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GESÙ MAESTROAprile-Maggio-Giugno 2012 - Trimestrale anno 16Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”

DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996

Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it00148 Roma - Via delle Idrovore della Magliana, 173 - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: Gesù Maestro di Piero Dalle Ceste - Tempio San Paolo - Alba

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Magistero della Chiesa . . . . . . . . . . 5

Spiritualità paolina . . . . . . . . . . . . . 8

Giuseppe Tonioloe il beato Alberione . . . . . . . . . . . . 11

Don Stefano Lamera . . . . . . . . . . . . 13

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”

Lettera del Delegato:“Vi affido alla parola” . . . . . . . . . . 16

Il metodo dell’integralità . . . . . . . . 20

Maria, Vergine “obbediente” . . . . . 24

Giubilei sacerdotali . . . . . . . . . . . . . 27

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

Lettera del Delegato:“Shemà, Israèl” . . . . . . . . . . . . . . . . 28

S O M M A R I O

Nati dal Tabernacolo . . . . . . . . . . . 32

Gesti liturgicinella celebrazione eucaristica . . . . . 35

Gesù e la preghiera del suo popolo . . 38

Maria, donna grande e umile . . . . . 41

La famiglia educa al Vangelo:la famiglia, altare vivente . . . . . . . . 42

Elementi di formazione: la sobrietà . . 44

La gioia della nostra vocazione . . . 47

Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

In libreria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Anniversari di matrimonio . . . . . . . 50

Anniversari di consacrazione . . . . . 51

Ricordo dei defunti . . . . . . . . . . . . . 52

Defunti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

Il valore della Santa Messa . . . . . . 54

Settimana della comunicazione . . . 55

La Parola di Diofondamentodella maturità umana

Editoriale

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Entriamo ormai nel secondo anno dipreparazione al Centenario della Fon-

dazione (1914-2014). L’anno 2013-2014fissa il nostro sguardo sulla storia della Fa-miglia Paolina, il cui tema “Una storia davivere – Abbiate il dolore dei peccati” ciporta ad una verifica molto importante sul-la fedeltà al carisma ricevuto.

Sull’esempio del Fondatore, don Albe-rione, che, iniziando a narrare la storia ca-rismatica della Famiglia Paolina, parlandoin terza persona, dice: «…egli dovrebberaccontare una duplice storia: la storiadelle Divine Misericordie per cantare unbel Gloria a Dio, e la storia umiliante del-la incorrispondenza all’eccesso della di-vina carità e comporre un nuovo e doloro-so Miserere» (AD 1), comprendiamol’importanza del tema che dobbiamo tene-re presente come Istituti Aggregati.

Inoltre, la “storia da vivere e da costrui-re” viene presentata a noi attraverso un li-bro dal titolo “Ut perfectus sit homo Dei”,che è di certo lo scritto testamentario delnostro Fondatore: una raccolta di ben 50Istruzioni, dettate nel corso di Esercizi diun mese, tenuto ad Ariccia nel 1960 aiPaolini della prima ora. In questo libro ilPrimo Maestro spiega ampiamente la spi-ritualità e la missione della Famiglia of-frendoci anche un bilancio dei rapporti chedevono intercorrere tra le dieci istituzioni.

Rapporti così ben espressi nella storia ca-rismatica di “Abundantes divitiæ”:

«Vi è una stretta parentela tra esse,perché tutte nate dal Tabernacolo. Un uni-co spirito: vivere Gesù Cristo, e servire laChiesa. Chi rappresenta tutti intercedendopresso il Tabernacolo; chi diffonde, comedall’alto, la dottrina di Gesù Cristo; e chisi accosta alle singole anime.

Vi è tra esse una stretta collaborazio-ne spirituale, intellettuale, morale, eco-nomica.

Vi è separazione per governo ed ammi-nistrazione; ma la Pia Società San Paoloè altrice delle altre.

Vi è separazione; eppure un vincolointimo di carità, più nobile del vincolo delsangue.

Vi è indipendenza tra loro; ma vi è unoscambio di preghiere, di aiuti, in moltimodi: l’attività è separata, ma vi sarà unacompartecipazione alle gioie ed alle pene,ed al premio eterno» (AD 33-35).

Parole semplici, ma profondamente bi-bliche. Alla luce della sua esperienza spi-rituale, caratterizzata da una profonda mi-stica apostolica, il beato Alberione ci con-segna l’essenza dello spirito paolino, chepossiamo tradurre nel metodo dell’inte-gralità:

«È necessario che l’uomo viva di Ge-sù Cristo con tutto il suo essere e in tutto

Editoriale

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il suo essere, giacché Cristo è l’unica viaper andare al Padre… Qual è la supremapersonalità (del paolino)? Come e quan-do si realizza e si vive? Come san Paolo,quando si può dire: “Vivo non più io, maè Cristo che vive in me”» (CISP 783).

Essere cristiani per don Alberione si-gnifica vedere in Cristo lo sviluppo inte-grale della persona.

Pertanto, l’espressione “Ut perfectussit homo Dei” ci è donata dal Fondatorecome la chiave di lettura di tutto l’impe-gno formativo di quanti lo seguono nella“nuova via”, da lui tracciata nel contestodella vita consacrata; presentata come ilsegreto della vitalità e della stabilità dellaFamiglia Paolina nell’insieme armonicodei carismi e della missione della Chiesa.

Per questo, don Alberione rivolge anoi, suoi figli, quello che Paolo raccoman-dava a Timoteo, “mio figlio generato nel-la fede”: «Tu però rimani saldo in quelloche hai imparato e che credi fermamente.Conosci… le Sacre Scritture… Tutta laScrittura, ispirata da Dio, è anche utileper insegnare, convincere, educare perché“l’uomo di Dio sia completo” (ut perfec-tus sit homo Dei) e ben preparato perogni opera buona» (2Tm 3,14-17).

È la Parola di Dio, quindi, all’originedell’uomo di Dio! Ed è essa che assicurala formazione completa dell’uomo di Dio,soprattutto quando a Dio ha consacrato lasua vita.

Di conseguenza, l’uomo di Dio, matu-rato alla scuola della Parola, comprenderàl’urgenza dell’annuncio del Vangelo con imezzi della comunicazione sociale. Il gio-vane Alberione, attento ai segni dei tempie ispirandosi al sociologo Giuseppe To-niolo (beatificato il 29 aprile in Basilica

San Paolo, Roma), che parlava della «ne-cessità di far penetrare il Vangelo nellemasse» (AD 14) e «del dovere di esseregli apostoli di oggi adoperando i mezzisfruttati dagli avversari» (AD 15), scriveche «si sentì profondamente obbligato aprepararsi a far qualcosa per il Signore egli uomini del nuovo secolo con cui sareb-be vissuto» (AD 15).

Ecco il duplice segreto che ci trasmet-te il Fondatore: centralità di Cristo Mae-stro Via Verità e Vita presente nell’Eucari-stia e centralità della Parola di Dio comeluce del proprio cammino e impegno nel-l’annunziarla con tutti i mezzi possibili.

O.C.

Auguri in preghiera

Auguri di lieta

e santa Pasqua!

Un raggio di luce

ad ogni anima.

Un raggio di luce

che diradi le tenebre.

Un raggio di luce,

luce che parte

dal Tabernacolo.

Un raggio della luce

del Vangelo.

Pasqua luminosa!

Don Giacomo Alberione

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Magistero della Chiesa

l’espressione del volto, il corpocome segni che manifestano lapersona.

Nel silenzio parlano la gioia,le preoccupazioni, la sofferenza,che proprio in esso trovano unaforma di espressione particolar-mente intensa.

Dal silenzio, dunque, derivauna comunicazione ancora piùesigente, che chiama in causa lasensibilità e quella capacità diascolto che spesso rivela la mi-sura e la natura dei legami. Làdove i messaggi e l’informazionesono abbondanti, il silenzio di-venta essenziale per discernereciò che è importante da ciò che èinutile o accessorio. Una pro-fonda riflessione ci aiuta a sco-prire la relazione esistente traavvenimenti che a prima vistasembrano slegati tra loro, a valu-tare, ad analizzare i messaggi; eciò fa sì che si possano condivi-dere opinioni ponderate e perti-nenti, dando vita ad un’autenticaconoscenza condivisa.

Per questo è necessario crea-

“Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”In data 24 gennaio 2012, festa di san Francesco di Sales, patrono dei Giornalisti,il Santo Padre Benedetto XVI ha consegnato al popolo di Dio il messaggio per la“46ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali”, che si celebrerà domenica20 maggio 2012.

Cari fratelli e sorelle,all’avvicinarsi della Giornata Mondiale delle Comuni-

cazioni Sociali 2012, desidero condividere con voi alcune ri-flessioni su un aspetto del processo umano della comunica-zione che a volte è dimenticato, pur essendo molto importan-te, e che oggi appare particolarmente necessario richiamare.

Rapporto “silenzio-parola”

Si tratta del rapporto tra silenzio e parola: due momentidella comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e in-tegrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vi-cinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludonoa vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca uncerto stordimento, o perché, al contrario, crea un clima difreddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, lacomunicazione acquista valore e significato.

Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senzadi esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzioascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si appro-fondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezzaciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro,scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all’altra per-sona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimane-re legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostreparole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto re-ciproco e diventa possibile una relazione umana più piena.

Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autenti-ci della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto,

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Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione

tà, piccole o grandi, che dianosenso e speranza all’esistenza.L’uomo non può accontentarsidi un semplice e tollerantescambio di scettiche opinioni edesperienze di vita: tutti siamocercatori di verità e condividia-mo questo profondo anelito,tanto più nel nostro tempo in cui«quando le persone si scambia-no informazioni, stanno già con-dividendo se stesse, la loro vi-sione del mondo, le loro speran-ze, i loro ideali» (Messaggio perla Giornata Mondiale delle Co-municazioni Sociali 2011).

Sono da considerare con in-teresse le varie forme di siti, ap-plicazioni e reti sociali che pos-sono aiutare l’uomo di oggi a vi-vere momenti di riflessione e diautentica domanda, ma anche atrovare spazi di silenzio, occa-sioni di preghiera, meditazioneo condivisione della Parola diDio. Nella essenzialità di brevimessaggi, spesso non più lunghidi un versetto biblico, si posso-no esprimere pensieri profondise ciascuno non trascura di col-tivare la propria interiorità.

La Parolarisuona nel silenzio

Non c’è da stupirsi se, nellediverse tradizioni religiose, lasolitudine e il silenzio sianospazi privilegiati per aiutare lepersone a ritrovare se stesse equella Verità che dà senso a tut-

re un ambiente propizio, quasi una sorta di “ecosistema” chesappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni.

Gran parte della dinamica attuale della comunicazione èorientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricer-ca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazio-ne per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, infor-mazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sem-pre di più il luogo delle domande e delle risposte; anzi, spessol’uomo contemporaneo è bombardato da risposte a quesiti cheegli non si è mai posto e a bisogni che non avverte.

Il silenzio è prezioso per favorire il necessario discerni-mento tra i tanti stimoli e le tante risposte che riceviamo, pro-prio per riconoscere e focalizzare le domande veramente im-portanti. Nel complesso e variegato mondo della comunica-zione emerge, comunque, l’attenzione di molti verso le do-mande ultime dell’esistenza umana: chi sono? che cosa pos-so sapere? che cosa devo fare? che cosa posso sperare? Èimportante accogliere le persone che formulano questi inter-rogativi, aprendo la possibilità di un dialogo profondo, fattodi parola, di confronto, ma anche di invito alla riflessione e alsilenzio, che, a volte, può essere più eloquente di una rispostaaffrettata e permette a chi si interroga di scendere nel più pro-fondo di se stesso e aprirsi a quel cammino di risposta cheDio ha iscritto nel cuore dell’uomo.

Questo incessante flusso di domande manifesta, in fondo,l’inquietudine dell’essere umano sempre alla ricerca di veri-

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MAGISTERO DELLA CHIESA

E questo disegno di salvezzaculmina nella persona di Gesù diNazaret, mediatore e pienezza ditutta la Rivelazione. Egli ci hafatto conoscere il vero Volto diDio Padre e con la sua Croce eRisurrezione ci ha fatti passaredalla schiavitù del peccato e dellamorte alla libertà dei figli di Dio.La domanda fondamentale sulsenso dell’uomo trova nel Miste-ro di Cristo la risposta capace didare pace all’inquietudine delcuore umano. È da questo Miste-ro che nasce la missione dellaChiesa, ed è questo Mistero chespinge i cristiani a farsi annuncia-tori di speranza e di salvezza, te-stimoni di quell’amore che pro-muove la dignità dell’uomo e checostruisce giustizia e pace.

