fondi&sicav n.50 febbraio 2013
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Fondi&Sicav è il magazine indipendente del mondo del risparmio gestito. Analisi, interviste, approfondimenti per gestire al meglio i tuoi investimentiTRANSCRIPT
Anno 6 - Numero 50 - Febbraio 2013
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FONDI&SICAVCONOSCERE PER INVESTIRE AL MEGLIO
La nuova industria
Il ritorno delle fabbriche
Consensus Europa
Nella crisiqualche notizia buona
Fondi azionari
C’è chi crede nella riscossa giapponese
La nuova industria
Il ritorno delle fabbriche
Consensus Europa
Nella crisiqualche notizia buona
Fondi azionari
C’è chi crede nella riscossa giapponese
O ccupavano il primo titolo del telegiornale, l’eu-ro sembrava sul punto di dissolversi, l’epidemiasembrava contagiosa, lo spread era entrato nel
linguaggio comune. E ora? Delle crisi dei mercati finan-ziari sembra non parlare più nessuno. Negli ultimi giornicampagna elettorale, scandali e arresti di vario genere(questi sì attinenti purtroppo al mondo finanziario) e leimprovvise dimissioni di Benedetto XVI annunciate pro-prio mentre scrivo, hanno conquistato la scena.
Guardando dall’esterno ciò che succede, trovo interes-sante fare un parallelo tra il mondo degli investimenti e lacampagna elettorale. Quanto alle elezioni sembra di assi-stere ad un film “fantastico”, dove una volta di più, se an-cora fosse necessario, assistiamo al completo scollamen-to tra politici e cittadini, dove si promette di tutto dimen-ticandosi dei danni creati prima: regione Lazio, regioneLombardia e tutti gli altri scandali che hanno riempito permesi le pagine dei giornali sono svaniti nel nulla e ci ritro-veremo con gli stessi personaggi, con gli stessi problemi e
con un po’ di risparmi in meno a inveire contro il governoladro, qualunque esso sia. Il vero problema sembra la me-moria corta, non si ha memoria del passato e visione delfuturo: ci giochiamo tutto nel presente. In tutti i campi,anche negli investimenti.
È molto più semplice comprare immediatamente il mi-raggio del nuovo prodotto miracoloso che promette ren-dimenti a doppia cifra nel futuro (il futuro è domani, maanche tra 50 anni e se si tratta di investimenti i due estre-mi non sono equivalenti) piuttosto che fare una seria ana-lisi delle strategie passate, capire quanto hanno reso ve-ramente e con quali rischi e vedere poi, in una visione diinsieme, quali possano essere le potenzialità future.
Troppo spesso ci dimentichiamo le semplici regole ba-se del cosiddetto buonsenso: tutte le volte che leggiamodi un nuovo Madoff ci chiediamo come qualcuno sia po-tuto cadere ancora nel tranello; eppure ogni volta qualcu-no abbocca. La maggior parte delle volte sarebbe utile ri-flettere un po’ di più, anche se costa fatica.
Questa livida campagna elettorale è statacostellata da scandali di ogni genere esocietà che avevano una loro reputazione,
come Saipem, Eni, Mps o Finmeccanica, si sono tro-vate al centro del ciclone. Ma forse qualche distin-zione va fatta. Premesso che non ho nessuna infor-mazione in più, rispetto a quanto hanno pubblicato igiornali, e che non posso entrare nei particolari divicende difficili e ingarbugliate, mi sembra che lavicenda Saipem meriti qualche considerazione in piùe non possa essere considerata una banale storia ditangenti. In pratica, se quanto è uscito è vero, in que-sto caso gli amministratori non avrebbero rubato, maavrebbero corrotto politici e funzionari pubblici alge-rini per ottenere una commessa.
Sicuramente, se ciò è davvero accaduto, non è unabella cosa e non si può dimenticare che esiste nel codi-ce penale un preciso reato di corruzione internaziona-le. Il giudice che è venuto a conoscenza di un fatto diquesto genere non poteva fare altro che aprire un pro-
cedimento penale. Ma a questo punto va consideratoun elemento: che il mercato mondiale del petrolio èquesto. L’oro nero e la sua estrazione sono semplice-mente forme di guerra moderne, dove le diverse societànazionali, con dietro i loro governi, sono disposte a tuttopur di accaparrarsi un contratto. Alcuni non si sono fer-mati neppure di fronte all’omicidio. Nello stesso tempole classi dirigenti di molti paesi che hanno nel loro ter-ritorio giacimenti petroliferi sono ampiamente disponi-bili a ricevere vantaggi privati per lo sfruttamento. Que-sto scenario può piacere o no (a me non piace affatto),ma la realtà è questa.
Quindi se si vuole concorrere su questo mercatooccorre accettarne le regole, come fanno i francesi, gliinglesi, gli americani. Non ci piacciono queste regole?Va benissimo, ma dobbiamo sapere che significa rinun-ciare a concorrere sul mercato petrolifero internazio-nale, perché le buone intenzioni su quel tipo di com-petizione sono del tutto inutili. Del resto Mattei non èmorto di influenza.ALESSANDRO SECCIANI
Mattei non morì di influenza
GIUSEPPE RICCARDI
Che fine hanno fatto i mercati finanziari?
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 3
Editoriale
Sommario Febbraio 2013
PROMOTORI&CONSULENTIPROMOTORI&CONSULENTIFONDI&SICAV Febbraio 2013
Ma l’Europasi ribella
Big bang a Londra sulla consulenzaBig bang a Londra sulla consulenza
Ma l’Europasi ribella
Non si ferma la crescita degli exchange traded product in tutto ilmondo: i numeri al 31 dicembre attestano ancora una volta il succes-so che questi strumenti riscuotono presso il pubblico degli investito-ri retail e tra gli istituzionali. Le preferenze si sono concentrate soprat-tutto sui prodotti obbligazionari, gli azionari emergenti e l'oro. L'A-merica ancora leader incontrastata
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Etp - I risultati del 2012
Un altro anno da record
PROMOTORI&CONSULENTI
4 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
I trend del futuro
La sanità, non è solo un costo
Advisory
Qui Londra, un test per tutta l’Europa
Parla Nicola Ronchetti, business director di GfK Eurisko
Cosa vogliamo dalle società prodotto
La Commissione Europea mira al riassetto dell’healthcare, un settore che pesa al momento il 10%del Gdp continentale. «Circa 500 milioni di euro saranno stanziati per contribuire alle spese per laricerca, ad autorità pubbliche, quali enti e università, ma anche alle imprese»
14La nuova industria
Il futuro è di chi produceLa crisi ha insegnato che le imprese manifatturiere hanno un avvenire e chead affermarsi sono proprio quei paesi che hanno puntato meno sui servizi epiù sulle fabbriche. Ma i vincitori del prossimo decennio, per confermare laloro leadership o per scalzare gli attuali protagonisti, dovranno avere benprecise caratteristiche di gestione e operare nei segmenti giusti, che offro-no il maggiore valore aggiunto. Secondo gli analisti non è prevedibile unarivoluzione tecnologica a breve, ma si affermeranno soprattutto quelleaziende che sapranno soddisfare le necessità del mondo emergente
Fondi&Sicav n. 50
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 5
La legge Monti-Fornero ha imposto agli istituti di pre-videnza e assistenza obbligatoria privatizzati di rive-dere la sostenibilità cinquantennale dei loro conti.Ciò ha comportato diversi cambiamenti per le cassedi ingegneri, ragionieri, avvocati, giornalisti, medici,farmacisti, notai e altre categorie professionali, chedovranno fare i conti con versamenti più alti e tratta-menti di quiescenza più ritardati
64Osservatorio previdenza - I liberi professionisti
Un futuro incerto
Le rubriche3 Editoriale 6 Radar finanziario 68 My life, My style10 Notizie in breve
Tokyo negli ultimi cinque anni è stata la piazza piùnegativa tra i paesi sviluppati e non ha partecipato anessuna delle riprese borsistiche che si sono succedu-te nel frattempo. Negli ultimi mesi, però, ci sono sta-ti forti segni di risveglio, dovuti soprattutto alla sva-lutazione dello yen portata avanti dalla Banca cen-trale e all'attesa per le riforme strutturali promessedal nuovo governo
50Fondi azionari - Il Giappone
La riscossa del peggiore?
Il quadro continentale è estremamente contradditto-rio: l'Eurozona è ancora in contrazione, ma in misuraminore rispetto a ottobre. La Germania dà segni di ri-presa,ma resta in territorio negativo.Nello stesso tem-po la Francia manifesta pesanti difficoltà.I consumi ap-paiono in diminuzione,ma dagli Usa e dall'Asia,che so-no in miglioramento,arriva una discreta spinta.In que-sto contesto le quotazioni azionarie, specie dopo i pri-mi due mesi dell'anno poco entusiasmanti,sono giudi-cate da saldo. Per di più c'è abbondanza di liquidità
56Consensus - L’Europa
Good and bad news
Radar finanziario
6 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
RReeggnnoo UUnniittoo,, rriipprreessaa lleennttaaSecondo una ricerca del NNaattiioonnaall iinnssttiittuuttee ooff eeccoonnoommiicc aanndd
ssoocciiaall rreesseeaarrcchh (NNiieessrr), l’economia del Regno Unito nonraggiungerà i livelli di Pil pro capite pre-crisi prima del 2018. Lostudio precisa che si tratta del periodo di ripresa più lento degli
ultimi 100 anni. Anche l’inizio della discesa del debito pubblico èatteso per il 2017-2018, due anni più tardi rispetto alle
aspettative del governo e un anno dopo le stime ufficiali.
CCaannaaddaa,, iinn ccaalloo ii ccoossttii ddeeii pprrooddoottttii ffiinnaannzziiaarrii aalltteerrnnaattiivviiSecondo la quinta GGlloobbaall aasssseett mmaannaaggeerr ffeeee ssuurrvveeyy, i costi
dell’industria alternativa dei fondi si sono assottigliati acausa della dinamica della domanda e dell’offerta sul
mercato. Data l’abbondante offerta, il fenomeno è statoprovocato dalla riduzione della domanda. A questo fatto,
però, sempre secondo l’indagine, la maggior parte deglioperatori ha risposto lasciando le fee sostanzialmente
invariate. Le riduzioni più vistose si sono verificate nelsettore azionario. Un terzo degli asset manager, invece, ha
aumentato il livello dei costi. Il Canada rimane comunque ladestinazione più attraente con un livello medio dello 0,3%.
PPeerrùù,, aa 88 mmiilliiaarrddii ll’’AAuumm ddeeii ffoonnddii ccoommuunnii
Secondo le stime di CCrreeddiiffoonnddoo SSaaff, il patrimonio amministrato
dall’industria peruviana dei fondi comuni supererà gli 8 miliardi di dollari
nel 2013. Nel 2012, si è fermato a poco più di 7 miliardi. Inoltre, l’offerta
di strumenti d'investimento è aumentata da 55 a 64 fondi. Il 40% degli
Aum risulta gestito da Credifondo Saf, mentre il restante 60% è diviso tra
gli altri sei operatori attivi sul mercato peruviano.
IIrrllaannddaa,, ssaarràà aattttuuaattaa llaa ddiirreettttiivvaa AAiiffmmddLa IIffiiaa ((IIrriisshh ffuunnddss iinndduussttrryy aassssoocciiaattiioonn)) ha pubblicato il
primo progetto dettagliato per l’attuazione della direttivaAifmd (Alternative investment fund managers directive).
Questo approccio includerà requisiti di capitale per ipromotori e precisi limiti sulla leva. L’Irlanda è il primo paese
a rendere pubblica la bozza del piano attuativo.
IInnddiiaa,, uunn nnuuoovvoo ssttrruummeennttoo ddii NNaattiixxiissNNaattiixxiiss GGlloobbaall AAmm ha annunciato il lancio di un nuovofondo all cap indian equity, la cui gestione sarà affidataalla boutique francese IIddffcc AAmm. Esso investirà in 35-45titoli con alto potenziale di crescita. Il team costruisce ilportafoglio partendo dai segnali preliminari di macro trendche potranno trainare l’economia indiana.
HHoonngg KKoonngg,, ppiiaattttaaffoorrmmaa ccoommuunnee ppeerr ffoonnddii
La HHoonngg KKoonngg’’ss sseeccuurriittiieess aanndd ffuuttuurreess
ccoommmmiissssiioonn sta studiando la possibilità di
istituire una piattaforma per fondi
d’investimento cinesi e di Hong Kong. Questo
sarebbe solo il primo passo, visto che il
renmimbi non è ancora pienamente
convertibile. Secondo la commissione, il
progetto renderebbe il lancio di fondi, le
autorizzazioni e la vendita degli stessi in
queste giurisdizioni molto più semplice,
risparmiando costi e tempo.
SSvveezziiaa,, ddiimmiinnuuiissccoonnoo ggllii iinnvveessttiimmeennttii ssoosstteenniibbiilliiUn recente studio dell’SSpppp, parte svedese del gruppo NNoorrwweeggiiaannSSttoorreebbrraanndd, ha messo in luce che i risparmiatori svedesi hannodiminuito la percentuale di risparmi convogliati in sustainableinvestment, passando dal 26% del 2011 al 19% nel 2012.Secondo la stessa società, il trend è riscontrabile anche in moltialtri paesi occidentali.
8 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
La Commissione Europea mira al riassetto dell’healthcare, un settore che pesa almomento il 10% del Pil continentale. «Circa 500 milioni di euro saranno erogati percontribuire alle spese per la ricerca ad autorità pubbliche, quali enti e università, maanche alle imprese». E saranno investimenti altamente produttivi
La sanità non è solo un costo
L a salute rappresenta non solo il motore per
il progresso della società, ma è un fattore
determinante per lo sviluppo economico del
Vecchio continente dei prossimi decenni. Parten-
do da questo presupposto, la Commissione euro-
pea ha pubblicato un libro bianco che affronta il
problema della sostenibilità sociale ed economica
nel lungo periodo. Una riflessione fondata sul pre-
supposto che il settore non deve essere conside-
rato solo una voce di spesa, ma un investimento
fondamentale per un nuovo modello di sviluppo e
progresso che ha il suo centro nei cittadini che
vivono in Europa e che punta a risolvere una serie
di emergenze.
Al di là delle implicazioni filantropiche, che
hanno una rilevanza fondamentale, l’healthcare è
destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi
anni, diventando un tema d’investimento forte. ca-
pace di ritagliarsi uno spazio sempre più importan-
te nei portafogli degli asset manager più lungimi-
ranti. È questo il caso di Tendercapital.
«Nel 2007 la Commissione delle politiche
europee», sottolinea Nicola Esposito, chief of
investment di Tendercapital, «ha ideato un piano
strategico per l’adozione delle politiche comuni-
tarie in ambito sanitario per un periodo valido
fino al 2013. L’intento è fare cooperare gli stati
membri per garantire una maggiore tutela della
salute a livello europeo e globale. Il principio base
di questa strategia è stimolare la condivisione di
conoscenze e ridurre le disuguaglianze nel setto-
re sanitario in diverse aree geografiche». Una poli-
tica sanitaria condivisa è infatti necessaria per
aumentare la produttività e la prosperità econo-
mica e quelli che ora appaiono oneri reali per la
società devono essere sostituiti da investimenti
legati alla prevenzione. «Poiché all’interno dell’U-
nione Europea gli indici di natalità sono modesti,
mentre sono in aumento gli anziani, nel breve e
medio termine le stime prevedono una maggiore
richiesta di cure sanitarie», rimarca Esposito. «In
questo quadro sono quindi favorite le nuove tec-
nologie e quelle disponibili a costi maggiormen-
te competitivi, creando nel contempo servizi sani-
tari sicuri e di qualità». L’invecchiamento della
popolazione aumenta costantemente le pressioni
I trend del futuro
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 9
sui sistemi sanitari nazionali che devono diventa-
re più dinamici e sostenibili a livello di costi e
favoriranno senza dubbio le società che operano
nel settore dell’healthcare .
UNA CRESCENTE COOPERAZIONE TRA GLI STATI
Inoltre è attualmente in fase di discussione il
terzo piano pluriennale strategico europeo in ma-
teria sanitaria denominato Salute per la crescita.
Il progetto mira a ottenere una sempre crescente
cooperazione tra gli stati membri allo scopo di ef-
fettuare le riforme necessarie per innovare e ren-
dere sostenibili i sistemi sanitari nazionali. Ogni
fascia sociale, secondo il piano calibrato dall’Unio-
ne europea, dovrebbe potere accedere ai servizi
sanitari in modo più veloce e meno dispendioso. E
in tal senso le carenti risorse umane e di capitali
andrebbero gestite con maggiore oculatezza,
adottando innovazioni tecnologiche e condivi-
dendo competenze comuni. Vanno inoltre preve-
nute le malattie legate ai cambiamenti climatici e
a non corretti regimi alimentari. «Dal piano dell’Ue
emerge», rimarca Esposito, «che circa 500 milioni
di euro saranno stanziati per contribuire alle spe-
se per la ricerca, ad autorità pubbliche, quali enti
e università, ma anche alle imprese. Il piano stra-
tegico mira, infatti, al riassetto di un settore che
pesa al momento circa il 10% del Pil europeo, e oc-
cupa un cittadino su 10».
UN’INCIDENZA POSITIVA SULLA PRODUTTIVITÀ
Dal libro bianco dell’Ue emerge che i problemi
di salute sono una delle principali cause di assen-
teismo sul lavoro e di prepensionamento. Mante-
nere quindi i cittadini sani e attivi più a lungo ha
un’incidenza positiva sulla produttività e la com-
petitività. Aumentare il numero di anni di vita sa-
na è una condizione indispensabile, se l’Europa
vuole vincere la sfida di conseguire l’occupazione
del 75% degli individui della fascia d’età compre-
sa fra i 20 e i 64 anni, e scongiurare il prepensio-
namento per malattia. Inoltre, mantenere gli ultra
sessantacinquenni sani e attivi apporterebbe note-
voli risparmi in termini di bilanci sanitari.
A supporto della crescita del settore del-
l’healthcare nel lungo periodo giungono anche i
dati pubblicati il 16 novembre del 2012 dal report
Health at a Glance–Europe 2012 dall’Organisation
for Economic Co-operation and Development.
Lo studio rivela che all’interno dell’Ue la spe-
ranza di vita alla nascita, che rappresenta un indi-
catore concreto di analisi del settore e fornisce
una misura dello stato sociale, ambientale e sani-
tario in cui vive una popolazione, ha raggiunto i
75,3 anni per gli uomini e gli 81,7 anni per le don-
ne, crescendo in media di oltre sei anni dal 1980 al
2010 (persistono però forti disuguaglianze nella
speranza di vita tra gruppi socio-economici), men-
tre si è ridotta notevolmente la mortalità precoce.
RIORGANIZZARE IL SETTORE
Ciò è dovuto a una qualità maggiore della vita ri-
spetto al passato, ma anche a una migliore qualità
delle cure mediche. Oggi il rapporto personale me-
dico per abitante nell’Ue è il più alto mai registra-
to e soprattutto il focus nei prossimi anni sarà di
riorganizzare un settore che ha visto, in periodo di
crisi, forti tagli nazionali e sovrannazionali. È cre-
sciuto notevolmente il numero di medici specifici a
fronte di un rallentamento del numero di sanitari
generici ovvero i cosiddetti medici di famiglia. «Fi-
no al 2009, il costo della spesa medica europea è
cresciuto a un ritmo più veloce rispetto al resto
dell’economia», ricorda Esposito, «con il settore sa-
nitario che assorbe quote sempre crescenti del Pil e
con la spesa pro-capite aumentata del 4,6% all’an-
no in termini reali tra il 2000 e il 2009. In questo
contesto assisteremo prevedibilmente nei prossimi
anni a una forte razionalizzazione del settore con
interessanti opportunità di M&A per fare fronte ai
citati tagli alla spesa sanitaria». �
News
L a crisi politica che ha colpito l’Egit-
to si ripercuote sull’economia e sta
sprofondando il paese in una grave
crisi valutaria e produttiva. L’8 gennaio
2013 il governo del Qatar ha annunciato un
prestito di 2,5 miliardi di dollari nei con-
fronti del Cairo, concedendo una donazio-
ne extra di 300 milioni per contenere la crisi
monetaria che ha colpito la lira egiziana.
L’annuncio, effettuato nei primi giorni del
nuovo anno, ha evidenziato le profonde dif-
ficoltà economiche che il governo egiziano
si trova ad affrontare a causa sia dell’attua-
le congiuntura internazionale, caratterizza-
ta dalla crisi del debito dei paesi europei,
con i quali l’Egitto ha un importante scam-
bio commerciale, sia dall’instabilità politica
del paese.
Con l’inizio del 2013 molti problemi, lun-
gi dall’essersi risolti, si sono ripresentati in tut-
ta la loro drammaticità. L’annuncio del presti-
to da parte del primo ministro del Qatar
Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani è stato
effettuato nel mezzo di una tempesta valuta-
ria che ha portato la lira egiziana al suo mini-
mo negli ultimi otto anni. Per mantenere co-
stante il valore della moneta, le autorità egi-
ziane hanno venduto più di 20 miliardi di dol-
lari in divise straniere, ma ciò non ha impedi-
to alla fine di dicembre di raggiungere un
cambio di 6,30 lire per dollaro Usa, pericolo-
samente vicino al minimo storico del 2004 di
6,26. Le riserve monetarie del Cairo si sono as-
sottigliate pericolosamente, raggiungendo,
secondo la definizione delle autorità bancarie
del Paese, «un livello critico». Per la precisione,
le riserve sono diminuite da 36 miliardi di dol-
lari, in cassa prima della rivolta del 2011, a 15
miliardi del mese di dicembre 2012.
A complicare ulteriormente la situazione
hanno contribuito inoltre le agenzie di rating:
Standard & Poor’s ha infatti declassato il ra-
ting dei titoli di credito a lungo termine del-
l’Egitto da B a B-, allo stesso livello del debito
della Grecia. La Banca centrale ha inoltre vie-
tato il ritiro di denaro contante superiore a 30
mila dollari al giorno e ha annunciato multe e
tassazioni maggiori per coloro che intendano
comprare divise straniere. I timori di una stag-
flazione non sono del tutto infondati, poiché
i livelli di povertà e disoccupazione sono in
costante aumento, mentre l’economia fatica a
ripartire.
10 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Egitto
Dalla primavera all’inverno
Venezuela
tualmente la moneta più sopravvalutata del mondo. L’an-
nuncio della svalutazione ha incluso anche l’eliminazione
del Sitme (Sistema di transazioni in valuta estera), l’ultimo
dei meccanismi sviluppati dal governo per rendere opera-
tivo il severo regime di controllo dei cambi imposto a par-
tire dal 2002. In un paese petrolifero a vocazione impor-
tatrice, la somministrazione di divisa è rimasta nelle mani
dello stato, che l’ha amministrata in modo inefficiente.
L’imbuto creatosi nell’immissione di valuta estera e il fal-
limento del Sitme hanno alimentato la caccia al dollaro in
circuiti non ufficiali, dove la quotazione della divisa nor-
damericana si è impennata. Dal 1998, anno in cui Chavez
ha vinto la sua prima elezione, la divisa venezuelana ha ac-
cumulato una svalutazione media annua del 17%. In atte-
sa del deprezzamento, i prezzi al consumo sono cresciuti del
3,5% a gennaio. Il 2012 si è chiuso con un tasso d’inflazio-
ne vicino al 20%, nonostante il paniere alimentare basico sia
regolamentato dal governo.
Alla fine la svalutazione è arrivata. Il deprezzamen-
to del bolivar venezuelano, che gli esperti annun-
ciavano come inevitabile ormai da qualche mese, è
stato annunciato dal ministro delle Finanze, Jorge Giorda-
ni, e dal presidente della Banca centrale venezuelana, Nel-
son Merentes. Il provvedimento è stato introdotto nono-
stante l’assenza di Hugo Chavez, che continua la sua lotta
contro il cancro a Cuba. Per disposizione del governo, il tas-
so ufficiale di cambio passa da 4,3 a 6,3 bolivares per dol-
laro Usa, subendo una svalutazione di quasi il 32% che,
tuttavia, non sembra sufficiente a compensare gli squilibri
fiscali e le distorsioni dell’economia del paese.
La prima percezione degli esperti sul provvedimento è
che risulta insufficiente e tardivo. Basti pensare che il nuo-
vo tasso di cambio rappresenta un terzo del prezzo che
viene chiesto per un dollaro Usa nel mercato non ufficia-
le. La distanza tra il cambio ufficiale e quello reale spiega
perché la capitale venezuelana sia stata indicata dall’Eco-
nomist come la nona città più cara del pianeta (a ridosso
di metropoli di paesi ricchi e industrializzati come Tokyo,
Oslo e Parigi). Secondo il settimanale britannico, l’elabo-
razione dell’indice Big Mac evidenzia che il bolivar è at-
Svalutazione del 32%
News
12 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Ghana
Malaysia
paese. Ciò significa che le finanze pubbliche (e la valuta)
del Ghana potrebbero migliorare da questo momento.
Lo scorso 10 gennaio la Bank of Ghana ha emesso
obbligazioni in valuta locale a tre anni per un valore di
212 milioni di dollari. L’emissione ha rappresentato un
ulteriore strumento di valutazione per misurare l’aumen-
to dell’appetito degli investimenti esteri nel paese afri-
cano. Le obbligazioni sono state sottoscritte in eccesso
e, anche se i mercati avevano previsto un pricing tra il
19% e il 20%, gli offerenti internazionali, che erano la
grande maggioranza dei partecipanti a questa asta,
hanno guidato l’emissione al ribasso al 16,7%.
Nonostante le grandi difficoltà che ancora deve
affrontare, c’è un forte ottimismo sul Ghana. Lo
scorso dicembre si sono svolte le elezioni politi-
che e presidenziali e non si sono verificati scontri o disor-
dini di rilievo, come in passato, quando i conflitti tra le
diverse etnie e i brogli elettorali imperversavano. Un ele-
mento incoraggiante, dunque, anche se è peggiorata la
performance fiscale del paese. Tutto sembra riconducibi-
le all’aumento dei salari pubblici e all’indebolimento della
crescita del Pil. Le aspettative del consenso per il deficit
fiscale si aggirano intorno al 7,5% del Pil per il 2012. Tut-
tavia, il nuovo presidente, John Dramani Mahama, sem-
bra avere un piano per ridurre il buco di bilancio, che
potrebbe supportare il cedi, la valuta ghanese, il cui valo-
re si è dimezzato gradualmente negli ultimi cinque anni
contro il dollaro.
