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SOMMARIO FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE

PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI TRICARICOAnno XIX - Nuova serie - n. 105 - aprile/maggio 2009

Registrazione Tribunale di Matera n. 104 del 6/3/1990 - Sped. in abbonamento art. 2 post. comma 20/c legge 662/96 del 23/12/1996 filiale di MTC.C.P. n. 10646750 intestato a: Fermenti Curia Vescovile/75019 Tricarico (MT)

Direttore Responsabile: Giuseppe AbbateRedazione:

Giuseppe Daraio, Rocco Gentile, Anna Giammetta, Domenico Rizzo, Vito Sacco.Sede Redazione: c/o Curia Vescovile, 75019 Tricarico (MT)

Piazza R. Delle Nocche - tel. 0835.723499 e-mail: [email protected] e stampa: Tip. GAGLIARDI - Lagonegro (Pz) - tel./fax 0973.22744

www.diocesiditricarico.it

SOMMARIO

MAGISTERO 1 Un compito permanente ed urgente: l’educazione alla fededi Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Carmine Orofino__________________________________________________________________________

EDITORIALE 3 Ai nostri fratelli abruzzesidi Giuseppe Abbate__________________________________________________________________________

VITA DIOCESANA 4 Grazie AC - Grazie Sichemdi Giuseppe Dambrosio, Leonardo Dirago, Mimmo Imperatore

“Prima non ci vedevo, ora ci vedo”di Giovanni Grassani

6 Ammissione agli ordini di Vincenzo Cantoredi Giuseppe Abbate

7 I giovani “affascinati” dalla speranzadi dal Gruppo di Pastorale Giovanile Interparrocchialee L’Azione Cattolica Giovani di Grassano

9 Quaresima… non da solidi Leonardo Dirago

Promuovere la carità, animare la comunitàdi Anna Giammetta

11 La politica come carità socialedi Vito Sacco

12 Educazione: un’emergenzadi Antonio Soldo__________________________________________________________________________

CULTURA 13 Libri e cultura ecclesiasticadi Nicola Soldo

16 Anno del Signore 1978 - Giovanni Paolo Idi Domenico Rizzo__________________________________________________________________________

TERRITORIO 19 Se aiutate gli altri, gli altri aiuteranno voidi Anna Giammetta

22 Cinque piani per il nuovo plesso dell’Ospedale di Tricaricodi Vito Sacco__________________________________________________________________________

DALLE PARROCCHIE 24 Combattere la povertà, costruire la pacedi J.S.

25 Si inaugurerà l’Oratorio nel Borgo Medievaledi Maria Teresa Merlino

26 La carità al centro della testimonianza cristianadi Pinuccio Mestice

Piccole matite nelle mani di Diodi Elisa Fazio__________________________________________________________________________

TESTIMONI 28 Maria Marchetta, testimone esemplare della bellezza della vita cristianatrascrizione di Milena Cirigliano__________________________________________________________________________

AGENDA 29 Agenda di Maggio - Giugno

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N. 105 - APRILE / MAGGIO 2009

31. Non si diventa santi casualmente. Non si cresce nella fede senza un profondo lavoro ascetico.Senza quel continuo e interiore esercizio spirituale che permette di rimuovere gli ostacoli che sioppongono alla libera sequela di Cristo. Un lavoro di ripulitura che accade in noi, ma non a causanostra, perché è opera di Dio. Opera di Dio in noi, ma non senza di noi, perché Dio vuole il nostro“sì”. Non risplende in noi l’immagine di Dio senza accogliere quella continua purificazione attraver-so la quale Dio stesso ci libera da tutte quelle scorie che oscurano l’aspetto autentico del nostro essere. Non emerge la nobiltà della nostra figura originaria se non rinnoviamo quotidianamente ilnostro “sì” a Dio, rimanendo in Cristo e nella vita nuova sgorgata dalla Sua risurrezione, donata anoi nel sacramento del Battesimo, sperimentabile nella Chiesa. “La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita, ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi con il Battesimo: siamochiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in talmodo portatori della gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto, in quella comunità diuomini entro la quale viviamo”.(1)

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Un compito permanente ed urgente:L’EDUCAZIONE ALLA FEDE

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FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE

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32. Questo è il vero compito per ognuno di noi e per le nostre comunità parrocchiali. È il compito disempre. Perché da sempre la Chiesa si è preoccupata di accompagnare i suoi figli nel cammino dellavita per condurli alla piena maturità di fede. È un compito connesso con la stessa dinamica dellafede, con la quale l’uomo sempre nuovamente si abbandona a Dio “tutt’intero e liberamente”.(2)

È un compito, perciò, che riguarda tutti noi e tutti i momenti della nostra vita. Per noi cristiani è uncompito specifico, non generico, poiché si tratta della nostra educazione alla fede e non di una qual-siasi opera educativa. Si tratta, cioè, di lasciarci docilmente accompagnare per vivere da battezzati,per diventare adulti nella fede, per avere “il pensiero di Cristo” (1Cor 2,16).È un compito permanente che riguarda tutta l’azione ecclesiale, non solo un suo settore. La missio-ne educativa della Chiesa non è identificabile con un ambito particolare dell’azione pastorale. Essaè una dimensione che deve attraversare tutte le sue attività, perché riguarda tutti gli aspetti dellavita dell’uomo. “In modo vario, ma sempre organico,tale missione riguarda unitariamente tutta la vitadel cristiano: la conoscenza sempre più profonda e personale della fede; la sua appartenenza a Cristonella Chiesa; la sua apertura agli altri; il suo comportamento nella vita”(3).

33. Un compito difficile da assolvere. Specialmente oggi. Perché “dobbiamo fare i conti con gli osta-coli frapposti dal relativismo, da una cultura che mette Dio tra parentesi e che scoraggia ogni sceltadavvero impegnativa e in particolare le scelte definitive, per privilegiare invece, nei diversi ambitidella vita, l’affermazione di se stessi e le soddisfazioni immediate”.(4)

Un compito difficile ma possibile, necessario, urgente e inderogabile. Per sé e per gli altri. A livellopersonale e comunitario. Un compito richiesto dalla dilagante scristianizzazione della società, dalperdurante infantilismo spirituale, dal crescente analfabetismo religioso. Per questo oggi la Chiesaparla diffusamente di “emergenza educativa”. Sì! Educare alla fede è una vera emergenza esistenzia-le. È un’emergenza che riguarda anche noi e le comunità in cui viviamo. È una “sfida” decisiva perla nostra vita.

34. “Urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifacciail tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” e della vita dei singoli cristiani.(5)

L’emergenza educativa, quindi, riguarda innanzitutto noi adulti, chiamati a formarci continuamentee a convertirci per “maturare una fede adulta e pensata, capace di tenere insieme i vari aspetti dellavita facendo unità di tutto in Cristo”.(6) E questo accade se, nella sequela docile e consapevole a colo-ro che il Signore ha scelto come nostre guide, ci lasciamo “educare al pensiero di Cristo, a vedere lastoria come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come inse-gna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo”.(7)

(Dalla Lettera dopo la Visita Pastorale per una rinnovata opera di educazione lla fede “Colui che ha iniziato in voi quest’ope-ra buona, la porterà a compimento” di Mons. Vincenzo Orofino)

––––––––––––––––––––

(1) BENEDETTO XVI, Discorso al Convegno Ecclesiale di Verona, 19 ottobre 2006, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana (2006), 235.

(2) CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla divina rivelazione, 5.

(3) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 38.

(4) BENEDETTO XVI, La trasmissione della fede ai giovani, discorso alla Conferenza Episcopale Italiana, Roma 29 maggio 2008, in La Traccia (2008), n° 5, p.669.

(5) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica postsinodale Christifideles Laici, 34.

(6) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 50.

(7) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 38.

MAGISTERO

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N. 105 - APRILE / MAGGIO 2009

SSiamo vicini ainostri fratelliabruzzesi per il

terribile terremoto che liha colpiti e parimentisiamo profondamenteaddolorati per le vittimeche ha causato, insiemeai danni ed ai disagi.Oltre alla solidarietà cri-

stiana ed umana per l’immane tragedia siamocostantemente vicini alle popolazioni con la pre-ghiera e il sostegno morale. Abbiamo pregato,abbiamo fatto minuti di silenzio nelle scuole perle vittime del terremoto tra cui diversi bambini.Pur preoccupati per quanto è successo confidia-mo nell’aiuto di Dio e nutriamo la speranza chelo scame sismico possa concludersi senza causa-re ulteriori danni e vittime.Non ci resta che pregare in queste cataclisminaturali e sperare che il peggio sia davvero allespalle. Intanto chiediamo che tutti ci attiviamo,come già si sta facendo, concretamente per veni-re incontro alle necessità delle popolazioni neimodi e termini indicati dai responsabili dellaProtezione Civile e rendendosi solidali e disponi-bili anche in base a quanto hanno stabilito iVescovi italiani e il Papa, per la solidarietàumana e cristiana. Cari fratelli abruzzesi vi siamo vicini moralmen-te, spiritualmente e se c’è bisogno anche materi-lamente”.Il terremoto che ha sconvolto le popolazioniabruzzesi, riempie i nostri cuori di dolore. La nostra diocesi si stringe in preghiera con lepersone che in questo momento stanno soffren-do per la perdita dei propri cari e con quantisono rimasti coinvolti in questa tragedia.Vogliamo condividere con tutta la Chiesa dioce-sana e le associazioni parrocchiali il nostro pienosostegno a chi sta vedendo frammentare la pro-pria vita. Continuiamo ad assicurare alle famiglie chehanno perso i loro cari la nostra preghiera affin-ché Dio accolga i defunti nella sua casa e doniloro il conforto della fede, nella speranza dellavita nuova e della pace che viene dal Signore.

EDITORIALE

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Di fronte alla tragedia che ha colpito i nostri fratelli abruzzesi le domande sono tante, grandela tristezza, e molti di noi si stanno chiedendocosa è possibile fare per aiutare le popolazionicolpite dal terremoto. La Diocesi di Tricarico,rispondendo all’invito della Caritas Italiana perl’emergenza Abruzzo, parteciperà al volontariato-gemellaggio con una delle otto comunità aquila-ne colpite dal sisma. Si è pensato di organizzarela presenza in quella terra in relazione alla dispo-nibilità e alle competenze dei singoli, ma soprat-tutto in relazione ai bisogni del territorio: (servi-zio mensa e pulizia tendopoli, servizio animazio-ne bambini, servizio assistenza sanitaria e psico-logica, logistica). I gemellaggi sono fondamentaliper dare continuità ed efficacia al lavoro di ascol-to, aiuto e ricostruzione. Grazie ad essi si creauno spirito di condivisione e collaborazione tradelegazioni Caritas e Comunità terremotate. Il periodo previsto dalla nostra diocesi va dal 4 al31 maggio c.a. Questa esperienza di Chiesa della prossimità è stata sottolineata dal cardinale AngeloBagnasco, presidente della Conferenza episcopa-le italiana, che nella sua visita ai luoghi del terremoto, ha fatto tappa anche al Centro dicoordinamento nazionale Caritas. I volontari sifaranno vicini alle persone nel bisogno, soprat-tutto le più deboli.Alle comunità abruzzesi assicuriamo il nostrosostegno concreto e immediato affinché da subi-to si curino le ferite lasciate dal sisma e ci si ado-peri per una pronta azione di ricostruzione nonsolo materiale.

