rimettere in termini la società Ausonia e autorizzare la produzione in giudizio della cartella di pagamento n. 068 2015 0067936454 accogliendo l’istanza formulata in data 29 Gennaio 2016. Nel merito, in via principale Rigettare tutte le domande formulate da parte attrice nel proprio atto di citazione, in quanto infondate per i motivi esposti. In ogni caso
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Con vittoria di spese e compensi professionali”.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione notificato il 14 maggio 2013 il Sig. Attilito Bellet (di seguito: Bellet) conveniva in
giudizio Società Cooperativa sportiva dilettantistica AUSONIA 1931 a responsabilità limitata (di
seguito: Ausonia o la Società) svolgendo opposizione alla deliberazione assunta l’ 11 marzo 2013 dal
Consiglio di amministrazione di Ausonia che lo aveva escluso dalla Società e chiedendo al Tribunale di
accertarne e dichiararne la nullità o di annullarla.
Esponeva in particolare l’attore di avere ricevuto in data 17 marzo 2013 una lettera raccomandata con
cui il Presidente del C.d.a. Sig. Fabio Napoli (di seguito: Napoli) gli comunicava che il Consiglio di
amministrazione “… nella riunione dell’11 marzo 2013 ha deliberato la sua esclusione dalla società
con effetto immediato per i motivi di cui all’art. 10, lettera b) dello Statuto sociale e dell’art. 2533,
comma 1, n. 2) Cod. Civile”.
Parte attrice eccepiva quindi la mancata indicazione dei fatti e degli addebiti posti a base della
deliberazione in questione e che tale lacuna non gli consentiva di conoscere né di verificare su quali
motivi essa fosse fondata, di contestare la veridicità di quei fatti, di contestarne la gravità o le
responsabilità ritenute conseguenti.
Precisava che sia egli stesso (doc. 3 att.), sia il figlio – anch’egli socio – (doc. 4) avevano, nei giorni
successivi, chiesto copia del verbale della riunione del C.d.a. in cui la delibera di esclusione era stata
assunta, senza ottenere risposta.
Dunque l’attore, ritenuta nulla ed illegittima la deliberazione in questione, per genericità ed
indeterminatezza, anche in relazione al contenuto degli artt. 10 let. b) dello statuto sociale e 2533
comma 1 n. 2 c.c., proponeva appunto l’opposizione per cui è causa.
Si costituiva tempestivamente parte convenuta che, riepilogati i fatti che avevano portato alla
deliberazione di esclusione del Bellet, riportava testualmente la deliberazione stessa, dalla quale si
desume che essa veniva assunta sulla base di tre “omissioni”, ritenute rilevanti in relazione alle norme
sopra indicate e, segnatamente:
“ … - non aver predisposto e presentato nei termini di legge i bilanci d’esercizio;
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- non aver mai prestabilito le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni ai fini IVA e quale sostituto
d’imposta;
- non aver consegnato al Consiglio di Amministrazione attualmente in carica i libri contabili ed i libri
sociali”.
Eccepiva quindi che la deliberazione era dettagliata e motivata; che, in base alla giurisprudenza in
materia, la deliberazione e la sua comunicazione erano da considerare pienamente valide; che
comunque il Bellet era consapevole delle violazioni addebitategli; che esse costituivano gravi
inadempimenti ai doveri di socio, come anche quella di avere “adoperato con dimestichezza il denaro
della cooperativa”, come risultava, a suo dire, da movimentazioni bancarie in conflitto di interessi, mai
autorizzate dal C.d.a. e prive di sottostante giustificativo contabile.
Sin dalla prima udienza parte attrice contestava integralmente gli assunti e le eccezioni formulate in
comparsa di costituzione e risposta, si riservava di sporgere denuncia nelle sedi opportune per il reato
di calunnia in relazione alle deduzioni di controparte relative ad avere “adoperato con dimestichezza il
denaro della cooperativa” e riformulava le proprie domande aggiungendo alla prima concernente
l’invalidità della comunicazione e della delibera di esclusione, le altre, relative a condanne della
Società a rimborsi in suo favore, “per il caso che il Tribunale dovesse ritenere di entrare nel merito dei
motivi di esclusione dell’attore dalla società”.