«È il momento giusto per investire nel Ghana», affer-
mano gli esperti di Silk Invest, «dato che questo rifugio di
relativa stabilità politica potrebbe diventare un’importan-
te nazione a livello mondiale per la produzione di petrolio
e gas». Negli ultimi anni l’apporto massiccio di investimen-
ti diretti esteri ha accresciuto la capacità di produzione del
Finalmente buone notizie
toccare il 5,5% nel 2013, superando anche le aspettative
del governo fissate al 5%. Il secondo elemento è la con-
vinzione che l’attività dell’attuale esecutivo alla guida del
paese abbia sortito effetti molto positivi.
Al contrario, per giustificare la riduzione della quota di
portafoglio destinata alle azioni indiane e indonesiane,
Mobius ha spiegato che ritiene le attuali valutazioni molto
elevate e pertanto è opportuno muoversi verso listini che
offrano un rapporto rischio/rendimento decisamente più
conveniente. Per esempio, l’indice indonesiano Jakarta fi-
nance presenta un ratio P/E pari a 12,3, il livello più eleva-
to da novembre. A luglio del 2012, il gestore assicurava che,
in piena decelerazione delle economie mondiali, quello era
un momento favorevole per accumulare azioni dei merca-
ti emergenti (in particolare di aziende operanti nei settori
delle materie prime e dei prodotti di largo consumo), con-
vinto che la crescita di queste economie avrebbe superato
quella dei paesi industrializzati nel lungo termine.
Il primo messaggio lanciato da Mark Mobius per il 2013
è molto chiaro e si concentra sulle elevate potenzialità
di rivalutazione dei titoli azionari delle società della
Malaysia. A guidare le aspettative del money manager so-
no le prospettive di crescita economica del paese, favorito
rispetto ai vicini competitor indiani e indonesiani. Mobius,
uno dei gestori di riferimento nel panorama internaziona-
le con asset under management per 45 miliardi di euro at-
traverso il Templeton Emerging Markets Group, ha comu-
nicato di avere aumentato la propria esposizione in azien-
de locali operative nei seguenti settori: bancario, immobi-
liare, consumi retail, salute. Come giustifica le sue racco-
mandazioni? Il primo fattore a supporto della tesi di Mo-
bius è la variazione positiva attesa per il Pil, che dovrebbe
Consigliata da Mobius
La nuova industria
Il contesto
14 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
dimenti dei titoli di stato fra Germania e Sud Europa, che
hanno portato de facto alla scomparsa del concetto di tas-
so risk-free, sono essenzialmente un effetto collaterale di
un fenomeno di origine industriale. Insomma gli ultimi an-
ni sono stati quelli delle industrie, con lo scoppio della cri-
si finanziaria che ha fatto definitivamente tramontare l'i-
dea che interi paesi potessero vivere di servizi bancari e
bolle immobiliari.
Un elemento importante, però, è che probabilmente il
futuro sarà profondamente diverso: l'entrata in una fase
più matura dei paesi emergenti, Cina in primis, la contra-
zione dei consumi in Europa e il consolidamento fiscale
porteranno a un'epoca, se non di vacche più magre, quan-
to meno di maggiore selettività e competitività nel mon-
do industriale. Non appare probabile pensare a un ulterio-
re decennio di crescita incondizionata di tutto: settore
energetico e minerario, materiali di base e beni in conto
capitale, hardware legato all'information technology, be-
Gli anni del boom hanno visto una rivolu-
zione industriale che ha profondamente
trasformato il mondo e ha non solo ridi-
segnato gli equilibri economici, ma ha
avuto anche gigantesche ripercussioni sui
rendimenti offerti dai vari segmenti dei mercati dei capi-
tali. Da una parte si è vista ovviamente l'ascesa della Cina,
dall'altra però fra i trend fondamentali possiamo anche
annoverare il ritorno della Germania, definita non tanti
anni fa da certa stampa anglosassone con indubbia poca
lungimiranza «the sickman of Europe». Infine non va sot-
tovalutata la rinascita manifatturiera degli Usa, favorita
da una politica sapiente di reindustrializzazione e soprat-
tutto dalle proprie enormi risorse energetiche.
Tutto ciò ha avuto effetti enormi sulle performance di
security e derivati: basti pensare al feroce mercato rialzi-
sta nel campo dei metalli di base e all'altissima volatilità
che spesso l'ha accompagnato. Anche gli squilibri sui ren-
La crisi ha insegnato che le imprese manifatturiere hanno un avvenire e che adaffermarsi sono proprio quei paesi che hanno puntato meno sui servizi e piùsulle fabbriche. Ma i vincitori del prossimo decennio, per confermare la loro
leadership o per scalzare gli attuali protagonisti, dovranno avere ben precisecaratteristiche di gestione e operare nei segmenti giusti, che offrono il maggiore
valore aggiunto. Secondo gli analisti non è prevedibile una rivoluzionetecnologica a breve, ma si affermeranno soprattutto quelle aziende che
sapranno soddisfare le necessità del mondo emergente
Il futuro è di chi produce
di Boris Secciani
ranzia, quanto meno un buon indizio sulle potenzialità di
leadership industriale anche in futuro? Quale sarà la nuo-
va industria del decennio che verrà, visto che il mercato sta
già compiendo selezioni molto precise? In questo caso il
quadro che emerge è abbastanza sorprendente. Non man-
cano certo i grandi temi ciclici, che vedono la continua
crescita duale di investimenti e consumi nel mondo emer-
gente (con un ribilanciamento verso i secondi in Cina e
verso i primi in India) e l'evoluzione della rivoluzione ener-
getica statunitense. Indicativa appare l'analisi di Laura So-
lei, responsabile del team azionario gestioni patrimoniali
di Banca Patrimoni Sella && C.: «Riteniamo interessanti le
aziende il cui fatturato è dipendente da quelle aree geo-
grafiche che evidenziano una crescita economica in acce-
lerazione (la regione asiatica, Cina e India in special mo-
do): spesso si tratta di società legate ai consumi, di fascia
alta (lusso) oppure di fascia medio-bassa (abbigliamento
accessibile, elettronica di consumo, beverage). Vale la pe-
na notare che Cina, Giappone e India recentemente han-
no annunciato piani di investimento importanti, volti a
stimolare la crescita economica. Una parte considerevole
di questi è destinata alle infrastrutture: riteniamo quindi
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 15
ni di largo consumo e consumi discrezionali, sia nei mer-
cati emergenti sia in occidente, hanno di certo le carte mi-
gliori da giocare secondo il parere di quasi tutti gli anali-
sti. Non è difficile pensare che ci saranno vincitori e vinti,
con un mercato che, per quanto propenso al risk-on e
pronto a favorire i ciclici anche con un ampliamento del-
le valutazioni, non è certo privo di selettività. L'industria
rimane il core dell'economia mondiale, dove nuove tecno-
logie vengono per la prima volta concepite, sviluppate, te-
state e poi applicate. Si tratta peraltro di un pilastro del si-
stema che, per sua stessa natura, presenta elementi di in-
stabilità notevoli: da una parte gli investimenti da compie-
re sono enormi e spalmati spesso su cicli lunghi. Dall'altra
parte i rischi di obsolescenza, anche rapida, di interi setto-
ri sono decisamente elevati.
CHI PUÒ ANCORA CRESCERE
A questo punto, in una fase di crisi e di difficoltà come
l'attuale, si pone chiaramente una prima questione: chi, in
uno scenario privo di boom economico, è in grado di cre-
scere, diventare più forte e acquistare maggiori margini di
competitività, elemento che rappresenta se non una ga-
«L’industria rimane il core dell’economia mondiale,dove nuove tecnologie
vengono per la prima volta concepite,sviluppate,testate e poi applicate»
che le società che sono in qualche modo collegate a que-
sti progetti (cemento e costruzioni, ferrovie e trasporti,
centrali energetiche e reti distributive) possano realizzare
una crescita del fatturato superiore alla media. Infine, con-
sideriamo interessanti quelle aziende che beneficiano di
cambiamenti strutturali in atto. Un esempio può essere il
mercato dell’energia e la rivoluzione in corso nel Nord
America circa lo sfruttamento dello shale gas. Le innova-
zioni tecnologiche che hanno reso economicamente con-
veniente lo sfruttamento di questa forma di energia sono
in grado di cambiare, nel lungo termine, gli scenari politi-
co-economici mondiali. Le società che beneficiano degli
investimenti in questo settore dovrebbero evidenziare un
andamento superiore alla media».
«MEGLIO I SERVIZI ALLE INDUSTRIE»Sarebbe però sbagliato pensare che dire industrie sia
uguale a parlare di scommesse cicliche su grandi temi ma-
cro. In realtà, la selettività appare forte, nonostante l'otti-
mismo profuso dagli investitori. Questo concetto di selet-
tività si traduce in diverse strategie: innanzitutto nella
continua ricerca di società che operano in nicchie tecno-
logiche, che occupano fermamente. Ciò dà a questi titoli
caratteristiche quasi difensive. Un esempio viene fornito
da Vincent Strauss, ceo di Comgest Asset Management:
«Preferiamo avere esposizioni limitate agli industriali, per-
ché a nostro avviso vi sono poche opportunità di qualità e
crescita. In Europa preferiamo i servizi alle industrie con
una posizione di mercato dominante e fatturati stabili. Su-
gli emergenti, abbiamo in portafoglio gruppi manifattu-
rieri e di servizi alle industrie, sempre con una posizione di
mercato dominante e fatturati stabili. Questi modelli di
business dovrebbero sovraperformare in uno scenario di
crescita economica debole, come quelli degli ultimi due
anni, data la buona visibilità degli utili e la capacità di im-
porre il prezzo. Esempi di industriali con caratteristiche
growth di qualità nel nostro portfolio sono: Ccr, Weg, Bha-
rat Heavy, Capita, Intertek, Linde».
Scarso appetito per un'elevata volatilità dei fatturati
mostra anche Sandra Crowl, membro del comitato inve-
stimenti di Carmignac Gestion: «In uno scenario di ripre-
sa moderata, sapendo che gli industriali scambiano più o
meno in linea con la loro media storica, ciò che è meglio
avere come investitore è la visibilità del portafoglio ordi-
ni. Riteniamo che il comparto aerospaziale offra ciò di cui
parliamo. Alternativamente pensiamo che costituiscano
una buona scelta quelle aziende industriali che hanno svi-
luppato business di servizi, manutenzione e pezzi di ricam-
bio, tutti elementi che potrebbero fare la differenza du-
rante periodi difficili».
Dunque una prima conclusione che possiamo trarre è
che i leader del futuro saranno quelli che sempre più sa-
pranno creare e integrare, allo scopo di innalzare margini
e profitti, una serie di servizi collegati al prodotto, mante-
nendo al tempo stesso un vantaggio competitivo in termi-
ni tecnologici. Si tratta di un modello ben conosciuto nel-
l'It: spesso infatti gli investitori si scordano come il mon-
do industriale sia un consumatore (e produttore) enorme
di information technology.
I TEMI RICORRENTI
Si può notare come andando ad analizzare i diversi gangli
della produzione industriale tornino diversi temi ricorren-
ti: affermazione del proprio marchio, forte capacità tecno-
logica e di generare qualità e poco impatto da parte della
concorrenza. Come abbiamo visto, vengono gradite quel-
le aziende in grado di occupare gli spazi del proprio mer-
cato, facendo acquisizioni rese possibili dal cash generato,
vincenti non solo per la bontà dei propri prodotti, ma an-
che per la disciplina di bilancio. In pratica sembra assai
probabile che i leader di domani, in un futuro prevedibile,
saranno gli stessi di oggi. Certo nuove tecnologie stanno
arrivando e arriveranno in futuro a cambiare il panorama
competitivo e i paradigmi di sviluppo, ma ciò che sembra
al momento è che i prossimi anni apparterranno a quelle
aziende che hanno fatto diligentemente i compiti e han-
no saputo acquisire le dimensioni adatte. Non importa più
di tanto se si tratta di società basate nei paesi emergenti
piuttosto che in Europa, in economie a basso indebitamen-
to piuttosto che in fase di difficoltà. �
La nuova industria
Il contesto
16 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
acquisizioni (Legrand, Assa Abloy) possono comportarsi
bene, in quanto riuscirebbero ad aumentare la propria cre-
scita con processi di M&A».
UN DELICATO EQUILIBRIO
Taglio della base dei costi, efficienza del capitale e spinta
al consolidamento appaiono anche nel portafoglio di Greg
Aldridge, gestore di M&&G Global Growth: «Tra titoli che
preferiamo c'è, ad esempio, il gigante europeo dell’aero-
spazio Eads, il cui prezzo azionario a dicembre è stato spin-
to da una serie di fattori positivi: i fondamentali della so-
cietà nel lungo termine, il suo eccellente posizionamento
industriale, il robusto libro ordini e la nuova commessa con
una società asiatica del valore di 9 miliardi di dollari Usa.
Inoltre il gruppo ha annunciato la riorganizzazione dell’a-
zionariato, con una riduzione dell’influenza governativa
accompagnata da un buyback azionario del 15%. Altro
esempio: il produttore di auto giapponese Toyota, che ha
tratto vantaggio dallo yen debole a supporto dell’export
nipponico e dalla rinnovata classe dirigente del paese, che
si è votata alla svalutazione della moneta e alle misure di
stimolo all’economia. Inoltre riteniamo interessante anche
il produttore di pneumatici sud coreano Hankook Tire, di
recente oggetto di spin-off con la divisione tra la holding
company rinominata Hankook Tire Worldwide e la società
Èinteressante notare che molti investitori sono par-
ticolarmente attenti alla gestione manageriale: alle
aziende, non solo industriali, si chiede di operare
con un forte controllo dei costi, una rigorosa gestione
della leva e un’ampia capacità di mettere a buon frutto
il free cash flow così generato. Come dire: non è impor-
tante cosa si fa e con quale tecnologia, ma serve che sia
realizzato con la massima attenzione ai processi produt-
tivi. Su questa linea sembra muoversi Koen Popleu, deputy
head european equity di Dexia Asset Management:
«Abbiamo visto che le società con alle spalle una storia
di ristrutturazione (ad esempio Philips e Volvo) o quelle
con una crescita strutturale nella loro esposizione sui mer-
cati (ad esempio Andritz Hydropower) si sono comporta-
te bene nel 2012. Pensiamo che questo trend possa con-
tinuare. Le aziende che sono capaci di tagliare le spese
attraverso l'integrazione divisionale, muovendo la produ-
zione verso aree di costo più basse, vedranno ulteriori
miglioramenti nei loro margini, sicuramente quando il fat-
turato riprenderà ad aumentare. Ci sono alcune aree di
chiara ripresa della crescita e migliorata visibilità degli
utili, come l'equipment per la cura della salute (Philips),
l'aumento dell'automazione industriale in Cina (Abb) e
l'immobiliare negli Usa (Assa Abloy, Legrand). Anche le
azioni di aziende che hanno dimostrato tendenze alle
La nuova industria
Taglio dei costi e
tanti dividendi
18 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
La maggior parte degli analisti sembra non ha dubbi: le aziende del domani sono
quelle che hanno la capacità di ridurre le spese, quando necessario, e di raggiungere
livelli massimi di efficienza. Sembra non esserci più spazio per le vecchie imprese
con scarso controllo di gestione e personale in abbondanza. Ed è fondamentale
anche trattare bene gli investitori con un’accorta politica di cedole
Vince chiè efficiente
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 19
operativa Hankook Tire, su cui abbiamo concentrato la no-
stra attenzione».
Nell'uso del capitale alle aziende industriali vincenti si
chiede un delicato equilibrio tra controllo feroce dei costi
e della leva e capacità di espansione e remunerazione de-
gli azionisti. In questo ambito un certo apprezzamento, sia
pure non ossessivo, lo ricevono i dividendi, anche come in-
dicatore della capacità di adattamento del settore indu-
striale a questi tempi difficili. Tom Stubbe Olsen, gestore
dell'European Value Partners di Nordea Investment
Funds, afferma: «Molte società si sono adattate alla situa-
zione economica riducendo le loro strutture dei costi e
rendendole più flessibili. Come risultato, sono state in gra-
do di proteggere la loro profittabilità ragionevolmente be-
ne durante il downturn e sono ben posizionate per prospe-
rare quando ci sarà una ripresa economica. Non investia-
mo sulle società esplicitamente in base al dividendo paga-
to, ma un buon dividendo è sempre un di più».
Sull'argomento non mancano comunque view più po-
larizzate tra coloro che vedono alternativamente i dividen-
di come un segnale della ripresa degli industriali, special-
mente i ciclici impegnati nei comparti più volatili, e chi
preferisce invece altri impieghi del capitale. Nel primo
gruppo troviamo Stefano Ghiro, equity portfolio manager
di Allianz Global Investors: «La seconda parte del 2013 po-
trebbe essere caratterizzata da una crescita della doman-
da globale più vigorosa. In questo contesto anche i titoli
del comparto industriale, soprattutto quelli più legati al-
l'export, potranno essere caratterizzati da una ripresa dei
profitti aziendali. Un approccio basato sulla ricerca di so-
cietà in grado di fornire dividendi elevati e sostenibili, a
nostro avviso, continuerà a essere premiato dal mercato,
soprattutto in concomitanza con una fuoriuscita di inve-
stitori dall’obbligazionario».
Meno convinto appare George Nadda, gestore dell’Euro-
pean Value Fund di Nemesis Asset Management: «Di solito
tassi di distribuzione dei dividendi troppo alti rischiano di es-
sere più un ostacolo che un indicatore di costanza delle cedo-
le. Preferiamo società con dividendi più deboli, ma che assicu-
rino una crescita stabile lungo i diversi cicli economici».
COMPRARE CRESCITA IN UNO SCENARIO DI RIPRESA MODESTA
Un approccio di sintesi troviamo infine da parte di diversi
gestori. Fares Benouari, portfolio manager di Union Ban-
caire Privée, spiega: «Le prospettive per i titoli del settore
industriale in Europa sono concrete, in quanto la maggior
parte delle aziende gestisce business globali e ha bilanci
solidi. Oltre che concentrarsi sulla distribuzione dei divi-
dendi, privilegiamo le imprese che generano elevati flussi
di cassa e hanno una comprovata esperienza a livello di
M&A, che consente loro di comprare crescita in uno sce-
nario di ripresa modesta (Danaher ed ABB)».
Questi ragionamenti appaiono in parte sorprendenti: il
mercato infatti sembrerebbe più lungimirante di quanto
viene comunemente ritenuto. A conquistare la posizione di
leadership futura sarebbero infatti quelle società indu-
striali in grado di avere da una parte un’oculata e discipli-
nata gestione del capitale, senza però sacrificare progetti
e investimenti volti a migliorare la propria posizione com-
petitiva sul medio termine. �
«Meglio
società con
dividendi più
deboli,ma che
assicurino una
crescita più
stabile»
rie prime. In generale il 2012 non è stato un grande anno,
con corsi delle risorse stagnanti e volatili, un ciclo del
capex già ai picchi e per una lunga parte dell'anno pro-
spettive economiche fra il tetro e il terrificante. Dopo la
ripresa del secondo semestre, lo scenario sembra meno
notturno, anche se è palpabile un maggiore grado di fidu-
cia nei confronti del complesso energetico, piuttosto che
di quello minerario.
Anche per quanto riguarda l'energia, però, il merca-
to ha dimostrato quanto sa essere spietato, con la fortis-
sima caduta di Saipem dopo l'annuncio del profit war-
ning e dei guai giudiziari. Anche qui per spuntare buoni
rendimenti bisogna riuscire a investire su gruppi di qua-
lità in nicchie non sottoposte a un eccessivo livello di
competizione e spesso queste opportunità non si trova-
no in settori sotto la lente dei media. Ad esempio non
particolarmente buone nell'immediato appaiono le pro-
spettive dei fornitori dell'industria del gas di scisto, per il
grado di incertezza, l’eccesso di offerta e altre poco desi-
derabili caratteristiche che questo comparto presenta.
Indicativa al proposito appare l'analisi di Stefano Ghiro
di Allianz Global Investors: «Anche tra i fornitori di beni
e servizi al comparto energetico esistono buone oppor-
L’estrema selettività nel posizionamento di mercato
e nella gestione delle aziende porta a un effetto
interessante: mai come adesso è apparso difficile
fare scommesse top-down su temi generici. Negli ultimi
mesi i ciclici in generale, non solo industriali, sono stati
in grande spolvero e tuttora un certo ottimismo pervade
chi scommette sull'inizio di un miglioramento dell'econo-
mia a lungo termine. Ciò non toglie però che nello spe-
cifico delle industrie a volte i destini di segmenti appa-
rentemente simili in realtà oggi presentino scenari diver-
sissimi. Prendiamo ad esempio i produttori di beni in conto
capitale e i fornitori di servizi per il complesso delle mate-
20 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
La nuova industria
Servizi all’energia
e alle miniere
Il petrolio rimasto è in gran parte sottomarino e costoso da tirare fuori. Questa
semplice verità geologica fa sì che investire nelle società che provvedono
all'estrazione offshore sia in qualche maniera come puntare su utility
oligopolistiche, caratterizzate però da altissimo valore aggiunto. Ma la lotta in
questo campo è all'ultimo sangue, come dimostra anche il recente caso della
Saipem. Più complesso operare nel mining dei metalli
Un mercatospietato
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 21
tunità di investimento. Tuttavia, nel settore dell'energia,
essendo in corso una vera rivoluzione determinata dallo
shale gas americano, è necessario ancora comprenderne
a fondo il vero impatto su queste società».
LA CHIAVE PER LA LEADERSHIP DI DOMANI
In quest'ultimo ambito nell'immediato il panorama se non
è nebbioso è senz'altro scarsamente entusiasmante per un
eccesso di frammentazione competitiva. Koen Popleu, di
Dexia Asset Management, spiega: «Nell'energia la situa-
zione è complessa. Per quanto riguarda l'onshore statu-
nitense il segmento dell'equipment per gas di scisto (ad
esempio le pompe per il fracking) sembra caratterizzato
da un eccesso di offerta, mentre i mercati internazionali
rimangono ben messi: vediamo Rotork ben esposta a que-
sto tema».
Anche in questo caso la chiave per la leadership di do-
mani sembra essere...la leadership al giorno d'oggi, special-
mente in nicchie dove il fatto di avere acquisito un patri-
monio di tecnologie rende difficile l’ingresso. Di questo te-
ma porta un esempio Greg Aldridge di M&G Investments:
«Lo specialista francese in cavi d'acciaio Vallourec è una
delle due uniche società al mondo in grado di produrre ca-
vi di alta qualità indispensabili per le operazioni più mo-
derne di trivellazione offshore».
Il mercato dei beni e servizi offshore rappresenta in
effetti uno dei casi più interessanti, in quanto in esso si
mescolano elementi ciclici di lungo termine, con una
«Nell’energia,essendo in corso una vera rivoluzione determinata dallo shale gas americano,
è necessario ancora comprenderne a fondo il vero impatto su queste società»
È interessante a questo punto, invece, analizzare spe-
cularmente un altro comparto, i fornitori di equipment e
servizi per l'industria mineraria. Qui il discorso si fa per
certi versi opposto. Infatti molte risorse sono a rischio di
un surplus di offerta a causa di quello che è un problema
cronico dei player minerari, l'eccesso di investimenti in
nuova produzione nelle fasi di rialzo. Sul lato della doman-
da, poi, non è chiaro che cosa potrà succedere se ad esem-
pio ci trovassimo di fronte a una fase prolungata in cui la
modernizzazione dell'India proseguisse lentamente, men-
tre la Cina si sta orientando maggiormente ai consumi e ai
servizi. L'impressione che per il momento l'industria mine-
raria sia in una fase di arretramento, nonostante il quan-
titative easing globale abbia indotto a una ripresa dei cor-
si dei metalli, appare palpabile, secondo Koen Popleu, di
Dexia Asset Management: «Siamo cauti sul capex delle
aziende minerarie, dato che pensiamo che queste ultime
adotteranno un approccio più disciplinato quando si trat-
terà di investire in nuovi progetti. Per esempio, abbiamo
visto il capex di Bhp e di Rio Tinto scendere del 30% nello
spazio di due anni».
Scarse opportunità nell'immediato vede anche Tom
Stubbe Olsen di Nordea Investment Funds: «Riteniamo che
nel settore minerario attualmente sia in corso un proces-
so di aggiustamento, che potrebbe necessitare di un po' di
tempo per risolversi. Alcuni progetti per aggiungere capa-
cità mineraria che avrebbero dovuto essere messi in can-
tiere sono stati cancellati». �
realtà fatta di player consolidati e dal buon pricing power.
Certamente dipendere dall'andirivieni dei capex dell'in-
dustria energetica non costituisce un forte elemento di
stabilità, come dimostrano i recenti shock nel campo degli
oil service, resta però un'immancabile verità: il petrolio
rimasto è in gran parte sottomarino e costoso da tirare
fuori. Questa semplice constatazione geologica e le carat-
teristiche prima enunciate, fanno sì che investire nelle
società che forniscono beni e servizi all'estrazione offsho-
re sia in qualche maniera come puntare su utility oligo-
polistiche, caratterizzate però da altissimo valore aggiun-
to. Quest'ultimo aspetto viene sottolineato da Fares
Benouari di Union Bancaire Privée: «Nonostante alcune
nubi, ci sono le basi per un ciclo in rialzo. A livello glo-
bale il capex mostrerà una tendenza all’aumento con una
crescita del 4%, fino a un livello massimo record nel 2013,
guidato dall'andamento della spesa in particolare al di
fuori del Nord America e offshore. Ci aspettiamo un signi-
ficativo miglioramento dei margini. Le società di perfo-
razione dovrebbero beneficiare dal persistere di tariffe
giornaliere elevate per le trivellazioni in acque profonde.
Nel mercato delle attrezzature sottomarine, gli ordini
dovrebbero aumentare del 40%. I servizi integrati bene-
ficeranno di un migliore posizionamento nel 2013, essen-
do esposti alla crescita internazionale e alla ripresa del
Nord America entro la fine dell'anno».
NECESSITÀ DI NUOVE TECNOLOGIE DI ESTRAZIONE
Sulla stessa lunghezza d'onda arriva anche l'analisi di
Sandra Crowl di Carmignac Gestion: «Vi è sempre mag-
giore necessità di nuove tecnologie di estrazione, spes-
so messe sul tavolo da società di servizi specializzate. Si
tratta di gruppi che continuano a prosperare in aree
quali la trivellazione a grande profondità, l’estrazione di
energia non convenzionale e i servizi di gestione di piat-
taforme petrolifere».