Ai nostri fratelli abruzzesidi Giuseppe Abbate

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VITA DIOCESANA

FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE

Il ritiro mensile (Sichem)dei giovani di AzioneCattolica, in preparazio-

ne alla Pasqua, si è svolto pres-so il monastero delle clarisse dipotenza il 29 marzo. Abbiamo così potuto non solovivere i momenti di preghiera inun contesto contemplativoquale quello monastico, maanche conoscere la vita e lagiornata tipo delle clarisse.Sarebbe tuttavia riduttivo sin-tetizzare a ciò gli obbiettivi delritiro: siamo stati coinvoltidurante il momento di adora-zione, a riflettere sul significatodella Croce di cui ognuno di noi si fa carico: a questa partedi meditazione “personale” èseguita la cosiddetta collatio, incui ciascuno ha condiviso leproprie sensazioni e le idee conil resto del gruppo.Si è così riflettuto sull’incapaci-tà di noi giovani di farci testi-moni di Cristo morto e risorto, esul timore di dissentire le con-venzioni e gli standard di vitadella società, che spesso ci pro-pone modelli e ideali che ottene-brano la nostra coscienza diseguaci di Cristo.La lectio è stata proposta dallabadessa del monastero SuorBernadette, che dalla Parola diDio ha richiamato i temi piùdelicati per i giovani: innanzi-tutto il rispetto del propriocorpo, che oggi viene spessotrascurato a causa di una con-cezione poco matura della ses-sualità, ecc.A conclusione la badessa havoluto dare ai noi giovani unasorta di consiglio che valga altempo stesso come esercitazio-ne spirituale: l’invito cioè adimpegnarci nella contemplazio-ne del crocifisso, anche perpochi minuti al giorno, per sco-

prire la bellezza e le emozioniche Dio ci trasmette, oltre cheper capire l’importanza dellamorte e resurrezione delSignore.La giornata trascorsa con le cla-risse, ci ha permesso di condivi-dere alcuni momenti di pre-ghiera della comunità, quali lacelebrazione Eucaristica, l’orasesta, l’ora nona, e i vespri; lavita delle monache vive inoltrealtri momenti di preghiera,quali il mattutino, l’ora terza ela compieta oltre la meditazionepersonale sulla Scrittura, ecc.Dopo la collatio, è stato datospazio alle varie domande e allecuriosità anche le più strava-ganti riguardanti la vita clau-strale: dalle risposte di suorBernaddette è emersa la sobrie-tà e la semplicità della loro vita,una semplicità tangibile anchedall’affabilità, dalla disponibili-tà ad avere un colloquio perso-nale con chi lo avesse desidera-to e dall’ospitalità concessa,nonostante l’intensa vita di preghiera giornaliera, che sialterna con attività lavorative,

come la preparazione di miele,liquori, dolci ecc. L’esperienzasenz’altro significativa e origi-nale, ha dato la possibilità a noigiovani di prepararci al meglioper la Settimana Santa e divivere la Pasqua del Signorenella piena consapevolezza delsignificato della Croce e dellaresurrezione.Questo sichem, come del restoogni altro, ci è stato di ulterioreaiuto nella crescita umana espirituale, oltre che nell’ambitodell’affettività. Ecco come unaragazza del gruppo ha com-mentato l’esperienza con unsms che è circolato quandoognuno stava rientrando alleproprie case: “a ogni sichempensi di aver fatto il massimoinvece il mese dopo scali unavetta ancora più alta… il montedi Dio è infinito ed è semprecosì emozionante scalarlo sco-prendo e imparando, facendonostro cose nuove”.

Giuseppe DambrosioLeonardo Dirago

Mimmo Imperatore

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Grazie AC - Grazie Sichem

“Prima non ci vedevo, ora ci vedo”Dal Ritiro diocesano per le famiglie: occasione di

incontro per riflettere e stare insiemedi Giovanni Grassani

Il ritiro di quaresima per le famiglie della nostra diocesi èstata un’occasione preziosa per stare qualche tempo fac-cia a faccia con il Mistero ed accorgerci che Egli opera

instancabilmente nella vita di ciascuno, nonostante i lunghi trat-ti di dimenticanza e di distrazione che caratterizzano le nostregiornate paragonabili a vasti territori resi invisibili da una nebbiafittissima. La Sua luce dirada le nostre tenebre e fa emergeredistintamente il profilo del nostro volto interiore. Infatti, se uno siimbatte nel Mistero, che ha assunto in Gesù un volto umano, e“Lo guarda parlare”, ritrova se stesso e riscopre la sua altissima

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vocazione. Qualcosa di simile è accaduto dome-nica 22 marzo tra quella piccola folla di mammee papà con alcuni bambini, di giovani che si preparano al matrimonio, raccolta nella chiesa enei locali di Garaguso Scalo e proveniente dallediverse comunità della Val Basento.Dopo aver pregato insieme, abbiamo ripercorsoil testo evangelico di Giovanni 9,1-41, il raccon-to del cieco nato guarito da Gesù, che la liturgiadella IV domenica di quaresima propone a tutti.Guidati dal discepolo che Gesù amava, ci siamoimmedesimati in quella pagina del Vangeloquasi fossimo anche noi quella mattina presen-ti a Gerusalemme, confusi tra gli spettatori diquel fatto straordinario narrato dall’Evangelistacon una cura e una attenzione straordinaria aiparticolari. Ma soprattutto i dialoghi tra i prota-gonisti spiegano i diversi atteggiamenti che essiassumono di fronte adun fatto che è accadu-to e rimane sotto gliocchi di tutti. «Primanon ci vedevo, ora civedo» continua a ripe-tere a tutti il ciecoguarito da Gesù.All’evidenza di unfatto, si oppone lachiusura del pregiudi-zio “religioso” deiFarisei che negano ilfatto e la sua eviden-za, e minacciano,quanti ammettesserola guarigione, di esse-re “espulsi dalla sinagoga”, vale a dire di essereestromessi dalla comunione religiosa giudaicacon gravi conseguenze personali e sociali. La venuta di Gesù diventa “giudizio” (separazio-ne): chi lo riconosce, vede; chi non lo riconosce,diventa cieco. Il cieco nato è diventato vedentenon solo con gli occhi del corpo, ma anche congli occhi del cuore perché percepisce la presen-za di Dio in un segno umano: questa è la fede.Invece coloro che presumono di sapere, perchéesperti nelle cose di Dio, in realtà sono incapacidi riconoscere il significato pieno di quello chevedono: questa è l’incredulità. Il vedere è la fedee porta nella sfera della luce che illumina tutte le cose. L’esser ciechi è l’incredulità chediventa accecamento e abbandono al poteredelle tenebre.La fede cristiana dunque nasce e rinasce sem-pre dall’incontro con una presenza umana cheporta in sé una diversità; essa suscita stupore e

muove a seguirla, perché corrisponde maggior-mente alle esigenze del cuore.Il dialogo che con naturalezza è seguito tra i pre-senti, profondamente toccati da quel racconto, èstato una documentazione commovente di comela vita personale oggi, come duemila anni fa, èridestata da fatti o incontri che hanno la formadel “miracolo”, costringono, cioè, a risvegliartiper riconoscere la presenza del Mistero di Diodentro un segno umano. «Vorrei essere nella parte del cieco», ha dettoGiovanni, «per continuare a riconoscerLo ognigiorno. L’ho trovato nella Chiesa. È il Signoredella mia vita. Da qui scaturisce tutto il resto».«Alla fine del liceo un incontro mi ha cambiato»ha raccontato Pietro. «Poi il pianto di un pome-riggio e la ricerca di un sacerdote per confessar-mi. Trovatolo mi ha accolto così: “Stavo aspet-

tando te”. I miracoli accadevanoogni giorno. La straor-dinarietà della pre-senza di Cristo e ilgrande segno che èmia moglie. La comu-nità è Gesù che tiaccompagna e confer-ma il fatto che Luiinterviene nella tuastoria». Teresa parla di unasua “seconda chiama-ta”. Il segno è la sorel-la gravemente disabi-le. Da piccola essa

costituiva un “limite” alla sua libertà e “un peso”per la sua spensieratezza. Adesso è diventata“un dono”. «Ringrazio il Signore di questa presenza: dedicare del tempo a lei è dedicare del tempo a Lui. Mia sorella in famiglie è unagrazia». Come un fiume di vita sono continuate le testi-monianze: l’esperienza dolorosa della morte delnonno o del padre, l’incidente in campagna dichi si è visto passare sopra la ruota di una mie-titrebbia, la notizia dell’adozione di un bambino,la prova della malattia. In tutte queste vicende –sembravano dire riecheggiando San Paolo - noisiamo più che vincitori: «Egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza, infatti, si mani-festa pienamente nella debolezza”…Perciò micompiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi,nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angoscesofferte per Cristo: infatti quando sono debole èallora che sono forte» (2 Cor 12,9-10).

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Il giorno Mercoledì Santo durante laConcelebrazione della Messa Crismale,nella Cattedrale di Tricarico, presieduta

dal nostro Vescovo S. E. Mons. Vincenzo Orofino,il seminarista Vincenzo Cantore è stato ammes-so agli Ordini Sacri. Attualmente Vincenzo, origi-nario di Stigliano, della Parrocchia S. MariaAssunta, sta portando avanti gli studi di Teologiapresso il Seminario di Basilicata a Potenza.Benedetto XI nell’omelia dei vespri con i sacerdo-ti e i seminaristi a Parigi nel 2008, ha sottolinea-to: “a voi, cari seminaristi, che vi preparate aricevere il sacramento dell’Ordine, al fine di par-

tecipare al triplice compito di insegnare, reggeree santificare, questa Parola viene consegnatacome un bene prezioso. Grazie ad essa, che voimeditate quotidianamente, entrate nella vitastessa di Cristo che sarete chiamati a diffondereattorno a voi. Attraverso la sua Parola, il SignoreGesù ha istituito il santo Sacramento del SuoCorpo e del suo Sangue; con la sua Parola, haguarito i malati, cacciato i demoni, perdonato ipeccati; mediante la Sua Parola ha rivelato agliuomini i misteri nascosti del regno. Voi sietedestinati a diventare depositari di questa Parolaefficace, che compie ciò che dice. Trattenete sem-pre in voi il gusto della Parola di Dio! Imparate,grazie ad essa, ad amare tutti coloro che si troveranno lungo la vostra strada”. Questo l’au-gurio che facciamo a Vincenzo sicuri che conl’aiuto di Dio saprà diventare dispensatore dellaSua Parola.Da tutti noi auguri vivissimi al neo-ammesso!

AMMISSIONE AGLI ORDINIDI VINCENZO CANTORE

di Giuseppe Abbate

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Il 4 aprile scorso si è svolta a Tricarico laXXIV Giornata Mondiale della Gioventùche ha visto la partecipazione di numero-

si gruppi di giovani provenienti dalle diverse par-rocchie e comuni delle Diocesi. Il raduno, colora-to dal brio che caratterizza le relazioni e le moda-lità espressive dei ragazzi, si è svolto nel piazza-le della sede centrale della Scuola Elementare. Il gruppo giovani di Tricarico, guidato da donGiuseppe Daraio, si è preso cura dell’organizza-zione e dell’accoglienza, mentre la CommissioneDiocesana di Pastorale Giovanile ha procuratoper ciascun partecipante un sussidio per meglioseguire – possiamo dire così – l’itinerario dellacroce. Non poteva però mancare l’animazioneappassionata e coinvolgente del nostro respon-sabile diocesano nell’ambito della pastorale

giovanile, don Paolo Paradiso, che ha ricreato,attraverso la musica, quello che si è vissutodurante la manifestazione.Questo spirito, che poi diventa collante dellenostre relazioni, possiamo ritrovarlo come indi-cazione per il nostro cammino nel Messaggio cheil Santo Padre Benedetto XVI ha voluto conse-gnare al mondo giovanile cattolico. Guardandoverso Madrid 2011, il Papa ci ha chiesto di vive-re due anni di preparazione riflettendo primasull’affermazione di san Paolo “Abbiamo posto lanostra speranza nel Dio vivente” (ITm. 4,10) chediventa il tema dell’anno 2009, e poi su “Maestrobuono, che cosa devo fare per avere in eredità lavita eterna?” (Mc. 10,17) per l’anno 2010. Egli ha voluto rilanciare anche per i giovani ilgrande tema della speranza. Dice nel Messaggio

I giovani “affascinati” dalla speranzaGiornata mondiale della Gioventù nella Diocesi di Tricarico

dal Gruppo di Pastorale Giovanile Interparrocchiale e L’azione Cattolica Giovani di Grassano

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che essa è al centro della vita degli esseri umani edella missione dei cristiani. Però non si può esse-re alla ricerca di una speranza qualsiasi, bensì diuna salda ed affidabile. Questo lo si avvertesoprattutto nell’età giovanile perché è proprio essal’età della speranza, delle attese, della tensione alfuturo. Nello stesso tempo il giovane sperimentadelle forze contrarie che anestetizzano, deviano espesso si abbattono sotto i colpi delle difficoltàche aprono interrogativi sofferti nei loro cuori. IlPapa ribadisce con forza che le semplici qualitàumane e i beni materiali non bastano ad assicu-rare una speranza che regga a tutto questo.L’unica vera, grande speranza è una persona:Gesù Cristo. Nel nostro cammino la missione daproseguire è proprio questa: riscoprire il voltoautentico di Dio in mezzo a noi, il volto dell’Amore.Il Papa ha inoltre sottolineato l’impegno nella pre-ghiera sia personale che comunitaria, consapevo-li che il desiderio di Lui è già la Sua presenza inmezzo a noi, presenza che possono riconoscerepienamente solo nel seguirla. Alla stregua di que-sto, il nostro itinerario dietro la croce è stato scan-dito da tre tappe che hanno preso le mosse da unpasso biblico che è stato oggetto di riflessione delVescovo: il cieco nato (Gv. 9,1-41), la conversionedi Paolo sulla via di Damasco (Ac. 9,1-19) e lachiamata alla libertà di Gal. 5, 1.13-23. Il Vescovoha tenuto a sottolineare una dimensione fonda-mentale: l’incontro col Signore è un fatto reale chetocca e sana il quotidiano della nostra vita.Questo incontro ha un suo interesse perché corri-sponde al desiderio più profondo che si cela nelcuore di ciascuno di noi,desiderio che trova unasua realizzazione solo sesi lascia condurre da chilo ha suscitato. Questa èuna vera esplosione, lavera rivoluzione del cri-stianesimo. L’incontro si è conclusocon la consegna delMessaggio del Papa.Gesto questo che ha per-messo al Vescovo di salu-tare personalmente lecentinaia di persone chehanno partecipato a que-sto gesto. Ma non solo,dopo averlo Egli stessospiegato, ha permesso aciascun giovane di ricom-prendere il suo ruolo dimissionario della Chiesaper il mondo.

