exibart.grandtour n.42

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Exibart. grandtour Sped. in A.P. 45% art. 2. c. 20 let. B - l. 662/96 - Firenze Copia euro 0,0001 editoriali . le opinioni dei critici italiani . gli art vandals in biennale . un caffè illy in laguna . abbecedario . la bienna- le secondo i collezionisti . la biennale siamo noi . art basel . documenta . munster . le mostre a francoforte . tutte le recensioni . l'agenda degli appuntamenti ancora in corso . le foto gossip da venezia . e tanto altro ... free | anno sesto | numero quarantadue | agosto - settembre duemilasette | www.exibart.com

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editoriali . le opinioni dei critici italiani . gli art vandals in biennale . un caffè illy in laguna . abbecedario . la bienna- le secondo i collezionisti . la biennale siamo noi . art basel . documenta . munster . le mostre a francoforte . tutte le recensioni . l'agenda degli appuntamenti ancora in corso . le foto gossip da venezia . e tanto altro ... free | anno sesto | numero quarantadue | agosto - settembre duemilasette | www.exibart.com

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editoriali . le opinioni dei critici italiani . gli art vandals inbiennale . un caffè illy in laguna . abbecedario . la bienna-le secondo i collezionisti . la biennale siamo noi . artbasel . documenta . munster . le mostre a francoforte .tutte le recensioni . l'agenda degli appuntamenti ancorain corso . le foto gossip da venezia . e tanto altro ...

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Page 2: Exibart.grandtour n.42

 L'atmosfera è lugubre, impos-sibile non notarlo. Anche una pas-seggiata distratta tra l'Arsenale e iGiardini lascia il visitatore con l'im-pressione di aver assistito allamessa in scena di un insistente edisarmante memento mori.Ricorderemo que-sta Biennale comequella dei teschi,delle armi, dei cimi-teri e delle battaglie.L'opera simbolo, inquesto senso, arrivaa conclusione di unpercorso già larga-mente mortiferoall'Arsenale, che allinea una seriedi rappresentazioni cupe e cogita-bonde sul senso della vita (e dellasua fine), come affreschi lungo lepareti di un'interminabile navata. Sitratta di I will die, del cinese YangZhenzhong, che presenta un corri-doio di grandi proiezioni video in cui

decine di persone di diverse nazio-nalità pronunciano la frase "Io mori-rò" di fronte alla telecamera. Il giu-stapporsi di fisionomie, luoghi, lin-gue ed espressioni crea una sinfo-nia della diversità che viene peròimmediatamente ricondotta ad

un'entità universale. All'unica, sicu-ra, esperienza condivisa dall'interogenere umano: quella della morte. E se Zhenzhong gioca sul piano dellinguaggio, molto più numerosisono gli artisti che scelgono la viadella rappresentazione allegorica,in un trionfo di rinnovata sensibilità

barocca, tra il patinato e il macabro.È il caso delle grandi tele di AngeloFilomeno, pugliese di stanza aNew York, che nelle sue operefonde disinvoltamente citazioni diclassici della storia dell'arte (dalbarocco al rococò, da Dürer aGoya) ad elementi simbolici con-temporanei. I due scheletri sullascopa di My Love Sings When theFlower is Near - un ritratto dei suoigenitori - sorvolano una scintillantee sconfinata Los Angeles vista dal-l'alto delle colline. La riflessionesulla morte qui si ammanta di cri-stalli, ricami e luccicanze dall'esteti-ca quasi glamour. È impossibileinfatti non notare come l'invasionedi teschi, ossa e simboli dell'umanamortalità sia negli ultimi anni asso-luta protagonista anche nel mondo

del fashion e deldesign, dall'altamoda al prêt-à-por-ter, fino allo street-wear. Il teschio, inmodo particolare, facapolino, ormai daqualche anno, suborse, magliette,giacche e accessori

di ogni genere. Legato, talvolta, adun altro tema estremamente invoga, quello piratesco. Tra bende,galeoni, vessilli neri e isole sperdu-te (i topoi dell'isola deserta, delnaufrago e della lotta per la soprav-vivenza sono altrettanto insistenti,basti pensare, un esempio su tutti,

alla saga televisiva di Lost).Sempre all'Arsenale, un altro artistaitaliano, Paolo Canevari, mette inscena un'allegoria dai toni funesti:un ragazzino palleggia con un cra-nio umano sullo sfondo dell'exquartier generale dell'esercitoserbo a Belgrado, ridotto a impo-nente rovina. Colpiscono anche i"bellissimi" AK47 disegnati a car-boncino da Nedko Solakov e leinquietanti fotografie dell'israelianoTomer Ganihar, che propone unaserie di close-up sui manichini uti-lizzati negli ospedali di Tel-Aviv peril training dei medici. Qui non c'ècarne - solo plastica - non c'è soffe-renza nel sangue disegnato e nelleferite riprodotte con tecniche daeffetto speciale, ma la morte aleg-gia, e la violenza non smette diindossare i panni di prima attrice. Dal politico si passa al privato nellalucida e toccante Pas pu saisir lamort, in cui Sophie Calle (invitatada Storr nella mostra ai Giardini)racconta l'esperienza tutta perso-nale - ma anch'essa di valore, ine-vitabilmente universale - dellamorte della madre, opera che testi-monia paradossalmente, con unintento documentario, l'impossibili-tà di qualunque effettiva rappresen-tazione del trapasso. Più ironica,ma a suo modo sottilmente inquie-tante, Happy Together: New York &The Other World, la serie di foto-grafie in cui Jan Christiaan Braunracconta il rapporto affettuoso e

confidenziale con i tra-passati che dimostrano iparenti delle personesepolte in un cimitero delQueens. Tra scheletricolorati, simpatici fanta-smini, pupazzi e chinca-glierie varie.Non sono da meno ipadiglioni nazionali, cheincalzano lo spettatorecon i poster listati a luttodi Felix Gonzalez-Torres (Stati Uniti), leatmosfere futuristiche edecomposte di IsaGenzken (Germania), imurales e i video neroinchiostro di YvesNetzhammer (Svizzera)e l'ironica archeologia dacartone animato delcoreano HyungkooLee.Apocalittica ed estrema,

in efficace contrasto con un'esteticaclassicista al limite del purismo, laproposta dei russi AES+F, che conil video della serie Last Riot, rac-contano un'umanità senza più némorale né storia, senza ideologie esentimenti. Simboleggiata da unaschiera di adolescenti intenti almassacro collettivo e insensato.Tutti contro tutti. L'atmosfera funebre non manca diammantare anche molti degli even-ti collaterali di questa 52. Biennale.Con i teschi ormai classici di EnzoCucchi al Museo Correr, con latoccante installazione di Bill Violanella Chiesetta di San Gallo, in cuiuna teoria di persone fa avanti eindietro dall'aldilà passando attra-verso un labile muro d'acqua, conLe Bugie dell'Arte della coppiaBertozzi&Casoni a Ca' Pesaro(qui lo scheletro è dorato e ha undedominicisiano naso daPinocchio). E naturalmente con ilsignor macabro in persona, JanFabre, che nella sua bellissimapersonale a Palazzo Benzonaffianca gatti stecchiti, cervelli scul-tura e autoritratti sanguinanti. Come interpretare questo insiste-re sulle immagini della morte,sulla caducità umana, sul sensodell'esistenza, sul dilagare dellaviolenza? Si tratta a volte didenuncia, a volte semplicementedi interpretazione di uno stato d'a-nimo, più spesso ancora dellospecchio di un sentire collettivo inun'epoca tumultuosa e poco rassi-curante. Ma forse, più che ravvi-sare un diffuso pessimismo,dovremmo piuttosto leggere, inqueste opere, l'ostinata ricerca diun senso. Uno sforzo disperatoper razionalizzare e ricondurreentro uno schema - anche esteti-camente - conoscibile, l'annichili-mento dell'umano. E il mezzodiventa proprio l'allegoria, chenello stesso momento in cui sirealizza, denuncia la propriaimpotenza. Tornano in mente leparole di Walter Benjamin nelsuo noto saggio sul DrammaBarocco Tedesco: "proprio nellevisioni dell'ebbrezza dell'annienta-mento, in cui tutto ciò che è terre-stre precipita trasformandosi in uncampo di macerie, si sviluppa nontanto l'ideale della profondità alle-gorica quanto il suo limite." Â

| valentina tanni |

LA MORTE A VENEZIATeschi, morti e armi. Combattimenti e violenza.La 52. Biennale di Venezia costringe lo spettatore a confrontarsi con un'insistenterappresentazione della finitezza umana. Nella mostra principale, nei padiglioni nazionali e persino negli eventi collaterali. Una carrellata attraverso le numerose "mortia Venezia". E un tentativo di comprendernele ragioni…

2.editoriale Exibart.grandtour

numerosi sono gli artisti che scelgonola via della rappresentazione allegorica, inun trionfo di rinnovata sensibilità barocca,tra il patinato e il macabro“

qui a lato: NedkoSolakov - Discussion

(Property), 2007 - Photoby Angel TzvetanovCourtesy the artist,

Galerie Arndt & Partner,Berlin/Zurich and

Galleria Continua, SanGimignano/Beijing. ©

Nedko Solakov.sotto: Paolo Canevari -Bouncing Skull, 2007 -

Video - Courtesy: PaoloCanevari, Galleria

Christian Stein, Milanoa destra: Tomer Ganihar

- Hospital Party, 2006 -Stampa a colori, scatto

su pellicola da 35mm /Cprint, shot on 35mm film

- Courtesy of the artist

Page 3: Exibart.grandtour n.42

 Chi siamo? Dove andiamo?Sembra chiedere, nero su bianco, ilgrande punto interrogativo sui pal-loncini di Hiroraren (memento)Mori. Non vi arrovellate, rispondela mostra del curatore, perché, cri-stiani o musulmani, atei o jainisti,pittori o videomaker, una cosa ècerta: finiremo tutti quanti là.Naturalmente, una volta abbando-nata la valle di lacrime che Storr ciricorda con trappista implacabilità,alla faccia di un titolo che ai piùsuperficiali tra gli spiriti, fuorviatidalla parola sensi, lasciava già pre-gustare colte e squisite mollezze daDecadenza.L'evidenza è invece un cingo-lato cigolante che, tra soluzio-ni déjà vu e approcci datati,procede nell'Arsenale (milita-re) su uno sterrato dissestatoe spesso inutilmente tortuo-so. A partire dall'eccessivadurata di alcuni video, puniti-va e irrispettosa tanto per ilpubblico - oggettivamenteimpossibilitato a trascorrerela maggior parte della giorna-ta di fronte a filmati lunghi finoa 90' -, quanto per gli artisti,condannati ad essere "fruiti"in modo parziale e approssi-mativo.

Ancor più ridondante è l'atmosferaengagé (e spiccatamente bellicista)che, non senza punte di stucchevo-le retorica, aleggia come una cupanuvolaglia, resa ancor più soffocan-te dall'abbassamento della cortina diferro. Riesumando la mummia (?)della contrapposizione Usa - Urss,infatti, l'epicedio dell'imper(ialism)oche fu tira fuori dalla naftalina l'astra-kan tarlato di un'ideologia revisiona-ta e sbugiardata, preferendo ai solitikamikaze il grande balzo all'indietroin grembo al Satana falcemartellatoe avvodkato, tutto sommato più"gestibile" di un manipolo di fanatici

religiosamente astemi.All'ostensione del cadavre exquis sidedicano Dimitri Gutov e "fratemitra" Nedko Solakov, e profuma dirivoluzione e costruttivismo - ma conche classe! - il teatrino architettonicodella premiata coppia Kabakov(questa sì che è avanguardia, caroneo-para-post futurista Buvoli…).Naturalmente, poiché le disgrazienon finiscono mai, tra guerre freddee guerre calde (o riscaldate), sbu-cano geremiadi femministe, muridel pianto israelopalestinesi, pro-memoria per l'Aids e tutte le piaghedi quel Continente Nero cui è affi-dato, tramite lo spettacolare artigia-nato di El Anatsul, il compito divivacizzare tanta gravezza, impre-sa tentata anche dal bazar dell'"illu-minato" Jason Rhoades o dai"gelatoni" fragola e pistacchio diFranz West.

Un social forum facile facile,ma fuori tema. Perché, se èconsuetudine formularetracce biennalesche ambi-guamente onnicomprensive,discutibile è congegnare l'e-vento di punta come un for-mat da tivvù generalista (seb-bene i lustrini non manchino,vero Filomeno?). Coi "sensi"debolmente vellicati e un"senso" sfuggente. Di sensa-zionalismo, invece, c'è piùd'un abbozzo. Tuttavia, èimpensabile che i macabripalleggi di Canevari possa-no scioccare qualcuno, aven-do la cronaca (i militari tede-schi in Afghanistan) abbon-dantemente superato la fan-tasia (e dunque l'arte).Analogamente, nessuno tra-salirà davanti al Cristo croci-

fisso sulla fusoliera dal venerandoLeòn Ferrari o ai filmini diAlterazioni Video.Insomma, fragile invenzione, farra-ginosità e incoerenze, esasperate inuno scompaginato Padiglione Italiadove trionfano accostamenti inopi-

nati e scelte imprudenti, tali da avvi-lire anche grandi come Anselmo eRichter, o la veterana LouiseBourgeois col suo insipido (Harry)Truman show. Unico trait d'unioncon l'Arsenale, il concept truce e lut-tuoso. Orba di uno sguardo unitario,la processione si snoda mesta dal-l'albero degli impiccati transavan-guardista di Nancy (di)Spero alrequiem della prezzemolina SophieCalle (a proposito, lode e gloria alBasilico nazionale, scattante defen-sor patriae), culminando nel sacellodei caduti apparato nell'"abside".Per tacere dei morti viventi, vedi illeggendario Bruce Nauman inde-gnamente rappresentato da duesquallidi, turpi lavabi. A risollevare

temporaneamente le sinapsi, la deli-ziosa operina edificante di JoshuaMoseley. Tutto il resto (o quasi) ènoia, cifra di una mostra prevedibil-mente made in Usa: marchio auto-maticamente dedotto dal passapor-to del curatore, confermato dallepresenze e, abbassandosi ai luoghicomuni, suggerito da una pacchia-na tendenza all'accumulo. Uncacofonico inno patriottico con unirritante sottofondo: l'ossessionetutta star & stripes per il politicallycorrect. Tale da far sospettare,maliziosamente, dietro l'interesseper l'Africa una pelosa campagnadi tutela e valorizzazione (anchesul mercato) delle minoranze, acosto di promuovere il pedestrenaif di Chéri Samba e i banali walldrawings di Odili Donald Odita,arditamente paragonato a Dorazio.In ciò la presunzione d'un indirizzoche incespica nel bisogno di ribadi-re che l'America è la più grandedemocrazia del mondo e che, per-tanto, accetta tutte le contestazioni,

sul passato - Kara Walker - e sulpresente, lo sciatto RaymondPettibon e il "pulcino" EmilyPrince, la quale non riesce a parto-rire niente di più originale del plani-sfero composto con le faccine deisoldati Ryan ambosessi periti nelleguerre di Bush. Peccato che l'unica ad avere il dirit-to di criticare l'America sia l'America.Di qui il lavacro collettivo dellacoscienza nazionale, di qui l'apoteo-tico anabattesimo yankee nelleacque d'una laguna dove ci si loda eci s'imbroda. Ovviamente, dopo ilcilicio, il calvario e l'espiazione.Requiescat in pace, Storr. Â

| anita pepe |

CILICIO, CALVARIO ED ESPIAZIONEUn debutto in pompe funebri più che inpompa magna. Robert vo' fa l'americano, e ai blocchi di partenza si blocca sui blocchi. Usa - Urss. Ancora loro…

Un social forumfacile facile, ma fuoritema. Perché, se è consuetudine formularetracce biennalescheambiguamenteonnicomprensive,discutibile è congegnarel'evento di punta comeun format da tivvù generalista

Exibart.grandtour editoriale.3

Isa Genzken - Oil, (particola-re), Padiglione Tedesco,

Biennale di Venezia 2007 -mixed media, courtesy GermanPavilion 2007, Photo Jan Bitter

 Lungo testo in catalogo a firmadel direttore/curatore. Stigmatizzatele molte antinomie che compongo-no la più frusta delle griglie erme-neutiche ("mente contro corpo,ragione contro irrazionalità, pensie-ro contro sensazione, approccio cri-tico contro approccio intuitivo, intel-letto contro sensi, concettuale con-tro percettivo"), Robert Storr mettein salvo le prerogative dell'opposi-zione che, in materia di tempi di frui-zione dell'opera d'arte,vedrebbe contrappostie irriducibili da unaparte l'"impegno" edall'altra l'"incanto".Semplificazione nonmeno grossolana dellealtre. Ma anche, nellafattispecie, puntigliocuriosissimo. Un po' perché la suamostra è concepita e allestita senzasovraccarichi (unica eccezione, losplendido sceneggiato di YangFudong); un po' perché l'impegno el'incanto, benché in un'altra acce-zione, sono proprio le due polaritàsulle quali essa si fonda e insiemes'inceppa. Il fatto è che Pensa con i

sensi / Senti con la mente. L'arte alpresente ha il difetto che non t'a-spetti: è carente delle tanto attese(perché sbandierate) opere-croce-via, avarissima di episodi in cui ilresoconto e il dispositivo se nestanno reciprocamente avvinti inmodo serrato e strutturante. Daquesto punto di vista l'andirivieni traGiardini e Arsenale si rivela benpresto un magro, seppur agile,brancolare: in poche, pochissime

occasioni ci si salva dalla sensazio-ne della mostra soltanto divaricata,di uno iato tra mera apertura sulmondo e colta investigazione auto-riflessiva che resta tale per mancan-za di colpi indirizzati al centro, diuna partitura inchiodata tra i dueestremi del referenzialismo spinto ditanta produzione documentarista e

dell'estetica alogica del minimali-smo in versione ambient o di certoorfismo pittorico piuttosto fifties.È un percorso che quasi non offresoste. Da un lato ci sono gli still car-piti alla tv durante il bombardamen-to di Belgrado del '99 (ZoranNaskovski), i fiori in via di estinzio-ne fotografati in Marocco nella peni-sola tingitana (Yto Barrada), leesercitazioni che i medici israelianisvolgono utilizzando dei manichini(Tomer Ganihar), i ritratti - inecce-pibili - dei capi religiosi diGerusalemme e della giovanemusulmana protagonista del film Ilcerchio (Y. Z. Kami, Riyas Komu).E ancora: le prigioni australiane conle loro sterminate cancellate(Rosemary Laing), le garitte che

dagli anni '90 connotanoil paesaggio urbano inBrasile (ElaineTedesco), i documentarisui militari e sui lorogolpe (Neil Hamon,Pavel Wolberg, MelikOhanian), i tremilatre-cento disegni circa con

le effigi dei morti americani in Iraq eAfghanistan (Emily Prince).Sull'altro versante, agli antipodi, c'èil nutrito blocco dei maestri del"dipingere la pittura" e della vertigi-ne analitica o processuale (tra iquali includiamo volentieriGiovanni Anselmo), in effetti nontutti riconosciuti come tali e accla-

mati universalmente, ai quali è stataspesso riservata una grande sala atesta: Robert Ryman, FredSandback, Gerhard Richter,Ellsworth Kelly, Sol LeWitt,Thomas Nozkowski, Raoul DeKeyser, Waltércio Caldas. Questoil quadro generale, al cui riequilibrioè certamente mancato l'apporto -figurarsi il traino - degli attesissimifuoriclasse mid career. Deludonoinfatti un po' tutti RaymondPettibon, Pierre Huyghe, Ilya &Emilia Kabakov, Francis Alÿs,Philippe Parreno, coloro cheavrebbero potuto irrobustire il rac-cordo fra le due anime della mostra.Chi dispensando repliche in luogodi conferme, chi proponendo lavoripretenziosi anziché massimalisti,chi - viceversa - riparando nel ridu-zionismo più risicato. Insomma, scarseggiano le giocatedi metà campo, gli interventi com-plessi in cui il messaggio allarmatoe inequivoco è al di qua della visio-ne formalizzata che instaurano.Peccato. Perché "incantare" conl'impegno è ovviamente possibile. Eapprezzabile, a meno che dellameraviglia non si abbia una conce-zione cosmetica. Ci riescono inpieno, ad esempio, SteveMcQueen e Tatiana Trouvé: l'in-glese con un video tiratissimo(Congo project) in cui trasforma, inmeccanismo visivo in sé compiuto,il succedersi delle due location in

cui si estraggono e si raffinano i dia-manti, infilando la drammaticadistanza tra nord e sud del mondoin un chiasmo secco e di respirocinematografico (il lavoro duro nelleprofondità della terra, quello sofisti-cato svolto da un'apparecchiatura diinfernale esattezza); la francesemettendo a soqquadro uno spaziodi reclusione che si direbbe post-11settembre, in perfetto equilibrio traconcentrazione poverista e ragge-lante sbrigliatezza iperreal. Ottimeprove dello stesso tenore e di paridensità sono quelle di Kim Jones,con un limpido war/wall drawing incui la progressione bellica vienecartografata come viziosa circolaritàconcettuale; di Marine Hugonnier,che ha trasferito gli stilemi aniconicidella grande astrazione modernistasulle prime pagine di un quotidianopalestinese (nella circostanza, rita-gliando e ricontestualizzando iframmenti di illustrazioni da un librodi Ellsworth Kelly); di NedkoSolakov, che ha ritratto micidialiarmi di recente fabbricazione bulga-ra come fossero personaggi desti-nati alla numismatica. Ma si tratta,appunto, di episodi. Ed è chiaro chein partite come questa, che si vinco-no o si perdono a centrocampo, unpareggio stirato non è certo il mas-simo.Â

| pericle guaglianone |

LA BIENNALE CHE NON T'ASPETTISpiazzati da Robert Storr. Anziché compatta e complessa, la sua mostra internazionale èsnella ma slegata. Due percorsi due (o quasi).Malgrado un concept che celebra un'idea dibaricentro...

Una mostra senza sovraccarichi.Unica eccezione? Lo sceneggiato apuntate di Yang Fudong“

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4.opinioni Exibart.grandtour

DEFILÉE BIENNALED'accordo, la Biennale è sempre la Biennale. L'unico appuntamento davvero di rilevanza internazionale che abbialuogo in Italia. Per cui, bella o brutta, conviene tenersela stretta, finché dura, per non doversi lamentare poi che nonabbiamo più nemmeno quella.Eppure, è inevitabile non notare che per la terza volta consecutiva - record praticamente impossibile da eguagliare -la kermesse veneziana risulta così deludente da far rimpiangere ogni volta l'edizione precedente. Quest'anno lo sban-do generato dall'imbarazzante vacuità propositiva di Robert Storr, è per fortuna stato affievolito dalle numerose mostreextra-biennale, alcune delle quali di alto livello. E così, ai quattro fregacci scarabocchiati sul muro dal patetico (parolesue) Raymond Pettibon (chi può faccia qualcosa per cortesia), fa da contraltare l'incredibile e meticolosa grotta diThomas Demand (che per una volta svela le carte - o meglio i cartoni - del suo lavoro); e alla penosa spettralità gene-rale del Padiglione Italia supplisce l'inventiva sorprendente di Artempo a Palazzo Fortuny...Comunque, quando si radunano in un luogo relativamente ristretto centinaia di artisti e migliaia di opere d'arte, è ancheinevitabile che un cortocircuito tenda a scattare, persino al di là delle intenzioni curatoriali (anche quando sono latitan-ti, come qui).È sotto gli occhi di tutti, infatti, che, se un marchio questa Biennale 2007 ce l'ha avuto, esso è stato puramente e sem-plicemente la Morte. In tutte le sue varianti iconografiche, ma particolarmente sotto l'emblema del nobile teschio, dellapopolare testa di morto, della folclorica crozza, dell'anatomico cranio. Sono certo di dire qualcosa che hanno già nota-to in tanti: scheletri e teschi erano davvero un po' ovunque, da quello enorme che faceva bella mostra di sé sul CanalGrande sotto la fondazione Pinault, ai vari teschi di Hirst (un veterano in questo campo), al teschio-pinocchio in cera-mica dorata di Bertozzi & Casoni, ma anche in opere di new entries come nei ricami di Filomeno, o persino in versio-ne video nella efficace opera di Canevari, quella in cui (chi l'ha vista non se la scorda di certo) fra le macerie un ragaz-zetto gioca a calcio per l'appunto con una bella cap'e muorto. E sono solo i primi riferimenti che vengono alla mente. Ma più che un elenco minuzioso di occorrenze visive, sarebbe interessante capire le ragioni di una coincidenza cosìpalese. A spanne, una prima considerazione potrebbe essere molto semplice: uno degli elementi rimossi a forza dallamodernità, cioè la morte, sta facendo il suo ritorno inevitabile e trionfale. In tutte queste - e in tante altre - opere, c'èun sentore di Trionfo della Morte, un sentimento barocco del funebre, un desiderio di paramenti luttuosi, un innalzareal cielo dell'arte un lamento sulla vanitas vanitatum, che lascia poco spazio ai dubbi: più ci sforziamo di essere fore-ver young, e più il fantasma della fine disturba il quadro dell'eterna giovinezza; più spandiamo cosmetici sul volto tume-fatto del cadavere, più il suo aspetto finale, il teschio, colonizza il nostro immaginario...Tuttavia, questa sarebbe solo metà del ragionamento completo. Tanta sintonia iconografica infatti è leggermentesospetta: il messaggio è potente, ma il modo di dirlo è estenuato, in fretta si estetizza e perde mordente, l'allegoriadiventa stereotipo, il simbolo scade a cliché. Nel tentativo di dire più di quello che può, l'arte contemporanea rischia dinon esprimere nulla, se non una velleità ornamentale, poco o punto superiore a quella del pret-à-porter.In una gioielleria di Napoli ho visto un anello in pavé di diamanti, a cui la disposizione di tre pietre di ossidiana dona-va l'inconfondibile silhouette di un teschio. E crani e tibie spuntano un po' dappertutto nell'iconografia di massa, daiPirati dei Caraibi, alle t-shirt delle bancarelle. Certo la palma del primato spetta ancora al cranio tempestato di diaman-ti di Damien Hirst, ma è una supremazia tallonata da vicino, da vicinissimo, dalla sua controparte "popolare". Insomma:non vorrei che anche in arte fosse arrivata, come nella moda, l'ora delle sfilate stagionali, dove, per un "magico accor-do", si vedono in passerella le stesse cose declinate nei modi più diversi, e se un anno pare non esistere altro che iltweed, l'anno dopo è la volta del patchwork (o qualunque altra cosa) e via dicendo. Pare che questa sia la volta dei teschi, ma tra due anni...

Marco Senaldi

ELENCO RANDOMEcco un elenco random di impressioni positive sparse tra Biennale ed eventi esterni.Emozionante il Leone d'Oro al fotografo del Mali Malick Sidibé. Una cortesia: è possibile evitare di dire "artista africa-no" ma riferirsi allo specifico Paese africano di cui si sta parlando? Maggior rispetto per le singole specificità, please.La mostra di Thomas Demand alla Fondazione Giorgio Cini. E poi non perdetevi il catalogo, a conferma di un valoreaggiunto che Fondazione Prada sta mettendo nelle sue pubblicazioni monografiche.Bertozzi&Casoni sono due formidabili scultori, maestri sublimi di una ceramica che diventa evocazione violenta, gestoironico, metafora di molti mali. Visti a Ca' Pesaro.Bill Viola con "Ocean Without a Shore" nella chiesetta di San Gallo. Universale, denso e ipnotico come sempre. La tec-nologia che si trasforma in acqua, aria, terra, fuoco.Paolo Canevari per l'energia primordiale del lavoro.Luca Buvoli per la qualità trasversale del lavoro.Il video di Sophie Whettnall.Il padiglione francese di Sophie Calle.Il padiglione tedesco di Isa Genzken.Il padiglione olandese di Aernout Mik.Le affinità intelligenti (forse elettive) tra Matthew Barney e Joseph Beuys. Una mostra alla Collezione PeggyGuggenheim.Qualche cosa tra le cose non viste. Chissà quale. Qualche cosa tra le cose che ti sfuggono. Forse. Probabilmente.

Gianluca Marziani

Page 5: Exibart.grandtour n.42

Exibart.grandtour opinioni.5

DIECI PENSIERI1. La cosa che mi ha infastidito di più è la presenza, soprattutto alle Corderie, di tanti lavo-ri scioccamente, didascalicamente, opportunisticamente politici. Questi zelanti artigiani del fol-klore bellico-pietistico servito sotto plexiglas in edizione di cinque. Se fossi nei parenti delle vit-time, gli farei causa. Speaking of politics, tutta questa paccottiglia messa insieme non vale unsingolo frame del poetico e misurato video di Alfredo Jaar nel padiglione africano.

2. La cosa che mi ha affascinato di più è il video di Steve McQueen nel padiglione Italia.Promemoria per gli artisti di cui al punto 1: osservate con attenzione e prendete appunti, per pia-cere. E magari, se ce la fate, vergognatevi un poco di comparire nella sua stessa mostra.

3. E già che ci siete, fate una tappa anche al padiglione olandese di Aernout Mik. Anche lìqualcosa da imparare ce la trovate. Sempre speaking of politics, naturalmente. Ma anche, giàche ci siamo, come si installa una mostra.

4. I grandi vecchi non sono lì per caso. Quando improvvisamente ve li trovate davanti, sem-brano spesso molto più giovani e attuali di tanti artisti cosiddetti alla moda. A me, perlomeno.

5. Gli artisti cinesi saranno anche tanti, saranno anche alla moda, ma ce ne sono di moltobravi. Brave, nel caso del padiglione cinese, che sarà anche uno spazio affascinante ma certonon dei più facili in cui lavorare. E il presentare lavori non inediti non toglie nulla all'emozione.Per i fan del nuovo a tutti i costi ci sono sempre le sfilate di stagione.

6. Il formalismo raggelato di Iran do Espirito Santo è molto più ricco e complesso di quel chesembra a prima vista. Un test a mio parere interessante: misurare quanto tempo i visitatori dedi-cano alla sua sala. Credo molto poco, mediamente (questo almeno mi dice il mio campione epi-sodico e statisticamente non rappresentativo dei giorni dell'opening).

7. A me Tracey Emin non è mai piaciuta, ma adesso, con licenza parlando, proprio non lareggo più. A questo punto meglio Paris Hilton. Isa Genzken è brava ma ha fatto mostre migliori.Sophie Calle è brava, ma anche parecchio piaciona.

8. Si può presentare un'opera di un artista morto che, lui vivente, non aveva superato lo sta-dio di bozzetto largamente incompiuto? È quello che succede all'esterno del padiglione america-no, con Felix Gonzalez-Torres. Perché si sa, il pubblico ha bisogno di opere nuove (di un artistamorto? Mah. Siamo più o meno ai nastri inediti delle rockstar defunte). Grande successo del takeaway ma, in mancanza di provvidenziali elastici, anche parecchi abbandoni nel raggio di pochecentinaia di metri dal padiglione. Poesia involontaria? O volontaria, magari?

9. Monika Sosnovska è molto brava e ha un autentico interesse per lo spazio. Anche lei saparlare di politica in modo eticamente ed intellettualmente onesto.

10. Poche scoperte interessanti, forse nessuna. Soprattutto conferme (nel bene e nel male).Per una Biennale preparata in tre anni, caso unico nella sua storia, non un grande bilancio, a mioparere.