La nuova industria
Servizi all’energia
e alle miniere
22 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
24 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
menti e le esportazioni ai servizi e ai consumi interni. Que-
sto movimento strutturale è in corso in particolare in Ci-
na e in quest'ottica i consumi sono da preferire».
VINCITORI E VINTI
In realtà anche qui ritorna il leitmotiv dei vincitori e vinti,
che caratterizza altri segmenti dell'economia mondiale.
Infatti la crescita infrastrutturale non è una storia chiusa
in molte parti del mondo emergente, che anzi in diversi
campi necessitano tuttora disperatamente di un massiccio
upgrading. Da qui emerge un'altra caratteristica che dovrà
avere l'industria di successo del futuro: la capacità di ave-
re entrature, non solo commerciali, ma anche a livello po-
litico, sui mercati in via di sviluppo. Infatti nel variegato
mondo delle nuove potenze i governi tendono a essere
tendenzialmente interventisti, caratteristica che si combi-
na con una crescente richiesta di miglioramento della qua-
lità della vita da parte dei propri cittadini e con un'accre-
sciuta dotazione di risorse finanziarie. Neo-keynesiani e
neo-austriaci hanno visioni diametralmente opposte sul
fatto che questo fenomeno sia negativo o positivo, ma ap-
pare probabile che una quota crescente di fatturato indu-
striale deriverà dalle casse pubbliche. Un esempio di pos-
sibilità di crescita appare la costruzione di centrali elettri-
Un tema collegato alle materie prime è stato negli
ultimi anni lo sviluppo infrastrutturale. Infatti
gran parte dell'aumento dei consumi di risorse
non è stato solo dovuto all'arrivo sul mercato di centinaia
di milioni, se non miliardi, di nuovi consumatori, ma anche
al furioso processo di costruzione di nuove infrastrutture.
Spesso negli ultimi anni si sono sentiti racconti su città fan-
tasma e altre cattedrali nel deserto in Cina, dove questo
processo è stato particolarmente rapido. Se si considera che
il paese che rappresenta la maggiore fonte di crescita infra-
strutturale sul pianeta difficilmente potrà ripetere le
performance del passato e che il mondo sviluppato si tro-
va preso nella tenaglia costituita dalla necessità di fare or-
dine nei conti pubblici e dalla crescita delle spese a soste-
gno di disoccupati e varie vittime della crisi, il comparto in-
frastrutturale non sembra la scelta più immediata in que-
sto particolare momento.
Indicativa appare l'analisi di George Nadda di Nemesis
Asset Management: «È un settore ancora interessante, ma
lo è stato soprattutto nel passato. L’incremento degli inve-
stimenti infrastrutturali nei paesi emergenti e in partico-
lare in Cina calerà progressivamente nei prossimi anni,
man mano che queste economie diventeranno più matu-
re e sposteranno il baricentro della crescita dagli investi-
La nuova industria
Infrastrutture
Anche se i paesi emergenti sembrano puntare più sui consumi che sulla
realizzazione di grandi opere, ci sono tuttora faraonici programmi in corso,
soprattutto in India, dove dovranno essere costruite enormi centrali elettriche. Si
tratta di un settore che è strettamente dipendente dagli investimenti dello stato e
la selezione geografica è quindi fondamentale
Ancora tantolavoro da fare
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 25
che. L'adeguata e stabile fornitura di elettricità, sia a uso
industriale sia privato, costituisce una sfida di notevole
portata e un punto di svolta per un paese che aspira a pas-
sare dallo status di nazione in via di sviluppo a emergente.
Basti pensare al gigantesco black-out elettrico in India la
scorsa estate, che ha lasciato prive di fornitura qualcosa
come circa 600 milioni di persone.
Non a caso proprio l'India viene indicata come un mer-
cato ad altissimo potenziale. Vincent Strauss, di Comgest
Asset Management, sostiene: «Energia, infrastrutture e
utility sono parte della nostra esposizione ai mercati emer-
genti. Questa scelta è di tipo contrarian e ha per noi carat-
teristiche di lungo periodo, dal momento che vediamo una
forte spinta alla crescita della generazione di elettricità in
alcune economie emergenti chiave, specialmente il merca-
to indiano che ha un sostanziale deficit elettrico ed è un'e-
conomia che è cresciuta in media di oltre il 7% annuo nel-
l'ultimo quinquennio».
IL CASO BRASILE
Un altro tema geografico sembra il Brasile, dove l'enorme
ricchezza generata dall'export di risorse naturali e dall'e-
spansione domestica dei consumi, non si è finora tradotta in
un equivalente miglioramento del parco infrastrutturale.
Oltre a ciò va aggiunto il fatto che il Brasile rientra fra quel-
le neo-potenze “stataliste”, prone a usare la spesa dell'inter-
vento pubblico nel campo infrastrutturale, sia come mezzo
per coprire magagne nelle strutture dell'economia locale, sia
per favorire l'occupazione. A questo tema si allaccia anche
quello di un'edilizia moderna a prezzi contenuti, spesso fi-
nanziata dalla mano pubblica, in economie che talora han-
no vissuto fenomeni di bolla immobiliare equivalenti, se non
peggiori, a quelli occidentali.
Anche qui si tratta di una scommessa in fondo con-
trointuitiva: che grandi potenzialità possano sorgere dalle
industrie di un settore considerato decotto come quello
immobiliare, puntando su un processo di maturazione di
quest'ultimo nel mondo emergente. Questi temi sono rias-
sunti da Sandra Crowl di Carmignac Gestion: «In generale
i governi dei paesi emergenti hanno le disponibilità finan-
ziarie per stimolare e sostenere le loro economie attraver-
so la spesa in infrastrutture. È stato questo il caso della Ci-
na nel triennio 2008-2010 e recentemente del Brasile. L'e-
spansione è avvenuta con un mix di fondi pubblici e priva-
ti: pensiamo che questo processo continuerà, infatti abbia-
mo investito in aziende legate al finanziamento dello svi-
luppo immobiliare, alla costruzione di edilizia residenziale,
oltre che all’immobiliare commerciale e alle strade». �
«Grandipotenzialità
possono sorgeredalle industrie di
un settoreconsiderato
decotto comequello
immobiliare»
emergenti, che stanno crescendo insieme agli standard di
vita e all'urbanizzazione dei consumatori».
VINCENTI E PERDENTI
Se il consumo globale è destinato a salire, ancora più che
in altri comparti lo farà con vincitori e vinti. Troppa infat-
ti è la differenza nell'andamento fra produttori vincenti e
perdenti, nonché fra aree geografiche. Prendiamo ad
esempio l'Europa: in generale i produttori di beni di con-
sumo del Continente non sembrano raccogliere molti en-
tusiasmi. Stefano Ghiro, di Allianz Global Investors, com-
menta: «In questa fase siamo tendenzialmente cauti sul
settore dei beni di consumo discrezionali, soprattutto in
Europa, dove i consumi interni risultano ancora sotto pres-
sione. Nel comparto cerchiamo di individuare società in
grado di avere pricing power e di mantenere i propri mar-
gini di profitto inalterati». Ciò non toglie che persino nel-
le economie più depresse del Continente, quali l'Italia, si
possano trovare aziende forti.
Quali sono le caratteristiche chiave? Per i produttori
mass-market una forte caratterizzazione in termini di
marchio, che permette di sfruttare la crescita dei merca-
ti emergenti, difendendo al contempo le proprie quote su
quelli sviluppati. George Nadda, di Nemesis Asset Mana-
Molte delle fortune dell'apparato industriale
futuro si giocheranno comunque sul tema dei
consumi, un po' perché, Cina a parte, questi
ultimi rappresentano la componente più rilevante dell'e-
conomia, un po' perché, rappresentando il punto di arri-
vo del processo di produzione, spesso mostrano i margi-
ni più elevati. Come si può immaginare, i consumi si arti-
colano in una varietà enorme di tecnologie, beni, merca-
ti, alcuni dei quali in forte espansione mentre altri sono
in brutale recessione, marchi e politiche di distribuzione.
Proprio sui consumi la selettività appare un principio ispi-
ratore fondamentale, anche se complessivamente il filo-
ne aurifero della crescita del benessere non pare certo in
esaurimento: complessivamente non è probabile che i
consumi smettano di crescere. Per questo non mancano
gli investitori che cercano di ottenere su questo tema d'in-
vestimento l'esposizione più vasta possibile. Ancora San-
dra Crowl, di Carmignac Gestion, aggiunge: «In generale
siamo overweight su tutti i nostri portafogli sul settore
globale dei consumi. Ciò include i mercati sviluppati, i
beni di consumo discrezionali e in particolare il lusso che
gode di tassi di crescita a doppia cifra, in particolare gra-
zie alla crescita dei fatturati sul mercato cinese. Siamo
inoltre interessati alle aziende automobilistiche dei paesi
La nuova industria
I consumi
26 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
La corsa degli acquisti privati è travolgente nei paesi emergenti, ma per alcuni beni,
come quelli del lusso, non sembra calare neppure nelle aree più sviluppate. I brand
planetari, capaci di cogliere questo trend di crescita, indipendentemente dal settore
di appartenenza, hanno ancora ottime carte da giocare sul mercato globale. E
alcune aziende sono certamente da preferire
Per un pugnodi marchi
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 27
gement, continua: «Siamo piuttosto sovrappesati e posi-
tivi sui consumi delle società globali più esposte alle zone
geografiche di crescita come gli Stati Uniti e i paesi emer-
genti; puntiamo su aziende con forti marche come Adi-
das, Luxottica, Harley Davidson. Per ora stiamo fuori dalle
società più legate ai consumi europei, che sono ancora
particolarmente depressi». Sulla stessa linea anche Fares
Benouari, di Union Bancaire Privée: «Ci concentriamo
principalmente su aziende che possono contare su un soli-
do franchise e una buona visibilità dell’utile per azione e
del fatturato. Dato il recente andamento a singhiozzo nel
2012 e la rotazione dei settori e segmenti, preferiamo
pagare qualcosa in più in termini di valutazioni pur di
avere aziende con fondamentali solidi. Attualmente siamo
leggermente sottopesati».
MEGLIO IL LUSSO
Dall'altra parte continua a piacere il lusso, che poco soffre
della modestia della crescita economica in occidente. Non
sorprende che molti gestori si trovino a loro agio a dete-
nere in portafoglio un mix di marchi mass market ben po-
sizionati e nomi più esclusivi. Tom Stubbe Olsen, di Nordea
Investment Funds, conferma: «Per molto tempo abbiamo
investito in aziende del lusso quali Cie Financière Riche-
mont, nonché in gruppi come Swatch. Per inciso, grazie a
un rialzo del 55% dei corsi del titolo nel corso dell'anno,
Richemont è stato il singolo maggiore contributore alla
performance del nostro fondo, che è stata ben superiore al
benchmark. Richemont e Swatch hanno dimostrato che le
preoccupazioni di un ulteriore rallentamento nelle vendi-
te di gioielli e orologi, specialmente in Cina, erano esage-
rate. Entrambe le società hanno continuato a migliorare i
margini, grazie al loro successo nello sviluppare il proprio
marchio e nel raggiungere economie di scala e un'elevata
capacità di imporre il prezzo, fattori che le aiuteranno a te-
nere forti posizioni di mercato sul lungo periodo».
Un discorso non troppo diverso arriva anche da Koen
Popleu di Dexia Asset Management: «Preferiamo azioni di
società di alta qualità con un forte vantaggio competitivo,
in grado di generare un elevato livello di free cash flow e
che creino valore. Nel settore del lusso ci piace Richemont,
a causa del suo solido portafoglio di marchi con un elevato
pricing power e della sua esposizione ai mercati emergenti
e alla spesa turistica. Siamo positivi anche su Volkswagen.
Oltre a una grande presenza nei mercati emergenti, l'intro-
duzione di una piattaforma modulare quest'anno dovrebbe
condurre a significativi risparmi sui costi e rafforzare la po-
sizione di leadership indiscussa della società». �
«Puntiamo
su aziende con
forti marche,
come Adidas,
Luxottica e
Harley
Davidson»
l'anno hanno visto notevoli flussi netti positivi di capitale,
in linea col trend storico dell'industria, ma diversamente
da quanto accaduto, ad esempio, nel 2011. In particolare
settembre, con 45,1 miliardi di dollari (di cui 37 circa di
azionario), e dicembre, con 38,7 miliardi (quasi tutti di
equity), sono stati i due mesi che hanno portato il contri-
buto maggiore alla performance da primato dell'ultima
annualità. Anche gennaio è stato ottimo per la raccolta,
con un saldo positivo di 33,5 miliardi di dollari. In questi
31 giorni e ancora più a maggio c'è stato l'afflusso più
consistente sull'obbligazionario. La mensilità con la mino-
re raccolta è stata aprile, che ha registrato flussi netti in
attivo per soli 800 milioni di dollari. Non ci sono stati me-
si col segno meno davanti.
Tutto sommato i flussi si sono mantenuti discreta-
mente costanti, in un anno nel quale gli investitori hanno
oscillato tra propensione e avversione al rischio, le ban-
Gen 33,5 Feb 15,6
Mar 16,4 Apr 0,8
Mag 18,8 Giu 22,8
Lug 20,3 Ago 11,6
Set 45,1 Ott 13,2
Nov 25,7 Dic 38,7
(dati in miliardi di dollari Usa)
Non si ferma la crescita degli exchange traded product in tutto il mondo: i numeri
al 31 dicembre attestano ancora una volta il successo che questi strumenti
riscuotono presso il pubblico degli investitori retail e tra gli istituzionali. Le
preferenze si sono concentrate soprattutto sui prodotti obbligazionari, gli azionari
emergenti e l'oro. L'America ancora leader incontrastata
Un altro anno da record
Etp
I risultati del 2012
di Dario Palladini
[email protected] 2012 è stato per l'industria degli Etp un anno da re-
cord: questi strumenti hanno attirato flussi netti di
capitale per 262,7 miliardi di dollari Usa (+51% cir-
ca rispetto al 2011), superando così il precedente re-
cord che risale al 2008, anno in cui i tracker di tut-
to il mondo avevano fatto registrare un flusso netto di
259,7 miliardi di dollari. I principali motori di questo suc-
cesso sono stati i prodotti a reddito fisso, che hanno sta-
bilito il primato settoriale con un flusso netto positivo per
70 miliardi di dollari, e l'azionario mercati emergenti, che
a sua volta ha raggiunto la cifra record di 54,8 miliardi di
flussi netti in entrata. Complessivamente, il 2012 si è chiu-
so con masse gestite per 1.933 miliardi di dollari, con un
incremento del 26,75% circa sull'anno precedente (erano
1.525 a fine dicembre 2011 e 1.483 a fine dicembre 2010),
mentre il numero di Etp ha raggiunto 4.746 unità (erano
4.311 a fine 2011 e 3.543 a fine 2010).
Sia nel 2012, sia nel 2008, gli ultimi quattro mesi del-
28 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
al 31/12/12 al 31/12/11 al 31/12/10
Aum. 1.933 1.525 1.483
N. Etp 4.746 4.311 3.543
Aum nel mondo (miliardi di dollari)
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 29
«Nel
complesso
contenuta la
crescita
dell’azionario
mercati
sviluppati, con
l’Europa che ha
fatto segnare una
netta flessione»che hanno seguito politiche monetarie accomodanti, la
crescita economica è stata piuttosto fiacca, ci sono state
continue tensioni nell'Eurozona e alla fine sono giunte le
preoccupazioni circa il fiscal cliff statunitense. Il reddito
fisso è stato il principale driver della crescita, attraendo,
come detto, 70 miliardi di dollari, quasi il 27% di tutti i
flussi netti dell'anno. L'azionario mercati emergenti e i
prodotti legati all'oro hanno fatto registrare numeri signi-
ficativamente superiori, in termini di raccolta netta,
rispetto al 2011. Complessivamente contenuta la crescita
dell'azionario mercati sviluppati, con l'Europa che ha fatto
segnare una netta flessione, perdendo i favori degli inve-
stitori e passando da una raccolta netta di 15 miliardi di
dollari nel 2011 a una di “soli” 9,8 nel 2012.
Andando più nel dettaglio, si osserva come l'incremen-
to relativo maggiore, per tipologie di esposizione con as-
set di partenza superiori ai 15 miliardi di dollari, sia stato
quello degli obbligazionari paesi emergenti (+103% di as-
set under management), seguito dal China equity (+80%)
e dall'high yield debt (+65%).
Prendendo in considerazione il solo comparto obbliga-
zionario, il debito societario investment grade, l'high yield
e i bond dei paesi emergenti hanno dominato la scena:
l'investment grade corporate da solo ha attirato flussi per
oltre 24,4 miliardi di dollari. Questa particolare sottocate-
2012 2011 2010
Totale Etp 262,7 173,4 182,1
Reddito Fisso 70 49,9 40,7
Azionario Mercati Sviluppati 116 102 76,3
Azionario Nord America 76,3 53,9 47,7
Azionario Europa 9,8 15 8,8
Azionario Altri Paesi 29,9 33,1 19,8
Azionario Mercati Emergenti 54,8 9,7 42,2
Commodity 19,2 8,9 19,4
Altro 2,7 2,9 3,4
Flussi netti globali degli Etp per esposizione (miliardi di dollari)
to fisso al 31 dicembre dell’anno appena trascorso sono ar-
rivate a 3.38,91 miliardi di dollari (17,5% di quota di mer-
cato); le commodity invece hanno raggiunto 200,40 mi-
liardi di masse (10,4% di quota).
Se andiamo a vedere l'importanza dei diversi mercati
mondiali per quanto riguarda gli exchange traded product,
vediamo che gli Stati Uniti continuano a farla da padroni,
nel senso che la piazza di New York pesa per il 70% circa
degli asset globali degli Etp (o anche che il 70% di tutte le
masse investite in Etp è a New York). Infatti, dei 1.933,1
miliardi di dollari di masse totali, ben 1.348,7 sono inve-
stite al Nyse. Ben distanziata l'Europa, i cui segmenti di
borsa dedicati ai cloni contano per il 19% del mercato
mondiale (l'Aum è di 367 miliardi di dollari). Al terzo po-
sto la regione Asia-Pacifico con Etp che amministrano una
ricchezza di 127 miliardi di dollari (peso relativo del 6,6%).
Anche sui flussi netti la prevalenza del mercato a stel-
le e strisce è netta: nel 2012 nei tracker quotati sul listino
statunitense sono finiti capitali freschi per 187,4 miliardi
di dollari (anche questo un record), mentre l'Europa e la
macroregione Asia-Pacifico viaggiano praticamente ap-
paiati: 32,7 miliardi di raccolta netta per il Vecchio conti-
nente, 30,6 per l'Asia-Pacifico, che segna l'incremento più
elevato in termini percentuali anno su anno con +37% cir-
ca, mentre la seconda performance in termini relativi è del
Canada con +33% circa.
Passando al confronto tra fondi a gestione attiva e
prodotti indicizzati, si nota che, per ciò che concerne i
mercati azionari sviluppati, il 2012 ha visto deflussi dai
primi per circa 192 miliardi di dollari, mentre i secondi
sono stati capaci di attirare capitali per 116 miliardi. L'ob-
goria di Etp con i suoi 79,6 miliardi di dollari rappresenta
oggi il 23% di tutto l'obbligazionario exchange traded ed
è di gran lunga il primo sottosettore della categoria red-
dito fisso. Nel 2005 il peso di questo comparto era solo del
17%. L'obbligazionario governativo ha sperimentato mesi
di forte afflusso (maggio e novembre su tutti), ma anche
periodi caratterizzati da consistenti deflussi (luglio, feb-
braio, settembre e dicembre). Il debito high yield ha visto
le sue mensilità migliori in termini di flussi netti a gennaio,
febbraio, settembre e luglio.
Complessivamente, per l'obbligazionario maggio è sta-
to il mese migliore del 2012, con flussi netti positivi per
10,9 miliardi di dollari. Altri mesi con un forte attivo per il
fixed income sono stati gennaio (+8,9 miliardi di raccolta
netta), ottobre (+7,2 miliardi) e novembre (+6,9 miliardi).
Continuando l'analisi dal punto di vista dell'esposizio-
ne, si osserva che i prodotti che hanno come sottostante
l'azionario Usa hanno raggiunto un Aum di 669,8 miliardi
di dollari, per una quota di mercato del 34,6%. Se com-
prendiamo anche il Canada, i dati arrivano per tutto il
Nord America a 709,44 miliardi di dollari di masse e una
quota di mercato del 36,7%. L'Europa a fine 2012 faceva
da sottostante a 141,64 miliardi di dollari di capitali inve-
stiti in Etp, con una quota di mercato del 7,3%. Compren-
dendo anche i paesi sviluppati delle altre regioni del pia-
neta (Asia soprattutto), in totale i developed market fun-
gono da sottostante per 1.085,69 miliardi di dollari (il
56,2% di tutto il mercato). I prodotti che si focalizzano
sull'equity mercati emergenti a fine 2012 avevano com-
plessivamente un Aum di 275,87 miliardi di dollari (quota
del 14,3%), portando così il totale generale dell'azionario
a 1.361,56 miliardi di dollari Usa di controvalore (70,4%
del totale dei capitali investiti in Etp). Le masse del reddi-
Etp
I risultati del 2012
30 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Flussi nettinel 2012
Aum al31/12/2012
Quota di mercato N. prodotti
Totale Etp 262,7 1933,1 100,00% 4746
Usa 187,4 1348,7 69,80% 1442
Europe 32,7 367 19,00% 2095
Canada 12 56,4 2,90% 272
America Latina 0 12,2 0,60% 35
Asia-Pacifico 30,6 127 6,60% 542
Medio Oriente & Africa nd 21,9 1,10% 360
Aum Quota di mercato
Azionario Nord America 709,43 36,70%
Azionario Europa 141,64 7,30%
Azionario Altri Paesi Sviluppati 234,62 12,10%
Tot. Azionario Paesi Sviluppati 1.085,69 56,10%
Azionario Paesi Emergenti 275,87 14,30%
Totale Azionario 1.361,56 70,40%
Quanti soldi sull’azionario (miliardi di dollari)
Il peso dei vari mercati (miliardi di dollari)
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 31
bligazionario, al contrario, vede la netta prevalenza del
risparmio a gestione attiva, i cui prodotti nel corso del-
l'anno passato hanno registrato flussi in attivo per ben 417
miliardi di dollari, contro i pur notevoli 70 miliardi dei
tracker. Per quanto riguarda i mercati azionari emergenti,
torna il predominio dei cloni sui fondi a gestione attiva: i
primi nel corso del 2012 hanno attirato flussi per 55 miliar-
di, i secondi si sono fermati a 12.
È poi molto interessante osservare quali sono, dove so-
no stati quotati e qual è il tipo di esposizione dei nuovi Etp
lanciati durante il 2012: ebbene, dei 15 prodotti che, indi-
pendentemente dalla data di partenza, hanno raccolto più
patrimoni entro il 31 dicembre, ben nove sono stati emes-
si da società asiatiche e quotati su listini locali; tre sono
stati collocati sul mercato statunitense e altri tre sui listi-
ni europei. Inoltre, quasi tutti questi nuovi strumenti (14
su 15) hanno come sottostante l'azionario paesi emergen-
ti (nove) o il reddito fisso (cinque). Come a dire: ormai i
mercati asiatici emettono autonomamente prodotti che
replicano benchmark della stessa area.
Complessivamente nel corso dell'ultimo anno solare so-
no stati lanciati sui mercati di tutto il mondo 618 nuovi clo-
ni, che al 31 dicembre avevano raccolto capitali per 36,4
miliardi di dollari. Ci sono però stati anche 216 delisting per
una perdita di Aum complessiva comunque inferiore a 3,5
miliardi. Il tracker che ha avuto il successo maggiore è sta-
to l'Harvest Shanghai e Shenzhen 300, che da maggio a
dicembre ha raggiunto asset under management per 6,52
miliardi di dollari, seguito dal Pimco Total Return, che, con
due mesi in più di anzianità, è arrivato a 3,87 miliardi. Chiu-
de questo ipotetico podio l'Etp denominato Huatai-Pine-
bridge Csi 300, anch'esso lanciato a maggio dello scorso
anno, che ha raccolto in poco più di sette mesi 3,77 miliar-
di di dollari. Globalmente, tra tutti gli strumenti exchange
traded, si conferma anche per il 2012 al primo posto, sia per
quanto riguarda i nuovi flussi, sia per ciò che concerne le
masse gestite, lo Spdr S&&P 500, che ha chiuso l'anno appe-
na trascorso con un saldo attivo nei flussi di 15,77 miliardi
di dollari, portando così gli asset totali a 123 miliardi di dol-
lari. Al secondo e al terzo posto vengono rispettivamente il
Vanguard Msci Emerging Markets (10,59 miliardi di nuo-
vi flussi e un Aum di 59,10 miliardi) e l'iShares Msci Emer-
ging Markets (10,52 miliardi di nuovi flussi e 48,18 miliardi
di Aum).
I maggiori saldi negativi sono invece pertinenza dell'i-
Shares Barclays 1-3 Year Treasury Bond (-3,01 miliardi),
dell'iShares Msci Eafe (-2,51 mld) e dell’Utilities Select
Spdr (-1,99 miliardi).
E’ impressionante osservare i grafici che illustrano la
crescita del numero dei prodotti nel corso degli anni: gli
Etp al 31 dicembre 2000 erano 106 e amministravano pa-
trimoni per 79 miliardi di dollari; nel 2005 erano già 524 e
avevano masse in gestione per 428 miliardi; nel 2010 il nu-
mero dei prodotti quotati aveva raggiunto 3.543 unità e il
controvalore in gestione 1.483 miliardi; fino ad arrivare ai
numeri di oggi. Quando si dice una crescita esponenziale...
La classifica degli emittenti non evidenzia grandi no-
vità e ai primi tre posti si confermano ancora una volta
iShares (759,5 miliardi di Aum e una quota di mercato del
39,3%), State Street (336,6 miliardi e 17,4% di quota) e
Vanguard (245,2 miliardi e 12,7% di quota). I dati sulla rac-
colta netta premiano ancora iShares (87,1 miliardi di flussi
netti), ma al secondo posto viene in questo caso Vanguard
(54,2 miliardi di flussi netti, unico tra i primi 10 operatori a
incrementare la propria quota di mercato, a testimonianza
che la politica aggressiva di riduzione dei costi ha pagato).