Tali domande venivano poi ribadite nelle conclusioni come riformulate in memoria ex art. 183 comma
6 n. 1 c.p.c. ed infine in sede di precisazione delle conclusioni.
Parte convenuta ha eccepito l’inammissibilità ex art. 183 comma 5 c.p.c. di queste domande attoree
aggiuntive in quanto nuove e non conseguenti a proprie deduzioni qualificabili come eccezioni.
Dopo lo scambio delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa veniva assunta in decisione senza
procede all’assunzione di prove costituende.
* La prima domanda di parte attrice è fondata e va accolta con conseguente dichiarazione di inefficacia
della delibera impugnata.
L’ art. 2533 comma 3 c.c. prevede: “Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre
opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione”.
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In materia di contenuto della comunicazione, da parte della società cooperativa al socio, della sua
esclusione, di rapporto tra il contenuto della comunicazione ed il contenuto della delibera di esclusione,
di grado di specificità della descrizione degli addebiti che hanno determinato il c.d.a. a deliberare
l’esclusione, si è formata copiosa giurisprudenza anche di legittimità.
In particolare, la Corte di cassazione, ha ripetutamente affermato che:
“Nelle società cooperative la comunicazione della deliberazione di esclusone del socio prevista
dall’art. 2527 c.c. ai fini del decorso del termine di trenta giorni per proporre opposizione, non
richiede l’adozione di specifiche formalità o particolari mezzi di trasmissione, né la rigorosa
enunciazione degli addebiti, dovendosi considerare sufficiente qualsiasi fatto o atto idoneo a rendere
edotto il socio delle ragioni e del contenuto del provvedimento per porlo, conseguendosi in tal modo le
finalità previste dalla legge, nelle condizioni per articolare le proprie difese” (1).
Secondo questo, indirizzo, dunque, prevale su un criterio di valutazione meramente formale delle
modalità e contenuto della comunicazione della delibera di esclusione, un criterio sostanziale e
funzionale, cioè l’idoneità della comunicazione stessa a far conoscere al socio escluso “ragioni e
contenuto” della delibera di esclusione, così da consentirgli di esercitare primamente il suo diritto di
difesa in sede di opposizione. Del resto, se così non fosse, non si comprenderebbe la ragione della
concessione al socio dell’ampio termine previsto per l’opposizione (60 giorni), evidentemente
finalizzato a rendere effettiva la tutela di quei diritti. Ed è quasi superfluo richiamarne il rango
costituzionale (art. 24 Cost.).
Corollario di siffatta impostazione è l’affermazione che:
“La mancata specificità nella comunicazione al socio di una cooperativa degli addebiti che hanno
generato il provvedimento di esclusione diviene irrilevante soltanto quando l’escluso dimostri di essere
pienamente consapevole delle concrete situazioni addebitategli avendo fondato su di esse la propria
difesa in sede di opposizione” (2).
Ovvero: soltanto dalle difese esplicate dal socio escluso in sede di opposizione è possibile desumere se
egli sia stato edotto aliunde, nonostante una comunicazione generica della delibera di esclusione, dei
motivi di esclusione sui quali si fonda la deliberazione.
1) Cass., n. 11402 del 2004; Cass., n. 8984 del 1999; Cass., n. 7592 del 1999; Cass., n. 23628 del 2015. 2) Cass., n. 11637 del 1997; Cass., n. 10497 del 1998; Cass., n. 9577 del 1993; Cass., n. 6430 del 1982.