Pier Luigi Sacco

UNA BIENNALE TRA MORTE E VITA Uno sguardo da New York sul mondo, che coglie soltanto quello che riguarda l'attualesituazione americana. Questa è la Biennale di Robert Storr, che dalla sua "room with aview" ci ha fatto sapere (e vedere). Innanzitutto, pezzi da novanta come Polke, Ryman oRichter, più adatti alle sale del MoMA o del MOCA che ad una Biennale di Venezia. Poi:guerra, violenza, ma soprattutto, e dovunque, morte. Come un Savonarola del contem-poraneo, Storr ci ha ricordato che viviamo in un periodo scuro e oscuro come gli ultimiquadri di Botticelli. Campi minati, cimiteri, martiri di guerra, profezie di sventure e trage-die. Pensa con i sensi a quando morirai, senti con la mente che forse sei già morto (enon te ne sei accorto). Questa è l'arte al presente from New York City? Insomma, c'è dafare gli scongiuri. Le cose belle? Poche, ma alte. Yan Fudong, e i suoi intellettuali nelbosco di bambù, Sophie Calle al padiglione Italia (più che in quello francese), il video nelpadiglione russo, e poi, assolutamente in tema, Gonzales Torres, protagonista silenziosoe assente del padiglione USA. Brava, bravissima la Gianelli con un Penone da capogiroe un Vezzoli "made in USA". Per rinfrancare lo spirito, consiglio un viaggio nell'isola diSan Lazzaro degli Armeni, trasformata da Joseph Kosuth in un capolavoro concettualededicato all'acqua, che è, come dicono le sacre scritture, "fonte e sorgente di vita". Allafaccia di tutti i "memento mori" dall'altra parte della Laguna...

Ludovico Pratesi

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6.opinioni Exibart.grandtour

ADDIO AL MOSTRONERobert Storr è il primo critico statunitense chiamato alla direzione della Biennale di Venezia e anche uno dei direttori cuiè stato dato maggior tempo per la preparazione della più antica rassegna d'arte contemporanea del mondo. Ha scelto untitolo molto bello e aderente all'arte di questo momento: Pensa con i sensi-Senti con la mente che forse non risulta sem-pre evidente in tutti i lavori. Forte della propria esperienza curatoriale al MoMA di New York, Storr ci ha dato un'esposizio-ne di carattere prettamente museale che si avvale di un allestimento molto pulito soprattutto nelle sale personali (quelledove sono presenti più artisti risultano necessariamente più confuse). Una mostra molto "museale", poco "biennale" per-ché non particolarmente propositiva. Questo non toglie che ci siano alcune opere bellissime. Giganteggia, e non certosolo per le dimensioni della sala, la figura di Sigmar Polke con le grandi pitture brune dai timbri metallici realizzati con tec-niche miste tra cui pigmenti viola su tessuti. È anche una sala emblematica della caratteristica tendenza di questa edizio-ne. Nella parte della mostra ospitata al Padiglione Italia infatti la pittura sembra fare la parte del leone (ad essa si conver-te persino Jenny Holzer), così come nella seconda parte alle Corderie dell'Arsenale la fotografia è protagonista (e quibisogna assolutamente menzionare il grandissimo Gabriele Basilico). Insieme a Polke il lavoro più bello, più toccante, èquello della francese Sophie Calle (che supera la pur buona prova offerta al Padiglione Francese): la melanconica, poe-tica opera sulla morte della madre. E, a proposito di padiglioni, c'è da festeggiare il salutare ritorno di quello italiano, arbi-trariamente soppresso dal '99, che grazie alla sapiente regia di Ida Gianelli, all'intelligente lavoro di Vezzoli e alla splen-dida sala di Penone riacquista centralità pur nella collocazione decentrata. Tra gli altri padiglioni (struttura da mantenere,struttura che a mio parere costituisce la vera internazionalità della Biennale) si distingue il polacco con l'ottimo lavoro dellaSosnowska. Vorrei ricordare anche due giovani artiste, la palestinese Emily Jacir nella mostra di Storr e Yeudith Sasportasal padiglione israeliano. A parer mio è invece molto deludente il nuovo padiglione africano che non è costituito come unvero padiglione e neanche come una vera mostra: pesa l'assenza di figure significative e di rilievo come William Kentridgee Georges Adéagbo, ma ancor più pesa il fatto che si è scelta la via più semplice e sbrigativa, quella di presentare unacollezione. Meglio gli africani della mostra di Storr: l'ottimo El Anatsui e il fotografo Malick Sidibé, premiato con il Leonealla carriera. Ma quello che secondo me bisognerebbe soprattutto fare è ripensare la formula del "mostrone" unico deldirettore: questa formula fu inventata da Harald Szeemann per l'eccellente Biennale del '99, la più bella che abbiamo maivisto e forse che vedremo mai, era perfetta per l'eccezionale personalità di Harald, ma ora mostra le corde. Meglio, daquesto punto di vista, la formula adottata da Francesco Bonami, articolata secondo punti di vista di curatori diversi. Infine:personalmente sono abbastanza stufa di vedere che ogni volta a Venezia - come a Kassel - qualcuno venga a insegnar-ci quali sono veramente gli artisti italiani. Non si tratta assolutamente di discutere le singole presenze (Paolo Canevari adesempio offre una buona prova), ma di metodo. Non si è internazionali solo perché si vive a New York. Come diceva GinoDe Dominicis: l'arte non è né internazionale, né niente, casomai è un problema planetario.

Laura Cherubini

PARTY E NECROFILIAStiamo vedendo troppo e tutto ci sembra di troppo? Non abbiamo più rispetto per glianziani? Com'è che non si riesce più a vedere una Biennale di Venezia che "significhi"qualcosa? Certo, la concorrenza è sempre più spietata e il "corpo" stesso di questavecchia signora, con i suoi padiglioni e le sue divisioni di competenze, pieno di cicatri-ci e maquillage, accusa il peso degli anni, rispetto alle più giovani colleghe. O forsedobbiamo rassegnarci che Venezia sia sempre più lo sfondo della festività para-artisti-ca, fatta di cocktail e paiettes, che si specchiano nei canali? A quando una classificasolo delle feste?Questa Biennale, purtroppo, non fa eccezione. Si apprezza sicuramente l'organizzazio-ne, ma le mostre di Storr sono una processione noiosa e senza idee. Ovviamente, alcu-ni momenti interessanti ci sono sempre: a memoria ricordo Sigmar Polke e Emily Jaciral Padiglione Italia, Francis Alys, Yang Fudong, Melik Ohanian, Tatiana Trouvéall'Arsenale dove, in un infelice spazio di passaggio, ho visto dei video di un artista delNicaragua di cui non ricordo il nome ma che sembrava tra le cose in assoluto migliori.Il profilo generale è, però, caratterizzato da una necrofilia che non riesce ad esseremolto altro che una composta litania in minore. Quando poi, come nella discutibile sezione "omaggio ai morti" del Padiglione Italia,Storr prova "veramente" a curare, ossia ad avvicinare nella stessa sala artisti diversi,allora la litania diventa, in ogni senso, marcia funebre (ora mi pento di aver dato ai mieistudenti della NABA da leggere un suo testo sul ruolo del curatore…).E quando, infine, compone la truppa italiana, manca di rispetto a chi, tra artisti, curato-ri, critici e galleristi da anni lavora con fatica ad un'idea "alta" dell'arte contemporanea.Anche se credo di essermene perso un paio di interessanti, ovviamente ci sono daricordare alcuni padiglioni: l'irlandese, il tedesco (che in fondo delude un po' anche ifans più agguerriti: forse che la grande Genzken sta producendo troppo?), l'olandese(ma è da capire se questa sia una svolta veramente riuscita nel lavoro di Mik), lo sta-tunitense (una lettura rigorosa e toccante dell'artista più importante degli ultimi ventianni) e il rumeno (l'esempio che si può fare un bellissimo progetto con due soldi quan-do ci sono le idee e la necessità di dire qualche cosa. Chi glielo dice ora alle istituzio-ni italiane che devono aver speso una fortuna per il loro sacrario, dopo averlo tantovoluto?).

Luca Cerizza

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MORTE DI UNA BIENNALESe la Biennale in generale è morta, come ha detto recentemente DanielBirnbaum, la 52. edizione di quella di Venezia ne celebra il lutto. Senza dubbioquella in corso a Venezia è una funesta rappresentazione. Se non bastassero lefoto dei cimiteri del Queens di Jan Christiaan Braun, ci sono i dieci video di YangZhenzhong in cui centinaia di persone da Tokyo a Roma dicono "Morirò". Oppureci sono le foto sullo scheletro urbano di Beirut di Gabriele Basilico o la morte indiretta della madre nell'allestimento di Sophie Calle. Oppure le proiezioni di civi-li uccisi nella guerra colombiana di José Alejandro Restrepo, così come l'archi-vio di disegni dei ritratti delle vittime americane della guerra in Iraq della giova-ne Emily Prince. Si potrebbe continuare ancora con un lungo elenco di barbarie,disastri della guerra, realismi fotografici e pittorici (Kelly e Ryman compresi) senon fosse che il tutto appare suggellato da due intensi memoriali. Quello diOscar Muñoz in cui si proietta una mano che, con un pennello immerso nell'ac-qua, traccia i volti di cinque deceduti che resistono sulla superficie pochi secon-di prima di svanire. E quello à la Sisifo di Francis Alÿs in cui al movimento sem-pre-uguale di un lustrascarpe si accompagna il canto su poche note ripetute di"Nothing we are/Nothing will be". Ridurre il problema degli stati d'eccezione con-temporanei o dei poteri di controllo della società tardo capitalista "postindustria-le" ad un'allegoria della "vanitas" non è solo ingenuo ma addirittura scandaloso.In un sistema in cui la violenza è ridotta a puro fatalismo non si chiedono riscat-ti. Il rapporto tra innocenti e colpevoli è bandito. Nessun lavoro reclama un risar-cimento se non fosse per il bellissimo video di Melik Ohanian sul golpe militaredi Santiago del Cile o per l'archivio sull'intellettuale palestinese Wael Zuaiter diEmily Jacir. Ma non è proprio un caso che in questi due avori il destino diventistoria. L'impressione generale è che la metafora della morte si sovrappongainvece alla storia della fine di una manifestazione tra le più importanti dell'artecontemporanea. Ciò che risulta è che la Biennale veneziana abbia ormai esau-rito il suo mandato e sia un tipico prodotto della politica culturale conservatriceitaliana, indipendentemente da chi ne sia di volta in volta il direttore, e nonostan-te Robert Storr - quest'anno - sia riuscito a raggiungere livelli davvero bassi. Nonservono, cioè, da attenuanti fattori logistici come tempi di progettazione, budget,sedi espositive. La moltiplicazione indiscriminata di eventi collaterali e la disper-sione sempre maggiore dei padiglioni nazionali sono già indici tali da sottrarreogni potere effettuale al progetto curatoriale. Allora Birnbaum ha torto: le altrebiennali stanno proprio bene.

Marco Scotini

TRA DUE ANNI LA PROSSIMA…Il bello della Biennale e che ogni due anni ce n'è una. Più o meno così disse un giorno Emilio Mazzoli a chi tenta-va di estorcergli un commento sulla consueta kermesse veneziana. Direi che potremmo usare la sua massima, finir-la qua, e attendere la prossima che tanto su questa non è che ci sia molto da aggiungere. Brutta (come quella di Bonami) non è, regimentale (come quella delle due zapateriste) neppure, ma tantomenovibrante come quella di ABO e neppure folle e anarcoide come la prima di Szeeman. Il dubbio è che la Biennale diRobert Storr non ci sia mai stata. A fronte di un lauto compenso, complice uno sforamento record che ci sarebbeda ridere se non fosse uno scandalo, il curatore americano avrà consultato le più importanti gallerie del mondo, sisarà messo d'accordo su quali artisti esporre, proprio come si fa alle grandi fiere internazionali. Lo strapotere diBasilea e Miami d'altra parte non lascia dubbi: ciò che conta è il sistema, il mercato, le regole che esso impone. Ciòche conta è dentro, il resto ruota in orbita, le fiere out e gli eventi collaterali, con stesso genuflesso atteggiamentoverso il padre padrone. A girare in quello che un tempo si chiamava Padiglione Italia sembrava di visitare gli standdella fiera elvetica dedicati ai portafogli di prestigio. Mancavano giusto i cartellini con i prezzi. Nessun'altra poeticaoltre a quella dello shopping esclusivo, delle collezioni doc, del sistema museale top. Di una mostra che riveli un'i-dea del curatore sullo stato dell'arte, presente o futura, nemmeno l'ombra. A Storr tutto ciò non interessa.Anche l'Arsenale appare irriconoscibile, pulito, addomesticato, per decenni sede delle ricerche più nuove e speri-mentali, ti avvinghia nella noia. Tema dominante per quasi un terzo delle opere "la guerra", pulita, patinata, senzaorrore, senza dolore, un viatico per la cattiva coscienza borghese affinché rifletta su quanto può essere cattivo ilmondo, ma il suo Kossovo e il suo Afghanistan non devono stonare con il design minimalista dei salotti buoni.Arte italiana: assente! Non è una novità, però stavolta si è esagerato. Storr ha chiesto a un po' di amici se cono-scessero qualche italiano oltre Cattelan e Beecroft, e li ha invitati, che l'internazionalismo fa sempre la sua figura. Padiglione Italiano, quello vero, inutile come tutte le incursioni della Gianelli sul nostro territorio. Si è spremuta difatica, la signora, a selezionarne appena due, un per la verità ottimo Penone e un mediocre Vezzoli, che questonuovo video modellato sugli standard americani mi ha fatto rimpiangere il suo cupo e spettacolare decadentismo.Ma sbagliare un lavoro non è certo un delitto. Vanificare il senso "storico" di una mostra forse di più.

Luca Beatrice

Exibart.grandtour opinioni.7

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 Non sono solo le teorie avan-guardiste (Futurismo e Dada inprimis) a orientare l'interesse dicritici ed artisti verso il vandalismoa fini artistici, ma anche opere edazioni concrete, per lo più relega-te nei bassifondi della storia del-l'arte e che, una volta riscoperte,hanno tutta la freschezza dellenovità.Basti pensare al grande impattoemotivo che possono suscitare ibarbari defacciamenti cheAlexander Rodchenko (SanPietroburgo, 1891 - Mosca, 1956)fu obbligato a praticare sui suoiritratti fotografici di funzionari sta-tali uzbeki. Gente fatta fuori dalregime staliniano per ben duevolte, prima fisicamente e poiattraverso una perturbante can-cellazione dell'immagine del loroviso con dell'inchiostro nero1.E cosa dire delle presumibilisuperstizioni popolari che hannorestituito, all'odierno visitatore dimusei, numerosi dipinti su tavolacon demoni sfigurati da profondigraffi? Ne Il miracolo dell'ostiaprofanata di Paolo Uccello(Galleria Nazionale delle Marche,Urbino), per esempio, due diavoli,sfregiati dalla testa ai piedi con unintricatissimo groviglio di solchi,sembrano risolversi in una solu-zione da action painting, perdereconsistenza materica, tramutarsiin un fastidioso brulichio di segni.Archiviando per un attimo ladeprecabilità del gesto verrebbequasi da chiedersi se esiste unmiglior modo, se non questo, direndere l'assenza di bellezza e la

ripugnanza di due demoni. Nell'attuale Biennale di Venezia illeit motif del cancellare, o comun-que del disfare e distruggere, èstato rispolverato dall'artistaaustraliano Christian Capurro(Dampier-Australia, 1968; vive aMelbourne). Il suo AnotherMisspent Portrait of Etienne deSilhouette consiste in una copia diVogue Hommes (Settembre 1986,#92), le cui 246 pagine sono statesbiancate da altrettante personecon della gomma da cancellare.L'artista ha ripulito il magazine daqualsiasi immagine e scritta, maallo stesso tempo ne ha mantenu-to riconoscibile l'identità, lascian-done pressoché leggibile lacopertina. L'intera operazione èdurata ben cinque anni (1999-2004) ed è stata scandita da

diverse tappe espositive e perfor-mative presso istituzioni pubbli-che e private. Se Capurro ha elevato l'azionecancellante a vera e propria cifrastilistica della propria carriera, l'ar-tista giapponese Yukio Fujimoto

(Nagoya, 1950; vive ad Osaka) viè approdato occasionalmente.Egli per la Biennale espone ungiradischi che graffia un disco deiBeatles, cancellandone così ognioriginaria traccia audio.Per certi versi si può introdurre inquesta lista di art vandals pureMarine Hugonnier (Parigi, 1969;vive a Londra), anche se la suaopera tende più all'aniconismoche all'iconoclastia, presentandodelle pagine di giornale in cui iriquadri che dovrebbero contene-re immagini di cronaca o d'altrosono stati oscurati da coloratissi-me composizioni geometriche.Si potrebbe obbiettare che, nel-l'ambito di un'esposizione interna-zionale che conta circa cento par-tecipanti, sia eccessivo porre l'ac-cento su aspetti così apparente-mente secondari. Quando però,come nel caso in questione, oltreai tre artisti suindicati viene invita-to ad esporre pure Felix Gmelin(Heidelberg - Germania, 1962;vive a Stoccolma), il loro potenzia-le padre spirituale, colui che più diogni altro ha messo in mostra gliargomenti di cui si parla, ci sisente obbligati a rispolverare laquestione e a ricommemorarne ivecchi fasti. Gmelin fu già invitatoalla 50. Biennale di Venezia e inquella attualmente in corso corto-

circuita le facoltà percettive del-l'osservatore accostando dipintiad olio su tela ad altri che solodopo uno sguardo ravvicinatorivelano il loro essere stampe digi-tali. Egli però è soprattutto coluiche a partire dal '96, attraverso

l'esposizione itinerante ArtVandals, pubblicizzò i più illustri erilevanti sabotaggi su opere d'artealtrui compiuti nell'arco del vente-simo secolo.Tra i dodici casi da lui selezionatisi possono ricordare la cancella-zione ad opera di RobertRauschenberg di un disegno diJasper Johns (1953), la scrittaKill lies all impressa dall'influentegallerista newyorkese TonyShafrazi su Guernica di Picasso(1974), le ridipinture operate daAsger Jorn su un dipinto anoni-mo del XIX secolo (1962) o quelledi Arnulf Rainer. Ed ancora unascultura dell'americano RobertGober presa a morsi dall'artistaEd Brezezinski (1989) e l'effigedel dollaro riprodotta con unabomboletta spray verde daAlexander Brener su un Malevic(1997). Gmelin si è limitato ariprodurre fedelmente tali opere,tracce vandaliche incluse, even-tualmente apportando qua e làpiccole modifiche formali o con-cettuali. Comunque, come ha sot-tolineato Daniel Birnbaum nellasua analisi al testo TheDestruction of Art di DarioGamboni2, le azioni vandalicheappena elencate non sono maistate fini a se stesse, hanno sem-pre implicato una sorta di dialogo

con le opere danneggiate, ride-standole dallo stato di morteapparente cui i musei le avevanocostrette, oppure estendendo leloro possibilità espressive innuove direzioni. Così per esempio Brener rivendi-cava l'artisticità del proprio inter-vento poiché apportava un valoreaggiunto all'opera di Malevic,mentre Giancarlo Politi ne difen-deva il gesto "perché è energiapulsante, perché opera la respira-zione bocca a bocca a un'operamorta, quale è ogni opera dell'artee della cultura sedimentata nellanostra memoria, nelle nostrecoscienze e dentro i nostri libri"3

per poi frenare il suo slancio affer-mando "di Brener ne basta uno".

Non vogliamo celebrare o soste-nere il vandalismo a fini artistici,ma semplicemente costatarequanto certo fare contemporaneosia fortemente condizionato daesso. Così, lungi dalle soluzioniestreme appena descritte, leopere di Capurro e Fujimoto espo-ste in Biennale concedono il donodell'individualità ad oggetti prodot-ti in serie (una copia di VogueHommes o un disco dei Beatles)proprio attraverso la loro cancella-zione-distruzione. In conclusioneil loro modus operandi (ma anchequello del ridipingere) è elevabileallo status di medium, così cometra l'altro Rosalind Krauss ha giàsottolineato a proposito della tec-nica del cancellare utilizzata daWilliam Kentridge per le proprieopere video4. Â

| enzo lauria |

1 David King, The commissar vanishes:The falsification of photographs and artin Stalin's Russia, Canongate Books,Edimburgo, 1997.2 Daniel Birnbaum, The Art ofDestruction, http://www.felixgmelin.com/3 Helena Kontova, Giancarlo Politi,Francesco Bonami, Sono per un'ideolo-gia dell'arte contemporanea, Flash Art,203 aprile-maggio 1997, pag.70.4 Rosalind Krauss, Reinventare il medium.Cinque saggi sull'arte d'oggi, BrunoMondadori, Milano 2005, pag. 46 - 47.

LA CARICA DEGLI ART VANDALSLa 52. Biennale di Venezia mette in mostrauna piccola cerchia di art vandals ed è subito bagarre. Christian Capurro e Yukio Fujimoto rispolverano gli aspetti più cruenti e distruttivi del cancellare. MentreFelix Gmelin, il loro potenziale padre spirituale, riconferma il suo oramai definitivo ritorno all'iconofilia. Ma ecco anche altre sorprese …

8.approfondimenti Exibart.grandtour

Gli artisti-vandali che hanno ripercorso tutta la storia dell'arte sono presenti, in forze, anche in questa edizione della Biennale di Venezia...

- Crisi della rappresentazione e ico-noclastia nelle arti dagli anniCinquanta alla fine del secolo, acura di Luigi Bonotto,DeriveApprodi, Roma, 1999.- Dario Gamboni, The Destruction ofArt: Iconoclasm and Vandalismsince the French Revolution, YaleUniversity Press, Londra, 1997. -David King, The commissar vanis-hes: The falsification of photographsand art in Stalin's Russia,Canongate Books, Edimburgo,1997.- Iconoclash. Beyond the imagewars in science, religion, and art, acura di Bruno Latour e PeterWeibel, ZKM, Karlsruhe, 2002.

book.

a sinistra: Christian Capurro,Another Misspent Portrait ofEtienne de Silhouette, 1999-2004, Courtesy of the Artist

in basso: Yukio Fujimoto,Delete (The Beatles), 2007.

a destra: Marine Hugonnier,Art Of Modern Architecture

(Homage to Ellsworth Kelly),2005, Courtesy Gemma de

Angelis Testa.

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 Quanti anni fa illy ha decisodi salire sui palcoscenici dell'artecontemporanea e perché?L'idea originale di vestire il propriocaffè rendendolo riconoscibile si èconcretizzata fisicamente nel 1992con la tazzina disegnata da MatteoThun, bianca come la parete di unagalleria. Una porcellana candida,decorata nel corso degli anni daoltre settanta artisti, che, attraversole illy art collection, sono entrati inmigliaia di bar, in più di centoqua-ranta paesi del mondo. Più in gene-rale, illy si è avvicinata al modo del-l'arte contemporanea per una pas-sione di famiglia, che poi ha influen-zato il modo di fare azienda, a talpunto che oggi è il punto di forzadella personalità del brand, del suoposizionamento, della sua comuni-cazione. Illy ha anche la fortuna diavere a che fare con un prodottospeciale - il caffè -, legato al mondodella cultura e dell'arte: basti pensa-re al fatto che è stata la bevandaufficiale dell'Illuminismo e che neicaffè sono nati importanti movimen-ti artistici e culturali…

A fronte di un generale trend didiversificazione degli investimen-ti, quali sono le motivazioni dimarketing che vi hanno spinto areiterare la sponsorizzazione dellaBiennale, facendole di fatto assu-mere un carattere istituzionale?Con il passar degli anni e il cresce-re dell'interesse intorno alle tazzined'artista, la stretta relazione tra illy el'arte contemporanea da colpo difulmine degli esordi si è tramutata inpassione duratura, capace di inno-varsi continuamente. Un rapportofondato sul rispetto dei ruoli e sullereciproche libertà, finalizzato acreare sinergie per la cultura. Unlegame che svolge una funzioneestetica e una non meno importan-te funzione sociale: rendere acces-sibile al grande pubblico l'arte con-temporanea e stimolare la crescitadelle realtà creative emergenti el'attenzione verso le loro opere.Essere presenti all'EsposizioneInternazionale d'Arte per la quartavolta è confermare da parte dell'a-zienda questo impegno.

Un'area di ristoro ai Giardini,"The Push Button House", fir-mata dall'architetto-artista AdamKalkin. Un "container" prestigio-so, ma è innegabile che, rispettoagli scorsi anni, illy sembri uni-formarsi al clima di austerity cheregna sull'evento…Il progetto è nato in accordo con ilcuratore della Biennale, che hadato delle disposizioni e dei limitiprecisi al progetto illymind rispettoalla struttura dell'esposizione. Si èscelto di far maturare tale pianifica-zione in un disegno di ricerca cheriguardasse la postazione, un'areain realtà molto impegnativa in ter-mini di progetto, di gestione e diproposta al pubblico. Volendo trac-ciare una storia dei nostri interven-ti, potremmo ricordare che nel2003, con la collaborazione diBonami, è stato coniato il concettodi illymind, con un'area di relax e disosta molto "fisica"; inoltre, insie-me all'Università Cà Foscari, erastata eseguita un'indagine sui biso-gni del pubblico che frequentamostre "a lunga percorrenza"; nel2005 l'ideale di relax si è concen-trato più sul prodotto e sul luogo di

offerta, attraverso i corner dedicatial caffè pensati dall'architettoPaola Navone. Infine quest'annol'area illymind si è essa stessavestita d'arte e design, grazie allacollaborazione con Kalkin.

Quali sono i gadget realizzati inoccasione della 52. EsposizioneInternazionale d'Arte?Sulla scia delle precedenti edizioni,abbiamo prodotto una serie spe-ciale di tazzine che, veicolate neipunti vendita illycaffè, portano imessaggi della Biennale e l'artecontemporanea fuori dai luoghideputati alla loro divulgazione,sfruttando i diversi canali in cui illyopera, soprattutto all'estero.Abbiamo inoltre pubblicato unnumero speciale di illywords,magazine che approfondisce temilegati all'arte e alla cultura vicini aivalori dell'azienda, che viene distri-buito sia ai Giardini che agli abbo-nati. In assonanza col tema"Pensa con i sensi - senti con lamente. L'arte al presente", il nume-ro Sentimental-mente ospita con-tributi di Davide Croff e EttoreSottsass, Pierluigi Odifreddi,Angela Vettese, Paul Collins, PaulCox, Giorgina Gallo. Le illustrazio-ni sono state realizzate dalla clas-se di Steven Heller della School ofVisual Arts di New York MFADesign.

È possibile quantificare le risor-se che investite in questamaniera?Ogni anno illycaffè destina circa un10-12% del suo fatturato alle attivi-tà di comunicazione. In questobudget rientrano le attività pianifi-

cate per la nostra presenza all'in-terno della 52. EsposizioneInternazionale d'Arte.

Quest'anno l'azienda ha sovven-zionato la presenza di alcuni arti-sti in laguna. L'intervento è limi-tato all'evento veneziano o pro-seguirà nei paesi d'origine? Con illy sustainability - art project,in linea con l'impegno portato avan-ti da oltre quindici anni con i coltiva-tori di caffè, attraverso una relazio-ne di scambio e di creazione direciproco valore, l'azienda ha deci-so di affiancare - nel percorso diaffermazione sulla scena artisticainternazionale - gli artisti dei paesidai quali compra la materia prima.Con i creativi che vivono e lavoranoin Brasile, India, Centro America eAfrica, in particolare Etiopia eKenya, illycaffè svilupperà progettiche siano occasione di confronto edialogo tra le diverse culture e liaiuterà a identificare occasioni eopportunità di promozione e di visi-bilità nell'ambito dell'arte contem-poranea internazionale. Perciò, perquanto riguarda il padiglioneLatinoamericano, più che di unasponsorizzazione tout court èmeglio parlare di un contributo, cherappresenta un primo passo versola realizzazione di un progetto chevedrà l'azienda maggiormente epiù organicamente coinvolta.

C'è qualcuno, fra gli attuali parte-cipanti alla Biennale, su cui illy èdecisa a puntare in termini dicollezionismo e/o mecenatismo? Stiamo collaborando con alcuniartisti latinoamericani, ma almomento non posso dire di più.

L'azienda ha una sua raccolta?Quali sono i pezzi più rappre-sentativi?Di recente acquisizione è un qua-dro di James Rosenquist, apposi-tamente realizzato dall'artista.Consideriamo quale nostra colle-zione contemporanea tutti i pro-getti per le illy art collection espo-sti nella nostra sede aziendale, tracui le fotografie di SebastiaoSalgado per il progetto In princi-pio.

Oltre che con il sostegno allaBiennale, come si esprime ilvostro impegno a favore dell'ar-te contemporanea?Per quanto riguarda illy sustaina-bility - art project la prossimatappa sarà a novembre, a Torino,dove - in collaborazione conArtissima - saranno coinvolti eimpegnati diversi curatori prove-nienti dai paesi dai quali illy com-pra il caffè. Obiettivo dell'opera-zione sarà innescare e stimolarela costituzione di un sistema del-l'arte nei singoli paesi individuati.Il percorso continuerà a Madridnel 2008, in occasione di ARCO,la Fiera Internazionale d'ArteContemporanea, dove l'aziendapresenterà il "Premio illy per l'ar-te", dedicato a promuovere esostenere giovani artisti prove-nienti dai paesi del caffè. È inoltrein fase di definizione una collabo-razione con il Museo Guggeheimdi Bilbao in occasione del suodecennale. Â

| a cura di anita pepe |

UN CAFFÈ IN LAGUNAE quattro. È dal 2001 che illycaffé "tira su" i visitatori della Biennale. Una passione difamiglia, quella per l'arte, partita nel 1992dalle tazzine d'autore e approdataall'Esposizione veneziana. Una sponsorizzazione che quest'anno simuove tra design e austerità. Ne parliamocon Carlo Bach, direttore artistico della multinazionale triestina del caffè…

in alto a sinistra: CarloBach - direttore artisticoillycaffè, photo GiottoEnterprise -R.Pastrovicchioin alto a destra: MichaelBeutler - espresso,2007qui a sinistra: MichaelLin - espresso/cappucci-no, 2006qui a destra: TazzinaBiennale (non si tratta diuna illy Art Collection)La tazzina realizzata dailly in occasione della 52EsposizioneInternazionale d'Arte

Exibart.grandtour approfondimenti.9

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Art AttackCartone, colla, forbici… Cimanca il mitico GiovanniMuciaccia, e pare di esserealla tivvù dei ragazzi. E inve-ce è la (bella) mostra diThomas Demand apparec-chiata da Prada a SanGiorgio…

Bye byebabyMentre tutto il resto delmondo sgomita fra Giardini,Arsenale e palazzi vari, ilgrande Bill Viola saluta tuttidalla chiesetta di San Gallo.Tre metri sopra il cielo diPiazza San Marco…

CampbellsoupOnnipresente nei giorni delvernissage, dalla serata daCipriani con concerto diPaolo Conte alla cena deiPinault alla Fondazione Cini,passando per l'after dinnerparty di Gucci e Vogue,Naomi è stata la vera starlet-te a Venezia. Le telefonate(in testa) alle segretarie sem-brano ormai lontane…

DasvidaniayankeeLa geopolitica artistica (o…partystica) ha decretato:caduti in disgrazia gli Usa(per mano del primo curato-re americano della storia),ormai chi mena le danzeviene da Est. Dal magnateukraino Viktor Pinchuk -che affitta di nuovo tutto ilPalazzo Papadopoli - airussi della Stella ArtFoundation, che invitanotutti da Cipriani (vedisopra). Fino ai coreani, chefesteggiano Lee Ufan all'e-sclusivissimo Hotel Europa.