Al terzo posto, infine, State Street (38,3 miliardi di flussi
nell'anno). �
Provider Aum al 31/12/2012
Quota di mercato
Flussi netti nel 2012 N. Etp Variaz. Aum Variaz. quota
di mercato
iShares 759,5 39,30% 87,1 621 153,9 -0,40%
State Street 336,6 17,40% 38,3 173 66,3 -0,30%
Vanguard 245,2 12,70% 54,2 88 74,5 1,50%
PowerShares 73,5 3,80% 6,8 204 14,1 -0,10%
db x-trackers 51,2 2,60% 1,3 299 7 -0,30%
Lyxor/SG 42,5 2,20% 0,5 205 3,8 -0,30%
(i dati assoluti sono espressi in miliardi di Usd)
PROMOTORI&CONSULENTIPROMOTORI&CONSULENTIFONDI&SICAV Febbraio 2013
Ma l’Europasi ribella
Big bang a Londra sulla consulenzaBig bang a Londra sulla consulenza
Ma l’Europasi ribella
Promotori&ConsulentiAdvisory
34 Febbraio 2013
a cura di Massimiliano D’Amico
Il primo gennaio scorso è partita inGran Bretagna una vera e propriarivoluzione destinata a cambiare
forse il destino della consulenza fi-nanziaria europea. La Retail distribu-tion review ha imposto a tutti gli in-termediari britannici di specificare aiclienti, in via preventiva, se operanocome advisor indipendenti, e in que-sto caso è prevista la remunerazionecon la parcella, o se possono offriresolo una consulenza ristretta, conti-nuando a incassare i rebate delle ca-se prodotto. La nuova normativa vo-luta fortemente dalla Financial servi-ces authority, che sancisce, di fatto, iltrionfo della filosofia fee-only, sta ob-bligando molte società inglesi a tra-sformare il proprio business model,secondo la logica del «cambiare o pe-rire». Ovviamente, una rivoluzione diquesta portata non è destinata a re-stare confinata nell’isola oltre la Ma-nica, ma rischia di influenzare gli al-tri paesi europei che da sempre guar-dano la Gran Bretagna come un veroe proprio benchmark di riferimentoper tutto quanto riguarda il mondofinanziario. Per cercare di capire co-
me il panorama europeo della consu-lenza ha accolto questa novità e sesono in cantiere nei diversi paesiriforme simili, Fondi&Sicav ha senti-to alcuni rappresentanti del mondodell’advisory del Vecchio Continente.E, per sintetizzare, non sembra emer-gere un grande ottimismo, perché ilrischio che la parcella rappresentiuno scoglio insormontabile per lamaggioranza dei clienti, specie retail,viene giudicato reale.
Senza dimenticare che la Rdr rap-presenta una sorta di banco di provaper l’advisory di tutto il continente,in particolare in vista della revisionedella Mifid, che l’Unione Europea hada tempo messo in agenda e tantediscussioni sta generando. Da unaparte il commissario europeo MichelBarnier che vorrebbe vietare gliincentivi per i consulenti, e dall’altral’eurodeputato Markus Ferber soste-nuto dalle associazioni degli advisor.Lo scontro è tra le grandi banche,che negli ultimi anni hanno persomolti clienti e sono ben decise aintercettarli di nuovo, e le struttu-re che hanno conquistato questirisparmiatori, ovvero le reti di con-sulenza finanziaria. �
L’avvio della Retail distributionreview in Gran Bretagna, chefavorisce solo rapporti fee-only, èdestinato a cambiare il panoramadella consulenza in tutto il Vecchiocontinente. La schiera deisostenitori di questa riforma èconsistente, ma gli oppositori sonomolto agguerriti. Diversiintervistati sottolineano il rischioche la parcella rappresenti unoscoglio insormontabile per lamaggioranza dei risparmiatori.«La nuova norma è stata creatadall’Fsa per proteggere ilmonopolio dei player piùimportanti»
Da Londra una rivoluzionecontestata da molti
Febbraio 2013 35
Jean-François Bay, membro del direttivo della Chambre nationale des conseillers en investissements financiers
Il principio è corretto, ma non mancano i problemi
Jean-François Bay, membro deldirettivo della Chambre Natio-
nale des Conseillers en Investis-
sements Financiers, spiega che inFrancia i regulator stanno saggiandoil terreno per arrivare a una soluzio-ne simile alla Rdr. Non mancano, tut-tavia, i dubbi sulla norma avviata inGran Bretagna.
Come giudica l’arrivo della Rdr? «Gli investitori dovrebbero capireche la consulenza sugli investimentinon è gratis, ma è un servizio ad altovalore aggiunto, come quello di un
commercialista, per esempio. È diffi-cile dunque opporsi alle proposte chevanno in questa direzione, tenutoconto che il principio è corretto. Lapiù grande debolezza della Rdr, tut-tavia, potrebbe essere di non rispon-dere a entrambe le istanze. Se si cercainfatti di spiegare agli investitori cheesiste una differenza tra i servizi diricerca e consulenza che offriamo(con un alto valore per questo lavo-ro) e l’esecuzione, il rischio è che allafine il cliente scelga solo l’esecuzio-ne, senza pagare la consulenza.Un’altra debolezza è l’accesso ai ser-
vizi di consulenza per i clienti diminori dimensioni. Queste nuoveregole probabilmente aumenteran-no i costi dell’advisory, il che farà sìche molti investitori non potrannopermettersi un professionista indi-pendente. I costi, sia economici, sia ditempo, infatti sono destinati aimpennarsi a causa di diversi fattori.I consulenti dovranno superare piùesami per migliorare le proprie cono-scenze professionali, dovranno iscri-versi ad associazioni di categoria ealcuni saranno costretti a rivedere illoro modello di business e ad aggior-
«La Rdr rappresenta una sorta di banco di prova per l’advisory di tutto il continente,
in particolare in vista della revisione della Mifid»
Promotori&ConsulentiAdvisory
36 Febbraio 2013
nare le risorse (personale, dati,software, sito web…). Infine, l’aspettofiscale e legale: il cliente dovrà paga-re l’Iva sui servizi di consulenza».
Secondo lei come era possibile elimi-nare le criticità connesse alla presta-zione dei servizi di consulenza senzarivoluzionare il sistema?«La via più semplice sarebbe spiega-re preliminarmente ai clienti tutti icosti. La seconda idea potrebbe esse-re, invece, trovare un accordo tra gliindependent financial advisor e iprovider, le società di investimento ele piattaforme di strumenti d’investi-mento. L’obiettivo è fare sì che aiclienti venga specificato che una cer-ta proporzione delle commissioni èdestinata al pagamento dei servizi diricerca e di consulenza».
In Francia c’è spazio per la Rdr?«In primo luogo c’è un’enorme diffe-renza tra il mercato degli indepen-
dent financial advisor nel RegnoUnito (con 50 mila consulenti) e ilmercato regolato degli Ifa in Europa(6 mila in Francia full time e inmodo molto professionale). Dettociò, la Commissione europea e il Par-lamento sembrano avere trovato unaccordo tra il punto di vista delRegno Unito e quello dell’Europacontinentale: le retrocessioni sonofattibili, ma solo a determinate con-dizioni. Dunque, a mio parere, que-sta norma non verrà adottata cosìcom’è nel Regno Unito nel resto del-l’Europa e in particolare in Francia.
Ma il fatto stesso che ci si pongaquesto problema suggerisce che c’èaria di cambiamenti. Nel breve lemodifiche saranno leggere e pernulla rapide, ma porteranno a unmutamento storico».
Le istituzioni francesi stanno lavoran-do in questa direzione?«I legislatori stanno solo cercando disaggiare il terreno.Le associazioni pro-fessionali e i regulator si confrontanoquasi quotidianamente. Sono impa-ziente di vedere come il resto dell’Euro-pa si muoverà in merito alla Rdr, men-tre mi aspetto che la questione vengarisolta con una proposta di legge con-creta, attesa per il marzo 2013. Vietarele retrocessioni solo per gli advisor in-dipendenti potrebbe essere tuttaviafatale per questo segmento e potrebberidurre la lista dei consulenti disponi-bili. Se venisse adottata la Rdr, il setto-re dovrebbe ripensare totalmente ilproprio modello di business». �
Seguire l’esempio britannico po-trebbe rivelarsi molto pericolo-so. Almeno questa è l’opinione
di David Charlet, presidente dell’As-
sociation Nationale des Conseils Fi-
nanciers, che spiega le dinamicheche stanno guidando il settore dellaconsulenza finanziaria francese.
L’arrivo della Rdr ha impattato pesan-temente sugli operatori del mercato
britannico. Qual è la sua esperienza?«Gestivo una società di independentfinancial advisor nel Regno Unito, macon la nuova normativa non avevo al-tra scelta che chiuderla. La ragioneprincipale non sta tanto nell’ulterioretraining necessario per adeguarsi allanorma, ma risiede nei nuovi test dasuperare per potere offrire il serviziodi consulenza. Infine, il nostro reddi-to, malgrado fosse principalmente
basato sulle fee, derivava in parte an-che dalle commissioni. A quanto mirisulta, stando ai libri e ai miei inse-gnanti, nessuna impresa può soprav-vivere senza profitti. In Francia stia-mo aspettando la trasposizione dellanormativa Mifid e non sono certo che,per quanto concerne l’Imd, la legisla-zione sarà equivalente. Al momento,la normativa Mifid riguarda le fee nelcaso di una consulenza indipendente,
David Charlet, presidente dell’Association nationale des conseils financiers
Tra il 40 e il 70% delle società francesi rischia di chiudere
JEAN-FRANÇOIS BAY
Febbraio 2013 37
ma non c’è nessun riferimento a unindipendent advisor. Abbiamo davve-ro bisogno di sapere che cosa sarà de-finito a livello locale su questo parti-colare problema.La mia opinione,sul-la proposta così com’è, è che il broke-raggio tradizionale degli asset finan-ziari non sarà particolarmente coin-volto».
Quali sono secondo lei le criticità e ipunti deboli della Retail distributionreview? «Il problema principale è l’inadegua-tezza tra la soluzione finanziaria e lasituazione del cliente. Un altro puntod’interesse è il costo. Gli studi mo-strano che gli intermediari e gli advi-sor pesano solo per il 40% dei costitotali, quando si parla di una inter-mediazione indipendente delle Ucits.I nostri professionisti vogliono ridur-re questa inadeguatezza. Farla spari-re completamente ovviamente non èpossibile senza cambiare il sistemadegli intermediari, ma la trasparenzaè la soluzione migliore e meno peri-colosa. Secondo me, ci sono anche al-tre due possibili soluzioni. Innanzi-tutto, i legislatori avrebbero potutopubblicare una lista di prezzi o di co-sti medi divisi per classi di asset, tipidi servizi e operazioni. I consulenti egli intermediari dovrebbero poi esse-re obbligati a spiegare ai clienti le dif-ferenze, se esistono, tra il loro prezzoe il benchmark di riferimento. Un’al-tra opzione sarebbe seguire, in parte,la soluzione del Canada: un prezzominimo stabilito per la distribuzionenormale dei prodotti e un costo ridot-to quando è un consulente indipen-dente a fare l’intermediazione. Inquesto modo, le commissioni potreb-bero essere sostituite dalle fee e si po-
trebbe evitare la concorrenza sleale.Per ora nessuno ha scelto questa stra-da, ma, per quanto riguarda la legi-slazione francese, c’è una domandaancora aperta: la normativa Mifidpotrà creare norme che rispettino lalegislazione locale sulla concorrenzasleale?».
C’è la possibilità concreta che arrivianche in Francia una norma simile al-la Rdr?«Non penso, almeno per quanto ci ri-guarda, ma ciò dipenderà soprattut-to dalla versione finale che verrà pub-blicata. Le direttive Ue sono certa-mente da tenere in massima conside-razione. Un problema è che il testodella direttiva dà alla Commissioneeuropea il potere di completarla ag-giungendo ulteriori norme. Barniersembra chiaramente favorevole a unmodello fee-only, non solo per quan-to riguarda la consulenza indipen-dente, mentre è nettamente contra-rio alle commissioni».
Le istituzioni francesi stanno lavoran-do a un sistema di regole simili allaRdr?«In Francia, le autorità non stanno la-vorando a un modello fee-only cheescluda completamente le commis-
sioni, ma a una normativa per rego-larle maggiormente. Questo nuovosistema entrerà probabilmente in vi-gore nei prossimi tre mesi. I problemiprincipali sono il conflitto d’interessi,la consulenza di qualità e l’informa-zione al cliente. Le leggi francesi sonomolto chiare su questi temi, a partiredal 2003 per quanto riguarda la fi-nanza e dal 2007 per quanto concer-ne le assicurazioni vita. Non credoche nel resto dell’Europa ci siano nor-me altrettanto rigide e controllate».
DAVID CHARLET
Promotori&ConsulentiAdvisory
38 Febbraio 2013
Anche nel suo paese l’adozione dellaRdr potrebbe significare l’abbandonodel mercato da parte di molte societàe professionisti?«Sarebbe una trasposizione stupida.Secondo un nostro studio interno su
1.400 compagnie e secondo altri duereport, ciò provocherebbe inevitabil-mente un collasso di parte della nostraeconomia nazionale. Siamo spaventatidai risultati, che mostrano che dal 40%al 70% delle società dovrebbe chiudere
se fosse stabilito un divieto totale sullecommissioni. Ciò implicherebbe la per-dita immediata di più di 30 mila postidi lavoro e un rischio per ulteriori 45 mi-la. Questa sarebbe protezione dei con-sumatori? Io non ne sono sicuro». �
Eric Helderlé, general director di Carmignac, e Antonio Bottillo amministratore delegato per l’Italia di Natixis Global Asset Management
I dubbi delle società prodotto
L’avvio della Retail distributionreview,ovviamente,non impat-terà solo sull’attività dei consu-
lenti finanziari, ma avrà importanti ri-percussioni anche sul mondo dell’assetmanagement, specie sui player chehanno una presenza globale.
«L’avvio della Retail distributionreview», esordisce Eric Helderlé, ge-neral director di Carmignac Gestion,«è finalizzata a favorire la concorren-za e una maggiore trasparenza, faci-litando le relazioni, orientate allo svi-luppo di una comunicazione più co-struttiva, tra gli intermediari e i pro-pri clienti, eliminando in modo natu-rale gli eccessi mostrati dal mercatoin questi anni». Finalmente, secondoil manager, i clienti avranno la realepossibilità di rendersi conto se unprodotto inserito in portafoglio ètroppo caro o non risponde alle loroesigenze. Fattori che, secondo Hel-derlé, favoriranno l’auto-regolamen-tazione del sistema e porteranno ine-vitabilmente fuori dal mercato, inuna sorta di selezione naturale, glistrumenti meno efficienti e costosi ele case prodotto incapaci di adattarsirapidamente alla nuova realtà.
È simile l’approccio di Antonio
Bottillo, amministratore delegatoper l’Italia di Natixis Global Asset
Management, secondo cui «la strut-tura delle commissioni dei promoto-ri è sempre stata accessibile ai rispar-miatori, ma il pagamento delle con-sulenze dirette fa sì che sia ancorapiù chiaro per che cosa stanno pa-gando». La Rdr può essere dunqueconsiderata, complessivamente, se-condo il manager, uno sviluppo posi-tivo per l’industria.
Non arrivano, tuttavia, solo com-plimenti. La nuova norma introdottain Gran Bretagna sembra presentareinfatti anche diverse criticità. «Esi-stono», sottolinea Bottillo, «alcunepreoccupazioni riguardo al fatto chesi possa formare un gap consulenzia-le con alcuni investitori impossibili-tati o non intenzionati ad avvalersi
della consulenza per via dei costi. Inrealtà, il costo effettivo della consu-lenza rimarrà invariato, ma pagatodirettamente dall’investitore al con-sulente piuttosto che in termini di re-trocessione sul capitale investito».
«È positivo e comprensibile», ri-batte Helderlé, «che i regulator bri-tannici abbiano adottato misure percercare di annullare i possibili conflit-ti di interesse che possono sorgerenella distribuzione degli strumentid’investimento». Il manager rimarca,tuttavia, che, per quanto lodevole,questo principio innescherà un rim-pasto delle gamme di fondi favoren-do soluzioni globali. «Il successo diCarmignac, come di altri asset mana-ger», rileva Helderlé, «non è in alcunmodo legato alle retrocessioni offerteagli intermediari, che in ogni caso siposizionano in un range medio ri-spetto ai competitor, ma è da attri-buire esclusivamente alla qualità de-gli strumenti d’investimento propo-sti ai consulenti finanziari».
«Non è un segreto», aggiungeHelderlé, «che benché i promotoripossano inizialmente tendere a privi-legiare gli strumenti remunerativiche presentano i migliori benefici ri-schio/rendimento sul medio e lungotermine per i propri clienti: sono leERIC HELDERLÉ
Febbraio 2013 39
caratteristiche e le performance delprodotto a fidelizzare realmente nelmedio e lungo periodo i clienti. I pro-motori non lasceranno che i propriassistiti investano i loro risparmi insoluzioni scadenti. È pura logica».
Se la nuova norma è dunque de-stinata a favorire la competizione tragli asset manager, secondo l’espertola soppressione delle commissioni le-gate alla distribuzione dei prodottipotrebbe, invece, rivelarsi un clamo-roso autogol, capace addirittura dimettere a rischio la sopravvivenzadell’architettura aperta: «In assenzadi un qualsivoglia sistema di retro-cessioni, piuttosto che diversificare iportafogli dei clienti investendo neifondi dei principali asset manager, iprofessionisti tenderanno quasi au-tomaticamente a vendere i prodotticalibrati dalla sgr di casa». Non solo.Smentendo l’opinione di molti osser-vatori e degli stessi regulator, Hel-derlé prevede che presumibilmente ipiù penalizzati del mercato sarannoproprio i professionisti che operanosotto l’insegna dell’indipendenza. «Èbene ricordare», conclude il generaldirector di Carmignac Gestion, «chein realtà gli advisor indipendenti bri-tannici, specie quelli che lavorano
con le piattaforme elettroniche, nonsempre retrocedevano ai clienti i re-bate ricevuti. Come riusciranno ora aresistere sul mercato senza incassarele retrocessioni delle case prodotto?».
E questo interrogativo rappresen-ta, senza dubbio, uno dei punti focalidella questione Rdr. «Inoltre, in paesicome l’Italia, la Francia e la Spagna»,aggiunge Bottillo, «rimangono siste-mi prevalentemente fondati sul mec-canismo della retrocessione, dove laconsulenza indipendente fatica adaffermarsi».
Più nel dettaglio, il manager ri-marca che il modello italiano è at-tualmente caratterizzato dalla cen-tralità dei gruppi bancari, con l’inte-grazione di distribuzione e produzio-ne e strutture d’intermediazione cheagiscono con accordi di collocamentocon le case prodotto, un sistemaquindi completamente diverso dalmercato inglese basato maggior-mente sulla figura degli independentfinancial advisor.
«In Italia», aggiunge Bottillo, «po-trebbero vedere la luce modelli distri-butivi alternativi e coesistenti, chegià si affacciano sul mercato, comestrutture fee-only o realtà con offertedi advisory integrate, basate sul con-
cetto di servizio piuttosto che di pro-dotto, in cui l’investitore riveste unruolo centrale».
La grande sfida degli intermedia-ri sarà dunque dimostrare il valoreaggiunto del loro servizio che va dipari passo con la professionalità e in-dipendenza, in modo da fare capire alcliente che la consulenza non è gra-tuita. «Un modello che Natixis GlobalAsset Management», rimarca Bottil-lo, «ha sempre sposato, sia nella co-struzione della propria organizzazio-ne basata su una molteplicità di ge-stori, sia nell’offerta dei propri servizialla clientela». L’arrivo della Rdr, inogni caso, è destinato a cambiare an-che le strategie degli asset manager.«Alcune società», spiega Bottillo,«potrebbero pensare all’introduzio-ne di prodotti ad hoc, quali ad esem-pio i fondi dedicati agli advisor fee-only. La Rdr potrebbe anche favorirecanali no captive per le società di ge-stione di qualità». �
Matthias Leidt, responsabile delle pubbliche relazioni di Votum-Verband Unabhängiger Finanzdienstleistungs-Unternehmen
Davvero nella direzione giusta?
M atthias Leidt, responsa-bile delle pubbliche rela-zioni di Votum-Verband
Unabhängiger Finanzdienstlei-
stungs-Unternehmen, l’associazioneche raggruppa le società finanziarietedesche indipendenti, spiega i punti
di forza e di debolezza della Rdr.
La Rdr può rappresentare la soluzioneideale per offrire una consulenza areale valore aggiunto?«Mi lasci distinguere tra i vari aspettiche entrano in gioco nel giudicare
ANTONIO BOTTILLO
una normativa come quella recente-mente adottata nel Regno Unito. In-negabilmente, come risultato dellacrisi finanziaria, l’establishment poli-tico deve riuscire a mettere in campocambiamenti evidenti e la trasparen-za è una delle parole più in voga in
Promotori&ConsulentiAdvisory
40 Febbraio 2013
questo periodo.Ciononostante,siamodavvero consapevoli di tutte, ma pro-prio tutte le conseguenze che potreb-be avere l’introduzione di normativedi questo genere? In linea generale,Londra sembra un passo avanti rispet-to al resto dell’Europa, ma bisogna ca-pire se sta andando nella direzionegiusta. Dobbiamo fare fronte al fattoche ora,grazie ad alcuni banchieri avi-di responsabili della crisi, l’intero set-tore finanziario dovrà portare il pesodi regolamentazioni eccessive che inteoria sostengono di volere protegge-re gli investitori privati. Ciò porta achiedersi chi ne uscirebbe vincente. Iconsumatori ci guadagnano davvero?La mia idea è che invece vedremo la fi-ne della consulenza finanziaria per lagente comune, che cerca solo consiglisu come risparmiare meno di 250 ster-line al mese. Mentre vedremo i bigplayer affollarsi sui clienti che hannoalmeno 50 mila sterline da investire. Echi potrebbe dare loro torto? È davve-ro questa la protezione del consuma-tore che Londra aveva in mente quan-do è stata creata la Rdr?».
Quali sono dunque i punti di forza edi debolezza della rivoluzione avviatain Gran Bretagna?«E bene ricordare che le pecore neretroveranno altri modi di approfittaredei loro clienti. In altre parole, secon-do il mio parere, il sistema di remu-nerazione non assicura la qualità del-la consulenza. Se non si è sicuri del-l’advisory ricevuta, in un mondo ba-sato sulle commissioni, è facile soste-nere la propria decisione chiedendouna seconda opinione, perché nonbisogna pagare finché non si acqui-sta un prodotto. Al contrario, la con-sulenza basata sulle tariffe fisse po-
trebbe spingere i clienti a prenderedecisioni affrettate sui prodotti, acausa della pressione finanziaria diuna tariffa oraria richiesta per la con-sulenza. A un primo sguardo, que-st’ultima argomentazione potrebbesembrare artefatta, ma io credo cheun’ovvia conseguenza della consu-lenza fee-only stabilita dalla Rdr sial’effetto deterrente sui gruppi socialipiù vulnerabili, che potrebbe portareall’esclusione dei meno privilegiati.Un fenomeno che la nostra societàdovrebbe assolutamente evitare».
C’erano altri sistemi meno invasiviper cambiare il sistema dell’interme-diazione?«Sarebbe da testardi continuare a di-re che il sistema degli intermediarinon ha bisogno di essere moderniz-zato. Ma la modernizzazione implicala proibizione delle commissioni?».
Qualcosa in tal senso sta avvenendoanche in Germania?«Se si guarda a Bruxelles e si osserva-no le bozze recenti del Mifid 2 e del-l’Imd 2, che avranno alla fine impor-tanti impatti sulla remunerazione, èevidente che le due norme rappre-
sentano punti cruciali che non do-vrebbero essere trascurati. In questigiorni c’è molta confusione. Dobbia-mo stare davvero attenti perché que-ste questioni hanno portato a unabizzarra coalizione tra i conservatoribritannici e i verdi tedeschi. Anche inGermania, in ogni caso, esistono mo-vimenti in questa direzione e, a se-conda del risultato delle elezioni te-desche fissate alla fine di settembre,vedremo che cosa accadrà».
Le nuove norme potrebbero spingereai margini del mercato parecchi pro-fessionisti. È d’accordo con questa pre-visione?«Gli indipendent financial advisorsono destinati ad affrontare unasempre maggiore competizione, datoche il numero dei clienti sul mercatodiminuirà. Dovranno combattere, inparticolare, per accaparrarsi gli inve-stitori che hanno la disponibilità fi-nanziaria per pagare il servizio diconsulenza. Creare mercati sostenibi-li e ordinare una serie di norme cheimpediscano atteggiamenti scorrettisono nostre responsabilità. Cionono-stante, dobbiamo considerare le con-seguenze ed evitare di rendere que-sta professione poco attraente, indu-cendo le persone, ad esempio, a nonaffrontare il tema del gap pensioni-stico mediante i piani previdenzialiprivati». �MATTHIAS LEIDT
Febbraio 2013 41
A nche in Germania qualcosa sista muovendo. Rainer Juret-
zek, presidente della Deut-
sche Gesellschaft für Finanzpla-
nung, associazione che partecipa altavolo di lavoro organizzato dal Mini-stero delle finanze e dal Ministerodella protezione dei consumatori, chestanno preparando il piano di riformadella consulenza finanziaria in Ger-mania, spiega le iniziative in cantiere.
«Nei paesi del nord Europa»,sotto-linea Juretzek, «il modello fee-only ègià attivo». In Germania al momentosi sta lavorando a una legge che regolile vendite di investimenti basate sulletariffe (fee-based investment sales).
«Quindi c’è una possibilità cheuna norma simile alla Rdr arrivi inGermania ed entri in vigore anche
in altri paesi europei», prevedeJuretzek.
L’esperto sottolinea, comunque,che dal 1° gennaio scorso sono entra-te in vigore in Germania nuove nor-mative legali per gli independentfinancial advisor specie sui processidi consulenza finanziaria, l’auditinge le regole sulla documentazione,che avranno un forte impatto sulmercato dei servizi finanziari. «Pertutte queste ragioni, ritengo che inGermania, a causa di queste nuovenorme, una parte significativa deiconsulenti finanziari a parcella e deidistributori professionali lascerà ilmercato», conclude Juretzek. �
Rainer Juretzek, presidente della Deutsche Gesellschaft für Finanzplanung
Molti lasceranno
Johannes Muschik, presidente della Verband der österreichischen Finanz und Versicherungsprofessionisten
Una norma che rovina i professionisti
Johannes Muschik, presidentedella Verband der österreichi-
schen Finanz und Versiche-
rungsprofessionisten, sottolineache esistono soluzioni, al di là dellaRdr, per riuscire a trattare i clienti inmodo corretto, trasparente, senzaconflitti d’interesse.