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Quaresima ... non da solidi Leonardo Dirago

Quest’anno noi ragazzi del gruppo giovanidi Azione Cattolica Parrocchiale di SanMauro Forte, con l’aiuto dell’instancabile

parroco don Giuseppe Di Perna abbiamo decisodi fare un’esperienza, che ci messi a contatto coni numerosissimi ANZIANI della parrocchia;anziani impossibilitati per l’età e per la salute, apartecipare alla celebrazione Eucaristica.Così si è pensato di recarsi settimanalmente,suddivisi per gruppi, da un anziano diverso, perfar sì che non si sentisse solo, ma allo stessotempo per condividere la cosa fondamentale cheloro e che noi ragazzi-giovani facciamo quotidia-namente ovvero la PREGHIERA, filo conduttoretra noi e Lui. Gli anziani hanno accolto con tan-tissimo entusiasmo e gratitudine questa “inizia-tiva” che ci ha sorpresi e ci ha fatti ammirare conquant’AMORE e FEDE costoro portano avanti laloro Croce di sofferenza .Uno dei giovani pensa e scrive queste parole ispi-rato dal veder sgranare una coroncina di rosarioda un anziano: “Quanta fatica nel cercare diafferrare e sgranare quel rosario. Quanta soffe-renza nel tentare di pronunciare, le parole dellaFede. Si… le parole dolci, leggere come farfalleper le nostre labbra E… per le tue? Stentate, sof-ferente sulla bocca ma, forti e urlate nell’ANIMA!E i sorrisi, le parole, il cuore si svuotano e, per

un attimo si ricolmano di Te! Un immenso stupo-re penetra nell’anima non dolore, né compassio-ne, né pena ma, il desiderio profondo di essereTe! Per afferrare col CUORE,con la stessa inten-sità, la CROCE, che Lui ha portato e donato, sof-ferto e amato, morto e RISORTO!”E ancora, pregando con questi nonni pensiamoad un messaggio di tenerezza di un brasilianoche dice così:” questa notte ho sognato di cam-minare sulla sabbia accompagnato dal Signore.Ho guardato indietro ed ho visto, apparivanoorme sulla sabbia: una mia ed una del Signore.Allora mi fermai guardando indietro, notandoche in certi posti c’era solo un’orma… questiposti coincidevano con i giorni più difficili dellamia vita; ho domandato allora <Signore, perchémi hai lasciato solo, proprio nei giorni peggioridella mia vita?> Ed il Signore rispose. <figlio mio,io ti AMO e non ti ho lasciato, i giorni in cui tuhai visto solo un’orma sulla sabbia,sono stati igiorni in cui ti ho portato in braccio>”.È da tutto questo che abbiamo capito che dob-biamo amare fino in fondo la CROCE, ma soprat-tutto dobbiamo essere in grado, di portare lacroce che ci viene assegnata con la consapevolez-za che il Signore, è sempre vicino a noi ed è pron-to a portarci in braccio nei giorni tenebrosi dellanostra Vita.

PROMUOVERE LA CARITÀ, ANIMARE LA COMUNITÀLa Diocesi di Tricarico al I° Convegno Regionale della Caritasdi Anna Giammetta

“La Caritas Diocesana di Tricarico resterà accan-to alle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal violen-to sisma del 6 Aprile scorso, per i prossimi tre anniassicurando una presenza costante ed organizza-ta attraverso operatori specializzati e volontari.Un esempio concreto che traduce la missioneassociativa ed il modo di operare a cui devonotendere le diverse azioni “caritatevoli”. Una pre-senza progettata, costante e condivisa che non sirealizza sull’impulso emozionale dei primi giorniin cui tutta la Nazione è stata vicina alle popola-zioni ma che sarà di supporto con interventi mira-ti, organizzati e distribuiti nel tempo”.È parte del messaggio emerso nell’intervento del

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Vescovo di Tricarico, Vincenzo Carmine Orofino,delegato CEB Caritas, nel primo convegnoRegionale Caritas parrocchiali, tenutosi domeni-ca scorsa a Matera presso la Casa di SpiritualitàSant’Anna dal tema “Promuovere la Carità -Animare la Comunità”. Un momento di incontroimportante in cui si sono confrontati oltre 300operatori provenienti da circa 60 parrocchie dellesei Diocesi della Basilicata. Il Convegno non èstato un punto d’arrivo, ma un punto di parten-za, per sottolineare l’importanza del camminoche si sta proponendo e vivendo insieme, e nellostesso tempo per ribadire l’urgenza della“Caritas” non come esperienza sporadica e assi-stenzialistica, ma come stile di vita della Chiesa,delle parrocchie, dei singoli. È necessario sostenere la maturazione di stili ditestimonianza comunitaria della carità nelle par-rocchie attraverso l’avvio, la crescita, la forma-zione, la progettazione, la verifica e l’accompa-gnamento delle Caritas parrocchiali. Il Convegno ha fatto emergere attraverso la vocedel vice direttore nazionale della Caritas, donSalvatore Ferdinandi, l’urgenza di stimolare nelleparrocchie la consape-volezza che la testimo-nianza comunitariadella carità è elemento costitutivo dell’essereChiesa. Di particolare impor-tanza, ribadisce il vicedirettore, è formare ani-matori pastorali ingrado di animare le pro-prie comunità, nellaconsapevolezza che lacarità è un organismopastorale e non unarealtà fuori dal contestopastorale delle parroc-chie. La Caritas parroc-chiale infatti è l’organis-mo pastorale istituitoper animare la parroc-chia, con l’obiettivo diaiutare tutti a vivere latestimonianza, non solocome fatto privato, macome esperienza comu-nitaria, costitutiva dellaChiesa. L’idea stessa diCaritas parrocchialeesige una parrocchia,“comunità di fede,preghiera e amore”.

Questo non significa che non può esserci Caritasdove non c’è “comunità”, ma si tratta piuttosto diinvestire, le poche o tante energie della Caritasparrocchiale nella costruzione della “comunità difede, preghiera e amore”. Come se la testimo-nianza comunitaria della carità fosse insieme lameta da raggiungere e il mezzo, (o almeno unodei mezzi), per costruire la comunione. Un eser-cizio da praticare costantemente. Una Caritas che è apparsa decisamente nonautoreferenziale e con tanta energia da spenderenei diversi campi, attraverso l’impegno quotidia-no di animazione e di carità nelle proprie comu-nità’. “Un impegno che deve essere efficace deveessere costante ed organizzato”, come ha tenutoa sottolineare più volte il Vescovo, VincenzoOrofino. Per fare “Carità” occorre rispettare delleregole e la prima di queste è entrare nelle parroc-chie segnalando ogni situazione di disagio ai cen-tri di ascolto parrocchiali, un orecchio sempre tesosul territorio. Occorre passare dall’assistenza,molto spesso sporadica del fratello, al prendercicura di lui in modo assiduo e regolato.Per citare le parole del Pontefice Benedetto XVI,

“La Carità ha bisogno diessere ordinata” e que-sto avviene attraverso laCaritas”. “Per promuo-vere la carità, ha conti-nuato Orofino, occorreritrovare la centralitàdella Messa ed aumen-tare il senso dell’umani-tà intensificando il rap-porto con chi soffre econdividendone interior-mente la sofferenza”. Strumento prezioso persostenere ogni parroc-chia ad esprimersi nelmigliore dei modi sono iprogetti di accompa-gnamento messi incampo dalla Caritas ita-liana presso le diocesilucane per aiutare glianimatori di comunità.Un progetto che haavviato i Centri diAscolto e gli Osservatoridelle Povertà e delleRisorse grazie ai qualioggi è possibile monito-rare più dettagliata-mente i bisogni reali delterritorio.

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VITA PASTORALEVITA DIOCESANA

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agli amministratori e agli operatori sociali, haproseguito dicendo che la vita nuova, che scatu-risce dalla fede, deve essere sperimentata e testi-moniata nella vita concreta di ogni giorno e che,pertanto, tutta l’azione politica degli amministra-tori deve essere guidata dalla fede che porta apromuovere la giustizia e a perseguire solo ilbene di tutti e tutto il bene delle popolazioni loca-li. “L’origine, lo scopo e la misura intrinseca diogni attività politica, intesa come carità sociale –ha puntualizzato monsignor Orofino – è la realiz-zazione della giustizia, che accade concretamen-te rispettando i diritti di tutti e operando in modotale che a ognuno venga dato quello che gli spet-ta. In questo politica e fede si toccano e interagi-

scono”. Infine, ha concluso dicendo: “Voiamministratori cristiani avete la grandemissione di operare per un giusto ordinedella società. Una missione che è di tuttala Chiesa ma che solo voi potete portare a compimento. Infatti, tocca personalmente a ognuno di voi, sotto lapropria responsabilità e non alla Chiesain quanto istituzione, prendere nellevostre mani l’azione politica per realizzarela società più giusta possibile”. Dopo la meditazione, il Vescovo ha presie-duto la concelebrazione religiosa e il pro-gramma si è concluso con un momento difraternità.