ExilSta per Esilio, ma assomi-glia molto anche ad Esile.Come la trovata dell'algeri-no Adel Abdessemed, chescandaglia tutta la Biennaleemendando, con le suescritte al neon, tutte le rego-lamentari indicazioni di Exit.

FashionPrada presenta ThomasDemand alla fondazioneGiorgio Cini. Chanel spon-sorizza l'architetto irachenoZaha Hadid. Max Maraannuncia la seconda edizio-ne del MM Art Prize forWomen al padiglione ingle-se. A Palazzo Grassi impaz-zano Gucci e Vogue, chepresenta un numero specia-le interamente dedicato allarassegna veneziana. E chefa capolino ancheall'Arsenale, protagonistadell'opera dell'australianoChristian Capurro. Eh sì, èproprio l'arte l'ultima victim…

Gonfiache tipassaNella "democrazy" secon-do Francesco Vezzolisono quelli di una conven-tion elettorale. StefanoCagol ne sospende due -enormi - sul cielo delTronchetto. Il giapponeseHiroharu Mori ci stampasopra un punto interrogati-vo, invitando i visitatori alself service aerobico. Epoi ti guardano storto sedici che in giro non manca-no i palloni gonfiati…

Heart-artNell'interattivissimo padi-glione messicano diRafael Lozano-Hemmer,a un certo punto ti imbattiin due ergonomichemanopole. Con fare circo-spetto, le impugni, e…tutte le luci della salacominciano a ritmarsi -acceso/spento - col batti-to del tuo cuore…

IkeaCerto, si tratta di unaprima impressione, super-ficiale. Del resto, aiGiardini vai sempre dicorsa ("fra cinque minutiinaugura la Spagna, offro-no una sangria…"). Madavanti alle pedane del-l'australiano Daniel vonSturmer, il pensiero nonpuò non andare alle "con-solle" minimal della cate-na svedese…

LowprofileI drink inaugurali "very fin-ger food" sono la fotocopiadi una Biennale dove domi-na un'atmosfera di austerityaffatto nuova. Ma si eranomai visti giornalisti carichi dibracciate di cataloghi e car-telle stampa, quando nellescorse edizioni tutti faceva-no a gara nel regalare lemitiche, coloratissime "bor-sine"? Resiste Illy, anchese i coffee point sonodiventati soltanto un paio…

MilliondollarbabyVincere un Leone probabil-mente lo salverebbe, micaper forza d'oro, anche d'ar-gento, di bronzo, anche unleoncino di cartone. Sennòal rientro in patria chi losalva dalla gogna mediati-ca il giovane David Altmejd,artista del padiglione cana-dese, con l'opinione pubbli-ca già imbufalita per il milio-ne e centomila dollari spesiper un allestimento magariglamour, ma non proprioindimenticabile?

No entryRotto l'incantesimo. LaGuggenheim Collectiondecide di tenere chiusa -motivi di sicurezza - lamostra Beuys - Barney, e ilpopolo della notte diserta inmassa l'Hugo Boss Party,altrimenti tappa fissa dei pel-legrinaggi post-biennaleschi.

Omaggiooassaggio?Corri al PadiglioneVenezia, ai Giardini, perl'"Omaggio a Vedova",pensando che la Biennale- stranamente tempestiva- si è ricordata di celebra-re il grande venezianoscomparso da pochi mesi.Arrivi, trafelato… e di luitrovi un solo dipinto, conuna sconclusionata sceltadi presunti corifei…

PlasticinvadersMagari sarà poco democrati-co… Ma non sarebbe ora dimettere uno sbarramento aMestre che blocchi l'accessoa Venezia ai Cracking Art,che ad ogni Biennale inghir-landano il Canal Grande coni loro plasticosi animali? Aicoccodrilli di quest'anno pareche - concessa loro comun-que la vetrina degli opening-days - ci abbia pensato laSoprintendenza…

Quellidella notteSarà la collocazione strate-gica, al centro dei flussimigratori sull'asse SanMarco-Rialto-Arsenale.Sarà la presenza dellaFondazione QueriniStampalia, quest'anno iper-attiva nel côté biennalesco.Sarà stata anche la contin-gente vicinanza del padi-glione messicano, con isuoi frequentatissimi partya base di Margarita… Fattosta che Campo SantaMaria Formosa pare avermesso la freccia per sor-passare Campo SantaMargherita nella cool listveneziana…

RossoVanessaCercava la santificazioneufficiale, ha pensato di tro-varla alla Biennale. La newage terzomondista dellaBeecroft ha avuto una deci-sa rappresentazione plasti-ca con il "sangue" gettatosulle ragazze sudanesinella performance "Stilldeath! Darfur still deaf?",andata in scena allaPescheria di Rialto. Se cer-casse artisti di riferimento,Walter Ego Veltroni èavvertito…

SkullmaniacDi quelli di Damien Hirstsappiamo praticamentetutto: ce n'è uno - di unbambino di dodici anni -anche alla mostra a

Palazzo Pesaro Papafava.L'indiano Suboth Gupta nepropone uno costruito coni suoi soliti utensili da cuci-na, a Palazzo Grassi.Paolo Canevari nel suovideo all'Arsenale lo fadiventare una palla, concui un ragazzino gioca frale macerie di Belgrado.Che sia proprio il teschiol'icona di questa Biennale2007?

TrendyTre D Salvi! Ci avremmo scom-messo che a Venezia cisarebbe stato un profluviodi lavori furbetti ambientatio dedicati a Second Life,una di quelle novità su cuitutti si buttano, trasforman-dole presto in ossessioni. Einvece ci sbagliavamo:qualcosa ci sarà sfuggito,ma abbiamo visto solo illavoro di Cao Fei al padi-glione cinese…

UbiquitateGli spazi espositivi si allar-gano a macchia d'olio sututta l'area veneziana, finoalle isole più remote. Glieventi si moltiplicano: nuovemostre collaterali, nuovipadiglioni nazionali, ben duefiere d'arte. La mole di pro-poste riunite attorno all'e-vento Biennale è ormaidiventata ingestibile…

Venezia oKara…Leggi il nome, e sai già cheti devi aspettare. E infatti,confermato: Kara Walkerporta - alla mostra interna-zionale di Robert Storr - lesolite, inflazionate, stravi-ste e ormai un po' datatesilhouettes…

ZhenzhongQuasi a compendiare unamostra internazionalealquanto orientata al tragi-co-guerresco-macabro, ilcinese allinea - in una delleopere migliori visteall'Arsenale - dieci schermidai quali gente di diverseetà, nazionalità, sesso, sta-tus, dice: "Io morirò"…

ABBECEDARIO BIENNALE10.abbecedario Exibart.grandtoura cura di massimo mattioli

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Ernesto Esposito, Napoli

1) Piuttosto è noioso sentir sem-pre dire che è noiosa! Per me laBiennale è uno spettacolo fantasti-co, una fiera della vanità. Ed inol-tre, da collezionista, la consideroun momento di confronto, riflessio-ne e valutazione. Certo, non tuttele opere presenti in esposizionesaranno nuove ed originali, ma èbene ricordare che la Biennalenon è una Fiera: le scelte sonofatte da poche persone e dunque,solitamente, finisce con l'avere ununico punto di vista…

2) Tra gli italiani, mi è piaciutoGabriele Basilico…

3) Le opere di Felix Gonzalez-Torres, artista affascinante ma cheancora non posseggo nella miacollezione. E poi non finirei mai dicomprare Ugo Rondinone: mipiace tutta la sua produzione, lasua arte mi è vicina e la riconosce-rei tra mille.

Bruna Girodengo e MatteoViglietta, Cuneo

1) A dire il vero non l'abbiamo tro-vata noiosa, ma molto classica,con poche novità interessanti emolti artisti già noti.

2) Per quanto riguarda Vezzoli nonamiamo il suo lavoro e questa suavolontà di stupire ci lascia indiffe-renti. Mentre, riguardo a Penone:l'installazione è certamente di altaqualità ma forse nell'insieme risul-ta un po' eccessiva.

3) Ci è piaciuto molto Muxima, ilvideo di Alfredo Jaar: lo troviamocompleto sia dal punto di vistaestetico che dei contenuti. Inoltreabbiamo apprezzato il padiglionepolacco: l'opera di MonikaSosnowska (artista che seguiamocon attenzione già da tempo)riesce ad interagire attivamentecon lo spazio senza ripetersi nellesoluzioni formali; ci è sembratadavvero perfetta. Infine le opere diSirous Namazi nel padiglione nor-dico.

Eliana Guglielmi, Torino

1) La noia uno se la porta dentro,è esistenziale! A me non importapiù di tanto se una Biennale èverso gli USA, l'altra è verso laSpagna, o un'altra è terzomondi-sta. Piuttosto noto un incrementodi mondanità esibita, di socialitàmodaiola, che pervade l'avveni-mento artistico che svolge i suoiriti parallelamente all'incrementodei valori di mercato. Di sicurodalla Biennale non mi aspettavo

novità assolute o le 'linee guida'per i prossimi anni; tuttavia ho tro-vato bellissime opere, di artisti giàaffermati da tempo, che hannosaputo dimostrare come la creati-vità possa mantenersi viva alungo. Inoltre, ho trovato entusia-smanti le esposizioni collaterali:posso citare Bill Viola nella chie-setta di San Gallo, oppure JosephKosuth al tramonto visibile da unabarca…

2) A Penone e a Vezzoli non si puòdire nulla se non che se la sonocavata meravigliosamente.

3) Vorrei Felix Gonzales-Torres: ilsuo lavoro è nostalgia, lutto, dispe-razione; ma anche affetto e tene-rezza espressi in modo essenzialeed immediato. I suoi prezzi peròmi permettono solo di sognare...

Paolo Palmieri, Savona

1) Sì, noiosa mi sembra la parolagiusta; così come ho trovato noio-sissimo il lavoro di Sophie Calle alpadiglione francese. Per fortuna,di fronte all'Arsenale, c'eraHamsterweel con vari artisti tra cuii Gelitin con le loro improbabiliimbarcazioni e un'atmosfera diver-tente e rilassata.

2) Beh, che dire, strano che l'Italianon usi il Padiglione Italia. Eppuresarebbe lo spazio ideale per pro-muovere gli artisti nostrani… Aparte tutto, ho notato ai Giardinimolta più gente che all'Arsenale:code di un'ora per vedere IsaGenzken, altre code al padiglioneisraeliano, francese, australiano.Ma non al padiglione conGiuseppe Penone e FrancescoVezzoli, lì l'atmosfera era diversa:c'era molta meno energia ed ilcomunicato stampa, scritto solo initaliano, era esibito presso una pic-cola postazione un po' defilata…

3) Mi è piaciuto molto il video diYang Fudong: Seven Intellectualsin Bamboo Forest.

Mariano Pichler, Milano

1) È noiosissima e non ha nien-te di politico. È una Biennale cheguarda al passato e non al futu-ro, ed è appesantita dai rapportie dalle relazioni del curatoreamericano.

2) Quelli di Penone e di Vezzolisono due lavori onesti ma certa-mente non rappresentativi dellacomplessità dell'attuale scenaartistica italiana.

3) L'installazione di JasonRhoades alla memoria, il video

di Joshua Mosley per la sua sin-tesi politica, e la performance diNico Vascellari per l'intensitàcontemporanea.

Pier Luigi e NatalinaRemotti, Milano

1) Siamo d'accordo nel definirequesta Biennale politicamentecorretta e di conseguenza fred-da e noiosa. In più ci è parsasenza grandi coinvolgimentiemotivi e neppure sorpreseriguardo a nuovi artisti, tecnichesperimentali o di allestimento.2) Quello italiano è un padiglio-ne di grande respiro. Capace difar riflettere e raccontare proble-matiche odierne - come il dibatti-to politico nel mondo, o la natu-ra ed il mancato rispetto peressa - attraverso il lavoro di dueartisti molto differenti per gene-razione e per tecnica ma egual-mente efficaci, forti e coinvol-genti.

3) L'opera di Francesco Vezzoli.Perchè la rappresentazionedella politica come spettacolo(dove il politico è solamente unprodotto ben confezionato, e leparole usate sono quelle utili alconvincimento dell'elettore) èun'immagine talmente aderentealla realtà da rappresentare laquintessenza della politica dioggi. Oltretutto per noiDemocrazy è un ulteriore con-ferma: Vezzoli infatti ci avevagià conquistati con il video dellaprecedente Biennale, Caligola, econ tanti altri suoi lavori.

Patrizia Sandretto ReRebaudengo, Torino

1) È una biennale rigorosa einstallata senza sovvertire lemodalità espositive; in tal senso,dunque, può essere definitaconservatrice e tradizionalista.Per quanto riguarda i contenuti:più che accusa verso il capitali-smo mi è parsa una rappresen-tazione della società contempo-ranea sviluppata in chiave esi-stenzialista; guerra e sofferenzainfatti sono parte di un discorsopiù ampio sulla realtà e sulla vitadell'uomo.

2) Ho apprezzato la scelta dellacuratrice, Ida Gianelli, di presen-tare due artisti di generazionidiverse ma entrambi molto rap-presentativi del panorama con-temporaneo italiano. La presen-za di Penone, poi, è importanteper ribadire il ruolo fondamenta-le della nostra avanguardia sullascena internazionale e in più ildialogo tra lui e Vezzoli crea unatensione interessante.

3) Il video del britannico SteveMcQueen (per il quale laFondazione Sandretto ReRebaudengo ha partecipato allaproduzione). Sicuramente i lavo-ri di Felix Gonzales-Torres.L'installazione del belga FrancisAlys. E poi l'installazione e ilvideo del francese PhilippeParreno.

LA BIENNALE SECONDO I COLLEZIONISTI

1) Ma questa edizione della Biennale è davvero così noiosa? Mortuaria? Fredda?Politica?

2) Come se la sono cavata gli artisti delPadiglione Italiano?

3) Quale opera in mostra acquisterebbe?

Exibart.grandtour collezionisti.11a cura di marianna agliottone

1. Ernesto Esposito, Photo by Simon2. Bruna Girodengo e Matteo Viglietta3. Eliana Guglielmi4. Paolo Palmieri5. Mariano Pichler6. Pier Luigi e Natalina Remotti ritratti da Michelangelo Pistoletto, 1983,Serigrafia su acciaio specchiante, cm 120x1107. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, foto by Nicola Giuliato

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12.reportage Exibart.grandtour

LA BIENNALE SIAMO NOI. REPORTAGE INEDITO DI GEA

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Exibart.grandtour reportage.13

CASOLARO DURANTE IL VERNISSAGE DELLA BIENNALE

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 La placida e ordinata Basileasi trasforma per una settimana inuna chiassosa e frenetica casbah,percorsa da lussuose vip car nere,taxi, filobus, monovolume navettae natanti da diporto, carrozze acavallo e persino risciò.L'evoluzione della specie ha gene-rato il nuovo animale da fiera: abbi-gliamento a cipolla per muoversi inogni condizione metereologica,mini ombrellino biposto, sgabellorichiudibile da passeggio per imomenti di mancamento, marsupihi-tech larghezza max cm. 30x30(il massimo consentito dai gendar-mi svizzeri all'ingresso dellaMesse), sneaker da trekking. C'èchi s'è presentato persino con ilgilet tecnico multitasca da caccia-tore, utile per infilare inviti e catalo-ghi laddove per solito finisconobeccacce e fagiani. Questione disopravvivenza all'inossidabile ArtBasel, nell'era dell'arte fatta e man-giata: ogni giorno gli stand si rifan-no da capo a piedi e la fiera delgiovedì non è mai quella del saba-to. Merce fresca ogni giorno.L'invenduto finirà nei magazzini,negli archivi, nei book d'artista;"niente seconda chance" è lanuova regola delle gallerie, quasimai disposte ad esporre la stessaopera in due fiere. Se non è buonala prima si ritira, l'indecisione delcollezionista equivale alla boccia-tura in tronco per mancanza diappeal.Crudele? Spietato? È il mercatoche si rinnova costantemente, pro-teso alla scoperta di talenti emer-genti (dai soliti noti ai soliti ignoti), èil mercato dei giovani (che finisco-no nelle aste a trenta anni o menoe rischiano, come Dana Schutz, dispuntare record a duecentoqua-ranta mila dollari), è il mercato di

tutti (sessantamila visitatori solo adArt Basel), è lo spettacolo dell'artetotale (dentro e fuori le fiere, per lestrade e nelle piazze), dell'arteovunque (anche sul web, tra video-documentari e interviste su vernis-sage.tv, catalogo fotografico anali-tico completo su artnet.com, fruttodi una collaborazione nata un annofa e documentata su Exibart) e del-l'arte del pluralismo (cinque fierequest'anno a Basel + la Print Basele la Design Art Fair, con un paio dicordate sfumate per un soffio checi riproveranno alla prossima). Manon era questo che volevamo?Eppure quest'arte che si consumaprima di consolidarsi nella critica,quest'arte senza rete da ingerirsisenza masticare, lascia un saporeamaro e insinua il seme del dubbiosulla natura di ciò che abbiamodavanti. Alla fine della fiera beneha fatto chi è riuscito a pacificarsinei tanti, bellissimi musei svizzeri.Eccezionali le retrospettive diRobert Gober allo Schaulager equella di Fischli & Weiss allaKunsthaus di Zurigo, in arrivo dallaTate. E per i patriottici c'era anchela nostra Micol Assaël allaKunsthalle di Basilea.

Hall 2.1

La berlinese Contemporary FineArts abbina a sei carte dipinte diBaselitz, graffianti da fare invidia aun ventenne, le pitture di Tal R, e letrasognate sculture, ancora inspie-gabilmente poco capite.Continua di San Gimignano giocaal rilancio su due tra i migliori pro-getti della sezione Unlimited:Carlos Garaicoa e Hans Op DeBeeck (condiviso con Hufkens eKrinzinger): i suoi SmallLandscape possono essere ammi-

rati in versione large e coinvolgen-te all'Unlimited.La sudafricana Goodman si fa trai-nare dalla personale alFotomuseum di Winterthur per lefoto di David Goldblatt. Per leianche il videomiraggio Quake diMinnette Vàri, un arazzo e disegnidal 1980 di William Kentridge.Emi Fontana, tra Luca Vitone e ilcampo di granoturco di SamDurant, Monica Bonvicini e MikeKelly, mette in piedi uno stand diqualità ma poco organico e un po'sfilacciato.Tra i video, pochi per la verità, unodei migliori è l'ultima prova diTracey Moffatt. Nello stand del-l'australiana Roslyn Oxley9Doomed è un collage suggestivo didisastri cinematografici montati insequenza, sorta di apocalissemediatica. Superata la svizzeraStampa, dove oltre i disegni anni'80 della bestseller MarleneDumas si vede una buona DoritMargreiter, suoi i Master for sale,da Johnen+Schöettle ecco unnuovo lightbox di Jeff Wall,Church, Caroline St., Vancouver.Wall è reduce da un tour che lo haportato dalla Tate al MoMa e pro-seguirà nei musei di Chicago eSan Francisco. Per Monica DeCardenas Anne Chu, Struth e unAlex Katz-one museale di quasisei metri. Questa è forse l'unicafiera al mondo dove valga la penadi portare opere di tale importanza.La tedesca Eigen + Art, dopo tantapittura (sua la colpa della LeipzigSchool) offre la ribalta alla giovanescultrice di Friburgo StellaHamberg, dall'espressionismotanto potente quanto decadente.Victoria Miro punta tutto sul nuovo:nuove le foto di Doug Aitken,nuove le opere di Yayoi Kusama(ancora molto ispirata) e, tra gliemergenti, nuovi i dipinti psicozendi Suling Wang e, ancor meglio, ifotocollage della keniotaWangechi Mutu, una delle artisteafricane più promettenti in circola-zione. Per lei, in appena un anno,Triumph Of Painting, Usa Today,SITE Santa Fe, Biennale di

Siviglia, Moma e BrooklynMuseum.Andrea Rosen non poteva perdereil traino del padiglione canadese inBiennale con il re degli specchiDavid Altmejd mentre invece l'e-mergente pittore José Lerma simostra un po' affaticato. L'altranewyorkese Sean Kelly espone lemigliori foto di Seydou Keïta eJames Cohan la butta sull'esteticapura con l'Isolde's Ascension diBill Viola e i grandi paesaggi diWenders ma non si nega i giovani:ottime le tecniche miste neopop diTrenton Doyle Hancock e leacide sculture di Folker De Jong.Convincente la prova della romanaMagazzino d'Arte Moderna.Vedovamazzei tra i Public Projectsu Messe Platz, ElisabettaBenassi ad Art Film, allo stand unangolo di galleria traslocato in tron-co da Jorge Peris e l'ipnoticovideo Goong di Daniele Puppi.La pittura cool di Peyton e Ruyterè la proposta dell'austriaca Kargl eil nostro Penone biennalizzatoquella della londinese Frith Street.De Carlo non sbaglia con l'accop-piata Holdstad e Stingel, il colos-so newyorkese David Zwirnerimbastisce uno stand sontuosocon Isa Genzken, la tedesca chein Biennale vanta le maggiori codedavanti al padiglione nazionale edè presente anche a Münster nel-l'ambito di Skulptur Projekte, quicon alcune sedie a rotelle in lineacon il progetto lagunare. Nuovilavori poi per la campionessa delleaste Lisa Yuskavage, MichaëlBorremans e per una SueWilliams più fumettistica del solito.Uno stand decisamente aggressi-vo.Da Barbara Gladstone apparel'Anish Kapoor che non ti aspetti,con una serie di gouache dai deli-cati passaggi cromatici e accantola tedesca di colonia Gisela

Capitain sfodera MonikaSosnovska, che a Venezia ha stu-pito nel padiglione polacco, unaLaura Owens in vena zen e trepaesaggi di Martin Kippenberger.Non sono prive di fascino le vec-chie foto ritoccate a biro di SebPatane, con grandi parrucche adoscurare i volti dei personaggi(Maureen Paley) e intrigano lecomposizioni a pennarello nero diuova e ombrelloni di AleksandraMir (Prats). Certamente tra leopere migliori di Yukio Fujimoto,da Shugoarts, sono i vinili deiBeatles cancellati da uno stereoche li fa girare sotto una spazzolad'acciaio. Già all'Arsenale di Storr,il resto dei lavori non pare all'altez-za.Sui nuovi classici punta Bonakdarcon il sempre qualitativo ThomasScheibitz (sua la grande tela 2007Spierl der Verlierer) e lo scenogra-fico Olafur Eliasson(Turbosphere, 2007).Tra le curiosità ecco, da Paragon,le foto di crolli (sic!) del trendy-pit-tore Havekost e le belle incisionisu linoleum di Grayson Perry, chedimostrano quanto attuale possa-no essere anche oggi le tecnichegrafiche.Da Noire gli estremi si attraggono:se lo statunitense Fairey Shepardsi ispira alla propaganda ex-sovie-tica dall'altra i biennalizzati AES-Frispondono con il video digitalevisto al padiglione russo, commen-tato dalla colonna sonora del filmUSA del 1981 Excalibur.Ci sono i disegni di John Bock enuovi dipinti onirici di Lari Pittmanper Regen Project e la grandeprova di forza di White Cube, conle nuove tele esoteriche dei 4Evangelisti di Damien Hirst, ilbronzo della serie Hogarth deiChapman Brothers, una DorisSalcedo d'annata (2000) e ancoranuovi light box di Wall (seminati

ART BASEL 38Seconda tappa del Grand Tour 2007: in scenail carrozzone del Basel Circus. Non quello conannesso zoo che si affaccia sulla Messe Platz,ma quello il cui tempio campeggia di fronte,sotto l'enorme orologio che inesorabilescandisce i minuti contati dei collezionisti...

14.recensioni Exibart.grandtour

in alto a sinistra: Egon Schiele - Bildnis Mime van Osen (Portrait ofMime van Osen), 1910 - cm 43,8X31,4 (St. Etienne)in alto a destra: Grayson Perry - Mr & Mrs Perry, 2006 - linocuts -cm 45,5X36 (ed. 21) (Paragon Press)in basso a sinistra: Yoshitomo Nara - installazione allo stand TomioKoyamaqui in basso: Un dettaglio di Trenton Doyle Hancock (JamesCohan)in basso a destra: Rirkrit Tiravanija - Esto no es decoración-(Kurimanzutto)

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qua e là), a confermare la tenden-za degli espositori a puntare sulleopere nuove, si tratti di artisti cele-brati o emergenti. La svedese Andréhn-Schiptjenkoespone l'ultimo video 3L33T diAnnika Larsson. Fa di più TomioKoyama, che cambia artista ognigiorno. Non dispiacciono i delicatiacrilici di Atsushi Fukui ma leattenzioni sono per i tanti Nara,qui anche con una curiosa casu-pola: case sugli alberi, palafitte eaffini sembrano essere molto dimoda, solo nella Messe Platzcampeggiavano quella sganghe-rata di Vedovamazzei, quellaspecchiante di Elmgreen &Dragset e quella abbarbicata sulpennone di Tadashi Kawamata.La butta sul patriottico la finlande-se Anhava, con le foto dellaHelsinki School (bravi Kekarainene Puranen), sul ridicolo il solitoWurm della Von Senger, teschiportabanane per lui. La galleriasvizzera, che ha in corso la perso-nale del nostro Sassolino, espo-ne anche inedite foto diKrystufek.Giò Marconi alterna una bellascultura di John Bock ai video inplastilina di Nathalie Djurberg, latedesca Neu i recenti poster cine-matografici del nostro Vezzoli agliinteressanti totem vintage diManfred Pernice. Si vedono laboutique Prada nel deserto, operaimportante di Elmgreen &Dragset, da Perrotin, con laSophie Calle candidata al Leoned'oro per il padiglione francese ele radiografie al Centre Pompidoudi Eric Duyckaerts.Visti da Lehman i lavori di FrankNitsche, che contende aScheibitz la palma per la nuovapittura aniconica tedesca, s'incap-pa nel bazar di lusso firmatoDeitch Project. S'entra per ilcesso, quello portato da BarryMcGee, eccessivo e retorico, sicontinua con Swoon, meglio i suoiteatrini di trine, si chiude con ilmeglio: My Old Pianodi Michael Goudry,opera del 2005 cherinvia alla tradizionedel cinema comicoamericano.Lavori recenti diJonathan Monk se ligioca Kaplan, i con-tesissimi monocromigeometrici di MarcGrotjahn con un'in-

stallazione di Jim Lambie AntonKern. Attenzione a Grotjahn, arti-sta destinato a scalare le vette delmercato mondiale (anche da Blum& Poe).Nel campo della fotografiaKoyanagi mette insiemeSugimoto ai Ciliegi di Suzuki,buona la scelta di Metro Pictures diassociare Louise Lawler, che conla fotografia fa sue le opere deglialtri, a Cindy Sherman, moltomeno quella di Munroe di dipinge-re lo stand di giallo (respingente).Sadie Coles si segnala per il belportone di Rondinone e il nuovoprogetto ispirato alla principessaSissi di Tj Wilcox (mostra in corsoin galleria), la tedesca CarlierGebauer per i video e foto cancel-late di Paul Pfeiffer (qui Live Evil(Bucharest) del 2004), SikkemaJenkins & Co. per Kara Walker,tra disegni, video e una installazio-ne narrativa di sagomine, unachicca gustosa per i collectors.Una parete intera lascia Wallnerall'eclettico, geniale e sottovaluta-to David Shrigley. Ancora giova-ne, ha inaugurato la moda deidisegni ironici e dissacranti. La dif-ferenza con gli epigoni è che lui èbravo anche con fotografia e scul-tura e non è cosa da poco. Primao poi qualcuno se ne accorgerà.La milanese Zero non rinuncia allalinea minimale: dell'abbinataBodzianowsky/Frosi, nellasezione Premiere, citiamo l'esperi-mento di levitazione… di stendi-biancheria(!) del secondo. La slo-vena Podnar non poteva non darsapzio al bravo e lucido TobiasPutrih (padiglione sloveno aVenezia) e c'è anche l'artista-inventore Csorgo. Kurimanzuttoprima sciorina i big sudamericaniDaniel Guzman, Orozco eCarlos Amorales e poi piazza ungesto critico di Rirkrit Tiravanijache, mutuando il Ceci n'est pasune pipe di Magritte, scrive Estono es decoración. Con i prezzi chegirano… ci mancherebbe altro.

Hall 2.0

Il Padiglione museale costituisceun po' lo zoccolo duro e punto diforza della Messe. È questo il verosupermercato di musei e collezioniimpegnative. I nomi sono consoli-dati e la qualità elevata.C'è Hashimoto per la veroneseStudio La Città, James Hopkinsper New art Center e da Speronel'ottimo Guillermo Kuitca (padi-glione Argentino cubista aVenezia). Tra i Biennalizzati c'èanche la Duchessa d'Alba diMorimura (in mostra a Veneziaalla BLM) da Luhring Augustine,dove si vedono anche nuove pola-roid di Crewdson ed un Cabinet diRachel Whiteread. Il nostroPenone replica invece da Pauli.Si propongono tanti lavori diRosenquist (collage, foto e fiorianni '80-'90) da Aquavella, il repor-tage dal museo delle cere diSugimoto da Gray, il Mac (1999)di Erich Fischl da Jablonka.Klüser ripercorre la storia diBeuys, dai disegni del '52 allesculture dell''85, Shafrazi dedicauna retrospettiva ai soli ritratti diWarhol, Artiaco si ripara sotto iltettuccio di Ann VeronicaJannssen. Recente la sua perso-nale in galleria.Big dealer si spartiscono artisti big:la belga Hufkens Hans Op DeBeeck, Gagosian sceglie Richter(bello il dipinto anni '60) e ilTwombly più in forma, Spruth haScheibitz e Gursky con i nuovilavori, per la verità un po' troppo dacolossal cinematografico, McKeel'ormai pienamente rivalutatoPhipilp Guston, LgM l'installazio-ne di Murakami (fotografatissima),Hauser & Wirth gli oggetti di PaulMcCarthy. Il giro si chiude ammi-rando il grande trittico di Bacon daMarlborough e alla ricerca dellechicche storiche: spunta unMonet, un Munch del 1895-98dalla danese Faurschou e loSchiele di St. Etienne.

