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UNIVERSITA DEGLI STUDI DEL SALENTO
Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e NaturaliCorso di Laurea in Fisica
Tesi di laurea triennale
Energia di vuoto
ed Effetto Casimir
Relatore:
Prof. Claudio Coriano
Candidato:
Federica Cataldini
Anno accademico 2011-2012
Ai miei nonni
ii
“Muss es sein? Es muss sein!”
Ludwig van Beethoven
iii
Prefazione
Lo sviluppo della meccanica quantistica ha fornito una descrizione della realta che spesso
esula da ogni logica e previsione classica. Uno dei risultati piu importanti, legato tutt’oggi
a problematiche non risolte, e l’esistenza di un’energia di vuoto. In elettrodinamica clas-
sica non vi e motivo per cui nel vuoto debba esserci radiazione elettromagnetica, ma gia
nel 1912 Planck, concentrato sullo studio dello spettro del corpo nero, trovo un’energia
di punto zero, partendo dalla sola ipotesi che la radiazione fosse costituita da quanti di-
screti e indistinguibili di energia. Da quel momento, in un susseguirsi di eventi, la teoria
quantistica prese forma e fu dalla quantizzazione del campo elettromagnetico che riemerse
l’energia di vuoto.
La presente tesi si propone di esporre gli aspetti salienti dei fenomeni ad essa legati, con
particolare attenzione per l’effetto Casimir, i cui risvolti abbracciano vasti ambiti della
fisica.
Il primo capitolo richiama le proprieta fondamentali dell’elettromagnetismo classico, pre-
supposto essenziale per l’analisi quantistica. Verranno introdotte e illustrate le trasforma-
zioni di gauge e si adoperera in particolare la gauge di Coulomb per dimostrare che, nel
vuoto, il potenziale vettore e i campi elettromagnetici soddisfano l’equazione di D’Alem-
bert e dunque si rappresentano in termini di sovrapposizione di onde piane polarizzate.
Risolvendo poi l’equazione delle onde per il potenziale vettore entro un volume cubico,
si dimostrera che l’hamiltoniana del campo coincide con quella di un sistema di infiniti
oscillatori armonici disaccoppiati. Ogni frequenza di oscillazione del campo elettromagne-
tico sara rappresentata da un oscillatore armonico, a cui si attribuisce il nome di modo
normale. A questo punto, sfruttando il principio di corrispondenza, si procedera con la
quantizzazione del campo elettromagnetico. Come nel caso dell’oscillatore, verranno de-
finiti gli operatori di creazione e annichilazione, i quali consentiranno di rappresentare
1
l’energia in termini di quantita discrete, i fotoni; si giungera ad un’espressione dei cam-
pi analoga a quella classica, dove le ampiezze saranno sostituite dai due operatori citati.
Dalla trattazione emergera uno spettro discreto per l’energia del campo, corrispondente
alla quello di infiniti oscillatori armonici, e fluttuazioni non nulle nello stato fondamentale,
lo stato di vuoto. L’origine del punto zero dell’energia risiede nella non commutabilita
degli operatori di creazione e annichilazione, e in virtu del principio di indeterminazione,
le fluttuazioni di vuoto si potranno associare a fotoni virtuali che si annichilano a vicenda.
La comparsa in elettrodinamica quantistica dell’energia di vuoto rappresento un punto di
svolta nella fisica teorica, giacche essa e responsabile della divergenza dell’hamiltoniana di
un qualunque sistema a infiniti gradi di liberta. La presenza di queste quantita infinite
e cruciale, infatti se, da un punto di vista formale, l’energia di vuoto puo essere elimi-
nata tramite un riordinamento normale, non si puo ignorare la sua presenza in fenomeni
puramente quantistici quali il Lamb shift e l’effetto Casimir. Il cuore della descrizione
teorica dei due fenomeni consisteva proprio nel rendere finita una quantita che, a causa
dell’energia di punto zero, non poteva convergere. La risoluzione del ‘dilemma’ aprı le
porte alla teoria quantistica dei campi.
Il terzo capitolo e dedito all’approfondimento di tali aspetti e alla descrizione dei due
fenomeni citati. Il Lamb shift fornisce una correzione alla struttura fine dell’atomo di
idrogeno, dovuta all’interazione fra l’elettrone amico e le fluttuazioni di vuoto del cam-
po elettromagnetico interno. L’effetto Casimir e un fenomeno di natura quantistica ma
che si manifesta nella realta macroscopica: esso appare nel momento in cui si impongono
condizioni al contorno al campo elettromagnetico quantizzato. Piu precisamente si tratta
di una forza, attrattiva nella maggior parte dei casi, che si esercita fra due lastre piane
infinite e perfettamente conduttrici. Quest’interazione e la manifestazione macroscopica
delle fluttuazioni di vuoto vincolate dai confini materiali del sistema fisico in esame. L’ef-
fetto Casimir si manifesta anche su scala atomica, provocando l’attrazione fra due atomi
o molecole neutre vicine; si parla in questo di forza di Casimir-Polder, e una forza a lungo
raggio, strettamente legata ad un’altra interazione quantistica, la forza di Van der Waals,
che invece si manifesta fino a distanze di pochi nanometri.
La verifica sperimentale di questi due fenomeni arrivo diversi anni dopo la loro formula-
zione teorica e, mentre il Lamb shift e stato determinato con l’ausilio della spettroscopia,
lo studio dell’effetto Casimir e ancora oggi sul palcoscenico della comunita scientifica.
Dal quarto capitolo in poi, si cerchera dunque di porre le basi per la comprensione dell’at-
tivita sperimentale legata alla forza di Casimir. Per la misura di tale forza si utilizzano dei
2
condensati di Bose-Einstein, oggetti macroscopici con caratteristiche quantistiche (stati
coerenti), che obbediscono alla statistica di Bose-Einstein. Lo sviluppo teorico di questi
due elementi sara infine seguito dalla descrizione dei piu significativi esperimenti che hanno
confermato l’esistenza dell’effetto Casimir. Le difficolta pratiche legate alla configurazione
di parallelismo di due lastre conduttrici, hanno fatto sı che nel corso degli anni, la misura
della forza di Casimr fosse stata effettuata prima sfruttando geometrie diverse. Si e scelto
di illustrare esperienze che si differenziassero per tecniche di indagine, geometria del siste-
ma e portata storica. In particolare verranno descritti due esperimenti in cui si verifico
l’esistenza di un’attrazione fra un conduttore sferico e una lastra metallica piana; in un
caso l’obiettivo fu raggiunto misurando la forza di richiamo di un pendolo a torsione su cui
era posizionata la sfera, nella seconda esperienza invece si utilizzo un microscopio a forza
atomica. Si esporra poi il recente lavoro, in cui fu dimostrata l’azione della forza di Casi-
mir fra due lastre parallele: attraverso un interferometro a fibra ottica, si ricavo la forza
misurando la variazione di frequenza indotta in una microleva all’avvicinarsi di un’altra
superficie conduttrice. Infine, si descrivera la misura della forza di Casimir-Polder che si
manifesta attraverso la variazione delle oscillazioni del centro di massa di un condensato
di Bose-Einstein, posto in prossimita di una superficie piana metallica.
3
Indice
1 La teoria elettromagnetica 5
1.1 Le equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2 I potenziali elettromagnetici e le trasformazioni di gauge . . . . . . . . . . . 8
1.3 Il campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2 Quantizzazione del campo elettromagnetico 19
2.1 I modi normali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.2 Il campo elettromagnetico quantizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3 Effetti delle fluttuazioni di vuoto 32
3.1 Lamb shift . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.2 Effetto Casimir . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
4 Stati coerenti 49
4.1 Definizione e proprieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
4.2 Rappresentazione nello spazio delle fasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
5 Condensazione di Bose-Einstein 59
5.1 Matrice densita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
5.2 Le distribuzioni statistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
5.3 Condensazione di Bose-Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
5.4 Condensato di Bose-Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
6 Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir 75
Bibliografia 84
4
Capitolo 1
La teoria elettromagnetica
L’esposizione della teoria elettromagnetica classica e doverosa, oltre che propedeutica, per
ben comprendere ed apprezzare quelli che saranno i risultati della formulazione quantisti-
ca.
L’analisi che segue verte ad analizzare alcuni dei punti salienti di tale teoria, partendo dal
pilastro dell’elettrodinamica, le equazioni di Maxwell. Introducendo i potenziali elettro-
magnetici si dimostrera che l’intero studio di un sistema e condensato nell’equazione delle
onde e che la dinamica dipende da due soli gradi di liberta, coincidenti con le componenti
trasversali del campo elettrico e del campo magnetico. La descrizione delle trasformazioni
di gauge consentira poi di esporre, in una formulazione elegante, degli interessanti casi di
simmetria per la teoria elettromagnetica. Infine sfruttando la teoria della trasformata di
Fourier, si giungera ad uno dei punti cardinali della fisica, la dimostrazione che la radia-
zione e esprimibile come una sovrapposizione di onde piane, soluzione dell’equazione di
D’Alembert.
5
1 – La teoria elettromagnetica
1.1 Le equazioni di Maxwell
L’elettrodinamica classica e interamente descritta dalle equazioni di Maxwell , che espresse
nel sistema c.g.s assumono la forma
∇ · ~E(~x,t) = 4πρ(~x,t) (1.1)
∇ · ~B(~x,t) = 0 (1.2)
∇∧ ~E(~x,t) +1
c
∂ ~B(~x,t)
∂t= 0 (1.3)
∇∧ ~B(~x,t)− 1
c
∂ ~E(~x,t)
∂t=
4π
c~j(~x,t), (1.4)
dove ρ(~x,t) e la densita di carica e ~j(~x,t) e la densita di corrente, legate dall’equazione di
continuita
∇ ·~j +∂ρ
∂t= 0, (1.5)
che esprime la legge di conservazione della carica elettrica. Fra le equazioni di Maxwell ,
le ultime due, note rispettivamente come Legge di Faraday-Neumann e Legge di Ampere,
rappresentano le equazioni del moto del campo elettrico ~E(~x,t) e del campo magnetico
~B(~x,t), mentre le prime due costituiscono delle condizioni al contorno che devo essere
soddisfatte dai campi stessi e che quindi consentono di ridurre il numero di gradi di liberta
del sistema. Scomponendo ciascun vettore in una parte trasversale, a rotore nullo, e in
una lungitudinale, a divergenza nulla,
~E = ~EL + ~ET ~B = ~BL + ~BT (1.6)
dove
∇∧ ~EL = 0, ∇ · ~ET = 0, (1.7)
∇∧ ~BL = 0, ∇ · ~BT = 0, (1.8)
si dimostra che la dinamica del sistema dipende soltanto dalle componenti trasversali dei
campi. Infatti, dalla Legge di Gauss (1.1), per la proprieta di additivita della divergenza,
si ricava
∇ · ~E = ∇ · ~EL = 4πρ, (1.9)
mentre dalla (1.2) si nota che anche la componente longitudinale del campo magnetico e
solenoidale
∇ · ~BL = 0, (1.10)
6
1 – La teoria elettromagnetica
e dunque, essendo anche irrotazionale, si conclude che
~BL = 0 (1.11)
e che il campo magnetico e puramente trasverso
~B ≡ ~BT . (1.12)
Inoltre separando anche la densita di corrente nelle sue due componenti, l’equazione di
continuita si esprime esclusivamente in termini di ~jL
∇ · ~JL +∂ρ
∂t= 0. (1.13)
Derivando rispetto al tempo la legge di Gauss (1.9) si ricava
∇ · ∂~EL∂t
= 4π∂ρ
∂t= −4π∇ ·~jL, (1.14)
da cui
∇ ·(∂ ~EL∂t
+ 4π~jL
)= 0. (1.15)
Quest’ultima relazione evidenzia che il campo vettoriale ∂ ~EL∂t +4π~jL e solenoidale, ma esso
e anche irrotazionale, perche coinvolge solo le componenti longitudinali di ~E e ~j, dunque
soddisfa l’equazione di Laplace
∇2
(∂ ~EL∂t
+ 4π~jL
)= ∇
[∇ ·(∂ ~EL∂t
+ 4π~jL
)]−∇ ∧
[∇∧
(∂ ~EL∂t
+ 4π~jL
)]= 0. (1.16)
Ora, un campo vettoriale a laplaciano nullo che vada all’infinito in maniera sufficientemente
rapida e nullo ovunque:
∂ ~EL∂t
+ 4π~jL = 0
ossia∂ ~EL∂t
= −4π~jL. (1.17)
Dalle proprieta appena esposte e immediato dedurre che sia la legge di Ampere (1.4) che la
legge di Faraday-Neumann (1.3), si esprimono in termini delle sole componenti trasversali:
∇ · ~BT −1
c
∂ ~ET∂t
=4π
c~jT , (1.18)
e
∇∧ ~ET +1
c
∂ ~BT∂t
= 0. (1.19)
7
1 – La teoria elettromagnetica
Riassumendo, le equazioni di Maxwell (1.1)-(1.4), si scindono in due gruppi: le equazioni
per i campi trasversali, (1.18) e (1.19), che descrivono la dinamica del campo elettromagne-
tico e le equazioni (1.9) e (1.10), che fissano istante per istante le componenti longitudinali
dei campi ~EL e ~BT . I gradi di liberta dinamici si riducono ai due campi trasversi ~ET e
~BT .
1.2 I potenziali elettromagnetici e le trasformazioni di gauge
Come si e visto nell’equazione (1.2), il campo magnetico e solenoidale, dunque in uno spazio
semplicemente connesso, esso si puo esprimere come il rotore di un campo vettoriale ~A(~x,t)
~B = ∇∧ ~A. (1.20)
L’equazione di Faraday-Neumann (1.3) pertanto si scrive come
∇∧ ~E +1
c
∂
∂t∇∧ ~A = 0 (1.21)
o equivalentemente
∇∧(~E +
1
c
∂
∂t~A
)= 0, (1.22)
per cui la quantita ~E+ 1c∂t
~A e irrotazionale e in una regione semplicemente connessa esiste
una funzione scalare φ(~r,t) tale che
~E +1
c
∂
∂t~A = −∇φ. (1.23)
Gli oggetti matematici introdotti ~A(~x,t) e φ(~x,t) sono chiamati potenziali elettromagnetici,
in particolare ~A(~x,t) e detto potenziale vettore, o potenziale magnetico, mentre la funzione
scalare φ(~x,t) e denominata potenziale scalare, o potenziale elettrico. Le definizioni dei
campi ~E(~x,t) e ~B(~x,t) in termini dei potenziali elettromagnetici ~A(~x,t) e φ(~x,t)
~B = ∇∧ ~A
e
~E = −1
c
∂
∂t~A−∇φ. (1.24)
sono tali da soddisfare le due equazioni di Maxwell omogenee (1.2) e (1.3).
I potenziali ~A e φ si ottengono dalle restanti due equazioni non omogenee (1.1) e (1.4),
8
1 – La teoria elettromagnetica
che, sfruttando le (1.20), (1.24), divengono
∇2φ+1
c∇ · ∂
~A
∂t= −4πρ (1.25)
per la legge di Gauss, e
∇∧(∇∧ ~A
)+
1
c
∂
∂t∇φ+
1
c2
∂2 ~A
∂t2=
4π
c~j (1.26)
per l’equazione di Ampere; servendosi dell’identita
∇∧ (∇∧ ~A) = ∇(∇ · ~A)−∇2 ~A, (1.27)
si ottiene in definitiva
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂t2−∇
(∇ · ~A+
1
c
∂φ
∂t
)= −4π
c~j. (1.28)
L’introduzione dei potenziali elettromagnetici ha consentito dunque di ridurre il siste-
ma delle equazioni di Maxwell da quattro a due, tuttavia le (1.25) e (1.28) sono ancora
equazioni accoppiate. Per disaccoppiarle si ricorre all’arbitrarieta insita nelle definizio-
ni dei potenziali: nella relazione (1.20) il potenziale vettore e determinato a meno del
gradiente di una qualche funzione scalare χ, cosicche, dati i campi ~E e ~B, ad essi corri-
spondono infiniti potenziali elettromagnetici. Tale indeterminazione consente di definire
delle trasformazioni per i potenziali elettromagnetici, dette trasformazioni di gauge, che
lasciano invariati i campi e le equazioni di Maxwell , determinando cosı una simmetria
per l’elettromagnetismo. In particolare, se si considera la trasformazione del potenziale
vettore
~A(~x,t) −→ ~A′(~x,t) = ~A(~x,t) + ∆χ(~x,t) (1.29)
dove χ(~x,t) e una generica funzione scalare, il campo magnetico non varia:
~B −→ ~B′ = ∇∧ ~A′ = ∇∧ ~A+∇∧∇χ = ∇∧ ~A = ~B (1.30)
essendo ∇∧∇χ = 0. Il campo elettrico (1.24) invece si trasforma come
~E −→ ~E′ = −∇φ− 1
c
∂ ~A′
∂t= −∇φ− 1
c
∂ ~A
∂t− 1
c
∂
∂t∇χ = ~E − 1
c
∂
∂t∇χ. (1.31)
Pertanto affinche neppure il campo elettrico cambi e necessario che la trasformazione (1.29)
sia contemporanea alla trasformazione del potenziale scalare
φ(~x,t) −→ φ′(~x,t) = φ(~x,t)− 1
c
∂
∂t∇χ, (1.32)
9
1 – La teoria elettromagnetica
in questo caso infatti si ha
~E −→ ~E′ = −∇φ′ − 1
c
∂ ~A′
∂t
= −∇φ+1
c∇∂χ∂t− 1
c
∂ ~A
∂t− 1
c
∂
∂t∇χ
= −∇φ− 1
c
∂ ~A
∂t= ~E (1.33)
Le relazioni (1.29) e (1.32) sono le trasformazioni di gauge sopra citate e l’invarianza dei
campi che da esse discende e detta invarianza di gauge. Si puo ora dimostrare che oltre ai
campi ~E e ~B e gauge invariante anche la componente trasversale del potenziale vettore,
infatti e noto che
~A = ~AL + ~AT , (1.34)
dunque le componenti di ~A si trasformano come
~A′T = ~AT (1.35)
~A′L = ~AL +∇χ, (1.36)
essendo ∇χ puramente lungitudinale. Questo evidenzia che il potenziale vettore trasverso
~AT e un invariante di gauge, le sue componenti sono gradi di liberta dinamici e quindi
ineliminabili. Invece il potenziale vettore longitudinale ~AL e il potenziale scalare φ, dipen-
dono da χ e dunque dalla scelta di gauge. A seconda delle condizioni che si impongono su
~A e su φ si ottengono diverse situazioni.
La gauge temporale richiede
φ = 0, (1.37)
pertanto le equazioni dei potenziali divengono semplicemente
∂
∂t∇ · ~A = −4πρ, (1.38)
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂t2−∇(∇ · ~A) = −4π
c~j. (1.39)
Una gauge usata molto frequentemente, perche invariante per sistemi di riferimento
inerziali, e la gauge di Lorentz la quale impone la condizione
∇ · ~A+1
c
∂φ
∂t= 0. (1.40)
10
1 – La teoria elettromagnetica
Sotto questa ipotesi, le equazioni (1.28) e (1.25) si disaccoppiano e si riconducono alle
equazioni di D’Alembert non omogenee
∇2 ~A− 1
c
∂2 ~A
∂t2= −4π
c~j, (1.41)
per la prima, e
∇2~φ− 1
c
∂2~φ
∂t2= −4πρ (1.42)
per l’ultima. Ovviamente, in assenza di sorgenti le suddette equazioni coincidono con
l’equazione delle onde.
L’equazione (1.40) dunque consente di esprimere una delle quattro variabili φ,Ax, Ay, Az
in funzione delle restanti, ma e possibile ridurre ulteriormente i gradi di liberta, mediante
una trasformazione di gauge generata da una funzione scalare χ che soddisfa l’equazione
delle onde
∇2χ− 1
c
∂2χ
∂t2= 0. (1.43)
I nuovi potenziali cosı ottenuti, ~A′ e φ′ soddisfano ancora la condizione di Lorentz (1.40).
E particolarmente importante ricordare anche la gauge di Coulomb, che a differenza di
quella di Lorentz ha il vantaggio, sotto opportune ipotesi, di essere unica. Inoltre dipende
dal sistema inerziale in cui si opera e, come la gauge precedente, conduce all’equazione di
D’Alembert non omogenea per il potenziale vettore. La condizione di gauge di Coulomb e
∇ · ~A = 0, (1.44)
Essa impone la trasversalita del potenziale vettore, infatti, come visto per il campo ma-
gnetico, l’essere soleinoidale della componente longitudinale di un vettore, comporta il suo
annullarsi se anche la sua divergenza e nulla. Si conclude che
~AL = 0 dunque ~A = ~AT . (1.45)
In questo frangente l’equazione (1.25)
∇2φ+1
c
∂
∂t∇ · ~A = −4πρ (1.46)
si semplifica come
∇2φ = −4πρ, (1.47)
11
1 – La teoria elettromagnetica
essendo ~AT irrotazionale per definizione. Si nota quindi che in questa gauge, il potenziale
vettore e solenoidale e il potenziale scalare soddisfa l’equazione di Poisson (1.47), la quale,
in assenza di superfici di contorno al finito, ammette come soluzione
φ(~x,t) =
∫ρ(~x′,t)
|~x− ~x′|d3~x′; (1.48)
quest’ultimo risultato consente di identificare φ con il potenziale di Coulomb istantaneo
dovuto alla densita di carica ρ(~x,t).
Derivando rispetto al tempo la (1.47) e sfruttando l’equazione di continuita ∇·~jL = −∂tρ,
si ottiene∂
∂t∇2φ = −4π
∂ρ
∂t= 4π∇ ·~j (1.49)
da cui, invertendo l’ordine fra la derivata temporale e il laplaciano al primo membro,
∇ ·(∇∂φ∂t− 4π~j
)= 0. (1.50)
Ricordando che ∇∧~jL = 0 e che il rotore di un gradiente e nullo, la quantita in parentesi
nell’ultima relazione e sia solenoidale che irrotazionale, di conseguenza anche il suo lapla-
ciano e nullo e, nell’ipotesi che φ e ~jL si annullino all’infinito in modo sufficientemente
rapido, si puo concludere che
∇∂φ∂t− 4π~j = 0 (1.51)
Ora, imponendo la condizione di Coulomb (1.44), l’equazione (1.28) diviene
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂2− 1
c∇∂φ∂t
= −4π
c~j (1.52)
o analogamente
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂2= −4π
c~j +
1
c∇∂φ∂t, (1.53)
che in virtu della (1.50) e della scomposizione ~j = ~jL +~jT si semplifica in
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂2= −4π
c~jT . (1.54)
Come anticipiato, anche il gauge di Coulomb consente di descrivere la dinamica del
potenziale vettore attraverso l’equazione di D’Alembert. Inoltre una trasformazione di
gauge
~A −→ ~A′ = ~A+∇χ (1.55)
12
1 – La teoria elettromagnetica
generata da una funzione χ a laplaciano nullo
∇2χ = 0 (1.56)
soddisfa ancora la condizione (1.44)
∇ · ~A′ = ∇ · ~A+∇ · ∇χ = ∇ · ~A+∇2χ = ∇ · ~A; (1.57)
se si richiede che la trasformazione di gauge sia ovunque regolare, l’unica classe di soluzioni
della (1.56) e χ = costante, di conseguenza si avra ~A = ~A′. La gauge di Coulomb in questo
caso e unica.