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Tale affermazione è qui pienamente condivisa, poiché la comunicazione della deliberazione di
esclusione - come emerge dalla piana lettura della norma e dalla esplicitazione che ne risulta nelle
sentenze sopra indicate – è funzionalizzata proprio a porre il socio escluso nelle condizioni di esercitare
pienamente i propri diritti di difesa e contraddittorio con il mezzo dell’opposizione, mezzo che, sul
piano oggettivo, è poi a sua volta funzionalizzato a rendere effettivo, con riferimento ai diritti qui in
gioco, il principio di legalità. E si deve sottolineare che l’effettivo esercizio di quei diritti comprende
sia quello di proporre, conosciuti gli addebiti su cui si fonda la delibera di esclusione, un’opposizione
che consideri nel merito quegli addebiti deducendone l’infondatezza, sia lo speculare diritto di non
proporre opposizione, quando valuti gli addebiti fondati o comunque inutile o inopportuna
l’opposizione. Corretto dunque affermare che, se la comunicazione dell’esclusione è priva
dell’indicazione di ragioni e contenuto della delibera, allora solo l’effettivo esercizio del diritto di
difesa in sede di opposizione può rendere irrilevante quella omissione.
E’ poi appena il caso di richiamare l’ evidente mancanza di buona fede nell’esecuzione del contratto
(che comprende le modalità con cui il rapporto contrattuale è fatto cessare) che si palesa nella
comunicazione di una delibera di esclusione in cui non siano indicati gli addebiti che l’hanno
giustificata.
Da quanto detto discendono due conseguenze.
La prima, per converso, è l’irrilevanza, a fronte della genericità della comunicazione e di una
opposizione corrispondentemente generica in cui il socio escluso dichiari di non conoscere i motivi sui
quali la delibera di esclusione è fondata, del fatto che il socio fosse stato reso edotto dalla cooperativa,
aliunde e prima dell’adozione della delibera di esclusione, di addebiti mossi nei suoi confronti. E ciò è
ovvio perché, se la comunicazione è generica, il socio non può sapere né se la delibera di esclusione si
fonda effettivamente sugli addebiti in precedenza mossigli o su altri, né se essa si fondi su tutti gli
addebiti mossigli o solo su alcuni di essi, né se gli addebiti mossigli siano stati recepiti nella
deliberazione esattamente con riferimento alle stesse vicende storiche o invece con riferimento alle
stesse vicende ma diversamente circostanziate o con riferimento alle stesse vicende ma diversamente
valutate (ad esempio in termini di gravità del ritenuto inadempimento).
La seconda conseguenza è, per converso, che quando la comunicazione, per la sua genericità, non è
idonea a consentire la piena esplicazione dei diritti di difesa e contraddittorio del socio escluso, cioè a
svolgere la funzione per la quale è legalmente prevista, essa risulta affetta da un vizio genetico –
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segnatamente la mancanza di oggetto la rende funzionalmente inidonea - che ne importa la nullità.
Invero, essendo la comunicazione atto negoziale unilaterale, è applicabile, poiché compatibile, il
disposto degli artt. 1418 comma 2 e 1346 c.c.
Questo vizio della comunicazione si riflette a sua volta sulla delibera di esclusione, la cui efficacia deve
essere ritenuta collegata alla sua idonea comunicazione al socio escluso, proprio perché – come si
evince chiaramente dal testo dell’art. 2553 comma 3 c.c. – il socio escluso ne è il destinatario ed a tale
comunicazione si collega il suo diritto di opposizione.
Questa affermazione trova preciso riscontro nel quadro dei principi generali, e, segnatamente, del
disposto dell’art. 1334 c.c. Invero, essendo la delibera di esclusione atto unilaterale della società
cooperativa – in quanto assunto dal C.d.a. senza possibilità di partecipazione del socio escluso – e
destinato ad essere a lui comunicato con idonee modalità, essa delibera, in base a tale norma, produce
effetti dal momento in cui, appunto con idonee modalità, pervenga a sua conoscenza. Né si rinvengono
elementi normativi derogatori di tale disciplina generale. Vale peraltro considerare anche che l’atto di
esclusione del socio da parte della società è simmetrico all’atto di recesso del socio dalla società ed
appartiene alla normale disciplina del recesso la sua qualificazione come atto ricettizio (cfr. artt. 2285,
2437 bis, 2473 c.c.), salvo che, con riferimento al recesso del socio da società di capitali, sussistono
numerosi elementi normativi che giustificano l’accesa discussione in ordine alla decorrenza della sua
efficacia.