Parola e silenzio. Educarsialla comunicazione vuol direimparare ad ascoltare, a contem-plare, oltre che a parlare, e que-sto è particolarmente importanteper gli agenti dell’evangelizza-zione: silenzio e parola sono en-trambi elementi essenziali e in-tegranti dell’agire comunicativodella Chiesa, per un rinnovatoannuncio di Cristo nel mondocontemporaneo.

A Maria, il cui silenzio“ascolta e fa fiorire la Parola”(Preghiera per l’Agorà dei Gio-vani a Loreto, 1-2 settembre2007), affido tutta l’opera dievangelizzazione che la Chiesacompie tramite i mezzi di comu-nicazione sociale.

te le cose. Il Dio della rivelazione biblica parla anche senzaparole: «Come mostra la croce di Cristo, Dio parla anche permezzo del suo silenzio. Il silenzio di Dio, l’esperienza dellalontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nelcammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. (…) Ilsilenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole. In questimomenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio»(Esort. ap. Verbum Domini, n. 21).

Nel silenzio della Croce parla l’eloquenza dell’amore diDio vissuto sino al dono supremo. Dopo la morte di Cristo, laterra rimane in silenzio e nel Sabato Santo, quando «il Redorme e il Dio fatto carne sveglia coloro che dormono da se-coli» (cf Ufficio delle Letture del Sabato Santo), risuona lavoce di Dio piena di amore per l’umanità.

Se Dio parla all’uomo anche nel silenzio, pure l’uomoscopre nel silenzio la possibilità di parlare con Dio e di Dio.«Abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contempla-zione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare alpunto dove nasce la Parola, la Parola redentrice» (Omelia, S.Messa con i Membri della Commissione Teologica Interna-zionale, 6 ottobre 2006).

Nel parlare della grandezza di Dio, il nostro linguaggio ri-sulta sempre inadeguato e si apre così lo spazio della contem-plazione silenziosa. Da questa contemplazione nasce in tuttala sua forza interiore l’urgenza della missione, la necessitàimperiosa di “comunicare ciò che abbiamo visto e udito”, af-finché tutti siano in comunione con Dio (cf 1Gv 1,3). La con-templazione silenziosa ci fa immergere nella sorgente del-l’Amore, che ci conduce verso il nostro prossimo, per sentireil suo dolore e offrire la luce di Cristo, il suo Messaggio di vi-ta, il suo dono di amore totale che salva.

Nella contemplazione silenziosa emerge poi, ancora piùforte, quella Parola eterna per mezzo della quale fu fatto ilmondo, e si coglie quel disegno di salvezza che Dio realizzaattraverso parole e gesti in tutta la storia dell’umanità.

Come ricorda il Concilio Vaticano II, la Rivelazione divi-na si realizza con «eventi e parole intimamente connessi, inmodo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvez-za, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significatedalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustra-no il mistero in esse contenuto» (Dei Verbum, 2).

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Spiritualità paolina

“Nel Segreto di riuscita ci rivolgiamo alMaestro divino chiedendo di contrarre

con Lui un patto e glielo presentiamo per lemani di Maria, Regina degli Apostoli e permezzo del nostro Padre san Paolo. È un con-tratto con Dio, col Maestro divino. Bisogna ri-cordare i primissimi momenti dell’Istituto eanche quello che ha preceduto l’Istituto. Chia-mati dal Signore a compiere grandi cose, machi volete scegliere? Chi di noi è capace?

La nostra incapacità

Gesù, quando ha iniziato il suo ministeropubblico, è andato sulle rive del lago di Gene-zaret e là chi ha chiamato? Dei pescatori: Pie-tro, Giacomo, Giovanni, Andrea e poi Matteo,il quale era pubblicano e non godeva di grandestima. Era solo uomo che cercava denaro:quando esigeva le imposte, era giusto, ma nonsempre in regola.

E chi ha scelto il Signore per la nostra Con-gregazione? Gente ignorante. In genere figli dicontadini, gente che davanti a un’impresa qua-le doveva essere la Società San Paolo potevasolo dire: «Signore, non posso». Come quandoil Signore invitava Geremia a predicare ed eglirispondeva di non saper parlare (cf Ger 1,6).

Non sapevano parlare neanche gli Aposto-li e non sapevano certo le lingue che era ne-cessario sapessero; ma le lingue sono una co-sa da poco a confronto di quello che si devedare. Chiedere la fede! Chiedere quello che ri-guarda la salvezza degli uomini. Avevamo bi-sogno di mezzi e non avevamo né scienza, nédenaro, né influenze sociali, né appoggi uma-ni. Pressappoco come quando Gesù, che cam-minava sulle onde, disse a Pietro: «Vieni». EPietro si incamminò, scese dalla barca e posòi suoi piedi sull’acqua che lo sostenne, ma poigli venne un po’ di dubbio: «…come potròcamminare io sull’acqua?». E incominciò adaffondare. Allora gridò al Signore che lo so-stenesse. E Gesù gli disse: «Uomo di poca fe-de, perché hai dubitato?». E lo prese per ma-no. Gesù guidava, Pietro si appoggiava a Luicamminando sulle acque. E poi salirono sullabarca (cf Mt 14,26-32). Così noi.

Allora notiamo bene: Egli ha dei disegnisopra di noi: «Noi dobbiamo corrispondere atutta la vostra altissima volontà». Il Signorepuò servirsi di quello che c’è e se non ci fossecrea quello che fa bisogno.

«Arrivare al grado di perfezione e gloriaceleste cui ci avete destinati». Chi entra nellaFamiglia Paolina è destinato a una grande glo-

Ricordando il 4 aprile – giorno memoriale della nascita del beato Giacomo Albe-rione - vogliamo cogliere “una delle abbondanti ricchezza di grazia” che è il Pat-to o Segreto di riuscita. È il commento che lo stesso Fondatore ha offerto alle Fi-glie di San Paolo, il 26 Aprile del 1963 durante un corso di Esercizi Spirituali.

Il “Segreto di riuscita”una delle “abbondanti ricchezze di grazia”

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ria, ma prima deve raggiungere un alto gradodi perfezione…

E quanto a noi, cosa siamo? Siamo “igno-ranti, debolissimi”: alle volte la debolezza èanche nel fisico, ma maggiore è quella morale.Ignoranti: Nulla sapevamo, nulla sappiamo!Non solamente per quel che riguarda le cosefatte, ma in modo particolare non capiamo be-ne cosa significa apostolato.

«Insufficienti in tutto»! Quando noi cam-miniamo nella via di Dio, Egli ci accompagnacon la grazia.

«Incapaci nell’apostolato». Sì, nulla sa-pevamo. I primi sono stati docili, hanno se-guito e la grazia di Dio li ha portati. E nellapovertà? Quali doti avete portato? Chi è cheha contribuito? Chi ha messo un mattone?...Elesse il Signore gli strumenti più incapaci,la gente più ignorante, tante volte la gentepiù debole anche di salute e poi gente chenon si distingueva nella società, ma venivadalle classi più umili, affinché si veda chesolo Lui ha fatto.

Confortati quindi anche dall’esperienza di-ciamo: Voi, o Signore, «siete la Via, la Veritàe la Vita, la Risurrezione, il nostro unico esommo Bene», e allora tutto l’effetto va a Lui.«Da me nulla posso, con Dio posso tutto».

«Confidiamo solo in voi che avete detto:qualunque cosa chiederete al Padre in nomemio, l’avrete». Qualunque cosa chiederete al Pa-dre in nome mio l’avrete, e cioè chiederete lasantità e lo zelo e l’esercizio dell’apostolato,l’avrete.

La fiducia in Dio

Ci vogliono due condizioni: riconoscere ilnostro nulla e contare tutto su Dio. Ecco il no-stro Patto. Che cosa ne viene a noi? Si tratta diun contratto, riceviamo conforme quello che

portiamo. Avere l’impegno: di «cercare unica-mente la gloria di Dio e la pace degli uomini»;è questo che ci immette nelle rotaie della vitadi Gesù Cristo: “la gloria di Dio, la pace degliuomini”. Viviamo Cristo così? Cercando uni-camente la sua gloria e la pace, cioè, la salvez-za delle anime?

Ma mentre noi presentiamo questa mone-ta, diciamo così, per il contratto con Dio, ilPatto continua: «Contiamo su di voi». Perche cosa? Avere lo spirito buono, religioso,paolino, grazia per superare le difficoltà,l’aumento della santità e il sapere. Saperenella redazione, nella tecnica, nella diffusio-ne (i tre aspetti tipici dell’apostolato paolinodella comunicazione).

E i «mezzi di bene». Sì, se il Signore vuoleprocura anche i mezzi per la Radio e la TV. Al-

IL “SEGRETO DI RIUSCITA”

lora contiamo su di Lui che ci dia questa santi-tà e mezzi di bene, cioè mezzi di apostolato.

Poi: «Moltiplicate, secondo l’immensa vo-stra bontà e le esigenze della nostra vocazionespeciale, i frutti del nostro lavoro spirituale.Innanzitutto la santità: una santità speciale!Occorrono dei santi nella redazione! Dei santinella tecnica! Dei santi nella diffusione.

Perché progrediamo nel lavoro spirituale,quel lavoro che ogni anima fa, il Signore diafrutti abbondanti. E che si sappia imparare inquel che faremo, sia nello studio come nel-l’apostolato.

«…della nostra povertà», cioè che noi ve-niamo ad avere i mezzi necessari anno per an-no, occasione per occasione, iniziativa per ini-ziativa.

«Non dubitiamo di voi», quindi doman-diamo la grazia di essere costanti, perchédobbiamo temere di noi, non di Dio! «Temia-mo la nostra incostanza e debolezza»: siamocosì volubili! Almeno ci riconosciamo tali! Eabbiamo sempre bisogno, settimana per setti-mana, di ritornare al Sacramento della peni-tenza.

Stabilito questo patto, cioè quel che dob-biamo dare noi a Gesù e quel che Gesù daràa noi, soggiungiamo: «Vogliate perciò, oMaestro buono, per intercessione della no-stra Madre Maria, trattare noi con la miseri-cordia usata con l’Apostolo Paolo». Egli dapersecutore della Chiesa è diventato il più ar-dente apostolo! Come è arrivato a tante na-zioni? Come ha fatto a scrivere tanto? Che ilSignore tratti così noi. Che non guardi le no-stre miserie e disobbedienze, i nostri torti e inostri peccati, ma guardi alla sua bontà. C’èuna solo forza in noi, una sicurezza: la mise-ricordia! Abbiate pietà di noi, diciamo sem-pre; «Gesù Maestro Via, Verità e Vita, abbia-te pietà di noi».

Binomio da rispettare

Associare sempre umiltà e fede: Da me nul-la posso. con Dio posso tutto! Fede! Non teme-re, non guardare le difficoltà, non pensare chele cadute dipendano dalle tentazioni, dai peri-coli e dagli ambienti dove andate! Da me nul-la posso, ma con Dio posso tutto!

Allora «l’intercessione di Maria e la miseri-cordia usata da Gesù a san Paolo, sicché fede-li nell’imitare questo nostro Padre in terra, pos-siamo essergli compagni nella gloria in cielo».

La preghiera o Patto si deve recitare ognigiorno almeno alla Visita al SS.mo Sacramentoe poi quando si deve iniziare qualche opera,qualche casa, o prendere qualche nuova attivi-tà. Ma... qui non possiamo, lì non sappiamo...Ricordiamo a Gesù il patto. Non cominciare adubitare di Dio, ma dubitare di noi, sì, quella èumiltà!

Bisogna allora che facciamo due propositiassieme: Da me nulla posso, ma con Dio pos-so tutto. Egli ha preveduto che io mi facessisanto, e quel che avrei dovuto fare nella miavita. C’è la grazia preparata, perché il Signo-re quando ti ha dato la vocazione e quando timanda per obbedienza in un ufficio, ecc, ti dàla grazia! Dio dà un comando, ha sopra di noidei voleri, ma dà la possibilità. Fede! Umiltàprofonda fermissima. «Abramo credette, sal-do nella speranza, contro ogni speranza»(Rm 4,18).