Unlimited

Un po' deboluccia la sezioneUnlimited di quest'anno: talvoltasono gli artisti, ossessionati dalmercato, a denunciare dei limiti sulgrande formato: il caso eclatante èChris Johansson, che non va oltrela trasformazione dei suoi classicidipinti in una sorta di ottusa segna-letica (eppure lo ricordiamo negliStatements, qualche anno fa, conun godibilissimo castello di carto-ne), ma non convince neppure CaoFei. La conoscevamo per iCosplayers e il global hip-hop, laritroviamo con una cervelloticainstallazione dove fa la curatrice persuo padre. In altri casi i nomi sonocelebri ma con opere vecchie ostraviste, che starebbero più a loroagio nei musei. Il tappeto di CarlAndre sembra messo lì per fare unfavore alla galleria di casa Tschudi.L'Ononimo (1973) di Alighiero eBoetti per contentare in un colposolo Gladstone e Sprüth Magers,L'expédition scintillante di PierreHuyghe sta girando da anni neimusei di mezzo mondo (in Italia s'èvisto a Rivoli nel 2004) e infine, diGregor Schneider: c'è qualcunoche ancora non ha visto un pezzoalmeno della sua Haus ur?Diciamolo subito che per la sceltadel migliore non ci sono storie: lapasseggiata tra la neve notturna nelparco giochi di Hans Op De Becksi giova di forti effetti di suggestione,amplificati dal chiassoso contesto.Provocatorio e divertente è il con-fessionale per artisti di Sam Kellered efficace la Basketball Installationdi David Hammons ma citiamoanche il lavoro di Tatiana Trouvéche ha fatto così l'accoppiataBiennale-Basel. Vive in Francia maè nata a Cosenza. Un altro che hafatto il bis è Sirous Namazi (NordicPavillion a Venezia), qui con un'ot-tusa struttura niente male.Evocativa è l'opera a volo d'uccellodal titolo De Còmo la tierra se quie-re parecer al cielo (II), del cubanoCarlos Garaicoa, e riuscito è il pro-getto site specific Atomimage, diKatharina Grosse. Tra i video sisegnala The Casting, di OmerFast, lavoro in bilico tra memoria efilm, amore e morte, routine e inci-dente.

Art Statements e Public Art Project

Localizzata quest'anno nelPadiglione rosa 1.0 dell'Unlimited,verso l'uscita, la sezione per i pro-getti monografici di giovani artistine guadagna in visibilità ma neperde in fruizione. Troppo angustolo spazio dedicato ai ventisei pro-getti selezionati tra oltre duecento-cinquanta candidature; il pianodello studio basilese Steinmann &Schmid puntava alla flessibilità, ilrisultato è a dir poco labirintico.Le italiane selezionate hanno fattobene il compitino: T293 conJordan Wolfson, ormai avviato aduna carriera importante,Francesca Minini, alla quale va ilriconoscimento di essere riuscita aportare l'unico italiano RiccardoPrevidi, e Fonti, che ha puntatosulle sculture elettrosonore diDelia Gonzales & GavinRussom. Progetto interessanteche però nel mercatone della fieralo stand finisce per somigliare aduna boutique dell'Hi-Fi.Vince il Baloise Art Prize la galleriaWien per il lavoro di Heague Yang,una sorta di traslitterazione innegativo dell'arte degli origami.Cenno conclusivo per la sezionedei Public Art Project, di particolarequalità quest'anno. Le monumen-tali installazioni sono diventate unpo' l'immagine dell'edizione 2007della Basel fair: dallo specchioAnish Kapoor (Lisson), allognomo gigante di Paul McCarthy(Hauser & Wirth) fino al tir a gran-dezza naturale di Wim Delvoye(Perrotin). Tra i personaggi menonoti al grande pubblico, hannomeritato attenzioni l'autobus diMike Nelson (Noero) e il rifugio diTadashi Kawamata (AnnelyJuda). Â

| alfredo sigolo|

Exibart.grandtour recensioni.15

in alto a destra: Kara Walker- Burning African Village PlaySet with Big House andLynching, 2006 - acciaio ver-niciato tagliato al laser,dimensioni variabili (ed. 28)dettaglio di 22 parti (SikkemaJenkins & Co.)qui sotto: Francesca Minini -vista dello stand con l'instal-lazione di Riccardo Previti"Walking clouds" nella sezio-ne Statementsqui in fondo: Vista della MessePlatz. In primo piano l'opera diAnish Kapoor (Lisson)in basso a sinistra: WangechiMutu - Where My StrenghtLies, 2006 - inchiostro, acrilico,fotocollage su mylar - cm228,6X137,2 (courtesy SaatchiGallery)

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 "The big exhibition has noform". Inizia così, con un'afferma-zione lapidaria, il testo in catalo-go (smilzo, troppo smilzo) diRoger M. Buergel. Il direttore diDocumenta 12, affiancato dallastorica dell'arte, nonché consor-te, Ruth Noack, insiste su questoconcetto: una mostra così grandeè necessariamente informe.Partendo da tale presupposto,dichiara, a parole e nei fatti, divolersi svincolare da una serie diconsuetudini ormai consolidatenella pratica curatoriale. Nessuntema esclusivo - che ridurrebbel'arte a oggetto "illustrativo" -,una selezione di artisti (un centi-naio, con cinquecento opere) cheevita deliberatamente i soliti noti,un allestimento che si distaccadall'algida atmosfera da whitecube. Infine, vista la sbandierata"tana libera tutti", diventa possibi-le anche l'inserimento di opere diarte antica e moderna (la piùremota è un disegno persiano delXIV secolo e, in generale, unterzo delle opere non sono stateprodotte nell'ultimo quarto disecolo) e lo sparpagliamento dilavori di uno stesso artista in saleo sedi differenti. A queste dichiarazioni di principio

va aggiunta l'irritante pretesa,ribadita in conferenze stampa einterviste, all'educazione del pub-blico. Quest'ultimo è continua-mente chiamato in causa come

protagonista e destinatario delmessaggio (la mostra va intesacome medium, scrivono Buergele Noack), ma di fatto viene diso-rientato e persino sottilmentesbeffeggiato nel testo in catalo-go, dove si afferma che "le perso-ne non sono in grado di confron-tarsi con una radicale assenza diforma". Come a dire: se la mostravi sembra un tantino inconsisten-te è una conseguenza dellevostre limitazioni e non del fattoche sia priva di qualsiasi forma-lizzazione del discorso. La debolezza di Documenta statutta in queste contraddizioni.Vorrebbe essere una mostra che

insegna, ma abdica a ogni tenta-tivo di costruzione di un percorso(e quando lo fa, spesso le con-nessioni instaurate sono scontateo poco rilevanti, vedi le tele diKerry James Marshall espostein una delle cinque sedi, il museodi arte antica dello SchlossWilhelmshöhe, accanto a quelleseicentesche di Karel VanMander III, entrambe con perso-naggi di colore come protagoni-sti…); vorrebbe proporre unmodello di allestimento, ma esa-gera affogando le opere in nau-seanti sale rosa salmone o verdepetrolio. Per non parlare del disa-stroso padiglione temporaneo,

l'Aue Pavilion, costruito daLacaton & Vassal - già autoridella risistemazione del Palais deTokyo - che somiglia piuttosto,nell'aspetto e nella temperatura,a una serra (meno clementeAdrian Searle sul Guardian, chelo paragona ad una fiera bulga-ra). In un ambiente del generenessuna delle centinaia di opereriesce a trovare respiro, fattaforse eccezione per la sonoraBlack Chords Plays Lyrics diSaâdane Afif.Last but not least, la selezionedegli artisti, che pur partendo dallodevole tentativo di evitare unaparata del già visto, in assenza di

DOCUMENTA LIBERA TUTTIUna lista di artisti poco noti, un allestimentoeccentrico e un presunto intento pedagogico.La dodicesima edizione di Documenta mettesul tavolo una serie di questioni importanti.Ma nella pratica sembra fornire un'alternativaben poco convincente. Con una mostrasottotono, in cui anche le opere più interessanti fanno fatica ad emergere…

18.recensioni Exibart.grandtour

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qualunque criterio guida (tema,età, curriculum, nazionalità,medium, originalità, capacità diinterpretazione del contempora-neo?) finisce per scivolare nel-l'arbitrio più totale, accostandoautori di peso e indubbia forza apersonalità marginali. Comedistribuzione geografica, vasegnalata una preponderanza diartisti tedeschi e americani,accanto a una vasta schiera disudamericani, orientali e africani,mentre la conta degli italiani èpari a zero. I famosi leit-motifs(modernity, bare life e education)scelti per articolare il dibattitoantecedente all'apertura dellamostra, a cui corrispondono i trenumeri del Magazine che dovreb-bero supplire, teoricamente,all'inconsistenza del catalogo,sono stati apparentementeabbandonati durante il percorso. Ma veniamo alla mostra. Nella

sede centrale, lo storicoFridericianum, sta la parte piùriuscita. Quasi all'entrata, il pic-colo Angelus Novus di Paul Kleese ne sta silenzioso e vigile comeun'edicola sacra. Al piano terra sifa notare per poesia e forzacomunicativa I Hate, raffinatainstallazione ambientale sul temadel linguaggio di ImogenStidworthy. Salite le scale, ilpercorso continua con un acuto:l'accoppiata Trisha Brown, figu-ra storica della danza sperimen-tale, che presenta l'installazio-ne/performance Floor of theForest, e Iole de Freitas, la cuigrande struttura ondulata di ferroe plexiglas non si limita a occu-pare un'intera stanza ma sconfi-na fuori, emergendo leggera especchiante dalla facciata ester-na del palazzo. Tra le grandiopere spiccano anche piccoleperle, come Blood of a Poet, una

delle primissime opere diEleanor Antin.Ma è in queste stesse sale cheiniziano i tormentoni, pochi e benriconoscibili, che continuerannoa rispuntare nelle altre sedi,come un ritornello (erano forsequesti i leit-motifs?) all'interno diuna sinfonia espositiva cheappare altrimenti come un"basso continuo". Succede con letele horror-kitsch del cileno-australiano Juan Davila, che inuna Documenta con poca pitturafinisce, insieme al già citatoMarshall, per diventare inspiega-bilmente protagonista; succedecon le patinate sculture minimaldi John Mc Cracken, per nonparlare delle sedie in legno dis-seminate ovunque dal cinese AiWei Wei. Di lui si è parlato molto,non solo per la posizione di spic-co all'interno della mostra, maanche per la costosa "performan-

ce" che ha scelto di portare aKassel: 1001 cinesi (cui corri-spondono le 1001 sedie delladinastia Qing) che, in cinquetranche, visiteranno la cittadinatedesca. Come se non bastasse,la sua monumentale sculturafatta di antiche porte di legno èstata abbattuta al suolo da unviolento temporale pochi giornodopo l'opening, trasformando unsolenne tempio in una affasci-nante rovina elicoidale (lo stessoartista ha, a quanto pare, decisodi non restaurarla).Documenta Halle, modernacostruzione di fianco alFridericianum, ospita due grandiinstallazioni di sicuro impatto:Relax it's only a ghost, bizzarroambiente pop di Cosima VonBonin, e Phantom Truck/TheRadio di Iñigo Manglano-Ovalle, che gioca abilmente conla percezione dello spettatore,

catapultato prima in una stanza lacui luce è resa rosso fuoco dagrandi vetrate colorate e poi inuna seconda completamentebuia, dove si nasconde un"camion fantasma". La NeueGalerie risente, come si diceva, diun allestimento invadente e a trat-ti kitsch, con muri colorati, auletotalmente buie e illuminazioni dastanza degli orrori. Tuttavia alcu-ne delle opere presenti, come labellissima serie di disegni diNedko Solakov e il video diJames Coleman, superbamenteallestito in un salone "sottovetro",valgono da sole l'intera visita. Inquest'ultima, un meditabondoHarvey Keitel incalza lo spettatorecon l'unica domanda possibile.Quella a cui l'arte da sempre sisforza di rispondere: "Why are wehere"? Â

| valentina tanni |

Exibart.grandtour recensioni.19

a destra: Cosima Von Bonin, Relax, it's onlya ghost, 2006 - Exposition view - © Courtesythe artist; Friedrich Petzel Galery, New York;

photo: Katrin Schilling / documenta GmbHnella pagina a lato sopra: Ai Wei Wei,

Fairytale, 2007 - 1001 Chinese visitors, 1001Qing Dynasty wooden chairs - Gottschalk-

Hallen and municipal area of Kassel -Sponsored by: Leister Foundation,

Switzerland; Erlenmeyer Foundation,Switzerland

nella pagina a lato sotto: James Coleman,Retake with Evidence, 2007 - Performed by

Harvey Keitel. Projected Film - Courtesy:James Coleman; Marian Goodman Gallery;

Simon Lee Gallery - Galerie MichelineSzwajcer. © James Coleman

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Â È a Münster, antica cittadinadella Westfalia, che tocca chiude-re - idealmente ma anche pratica-mente, essendo stata l'ultima ainaugurare in ordine di tempo - losfiancante Grand Tour dell'estate2007. Ed è quindi inevitabile chealla sera, davantiall'ennesimo piat-to di crauti, tivenga spontaneoabbozzare unprimo bilancio,accettando acriti-camente la sem-plificazione pub-blicistica che hamesso in fila Biennale - Basel -Documenta - Skulptur Projekte. Ela conclusione è che ci si trovi difronte ad una preoccupante, diffu-sa ed inesorabile crisi del ruolocuratoriale. Il discorso sarebbeampio, e partirebbe da ancor piùlontano (da certi segnali dell'ultimaBiennale di Siviglia targataEnwezor, per fare un esempio). E

porterebbe a dire che la potenzacomunicativa di ciò che oggi ciaspetta in questi eventi artistici, lagrande "massa espressiva" sem-pre più accresciuta dall'allarga-mento disciplinale e dall'integra-zione ormai compiuta di nuove

realtà portatrici di istanze intensequanto spontanee (Cina, India,paesi africani), tenda a respingereogni ipotesi di "governo", avendofacile agio sui diversi tentativi diindirizzo e ordinamento. Sceltecuratoriali deboli, inadeguate,impalpabili. "Non scelte" più chescelte sbagliate, o discutibili. Ma poi torni ai tuoi crauti, e pian

piano rifletti suquanto in realtàl'evento diMünster siad isomogeneorispetto agli altri.Ti rendi contoche qui da tren-t'anni le pedinele muove quelKasper König,

direttore del museo Ludwig diColonia, che lo Skulptur projektese lo inventò - assieme a KlausBussmann - nel '77, e che firmaanche questa quarta edizione, conBrigitte Franzen e Carina Plath. Tirendi conto che più che una rasse-gna temporanea ed effimera, inse-rita quindi nelle dinamiche e nel"mercato" critico, a Münster c'è unvero e proprio - dichiarato - museoa cielo aperto, che ogni dieci annicelebra l'ingresso in collezione dinuove opere rigorosamente pre-stabilite fin nel prezzo e nellecaratteristiche, dibattuti e concor-

dati con i cittadini e lapotente università. E ineffetti la visita è conti-nuamente punteggiatadall'incontro con le operedelle precedenti edizioni,ormai stabilmente inte-grate all'ambiente urba-no: trentanove lavori,con nomi che vanno da

Daniel Buren a Jenny Holzer,Claes Oldenburg, Dan Graham,Donald Judd, Ilya Kabakov,Rachel Whiteread, RichardSerra. Un progetto originato, nel1977, da un curioso fatto, il rifiutoda parte del consiglio comunale diMünster di accettare una sculturadonata dall'americano GeorgeRickey - che oggi peraltro fa bellamostra di sé in un giardino pubbli-co -, in seguito al quale Bussmanne König invitarono nove artisti arealizzare progetti destinati a vie eparchi della città, con l'intento diindagare il rapporto tra arte espazi pubblici.Vocazione che rimane anche inquesta edizione 2007, che - chiari-scono i curatori in catalogo - "rein-dagherà ciò che la scultura con-

temporanea può essere oggi,come si articola a livello mediale,sociale ed artistico, e la suainfluenza sulla nostra comprensio-ne dello spazio pubblico".Trentaquattro artisti che distendo-no i loro interventi su tutto il tessu-to urbano, presentando una foto-grafia della scultura contempora-nea che sposa appieno l'idea di"campo allargato" introdotta daRosalind Krauss, scultura che "sinutre della convinzione che ciòche era non basta più, perchèpoggiava su un mito idealista.Cercando di scoprire ciò che è, oalmeno cosa può essere, la scul-tura si è servita del teatro e in par-ticolare del suo rapporto con ilcontesto dello spettatore come diuno strumento per distruggere,indagare e ricostruire". Bandoquindi all'idea accademica di scul-tura come materia che si disponenello spazio, a farla da padronisono video, installazioni, happe-nings, interventi che a volteaggiornano un certo spirito provo-catorio e contestatario di matricesurrealista. Che in certi casi risul-tano irrimediabilmente datati.Come nel caso di MichaelAsher, che fin dalla prima edizio-ne del 1977 porta a Münster unaroulotte, che ogni lunedì - a mostrachiusa - parcheggia in un luogodiverso. Un taglio che in qualchecaso introduce dei paradossi,come nel caso di Drama Queensdi Elmgreen & Dragset, che alle-stiscono un'animazione teatraledove sculture storiche - per defini-zione statiche - prendono vita, pro-tagoniste di un dinamico giocodelle parti. Peccato che la "miseen scène" originale avvenga solo ilgiorno dell'inaugurazione, ed ai

visitatori ritardatari non venga pro-pinato che un irritante ed inservibi-le video. Non mancano sussulti,come con Mark Wallinger, chesegna gli ideali confini della cittàtracciando un cerchio con un filo dinylon lungo cinque chilometri,posto a cinque metri d'altezza.Un'evocazione di sensazioni diisolamento, di ghetto, che proba-bilmente rimanda alla storia dellacittà di Münster, isolata e successi-vamente occupata nelCinquecento nella repressionedello "scisma" anabattista. Forteanche l'impatto del Petting Zoo diMike Kelley, che ricostruisce unafattoria - con tanto di animalidomestici - nel cortile interno di unperiferico gruppo di palazzi, rievo-cando l'episodio della Genesi incui la moglie di Lot si trasforma inuna statua di sale. E si torna aduna parvenza di scultura "tradizio-nale" nel lavoro di Silke Wagner,un ritratto che introduce la dram-matica storia di Paul Wulf, un citta-dino di Münster sterilizzato dainazisti perché dichiarato mental-mente instabile, protagonista diuna lunga battaglia politica e giuri-dica iniziata dopo la conclusionedella seconda guerra mondiale,testimoniata da riproduzioni di arti-coli di giornale e dalla documenta-zione con cui Wulf sosteneva lesue ragioni. E ancora il falso scavoarcheologico approntato daGuillaume Bijl, ed altri film, video,interventi sonori, spesso opere aiconfini con l'architettura… "Unesercizio nel caos organizzato,come un vecchio film di Fellini",come ha scritto Jerry Saltz sulNew York Magazine. Â

| massimo mattioli |

MÜNSTER FELLINIANACome ha scritto il New York Magazine è un"caos felliniano". E così in effetti appare loSkulptur Projekte di Münster, città dellaWestfalia che ogni dieci anni ospita quella cheè considerata una delle maggiori esposizionidi sculture al mondo. Al di là dell'effimero...

20.recensioni Exibart.grandtour

Qui da trent'anni le pedine le muove Kasper König, direttore del museo Ludwig di Colonia “

a sinistra: Guillaume Bijl -Archaeological Site (A Sorry-

Installation)a destra: Marko Lehanka -Blume für Münster (Arendt

Mensing - sp07)sotto: Silke Wagner - Münsters

Geschichte von unten (FotoSarah Bernhard - sp07)

sotto a sinistra: Mark Wallinger- Zone (Foto Roman Mensing -

sp07)

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 Correva l'anno 2005 e, percalli e campi, art addicted d'ognirisma si scoprivano a canticchia-re: "This is so contemporary, con-temporary, contemporary". È pra-tica diffusa nei media di massainstillare motivetti nell'altrui mate-ria cerebrale, una pratica cheVance Packard considerava partedella "persuasione occulta". E inmerito ne sa a sufficienza TinoSehgal (Londra, 1976), che aglistudi di coreografia ha affiancatoquelli di economia politica. Tutti glielementi del Padiglione tedesco didue anni or sono, riproposti in ras-segne internazionali comeManifesta 4 - tenutasi nel 2002proprio a Francoforte - e l'ultimaBiennale berlinese, tornano nelnuovo spazio del Museum fürModerne Kunst. Dove stavolta ilrefrain è "Welcome to this situa-tion". Restano le movenze lentedei performer, il disorientamentonel quale è gettato lo spettatore(chi fa parte del gioco? Qualeruolo ha in generale, quale abbia-mo personalmente?), financhel'ansia di non sapere se e come siverrà coinvolti.Sono sufficienti pochi passi, even-tualmente di danza, per fareingresso nell'edificio principale delmuseo. Dove, aggirandosi per la

mostra Das Kapital. Blue Chips &Masterpieces - raccoglie operedella collezione permanente ealtre provenienti dalla recenteacquisizione della collezione di

Rolf Ricke -, ci si scontrerà conalcune altre situazioni.Protagonista è Maurizio Cattelan(Padova, 1960), per una persona-le che, a rigore, non è tale: non hauno spazio dedicato, è priva didata d'inizio e di fine. Insomma,l'ennesimo disorientamento, ealmeno il secondo per il turistaculturale in terra germanica.Muovendosi per la città, fra latorre di Foster e il Römerberg, cisi poteva già imbattere in manife-sti sovraccarichi di riferi-menti storici: la celeberri-ma aquila sullo sfondo deicolori tedeschi, Cattelan incima, MMK fra coda e arti-gli. Le reminiscenzeabbondano, dall'araldicapiù o meno recente alDeuteronomio, da Dante aHegel. Nella prima sala, afar da contraltare alla scrit-ta Germany is Connecticutdi Jessica Diamond, pareche uno dei cavalli diKounellis si sia imbizzar-rito, sia stato scaraventatoverso l'alto e contro ilmuro. Che ha inglobato ilcranio equino.Procedendo con una certacautela, s'incontrerannotre braccia che spuntanoda una parete in carton-gesso, un'Ave Maria disaluti romani in giacca epolsini inamidati; e unlungo tavolo senza qualità,se non quella di forareanch'esso il muro, stavoltaperimetrale, del museo, e

sporgersi all'esterno, lasciandoalla capricciosa gestione deglielementi la torta che vi è poggiata. Auguri per chi volesse proseguire,per coloro i quali avessero ancoraquel briciolo di orientamento perspingersi in direzione del Meno,alla Schirn Kunsthalle, dovepotranno sorbirsi ore di proiezionisempre più unheimlich, in compa-gnia del maestro del grottesco,John Bock (Gribbohm, 1965). Einfine concedersi una pausa, pas-

seggiando sul ponte che il Menoattraversa, magari sostando sull'i-solotto che ospita il Portikus, dovefino a inizio luglio dialogavanoPaulina Olowska e BonnieCamplin. Alzando distrattamentelo sguardo, si scorgerà una figurapericolosamente ritta in cima a unalbero, mentre invoca o avocaattenzione. Ancora Cattelan, çava sans dire. Â

| marco enrico giacomelli |

SPAESAMENTO FRANCOFORTESETappa quasi obbligata quella sul Meno se, nelcorso dell'estate e snobisticamente al di fuoridel Grand Tour 2007, s'intende visitareDocumenta e Skulptur Projekte. E già che cisi trova in loco, un piccolo détour non guasta...

Exibart.grandtour recensioni.21

fino al 26 agosto 2007Tino SehgalMuseum für Moderne Kunst (Project room)fino a data da definirsiMaurizio CattelanMuseum für Moderne KunstDomstrasse 10 - Frankfurt am Mainmartedì dalle 10.00 alle 17.00, merco-ledì dalle 10.00 alle 20.00, da giovedìa domenica dalle 10.00 alle 17.00biglietto intero 6,00 euro; ridotto 3,00Tel +49 6921230447www.mmk-frankfurt.de

fino al 23 settembre 2007John Bock - FilmeA cura di Esther SchilichtSchirn KunsthalleRömerberg - Frankfurt am Mainmartedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00, mercoledì egiovedì dalle 10.00 alle 22.00biglietto intero 5,00 euro; ridotto 3,00Tel +49 692998820 www.schirn-kunsthalle.deCatalogo a cura di Esther Schilichte Max Hollein, König, 25,00 euro inmostra, 32,00 in libreria

info.

in alto a destra: Il manifesto delMMK per la mostra di Cattelansopra: Maurizio Cattelan - Ave

Maria, 2007 - poliuretano,metallo, vestiti, pittura -

Museum für Moderne Kunst,Courtesy of the artist.

a destra in basso: John Bock -Video, 58:55 min - foto di

scena: Jan Windszus - came-raman: Volker Mai - montaggio:

Benjamin Quabeckcoprodotto da Foundation EDF

e Printemps de SeptembreCourtesy: Klosterfelde, Berlin;

Anton Kern, New York - © 2006John Bock. All rights reserved.qui a lato: John Bock - Video - foto di scena: Jan Windszus -cameraman: David Schultz -

montaggio: Benjamin Quabeck- realizzato con il contributo diSchirn Kunsthalle Frankfurt -© 2007 John Bock. All rights

reserved.

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22.biennale review Exibart.grandtour

PADIGLIONE ITALIANOVezzoli e Penone. Un'accoppiata inconsuetaper il Padiglione Italiano della Biennale diVenezia, un percorso espositivo a cura diIda Giannelli che presenta due progetti soloapparentemente disgiunti l'uno dall'altro...

La Biennale dei capitomboli, degli amici che sene vanno. La Biennale del Leone fantasma. LaBiennale delle cadute di stile. In questaBiennale della routine e delle visite obbligate,obbligatoria è stata la tappa al PadiglioneItaliano, tornato alla ribalta dopo qualche annodi assenza e la cura di Ida Giannelli.Padiglione senza colpa, il congegno ben gesti-to dalla curatrice ha privilegiato gli artistiGiuseppe Penone e Francesco Vezzoli.Il malcontento popolare dei comitati antibien-nale ha immediatamente rivelato una richie-sta di coraggio maggiore nella selezione deifortunati in mostra, rifiutando lo scongela-mento biennale di figure quanto menoassenti nel frattempo, con il motto che "ilrischio premia". Chi ha avuto modo di pre-senziare alla performance del premio per lagiovane arte italiana Nico Vascellari saquanto questo non sempre è vero. Non hasbagliato invece, dall'alto della sua esperien-za, Giuseppe Penone che ha orchestrato unpercorso monumentale in cui il tema dellanatura e del suo rapporto viscerale con ilcorpo umano riemerge prepotentemente.Sculture di linfa, 2007 parte dalla similitudi-ne, concettuale quanto estetica, tra sistemalinfatico e funzionamento interno delle pian-te, per formulare un discorso vitalistico, in cuila linfa è l'ambra preziosa dell'esistenza,sostanza capace di generare - come il mieleper Joseph Beuys - calore ed energia, rac-colta e celata dall'involucro della pelle. Cosìstrati di pelli, posti a rivestire tronchi, pareti epavimenti, evocano di volta in volta le cortec-ce friabili degli alberi, la scorza dura deglianimali, le rugosità di un uomo travolto dalladecadenza della vecchiaia, ma anche leasperità delle catene montuose viste dall'ae-reo, o le dune del deserto quando non tira unalito di vento a scombinarne le sagome, asignificare, in una visione quasi cosmogoni-ca, che tutto - col raziocinio o senza - derivada una semplice molecola di carbonio. Meno preoccupato dal far poesia èFrancesco Vezzoli, che ripropone il formatodel video Caligula del 2005 per farsi beffedello scontro elettorale americano tra HillaryClinton e Barak Obama. Riprendendo neidettagli i meccanismi delle campagne statu-nitensi, gli slogan, l'immaginario iconograficoimperialista, i volti felici delle famiglie deicandidati, l'atmosfera di calore ed intimitàdelle loro case, Vezzoli compie una diagnosidi un mondo artificiale, soffocato dalla mani-polazione mediatica, che incombe, di clichéin cliché, come un monito anche su di noi.Non si ride e non si piange da Vezzoli, manemmeno si soffre. I risultati più entusia-smanti sono in realtà dati dall'accostamentodei due progetti espositivi, singolarmentefruibili come mostre separate, ma omoge-nee, seppur contrastanti, se considerateparte di un unico meccanismo, che pur conmezzi e presupposti differenti racconta lastoria dell'uomo, dei suoi cicli vitali, della suavita sociale, nel suo rapporto con l'altro. Purrecitando a soggetto, pur con gli anni sullespalle, i due artisti hanno saputo dimostrare,in una Biennale senza leoni, di avere ancoraqualche significativo ruggito da emettere e diessere perfettamente calati nella contempo-raneità, di sapere interpretare meglio di moltigiovani i sottili mutamenti che caratterizzaouna Storia ancora da redarre. Di questo2000 resta un quadro chiaro, di un mondodell'arte che, anche se volesse, non puòancora scommettere sull'immediata novità -salvo alcuni felici casi - ma può insegnargli ipresupposti. Di questa Biennale 2007 restafinalmente un Padiglione Italiano che, mal-grado gli aneddoti infelici che spesso carat-terizzano la letteratura del nostro Paese, nonè stata un'occasione mancata.

| santa nastro |

Giuseppe Penone - Sculture di linfa, 2007 -Installazione, Padiglione Italiano, 52. - Foto LucaStoppini

LA VECCHIA EUROPAVecchia Europa che passione! Longevi madifficili da scalzare, i padiglioni francese, tedesco,spagnolo hanno saputo tenere alta la tradizioneguadagnandone in qualità e buon gusto.

Un clima da memento mori aleggia nei cor-ridoi dell'Arsenale (la ricorderemo probabil-mente come la Biennale dei teschi) nonrisparmiando nemmeno la fresca atmosferadei Giardini. Tra veterani e nuove entrate, lavecchia Europa non si lascia intimidire, pro-ponendo lavori convincenti e di contenuto.L'affollamento all'ingresso dei padiglioni ciaiuta a rilevare i gusti del pubblico biennali-stico: quello tedesco tiene testa alle classi-fiche per tutta la durata dell'opening trasfor-mando le insindacabili direttive dell'artista,Isa Genzken (Bad Oldesloe, 1948), e cioèil veto di accogliere nelle sale più di dieci-venti persone alla volta, in un'arma di attra-zione dai prevedibili risvolti. Attese di un'orae oltre mettono alla prova gli amanti dell'ar-te più convinti, infondendo il sospetto diun'astuta mossa di mercato che utilizza lafolla come garanzia di successo. Eppurel'installazione riscatta gli infiniti minuti diattesa. Paradossalmente è quel senso disospensione scaturito dallo scorrere deltempo a potenziare il fascino metafisico dicui si nutre Oil (questo il titolo dell'opera),fornendo al pubblico un peculiare momentodi pausa dalla confusione della Laguna. Unambiente raggelato che non aspira a sedur-re, ma a riflettere, sia in senso letterale -superfici specchianti lambiscono l'ariacostringendo l'osservatore a un "tu per tu"che introduce e preannuncia il tema delviaggio interiore - che metaforico. Manichinineri vestiti di scafandri da astronauta gal-leggiano sulle teste, mentre trolley di ognidimensione, da cui ci osservano inquietanticivette impagliate, investono il quotidiano diuna dimensione iperuranica. In uno scena-rio apocalittico post-atomico, di kubrickianavisionarietà, bambole di plastica bruciac-chiata e sagome di presenze inerti ricorda-no la vita che non è più. Inconsapevoleomaggio al ready-made (qualche bruttafotocopia della Monna Lisa in bianco e nerocompare in un collage) e al turismo dimassa, l'opera della Genzken estrae dalquotidiano la sua perturbante potenzialitàscultorea, tingendola di sfumature fetish.Nel dirimpettaio padiglione francese, un'al-tra presenza femminile coagula l'attenzionedel popolo lagunare conquistando probabil-mente il titolo di progetto più originale. Illavoro di Sophie Calle (Parigi, 1953) avevagià destato curiosità per la maniera pococanonica con cui, secondo la cifra stilisticache le è propria, aveva scelto il curatore delpadiglione servendosi di un annuncio pub-blicato su vari giornali e riviste di settore. Con questo gesto la Calle ha sollevato unaprovocazione per destabilizzare i rigidi mec-canismi di funzionamento del mondo dell'ar-te, esercitando appieno un diritto concessoda una decina di anni agli artisti francesi,quello di selezionare da sé il proprio curato-re. La scelta è caduta non a caso sulla can-didatura inaspettata di Daniel Buren, che,oltre a essere francese di nascita, aver par-tecipato e vinto il Leone d'oro alla Biennaledel 1986, essersi sempre impegnato adecostruire le relazioni tra arte e istituzione,è, come sappiamo, un artista. Il binomio arti-sta-artista, scalzando quello artista-curato-re, ha aperto questioni importanti sull'inge-renza a volte troppo evidente della praticacuratoriale sull'opera esposta.Il lavoro concepito dalla Calle, Prenez soinde vous, è una sorta di radiografia graffian-te e divertita di una lettera di addio ricevutada un amante. L'artista lascia che centoset-te donne, di diverse generazioni, esperien-ze e mestieri, si impadroniscano della mis-siva analizzandola, interpretandola erispondendole ognuna a modo proprio.Dalla danzatrice indiana alla cruciverbista,dalla semiologa alla chiaroveggente, pas-sando per volti noti dell'arte (LaurieAnderson) e dello spettacolo (LucianaLittizzetto), l'artista sviluppa decine di alterego pronte a misurarsi con una situazione(forse) reale e (a tratti) banale. Foto, testi,video si estendono per i muri del padiglionein un delicato e autoironico inno al femmini-le che si snoda come un'immensa bandedessinée dove il racconto conduce a ununico finale: Prenez soin de vous. (conti-nua a pagina 29...)

| marta silvi |

ALL'OMBRA DEI GIGANTICerto, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti,Francia sono i paesi che 'fanno' la Biennale.Tuttavia anche le nazioni più piccole si presentano con proposte di assoluto livello.