Del resto, se la delibera di esclusione fosse efficace indipendentemente dalla comunicazione
dell’esclusione, la cooperativa non avrebbe interesse alcuno a comunicare al socio (in modo idoneo
all’esercizio del suo diritto di difesa e contraddittorio) l’ esclusione e, quindi, ci si potrebbe trovare di
fronte alla paradossale pretesa della cooperativa di rendere esecutiva un’esclusione mai comunicata e
rispetto alla quale l’escluso non ha mai avuto modo di reagire mediante opposizione ed eventuale
ricorso per la sospensione dell’esecuzione e degli effetti.
Da notare che, non essendo prevista dalla disciplina che ne occupa né la possibilità del socio escluso di
avere notizia della convocazione della riunione avente all’ordine del giorno la sua esclusione, né la
legittimazione del socio a parteciparvi, né l’iscrizione o deposito della deliberazione in questione in
alcun libro o registro cui la legge riconosca effetti almeno di pubblicità notizia, e dunque risultando
impossibile costruire un meccanismo di conoscenza legale della deliberazione, è evidentissima la
rilevanza data dalla norma di cui si discute alla comunicazione più volte richiamata.
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Le considerazioni appena svolte fanno ritenere dunque che la deliberazione di esclusione del socio di
cooperativa costituisce atto unilaterale ricettizio, perciò inefficace sino a quando non sia validamente
comunicato.
In tal senso si deve sen’altro aderire a quanto di recente affermato dalla Corte di cassazione, secondo
cui:
“In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l’onere di comunicazione della delibera di
esclusione del socio, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni, è imposto … a pena
d’inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all’art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine
per l’impugnazione, sia, per la gravità degli interessi che ne discendono, dalla disciplina speciale di
cui alla l.n. 142 del 2001 che la rende idonea a estinguere contemporaneamente il rapporto
associativo e quello lavorativo …” (3).
L’ affermazione dell’ inefficacia della delibera di esclusione del socio di cooperativa non comunicata o
– che è lo stesso – non comunicata in modo idoneo, va peraltro estesa oltre la categoria delle
cooperative di produzione e lavoro per essere applicata a tutte le cooperative, anzitutto in
considerazione del regime generale al quale, in quanto atto unilaterale destinato ad essere comunicato
al socio, essa è sottoposta ex art. 1344 c.c. (v. supra), e considerando, per converso, che non se ne può
presumere l’efficacia prima della comunicazione, a pena della violazione di diritti fondamentali del
socio medesimo, oltre che del principio di legalità.
Non si può pertanto condividere l’affermazione, peraltro risalente e relativa al previgente art. 2527 c.c.,
secondo cui l’eventuale incompletezza della comunicazione non incide sulla validità ed operatività del
provvedimento, ma può spiegare rilievo solo al diverso fine di consentire un’opposizione tardiva o non
specifica (4).
Invero, per un verso non si comprende come una comunicazione incompleta, se ritenuta valida, possa
legittimare un’opposizione tardiva. Invero, delle due l’una: o la comunicazione incompleta è valida, ed
allora non si comprende perché non potrebbe costituire validamente il dies a quo di decorrenza del
termine per proporre opposizione; o la comunicazione non è valida ed allora non è idonea a costituire
dies a quo (e, affermata comunque l’efficacia della delibera, si creerebbe il paradosso della delibera
efficace senza comunicazione).
3) Cass., n. 6373 del 2016. 4) Cass., n. 1448 del 1993.
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Né si comprende, in termini di effettività della tutela apprestata dalla legge in favore del socio escluso,
il senso di consentire un’opposizione non specifica: essa, infatti, non è in grado di tutelare il diritto di
difesa e contraddittorio del socio escluso e si appalesa atto meramente formale ed esplorativo, incapace,
secondo le ordinarie regole processuali, sinanco di individuare effettivamente la causa petendi della
domanda e perciò, paradossalmente, nullo ex art. 164 comma 4 c.p.c. in relazione all’art. 163 n. 4 c.p.c.