Essere sicuri che il Signore è con noi e vuo-le eleggere gli strumenti più incapaci per di-mostrare che è Lui che fa.

Quindi temere solo di noi, mai di Dio! Te-mere del nostro orgoglio e della nostra inco-stanza nel seguire il volere di Dio”.

A cura di don Olinto CRESPI ssp

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Spiritualità paolina

Il Presidente della CEI, Angelo Bagnasco, 23-26 gennaio 2012, invitando a «metterci inascolto e aiutarci a cogliere il soffio della voce di Dio…», invitava tra l’altro a un’atten-zione particolare al coinvolgimento dei cattolici e diceva: «Il nostro laicato vuole esserci,consapevole di essere portatore di un pensiero forte e originale, cioè non conformista».

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Spiritualità apostolica

Aconferma di questo sollecito invito rivol-to ai laici cristiani, il 29 aprile il sociolo-

go Giuseppe Toniolo verrà solennemente bea-tificato nella Basilica San Paolo fuori le Mu-ra. Il 13 gennaio 1953 Camillo Corsanego,quando presentò a Pio XII la figura di Giusep-pe Toniolo, perorandone ufficialmente la cau-sa di beatificazione, lo definì ««maestro deicattolici italiani in campo sociale». Quasisessant’anni dopo, Toniolo sarà beatificato adonore di Dio e a stimolo di tutti i laici cristia-ni impegnati nel sociale.

Scrive Agostino Giovagnoli su “Avvenire”di venerdì 23 marzo: Toniolo «èstato il protagonista di un periodoimportante nella storia del movi-mento cattolico italiano, quelladella Rerum Novarum e del cat-tolicesimo sociale in genere. Do-po di lui sono venuti altri, tra cuiLuigi Sturzo e Alcide De Gaspe-ri, interpreti di stagioni diverse,in cui il movimento cattolico riu-scì finalmente a trovare uno sbocco anche po-litico».

Toniolo nasce a Treviso nel 1845, muore aPisa nel 1918. Scrive il Giovagnoli: «Toniolofu anzitutto un ricercatore, un professore e un

uomo di cultura (visse pure il matrimonio e lafamiglia all’interno di un forte senso della vo-cazione laicale cui si sentiva chiamato). È sta-to un intellettuale di livello europeo. Dedicò lasua tesi di laurea a dimostrare l’importanzadel nesso tra etica ed economia», nel desideriodi «rivendicare la rilevanza della fede religio-sa anche nel campo dei fenomeni economici»,un argomento quanto mai attuale oggi nell’im-pegno di ridimensionare la legge del “profitto”che soffoca l’uomo.

Nell’approfondire iI nesso tra etica ed eco-nomia, si permise «di richiamare più volte le

classi dirigenti – i “padroni” cri-stiani – ad assumersi le loro re-sponsabilità “verso il popolo” e“per il popolo”. Si radica in que-sta spinta anche la sua riflessionesul corporativismo, inteso comeorientamento dell’attività econo-mica verso il bene comune di tut-te le parti sociali. E, davanti al-l’inerzia e alle colpe delle classi

dominanti, giunse a sostenere la necessità disindacati operai, in grado di far valere i dirittidei ceti subalterni, con il “Programma di Mi-lano”, da lui proposto nel 1894».

Fu presto coinvolto nell’attività dell’“Ope-

Giuseppe Tonioloe il beato Giacomo Alberione

ra dei Congressi”, organizzazione principaledei cattolici italiani, nata nel 1874 e sciolta daPio X il 30 luglio 1904, sostituita – scrive ilbeato Alberione in AD 60 con alquanto ram-marico – dall’«Unione Popolare tra i Cattoli-ci…».

L’iniziativa dell’“Opera dei Congressi”colpì molto il beato Giacomo Alberione. Scri-ve: «Corsi di conferenze sociali, stu-di sociali negli anni di Teologiae successivi, i congressi diindole sociale, cui dovetteprendere parte per dispo-sizione dei Superiori, lacooperazione ad orga-nizzazioni ed opere so-ciali, le relazioni conuomini di azione catto-lica, tra cui il card. Maf-fi, prof. Toniolo, conte Pa-ganuzzi e rag. Rezzara»(AD 59): tutto servì per darecorposità e completezza all’opera che Dio gliaffidava.

Per noi Paolini la sua beatificazione ac-quista un significato particolare, perché ilgiovane Giacomo Alberione, sacerdote il 29giugno 1907, appellò più volte a questa figu-ra e alle sue intuizioni quando iniziò la Fami-glia Paolina.

Giovane sedicenne, nelle quattro ore diadorazione nel Duomo di Alba, «gli parvechiaro quanto diceva Toniolo sul dovere di es-sere gli apostoli di oggi adoperando i mezzisfruttati dagli avversari. Si sentì profondamen-te obbligato a prepararsi a fare qualcosa per ilSignore e gli uomini del nuovo tempo in cuisarebbe vissuto (AD 14).

Soprattutto sentiva il bisogno che anime ge-nerose si associassero in organizzazione, perrealizzare ciò che Toniolo tanto ripeteva: “Uni-

tevi; il nemico, se ci trova soli, ci vincerà unoper volta”» (AD 17).

Scrive ancora Agostino Giovagnoli su “Av-venire”: «Egli operò in assoluta fedeltà alle di-rettive papali e con costante attenzione perl’unità dei cattolici italiani, riuscendo a spinger-li verso la prospettiva della “democrazia cristia-na”. Egli fu in realtà il primo autentico leader

laico del cattolicesimo italiano, eser-citando un’autorevolezza diffusa,

distinta ma non conflittualecon l’autorità ecclesiastica.

In questo ruolo, egli aiutòla Chiesa del suo tempo ariconciliarsi con la storiae a riprendere il confron-to con il mondo moder-no. Con la nomina a pre-

sidente dell’Unione popo-lare, la sua leadership ven-

ne riconosciuta ufficialmenteda Pio X e Toniolo poté lancia-

re iniziative innovative come le Settimane So-ciali dei cattolici italiani…».

Le sue iniziative più significative sonol’Unione cattolica per gli studi sociali in Ita-lia e la fondazione della Rivista internaziona-le di scienze sociali. Ed è proprio a queste ini-ziative cui si riferisce don Alberione quandoscrive: «Vi era stato poco prima un congresso(il primo a cui assisteva); aveva capito bene ildiscorso calmo ma profondo ed avvincente diToniolo. Aveva letto l’invito di Leone XIII apregare per il secolo che incominciava. L’unoe l’altro parlavano della necessità della Chie-sa, dei nuovi mezzi del male, del dovere di op-porre stampa a stampa, organizzazione ad or-ganizzazione, di far penetrare il vangelo nellemasse, delle questioni sociali…» (AD 14).

Don Venanzio FLORIANO ssp

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Giuseppe Toniolo e il beato Giacomo Alberione

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Dalle catechesi di don Stefano Lamera

L’amore è donare. Donare è amare. Si puòamare donando cose, qualche cosa. Ma

l’amore pieno e totale è l’amore di noi stessi,come aveva detto Giovanni Paolo II, un Giove-dì santo: diventare, ognuno di noi, dono aglialtri. Questa è Pasqua. Ognuno di noi, peramore, diventa come Cristo dono agli altri.

Ti porto me stesso con tutto quello che so-no, con tutto quello che ho. Ecco, Cristo ha da-to! Pasqua è questo, solo questo! Che davveropossiamo anche noi celebrare la Pasqua così.Allora avremo come premio la pace. La pacefiorisce dall’amore. E se non si celebra la Pa-squa, nei cuori non ci sarà la pace, perché lapace fiorisce dall’amore. È l’augurio più belloche possiamo farci!

Pregare la Madonna per questo. Allora, do-po quelli a Cristo, facciamo gli auguri alla Ma-donna.

Auguri, Madonna cara, oggi è il tuo giornodi gioia piena. Il Figlio tuo è risorto. E dobbia-mo dire grazie alla Madonna perché l’unicapersona che ha meritato per noi e per l’umani-tà la risurrezione di Cristo, è la sua fede!

Morto Cristo, più nessuno sulla terra hacreduto che Egli potesse risuscitare, anche sel’aveva detto. Le pie donne? Esse vanno ad im-balsamarlo. Gli Apostoli terrorizzati sonochiusi a chiave nel Cenacolo. Terrorizzati! Al-tro che risuscitato!

Chi resta nel mondo, nell’umanità, per

l’umanità che crede che Cristo risorge? La Ma-donna, solo la Madonna. E ha meritato…

Dobbiamo almeno dirle: Grazie! Tu hai cre-duto quando più nessuno a questo mondo cre-deva. Oh, Maria, Madre fedele, comunica que-sta fede a noi, questa tua fede di Mamma, e co-munica questa fede a tutti i fratelli. È risorto!Pasqua, festa del dono. Auguri a Cristo che ri-sorge, auguri e grazie alla Madonna.

Frutto della Pasqua – non dimenticatelo! –essere dono ai fratelli. Quanto più siamo dono,quanto più siamo capaci di essere dono, noi,con tutto quello che siamo di beni naturali e dibeni divini, di ricchezze umane e di ricchezzedi grazia.

Ecco qui, cari genitori, questa è la vostrarealtà di fronte ai figli, e questa è la vostra re-altà di fronte l’uno all’altro. Ed ecco perché imatrimoni falliscono: non sono dono uno al-l’altro. Entra la discussione delle cose… Civorrebbe sempre la Pasqua nel matrimonio.

Questo mistero è l’unico: «Io stesso ti hodato tutto», dice Gesù. E il Padre dice: Io ti hodato tutto. Niente di più potevo avere del Figlioe l’ho dato, l’ho sacrificato, perché voi fostemiei figli e quindi eredi della mia gloria, tutto!In Cristo abbiamo tutto! Ha dato tutto, anchequello che Egli è: Figlio di Dio nella carne.«Padre, voglio che anche quelli che mi hai da-to, siano con me dove sono io» (Gv 17,24).«Vado a prepararvi un posto» (Gv 14,3).

Donare è amare

Questa bella e originale pagina di don Stefano Lamera pone in evidenza l’amore diDio nel dono di suo Figlio all’umanità. Per vivere questo amore ci invita a pregare laMadonna, per diventare anche noi dono per gli altri.

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Donare è amare

La festa del Buon Pastore

Ora una piccola riflessione che troverete in-teressantissima, perché credo che nessuno maive l’abbia detto.

Oggi, Sabato santo, si compie in pienezza laparabola del Buon Pastore. La quarta domeni-ca dopo Pasqua è la domenica del Buon Pasto-re, ma la festa del Buon Pastore è oggi, sabatosanto.

Perché Gesù è il Buon Pastore, oggi? Egli èmorto ed è disceso agli inferi, non è andato inParadiso. È andato agli inferi, cioè il posto piùlontano da Dio, di fronteall’uomo. È disceso là perincontrare chi? Adamo, lapecorella smarrita. Adamovuol dire “uomo”. Tuttismarriti, tutte pecorellesmarrite in Adamo. Cristova ad abbracciare Adamo,l’uomo smarrito, la peco-rella smarrita e, finalmen-te, è il Buon Pastore: se lacarica sulle spalle e con ilcorteo di tutta l’umanità,preceduta da lui, che è vis-suta nella fede come pote-va, almeno nell’onestà, en-tra in Paradiso.

Ecco perché oggi è la festa del Buon Pasto-re. Cristo non entra in Paradiso solo. Scende adincontrare l’umanità. Ma prende il primo uo-mo, la pecorella smarrita, Adamo.

Che mistero! Che lacrime di gioia! Cristo siporta la pecorella, l’uomo! Lui, Uomo e Dio, sifa carico dell’uomo, e lo riporta all’ovile, allacasa del Padre. Entra in Paradiso. Questo è quel-lo che avviene con la risurrezione di Cristo. Og-gi è il giorno del grande amore per l’uomo.Questa è la Pasqua del Signore con l’umanità.

Sì, il Buon Pastore è andato a cercare lapecorella smarrita per caricarsela sulle spallee portarla tutto lieto all’ovile, alla casa del Pa-dre dove era atteso per la festa. Come avreb-be potuto fare festa Cristo nella Casa del Pa-dre, senza la pecorella, l’uomo? Il primo uo-mo, Adamo, e con lui l’umanità, perché Ada-mo è l’umanità redenta dal sangue di Cristo,Dio e uomo! Gesù perdona e perdonando do-na. Che cosa? Il Paradiso, la salvezza. Questaè la Pasqua.