In assenza di sorgenti, ρ = 0 l’equazione (1.54) per il potenziale vettore non e che
l’equazione delle onde
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂2= 0. (1.58)
In tale situazione si puo richiedere di soddisfare contemporaneamente due condizioni
∇ · ~A = 0, φ = 0, (1.59)
e questa la gauge di radiazione.
Si dimostra ora che le richieste (1.59) sono consistenti con l’ipotesi ρ = 0. Dati dei generici
potenziali elettromagnetici ~A e φ, si consideri una trasformazione di gauge
~A′ = ~A+∇χ (1.60)
φ′ = φ− 1
c
∂χ
∂t, (1.61)
generata dalla funzione
χ(~x,t) = c
∫ t
t0
φ(~x,t′) dt′. (1.62)
Derivando la funzione χ, la (1.61) coincide con la condizione della gauge temporale
φ′ = φ− ∂
∂t
∫ t
t0
φ(~x,t′) dt′ = 0. (1.63)
Si effettui ora un’ulteriore trasformazione di gauge
~A′′ = ~A′ +∇χ′ (1.64)
φ′′ = φ− 1
c
∂χ′
∂t, (1.65)
con l’ulteriore richiesta su ~A′′
∇ · ~A′′ = ∇ · ~A′ +∇2χ′ = 0. (1.66)
13
1 – La teoria elettromagnetica
La soluzione di quest’ultima equazione, altrimenti formulata come l’equazione di Poisson
per χ′
∇2χ′ = −∇ · ~A′, (1.67)
e, ricordando la (1.38) e che ∇′ ≡ ∂/∂~x′,
χ′(~x′,t) =1
4π
∫∇′ · ~A′(~x′,t)|~x′ − ~x|
d3~x′. (1.68)
Ancora, la gauge temporale φ′ = 0 ottenuta, fornisce l’omogenea dell’equazione (1.38) per
il potenziale vettore∂
∂t∇ · ~A′ = 0, (1.69)
che sostituita nella soluzione (1.68) comporta
∂χ′
∂t= 0 (1.70)
Quindi, in definitiva si ricava
φ′′ = φ′ − 1
c
∂χ′
∂t= φ′ = 0, (1.71)
confermando che in assenza di sorgenti, possono essere scelti dei potenziali elettromagnetici
che soddisfino la gauge di radiazione (1.59).
1.3 Il campo elettromagnetico
Da quanto appena illustrato risulta che la gauge di radiazione si rivela efficace per la
descrizione del campo elettromagnetico nello spazio vuoto, privo di sorgenti e consente
di sintetizzare le quattro equazioni di Maxwell (1.1)-(1.4), in un’unica equazione per il
potenziale vettore ~A
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂2= 0, (1.72)
l’equazione delle onde.
In generale ogni funzione f(~x,t) a quadrato integrabile rispetto ad ~x, cioe appartenente
allo spazio L2(R3) per ogni t, se soddisfa l’equazione
∇2f(~x,t)− 1
c
∂2f(~x,t)
∂2t= 0, (1.73)
puo essere rappresentata mediante un integrale di Fourier
f(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k F(~k,t) ei
~k·~x, (1.74)
14
1 – La teoria elettromagnetica
dove
F(~k,t) =1
(2π)3/2
∫d3~x e−i
~k·~x f(~x,t) ∈ L2(R3) (1.75)
e la sua trasformata inversa; sostituendo la (1.74) nella (1.73) si ottiene
1
(2π)3/2
∫d3~k
[F(~k,t)∇2ei
~k·~x − 1
c2ei~k·~x ∂
2 F(~k,t)
∂2t
]= − 1
(2π)3/2
∫d3~k
[~k2 F(~k,t)− 1
c2
∂2 F(~k,t)
∂2t
]ei~k·~x = 0, (1.76)
che e vera se e solo se∂2 F(~k,t)
∂2t− ω2 F(~k,t) = 0, (1.77)
dove si e posto ω = c~k2 = ck.
La soluzione generale di quest’ultima equazione e della forma
F(~k,t) = c1(~k)e−iωt + c2(~k)eiωt, (1.78)
per cui l’equazione delle onde (1.73) ammette soluzioni del tipo
f(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
[c1(~k)ei(
~k·~x−ωt) + c2(~k)ei(~k·~x+ωt)
](1.79)
o equivalentemente, sostituendo nel secondo membro ~k con ~−k,
f(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
[c1(~k)ei(
~k·~x−ωt) + c2(~k)e−i(~k·~x−ωt)]. (1.80)
Dunque, il potenziale vettore, soluzione della (1.72) e
~A(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
[~a(~k) ei(
~k·~x−ωt) + ~a(~k) e−i(~k·~x−ωt)]; (1.81)
imponendo che ~A sia reale si ha
~a(~k) = ~a∗(~k), (1.82)
ottendendo in definitiva
~A(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
[~a(~k) ei(
~k·~x−ωt) + ~a∗(~k) e−i(~k·~x−ωt)]. (1.83)
Per convenienza formale si usa rinormalizzare l’ultima relazione come segue
~A(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
√2πc2
ω
[~a(~k) ei(
~k·~x−ωt) + ~a∗(~k) e−i(~k·~x−ωt)]. (1.84)
15
1 – La teoria elettromagnetica
L’espressione di ~A cosı ricavata e di fatto la sovrapposizione di onde piane
~a(~k) e±i(~k·~x−ωt) (1.85)
di ampiezza ~a(~k), pulsazione ω e numero d’onda ~k, quest’ultime legate dalla relazione
ω = c k. Si tratta in particolare di onde trasversali, infatti, la condizione ∇· ~A = 0 implica
che le ampiezze delle onde siano perpendicolari alla direzione di propagazione:
~k · ~a(~k) = 0. (1.86)
La trasversalita delle onde si esplicita ulteriormente introducendo i versori di polarizza-
zione ε1(~k) e ε2(~k), definiti come segue
ε1(~k) · ε2(~k) = ε1(~k) · ~k = ε2(~k) · ~k = 0 (1.87)
ε1(~k) ∧ ε2(~k) =~k
k. (1.88)
Le ampiezze ~a(~k) allora si esprimono in termini dei versori di polarizzazione
~a(~k) = a1(~k)ε1(~k) + a2(~k)ε2(~k), (1.89)
dunque anche l’espressione (1.84) del potenziale vettore si modifica in
~A(~x,t) =1
(2π)3/2
2∑λ=1
∫d3~k
√2πc2
ωελ(~k)
[aλ(~k) ei(
~k·~x−ωt) + a∗λ(~k) e−i(~k·~x−ωt)]; (1.90)
come anticipato, la trasversalita delle onde piante e ancora piu evidente in questa espres-
sione, dal momento che, secondo la definizione (1.87) i versori εi, i = 1,2, sono ortogonali
al vettore di propagazione ~k.
Si dimostra ora che, non solo il potenziale vettore, ma anche il campo elettrico e il campo
magnetico, soddisfano l’equazione di D’Alembert. Si considerino a tal fine le equazioni di
Maxwell nel vuoto
∇ · ~E(~x,t) = 0 (1.91)
∇ · ~B(~x,t) = 0
∇∧ ~E(~x,t) +1
c
∂ ~B(~x,t)
∂t= 0
∇∧ ~B(~x,t)− 1
c
∂ ~E(~x,t)
∂t= 0; (1.92)
16
1 – La teoria elettromagnetica
applicando alla legge di Faraday-Neumann l’operatore rotore e sfruttando l’identita
∇∧ (∇∧ ~E) = ∇(∇ · ~E)−∇2 ~E, (1.93)
si ottiene
∇(∇ · ~E)−∇2 ~E +1
c
∂
∂t∇∧ ~B = 0, (1.94)
ed infine dalle leggi di Gauss (1.91) e di Ampere (1.92) nel vuoto si conclude
∇2 ~E − 1
c2
∂2 ~E
∂t2= 0. (1.95)
Al medesimo risultato si giunge applicando l’operatore rotore alla divergenza di ~B:
∇2 ~B − 1
c2
∂2 ~B
∂t2= 0. (1.96)
e immediato dedurre che, analogamente a quanto visto per il potenziale vettore ~A, anche
i campi ~E e ~B si possono esprimere come una sovrapposizione di onde piane del tipo
~E(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
√2πc2
ω
[~E (~k) ei(
~k·~x−ωt) + ~E ∗(~k) e−i(~k·~x−ωt)
], (1.97)
~B(~x,t) =1
(2π)3/2
∫d3~k
√2πc2
ω
[~B(~k) ei(
~k·~x−ωt) + ~B∗(~k) e−i(~k·~x−ωt)
]; (1.98)
anche in questo caso, le espressioni appena illustrate devono essere coerenti con le equazioni
di Maxwell le quali impongono l’ortogonalita fra i campi e il vettore d’onda ~k
~k · ~E (~k) = 0 ~k · ~B(~k) = 0, (1.99)
e, tramite la Legge di Faraday (1.3), la perpendicolarita fra i campi stessi
~B(~k) =~k
k∧ ~E (~k). (1.100)
Si conclude dunque che i vettori ~k, ~E e ~B costituiscono una terna di vettori perpendicolari.
Inoltre ricordando le relazioni che legano campo elettrico e campo magnetico al potenziale
vettore nella gauge di radiazione
~E = −1
c
∂ ~A
∂t~B = ∇∧ ~A
17
1 – La teoria elettromagnetica
si ricavano analoghe formule per le ampiezze dei tre vettori
~E (~k) = iω
c~a(~k) (1.101)
~B(~k) = i~k ∧ ~a(~k). (1.102)
Le espressioni definitive per i campi ~E e ~B nel vuoto, scaturiscono da poche ultime con-
siderazioni: le ampiezze dei campi sono uguali∣∣ ~E ∣∣ =
∣∣ ~B∣∣, dunque sostituendo le (1.101),
(1.102) negli integrali di Fourier (1.97) e (1.98) e tenendo conto della relazione (1.89), si
ottiene
~E(~x,t) =1
(2π)3/2
2∑λ=1
∫d3~k
√2πc2
ω
iω
cελ(~k)
[aλ(~k) ei(
~k·~x−ωt) − a∗λ(~k) e−i(~k·~x−ωt)],
(1.103)
~B(~x,t) =1
(2π)3/2
2∑λ=1
∫d3~k
√2πc2
ωi[~k ∧ ελ(~k)]
[aλ(~k) ei(
~k·~x−ωt) − a∗λ(~k) e−i(~k·~x−ωt)].
(1.104)
Ecco dimostrato quanto auspicato: la radiazione elettromagnetica e data da una sovrap-
posizione di infinite onde piane.
Anticipando sinteticamente quanto verra di seguito illustrato, si puo affermare che anche
nella teoria quantistica il campo elettromagnetico e ottenibile in termini di onde viaggian-
ti, la sua energia coincidera con quella di infiniti oscillatori armonici, e soprattutto sara
quantizzata.
18
Capitolo 2
Quantizzazione del campo
elettromagnetico
Sul finire del diciannovesimo secolo, Max Planck, percorreva una strada che avrebbe con-
dotto all’avvento della meccanica quantistica. Egli infatti era dedito allo studio della
termodinamica ed in particolare i suoi sforzi erano concentrati sulla determinazione dello
spettro energetico del corpo nero. Il corpo nero, un oggetto ideale capace di assorbire
completamente la radiazione incidente, aveva attratto per mezzo secolo l’attenzione dei
piu insigni fisici dell’epoca, Boltzmann, Stefan, Wien, finche Rayleigh e Jeans non si spin-
sero fino ai limiti della fisica classica. La teoria del calore e della radiazione fino a quel
momento poggiava sull’opera di Maxwell e Boltzmann: era noto che ogni corpo materiale
riscaldato emette onde elettromagnetiche con vibrazioni di tutte le frequenze e lunghezze
d’onda, che per ogni data temperatura esiste una particolare distribuzione di energia fra
le diverse frequenze e che vi e una frequenza di vibrazione predominante a cui l’intensita
e massima, frequenza che cresce all’aumentare della temperatura. La meccanica statisti-
ca inoltre aveva come principio fondamentale il Teorema di Equipartizione dell’energia, il
quale afferma che l’energia totale di un sistema costituito da un gran numero di particelle,
che scambiano energia tra loro per mezzo di urti reciproci, si ripartisce ugualmente (in
media) fra tutte le particelle. Lord Rayleigh e Sir Jeans cercarono di estendere il metodo
statistico ai problemi della radiazione termica, ipotizzando che l’energia raggiante totale
disponibile sia ugualmente distribuita fra tutte le possibili frequenze di vibrazione. In tale
assunzione risiede il limite della fisica classica: il numero di molecole di un gas in uno
spazio chiuso, seppur grandissimo, e sempre finito, mentre il numero di vibrazioni possibili
19
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
nello stesso spazio e infinito, dunque per il Teorema di Equipartizione si concludera che
ad ogni singola vibrazione spettera una quantita di energia infinitamente piccola. Inoltre
Raylaigh e Jeans determinarono l’omonima distribuzione per la densita di energia della
radiazione termica
ρ(ν) =(8πν2
c3
)kT, (2.1)
dunque la densita di energia totale
u =
∫ ∞0
ρ(ν)dν (2.2)
diverge all’aumentare della frequenza ν, da cui il nome catastrofe ultravioletta.
Nel dicembre 1900, ad una riunione della Societa Tedesca di Fisica, Planck sostenne che
il pericolo della catastrofe ultravioletta poteva essere evitato se si postulava che l’energia
delle onde elettromagnetiche puo esistere solo sotto forma di pacchetti discreti di energia
indistinguibili fra loro. Ciascun pacchetto, o quanto, possiede una quantita di energia ben
definita ed in particolare proporzionale alla sua frequenza ν secondo la relazione
ε = hν. (2.3)
Planck aprı cosı le porte alla meccanica quantistica. L’idea che la luce, ed in genere la
radiazione elettromagnetica, si possa considerare come un continuo treno d’onde, lascio il
passo ad una concezione del campo elettromagnetico quantizzato.
La costante h e una costante universale chiamata costante di Planck ; nel sistema interna-
zionale il valore della costante di Planck e 6,626 · 10−34Js, dunque un valore cosı piccolo
suggerisce che la teoria classica conserva intatta la sua validita su grande scala, cedendo
alla teoria quantistica il compito di descrivere la realta su scala atomica.
Circa trent’anni dopo la rivoluzionaria intuizione di Planck, la teoria della meccanica
quantistica era pressocche completa, e la quantizzazione del campo elettromagnetico si
ottenne formalmente dallo studio quantistico di un oscillatore armonico, che e di fatto,
matematicamente equivalente ad un campo elettromagnetico monocromatico con stessa
frequenza di vibrazione.
2.1 I modi normali
L’Hamiltoniana quantistica di un oscillatore armonico ha la stessa forma di quella classica,
a patto di sostituire le variabili canoniche con i corrispondenti operatori hermitiani definiti
20
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
nello spazio di Hilbert. Pertanto, se m e la massa della particella, l’Hamiltoniana del
sistema e
H =1
2m(p2 +m2ω2q2), (2.4)
dove q e p corrispondono rispettivamente alle coordinate q e ad i momenti coniugati p,
per i quali vale la relazione
[q,p] = i~. (2.5)
Si usa introdurre gli operatori non-hermitiani (dunque non corrispondenti ad alcun osser-
vabile) di annichilazione a e creazione a†
a =1√2~ω
(ωq + ip) a† =1√2~ω
(ωq− ip), (2.6)
i quali sono l’uno il complesso coniugato dell’altro e soddisfano la relazione di commuta-
zione
[a,a†] = 1; (2.7)
p e q in funzione di tali operatori son dati dalle relazioni
q =
√~
2mω(a + a†) p = i
√m~ω
2(a† − a). (2.8)
Definendo inoltre l’operatore hermitiano N = a†a l’Hamiltoniana e esprimibile come
H = ~ω(N +1
2). (2.9)
Pertanto la determinazione di autovalori e autostati per l’Hamiltoniana si traduce nella
ricerca degli autovalori e autostati di N che soddisfano l’equazione
N |n〉 = n |n〉 , (2.10)
accompagnati condizione di normalizzazione 〈n |n〉 = 1. Si trova che gli autovalori dell’e-
nergia sono
En = ~ω(n+1
2) con n = 0,1,2, . . . (2.11)
mentre autostati e autofunzioni sono determinati a partire dallo stato fondamentale |0〉,in corrispondenza del quale l’oscillatore armonico possiede la minima energia:
|n〉 =1√n!
(a†)n |0〉 ψn =1√n!
(a†)nψ0 (2.12)
21
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
con |0〉 = ψ0.
Tali autostati formano un insieme ortonormale completo che fornisce una base per lo spazio
di Hilbert.
Si considerino ora le equazioni di Maxwell per un campo elettromagnetico nel vuoto, cioe
si escluda la presenza di dielettrici o sorgenti esterne. Nel sistema c.g.s. esse sono:
∇ · ~E = 0 (2.13)
∇ · ~B = 0 (2.14)
∇∧ ~E = −1
c
∂ ~B
∂t(2.15)
∇∧ ~B =1
c
∂ ~E
∂t. (2.16)
(2.17)
Riprendendo le argomentazioni sviluppate nel capitolo precedente, si esprimono il campo
elettrico ~E e il campo magnetico ~B in funzione dei potenziali elettromagnetici ~A e φ
~B = ∇∧ ~A
~E +1
c
∂ ~A
∂t= −∇φ;
Inoltre, la scelta della gauge di Coulomb, in assenza di sorgenti esterne, ∇· ~A = 0 e φ = 0,
conduce alle espressioni dei campi tramite il potenziale vettore che soddisfa, sotto queste
ipotesi, l’equazione delle onde nel vuoto (1.73)
∇2 ~A− 1
c2
∂2 ~A
∂t2= 0. (2.18)
Come dimostrato nel capitolo precedente, il potenziale vettore, soluzione della (2.18), e
rappresentato da un insieme continuo di sovrapposizione di onde piane polarizzate linear-
mente. Tuttavia, il processo di quantizzazione del campo elettromagnetico risulta piu
agevole se si esprime il campo in funzione di un numero infinito ma discreto di variabili,
in modo da poter stabilire una corrispondenza fra di esse e gli operatori dello spazio di
Hilbert. A tal fine e necessario risolvere l’equazione delle onde (2.18) con appropriate
condizioni al contorno, in altre parole e necessario immaginare il campo contenuto in una
regione finita dello spazio.
Si supponga dunque che il campo elettromagnetico sia contenuto in un cubo di lato L,
privo tuttavia di confini materiali; cio si traduce nella condizione di periodicita
~A(~r,t) = ~A(~r + L,t), (2.19)
22
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
dove ~r = (x,y,z) e L si ipotizza molto grande rispetto alle dimensioni di interesse fisico.
L’equazione delle onde si risolve per separazioni delle variabili, assumendo come soluzione
una funzione della forma
~A(~r,t) = ~A0(~r)ψ(t), (2.20)
che sostituita nella (2.18) conduce all’equazione
ψ(t)∇2 ~A0(~r)− 1
c2~A0(~r)
∂2ψ(t)
∂2t= 0, (2.21)
dividendo per ~A0(~r)ψ(t) si ottiene
1
~A0(~r)∇2 ~A0(~r)− 1
c2
1
ψ(t)
∂2ψ(t)
∂2t= 0. (2.22)
Il membro a destra dell’ultima equazione dipende esclusivamente dalle variabili spaziali,
quello a sinistra dalla variabile temporale, poiche i due gruppi di variabili sono indipenden-
ti, i due membri devono essere identicamente uguali ad una costante. Pertanto, indicata
per convenienza tale costante con −k2, la (2.22) si scinde in due equazioni
ψ(t) = −k2c2ψ(t) (2.23)
e
∇2 ~A0(~r) = −k2 ~A0(~r), (2.24)
che espressa nella forma
∇2 ~A0(~r) + k2 ~A0(~r) = 0 (2.25)
prende il nome di Equazione di Helmholtz. L’equazione differenziale temporale (2.23)
ammette come soluzione la funzione
ψ(t) = αk(0)e∓ickt = αk(0)e∓iωkt, (2.26)
mentre l’integrale generale dell’equazione di Helmholtz e
~A0(~r) = βe±i~k·~r = a cos~k · ~r ± i b sin~k · ~r, (2.27)
k = |~k| e ωk = ck e a e b costanti reali, ~k e evidentemente il vettore d’onda. Combinando
ora la condizione al contorno (2.19) per ~r = 0, con la richiesta ∇ · ~A = 0 imposta dalla
gauge di Coulomb, si ricava per la componente x di ~A0
dA0x(0)
dx=dA0x(Lx)
dx= 0, (2.28)
23
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
che si esplicita come
b = 0 e sin kxLx = 0, (2.29)
ossia kx = nxπLx
con nx = ±1,± 2,± 3,....
Tale procedimento si estende alle restanti componenti.
Inoltre, per soddisfare la condizione di transversalita ∇· ~A = 0 e quella di normalizzazione∫Vd3~r
∣∣ ~A0(~r)∣∣2 = 1, (2.30)
con V = L3, si sceglie come soluzione particolare dell’equazione di Helmholtz (2.25), per
ogni fissato ~k
~Akλ(~r) = V −12 ekλ e
i~k·~r, (2.31)
dove ekλ e un vettore unitario, assunto reale, che garantisce la transversalita del poten-
ziale vettore; per ogni ~k e possibile scegliere solo due versori perpendicolari fra loro e
perpendicolari a ~k
~k · ekλ = 0, ekλ · ekλ′ = δλλ′ , (2.32)
con λ = 1,2. Cosı definito, ekλ specifica una delle due possibili polarizzazioni del campo
ed e pertanto noto come vettore di polarizzazione.
In definitiva, in virtu della linearita delle equazioni di Maxwell, il potenziale vettore,
soluzione dell’equazione (2.18) e
~A(~r,t) =∑~kλ
[ψk(t) ~Akλ(~r) + ψ∗k(t)
~A∗kλ(~r)
]
= V −12
∑~kλ
[αk(0) e−i(ωkt−
~k·~r) + α∗k(0) ei(ωkt−~k·~r)]ekλ
= V −12
∑~kλ
[αk(t) e
i~k·~r + α∗k(t) e−i~k·~r,
]ekλ (2.33)
dove il vettore d’onda puo assumere solo valori discreti
~k =(nxπLx
,nyπ
Ly,nzπ
Lz
)con nx,y,z = 0,± 1,± 2,± 3, . . . (2.34)
Il campo elettrico e magnetico assumono di conseguenza la forma
~E(~r,t) =i
V12
∑~kλ
ωk
[αk(t) e
i~k·~r − α∗k(t) e−i~k·~r]ekλ (2.35)
~B(~r,t) =i
V12
∑~kλ
[αk(t) e
i~k·~r − α∗k(t) e−i~k·~r]~k ∧ ekλ (2.36)
24
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
mentre per l’energia elettromagnetica del campo si ottiene l’espressione
H =1
8π
∫Vd3~r
(~E2 + ~B2
)=∑~kλ
[k2
2π
∣∣αk(t)∣∣2], (2.37)
dove l’integrale e esteso all’intero volume del cubo contenente il campo.