LA POLITICA COME CARITÀ SOCIALEIncontro quaresimale del Vescovo con gli amministratori e gli operatori socialidi Vito Sacco

Domenica 29 marzo, alle ore 17.00, monsi-gnor Vincenzo Orofino ha incontratoamministratori regionali, provinciali e

comunali e operatori sociali che operano nellestrutture sanitarie, nelle associazioni e nei circo-li socio-culturali della Diocesi per un momento dispiritualità in preparazione alla Pasqua.L’incontro, che si è svolto nella parrocchiaMadonna di Pompei di Garaguso scalo, alla pre-senza del vicario generale diocesano don NicolaUrgo, del vicario parrocchiale don Antonio Marioe del responsabile diocesano della Commissionedelle Comunicazioni sociali don GiuseppeAbbate, non è stata “una riunione organizzativadove parlare degli altri o delle cose da fare”, ha

spiegato monsignor Orofino nella letterad’invito ma “un incontro per voi, per lavostra vita personale, per rinnovare sem-pre nuovamente quell’incontro decisivocon Colui che è la Via, la Verità e la Vita”.Il Vescovo ha cominciato la meditazioneparlando della Quaresima come “il tempodella conversione, il tempo di dare allavita la direzione giusta, cioè quella corri-spondente alla verità di sé: ogni persona ècreata da Dio per stare per sempre conLui. La misura della conversione, quindi,non la stabiliamo noi ma ci è data: è quel-la di credere al Vangelo, cioè a Dio, comeci indica la liturgia del Mercoledì delleCeneri. La conversione comporta sempreun nuovo inizio, una nuova vita, come cidice San Paolo: se uno è in Cristo è unacreatura nuova”. Rivolgendosi, quindi,

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VITA DIOCESANA

L’emergenza educativa è stato il filo condut-tore che ha animato l’incontro-dibattitotenutosi nell’Auditorium comunale di

Tricarico il 17 aprile scorso, promosso dall’AzioneCattolica Diocesana che con l’iniziativa ha volutoporre all’attenzione del nostro territorio la questio-ne educativa. In un periodo in cui si parla tanto dicrisi economica e della necessità di adottare misu-re straordinarie per combattere tale emergenza,l’Azione Cattolica ha voluto proporre un altro argo-mento altrettanto grave e di interesse pubblico eche richiede particolare impegno da parte delle isti-tuzioni educative e civili. L’incontro aperto daGiuseppina Piliero, giovane presidente diocesanadi A.C., con la sottolineatura che la “formazionecostituisce il dna dell’associazione”, è continuatocon la relazione di Assunta Basentini, psicologapresso il Tribunale per i minorenni di Potenza, edè stato concluso da Mons. Vincenzo Orofino, vesco-vo di Tricarico. La risposta all’interrogativo è stataunanime: sì, l’educazione oggi è un’emergenza e laresponsabilità non è tanto delle nuove generazioniquanto degli adulti. Quest’ultimo aspetto deve farriflettere. Quando si parla di educazione si associail termine e la relativa attività al mondo dei ragaz-zi e dei giovani, escludendo gli adulti. L’analisidella situazione proposta dalla psicologa ha evi-denziato che molti comportamenti dei ragazzi sonoda attribuire agli adulti ed, in primo luogo, allafamiglia. La Basentini, dopo aver evidenziato cheva distinto il disagio fisiologico dell’adolescente daquello che porta alla devianza, ha affermato: “Vedodal mio osservatorio una trasformazione dellafamiglia che vive oggi un’inquietudine, una lacera-zione profonda e una incapacità ad educare ai sen-timenti. Il contesto educativo privilegiato del ragaz-zo è fragile. L’ambito familiare spesso è problema-tico con la presenza di “tanti soggetti” che creanodisorientamento”. I ragazzi chiedono di essereascoltati, che i genitori si occupino di loro, che glistiano vicini e che costituiscano esempi positivi daimitare. Se non si crea questa relazione genitore-figlio, il ragazzo cercherà altrove punti di riferimen-to. Dall’interazione con l’adulto che il ragazzo formala sua personalità. Importante, quindi, è creare deglispazi per le relazioni. I genitori sono portati a con-cedere tutto ai figli, a giustificare ogni loro azione,anche negativa. Tanto, si sente spesso dire, si com-portano tutti così. È questa una relazione malatache non aiuta a crescere sani. I ragazzi voglionoadulti seri, capaci di punire o di premiare.

Insomma, non solo “carezze” ma anche dei “no”meglio se motivati come sostenuto dalla presiden-te diocesana. La prima difficoltà da superare è congli adulti. Se nel passato il disagio era legato all’ap-partenenza sociale, oggi non è così. C’è emergenzaeducativa. Le situazioni di difficoltà dei minori inambito familiare sono in continuo aumento, anchese non tutte emergono perché a volte vengonocamuffate. Una ulteriore riflessione ha riguardatola vita di coppia. I giovani arrivano al matrimoniocon una visione falsata della realtà. Vedono la vitaconiugale come una vacanza, come momento dibenessere, dimenticando che ci sono prove dasuperare. Da questo contrasto tra le aspettative el’esperienza reale nasce la fragilità che potrebbeaddirittura rompere la coppia. La dirigente scola-stica Anna Martelli nel suo intervento si è chiesta:perché i ragazzi devono rispettare le regole, tenerecomportamenti giusti e gli adulti no? I ragazzi imi-tano quello che vedono fare e non quello che sen-tono. Un invito alla coerenza. L’assistente diocesa-no di A.C. don Giuseppe Di Perna ha rimarcato ilproblema del consumo di alcol tra i giovani anchenelle nostre piccole comunità. Mons. VincenzoOrofino ha ricordato come la rivoluzione degli annisessanta ha contestato la figura del padre e i geni-tori di oggi, frutto di quella contestazione, voglionoessere gli amici dei figli e non i genitori. Con la con-seguenza che i figli crescono senza la presenzaeducativa del genitore. Un vuoto incolmabile. La questione educativa, ha rilevato, è una questio-ne culturale. Il ragazzo è irrilevante, non interessain quanto ragazzo, ma per la sua proiezione, perquello che ci fa apparire. Si è molto possessivi edegoisti. L’educazione è una questione di cuore, diamore. L’educatore è colui che ama. E chi ama nonè possessivo, né egoista, dona se stesso.Richiamando, poi, la sua “Lettera dopo la VisitaPastorale “ha ribadito che educare vuol direaccompagnamento: “I genitori hanno il compito diintrodurre i loro figli in tutta la realtà che li circon-da e di accompagnarli nel cammino della vita perrenderli capaci di scoprire e di assumere la veritàdi sé”. Un accompagnamento da vivere con respon-sabilità. Ha concluso affermando che questa missione èpossibile solo attraverso una alleanza educativa trala Famiglia, la Parrocchia e la Scuola. Il ragazzo deve vivere dentro questo contesto dialleanza che consapevolmente si prende cura dellasua crescita umana, culturale e sociale.

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EDUCAZIONE: UN’EMERGENZADibattito tra educatori ed esperti promosso dall’Azione Cattolica Diocesana

di Antonio Soldo

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Libri e cultura ecclesiasticaConvegno e mostra dei volumi restaurati del fondo bibliotecario della Diocesi

di Nicola Soldo

Può definirsi a buondiritto un evento cultu-rale di alto profilo il con-

vegno che si è svolto il 21 apri-le nella suggestiva cornice del-l’erigendo Museo Diocesano diTricarico ubicato nel PalazzoVescovile della Città. “Libri ecultura ecclesiastica” il titolodel convegno che ha avutocome obiettivo quello di pre-sentare ed esporre, attraversouna mostra aperta ai visitatoridal 18 al 26 aprile, il restaurodi 34 volumi, la cui datazionecopre un arco temporale che vadal 1498 al 1696, provenientidal fondo antico dellaBiblioteca della diocesi diTricarico. Le opere restauratesono state selezionate in basealla gravità dello stato di con-servazione e alla preziosità delcontenuto, determinata anchein alcuni casi dalla presenza di

note manoscritte. L’iter che haportato a questo evento è statolungo e complesso.Innanzitutto è stato preceden-temente composto un Progettoesecutivo comprensivo di sche-de analitiche sullo stato d’atto,sulle caratteristiche peculiaridei singoli volumi con indica-zione in dettaglio dell’interven-to da eseguire. Esso è statoredatto in collaborazione conl’Archivio di Stato di Potenza afirma di Maria CarmelaBenedetto, responsabile delLaboratorio di Restauro, dellaprof.ssa Carmela Biscaglia,referente scientifico per i BeniStorici e Archivistico-bibliote-cari della diocesi di Tricarico edel coordinatore del progettomons. Nicola Urgo, vicariogenerale e presidente dellaCommissione Diocesana perl’Arte sacra e i Beni Culturali.

Il lavoro è stato così affidato il18 giugno 2008 alla DittaLaboratorio Codex di DeFilippis Regina & C. S.A.S ecompletato il 6 ottobre 2008. Sulla scorta del verbale dellaCommissione di collaudo, il 24ottobre 2008 tale lavoro è statogiudicato a regola d’arte e inrispondenza del Progetto direstauro. Il convegno vuole pre-sentare tutto questo, per taleragione si inserisce all’internodelle attività di eccellenza dellaXI settimana della cultura pro-mossa dal Ministero per i Benie le Attività culturali, che haper altro finanziato questo pro-getto, ed è stato patrocinatodalla diocesi di Tricarico in col-laborazione con la DirezioneRegionale dei Beni Culturali ePaesaggistici della Basilicata,dall’Archivio di Stato diPotenza. Gli interventi dei rela-

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tori sono stati moderati dalprof. Rocco Gentile, direttoredell’Ufficio Diocesano perl’Università e la Cultura. Egliha indicato questo evento cul-turale come una tappa del pro-getto di ristrutturazione e alle-stimento del Museo Diocesano.Questo Progetto comprendeanche l’inventariazione deibeni mobili artistici, mentre perl’archivio Diocesano è stata giàrealizzata dalla Soprintendenzala schedatura informatizzata diparte del materiale presente. È stato già avviato il ProgettoCeiAr finalizzato al riordino eall’informatizzazione con appo-sito software di tutto il materia-le archivistico della diocesi.Anche per la BibliotecaDiocesana si è dato inizio al

Progetto CeiBib, sistema pro-gettato per consentire a tutte lebiblioteche ecclesiastiche dipartecipare con i propri dati eservizi a SNB. Mons. Urgo haancora sottolineato quella chevuole essere l’anima di questeattività: il bene inestimabiledella cultura, nella sua naturadi risorsa preziosa, deve esserefruibile se vuole raggiungere ilsuo scopo, creare nuove possi-bilità, promuovere la crescita,rivitalizzare gli ambiti umani eha inoltre apprezzato la colla-borazione che ha intrecciato illavoro e le competenze profes-sionali di enti pubblici, privati,istituzioni ed Uffici Diocesani.Hanno ancora partecipato ilprof. Alfredo Giacomazzi, diret-tore regionale dei Beni

Culturali e Paesaggistici dellaBasilicata, la dott.ssa ValeriaVerrastro, direttore coordinato-re dell’Archivio di Stato diPotenza, che ha spiegato conestrema chiarezza e competen-za professionale l’iter legislativoe burocratico implicato ininterventi di questo tipo. Di preziosa caratura l’interven-to della prof.ssa Maria CarmelaBiscaglia che ha visto in questivolumi restaurati come un sag-gio che riflette le vicende stori-che della Diocesi e delle suecomunità religiose. Esse, attra-verso le proprie biblioteche,erano i veri centri di trasmis-sione della cultura. Infatti ilfondo antico di Tricarico rap-presenta oggi un punto di con-fluenza degli studi conventualidella Città, in particolare deiCappuccini e dei Minori osser-vanti e conventuali rispettiva-mente presenti nei conventi deiCappuccini, di Sant’Antonio diPadova e di San Francesco diAssisi. Il fondo antico consta di 2000 volumi (su un totale di circa 9000 comprendentianche importanti collezioni pri-vate), 250 cinquecentine, unnucleo di incunaboli e unadecina di manoscritti tra cui ilcodice membranaceo in carat-tere gotico Voyage d’outre mer

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del 1357 ca. di Jean deMandeville che per l’occasioneviene esposto per la primavolta, il Rationale divinorumofficiorum di GuglielmoDurante la cui copia a noi per-venuta è stata edita a Vicenzanel 1480. Tra le cinquecentinetroviamo uno tra i più noticommenti alla Bibbia di Niccolòdi Lyra ed un commento al XIIlibro della Metafisica diAristotele. Tra le seicentine 9tomi degli Annales ecclesiasticidel venerabile Cesare Baronio.L’importanza ed il calibro del-l’attività intellettuale, sociale,educativa della cultura eccle-siastica tricaricese ha visto ilsuo apogeo negli anni delvescovo Antonio del Plato(1760-1783). In quegli anniinsegnò presso il SeminarioVescovile Emilio Pacifico, disce-polo di uno dei massimi illumi-nisti di estrazione napoletana,Antonio Genovesi, e vi studia-rono Niccolò Fiorentino cuginodi Francesco Lomonaco (unodei maggiori artefici della rivo-luzione napoletana).Altro elemento qualificantedella biblioteca diocesana diTricarico è la leggendaria erarissima prima opera a stam-pa della Basilicata: la Vita conle apparitioni, e miracoli della

veneranda serva di Dio suorFrancesca Vacchini di Viterbo,scritta dal vescovo di TricaricoRoberto de’ Robertis, un dome-nicano proveniente dall’entou-rage di Paolo V e del cardinaleScipione Borghese, e da luifatta stampare proprionell’Episcopio di Tricarico nel1613 dal tipografo napoletanoGiovan Giacomo Carlino.Numerosi ancora i commentialla Summa di Tommasod’Aquino, tra cui spicca quelladi Tommaso de Vio detto ilCaietano. Nella presenza deilibri si leggono -secondo laBiscaglia- i segni dei tempi,essi testimoniano la sensibilitàa nuove aperture testimoniatead esempio dalla presenza delVocabolario degli Accademicidelle Crusca (Napoli 1748), chenon possono non essere motivodi rilettura e criterio di giudiziodell’oggi. Seguono gli interventidi Maria Carmela Benedetto edi Giuseppe De Filippis dellaboratorio Codex. Coadiuvatoda una sua collaboratrice haspiegato le diverse e delicatefasi di recupero dei volumirestaurati. Le competenze diDe Filippis in ambito di patolo-gia del libro hanno permesso dirilevare le reali condizioni deivolumi potendo così effettuare

il restauro più adatto. Ha inol-tre mostrato i processi cui ven-gono sottoposte le loro pagine:processi di pulitura e recuperodei caratteri, trattamenti consoluzioni chimiche, macchineche ricompongono la cellulosadanneggiata, etc… Conclude S.E. Mons. Vicenzo Orofinovescovo di Tricarico. Egli haaffermato che la cultura oggi èuna sfida e noi come Chiesavogliamo coglierla. La nostracrisi - ha spiegato mons.Vescovo - nelle sue multiformimanifestazioni economiche,sociali, politiche ha solo unaradice: la crisi culturale. Le dif-ficoltà che la Basilicata stavivendo forse andrebbero lettee affrontate attraverso questaefficace prospettiva. Infatti, lamemoria del passato crea con-dizioni di vivibilità nel presentee apre spazi nuovi per il futuro.“La bellezza salverà il mondo“afferma mons. Orofino citandoil principe Miškin ne L‘Idiota diDostoevskij, bisogna ripartireda questa certezza perché èl’unica che fa dell’uomo unessere unico e irripetibile e lorinvia a qualcosa di più grandeche le opere d’arte manifesta-no. Di questo vogliamo farcicustodi e per questo vogliamoessere “creatori” di cultura.