La Biennale dei padiglioni nazionali è domi-nata dai giganti. Francia, Inghilterra, StatiUniti, Germania, Spagna monopolizzano lascena, nel bene e nel male, focalizzando l'at-tenzione su di sé. Sono loro i grandi paesidell'arte, i grandi padiglioni che "fanno laBiennale", lasciando alle altre partecipazionile briciole, e spesso nemmeno quelle, neiresoconti sui giornali. Eppure, anche all'om-bra dei giganti possono trovarsi realtà inte-ressanti. E proprio il profilo più basso puòrivelarsi un'occasione per esplorare le possi-bilità e la funzione dei padiglioni nazionali.Nel cuore dell'Europa, Belgio, Olanda eLussemburgo danno una reinterpretazionedella forma "padiglione", mettendola in dialo-go con Venezia, sviluppando la dimensionenazionale dello spazio espositivo e "amplian-dolo" con differenti strategie. Nel padiglione belga viene messo in scenaun labirinto. Il Palais des Glaces et de laDécouverte rappresenta una metafora delgroviglio di calli veneziane e di quello ancorpiù intricato della conoscenza. Al suo interno,in un labirinto di specchi, sono inseriti deivideo che ripropongono le performance cheEric Duyckaerts (Liège, 1953) ha svolto nelcorso dell'anno tra la Francia, il Belgio e gliStati Uniti. Una sorta di allargamento dellospazio e della durata della Biennale, situan-dosi autonomi e paralleli al progetto presen-tato e non soltanto come preparazione diesso. Nelle sue lezioni-performance l'artistabelga mette in scena la figura dell'impostoreintellettuale in grado di tessere con il filo deldiscorso, al contrario del filo di Arianna, labi-rinti di parole, che vivono il paradosso dellaverosimiglianza, in cui vero e falso sonoopposti che si uniscono e confondono.L'Olanda ha trattato lo spazio del padiglionenon come un indifferente luogo espositivo,ma cercando di approfondirne la natura"nazionale", indagando la situazione olande-se come esemplificazione della condizioneoccidentale. Citiziens and Subjects è un pro-getto di tre parti, in cui l'opera esposta diven-ta un singolo momento accanto ai saggi rac-colti nel catalogo e all'"estensione" che siterrà nel prossimo autunno in Olanda conuna serie di conferenze e dibattiti. All'internodel padiglione, in un ambiente con elementia metà tra il carcere e il centro d'accoglien-za, sono presentate tre installazioni videomulticanale di Arnout Mik (Groningen,1962), che mettono in scena, mescolandofiction e realtà, esercitazioni e interventi dellapolizia olandese in caso di disordini, perriflettere sul controllo della violenza da partedegli stati-nazione e sul paradosso di unasicurezza che può essere mantenuta soltan-to generando inquietudine e paura. Il padiglione lussemburghese è stato trasfor-mato in un luogo senza tempo né spazio. JillMercedes (Saarbrücken, 1964) ha costruitonella Cà del Duca un ambiente in cui possarealizzarsi una sovrapposizione tra i ricordi ele emozioni dei visitatori. Il corridoio e lequattro stanze di Endless Lust combinanosuoni, arredi minimali e suggestioni esotiche,dando vita allo scenario di un viaggio nellacoscienza e nella memoria dello spettatore,in grado di scatenare in ciascuno dei déjà vuemotivi. L'interno dello spazio dialoga conVenezia, pur nascondendola, lasciando fil-trare attraverso i serramenti riflessi della lucesull'acqua del canal Grande e i suoni prove-nienti dall'esterno, in modo da prolungare lasuggestione anche al di fuori del padiglionee facendo così entrare nella Serenissima ciòche ormai le manca: la possibilità del perico-lo, l'avventura, il desiderio.L'interesse dei "piccoli" non si trova soltantonelle riflessioni sulla forma o sulle possibilitàdei padiglioni nazionali, ma anche nella qua-lità e nello spessore delle opere esposte,come nel caso del padiglione danese. Idipinti di Troels Wörsel (Aarhus, 1950)sono dipinti sulla pittura e sul dipingere. Neisuoi quadri dalle forti intensità, tra influssipop e concettuali, viene rappresentata larappresentazione. Si ritrovano figure einserti di lettere e nomi di luoghi accanto achiazze di colore che sono ritratti delle pen-nellate, rovesci delle tele che rappresentanoil loro davanti e in cui il telaio dà una qualitàsculturale alla pittura e persino il colore,inconsuetamente protagonista in tutti i qua-dri esposti, viene utilizzato per rinviare adaltro. Opere che sono una dichiarazione d'a-more per pittura, un continuo dialogo conessa e un'indagine sui suoi confini, nellaconvinzione che i quadri abbiano sempre unsignificato, impossibile da eliminare.

| stefano mazzoni |

ALPINI A VENEZIAAtmosfere scolpite per un'idea di arte chemira a coinvolgere lo spettatore. Le architettureemotive di Svizzera e Slovenia e le visionilibere e violente del padiglione austriaco...

Oramai si sa, la Biennale di Venezia incarnal'anima più ambigua dell'arte e paradossal-mente è questa la sua forza e il suo grandepregio; a metà strada fra le inevitabili derivedi un mercato sempre più invadente e decisi-vo e il tentativo apprezzabile - ma spessovano - di rappresentare in maniera esaustivalo sconfinato universo artistico in tutte le sueforme; il rischio di trovarsi in un grande, cao-tico e colorato baraccone, però, è assai ele-vato. Ma forse il messaggio che Robert Storrha voluto lasciare non è del tutto privo difascino; il richiamo che egli fa agli uomini diutilizzare l'arte per raggiungere la piena con-sapevolezza del proprio essere si fonde conil tentativo di dare un ordine preciso al pre-sente utilizzando i sensi e le emozioni masenza escludere, a priori, la logica. E così sela cinquantaduesima esposizione internazio-nale fatica ad affermare con forza il suo puntodi vista sull'arte contemporanea a noi pocoimporta, perché non è nel contesto che sideve cercare un senso, ma nel dettaglio; idettagli delle cose, infatti, ci impongono untipo di approccio all'opera d'arte che esula dalnarcisistico bisogno di esperienze figurativegradevoli e collegamenti logici immediati,proiettando il nostro sistema cognitivo versoorizzonti molto più interessanti. È il caso,questo, del padiglione svizzero. L'universopercettivo di Christine Streuli si offre al pub-blico attraverso una serie di dipinti che coniu-gano i motivi cari alla storia dell'arte della vec-chia Europa con le tradizioni figurative dipaesi lontani. Il titolo della sua opera - GoNorth, Go South, Go East, Go West - spiegaalla perfezione la volontà dell'artista di convo-gliare in un solo punto i riferimenti che vengo-no da ogni direzione. Le pareti rivestite delpadiglione accolgono i dipinti in un sistemacapace di dialogare con ogni singola partedell'opera, come i giochi d'ombra proiettati suimuri. I quadri denunciano uno stretto rappor-to con la grafica, connubio che appare riusci-to soprattutto nell'utilizzo di colori vigorosi,uniti a linee di contorno che diventano siamotivi ornamentali che cornici dell'opera stes-sa. Lo spazio del padiglione viene coinvoltodall'artista in un progetto che intende rompe-re i confini finiti della tela e della cornice perspingere lo sguardo in un luogo privilegiatodove la forma diventa contenuto. L'interventodi Yves Netzhammer appare molto più orien-tato verso la sperimentazione di codici e lin-guaggi per ottenere immagini forti, capaci digenerare, attraverso forme di immedesima-zione forzata, emozioni cariche di pathos einquietudine. L'installazione pensata per laBiennale utilizza disegno, architettura, videoe colonna sonora per riflettere sul rapporto traspazio interno e spazio esterno. La colonnasonora, composta da Bernd Scheurer,denuncia una sorprendente funzionalità all'o-pera soprattutto nella perfetta sintonia con lelinee e i volumi architettonici pensati dall'arti-sta. La chiesa di San Stae, invece, ospita ilcontributo di due grandi artisti della scenaartistica contemporanea: Urs Fischer e UgoRondinone. Lo scenario storico della chiesaveneziana viene annullato per dare vita aduno spazio asettico ed ermetico, privo diimplicazioni con l'esterno, capace di dialoga-re con l'intimo desiderio di silenzio che alber-ga in ognuno di noi. Rondinone e Fischer pre-sentano opere distinte che sorprendente-mente interagiscono fra loro con grandenaturalezza. Il primo propone tre grossi uliviin alluminio bianco, retaggio di un'ostentataorigine mediterranea, perfettamente accoltidalla geometrica scenografia di San Stae,carica di purezza e desolazione, persa in ununiverso temporale sospeso. (continua apagina 29...)

| nicola bassano |

Urs Fischer and Ugo Rondinone - San StaeChurch - Photo: A. Burger Fotografie Zürich

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Exibart.grandtour biennale review.23

BALKAN EPICDall'est con furore. Giovani paesicrescono. Una ventata di freschezza daipadiglioni dell'area balcanica. Si parla dipolitica, di società, dell'esigenza di un viverecomune. Albania, Bulgaria, Serbia eRomania interpretano così la Biennale…

Spira un vento di novità da est. Come daalcune Biennali a questa parte, i padiglionidella Nuova Europa riservano sempre nonpoche sorprese. Si parte dal PadiglioneAlbanese, presso Palazzo Malipiero. Nelcongegno espositivo progettato da BonnieClearwater, spicca l'opera di HelidonGjergji, uno scontro tra uomo e natura,svolto con consapevolezza alla NaumJune Paik, attraverso la "preparazione" flu-xus di televisioni rivestite di strati di sabbia,fino a creare un cortocircuito reale e disenso e a trasformare la figurazione media-tica in astrazione. La Serbia propone, inve-ce, la scultura di Mrdjan Bajic, scelto dal-l'artista Vladimir Velickovic, e selezionatodalla giovanissima curatrice Maja Ciric. Lesue opere, strazianti incontri scultorei dimateriali dalle epidermidi contrastanti, divolumi dalle nature opposte, di volti traditi ecorpi astratti, rivelano la desolazione di undisagio che è sociale, politico, ma ancheculturale, il tentativo di ricostruire un'identi-tà a trecentosessanta gradi che non coinci-da con la violenza o l'intolleranza.Ugualmente interessato al discorso sull'i-dentità, ma con un approccio che concernela tradizione, è Nikos Alexiou, presentatodal curatore Yorgos Tzirtzilakis. Partendodalla sua indagine sulla ripetizione, sulleforme modulari, l'artista fa risalire la suainstallazione per la Biennale ad un mosaicodel X sec. a. C. che egli ha studiato per dueanni e da cui ha ricavato il senso escatolo-gico cui si deve il nome dell'installazione,The end. La solidità della Storia, della suapersistenza nel tempo si contrappone inol-tre ironicamente all'utilizzo di materiali fragi-li ed effimeri che fanno parte della poeticadell'artista e che restituiscono del mosaicoispiratore la semplice idea platonica.Pravdoliub Ivanov, Ivan Moudov, StefanNikolaev, protagonisti del PadiglioneBulgaro, regalano allo spettatore "un postoin cui non è mai stato", saturo di stravizi, incui Moudov riscopre il valore della collettivi-tà, dell'incontro attraverso la convivialità edoffre bottiglie di vino d'artista, Nikolaevcostruisce un enorme accendino in bronzoche, parodiando la torcia delle Olimpiadi,offre una fiamma eterna, mentre Ivanovgioca con l'architettura classicheggiante delpalazzo, proponendo una scultura di silico-ne che ne asseconda i volumi e nello stes-so tempo la provoca. Tra gli artisti selezio-nati da Minhea Mircan per il suo LowBudget Monuments (Victor Man, CristiPogacean, Mona Vatamanu & FlorinTudor) spicca l'obelisco all'aperto di CristiPogacean, totem di un'arte carica di simbo-logie, che non ha bisogno di un contornoallestitivo, ma si trova a suo agio a brigliesciolte, lontano da costose impalcature,bensì a contatto con la natura. Ed in que-sto senso, la semplicità formale e la densi-tà dei contenuti di cui si fanno carico gli arti-sti dei padiglioni sopra citati è un buonmetro di paragone per un'arte occidentaleche soffoca nella necessità di tracciareun'apparenza sensazionale, che appiccicail contenuto a posteriori sul contenitore, chedesidera stupire attraverso rocamboleschefinzioni, che si contrappone all'arte malinco-nica, ma vivace, rabbiosa, intrepida deiPaesi dell'Est.

| santa nastro |

Mrdjan Bajic - Yugomuseum, 2001- installationview - Center for Cultural Decontamination,Belgrade - Courtesy of the artist

LA VIA LATINATra giovani artisti e nomi affermati, pochibuoni progetti curatoriali e alcuni déjà vu.L'America Latina si presenta in Laguna. Ipadiglioni sparsi tra Giardini e la città disegnano il ritratto di un continente. C'è solo da domandarsi se sia realmentefedele…

Ogni volta ci si pone la stessa domanda, ovve-ro se la Biennale sia o no lo specchio di quel-lo che realmente succede, al momento, nell'ar-te mondiale. In riferimento ai padiglioni latinoa-mericani questa questione appare, al solito,retorica. Com’è possibile che un continenteintero, con tanto fervore artistico e spintadirompente, si presenti a Venezia completa-mente scollato dalla sua realtà operativa?La verità è che le scelte dei padiglioni sonoaffidate alle istituzioni e, in un continente cheancora risente delle castrazioni del passato,spesso questo segna un forte gap tra le pro-poste ufficiali e l'azione sul territorio.Spesso si tratta di una specifica volontà piùpolitica che artistica o strettamente di mercato,come d'altronde accade di frequente per lamaggior parte degli altri paesi. Probabilmentela risposta è nelle maglie della burocrazia o,talvolta, nella politica culturale di Stato. Questoappare, ad esempio, nel caso del padiglionedel Venezuela, che negli ultimi anni è statospecchio dei cambiamenti del paese. Nel2003, in extremis, rifiutò il progetto di PedroMorales, nel 2005 propose una retrospettivadel grafico cartellonista Santiago Pol ed oggi,sulla scia del recupero dell'identità india a cuipiù volte ha fatto riferimento il presidente HugoChavez - promotore di una unitarietà bolivaria-na dell’America Latina -, presenta le immaginietnografiche di Antonio Briceño. Il progetto,infatti, è una mappa del Centro e Sud Americaattraverso i volti degli abitanti indigeni, ritrattinella propria terra. Di certo è lontano dalleistanze del contemporaneo ma, letto alla lucedel percorso politico del paese, contribuisce atracciare il profilo ufficiale di un continente dallacrescente volontà di darsi voce attraverso lasua immagine originaria. Insieme a Briceño èpresente il gruppo V+F che, con una conferen-za sul web, sviluppa un programma quasi pro-pagandistico più che un progetto relazionale,almeno per quanto ascoltato nel corso dellanostra visita al padiglione.Più addentro allo spirito critico e di denunciasono le opere esposte nel padiglionedell'IILA - Istituto Italo Latino Americano - chedeclina il concetto di Territorios nelle suemolteplici sfaccettature geografiche, stori-che, identitarie, sociali o intime, come nelcaso di Ronald Moran che, nell'ovattatoregno di un bimbo, guarda ai segni della vio-lenza traslata dai mitra giocattolo sparsi nellacameretta. Emergono giovani artisti come lacilena Monica Bengoa e alcune opere sug-gestive quali l'incisivo Hago mio éste territo-rio di Manuela Ribadeneira e l'istallazioneS/T (Biblioteca blanca) del cubano WilfredoPrieto, silente attacco all'appiattimento cul-turale che, al contempo, richiama alla mentela denuncia civile che passa proprio per laredazione del cosiddetto libro bianco.Più tradizionali sono il padiglione argentino equello dell'Uruguay. Il primo propone la pittu-ra dal sapore cubista di Guillermo Kuitca, ilsecondo un'installazione di Ernesto Vila chetenta l'elaborazione di una nuova iconogra-fia, attraverso il recupero e la trasfigurazionedei rifiuti della cultura cittadina.Sicuramente gli artisti di più ampia eco sononel padiglione brasiliano e in quello messica-no. Il Brasile presenta le nitide riflessioni diJosé Damasceno, insieme ad AngelaDetanico & Rafael Lain. Ma la vera sorpre-sa di questa Biennale è il debutto del Messicocon Rafael Lozano-Hemmer. Il padiglione sisviluppa attraversando la sua opera, dalleistallazioni interattive alla documentazionedegli interventi di arte pubblica senza, però,alcun cedimento didascalico. Al contrario,nella fascinazione della sperimentazionediretta, il visitatore è coinvolto al punto da atti-vare maggiormente la ricerca dell'artista.Accade con Frequency and Volume, lavorodedicato al controllo, che sottopone il visitato-re ad una forma di osservazione dei suoimovimenti captati da un sistema di onderadio. Una violazione d'intimità che - guardacaso - crea un meccanismo di curiosità.

| federica la paglia |

Ronald Morán - Habitación infantil, 2005.Installazione di oggetti ricoperti di schiuma dipoliestere. 4x3x2,35 m. Collezione dell'artista.

THE COMMONWEALTHLa Gran Bretagna, gli Usa, l'Australia ed il Canada. Abbiamo riunito i padiglionianglosassoni presenti alla Biennale diVenezia. Per analizzarne in parallelo leproposte. E per decretare il vincitore dell'annoso match Usa-Uk...

USA - Gran Bretagna 1-0. Si può sintetizzarecosì l'esito dell'inevitabile confronto tra i duegrandi paesi artistici anglosassoni, confinatoall'interno dei Giardini della Biennale.Delude infatti l'inglese Tracey Emin, neltentativo di ricostruire un'identità 'pittorica' -e quasi accademica, verrebbe da dire -dopo gli eccessi anni Novanta a base di lettida suicida e confessioni osé. La mostrapresenta quadri con i soliti interventi di cuci-to, più discreti del solito per la verità, edinstallazioni di legno: nel complesso, unaprova senza infamia e senza lode.Convincente invece, nel complesso, la cele-brazione postuma di Felix Gonzales-Torres, unico artista chiamato da morto arappresentare gli Stati Uniti alla Biennale diVenezia, insieme a Robert Smithson(1982). Inevitabili gli sdilinquimenti dell'agio-grafia funerea, visibili soprattutto nella sceltadelle due enormi vasche in marmo diCarrara che accolgono pomposamente glispettatori all'ingresso del Padiglione. Nonpotevano mancare, naturalmente, le onni-presenti liquirizie di Untitled (Public Opinion).D'altra parte, se la distribuzione gratuita deimanifesti (Memorial Day Weekend eVeterans Day Sale) appare non più di unasemplice trovata, alcuni pezzi, come i bellis-simi Untitled - Republican Years (1992) - incui l'artista raggruppa eventi, modelli e datechiave nella recente storia americana -, ocome la serie di fotografie in bianco e nerodedicate alle varie definizioni e 'versioni' diFranklin Delano Roosvelt riscattano l'insie-me della mostra personale.Passando all'Australia, i tre artisti invitatisono distribuiti in sedi distinte: Susan Norriea Palazzo Giustinian Lolin, Daniel vonSturmer nel padiglione dei Giardini eCallum Morton a Cà Zenobio.Susan Norrie, con HAVOC, propone unavideoinstallazione sulla resistenza ed ilcoraggio di un intero popolo di fronte ad undisastro climatico, in perfetta - e furbetta -consonanza con l'Al Gore del film-docu-mentario Una scomoda verità (2006). Lacittà di Porong (Giava Est) è invasa dalfango, e gli abitanti si rivolgono alla spiritua-lità o alla… musica punk, per resistere allosconforto ed alla prostrazione. Daniel VonSturmer, invece, espone The Object ofThings, installazione multimediale a base divideo e oggetti. Nonostante l'intento neo-pit-torico (acrilici e diapositive, plastilina blu eacetato colorato) e riflessivo, l'insieme appa-re un po' confuso e non sufficientementeorganico, dissolto com'è tra ispirazioni tar-domoderniste e tentazioni postmediali.Molto più interessante e accattivante è,indubbiamente, il lavoro presentato daCallum Morton. Il cortile di PalazzoZenobio è occupato da un raffinato eserciziosite-specific, dall'ironico titolo Valhalla: unaprofonda e non banale immagine sul con-cetto di 'rovina' che, sempre centrale nellastoria culturale dell'Occidente, ha oggiassunto nuovi e perturbanti significati, cari-chi di minaccia e senso di colpa. La ricostru-zione in chiave di fiction della casa d'infan-zia, costruita dal padre architetto à la LouisKahn e oggi distrutta, ha perciò un valore dirisarcimento e di ricomposizione affettiva,emozionale: un'operazione molto diversa daquella di Rachel Whiteread, la prima artistache può venire in mente per associazione.Infine, il Canada invita David Altmejd, attra-verso un concorso nazionale. L'opera consi-ste in due installazioni complementari e paral-lele, sul tema degli uccelli e del rapporto traumano e animale. Legno, ferro e vetro com-pongono l'ambiente (The Index) in cui abita-no uccelli e scoiattoli, costruendo un equili-brio interno che è al tempo stesso materialee simbolico. The Giant 2, ospitato in un albe-

ro non lontano,fa da pendantall'immaginariauccelliera: ilgigante cheguarda è altempo stessoun corpo uma-noide ed unhabitat idealeper gli animali,come in unafiaba infantile oin un raccontopost-human inchiave ambien-talista.

| santa nastro |Copyright David Altmejd,2007. Photo credit EllenPage Wilson. Details fromThe Index, 2007.

PROFONDO NORDCritiche sociali e riflessioni sul concetto diidentità. Il Nordeuropa - Islanda, PaesiNordici, Lettonia, Lituania e Estonia - sembravenuto a dire la sua sui cambiamenti delmondo. Sul fatto che siamo tutti uguali e pericolosamente nevrotici. Con una sana ironia.Talvolta prendendo anche un po' le distanze...

Ma quante persone popolano il mondo?Come faranno culture così diverse ad inte-grarsi l'una con l'altra? Come faremo amantenere intatta la nostra identità? Cosavuol dire essere tutti uguali? Non corriamoil rischio di impazzire?Questi sembrano essere i personali esospiranti - forse un po' stantii - interrogati-vi che il Nordeuropa propone all'attenzionedella 52. Biennale. Un uomo con due figli e una moglie, con unmutuo e delle responsabilità. Un uomo, lacui vita è soffocata, con i propri sogni edesideri, nel caos di un'esistenza lenta emediocre, che decide di liberarsi della fami-glia; di condannarla a morte. Quello chepuò sembrare il titolo di una notizia appenapassata al telegiornale è ciò che il padiglio-ne dell'Estonia propone a questa Biennale;Loser's Paradise di Marko Mäetamm, cura-to da Mika Hannula, è una confessionecompleta di una strage familiare program-mata. In esposizione nelle sale del PalazzoMalipiero, oltre alla confessione scritta pas-sata in video, due giochi per bambini che sitrasformano in patiboli, un secondo video euna tela che con tratti semplici e fumettisti-ci raccontano, in un'atmosfera naïf, l'orroredi un giorno e di un uomo comuni. Dai binomi famiglia-frustrazione e gioco-morte, trattati con irriverente ironia, all'an-cora più introspettivo padiglione dellaLettonia, con Gints Gabrans (Valmiera,Lettonia, 1970). Un percorso a tre pianiconcernente l'interazione della propriaimmagine o, meglio, del proprio riflesso conla potenza della luce. In Paramirrors le partiriflettenti sono molteplici. Uno specchio dibellezza che ringiovanisce la pelle, attraver-so la riflessione di una luce terapeutica, fada esempio a un desiderio e una praticacontemporanei che trovano rappresentazio-ne nel contesto ideale e misterioso dellaScuoletta di San Giovanni Battista e del SS.Sacramento. Oppure in Paralle space.Psycholaser, una cabina dove, come nellacaverna di Platone, le ombre di personediverse si confondono con le proprie. Molto più ironica e meno gotica l'atmosferaal padiglione dei Paesi Nordici - Finlandia,Norvegia e Svezia - l'unico fra i citati all'in-terno dei Giardini. A dividerlo, con il proget-to Wellfare - Fare Well, gli artisti invitati dalcuratore René Block. In disparte, nel picco-lo padiglione progettato da Alvar Aalto, lapoetica di Maaria Wirkkala (1954), che perla sua terza volta veneziana proponeVietato lo sbarco, progetto concepito e rea-lizzato in loco. Metafora dell'alienazionesociale oltre il suo puro riferimento, il lavoroè composto da una gondola veneziana dalfondo pieno d'acqua in un mare di vetri rotti.A lato una scala di vetro percepibile soltan-to attraverso l'ombra riflessa sul muro. Apulire ininterrottamente i vetri del padiglionenordico, il lavavetri di turno rappresenta laperformance It would be nice to do some-thing political di Toril Goksøyr e CamillaMartens (1970 e 1969). Ugualmente per-formativi il lavoro di Jacob Dahlgren(1970) I, the world, things, life - una pareteinteramente coperta da bersagli per freccet-te, che il visitatore può prendere e tirare perverificare la propria abilità e modificare con-temporaneamente l'installazione -, e quellodell'agenzia di viaggi AbidintravelsWelcome to Baghdad organizzato da AdelAbidin (Iran 1973; vive in Finlandia), contanto di preziosi opuscoli che illustrano ledifficoltà di soggiornare a Baghdad e posterpoco probabili come souvenir. Quasi fuoridal padiglione le scatole/stanze diContainer e Untitled di Sirous Namazi(1970), poggiate sul pavimento, cercanoforse di confondere l'idea di esterno e inter-no mentre più avanti, in una posizione chelo rende ancora più ambiguo, Libertè - trebagni, uno bianco uno rosso uno blu, con ilmotto dei rivoluzionari francesi come inse-gne -, di Lars Ramberg (1964) confondeanimi e soprattutto corpi dei visitatori.Normalmente è esposto al Museo d'Arte diArchitettura e di Disegno di Oslo dove svol-ge, appunto, una doppia funzione. (conti-nua a pagina 29...)

| valentina bartarelli |

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24.biennale review Exibart.grandtour

GO EAST!Dalla Russia con amore. Un luna park perriflettere sul lavaggio mediatico del cervello.Ma, mentre la Polonia sta in una botte diferro, tra poverismo e povertà serpeggia il grande freddo. Per fortuna che c'èPinchuck...