Definendo le quantita reali
qkλ(t) =1
c√
4π
[αk(t) + α∗k(t)
](2.38)
pkλ(t) =ik√4π
[α∗k(t)− αk(t)
](2.39)
si ricava, fissato ~k, quanto annunciato, ossia un’espressione per l’Hamiltoniana del campo
elettrico formalmente equivalente a quella di un oscillatore armonico di ugual frequenza
ωk
Hkλ =1
2
(p2kλ + ω2
kq2kλ
). (2.40)
Inoltre ricordando che αk(t) = αk(0)e−iωt e che ωk = kc, si verifica
q =1
c√
4π
[−iωkαk + iωkα
∗k
]=
iωk
c√
4π
[α∗k − αk
]=
i c k
c√
4π
[α∗k − αk
]= p (2.41)
e
p =ik√4π
[iωkα
∗k + iωkαk
]= − k ωk
c√
4π
[α∗k + αk
]= −ω2
k q, (2.42)
cioe qkλ(t) e pkλ(t) soddisfano le equazioni di Hamilton classiche rispetto all’Hamiltoniana
(2.40), ossia equivalgono a tutti gli effetti alle variabili canoniche coniugate, coordinate e
impulsi rispettivamente.
Pertanto, l’Hamiltoniana totale del sistema
H =∑kλ
1
2
(p2kλ + ω2
kq2kλ
)(2.43)
corrisponde a quella di un insieme discreto di infiniti oscillatori armonici disaccoppiati,
ciascuno oscillante con frequenza ωk. Ogni oscillazione prende il nome di modo normale.
25
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
2.2 Il campo elettromagnetico quantizzato
Partendo dall’ultimo risultato ottenuto e sfruttando le proprieta quantistiche dell’oscilla-
tore armonico precedentemente esposte, si puo procedere con la quantizzazione del campo
elettromagnetico.
In primo luogo, da un confronto fra le relazioni (2.8) e le (2.38)-(2.39), si puo notare che
nel processo di quantizzazione, le ampiezze del campo, α e α† sono state sostituite, a
meno di un fattore di proporzionalita, dagli operatori di creazione e distruzione a e a† e
che l’operatore N = a†a, rappresentante il numero di fotoni del sistema, ha preso il posto
della quantita |α|2. Sostituendo alle variabili canoniche e al vettore d’onda i corrispondenti
operatori nello spazio di Hilbert q, p e k, vi e consistenza fra le (2.8) e le (2.38)-(2.39) se
si pone
αk −→
√2π~c2
ωkakλ e α∗k −→
√2π~c2
ωka†kλ, (2.44)
per cui, per ogni k, si introducono gli operatori coordinata e impulso
qkλ =
√2π~c2
ωk(akλ + a†kλ) (2.45)
pkλ =
√2π~c2
ωk(a†kλ − akλ). (2.46)
La definizione degli operatori di creazione e annichilazione, seppur con diverso significato
fisico, resta invariata
akλ =1√
2~ωk(ωkqkλ + ipkλ), a†kλ =
1√2~ωk
(ωkqkλ − ipkλ), (2.47)
cosı come e immutata la regola di commutazione
[akλ(t),a†k′λ′(t)] = δ3kk′δλλ′ , (2.48)
a cui si aggiungono le relazioni
[akλ(t),ak′λ′(t)] = [a†kλ(t),a†k′λ′(t)] = 0 (2.49)
che scaturiscono dall’indipendenza dei diversi modi del campo elettromagnetico.
In virtu della sostituzione (2.44) si ricavano anche il campo elettrico e il campo magnetico
E(r,t) = i∑kλ
(2π~ωkV
) 12 [
akλ(t) eik·r − a†kλ(t) e−ik·r]ekλ (2.50)
B(r,t) = i∑kλ
(2π~ c2
ωkV
) 12 [
akλ(t) eik·r − a†kλ(t)e−ik·r]k ∧ ekλ, (2.51)
26
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
dove ogni osservabile e stata sostituita dal rispettivo operatore; essi si ottengono dal
potenziale vettore
A(r,t) =∑kλ
(2π~ c2
ωkV
) 12 [
akλ(t) eik·r − a†kλ(t)e−ik·r]ekλ (2.52)
che soddisfa la condizione di normalizzazione∫Vd3rAkλ(r) ·A∗k′λ′(r) = δ3
kk′δλλ′ . (2.53)
A questo punto e evidente che l’Hamiltoniana del campo elettromagnetico nel vuoto e
H =∑kλ
~ωk(
a†kλakλ +1
2
); (2.54)
essa corrisponde all’Hamiltoniana di un sistema costituito da infiniti oscillatori armonici
quantizzati indipendenti fra loro, dunque e ottenuta dalla somma infinita delle hamilto-
niane di singolo oscillatore, ciascuno corrispondente ad un modo normale k. Ogni modo
del campo ha uno spettro discreto di energia, costituito da livelli energetici equidistanti
Enkλ= ~ωk
(nkλ +
1
2
)con nkλ = 0,1,2,... (2.55)
dove nkλ e l’autovalore dell’operatore Nkλ = a†kλakλ, cui appartiene l’autostato |nkλ〉:
Nkλ |nkλ〉 = nkλ |nkλ〉 . (2.56)
L’autovalore nkλ rappresenta il numero di quanti di energia, i fotoni, presenti per un
particolare modo k; il numero totale di fotoni del campo e dato di conseguenza dalla
somma del numero di fotoni di ogni modo∑kλ
nkλ. (2.57)
Gli autovalori di H si ottengono, in virtu dell’indipendenza dei modi vibrazionali, come la
somma degli autovalori Enkλ
En =∑kλ
~ωkλ(nkλ +
1
2
), (2.58)
gli autostati invece son dati dal prodotto tensoriale degli autostati dell’Hamiltoniana di
singolo oscillatore
|n〉 =⊗kλ
|nkλ〉 = |nk1λ〉 ⊗ |nk2λ〉 ⊗ |nk3λ〉 ⊗ . . . . (2.59)
27
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
Per ogni modo k, gli autostati |nkλ〉 costituiscono un insieme completo ortonormale per
lo spazio di Hilbert Hkλ cui essi appartengono; l’intero sistema e dunque definito in uno
spazio di Hilbert H ottenuto a sua volta dal prodotto tensoriale dei sottospazi Hkλ
H =⊗kλ
Hkλ. (2.60)
e opportuno ricordare a questo punto che la teoria quantistica si fonda sul principio di
corrispondenza, che sancisce un legame formale con la teoria classica, eppure le conclusioni
a cui le due teorie conducono sono tutt’altro che scontate. Nell’espressione dell’energia del
campo elettromagnetico (2.58) sono sintetizzati alcuni dei risultati piu sorprendenti della
meccanica quantistica. In primo luogo e evidente la nota quantizzazione dell’energia, pre-
cedentemente ricavata per l’oscillatore armonico e qui generalizzata al caso di un sistema
a infiniti gradi di liberta: l’energia del campo elettromagnetico e strettamente legata al
numero di fotoni che lo compongono, ciascuno dei quali ha energia ~ω. Ad ogni frequenza
di vibrazione del campo ωk e associato uno spettro energetico, la cui energia e data dalla
somma dell’energia dei quanti caratterizzati dalla medesima ωk; poiche i modi del campo
sono indipendenti l’un l’altro, l’energia totale e data dalla somma dell’energia di ciascuno
spettro. Nel caso di un campo elettromagnetico confinato in un certo volume, lo spettro
energetico e discreto e l’energia complessiva e espressa dalla (2.58); se il campo si trovasse
nel vuoto, in assenza di alcun confine, i suoi livelli energetici formerebbero uno spettro
continuo. In ogni caso, comunque, non tutti i valori dell’energia sono consentiti, come
invece e vero in elettrodinamica classica.
Il secondo punto di rottura con la teoria classica si manifesta ponendo nella (2.55) nkλ = 0,
ossia assumendo che in un certo stato |nkλ〉, con k fissato, non ci siano fotoni; tale stato
e chiamato vacuum state, stato di vuoto, ed indicato con |0〉. Seppur in assenza di fotoni,
il campo elettromagnetico ha energia ~ωkλ/2, definita zero-point energy, energia di punto
zero . Quanto appena affermato e indubbiamente sbalorditivo, considerando che secondo
la centenaria visione classica della realta, nello stato di vuoto, anche detto stato di mi-
nima energia, il campo si annulla in ogni punto; ma ce di piu. Nel particolare caso in
esame, cioe quando si ha a che fare con un sistema a infiniti gradi di liberta, l’esistenza
del energia di punto zero comporta la divergenza dell’Hamiltoniana del sistema (2.54): la
somma∑kλ
12~ωk evidentemente non converge. L’infinito emerso e la somma dei punti
zero dell’energia degli infiniti modi normali che costituiscono il campo elettromagnetico.
Estendendo ora l’attenzione agli altri autostati dell’energia |n〉 si evidenziano ulteriori
proprieta degne di nota. Si puo ad esempio dimostrare che i valori medi dei campi sugli
28
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
stati stati stazionari |n〉 sono nulli.
L’azione degli operatori di creazione e annichilazione sul generico stato |nkλ〉, con k fissato,
e definita dalle formule di ricorrenza
a†kλ |nkλ〉 =√nkλ + 1 |nkλ + 1〉 (2.61)
akλ |nkλ〉 =√nkλ |nkλ − 1〉 (2.62)
con akλ |0〉 = 0, (2.63)
ed inoltre un generico autostato |nkλ〉 si ottiene applicando piu volte allo stato di vuoto
l’operatore di creazione a†kλ
|nkλ〉 =(a†kλ)nkλ
√nkλ!
|0〉 . (2.64)
Ora, dalla (2.50) si ricava il modo del campo elettrico di frequenza ωk
Ekλ(r,t) = iεkλ[akλ(t)Akλ(r)− a†kλ(t)A†kλ(r)], (2.65)
dove εkλ = (2π~ωk)12 e Akλ(r) = V −
12 eik·r ekλ, dunque per ogni k, si ha
〈nkλ|Ekλ(r,t) |nkλ〉 = 〈nkλ| iεkλ(akλAkλ − a†kλA†kλ) |nkλ〉
= iεkλ[Akλ 〈nkλ|akλ |nkλ〉 −A†kλ 〈nkλ|a
†kλ |nkλ〉
]= iεkλ
[Akλ√nkλ 〈nkλ |nkλ − 1〉 −A†kλ
√nkλ + 1 〈nkλ |nkλ + 1〉
]= 0; (2.66)
Dall’ortogonalita degli autostati del campo e dalle relazioni (2.50) e (2.59) si evince che il
valore medio del campo elettrico sugli autostati dell’energia e nullo
〈n|E(r,t)|n〉 = 0, (2.67)
con analogo procedimento, considerando la (2.51), si dimostra un medesimo risultato anche
per il campo magnetico
〈n|B(r,t)|n〉 = 0. (2.68)
Diverso e tuttavia il risultato per il valor medio di E2(r,t):
〈nkλ|E2(r,t) |nkλ〉 = −ε2kλ[A2
kλa2kλ + a†
2kλA
2kλ − |Akλ|2(akλa
†kλ + a†kλakλ)]
= −ε2kλ
[A2kλ 〈nkλ|a2
kλ |nkλ〉+A2kλ 〈nkλ|a†
2kλ |nkλ〉+
− |Akλ|2 〈nkλ| 1 + 2a†a |nkλ〉]
= ε2kλ |Akλ|2(2nkλ + 1)
=[εkλ |Akλ|
√nkλ +
1
2
]2, (2.69)
29
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
per ogni k, quindi
〈n|E2(r,t)|n〉 =∑kλ
[εkλ |Akλ|
√nkλ +
1
2
]2. (2.70)
Pertanto non nullo e anche lo scarto quadratico medio che fornisce una stima delle flut-
tuazioni del campo
∆E =∑kλ
√〈E2
kλ〉 − 〈E2kλ〉 =
∑kλ
√〈E2
kλ〉
=∑kλ
εkλ |Akλ|√nkλ +
1
2
=∑kλ
εkλ |Akλ|√nkλ + 〈E2
kλ〉0, (2.71)
dove 〈E2kλ〉0 = εkλ |Akλ|12 e la dispersione del campo elettrico rispetto allo stato di vuoto
|0〉. Il risultato appena ottenuto e una conseguenza della non commutabilita di Nkλ e
Ekλ su cui si fonda un altro pilastro della meccanica quantistica, il principio di indetermi-
nazione, in virtu del quale e impossibile conoscere contemporaneamente e con precisione
il campo elettrico e il numero di fotoni che lo compongono. Tale proprieta essendo valida
per tutti gli stati del campo lo e anche per lo stato di vuoto , a dimostrazione che anche in
assenza di fotoni il campo elettromagnetico presenta delle fluttuazioni. L’energia di vuoto
del campo elettromagnetico si associa a particelle virtuali che compaiono e scompaiono
nello stato fondamentale |0〉. Da un punto di vista formale, le fluttuazioni di vuoto con-
tribuiscono con costanti aggiuntive alle misure dei valori medi, costanti che non alterano
il significato fisico delle misure; si possono dunque inglobare le fluttuazioni di vuoto nella
definizione dell’Hamiltoniana, senza perdere alcuna informazione fisica
HF = H− 〈0|H |0〉 =∑kλ
[1
2~ωk
(akλa
†kλ
)− 1
2~ωk
]=
∑kλ
[1
2~ωk
(2a†kλakλ + 1
)− 1
2~ωk
]=
∑kλ
~ωka†kλakλ. (2.72)
La ridefinizione dell’Hamiltoniana, (2.72), e chiamata normal order e consente di elimi-
nare formalmente l’energia di punto zero perche implicita nella definizione stessa. Cio
nonstante, come verra dimostrato a breve, l’energia di vuoto ha una realta fisica che non
puo essere ignorata e che anzi e alla base di numerosi fenomeni quantistici. Per conclude-
re, e opportuno aprire una parentesi sulla fase del campo elettromagnetico. Fin qui si e
30
2 – Quantizzazione del campo elettromagnetico
assunto senza indugio, che, come per le altre osservabili, anche alla fase fosse associato un
operatore hermitiano; in realta la sua stessa esistenza e tutt’ora argomento di discussione.
Vari sono stati i tentativi di dare forma a tale operatore: Dirac, per primo, ipotizzo una
decomposizione in forma polare degli operatori di annichilazione e creazione
a = eiφ√N a† =
√Ne−iφ (2.73)
di modo che l’operatore dell’esponenziale della fase eiφ fosse unitario (condizione necessaria
per essere hermitiano).
Susskind e Glogower dimostrarono che tale decomposizione non e attuabile e ne proposero
una alternativa, introducendo gli operatori E ed E†, detti operatori SG
E = (N + 1)−12 a = (aa†)−
12 a (2.74)
E† = a†(N + 1)−12 = a†(aa†)−
12 , (2.75)
che di fatto corrispondono proprio all’operatore esponenziale e±iφ. Una volta determinati
gli autostati |φ〉 di E che soddisfano l’equazione
E |φ〉 = eiφ |φ〉 , (2.76)
quindi, autostati della fase, li utilizzarono per costruire una sorta di distribuzione della
fase P (φ) per un arbitrario stato |ψ〉 del campo
P (φ) =1
2π| 〈φ |ψ〉 |2. (2.77)
Ad un risultato simile giunsero anche Pegg e Barnett, i quali pero definirono prima un
operatore di fase approssimativo in uno spazio ristretto, finito-dimensionale, dello spazio
di Hilbert, per poi ottenere proprio, come limite, la distribuzione (2.77).
31
Capitolo 3
Effetti delle fluttuazioni di vuoto
La teoria quantistica della radiazione, attraverso la quantizzazione del campo elettroma-
gnetico, ha evidenziato l’esistenza di un’energia di punto zero, ossia l’esistenza di uno stato
con numero di fotoni nullo e fluttuazioni del campo finite. I risvolti di tale risultato furono
notevoli: diversi fenomeni infatti, fra cui il Lamb shift e l’effetto Casimir, non possono
essere spiegati secondo la fisica classica perche ascrivibili a interazioni puramente quanti-
stiche.
In particolare, dall’analisi sperimentale dell’atomo di idrogeno, apparvero distinti, dei li-
velli energetici che la teoria prevedeva essere degeneri. La separazione e, per l’appunto,
dovuta all’interazione dell’elettrone con le fluttuazioni di vuoto del campo elettromagne-
tico interno all’atomo.
L’effetto Casimir invece si manifesta come un’interazione fra due conduttori, legata alle
condizioni al contorno imposte dal sistema al campo magnetico quantizzato. Casimir, pre-
disse teoricamente il fenomeno studiando due lastre infinte perfettamente conduttrici; egli
determino l’esistenza di una forza attrattiva fra i due oggetti, indipendente dal materiale,
che attribuı alla pressione dell’energia di punto zero delle onde elettromagnetiche. Su scala
atomica, fra un atomo e una superficie conduttrice, le fluttuazioni di vuoto generano una
forza attrattiva nota come forza di Casimir-Polder.
3.1 Lamb shift
L’atomo di idrogeno, nella sua rappresentazione piu semplice e stilizzata, e costituito
da un protone e un elettrone soggetti a un potenziale centrale. Dal momento che la
32
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
massa del protone e molto piu grande di quella dell’elettrone, e possibile descrivere il
sistema assumendo che l’elettrone ruoti attorno al protone immaginato fisso nel centro del
sistema di riferimento in cui si opera. Questa approssimazione consente di ridurre l’analisi
dell’atomo allo studio della funzione d’onda del solo elettrone.
Sotto queste ipotesi dunque, l’Hamiltoniana del sistema e
H0 =p
2m− e2
r, (3.1)
dove naturalmente p, m, −e sono rispettivamente impulso, massa non relativistica e carica
dell’elettrone, e r e la distanza dal protone. Per un sistema a potenziale centrale di questo
tipo, le funzioni d’onda si esprimono come il prodotto di un’autofunzione radiale e di una
angolare
ψ(r,ϑ,ϕ) = Rn(r)Y ml (ϑ,ϕ) (3.2)
essendo n, l, m i numeri quantici legati agli autovalori degli operatori H0, L2, Lz
H0 |ψ〉 = En |ψ〉 con n = 0,1,2, . . . (3.3)
L2 |ψ〉 = ~ l(l + 1) |ψ〉 con l = 0, . . . ,n− 1 (3.4)
Lz |ψ〉 = ~m |ψ〉 con m = −l, . . . ,+ l, (3.5)
dove |ψ〉 e l’autostato associato all’autofunzione ψ.
L’equazione di Schrodinger indipendente dal tempo
H0 ψ = E ψ (3.6)
fornisce gli autovalori dell’energia, che in questa rappresentazione dell’atomo di idrogeno,
dipendono esclusivamente dal numero quantico principale n:
En = −α2mc2( 1
2n2
)= −13,6
1
n2eV, (3.7)
dove n puo assumere solo valori interi non negativi, come prima indicato, e α = e2
~c '1
137
e la costante di struttura fine. Inoltre, tenendo presente l’intervallo di variazione dei tre
numeri quantici, si osserva che per n fissato, ogni livello energetico ha degenerazione n2:
n−1∑l=0
(2l + 1) = n2, (3.8)
il che significa che per ogni n, esistono n2 autostati aventi la medesima energia En.
Le discrepanze fra i risultati sperimentali e le predizioni teoriche sono tuttavia notevoli, in
33
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
particolare lo spettro energetico dell’atomo presenta piu livelli energetici di quanti il mo-
dello ne predica. Una descrizione piu accurata si ottiene ricordando che l’energia cinetica
classica e il limite, per basse velocita, dell’energia relativistica, e che l’elettrone possiede
un momento angolare intrinseco, lo spin. Cio si traduce nell’aggiungere all’Hamiltoniana
H0 opportuni termini correttivi: la correzione relativistica e rappresentata dal termine
Hrel = −
(1
8m3c2
)p4, (3.9)
il contributo di spin invece e espresso come
Hso =e2
2m2c2r3
(S ·L
), (3.10)
con S e L, rispettivamente spin e momento angolare orbitale dell’elettrone. Il termine
(3.9), come detto, scaturisce dalla definizione dell’energia nella relativita ristretta
T =√
p2c2 +m2c4 −mc2 (3.11)
che all’ordine piu basso e approssimato da
T =p2
2m− p4
8m3c2+ . . . . (3.12)
Esso consente di ricavare la deviazione, negativa, rispetto all’energia E0, autovalore del-
l’Hamiltoniana imperturbata H0:
Erel = −α4mc2 1
4n2
[2n
l + 12
− 3
2
]. (3.13)
Poiche Erel e proporzionale alla quarta potenza di α, fornisce una correzione di un circa
un fattore 10−4.
Il termine (3.10) e legato all’interazione spin-orbita fra il momento di dipolo µS associato
allo spin dell’elettrone e il campo magnetico B che il protone genera ruotando attorno
all’elettrone. La scelta del sistema di riferimento e infatti totalmente arbitraria, quindi
immaginando una descrizione dell’atomo in cui l’elettrone e a riposo 1 e il protone gli
orbita attorno, il campo magnetico B e legato al momento angolare L dell’elettrone dalla
relazione
B =e
mcr3L. (3.14)
1Si tratta di un sistema non inerziale, dunque per ottenere il termine di interazione W nel sistema diriferimento inerziale originario, sara necessario dividere per due. [5]
34
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
Inoltre, il momento di dipolo magnetico µS si definisce come
µS = − e
mcS, (3.15)
dunque l’energia di interazione
W = −µS ·B (3.16)
si esprime in funzione del prodotto scalare S ·L, e nel sistema di riferimento originario e
W =e2
2m2c2r3
(S ·L
), (3.17)
da cui la (3.10).
La deviazione dall’energia E0 dovuta all’interazione spin-orbita e data da
Eso = α2mc2
[j(j + 1)− l(l + 1)− 3/4
4n3l(l + 1)(l + 172)
]. (3.18)
La hamiltoniana totale del sistema a seguito di tali correzioni diviene
H = H0 + Hrel + Hso, (3.19)
combinando infine le (3.13) e (3.18) si ricava la correzione all’energia E0 da cui ha luogo
la struttura fine dell’atomo di idrogeno
Efs = −α4mc2 1
4n2
[2n
j + 12
− 3
2
](3.20)
dove j = l − 12 , . . . , l + 1
2 e’ il numero quantico associato al momento angolare totale
J = L + S che in presenza dell’interazione spin-orbita si conserva (invece non si conser-
vano piu L e S).