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«…mi chiamerò Giovanni Paolo,intendiamoci io non ho né lasapientia cordis (sapienza delcuore) di Papa Giovanni né lacultura e la preparazione diPapa Paolo, ma sono al loroposto, devo cercare di servire laChiesa, spero che mi aiuterete

con le vostre preghiere...» que-ste le prime parole ai fedeli diGiovanni Paolo I (Card. AlbinoLuciani) all’Angelus di domeni-ca 27 agosto 1978, giorno suc-cessivo all’elezione. Il Papa del sorriso, l’umile suc-cessore di Pietro, il pontefice

dei 33 giorni, ma GiovanniPaolo “il primo” è stato molto dipiù. Nato in una famiglia pove-ra del Veneto, nella diocesi diBelluno, Albino Luciani sentì lachiamata del Signore fin dapiccolo. Dopo gli studi e l’ordi-nazione sacerdotale ricoprìruoli di grande responsabilitànella Chiesa. Docente, vicariogenerale, vescovo di VittorioVeneto, patriarca di Venezia ecardinale. Ruoli che accettòsempre con grande spirito disacrificio a Dio e per il benedella Chiesa. Dopo la consacra-zione episcopale ai fedeli delsuo paese natale disse: «…Hopensato che il Signore con meha attuato un suo vecchiosistema: certe cose non le scri-ve né sul bronzo né sul marmo,ma addirittura sulla polvere…io sono la pura e povera polve-re». Durante il suo breve ponti-ficato, un paio di volte è capita-to che la mattina durante lamessa nella cappella privatadella casa pontificia, per suovolere, presiedeva la celebrazio-ne il suo segretario e lui facevada semplice chierichetto. Il Sommo Pontefice che servivaall’altare come l’ultimo deiservi. Durante la sua primaudienza generale disse: «dob-biamo sentirci piccoli davanti aDio. Non mi vergogno di sentir-mi come un bambino davantialla mamma: si crede allamamma, io credo al Signore, aquello che Egli mi ha rivelato».Come recentemente ha sottoli-neato Papa Benedetto XVI,

di Domenico Rizzo

Giovanni Paolo I

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l’umiltà può essere consideratail suo testamento spirituale. Restò sempre quel semplicecatechista di parrocchia, ruoloche amava tanto. Aveva unagrande capacità di spiegare ladottrina con poche parole,semplici ed efficaci; si facevaaiutare dai bambini, si servivadella letteratura, della filosofia,della poesia, delle tradizionipopolari, dei temi di attualitàma soprattutto utilizzavaesempi concreti della vita diogni giorno per sottolineare chela volontà di Cristo si attua apartire dalle piccole carità dellavita quotidiana. Parlava e pre-

dicava sempre con lo stessostile e con le stesse modalità finda quando da giovane semina-rista scrisse un articolo per ilbollettino parrocchiale, e il suoparroco correggendolo, gli spie-gò: «Vedi, Albino, quando scrivipensa che il tuo articolo deveessere capito anche da quellavecchietta che sta lassù, incima al paese, che non ha stu-diato e sa appena leggere».Si può dire che Papa Lucianiebbe sempre quella vecchiettadavanti agli occhi, anche quan-do giunse sul soglio di Pietro,anche quando ad ascoltarlo vifurono capi di Stato e il mondointero. L’amore di Dio e per Dio

la sua grande forza: «Noi siamooggetti da parte di Dio di unamore intramontabile.Sappiamo che ha sempre gliocchi aperti su di noi, anchequando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre!»espressione ispirata da unpasso del profeta Isaia, ma cheimpressionò moltissimo l’opi-nione pubblica e anche alcuniuomini di Chiesa. Il ruolo dimadre come modello di santitàquotidiana è sempre presentenella spiritualità di PapaLuciani. Dio è madre, laMadonna è madre, la Chiesa èmater et magistra (madre e

maestra). Ma il modo di defini-re noi figli di Dio, figli dellaVergine e figli di Santa MadreChiesa è certamente qualcosache nasce da una mente ispira-ta e che sa andare dritto alcuore: «Noi cristiani siamo ifigli della speranza, lo stuporedi Dio!!!!». Un cuore colmo dicarità e amore per il prossimo.Le sue porte erano sempreaperte per i poveri e per i menofortunati; visitava le case diriposo, gli ospedali, andavanelle fabbriche per assistere glioperai che perdevano il posto dilavoro. I suo collaboratori rife-riscono che era sempre senzasoldi perché li donava agli sfor-

tunati che incontrava sul suocammino. Non esitò a venderebeni mobili e immobili delladiocesi di Vittorio Veneto perrisarcire alcune vittime di unatruffa nella quale furono coin-volti anche alcuni sacerdoti.Aiutò famiglie in difficoltà ven-dendo gli oggetti preziosi chericeveva in regalo, persinoquelli ricevuti da PapaGiovanni e da Papa Paolo.Semplice e umile ma ancheinflessibile e intransigentequando si trattava di dottrina edi obbedienza alla Chiesa. A Venezia condannò ogni dialogo con i preti operai esciolse la sezione della FUCI(Federazione universitaria cat-tolica italiana) poiché si eraschierata a favore del divorzio.Tutto questo per dire che i car-dinali avevano scelto il patriar-ca Luciani con razionalità,apprezzandone le doti pastoralie ritenendolo adatto al gravecompito; inoltre era molto sti-mato da Paolo VI il qualedurante la sua visita a Venezianel 1972 si tolse la stola papa-le, la mostrò ai fedeli e la posesulle spalle del cardinaleLuciani; gesto gravoso se sitiene conto che ogni discorso eogni gesto di Papa Montinicelavano dietro un profondosignificato.Figlio del Concilio lo ha dimo-strato con il doppio nome(primo caso nella storia dellaChiesa) sintesi di continuitàcon i papi che avevano indettoe condotto il concilio. PrimoPapa a rifiutare l’incoronazionee la tiara. Simboli del ministeropetrino diventavano il pallio el’anello del pescatore. In circaun mese abolì l’incoronazionesostituendola con la “solennecerimonia d’inizio del ministeropetrino”, abolì la sedia gestato-ria (anche se poi dovette usarlaperché i fedeli non lo vedevanodurante le udienze); e dopo

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secoli eliminò il plurale maie-statis usando la prima personasingolare. Tutto questo inpochi giorni per sottolineare lasvolta conciliare nei gesti, sim-boli del rinnovamento.La sua morte: un fiume diparole inutili e prive di buonsenso. Attraverso ragionamentid’inaudita superficialità si ègiunti al mistero, all’intrigo e alcomplotto. Morte strumentaliz-zata per attaccare e screditarela Chiesa. Quando si dimenticache il Papa è un uomo checome tutti si ammala e cometutti muore. Certo dopo 33giorni può sembrare strano,ma nella storia della Chiesa visono casi ancora più clamorosi:Papa Urbano VII nel 1590 morìdopo 13 giorni di pontificato esi presume che nel 754 StefanoII (non si è certi della sua esi-stenza) sia morto 4 giorni dopol’elezione e non venne nemme-no inserito nell’elenco dei pon-tefici. Non dimentichiamo chela morte sopraggiunge senzaavviso e anche se parliamo diSommi Pontefici, la DivinaProvvidenza opera comunqueattraverso gesti naturali escientifici. Il Papa è mortomolto probabilmente di una diquelle tante malattie che ven-gono definite “fulminanti”. In questo caso si pensa ad unaforma di embolia polmonarecome ritiene anche la famiglia;tra i sintomi di tale male visono forti dolori agli arti infe-riori cosa che il Papa aveva ilgiorno della sua morte comeriferiscono i segretari. Inoltre,qualche anno prima di ritornodal Brasile il cardinale Luciani,in aereo, era stato colpito da unembolo all’occhio e per pocorischiò la vita. La fatica, la gra-vosità del ruolo sono certamen-te fattori che hanno influito.Diventare Papa cambia la vitasoprattutto per un uomo cheamava la tranquillità e un’esi-

stenza semplice caratterizzatada quell’apostolato “spicciolo”che a lui piaceva tanto. I suoifunerali semplici come lo furo-no quello del suo predecessoree quello del suo successore.Svolti nelle stesse modalità, macon una differenza, una pioggiaintensa e battente come se laschiera degli angeli e dei santipiangesse e riversasse le lacri-me sul mondo. Allora comepossiamo dare un significato aquesto breve pontificato?Giovanni Paolo I è stato una“svista” dello Spirito Santo? Dacristiano e da studente di sto-ria ritengo che c’è un significa-to in tutto questo che deveessere svelato e interpretato.Dopo i miei studi su di lui misono fatto un’idea (del tuttopersonale e non condivisibile).Il Signore conduce sulla stradadella santità attraverso moltimodi, e ogni strada rappresen-ta un esempio da proporrecome modello per gli altri. Dioper don Albino Luciani ha scel-to il cammino del servizio del-l’autorità nella Chiesa; stradainsolita per uno come lui chefuggiva da popolarità, fama evisibilità, e che combatteva ilculto della personalità nellaChiesa, l’unica strada che donAlbino non avrebbe mai volutopercorrere. Il Signore ha porta-to un “povero Cristo”, un mite,un semplice catechista di par-rocchia sul trono più alto esotto tutti i riflettori del mondo.Evento che da un lato ha rive-lato al mondo le gesta e la vitadi un santo da prendere adesempio; dall’altro ha dato allasua diletta Chiesa un segnoimportante: il modello di pasto-re di cui ha bisogno, che con ilcuore colmo della GraziaDivina, con semplicità e umiltàparli con il linguaggio dellagente, alla gente e per la gente.Dopo i grandi cambiamentidovuti al Concilio, dopo il clima

di tensione degli ultimi anni delpontificato di Paolo VI, dopol’uccisione di Aldo Moro, nelclima di piombo degli anni 70si sentiva il bisogno di un “sor-riso di speranza”. Un sorrisoche è segno di bontà e non disprovvedutezza, di semplicitànon di semplicismo, un atto difede e di amore che rispecchial’ammonimento evangelico:“Servite il Signore con gioia”.Un Pontificato interrotto? Io non credo. Come ebbe a dire il suo successore, KarolWojtyla, che prendendone ilnome ne assunse implicita-mente l’eredità: «trentatre gior-ni bastano come tempo del-l’amore». La sua elezione èstata la prima dopo la chiusuradel Concilio Vaticano II e perciòlo scopo del suo Pontificato èstato quello di rappresentareun nuovo punto di partenzaper la Chiesa e per l’Umanità.Ed è per questo che ha avviatoun cammino partendo dall’ini-zio, dai fondamenti primi dellareligione cattolica: nelle sue 4udienze generali ha spiegatoche quella Humilitas (umiltà),motto nel suo stemma daquando fu consacrato vescovo,è il terreno indispensabile(humus) sul quale coltivare efar crescere fede, speranza,carità e giustizia; ad altri ilcompito di continuare e fare ilresto. “Senza Giovanni Paolo Inon ci può essere GiovanniPaolo II”. Proprio perché ilPontificato di Papa Luciani èstato un evento straordinario;inteso anche nel significato difuori dall’ordinario, non potevache durare poco tempo cometutte le cose speciali. Ma il prodigio è anche nelladurata temporale che non pote-va che essere di 33 giorni come33 furono gli anni di vita diquel Cristo del quale il Papa,Servo Servorum Dei, è Vicario interra.