Retaggi di un socialismo delabré o rinsacca-te varianti d'un più contemporaneo minimalspleen, non tutti i venti dell'Est soffiano fre-schi e impetuosi. È il caso della neghittosapersonale nel Padiglione Ungheria dell'o-riundo Andreas Fogarasi, autore di unopprimente allestimento che, mentovando lacostruzione di essenziali microcinema, spar-paglia in angusti cubicoli severamente scon-sigliati a claustrofobici e obesi una seriepoco smagliante di reportage sui centri cul-turali di Budapest oggidì. Annoiati e impri-gionati, depliant maccheronicamente tradot-to alla mano, si finisce per giunta col chie-dersi quanto sia stato opportuno "riciclare"per l'occasione un lavoro già esposto loscorso inverno nella galleria vienneseGeorg Kargl Box.Dalle "scatole nere" magiare alla "casa bian-ca" ceca e slovacca, stessa impaginazionerespingente, nell'algido ambiente in cuiIrena Juzovà ricalca se stessa tramiteimmacolato silicone. Una prova senza mac-chia d'originalità, in linea con un datato eser-cizio di autocoscienza corporea congelato inuna macabra allure. Smembrata e confezio-nata in scatole di cartone a mo' di bombo-niere da sposa morta, l'artista s'offre comefosse una bambola, santa disseminata traspogli reliquiari o, la testa squagliata qualpupa di cera, Venere postmodern, ritta inuna tribunetta da gabinetto anatomico vaga-mente somigliante a una capsula spaziale.E, in una Biennale con presenze muliebri fintroppo strombazzate, e retoricamente "fem-minili" per estetica e temi, si staglia la robu-stezza di Monika Sosnowska, sul cui soloshow si regge il padiglione polacco. Ha pun-tato sul sicuro il giovane curatore SebastianCichocki, affidandosi alla classe di ferro (omeglio d'acciaio) d'un nome già apprezzatodue edizioni fa all'Arsenale. Scelta indovina-ta, giacché la patria esce senza ammacca-ture da una "gabbia" contorta nella formama solida nella sostanza progettuale e nelretroterra storico, architettura monumentalee invadente al punto giusto, babelico rotta-me 1:1 rievocante l'espansione edilizia post-bellica imposta dalla febbre modernizzatri-ce.Fuori dagli spazi deputati A poem about aninland sea, bella collettivona allocata nelmagnifico Palazzo Papadopoli, aliasPadiglione Ucraina, alias PadiglionePinchuck, giacché le opere, più che la crea-tività "arancione", rappresentano la collezio-ne del magnate. Un pacchetto eterogeneoed icastico, che esemplifica le trasformazio-ni di un paese dimidiato tra eredità sovieticae sbornia capitalista. Dopo il prologo patriot-tico a caratteri cubitali, vergato da MarkTitchner, la magione patrizia accoglie la raf-finatissima Sam Taylor-Wood e le nonsempre riuscite "proiezioni d'arredo" diAlexander Hnilitsky e Lesia Zaiats; ilsexy-glam della Kiev rampante ritratta daJurgen Teller e le "infernali" memoriemetallurgiche di Serhiy Bratkov; il fastosokitsch di Dzine e il quotidiano, talvolta sciat-to e miserando, degli scatti di BorisMikhailov. Ancora foto, ma atmosfera deci-samente più decadente, in un altro eventooff, Ruin Russia, lapalissiana etichetta d'uncorpus documentario poco brillante per resaqualitativa e ingenuità d'allestimento (delresto, la minuscola Schola dei Tiraoro eBattioro come location non è il massimo…),firmato dall'acerbo (ventitre anni appena)Stas Polnarev, il cui obiettivo ha seguitopasso passo l'ultimo anno di vita del piùgrande albergo dell'epoca comunista (ilRussia, appunto). (continua a pagina 29...)

| anita pepe |

S+F - Last Riot, 2007 (videostills),video-installation. Courtesy of the Multimedia ArtCentre, Triumph Gallery.2

ITALIANI FUORIGli italiani che sono arrivati a Venezia, senzail tappeto rosso del padiglione nazionale macon la volontà di mettersi in mostra. E,manco a dirlo, sono proprio quelli che hannopiù voglia e più voce per gridare…

Non ci sono solo le ciminiere di Marghera adannunciare l'imminente arrivo a Venezia aiviaggiatori e a tutti coloro che transitano sulponte che unisce la città alla terraferma. Dallastrada si vedono infatti due palloni aerostaticigrigi, che volteggiano vacuamente in aria conla scritta Head e Flu. Si tratta dell'interventopubblico realizzato appositamente per la primaedizione della fiera Cornice (svoltasi durante igiorni della vernice della Biennale) da StefanoCagol (Trento, 1969), che vuole così mostrarecon ironia le mille influenze di cui siamo quoti-dianamente vittime e che fanno assomigliarele nostre teste proprio a quei palloni pieni dielio che si muovono, sopra l'isola delTronchetto, come bandiere al vento (sog-getto più volte affrontato dall'artista trenti-no). Il lavoro, che per eccessiva didascalici-tà rischia di cadere nella faciloneria, allafine sembra però tenere, poiché fa propriodella levità il suo il punto di forza.Ha un'aria più meditativa invece l'installa-zione di Andrea Morucchio (Venezia,1967) alla Giudecca. Sul pavimento di ungrande salone sono disposti quindici elmi divetro rosso, realizzati a partire da un model-lo medioevale, mentre alle pareti compaio-no e si rincorrono i lupi, simbolo con cuivenivano punzonati alcuni tipi di spade. Masi sente una musica: è la monodia delleLaudes Regiae, il coro liturgico con cui, apartire dal XI secolo, venivano accompa-gnate le incoronazioni dei re. In questomodo Murucchio fa una riflessione sul pote-re, sulla forza che ne garantisce la soprav-vivenza, sulla necessità di sostentarsi ricor-rendo a riti e forme di culto di ispirazionereligiosa. Sembra così emergere unasostanziale ed inquietante continuità traMedioevo ed i giorni nostri.Non è una novità invece la performanceAhgalla di Fabio Viale (Cuneo, 1975), chepercorre il canale dell'Arsenale a bordo diuna barca realizzata in marmo su cui hamontato un motore fuoribordo. E così, para-dossalmente, un materiale difficile ed ina-datto come la pietra di Carrara si dimostracapace di stare a galla e di trasportare per-sone. Peccato che per un evento come lavernice della Biennale sarebbe stato piùopportuno proporre qualche nuovo lavoro,visto che la performance si ripete più omeno inalterata da quasi cinque anni…Ma è indubbiamente Nico Vascellari (VittorioVeneto, 1976) a sfruttare più di ogni altro l'oc-casione della Biennale, grazie al padiglionemesso a disposizione dalla DARC, la divisio-ne ministeriale che si occupa di architettura edi arte contemporanea. La sua performancealla vernice veneziana si dimostra infatti unconcentrato esplosivo di forza e vitalità, capa-ce di scuotere i troppi torpori lagunari e diinfondere energia. Vascellari ha realizzato nelteatro un ambiente rivestito di legno, cui siaccede tramite un tunnel buio alla cui estre-mità oscilla una lampadina. La sala ha un latorivestito da amplificatori, che l'artista per l'oc-casione ha chiesto in prestito a band under-ground della scena europea. Tra la genteaccalcata nel buio si cala da una botola(indossa un'imbragatura e ha l'aspetto sini-stro di un black block) e cerca di guadagnar-si spazio tra gli spettatori con l'aiuto di assi-stenti. Comincia ad urlare la rabbia che haaddosso. C'è un microfono con un lungo filo,ostinatamente tenuto alto sopra la gente.Microfono e diffusori distorcono continua-mente le grida viscerali, grevi e ataviche, cheil performer lancia. L'universo sonoro è deci-samente noise e le orecchie fischiano. Tra ilcalore ed il sudore dei corpi Vascellari si agitae si comporta mimicamente come una rock-star, quasi fosse una scultura vivente, mentreprogressivamente la musica generata dalleurla degrada nel rumore e la gestualità perdeogni senso. Poi, ancora nel buio, scompare.All'uscita gli spettatori sono spiazzati, in un’at-mosfera postorgasmica. Storditi tra la catarsidel silenzio guadagnato e l'energia eccitatadalla stimolazione intensa.

| daniele capra |

OMAR GALLIANI Arte come forma di meditazione e purifica-zione. Suoni e accenti remoti, come la magi-ca musica Zhou, sprigionati dall'argento dellagrafite sulla nuda polpa del pioppo…

Dall'Urban Planning Exibition Center diShanghai, nel 2006, prende avvio il tourcinese di Omar Galliani (MontecchioEmilia, 1954). Un'avventura, iniziata nel2003, quando l'artista partecipò alla primaBiennale di Pechino. Un lungo pellegrinag-gio, durato un anno intero, in cui Gallianiriscuote un grande successo, lasciandotracce profonde sul pubblico e sugli artistiincontrati. Al tempo stesso, l'artista emilia-no, si lascia compenetrare dallo spirito edalla cultura orientale, assorbendone isuoni, gli odori e gli umori. Le opere nate inquest'ultimo arco di anni, recano inopinabiliimpronte di questo percorso cinese, carat-terizzate da sconfinati spazi interiori, dasetose increspature intessute di simboli cri-stiani, buddisti ed esoterici, riuniti in unavisione panteistica del creato. La ritualità, coi suoi ritmi lenti e grandiosi,con le sue armonie sonore, di cui è profon-damente permeato l'Oriente - in mostra rap-presentato da alcuni noti artisti cinesi -,entra nell'opera di Galliani, costituendo l'or-dito imprescindibile di questo percorsoespositivo, venato da sotterranee alchimie. Gli spazi della storica Fondazione QueriniStampalia, allestiti dall'architetto ticineseMario Botta con un impiantito scuro diovattato feltro, che fa da pendant alle mol-teplici e sfaccettate gamme di neri d'avoriodelle opere, appaiono vibrare di una magi-ca sacralità. La densità auratica che impre-gna il luogo penetra nel corpo del visitatore,liberandone la mente come un mantra.Procedendo a passo lento, di fronte agliocchi si dipana un metaforico sentiero lumi-noso, in cui le opere sono accostate le unealle altre, come i petali di un fiore in boccioche poggiandosi gli uni sugli altri combacia-no perfettamente, e all'unisono partecipanoa quell'armonia superiore e archetipa insitain ogni forma di vita organica. Un'armoniadata da dualismo e ambivalenza, come inGrande disegno italiano del 2003, in cuidominano doppie simmetrie, verticali e oriz-zontali, date dalla contrapposizione di duecorpi femminili. Uno, luminoso nella totalenudità, domina sovrano la volta stellata, e altempo stesso sembra trionfare sull'altro,modulato da dense stratificazioni grigio-nero.Anche Grande disegno siamese, del 2001,è imperniato su simbologie oppositive. Dueteste femminili, si toccano quasi fondendo-si. Al centro del disegno, due piccoli cerchi,incisi, si sovrappongono in maniera legger-mente sfalsata, alludendo forse ad una per-fezione duplice o alla ciclicità del tempo oalla ruota della legge impressa sul palmodella mano o sulla pianta dei piedi nell'ico-nografia del Buddha. Uno di questi volti èstato tessuto durante il vernissage dalleabilissime mani di ricamatrici cinesi con sor-prendenti velocità e capacità pittoriche. Un riferimento esplicito al buddismo si ritro-va in Mantra del 2001, in cui il GayatriMantra, il più rappresentativo della tradizio-ne Indù, è impresso nella parte alta di unfondo d'oro. L'invocazione a Brahman, siriflette come in uno specchio nella partebassa della tavola, ribadendo il valore sim-bolico della dualità. Questa tavola segnatada un'assialità orizzontale è completata daun altro pannello contrassegnato da un'op-posta simmetria verticale. Essa è tracciatanel buio fitto della grafite, da cui emergesotto forma di fascio di luce pulviscolare ocome pioggia siderale interrotta dalla vol-teggiante fissità di una rosa. Rosa, il cuisimbolismo - segretezza ma anche ragionidel cuore - fa da corollario a questo celebremantra, pronunciato affinché il Sole dell'in-telletto illumini e disperda le tenebre dell'i-gnoranza. Quest'opera è accostata a OnePoem of Tang Dinasty del 2007, di LiuDawei (Zhucheng, 1945), esempio di com-plessità, di forza d'animo e di espressivitàartistica, rese attraverso la calligrafia. Un altro tipo di energia e di segno linguisti-co presentano le opere di Pan Lusheng(Han, 1962) in cui il dinamismo di una pode-rosa pennellata nera circonda un teschiorosso sangue di Galliani. In Santi, del 2006-2007 si coglie un interessante richiamo ico-nografico e semantico al Parsifal del 1890del pittore esoterico Jean Delville, concui Galliani sembra avere molti tratti incomune.

| elvira d'angelo |

VICINO (E LONTANO) ORIENTEDalle proposte della nuova arte cinese allapop-paleontologia del Padiglione Corea. Lamemoria del Giappone e le metafore d'Israele…

Sfidano l'incognita di un futuro racchiuso nelquotidiano - ironiche, tecnologiche e poetiche -le artiste cinesi scelte da Hou Hanru perEveryday Miracles, nel padiglione cineseall'Arsenale. Tutte donne e tanti video. Trannel'installazione di Yin Xiuzhen (Pechino, 1963),che fa piovere dal soffitto del deposito di petro-lio una flotta di "missili" colorati che ricordanol'antenna della famosissima TV Tower diPudong, "nuovo" quartiere di Shanghai (ormaivecchio, visto che è del '90). Corpi volanti sullatraiettoria di doppi sensi, realizzati come sonocon stoffe, frammenti di abiti (simbolicamente ilfemminile), ma dalla forma cilindrico-fallica (ilmaschile). Un grido silenzioso contro la violen-za, per l'artista. Nello stesso scenario di cister-ne metalliche arrugginite si alternano anche ivideo di Kan Xuan (Anhui, 1972, vive traPechino e Amsterdam) - a partire da Kan XuanAi! (1999) fino a In focus, out focus (2007), -sconfinamenti autoreferenziali all'interno divisioni contaminate dalla fantasia.Nel vicino Giardino delle Vergini, le installazionidal contenuto sociale delle altre due artiste. Lepremièr voyage (2007) di Shen Yuan (Fujian1959, vive in Francia) è un grande biberonsmontato (c'è anche il ciucciotto), all'interno delquale un video affronta il tema dell'adozione deibambini orientali da parte di genitori occidenta-li, realtà in crescente aumento. Riflessioni chesi soffermano sulle differenze culturali che que-sti bimbi si troveranno ad affrontare, perchémalgrado - ovunque - la società sia ormai mul-tietnica, i pregiudizi sono ancora molto radicati,discriminazioni razziali incluse. Bianco e di materia plastica l'igloo dove CaoFei (Guangdong 1978) invita ad entrare perlasciarsi assorbire nell'ennesima realtà virtuale(tema a lei particolarmente caro). In ChinaTracy (2007) il confine tra realtà e alienazioneinternet è quasi inesistente. Ognuno ha la pos-sibilità di crearsi una nuova identità, questo èquello che sostiene Second Life, l'universoparallelo on line che l'artista prende in prestito.Un mondo virtuale in 3D - "realmente" popola-to da oltre sette milioni di utenti - ma che finisceper avere gli stessi codici stereotipati, le stesseregole della vita reale. Ma, allora, che gioco è?Parlando, invece, di tecnologia e cartoon, nonc'è luogo più adatto del Padiglione dellaCorea, tra gli ultimi ad essere stati realizzati,nel 1995, nei Giardini della Biennale. Thehomo species, a cura di Soyeon Ahn, è unasintesi del lavoro di Hyungkoo Lee (Pohang1969, vive a Seoul). L'artista parte dalla proto-storia "pop paleontologica" nella rincorsa diun'era post-futura. Nella prima sala un anima-le - o meglio il suo scheletro - più grande neinsegue uno più piccolo, nel buio illuminatodalle ombre. La sagoma del gatto evoca quel-la di Tom e quella del topo la versione fossiledi Jerry. La contaminazione Oriente/Occidentein una simbologia che non ha etichette, nétempi: vittima e carnefice. Nei cartoni animatisi tende ad umanizzare gli animali, trasforman-doli in proiezioni caricaturali dell'uomo contanto di vizi e virtù. Invertendo i processi, l'arti-sta coreano fa risalire proprio a queste creatu-re l'origine della specie umana. Il resto è spe-rimentazione in un laboratorio pieno di provet-te, filtri, tubicini... una sorta di asettica "camerabianca" - HK Lab-CPR (2001-2007)-, da cuiesce lo stesso Hyungkoo Lee (metaforicamen-te parlando), dopo aver indossato l'elmo divetro trasparente, per vagare per Venezia cosìcome appare nel video Helmet - WR (2007).Tutt'altra storia quando non si tratta di finzione.Is there a future for our past? The dark face ofthe light è il titolo del Padiglione Giapponese.Per Masao Okabe (Nemuro - Hokkaido 1942)è un dovere non dimenticare il passato, lamemoria storica. Parla di lato oscuro dellaluce, l'artista, mentre trasforma l'edificio pro-gettato da Takamasa Yoshizaka. La grandestanza diventa un archivio con i millequattro-cento disegni ottenuti strofinando con la mati-ta il foglio di carta sulle tracce dei "reperti" delporto di Ujina, siano essi anche fili d'erba.Raccolti nei book sono esposti nella scaffala-tura di legno, mentre una lunga fila di pietrerecupera quella che era la banchina della sta-zione della stessa città, all'indomani del bom-bardamento atomico. Particolarmente fortel'impatto emotivo della tecnica del frottage.Altro site specific quello di Yehudit Sasportas(Ashdod 1969, vive tra Berlino e Tel Aviv), IGuardiani della Soglia, che prende spunto dalminimalismo di Zeev Rechter, che nel '52 fir-mava il Padiglione di Israele, per sconvolgerel'ordine delle cose. Utilizzando varie tecniche -dal disegno a china alla scultura - l'artista pro-pone un viaggio metaforico nella natura all'in-segna del blu, del nero e dei grigi. "Le lungheaste che fanno parte dell'installazione sono losviluppo tridimensionale di alcuni elementi pre-senti nei disegni della Sasportas e rappresen-tano i guardiani della soglia. - spiega la curatri-ce Suzanne Landau - Tutto il suo lavoro è gio-cato sul dualismo, sul rapporto tra bi-dimensio-nalità e tridimensionalità, tra cultura e natura".

| manuela de leonardis |Un momento della performance di Fabio Vialelungo il Canale dell'Arsenale

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Exibart.grandtour biennale review.25

MATTHEW BARNEY /JOSEPH BEUYSBarney Vs Beuys. Sculture, video e disegniper raccontare la trama di rimandi tradue artisti che hanno costruito il propriolavoro a partire dall'esperienza autobiografica.Due sciamani (post)moderni…

Ci sono mostre che pongono questioni criticheaperte, che stimolano un dibattito e fomentanopolemiche, altre che invece propongono analisie forniscono delle chiavi di lettura per alcunifenomeni. È di quest'ultimo tipo la lucidissimadisanima proposta da Nancy Spector per ilGuggenheim, che mette a confronto uno deimaestri scomparsi della contemporaneità e unodei più solidi rappresentanti dell'arte dei nostrigiorni, che maestro si accinge a diventarlo.Sono molti infatti i legami che esistono traJoseph Beuys (Kleve, 1921-Düsseldorf,1986) e Matthew Barney (San Francisco,1967), a partire dalla forte componente auto-biografica per arrivare all'uso dei materiali,sebbene ci siano alla base poetiche assai dif-ferenti. L'evento centrale nella vita di Beuys,ossia il citatissimo episodio della morte sfiora-ta in un duello aereo in Crimea, cui seguì lacura da parte dei nomadi con grasso e feltro,ha per certi aspetti la medesima funzione dipietra miliare dell'ossessione per il corpo iper-trofico e potente di cui Barney, ex giocatore difootball, si nutre a partire dalla seconda metàdegli anni '80. E se il primo declina il propriobagaglio personale in versione messianica,nel ruolo di artista impegnato in una dinamicadi guarigione del mondo, il secondo si concen-tra su un'estetica raffinata impregnata di sim-boli, attinti tanto da un pantheon personalequanto da tradizioni teatrali e riti religiosi.Le vetrine dei due autori occupano la primasala della mostra in modo straniante, comesempre accade in un museo che non ha maismesso di essere la casa di Peggy. L'unaaccanto all'altra, le teche accolgono le Slittedell'artista tedesco e i dischi serigrafati diBarney Cremaster 2 e 3 insieme ad oggettidi marmo, metallo, ma anche grasso e cerad'api (l'alveare è il simbolo dello Utah, ilprimo stato che ha applicato la pena di mortea partire dalla sua reintroduzione, proprioall'uomo cui il video è ispirato). Nei corridoi - che meriterebbero un'illumina-zione più accurata - trovano posto invece idisegni che contengono in entrambi gli auto-ri la simbologia della croce, ma anche pro-paggini anatomiche, lembi di vegetazioni,arricchiti con l'usuale grasso. Ma se in Beuysla materia grassa è simbolo viscerale di rina-scita, di cambiamento continuo cui la sostan-za organica è destinata, in Barney è più spic-cato l'uso in funzione estetica e percettiva. Etra l'altro i disegni di quest'ultimo sono tuttidotati di un'interessante cornice, realizzatadallo stesso autore, che in questa maniera faslittare sulle tre dimensioni l'opera: non sitratta più solo di un disegno ma di un ogget-to, per certi aspetti una scultura.È invece compiutamente scultura Vakuum /Masse di Beuys, che salda in una cassa diferro una pompa avvolta nel grasso che diven-ta emblema del perenne movimento espansio-ne-rarefazione. Oppure Honigpumpe amArbeitsplatz, parte dell'installazione realizzataper una performance del '77 in cui il miele veni-va soffiato e diffuso quale elemento energeticoe linfa vitale. Le opere scultore più complessedi Barney sono invece quelle di ChriyslerImperial, caratterizzate dall'assemblaggio, tal-volta volutamente incoerente, talvolta raffinato,tra elementi e materiali stranianti, che rappre-sentano il disfacimento delle automobili delciclo di Cremaster, ridotte a frammenti senzasenso di cemento, plastica, acciaio, gel.Non possono mancare i video dei due arti-sti, che documentano da un lato l'aspettoperformativo, dall'altro quello più visionarioed immaginifico, ma è nel complesso che lamostra fa centro. Non vi è dubbio infatti cheMatthew sia uno dei più bravi, e inconsape-voli, figli di Joseph.

| daniele capra |

Joseph Beuys - Vakuum / Masse, 1968

JAN FABREGiacinto di Pietrantonio e la Gamec diBergamo si trasferiscono in laguna.Portandosi appresso il sapore amaro delleFiandre di Jan Fabre. Per uno fra i più affascinanti eventi collaterali della Biennale...

Jan Fabre (Anversa, 1958) è presente aVenezia in duplice veste. Come partecipan-te alla collettiva Artempo, allestita nel mira-bolante Palazzo Fortuny e, soprattutto, conla personale organizzata dalla Gamec,dove un paio d'anni fa s'era visto nella cor-posa rassegna War is over e nel 2003 conun'esposizione a solo dal titolo Gaude suc-currere vitae.Nel settecentesco palazzo Benzon, le cuisale hanno ospitato fra gli altri Byron eFoscolo, tutto ha inizio nel cortile.Introduzione affidata alla title track dellamostra, Antropologia di un Pianeta (Modellodi pensiero marmoreo, Studio I). Un cervel-lo in marmo bianco poggiato su uno zocco-lo; un cervello sul quale s'incunea unavanga impugnata da un uomo. Dallo spazioaperto a quello coperto, ma ancor prima disalire a palazzo, lo sciabordìo dei natantisul Canal Grande si confonde con quello -potenziale - dell'acqua contenuta in vascheda bagno d'antan in bronzo lucidato.Allineate, dorate, vuote; non fosse che peruna, dove un altro uomo, colui che "scrivesull'acqua" (2006), è immerso fino alla vita,vestito di tutto punto.È il punto di svolta, la cheville della mostra.Viatico o intimazione? Procedere al pianosuperiore o ritenersi soddisfatti? La curiosi-tà s'accompagna all'ansia, qualora si optiper la prima scelta. Privo di indicazioni wayfinding, il visitatore dovrà prendere alcunealtre decisioni, in uno spazio che crederà dipoter agevolmente gestire. Per quanto rilu-ca la fiaccola di libertà che ci s'immagina ditenere salda nel palmo della mano, Fabreha approntato climax ascendenti di notevo-li inclinazioni, pronte a svellere ogni gradodi sicumera. Prima di schiantarsi sulla cima, sfilanoopere più o meno recenti, e nel contempooccorre iniziare a farsi perdere da un altroelemento. Se il collo del cigno che si tendestremato dall'involucro sferico (Il problema,2001), nella più classica cifra entomologicafabriana, attira buona parte dell'attenzione;se medesimo magnetismo sprigiona laparata di teste di "gufo" (Messaggeri dellamorte decapitati, 2006); se la ribalta è occu-pata quasi militarmente dall'urlo soffocatodel Fabre più noto; oltre la luce zenitale,sulle pareti, quasi oscurati alla vista dadecorazioni e tappezzerie, sono affissi innu-merevoli disegni realizzati in questo terzomillennio. Segni silenti, basilari nell'econo-mia della mostra. Silenti nel senso attivo delverbo silere. Disegni che fanno silenzio,finanche azzittiscono le esclamazioni di chiresta turbato dalla poetica macabra, subli-me del fiammingo. Ancora pietre di paragone nel salone cen-trale, per un'opera letteralmente monumen-tale: Sputo sulla mia tomba si componed'un autoritratto scultoreo, pericolosamenteproteso fra lapidi debitamente incise. Si diràche non convincono appieno un paio d'ope-re: l'una concertata da una coppia di latteefigure attraversate e ferite da vetro e lame(Sculture delle lacrime II (Ivana e A nnabel-la), 2006); l'altra del 2004, a disporre partid'armature - dorate, ancora - adagiate suun letto di legno (Sanguis / Mantis landsca-pe (Il campo di battaglia), 2004), per un'in-stallazione che soffre un poco del ridottospazio a disposizione, impedendole didispiegare appieno la propria forza evocati-va. Al di là di ciò, è con la doppia climax acui s'accennava che queste incertezzesono superate d'un tratto. Da un lato, unaltro ritratto iper-realista e scultoreo dell'ar-tista (Mi sono lasciato drenare, 2006), coltomentre osserva da presso, troppo da pres-so un dipinto, così da fratturarsi il naso (ex-pònere significa anche e soprattutto preten-dere dall'osservatore uno sforzo, "fino afarsi scoppiare gli occhi, a trivellarsi il cra-nio", scriveva nel 1929 Roger Gilbert-Lecomte). Dall'altro lato, un tributo mozza-fiato alla vita (Il reclamo / protesta dei gattirandagi morti). Ma come? - si dirà - è unacrudele teoria di felini impagliati, derisi, vio-lentati, appesi a ganci da mattatoio, spieta-tamente sottoposti al peso tagliente di lastrevitree. Sfidate l'oftalmìa, obbligatevi aosservare: è nuovamente un'esibizioneimpudica di vitalismo, quella di Fabre.Disperata e caustica quanto si desidera, mapur sempre tale. "Qui si espone l'impossibi-lità strutturale di ogni lavoro del lutto".

| marco enrico giacomelli |

THOMAS DEMANDCome indice della realtà la fotografia nonpuò che restituire il vero. A meno che larealtà rappresentata non sia che una finzione.Allora le cose si complicano. Come insegna Thomas Demand...

Negli spazi della Fondazione Cini, su quelfazzoletto di terra nelle acque, proprio difronte a piazza san Marco, che è l'isola diSan Giorgio Maggiore, è ospitata unamostra promossa e prodotta da un'altra fon-dazione, la milanese Prada. Nelle sale al piano terra dell'ex conventosono allestite due esposizioni separatededicate ai due progetti di ThomasDemand (Monaco, 1964), Yellowcake eProcesso grottesco, attraverso cui il lavorodell'artista tedesco assume sfumature e siapre a cortocircuiti con la semiotica e conquestioni politiche che permettono in partedi ripensare anche i lavori precedenti.Il lavoro di Demand viene in genere espostonella forma di grandi fotografie di ambienti eoggetti che l'artista ha interamente realizzatonel suo studio utilizzando cartone. L'operapreliminare di ricostruzione è in genere tantodettagliata che, nonostante le dimensioni disolito considerevoli delle riproduzioni, risultadifficile di primo acchito afferrare che cosanon va, a che cosa è dovuta quell'aria astrat-ta e fuori dal tempo che le immagini comuni-cano. Per poi scoprire che è la fotografia,con la sua sintassi fatta di inquadraturesapienti e significanti, ad attribuire un gradodi realtà a una fredda fragile finzione costrui-ta con il solo scopo di apparire vera.Ma con i due lavori in mostra l'attenzioneviene spostata dalla funzione della fotogra-fia, medium menzognero che ingannaancora più efficacemente in virtù del reali-smo delle immagini, al reale, al referentedelle immagini stesse (le ricostruzioni incartone), e all'oggetto di imitazione, unarealtà che può presentarsi non meno ingan-nevole della sua riproduzione.In Processo grottesco (2006) Demand propo-ne oltre alla sua opera, la fotografia di quellache appare come una grotta, sia il copiosomateriale necessario al lungo lavoro di docu-mentazione e preparazione (cartoline, libriscientifici, romanzi, elaborazioni digitali, studi,il Merzbau di Kurt Schwitters e albi porno inambientazione... grottesca) sia la ricostruzio-ne in cartone della grotta. Con un processoche rimanda al lavoro di Joseph Kosuth,Demand sembra incoraggiare la domanda,semiotica e filosofica, circa che cosa sia unagrotta. Se quella dell'immagine fotografica, lasua ricostruzione in cartone o una delle innu-merevoli versioni di grotta proposte dalla let-teratura e dalle immagini del passato.In Yellowcake (2007) Demand cela invecedietro a un titolo ingannevole, pienamenteparte del gioco ingaggiato dalle immagini, unprogetto che ripropone attraverso la dialetti-ca tra realtà fotografata e finzione fotograficaquella tra realtà e finzione politica. Demandpropone con le sue immagini un'esplorazio-ne di un doppio in cartone dell'ambasciatanigeriana a Roma: prima il suo anonimoesterno, quindi scale qualunque, una norma-le maniglia di una porta, un corridoio cometanti, un ufficio a soqquadro. Ma non si trattadi un luogo tipo immaginato dall'artista, bensìdel teatro di una trafugazione vera, avvenutaallo scopo di rubare dall'ambasciata, quellavera, articoli da cancelleria e timbri. Chepotrebbero essere gli stessi usati per crearefalsi documenti che testimoniassero il tenta-tivo da parte dell'Iraq di Saddam Hussein diprocurarsi uranio impoverito (in gergo "yel-lowcake") per i propri esperimenti nucleariacquistandolo dal Niger. Documenti chepotrebbero essere stati usati da George W.Bush quale prova dell'assoluta necessitàdell'attacco all'Iraq.La ricostruzione di Demand in questo casoappare un po' meno realistica, un po' piùapprossimativa, quasi l'artista volesselasciar filtrare in maniera più evidente checiò che è sotto i nostri occhi non è la realtà,ma solo una delle sue numerose possibiliricostruzioni.

| valentina ballardini |

Thomas Demand - Embassy series, 2007 -courtesy Thomas Demand

RICHARD HAMILTON - A HOST OF ANGELSUn percorso nel quotidiano, come nellatradizione di un grande della Pop Art inglese. Interni di alberghi e case. Leimmagini sulle tele richiamano gli oggettipresenti nello spazio. Tredici tele, esplicitirimandi all'arte moderna. Una perla della52. Biennale di Venezia…

Parliamo di uno dei maestri della Pop Art, ese Jasper Johns e Robert Rauschenbergstanno al movimento americano, RichardHamilton (Londra, 1922) sta sicuramentea quello inglese. Così estimatore dell'og-getto di uso quotidiano e dei linguaggimediatici, che fece parte dell'IndependantGroup allo scopo di studiarne il fenome-no. E se per oggetto di uso quotidiano siintende immaginario collettivo, conse-guentemente si sottintende canonico,familiare. Ortodossia. Una produzione diquattordici lavori, stampa su tela e olio sustampa su tela, tutti compresi tra il 1993 eil 2006; elemento centrale la donna, adeccezione di due lavori iniziali che ritrag-gono gli amici Dieter Roth e DerekBarman come fossero protettori, araldi ecustodi di un percorso in gran parte alfemminile. Ambienti, interni di alberghi,case e studi: architetture entro cui i per-sonaggi, più che muoversi, vivono all'in-terno con gesti soliti e riconoscibili. InChiara & chair una ragazza completa-mente nuda passa l'aspirapolvere sullamoquette della hall di un albergo, la cuiprospettiva prosegue oltre i margini dellascena a ricreare l'ipotetico spazio ulterio-re, che termina in un netto punto di pro-spettiva. Contaminazione. Rimando.Citazione. Hamilton richiama le famoseprospettive dell'arte moderna: PaoloUccello, Tiziano, Piero della Francesca,Beato Angelico. Quest'ultimo più esplici-to, nella prima sala, con The Passage ofthe Angel to the Virgin, che richiama inmaniera inequivocabile i colonnati, lascena e l'azione di uno dei celeberrimilavori del grande maestro domenicano:L'annunciazione. Intatti il capo reclinato, igesti contenuti e la sacralità dell'azioneche si sta consumando negli attimi aseguire in una poetica del contempora-neo entro un'architettura grigia zincata.Donne, nude di continuo, dialogano conquello che è uno dei linguaggi trait d'u-nion di questo progetto: la "femmina insi-de". La donna occupa gli spazi tramite imovimenti giustapposti. Da qui aDescending nude in cui la donna si spec-chia su una superficie riflettente le suemultiple discese dai gradini, citando, tra-mite il fattore-concetto movimento, ilmaestro Marcel Duchamp. Il riflessocome multiplo, doppio, riprodotto e quindistesso. Anche qui rientra nella filosofiadel popolare: continuo rimando asfissian-te che tenta di contenere il tutto entro unoschema paranoicamente intimo. Le attrici:una la moglie, l'altra un'amica dellamoglie. La moglie esce dalla vasca dabagno Bathroom 2005/06: la familiaritàdella donna nel gesto sintetico di usciredalla vasca, entro un familiare ambientecome il bagno che viene alterato dall'in-tervento pittorico sullo scatto fotografico asottolineare linee, colori, geometrie diforte rimando al design. A seguire, la for-mula si ripete in uno schema continuo eregisticamente coreografato con l'aggiun-ta di oggetti di arredo quotidiano di appar-tenenti all'artista.

| alessandro facente |

Richard Hamilton - The passage of the Angelto the virgin, 2005-2007 - montaggio digitale,Fuji/Océ LightJet - 120 x 160 cm

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26.biennale review Exibart.grandtour