Dalla relazione (3.20) e evidente che le correzioni apportate hanno abbassato i livelli ener-
getici associati all’hamiltoniana imperturbata H0 e hanno rimosso parzialmente la degene-
razione degli stati con ugual numero quantico n e diverso j; infatti confrontando l’intervallo
di variabilita di i e l si deduce che j ha numero di degenerazione n, potendo assumere i
valori
j =1
2, . . . n− 1
2. (3.21)
Dunque ogni livello En si scinde in n sottolivelli distinti la cui energia dipende dal mo-
mento angolare totale j.
Ancora una volta pero l’esperienza e in disaccordo con la teoria. La relazione (3.20) so-
stiene che i livelli energetici 2s1/2 e 2p1/2 siano degeneri, ma nel 1947 Lamb e Retherford
35
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
misurarono una piccola separazione fra di essi: il livello 2s1/2 si trovava circa 1000 MHz
piu in alto del livello 2p1/2. L’effetto prese il nome di Lamb shift.
L’inadeguatezza della struttura fine dell’atomo di idrogeno e dovuta al trattamento clas-
sico che si e riservato al il campo magnetico H. Nell’espressione del potenziale centrale
V (r) = − er2
si riconosce infatti la legge di Coulomb, e lo stesso campo magnetico lo si e
ottenuto dalla legge di Biot-Savart
B =ev
cr2, (3.22)
dove e, v sono rispettivamente carica e velocita orbitale del protone e r la distanza radiale
rispetto all’elettrone posto al centro del sistema di riferimento non inerziale. Esprimendo
la velocita v in funzione del momento angolare dell’elettrone L = rmv si e giunti alla
(3.14). La chiave di volta del Lamb Shift e dunque la quantizzazione del campo magnetico
visto dall’elettrone nel suo sistema di riferimento non inerziale.
A questo punto sembrerebbe ridondante ripetere che una descrizione quanto piu possibile
veritiera della realta e imprescindibile da un approccio quantistico, ma probabilmente ai
tempi di Lamb non era ancora cosı ovvio, dal momento che Dirac, nel 1989, ricordo la
scoperta di Lamb e Retherford e l’interpretazione del fenomeno, come una svolta nella
storia della fisica teorica.
Lo stesso Dirac ritenne che l’elemento mancante della trattazione precedente fosse l’ac-
coppiamento fra l’elettrone e il campo elettromagnetico di vuoto. 2 In questa prospettiva,
l’elettrone dell’atomo, interagente con il campo elettromagnetico quantizzato, ha energia
cinetica espressa dal termine di accoppiamento minimo, 12m
(p − e
cA)2
, ed e soggetto a
potenziale eφ, dove p e il momento della particella, A e φ potenziale vettore e poten-
ziale scalare rispettivamente. L’energia del campo e 18π
∫d3r (E2 + B2). Dunque per
l’hamiltoniana del sistema si ha
H =1
2m
(p− e
cA)2
+ eφ+1
8π
∫d3r (E2 +B2)
=p2
2m− e
2mc(A · p)− e
2mc(p ·A) +
e2
2mc2A2 + eφ+
1
8π
∫d3r (E2 +B2)
=p2
2m+ eφ− e
2mc(A · p)− e
2mc(p ·A) +
e2
2mc2A2 +
1
8π
∫d3r (E2 +B2)
= HA + HF −e
2mc(A · p)− e
2mc(p ·A) +
e2
2mc2A2, (3.23)
dove HA e l’hamiltoniana dell’elettrone atomico e HF l’hamiltoniana del campo. Inoltre
ipotizzando che la lunghezza d’onda del campo λ sia molto maggiore del raggio di Bohr
2Per una trattazione piu dettagliata si rimanda a [3]
36
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
a0, λ a0 si pu operare sfruttando l’approssimazione di dipolo elettrico, il quale con-
sente di trascurare la dipendenza spaziale del potenziale vettore A. Sotto queste ipotesi,
l’hamiltoniana e in definitiva
H = HA + HF −e
mc(A · p) +
e2
2mc2A2. (3.24)
La teoria delle perturbazioni stazionarie consente di valutare gli effetti dell’interazione fra
elettrone e campo elettromagnetico, racchiusa negli ultimi due termini dell’hamiltoniana
(3.23). In realta l’unico termine che modifica i livelli energetici dell’atomo di idrogeno
e quello proporzionare a A · p, in quanto l’altro, e2
2mc2A2, non dipende dagli operatori
atomici.
Ricordando l’espressione (3.40) ricavata per il potenziale vettore nel processo di quantiz-
zazione del campo elettromagnetico
A(r,t) =∑kλ
(2π~ c2
ωkV
) 12 [
akλ(t) eik·r − a†kλ(t)e−ik·r]ekλ,
si puo ottenere al secondo ordine perturbativo, lo spostamento dell’n-esimo livello energe-
tico dell’atomo di idrogeno, dovuto alla presenza dal termine di interazione − emc (A · p)
∆En =∑m
∑kλ
∣∣〈m, 1kλ|hkλ |n, vac〉∣∣2En − Em − ~ωk
, (3.25)
dove
hkλ = − e
mc
(2π~c2
ωkV
) 12a†kλ(ekλ · p). (3.26)
Lo stato |n, vac〉 corrisponde alla situazione in cui l’atomo si trova nel suo autostato stazio-
nario |n〉 e il campo nello stato di vuoto. Lo stato |m, 1kλ〉 rappresenta invece l’atomo nello
stato |m〉 e un solo fotone nel modo (kλ). La presenza di |m, 1kλ〉 e giustificata dall’azione
degli operatori di creazione e di distruzione a†kλ e akλ, che compaiono nell’espressione di
A, e che agiscono sullo stato di vuoto del campo secondo le definizioni:
akλ |vac〉 = 0 a†kλ |vac〉 = |1kλ〉 . (3.27)
Dal momento che
〈m, 1kλ|hkλ |n, vac〉 = − e
mc
(2π~c2
ωkV
) 12pmn · ekλ, (3.28)
37
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
lo spostamento dello stato |n vac〉 e dato dalla relazione
∆En =e2
m2c2
2π~c2
ωkV
∑m
∑kλ
∣∣pmn · ekλ∣∣2En − Em − ~ωk
=2πe2
m2
1
V
∑m
∑kλ
1
ωk
∣∣pmn · ekλ∣∣2ωnm − ωk
, (3.29)
dove si e posto ~ωnm = En − Em. Inoltre, a parte il fattore numerico, esplicitando il
termine∣∣〈m, 1kλ|hkλ |n, vac〉∣∣2 =∣∣〈m, 1kλ|a†kλ(p · ekλ) |n, vac〉
∣∣2= 〈n, vac|akλ(p · ekλ) |m, 1kλ〉 〈m, 1kλ|a†kλ(p · ekλ) |n, vac〉 ,
(3.30)
si osserva che la causa dello spostamento ∆En puo essere ricondotta al processo di emis-
sione n −→ m + γ, seguito da un processo di riassorbimento m + γ −→ n di un fotone
virtuale γ da parte dello stato di vuoto del campo.
Figura 3.1. Rappresentazione della relazione (3.30). Interpretazione del Lamb shift intermini dell’emissione e assorbimento di un fotone virtuale
Tale procedimento conduce, pero, ad un risultato che costituı un vero e proprio dilemma
per i fisici dell’epoca. Maneggiando la relazione (3.29) e assumendo i modi del campo
continui e infiniti, si ottiene
∆En =2e2
3πm2c3
∑m
|pmn|2∫ ∞
0
ωdω
ωnm − ω
=2α
3π
( 1
mc
)2∑m
|pmn|2∫ ∞
0
EdE
En − Em − E. (3.31)
L’integrale diverge, dunque lo spostamento del livello n-esimo, che probabilmente cor-
rispondeva al Lamb shift, risultava essere infinito, mentre sperimentalmente era stato
38
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
misurato un valore piccolo, ma finito.
La soluzione alla questione fu trovata da Bethe attorno al 1947, il quale sfrutto un pro-
cedimento noto come mass renormalization, ispirandosi ai lavori di Kramers e Weisskopf.
L’idea di base fu quella di sottrarre allo spostamento ∆En (3.31), la variazione dell’energia
del livello n-esimo dovuta all’accoppiamento fra l’elettrone libero e il campo elettromagne-
tico. Inoltre egli assunse che l’interazione fra l’elettrone e lo stato di vuoto responsabile
del Lamb shift, avvenisse per frequenze del campo sufficientemente basse da giustificare un
approccio non relativistico; in quest’ottica Bethe limito superiormente l’intervallo di inte-
grazione della (3.31), assumendo come limite superiore non piu infinito, ma mc2. L’intuito
ebbe un esito brillante: Bethe ottenne per il livello energetico 2s dell’atomo di idrogeno
uno spostamento di circa 1040MHz, in eccellente accordo con la misura effettuata da
Lamb e Retherford.
Circa un anno dopo, nel 1948, Welton giunse alla stessa conclusione di Bethe, individuando
la causa del Lamb shift nelle fluttuazioni della posizione dell’elettrone, dovute all’energia
di vuoto del campo. Egli inoltre riuscı a svincolarsi dal procedimento rinormalizzazio-
ne della massa, fondamentale nell’operato di Bethe, imponendo come estremo superiore
dell’intervallo di integrazione il valore mc2 e come estremo inferiore l’energia media di
eccitazione dell’elettrone.
Un’ulteriore interpretazione del Lamb shift, firmata Richard Feynman, riprende in qualche
modo il principio ispiratore di Bethe. Feynman considero un gas diluito in una grande
scatola costituito a N atomi. Il Lamb shift fu ricavato sottraendo allo spostamento ener-
getico ∆En degli atomi del gas, quello ottenuto considerando gli elettroni atomici come
particelle libere ∆Efreen ; la differenza ∆En − ∆Efreen , condusse ad un risultato che nel
caso limite di gas costituito da un solo atomo, riproduceva l’espressione finale di Bethe
ottenuta a seguito della rinormalizzazione della massa.
Successivi studi hanno dimostrato che le correzioni allo spettro dell’atomo di idrogeno do-
vute al Lamb shift, dipendono dal numero quantico l. In particolare, se l = 0, la deviazione
e
∆ELamb = α5mc2 1
4n3k(n,0), (3.32)
dove k(n,0) e un fattore numerico che varia gradualmente al variare del numero quantico
n assumendo i valori 12,7 (per n = 0) e 13,2 (quando n→∞) ; se invece l 6= 0 si ha
∆ELamb = α5mc2 1
4n3
k(n,l)± 1
π(j + 12)(l + 1
2)
, (3.33)
39
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
dove k(n,l) ha valore minore di 0,05 e varia lentamente con n e l. La dipendenza del
termine di Lamb shift dal numero quantico l rimuove la degenerazione per gli stati carat-
terizzati dalla stessa coppia di n e l.
Infine, e necessario menzionare il fatto che il solo Lamb shift non completa la descrizione
dello spettro dell’atomo di idrogeno. Come l’elettrone, anche il nucleo, infatti, e dotato di
spin. Cio comporta un accoppiamento fra gli spin dell’elettrone e del nucleo e un’interazio-
ne dovuta all’azione del campo elettromagnetico, prodotto dal moto orbitale dell’elettrone,
sul momento intrinseco del protone (la si puo immaginare come un’interazione spin-orbita
nucleare). Inoltre la differenza di massa fra elettrone e protone, si ripercuote in una dif-
ferenza di ordini di grandezza fra i rispettivi momenti di dipolo, pertanto le interazioni
dovute alla presenza di µp sono meno intense rispetto a quelle responsabili della struttura
fine. Il risultato complessivo e la rimozione della degenerazione anche rispetto al numero
quantico di momento angolare totale j: ogni livello energetico con n, l e j, e scisso in due
sottolivelli. Tale rappresentazione dello spettro energetico dell’atomo di idrogeno prende
il nome di struttura iperfine.
3.2 Effetto Casimir
“Bohr mumbled something about zero-point energy.”
H. Casimir [6]
Le radici dell’effetto Casimir risiedono nell’attrazione di Van der Waals che si manifesta
fra due atomi o molecole vicine, anche se si tratta di molecole apolari. Questo tipo di
interazione si estende anche a corpi neutri macroscopici e ha origine nel moto delle cari-
che elettriche che li compongono, le quali generano campi elettromagnetici fluttuanti nella
regione di spazio fra i due oggetti. Tali campi inducono dei momenti di dipolo transienti
nelle molecole, provocandone l’interazione. Nella formulazione quantistica dell’interazione
di Van der Waals, sviluppata da Fritz London, si verifica cio che e stato visto precedente-
mente per il campo elettromagnetico: il valore medio degli operatori associati ai momenti
di dipolo degli atomi o molecole apolari e nullo, ma i momenti di dipolo istantanei indotti
fanno sı che lo scarto quadratico medio sia diverso da zero. In altri termini, la forza di
Van der Waals e da intendersi come una conseguenza delle fluttuazioni di vuoto del campo
elettromagnetico, dal momento che il campo intermolecolare si puo interpretare come una
serie di oscillazioni dell’energia di punto zero. Ne consegue pertanto che l’interazione di
40
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
Van der Waals e puramente quantistica; il lavoro di London conferma questa asserzione e
la completa, dimostrando che si tratta di un effetto non relativistico, dal momento che i
risultati da lui ottenuti dipendono dalla costante di Planck h, ma non dalla velocita della
luce nel vuoto c.
Quanto detto e vero nel limite in cui due atomi, molecole o corpi macroscopici si possano
definire vicini. Una forza di Van der Waals quantistica e non relativistica si manifesta
infatti se i due oggetti si trovano a distanza di pochi nanometri, distanza che consente ad
un fotone virtuale emesso da un atomo, di raggiungere l’altro in un arco di tempo minore
o uguale al suo tempo di vita. In queste condizioni le oscillazioni prodotte dall’emissione,
o assorbimento, del fotone, inducono momenti di dipolo istantanei in entrambi gli atomi;
si parla di nonretarded Van der Waals force. Se invece gli atomi sono situati a distanza
tale da non consentire al fotone virtuale di essere trasferito dall’uno all’altro, l’attrazione
dovuta alla forza non ritardata di Van der Waals non sussiste. Tuttavia, anche in questo
caso la dispersione del campo elettromagnetico risulta essere non nulla. Cio comporta il
sorgere di momenti di dipolo e di una forza attrattiva fra i due atomi. Tale interazione puo
essere interpretata come una manifestazione su larghe distanze della forza non ritardata
di Van der Waals, che prende il nome di forza di Casimir-Polder. Essa e un’interazione
ovviamente quantistica, ma, al contrario della precedente, e relativistica e dipende dalla
polarizzabilita degli atomi.
Su scala macroscopica, Casimir predisse l’esistenza di una forza attrattiva fra due lastre
neutre parallele e perfettamente conduttrici, poste nel vuoto. Quest’interazione, l’effetto
Casimir, e dunque un’estensione della forza di Casimir-Polder entro confini materiali.
La dimostrazione, per ora teorica, dell’esistenza della forza di Casimir si ricava conside-
rando un campo elettromagnetico all’interno di un parallelepipedo di lati Lx ≡ Ly = L
e Lz, costituito da due piastre perfettamente conduttrici di area L2 ciascuna e poste a
distanza d ≡ Lz.Le equazioni di Maxwell nel vuoto impongono la trasversalita del campo elettrico e del
campo magnetico, la scelta della guauge di Coulomb la impone anche per il potenziale
vettore A(r,t). Inoltre, la condizione di perfetta conducibilita e soddisfatta se le compo-
nenti tangenziali del campo elettrico si annullano sulle pareti del parallelepipedo; analoga
limitazione sussiste dunque anche per il potenziale vettore, le cui componenti spaziali,
41
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
soluzioni dell’equazione di Helmholtz, sono del tipo
Ax(r) = (8/V )12 ax cos (kxx) sin (kyy) sin (kzz) (3.34)
Ay(r) = (8/V )12 ay sin (kxx) cos (kyy) sin (kzz) (3.35)
Az(r) = (8/V )12 az sin (kxx) sin (kyy) cos (kzz), (3.36)
dove a2x + a2
y + a2z = 1, V = L2Lz e il vettore d’onda k soddisfa le condizioni al contorno
(2.34)
k =(nxπL,nyπ
L,nzπ
Lz
)con nx,y,z = 0,1,2,... (3.37)
Immancabile e ovviamente la condizione di normalizzazione
1 =
∫Vd3r∣∣A(r)
∣∣2=
∫ L
0dx
∫ L
0dy
∫ Lz
0dz[A2
x(r) +A2y(r) +A2
z(r)]. (3.38)
La trasversalita richiesta dalla gauge di Coulomb ∇ ·A = 0 si traduce nella relazione
kxAx + kyAy + kzAz =π
L(nxAx + nyAy) +
π
Lz(nzAz) = 0, (3.39)
dunque se nxyz 6= 0 ci sono due possibili polarizzazioni indipendenti, se uno dei tre valori
invece si annulla c’e un’unica direzione di polarizzazione.
Ora, dalla (3.37) si evince che all’interno del parallelepipedo solo alcune frequenze sono
ammesse:
ωkn = c|kn| = πc
[n2x
L2+n2y
L2+n2z
L2z
] 12
. (3.40)
Pertanto l’energia di punto zero all’interno del volume e data dalla somma dei punti zero
dei modi del campo caratterizzati da frequenze ωkn
∑n
′ (2)1
2~ωkn =
∑nxnynz
′π~c[n2x
L2+n2y
L2+n2z
L2z
] 12
, (3.41)
in cui il fattore 2 prende in considerazione le due possibili polarizzazioni nel caso in cui
nxyz 6= 0, mentre l’apostrofo implica il fattore 12 nel caso in cui uno degli interi nxyz si
annulli, in qual caso si ha un’unica polarizzazione.
Immaginando di far tendere all’infinito le dimensioni delle superfici laterali, ossia imma-
ginando che le lastre conduttrici diventino infinitamente grandi, pur mantenendo fissa la
distanza d fra esse, i modi possibili nelle direzioni x e y diventano infiniti, dunque nella
42
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
(3.41), la somma rispetto a nx e ny e sostituita da un integrale, mentre i valori di nz
continuano ad essere discreti:∑nxyz
→∑nz
′(L
π
)2 ∫ ∫dkx dky. (3.42)
L’energia di punto zero (3.41) in questa configurazione risulta
E(d) =L2
π2(~c)
∑nz
′∫ ∞
0dkx
∫ ∞0
dky
(k2x + k2
y +n2zπ
2
d2
) 12
(3.43)
quindi una quantita infinita in un volume finito.
Se ora, rendendo infinite le dimensioni delle due piastre, anche la distanza d diventa
infinita, nz potra assumere valori continui; di conseguenza nell’intero spazio vuoto, tutte
le frequenze di vibrazione sono consentite. Anche la somma su nz diviene un integrale e
l’energia di punto zero nell’intero spazio si ottiene dall’integrale triplo
E(∞) =L2
π2(~c)
d
π
∫ ∞0
dkx
∫ ∞0
dky
∫ ∞0
dkz(k2x + k2
y + k2z)
12 , (3.44)
che anche in questo caso fornisce una quantita infinita.
Stando a quanto finora dimostrato, l’energia potenziale del sistema nella configurazione
iniziale, cioe con le due piastre poste a distanza d e una differenza fra due infiniti (figura
(3.2)). Essa infatti e l’energia necessaria per portare le due piastre dall’infinito a distanza
d, dunque
U(d) =L2~cπ2
[∑nz
′∫ ∞
0dkx
∫ ∞0
dky
(k2x + k2
y +n2zπ
2
d2
) 12
−dπ
∫ ∞0
dkx
∫ ∞0
dky
∫ ∞0
dkz(k2x + k2
y + k2z)
12
]. (3.45)
La forza di Casimir si ottiene rendendo finita questa quantita. Cio e possibile attraverso
un’appropriata funzione di cut-off, che prende in considerazione il limite di conducibilita
delle lastre, ossia il fatto che tale proprieta non e piu vera a grandi frequenze, o in altri
termini, a lunghezze d’onda dell’ordine delle dimensioni atomiche.
L’energia potenziale (3.45) in coordinate polari u, ϑ nel piano kx,ky > 0 assume la forma
U(d) =L2~cπ2
π
2
[∑nz
′∫ ∞
0duu
(u2 +
n2zπ
2
d2
) 12
−(d
π
)∫ ∞0
dkz
∫ ∞0
duu(u2 + k2z)
12
], (3.46)
43
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
dove dkxdky = u dudϑ, con 0 < ϑ < π/2. La funzione di cutoff e definita come
f(k) = f([u2 + k2z ]
12 ), (3.47)
di modo che, posto km ≈ 1/a0, dove a0 e il raggio di Bohr, risulti
f(k) = 1 per k << km (3.48)
e
f(k) = 0 per k >> km. (3.49)
In queste approssimazioni l’effetto Casimir risulta essere essenzialmente proprio delle basse
frequenze, caratterizzato da energia potenziale
U(d) =L2~cπ2
π
2
[∑nz
′∫ ∞
0duu
(u2 +
n2zπ
2
d2
) 12
f([u2 + k2z ]
12 )
−(d
π
)∫ ∞0
dkz
∫ ∞0
duu(u2 + k2z)
12 f([u2 + k2
z ]12 )
], (3.50)
che effettuando il cambio di variabili x = u2 d2/π2 e k = kzd/π diviene
U(d) =L2~cπ2
π
2
[∑nz
′∫ ∞
0dx (x+ n2
z)12 f(πd
[x+ n2z]
12)
−∫ ∞
0dk
∫ ∞0
dx (x+ k2)12 f((π
d[x+ k2]
12)]. (3.51)
Applicando ora la formula Eulero-Maclaurin
∞∑n=1
F (n) −∫ ∞
0dkF (k) = −1
2F (0)− 1
12F ′(0) +
1
720F ′′′(0) . . . (3.52)
alla funzione
F (k) ≡∫ ∞
0dx (x+ k2)
12 f((π
d[x+ k2]
12), (3.53)
con F (k)→ 0 per k→∞, l’espressione di U si semplifica ulteriormente in
U(d) =
(π2~c4d2
)L2
[1
2F (0) +
∞∑n=1
F (n) −∫ ∞
0dkF (k)
]. (3.54)
Inoltre la funzione F (k) si puo riscrivere come
F (k) =
∫ ∞k2
du√u f(πd
√u), (3.55)
44
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
la cui derivata di primo ordine e
F ′(k) = −2k2f(π
dk), (3.56)
pertanto risulta
F ′(0) = 0 F ′′′(0) = −4 (3.57)
mentre tutte le derivate di ordine superiore sono nulle se si suppone che tutte le derivate
della funzione di cutoff si annullino per k = 0. In conclusione si ha
∞∑n=1
F (n) −∫ ∞
0dkF (k) = −1
2F (0)− 4
720(3.58)
e conseguentemente
U(d) =(π2~ c
4d3
)L2(−4
720
)= −
( π2~ c720 d3
)L2. (3.59)
Si e quindi estrapolato un valore finito dell’energia potenziale e indipendente dalla funzione
di cutoff; ne risulta una forza attrattiva fra le due lastre
F (d) = − π2~ c240 d4
(3.60)
per unita di area. E proprio questa forza di Casimir, a dimostrazione che le fluttuazioni
di vuoto del campo elettromagnetico possono essere finite e osservabili.