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La Basilicata è la seconda regione italianaper incremento del numero di stranieri.Stando ai dati resi pubblici dalla

Prefettura Lucana qualche giorno fa, sarebberoben 1.579 gli alunni stranieri che frequentano lescuole nella sola provincia di Potenza.Sempre più gli adulti ed i bambini pre-senti nella quotidianità della Regione:donne, badanti custodi pazienti deinostri anziani; uomini, per lo più man-driani o stagionali impegnati nella rac-colta di fragole e pomodori. Tutti, parteattiva dell’economia lucana. Anche ilterritorio della Diocesi di Tricarico èinteressato ogni giorno di più da que-sto nuovo fenomeno collettivo che inte-ressa, oltre alla condizione alloggiativaed alla scolarizzazione soprattutto l’integrazione socio-culturale. È sicura-mente dal grado di integrazione dei

migrati che si misura il grado di civiltà di un ter-ritorio. Avvicinarsi al tema dell’immigrazione,però, non significa solo addentrarsi in una moledi dati e statistiche rappresentative, ma vuoldire anche approfondire tutti quegli aspetti

SE AIUTATE GLI ALTRI, GLI ALTRI AIUTERANNO VOI

Gli stranieri e la Diocesi di Tricarico: una testimonianzadi Anna Giammetta

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intimi e privati di ogni migrante per far decadere,una volta per tutte, lo stereotipo secondo cui gliimmigrati sono uguali tra loro ma diversi da noi.Tra questi aspetti rientra sicuramente il credoreligioso. In questo nuovo contesto il collega-mento tra appartenenza religiosa e provenienzageografica emerge in tutta la sua valenza.Nazionalità e radici culturali di riferimento sono,infatti, fattori fondamentali nella formazionedella personalità e svolgono un ruolo centralenella determinazione dell’appartenenza religio-sa. In questo stato di cose, dunque, ad esserepredominante non è solo il tema del lavoratoreimmigrato ma anche quello della religione comecentro di significati.La Caritas Italiana sin dall’inizio ha tentato didare risposte a questo complesso fenomenoattraverso un’opera di indirizzo e coordinamentodelle Caritas diocesane impegnate quotidiana-mente a sostegno dei cittadini immigrati. Anche la Dicesi di Tricarico ha istituito da diver-so tempo un ufficio per le migrazioni di cui èresponsabile Don Paolo Dinota che collabora conla Caritas Diocesana guidata da Don GiuseppeMolfese coadiuvato da Vito Traficante e LauraPontillo, per permettere di operare più efficace-mente a favore dell’integrazione dei cittadinistranieri. Lo studio e la conoscenza del fenomeno migrato-

rio costituiscono una priorità per la Diocesi cheper farlo si avvale di due preziosi strumenti: lacaritas diocesana ed i centri di ascolto parroc-chiali che svolgono una intensa attività di moni-toraggio attraverso il programma informaticoOSPO (Il progetto, nato nel 1990 e utilizzato, damoltissime diocesi sul territorio nazionale, hal’obiettivo di fornire gli strumenti software perrealizzare un sistema informativo della Curia,garantendo l’esistenza di un database). Presso ilCentro Caritas (Piazza Raffaello Delle Nocche10/12 Tricarico, Tel. 0835-723052) si assicura iltutoraggio per le pratiche di regolarizzazioni deipermessi di soggiorno o di ricongiungimentifamiliari. Ma qui, ad essere garantito è soprat-tutto il diritto di culto, molto spesso negato onon considerato per i cittadini stranieri. Ogniquindici giorni, un prete Ortodosso, PadreAdrian, seguendo un calendario itinerante assi-cura la celebrazione della Santa Messa nei varipaesi della Diocesi. L’integrazione è un fenome-no lento e paziente che si realizza giorno dopogiorno e solo se si conosce davvero “lo stranie-ro”accanto a noi, sapere quello che pensa, chesogna, che lo angoscia. “ Io non volevo andare in un nuovo paese, incon-trare nuovi amici, avere una nuova casa... perchéprima ero felice! Per me l’unica cosa che eraimportante era uscire, giocare, ballare, fare festa

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con gli amici… Per me viverecosì era bello, era una vitacome quella di tutti gli altribambini. Credo che anchesecondo voi sia una cosa belladivertirsi con gli amici” cosìscrive in un suo componimen-to Ivalina Ilieva una ragazza di14 anni giunta a San MauroForte da Pleven (Bulgaria)pochi mesi fa.“Quando siamo partiti perl’Italia, siamo venute diretta-mente in questo paese che mi èsubito piaciuto; qui ho trovatodue famiglie che ci hanno aiu-tato e che non so come ringra-ziare. A loro posso solo dare ilmio cuore e il mio affetto.A settembre ho cominciato afrequentare la scuola in questopaese: faccio la prima media. I primi giorni sono stati duri, perché non sapevoné parlare, né scrivere né leggere in italiano; avreivoluto scappare da scuola molte volte.Una volta, nel mese di ottobre sono andata inchiesa e mi hanno invitata ad andare al catechi-smo. Ho risposto di sì, perché così pensavo dipassare un po’ di tempo insieme agli altri. Ma poiho capito che era un pensiero sbagliato. Unadomenica sono andata a messa ed ho iniziato acredere in Dio, in Gesù e in tutti i santi ed anchemia madre. In Bulgaria non andavamo mai per-ché fino al 2007 in molti paesi della Bulgariac’era il comunismo, per cui o non c’erano chiese, oerano state chiuse e se erano aperte non poteva-no offrire molto.Voi che credete in Dio, immaginate che cosa signi-fica questo per noi!Quando vado in chiesa mi piace stareda sola con i miei pensieri e quando escodalla chiesa mi sento pulita, provo unsenso di calma perché so che i peccatisono stati tolti. Non penso più alle cosebrutte. La chiesa ha un grande ruolo nelmio ‘’progresso’’ in Italia. Certo che mimancano i miei amici, la mia gente, lamia lingua e la mia terra. Anche per miamadre è così, ma adesso siamo qui… lavita non finisce e a volte anche dallecose brutte può uscire qualcosa dibuono.I miei desideri sono scrivere libri suargomenti sulla vita: l’amicizia, l’amore,il coraggio… e poi riuscire a trovare lamia vera madre per capire quale è stato

il motivo che l’ha spinta alasciarmi.Un consiglio per tutti gliItaliani: non girate le spalle aglistranieri, sono persone chehanno bisogno del vostro aiuto.È vero che a volte gli stranierirubano… ma pensate cheanche per loro la vita è difficile.Forse avete paura che se aiuta-te uno straniero, poi lui sidimentica del vostro aiuto?Dipende dalla persona: amareed essere amato sono due cosediverse.A me, che sono straniera,farebbe piacere se qualcunocredesse nelle mie possibilità,perché questo mi darebbecoraggio, voglia di vivere eforza per studiare meglio la lin-gua italiana.

Non lo so se a voi è capitato di ritrovare la fiduciacredendo nei piccoli gesti: per me essi hanno ungrande significato.Se aiutate gli altri, gli altri aiuteranno voi, cosìanche voi imparerete qualcosa di nuovo daglistranieri”.Capelli scuri, grandi occhi neri ed un sorrisocontagioso Ivalina oggi frequenta il catechismoassiduamente presso la Parrocchia di SantaMaria Assunta ed è stata la vincitrice per la suasezione della 4° edizione del concorso parroc-chiale artistico-letterario sulla pace. La stradaper l’integrazione completa è ancora lunga. Leiha tante ferite ancora aperte, tante incertezze,tanto buio ma ha trovato nella Chiesa un puntofermo. Lei oggi, non è più sola!

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TRICARICO – Venerdì 24 aprile, sono stati inau-gurati i cinque piani del nuovo plesso dell’ospe-dale di Tricarico, sede del Polo riabilitativo dellaFondazione “don Carlo Gnocchi”. Si apre unanuova pagina nella storia del nosocomio tricari-cese, nato nel 1947 per iniziativa dell’allora sin-daco e poeta Rocco Scotellaro, che aveva forma-to un comitato cittadino da lui presieduto e conl’appoggio del Vescovo e Servo di Dio monsignorRaffaello delle Nocche, il quale aveva dato ladisponibilità di alcuni locali dell’Episcopio perospitare le prime stanze dell’ospedale. La cerimonia d’inaugurazione è cominciata conl’intitolazione del presidio ospedaliero a RoccoMazzarone, il medico tricaricese che è stata unadelle figure più importanti in Basilicata e fuorinel campo della sanità, testimoniata dalla parte-cipazione di numerosi amici del medico-sociolo-

go tricaricese e di autorità, tra cui il sindaco diTricarico Lello Marsilio, i senatori Maria Antezza,Carlo Chiurazzi e Saverio D’Amelio, il presidentedella Giunta regionale Vito De Filippo, l’assesso-re regionale alla Sanità Antonio Potenza, il con-sigliere regionale Adeltina Salierno, il presidentedella Provincia di Matera Carmine Nigro e diver-si sindaci dei comuni della provincia di Matera:Raffaele Domenico Ricchiuti di Ferrandina,Michele Vimiano Leone di Pisticci, Pasquale Pepedi Tolve, Leonardo Digilio di Stigliano, l’assesso-re comunale Maria Iula per il sindaco diGaraguso e Vito Magnante di Grassano. Presentianche i massimi dirigenti della Fondazione “donGnocchi”: il presidente, monsignor AngeloBazzari, il direttore generale, Silvio Riboldazzi eil direttore del Polo riabilitativo di TricaricoSimonetta Mosca. I dirigenti dell’Azienda sanita-

CINQUE PIANI PER IL NUOVO PLESSO DELL’OSPEDALE DI TRICARICO

di Vito Sacco

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ria materana erano rappresentati dal direttoregenerale Vito Gaudiano. Tra le autorità c’erano ilVescovo di Tricarico, monsignor VincenzoOrofino e il comandante della Compagnia deicarabinieri di Tricarico, capitano GiuseppePrudente. Tutti gl’intervenuti hanno visitato ipiani della nuova struttura, guidati dal respon-sabile sanitario Lidia Giordano, che ha mostratole stanze per la degenza, le palestre per la fisio-terapia, i soggiorni, le aule della Facoltà diFisioterapia della sezione staccata dell’universi-tà di Bari e l’aula magna, dove si è svolto unaffollatissimo incontro guidato da Mario Trufelli.Il giornalista ha riproposto il filmato di un’inter-vista di una quindicina di anni fa a RoccoMazzarone sulla sanità in Basilicata e ha riper-corso la storia della fondazione dell’ospedale tricaricese, mentre la Fondazione “don Gnocchi”ne ha proposto uno che ha ripercorso le tappeche hanno portato alla costruzione del nuovoedificio. Il sindaco Lello Marsilio, nel suo inter-vento, ha detto che l’intitolazione a Mazzaronedell’ospedale serve a farlo sentire maggiormentecome ospedale del territorio. Vito Gaudiano, successivamente, ha affermatoche l’ospedale tricaricese è un esempio di comesi fanno gl’interessi dei cittadini e di come silavora non per fare demagogia ma per trasfor-mare le strutture sanitarie, come quella diTricarico, in una struttura compatibile.Giuseppe Montesano, attuale responsabile sani-tario della Asl materana e allievo di Mazzarone,ha ricordato il messaggio principale lasciato dalsuo maestro: la fiducia incondizionata nell’otte-nere buoni risultati anche avendo a disposizionepochi mezzi. Vito De Filippo, invece, ha spiegatocome la riconversione di piccoli ospedali in polidi eccellenza ha evitato la loro chiusura e mon-signor Bazzari ha comunicato che la Fondazioneche presiede si sente anche lucana sia perché la