Quali conseguenze comporterà l’ado-zione della Rdr in Gran Bretagna?«La Rdr segnerà la fine della maggiorparte dei consulenti finanziari indi-pendenti nel Regno Unito, dato chemolti clienti non vorranno pagareuna parcella per questo servizio.Questo è evidenziato da una ricercarecente svolta da Deloitte sulla nor-
ma avviata in Uk, che ha rivelato cheil 54% degli intervistati non è dispo-sto a pagare alcuna fee di consulen-za. Il risultato della proibizione di tut-
te le commissioni sarà che sempremeno clienti acquisteranno stru-menti per pianificare il proprio pianopensionistico o sottoscriverannoun’assicurazione sulla vita, fattoriche incideranno pesantemente sulbilancio dei servizi sociali britannici,specie nel lungo termine. Un altro ef-fetto della Rdr è che le maggiori ban-che Uk, ad esempio Lloyds, dal 2013 ri-fiuteranno ogni consulenza ai clientiche investiranno meno di 100 milasterline. Alla stragrande maggioran-za dei consumatori medi viene offer-ta solo una manciata di prodotti re-tail standard, senza assistenza perso-nalizzata. In ogni caso, le vendite dipiani pensionistici sono destinate aJOHANNES MUSCHIK
RAINER JURETZEK
Promotori&ConsulentiAdvisory
42 Febbraio 2013
scendere. Se si continuasse su questalinea, l’intero settore finanziario po-trebbe cercare opportunità di investi-mento in altre regioni del mondo. Lemaggiori compagnie assicurative e ifondi domiciliati in Uk stanno giàspostando gran parte del loro busi-ness nell’Europa continentale e inAsia. Come se non bastasse, alcunipolitici credono seriamente che laRdr debba essere un modello per tut-ti gli stati membri dell’Ue. Non riescoa vedere nessun beneficio nell’espor-tazione di questo modello».
Il quadro, dunque, è tutto nero?«È inaccettabile che la legislazioneponga limiti a un’attività remunera-tiva, quando l’obiettivo del legislato-re è prevenire il conflitto d’interessi.L’unico modo efficiente per evitarlo,secondo il mio parere, è che gli inter-mediari siano obbligati a dichiarareal cliente il tipo di compenso che per-cepiscono dal fornitore dei prodotti odei servizi. Secondo la nuova norma-tiva, inoltre, la consulenza indipen-dente sugli investimenti è accessibilesolo a quei clienti che possono e vo-gliono pagare una tariffa. In partico-lare, mi attendo che i risparmiatoridelle fasce di reddito medio-basse sa-ranno esclusi dalla consulenza indi-pendente».
Lei come avrebbe affrontato la que-stione?«Credo che ci siano soluzioni che con-sentano di trattare i clienti in modocorretto, trasparente, senza conflittid’interesse, senza necessariamentefare ricorso a una normativa chestrangola e manda in rovina gli inter-mediari. I costi di un prodotto o di unservizio dovrebbero essere completa-
mente trasparenti e presentati ai po-tenziali clienti attraverso un docu-mento scritto, chiaro e semplice dacapire. Non c’è motivo, dunque, d’i-dentificare quale parte (intermedia-rio, assicuratore o asset manager) ri-ceve la porzione dei costi totali. Ilcliente deve essere in grado di mette-re a confronto i livelli di servizio e i co-sti con altre proposte, quindi un do-cumento uniforme come il Kiid sa-rebbe una buona soluzione».
C’è il rischio che in Austria si arriviuna soluzione in stile Rdr?«Ci sono molte buone ragioni per tro-vare un’altra soluzione per l’Europacontinentale. Non dimentichiamoinoltre che l’Unione Europea ha comeobiettivo la crescita economica, cosìcome la possibilità di operare tra di-versi paesi. Le piccole e medie impre-se come le società di intermediazionenon offrono solo servizi di grande va-lore per i consumatori, ma danno an-che lavoro a varie centinaia di mi-gliaia di cittadini dell’Unione. Un di-vieto sulle commissioni, in aggiuntaa una regolamentazione che compor-ta ulteriori costi e oneri dal punto divista amministrativo, nell’attuale cli-ma economico difficile servirebbe so-lo a ridurre il numero delle società diintermediazione indipendenti, cau-sando la perdita di molti posti di la-voro e lasciando i consumatori senzaprotezione specie sul fronte dei ri-sparmi per la pensione. In ultimaistanza, questa decisione comporterà
un peso finanziario maggiore per iservizi sociali degli stati membri. Nonbisogna stupirsi che molti politici au-striaci abbiano già rifiutato la Rdr co-me modello, così come i loro colleghiin Germania, in Italia e in altri grandipaesi europei».
Cosa accadrebbe in Austria se adotta-ste la Rdr?«Senza gli independent financial ad-visor i sei gruppi finanziari principa-li finirebbero presto per dominarel’intero mercato. Questo scenariochiaramente non è positivo per nes-suno. Di certo i politici e le associazio-ni di consumatori austriaci sannoperfettamente che gli intermediarioffriranno i loro servizi solo se po-tranno gestire le attività in modopraticabile e con profitto. Queste ci-fre spiegano meglio la situazione dimille parole: nel quarto trimestre del2012, prima che la Rdr entrasse in vi-gore, nel Regno Unito più di 4 mila in-termediari si sono ritirati dal merca-to. Non vedendo più la possibilità digestire la propria attività in modoredditizio, hanno deciso di abbando-nare. Dall’inizio dell’anno molti altrihanno seguito il loro esempio. Que-sto stesso processo si è verificato inFinlandia dopo la proibizione dellecommissioni nel 2005. Da allora, piùdel 50% dei consulenti indipendentiè scomparso dal mercato. Quante vol-te deve andare male questo esperi-mento prima che le autorità se nerendano conto?». �
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Josep Soler, presidente dell’Euro-
pean financial planning associa-
tion è convinto che la Rdr renderàpiù trasparenti i servizi legati alla con-sulenza finanziaria e rappresenti unbuon punto di partenza. Permane,invece,qualche dubbio sulla diffusionedi questo modello nel resto d’Europa.
Qual è la sua opinione sull’arrivo del-la Retail distribution review?«Certamente il mercato inglese èpronto per questa rivoluzione. Nonsono convinto, tuttavia, che anche ilresto dell’Europa, con un mercatodella consulenza meno sviluppato, losia. Una normativa simile potrebbeinfluenzare negativamente la com-petitività e la disponibilità dei servizidi consulenza negli altri paesi».
Crede che la normativa vada real-mente nella direzione di una maggio-re trasparenza?«La Rdr è una regolamentazione am-biziosa che renderà più trasparente il
servizio di consulenza finanziaria. Seha punti deboli, credo li vedremo do-po un paio d’anni dall’entrata in vi-gore. Per ora, l’enfasi è sulle tariffe esui requisiti minimi per i professioni-sti qualificati e certificati. In linea ge-nerale ritengo che il sistema dell’in-termediazione europeo necessitassedi alcuni cambiamenti. Prima o poi,dopo la discussione sulla Mifid II, ve-
drà la luce la Mifid III, ed è prevedibi-le che contenga norme simili a quellecontenute nella Retail distributionreview».
A Madrid stanno lavorando a unariforma simile a quella adottata inGran Bretagna?«In Spagna,siamo ancora a uno stadioiniziale per quanto riguarda la consu-lenza finanziaria. Non prevediamoun’evoluzione rapida verso un siste-ma di norme sul modello della Rdr».
Molti osservatori temono che l’ado-zione nei loro paesi di una soluzionein stile Rdr possa spingere fuori dalmercato molti professionisti. È d’ac-cordo?«Certamente. Potrebbe anche darsiche ciò migliori lo stato del mercato.Anche nel Regno Unito ci sono stati siaconsulenti individuali sia compagnieche hanno lasciato il mercato; acca-drebbe lo stesso in Spagna.Questo è si-curamente un processo sano». �
Josep Soler, presidente dell’European financial planning association
La selezione naturale della consulenza
Vania Franceschelli, componente del comitato esecutivo Anasf e componente del consultive board del Fecif
Prosegue la battaglia sulla Mifid review
Oltre alla Rdr, c’è un’altra rivo-luzione che potrebbe defini-tivamente cambiare le pro-
spettive e la stessa vita degli advisordel Vecchio continente. Stiamo ovvia-mente parlando della cosiddettaMifid review. Su questi e altri temi èinteressante il parere di Vania Fran-
ceschelli, componente del comitato
esecutivo Anasf con delega per l’areaestero e componente del consultati-ve board del Fecif.
Qual è il suo parere sulla Rdr?«Chiunque si occupi professional-mente di pianificazione finanziariasa bene che la situazione nel Regnounito è profondamente diversa da
quella italiana. L’attività di consulen-za fee-only è infatti una realtà conso-lidata nei paesi anglosassoni, mentrein Italia questo modello di servizio èpiuttosto recente, tenuto conto chel’Albo di categoria è al momento soloun’ipotesi e non se ne intravede l’ar-rivo, almeno nel breve periodo. Al dilà di questa doverosa precisazione,
JOSEP SOLER
Promotori&ConsulentiAdvisory
44 Febbraio 2013
sono convinta che sul mercato ci siaspazio per tutte le professionalitàcapaci di portare un reale valoreaggiunto ai clienti. In una fase dimercato caratterizzata da una fortecomplessità ritengo, al contrario, cheil vero fattore distintivo in grado difare la differenza tra una buona e unacattiva advisory risieda nella traspa-renza. È infatti fondamentale, a mioavviso,che il consulente finanziario,aldi là dell’etichetta utilizzata per pre-stare i suoi servizi, fornisca ai rispar-miatori non solo tutte le informazio-ni sugli investimenti in modo sempli-ce e chiaro, illustrando i rischi e leopportunità, ma debba specificarepreliminarmente i costi della consu-lenza offerta e il sistema di remune-razione adottato, agevolandoli nelconfronto tra i diversi modelli presen-ti sul mercato».
Quali sono gli altri plus dei promotori?«Oltre a rispettare i principi di tra-sparenza e correttezza, ritengo che ipromotori svolgano un eccellente la-voro che ha il suo punto nodale nel-l’analisi periodica del portafoglio co-struito con il cliente. Perché una cosaè compilare il modulo sulla profilatu-ra dei clienti per dovere, abbando-nandolo subito in un angolo, altro èinvece seguire passo passo il cliente,verificando, grazie alle frequenti visi-te, che il percorso intrapreso sia cor-retto e rispetti gli obiettivi fissati in-sieme, identificando al contempo lenuove opportunità con la tranquil-lità di una consulenza continua. Lastabilità del rapporto con i clienti, in-sieme alla totale aderenza ai principiispiratori della Mifid, rappresenta lagaranzia di qualità dei promotori fi-nanziari. In linea generale, mi piace
poi ricordare che questa è ormai unafigura ben riconosciuta dal mercato,regolata dalla normativa italiana esottoposta al minuzioso controllodella Consob, oltre che dall’audit in-terno di ogni struttura. Non casual-mente, dunque, il numero dei profes-sionisti sanzionati ogni anno èstraordinariamente basso e non rag-giunge lo 0,2%».
E il tema del conflitto d’interessi?«L’architettura aperta rappresentauna realtà consolidata della consu-lenza finanziaria e la maggior partedelle strutture adotta, da tempo,uno schema provvigionale che nonfa alcuna differenza tra i prodotti dicasa e quelli delle case terze. Quindiil problema del conflitto d’interessiviene, in pratica, annullato a monte.Poi non si può non considerare ladimensione etica dei professionisti.È difficile, se non impossibile,instaurare con i clienti un rapportoduraturo, se poi si agisce contro iloro interessi».
A Bruxelles si sta discutendo sulla pro-posta Barnier che punta a vietare gliincentivi nella prestazione dei servizidi consulenza. Come andrà a finire? «L’Irlanda ha iniziato il suo semestrealla guida del Consiglio dell’UnioneEuropea il primo gennaio scorso e unadelle tematiche già sul tavolo, eredità
della precedente presidenza cipriota,riguarda la Mifid review, ferma da al-cuni mesi. Ci è stato assicurato che ildossier verrà riaperto quanto primaper giungere prevedibilmente a unadecisione definitiva entro il giugnoprossimo. In questa fase si susseguo-no comunque le consultazioni con irappresentanti dei diversi paesi e gliincontri triangolari tra il Consiglio eu-ropeo, la Commissione e il Parlamen-to. Nelle prossime settimane la taskforce formata da Anasf e Fecif prose-guirà gli incontri istituzionali iniziatiparecchi mesi fa con i rappresentantial parlamento europeo per spiegare lecaratteristiche della professione e leragioni a supporto dei promotori fi-nanziari. Le prime impressioni lascia-no spazio all’ottimismo; auspichiamoche vengano sostenute le nostre istan-ze e che sia condivisa la proposta diMarkus Ferber, che respinge la normapresentata dalla Commissione Euro-pea che vieta le retrocessioni agli in-termediari e punta, piuttosto, a ga-rantire ai risparmiatori europei unamaggiore trasparenza sul tipo di con-sulenza ricevuta».
Da chi sono composti i due oppostischieramenti?«In linea generale i maggiori sosteni-tori della proposta Ferber sono i rap-presentanti di quei paesi, come l’Ita-lia, la Germania, la Francia e la Spa-gna, dove la consulenza finanziaria ègià molto sviluppata e regolamenta-ta, e dove i business model sono ab-bastanza simili. Sul fronte opposto,come era facile attendersi, ci sono irappresentanti delle associazioni diconsulenti fee-only e i rappresentan-ti dei paesi dove questo modello si ègià affermato». �
VANIA FRANCESCHELLI
Febbraio 2013 45
Vincent J. Derudder, presidente della Federazione europea dei consulenti finanziari e degli intermediari finanziari
Facile prendersela con i più piccoli
Come consuetudine il punto divista di Vincent J. Derudder,presidente della Federazione
Europea dei consulenti finanziari e
degli intermediari finanziari, ètranchant. Ma il rappresentante del-l’organizzazione basata a Bruxellesche raccoglie gli advisor appartenen-ti ai 27 paesi dell’Unione Europea, ol-tre a Svizzera e Norvegia, non può fa-re altro, visto che l’arrivo della Rdr, co-sì come la Mifid review, potrebbespingere 250 mila professionisti dellaconsulenza finanziaria europea fuoridal mercato.
Qual è la sua opinione sulla Rdr?«È uno scherzo! Il compito della Retaildistribution review dovrebbe essere,in teoria, proteggere i consumatoridai potenziali conflitti d’interesseche gli intermediari finanziari po-trebbero incontrare nella loro atti-vità, ma in realtà la nuova norma èstata creata dall’Fsa per protegge-re il monopolio dei “too big to fail”,come è stato spiegato chiaramenteda Sharon Bowles, presidente dellaCommissione europea per gli affa-ri economici e monetari. La Rdr etutto il copia-incolla inventato daMichel Barnier, commissario euro-peo per il mercato interno e i servi-zi, e dal suo team prendono di mi-ra solo gli intermediari finanziaripiù piccoli, lasciando che le grandibanche continuino la loro attivitàcome sempre. È una legislazioneingiusta e sbilanciata, che è statamolto criticata dal Parlamento eu-ropeo, come ha già denunciato
Guillaume Prache, il rappresentan-te dei consumatori».
Secondo lei è possibile raggiungere glistessi obiettivi senza rivoluzionare ilsistema dell’intermediazione?«Certo, attraverso la vera trasparen-za, un concetto che ai politici non pia-ce. Dichiarare in modo chiaro chi fache cosa dovrebbe essere sufficientea prevenire efficacemente i possibiliconflitti d’interesse».
Negli ultimi mesi si è assistito alla que-relle tra lei e Barnier. Oggetto del con-tendere sono, ancora una volta, le com-missioni sui prodotti distribuiti dai pro-fessionisti dell’advisory finanziaria e irequisiti per potersi fregiare del titolo diconsulenti indipendenti. Secondo lei co-me si concluderà l’iter della riforma eu-ropea sulla consulenza finanziaria?«Non avrà nessun risultato, perché lotsunami delle nuove normative è so-lo una cortina di fumo per nasconde-re al pubblico i veri problemi, che so-no causati esclusivamente dai deficitdegli stati membri».
A livello europeo le istituzioni stannoiniziando a lavorare per creare un si-stema di norme simile alla Retail di-stribution review?«Sì, perché tutti gli stati membri del-l’Ue stanno affrontando le stesse dif-ficoltà e hanno bisogno di assicurarsiil supporto delle grandi banche chein tal modo possono continuare a fi-nanziare il loro debito abissale. Ilcompromesso raggiunto sugli accor-di di Basilea III è un’ulteriore confer-ma di quanto ho affermato».
Secondo alcuni intervistati, se la Re-tail distribution review arrivasse an-che in altri paesi, costringerebbe mol-te società e molti professionisti a usci-re definitivamente dal mercato. Checosa accadrà secondo lei? «Questa nuova normativa è pocopratica e irrealistica: la sua unica fun-zione è distruggere i servizi finanzia-ri dell’Ue, senza contare che i consu-matori non sono interessati a questenorme: vogliono più lavoro e menotasse! In sintesi tra 200 mila e 250 mi-la advisor a livello europeo potrebbe-ro lasciare il mercato. Questo è quel-lo che Barnier chiama favorire lo svi-luppo delle piccole e medie impresedel Vecchio continente». �
VINCENT J. DERUDDER
Promotori&ConsulentiParla Nicola Ronchetti, business director di
GfK Eurisko
46 Febbraio 2013
a cura di Massimiliano D’Amico
In questi anni il numero deglistrumenti d’investimento adisposizione dei promotori finan-
ziari è cresciuto esponenzialmente.Per effetto delle dinamiche del mul-tibrand, alla fine del terzo trimestre2012 la valorizzazione dei prodottidelle case terze distribuite dallesocietà iscritte ad Assoreti ammon-tava a 49,4 miliardi, con un’inciden-za sul portafoglio dei promotori parial 27,2%, in forte crescita rispetto al16,4% registrato nel 2006. Basti pen-sare che in Italia i professionisti dellaconsulenza finanziaria possono fareaffidamento su 13.033 prodotti(fonte Lipper, fine 2011), mentre inEuropa si contano 35.364 strumentiemessi da oltre 2.700 asset manager.L’innovazione di prodotto, sostenutadalla concorrenza, ha generatoun’offerta ricca, completa, ma forsein eccesso rispetto alla domanda? Aquesto e ad altri interrogativi cercadi rispondere il Pf Monitor 2012.
Giunto alla XI edizione, il reportannuale realizzato da GfK Eurisko,monitora e fornisce interessanti indi-cazioni sul posizionamento dei prin-cipali player della consulenza finan-ziaria, analizzando nel dettaglio ilrapporto tra i promotori e le societàdi gestione.
Dalla ricerca condotta tra 1.900professionisti delle principali reti, in-tervistati tra il giugno e il luglio scor-so, emerge che se la filosofia multi-brand sembra ormai fare parte delbagaglio dei promotori, per quantoriguarda l’offerta forse è giunto ilmomento del “meno è meglio”. «Dadiversi anni», sottolinea Nicola Ron-
chetti, business director GfK Eurisko,«monitoriamo il mondo della promo-zione finanziaria e uno degli aspettipiù importanti delle nostre analisi ri-guarda il numero delle società pro-dotto che i professionisti vorrebberoavere in portafoglio. Ebbene, dopoanni in cui questo numero è andato
Da una ricerca condotta tra 1.900
professionisti delle principali reti
emerge che, se la filosofia
multibrand sembra ormai fare
parte del bagaglio dei promotori,
per quanto riguarda l’offerta forse
è giunto il momento del “meno è
meglio”. Nel 2012 è sceso infatti il
numero ideale delle sgr con cui gli
advisor vogliono collaborare. Anche
le performance degli strumenti
hanno visto scendere
clamorosamente il proprio appeal
Cosa vogliamo dallesocietà prodotto
NICOLA RONCHETTI, BUSINESS DIRECTOR
GFK EURISCO
Febbraio 2013 47
via via crescendo, per la prima voltanel 2012 si è assistito a una chiara in-versione di tendenza. Se nel 2009 ipromotori finanziari testimoniavanola volontà di operare con quattro-cin-que case prodotto (4,4 nel dettaglio),nel 2010», conferma Ronchetti, «que-sta cifra è quasi raddoppiata (7,8), pertoccare l’anno seguente, quando si èregistrato il balzo più grande in avan-ti, quota 12. Nel 2012, invece, si è assi-stito a una frenata e il numero idealedelle sgr con cui i professionisti vor-rebbero collaborare è sceso a 11».
«Il dato mi ha un po’ sorpreso»,ammette Ronchetti. «Mi sarei aspet-tato che il numero sarebbe tenden-zialmente cresciuto fino ad arrivare acirca 25 società prodotto, per poi sce-mare leggermente nel tempo. Que-st’anno per la prima volta, invece,questo trend si è interrotto». I motivi?«Quando ho condiviso il risultato del-la nostra analisi con le reti, i manager
non sono rimasti per nulla sorpresi diquesto trend. Le ragioni avanzate perspiegare la contrazione del numerodelle società prodotto che i promoto-ri vogliono avere in portafoglio, sonoessenzialmente due».
La prima è che i promotori finan-ziari italiani non sono propriamenteasset manager o lo sono in misura mi-nore rispetto ai loro omologhi anglo-sassoni, forse più avvezzi a lavorarecon le grandi case prodotto interna-zionali. «Il consulente finanziario ita-liano», chiarisce Ronchetti, «è princi-palmente un gestore della relazionecon il cliente e il fatto che ci siano mol-te, a volte troppe, case prodotto piùche a favorirlo tende a complicargli lavita».
L’altro elemento utile a interpre-tare il perché di questo calo riguardale strategie adottate dalle reti. In que-sta fase, specialmente le più grandipreferiscono monitorare maggior-
mente i pacchetti costruiti e utilizza-ti dai propri promotori finanziari eper questo motivo tendono a ridurreil numero degli strumenti a loro di-sposizione. Oltre a questi due fattori,inoltre, va considerata la variabiletempo. «Il lavoro dei promotori», sot-tolinea Ronchetti, «è oggi sempre piùdinamico e richiede costanza, impe-gno e disponibilità. Secondo una ri-cerca condotta da GfK Eurisko, lagiornata tipo del professionista si di-vide tra la gestione dei clienti acqui-siti, cui dedica il 44% del suo tempo,la ricerca dei nuovi clienti (19%), la ge-stione delle questioni operative e bu-rocratiche con la mandante (18%) el’attività di formazione (18%)».
Per potere essere realmente effi-cienti i promotori devono, dunque,sapere gestire l’agenda, dosando sa-pientemente i tempi e le priorità delproprio lavoro. E trovare all’interno diuna giornata lavorativa, che spesso
«Il consulente finanziario italiano è principalmente un gestore della relazione con il cliente e ilfatto che ci siano molte,a volte troppe,case prodotto tende a complicargli la vita»
Promotori&ConsulentiParla Nicola Ronchetti, business director
GfK Eurisko
48 Febbraio 2013
non termina con l’arrivo a casa, iltempo per leggere le factsheet di unnuovo asset manager diventa parti-colarmente complicato. «È evidente»,chiarisce Ronchetti, «che i promotorifinanziari italiani idealmente hannoun numero fisiologico, in questo mo-mento 11, di asset manager con cuipreferiscono lavorare. Tendenzial-mente scelgono una casa leader inun singolo prodotto, settore o areageografica, evitando di avere in por-tafoglio doppioni, ovvero strumenticon strategia e performance simili».
Quali sono tuttavia i fattori che iprofessionisti considerano nel sele-zionare gli asset manager da inserirein portafoglio? Diversamente daquanto si possa credere, la perfor-mance dei prodotti non è in cima aidesideri dei promotori. Il 70% circadegli intervistati, infatti, ritiene mol-to importante la qualità dell’offerta,ovvero la disponibilità del servizio edel supporto offerto dalle case pro-dotto, mentre assegna alla perfor-mance, all’esclusività e alla specializ-zazione dei prodotti e al ritorno eco-nomico una predilezione minore pa-ri, rispettivamente, al 61%, al 40% e al
28%. In questi 12 mesi la performancedei prodotti ha visto dunque scende-re clamorosamente il proprio appeal.«Nel Pf monitor del 2011 la percentua-le dei professionisti che considerava ilrendimento un fattore molto impor-tante era infatti pari al 74%». È chiaro,secondo Ronchetti, che la performan-ce di prodotto rappresenta comun-que il fattore centrale nelle scelte deipromotori, però in questa fase contapiù la credibilità e la qualità dellaconsulenza di chi propone il prodotto.Un altro concetto molto semplice, mailluminante, che emerge dall’analisicondotta da GfK Eurisko, è che le so-cietà capaci di conquistarsi posizionidominanti nelle scelte dei promotorinon possono, tuttavia,contare su ren-dite di posizione o dormire sonnitranquilli.
Perché se la società top nella per-cezione dei professionisti non è più ingrado di esaudire le loro richieste, il ri-schio di uscire da questo club ristret-to, formato, come abbiamo visto, daappena 11 membri, è concreto e im-mediato. Senza tralasciare che perognuna delle società in uscita ce nesono almeno cinque pronte a suben-trare. Un po’ come un gioco che si fa-ceva da ragazzi. Si mettono al centrodella stanza alcune sedie, una in me-no rispetto ai giocatori, si accende lostereo e inizia la musica. Quando s’in-terrompe, tutti si devono sedere. Chirimane in piedi esce dal gioco. «Nelcaso delle sgr, manca il fattore sorpre-sa rappresentato dalla musica», sot-tolinea Ronchetti, «ma vanno consi-derate altre variabili più importanticome il track record e la credibilità. Alprimo storno del mercato gli assetmanager core che hanno sbagliato leprevisioni o l’asset allocation sono
prevedibilmente destinati a usciredal portafoglio dei promotori, la-sciando spazio alle società che primavenivano considerate satellite».
In linea generale, secondo l’esper-to, esistono due ordini di variabili ingrado di aumentare l’appeal dellesgr. «Un primo livello», chiarisce Ron-chetti, «è costituito dalle cosiddettevariabili hard, come ad esempio, laqualità dei gestori, i rendimenti otte-nuti, la capillarità della distribuzio-ne (quanto più sei distribuito, mag-giormente sei conosciuto), la pene-trazione nel mercato. Poi, esisteidealmente un secondo livello di fat-tori di successo legati alla forza delbrand, all’affidabilità, alla credibilità,alla capacità d’innovazione. Tuttecaratteristiche che non dipendono,certo, dalle filiali locali o dal countryhead presente in Italia, ma dalle stra-tegie adottate dalla casa madre»,rileva l’esperto.