«Io sono il Buon Pastore» (Gv 10,11). «Iostesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura…

Andrò in cerca della peco-ra perduta e ricondurrò al-l’ovile quella smarrita»(Ez 34,11.16).

Oggi il Buon Pastore hapreso cura delle pecore! Ecosì quest’oggi è il mo-mento in cui il Pastore in-viato dal Padre, Gesù Cri-sto, realizza la sua missio-ne per la quale era statomandato nell’amore.

Massima lontananza daDio negli inferi, giù nelprofondo. Non è l’inferno,è lontananza, abisso traDio e l’uomo. Ma Dio, fat-

to uomo, scende a prendere l’uomo. È risorto.Ebbene, ecco gli auguri anche a voi di tutto

cuore, ma proprio di cuore. Pace a voi! Perchédall’amore fiorisce la pace e perché semprel’uomo abbia questo dono: è risorto!

Gesù non è fatto per il sepolcro, perché è laVita!

Gesù non è fatto per le tenebre della tomba,perché è la Luce!

Gesù non è fatto per la terra poiché è venu-to dal Cielo e al Cielo ritorna!

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DALLE CATECHESI DI DON STEFANO LAMERA

Questo annunzio è tutta la nostra speranza,il nostro gaudio, la nostra certezza.

Noi, fatti a immagine e a somiglianza di Cristorisorto, anche noi siamo per la Vita: Vita eterna!

Noi siamo per la Luce: Luce eterna.Noi siamo con Cristo e per Cristo per il cie-

lo!» (Roma, Casa “Gesù Sacerdote”, 2 aprile1994).

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ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

“Vi affido alla Parola”

Quando avrete tra mano questo numero di GesùMaestro ci troveremo quasi al termine di un anno

pastorale e all’approssimarsi del mese di giugno: nellaFamiglia Paolina tradizionalmente dedicato a san Pao-lo. Per questo motivo ritengo opportuno proporre alcu-ne considerazioni sulle tematiche che abbiamo appro-fondito negli Incontri-Ritiri di quest’anno (2011-2012)che facevano riferimento al cosiddetto “testamento pa-storale di san Paolo” (At 20,17-38).

1. “Vigilate su voi stessi”: l’importanza di curareanche gli aspetti umani nella vita del prete, pertestimoniare una spiritualità paolina integrale efavorire l’attività pastorale;

2. “Vigilate su tutto il gregge”: guai a noi preti senon assumiamo sante industrie per proporre tuttoil mistero di salvezza di Cristo; e se non ci impe-gniamo ad annunciare il Vangelo a tutti, miglio-rando la qualità dell’attività di evangelizzazione;

3. “Vigilate-valorizzate i mezzi di Grazia, lascian-dosi guidare e illuminare da Gesù Parola-Euca-restia” che dà la forza necessaria per persevera-re nel servizio pastorale con “parresia”, renden-do efficace il ministero.

Abbiamo avuto modo di ravvivare la consapevolez-za che il grande dono ricevuto del sacerdozio ministe-

riale non è una realtà che si può circo-scrivere con facilità, come qualsiasi al-tra realtà; l’attività apostolico-ministe-riale-pastorale risulta un compito parti-colarissimo, un’arte, un modo di opera-re, un modo d’essere, di manifestarsi edi agire (lasciandosi guidare dallo Spi-rito) complesso e composito. Si trattadi un ministero (una continua chiama-ta ad un progetto che ci supera) proget-tabile e imprevedibile, difficile e av-vincente, personale e comunitario, di-vino e umano. Sono necessari l’inte-riorizzazione di contenuti validi, capa-cità di inculturazione, vivacità pastora-le, coinvolgimento di tutto il proprioessere, soprattutto lasciarsi guidare dal-lo Spirito del Signore: e queste variedimensioni interagiscono tra di loro.

“Vigilate su voi stessi”

Il confronto con l’esperienza di fe-de e di apostolato di san Paolo ci hadato modo di riflettere, prima di tutto,sull’importanza di curare anche la di-mensione umana nello svolgere il mi-nistero. Abbiamo meditato assiemecome, ravvivando l’alleanza con il Si-gnore e spinti dal suo amore, i sacerdo-ti sono chiamati ad impiantare nei lorocuori la sapienza del Vangelo e a testi-moniarla poi nella vita, manifestandogli stessi sentimenti di Cristo “mite ed

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Comunicazione del Delegato

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

umile di cuore”, che comporta: ascolto sincero e atten-to verso tutti i fedeli, affabilità, compassione evangeli-ca; e anche prudenza, distacco e fermezza, quando siha a che fare con persone menzognere, invadenti, pre-potenti (risultare sì “semplici come colombe”, ma an-che “prudenti come serpenti”).

«Oggi, che non si fa più affidamento alla funzione,ma sulle qualità della persona, l’autorevolezza del pre-sbitero è ancora più necessaria ed è legata alla suastatura umana e spirituale. Davanti a Dio e agli uomi-ni niente può sostituire una vita personale autentica!»(Enzo Bianchi). Tante le conseguenze operative: l’au-tenticità della propria umanità, lo stile pastorale piùcentrato sulle persone che su programmi e strutture, lariscoperta della paternità spirituale, la fraternità pasto-rale, la capacità di coinvolgere i laici nella pastorale...

“Vigilate su tutto il gregge”

In una seconda meditazione abbiamo cercato di in-teriorizzare il forte richiamo di Paolo: «Vigilate atten-tamente su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spiri-to Santo vi ha costituiti come custodi per essere pasto-ri della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il san-gue del proprio Figlio». Per svolgere fedelmente il mi-nistero, bisogna saper cogliere i “segni dei tempi”, vi-gilare su tutta la realtà che ci circonda e su tutte le per-sone che ci vengono affidate per proteggerle dai conti-nui attacchi del maligno (lupi rapaci).

Data la complessità della cultura e dell’attività pa-storale (in una società “liquida”) è necessario, oggi, unserio discernimento spirituale-pastorale (“studiosità”alberioniana): non sono più consentiti l’improvvisazio-ne, il pressappochismo. Se il prete non tiene viva la suaidentità come continuatore di Cristo, unto dallo Spiri-to Santo per “amministrare i misteri di Dio”, può tro-varsi senza l’”exousia” necessaria per sperimentare fe-condità nel suo ministero, per rinnovare le “mappe”(che cambiano di continuo) della realtà. E corre il ri-schio di non indossare e non far indossare ai fedelil’armatura di Dio (Ef 6,10-20).

I progetti pastorali basati sul pre-supposto che l’essere umano sia un es-sere razionale e libero, che una voltaascoltato il messaggio cristiano lo at-tuerà e tutto dipende solo dalla suapersonale responsabilità... hanno falli-to. Non basta proclamare il Vangelo,bisogna aiutare a farne vitale esperien-za; noi preti dobbiamo favorire che lasapienza di Cristo si impianti nel cuo-re delle persone.

Con il brano di Atti 17, 16-34 ab-biamo avuto modo di riflettere suun’altra importante dimensione paoli-na: vigilare sul gregge nel portare eannunciare il Vangelo a tutti con tutti imezzi. Atene è un’occasione ghiotta,la piazza, i luoghi di incontro e di con-fronto: Paolo non pensa subito all’esi-to ma all’opportunità. È profondamen-te convinto che il Vangelo deve entrarein ogni società ed in ogni cultura perfecondarla dall’interno.

In questo è l’antesignano di qualsi-voglia tentativo di inculturazione delVangelo. Nella piazza, con lo stile deldialogo e del confronto, valorizzandogli strumenti e le conoscenze degli in-terlocutori, Paolo si esprime e annun-cia la buona novella della salvezza pergrazia. Esce allo scoperto, suscita inte-resse e curiosità: «Vediamo cosa ha dadirci».

“Vigilate-valorizzatei mezzi di grazia”

Per questo motivo, nel terzo incon-tro abbiamo cercato di interiorizzarel’invito accorato di Paolo: «E ora viaffido al Signore e alla Parola della

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sua grazia che ha il potere di edificare e di concederel’eredità con tutti i santificati» (At 20, 32). Paolo di-ceva agli anziani di Efeso evuole ribadirlo a noi preti: nonsono io che ho in mano la Pa-rola di Dio e che ve la possoaffidare. Io sono in mano allaParola, è la Parola che ha inmano la mia vita; quindi vi af-fido alla Parola che ha custo-dito me, perché custodisca an-che voi.

È lei, la Parola, la prota-gonista, perché nella Parolala potenza di Dio agisce, ope-ra e salva. Non solo ci illumi-na su ciò che dobbiamo fare,ma ci dà la forza di farlo. «Laparola di Dio è utile per in-segnare, convincere, correg-gere e formare alla sapienzadel Vangelo, perché l’uomodi Dio sia completo e benpreparato per ogni operabuona» (2Tim 3,14-16). «LaParola di Cristo dimori travoi abbondantemente, am-maestratevi e ammonitevicon ogni sapienza, cantandoa Dio di cuore e con gratitu-dine salmi, inni e canticispirituali…» (Col 3,16 ): laParola di Dio (meditata, cele-brata, adorata e attuata) “sia di casa” nella vostra at-tività pastorale!

Molto concretamente, il prete ha bisogno di tempoper “essere”, così da risultare all’altezza del suo delica-tissimo e importantissimo compito; ha bisogno di tem-po per la preghiera, la meditazione per prepararsi ade-

guatamente a svolgere le varie dimen-sioni di animazione. Ha bisogno di

tempo per pensare a se stesso e agli al-tri. Altrimenti diventa solo “un tecnicodella pastorale”. Più abbiamo da fare,più abbiamo bisogno di riservare tem-po per il Signore. Il tempo per Lui ètempo per gli altri. Colui che deve da-re molta acqua deve trattenersi più a

Istituto Gesù Sacerdote

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

lungo alla fonte. Certo, questo crea spesso tensioni epressioni (cf anche Cristo con gli apostoli in Mc 6,30-56), ma è l’unica via per esistere veramente per gli al-tri e dare loro Cristo stesso, tutto il suo Vangelo, per-ché solo Lui è salvatore…

Non Dio nelle nostre mani,ma noi nelle mani di Dio

Fare costantemente e direttamente riferimento aCristo, non è misticismo come spesso si dice e si è ten-tati di pensare. Teniamo presente che per realizzare lavolontà di Dio nel portare la salvezza a tutti gli uomi-ni, se coltivassimo la presunzione che sarà la nostraazione a rendere fecondo il progetto di salvezza di Cri-sto, sperimenteremmo solo un continuo stress. Non po-tremmo essere mai all’altezza della situazione, comenon potremmo mai raggiungere tutti gli uomini; o rag-giungerli a quella profondità in cui Cristo vuole abita-re in loro, liberandoli in pienezza. Anche se, per porta-re avanti il suo progetto di salvezza, vuole sempre ser-virsi di noi uomini…

Contemplando l’icona della trasfigurazione del Si-gnore (cf Mt 17,1-18), siamo invitati a superare la tenta-zione del voler piantare le tende sul Tabor. Ma non perquesto dovremmo risparmiarci la fatica di lasciarci con-durre continuamente da Gesù in disparte, sul monte (se-gno dell’incontro profondo con il Signore). Altrimenti cimancherà anche la forza (dynamis, parresia, grazia…)di discendere per accogliere, confortare, incoraggiare,servire tutti gli uomini o ci perderemmo nelle “piattez-ze” della pianura a motivo delle continue ingratitudini,contrasti e fatiche umane che ci capita spesso di speri-mentare nell’azione pastorale generosa e creativa.

Sacerdotea tempo pieno per Cristo

I sacerdoti sono persone elette, messe a parte peressere con Cristo e per essere ricreati, rifatti, e manda-

ti a testimoniare la grandezza e la ve-rità del Vangelo. Cioè persone rag-giunte da un Amore che le assorbe, leaccende e le restituisce alla comunità,perché la comunità continui a vivere esperimentare e testimoniare Cristo, lasua vita nuova evangelica libera e li-berante.