HERNAN BAS - SAINT & SECRET SECTSAd appena un anno dalla sua prima personale italiana torna a Venezia, stavoltadurante la Biennale, la pittura incantatadel giovane artista statunitense (Miami,1978). Che si è nel frattempo conquistatola fama di uno dei più promettenti talentid'oltreoceano…

Hernan Bas è tra gli esponenti di spicco diquello che, in una recente mostra allaKunsthalle di Francoforte, dove gli faceva-no buona compagnia, tra gli altri, PeterDoig, David Thorpe, Kaye Donachie,Christopher Orr, David Altmejd, è stata indi-cato da Max Hollein e Martina Weinhartcome New Romanticism.Dalle lamentazioni funebri del 2006 all'icono-grafia dei santi del 2007, le tematiche religio-se continuano ad essere quelle privilegiatedall'artista, fonte iconografica e concettualeper delineare la sua visione del mondo edella società contemporanea. Ancora unavolta i suoi giovani uomini vagano alla ricer-ca di se stessi, cercando faticosamente diritrovare le proprie origini e l'armonia con lanatura. Ma stavolta incarnandosi nella tradi-zione figurativa della mistica teologica: tor-mento ed estasi rappresentano per Bas unacondizione esistenziale che si dibatte tra ilbisogno di una presa di coscienza di sé e lariscoperta di una dimensione spirituale, nelrapporto con il mondo e con gli altri.Solitudine, incomunicabilità, incomprensionee disadattamento sono il martirio della nostraepoca anemica e disumanizzata. La cifradelle icone domestiche dello statunitenseconsiste proprio in questa passionalità malin-conica anacronistica, in questo misticismolanguido che tanto appare inopportuno, ina-deguato, quanto fascinoso e raffinato, tantoridondante e retorico quanto attraente e pro-blematico. Talmente avverso e contrario alnostro tempo da costituire sottile e insidiosoatto di destabilizzazione, che obbliga l'osser-vatore a recuperare memorie che parevanorimosse, sensazioni infantili e adolescenzialiche si credevano perdute.Hernan Bas è certamente un talento nella tec-nica pittorica: la sua pennellata istintiva eviscerale, ora dolce ora nervosa, appaga isensi, unitamente ad una disinvolta capacitàcompositiva ed un gusto per il colore fuori delcomune. La stesura delicata degli azzurri edei rossi si armonizza persino con inserti d'oroe bronzo di sapore bizantino, che sull'irregola-re superficie rilascia riflessi quasi musivi.Concettualmente la ricerca dell'artista costi-tuisce il risarcimento atteso di chi, finalmen-te, può rivendicare la legittimità della bellamaniera, fuori dalle elucubrazioni concet-tuali fini a se stesse e dalle sperimentazioniardite. Ma è anche la rivincita dell'idealismosul materialismo.Rispetto alle opere viste fino all'anno scorsola tecnica di Bas si è anche evoluta, gli impa-sti sono più magri, la materia sottile, il gestosi è indurito ed è divenuto più spigoloso, pas-sionale, con risultati espressionisti più decisi.I risultati premiano certamente le dimensionipiù ampie e complesse.Saints & Secret Sects nasce in collaborazio-ne con la galleria londinese di Victoria Miro.Un solo progetto per due mostre, inauguratea una settimana di distanza a Londra eVenezia. Al di là delle osservazioni di merito illirismo agiografico del novello dandy HernanBas costituisce una prova ulteriore di comeoggi la pittura abbia trovato riscatto proprionella sua attitudine debole e nel suo caratte-re retrospettivo rispetto alla storia.

| alfredo sigolo |

Hernan Bas - The patron saint of misfortune, 2007

ENZO CUCCHIEvviva: è la dedica di Cucchi sul catalogo.Quello che Ester Coen definisce l'arteficeaffabulatore della Transavanguardia espone in piazza San Marco. Con unamostra-excursus, dai teschietti degli anniOttanta alle deformi teste di Van Gogh…

Nei giorni del vernissage della Biennale,Enzo Cucchi (Morro D'Alba, Ancona, 1949;vive a Roma) vestito di bianco, iconico comeun filosofo, vigila sull'inaugurazione della suamostra al Museo Correr e firma cataloghi. AiGiardini e all'Arsenale, come testimoni del-l'arte italiana, ci sono protagonisti che hannoagito prima o dopo l'abbuffata di pittura deglianni Ottanta. Da una parte l'arte povera diPenone e i video di Vezzoli al PadiglioneItaliano; dall'altra al Padiglione Venezia unVedova informale divide lo spazio con i videoanni Settanta sepolti negli archivi dell'ASAC.Se la Fondazione Guggenheim e Pinault sicontendono spazi espositivi e star glamourdel contemporaneo, la Transavanguardiaoccupa le sale del Correr con quelle che ildirettore Giandomenico Romanelli chiama le"stranianti figure" di un "demiurgo sfrontato etimido".La Transavanguardia si è presentata ufficial-mente proprio alla Biennale del 1980, ma amolti frequentatori del contemporaneo que-sta mostra più che un'occasione vintage èparsa soprattutto un beneficio legato a ragio-ni di mercato. Indipendentemente da simpa-tie e fazioni, è un'esposizione ben curata, ilcui valore sta nel numero di lavori e nella loroparata cronologica. La rassegna è un dispie-gamento di forza, con pezzi generalmente digrandi dimensioni provenienti da museicome il Guggenheim di New York e Bilbao, loStedelijk di Amsterdam, il Castello di Rivoli. Sorpassato lo scoglio delle pitture di fineanni Settanta e primissimi Ottanta, dove ciòche Ester Coen chiama "espressionismosperimentale" dà forma a quella tipica ricer-ca di "forme banali e semplici", con un usodel colore urlato e disarmante, si trova anchemolta poesia. Cucchi, che poeta di versi lo èdavvero, dispiega la sua vena metafisica neidisegni a carboncino su carta. Dal cagnolino con albero di A terra d'uomo(1980) ai "disegni tonti", fino alla tenera seriedei Disegni presi all'aria (1999), con inserti dipelliccia o cuoio. È una "ricerca di identità erisposte" legata alle leggende della sua regio-ne e all'immaginario che continua in modoancor più surreale negli anni Novanta, cometestimonia La nuvola del Calvario (1992).Se Fontana ebbra (1882) dà l'occasione dinotare la filiazione romana della sua pittura,con echi degli impasti di Scipione, lo stranis-simo Grande disegno della terra (1982), inpezzi di legno, non sembra nemmeno unCucchi. Tuttavia, a dominare sono soprattut-to le pitture in cui ad imporsi sono i "fantasmidella mente", dove, secondo la Coen, "ilvisionario, l'arcaico, l'ingenuo o il selvaggioricompaiono sulle tele dipinte dai colori acidie alti, volutamente stonati e squillanti" dopoun periodo di lunga assenza dell'immagine,impastati via via in un delirio di colore mag-matico, con tanto rosso e arancio, strisciatedi bianco a vivificare le tele popolate daifamosi teschietti e da corvi neri.La mostra termina con tele giganti di sog-getto "morale" dedicate all'Italia, tra cui sidistingue Starnuto (2004), con un asinelloche mangia nel suo sacchetto-picotin rea-lizzato con la bandiera italiana, e una goffasezione che fa dell'ironia sulla storia dell'ar-te, citando opere icona o facce di Picasso evan Gogh. Ma la colpa e l'origine di tutto,come nel gioco d'azzardo, è un'autenticaossessione per il "vizio assurdo" della pittu-ra. Lo denuncia il pittore stesso: "la pittura èuna cosa meravigliosa ma è anche unagrande puttana; se non fai attenzione civuole poco perché i materiali ti abbaglino",mentre occorre sempre conservare ungrande "bisogno di meraviglia".

| stefania portinari |

YASUMASA MORIMURAIl gioco del travestitismo cambia soggetto:non più famose opere d'arte o personaggistereotipati dello star system, ma iconedelle ideologie occidentali. Per inediti"esercizi di autoriflessione"…

La "rivoluzione estetica" di YasumasaMorimura (Osaka, 1951) approda allaBiennale di Venezia. L'artista giapponesepropone una serie di opere che, attraversouna grottesca e ironica critica al rapporto traOccidente e Oriente, si pongono l'obiettivo,come lui stesso ha dichiarato, di "dragare lastoria, trasferirla nella mia arte e placareSusanoo e la sua influenza in essa".Requiem for the XX Century segna un'evo-luzione significativa del percorso artistico-esistenziale di Morimura, che fin dagli esor-di si è distaccato dall'ukiyo-e di Hokusai edai suibokuga di Sesshu per avvicinarsi alla"western art" e in particolar modo a vanGogh, Duchamp e Picasso. L'artista ora non stravolge più le categoriegerarchiche su cui si fonda l'opposizione tra ilmondo occidentale e quello asiatico rivisitan-do i quadri di numerosi maestri della storiadell'arte, come Leonardo Da Vinci, Goya,Manet, Rembrandt, Van Gogh e Velázquez, ovestendo narcisisticamente i panni di famoseattrici e artiste, tra cui Brigitte Bardot, AudreyHepburn, Frida Khalo, Vivien Leigh, MarylinMonroe e Cindy Sherman. Abbandonata lafigura dell'onnagata del teatro Kabuki, da cuiaveva tratto ispirazione per i suoi travesti-menti, Morimura re-interpreta alcuni perso-naggi, tutti esclusivamente uomini, chehanno segnato in modo indelebile il secoloappena trascorso, un periodo "intriso di valo-ri maschili" secondo lo stesso artista. Nonostante in passato abbia sintetizzato il rap-porto tra Occidente e Oriente in quello tra uomoe donna attraverso l'immaginaria femminizza-zione del maschio asiatico e la fusione dimaschile e femminile in un'ideale di assolutaperfezione, l'artista unisce ora due elementi,quello storico appartenente alla memoria collet-tiva e quello del ricordo personale, per produr-re l'entusiasmo e la commozione in cui poterritrovare la sua personale idea di bellezza. Morimura, pertanto, mette in scena icone delcalibro di Che Guevara, Einstein, Hitler nellaversione chapliniana de Il Grande dittatore,Lenin, Mao e Oswald, le cui fotografie, seppurricostruite rispettando la situazione originale incui sono state scattate, vengono ricollocate inuno scenario esclusivamente giapponese.Usando il proprio corpo come una materia pla-smabile da poter camuffare ad arte, l'artistacrea così un'immagine fedele all'originale mastravolta nel significato, che provoca nellospettatore un senso di forte straniamento. La scelta di impersonare uomini realmente esi-stiti o fatti storicamente accaduti che risalgonoal massimo fino al 1980, anno in cui perMorimura è finito in realtà il XX secolo, scaturi-sce non solo dall'influenza che certi personag-gi o eventi hanno avuto sulla sua formazionesociale, politica e artistica, ma soprattutto dallaconsapevolezza di appartenere al secolo scor-so e di non riuscire ad "allinearsi al ritmo esa-sperato dell'arte contemporanea". Un'arte cheha disperso "quei fondamenti capitali con cuisin dall'adolescenza si è nutrita, espressi pro-prio da quel mondo occidentale che oggi li tra-scura e pare abbandonarli in favore di un siste-ma che ogni istante necessita nuove forme - enon contenuti - per sopravvivere a se stesso".Attraverso il travestimento, prodotto con "meti-colosità quasi maniacale", Morimura trascen-de quindi i limiti del proprio corpo, che divienezona di confine dell'identità, di ibridazione tral'io e l'altro, tra una cultura e l'altra, proponen-dosi allo spettatore come un "agnello sacrifica-le". Indicativo è che il cambiamento di sogget-to avvenga attraverso l'ambigua figura di YukioMishima, di cui è rielaborato in un video ildiscorso tenuto nel 1970 a quattro suoi segua-ci appartenenti all'Associazione degli Scudipresso il Ministero della Difesa prima di ucci-dersi per seppuku. Un adattamento che è rap-presentativo della stessa poetica di Morimurasoprattutto nella sua ultima parte, quando l'ar-tista si domanda per quale motivo gli artistisiano prigionieri di forme espressive che nega-no la loro stessa identità e, constatando chenessuno è disposto a svegliarsi, a seguirlo e amuovere un dito per l'arte, decide di smetteredi credere nell'arte e urlare "Banzai! Banzai!Banzai! Banzai! Viva l'arte! Banzai! Banzai!Banzai!".L'artista esalta così la propria soggettività,come dimostra anche la sua breve videointer-vista con cui introduce il pubblico nel suo studiodi Osaka, e segna il passaggio da un'identitàtradizionale e convenzionale a una in continuametamorfosi che gli permette di "evidenziare ladifferente percezione che l'io può avvertire di sestesso e la capacità dell'uomo, dell'artista, disperimentare un ruolo alternativo".

| veronica pirola |

EMILIO VEDOVAUna mostra concordata prima dellascomparsa diventa un omaggio all'artista ealla sua opera. Dai Plurimi agli Arbitri aiCosiddetti Carnevali. Venezia celebra l'ultimodei suoi grandi maestri: Emilio Vedova…

"Da anni, Vedova va raccogliendo eventi edindizi, sapendo che, quando si cammina sulfilo del rasoio un istante di minor tensionebasta a rovinare tutto. La sua pittura s'inoltranella dimensione del terrore, dove le grandiidee dell'umanità diventano lampi di luce evortici di tenebra". Quella energica e violentatensione gestuale e narrativa - così ben foca-lizzata da Argan - che si muove sul bilico degliopposti tra luce e ombra, segno e spazio,astrazione e forma, ha permeato l'intero per-corso di Emilio Vedova (Venezia, 1919 -2006). L'artista che dipingeva l'anima dellasua malinconica città e che si è profuso permantenerla al centro del dibattito internazio-nale. Che ha influenzato generazioni di stu-denti dell'Accademia di Belle Arti e cherispecchia i conflitti e le inquietudini dell'ar-tista contemporaneo è ora ricordato, dallacittà lagunare, attraverso due importantimostre: Omaggio a Vedova, allestita alPadiglione Venezia - a carattere di memo-ria, in attesa delle retrospettive che si ter-ranno rispettivamente a Roma (ottobre2007) e a Berlino (2008) - e la personale,concordata prima della sua scomparsa,all'isola di Sant'Erasmo. Location immersain un'atmosfera sospesa e silenziosa dovesi erge la restaurata Torre Massimiliana,ottocentesca fortificazione austriaca, cheospita un'accurata e ben allestita selezioned'opere, alcune delle quali ancora inedite,appartenenti ai suoi celebri cicli. DaiPlurimi/Binari ai Frammenti/Schegge, dagliArbitri ai Cosiddetti Carnevali.Introducono l'esposizione al piano terrenodue grandi lastre in zinco incise, dove è faci-le leggere l'influenza del disegno settecente-sco veneziano e la drammatica inquietudinedelle incisioni di Piranesi, seguite da cinqueArbitri (1977/1979), tecniche miste e fotocol-lage su carta e cartone. Da Tortura adAssoluto, gli Arbitri sono frammenti spettrali,intrisi di dolore, evidenziati dai volti straziati edeformi che emergono dall'oscurità più pro-fonda. Il pescatore, collage a colori del '46,precede invece la sala dove un montaggiovideo abbraccia l'arco temporale tra il '53 e il2004 e approfondisce il proficuo sodalizio conLuigi Nono, che tra le altre cose portò allamessa in opera di Intolleranza '60 ePrometeo. È la fine degli anni Cinquantaquando Vedova avvia una nuova ricerca pit-torica che lo induce ad abbandonare lasuperficie del quadro e limitare il colore aigrigi, bianchi e neri per approdare aiPlurimi/Binari, sei dei quali inediti, provenien-ti dal ciclo Lacerazione '77-'78, sono allestitinelle sale del primo piano. Dall'esigenza dioltrepassare la forma nascono superfici poli-materiche articolate ed estensibili attraversobinari. Alfabeti postmoderni apparentementederivanti dall'action painting sono inveceorientati verso l'espressionismo astratto diFranz Kline ma non escludono la derivazio-ne dinamico-futurista, data dalle strutture tri-dimensionali che permettono alla pittura difuoriuscire dallo spazio precostituito ed inva-dere l'ambiente. "Aperture di mondi spiritualimetafisici nei vecchi trittici attraverso cerniereche si snodano in multiple alternative muovo-no un mondo di scontro in questo correre-scorrere da complesse traversate stratifica-zioni", si legge dagli appunti dell'artista.Su ritagli di legno asimmetrici si staglianoanonime maschere e materiali di scarto aconcretizzare l'essenza veneziana e al con-tempo riflettere la condizione esistenzialedella società contemporanea. Sono gliassemblaggi dadaisti, i Cosiddetti Carnevalidove il nero s'ispessisce per scarnificareviolentemente il bianco. Come apparizionistranianti si presentano invece i fotogrammiche compongono i Frammenti/Schegge eintroducono Il grande Tondo (Golfo, Mappadi Guerra), del 1991. L'opera appartiene alla serie di installazionirealizzate durante la guerra del Golfo, work inprogress dove l'artista ha continuato a tra-sformare e correggere stratificazioni di mate-ria che inglobano frammenti cartacei e fil diferro aggrovigliati sullo sfondo di un'intensapoesia visiva. L'ambivalenza, il senso di con-traddizione e conflitto sono alla base dellapoetica di questo grande artista visceralmen-te veneziano ma anche estremamente aper-to al nuovo ed alla sperimentazione, incapa-ce di placare ribellione e protesta ma non dievocare la poesia della sua città.Raccogliendone i detriti, evidenziandone lanebbia, gli specchi d'acqua e gli spazi infiniti."Relitti della laguna affiorano in tutte le sueopere, non solo in quelle dove proprio pezzidi corda, legni di barca, stracci di vela sonomaterialmente presenti", scrive Cacciari nellapresentazione in catalogo, "è densa acquadella laguna anche il suo colore, nei momen-ti di più dolorosa malinconia".

| roberta vanali |Enzo Cucchi - Starnuto, 2004 - cm 270X400

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Exibart.grandtour agenda.27

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 BiennaleAdi da SamrajPer gran parte degli ultimi dieci anni,ilguru, newyorchese di nascita, oraresidente nelle Fiji, ha esploratonuove forme di tecnologia digitaleper produrre complesse e sofisticateimmagini che incarnano i suoi inse-gnamenti religiosi e filosofici10-18 (chiuso il lunedì)palazzo bollanicastello, 3647

dal 9/06/2007 al 30/09/2007

13x17L’intento della mostra è di stimolarela situazione attuale del sistema arti-stico in Italia nella declinazione uffi-ciale della 52° Biennale di Venezia11.00 – 17.30 tutti i giorni escluso ilmercoledìberengo fine artscampiello de la pescheria, 4+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - And so itgoes: Artists from WalesLa mostra And so it goes: Artists fromWales include le nuove opere diRichard Deacon, Merlin James eHeather & Ivan Morison. Con unatteggiamento indagatore ed eteroge-neo gli artisti esplorano spazi nuovi econosciuti dell’Ex Birreria attraverso lascultura, la pittura, il suono e alcunepresentazioni cinematografiche daltaglio documentaristico11 am -7 pm (until 30/092007); 12am - 6 pm (until 21/11/07) closingday: mondayex birreria drehervenezia-giudecca, 800g

dall' 8/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale - AniwaniwaAniwaniwa è una collezione di“wakahuia” (recipienti che contengo-no tesori preziosi). Si tratta di cinquegrandi sculture concave sospesedall’alto, dal cui interno vengonoproiettate immagini e suoni che ripor-tano in vita le memorie di Horahora,un luogo oggi sommerso dalleacque. La mostra curata da AliceHutchison, Camilla Seibezzi eMilovan Farronato, nasce dalla colla-borazione tra gli artisti Brett Grahame Rachael Rakena10-18magazzini del saledorsoduro (zattere), 259+39 0376244769

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - AtopiaAtopia, presenta un "non luogo"come metafora spaziale per chiarirela logica politico-culturale della glo-balizzazione10-18 (chiuso il lunedì)palazzo delle prigionisan marco - castello, 4209+39 0415264546

dal 7/06/2007 al 24/11/2007

52 Biennale - Bill Viola“Ocean Without a Shore riguarda lapresenza dei morti nelle nostre vite. Itre altari in pietra nella quattrocente-sca Chiesa di San Gallo diventanosuperfici trasparenti su cui si manife-stano le immagini dei morti che cer-cano di rientrare nel nostro mondo. Il

passaggio oltre la soglia che separai due mondi è un momento intenso diemotività infinita e di acuta consape-volezza fisica.” Bill Viola10-18, chiuso lunedìchiesetta di san gallocampo san gallo (san marco), 1103

dal 6/06/2007 al 31/08/2007

52 Biennale - Claudio BravoLa mostra è dedicata alle opererecenti dell’artista cileno ClaudioBravo: grandi trittici sul tema ricor-rente dei “Paquetes” e alcuni quadricon soggetti di “Papeles” e “Lanas”:temi sempre più cari a Bravo negliultimi anni10-18museo diocesano d'arte sacra - exconvento sant'apolloniacastello (san marco), 4312+39 0415229166www.museodiocesanovenezia.itmuseodiocesano@patriarcato.venezia.it

dal 7/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale - Edgar Heap of BirdsMost Serene Republics di EdgarHeap of Birds presenta, in un conte-sto costituito dalla segnaletica multi-lingue (italiano/inglese/cheyenne), undialogo sui luoghi, sulla storia e sullacreazione degli stati-nazione attraver-so atti di aggressione, il trasferimentoo la sostituzione di popolazioni e cul-ture. Questa installazione pubblica,articolata in due parti, riesamina ilpassato e, contemporaneamente, ciinterroga sulla nostra complicità ecoinvolgimento negli eventi attualiviale garibaldiviale giuseppe garibaldi

dal 9/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale - Emilio VedovaEmilio Vedova, che ancora in vitaaveva accettato con entusiasmo laproposta della Città di Venezia diinaugurare una piccola personale aSant’Erasmo, espone negli spazirestaurati della Torre Massimilianauna scelta di opere appartenenti adalcuni suoi celebri cicli degli anni ’70-’80:…cosidetti carnevali…, Plurimi-Binari, Frammenti e schegge,Arbitri…. I Plurimi-Binari del cicloLacerazione III 1977-1978 e unaparte dei …cosidetti carnevali…1977-1983 sono esposti per la prima volta equindi assolutamente inedititorre massimilianavia de le motte (isola di sant'erasmo), +39 0415230642www.parcolagunavenezia.itistituzione.parcolaguna@comune.venezia.it

dall' 8/06/2007 al 23/09/2007

52 Biennale - Jan Fabrela GAMeC “si trasferisce“ aVenezia con una grande personalededicata a Jan Fabre allestita nellesale di Palazzo Benzon - dimorastorica che si affaccia sul CanalGrande - e presenta la ricerca del-l’artista fiammingo nella sua molte-plicità spaziando dalle sculture aifilm, dai disegni alle installazionimar. - dom. 11-19; chiuso lunedìpalazzo benzoncalle benzon (san marco), 3927

dal 7/06/2007 al 17/09/2007

52 Biennale - Joseph Beuys“Difesa della Natura – The LivingSculpture. Kassel 1997 Venezia

2007”. Omaggio a Harald Szeemanndal 7 all'11 giugno dalle 11 alle 18arsenale novissimo - spazio thetiscastello, 2737f+39 [email protected]

dal 6/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - Joseph KosuthIl Linguaggio dell’Equilibrio. JosephKosuth è uno dei pionieri dell’arteconcettuale e delle installazioni, ini-ziando negli anni sessanta conopere basate sul linguaggio e sullestrategie di appropriazione. Questoprogetto, curato da Adelina vonFürstenberg, ha come suo fonda-mento il linguaggio stesso. Il lavoro èsia una riflessione sulla sua stessacostruzione che sulla storia e sullacultura della sua ubicazione15-17 per i giorni 7-8-9 giugno saràorganizzato un servizio navetta daigiardini all’isola di san lazzaromonastero mechitaristaisola san lazzaro degli armeni, +39 0415260104www.mekhitar.org/ita/[email protected]

dal 6/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale - Lech Majewski"Blood of a Poet". Un giovane poeta,sovrastato dall’ombra del padre vio-lento, ricorda episodi traumatici dellasua vita mentre è rinchiuso in unospedale. Il suo mondo interioreproietta memorie, in gran parte trasfi-gurate e mitizzate, che alimentano lesue paure e le sue ossessioni. Unsingolare ciclo di 33 sequenze corre-late di video art che possono esserevisionate separatamente o nella loroprogressione completaevery day, except monday june 6th –july 8th; 2pm – 10pm july 10th – sep-tember 30th; 6pm – 10pm (camposan pantalon, dorsoduro 3711: everyday & night)teatro junghanscampo junghans (giudecca), 494b+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - Lee UfanResonance è un progetto site-speci-fic concepito espressamente perPalazzo Palumbo Fossati e com-prendente dipinti e installazioni. Ilnesso tra queste due forme artisti-che è uno dei tratti più notevoli e ori-ginali dell’opera di Lee Ufan. Lamostra presenta 10 olii su tela didiverse dimensioni combinati con 8installazioni realizzate con materialinaturali quali pietra e ferro10-18 (chiuso il lunedì)palazzo palumbo fossatisan marco, 2597

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - Loredana RacitiLa Stanza dell’Artista di LoredanaRaciti è un progetto concepito permaterializzare lo spazio interioredove l’artista si ispira e crea il suolavoro. La stanza conduce il visitato-re all’interno di un mondo, in cuiattraverso i singoli elementi tuttoprende vita e formada martedì a domenica 9.30-13.30 e15.30-19 fino al 30 settembre aper-

tura prolungata giovedì e venerdì alle21.30 chiuso il lunedìchiostro del presidio militareriva degli schiavoni (castello), 4142

dal 24/07/2007 al 17/09/2007

52 Biennale - Mariuccia Pisani"Follow the rabbit" è l'omaggio del-l’artista al grande maestro JosephBeuys: la dichiarazione poetica diuna donna che prova a vivere senzafiltri un presente complessodal lunedi al venerdi, ore 10.00-18.30arsenale novissimo - spazio thetiscastello, 2737f+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - Paradise LostParadiso Perduto è la prima mostrache propone una selezione interna-zionale di artisti contemporaneiRom. La mostra presenta opere diartisti Rom provenienti da otto paesieuropei, i quali accolgono e trasfor-mano, negano e decostruiscono,contestano e analizzano, sfidano esovrascrivono gli stereotipi esistenticon sicurezza intellettuale, reinven-tando la tradizione Rom e i suoi ele-menti di cultura contemporanea10-18, martedì chiusopalazzo pisanicalle de le erbe (cannaregio), 6103

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale - ProMemoria per PierreProgetto a cura di Ruggero Maggi,dedicato a Pierre Restany e realizza-to con l’arredamento originale dellasua camera d’albergo e migliaia diPost-it gialli: un modo diretto, coloratoe fluxus per far annotare a ogni artistala propria testimonianza poetica11.00/13.00 – 14.00/19.00, chiu-so lunedìcamera 312fondamenta briati (dorsoduro), [email protected]

dal 10/06/2007 al 2/11/2007

52 Biennale - Scotland and Venice 2007L’arte scozzese sta attraversandouna delle sue fasi più progressiste egli artisti selezionati rappresentanoquesta tendenza sotto forma di seitalenti estremamente personali. Inlinea con la natura eterogenea dellaBiennale, le opere di Charles Avery,Henry Coombes, Louise Hopkins,Rosalind Nashashibi, Lucy Skaer eTony Swain sono dissimili, elettriz-zanti e imprevedibili10-18, chiuso il lunedìpalazzo zenobio - collegio armenofondamenta del soccorso (dorsoduro), 2596+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 16/09/2007

52 Biennale - Tra Oriente ed OccidenteL'opera di Omar Galliani è messaa confronto con il lavoro di artisticinesi provenienti da diversediscipline, passando dalle moder-ne performance attraverso la pit-tura e il lavoro dei maestri calligra-fi, oltre allo straordinario lavorodelle ricamatrici di Suzhou impe-

gnate su lavori ispirati dallo stessoGalliani9 giugno: ore 10-22 10 giugno: ore10-20 11 giugno: ore 10-18 nei gior-ni successivi: mart-merc-giov-dom:ore 10-18; ven-sab: ore 10-22; lune-dì chiusofondazione querini stampaliasanta maria formosa (castello), 5252+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 4/08/2007

52 Biennale - Vettor PisaniL’Isola Interiore: Isolamenti e follia,a cura di Achille Bonito Oliva, costi-tuisce il tema affrontato da VettorPisani, artista che è stato sempreprecoce prefigurando, in anticiposull’attualità, l’incesto, l’anti-natura,l’ostaggio, il plagio, l’antieroe, lesopraffazioni dell’ideologia e del-l’arte. Sempre in bilico tra l’arte e lacitazione critica, il lavoro di VettorPisani offre un ricco impasto di sim-bologie, alchimie, iconografie econtenuti in cui non esiste soluzio-ne di continuità tra passato e pre-senteisola di san servoloisola di san servolo, +39 0412765001www.sanservolo.provincia.venezia.itsanservolo@provincia.venezia.it

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione albanesecollettiva a Palazzo Malipiero per lapartecipazione dell'Albania allaBiennale di Veneziachiuso il lunedìpalazzo malipierocampo san samuele (san marco), 3198

dall' 8/06/2007 al 23/09/2007

52 Biennale. Padiglione argentinoInternationally acclaimed artistGuillermo Kuitca will representArgentina in the 52nd VeniceBiennale 2007tuesday through sunday 10 am – 6 pmpress preview: 7 - 9 june 2007, 10 am– 8 pmateneo venetocampo san fantin (san marco), 1897+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione armenoone of the most influential artists inArmenia, working in the fields ofvideo, performance, photo-collageand writing10-18palazzo zenobio - collegio armenofondamenta del soccorso (dorsoduro),2596+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale. Padiglione azeroGli artisti Azeri in mostra a Veneziaappartengono a differenti genera-zioni dell’arte contemporanea11-19, chiuso il lunedìcz95 - centro zitellelocalità giudecca, 95+39 [email protected]

agenda.biennale

Page 28: Exibart.grandtour n.42

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione bulgaro"A Place You Have Never BeenBefore": il padiglione di una dellenazioni che sono entrate nellaComunità Europeachiuso sabato e domenicaunesco - palazzo zorzicastello, 4930

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione cipriota"Old earth, no more lies, I've seenyou..." è il titolo della mostra di HarisEpaminonda e Mustafa Hulusichiuso il lunedìpalazzo malipierocampo san samuele (san marco), 3198

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione croatoIl Ministero della Cultura croato pre-senta l’artista Ivana Franke il cui pro-getto Latency si confronta e relazio-na con lo spazio progettato da CarloScarpa negli anni Sessantadaily 10.00 - 18.00 fri, sat 10.00 –22.00 mondays closedfondazione querini stampaliasanta maria formosa (castello), 5252+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 7/11/2007

52 Biennale. Padiglione di SingaporeThe Singapore Pavilion at the 52ndVenice Biennale is proud to presentnew site-specific works by fourartists – Da Wu Tang, Vincent Leow,Jason Lim and Zulkifle Mahmod10-18, chiuso il giovedìistituto veneto di scienze lettereed arti - palazzo franchetticampo santo stefano (san marco), 2945+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione estoneMarko Mäetamm presenta il proget-to "Loser's Paradise"palazzo malipierocampo san samuele (san marco), 3198