E’ poi il caso di osservare che nessun rilievo può essere dato alla comunicazione della delibera di
esclusione avvenuta in corso di causa. Invero è appena il caso di notare che, nel procedimento previsto
dall’art. 2533 c.c. come sopra inteso e configurato, è la comunicazione della delibera di esclusione ad
essere funzionale alla proposizione dell’opposizione, e non, viceversa, l’opposizione funzionale ad
ottenere la comunicazione della deliberazione. E’ infatti ovvio, tra l’altro, che, quand’anche avvenuta
nel primo atto disponibile, cioè la comparsa di risposta, la comunicazione della deliberazione di
esclusione in tale sede avrebbe annicchilto l’utilità sia del termine di 60 giorni concesso per la
proposizione dell’opposizione sia dell’atto stesso di opposizione, risoltosi necessariamente, per fatto
illecito altrui, in una mera petizione di principio: mi oppongo perché mi oppongo. Sono dunque
piuttosto evidenti gli effetti, in termini di abuso del processo e stravolgimento dell’ordine degli atti
processuali e del contraddittorio che l’interpretazione qui avversata determina necessariamente.
E’ poi il caso di notare che, a seguire la prospettiva interpretativa qui non condivisa, si incorre in una
ulteriore contraddizione, perché o si ritiene comunque valida la comunicazione della delibera di
esclusione in sede processuale – e allora essa potrebbe paradossalmente intervenire validamente anche
in comparsa di replica – o si ritiene che, se avvenuta oltre certi termini – es. il termine di deposito della
memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. -, essa sarebbe inammissibile perché lesiva del diritto di difesa
e contraddittorio, ma, ammessa la rilevanza di questa lesione, si sarebbe costretti poi ad ammetterne la
rilevanza ab initio, sin dalla inidonea comunicazione iniziale.
Si deve dunque concludere, in forza delle superiori considerazioni, che la delibera di esclusione del
socio di cooperativa comunicata in modo non idoneo a consentire l’esercizio, da parte del socio
escluso, dei suoi diritti di difesa e contraddittorio, è inefficace.
* Applicati i principi suddetti al caso di specie non resta che constatare l’assoluta genericità della
comunicazione data al Bellet, il 17 marzo 2013, della delibera di esclusione, essendo stati
completamente omessi i fatti costitutivi degli addebiti su cui essa si fondava. E’ appena il caso di
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aggiungere che la mera indicazione delle norme che si assumono violate, in totale ed assoluta assenza
della indicazione dei comportamenti che avrebbero concretato la loro violazione, integra una palese e
grave lacuna della comunicazione, che la rende del tutto inidonea a consentire al socio escluso
l’esercizio effettivo del suo diritto di difesa e contraddittorio.
Ciò è ancora più vero con riferimento alle norme sulle quali, nel caso di specie, si è fondata
l’esclusione del socio [art. 2553 comma 1 n. 2 c.c. “gravi inadempienze delle obbligazioni che
derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico”. Secondo l’ art.
10 let. b dello statuto di Ausonia può essere escluso il socio che: “… in qualunque modo danneggi
moralmente o materialmente la società oppure crei dissidi o disordini tra i soci”] in quanto in se stesse
piuttosto generiche, connotate da un basso grado di tassatività, prevedenti varie ipotesi di violazioni
diverse e alternative tra loro, intrise di rilevanti aspetti valutativi, la cui comunicazione è quindi
risultata del tutto inidonea a rendere il socio Bellet edotto degli addebiti in forza dei quali il C.d.a. di
Ausonia aveva giustificato la sua decisione.
Ciò ha determinato appunto l’impossibilità del Bellet di difendersi in sede di opposizione e la necessità
di proporre un’opposizione “al buio”, puramente esplorativa, con evidente lesione dei suoi diritti di
difesa e contraddittorio.
Si è già detto dell’ irrilevanza, già in diritto, della previa comunicazione di addebiti al socio escluso,
poiché, nel caso di specie, il Bellet si è costituito affermando di non avere la minima idea di quelli sulla
scorta dei quali era stata deliberata la sua esclusione.