Il sacerdote è in funzione di Cristo;essere pastore vuol dire far vivere Cri-sto nella propria vita, affinché tanti al-tri vivano della vita nuova di Cristo.Essere il cuore di Cristo in mezzo agliuomini. «Grazie a Cristo che diffondeper mezzo nostro il profumo della suaconoscenza» (2Cor 2,14); «Noi nonpredichiamo noi stessi, ma Cristo Ge-sù Signore» (2Cor 4,5).

Affidiamo a Maria, Regina degliApostoli, le nostre persone e le no-stre attività apostoliche; presentiamoquesti desideri di bene, assieme atutte le intenzioni che ognuno di noiporta nel cuore… coltivando viva fi-ducia che «la presenza di Maria, co-me ha accelerato la discesa delloSpirito Santo sugli Apostoli nel Ce-nacolo, così potrà accelerare il rin-novamento dei nostri cuori, dellaChiesa e degli Istituti della Chie-sa…» (beato don Alberione).

don Emilio CICCONI, Delegato [email protected]

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Aspetti del carisma paolino

Don Alberione in una delle sue meditazio-ni diceva: «Il nostro metodo non è nostro,

non è metodo riservato, ma il metodo quelloche nostro Signore ha insegnato con la suastessa vita. Noi dobbiamo portare tutto l’uo-mo a Dio. Non possiamo farlo cristiano sol-tanto nella preghiera o nelle opere. È necessa-rio che l’uomo viva di Gesù Cristo con tutto ilsuo essere e in tutto il suo essere, giacché Cri-sto è l’unica via per andare al Padre. […]Un’istituzione religiosa è tanto più perfettaquanto porta a vivere al massimo Gesù Cri-sto! E tutto l’apostolato nostro non ha che loscopo di far vivere più profondamente la vitacristiana» (Via Verità e Vita: metodo divino,Predicazione sul Divin Maestro, p.81, Archi-vio Figlie di San Paolo).

Essere cristiani significa per il Primo Mae-stro, don Alberione, volere in Cristo lo svilup-po integrale della persona umana: “Mettiamoassieme tutte le parti e formiamo il Cristo uni-to…Essere equilibrati come Gesù Cristo: chel’equilibrio sia perfetto! Perfectus Deus, maanche perfectus homo!» (Pr RE, p. 441 : Col-lezione ciclostilata FSP, Grottaferrata, rag-gruppata per argomenti).

«Quale è la suprema personalità? Come equando si realizza e si vive? Come san Paolo,quando si può dire: vivo non più io è il Cristoche vive in me» (CISP, p.783)

«La formazione della Famiglia Paolina ècomplessa e non si è mai abbastanza forma-ti. Vediamo ogni giorno che noi siamo anco-ra inferiori a compiere nelle anime quel beneche è nelle intenzioni del Signore. Questaformazione riguarda l’intelletto, riguarda lavolontà, riguarda il cuore. Dobbiamo svilup-pare la personalità nostra. L’intelletto con lascienza; la volontà con la virtù; il cuore conla preghiera, con la grazia; il corpo santifi-cando ogni senso» (Predica del Primo Mae-stro, nel Quarantesimo di fondazione, 20agosto 1954).

La concezionedell’Uomo-apostolo in Paolo

Paolo mutua nella sua originalità personalela struttura antropologica essenziale biblica.

L’uomo biblico, dal punto di vista della sal-vezza, è visto e considerato essenzialmente co-me essere carnale venduto al peccato ed essere

Il metodo dell’integralitàper l’apostolo paolino

Alla luce della sua esperienza spirituale caratterizzata da una profonda mistica apostoli-ca don Alberione consegna al Paolino di ogni tempo l’essenza dello “spirito paolino” inalcuni elementi salienti e peculiari, che possiamo sintetizzare in questo modo: 1) Un fortee profondo impegno di integralità cristiana; 2) in risposta al pleroma del Cristo, Via Veri-tà e Vita; 3) nel senso profondo e dinamico proposto da Paolo; 4) nel clima soprannatura-le di Maria, Regina degli Apostoli.

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IL METODO DELL’INTEGRALITÀ PER L’APOSTOLO PAOLINO

spirituale animato dal dinamismo divino dellavita soprannaturale.

La definizione paolina dell’uomo rispec-chia ed incarna nell’originalità di Paolo il pen-siero dell’antropologia biblica.

L’uomo, maschio e femmina, è costituitodal nefesh (l’anima), che lo rende un essere vi-vente; dalla basar (la carne), che lo fa un sog-getto mondano, caduco e mortale; dal ruach(lo spirito), che lo costituisce persona dotata diuna scintilla divina vitale.

Queste tre componenti sono inserite in ma-niera armonica nel soma (il corpo), l’“Io” on-tologicamente in relazione con Dio, con gli Al-tri, con il Mondo.

1) L’uomo spirituale per Paolo (ànthropospneumatikòs) è un uomo conquistato da GesùCristo. Venire trasformati (“trasfigurati”, ilverbo di Paolo è metamorphéo, quella dellatrasfigurazione di Gesù nei sinottici) significadavvero divenire nella propria integralità unuomo spirituale perché cristificato: «Sono sta-to crocifisso insieme a Cristo; vivo, però nonpiù io, ma vive in me Cristo. La vita che ora iovivo nella carne, la vivo nella fede, quella delFiglio di Dio che mi amò e diede se stesso perme» (Gal 2,20).

2) E perché cristificato ha la mente e il pen-siero di Cristo non essendo più un “corpo natu-rale”, ma un “corpo spirituale” (cf 1Cor 15,44).

Lo spiega in modo chiaro: «L’uomo natura-le non comprende le cose dello Spirito di Dio;sono follia per lui, e non è capace di intender-le perché se ne giudica solo per mezzo delloSpirito. L’uomo spirituale invece giudica ognicosa, senza essere giudicato da nessuno. Chi,infatti, conobbe la mente del Signore da poter-lo dirigere? Ora noi abbiamo la mente di Cri-sto» (1Cor 2,14-16).

3) Avere “la mente di Cristo” è allora spo-gliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi delnuovo creato secondo Dio nella giustizia e nel-la santità vera: «Ma voi non così avete impara-to a conoscere Cristo se proprio gli avete datoascolto e in lui siete stati istruiti, secondo laverità che è Cristo, per la quale dovete depor-re l’uomo vecchio con la condotta di prima,l’uomo che si corrompe dietro le passioni in-gannatrici, e dovete rinnovarvi nello spiritodella vostra mente e rivestire l’uomo nuovo,creato secondo Dio nella giustizia e nella san-tità vera» (Ef 4,20-24).

«Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con lesue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rin-nova, per una piena conoscenza, ad immaginedel suo Creatore» (Col 9b-10).

4) “Spogliarsi dell’uomo vecchio” significaentrare per vivere il metodo dell’integralitàpaolina alberioniana nella logica purificante etrasfigurante della circoncisione del cuore, equindi della mente e della volontà.

5) “Rivestirsi di Cristo” nell’uomo nuovosignifica accogliere ancora l’invito di Paolo aiColossessi: «Rivestitivi come amati di Dio,santi e diletti di sentimenti di misericordia, dibontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazien-za” (Col 3, 12-13)

Cristo vive in noifino alla piena maturità

Le parole ispirate e carismatiche del PrimoMaestro fioriscono dal pensiero dell’apostoloPaolo: «Il metodo Via Verità e Vita si basa suquesto principio fondamentale: l’uomo deveaderire integralmente con tutte le facoltà: vo-lontà, intelletto, sentimento. Si tratta di pratica-re integralmente il precetto del Signore, di

amarlo con tutta la mente, con tutte le forze, contutto il cuore. In pratica come l’uomo aderiràcompletamente, integralmente a Dio? SeguendoGesù Cristo: Ego sum Via et Veritas et Vita…Con a base questo principio e attenendosi aquesto schema, l’apostolo troverà la via mae-stra per la formazione e l’apostolato» (L’Apo-stolato dell’Edizione, 2° ed. 1950, pp.31-32).

Il cammino del nostro progredire nel Meto-do dell’integralità alberioniano ha nel giunge-re ad appropriarsi in modo unico ed irripetibi-le, secondo la nostra vocazione personale, delCristo Verità per la mia mente, Via per la miavolontà e Vita per il mio cuore, il suo approdomaturante e trasfigurativo.

Alla luce di questa considerazione fonda-mentale il Primo Maestro ci dona, per l’origi-nalità del nostro “qui ed ora” la sua lezionemagistrale, perché esperienziale, nella secondaparte del libro Donec Formetur, la Via illumi-nativa o Teologia del Figlio.

Don Alberione ci ripropone come chiave esegreto di unificazione, integrazione e confor-mazione della nostra persona alla Persona delGesù, che vive in me la Preghiera al DivinoMaestro, che facciamo profondamente nostra:«Maestro: la tua vita mi traccia la via; la tuadottrina conferma e rischiara i miei passi; latua grazia mi sostiene e sorregge nel camminoal cielo. Tu sei perfetto Maestro: che dail’esempio, insegni e conforti il discepolo a se-guirti…» (cf Gv 3,22-36).

Preghiera al Maestro Divinoper il processo di integralità

O Maestro, Tu hai parole di vita eterna: al-la mia mente, ai miei pensieri sostituisci testesso, o tu che illumini ogni uomo e sei la stes-sa verità: io non voglio ragionare che come tuammaestri, né giudicare che secondo i tuoi

giudizi, né pensare che te verità sostanziale,data dal Padre a me: “Vivi nella mia mente, oGesù Verità”.

La tua vita è precetto, via sicurezza unica,vera infallibile. Dal presepio, da Nazareth, dalCalvario è tutto un tracciare la via divina:d’amore al Padre, di purezza infinita, d’amorealle anime , al sacrificio… Fa’ che io la cono-sca, fa’ che metta ogni giorno il piede sulle tueorme di povertà, castità, obbedienza: ogni al-tra via è larga…non è tua. Gesù io ignoro e de-testo ogni via non segnata da te. Ciò che vuoitu, io voglio: stabilisci la tua volontà al postodella mia volontà.

Al mio cuore, si sostituisca il tuo: al mioamore a Dio, al prossimo, a me stesso, si sosti-tuisca il tuo.Alla mia vita peccatrice umana, sisostituisca la tua divina, purissima, sopra tuttala natura. “Ego sum vita”. Ecco perciò, per

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Aspetti del carisma paolino

“Non sono più io che vivo,Cristo vive in me” (Gal 2,20)

mettere te in me, io darò ogni premura alla Co-munione, alla Santa Messa, alla Visita al San-tissimo, alla divozione alla Passione. E questavita venga a manifestarsi nelle opere… così co-me accadde a San Paolo “vivit in me Christus”.Vivi in me, o Gesù vita eterna, vita sostanziale.

Questa Preghiera al Maestro Divino è sicu-ramente pervasa ed ispirata dal “mi protendo inavanti” paolino di Fil 3,13, ossia è alla continuaricerca di una crescita ed una integralità conti-nua della propria personalità sempre più con-formata al Maestro Divino, Via Verità e Vita.

Per vivere in pienezza il cammino del Me-todo dell’ integralità per il Fondatore, dobbia-mo così semplicemente ma profondamente re-lazionarsi con la Persona di Gesù, Verità, Via eVita, in modo che sia Gesù a prendere posses-so di tutte le nostre facoltà fino a renderci nuo-vi e perciò soprannaturali.

Questa partecipazione alla realtà di Gesù,fino ad essere a sua immagine, rende suoi ere-di, come afferma Paolo (cf Rm 8,17). È un’ere-dità che comprende tutto ciò che è di Gesù, chesi acquista solo percorrendo le tracce seguiteda Gesù stesso.

L’itinerario è tracciato dal Primo Maestrogià dal portale della Preghiera: «Maestro la tuavita mi traccia la via; la tua dottrina confermae rischiara i miei passi; la tua grazia mi sostie-ne e sorregge nel cammino al cielo». La pre-ghiera diventa davvero la chiave ermeneuticaattualizzante ed incarnatoria del vero camminodi integralità trasfigurativa nel Cristo che vivein me, che vive in me. Risulta così evidente:

• il bisogno e la necessità di unità ed inte-gralità profonde tra vita e preghiera;

• i contenuti ed i metodi educativi deb-bono portare alla trasformazione, allarelazione trasfigurante con Cristo (cf

«veniamo trasformati in quella mede-sima immagine di gloria in gloria»:2Cor 3,18).

• La preghiera è la base e la radice diqualsiasi cammino formativo di inte-gralità.