Trovano poi spazio, nell’analisi diRonchetti, alcune variabili soft, che ri-guardano principalmente la qualitàdel personale che si interfaccia con ipromotori, il materiale marketingutilizzato dalle sgr, il loro sito, i road-show organizzati sul territorio peraiutare i professionisti nella loro ope-ratività quotidiana, i gadget distri-buiti agli eventi. «Avere dall’altraparte un interlocutore preparatorappresenta per i promotori un im-portante plus, così come lo sono laconsulenza e la formazione offertadall’asset manager. «In un mercatocomplesso come l’attuale», concludeRonchetti, «le sgr dovrebbero cercaredi rimanere il più possibile impressenelle menti dei promotori, rendendo-si riconoscibili nel mare magnumrappresentato dall’offerta». �
IL NUOVO RUOLO DELLA BOJ
L’economia giapponese non è ancora riuscita a lasciarsi al-
le spalle la profonda crisi finanziaria, iniziata nei primi an-
ni ‘90, che ha trascinato il paese in una spirale deflazioni-
sta. Il neopremier Shinzo Abe, già primo ministro tra il
2006 e il 2007, ha presentato un piano di riforme econo-
miche che include una revisione del ruolo ricoperto della
Banca centrale del Giappone. Tra i punti più discussi della
proposta di Abe troviamo l’introduzione di alcune limita-
zioni all’indipendenza dell’istituto responsabile della poli-
tica monetaria nazionale.
Nei fatti, Abe punta a fissare un obiettivo d’inflazione al
2% e a dare vita a un accordo che miri al rafforzamento
della cooperazione tra l’esecutivo e la Boj, mediante la re-
visione delle leggi che regolano l’operato di quest’ultima.
L’altra proposta d’urto della formazione politica guidata da
Abe (il Pld) si basa sull’indebolimento pilotato della divisa
locale attraverso la creazione di un fondo pubblico-priva-
to da utilizzare per l’acquisto di valuta estera.
Diversi accademici che studiano da tempo la politica
della Boj hanno espresso un parere favorevole a questo
progetto, perché l’istituto ha collezionato una tale serie di
fallimenti da indurre a pensare che sia più opportuno ri-
portare il suo operato sotto il controllo del ministero del-
le finanze. In altre parole, il tema dell’indipendenza della
Il mercato azionario giapponese è stato uno dei peg-
giori listini degli ultimi cinque anni, con un calo del
45% rispetto al picco raggiunto nel 2007. Il listino ha
sottoperformato tutti i principali indici negli ultimi
cinque anni e, mentre i listini dei paesi sviluppati e la
maggior parte di quelli emergenti hanno recuperato posi-
zioni rispetto alla crisi del 2008, il Topix è ancora sotto del
45% in yen rispetto ai massimi del novembre 2007. Il Giap-
pone non ha partecipato ai rally azionari successivi alla cri-
si, come quelli del 2009, 2010 o 2012. Inoltre, mentre le
borse hanno accolto positivamente il Qe3 a settembre,
quella di Tokyo ha continuato a ristagnare, nonostante al-
cune misure di quantitative easing introdotte dalla Bank of
Japan (Boj). Negli ultimi tre anni il paese è stato ulterior-
mente penalizzato da alcuni problemi: la forza della divisa,
una serie di catastrofi naturali e lo stallo politico.
Di conseguenza, dopo un paio di false partenze, gli inve-
stitori sembrano avere rinunciato al Giappone, di gran lunga
il listino meno amato e più sottopesato. Nonostante ciò, al-
cuni segnali di ottimismo si sono materializzati durante la
settimana del 16 novembre, dopo l’annuncio delle elezioni
anticipate in dicembre. Il cambio politico imposto dal risul-
tato elettorale, la svalutazione dello yen e le aspettative per
le mosse del nuovo esecutivo, stanno supportando da qual-
che settimana la performance del listino azionario locale.
50 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Tokyo negli ultimi cinque anni è stata lapiazza più negativa tra i paesi sviluppati e
non ha partecipato a nessuna delle riprese borsistiche che si sono succedute nel
frattempo. Negli ultimi mesi, però, ci sono stati forti segni di risveglio, dovuti
soprattutto alla svalutazione dello yen portata avanti dalla Banca centrale e
all'attesa per le riforme strutturali promesse dal nuovo governo
La riscossadel peggiore?
Fondi azionari
Il Giappone
di Rocki Gialanella
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 51
Boj appare giustificato dal fatto che l’operato indipenden-
te non ha offerto risultati tangibili negli ultimi lustri.
Fino a poco tempo fa, l’indipendenza delle banche
centrali è stata difesa come uno degli assiomi intoccabili a
tutela degli equilibri interni dei paesi industrializzati ed
evoluti. Una conferma dell’importanza di questo assioma
era arrivata l’anno scorso, quando l’Unione Europea e il
Fondo Monetario Internazionale hanno optato per la so-
spensione delle negoziazioni con il governo ungherese su
un programma di aiuti finanziari da concedere in cambio
dell’abbandono di variazioni normative che avrebbero
messo a rischio l’autonomia della banca centrale. Tuttavia,
la durata e l’intensità dell’attuale crisi sembrano avere
messo in discussione anche l’ortodossia della politica mo-
netaria. L’inflazione non è più un tabù e sono sempre più
numerosi i banchieri centrali che si dicono disposti a con-
sentire variazioni più marcate dei prezzi al consumo e a
cercare alternative al tasso d’inflazione per fissare i tassi di
riferimento.
In seno alla Boj, il dibattito sulla revisione al rialzo del
target inflation è già in corso. Nella riunione di ottobre,
due consiglieri hanno espresso la necessità di adottare una
politica monetaria più aggressiva. In questa fase, la Boj è
l’unica banca di un paese industrializzato ad avere tassi
d’interesse reali positivi (pur mantenendo il costo del de-
naro allo 0,1%). Nel terzo trimestre, l’economia giappone-
se è ricaduta in recessione, la seconda in quattro anni, con
una contrazione del Pil del 3,5% rispetto al trimestre pre-
cedente e la variazione dei prezzi al consumo registrata in
ottobre è stata negativa (-0,4%).
L’operazione target inflation non è esente da rischi. Nel
caso in cui la banca centrale dovesse iniettare liquidità nel
sistema per innescare una crescita dell’inflazione, come
proposto da Abe, si potrebbe verificare una débacle del
mercato dei bond, un evento molto grave per un paese che
ha un ratio debito/Pil del 200%.
ANCORA TASSI PROSSIMI ALLO ZERO?Il costo del denaro, da molti anni ai minimi storici, e il
quantitative easing non sono riusciti a fare ripartire l'eco-
nomia e a bloccare la deflazione. Dal 1953 al 1973, un
Giappone ancora da ricostruire registrò un tasso di cresci-
ta medio annuo del 9%. Dal 1974 al 1990, la crescita me-
dia annua del prodotto interno lordo si ridimensionò al
4,2%. Dal 1991 ai giorni nostri, l’incremento medio è sta-
to di appena lo 0,5%.
Che cosa è andato male? Perché una nazione che è riu-
scita a creare dal nulla diverse aziende leader a livello pla-
netario, provvista di una forza lavoro tra le più qualificate
e propensa a operare in maniera disciplinata e rispettosa
«Il costo del
denaro da molti
anni ai minimi
storici e il
quantitative
easing non sono
riusciti a fare
ripartire
l’economia e a
bloccare la
deflazione»
52 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Fondi azionari
Il Giappone
delle regole ha intrapreso il sentiero del declino? Il punto
più alto del lungo trend di crescita è stato toccato nel
1989, quando le quotazioni degli immobili hanno raggiun-
to livelli da record e l’indice principale della borsa di Tokyo
raggiunse il suo massimo storico a quota 39.000. Nel 2007,
il listino azionario domestico ha messo a segno un pro-
gresso che lo ha portato a recuperare quota 18.000 punti,
ma, dopo avere toccato questo livello, ha nuovamente co-
minciato a perdere terreno fino a circa 9.000 del periodo
pre-elettorale.
Da quando, più di 20 anni fa, è scoppiata la bolla im-
mobiliare, i politici hanno continuamente fallito nella ri-
cerca di soluzioni basate quasi esclusivamente sulla leva
monetaria e fiscale. Nel frattempo, il cambio dello yen si è
apprezzato da quota 227 sul dollaro del 1983 a circa 78.
Molti esperti sostengono che un cross adeguato dovrebbe
attestarsi a 130 yen per dollaro. La rivalutazione della mo-
neta ha aiutato ben poco a ridurre il cronico surplus di bi-
lancia dei pagamenti accumulato dal paese. Basti pensare
che il Giappone resta il più grande possessore di Treasury
bond, i titoli di stato statunitensi.
Nel frattempo, la rivalutazione della divisa è stata ac-
compagnata da una brutale deflazione. La caduta dei
prezzi ha avuto pesanti ripercussioni in termini di distru-
zione della ricchezza. Gli stimoli monetari adottati se-
guendo la modalità stop and go hanno rappresentato so-
lo un leggero palliativo. I prezzi al consumo si sono con-
tratti in sei degli ultimi dieci anni.
Non è chiaro il percorso che ha portato il paese a ca-
dere nella trappola della deflazione. I governi che si sono
succeduti alla guida della nazione hanno cercato con ri-
sultati deludenti di liberare il paese dalle sabbie mobili del-
la deflazione attraverso stimoli monetari, inclusa una lun-
ga fase di tassi zero e di quantitative easing. Nel 1999, Ben
Bernanke, allora docente a Princeton, scriveva che la poli-
tica monetaria nipponica sembrava paralizzata e che que-
sta paralisi era in parte autoindotta.
Secondo alcuni economisti, l’inefficacia delle misure di
politica monetaria (tassi prossimi allo zero) è dovuta al
persistere di una situazione in cui le imprese e le famiglie
non desiderano indebitarsi. Questi esperti sostengono che
una spinta per l’economia del paese potrebbe arrivare so-
lo da massicci stimoli fiscali tali da fissare un floor al calo
della domanda aggregata. Tuttavia, i detrattori di questa
view ricordano che, in passato, questo comportamento ha
fatto impennare il rapporto debito/Pil fino al 200%. �
Ititoli azionari giapponesi appaiono convenienti, ma agliinvestitori si consiglia prudenza. Perché?
«In Giappone, gli investitori hanno assistito a innumere-
voli false partenze nel corso degli ultimi 20 anni. I pro-
blemi fondamentali di lungo termine che affliggono l'e-
conomia, come il debito lordo pari al 200% del Pil, non
sembrano affatto vicini a una soluzione. Il paese sta viven-
do la quinta recessione in 15 anni, chiudendo in contra-
zione addirittura in tre degli ultimi quattro anni, ed è
quindi naturale che il clima sia costantemente pesante. Il
Parla Chern-Yeh Kwok, head of Japanese equities e gestore dell'Aberdeen Japanese Equity Fund
Ennesima falsa partenza?
Performance
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 53
I primi 20 fondi azionari Giappone ordinati secondo le performance decrescenti Ytd
Fondo Società Valuta % Ytd
% a 1 anno
% a 3 anni
% a 5 anni
Commissione annuadi gestione
Japanese Smaller Companies Hedged Aberdeen Global Sicav Eur 9,66 32,99 nd nd 1,5
Japanese Equity Hedged Schroder International Selection Funds Eur 9,55 25,02 15,74 -22,16 1,09(Ter)
Japanese Equity Hedged Vitruvius Sicav Eur 9,4 22,58 10,59 -21,82 2,5
Japanese Equity Selection Pictet AM Eur 9,07 24,43 7,02 -35,25 1,2
Japanese Equity Hedged Pioneer AM Eur 8,86 23,42 nd nd 1,5
Japanese Value Equity Hedged Invesco AM Eur 8,72 20,29 nd nd 1,4
Japanese Equity Hedged Aberdeeen Global Sicav Eur 7,49 31,71 25,47 -17,65 1,5
Invest Japanese Smal & Mid Cap Ing Sicav Jpy 1,25 2,64 36,76 21,68 2
Japanese Equity T. Rowe Price Funds Sicav Eur 1,03 4,84 15,64 -9,31 1
Japanese Equity Vitruvius Sicav Eur 0,88 1,11 13,62 1,81 2,5
Japanese Equity Opportunities Pictet AM Jpy 0,87 3,95 21,21 8,41 1,2
Horizon Japanese Equity Henderson Horizon Funds Sicav Usd 0,75 -1,4 12,81 -1,67 1,2
Japanese Small & Mid Cpas Lombard Odier Funds Sicav Jpy 0,55 2,24 3,84 -0,89 1,5
Horizon Japanese Smaller Companies Henderson Horizon Funds Sicav Usd 0,27 8,3 38,06 60,28 1,2
Japanese Equity Core Invesco AM Usd 0,15 4,081 nd nd 1,5
Japanese Equity Morgan Stanley Investments Fund Sicav Jpy -0,61 -1,69 nd nd 2,2
Japanese Equity Aviva Investor Sicav Jpy -1,04 0,98 9,67 -5,97 1
Japanese Equity Vontobel Fund Sicav Jpy -1,14 -2,17 3,4 -12,84 1,25
Japanese Equity BG Sicav Eur -1,16 2,33 -3,59 -19,77 1,9
Japanese Equity HSBC Global Investment Fund Sicav Jpy -1,29 -2,39 3,61 -21,04 2
Fonte: www.fondionline.it
Nel complesso, visto il mercato con cui hanno dovuto operare i
money manager, non è andata così male a coloro che hanno
puntato sull’azionario giapponese attraverso un fondo comune
aperto. Il migliore, JJaappaanneessee SSmmaalllleerr CCoommppaanniieess, di AAbbeerrddeeeenn
GGlloobbaall SSiiccaavv, ha messo a segno una performance del 32,99%
negli ultimi 12 mesi e del 9,66% dall’inizio dell’anno. Il fondo
però è abbastanza recente e non ha risultati su un periodo più
lungo. Se si sceglie un prodotto con una storia meno breve e
soprattutto meno specializzato, rispetto a uno strumento
dedicato alle piccole imprese, si trova JJaappaanneessee eeqquuiittyy hheeddggeedd,
di SScchhrrooddeerrss IInntteerrnnaattiioonnaall SSeelleeccttiioonn FFuunnddss, che ha realizzato
+25,2% a 12 mesi e +9,55% dall’inizio dell’anno. Il segno più
resta anche sui tre anni, con un guadagno del 15,74%, mentre
sui cinque anni, con un borsa che nel frattempo ha dimezzato il
suo valore, la perdita è stata del 22,16%. Ad avere aiutato i
gestori sono stati due elementi: da una parte la forte ripresa
degli ultimi mesi e dall’altra la costante e continua
rivalutazione dello yen, che ha molto favorito gli investitori
stranieri.
In ogni caso i prodotti che si sono saputi difendere sono stati
diversi e ben sette di essi sono andati sopra il 20% di guadagno
nel corso degli ultimi 12 mesi. Sui cinque anni le perdite sono
state generalizzate, a parte alcuni strumenti che investono sulle
small cap che hanno dato ritorni di buon livello.
Meno peggio del previsto
ampio con società di alto profilo, molte delle quali riscuo-
tono grande successo nel proprio settore a livello globale.
Inoltre, il Giappone è un paese che si presta particolarmen-
te bene al nostro processo d'investimento, incentrato su
un orizzonte di lungo termine e basato su ricerche ap-
profondite sulle singole società».
Quali sono i settori più interessanti secondo voi?«In linea generale, ravvisiamo grandi opportunità nel set-
tore dei beni di consumo, dove infatti deteniamo una po-
sizione di sovrappeso. Tra i titoli in portafoglio, si annove-
rano la primaria società produttrice di pannolini Unicharm
e le case automobilistiche Toyota Motor e Honda Motor.
Crediamo inoltre in Japan Tobacco, che ha una quota do-
minante nel mercato interno ed è ben posizionata per
trarre vantaggio dall'esposizione ai mercati emergenti.
Siamo in sovrappeso anche sul comparto sanitario, dove
non mancano le imprese di alta qualità che vantano posi-
zioni di leadership globale. Tra queste figurano Astellas
Pharma e Chugai Pharmaceutical, che sono fra le nostre
partecipazioni maggiori. Infine, abbiamo una predilezione
per società del settore tecnologico quali Canon.
Come hanno influito sulla sua strategia i recenti avveni-menti politici in Giappone?«Dato che abbiamo una strategia buy-and-hold incentra-
ta sulla selezione dei titoli, tendenzialmente non diamo
grande peso a notizie e temi top-down, quando si tratta di
decidere gli investimenti. Piuttosto, tutta la nostra atten-
zione è sempre concentrata sui fondamentali societari. Le
ponderazioni dei titoli in portafoglio sono specchio della
fiducia che nutriamo nelle singole società e nel loro po-
tenziale di lungo periodo. Proprio perché investiamo a lun-
go termine, il turnover è in genere basso».
Che cosa pensa del target di inflazione proposto dal nuo-vo governo?«Abe è sotto pressione e vuole dare un incentivo all'eco-
nomia prima delle elezioni per la camera alta a luglio, con-
siderate da più parti una sorta di test per la nuova ammi-
nistrazione. I suoi piani per rivitalizzare l'economia hanno
indubbiamente galvanizzato i mercati azionari, ma tanto
ottimismo potrebbe essere mal riposto. Alcuni personaggi
influenti del partito intralceranno il cammino della coali-
Nikkei rimane ostinatamente nel range 8.000-10.000
punti, che rappresenta solo un quarto del suo massimo
storico. Detto ciò, però, le società giapponesi hanno con-
tinuato a investire, nonostante l'aumento del costo reale
del denaro, l'apprezzamento dello yen e i disastri natura-
li. La disciplina di bilancio è andata progressivamente
sostituendo l'eccesso di investimenti e le imprese dispon-
gono oggi di una maggiore liquidità, che in molti casi si
traduce in un aumento dei dividendi. Il mercato giappo-
nese, se analizzato caso per caso, offre opportunità di
buoni investimenti. È tuttavia azzardato supporre che
dalle elezioni esca una spinta alla crescita».
Quali aspetti vengono presi in considerazione nella valu-tazione degli investimenti in Giappone?«Molto spesso gli investitori disdegnano il Giappone a cau-
sa di fattori demografici sfavorevoli e dello stato di males-
sere in cui versa l'economia nipponica. La crescita anemi-
ca, di fatto, non regge il confronto con altri paesi asiatici
in forte sviluppo. Da parte nostra, non possiamo che con-
cordare. La nostra visione delle prospettive macroecono-
miche giapponesi non è ottimista. Tuttavia, per chi come
noi investe selezionando singolarmente i titoli, il paese
vanta alcune prerogative invidiabili: ha una forza lavoro
altamente qualificata, know-how tecnico e un mercato
54 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Fondi azionari
Il Giappone
CHERN-YEH KWOK, HEAD OF
JAPANESE EQUITIES E GESTORE
DELL'ABERDEEN JAPANESE
EQUITY FUND
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 55
Quali fattori ritenete che possano avere un ruolo disupporto al mercato azionario nipponico?
«Le aziende giapponesi stanno crescendo a livello globale.
L'attività di fusioni e acquisizioni (M&A) nel paese ha toc-
cato livelli record. Le aziende giapponesi hanno un vantag-
gio competitivo e sono maggiormente esposte ai mercati
internazionali. Questi fattori potrebbero generare un'in-
versione di tendenza nel 2013. Malgrado l'apatia degli in-
vestitori, il mercato giapponese presenta un buon valore
intrinseco. Le aziende sono molto più solide, rispetto a
quanto immaginato dagli investitori globali. Nel 2004 cir-
ca il 70% dei profitti operativi delle società giapponesi de-
rivava dalle aziende nazionali. Ora le imprese realizzano
più della metà dei loro profitti all'estero. Un buon numero
di società rivela un valore considerevole grazie alle opera-
zioni estere di M&A. Inoltre le company nipponiche hanno
ridotto fortemente il debito nei bilanci nel corso degli ul-
timi 20 anni. Grazie al buon stato dei sistemi bancari in
Giappone, soprattutto rispetto all'Europa, la capacità di fi-
nanziare l'attività di M&A tramite il debito è maggiore, da-
to che favorisce la redditività del capitale proprio».
Come si spiega l’apatia degli investitori internazionalicon le valutazioni, apparentemente convenienti, del mer-cato di Tokyo?«Lo slancio economico globale è debole e questo fatto ge-
nera una forte preoccupazione per gli investitori sul mer-
cato giapponese. Esternamente il maggiore elemento d'in-
fluenza rimane la crescita economica americana, che im-
patta sulla produzione manifatturiera nipponica, così co-
me sul tasso di cambio yen/dollaro. Il mercato del Sol le-
vante beneficerà dell'intesa raggiunta dai politici america-
ni sul fiscal cliff. Il graduale calo della crescita della Cina
nel 2012 ha influenzato negativamente il Giappone, dato
che questo paese è il principale fornitore estero di beni
della Cina. Il 2013 tuttavia appare più positivo grazie ai se-
gnali di ripresa ciclica. Gli investimenti in infrastrutture so-
no cresciuti. L'aumento degli impieghi di capitale favorirà
la ripresa dell'economia cinese. Inoltre la recente disputa
sulle isole del Mar della Cina orientale tra la Cina e il Giap-
pone ha raffreddato i rapporti commerciali tra i due pae-
si. Tuttavia con i nuovi governi e la nuova leadership in en-
trambi i paesi, il rapporto tra le due potenze asiatiche mi-
gliorerà nei prossimi mesi».
Come valutate l’operato della Boj?«Il programma di acquisto degli asset da parte della Bank
of Japan, ovvero il quantitative easing giapponese, è di-
ventato molto più accomodante nel 2012. L'impatto sui
mercati tuttavia è stato debole. L'economia del Sol levan-
te necessita di uno stimolo politico che potrebbe arrivare
dal nuovo esecutivo, forte di una vittoria netta. La porta-
ta del Qe, rispetto alla banche centrali occidentali, ha avu-
to un impatto minore perché gli asset acquistati erano so-
prattutto obbligazioni a scadenza breve. La situazione po-
trebbe migliorare nel 2013, dato che l'incarico del gover-
natore della Bank of Japan, Shirakawa, oppositore del
quantitative easing, termina la prossima primavera e la Boj
nominerà membri propensi a una politica monetaria più
espansiva nel corso dei prossimi 12 mesi». �
zione verso riforme decise e audaci. Oltretutto, è ancora da
stabilire quanto Abe sia effettivamente in grado di fare.
Era già stato premier oltre cinque anni fa per una legisla-
tura terminata prematuramente e la sua leadership non
aveva lasciato tracce significative». �
A colloquio con Shogo Maeda, head of japanese equities di Schroders
L’internazionalizzazione è il punto di forza
SHOGO MAEDA, HEAD OF
JAPANESE EQUITIES DI
SCHRODERS
49,8, un valore comunque in netta ascesa rispetto a 46 re-
gistrato a dicembre.
Nello stesso tempo, però, la Francia sembra precipita-
ta nella recessione fonda, con il peggiore deterioramento
a gennaio degli ultimi quattro anni: è calata a un ritmo
ben superiore rispetto a Spagna e Italia. Poche news in ro-
sa sembrano arrivare anche dai consumi, con le vendite al
dettaglio dell'Eurozona che a dicembre sono scese del
3,6% su base annuale.
L'Europa, comunque, seppure in maniera contradditto-
ria, non è sfuggita all'ottimismo generale: mentre Obama
si preparava a un secondo mandato, nominando Jack Lew
nuovo ministro del Tesoro, probabilmente destinato a non
essere meno importante dell'uscente Tim Geithner, i mer-
cati europei partecipavano al rally planetario, favorito an-
che da un nuovo vigore asiatico. Questo processo sembra
essersi interrotto nella prima settimana di febbraio, quan-
do gli indici di Francia e Germania hanno perso di fatto tut-
ti i guadagni del 2013.
A rinnovare il nervosismo vi sono state le pessime no-
tizie provenienti ancora una volta dalla periferia. Gli scan-
L’Europa oggi è una completa incognita. Dati,
umori, financo l'andamento dei mercati sono
contraddittori. Se esaminiamo i recentissimi
dati economici, vediamo che il quadro è
variegato: ad esempio il Pmi di Markit su
gennaio ha mostrato che l'Eurozona è ancora in contra-
zione. Questa recessione, però, è risultata in netto rallen-
tamento rispetto ai minimi degli ultimi quattro mesi regi-
strati nell'ottobre del 2012. Infatti il valore complessivo
è risultato pari a 48,6 (50 è la soglia che separa contra-
zione ed espansione), in rialzo rispetto alla prima lettura,
che vedeva quest'aggregato a 48,2. All'interno del dato
generale si nota che il comparto dei servizi tedesco ha
ripreso una forte espansione, crescendo ai valori massimi
degli ultimi 19 mesi.