In ogni caso le critiche mosse all’operato del Bellet prima dell’esclusione, quali risultanti, in tesi di
parte convenuta, dallo scambio di mail tra Bellet da un lato e altri soggetti (Antonio Ferrari; Daniele
Bonari, mariodlbe, non meglio identificato) tra cui il Napoli (doc. 1 conv.): - sembrano riguardare solo
la mancata predisposizione dei bilanci della Società per gli esercizi 2007-2012 e non dunque gli altri
due addebiti formalizzati nella delibera impugnata; - sono stati mossi al Bellet solo dal Napoli in un
contesto di scambio informale di mail tra più soggetti, talché è discutibile sinanco la qualificazione di
tali affermazioni in termini di addebito rilevante ai fini della esclusione da socio della Società; - sono
stati mossi al Bellet a metà ottobre dell’anno 2011, cioè un anno e cinque mesi prima della delibera
impugnata; - sono relativi al preteso inadempimento di doveri (formali, organizzativi) di
amministratore e non a doveri di socio. Non si può concludere perciò, anche sul piano del giudizio di
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fatto, che il Bellet fosse a conoscenza degli addebiti sulla base dei quali la Società ebbe a determinarsi
per la sua esclusione da socio.
Infine, va osservato che parte attrice ha chiesto, tra l’altro, l’annullamento della deliberazione
impugnata a causa della indeterminatezza “sua e della sua comunicazione”.
Orbene, come si è detto, nel caso di specie, la comunicazione della delibera di esclusione è nulla per
genericità ed indeterminatezza.
La delibera di esclusione adottata dal c.d.a. l’ 11 marzo 2013, invece, come risulta dal suo stesso testo –
indipendentemente dalla sua fondatezza - non ha contenuto indeterminato, e, dunque, non è viziata in
sé.
Nondimeno, poiché la deliberazione di esclusione del socio è atto ricettizio, la nullità della
comunicazione, per qual che si è detto, comporta l’inefficacia della delibera impugnata.
Peraltro, essendo stati esattamente allegati dall’attore i fatti vizianti in forza dei quali ha ritenuto la
deliberazione invalida e risultando erronea solo la qualificazione giuridica degli stessi in termini di
annullabilità della deliberazione invece che di inefficacia, la declaratoria di inefficacia della
deliberazione in questione – comunque effetto invalidante del tutto simile a quello conseguente la
pronuncia di annullamento, la quale anch’essa priva l’atto di efficacia ex tunc - non lede il principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).
In conclusione va accolta la prima domanda attorea, dichiarando la nullità della comunicazione al
Bellet, in data 17 marzo 2013, della deliberazione di esclusione da socio adottata dal C.d.a. di Ausonia
l’ 11 marzo 2013 nonché l’inefficacia di quest’ultima.
Ogni altra domanda attorea è assorbita.
* Il regime delle spese segue le disposizioni di cui agli artt. 91 e ss. c.p.c., talché esse vanno
integralmente compensate tra le parti, essendosi adottato, per la decisione della causa, un indirizzo
interpretativo innovativo rispetto alla giurisprudenza sinora nota.
P.Q.M.
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Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa B, in composizione collegiale, definitivamente pronunziando nella causa civile di cui in epigrafe, respinta o assorbita ogni ulteriore o contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
I) in accoglimento delle domande proposte da parte attrice: i) DICHIARA nulla la
comunicazione ad ATTILIO BELLET, in data 17 marzo 2013, della deliberazione di
esclusione da socio adottata dal C.d.a. di AUSONIA 1931 SOCIETA’ COOPERATIVA
SPORTIVA DILETTANTISTICA A RESPONSABILITÀ LIMITATA in data 11
marzo 2013; ii) DICHIARA inefficace la deliberazione di esclusione da socio di
ATTILIO BELLET adottata dal C.d.a. di AUSONIA 1931 SOCIETA’
COOPERATIVA SPORTIVA DILETTANTISTICA in data 11 marzo 2013.
II) DISPONE l’ integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
Milano, 7 luglio 2016
Il Giudice estensore Il Presidente Angelo Mambriani Elena Riva Crugnola
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