Questa preghiera ci commuove: testimoniain modo eccezionale l’influsso positivo dellapersona di Paolo in Alberione, che vede nel-l’Apostolo l’ideale perfetto di configurazione econformazione a Cristo. Il Primo Maestro nel-la preghiera domanda il dono della sostituzio-ne della Persona di Cristo nella sua.

Questa realtà, dono gratuito e infinito, è de-scritta in Gal 2,20.

Don Fabrizio PIERI igs

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IL METODO DELL’INTEGRALITÀ PER L’APOSTOLO PAOLINO

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Spiritualità del consacrato

Maria, Vergine “obbediente”

Partiamo dal consiglio evangelico dell’ob-bedienza, in quanto a livello soggettivo, e

quindi esistenziale, ci si incammina sulla viadella consacrazione e si permane in essa invirtù dell’ascolto e della risposta ad un appel-lo divino.

Dei tre voti, l’obbedienza è quello fontale(da essa procede il cammino di consacrazio-ne); la castità è voto epifanico (appare al mon-do come il tratto più evidente della consacra-zione e per questo più contestato); mentre lapovertà è strutturale (in quanto offerta consa-pevole del dato esistenziale, di fatto rappresen-tato dalla nostra fragilità e vulnerabilità).

In questa sede non vogliamo sovrapporci achi ha parlato autorevolmente di tutti gli aspet-ti dei consigli evangelici in ambito secolare; cilimitiamo solamente a proporre una lettura dialcuni punti correlati alla spiritualità mariana.

Maria consacrata dall’obbedienza

La vita di Maria di Nazaret è plasmata dal-l’obbedienza. Il fiat pronunciato nel giornodell’Annunciazione ha strutturato la sua esi-stenza trasferendola nella dinamica dell’obbe-dienza trinitaria: Maria dice il suo “sì” al Padredavanti all’angelo; si professa serva del Figlioa Cana invitando anche gli astanti «a fare quelche dice Lui» (Gv 2,5); rimane nel Cenacolo inquella forma particolare che è l’attesa, invo-cando lo Spirito promesso dal Signore ai suoi.

L’obbedienza di Maria non è una semplicevirtù esercitata in occasioni particolari, ma èuna vera e propria modalità di percepire, rico-noscere, ascoltare l’Unico. Maria non “fa”l’obbedienza, ma è obbedienza. Da vera israe-

lita, Maria recepisce il primo e fontale coman-do: «Ascolta, Israele» (Dt 6,4). Il suo essercidavanti alla Trinità è un vivere in obbedienza.In Maria il Padre riconosce la fede di Abramoe dimentica l’incredulità di Sara, che aveva ri-so alla promessi di un figlio (cf Gn 18,1-5).

Dall’essere posto ontologicamente inascolto della Parola scaturisce l’esercizio del-l’obbedienza della Vergine. Un esercizio cheassume i contorni precisi del discernimentocontinuo: ella mette in relazione nel suo cuo-re gli eventi della storia e la promessa divina(cf Lc 2,19.51).

Ogni discernimento ha un ambito partico-lare e uno o più criteri decisionali: l’ambitodel discernimento di Maria è la stupefacenteavventura storica di Gesù, il criterio è la fedeferma nel fatto che Dio adempie sempre lepromesse fatte ad Abramo e alla sua discen-denza (cf Lc 1,55). Maria sa, anche quandonon comprendere il Figlio e lo vede condanna-to a un apparente fallimento, che l’unico crite-rio per orientare la vita è la fedeltà a una Paro-la data che non manca mai, nemmeno quandole tenebre e il dolore obnubilano la mente de-gli uomini.

La vita della Vergine accanto al Signore èstata una permanente arte del discernere chel’ha condotta a preferire sempre la “porta stret-ta” dell’ignominia e dell’umiliazione, pur dimettersi sempre di nuovo in ascolto della suavocazione materna (cf Mt 7,14). Poteva andar-sene e ritirarsi; chiudersi nelle sicurezze delclan familiare a Nazaret. Non l’ha fatto, perchéha intravisto anche nell’oscurità la luce di Dio.Maria ha sempre scelto il “di più”, perché Dioa lei aveva dato di più.

Non si comprenderà mai l’obbedienza del-la Vergine se non nell’ottica della forza straor-dinaria della sua libertà. Maria non è stata ob-bediente perché “ha preso ordini” da qualcunoo perché ha delegato ad una comunità le scel-te difficili, ma perché di fronte a tutti ha scel-to di perseguire fino in fondo il piano di Dio,racchiuso nelle parole dell’angelo Gabriele.Non a caso il prefazio della celebrazione euca-ristica di Maria Vergine Madre del Buon Con-siglio così recita: «Guidata dallo Spirito San-to, ricercò in tutto e sempre il tuo volere e ma-gnificando la tua misericordia aderì intima-mente al tuo eterno consiglio di ricapitolare inCristo tutte le cose».

La fedeltà della Vergine alla Parola èl’esatto contrario di ogni deresponsabilizza-zione e di ogni passività: Maria non ha atte-so gli eventi, si è mossa, e per giunta “infretta”, per osservare il dipanarsi delle pro-messe di Dio (cf Lc 1,39.55). leggendo la te-stimonianza su Maria, lasciataci dai Vangeli,ci ha l’impressione che sia stata una donnache ha fatto proprio il bisogno di «obbedirea Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29),pur di perseguire la verità della sua elezionematerna.

La responsabilità dei consacrati

A proposito della responsabilità del consa-crato di fronte alla sua vocazione personale vacitato quanto è stato scritto dalla teologa do-menicana A. Potente:

«La Chiesa non ci ha aiutato a essere per-sone obbedienti, ci ha portato a essere perso-ne infantili che seguono come pecore – e ma-gari le pecore sono anche più originali, per-ché ogni tanto una se ne va per conto suo. Noiinvece, con paura continuiamo a guardare do-ve sta la cosa dell’altra pecora per andarle

dietro, perché vogliamo arrivare, non voglia-mo perdere questa sicurezza. E così perdia-mo un aspetto molto importante, l’iniziativamistica: entrare dentro il mistero, dentro lastoria, “cosa dico io, non cosa hanno detto glialtri”» (A. Potente, La religiosità della vita,Icone Ediz., Roma 2004).

Si tratta di una posizione condivisibile.Chi è, allora, Maria in quando donna obbe-

diente? Nient’altro che l’uomo e la donna ori-ginari, colti prima del peccato (che li ha resi

“Ecco la serva del Signore: avvenga per mesecondo la tua parola” (Lc 1,38)

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MARIA, VERGINE “OBBEDIENTE”

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diffidenti e ignoranti), cioè in grado di dare ilgiusto nome alle cose e a tutte le creature (cfGn 2,19), memori dei confini che Dio ha postotra il bene e il male.

In una parola, l’uomo e la donna origina-ri hanno la percezione vera della realtà del-l’essere, di loro stessi, di Dio. Per loro il di-scernimento è naturale e sgorga spontaneoda un occhi limpido. Essendo puri, e non di-visi, vedono quello che noi, miseramente inbilico tra grazia e peccato, non riusciamo avedere, se non dopo un esercizio incessante.Sono beati perché vedono, e la visione li ren-de puri, perché ciò che contemplano li pla-sma nel divino.

Noi, invece, per vedere dobbiamo diventa-re puri (cf Mt 5,8); al fine di cogliere il divi-no, dobbiamo scrollare da noi l’idolatria checi confonde. L’Immacolata vede: è già pura!Non fa fatica a riconoscere lo Sposo, perchénon l’ha mai tradito. Con questa purezza laNuova Eva dà un nome alla storia, cioè “di-scerne”.

Per chi vive l’obbedienza nella secolarità,l’esempio mariano funge da lente di ingrandi-mento dell’aspetto fontale del consiglio evan-gelico: essere obbedienti significa ascoltare eaccogliere un’elezione particolare di Dio e ri-manervi fedeli, facendone il criterio di discer-nimento di scelte piccole e grandi della vita.

In tal modo risulta chiaro che si obbedisceprima di tutto all’identità vocazionale che Dioha concesso a ciascuno di noi. Questo èl’orientamento principale da seguire nella vitaconsacrata secolare, in cui non c’è l’obbedien-za quotidiana diretta ad un superiore; si sceglieliberamente ciò che Dio sovranamente ha scel-to per noi nel dipanarsi del quotidiano.

In secondo luogo, questa identità, che è“comandamento” divino sulla persona, si viveconfrontando continuamente l’elezione perso-

nale con i segni dei tempi, le richieste aposto-liche e gli avvenimenti che la vita mette davan-ti. Così l’obbedienza diviene esercizio di “di-scernimento continuo”, allo scopo di mantene-re fede alla propria identità vocazionale nellastoria e per offrirla al mondo come serviziovissuto nell’autenticità.

Un’ulteriore sottolineatura dell’obbedienzasecolare in relazione a Maria si può trarre dal-l’obbedienza alla vita in se stessa che la Vergi-ne ha coltivato. Maria ha accettato l’esistenzacon le sue sorprese e le sue oscurità, con le suedurezze e i suoi ritmi sereni; non l’ha “aggira-ta” in nome di qualche privilegio; non ha lotta-to contro l’inevitabile, ma lo ha riscattato, sco-prendovi l’appello di Dio. Maria non ha avutouna regola di vita religiosa, la sua regola è sta-ta unicamente quella di adeguarsi alla manife-stazione progressiva della “religiosità della vi-ta” che il Figlio le svelava. Così è stata a Canae sotto la Croce.

Il consacrato secolare – come leggiamo inCi ha chiamati amici (SICARI, Jaca Book,2008) – è sollecitato da questo maternoesempio a capire che c’è un solo modo per“re-imparare” una vera libertà: cominciare aguardare nuovamente all’esistenza come auna fitta trama di obbedienze… Sono questeobbedienze a nutrire una vera libertà. Essesembrano appartenere alla materialità stessadella vita; sembrano non avere in sé nulla diparticolarmente cristiano; nulla di partico-larmente spirituale o mistico. E tuttavia, peril cristiano situato nel mondo, questa fittatrama di obbedienze vale quanto tutta unaRegola, e rende anche le strade o le case o iluoghi di lavoro ospitali e ordinati come unconvento (Cfr.: In questo mondo benedetto,San Paolo, pp. 54-59).

Don Giuseppe FORLAI igs

Spiritualità del consacrato

GIUBILEI dei Sacerdoti IGS(ANNO 2012)

25° ANNIVERSARIO di ORDINAZIONE

ARENA Sac. RAFFAELE 21/11/1987

SALES Sac. ANTONIO 14/11/1987

50° ANNIVERSARIO di ORDINAZIONE

ANTONELLIS Sac. GERARDO 15/07/1962

AUGELLO Sac. ARMANDO 26/06/1962

MALAGOLI Sac. FRANCO 21/06/1962

MARCONCINI Sac. BENITO 22/07/1962

SPIRANDELLI Sac. LUIGI 24/06/1962

60° ANNIVERSARIO di ORDINAZIONE

CABIDDU Sac. IGNAZIO 13/07/1952

D’APICE Sac. GIUSEPPE 29/06/1952

MAZZITTI Sac. ANTONIO 29/06/1952

MOLARI Sac. CARLO 12/04/1952

SANNA Sac. VIRGILIO 05/08/1952

TOZZI Sac. ANTONIO MARIA 29/06/1952

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Celebrazione conclusiva Corso Esercizi preti IGS nel Santuario di Monteberico - VI

Èdono grande essere “Istituto di vita secola-re consacrata”. Ecco perché, come il beato

don Alberione, abbiamo la gioia di attingerealle “abbondanti ricchezze di grazia” conces-se alla Famiglia Paolina.

Perciò, nel nostro cammino di risposta aldono della chiamata, alcuni aspetti della nostravita spirituale vanno sempre evidenziati comeessenziali e qualificanti una vita di coppia, im-pegnata a vivere la radicalità dell’appartenenzaconsacrata a Cristo!

Già accogliendo il programma di vita di sanPaolo - come l’abbiamo meditato nella Letteraai Colossesi - siamo stati invitati, nel nostro iti-nerario di coppia e di famiglia, a mettere al cen-tro Cristo Maestro, Via Verità e Vita, a cammi-nare «radicati e costruiti su di lui, saldi nella fe-de» (Col 2,7). Proprio perché abbiamo capitoprofondamente la radice della nostra vocazio-ne: “chiamati dal Signore a stare con lui”.