regione ha condiviso il progetto di una sinergiatra pubblico e privato, sia perché la fondazione,con i suoi 50 anni di storia, si sente innervatanella storia di figure come monsignor delleNocche, Scotellaro e Mazzarone. SimonettaMosca ha illustrato la provenienza dei pazientidella riabilitazione e l’assessore Potenza haricordato la collaborazione di Rocco Mazzaronenella stesura del primo Piano sanitario regiona-le del 1978. Le conclusioni sono state affidate amonsignor Vincenzo Orofino, il quale interve-nendo ha detto che “è un bel giorno, questo, perla città di Tricarico e per l’intera Basilicata perché, con questa struttura e il servizio di riabilitazione della fondazione “Don Gnocchi”, sioffre al popolo lucano un servizio di qualità. Un servizio che dappertutto e non solo in alcunipoli deve essere sempre alto e qualificato perchéaltissima è la dignità delle persone bisognose dicura. Abbiamo fatto solo il nostro dovere e nontutto. C’è bisogno di qualificare meglio il serviziosanitario in tutta la Basilicata, anche nelle zonepiù interne e periferiche. Anche qui a Tricaricooccorre migliorare e rendere sempre più funzio-nale tutto il complesso ospedaliero, perché nonci sono due ospedali, ma uno solo con due ples-si. Occorre rendere eccellente il servizio inentrambi i plessi, evitando ogni qualsiasi con-trapposizione o discriminazione. Come agli inizi,anche oggi il nostro ospedale è chiamato arispondere alla domanda di salute del popolo,non solo curando le infermità ma soprattuttoprendendosi cura delle persone ammalate, conamore e competenza”. A conclusione, la profes-soressa Teresa Mazzarone, sorella di Rocco, anome anche della sorella Filomena, ha ringrazia-to coloro che hanno ricordato il fratello, “uomosquisito, il quale amava la povera gente, checurava anche di notte”. Don Carlo Gnocchi saràbeatificato il prossimo 25 ottobre a Milano.

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“È tempo di combattere. Tempo di scendere incampo, in prima linea”.Questo messaggio, che sembra quasi uno slo-gan, porta la firma di papa Benedetto XVI.In questo terzo millennio esistono tante forme dipovertà che il Papa ha ben saputo evidenziarenel suo Messaggio per la celebrazione della gior-nata mondiale della Pace del 1 gennaio 2009,con il quale ha sollecitato i cristiani a scenderein campo per combattere il nemico numero uno ditutti i tempi: la POVERTA. Tale fenomeno hamolteplici ed ambigui volti, infatti il Papa sotto-linea che nelle società ricche e progredite esisto-no fenomeni di emarginazione, povertà relaziona-le, morale e spirituale: si tratta di persone interior-mente disorientate, che vivono diverse forme didisagio nonostante il benessere economico.Penso, da una parte, a quello che viene chiamatoil « sottosviluppo morale » e, dall’altra, alle conse-guenze negative del « supersviluppo ». Nelle socie-tà cosiddette « povere », la crescita economica èspesso frenata da impedimenti culturali, che nonconsentono un adeguato utilizzo delle risorse…Ogni forma di povertà imposta ha alla propriaradice il mancato rispetto della trascendentedignità della persona umana. Quando l’uomo nonviene considerato nell’integralità della sua voca-zione e non si rispettano le esigenze di una vera « ecologia umana » si scatenano anche le dinami-che perverse della povertà.Sono proprio queste “dinamiche perverse”,messe in atto dalla società contemporanea, che

oggi ci impediscono di chiamare quella povertàcol nome di “sorella”, come di francescanamemoria, perché si tratta di una povertà che èconseguenza di gravi squilibri economici, voluta-mente creati e gestiti a danno delle popolazionipiù deboli come quelle africane e delle fasce piùfragili come i bambini e le donne.La globalizzazione, precisa ancora il pontefice,elimina certe barriere, ma ciò non significa chenon ne possa costruire di nuove. La marginalizza-zione dei poveri del pianeta può trovare validistrumenti di riscatto nella globalizzazione solo seogni uomo si sentirà personalmente ferito dalleingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazionidei diritti umani ad esse connesse. Sono questi i temi sui quali don Giuseppe DiPerna ha invitato a riflettere la comunità parroc-chiale di San Mauro Forte. Una riflessione cheha indotto gli alunni e il corpo docentedell’Istituto Comprensivo, con la collaborazionedelle catechiste, a creare elaborati poetici, lette-rari ed artistici, con i quali hanno partecipatoalla 4° Edizione del Premio per la Pace, organiz-zato dall’Azione Cattolica parrocchiale. La serata ha avuto inizio con il recital “BallandoCantando” a cui hanno partecipato i ragazzi diACR, organizzato dalla presidente di AC TeresaAutera e dalla responsabile di ACR AntoniettaBiancaccio; ai vincitori sono andati dei premicomprati presso negozi equo-solidali. La premiazione avvenuta il 14 marzo è stata pre-ceduta dall’ incontro con don Cesare Covino,

responsabile della PastoraleGiovanile di Potenza, che nelsuo intervento ha sottolineatocome ogni singola scelta puòtanto creare uno strappoquanto essere un punto diforza nel tessuto sociale diappartenenza in un mondo tes-suto a “rete” nessuno può chia-marsi “fuori” perché tutti si èresponsabili di tutti. Inoltre,tra le altre iniziative, bisognaricordare la VEGLIA PER LAPACE di giovedì 12 marzo,animata dal Gruppo Giovanidella Parrocchia e la VIA CRU-CIS SULLA PACE di venerdì13 marzo, organizzata una e

Parrocchia Santa Maria Assunta in San Mauro Forte

COMBATTERE LA POVERTÀ, COSTRUIRE LA PACEdi J. S.

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con una videoproiezione di testimonianze deglioperatori della Caritas nei Paesi Poveridell’Africa. “La Chiesa, che è segno e strumentodell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto ilgenere umano - afferma il papa - continuerà adoffrire il suo contributo affinché siano superate leingiustizie e le incomprensioni e si giunga acostruire un mondo più pacifico e solidale.Sì, alla Chiesa non mancheranno mani, piedi evoce per compiere la sua missione di pace fino aquando ci saranno persone disposte a spendersiper essa e in essa. Tacere su questi argomenti ègià una resa, una sconfitta, una forma di com-plicità che avvantaggia il nemico.La Povertà materiale, morale, spirituale e cultu-rale è un mostro a più teste che divora ogni buonsenso ed ogni buon proposito che restano tali:desideri, aspirazioni, sogni impossibili da realizzare. Il Papa, con il suo messaggio, maancor più con il suo recente viaggio in Africa,indica una strada possibile oltre che necessaria:la pace non è “chimerica illusione, o pensieroastratto’’, ma una realtà che va costruita conl’impegno quotidiano di tutti. La Povertà è un “nemico” reale che va sconfittocon azioni concrete. Parlarne insieme è un primopasso; ascoltare la propria coscienza è il secon-

do. Agire è la decisione personale ultima chespinge a schierarsi su un fronte o su un altro:per la Povertà, generata dall’indifferenza e dall’egoismo, o per la ricchezza, prodotta dallagioia di essere operatori di Pace, disposti a spendersi per chi non ha voce, ma tende le maniin attesa e nella speranza che qualcuno, prima opoi, le afferri in un abbraccio fraterno e si“perda” nell’incontro di uno sguardo che riflettel’immenso, paterno e misericordioso Amore diDio per tutte le sue creature, nate e plasmatedirettamente dalla Santità delle Sue Mani.

Domenica 29 marzo è stata una giornataimportante per il borgo medievale diGuardia Perticara che ha inaugurato il

suo primo Oratorio. Il cerimoniale, svoltosi inmaniera semplice, ha avuto inizio con la letturadi un brano della Bibbia da parte di don PaoloDinota ed è proseguito con la benedizione del-l’iscrizione e il rito classico del taglio del nastroeseguito dal sindaco, l’Ing. Massimo Caporeale.Ad accogliere con favore l’apertura dell’Oratorioè stata la stessa popolazione guardiese che hapartecipato ai festeggiamenti alla presenza dialcuni rappresentanti delle istituzioni. Volutofortemente dal Vescovo Mons. Vincenzo Orofinoche ne ha finanziato l’apertura credendo nel suovalore formativo, l’Oratorio ha visto la luce gra-zie all’impegno costante e tenace di don Paolo ilquale ha dichiarato: “L’Oratorio, che accoglierà ibambini sin dalla tenera età senza trascurare iragazzi più maturi, ha da sempre avuto unimportante valore educativo nella storia della

Chiesa”. La grande tradizione di questo luogoaffonda infatti le sue radici nel XVI secolo e trovail suo emblema nel XIX secolo nella fondazionedell’Oratorio dei Salesiani da parte di SanGiovanni Bosco. Il Santo credeva fermamentenell’importanza di mescolare preghiere, giochi,passeggiate, amicizia con l’animatore allo scopodi educare a divenire buoni cristiani ed onesticittadini. Ed è in tempi moderni e frenetici comequelli attuali che è necessario recuperare luoghivotati all’educazione e alla formazione di coloroche costituiranno la società del futuro e che gui-deranno le sue istituzioni.“Il compito della Chiesa è quello di educare alsenso cristiano e alla fede e oggi più che maideve recuperare questo ruolo che le è peculiare”ha sottolineato don Paolo, mettendo in evidenzail valore religioso dell’Oratorio, quale luogo stori-co di insegnamento dei giovani spiriti alla pre-ghiera e all’amore cristiano perché, come asseri-va San Bosco, si frequenta l’Oratorio non solo per

Parrocchia di San Nicolò Magno in Guardia Perticara

Si inaugurerà l’Oratorio nel Borgo Medievaledi Maria Teresa Merlino

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La prima domenica di quaresima laParrocchia di Sant’Antonio celebra lagiornata della CARITA’, non solo per far

fronte alle necessità più impellenti della comuni-tà, ma soprattutto per educare i fedeli a porre laCarità al centro della testimonianza cristiana.Quest’anno ci è stato chiesto di vivere la solida-rietà in favore dei ragazzi, giovani e adulti accol-ti dalla Comunità Emmanuel che si trovano neidiversi centri terapeutici presenti sul territoriovenendo incontro alle loro necessità materiali espirituali. Le necessità maggiori scaturisconodal centro di Salandra; trattasi di un centro resi-denziale, unico centro in Basilicata per la cura ela disintossicazione dall’alcool, dalla tossicodi-pendenza, dal gioco ecc…Per questa finalità, lo scorso 8 marzo, la referen-te della Comunità Emmanuel, signora GiovannaGrillo di Ferrandina, su invito della nostra cari-tas parrocchiale e di alcuni amici e sostenitori,ha esposto le difficoltà che il centro di Salandrasta riscontrando in questo periodo di crisi eco-nomica ed ha fatto appello alla carità e alla con-

divisione cristiana; ha chiesto un aiuto concretoda parte della nostra comunità parrocchiale.Il nostro gruppo caritas e il nostro parroco donMichele Pandolfi, nello spirito della testimonian-za comunitaria dell’amore fraterno, si sonomessi a disposizione non soltanto per quellagiornata, ma per tutto il periodo quaresimalechiedendo ai parrocchiani di essere vicini e soli-dali con offerte in denaro, alimenti e indumenti.

Parrocchia Sant’Antonio di Padova in TricaricoLa carità al centro della testimonianza cristiana

di Pinuccio Mestice

Piccole matite nelle mani di Dio di Elisa Fazio

giocare, ma anche per crescere e diventare amiciveri del Signor! Ma l’Oratorio non mancherà diessere anche un ambiente ludico dove i ragazzi,di età compresa tra i 9 e i 16 anni, potrannodivertirsi con i molteplici giochi di cui l’Oratorioè stato dotato. La teoria del gioco quale strumen-to pedagogico ha origini antichissime che ciriportano all’età classica quando grandi filosofigreci come Platone e Aristotele lo concepivanocome imitazione delle faccende degli adulti.