Figura 3.2. Due lastre parallele conduttrici nel vuoto. All’interno e consentito un numerodiscreto di oscillazioni, all’esterno un numero infinito.
45
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
Si e detto che l’energia di vuoto puo essere associata alla presenza di fotoni virtuali
nello stato di vuoto, ebbene, nel 1988 Milonni interpreto la forza di Casimir come il ri-
sultato della pressione esercitata dalle fluttuazioni di vuoto sulle superfici conduttrici, o
in altri termini, come la pressione dovuta alla riflessione di queste particelle virtuali sulle
lastre. 3
ca
vity w
all
!"
!"
!"
!"
!"
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!"!"
!"
!"!"!"
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!"c
avity w
all
!"
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FIG. 4: Casimir force can be thought of as originating inpressure di!erences caused by reflections of virtual photonson conducting surfaces.
FIG. 5: Reduced wall area and reduced normal component ofthe wave vector if a wave penetrates under an angle !
.
where j is the current density of photons. Using
j = c! =c
V
with the density of photons ! yields
p! =c!|k|V
(13)
The pressure acting on the plates of the capacitor permode " (again we assume a two plate geometry) is
p! = p! cos2 # (14)
The two factors cos # occur because the e!ective wallarea and the normal component of the wave vector (withrespect to the plate) are each reduced by a factor cos # ifthe wave is penetrating at an angle #. This is illustratedin fig. 5. Using k2
zk2 = cos2 # and the following relations
" = c|k| (15a)
kz =$n
d(15b)
V = L2d (15c)
dnx,y =dkx,yL
$(15d)
Inserting everything into (14) and replacing two sumsby integrals (in analogy to (9)), gives to a total outward
d
FIG. 6: Two dipoles at a small distance d regarded as coupledharmonic oscillators.
pressure of
pout =!c
d$2
!
n
" !
0dkx
" !
0dky
(n"d )2
#k2
x + k2y + (n"
d )2
(16)The expression for the total inward pressure looks simi-lar. The remaining sum just has to be replaced by a thirdintegral.
pin =!c
$3
" !
0dkx
" !
0dky
" !
0dkz
k2z#
k2x + k2
y + k2z
(17)
The Casimir force per unit area can be calculated bysubtracting equations (17) and (16). Using again theEuler-Maclaurin formula [11] as in chapter 2 we obtain:
pin ! pout = pc = ! $2!c
240d4(18)
This is exactly the same result as in (11) where theCasimir force was calculated from zero point energy dif-ferences.
IV. CASIMIR AND VAN DER WAALSINTERACTIONS
London and van der Waals calculated a vacuum forcethat, at first glance, di!ers from Casimir force.[2] Theyconsidered two identical dipole oscillators at a very tinydistance d, as shown in fig. 6. The dipoles are coupled dueto the electrostatic dipole fields. One obtains a systemof coupled di!erential equations
x1 + "20x1 = Kx2 (19a)
x2 + "20x2 = Kx1 (19b)
with the dipole coupling
K " e2
md3(20)
where m is the atomic mass and e is the electron charge.The eigenfrequencies of this system are
"± =#
"20 ± K
Figura 3.3. La forza di Casimir si puo attribuire alla pressione esercitata dai fotoni virtualidello stato di vuoto sulle lastre conduttrici
Quando un’onda di frequenza ω incide normalmente su una superficie perfettamente
conduttrice esercita una pressione
pωn = ~|kn|j, (3.61)
dove ~|k| e l’energia del singolo fotone virtuale incidente e j e la densita di corrente di
particelle. Se ρ e la densita di fotoni, j = cρ = c/V , dunque
pωn =c~|k|V
. (3.62)
Nel caso piu generale in cui la radiazione di vuoto non incida normalmente alla superficie,
la pressione esercitata sulle lastre, per ogni frequenza ωkn e
pωn = pωn cos2 ϑ, (3.63)
dove ϑ e l’angolo di incidenza.
La pressione netta che agisce sulle lastre si ottiene con un procedimento di sottrazione
analogo a quanto visto precedentemente: essa e data dalla differenza fra la pressione
esterna e la pressione interna esercitata dagli infiniti modi di punto zero.
Per ottenere la pressione sulle superfici esterne, si puo passare ad un insieme di frequenze
46
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
3
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FIG. 4: Casimir force can be thought of as originating inpressure di!erences caused by reflections of virtual photonson conducting surfaces.
FIG. 5: Reduced wall area and reduced normal component ofthe wave vector if a wave penetrates under an angle !
.
where j is the current density of photons. Using
j = c! =c
V
with the density of photons ! yields
p! =c!|k|V
(13)
The pressure acting on the plates of the capacitor permode " (again we assume a two plate geometry) is
p! = p! cos2 # (14)
The two factors cos # occur because the e!ective wallarea and the normal component of the wave vector (withrespect to the plate) are each reduced by a factor cos # ifthe wave is penetrating at an angle #. This is illustratedin fig. 5. Using k2
zk2 = cos2 # and the following relations
" = c|k| (15a)
kz =$n
d(15b)
V = L2d (15c)
dnx,y =dkx,yL
$(15d)
Inserting everything into (14) and replacing two sumsby integrals (in analogy to (9)), gives to a total outward
d
FIG. 6: Two dipoles at a small distance d regarded as coupledharmonic oscillators.
pressure of
pout =!c
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(16)The expression for the total inward pressure looks simi-lar. The remaining sum just has to be replaced by a thirdintegral.
pin =!c
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k2x + k2
y + k2z
(17)
The Casimir force per unit area can be calculated bysubtracting equations (17) and (16). Using again theEuler-Maclaurin formula [11] as in chapter 2 we obtain:
pin ! pout = pc = ! $2!c
240d4(18)
This is exactly the same result as in (11) where theCasimir force was calculated from zero point energy dif-ferences.
IV. CASIMIR AND VAN DER WAALSINTERACTIONS
London and van der Waals calculated a vacuum forcethat, at first glance, di!ers from Casimir force.[2] Theyconsidered two identical dipole oscillators at a very tinydistance d, as shown in fig. 6. The dipoles are coupled dueto the electrostatic dipole fields. One obtains a systemof coupled di!erential equations
x1 + "20x1 = Kx2 (19a)
x2 + "20x2 = Kx1 (19b)
with the dipole coupling
K " e2
md3(20)
where m is the atomic mass and e is the electron charge.The eigenfrequencies of this system are
"± =#
"20 ± K
Figura 3.4. Incidenza di un fotone virtuale sulla superficie conduttrice
con componenti del vettore d’onda kx e ky continue. Trascurando la polarizzazione, questa
assunzione consente di sostituire le somme con gli integrali∑nxyz
→∑nz
(L
π
)2 ∫ ∫dkx dky.
Dunque, osservando che cos2 ϑ = k2zk2
, che V = L2d e ricordando le relazioni (3.37) e (3.40),
con d ≡ Lz, si deduce che
pout =~cdπ2
∑nz
∫ ∞0
dkx
∫ ∞0
dky
(nzπd
)2√k2x + k2
y +(nπd
)2 . (3.64)
Analogamente, la pressione interna alle due lastre si ottiene immaginando di rendere infi-
nite le tre dimensioni del sistema e dunque anche la somma su nz viene sostituita da un
integrale, ottenendo
pin =~cπ3
∫ ∞0
dkx
∫ ∞0
dky
∫ ∞0
dkzk2z√
k2x + k2
y + k2z
. (3.65)
Si e giunti ad una differenza di infiniti. Anche in questo caso la convergenza e garantita
introducendo la funzione di cutoff e sfruttando lo sviluppo in serie di Eulero-Maclaurin; il
valore finito che si ricava coincide esattamente con la forza di Casimir (3.60):
pin − pout = − π2~c240 d4
. (3.66)
L’infinita di frequenze di radiazione consentite all’esterno del condensatore e di ordine
maggiore rispetto all’infinita di frequenze possibili all’interno; intuitivamente, si puo dun-
que attribuire l’attrazione fra le due lastre al fatto che la pressione esercitata dall’esterno
sia maggiore di quella esercitata internamente.
47
3 – Effetti delle fluttuazioni di vuoto
Prima di concludere e opportuno osservare che la forza di Casimir e strettamente legata
all’interazione fra le fluttuazioni di vuoto del campo e geometria del sistema. In altre
parole, poiche generata dalla differenza di due infiniti, uno dovuto alla radiazione esterna
alle due lastre, l’altro alla radiazione interna ad esse, la forza di Casimir appare come la
manifestazione macroscopica delle condizioni al contorno imposte dai confini materiali del
sistema al campo elettromagnetico. Nello spazio libero, dove le fluttuazioni di vuoto sono
isotropiche, l’effetto Casimir non ha modo di verificarsi, pertanto se ne deduce che esso
dipende fortemente dalla geometria del sistema.
Infine, e interessante notare dall’espressione (3.60), che sebbene la forza di Casimir sia
prodotta dal campo elettromagnetico, la carica elettrica non compare nella sua definizione.
Compare invece il prodotto ~c, il che consente di ribadire quanto affermato nell’introdurre
l’effetto: la forza di Casimir e prettamente quantistica, oltre che relativistica, e non ha
alcuna controparte classica.
48
Capitolo 4
Stati coerenti
Nell’introdurre la quantizzazione del campo elettromagnetico, e stata evidenziata la distin-
zione di intenti fra la meccanica quantistica e la meccanica classica, la prima necessaria per
descrivere la realta atomica, la seconda, suo limite macroscopico. Tuttavia, la separazione
fra i due mondi e le rispettive teorie e tutt’altro che netta e definibile: esistono infatti
dei sistemi fisici macroscopici che possono essere ben descritti in termini quantistici. Gli
elementi di raccordo fra meccanica classica e meccanica quantistica sono gli stati coerenti.
Anche in questo caso, la descrizione quantistica dell’oscillatore armonico consentira di de-
finire tali stati, di cui verranno illustrate le proprieta piu importanti, e di esporre ulteriori
peculiarita della radiazione quantizzata.
4.1 Definizione e proprieta
La definizione degli statu coerenti e strettamente legata all’analisi dell’oscillatore armoni-
co precedentemente affrontata; brevemente, e stato dimostrato che l’Hamiltoniana di un
oscillatore armonico dipende dalla sua frequenza di oscillazione ω e si esprime in termini
dell’operatore N = a†a
H = ~ω(N +
1
2
),
di conseguenza i suoi autostati e autovalori sono connessi con quelli di N . Gli autovalori
dell’energia sono
En = ~ω(n+
1
2
),
a cui corrisponde l’autostato
|n〉 =1√n!
(a†)n |0〉 (4.1)
49
4 – Stati coerenti
espresso in funzione dello stato di vuoto |0〉.Ebbene, si definisce stato coerente, ogni autostato |α〉 dell’operatore di annichilazione a
a |α〉 = α |α〉 (4.2)
dove α e un arbitrario numero complesso. Usando la formula di ricorrenza a |n〉 =√n |n− 1〉
ed espandendo |α〉 in funzione degli autostati dell’oscillatore armonico |α〉 =∑∞
n=0 cn |n〉,si ottiene
a |α〉 =
∞∑n=0
cn√n |n− 1〉 = α
∞∑n=0
cn−1 |n〉 (4.3)
confrontando i coefficienti di |n〉 di ambo i membri
cn√n = αcn−1 (4.4)
da cui
cn =α√ncn−1 =
αα√n√n− 1
cn−2 = · · · = αn√n!c0. (4.5)
La costante c0 si ottiene imponendo la condizione di normalizzazione 〈α |α〉 = 1
〈α |α〉 = 1 = |c0|2∑n
∑m
(α†)nαm√n!m!
〈n |m〉 = |c0|2∞∑n=0
|α|2n
n!= |c0|2e|α|
2, (4.6)
che implica c0 = e−12|α|2 . In definitiva, uno stato coerente normalizzato |α〉 e definito dalla
relazione
|α〉 = e−12|α|2
∞∑n=0
αn
n!|n〉 . (4.7)
Per comprendere in che senso gli stati coerenti si trovino al confine fra la meccanica classica
e quella quantistica si puo analizzare l’evoluzione temporale dell’oscillatore armonico. Si
considerino a tal fine le equazioni del moto di Heisenberg per p e q
dp
dt= −mω2q (4.8)
dq
dt=
p
m(4.9)
Da cui si ottengono, tenendo presente le definizioni di a e a†, le due seguenti equazioni
differenziali
da
dt=
√mω
2~(p
m− iωq) = −iωa (4.10)
e (4.11)
da†
dt= iωa† (4.12)
50
4 – Stati coerenti
che ammettono come soluzioni, rispettivamente
a(t) = a(0)e−iωt e a†(t) = a†(0)eiωt. (4.13)
Sfruttando le definizioni di a e a† (2.6) si possono ottenere le equazioni del moto per q e
p
q(t) +ip(t)
mω= q(0)e−iωt + i[
p(0)
mω]e−iωt (4.14)
e
q(t)− ip(t)
mω= q(0)eiωt − i[p(0)
mω]eiωt, (4.15)
infine eguagliando le parti reali e complesse di ambo i membri di una delle due equazioni
si ottiene
q(t) = q(0) cosωt+ [p(0)
mω] sinωt (4.16)
e
p(t) = −mωq(0) sinωt+ p(0) cosωt. (4.17)
e evidente la somiglianza delle equazioni del moto appena ottenute con quelle classiche,
cosı come e evidente che anche nel caso quantistico p e q, intese come operatori, oscillino
con frequenza ω. Tuttavia sarebbe affrettato dedurre da cio che anche 〈p〉 e 〈q〉 manifestino
lo stesso comportamento oscillatorio. Proprio nei valori medi, infatti, e celata l’anomalia
quantistica: il valore medio di p(t) o di q(t) su un qualunque autostato |n〉 dell’oscillatore
armonico e nullo.
Tenendo conto delle formule di ricorrenza
a|n〉 =√n |n− 1〉 (4.18)
a†|n〉 =√n+ 1 |n+ 1〉 , (4.19)
per le coordinate si verifica come segue
〈n|q(t) |n〉 =
√~
2mω
[cosωt(〈n|a(0) |n〉+ 〈n|a†(0) |n〉) + i sinωt(〈n|a†(0) |n〉
− 〈n|a(0) |n〉)]
=
√~
2mω
[cosωt(
√n 〈n |n− 1〉+
√n+ 1 〈n |n+ 1〉)
+i sinωt(√n+ 1 〈n |n+ 1〉 −
√n 〈n |n− 1〉)
]= 0 (4.20)
51
4 – Stati coerenti
Con il medesimo procedimento si ottiene lo stesso risultato anche per p(t).
L’annullarsi dei valori medi di q(t) e p(t) e dovuto, come si puo notare all’azione degli
operatori di annichilazione e creazione e all’ortogonalita degli autostati dell’oscillatore ar-
monico; del resto a tale conclusione si giunge immediatamente notando che per t = 0,
〈q(0)〉 e 〈p(0)〉 son nulli per le suddette ragioni, e ricordando che i valori medi di osserva-
bili su stati stazionari, quali appunto gli autostati |n〉 non variano nel tempo, dunque lo
stesso risultato si ottiene qualunque sia t.
A questo punto entrano in scena gli stati coerenti: per come sono stati definiti, essi risul-
tano essere una sovrapposizione di autostati dell’energia e di conseguenza non stazionari,
pertanto il valore medio degli operatori q(t) e p(t) calcolato rispetto ad uno stato coeren-
te non si annullera, ma presentera anch’esso un comportamento oscillante. Infatti, per la
definizione di stato coerente |α〉, si ha
〈α|q(t) |α〉 =
√~
2mω
[cosωt(〈α|a(0) |α〉+ 〈α|a†(0) |α〉)
+i sinωt(〈α|a†(0) |α〉 − 〈α|a(0) |α〉)]
=
√~
2mω[cosωt(α+ α∗) + i sinωt(α∗ − α)] . (4.21)
Altre peculiarita degli stati coerenti consistono nel fatto che, sebbene, come visto, sia-
no legati agli autostati dell’oscillatore armonico che costituiscono un insieme ortonormale
completo dello spazio di Hilbert, essi non godono ne della proprieta di ortogonalita ne
formano un insieme completo, ma supercompleto: sono in numero maggiore rispetto a
quanti ne servirebbero per esprimere un generico stato come loro combinazione lineare, in
altre parole, non sono tutti linearmente indipendenti. Quest’ultima caratteristica deriva
dalla dipendenza degli stati coerenti da un parametro complesso, il quale provoca un pas-
saggio da uno spettro discreto, di autostati |n〉, ad uno spettro continuo, che difficilmente
si presta ad essere una base per lo spazio di Hilbert. A dimostrazione di cio, si considerino
due generici stati coerenti |α〉 e |β〉
|α〉 = e−12|α|2
∞∑n=0
αn
n!|n〉 |β〉 = e−
12|β|2
∞∑m=0
βm
m!|m〉
52
4 – Stati coerenti
per il loro prodotto scalare si ha
〈β |α〉 = e−12|α|2e−
12|β|2∑m
∑n
(β†)mαn√m!n!
〈m |n〉
= e−12|α|2e−
12|β|2
∞∑m=0
(β†α)m√m!
= e12
(β†α−βα†)e−12|β−α|2 ; (4.22)
ora, poiche il primo termine e una fase complessa, risulta
| 〈β |α〉 |2 = e−12|β−α|2 6= 0 (4.23)
pertanto l’asserzione e verificata; ovviamente all’aumentare dell’argomento |β − α|2, l’e-
sponenziale tendera a zero e quindi i due stati coerenti tenderanno all’ortogonalita. Per
quanto riguarda la relazione di completezza, essa nel caso di stati coerenti assume la forma:∫|α〉 〈α| d
2α
π= 1, (4.24)
dove d2α = dRe(α)dIm(α), e l’integrale e esteso a tutto l’α-piano complesso. Si puo a
questo punto verificare la supercompletezza che caratterizza tali stati
|β〉 =
∫d2α
π|α〉 〈α |β〉
=d2α
π|α〉 e−
12|α|2− 1
2|β|2+α†β. (4.25)
Si conclude pertanto, come annunciato, che gli stati coerenti non costituiscono una ba-
se ortonormale per lo spazio di Hilbert. Un’altra caratteristica che contraddistingue gli
stati coerenti dai generici stati quantistici, a tal punto da essere sfruttata come definizio-
ne alternativa, e il loro render minimo il principio di indeterminazione, ossia soddisfare
l’uguaglianza
∆p∆q =~4. (4.26)
Si consideri infatti un generico stato |β〉 e gli operatori impulso p e coordinata q espressi
in funzione degli operatori a e a†
q =
√~
2ω(a + a†) p = −i
√~ω2
(a− a†) (4.27)
53
4 – Stati coerenti
Si ricavano i seguenti valori medi:
〈β|q2 |β〉 = k 〈β| (a + a†)2 |β〉
= k 〈β|a2 + a†2
+ a†a + aa† |β〉
= k 〈β|a2 + a†2
+ 2a†a + 1 |β〉
= k[(β + β∗)2 + 1], (4.28)
e
〈β|q |β〉 =√k 〈β|a + a† |β〉 =
√β + β∗ (4.29)
dove si e posto k = ~/2ω. Percio
∆q = 〈β|q2 |β〉 − (〈β|q |β〉)2 = k(β + β∗)2 + k − k(β + β∗)2 = k =~
2ω(4.30)
Analogamente, per l’impulso si ottiene
〈β|p2 |β〉 = t2 〈β| (a− a†)2 |β〉
= t 〈β|a†2 + a2 − 2a†a− 1 |β〉
= t(1− (β∗ − β)2) (4.31)
e
〈β|p |β〉 = t 〈β|a− a† |β〉 = t(β∗ − β) (4.32)
con t = −i√
~ω2 . Quindi
∆p = 〈β|p2 |β〉 − (〈β|p |β〉)2 =~ω2. (4.33)
In definitiva
∆p∆q = (~
2ω)(~ω2
) =~2
4. (4.34)
Si e inoltre visto che la quantizzazione dei livelli energetici dell’oscillatore armonico conduce
alla quantizzazione del campo elettromagnetico, dal momento che un’onda monocromatica
e formalmente equivalente ad un oscillatore armonico di massa unitaria. Tale analogia
consente di evidenziare caratteristiche degli stati coerenti che fanno di loro ”i piu classici
fra gli stati quantistici”.
Si consideri a tal fine un campo elettrico di frequenza ωk e polarizzazione fissata in una
buca di potenziale, la cui espressione si ottiene dalla (2.50)
E(r,t) = i
(2π~ωkV
) 12 [
a(t) eik·r − a†(t) e−ik·r]
(4.35)
54
4 – Stati coerenti
In maniera del tutto analoga al caso dell’oscillatore armonico, si definisce lo stato coerente
|α〉 = e−12|α|2
∞∑n=0
αn√n!|n〉, (4.36)
autostato dell’operatore di annichilazione
a|α〉 = α|α〉, (4.37)
con α = |α|eiϕ numero complesso.
Il valore medio di E su un generico stato coerente |α〉 non e nullo ma e formalmente simile
all’espressione classica del campo elettrico, infatti
〈α|E(r,t)|α〉 = i
(2π~ωV
) 12 [α eik·r − α∗ e−ik·r
]= i
(2π~ωV
) 12 [|α| ei(k·r+ϕ) − |α| e−i(k·r+ϕ)
]=
(2π~ωV
) 12
2|α| sin (k · r + ϕ); (4.38)
inoltre
〈α|E2(r,t)|α〉 = −(
2π~ωV
)〈α|[a2 e2ik·r + a†
2e−2ik·r − 2aa† − 1
]|α〉
= −(
2π~ωV
)[α2 e2ik·r + α∗2 e−2ik·r − 2|α|2 − 1
]= −
(2π~ωV
)[(α eik·r − α∗ e−ik·r)2 − 1
]= −
(2π~ωV
)[|α|2(ei(k·r+ϕ) − e−i(k·r+ϕ))2 − 1
]= −
(2π~ωV
)[|α|2(2i sin2 (k · r + ϕ))− 1
]=
(2π~ωV
)[4|α|2 sin2 (k · r + ϕ) + 1
], (4.39)
dunque lo scarto quadratico medio e
∆E =
√〈E2〉 − 〈E〉2 =
(2π~ωV
) 12
, (4.40)
che corrisponde alle fluttuazioni di vuoto, in analogia con quanto trovato nella relazione
(2.71) ponendo nkλ = 0. Da tale risultato si evince il primo elemento di quasi-classicita:
55
4 – Stati coerenti
un valore medio classico che manifesta fluttuazioni quantistiche.
Ancora, si dimostra che le fluttuazioni del numero di fotoni n ottenute dallo scarto qua-
dratico medio relativo, diminuiscono all’aumentare del valore medio di N .