Pertanto, una volta entrati in quest’otticaevangelica, siamo chiamati a vivere e a goderedella luminosa esperienza degli Apostoli sulmonte Tabor.

Infatti, quando noi entriamo, durante l’im-pegno annuale degli Esercizi Spirituali, nel di-namismo esperienziale dello Spirito che rinno-va tutto il nostro essere, comprendiamo bene

che la nostra vita è come un’ascesa sul montedella Trasfigurazione, attraverso la contempla-zione (“salire” sul monte), l’ascolto (“vivere-stare” con il Signore), la testimonianza e lacondivisione di quanto sperimentato (“scende-re” dal monte).

Quindi, nel nostro itinerario spirituale ab-biamo cercato di comprendere il valore dellaParola di Dio («…mai dimenticherò la tua Pa-rola»: Sal 119] e, attraverso di essa, aprirci al-l’azione di Dio nella nostra vita quotidiana peressere condotti a penetrare “la multiforme sa-pienza di Dio”, affinché si formi in noi «l’uomointeriore nel quale abita Cristo» (cf Ef 3,16).

Ancora, nei nostri incontri, abbiamo riba-dito che noi arriviamo «allo stato di uomoperfetto fino a raggiungere la misura dellapienezza di Cristo» (Ef 4,13) quando siamocapaci di “inciampare sulla Parola di Dio”che ci permette veramente di incontrare Cri-sto Maestro, Via Verità e Vita, avvertendo co-sì l’urgenza di ripercorrere il cammino della“lectio divina”, caratterizzata da cinque mo-menti che rendano più visibile la nostra vitadi Istituto e di Gruppo, come la Chiesa e il no-stro carisma richiedono.

I cinque “momenti”della lectio divina

Richiamo perciò, molto sinteticamente, icinque “momenti” che delineano il nostro con-fronto con la Parola di Dio, nell’esercizio del-la “lectio divina”.

Lettera del Delegato

“Shemà, Israèl!”

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

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SHEMÀ, ISRAÈL

• Leggere la Parola: lettura attenta, ripetuta,sottolineata come Parola di vita da ascolta-re e incarnare: è la Parola per te, messaggiopersonale.

• Meditare la Parola: significa approfondirela Parola che hai scoperto, “ruminarla” e la-sciarla scendere dalla mente al cuore. Scri-vere le riflessioni che la Parola suscita.

• Pregare la Parola: se tutto l’itinerario della“lectio divina” tende all’incontro personalecon Dio, ciò si attua specialmente nel mo-mento della preghiera: Dio ti ha parlato per-sonalmente; ora tocca a te parlargli secondociò che la Parola ha suscitato dentro di te.

• Contemplare la Parola: è vivereun’esperienza nel silenzio inte-riore, è gustare la dolcezza del-la Parola. È lasciare crescere innoi il gusto del vero e del buo-no, dando più spazio a Dio emeno alle nostre parole.

• Condividere la Parola: la“collatio” o “raccolta” deimomenti precedenti, dovesi cerca di condividerel’esperienza vissuta nel-l’esercizio della “lectio divina” per comu-nicarci reciprocamente, anche all’internodelle nostre famiglie, i tesori spirituali at-tinti dalla meditazione della Parola e che ilSignore ci ha ispirato. Nell’antica tradizio-ne liturgica quest’ultimo passaggio è mol-to raccomandato.

Sempre in ascoltodella Parola di Dio

Anche il popolo di Israele veniva introdottoalla professione di fede con l’invito all’ascoltodella Parola di Dio, sottolineato con forza inDeuteronomio 6,5-8: «Ascolta Israele (shemà,

Israèl!), il Signore è il nostro Dio, il Signore èuno solo… tu amerai il Signore Dio tuo contutto il cuore…».

La particolarità della fede ebraica e poi cri-stiana, è la centralità del Dio che parla, che èParola. Esempio di questa fede e di questa sag-gezza biblica è Salomone che, una volta elettore di Giuda, chiede a Dio “un cuore che ascol-ta” (1Re 3,9).

Salomone desidera ricevere da Dio il gran-de dono di un cuore capace di ascoltare: nel-l’antropologia biblica il cuore è un organo cheinclude la dimensione affettiva e quella razio-nale, è l’organo che sta alla sorgente dei senti-

menti, dei pensieri, delle azioni dell’uomo. Inrealtà, Salomone chiede a Dio che tutta la suapersona sia animata dalla capacità di ascoltare.

Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bo-se, commenta questo fatto in modo forte e in-cisivo: «L’ascolto è di gran lunga il dono piùgrande che dobbiamo chiedere a Dio. Dovreb-be “abitare” il credente fin dall’origine: primadi essere definito dalla fede, dalla preghiera odalle opere, il credente è uno che si esercitanell’arte dell’ascolto. È il primo vero rapportoche lo lega a Dio».

Continua Enzo Bianchi: «Per lungo temposi è presentata la preghiera cristiana come unrivolgere parole a Dio. No, la preghiera cri-

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stiana è soprattutto ascolto! Se si parla a Dio,è solo in risposta alla sua Parola ascoltata…C’è un altro episodio biblico eloquente: Sa-muele bambino dorme nel santuario. Duranteil sonno una voce lo chiama. Va allora da Eli,l’anziano sacerdote, per chiedergli cosa vuole:“Non ti ho chiamato”, gli replica questi. Sa-muele torna a letto, ma viene chiamato di nuo-vo. E così per una terza volta. Eli, compresoche la chiamata veniva da Dio, gli consiglia:“Se ti chiamano ancora, dirai: Parla, Signore,ché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,1-9). Eccol’autentico ascolto di Dio, la cui voce ècosì difficile da scoprire!

Ora, nella nostra tradizione cri-stiana ci sentiamo autorizzati a di-re: “Ascolta, Signore, ché il tuoservo ti parla!”. Abbiamo cosìtanto da dirgli da non lasciarlonemmeno parlare… Sì, l’ascol-

to di Dio è un’operazione difficile. Richiede daparte nostra il silenzio, ma anche la povertà in-teriore, l’attenzione, un atteggiamento di ricer-ca… Credimi, esercitandoti in esso con pa-zienza potrai crescere nella vita spirituale»(Enzo Bianchi, Lettere a un amico sulla vitaspirituale, Ed. Qiqajon, p. 55).

Del resto, la condivisione vera del nostrovissuto interiore nasce dall’ascolto e dal silen-zio.

Istituto “Santa Famiglia”

Anche i giovani riscoprono la Bibbia

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SHEMÀ, ISRAÈL

“Silenzio e Parola,cammino di evangelizzazione”

Nell’Udienza generale del 7 marzo 2012,Benedetto XVI si è soffermato sul tema del si-lenzio di Gesù, così importante nel rapportocon Dio:

«La prima direzione è quella che riguardal’accoglienza della Parola di Dio. È necessa-rio il silenzio interiore ed esteriore perché taleparola possa essere udita. E questo è un puntoparticolarmente difficile per noi nel nostrotempo. Infatti, la nostra è un’epoca in cui nonsi favorisce il raccoglimento; anzi a volte si hal’impressione che ci sia paura a staccarsi, an-che per un istante, dal fiume di parole e di im-magini che segnano e riempiono le giornate.

Nell’esortazione Verbum Domini – ri-chiama il Papa – ho ricordato la necessità dieducarci al valore del silenzio: “Riscoprirela centralità della Parola di Dio nella vitadella Chiesa vuol dire anche riscoprire ilsenso del raccoglimento e della quiete inte-riore. La grande tradizione patristica ci in-segna che i misteri di Cristo sono legati alsilenzio e solo in esso la Parola può trovaredimora in noi, come è accaduto in Maria, in-separabilmente donna della Parola e del si-lenzio”» (n. 21).

Il silenzio è capace di scavare uno spaziointeriore nel profondo di noi stessi, per farviabitare Dio, perché la sua Parola rimanga innoi, perché l’amore per Lui si radichi nellanostra mente e nel nostro cuore, e animi lanostra vita. Quindi, la prima direzione èquella di reimparare il silenzio, l’aperturaper l’ascolto che ci apre all’altro, alla Paroladi Dio.

Non ci deve, inoltre, sfuggire quanto Bene-detto XVI propone per la “Giornata mondialedelle Comunicazioni sociali” di quest’anno,

dettandone il significativo tema: “Silenzio eParola, cammino di evangelizzazione”, cheoggi appare particolarmente necessario.

«Si tratta, dice il Papa, del rapporto tra si-lenzio e parola: due momenti della comunica-zione [= condivisione] che devono equilibrar-si, succedersi e integrarsi per ottenere un au-tentico dialogo e una profonda vicinanza tra lepersone…

Il silenzio è parte integrante della comuni-cazione e senza di esso non esistono paroledense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo econosciamo meglio noi stessi, nasce e si ap-profondisce il pensiero, comprendiamo conmaggiore chiarezza ciò che desideriamo dire ociò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo co-me esprimerci.

Tacendo si permette all’altra persona di par-lare, di esprimere se stessa, e a noi di non rima-nere legati, senza un opportuno confronto, sol-tanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si aprecosì uno spazio di ascolto reciproco e diventapossibile una relazione umana più piena».

Pertanto, per educarci alla comunicazione ealla condivisione è importante l’ascolto e il si-lenzio, elementi essenziali e integranti del no-stro agire umano e comunicativo.

Concludendo, anche da quest’ultima rifles-sione sull’importanza del silenzio per rimane-re in una dimensione di ascolto, capiamo benecome dobbiamo educare il nostro cuore, “au-tentico sacrario della persona”, a saper acco-gliere e custodire, come Maria, la Parola diDio, senza illuderci che, diversamente, è im-possibile arrivare a Cristo; per noi Paolini, aCristo che è “Via, Verità e Vita” proprio in vir-tù della sua Parola e del suo esempio.

Don Olinto CRESPI, Delegato [email protected]

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Nati dal Tabernacolo

Lo Spirito Santo fa l’Eucaristia

L’azione dello Spiritonell’Eucaristia

C’è ancora tanto cammino da fare per ren-dere più vive, più calde le nostre assem-

blee liturgiche, le nostre Eucaristie. Se è veroche lo Spirito è l’amore del Padre e dello Spi-rito, dove vi è la sua presenza, tutto diventaespressione di amore; e l’amore non può esse-re ritualizzato, irrigidito, bloccato. Per contro,senza il fuoco e il calore dello Spirito, tutto di-venta freddo, diventa rito che non tocca e noncambia la vita.

Non vi è “ecclesia” (= convocazione”) sen-za lo Spirito, non vi è comunione tra di noisenza la sua discreta e soave azione. Non pos-siamo sederci alla mensa del pane spezzato edel sangue versato che è Gesù senza lo Spirito;non ci è possibile sperimentare la comunioneprofonda tra di noi attorno al Corpo di Gesùsenza l’azione dello Spirito.

Il Concilio Vaticano II, i vari movimenti ec-clesiali, l’enciclica di Giovanni Paolo II “Do-minum et vivificantem” sono stati passi per unapresa di coscienza sempre più forte di questailluminante e necessaria Presenza, che soprat-tutto nella celebrazione eucaristica ha un ruoloessenziale.

Lo Spirito avvolge della sua presenza la ce-

lebrazione eucaristica e tutti coloro che si sen-tono concelebranti del mistero. Ma vi sono duemomenti dell’Eucaristia in cui la sua azione, in-vocata con fede dal ministro e accolta con gio-ia dall’assemblea, si fa specifica ed essenziale.

Sono le cosiddette “epiclesi”, poste una pri-ma della consacrazione e l’altra dopo. Sono ledue “invocazioni” (questo significa la parola“epiclesi”) esplicite dello Spirito, perché sirenda presente con la sua azione: un’azione pernulla evanescente ma esplicita e chiara.

1a epiclesi: prima della consacrazione

Il sacerdote, investito dell’ordinazione mini-steriale, fa sue le parole e suoi i gesti di Gesù:«Questo è il mio corpo... Questo è il mio san-gue». Ma chi è Colui che rende efficaci, creatricie vivificanti le parole del sacerdote? Unicamentelo Spirito Santo. Nella prima epiclesi lo Spiritoviene invocato dal celebrante e reso presente, per-ché sia lui, lo Spirito Santo, a trasformare il panee il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù.