Ed è infatti attraverso il gioco che il bambinoimpara il rispetto dell’altro, delle regole e deiruoli. Il sano divertimento e la preghiera sonosolo alcuni degli obiettivi formativi a cui donPaolo auspica. L’Oratorio di Guardia Perticara nasce con loscopo di recuperare il valore dello “stare insie-me” come occasione per imparare a relazionarsi,a condividere e a confrontarsi in un ambientericco di gioia e di allegria.

Ci presentiamo prenden-do in prestito, e non conl’immodesta pretesa di

somigliarle, questa espressivadefinizione usata da MadreTeresa di Calcutta, ma “inpunta di piedi”, come piccolematite, ben consapevoli che ilnostro tratto, al contrario delsuo, incide in maniera nonindelebile.

Siamo un gruppo di donne diTricarico costituite in un’asso-ciazione di volontariato chevorrebbe non essere una delletante. L’idea di associarsinasce dall’esperienza di alcunedi noi che hanno avuto la fortu-na di conoscere un angelo dinome Claudia, e condividerecon lei una piccola parte dellasua breve vita. Condividere

insieme ad altre donne la ric-chezza che hanno ricevuto, hafatto da stimolo ed esempio; ela nascita dell’associazione ne èstata la naturale conseguenza.In una società sempre piùchiusa in un individualismonichilista, dove tutti stanchi edelusi paiono come impotenti,un gruppetto di donne, vorreb-be non essere rappresentato

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N. 105 - APRILE / MAGGIO 2009

DALLE PARROCCHIE

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dalle solite categorie ghettiz-zanti. Non perché mogli, nonperché madri, non perchésagge, non perché cattolichepraticanti, non perché partico-larmente abili nel far qualcosao eccellenti professioniste, maperché ognuna di queste cose oaltre ancora, accomunate dalfondamentale comandamentodell’amore, ci fa riconoscerenell’altro non un estraneo ma ilnostro prossimo. Soprattuttoperché tutti possono far qual-cosa e seguire il valore ontolo-gico del principio di finalità:omne agens agit propter finem(l’azione in quanto tale deveavere un fine), purché questofine sia il BENE.Senza grandi pretese, ma comeun sorso d’acqua da bere nelcammino del deserto dellamoderna incredulità, vogliamoristorare la voglia di ESSERE acominciare dalle “nostre” situa-zioni di ogni giorno. Ecco per-ché l’associazione, che inizial-mente era rivolta ai malatiterminali, intende offrire assi-stenza in ogni situazione in cuil’intervento delle volontariepossa essere utile. Riaffiora dall’album dei ricordi l’immaginedi quando da bambina vivevoin una piccola città edandavo a far visita allanonna paterna in unpaese non molto distan-te. Ciò che colpiva me e imiei fratelli era vedere ledonne che, fuori dal-l’uscio di casa, sedute suuna sedia come si sta inun salotto, sbrigavano leloro faccende chiacchie-rando con i vicini eosservando chiunquepassasse. “Nei paesi sivive di pettegolezzi, tuttisanno tutto di tutti”,questo era ciò che pensa-vo infastidita, speciequando qualche vec-chietta mi rivolgeva unvero e proprio interroga-

torio. Una domenica qualcunoavvisò me e la mia famiglia chela nonna si era sentita male.Quando arrivammo c’era tal-mente tanta gente accorsa insuo aiuto da rendere difficilel’ingresso in casa. Quella soli-darietà immediata scattata travicini, conoscenti ecc… mi fececapire che era vero che si sape-va tutto di tutti, ma in compen-so nessuno era mai solo. Oggipurtroppo non è più cosi, cipreoccupiamo sempre di piùdella privacy ed abbiamodimenticato cosa sia la solida-rietà. Lo scorso marzo, ospitipresso i locali del Centro studi“R. Scotellaro”, alla presenzadel vescovo Mons. VincenzoOrofino e delle autorità, grazieagli interventi di esperti comeMaria Bubbico, Mimmo Calvi,Antonella Ficazzola, DomenicoLangerano e un volontariodell’Aspes di Potenza, coordi-nati dalla giornalista CelesteRago che ringraziamo di cuoreper aver messo a disposizione,dimostrando grande sensibili-tà, la loro professionalità,abbiamo avuto l’opportunità dipresentarci ufficialmente alpaese come ONLUS riconosciu-ta. L’associazione, grazie alla

generosa accoglienza di mons.Michele Pandolfi, ha trovatouna sede presso i locali dellacasa parrocchiale della chiesadi Sant’Antonio, dove si riuni-sce periodicamente, e dove sipossono segnalare eventualisituazioni in cui è gradito ilnostro intervento. È possibile far riferimento alparroco o chiamando il numero3318504832. Il nostro serviziobasato sulla distribuzione diuna “banca delle ore” offerte adisposizione da tutte le volon-tarie, ambisce ad arrivare dovel’insopportabile è quasi costumedi vita e di non facile lettura perestranei. Nella speranza che i buoni pro-positi si trasformino in frutti viringraziamo usando anchequesta volta un’espressione diMadre Teresa: ”ogni volta chedividerai il tuo amore con glialtri, ti accorgerai della paceche giunge a te e a loro”. Tutti abbiamo tanto bisogno dipace, ma talvolta ci si accon-tenta di tenere in pugno, benstretto, qualche granello dispiga e non si vuol propriovedere il biondeggiare di campisconfinati promettenti di spe-ranza.

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TESTIMONI

FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE

TE

STIM

ON

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La vita di Maria Marchetta desta molte riflessioni e considerazioni. Ascoltata superficialmenterisulterebbe tragica. Successivamente ci si rende conto che non è vero, Maria dà un signifi-cato alla sua vita riuscendo a dare a tutto un perché. Maria conduceva una vita normale e

come tutte le ragazze aveva sogni ed aspirazioni, tra queste lo studio infranto dalla “paraplegia flaccida”. Anche lei come tutti coloro che incontrano degli ostacoli nel proprio cammino ha dovutoaffrontare momenti di debolezza, difficoltà e abbattimento iniziali che, però, ha saputo superare convigore. Senza ombra di dubbi quello che colpisce tutti è la sua voglia di vivere, di organizzare comun-que la sua vita che è piena di impegni: preghiera e lettura che non erano un motivo per occupare iltempo, ma venivano fatte per trarre un vantaggio. Maria non è la ragazza ingenua, ma è una ragaz-za determinata a vivere questa vita in conformità della fede cristiana. Pertanto “la vita non è qualco-sa da discutere ma una realtà da vivere”. Una realtà che noi pensiamo di poter decidere in base allenostre ambizioni e comodità, ma quando ci rendiamo conto della sfortuna capitataci, improvvisa-mente la realtà ci appare crudele. Forse perché l’uomo è da sempre convito che la vita sia sua, senzaconsiderare che è un dono e rientra in un grande progetto divino. Molte volte queste sono parole chel’uomo riesce solo a pronunciare senza capirne il vero significato, perché accecato dai suoi interessie dalle sue esigenze. Ecco perché la realtà è brutale, ma è anche sorpresa e quest’ultima non è certezza, ma speranza che sia bella. Anche qui siamo di fronte ad un dato strettamente soggettivo,perché il bello è inteso in maniera diversa da ognuno di noi in base alla propria personalità. C’è chivede il bello nei soldi, nel successo, nelle cose appariscenti. C’è chi, invece, chi vede il bello nellasalute e nella famiglia, c’è chi non lo sa realmente e chi magari dice una cosa ma pensa l’opposto.Ecco perché molte volte io dico che la vita è qualcosa di infinito ma soprattutto di imperfetto che sicoglie specialmente nell’uomo. Ciò che stupisce di Maria è sapere che non amava essere compatitaed aveva la capacità di risolvere i problemi degli altri, pur avendo i suoi che passavano in secondopiano e, grazie alla sua salda fede, non erano neanche tali. Per lei “il farsi ammirare è più del farsicompatire” è forse questa una delle chiavi più importanti della sua esistenza. Forse, per sottolinea-re ciò che mi colpisce, converrebbe scrivere un altro libro ed è per questo che mi limito a sottolinea-re le cose più importanti, tanto sono vasti gli insegnamenti di Maria Marchetta. Maria era una ragaz-za del suo tempo e come tale utilizzava i moderni strumenti di comunicazione, come la radio, che leserviva per essere aggiornata di ciò che accadeva nella Chiesa. Lo stesso accade quando negli anniCinquanta a Grassano si introduce l’uso del telefono, uno strumento importante non solo per lei, masoprattutto per le persone che la chiamavano per sentire le sue confortanti parole. Cose belle, picco-le all’apparenza, ma grandi nei fatti. La sua vita è stata uno strumento per sollevare quella degli altri,un pilastro che sembra rotto, inutile, e invece regge tante case. Questo era Maria per gli altri. La suatestimonianza è importante perché ci fa capire il vero senso della vita che prende delle pieghe e ilnostro compito è quello di voltare per queste trovando poi, quella giusta. È fondamentale scoprire lastrada da intraprendere trovando il senso anche quando questo sembra non esistere. A tutto c’è unsenso e si percepisce vivendo la realtà che ci circonda. Maria ha trovato il senso e la strada graziealla straordinaria fede e non deve essere santificata perché ha sofferto, ma perché santamente mala-ta. Molti non potrebbero capire la grandezza di Maria, soprattutto l’uomo di oggi. Mi riferisco all’eu-tanasia e a tutto ciò che sta accadendo, scelte insensate provocate dal troppo benessere che porteràl’uomo alla rovina. Io credo che tante vicende odierne indeboliscano ulteriormente l’animo umanoperché nell’affrontare le cose si scelgono scorciatoie. Molti quindi scelgono una morte anziché soffri-re, e sarà sempre più difficile avere persone come Maria Marchetta. Qualcuno potrebbe dirmi cheparlo così perché non mi trovo in quella situazione. Forse è vero, perché anch’io sono un essereumano, ma ciò non è giustificabile. La vita va difesa fino all’ultimo. La vita è come un disegno cheDio completa in maniera graduale e chiede all’uomo di custodirlo. Molte volte, però, l’uomo non svol-ge questo compito e permette che si rovini apportando le sue modifiche. Maria non l’ha fatto, ma hacustodito il disegno della sua vita che è servito a lei come una sorta di passaporto e a noi come testi-monianza e speranza. Non possiamo che esserle grati. Non riusciva ad essere triste, allora sorride-remo come faceva lei guardandola nel profondo e imitandola anche se è molto difficile, ma niente èfacile, il mondo è complicato ed è un percorso graduale che richiede attenzione in ogni punto.

MARIA MARCHETTA, TESTIMONE ESEMPLARE DELLA BELLEZZA DELLA VITA CRISTIANATEMA DI EZIO DEGIACOMO ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE – GRASSANO

trascrizione di Milena Cirigliano

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AGENDA

Maggio1 Ven. Pellegrinaggio diocesano

al Santuario di Fonti.

2 Sab. Pellegrinaggio diocesanoalla Basilica di San Paolo in Roma.

5 Mar. Garaguso Scalo: Incontro di clero.

10 Dom. Giornata di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa Cattolica. Festa della mamma in ogni parrocchia.

14 Gio. Garaguso Scalo - Guardia Perticara: Veglia di preghiera - ore 21.00.

16 Sab. AC, Sichem: Ritiro Spirituale (16-17 maggio)

19 Mar. Potenza: Convegno regionale “Liberi per la vita”, sulle problematiche attinenti al “fine vita”

21 Gio. Tricarico: presentazione del libro sul Prof. Vincenzo Verrastro, primo Presidente della Regione Basilicata

30 Sab. Ufficio pastorale giovanile, Garaguso Scalo: Evento conclusivo dell’Agorà dei giovani a livello diocesano con testimonianza di Clauda Koll

31 Dom. Pentecoste. Veglia di preghiera in ogni parrocchia.

Giugno2 Mar. Garaguso Scalo: Festa dell’Ammalato

(a cura di Parrocchia, unitalsi, caritas diocesana).

6 Sab. AC: Modulo formativo unitario.

7 Dom. SS.Trinità OFS: Incontro zonale.

11 Gio. Garaguso Scalo-Guardia Perticara: Veglia di preghiera - ore 21.00 (per tutti).

14 Dom. Corpus Domini

18 / 19 Giornata di santificazione sacerdotale. Santuario di Fonti: Ritiro spirituale per il cleroall’inizio dell’anno sacerdotale.

22 / 26 Vacanza Sacerdoti giovani.

29 Lun. Ss. Pietro e Paolo

AgendaAGENDA

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