Innanzitutto si deve notare che il modulo quadro di α, |α|2, e proprio il numero medio di
fotoni del campo, infatti, essendo N = a†a, si ricava
〈N〉 = 〈α|N |α〉 = 〈α|a†a |α〉 = |α|2; (4.41)
inoltre 〈N2〉 = 〈α|N2 |α〉 = |α|4 + |α|2, dunque
∆N
〈N〉=
√〈N2〉 − 〈N〉2
〈N〉=
√|α|2〈N〉
=1√〈N〉
, (4.42)
come era intenzione dimostrare.
Infine, nonostante le controversie a suo riguardo, la fase del campo si puo determinare
sempre con maggior precisione, all’aumentare del valor medio di N .
Anche in questo caso e opportuno sottolineare un’altra importante proprieta degli stati
coerenti: ad ogni stato coerente non corrisponde un numero definito di fotoni n, dal
momento che essi non sono autostati dell’operatore N , invero la probabilita di trovare n
fotoni a seguito di una misura su uno stato |α〉, e regolata dalla distribuzione di Poisson
con valore medio N , infatti
Pn = | 〈n |α〉 |2
=
∣∣∣∣∣e− |α|22∞∑n′=0
αn′
√n′!
⟨n∣∣n′⟩∣∣∣∣∣
2
=
∣∣∣∣e− |α|22 αn√n!
∣∣∣∣2= e−|α|
2 |α|2n
n!= e−N
Nn
n!. (4.43)
Ora, la distribuzione della fase per uno stato coerente e
P (φ) =1
2π| 〈φ |α〉 |2
=1
2πe−|α|
2
∣∣∣∣∣∞∑n=o
ein(φ−θ) |α|n√n!
∣∣∣∣∣2
; (4.44)
ma per valori grandi di α la distribuzione di Poisson e approssimabile da una Gaussiana
e−|α|2
2|α|2n
n!e−|α|
2 ≈ (2π|α|2)−12 exp
[−(n− |α|2)2
2|α|2
], (4.45)
56
4 – Stati coerenti
dunque per la distribuzione della fase si ha
P (φ) ≈(
2|α|2
π
) 12
exp[−2|α|2(φ− θ)2]. (4.46)
P (φ) e dunque rappresentata da una Gaussiana centrata per φ = θ, per cui all’aumentare
di 〈N〉 = |α|2 il picco diventa sempre piu stretto e la fase sempre meglio determinata.
4.2 Rappresentazione nello spazio delle fasi
Analizzata la ‘classicita’ degli stati coerenti, si puo andare oltre e pensare di attribuir loro
una certa rappresentazione nello spazio delle fasi; proposito non semplice, dal momento
che, le coordinate x e gli impulsi p non commutano fra loro e dunque, in virtu del principio
di indeterminazione, lo stato di un sistema quantistico non puo essere ben localizzato, come
invece accade in meccanica classica. Va ricordato pero che gli stati coerenti sono stati di
minima indeterminazione. Introducendo gli operatori di quadratura3.6 Phase-space pictures of coherent states 57
Fig. 3.5. Phase-spaceportrait of a coherentstate of amplitude |!| andphase angle " . Note theerror circle is the same forall coherent states. Notethat as |!| increases, thephase uncertainty #"
decreases, as would beexpected in the “classicallimit”.
Fig. 3.6. Phase-spaceportrait of the quantumvacuum state.
Fig. 3.7. Phase-spaceportrait of the numberstate |n!. The uncertaintyin the photon number is#n = 0 while the phase isentirely random.
A number state |n! can be represented in phase space as a circle of radius n, theuncertainty in n being zero and the uncertainty in phase again being 2$ , as inFig. 3.7. It must be understood that these pictures are qualitative in nature butare useful as a graphical way of visualizing the distribution of noise in variousquantum states of the field. As most quantum states of the field have no classical
Figura 4.1. Rappresentazione di un generico stato coerente |α〉 = |α|eiθ nello spazio delle fasi.
X1 =a + a†
2(4.47)
X2 =a− a†
2i, (4.48)
si ha che gli scarti quadratici medi rispetto ad un generico stato coerente |α〉 con α = |α|eiθ,sono
(∆X1)2 = (∆X2)2 =1
4(4.49)
57
4 – Stati coerenti
3.6 Phase-space pictures of coherent states 57
Fig. 3.5. Phase-spaceportrait of a coherentstate of amplitude |!| andphase angle " . Note theerror circle is the same forall coherent states. Notethat as |!| increases, thephase uncertainty #"
decreases, as would beexpected in the “classicallimit”.
Fig. 3.6. Phase-spaceportrait of the quantumvacuum state.
Fig. 3.7. Phase-spaceportrait of the numberstate |n!. The uncertaintyin the photon number is#n = 0 while the phase isentirely random.
A number state |n! can be represented in phase space as a circle of radius n, theuncertainty in n being zero and the uncertainty in phase again being 2$ , as inFig. 3.7. It must be understood that these pictures are qualitative in nature butare useful as a graphical way of visualizing the distribution of noise in variousquantum states of the field. As most quantum states of the field have no classical
Figura 4.2. Rappresentazione dello stato di vuoto, corrispondente al caso in cui |α| = 0.
mentre
[X1,X2] =i
2. (4.50)
Risulta quindi soddisfatta, in uguaglianza, la relazione di indeterminazione di Heisenberg
∆X12 ∆X2
2 =1
4|〈[X1,X2]〉|, (4.51)
Infine valori medi di X1 e X2 sempre rispetto allo stato |α〉 sono:
〈X1〉α =1
2(α+ α∗) = <α (4.52)
〈X2〉α =1
2i(α− α∗) = =α. (4.53)
Dunque se, a parte una costante moltiplicativa, la parte reale e quella immaginaria di α
assumono il ruolo delle coordinate e degli impulsi rispettivamente, vi e equivalenza fra lo
spazio delle fasi e il piano complesso α. In questo nuovo sistema di riferimento, lo stato
coerente |α〉 e rappresentato da un vettore di lunghezza α che forma un angolo θ con l’asse
di X1, mentre l’incertezza di cui esso e affetto e rappresentata da un disco il cui centro
si trova a distanza |α| =√〈n〉 dall’origine e che forma lo stesso angolo θ; la variazione
∆θ rappresenta l’incertezza sulla fase dello stato coerente e diminuisce all’aumentare di
α: per |α| = 0, il disco e centrato nell’origine degli assi e l’indeterminazione sulla fase e
massima, ∆θ = 0.
58
Capitolo 5
Condensazione di Bose-Einstein
Negli anni venti, in India, Bose era intento all’elaborazione di un modello statistico che
descrivesse il comportamento dei quanti di luce, studi da cui nacque la cosiddetta Statistica
di Bose-Einstein; in questo quadro egli predisse la possibilita di transizioni di fase di un
gas costituito da atomi non interagenti fra loro. Il lavoro a quattro mani di Einstein e Bose,
condusse alla conclusione che quando un gas di bosoni, particelle a spin intero, si trova
a temperature prossime allo zero assoluto parte di esse si porta nello stato quantistico di
minima energia; tale fenomeno prese il nome di condensazione di Bose-Einstein (BEC). E
opportuno contestualizzare il fenomeno all’interno di descrizione generale della meccanica
statistica, con particolare attenzione per le distribuzioni quantistiche.
5.1 Matrice densita
Nella maggior parte dei casi, quando ci si accinge allo studio di un sistema fisico, lo
stato in cui tale sistema si trova non e perfettamente determinato, di conseguenza si
hanno a disposizione solo informazioni parziali. D’altro canto, la meccanica quantistica
ha di per se un carattere probabilistico. Lo strumento matematico che consente di trarre
informazioni quanto piu complete possibili, raccordando le sue proprieta quantistiche e la
sua indeterminazione intrinseca e l’operatore densita.
Spesso lo stato del sistema in esame e uno stato misto, ossia una miscela statistica di stati
|ψ〉 =∑n
pn |ψn〉 (5.1)
59
5 – Condensazione di Bose-Einstein
con 0 ≤ p1, p2,... ≤ 1 e ∑n
pn = 1, (5.2)
dove i coefficienti p1, p2, p3, . . . rappresentano la probabilita che il sistema si trovi, rispet-
tivamente, nello stato |ψ1〉, |ψ2〉, |ψ3〉, . . . . E doveroso notare la distinzione fra lo stato
misto (5.1) e uno stato |ϕ〉 ottenuto da una sovrapposizione di stati |ϕn〉
|ϕ〉 =∑n
cn |ϕn〉 . (5.3)
In quest’ultimo caso il sistema ha probabilita |cn|2 di trovarsi nello stato |ϕn〉 e le varie
ampiezze di probabilita possono interferire fra loro dando luogo a termini cnc∗n′ , nello stato
misto (5.1), rappresentato dalla somma pesata di probabilita, invece, fra gli stati |ψn〉 non
vi e interferenza. Inoltre lo stato misto e affetto da una duplice indeterminazione: quella
puramente quantistica che si manifesta nelle misure di osservabili, legata al principio di
Heisenberg, e l’indeterminazione statistica, in virtu della quale non si conosce la situazione
iniziale del sistema.
Una situazione particolarmente fortunata si ha se e noto lo stato in cui si trova il sistema,
ossia se nella (5.1) tutte le probabilita pk sono nulle tranne una; in questo caso si dice
che il sistema si trova in uno stato puro. Se |un〉 e una base ortonormale, e noto che il
sistema in un particolare istante t si trova nello stato
|ψ(t)〉 =∑n
cn(t) |un〉 , (5.4)
dove le ampiezze di probabilita∣∣cn(t)
∣∣2 sono tali che∑n
∣∣cn(t)∣∣2 = 1, (5.5)
inoltre, se H(t) e l’Hamiltoniana del sistema, l’evoluzione temporale di |ψ(t)〉 e descritta
dall’equazione di Schrodinger
i~d
dt|ψ(t)〉 = H(t) |ψ(t)〉 . (5.6)
Il valore medio di un generico osservabile A rispetto allo stato |ψ(t)〉 e
〈A〉(t) = 〈ψ(t)|A |ψ(t)〉 =∑n,m
c∗n(t)cm(t) 〈un|A |um〉 =∑n,m
c∗n(t)cm(t)Anm, (5.7)
in cui Anm sono gli elementi della matrice 〈un|A |um〉 che rappresenta l’operatore A
rispetto alla base |un〉. Ebbene, si definisce operatore densita ρ, quell’operatore dello
60
5 – Condensazione di Bose-Einstein
spazio di Hilbert che nella base |un〉 e rappresentato da una matrice i cui elementi sono
c∗n(t)cm(t). Nel caso attuale in cui il sistema si trova nello stato puro |ψ(t)〉, l’operatore
densita e definito come
ρ(t) = |ψ(t)〉 〈ψ(t)| , (5.8)
i suoi elementi di matrice sono infatti
ρ(t)mn = 〈um|ρ |un〉 = 〈um |ψ(t)〉 〈ψ(t) |un〉 = c∗n(t)cm(t). (5.9)
La matrice di densita ρ(t) e dunque un operatore hermitiano ρ = ρ†. La sua conoscenza
consente di calcolare la media di qualsiasi grandezza che caratterizza il sistema e le pro-
babilita dei diversi valori della grandezza.
Si dimostrano facilmente alcune proprieta della matrice densita:∑n
∣∣cn(t)∣∣2 =
∑n
ρnn(t) = Trρ(t) = 1 (5.10)
la matrice densita ha dunque traccia unitaria; inoltre il valore medio di un osservabile A,
considerando la (5.7) e sfruttando la relazione di completezza per gli elementi della base
|un〉, si esprime come
〈A〉(t) =∑m,n
〈um|ρ |un〉 〈un|A |um〉
=∑M
〈um|ρ(t)A |um〉
= Trρ(t)A. (5.11)
L’evoluzione temporale dell’operatore ρ(t) si ricava dall’equazione di Schrodinger
d
dtρ(t) =
(d
dt|ψ(t)〉
)〈ψ(t)| + |ψ(t)〉
(d
dt〈ψ(t)|
)=
1
i~H(t) |ψ(t)〉 〈ψ(t)|+ 1
(−i~)|ψ(t)〉 〈ψ(t)|H(t)
=1
i~[H(t),ρ(t)
]. (5.12)
Estendendo ora l’argomentazione al caso piu generale in cui il sistema si trovi in uno stato
misto (5.1), la definizione della matrice densita si tramuta in
ρ =∑n
pn ρn =∑n
pn |ψn〉 〈ψn| . (5.13)
61
5 – Condensazione di Bose-Einstein
Anche in questo caso, la matrice densita del sistema e hermitiana, essendo i coefficienti
pn reali, ed inoltre persistono invariate le proprieta precedentemente esposte, riassumendo
brevemente
Trρ = 1 (5.14)
〈A〉 = TrρA (5.15)
i~d
dtρ(t) =
[H(t),ρ(t)
]. (5.16)
Inoltre se si richiede che l’operatore ρ sia stazionario, l’ultima equazione, che ne descri-
ve l’evoluzione temporale, conduce all’equivalente teorema quantistico del Teorema di
Liouville: [H(t),ρ(t)
]= 0, (5.17)
la condizione di stazionarieta si traduce per la matrice densita nell’avere forma diagonale.
Infine, sia |a〉 un generico stato, dalla definizione (5.13), si ha
〈u|ρ |u〉 =∑n
pn 〈u|ρn |u〉 =∑n
pn∣∣〈u |ψn〉∣∣2 (5.18)
dunque
〈u|ρ |u〉 ≥ 0, (5.19)
ossia, ρ e un operatore definito positivo.
5.2 Le distribuzioni statistiche
Si consideri un corpo macroscopico isolato, suddiviso in un gran numero di sottosistemi,
anch’essi macroscopici, in equilibrio termico fra loro. Sebbene l’energia totale del siste-
ma sia costante, le particelle costituenti il corpo si scambiano vicendevolmente energia
urtandosi l’un l’altra, dunque l’energia di ciascun singolo sottosistema e variabile; inoltre
il numero stesso di particelle in ogni sottosistema non e costante, ma fluttua oscillando
attorno ad un valore medio. Con l’ulteriore ipotesi che il sistema sia costituito da par-
ticelle identiche, si concentri l’attenzione su un particolare sottosistema. La probabilita
che tale sottosistema si trovi in uno stato quantistico caratterizzato da energia En e da N
particelle e descritta dalla matrice densita che in tali condizioni assume la forma
ρn,N = exp
(Ω + Φ− En,N
kT
)(5.20)
62
5 – Condensazione di Bose-Einstein
e prende il nome di distribuzione gran canonica. La probabilita dunque dipende oltre che
dall’energia En, anche dal potenziale di Gibbs Φ = Nµ, dove µ e il potenziale chimico,
dal potenziale termodinamico Ω = F − Φ, essendo F l’energia libera del sottosistema, e
ovviamente dalla temperatura T . Poiche il sistema si trova in equilibrio, la temperatura T
e il potenziale chimico µ sono ovunque costanti, mentre il potenziale Ω e l’energia libera F
sono caratteristici del sottosistema in esame. k e la costante di Boltzmann. La condizione
di normalizzazione∑N
∑n
ρn,N = eΩ/kT∑N
[eNµ/kT
∑n
e−En,N/kT]
= 1 (5.21)
impone che sia uguale a uno il risultato della sommatoria di ρn,N prima su tutti gli stati
quantistici n, per N fissato, e poi su tutti i valori del numero di particelle N . Da essa si
ottiene
eΩ/kT∑N
eNµ/kT∑n
e−En,N/kT = 1, (5.22)
applicando il logaritmo ad ambo i membri si ottiene
Ω
kT+ ln
[∑N
(eNµ/kT
∑n
e−En,N/kT)]
= 0 (5.23)
ossia
Ω = −kT ln
[∑N
(eNµ/kT
∑n
e−En,N/kT)]. (5.24)
La funzione
Z =∑N
[eNµ/kT
∑n
e−En,N/kT]
(5.25)
e detta funzione di ripartizione, la quale consente di determinare tutte le variabili termo-
dinamiche d’interesse, una volta ricavato il potenziale Ω.
Dalla distribuzione gran canonica appena illustrata, valida per un generico sistema ma-
croscopico in equilibrio termico, si puo derivare la distribuzione di probabilita per un gas
perfetto. Con gas perfetto si intende un gas in cui l’interazione fra le molecole costituenti
e talmente debole da poter essere trascurata. Fisicamente tale sistema si realizza se la
densita del gas e sufficientemente bassa cioe, in altre parole, se il gas e molto rarefatto;
in questo caso la distanza fra le molecole e maggiore del raggio di azione delle forze in-
termolecolari e dunque l’interazione sufficientemente piccola. Di conseguenza, poiche si
ipotizza che le molecole siano sostanzialmente indipendenti le une dalle altre, l’energia
totale del gas e data dalla somma dell’energia di ciascuna di esse. Per semplificare la
63
5 – Condensazione di Bose-Einstein
trattazione, si puo ulteriormente assumere che il gas sia costituito da particelle identiche
(molecole dello stesso tipo), di conseguenza esse avranno tutte lo stesso spettro energetico
e la determinazione dei livelli energetici En dell’intero sistema si riduce alla ricerca dei li-
velli energetici di una singola particella εi, dove l’indice i rappresenta l’insieme dei numeri
quantici che caratterizzano lo stato in cui si trova la molecola. Sia inoltre ni il numero di
particelle nello stato i-esimo, tale valore prende il nome di numero di occupazione dello
stato quantistico ed il suo valore medio e determinato dalla distribuzione di Boltzmann.
Se il gas e in equilibrio, la distribuzione di Boltzmann per il sottosistema del gas costituito
dalle particelle che si trovano nello stato i-esimo si ricava dalla distribuzione gran canonica
(5.20), che adattata all’attuale circostanza assume la forma
ρi,ni = exp
(Ω + µni − εini
kT
)(5.26)
ed e accompagnata dalla condizione di normalizzazione∑ni
ρi,ni = 1. (5.27)
Il valore medio di ni e, per definizione
〈ni〉 =∑ni
niρi,ni ; (5.28)
invero, siccome si opera sotto l’ipotesi di gas ideale, gas molto rarefatto, il numero medio di
particelle per stato dev’essere molto piccolo, di conseguenza e necessario che sia soddisfatta
la condizione
〈ni〉 1. (5.29)
Ora, la richiesta di convergenza della serie (5.28) imposta dalla (5.29) deve combinarsi con
la condizione di normalizzazione (5.27):
ρ0,n0+ ρ1,n1
+ ρ2,n2+ ρ3,n3
+ · · · = 1 (5.30)
ρ1,n1+ 2ρ2,n2
+ 3ρ3,n3+ · · · 1 (5.31)
di conseguenza dev’essere
ρ0,n0= eΩ/kT ∼ 1 (5.32)
e
ρi,ni 1 con ni = 1,2,3,. . . . (5.33)
64
5 – Condensazione di Bose-Einstein
Per il valore medio (5.28) si ha dunque
〈ni〉 = e (µ−εi)/kT + 2 e 2(µ−εi)/kT + 3 e 3(µ−εi)/kT + . . .
= e (µ−εi)/kT + 2[e (µ−εi)/kT
]2+ 3[e (µ−εi)/kT
]3+ · · · 1 (5.34)
e allora evidente che il termine predominante della somma e il primo e che i successivi
possono essere trascurati; si ottiene cosı la annunciata distribuzione di Boltzmann
〈ni〉 = exp(µ− εi
kT
). (5.35)
Si ribadisce che essa fornisce il numero medio di particelle presenti nello stato i-esimo la
cui energia e εi, pertanto se la si applica ad ogni stato quantistico del sistema, si ottiene
la distribuzione nei diversi stati delle molecole identiche di un gas perfetto in equilibrio
termico. Tuttavia e necessario sottolineare che la statistica di Boltzmann-Maxwell, di cui
la distribuzione (5.35) e colonna portante, fu elaborata in un contesto classico: le particelle
del sistema erano infatti assunte come identiche ma distinguibili. Il carattere probabilistico
della meccanica quantistica invece priva ogni particella della propria identita: il princi-
pio di indeterminazione di Heisenberg non consente di assegnare ad una particella delle
coordinate spaziali ben definite e lo strumento di localizzazione e la sua funzione d’onda,
il cui modulo quadro rappresenta, appunto, la probabilita che essa ha di trovarsi in una
regione finita dello spazio. In un sistema di molte particelle, le funzioni d’onda possono so-
vrapporsi fra loro, dunque diventa impossibile individuare per ogni particella la rispettiva
funzione d’onda e viceversa. Nella descrizione quantistica di un sistema e necessario tener
conto dell’indistinguibilita di particelle identiche e di conseguenza i risultati delle misure
devono essere invariati per scambio di particelle. Questo si traduce in specifiche proprieta
di simmetria per le funzioni d’onda: un sistema di particelle a spin intero, i bosoni, de-
v’essere descritto da una funzione d’onda simmetrica rispetto allo scambio di due bosoni;
invece un sistema di particelle a spin 12 , i fermioni, e ulteriormente vincolato dal principio
di esclusione di Pauli, che impedisce a due particelle di trovarsi in uno stato quantistico
caratterizzato dagli stessi numeri quantici, cio e garantito se e solo se la funzione d’onda
del sistema e antisimmetrica.
e inoltre doveroso concentrare l’attenzione sulla questione energetica: come e stato det-
to in precedenza la rottura di fondo fra la meccanica classica e la meccanica quantistica
risiede nella quantizzazione dell’energia. Nelle distribuzioni statistiche classiche, l’energia
puo variare con continuita e assumere qualunque valore, mentre le distribuzioni quanti-
stiche, che saranno esposte a breve, poggiano sull’ipotesi imprescindibile che l’energia del
65
5 – Condensazione di Bose-Einstein
sistema sia quantizzata e che dunque solo alcuni valori siano consentiti. La distribuzione
gran canonica e la distribuzione di Boltzmann, essendo nate come distribuzioni classiche,
assumono, nella loro formulazione originale, l’energia come una variabile continua; nell’e-
sporre le due distribuzioni in forma quantistica (5.20) e (5.35), l’ipotesi di quantizzazione
dell’energia e implicita e la loro validita anche in ambito quantistico e indubbia, a meno
della precisazione sull’indistiguibilita delle particelle appena esposta.
Come anticipato il mondo bosonico e descritto dalla statistica di Bose-Einstein, quello
fermionico dalla statistica di Fermi-Dirac. Le distribuzioni dei due sistemi si ricavano dal
potenziale termodinamico (5.24).