Senza dubbio si è fatto sentire l'effetto dell'abbondan-
te liquidità che si è riversata sul sistema bancario teutoni-
co, a causa della quasi disintegrazione dei mercati dei ca-
pitali della periferia europea. Allo stesso tempo il fonda-
mentale comparto manifatturiero tedesco, per quanto in
miglioramento, rimane in territorio lievemente negativo, a
56 FONDI&SICAV/Novembre 2012
Consensus
L’Europa
Il quadro continentale è estremamente contraddittorio: l'Eurozona è ancora in
contrazione, ma in misura minore rispetto a ottobre. La Germania dà segni di
ripresa, ma resta in territorio negativo. Nello stesso tempo la Francia manifesta
pesanti difficoltà. I consumi appaiono in diminuzione, ma dagli Usa e dall'Asia, che
sono in miglioramento, arriva una discreta spinta. In questo contesto le quotazioni
azionarie, specie dopo i primi due mesi dell'anno poco entusiasmanti, sono
giudicate da saldo. Per di più c'è abbondanza di liquidità
di Boris Secciani
e David Tonello
Good and bad news
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 57
Il panel dei gestori e degli analistiGGeerrhhaarrdd AAiiggnneerr, managing director gestione fondi di RRaaiiffffeeiisseenn CCaappiittaall MMaannaaggeemmeenntt; DDaavviiddee AAllbbaannii, responsabile fondo GGeessttnnoorrdd AAzziioonnii EEuurrooppaa di
SSeellllaa GGeessttiioonnii; FFrraanncciiss EElllliissoonn, european equities investment specialist di TThhrreeaaddnneeeeddllee IInnvveessttmmeennttss; SStteeffaannoo GGhhiirroo, equity portfolio manager di AAll--
lliiaannzz GGlloobbaall IInnvveessttoorrss; MMiicchheell LLeebbllaanncc, portfolio manager di LLoo FFuunnddss EEuurroozzoonnee SSmmaallll & MMiidd CCaappss di LLoommbbaarrdd OOddiieerr IInnvveessttmmeenntt MMaannaaggeerrss; PPhhiilliippppee
LLeeccooqq, deputy director e co-head of european equities di EEddmmoonndd ddee RRootthhsscchhiilldd AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt; PPaattrriicckk MMoooonneenn, senior equity strategist di IInngg
IInnvveessttmmeenntt MMaannaaggeemmeenntt; HHeerrbbeerrtt PPeerruuss, head of global equities di RRaaiiffffeeiisseenn CCaappiittaall MMaannaaggeemmeenntt; PPiieerrrree PPuuyybbaasssseett, portavoce di FFiinnaanncciièèrree ddee ll’’EE--
cchhiiqquuiieerr; RRaajj TTaannnnaa, equity strategist Emea di JJpp MMoorrggaann PPrriivvaattee BBaannkk; TTeeaamm di analisti di BBaarrccllaayyss CCaappiittaall; TTeeaamm di global research del private banking
di CCrreeddiitt SSuuiissssee; GGiilllleess GGuuiibboouutt, gestore del fondo AAxxaa WWff FFrraammlliinnggttoonn EEuurroozzoonnee di AAxxaa IInnvveessttmmeenntt MMaannaaggeerrss; MMaarriiaa PPaaoollaa TToosscchhii, market strategist
di JJpp MMoorrggaann AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt; BBrriittttaa WWeeiiddeennbbaacchh, gestore azionario Europa di DDwwss iinnvveessttmmeennttss.
dali politici in Spagna e la seria possibilità di un nulla di
fatto come risultato delle elezioni italiane si sono som-
mati ai casi Monte Paschi, Saipem e Finmeccanica nel
nostro paese. Questi avvenimenti hanno all'improvviso
fatto ricordare agli investitori che il panorama economi-
co e finanziario europeo è tuttora un campo minato, ben
lontano dall'essere stato messo in sicurezza. Non sor-
prende che lo spread fra Btp decennali e Bund si sia riaf-
facciato sopra la soglia di 300.
Allo stesso tempo probabilmente notizie come que-
ste non sono in grado da sole da mettere in discussione
l'appetito per il rischio da parte degli investitori interna-
zionali, vogliosi di occasioni value con elevato premio al
rischio. In questo ambito i listini equity europei sembra-
no quasi una scelta obbligata, visto il grado di sottova-
lutazione che spesso presentano.
Non sorprende dunque quanto riportato da Maria
Paola Toschi, market strategist di Jp Morgan Asset
«Il panorama
economico
e finanziario
europeo è tuttora
un campo minato
ben lontano
dall’essere stato
messo in
sicurezza»
Management: «In questo contesto i titoli europei
potrebbero essere favoriti, perché i mercati azionari del
Vecchio continente sono stati abbandonati negli anni
scorsi e le loro azioni sono sottopesate nei portafogli
dei gestori globali. Ci sono già i primi segnali di ripo-
sizionamento dei flussi verso queste piazze equity. Se
la fase di fiducia persiste, ci aspettiamo che questo
movimento possa proseguire in maniera ancora più
decisa».
Non molto diversa anche la risposta del team di ana-
listi di Barclays Capital: «Le valutazioni sono più interes-
santi nell'Eurozona, rispetto agli Usa; peraltro i rischi im-
mediati, a livello politico e di risultati aziendali, appaio-
no più elevati in America».
I prossimi mesi serviranno a dirci se l'Europa è oggi
uno scrigno di gemme a prezzi da occasionissima o se
raggiungere il tesoro risulterà ancora impossibile, per via
delle bombe disseminate qua e là. �
58 FONDI&SICAV/Novembre 2012
Consensus
L’Europa
Sottovalutate
A fair value
50%
50%
Quale livello di valutazione presentano le azioni europee (Stoxx 600)? Sottovalutate, fair value o sopravvalutate?
Una sanguigna positività
Dopo le considerazioni iniziali, non sorprende che
sulle valutazioni del listino europeo ci sia una
sanguigna positività: le azioni sono decisamente
poco costose, sia rispetto alla loro media storica, calcola-
ta con vari indicatori, sia a confronto con altre piazze in
giro per il pianeta. Indicativa la sintesi di Stefano Ghiro,
equity portfolio manager di Allianz Global Investors:
«Con un multiplo prezzo/utili atteso di poco superiore a
12, il mercato europeo non appare sopravvalutato sia ri-
spetto alla propria media storica sia in rapporto alle valu-
tazioni di altri mercati, quali quello americano, che at-
tualmente viene pagato poco meno di 14 volte gli utili.
Inoltre, il listino azionario europeo, includendo un divi-
dend yield atteso del 3,6%, risulta assai attraente, anche
se comparato alla media dei rendimenti obbligazionari».
Non troppo diversa appare l'analisi di Pierre Puybas-
set, portavoce di Financière de l’Echiquier: «Secondo
noi, le azioni europee rimangono sottovalutate. Gli indi-
ci sono al momento più bassi rispetto all’inizio del 2008
(-20 % sullo Stoxx600), mentre i loro equivalenti Usa so-
no in rialzo (+2% sull'S&P500). Peraltro, il premio al ri-
schio sulle azioni, che è sempre stato a livelli record du-
rante la crisi della zona euro, comincia a malapena a
scendere. Questo movimento dovrebbe permettere ai
mercati europei di crescere senza avere la necessità di un
miglioramento dello scenario economico».
Se è vero che un forte miglioramento dell'economia
europea non è per il momento necessario per permet-
tere all'equity continentale di chiudere, almeno parzial-
mente, il gap di valutazioni con quello statunitense,
molto però dipenderà dall'andamento degli utili. Qui
qualche voce di prudenza si fa sentire. Fra costoro
Gerhard Aigner, managing director della gestione fondi
di Raiffeisen Capital Management: «In una prospetti-
va di medio-lungo termine, riteniamo che i livelli attua-
li di valutazione siano ancora attraenti. Hanno un signi-
ficativo potenziale di rialzo, se comparati al resto del
mondo, soprattutto se gli utili societari ritorneranno a
crescere nella zona euro».
Più esplicito da questo punto di vista appare Davide
Albani, responsabile fondo Gestnord Azioni Europa di
Sella Gestioni: «In termini di price/earning, l’azionario
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 59
europeo è ancora sottovalutato, rispetto alle media sto-
rica degli ultimi 20 anni (quota circa 12 volte gli utili at-
tesi per fine anno, contro una media di oltre 14), anche
se parte di questo sconto è giustificato dal fatto che sarà
difficile replicare la performance a due cifre (oltre il 10%
di crescita degli utili aggregati) del passato, in un conte-
sto di deleveraging del mondo occidentale dopo gli ec-
cessi sul debito dell’ultimo decennio».
Affinché questo processo di normalizzazione dei cor-
si delle azioni europee possa dispiegarsi, alcuni elementi
dovranno allinearsi. Interessante al proposito il ragiona-
mento di Philippe Lecoq, deputy director e co-head of
european equities di Edmond de Rothschild Asset Ma-
nagement: «In Europa, la situazione si sta gradualmente
normalizzando e, dopo una prima fase, ad esempio in
Italia, è iniziato adesso il secondo round, con un fattore
decisivo: una rinnovata attenzione ai fondamentali. Per-
tanto prevediamo una nuova espansione dei multipli di
valutazione, in quanto il price-to-book è sotto la media
storica, mentre, con un P/E intorno a 11x, il potenziale
per rimettersi in pari è molto ampio. Ad ogni modo, af-
finché ciò avvenga, bisognerà che si rispettino determi-
nate condizioni. Innanzitutto sarà necessaria una dimi-
nuzione del premio al rischio, processo che è già iniziato
la scorsa estate. In secondo luogo le operazioni di finan-
za straordinaria stanno riprendendo vigore: pensiamo in-
fatti che vi sia la seria possibilità di un ritorno del M&A.
Grazie a bilanci ricchi di liquidità, le aziende probabil-
mente si concentreranno più sulla crescita esterna che su
quella di tipo organico, che è ancora bloccata. I margini
operativi sono già ai massimi, pertanto è necessario cer-
care nuove sinergie. Inoltre il processo di deleveraging
pesa sul Roe, il che rappresenta un buon incentivo per
creare valore con le acquisizioni». �
Crescitaa una cifra
Utili stabili o in lieve calo
Crescitaa doppia cifra
34%
33%33%
Nonostante da questo punto di vista le news non
siano incredibilmente splendenti, tutto som-
mato un certo ottimismo sembra prevalere.
L'opinione diffusa è che la prima metà del 2013 sarà al-
quanto difficile, con una sostanziale ripresa nella secon-
da parte dell'anno. Non mancano comunque divergen-
ze sulla crescita complessiva dell'Eps dello Stoxx 600: al-
cuni investitori, infatti, non escludono incrementi a
doppia cifra. Su questa lunghezza d'onda, ad esempio,
troviamo Herbert Perus, head of global equities di Raif-
feisen Capital Management: «Ci attendiamo una cre-
scita degli utili intorno al 10-15%». Le difficoltà per la
prima metà dell'anno vengono ricordate da Philippe Le-
coq di Edmond de Rothschild Asset Management: «An-
che se ci aspettiamo un nuovo round di revisioni al ri-
basso per le stime degli utili 2013, questo trend dovreb-
be stabilizzarsi prima o poi durante l'anno. La bassa cre-
scita non è in conflitto con una performance positiva
del mercato azionario europeo. Crediamo nel rerating in
corso e in una forte persistenza dei dividendi. L'attività
di M&A dovrebbe essere anch'essa di supporto all'equity.
Tutto considerato, una performance positiva a due cifre
è raggiungibile nel 2013».
Come spesso accade quando si cerca di fare previ-
sioni sull'andamento dei corsi europei, molto dipende
dalle sorprese che il settore finanziario può riservare.
Di ciò appare ben cosciente Stefano Ghiro di Allianz
Global Investors: «Quest’anno gli utili aziendali potreb-
bero crescere a doppia cifra, oltre il 10%. Molto dipen-
derà anche dall’andamento degli earning delle banche,
che nel corso del 2013 dovrebbero recuperare in
maniera significativa».
Parole di ottimismo sulle banche sembra spendere
Davide Albani di Sella Gestioni: «Prevediamo una cresci-
ta aggregata degli utili lievemente inferiore a quella sti-
mata dal consensus per il 2013 (+10%), diciamo in un
range tra il 5% e il 10%. Lo sviluppo sarà trainato in par-
ticolare dal settore finanziario (oltre il 20% di incremen-
to atteso) e da alcuni segmenti ciclici e sarà favorito an-
che dalla buona esposizione che alcune società europee
hanno verso l’area dei paesi emergenti».
Infine crescita robusta vede anche Michel Leblanc,
portfolio manager di Lo Funds Eurozone Small && Mid
Caps di Lombard Odier Investment Managers: «Le sti-
me di mercato indicano una crescita degli Eps tra l'8% e
il 12% per il 2013 e noi stimiamo il 9%. Crediamo che il
Quale livello di miglioramento degli utili prevedete per il 2013?
Crescita a due cifre?
60 FONDI&SICAV/Novembre 2012
Consensus
L’Europa
Dove vedete le migliori occasioni?
Ciclici e, a sorpresa, credito
mo anche che l’incremento acceleri ulteriormente nel
2014 sulla base di un continuo miglioramento della situa-
zione macroeconomica globale».
Infine una certa stagnazione dei profitti per l'anno in
corso si aspetta Patrick Moonen, senior equity strategist
di Ing Investment Management, anche in questo caso
però accompagnata da un previsione di successivo miglio-
ramento: «In Europa ci attendiamo una crescita degli utili
molto modesta, intorno al 2%. Comunque, ciò implica una
chiara svolta nella prima metà dell'anno con un'accelera-
zione nella seconda parte. Questo cambiamento sarà gui-
dato da una crescita globale più sostenuta e da margini
operativi stabili». �
2013 possa ben vedere il ritorno a situazioni migliori per
le società finanziarie, così come per qualche nome decisa-
mente ciclico. In termini di comparazioni anno su anno, ci
aspettiamo una prima metà in qualche modo difficile, pri-
ma di un migliore secondo semestre».
Non manca comunque chi vede aumenti meno robu-
sti all'orizzonte. Britta Weidenbach, gestore azionario Eu-
ropa di Dws Investments, sottolinea: «Una crescita degli
utili di 6-8 punti percentuali mi sembra ragionevole». E Raj
Tanna, equity strategist Emea di Jp Morgan Private Bank,
fa previsioni similari per il 2013, non difettando però di ot-
timismo per l'anno successivo: «La nostra aspettativa è una
crescita degli utili tra il 5% e il 7% nel 2013. Ci attendia-
rialzo significativo, siamo dell’idea che sussisterebbero le
premesse per un passaggio molto consistente del senti-
ment a favore delle azioni. Manteniamo pertanto la nostra
propensione ciclica a favore dell’equity e prediligiamo set-
tori come i titoli industriali e l’energia, rispetto alle più di-
fensive telecom e utility».
La ricca liquidità aziendale piace comunque anche in
termini di potenziale di dividendi. Maria Paola Toschi di
Jp Morgan Asset Management, sostiene: «I rendimenti dei
dividendi sono molto elevati e ciò è un fattore molto posi-
tivo, soprattutto perché si confronta con livelli di rendi-
mento dei Bund (asset privi di rischio) ancora molto con-
tenuti».
In generale la forza finanziaria dei bilanci aziendali è
un tema che sembra piacere molto in un contesto comun-
que destinato a diventare più selettivo, dopo la ripresa
generale degli ultimi mesi. Così la pensa Gilles Guibout,
gestore del fondo Axa Wf Framlington Eurozone: «Gli
investitori non ricercano più un’esposizione azionaria,
nonostante le valutazioni basse, ma le alternative sono
poche e spesso non liquide. Essere azionista di una com-
pagnia globale con un bilancio forte e un dividend yield
superiore al tasso pagato per obbligazioni a 7–10 anni,
pertanto con una duration più lunga, sembra la scelta più
sicura. Di conseguenza, penso che prima o poi gli inve-
stitori dovrebbero privilegiare questi titoli liquidi e di ele-
vata qualità».
Pur nella diversità di opinioni e sfumature, sembra
prevalere una discreta positività per quanto riguar-
da i settori più ciclici dei mercati europei, il che fa
da contrasto con le tiepide aspettative riguardanti lo sce-
nario macroeconomico. Indicativo il parere del team di
global research del private banking di Credit Suisse: «A
questo proposito, a fronte dello “spending cliff” e con le
elezioni italiane all’orizzonte, potrebbe essere ragionevole
assistere a un consolidamento del rally nel breve termine.
Tuttavia, laddove il ciclo economico dovesse continuare a
riprendersi almeno negli Usa e in Asia, e, fattore importan-
te, gli investimenti delle società (considerando le spese in
conto capitale e le fusioni/acquisizioni) registrassero un
0
10
20
30
40
50
60
70
Finanziari Ciclici Value Altro
60%33% 50% 50%
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 61
Un certo interesse sembra suscitare anche l'insieme
dei servizi finanziari europei, che, come abbiamo accen-
nato in precedenza, appare a molti in fase di migliora-
mento, nonostante i recenti scricchiolii italiani. Britta
Weidenbach, di Dws Investments, è categorica: «Alcuni
finanziari, su una base di forte selettività, appaiono in-
teressanti». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Patrick
Moonen, di Ing Investment Management: «Dal punto di
vista dei settori, ci piacciono i ciclici e i finanziari».
Come detto i ciclici piacciono, anche con una mar-
cata caratterizzazione growth, a patto però che si trat-
ti di aziende che siano, oltre che solide, sganciate dal-
l'andamento dell'economia europea. Su questo tema del
decoupling sembra puntare Francis Ellison, european,
equities investment specialist di Threadneedle Invest-
ments: «Vediamo le opportunità migliori fra quelle
aziende che presentano solidi modelli di business, che
forniscono loro vantaggi competitivi e un'elevata capa-
cità di imporre i propri prezzi. Spesso queste società sono
competitive in tutto il mondo: la loro esposizione al di
fuori dei mercati europei le porta a essere in qualche
maniera protette, rispetto allo scadente quadro econo-
mico prevalente nella maggior parte del continente».
Un'analisi non eccessivamente diversa arriva anche da
Michel Leblanc di Lombard Odier Investment Managers:
«Non vogliamo scommettere su una forte ripresa euro-
pea: continuiamo a preferire quelle industrie che forni-
scono elevati tassi di crescita, grazie al sostegno di trend
di lungo periodo. Inoltre cerchiamo aziende dall'interes-
sante profilo di rischio/rendimento. Questo sia che la
società sia impegnata in una fase di ristrutturazione e
ripresa (Clariant, Amer Sports), sia che sia soggetta ad
attività di M&A (Ansaldo), o sia stata trascurata dal mer-
cato. Inoltre cerchiamo i titoli che beneficeranno di
migliori condizioni di mercato complessive (Vallourec,
CGG Veritas). Infine una menzione per le società espo-
ste agli Usa (Arkema, Kerry, Coloplast, Ebro Foods) che
potrebbero sovraperformare, ma non vanno dimentica-
ti nemmeno i nomi esposti agli emergenti (Fuchs, Dksh,
Seb, Ipsos, Bic)». �
Forte crescita globale
Ripresa dell'Eurozona
50%
50%
In generale non sorprende constatare come vi sia su
questo argomento la velata speranza che alla fine la
crescita europea possa sorprendere al rialzo. Sicura-
mente per tutto il continente sarebbe una forte spinta,
se qualche bagliore di sviluppo potesse arrivare dalla pe-
riferia europea. Non sorprende pertanto che Stefano
Ghiro, di Allianz Global Investors, si concentri sull'Italia:
«Spero in un ritorno di fiducia e di flussi sul mercato ita-
liano». Britta Weidenbach, di Dws Investments, allarga lo
spettro e inserisce nel discorso anche la Francia, di recen-
te a rischio di venire trascinata verso la periferia europea:
«Una possibile sorpresa positiva sarebbe il verificarsi di
una migliore crescita nella periferia e una Francia che si
muove più velocemente nel ristrutturare il mercato del
lavoro». Patrick Moonen, di Ing Investment Management,
si concentra su un ritorno della crescita creditizia, un ele-
mento a dir poco fondamentale, se si vuole sperare di ve-
dere prima o poi lo sviluppo riemergere nelle economie
più problematiche del Vecchio continente: «Una sorpre-
sa positiva sarebbe una ripresa economica ad ampio rag-
Quale potrebbe essere una sorpresa positiva per il 2013?
Magari ci fosse la ripresa!
62 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Consensus
L’Europa
Quale potrebbe essere invece una sorpresa negativa?
Rischio Eurozonaritorno alla crisi causato da un rinnovato rallentamento
economico, che provocherebbe tensioni nell'Eurozona,
pressione sulle banche e ritardi nelle riforme strutturali».
Altri investitori sembrano invece concentrati sugli
effetti sui mercati di un possibile ritorno dell'instabilità,
che probabilmente azzopperebbe la rinnovata (e di recen-
te di nuovo un po' scricchiolante) propensione al rischio
da parte degli investitori. Pierre Puybasset, di Financière
de l’Echiquier, commenta: «La brutta sorpresa sarebbe un
ritorno dello stress sulla zona euro. Porterebbe a una fuga
dei capitali, che stanno appena cominciando a tornare
sulle azioni».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche Michel Leblanc di
Lombard Odier Investment Managers, che vede il rischio
che si creino difficoltà sui mercati obbligazionari con la
conseguenza di danneggiare le asset class più rischiose: «Il
pericolo maggiore è il ritorno di stress sul mercato del de-
bito, specialmente se gli investitori che si stanno rivolgen-
do ad asset meno sicure, quali l'azionario, saranno delusi
dalla performance del mercato nella prima metà del 2013.
Crediamo che gli afflussi di liquidità dal reddito fisso all'a-
zionario abbiano fornito energia alla performance del
mercato e noi speriamo che nulla rompa questo trend». In-
fine interessante anche l'analisi di Britta Weidenbach, di
Dws Investments, circa i rischi delle attuali tensioni valu-
tarie: «Sono temibili una crescita mondiale più bassa e il
fatto che l'euro diventi una valuta troppo forte». �
Specularmente, in maniera non molto sorprendente,
le preoccupazioni circa la tenuta dell'Eurozona sono
ancora presenti nel sistema, con il possibile coinvol-
gimento della Francia e una situazione sociale e politica che
potrebbe di nuovo peggiorare all'improvviso. Francis Ellison,
di Threadneedle Investments, è chiaro: «Sorprese negative
potrebbero venire da un peggioramento della situazione
economica della periferia, con un coinvolgimento della
Francia e di altri paesi. Ciò darebbe il via a una maggiore in-
stabilità sociale e politica e potrebbe esacerbare le tensioni
tra i politici fautori della linea dura, ad esempio in Germa-
nia e Finlandia, e i populisti nella periferia sofferente».
Patrick Moonen, di Ing Investment Management, si
concentra anch'esso sull'impasse politico: «Ho paura di un
na, difficoltà nel miglioramento dei margini, accumulo
di liquidità)».
Non manca anche chi si affida al ciclo globale per ave-
re sorprese al rialzo. Pierre Puybasset, di Financière de l’E-
chiquier, afferma: «Una ripresa anticipata potrebbe avve-
nire grazie alla buona tenuta della crescita americana e di
quella cinese. Peraltro, alcuni paesi della zona euro potreb-
bero cominciare a trarre profitto dai loro sforzi di produt-
tività». Sulla stessa lunghezza d'onda infine anche Francis
Ellison, di Threadneedle Investments: «Arriveranno van-
taggi dall'esposizione ai mercati emergenti e a quello Usa,
in cui un miglioramento della situazione economica e del-
le prospettive è più plausibile». �
gio in Europa, in cui gli squilibri nella periferia scompaia-
no e la crescita creditizia torni di nuovo positiva».
Non manca un contingente di investitori che si con-
centrano anche su altri aspetti, derivanti da una norma-
lizzazione europea. Philippe Lecoq, di Edmond de Roth-
schild Asset Management, risponde: «Ci aspettiamo
un'accelerazione dell'attività di M&A in Europa quest'an-
no, dopo un 2012 alquanto scadente. Sarebbe la conse-
guenza della normalizzazione della situazione in Euro-
pa con un minore rischio politico e un miglioramento
dello scenario macro in qualche momento del 2013. Allo
stesso tempo sarà positiva qualsiasi azione da parte delle
aziende ad accettare molte sfide (scarsa crescita inter-
0
10
20
30
40
50
60
70
Rischio dicollasso politico
Rischi esogeni
30% 40%50% 30%
Inflazione Rischi da politicamonetaria
64 FONDI&SICAV/Gennaio 2013
a cura di Epheso Ia
Gli istituti di previdenza e assistenza obbliga-
toria privatizzati (ex D. Lgs n. 509 del 30
giugno 1994), che si occupano della previ-
denza e assistenza di tutte le attività professionali
svolte in Italia (si veda il quadro di sintesi riportato a
pagina 65) sono stati obbligati a rivedere più o me-
no pesantemente i propri sistemi di previdenza ob-
bligatoria, entro la fine dell’anno appena trascorso.
Il motivo? La riforma Monti-Fornero ha imposto lo-
ro la verifica di sostenibilità cinquantennale dell’e-
quilibrio finanziario delle gestioni (ai sensi dell’arti-
colo 24, comma 24 del Dl n. 201/ 2011, convertito
dalla legge n. 214/2011). Molto si è discusso a riguar-
do, sia in merito alla profondità richiesta (50 anni
sono stati considerati eccessivi), sia per la metodo-
logia di calcolo scelta che, forse troppo prudente-
mente, impone di non considerare nei conti il patri-
monio accumulato, ma solamente il rapporto tra i
flussi di cassa in entrata e uscita. Ciò ha evidente-
mente imposto una rigorosa, rigida e alquanto
profonda revisione dei meccanismi di calcolo della
pensione, per non incorrere, se non ci fosse stata l’a-
deguatezza richiesta, nella penalizzazione del con-
tributivo pro rata dal 2012 e nel contributo di soli-
darietà a carico di coloro che già sono in pensione.
Per dimostrare l'equilibrio del saldo previden-
ziale con i meccanismi molto rigidi definiti poc'an-
zi, molte casse hanno dovuto rivedere requisiti di
pensionamento, aliquote contributive, base di cal-
colo delle prestazioni. Ad esempio Inarcassa ha fat-
to la riforma più radicale, scegliendo il passaggio al
metodo contributivo: una decisione che risponde
non solo all'esigenza di garantire la sostenibilità, ma
anche di assicurare l'equità tra giovani e anziani. Un
caso particolare è costituito dai ragionieri: la cassa
da tempo ha un livello di nuovi iscritti sempre più
decrescente. Il fattore demografico mette a rischio
l'equilibrio dei conti, al di là del metodo contributi-
vo per il calcolo delle prestazioni introdotto nell’or-
mai lontano 2004. Per questo è stata approvata una
riforma sostanziale che innalza gradualmente i re-
quisiti anagrafici e contributivi per la pensione, au-
La legge Monti-Fornero ha imposto agli istituti di previdenza
e assistenza obbligatoria privatizzati di rivedere la
sostenibilità cinquantennale dei loro conti. Ciò ha comportato
diversi cambiamenti per le casse di ingegneri, ragionieri,
avvocati, giornalisti, medici, farmacisti, notai e altre categorie
professionali, che dovranno fare i conti con versamenti più
alti e trattamenti di quiescenza più ritardati
I liberi professionisti
Un futuroincerto
Osservatorio previdenza
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 65
menta fino al 15% l'aliquota contributiva (entro il
2018) e introduce un contributo di solidarietà per i
pensionati. Con questo intervento il saldo previden-
ziale, già in negativo per molti anni, tornerà positi-
vo verso la fine del periodo considerato.
Le casse dei medici hanno intrapreso la strada
verso una semplificazione del sistema, che oggi
prevede diverse gestioni: una generale e tre spe-
ciali. L'Enpam ha già avviato con le riforme in cor-
so un allineamento delle diverse gestioni omoge-
neizzando i percorsi e tendendo ad arrivare a un'u-
nica forma gestionale. Un profondo e sensibile in-
tervento, di cui abbiamo portato qualche signifi-
cativo esempio, che in questo articolo cercheremo
di sintetizzare per sommi capi, ma che successiva-
mente approfondiremo più in dettaglio, fondo per
fondo.
Ecco di seguito una sintesi delle novità.