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione IILATerritorios: padiglione dell'IstitutoItalo-Latino Americanoore 10.30 - 18.30 (giovedì 11-21.30),da settembre a novembre apertodalle 10.30 alle 20.30, chiuso il lunedìpalazzo zenobio - collegio armenofondamenta del soccorso (dorsoduro), 2596+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione irlandeseSin dalle prime esposizioni all’iniziodegli anni ottanta, le opere di WillieDoherty hanno sempre affrontato i pro-blemi legati alla rappresentazione, allaterritorialità e al controllo, alle politiche ealla retorica dell’identità, soprattuttodella sua natia Irlanda del Nord. AVenezia Doherty presenterà tre video:Closure, 2005, Passage, 2006 e GhostStory, 2007, una nuova opera commis-sionata appositamente per Venezia

10-18, chiuso lunedìchiesa e istituto di santa mariadella pieta'castello, 3703a

dal 6/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione islandeseSteingrimur Eyfjörd has been selec-ted to represent Iceland at the 52ndInternational Art Exhibition – LaBiennale di Veneziajune 8/ 9/10, 9-18.00 monday june11, 10-18.00 regular hours, daily(except mondays), 10-18.00palazzo bianchi michielcannaregio, 4391a

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione lettoneL'artista Gints Gabrans parte dallastorica tradizione di Venezia nellaproduzione dello specchio di cristalloper creare una liaison tra il suo lavo-ro e la città, sviluppando una rifles-sione tra arte, scienza ed esoterismo10–18 (chiuso il lunedì, escluso lunedì11 giugno)scoletta di san giovanni battista edel santissimo sacramentocampo bandiera e moro (castello),3790

dal 7/06/2007 al 30/09/2007

52 Biennale. Padiglione libaneseForeword11-19, chiuso il lunedìex birreria drehervenezia-giudecca, 800g

dal 9/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione lituanoNomeda & Gediminas Urbonas’ pro-ject takes its title – Villa Lituania –and conceptual impetus from agrand house in Rome closely asso-ciated with the Lithuanian nationludotecasanta maria ausiliatrice (castello), 450

dal 6/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione lussemburghese"Endless Lust" di Jill Mercedes rap-presenta il Granducato delLussemburgo alla Biennale di Veneziachiuso il lunedìca' del ducacorte del duca sforza (san marco),3052+39 0415207534

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione messicanoSome things happen more oftenthan all of the time di Rafael Lozano-Hemmer a rappresentare il Messicoa Veneziapalazzo van axelcannaregio, 6099+39 0415204807

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione portogheseIspirandosi a temi politici, l'artista ana-lizza l’uso delle teorie, in particolarequelle della storia dell’arte, nonché illoro rapporto con l’arte contempora-nea e l’effetto che su di essa produco-no, spingendo il potenziale comunica-tivo intrinseco dell’arte a confrontarsi

con argomenti complessi11-19 (chiuso il lun., escluso lun.11 giugno)fondaco marcellocalle dei garzoni (san marco), 3415

dal 9/06/2007 al 10/11/2007

52 Biennale. Padiglione sirianoNelle prestigiosa sede dellaFondazione Valerio Riva si presentala mostra “Sulle Vie di Damasco”ore 10-12,30 e 14-18fondazione valerio rivacalle san francesco della vigna (castello), [email protected]

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione slovenoThe Slovenian artist TOBIASPUTRIH presents a solo projectVENETIAN, ATMOSPHERIC whichwill represent Slovenia at the 52ndInternational Art Exhibition10-18 (chiuso il lunedì)galleria a+acalle malipiero (san marco), 3073+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione thailandeseAmrit Chusuwan e NipanOranniwesna rappresentano laThailandia con la mostra"Globalization... Please Slow Down"curata da Apisak Sonjodsanta croce 556santa croce, 556

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

52 Biennale. Padiglione ucrainoAleksander Soloviov e ViktorSydorenko curano la mostra "APoem about an Inland Sea"palazzo papadopolisan polo, 1364

dal 4/06/2007 al 2/09/2007

All in the present must betransformed: MatthewBarney and Joseph BeuysLa mostra All in the present must betransformed: Matthew Barney andJoseph Beuys vuole mettere in rilie-vo le affinità esistenti tra l’opera didue artisti, che, sebbene apparte-nenti a generazioni e geografiediverse, condividono alcuni interessichiave sia estetici che concettuali10-18, chiuso il martedìcollezione peggy guggenheimdorsoduro, 701+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 7/10/2007

ArtempoQuesta grande mostra, nata dallacollaborazione tra la Città diVenezia- Musei Civici Veneziani eAxel Vervoordt, indaga il rapporto traarte, tempo e il loro mostrarsi, attra-verso secoli, luoghi, tendenze e lin-guaggi espressivi diversi10/18 (biglietteria 10/17); chiuso lunedì e martedìpalazzo fortunycampo san beneto (san marco), 3958+39 [email protected]

dal 16/06/2007 al 15/09/2007

Barry X Ballpersonalemartedì 10.00 -12.30, 16.30 - 19.30dal mercoledì al sabato 16.30 - 19.30galleria michela rizzocalle degli albanesi, 4254+39 0415223186www.galleriamichelarizzo.netinfo@galleriamichelarizzo.net

dal 6/06/2007 al 2/09/2007

Bertozzi&Casoni - Le bugie dell'arteTre vanitas monumentali10/18 (biglietteria 10/17), chiuso lun.galleria internazionale d'artemoderna di ca' pesarosanta croce, 2076+39 041721127www.museiciviciveneziani.itmuseo.capesaro@comune.venezia.it

dal 10/06/2007 al 12/08/2007

Countdown to the Openingof the New BuildingThe exhibition consists of a briefcross-cut through the museum's fifthy-year history and the announcement ofthe opening of the new museum buil-ding by the end of this year10-18magazzini del saledorsoduro (zattere), 259+39 0376244769

dal 7/06/2007 all' 8/09/2007

Damien Hirst - New ReligionIn esposizione, circa 30 opere, frastampe, foto, sculture e installazioni,unitamente ad un trittico inedito10.00 – 12.30 / 16.00 – 19.00,chiuso il mercoledì mattinapalazzo pesaro papafavacannaregio, 3764

dal 7/06/2007 al 7/10/2007

Enzo CucchiI Musei Civici Veneziani celebrano

al Museo Correr la figura e il lavorodi Enzo Cucchi, artista italiano tra ipiù significativi del panorama artisti-co contemporaneo, con una grandemostra monograficatutti i giorni, 10/19 (biglietteria 10/18)museo correrpiazza san marco, +39 [email protected]

dal 4/08/2007 al 18/09/2007

Gianfranco Grosso - Ladiesand GentlemenNella galleria Totem – Il Canale épresentata una serie di opere recen-ti dell’artista, basate sull’iconografiadel passatolun-sab 10-13 e 15-19galleria totem - il canaledorsoduro, 878b+39 [email protected]

dall' 8/06/2007 al 31/08/2007

Gino Marotta / Zaha HadidMarotta utilizza il metacrilato (plexi-glass) come materia da plasmare, erealizza sculture ritagliate nelle lastredi plastica colorata, i cui soggettisono ricavati dal paesaggio naturale.Hadid presenta una installazioneinedita progettata per l’occasione inallumino, acciaio, vetro e fiberglass11-19, chiuso il lunedìscuola dei mercanticampo di madonna dell'orto (cannare-gio), 3933+39 0415239315

dall' 8/06/2007 al 30/09/2007

Giovanni Rizzoli - TwoFruits of Passion and theFive ViolinistsLa mostra intitolata “Two Fruits ofPassion and the Five Violinists” consi-ste di due sculture in alluminio e di unascultura in bronzo di cinque elementii giorni 9 e 10 giugno l’esposizione saràaperta dalle ore 10 alle ore 12.30, e dalleore 15.00 alle ore 19.00; per altri orari, suappuntamento. la mostra sarà visibile imesi di giugno, luglio e settembre ( con l’e-sclusione del mese di agosto) con il seguen-te orario: dalle ore 16.00 alle ore 19.00, e,per altre visite, su appuntamentospazio norbert salenbauchcalle larga ventidue marzo (san marco),2382a+39 0412960065

dal 15/09/2007 al 26/09/2007

Heidi Bedenknecht De Felice- Simmetrie organicheL’artista si lascia guidare dalle formedella natura e dalle caratteristiche delmateriale (fogli di policarbonato, filo dinylon) per realizzare un “ambientemarino”. I bordi tagliati creano fili lumi-nosi che vengono enfatizzati con lalampada wood al buioartlife for the worldcalle dei miracoli (cannaregio), 6021+39 [email protected]

dal 30/05/2007 al 12/08/2007

Helen Levitt - In the StreetFotografiedalle 11 alle 19 – chiuso il sabatoikona gallery - internationalschool of photographycampo di ghetto nuovo (cannaregio), 2909+39 [email protected]

a cura del

DIRETTOREMassimiliano Tonelli

STAFF DI DIREZIONEValentina Tanni (vicedirettore)

Marco Enrico Giacomelli(caporedattore centrale)

Massimo Mattioli(caporedattore news)

SUPERVISIONEAnita Pepe

ASSISTENTE DI REDAZIONEValentina Bartarelli

IMPAGINAZIONEAthos de Martino

REDAZIONEwww.exibart.com

Via Calimaruzza 150123 - Firenze

[email protected]

INVIO COMUNICATI [email protected]

PUBBLICITÀCristiana MargiacchiTel. +39 0552399766

Fax. +39 [email protected]

MARKETINGAntoine Carlier

DIRETTORE RESPONSABILEGiovanni Sighele

STAMPACSQ - Centro Stampa QuotidianiVia delle Industrie, 6 - Erbusco (Bs)

TIRATURA45.000 copie

IN COPERTINASophie Whettnall - Shadow

Boxing, 2004 - 16mm on DVDCourtesy: Vera Cortês Art Agency

_______________

EDITO DAEmmi s.r.l.

Via Calimaruzza, 150123 Firenze

DIRETTORE GENERALEAntonio Contento

REGISTRAZIONEpresso il Tribunale di

Firenze n. 5069 del 11/06/2001

Exibart.grandtour

28.agenda Exibart.grandtour

Page 29: Exibart.grandtour n.42

dal 14/09/2007 al 13/10/2007

How to look at Venice?Venezia è la città dei percorsi delturismo globale, oppure quella deiquartieri residenziali popolari? Il suopaesaggio è quello delle barene sol-cate dagli uccelli acquatici, oppurequello del terreno imbonito per annidai residui delle lavorazioni indu-striali di Porto Marghera?galleria comunale contemporaneopiazzetta monsignor giuseppe olivotti, 2+39 041952010www.galleriacontemporaneo.itinfo@galleriacontemporaneo.it

dal 6/06/2007 al 21/11/2007

Ilya & Emilia Kabakov - The ship of toleranceThe ship of tolerance è un proget-to internazionale degli artisti Ilya& Emilia Kabakov che coinvolgenella costruzione di una grandenave i ragazzi tra i 7 e i 13 anni.Le vele saranno infatti costituitedai loro disegni sul tema della tol-leranzada mar. a dom. 10/18, ven. e sab.10/22, lun. chiuso nei giorni della ver-nice della biennale dalle 10 alle 20fondazione querini stampaliasanta maria formosa (castello), 5252+39 [email protected]

dal 27/08/2007 al 14/10/2007

IranFotografie di Abbas Kiarostami,Riccardo Zipoli e cinquantasei autoripersiani contemporaneitutti i giorni 16/21centro culturale candianipiazzale luigi candiani, 7+39 0412386111www.comune.venezia.it/[email protected]

dal 31/05/2007 al 30/09/2007

Laura de Santillana - Nuovi lavoriDiverse opere, circa una ventina, cheillustrano la complessa e significativaricerca di un’artista nata all’internodella più autorevole tradizione vetra-ria veneziana e che al vetro ritornacostantemente, guardando oltreda martedì a sabato 10 – 13, 15 - 19galleria marina baroviersan marco, 3216+39 [email protected]

dal 28/06/2007 al 17/09/2007

Luca Carlevarijs - Navi ealtri disegni dalle collezionidel Museo CorrerI disegni illustrano barche diverseriprese dal vero. Probabilmente costi-tuivano una sorta di repertorio diimmagini da utilizzare come modelliper la realizzazione di dipinti: non acaso, infatti, molte di esse riappaionoalla fonda nel bacino di San Marco inalcune delle numerosissime vedutedell’area marciana prodotte da Lucae anche in qualche veduta ideata10/18 (chiusura biglietteria un’oraprima) - chiuso martedìca' rezzonico - museo del sette-cento venezianodorsoduro, 3136+39 [email protected]

dal 6/06/2007 al 2/09/2007

miniartextil 2007 venezia54 artisti provenienti da tutto ilmondo presentano i loro ultimi lavorirealizzati nel 2006 e per la primavolta a Venezia tre maestri giappo-nesi presenteranno tre affascinantiinstallazioni di grandi dimensioni

10-17 (la biglietteria chiude mezz’oraprima); chiuso lunedìpalazzo mocenigo - centro studi distoria del tessuto e del costumesanta croce, 1992+39 [email protected]

dal 7/06/2007 al 21/11/2007

Patrick Mimran - New York ParkingsDopo l’installazione video presentatapresso la Fondazione QueriniStampalia nel 2004, Patrick Mimranporta a Venezia un insieme di solefotografie di grande formato. Il temaè costituito da diversi ingressi di par-cheggi, frutto di uno stesso metododi inquadratura ripetuto ogni volta10-18palazzo malipierocampo san samuele (san marco), 3198

dal 6/06/2007 all' 8/10/2007

Richard Hamilton - A Host of AngelsPer la sua prima personale in Italia,Richard Hamilton presenta un pro-getto che insieme a 13 tele di grandie medie dimensioni vede espostimobili, oggetti e arredi voluti dall’arti-sta stesso, in un gioco di rimandicontinui tra le prospettive sulla tela equelle presenti nello spaziofondazione bevilacqua la masa -palazzetto titodorsoduro, 2826+39 [email protected]

dal 9/06/2007 al 10/09/2007

Robert De Niro SeniorE’ questa la prima volta che le operedell’artista vengono esposte a

Venezia, città amata da Robert DeNiro Sr. alla quale è dedicato uno deisuoi primi dipinti, realizzato neglianni 1943-44, Venice at Night is aNegress in Love, che sarà tra quellipresenti all’esposizione e anche ilmanifesto della rassegna in lagunasan marco casa d'aste - marcosemenzato auctioneercalle degli avvocati (san marco), 3836+39 [email protected]

dal 21/09/2007 al 6/01/2008

Rosso. La forma instabileLa mostra in programma allaCollezione Peggy Guggenheim sipropone, sostenendo il grande sfor-zo di restituzione dello scultore allacomplessità della sua storia, di ren-dere partecipe del panorama emer-so non solo il grande pubblico, equello degli studiosi, ma anche ilmondo contemporaneo dell’arte chepotrà trovare nella prassi artistica diRosso impensate consonanze eaperture alla riflessione10-18, chiuso il martedìcollezione peggy guggenheimdorsoduro, 701+39 [email protected]

dal 23/03/2007 al 30/09/2007

Sargent and VeniceVenezia fu indubitabilmente la cittàpiù amata da John Singer Sargent(1856-1925), principale esponentedell’impressionismo americano, natoa Firenze e a lungo vissuto in Europa10/19, tutti i giorni (biglietteria 10/18)museo correrpiazza san marco, +39 [email protected]

dal 5/05/2007 all' 11/11/2007

Sequence 1Pittura e Scultura nella CollezioneFrançois Pinaulttutti i giorni 10-19palazzo grassisalizzada san samuele, 3231+39 0415231680 - www.palazzograssi.it

dal 9/06/2007 al 13/10/2007

Tom Wesselmann - Opere su cartaTra colori pieni e feticci della cultura dimassa il pioniere della pop art ameri-cana racconta gli anni dell'americandream attraverso le sue opere10:00-13:00 15:30-19-30, lun15:30-19:30, chiusa domenicaflora bigai arte moderna e contemporaneapiscina frezzaria (san marco), 1652+39 [email protected]

dal 2/08/2007 al 2/09/2007

Venanzo Crocettipoche opere rappresentative edemblematichepalazzo priuli-boncampo san stae, 1979a

dal 27/07/2007 al 25/11/2007

Venezia e l'Islam 828-1797Dopo Parigi e New York, approda aVenezia la grande mostra dedicataal rapporto tra la Serenissima e ilmondo islamicotutti i giorni, 9/19palazzo ducalesan marco, 1+39 0412715911www.museiciviciveneziani.it/frame.asp?musid=8&[email protected]

LA VECCHIA EUROPA(...segue da pagina 22) Meno riccodi contenuti, il padiglione spagnolodimostra però carica, coraggio e vita-lità. La scelta di due artisti e di unacoppia, José Luis Guerìn(Barcellona, 1960), Manuel Vilariño(La Coruña, 1952), Los Terreznos(Jaime Vallaure, Asturias, 1965;Rafael Lamata, Valencia, 1959) eRubén Ramos Balsa (Santiago deCompostela, 1978), si allontana dal-l'inclinazione comune a omaggiareun'unica personalità affermata.Coinvolgendo registri d'espressioneeterogenei, dalla fotografia al video,dalla performance all'installazione, ilcuratore del padiglione mette in piediuna mostra vera e propria, con tantodi tematica coesiva: ParadisoSpezzato. Si distingue in particolarmodo il lavoro del giovane Balsa che,posizionando microtelecamere a cir-cuito chiuso, svela i movimenti infini-tesimali della superficie di un bicchie-re d'acqua, oltre i confini del qualeinvita a spalancare gli occhi come unmicrocosmo di vita, percezioni evibrazioni altrimenti sconosciuto.Indubbiamente forte, dunque, la pre-senza dell'Ancienne Europe sulsuolo lagunare. Voci eterogenee macon un apparente denominatorecomune: la riscoperta "delle piccolecose".

| marta silvi |

ALPINI A VENEZIA(...segue da pagina 22) Sulle paretiirrompono con forza le opere di

Fischer, grandi fotografie stampatesu alluminio, fredde e sfuggenti,avvolte in un'atmosfera onirica,cosparse di polvere grigia, prodottomalsano di un tempo che inesorabil-mente scorre. Tornando ai Giardiniscopriamo i tredici dipinti di HerbertBrandl, chiamato a rappresentarel'arte austriaca. Il quarantottenne arti-sta viennese propone una serie diopere di diverso formato, all'internodelle quali si scorgono accenni figu-rativi in un contesto creato da unagestualità irruente, quasi violenta. Icolori corposi gettati sulla tela si apro-no a spazzi di luce improvvisa, feriteluminose di un mondo che scorresottotraccia. Sono veri e propri pae-saggi interiori, fissati nel momento dimassima tensione, volutamenteincompleti per esprimere un'emotivi-tà pronta ad implodere in se stessa; èuna pittura che si esprime tramiteopposizioni e conflitti, che sommaimplicazioni metafisiche a elementiesteticamente efficaci. Il PadiglioneSloveno è affidato per questa 52.Biennale di Venezia a Tobias Putrih,che sorprende piacevolmente con ilprogetto Venetian, Atmospheric, arti-colato in due diverse sedi espositive.La mostra alla Galleria A+A metteinsieme disegni e sculture per rac-contare la gestazione e la realizza-zione dell'opera vera e propria, ospi-tata nel suggestivo scenario dell'Isoladi San Servolo, assolutamente per-fetto per l'installazione del trentacin-quenne artista sloveno. Putrihcostruisce nei giardini dell'isola unvero e proprio cinema, che proponeuna programmazione giornalieraall'interno della quale verranno pre-sentati film e video, con una partico-lare attenzione per la cinematografiasperimentale slovena degli anni '70,

'80 e '90. L'illusione percettiva allesti-ta dall'artista mira a coinvolgere lospettatore in una sorta di viaggio ini-ziatico all'interno di un mondo checambia continuamente. L'evoluzioneo, meglio, la metamorfosi dello spa-zio viene attuata proiettando sullavolta della sala stelle e nuvole inmovimento, contribuendo ad aumen-tare l'aspetto onirico dell'intera opera.Il progetto di Tobias Putrih si ispiraall'opera dell'architetto JohnEberson, che negli anni '20 perfezio-nò uno stile molto particolare applica-to alla decorazione degli interni disale cinematografiche che lui stessoideava.

| nicola bassano |

PROFONDO NORD(...segue da pagina 23) Critica erivendicazione - ma ironiche e poeti-che insieme - nel Padiglione dellaLituania. Nomeda & GediminasUrbonas (1966 e 1968) presentanoVilla Litania, un progetto misto diinterventi performativi, video e instal-lazioni che potrebbe essere riassun-to con l'esclamazione "Ridateci VillaLutuania a Roma!". Canti popolari,piccole masse in subbuglio e addirit-tura un esercito di piccioni viaggiatori- ma soprattutto simbolicamente por-tatori di pace - che da Venezia eRoma e poi da Roma a Veneziaintende recriminare quello considera-to come l'ultimo territorio lituanooccupato. Dal 1940, infatti, nell'exambasciata lituana a Roma stanzia ilconsolato russo. Querelle, questa,che già da molti anni ha sconfinatooltre l'universo politico contaminando

l'universo artistico e sociale delpaese.Concludiamo questa carrellata dipadiglioni nordici con quello geografi-camente più lontano di tutti, ilPadiglione Islandese. È curata daHanna Styrmisdòttir la mostra alPalazzo Bianchi Michiel diSteingrimur Eyfjörd (1954), artistaversatile - ma anche docente, scritto-re, editore, fumettista e curatore - chepresenta un lavoro intitolato TheGolden Plover Has Arrived sfoggian-do una serie quasi completa di mezziespressivi. Svariati anche i temi: dallatradizione islandese ricca di supersti-zioni e leggende alla moda e allo svi-luppo socio-economico del paese,avvalendosi della scultura, del dise-gno, della fotografia - analogica esperimentale - e del cucito.Quattordici lavori, ognuno con un pro-prio titolo, che ripercorrono la storia diquel grande lembo di terra chiamatoTerra del Ghiaccio interpretandone edecostruendone il passato, il presen-te e l'immediato futuro. Opera culmi-nante il The Sheep Pen, recinto peruna pecora-elfo, animale mitico dellatradizione islandese, che dovrebberacchiudere, oltre alla creatura miste-riosa, il senso di una cultura intera.

| valentina bartarelli |

GO EAST!(...segue da pagina 24) Una visioneemblematica di un sistema smantel-lato, radicalmente ribaltata nella pro-spettiva globalizzata dispiegata aiGiardini, dove nel padiglione russodomina il pensiero positivo enunciatofin dall'ingresso dal progetto interatti-vo di Julia Milner Click I hope.

Dentro, alcune fra le proposte piùcuriose e interessanti tra le partecipa-zioni nazionali, caratterizzate talvoltada un tocco ludico che dimostracome si possano veicolare efficace-mente messaggi importanti senzadover per forza ricorrere a tintefosche e toni minacciosi. Sicché lacyberApocalissi animata di AES+F sirisolve in una patinata carrellata dicitazioni, con giovani plasticamenteatteggiati in uno spot cool o un video-clip più che eroici combattenti d'unaguerra non guerreggiata, sottolineatada una colonna sonora dal respiroepico. E "fiato d'artista", capace addi-rittura di generare un flutto racchiusoin una teca di vetro, è quello diAlexander Ponomarev, il quale vain onda escogitando - insieme adArseny Mescheryakov - unaDoccia rivestita di monitor, dai qualipiovono ininterrottamente oltre millecanali internazionali, e Tergicristalliche spazzano via il pastone televisi-vo, alternato a cartoline dalla lagunatrasmesse in diretta da una teleca-mera posta all'esterno dell'edificio.Reality show o lustrazione catartica?Comunque sia, un modo ironico perriflettere sul diluvio universale mas-smediatico in cui annega una(in)civiltà dell'immagine immersa inuna gigantesca fiction. Contro la per-dita di contatto, per ritrovare la realtàe i propri simili Andrey Bartenevaccende una variopinta messe di led.Allegra, ipnotica discoteca per dareuna smossa alla Lonely Hearts ClubBand virtuale. Perché, anche nell'eradi una Second Life dove si stenta acapire che fine abbia fatto la prima, ilritornello è sempre quello: All youneed is love.

| anita pepe |

rimandi.

Exibart.grandtour agenda.29

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Prima fila di coppiette insolite in questo inedito fotofinish biennalesco. Il brizzolatume chiama, si sa, l'uomo potente. Ed allora eccoli in coppia come due gendarmi, nell'uggia social-politicdell'Arsenale: (1) Francesco Rutelli - a capo del Ministero dei Beni Culturali - e Davide Croff, a capo della Biennale tutta. Uno tra gli uffici stampa (2) più belli della Biennale? Che domande:quello della Fondazione Bevilacqua La Masa... Si mette pure in posa! (3) La coppia del cappellino intanto faceva bella mostra di se tra calli e vaporetti. Sì, sì, sono loro: Nico Vascellari eRoxy in the box. E smettetela di chiedervi chi è l'uno e chi è l'altra. Oddio, ma quelle labbra... quelle tette (4), ma è proprio lei? Eccola, la Valeriona nazionale al tavolo con il maestro OmarGalliani (di cui si può ammirar piazza tricologica). E dall'altra parte del tavolo, proprio di fronte a Valeria Marini, (5) alle prese con un dessert che non vuole venir via dal suo barattolino,signori e signore Mario Botta. Mentre (6) Ludovico Pratesi pontifica ad un nugolo di osannanti collezionisti giusto all'ingresso del Padiglione Italia, altrove ci si diverte con feste vip che richia-mano addirittura (7) l'attenzione di paparazzi blasonati come il mitologico Umberto Pizzi. Pronto a fotografare i (9) vip dell'arte - Gianfranco Maraniello versione pinocchietto, chissà perchéla foto gli ha allungato il naso - e non (10, ehi ehi non fate quella faccia: è proprio lei, la venere nera, la ex signorina Briatore, Naomi Campbell) durante il concerto (8) dell'immenso PaoloConte. Altro concerto ha improvvisato (11) il sempre spassoso Pino Boresta che, non vergognandosi di essere venuto in laguna con tanto di prole, ha adocchiato una scala, vi è salito edha cominciato ad urlare "Invitate anche me alla Biennaleeeee". Ben più compassata l'atmosfera (12) per la mostra che la Fondazione Morra (Peppe Morra all'estrema sinistra) ha dedicatoa Vettor Pisani, qui con Achille Bonito Oliva. Passiamo a situazioni anfibie. Come il barcone del P.S.1 (13) dove tra i vari personaggi in diretta radio si è fermato anche Fabio Cavallucci, diret-tore della Galleria Civica di Trento. Bella foto (14) dell'azione piratesca in salsa fuxia della premiata ditta ConiglioViola, ancora ignara di stare per scatenare un putiferio di... Sgarbi in queldi Milano. E infine omaggio, doveroso, ad una delle più belle mostre a Venezia (15), quella di Jan Fabre, in questa foto gonfio - in tutti i sensi - di successo e di orgoglio!

30.fotofinish Exibart.grandtour

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 Venezia, primi giorni diuna Biennale. Ero riuscitoa trovare un albergo solo alLido, un'isoletta lagunaredove girano normalmentele automobili. Stavo impa-lato con la valigia in mano,incantato dalla visione diuna Punto rossa che face-va il pieno con alle spalle lesolite sagome di edificiveneziani da cartolina.Allora al mio fianco simaterializzò FilippoTommaso Marinetti."Bello, vero?", disse."Maestro...", fu la solaparola che riuscii a balbet-tare."Sono passati decenni enon hanno ancora comple-tato l'opera. Ma ci riusci-ranno. La laguna vienestretta in una doppia morsad'asfalto. Quella inarresta-bile della terraferma e quel-la più eroica di questa iso-letta". Marinetti scomparve.Accolsi la visione come unaugurio per quello che miaspettava alla Biennale,dove avrei dovuto intervi-stare un piccolo numero di

architetti e artisti più eva-nescenti di un fantasma.Arrivato in hotel, presi d'as-salto il frigobar e accesi latv. Più che i canali lagunarimi interessava vedere icanali locali. Quando misintonizzai su RTR, unaemittente di SelvazzanoDentro, Marinetti ricompar-ve in piedi sul frigobarvestito da pilota."Ecco... questa è una emit-tente che trovo particolar-mente futurista. RTR... Nondeve interessarci cosasignifica questa sigla. Cibasti il suo suono che ricor-da quello di un rotore d'ae-reo".Marinetti fu come ingoiatonel frigobar e mi ritrovaisolo e triste nella camera:alle 20 avevo un appunta-mento con un duo divideoartisti norvegesi checreavano video in cui fram-menti di film porno sisovrapponevano a immagi-ni della risalita dei salmoni.Erano ancora le 16 e miaddormentai.Alle 19 uscii per andareverso l'Arsenale. Sul vapo-

retto c'era un odore difogna e nafta talmente forteche mi sembrava di esseresu un qualsiasi naviglio enon su una celebrata lagu-na ricca d'arte. L'odore minauseava quasi quanto l'i-dea di dover incontrare ivideoartisti norvegesi. Allemie spalle sentii respirare afondo. Era Marinetti, ele-gantissimo con bombetta esciarpa bianca. "Respirare a fondo... que-sta è una essenza che can-cella ogni romanticismo!",disse.Non volli perdere anchequesta occasione e alloraparlai subito: "Maestro...".Ma lui mi zittì con un gestoe disse: "Non ora. Non qui.Tra trenta minuti... alCampo del Lattementa". Escomparve di nuovo.Erano ormai le 19.30. Sareiriuscito a trovare il Campodel Lattementa ed esserepoi all'Arsenale prima delleventi? Feci molta faticaperché a Venezia la topo-nomastica è assurda e sileggono targhe che riporta-no due indicazioni folli alla

volta, come Calle de laPanza Vota oppureCampiello del SalottoNovo. Siccome i venezianihanno molta fantasia epoche strade, alcune callihanno addirittura duenomi. Inoltre i venezianidetestano i forestieri edanno indicazioni mendaci.Non trovavo dunque ilCampo del Lattementa chein realtà era noto comeCalle della Gazosa. Dopo aver percorso unoscuro labirinto di stradine,ponti, camminamenti e trin-cee del tutto deserti giunsial Campo del Lattementa,un piccolo cerchio con unpozzetto centrale, circon-dato da case alte. Al centrodello spiazzo, in piedi sulpozzetto, c'era Marinettivestito di latta come i robotnell'immaginario del primoNovecento. Credevo miindicasse il cielo stellato,invece indicava le trenta-cinque finestre illuminateche si aprivano sul campo.Fece per parlare, ma ilsilenzio fu rotto dalle trom-be sintetiche della sigla del

TG5 che arrivava a palladalle trentacinque finestreilluminate.Marinetti si accese, letteral-mente. La latta deperianache lo rivestiva diventava arotazione rossa, gialla, blu.La sua voce sovrastava lasigla del TG5: "Questetrombe stanno spazzandovia tutto il guano culturaleche ci sta in agguato aibordi del cervello e allaprima visione di gondolaresuscita dal suo oblio para-scolastico per iniettarci nel-l'anima un placebo che ci fasentire colti e sensibili!".Detto questo partì a razzoverso il cielo stellato escomparve.Decisi di fregarmene deivideoartisti norvegesi e,seguendo nel labirinto lagu-nare una traccia a me solonota di contenitori in polisti-rolo, arrivai senza sbagliareal McDonald's di piazzaSan Marco. Â

Illustrazione “Ci stiamoguardando” di Enrico Vezzi

SED ETIAMdi Tommaso Labranca

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