Si consideri dunque un gas ideale in equilibrio alla temperatura T , costituito da bosoni o
fermioni non interagenti fra loro. Il potenziale termodinamico Ωi per il sottoinsieme del
gas costituito da tutte le particelle che si trovano nello stato quantistico i-esimo e
Ωi = −kT ln
[∑ni
exp(µnikT− εini
kT
)]. (5.36)
dove εi e l’energia del livello in esame e ni il suo numero di occupazione che assume valori
differenti a seconda che le particelle del gas siano fermioni o bosoni, in particolare
ni = 1,2,3, . . . per un sistema di bosoni (5.37)
ni = 0,1 per un sistema di fermioni (5.38)
Si ha
Ωi = −kT ln
[∑ni
exp(µ− εi)ni
kT
]
= −kT ln
[∑ni
exp(µ− εi
kT
)ni]. (5.39)
Noto il potenziale termodinamico Ωi, il numero medio di particelle dell’i-esimo stato
quantistico 〈ni〉, si ricava dalla relazione
〈ni〉 = −
(∂Ωi
∂µ
)T,V
. (5.40)
A questo punto, considerando la condizione (5.38) si ottiene
ΩFi = −kT ln
[1 + e(µ−εi)/kT
], (5.41)
66
5 – Condensazione di Bose-Einstein
dunque
〈ni〉F = −
(∂ΩF
i
∂µ
)T,V
= kTe(µ−εi)/kT
1 + e(µ−εi)/kT1
kT=
e(µ−εi)/kT
1 + e(µ−εi)/kT(5.42)
e finalmente
〈ni〉F =1
e(εi−µ)/kT + 1. (5.43)
E questa la distribuzione di Fermi-Dirac valida per un gas perfetto di fermioni, in cui il
potenziale chimico µ puo assumere tutti i valori da −∞ a +∞. Essa e normalizzata dalla
condizione ∑i
〈ni〉F = N (5.44)
ossia ∑i
1
e(εi−µ)/kT + 1= N (5.45)
dove N e il numero totale di fermioni presenti nel gas. Inoltre il potenziale termodinamico
dell’intero sistema si ottiene sommando su tutti gli stati quantistici:
ΩF =∑i
ΩFi = −kT
∑i
ln[1 + e(µ−εi)/kT
]. (5.46)
Con analogo procedimento, si ricava la distribuzione per un gas di bosoni, il cui potenziale
termodinamico relativo allo stato i-esimo, tenendo conto della (5.37), e
ΩBi = −kT ln
[∑ni
(exp
µ− εikT
)ni]; (5.47)
la serie di quest’ultima relazione e una serie geometrica che converge se e solo se
eµ−εi/kT = eµ/kT e−εi/kT < 1, (5.48)
in altre parole, il potenziale termodinamico ΩBi converge se e solo se e soddisfatta la
condizione
µ ≤ 0, (5.49)
in qual caso si ha
ΩBi = −kT ln
[ 1
1− e(µ−εi)/kT
]= kT ln
[1− e(µ−εi)/kT
]. (5.50)
67
5 – Condensazione di Bose-Einstein
Infine, il numero medio di bosoni nello stato i-esimo e aventi energia εi e
〈n〉B = −
(∂ΩB
i
∂µ
)T,V
= −kT −e(µ−εi)/kT
1− e(µ−εi)/kT1
kT=
e(µ−εi)/kT
1− e(µ−εi)/kT(5.51)
da cui, la distribuzione di Bose-Einstein, valida per un gas ideale di bosoni
〈n〉B =1
e(εi−µ)/kT − 1. (5.52)
Se N e il numero totale di bosoni che costituiscono il gas ideale, la condizione di norma-
lizzazione anche in questo caso e∑i
1
e(εi−µ)/kT − 1= N, (5.53)
e il potenziale termodinamico del sistema
ΩB = kT∑i
ln[1− e(µ−εi)/kT
]. (5.54)
Tenendo ben presenti le due distribuzioni quantistiche appena determinate, (5.43) e (5.52),
sono d’obbligo alcune riflessioni. Innanzitutto osservando la distribuzione di Fermi (5.43)
si osserva che per ogni stato quantistico, il numero di fermioni che esso contiene e 0 ≤〈n〉F ≤ 1, nel rispetto del principio di esclusione di Pauli, mentre per un gas di bosoni, il
numero di occupazione per ogni stato quantistico varia da zero a infinito, 0 ≤ 〈n〉B ≤ ∞, a
dimostrazione che per particelle a spin intero, la presenza di un bosone in un determinato
stato quantistico, non inibisce l’arrivo di un’ulteriore presenza. Inoltre, da un confronto
fra le distribuzioni di Bose-Einstein e Fermi-Dirac
〈ni〉B =1
e(εi−µ)/kT − 1〈ni〉F =
1
e(εi−µ)/kT + 1
con la distribuzione di Boltzmann
〈ni〉 = e(µ−εi)/kT
e evidente che se exp[(εi − µ)/kT ] 1 ed in particolare se µ −→ −∞, le distribuzio-
ni quantistiche approssimano la distribuzione di Boltzmann, fornendo lo stesso numero
medio di particelle per stato 〈n〉Boltz ∼ 〈n〉B ∼ 〈n〉F 1. Tale limite si ritrova anche
nel caso di temperature piuttosto alte, quando la distribuzione di Boltzmann prevede un
numero di occupazione molto minore di uno, di conseguenza la possibilita di trovare due
o piu particelle nello stesso stato e molto bassa, le differenze fra fermioni e bosoni sono
68
5 – Condensazione di Bose-Einstein
irrilevanti e dunque le predizioni statistiche delle tre distribuzioni coincidono. Al contra-
rio, a temperature molto basse i loro comportamenti quantistici non possono piu essere
ignorati: il principio di esclusione di Pauli, per bocca della distribuzione di Fermi, vieta
la presenza di due fermioni nello stesso stato, mentre vi e libera possibilita, per i bosoni,
di convivere nel medesimo stato. In particolare, allo zero assoluto, T = 0, la distribuzione
di Fermi-Dirac e rappresentata da una funzione a gradini
〈ni〉F =
0 µ > εi
1 µ < εi
(5.55)
la quale, inoltre, assume il valore 12 se µ = εi; fisicamente cio significa che per T = 0,
le particelle del gas si dispongono nei diversi stati quantistici in modo tale che l’energia
totale del gas abbia il valore minimo possibile. Dunque, a partire dallo stato fondamentale
ε0 = 0, occupano i soli stati con energia minore di εi (ogni stato e ovviamente occupato
da un unico fermione), mentre gli stati con energia superiore risultano vuoti. I livelli
energetici che ospitano i fermioni costituiscono la cosiddetta sfera di Fermi nello spazio
degli impulsi e l’energia che ne delimita il confine, cioe quella che caratterizza l’ultimo
stato occupato, e detta energia di Fermi.
5.3 Condensazione di Bose-Einstein
La descrizione di un gas di bosoni allo zero assoluto, consente invece di introdurre il
fenomeno di condensazione di Bose. Si consideri a tal fine un sistema di particelle a spin
intero, non relativistiche e non interagenti fra loro, contenute in una scatola cubica di
lato L e volume V , posta nello spazio libero, non soggetta ad alcun campo esterno. Dal
momento che il gas e contenuto in una regione finita, l’autofunzione di ogni particella e
soggetta a condizioni al contorno che ne impongono la forma
ψ =( 8
V
)sin
(2πnxL
x
)sin
(2πnyL
y
)sin
(2πnzL
z
). (5.56)
L’insieme degli stati consentiti ha la forma di una griglia rettangolare nello spazio dei
vettori d’onda k. La densita media di stati per unita di volume e V/8π3; se il volume
V e molto grande rispetto alle dimensioni della griglia, allora la distribuzione degli stati
permessi si puo assumere continua. Analogamente la densita di stati per unita di volume
nello spazio dei momenti p = ~k e V/(2π~)3. Tutti gli stati quantistici aventi un impulso
69
5 – Condensazione di Bose-Einstein
p variabile nell’intervallo [p,p +dp], sono contenuti di una sfera 4πp2dp nello spazio degli
impulsi e sono in numero
dτ = g
(V
(2π~)3
)(4πp2) dp
= gV
2π2~3p2dp (5.57)
dove il fattore g = 2s+1 contiene la degenerazione dell’impulso p rispetto allo spin s di ogni
bosone. Inoltre, poiche si considera particelle di massa m libere, non relativistiche, la loro
energia e dovuta esclusivamente alla loro componente cinetica ε = p2/2m, di conseguenzadpdε = m√
2mε, ossia dp =
√m2ε dε. Si puo cosı affermare che il numero di stati aventi energia
ε compresa nell’intervallo [ε, ε+ dε] e
dτε = g
(V
2π2~3
)(2mε)
√m
2εdε
= gV m3/2
√2π2~3
√ε dε. (5.58)
La distribuzione di Bose-Einstein (5.52) consente allora di determinare il numero di bosoni
nel suddetto intervallo energetico
dNε = 〈nε〉dτε = gV m3/2
√2π2~3
√ε
e(ε−µ)/kT − 1dε, (5.59)
e il numero totale di particelle del gas
N =
∫ ∞0
dNε = gV m3/2
√2π2~3
∫ ∞0
√ε
e(ε−µ)/kT − 1dε. (5.60)
Quest’ultima e una relazione generale, valida per qualunque temperatura di equilibrio T ,
con potenziale chimico variabile fra −∞ e 0. La situazione diventa interessante quando la
temperatura T diminuisce progressivamente, mediante una successione di stati di equilibrio
termico, pur restando costante la densita N/V . In questo caso l’integrale
I(T,µ) =
∫ ∞0
f(ε)
e(ε−µ)/kT − 1dε (5.61)
che compare nella relazione (5.60), e una funzione monotona crescente, dunque affinche
N/V resti costante, al diminuire di T il potenziale chimico µ dovra necessariamente au-
mentare, cioe dovra diminuire in modulo. Esso raggiungera il valore limite µ = 0 alla
70
5 – Condensazione di Bose-Einstein
temperatura, detta temperatura di degenerazione, T = T0 che si ricava dalla relazione
(5.60)
N
V= g
m3/2
√2π2~3
∫ ∞0
√ε
eε/kT0 − 1dε. (5.62)
La sostituzione z = ε/kT0 consente di esprimere la densita do bosoni come
N
V= g
(kmT0)3/2
√2π2~3
∫ ∞0
√z
ez − 1dz
= g(kmT0)3/2
√2π2
(2π
h
)3 ∫ ∞0
√z
ez − 1dz
= g
(√2πmkT0
h
)32√π
∫ ∞0
√z
ez − 1dz =
g
λ3
2√π
∫ ∞0
√z
ez − 1dz, (5.63)
dove λ = h/√
2πmkT e la lunghezza d’onda di de Broglie. La soluzione di quest’ultimo
integrale si ottiene sfruttando la relazione∫ ∞0
zx−1
ez − 1dz = ζ(x)Γ(x), (5.64)
dove ζ(x) e la funzione zeta di Riemann e Γ(x) e la funzione gamma di Eulero; si nota
infatti che ∫ ∞0
z12
ez − 1dz =
∫ ∞0
z32−1
ez − 1dz = ζ(3/2) Γ(3/2), (5.65)
dunque sapendo che ζ(3/2) ≈ 2,612 e Γ(3/2) =√π/2, la densita (5.63) risulta essere
N
V=
g
λ3ζ(3/2) = g
(√2πmkT0
h
)3
ζ(3/2), (5.66)
da cui si ricava la temperatrua T0
T0 = g−2/3 h2
2πm
(N
V ζ(3/2)
)2/3
. (5.67)
A questo punto, la temperatura del sistema non potrebbe ulteriormente diminuire perche
altrimenti il potenziale chimico µ assumerebbe valori positivi, il che non e consentito nella
statistica di Bose-Einstein. La contraddizione a cui si e giunti ha le sue radici nel passaggio,
non completamente lecito, da stati discreti a stati continui. Infatti, nel sostituire la somma
(5.53) con l’integrale (5.59), si ha perdita di informazione circa lo stato fondamentale ε0 = 0
71
5 – Condensazione di Bose-Einstein
che nell’integrale scompare:√ε = 0 per ε = 0. Inoltre, alla temperatura T0, quando il
potenziale chimico si annulla, la (5.53) diviene
N =∑i
1
eεi/kT0 − 1=
1
eε0/kT0 − 1+
1
eε1/kT0 − 1+
1
eε2/kT0 − 1+ . . . , (5.68)
in questa circostanza, i termini corrispondenti agli stati eccitati, εi 6= 0, tendono ad un
valore finito, mentre il primo termine, relativo allo stato fondamentale, caratterizzato
quindi da energia nulla, ε0 = 0, diverge. Per ovviare a questo inconveniente, si puo far
tendere µ non a zero, ma ad una quantita infinitesima, garantendo cosı la convergenza
di ciascun termine della sommatoria. Allora per T < T0 ci saranno particelle negli stati
eccitati, con ε > 0, distribuite al variare dell’energia secondo la (5.59), con µ = 0, e il cui
numero totale e
Nε>0 = gV m3/2
√2π2~3
∫ ∞0
√ε
eε/kT − 1dε
= gV (mT )3/2
√2π2~3
∫ ∞0
√z
ez − 1dz
= N
(T
T0
) 32
. (5.69)
Invece, le particelle ad energia nulla saranno
N0 = N −Nε>0 = N
[1−
(T
T0
) 32]. (5.70)
Quanto appena esposto illustra come avvicinandosi allo zero assoluto, oltre la temperatura
di degenerazione T0, i bosoni del gas perfetto convoglieranno tutti nello stato energetico
fondamentale; in tale configurazione le funzioni d’onda dei bosoni si sovrappongono l’un
l’altra dando luogo ad un nuovo oggetto, una sorta di “superatomo”. E questa la ragione
per cui si e dato al fenomeno il nome di condensazione di Bose-Einstein .
5.4 Condensato di Bose-Einstein
“E nuovo stato della materia. Ha un comportamento completamente diverso da qualunque
altro materiale”. Sono queste le parole di Carl Wieman che, nel 1995, accompagnarono
verso le luci della ribalta il primo condensato di Bose-Einstein. Si tratta di una piccolis-
sima palla di atomi di rubidio, dal diametro di circa 20 micrometri, realizzata all’interno
72
5 – Condensazione di Bose-Einstein
di un contenitore di vetro a forma di carota, ad una temperatura di circa 170 nanokelvin,
la minima temperatura mai raggiunta fino ad allora. Il lavoro, compiuto nei laboratori
JILA, congiunti con l’Universita del Colorado a Boulder, valse il premio Nobel, nel 2001,
ai suoi artefici Carl Wieman, Eric Cornell e Wolfgang Ketterle.
Il processo che conduce al condensato di Bose si compone sostanzialmente di due stadi, la
cattura e il raffreddamento di un gas, costituito da atomi di rubidio, attraverso cosiddette
laser e magnetic traps. La prima di queste ‘trappole’ si ottiene disponendo una serie di
laser di modo che gli atomi del gas siano bombardati in ogni direzione da fasci di luce; cosı
facendo, come spiego Weiman, “e come se gli atomi si trovassero all’interno di una forte
grandinata”, per cui essi vengono incessantemente colpiti da fotoni, indipendentemente
dalla direzione in cui si muovono. Tale flusso costante di luce produce un gran numero
di urti fra fotoni e atomi di Rb, cosicche quest’ultimi perdono energia, rallentano e si
raffreddano, raggiungendo una temperatura di circa 10 milionesimi di grado sopra lo zero.
Nel provocare questo temporale di fotoni, e necessario tener presente l’effetto Doppler,
che induce in inganno gli atomi, i quali andando incontro ai fotoni ne ‘vedono’ una lun-
ghezza d’onda piu spostata verso il rosso. Lo spostamento dipende inoltre dalla velocita
dell’atomo incidente, ed in particolare esso e maggiore per gli atomi piu lenti; e necessario
dunque regolare la lunghezza d’onda del fotone in modo che esso possa interagire solo con
gli atomi piu veloci.
Un’insidia sorge nel momento in cui gli atomi, rallentando, variano la propria lunghezza
d’onda, non risentono piu della presenza del fascio luminoso, e muovendosi indisturbati
potrebbero urtare contro le pareti di vetro ed acquistare nuovamente energia. Per evitare
quest’incombenza, si avvolge l’ampolla di vetro con due bobine percorse da corrente che
circolano in verso opposto: si crea dunque un campo magnetico la cui intensita e massi-
ma ai bordi del contenitore e diminuisce verso l’interno. Esso agisce sui fotoni dei laser
facendo variare la loro lunghezza d’onda man mano che gli atomi rallentano; di conse-
guenza persistono urti fra fotoni ed atomi e quest’ultimi, respinti nella zona centrale del
contenitore, sono in trappola. La possibilita di ridurre la temperatura del gas sfruttan-
do la trappola laser e pero limitata dall’energia dei fotoni stessi, energia che, per quanto
piccola, viene trasferita agli atomi che dunque continueranno a muoversi. Si procede per-
tanto spegnendo i laser e applicando un ulteriore campo magnetico, piu intenso di quello
utilizzato nella laser trap, ma con ugual obiettivo: tener lontani gli atomi dalla parete di
vetro. Ora pero il campo e talmente intenso da agire direttamente sui momenti di dipolo
magnetici degli atomi, costringendoli al centro dell’ampolla senza la luce dei laser attorno.
73
5 – Condensazione di Bose-Einstein
E questa la cosiddetta magnetic trap. Essa introduce l’ultima fase dell’esperimento, cioe il
raffreddamento per evaporazione, evaporative cooling. Lavorando un po’ di fantasia, si puo
paragonare tale meccanismo con quanto accade ad una tazza di caffe calda: le molecole di
caffe piu energetiche riescono a sfuggire dalla superficie del liquido sotto forma di vapore,
sottraendo una certa quantita di calore alle molecole rimaste all’interno della tazzina, che
di conseguenza si raffreddano. Analogamente, l’idea del gruppo di Boulder e stata quella
di selezionare e mandar via dalla trappola magnetica gli atomi piu caldi, cercando pero di
conservare all’interno, dove la temperatura aveva raggiunto i 170 nanokelvin, una densita
sufficientemente alta di atomi di Rb per poter ottenere l’ambito condensato.
How is BEC made? The Introduction
It took 70 years to realize Einstein's concept ofBose-Einstein condensation in a gas. It was firstaccomplished by Eric Cornell and Carl Wieman inBoulder, Colorado in 1995. They did it by cooling
atoms to a much lower temperature than had beenpreviously achieved. Their technique used laser light tofirst cool and hold the atoms, and then these atoms werefurther cooled by something called evaporative cooling.
It looks like a pretty simple piece of equipment forsuch an important experiment. Is that really all therewas?
Not exactly. There is a table full of equipmentassociated with the lasers, and they needed toproduce exactly the right color of light. Also thereis a computer and a bunch of other electronic
equipment for controlling everything and making
BEC: How is BEC made? The Introduction http://www.colorado.edu/physics/2000/bec/how_its_made.html
1 di 2 21/01/12 14:13
Figura 5.1. Apparato sperimentale
La mattina del 5 giungo 1995 lo scopo era raggiunto: illuminato da un’intensa luce rossa,
Cornell e colleghi osservarono materializzarsi sul fondo dell’ampolla di vetro un piccolo
e denso grumo di materia. Per poco piu di 15 secondi, circa duemila atomi di rubidio
diedero forma al primo condensato di Bose-Einstein.
74
Capitolo 6
Verifiche sperimentali dell’effetto
Casimir
La forza di Casimir e un condensato di Bose-Einstein sono accomunati da una peculiarita:
fungono da ponte fra realta quantistica e realta classica. Sinteticamente la forza di Casi-
mir puo essere definita come una forza di origine quantistica che si manifesta nel mondo
macroscopico; un condensato di Bose-Einstein e un corpo macroscopico regolato da leggi
quantistiche o, piu precisamente, uno stato coerente macroscopico. Inoltre i condensati di
Bose sono utilizzati in molti degli esperimenti atti alla misurazione della forza di Casimir.
La storia sperimentale dell’effetto Casimir inizia circa un decennio dopo la sua formula-
zione teorica per mano del fisico olandese. Il fenomeno tuttavia tardo ad avere riscontri
nei laboratori del periodo. Numerosi furono i tentativi in questa direzione, ma molto poco
soddisfacenti i risultati. Le principali difficolta incontrate riguardavano non tanto la mi-
sura effettiva della forza di Casimir, essendo questa relativamente intensa entro distanze
dell’ordine di pochi micrometri, quanto piuttosto la perfetta calibrazione e disposizione
dell’apparato sperimentale.
Nel corso degli anni la strumentazione, sempre piu efficiente e sofisticata, ha consentito
di raggiungere traguardi significativi. Gli esperimenti condotti si distinguono l’un l’altro
oltre che per strumenti e metodologie, anche per la geometria del sistema di conduttori.
Il primo tentativo di misura della forza nella configurazione originale illustrata da Casi-
mir (due lastre conduttrici parallele), fu effettuato da Sparnaay [12] nel 1958; sebbene
nei suoi esperimenti emerse una forza attrattiva, i risultati erano affetti da un’incertezza
del 100% che non consentiva di ergerli a prova sperimentale, ma almeno, come spiego
75
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
Sparnaay, “non contraddicevano le predizioni teoriche di Casimir”. Successivamente Blo-
kland e Oveerbeek, era il 1978, pensarono misurare la forza di Casimir fra una superficie
piana conduttrice e un conduttore sferico, in modo da svincolarsi dal problema di paral-
lelismo delle lastre emerso nell’operazione dei predecessori. I risultati furono positivi, ma
l’incertezza di cui erano affetti i risultati era ancora piuttosto alta, del 25%.
Il primo risultato entusiasmante emerse a Seattle, all’Universita di Washington, nel
1995. Lamoreaux alla guida del progetto, annuncio che “l’azione delle fluttuazioni di
vuoto fra due superfici conduttrici era finalmente stata dimostrata” [14]. Nel processo di
misurazione fu utilizzato un sistema elettromeccanico basato su un pendolo a torsione.
Anche a Seattle, la scelta fu quella di una lastra piana di quarzo, di larghezza 2,54 cm
e spessore 0,5 cm, e una lente sferica di 4 cm di diametro; la prima posizionata su un
braccio del pendolo, la seconda su un sistema di microposizionamento piezoelettrico che
consentiva di variare con alta precisione la distanza fra i due conduttori. Tale configura-
zione geometrica comporta una correzione all’espressione della forza di Casimir, dovuta
all’introduzione della cosı detta proximity force approximation (PFA), la quale deriva dal-
l’interazione coulombiana, e richiede che le superfici conduttrici siano separate da una
distanza molto piu piccola della loro curvatura. Se R e il raggio della sfera e d la distanza
dalla lastra, la forza di Casimir, in modulo, e
FC =π3~c360
R
d3, (6.1)
valida se R d.
Il primo passo dell’esperimento fu quello di cercare di eliminare gli effetti di viscosita,
portando il sistema ad una situazione di vuoto di 10−4 torr, ma la fase cruciale dell’espe-
rienza consisteva nel mantenere il pendolo ad un angolo fisso. L’obiettivo fu raggiunto
utilizzando un sistema di feedback, costituito da due piastre compensatrici poste ai due
lati del pendolo a formare un condensatore. La posizione del pendolo veniva calibrata di
volta in volta misurando le capacita dei compensatori e verificando che esse fossero uguali,
qualora cio non era verificato, si applicava ad essi una piccola tensione correttiva.