RAGIONIERI
Per gli iscritti alla Cnpr, è prevista una progressiva
elevazione dei requisiti di età e di contribuzione per
la pensione di vecchiaia; l’età pensionabile scatta
dopo i 68 anni e 40 anni di contributi versati. Il con-
tributo soggettivo è del 15% e l’assegno è calcola-
to con il sistema contributivo. Dal loro sito web uf-
ficiale (www.cassaragionieri.it ) non si evince anco-
ra esplicitamente questa tipologia di intervento,
comunque già in fase attuativa a quanto ci risulta.
INGEGNERI E ARCHITETTI
Viene modificato il sistema di calcolo con il pas-
saggio definitivo al contributivo pro-rata. I requi-
siti per il pensionamento vengono innalzati fino a
raggiungere i 66 anni e con opzione di posticipo
fino a 70 anni e 35 anni contributivi minimi (a par-
tire dal 2013). Il contributo soggettivo è rimasto al
14,5%, mentre è stato introdotto il contributo vo-
lontario facoltativo e il riconoscimento ai fini del
calcolo contributivo di una quota fino al 50% del
contributo integrativo (calcolato sul volume d’af-
fari ai fini Iva) con l’aliquota del 4%.
AVVOCATI
Per gli iscritti alla Cassa forense è prevista l’eleva-
zione del contributo soggettivo che raggiungerà il
15% nel 2021 in coincidenza con l'entrata a regime
dell'età pensionabile a 70 anni associata a un mini-
mo di 35 anni di contributi. Anche il contributivo
pro rata entrerà a regime dal 2021: fino ad allora si
andrà avanti con un sistema retributivo misto, cal-
colato sull’intera vita lavorativa e con aliquota uni-
ca di rendimento che viene modificata nel tempo in
base alla variazione della speranza di vita attesa.
NOTAI
Per i notai è previsto il pensionamento a 75 anni,
67 in caso di pensione di anzianità con 30 anni di
esercizio effettivo della professione. Il loro contri-
buto soggettivo ha recentemente subito un'eleva-
zione dal 33% al 40% del repertorio notarile (fat-
turato dello studio, in volgare, comprensivo anche
delle tasse girate all’amministrazione pubblica) e
l’ammontare della pensione rimarrà proporzionale
agli anni di esercizio.
COMMERCIALISTI
Per i dottori commercialisti la disposizione previ-
denziale già da tempo in vigore riconosce l’età
pensionabile per anzianità a 61 anni con 38 anni
di contributi, oppure 40 anni di contributi a pre-
scindere dall’età. Per vecchiaia i requisiti sono in-
vece 68 anni di età e 33 di contributi oppure 70
anni di età e 25 di contributi. Per il calcolo della
pensione è previsto un sistema misto. Per gli iscrit-
ti successivamente al 2004 il limite anagrafico vie-
ne fissato a 62 anni di età, con almeno cinque an-
Osservatorio previdenza
66 FONDI&SICAV Gennaio 2013
ni di contributi minimi con l’applicazione del siste-
ma di calcolo interamente contributivo.
CONSULENTI DEL LAVORO
Per i consulenti del lavoro l’età pensionabile è ele-
vata a 70 anni con cinque anni di contributi mini-
mi. Il requisito si riduce a 60 in caso di pensione
anticipata in presenza di un minimo di 40 annua-
lità contributive. Il contributo soggettivo previsto
è quello del 12% nel range di reddito tra 17 mila e
95 mila euro con l’aggiunta dei 3/4 della contribu-
zione integrativa (4% del volume d’affari Iva) va-
levole ai fini pensionistici. E’ prevista inoltre la pos-
sibilità di aggiungere la contribuzione soggettiva,
funzionante con il sistema contributivo, assimila-
bile a un fondo pensione di categoria. Il calcolo
dell’assegno prevede il sistema contributivo pro ra-
ta a partire dal 2013.
GIORNALISTI
I giornalisti dipendenti vanno in pensione a 65
anni, con un progressivo allineamento, che ter-
minerà nel 2018 per l’equiparazione dell’età tra
uomini e donne. Permane l’anzianità con 62 anni
di età e 35 di contributi. Sempre i dipendenti
andranno in pensione con un sistema di calco-
lo retributivo a periodi transitori e un contribu-
to soggettivo del 24,04%; i professionisti con un
sistema di calcolo interamente contributivo, un
contributo del 10% più il 2% integrativo. Per
questi ultimi l’età di pensionamento è fissata in
66 anni di età e 20 anni di contributi oppure 70
anni di età e cinque anni di contributi. Anche in
questo caso sussiste un periodo transitorio per
elevare ed equiparare l’età pensionabile delle
donne a quella degli uomini che si concluderà
nel 2018.
I professionisti in numeri
FFaarrmmaacciissttii
8800..994422 È il numero dei farmacisti iscritti all'Enpaf, oltre 2mila in
più dell'anno precedente (78.768) – anno 2011.
2255..669944 È il numero dei farmacisti titolari di pensione dall'Enpaf,
cifra quasi invariata rispetto al 2010.
GGeeoommeettrrii
9955..441199 È il numero degli iscritti a fine 2011. La quantità più alta
di geometri è in Lombardia con 14.543.
2277..110022 È il numero dei pensionati. In Lombardia sono 4.894, la
cifra più alta.
GGiioorrnnaalliissttii
5522..338866 È il numero complessivo degli iscritti all'Inpgi. Sono
34.335 i giornalisti iscritti alla gestione separata Inpgi 2.
77..330033 È i il numero dei giornalisti che riscuotono una pensione
dall’Inpgi.
CCaassssaa ffoorreennssee
116622..882200 Gli iscritti totali, che comprendono anche i pensionati.
Escludendo questi ultimi, sono 150.475.
1122..334455 II pensionati. Rispetto al 2010 l'incremento è stato di 102
unità.
CCoonnssuulleennttii ddeell llaavvoorroo
2266..774422 Gli iscritti alla cassa dei consulenti del lavoro a fine 2011.
77..994488 I pensionati. Nel 2011 i pensionati sono aumentati del
4,69%, mentre gli iscritti sono calati complessivamente
dell'1,29%.
DDoottttoorrii ccoommeerrcciiaalliissttii
5566..661111 Gli iscritti. Dal 2007 si registra un incremento in valore
assoluto con 9.289 nuovi iscritti nel quinquennio.
55..997711 I pensionati. In leggero aumento i pensionati nel 2011,
contro i 5.683 dell'anno precedente.
MMeeddiiccii
660011..442233 Gli iscritti. Comprende medici e dentisti iscritti all'ente di
previdenza nel 2011.
116622..443300 I pensionati. Questo numero riguarda i pensionati di tutti
e cinque i fondi che fanno capo all’Enpam.
VVeetteerriinnaarrii
2266..772277 È il numero dei veterinari iscritti all'Enpav a fine 2011, in
leggero rialzo rispetto allo scorso anno.
66..007711 È il numero di veterinari che percepiscono una pensione
dall'Enpav (erano 6.021 nel 2010).
NNoottaaii
55..777799 Sono i professionisti iscritti alla Cassa del notariato.
All'organico attualmente previsto per i notai si
aggiungeranno 500 unità previste dal decreto
liberalizzazioni.
RRaaggiioonniieerrii
2233..117744 È il numero di ragionieri iscritti alla Cassa nazionale di
previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti
commerciali.
77..115500 Pensionati. Circa 4 mila di questi soggetti sono attivi.
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 67
FARMACISTI
Dal 1° gennaio 2013 per gli iscritti all’Enpaf, la
pensione di vecchiaia spetta agli assicurati che ab-
biano compiuto il 68° anno di età con un contri-
buto soggettivo di 4.150 euro e 30 anni contribu-
tivi minimi. Dal gennaio 2016 è previsto l’innalza-
mento dell’età di pensione correlata alla speranza
di vita attesa dell’individuo. Per la pensione di an-
zianità occorrono, dal 2013, 42 anni di contribu-
zione (istituto, quello di anzianità, comunque sop-
presso dal gennaio 2016).
GEOMETRI
Anche per i geometri è previsto, a partire dal 1° gen-
naio 2013, l’innalzamento dei requisiti che passeran-
no da 67 anni a 70 per la pensione di vecchiaia retri-
butiva; questo processo è previsto con gradualità dal
2014 al 2019. Rimane ferma la possibilità di accesso
alla vecchiaia con calcolo misto a 67 anni. Per quan-
to concerne il contributo obbligatorio di base, che è
quantificato in misura percentuale sul reddito pro-
fessionale Irpef prodotto nell’anno precedente, si
eleverà dall’attuale 11,50% al 15% entro l’anno
2017. Esiste poi il contributo integrativo, che è
quantificato nella misura del 4% sul volume d’affari
ai fini Iva (prodotto nell’anno precedente) con un
minimo comunque dovuto indipendentemente dal-
la produzione di volume d’affari. Dal 2015 la percen-
tuale aumenterà al 5%, fatta eccezione per i geome-
tri iscritti al Cipag, che prestano attività professiona-
le in favore delle pubbliche amministrazioni, per i
quali la misura del contributo resterà fissata al 4%.
MEDICI
Medici e odontoiatri, a partire dal 2018, andran-
no in pensione a 68 anni, con un contributo sog-
gettivo che varia tra il 19,5% e il 33 %. I contribu-
ti minimi sono di 35 anni (30 dopo la laurea) con
62 anni di età. Non è previsto alcun limite di età
con 42 anni di contributi. Il calcolo della pensione
avviene con il sistema contributivo indiretto, ovve-
ro con la prestazione determinata in base ai com-
pensi rivalutati comunque ricostruiti a partire dal-
la contribuzione versata.
VETERINARI
I veterinari iscritti all’Enpav, a partire dal 2033, an-
dranno in pensione di vecchiaia a 68 anni, o a 62
anni con la pensione di anzianità e con un contri-
buto soggettivo del 22% (sottoposto dal 2013 a un
incremento graduale di mezzo punto percentuale
all’anno) e 35 annualità contributive minime. Il
calcolo avviene con sistema retributivo basato sul-
la media dei migliori 35 anni di redditi professio-
nali.
Appuntamento ai prossimi numeri, per meglio ap-
profondire le tematiche emerse e riformate da ogni
singolo ordinamento previdenziale. �
Istituti di previdenza e assistenza obbligatoria privatizzati
(ex D.Lgs n. 509 del 30 giugno 1994)
CCaassssaa nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ffoorreennssee
Via Ennio Quirino Visconti, 8 - 00193 Roma
IIssttiittuuttoo nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ddeeii ggiioorrnnaalliissttii iittaalliiaannii ““GGiioovvaannnnii
AAmmeennddoollaa”” ((IInnppggii –– GGeessttiioonnee pprriinncciippaallee))
Via Nizza, 35 - 00198 Roma
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ddeeii vveetteerriinnaarrii ((EEnnppaavv))
Via Castelfidardo, 41 - 00185 Roma
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa mmeeddiiccii ee ddeeggllii ooddoonnttooiiaattrrii ((EEnnppaamm))
Via Torino, 38 - 00184 Roma
CCaassssaa nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ppeerr ggllii iinnggeeggnneerrii eedd aarrcchhiitteettttii lliibbeerrii
pprrooffeessssiioonniissttii ((IInnaarrccaassssaa))
Via Salaria, 229 - 00199 Roma
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa ee ddii aassssiisstteennzzaa ffaarrmmaacciissttii ((EEnnppaaff))
Viale Pasteur, 49 - 00144 Roma
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ppeerr ii ccoonnssuulleennttii ddeell llaavvoorroo ((EEnnppaaccll))
Viale del Caravaggio, 78 - 00147 Roma
CCaassssaa nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ddeeii ddoottttoorrii ccoommmmeerrcciiaalliissttii
Via Mantova, 1 - 00198 Roma
CCaassssaa iittaalliiaannaa ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa ddeeii ggeeoommeettrrii lliibbeerrii pprrooffeessssiioonniissttii
Lungotevere Arnaldo da Brescia, 4 - 00196 Roma
CCaassssaa nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa eedd aassssiisstteennzzaa aa ffaavvoorree ddeeii rraaggiioonniieerrii ee ppeerriittii ccoommmmeerrcciiaallii
Via Pinciana, 35 - 00198 Roma
CCaassssaa nnaazziioonnaallee ddeell nnoottaarriiaattoo
Via Flaminia, 160 - 00196 Roma
OOppeerraa nnaazziioonnaallee aassssiisstteennzzaa oorrffaannii ssaanniittaarrii iittaalliiaannii ((OOnnaaoossii))
Via Ruggero d’Andreotto, 8/18 - 06124 Perugia
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii aassssiisstteennzzaa ddeeggllii aaggeennttii ee rraapppprreesseennttaannttii ddii ccoommmmeerrcciioo ((FFoonnddaazziioonnee
EEnnaassaarrccoo))
Via Antoniotto Usodimare, 53 - 00154 Roma
EEnnttee nnaazziioonnaallee ddii pprreevviiddeennzzaa ppeerr ggllii aaddddeettttii ee ppeerr ggllii iimmppiieeggaattii iinn aaggrriiccoollttuurraa ((EEnnppaaiiaa ––
ggeessttiioonnee pprriinncciippaallee))
Viale Beethoven, 48 - 00144 Roma
FFoonnddoo aaggeennttii ssppeeddiizziioonniieerrii ee ccoorrrriieerrii ((FFaasscc))
Via Tommaso Gulli, 39 - 20147 Milano
ta. Brasile e Argentina si contendono la palma di lato miglio-
re per la visita delle cascate (il Paraguay l’hanno fregato da
tempo): il versante brasiliano regala forse il panorama più
impressionante sull’anfiteatro delle cascate, ma la maggior
parte dei circuiti si trova sul lato argentino.
Comode passerelle in legno portano ai numerosissimi
punti di osservazione, ognuno una vista e un’emozione
nuove: nel Circuito superiore a strapiombo sulla Garganta
del Diablo o sugli altri salti, nel Circuito inferiore sotto le
cascate. In molti consigliano di dedicare un giorno per ogni
versante, o addirittura due giorni per il parco argentino. Chi
scrive resta un pelino perplesso: Iguazù è davvero un gran-
L a leggenda guaraní racconta dell’arrogante dio Ser-
pente, che pretendeva di sposare Naipù, così bella
che quando si specchiava nel fiume Iguazù («Yg»,
acqua, e «Açù», grande) le acque si fermavano. Ma lei non
voleva saperne, preferiva il giovane e atletico Caroba al ret-
tile che, se pur dio, aveva lingua biforcuta e sangue freddo
e crudele. I due scapparono in canoa, allora, ma il Serpen-
te, che non sapeva perdere, si incavolò di brutto e con il po-
tere che spesso gli dei usano a sproposito, modificò il cor-
so del fiume e squarciò la terra, creando così le cascate, nel-
le quali i due giovani amanti precipitarono,
Naipù si trasformò in roccia e Caroba in albero proteso
sul fiume, a guardarsi in eterno, senza potersi raggiungere.
Oltre al danno, la beffa. Ma, perlomeno, la vendicativa e rab-
biosa gelosia del Serpente ci ha regalato uno dei grandi spet-
tacoli naturali del nostro pianeta. Cataratas del Iguazú per gli
argentini, Cataratas do Iguaçu per i brasiliani, un anfiteatro
roccioso di quasi tre chilometri immerso nella foresta subtro-
picale, 275 cascate, un salto di circa 70 metri, una massa
d’acqua che può raggiungere 12.750 metri cubici al secon-
do, nuvole di vapore che si percepiscono a chilometri di di-
stanza. «Poor Niagara Falls!», disse Eleanor Roosevelt in visi-
Testo e fotografie di
Gaetano Pappuini
Il dio Serpentedi Iguazù
My life, My Style
Viaggi
68 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 69
de spettacolo, che è però necessario condividere forzata-
mente con folle di migliaia di turisti di ogni forma ed età,
con il consistente rischio di rimanere all’improvviso intrap-
polati su una stretta passerella sopra una cascata in una co-
mitiva di giapponesi o di grasse signore americane di terza
età, con i capelli azzurri e le tute rosa (peraltro, vorrei arri-
varci io così in forma a quell’età, e con così tanta voglia di
girare il mondo); i percorsi si snodano nella giungla, ma gli
unici animali che probabilmente vedrete, primati evoluti a
parte spesso della specie di cui sopra, sono i giganteschi pe-
sci gatto e i quasi addomesticati e aggressivi coati che pre-
dano i cheeseburger nei vari punti di ristoro; la tanto pub-
blicizzata e costosissima Grande Avventura è un giro in ca-
mion su una pista rossa in mezzo a palme e bamboo, che del
safari non ha proprio neanche l’ombra, seguita dalla folle
escursione in gommone letteralmente sotto le cascate, una
doccia gigante che lascia tanto fradici quanto basiti, a do-
mandarsi se eravamo davvero noi, veri navigati viaggiatori,
a urlare “otra! otra!”, per chiedere un’ulteriore assurda doc-
cia, insieme a decine di sconosciuti, al ritmo scandito dal vi-
ce-capitano del gommone, sorta di gigantesco e primitivo
animatore turistico della giungla.
Le cascate di Iguazù meritano la visita, ma il consiglio
è pianificare il viaggio adeguatamente: godersi lo spetta-
colo, magari cercare angoli e orari nascosti. Poi però scap-
pare dai torpedoni, andare a zonzo verso i luoghi più veri
della provincia di Misiones, viaggiare sulle strade seconda-
rie tra le missioni gesuite e le terre rosse rurali, magari fi-
no a spingersi al remoto Esteros de Iberà, il cosiddetto Pan-
tanal argentino, davvero selvaggio. Pronti a partire, lascia-
re il nord-est, viaggiare tutta la notte in pullman e attra-
versare il continente sudamericano per raggiungere le ma-
giche province andine. Sperando che il dio Serpente non se
la prenda troppo. �
70 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
gustavano fragranti e intriganti panini, oltre ai dolci, già
allora di grande livello. Eh sì, Serenella, passione per i dol-
ci, ma non solo. Passione per l’ascolto. Dei clienti, dei col-
leghi più blasonati. Serenella ascolta tutti. E fa tesoro di
critiche, consigli, e ci lavora, si impegna. E come per incan-
to (ovviamente è un eufemismo) la sua cucina cresce alla
velocità della luce. La nostra valutazione è che tanta ca-
parbietà e tanta attenzione si traducano nel raggiungi-
mento di traguardi anche importanti.
Perché, se ci fossero più piatti come quelle tagliatelle
di estratto di erbette e gamberi, beh, saremmo di fronte a
una nuova e interessante scoperta. Senso delle proporzio-
ni, del gusto, dosaggio calibrato (e infinitesimale aggiun-
go io) del sale, anche e soprattutto rispetto del contesto in
cui opera. Mai dimenticato, e senza voli troppo pindarici,
che spaventerebbero la ancora troppo risicata clientela af-
fezionata.
Altri interessanti proposte sono state l’Ostrica, cipolla
e patate, un omaggio al grande Mauro Uliassi (ma rivisto
A Genova oggi l’appassionato gourmet, ma anche
il cliente esigente, ha una discreta scelta di risto-
ranti interessanti verso cui orientarsi. Insomma, a
Genova si mangia bene. C’è Baldin, su cui brilla la stella da
tempo e ci regala costantemente una buona e interessante
cucina. Ci sono il neo-stellato The Cook, di cui abbiamo
parlato poco tempo fa, e Panero a Eataly, forse il cuoco più
talentuoso e tecnico del gruppo. E poi ci sono due giovani,
bravi, volonterosi cuochi che già oggi regalano al pubblico
genovese una cucina moderna, scintillante, in costante
crescita e movimento. Davide Cannavino, della Voglia mat-
ta, e la fantastica Serenella Mendone, nomen omen non di-
menticatelo.
Cuoca autodidatta, per passione, e si vede, ma che
guarda al mondo della ristorazione con curiosa, umile e vi-
vace intelligenza. E per questo sta facendo e farà, glielo e
ce lo auguriamo, passi da gigante.
In questo fu pub dove i ben informati autoctoni rac-
contano che già un tempo si bevevano buone birre e si de-
a cura di Alberto Cauzzi
www.passionegourmet.com
Da Serenellacapacedi ascoltare
My life, My Style
Ristoranti
RISTORANTE
AMERICAN BAR
AL SOLITO POSTO, CHEF
SERENELLA MEDONE,
BOGLIASCO (GE)
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 71
da una ricetta personale) di Senigallia. Così come il perfet-
to e goloso Nasello, fragrante fiore di zucchina fritto, cre-
ma di zucchine trombetta e il conturbante Ciupin (la zup-
pa di pesce tradizionale dei pescatori liguri) in pasta mista
fatta a mano (callosa al punto giusto) e spatola.
Aiutiamo Serenella, andiamo a trovarla e regaliamoci
interminabili menù degustazione. Perché con la materia
prima qui non si scherza, così come la buona tecnica, che
già non manca. E non scordatevi di chiederle, per gli
amanti del genere, un flusso infinito di dolcezze che, com-
plice l’amicizia con la pluri-rinomata pasticcera Loretta
Fanella, vi farà sobbalzare sulla sedia a fine pasto.
Ma ricordatevi che è tutto merito suo, della sua caparbietà,
della sua intelligenza, della sua perseveranza. �
LA SCHEDA
IIll pprreeggiioo:: una cucina scintillante, volonterosa e molto interessante.
iill ddiiffeettttoo:: forse qualche sofferenza nel servizio a locale pieno.
Al solito Posto
Via Mazzini 228
Bogliasco (GE)
Te. 010.3461040
www.alsolitoposto.net
CChhiiuussoo iill lluunneeddìì
MMeennùù degustazione da 35 e 50 euro, alla carta sui 50 euro.
Visitato nel mese di settembre 2012.
Per maggiori informazioni visitate il sito www.passionegourmet.com
72 FONDI&SICAV/Febbraio 2013
Il vino Nobile di Montepulciano “Vigna Asinone Riser-
va” nasce 30 anni fa (nel 1983 con 2.400 bottiglie). Otte-
nuto da Prugnolo Gentile (sangiovese grosso) con piccole
aggiunte di Colorino e Merlot, secondo l’annata.
Le uve fermentano in tini troncoconici inox di piccole
dimensioni (80 hl), con controllo della temperatura: folla-
ture, delestage e rimontaggi, a seconda delle caratteristi-
che dell’annata e quindi degli obiettivi estrattivi. La tem-
peratura di fermentazione viene mantenuta intorno a un
massimo di 30°C e la durata della macerazione è medio-
lunga, 20-25 giorni.
L’affinamento avviene per circa 18 mesi in barrique e
in tonneaux di rovere francese, dove effettua anche la fer-
mentazione malolattica, cui segue un periodo di affina-
mento in bottiglia non inferiore a 12 mesi.
Può invecchiare oltre 15 anni.
ADESSO SCATENIAMO L’EMOZIONE
L’occhio è rubino, intenso e concentrato, compatto fino ai
bordi dell'unghia. Un colore vivo, dai riverberi ammiccan-
ti, lucido come inchiostro, carico di promesse di un doma-
ni migliore, che riflette il nostro volto sulla superficie qua-
si metallica del vino.
Il naso esprime splendide sfumature fruttate di mora,
cassis, mirtillo e marasca sotto spirito, accompagnate da
Sull’incrocio di strade consolari romane, prospiciente
il Lago Trasimeno e la città di Cortona, Montepul-
ciano ha una struttura tipica difensiva medioevale,
arroccata su un colle. Destino di altre famose patrie vinico-
le regionali… Ma è notevole l’apertura a un territorio ricco,
fertile e dolce di clima. Una storia di passaggi, ricchezze e
dominazioni, che genera un carattere fiero e identitario
nella sua popolazione: niente di più semplice che questi ca-
ratteri filtrino anche nel vino!
L’azienda di Carletti è una bandiera del territorio e
della Docg. Una storia familiare di equilibrio difficile fra
identità del territorio e apertura al mondo esterno del
mercato. Una sintesi riuscita e di grande valore.
Il Vigneto Asinone, il cui nome deriva dalla caratteri-
stica forma a curvatura, si estende per 14 ettari, sorge ad
altitudine 380/400 metri sul livello del mare, esposto com-
pletamente a ovest. Caratterizzato da un terreno molto
declive (evoluto di origine pliocenica, franco-argilloso,
frammisto a zone tufacee, con scheletro di pietrisco ros-
so), è tendenzialmente magro e di scarsa dotazione idrica.
Il vigneto ha una densità di 3 mila ceppi/ha sui vecchi im-
pianti (1961) e 5 mila ceppi/ha sui nuovi (1993). Il sistema
di allevamento è quello del cordone speronato.
Un grande Asinonea Montepulciano
My life, My Style
Vino
Luca Giovanelli
Il Cavatappi, Club in Milano
ASINONE VINO NOBILE
DI MONTEPULCIANO
DOCG 2001
AZ. AGR. POLIZIANO,
MONTEPULCIANO (SI)
FONDI&SICAV/Febbraio 2013 73
tonalità minerali e di sottobosco (funghi, humus e terra
bagnata), tabacco, cuoio e i tostati del caffè (in prospetti-
va anche cacao amaro) su un fondo appena vanigliato e re-
sinoso. Poi si notano le spezie, scure, pepe nero e chiodi di
garofano. Echi di cantina arrivano da lontano, riverberati
dai legni d’Oltralpe e ondeggianti sulla vinosità potente del
sangiovese, che si dilata come narici sotto sforzo. Eppure
tutto avviene nel silenzio più assoluto, con la compostez-
za dei forti di spirito, eleganti nel portamento di nobiltà,
quella vera.
La bocca manifesta trama vellutata dei tannini, corpo
forte eppure elegante, ricco di una grazia gentile, equili-
brata. Lunga la persistenza gustativa, come un amico ca-
rissimo che non vogliamo fare andare via in una sera d’in-
verno. I racconti di vita possono continuare e svolgersi più
lontani nel tempo e nello spazio: utilizziamo ogni senso per
prolungare il contatto, sapendo che «del domani…»
Il classico percorso occhio-naso-bocca si chiude con
un sorriso e con occhi che cercano l’infinito dentro di noi,
chiudendosi sulla ricerca dei rimpianti che ci accompagna-
no sempre.
Ma siamo liberi di sentirci migliori e con i confini che
sapremo darci.
Abbinamenti: servitelo con i migliori piatti della tradi-
zione toscana, quella dai colori scuri, meglio se a base di
cacciagione. Servire la prima volta a 16° gradi e poi aspetta-
re che prenda temperatura sui bicchieri successivi. Bicchieri
ampi. �
Fondi&&Sicav - Febbraio 2013numero 50 – Anno 6
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