Nello stadio di preparazione alla misura, la calibrazione del sistema avveniva attraverso
misure elettriche basate sulla variazione della capacita del condensatore costituito dai due
conduttori, in funzione della distanza fra di essi. Tra i due conduttori, a causa dell’ap-
parecchiatura interna del circuito di cui facevano parte, era presente un potenziale di 430
mV che fu eliminato applicando una tensione esterna in modo da lasciare solo una minimo
potenziale δV assunto come ‘zero’. La presenza di un potenziale intrinseco cosı intenso
76
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
fu inoltre la causa di una sovrapposizione di forze elettrostatiche alla forza di Casimir e
dunque fu necessario utilizzare particolari tecniche di sottrazione che eliminassero il con-
tributo di tali forze, facendo emergere esclusivamente l’interazione di interesse.
La forza di Casimir fu misurata variando di una quantita discreta per volta la tensione
applicata al sistema piezoelettrico e ricavando, ad ogni passo, la forza di richiamo del
pendolo attraverso la misura della variazione della quantita δV necessaria per mantenere
l’angolo fisso. Ogni misura risultava affetta da un’accuratezza di 0,01 µm. Lo spostamen-
to massimo a 92V fu di 12,3 µm, mentre lo spostamento medio misurato, corrispondente
a 5,75V, risulto essere 0,75 µm. L’intervallo di indagine ricoprı una distanza fra le due
superfici conduttrici da 0,6 µm a 6 µm, con un’accuratezza del 5% sulle misure.
I punti deboli dell’esperienza di Lamoreaux consistevano nel fatto che non furono va-
lutate le deviazioni della forza misurata da quella ideale, dovute alla finita conducibilita
dei conduttori ed alla loro ruvidezza. A tale mancanza cerarono di sopperire Mohideen e
Roy [15] nel 1998 a Riverside.
L’esperimento fu realizzato a temperatura ambiente e pressione di 50 mTorr. Essi utiliz-
zarono un microscopio a forza atomica per misurare la forza di Casimir fra una sfera di
polistirene, dal diametro di 196 µm, e un disco di zaffiro di diametro 1,25 cm. La sfera fu
collocata sulla punta della microleva del microscopio e il tutto, disco compreso, ricoperto
di alluminio per garantire un alto potere riflessivo al sistema.
La fase di calibrazione dell’apparato sperimentale, fu simile a quella descritta nella si-
tuazione precedente: un potenziale esterno veniva applicato per compensare la tensione
interna, di circa 30 mV, presente quando i due conduttori erano messi a terra. Il processo
di misura fu effettuato invece facendo incidere un fascio laser sulla sfera e raccogliendo il
raggio riflesso per mezzo di due fotodiodi. La deflessione della microleva, provocata dal
VOLUME 81, NUMBER 21 P HY S I CA L REV I EW LE T T ER S 23 NOVEMBER 1998
where Ar is the average roughness amplitude, and equal
roughness for both surfaces has been assumed. There
are also corrections due to the finite temperature [12,18]
given by
Fc!d" ! FRc !d"
"1 1
720p2 f!j"
#, (4)
where f!j" ! !j3#2p"z !3" 2 !j4p2#45", j !2pkBTd#hc ! 0.131 3 1023d nm21 for T ! 300 ±K,and z !3" ! 1.202 . . . , is the Riemann zeta function, andkB is the Boltzmann constant.
We use a standard AFM to measure the force be-
tween a metallized sphere and flat plate at a pressure of
50 mTorr and at room temperature. A schematic dia-
gram of the experiment is shown in Fig. 1. Polystyrene
spheres of 200 6 4 mm diameter were mounted on the tipof 300 mm long cantilevers with Ag epoxy. A 1.25 cm
diameter optically polished sapphire disk is used as the
plate. The cantilever (with sphere) and plate were then
coated with 300 nm of Al in an evaporator. Aluminum
is used because of its high reflectivity for wavelengths
(sphere-plate separations) .100 nm and good representa-
tion of its reflectivity in terms of a plasma wavelength
lp $ 100 nm [19]. Both surfaces are then coated with
a less than 20 nm layer of 60% Au#40% Pd (measured
at . 90% transparency for l , 300 nm [20]). This was
necessary to prevent any space charge effects due to patch
oxidation of the Al coating. A scanning electron micro-
scope (SEM) image of the coated cantilever with sphere
attached is shown in Fig. 2. The sphere diameter was
measured using the SEM to be 196 mm. The average
roughness amplitude of the metallized surfaces was mea-
sured using an AFM to be 35 nm.
In the AFM, the force on a cantilever is measured by
the deflection of its tip. A laser beam is reflected off the
cantilever tip to measure its deflection. A force on the
sphere would result in a cantilever deflection leading to
a difference signal between photodiodes A and B (shown
FIG. 1. Schematic diagram of the experimental setup. Appli-cation of voltage to the piezo results in the movement of theplate towards the sphere. The experiments were done at a pres-sure of 50 mTorr and at room temperature.
in Fig. 1). This force and the corresponding cantilever
deflection are related by Hooke’s law: F ! kDz, where kis the force constant, and Dz is the cantilever deflection.The piezoextension with applied voltage was calibrated
with height standards, and its hysteresis was measured.
The corrections due to the piezohysteresis (2% linear
correction) and cantilever deflection (to be discussed
later) were applied to the sphere-plate separations in all
collected data.
To measure the Casimir force between the sphere and
plate they are grounded together with the AFM. The
plate is then moved towards the sphere in 3.6 nm steps
and the corresponding photodiode difference signal was
measured (approach curve). The signal obtained for a
typical scan is shown in Fig. 3(a). Here “0” separation
stands for contact of the sphere and plate surfaces. It
does not take into account the absolute average separation
$120 nm due to the 20 nm Au#Pd layer (transparent atthese separations [20]) and the 35 nm roughness of the Al
coating on each surface. Region 1 shows that the force
curve at large separations is dominated by a linear signal.
This is due to increased coupling of scattered light into the
diodes from the approaching flat surface. Embedded in
the signal is a long range attractive electrostatic force from
the contact potential difference between the sphere and the
plate and the Casimir force (small at such large distances).
In region 2 (absolute separations between contact and
350 nm) the Casimir force is the dominant characteristic
far exceeding all the systematic errors (the electrostatic
force is less than 3% of the Casimir force in this region).
Region 3 is the flexing of the cantilever resulting from
the continued extension of the piezo after contact of
the two surfaces. Given the distance moved by the flat
plate (x axis), the difference signal of the photodiodes
can be calibrated to a cantilever deflection in nanometers
using the slope of the curve in region 3. The deflection
of the cantilever leads to a decrease in the sphere-plate
FIG. 2. Scanning electron microscope image of the metallizedsphere mounted on a AFM cantilever.
4550
Figura 6.1. Schema del microscopio a forza atomica sfruttato da Mohideen e Roy permisurare la forza di Casimir.
77
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
fascio laser, induceva una variazione nei segnali rivelati dai due fotodiodi; valutando tale
variazione si poteva risalire alla deflessione e la forza fra i due conduttori veniva ottenuta
sfruttando semplicemente la legge di Hooke F = k∆z, dove k e la costante della forza e ∆z
la deflessione della microleva. L’operazione fu ripetuta numerose volte, facendo avvicinare
di 3,6 nm per misura, il disco alla sfera.
Nell’analizzare i dati registrati, il gruppo californiano riuscı a stimare numerosi fattori di
disturbo esterni: la conducibilita finita, la ruvidezza del materiale, e la temperatura finita.
Inoltre essi riuscirono a valutare l’errore sistematico nella misura effettiva della distanza
fra le due superfici, dovuto alla flessione della microleva stessa e alla presenza di una forza
elettrostatica, generata dal potenziale residuo presente fra i due conduttori. Grazie alla
precisione degli strumenti utilizzati, dovuta in particolare al grande raggio di curvatura e
all’utilizzo del laser, Mohideen e Roy furono in grado di misurare la forza di Casimir per
distanze comprese fra 0,1 e 0,9 µm, con l’1% di accuratezza.
La geometria sferico-planare fu adottata in successivi esperimenti, ad Harvard ed ai
laboratori Bell, accompagnata dall’utilizzo di materiali e strumenti d’indagine ovviamente
diversi, ma contemporaneamente vennero analizzate anche altre strutture geometriche, ad
esempio e stata osservata la forza di Casimir fra due cilindri incrociati (Ederth) e fra due
emisferi. L’ultimo caso e di particolare rilevanza perche ebbe un risultato non contem-
plato teoricamente, ossia una forza di Casimir repulsiva. Fu invece in Italia, che l’idea
di Casimir trovo compimento. Dopo Spanraay, nessun tentativo di misurare la forza fra
due piastre parallele ando a buon fine, soprattutto a causa di quel perfetto parallelismo
estremamente difficile da realizzare. All’Universita di Padova, nel 2002, il problema fu
risolto utilizzando come strumento per la misura dello spostamento un interferometro a
fibra ottica e riducendo sensibilmente i fattori di disturbo ambientali.
Il gruppo di ricerca, guidato da Onofrio e Bressi, osservo l’effetto attrattivo fra le due
lastre, con distanze di separazione comprese tra 0,5 e 3,0 µm, ottenendo risultati con pre-
cisione al 15%.
Le due superfici parallele fra cui si esercitava la forza erano quelle di una microleva, posi-
zionata su una base di rame e libera di oscillare attorno al proprio perno, e la faccia, ad
essa opposta, di un’altra leva rigida piu sottile (chiamata sorgente). Ciascuna era collegata
ad un motorino che permetteva di ruotarle, in modo da garantire la condizione di paral-
lelismo, la sorgente inoltre era fissa su un sistema piezoelettrico lineare in ceramica, che
consentiva di controllare e modificare opportunamente la distanza fra di esse. Entrambe
le leve erano di silicone, ricoperte da un sottile strato di cromo e avevano le dimensioni di
78
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
Precision
Voltage
Calibrator
Source
Cantilever
Linear PZTOptical Fiber
Interferometer
SEM Vacuum Enclosure
Detection
Fiber
Spectrum
Analyzer
Support
Capacitance
Meter
Switch
Figura 6.2. Schematizzazione dell’apparato sperimentale utilizzato nell’esperimento di Padova
1,9 cm × 1,2 mm con spessore di 50 nm per la sorgente e di 47 µm per l’altra.
Nella prima fase dell’esperimento si utilizzarono particolari tecniche per eliminare le par-
ticelle di polvere dalle due superfici, per poi procedere con la determinazione del paralle-
lismo. Questo si raggiungeva massimizzando la capacita del sistema alla minima distanza
ottenibile: si ricavo un valore di 22 pF corrispondente ad una separazione fra le due leve
pari a 0,4 µm.
Inoltre furono valutate le deviazioni rispetto alla neutralita elettrica delle due superfici,
determinando il potenziale V0 dovuto alla presenza di diversi materiali metallici presenti
nel circuito. Questo fu possibile applicando, per varie distanze fra le piastre, un campo
esterno Vc e misurando, di volta in volta, l’inclinazione della microleva che ne conseguiva;
si ottenne un valore di V0 di circa -68 mV. Fu possibile stimare la forza di Casimir mi-
surando con un interferometro a fibra ottica la variazione della frequenza della microleva
all’avvicinarsi della sorgente (cio che in realta si misurava era la variazione della distanza
fra la microleva e la fibra ottica). Infatti ogni forza che ha dipendenza spaziale, induce una
variazione ∆ν nella frequenza di oscillazione della microleva, dunque, considerando che ol-
tre alla forza di Casimir, l’interazione fra le due superfici era dovuta anche alla presenza
del potenziale residuo Vr = V0 − Vc, ∆ν si e potuta determinare dall’espressione
∆ν2(d) = ν2 − ν20 = −Cel
V 2r
d3− Ccas
d5, (6.2)
con Cel = (ε0S)/(4πmeff ) e Ccas = (KcS)/(πmeff ), dove ε0 e la costante dielettrica del
79
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
vuoto, S l’area effettiva delimitata dalle due superfici interagenti e meff la massa effettiva
della microleva. Per separare i contributi dovuti all’interazione elettrostatica e alla forza
di Casimir, furono effettuate diverse misure facendo variare la tensione Vc. Si determino
Ccas = (2,34±0,34) ·10−28Hz2m5, coerentemente con la previsione di una forza attrattiva
(il segno di ∆ν e negativo) e dunque un coefficiente della forza di Casimir
Kc =ε04
CcasCel
= (1,22± 0,18) · 10−27Nm2. (6.3)
Il valore di Kc cosı ottenuto coincide, entro la banda di errore, con quello determinato
teoricamente, pertanto il lavoro di Onofrio fu la prima verifica sperimentale dell’esistenza
della forza di Casimir.
Parallelamente alla ricerca attorno alla forza di Casimir, si e sviluppato nel corso degli
anni lo studio sperimentale su scala atomica, in cui fa da controparte la forza di Casimir-
Polder, che si manifesta fra un atomo e una superficie.
Fu per primo Sukenik ad individuare e misurare l’incrocio fra il raggio di azione della forza
di Van der Waals e quello forza di Casimir-Polder; nel caso di un sistema composto da un
atomo di rubidio e una superficie piana, l’incontro avviene ad una distanza di separazione
fra di essi di circa 0,1µm. Al di sotto di tale distanza prevale l’interazione di Van der Waals
che dipende dalla distanza d come 1/d3, per separazioni maggiori invece e preponderante
la forza di Casimir-Polder proporzionale a 1/d4.
Recentemente la forza di Casimir-Polder e stata misurata in una serie di esperimenti
condotti da Eric Cornell nei laboratori JILA [13]. Essi utilizzarono un condensato di
Bose-Einstein di rubidio e verificarono l’esistenza dell’interazione attrattiva misurando
le variazioni della frequenza di oscillazione del centro di massa del condensato, dovute
alla presenza di una superficie conduttrice. Tale superficie altera la trappola magnetica
a cui son soggetti gli atomi di rubidio, causando lo spostamento del centro di massa
dei singoli atomi e l’oscillazione del centro di massa, detta anche oscillazione di dipolo,
dell’intero sistema. Gli spostamenti singoli non furono misurati perche inferiori rispetto
alla sensibilita della strumentazione usata, mentre l’oscillazione di dipolo fu il parametro
necessario per la determinazione della forza di Casimir-Polder.
La superficie fu posta sopra il condensato, parallelamente ad esso, e la distanza determinata
applicando un campo magnetico uniforme nella direzione verticale (direzione x nella figura
(6.3)). Con opportune semplificazioni e approssimazioni, la variazione della frequenza
di oscillazione di dipolo, nella direzione x, γx, si ottiene a partire dalla frequenza di
80
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
oscillazione in assenza della superficie, ωx, e dalla frequenza ω′x perturbata:
γx =ωx − ω′xωx
. (6.4)
Per misurare γx fu applicato un campo magnetico ~B oscillante con frequenza di normaliz-
II. EXPERIMENT
We briefly review the apparatus for generating conden-sates and measuring surface forces, as a more detailed de-scription of the apparatus used to produce the condensate canbe found in !14" and the technology and techniques for atom-surface measurements are described in detail in !15,16". Atthe end of evaporation, nearly pure condensates #the fractionof atoms in the condensate !0.8$ of 1.4"105 magneticallytrapped 87Rb atoms are created in the %F=1, mF=!1& groundstate. In our Ioffe-Pritchard-type magnetic trap, with trappingfrequencies of 6.4 Hz in the axial direction #z$ and 228 Hz inthe radial directions #x and y$, this corresponds to condensateThomas-Fermi radii of 85.9 #m and 2.40 #m in the axialand radial directions, respectively. See Fig. 1#a$ for the co-ordinate definitions and orientations of the surface and con-densate in the experiment.
The surfaces for study are located '1 mm above #+x di-rection$ where evaporation occurs. To position the conden-sate near the surface, a vertical #x-direction$ magnetic field isapplied. This uniform magnetic field acts to displace themagnetic minimum of the trapping field. By applying a care-fully controlled field ramp, we are able to move the atomsarbitrarily close to the surface without exciting mechanicaloscillations of the condensate, and the condensate can beheld there for many seconds.
To measure the distance between the condensate and thesurface, we use an absorption imaging technique described in!15,17" where we illuminate the atoms with a beam perpen-dicular to the long axis of the condensate. This beam im-pinges on the surface with a slight grazing incidence angle of'2.4° such that when the condensate is within '100 #m ofthe surface, both a direct absorption image and a reflectedabsorption image of the condensate appear. Measuring the
distance between these images allows us to determine thedistance between the condensate and surface. To calibrate themagnetic field necessary to position the condensate a givendistance from the surface, a series of images are taken wherewe push the atoms to a range of distances '20–60 #m fromthe surface. The condensate-surface separations in these im-ages are measured and then used for calibration of the mag-netic field used to push the atoms.
To allow measurement of surface forces at different sur-face locations, the magnetic trap can be moved indepen-dently of the surface in the y and z directions. Since thecondensate only interacts with a '200"10 #m region ofthe surface, we can translate the trap to measure surfaceforces at many different locations on our 5"8 mm surfaces.Finally, we can adjust the angle of the z trap axis to beparallel with respect to the surfaces. Using the surface reflec-tion images, we have verified that the deviation from parallelis $0.25°.
To excite a condensate dipole oscillation in the x direc-tion, we apply an oscillating magnetic field of the form
Bx#t$ % e!#t ! t0$2/&2cos#'xt$ , #2$
where & is the time width of the pulse #10 ms in this experi-ment$ and t0 is the time of the peak of the pulse. In frequencyspace, this excitation is centered on the radial trap frequency'x and contains no dc or high-frequency components; thisprevents excitation of unwanted internal condensate modes.Similarly, dipole oscillations can be excited in the y and zdirections.
Expansion of the oscillating condensate is accomplishedby a microwave adiabatic rapid passage to the %F=2,mF=!2& state, which is antitrapped, followed by '5 ms ofrapid antitrapped expansion !14". The antitrapped expansionacts to push atoms away from the magnetic minimum, andbecause of gravitational sag, the condensate begins the ex-pansion below the magnetic minimum, so the condensate ispushed away from the surface during expansion. Addition-ally, the antitrapped expansion acts to amplify the radial di-pole oscillation amplitude by approximately 20-fold, permit-ting straightforward measurement of the oscillation inexpansion. For example, see Fig. 1#b$. Finally, the conden-sate is simultaneously imaged through absorption along boththe y and z directions, allowing us to monitor the position ofthe condensate in all three directions.
The typical experiment is performed as follows. First, asurface calibration set is taken to determine the magneticfield necessary to position the condensate the desired dis-tance from the surface. Second, a vertical oscillation data setis taken at the desired trap-center to surface distance d, typi-cally 6–12 #m. Interspersed with these data are vertical os-cillation data taken at d0, the distance we use to obtain thenormalization frequency 'x. Data points and normalizationpoints were randomly alternated during the course of the dataset in order to prevent trap frequency drift from affecting ourmeasurement. For this experiment d0=15 #m. A distance of15 #m is far away enough such that surface forces will notaffect the frequency; the normalized dipole frequency shiftfrom the Casimir-Polder force is less than 10!6 at this dis-tance. By comparing the frequency measured at d to that
FIG. 1. #Color online$ #a$ Diagram, to scale, illustrating theaspect ratio of the condensate and typical oscillation position rela-tive to the surface. The coordinate axis orientation and the directionof gravity are also indicated. #b$ Typical data showing the radialdipole oscillation after expansion away from the surface.
HARBER et al. PHYSICAL REVIEW A 72, 033610 #2005$
033610-2
Figura 6.3. Misura della forza di Casimir-Polder.
zazione ωx. Le oscillazioni indotte sul centro di massa del condensato furono misurate sia
alla distanza d, in esame, fra condensato e superficie, sia a distanza d0, usata per ottenere
la frequenza ωx. Il valore di γx fu ottenuto dal confronto dei valori di oscillazione misurati
in d e in d0, secondo la relazione (6.4). Il gruppo di Boulder riuscı a misurare la forza di
Casimir-Polder fino a una separazione di circa 5 µm, risultato fino ad allora mai raggiunto.
I tentativi di misura della forza di Casimir sono in continua crescita ed evoluzione. La
prospettiva e quella di riuscire a verificare il fenomeno a distanze inferiori, con strumenti
di maggiore precisione, cercando anche di valutare e limitare i fattori di non idealita.
81
Conclusioni
Il lavoro di tesi ha consentito di affrontare uno dei temi d’avanguardia tanto nell’ambito
della fisica teorica, quanto in quello sperimentale.
Risolvendo l’equazione di D’Alembert nel vuoto, con appropriate condizioni al contorno,
si e giunti alla formulazione quantistica del campo elettromagnetico, la cui peculiarita
consiste nella presenza di una energia non nulla nello stato di vuoto. Si e visto che le
fluttuazioni di vuoto non sono un semplice risultato matematico, ma hanno una realta
fisica. Nell’atomo di idrogeno, l’elettrone interagisce con le fluttuazioni di vuoto del cam-
po elettromagnetico generato dal protone, eliminando la degenerazione di livelli energetici
caratterizzati dalla stessa coppia di numeri quantici n ed l. Il Lamb shift dunque ha
condotto alla struttura iperfine dell’atomo di idrogeno, verificata sperimentalmente con
tecniche spettroscopiche. E stato inoltre illustrato il ruolo delle fluttuazioni di vuoto nel
mondo macroscopico: fra due atomi o molecole apolari, esse inducono dei momenti di
dipolo momentanei che ne causano l’attrazione (forza di Casimir-Polder); analogamente,
i fotoni virtuali presenti nello stato di vuoto, esercitano una pressione sulle superfici di
due lastre conduttrici vicine che, di conseguenza, si attraggono (forza di Casimir). La
dimostrazione sperimentale dell’effetto Casimir e stata descritta in diverse configurazioni
e geometrie, con precisione dei risultati crescente. Tale descrizione, oltre che la quan-
tizzazione del campo, ha fornito l’occasione per introdurre e analizzare gli stati coerenti
e la condensazione di Bose-Einstein. I primi sono elementi basilari in ottica quantistica
e fungono da raccordo fra la meccanica classica e la meccanica quantistica: definiti co-
me gli autostati dell’operatore di annichilazione, essi sono stati quantistici con proprieta
classiche. In particolare soddisfano, con l’uguaglianza, il principio di indeterminazione
di Heisenberg e fanno emergere importanti caratteristiche del campo elettrico. Infatti il
valore medio del campo su stati coerenti conduce all’espressione classica del campo stesso
82
6 – Verifiche sperimentali dell’effetto Casimir
e, contemporaneamente, lo scarto quadratico medio corrisponde alle fluttuazioni di vuo-
to quantistiche. Oltrepassato il confine quantistico, il mondo sperimentale macroscopico
necessita una descrizione statistica. Una trattazione panoramica delle distribuzioni quan-
tistiche quali la distribuzione di Fermi-Dirac e di Bose-Einstein ha consentito dunque di
introdurre il condensato di Bose-Einstein, con il cui ausilio e stata determinata sperimen-
talmente la forza di Casimir.
La ricerca sperimentale e teorica attorno all’effetto Casimir e all’energia di vuoto offre
prospettive di ampio respiro, vaste sono infatti le applicazioni nelle nanotecnologie, in
chimica e biofisica, fino agli orizzonti della cosmologia. Come dire, il sipario non e ancora
calato.
83
Bibliografia
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