1. È chiara la sua invocazione nella terza“preghiera eucaristica”: «Ora ti pre-ghiamo umilmente: manda il tuo Spiritoa santificare i doni che ti offriamo, per-ché diventino il Corpo e il Sangue di Ge-sù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore,

Riflettendo su “L’Eucaristia: il bene massimo della comunità” e come radice, fondamen-to, fonte, culmine e forma della vita cristiana, abbiamo accennato in breve alle due “epi-clesi”, che riguardano l’azione dello Spirito Santo sulla mensa eucaristica. È così impor-tante questa azione che sant’Efrem afferma: «Come ogni nave ha bisogno del pilota, cosìl’altare ha bisogno dello Spirito Santo».

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che ci ha comandato di celebrare questimisteri». Non è altro che il recupero diuna coscienza molto viva che avevano ipadri della Chiesa.

2. Il Canone di san Gregorio: «Tu stesso,Signore, trasformi con la tua voce (=soffio, Spirito) queste offerte. Tu che seipresente, trasforma questa mistica litur-gia. Conserva per noi la memoria del tuoculto e della tua adorazione. Invia il tuoSanto Spirito, affinché, mediante la suapura, bella e gloriosa presenza, santifi-chi e trasformi le nostre preziose offerte,questi santi doni, nel Corpo e nel San-gue della nostra redenzione».

3. La liturgia di san Giacomo richiede laprofessione di fede del popolo sulla pre-senza dello Spirito con l’acclamazione“Amin” proclamata tre volte: «Inviaquesto stesso Santo Spirito, Signore, sunoi e sulle nostre offerte, perché la suasanta venuta, benefica e gloriosa, santi-fichi questo pane ene faccia il santoCorpo di Cristo(Amin) e di questocalice faccia il San-gue prezioso diCristo (Amin) perla vita del mondo(Amin)».

4. Nella liturgia bizantina, durante l’epicle-si, il sacerdote agita le mani al di sopradel calice e della patena, imitando il vo-lo della colomba che plana e si posa so-pra i suoi piccoli: «Dal cielo invia il tuoSanto Spirito, autore della vita, affinchési posi su questo sacrificio».

5. San Giovanni Crisostomo rende l’azionedello Spirito con un’immagine stupenda:«Lo Spirito Santo, con l’abbondanza dei

suoi doni, plani sul sacrificio». In ara-maico il verbo “rahhef”, usato per l’epi-clesi, ha questi tre significati: volteggia-re, planare, covare, tutti e tre significati-vi per indicare l’azione dello Spirito:

• egli volteggia sulle offerte per avvolger-le della sua ombra, come un giorno av-volse della sua ombra il seno di Maria;

• plana sulle offerte per posarsi su di essee rivestirle di quella fecondità straordi-naria, per cui diventano Corpo e Sanguedi un Dio fatto uomo, come avvenne cheil seme umano di Maria, per opera delloSpirito Santo, fu Corpo di Dio;

• il covare indica la continuità di una pre-senza che permane e rende le offerte se-gno concreto di questa presenza.

2a epiclesi: dopo la consacrazione

Questa manifesta il senso pieno della “ec-clesia”: siamo attorno all’altare perché convo-

cati dall’amore. Non noiabbiamo deciso di cele-brare, ma abbiamo rispo-sto – coscientemente o no– ad un appello che ci tro-va radunati, concelebrantidello stesso mistero.Quanto è importante ri-spondere a questo appello

perché l’ecclesia si costituisca! Appunto perchéla parola ecclesia significa “convocazione”.

Siamo lì per volere del Padre. E se la co-scienza di ciò che celebriamo è viva in noi, ba-diamo bene ciò che accettiamo e di conseguen-za ciò a cui andiamo incontro: in una comunio-ne molto viva con Cristo, accettiamo la suastessa sorte. In quel calice accogliamo che an-che il nostro sangue venga versato a beneficionostro e dei fratelli.

LO SPIRITO SANTO FA L’EUCARISTIA

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L’Eucaristia non produce i suoi effetti se nonaccettiamo di essere lì, anche noi immolati. Nonsiamo spettatori, ma compartecipi. In questo mo-do ciò che avviene non è più un rito, ma celebra-zione. Non è facile celebrare l’Eucaristia: abbia-mo veramente bisogno dello Spirito Santo.

E abbiamo soprattutto bisogno che lo Spiri-to faccia di tutti noi un cuor solo ed un’animasola, ci faccia chiesa. L’Eucaristia esprime tut-ta la sua potenza quanto più forte è la comunio-ne con il Corpo di Gesù e tra di noi; talmentenecessaria questa comunione tra di noi che ciritroveremmo «a mangiare e a bere la nostracondanna» (cf 1Cor 11,29) se non la desideras-simo con tutto il nostro essere. San Paolo èmolto chiaro.

Ecco il senso della seconda epiclesi, non piùsulle offerte, ma su tutti i presenti perché tuttinella comunione profonda operata dallo Spiritodiventiamo corpo offerto e sangue versato.

1. La preghiera eucaristica III: «...e a noiche ci nutriamo del Corpo e del Sanguedel tuo Figlio dona la pienezza delloSpirito Santo perché diventiamo in Cri-sto un solo corpo ed un solo spirito».

2. La preghiera eucaristica IV: «Guardacon amore, o Dio, la vittima che tu stes-so hai preparato per la tua Chiesa; e atutti coloro che mangeranno di questounico pane e berrano di quest’unico ca-lice, concedi che, riuniti in un solo cor-po dallo Spirito Santo, diventino offertaviva in Cristo, a lode della tua gloria».

3. La liturgia di san Basilio: «Noi tutti chepartecipiamo all’unico pane e all’unicocalice, possiamo essere uniti gli uni glialtri nella comunione dell’unico Spirito».

4. La tradizione apostolica: «Ti chiediamodi inviare il tuo Spirito sull’offerta dellatua Chiesa e di riempire di Spirito Santoquanti comunicano».

La seconda epiclesi è una vera e propriapentecoste. L’anafora dei 12 apostoli dice chei doni sono «la remissione dei peccati, la gua-rigione dell’anima e del corpo, l’illuminazionedello Spirito, assenza di timore davanti al tri-bunale di Cristo». Questa è la “suprema perso-nalità”, di cui parla il beato Alberione (“Caris-simi in San Paolo”, 783).

Conclusione

La liturgia orientale è molto più viva ed in-cisiva. «Partecipando alla divina liturgia nellapiccola basilica di S. Maria in Cosmedin a Ro-ma, ebbi la gioia di ritrovarvi il rito dello Ze-on1: la goccia d’acqua bollente versata nel San-gue di Cristo Gesù, appena prima della comu-nione. Questa goccia “simbolizza la discesadello Spirito Santo sulla chiesa. A Pentecostela chiesa ricevette lo Spirito Santo poiché Cri-sto era salito al cielo. Ora essa riceve il donodello Spirito Santo non appena le oblate sonoaccettate sull’altare celeste; Dio ha accolto e,in contraccambio, ci invia lo Spirito Santo”.Quella goccia d’acqua bollente richiama lapresenza di fuoco che nella Pentecoste del1373 scese su santa Caterina da Siena: “Unafiamma nascosta alla vista dei partecipanti di-scese violentemente sulla sua testa verso l’orain cui si pensa che lo Spirito Santo discese su-gli apostoli nel cenacolo”» (Tommaso Caffari-ni, Vita di santa Caterina da Siena).

Don Venanzio FLORIANO ssp

Nati dal Tabernacolo

—————————1 Il rito delle zeon, cioè “acqua bollente”, è esclusivo del rito bizantino e consiste nell’infondere appunto acqua bol-

lente nel caliceimmediatamente prima della comunione.

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Note di Liturgia

Gesti liturgici dei fedelinella Celebrazione eucaristicaVista l’utilità pratica di questa rubrica, proseguiamo l’approfondimento di aspetti spe-cifici che possono contribuire a crescere e a vivere meglio la partecipazione al Misterosacro della Celebrazione.

Imovimenti dei fedeli durante la Celebrazio-ne eucaristica appartengono a quegli aspet-

ti materiali del culto divino che non si posso-no trascurare. San Tommaso d’Aquino osser-va che dobbiamo rendere onore a Dio non so-lo in spirito, ma anche coinvolgendo i nostrisensi esterni in quanto siamocreature corporee. Nella sacraliturgia è necessario «servirsidi cose materiali come di se-gni, mediante i quali l’animaumana venga eccitata alleazioni spirituali che la uni-scono a Dio».

Abbiamo, quindi, bisognodi segni sensibili per purificare il nostro cuoree nutrire il nostro desiderio di unione con ilDio invisibile. Il fine della liturgia è l’offertaspirituale compiuta da coloro che partecipanoad essa. Per provvidenziale volontà di Dio,siamo chiamati ad offrirgli i segni visibili del-la nostra offerta spirituale, perché, in quantocreature corporee, comunichiamo con segniesterni.

Attraverso le parole, le azioni e i simboliche costituiscono la trama di ogni celebrazio-ne, lo Spirito Santo pone fedeli e ministri inrelazione viva con Cristo, “Parola” e “Imma-gine” del Padre, in modo che possano innesta-

re nella propria vita il senso di ciò che ascol-tano, contemplano e realizzano.

Tali consuetudini fanno parte della tradi-zione viva del popolo di Dio e sono trasmesseda una generazione all’altra insieme ai conte-nuti della fede. Dal canto suo, la Chiesa, come

madre e maestra, interviene avolte, dando indicazioni piùprecise per educare i fedeli al-lo spirito della liturgia.

Nell’attuale OrdinamentoGenerale del Messale Roma-no (n. 43) viene spiegato che ilgiusto atteggiamento dei fede-li nelle varie parti della Cele-

brazione Eucaristica è segno di unità e favori-sce la partecipazione all’azione liturgica.«L’atteggiamento comune del corpo, da osser-varsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unitàdei membri della comunità cristiana riuniti perla sacra Liturgia: manifesta infatti e favoriscel’intenzione e i sentimenti dell’animo di colo-ro che partecipano».

1. Stare in piedi: è segno di Cristo risortoe dei cristiani risorti in Cristo; è pron-tezza all’ascolto della parola del Vange-lo, annuncio del mistero pasquale cele-brato. La Chiesa rende grazie in piedi,

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Note di Liturgia

recita le preghiere presidenziali e la pre-ghiera in comune stando in piedi.

2. Stare seduti: stando seduti si assumeuna posizione corporale di accoglienza,di meditazione, di preghiera del cuore.Stando seduti non si parla, ma si sta insilenzio, in ascolto e meditazione. Nonsi tratta di un semplice riposo, ma di unsilenzio pieno e traboccante.

3. Stare in ginocchio: si tratta di una po-sizione di umiltà, di riverenza, di rispet-to, di concentrazione, come anche diadorazione. Essa inizia dal riconosci-mento di Dio e della sua sacra presenza,che sollecita l’uomo ad una risposta diriverenza e devozione. Nell’ambito bi-blico, il gesto più caratteristico del-l’adorazione è quello di prostrarsi o dimettersi in ginocchio davanti alla pre-senza di Dio. Inginocchiarsi davanti aDio non è qualcosa di “poco moderno”;al contrario corrisponde alla verità delnostro stesso essere. Si tratta di un se-gno forte, che mani-festa la consapevo-lezza di stare davan-ti a Qualcuno di spe-ciale, al Cristo, il Fi-glio del Dio vivo.

4. Gli inchini: posso-no essere della solatesta o anche delcorpo, possono essere più o meno pro-fondi. A volte sono accompagnati daparole, altre volte no. Si fanno passandodavanti all’altare che rappresenta Cri-sto. L’inchino del capo significa rive-renza e onore. Nel Credo – eccetto nel-

le solennità del Natale e dell’Annuncia-zione, nelle quali si sostituisce con lagenuflessione – compiamo questo gestopronunciando le mirabili parole: «E peropera dello Spirito Santo si è incarnatonel seno della Vergine Maria e si è fattouomo».

5. Genuflettere: generalmente è fatta insilenzio quando si entra in chiesa e/o sipassa davanti al Tabernacolo o al San-tissimo Sacramento. Ha un significatodiverso dallo stare inginocchiati inquanto espressione di adorazione. «Si fapiegando il ginocchio destro fino a ter-ra, è riservata al SS.mo Sacramento ealla santa Croce, dalla solenne adora-zione nell’Azione liturgica del Venerdìnella Passione del Signore fino all’ini-zio della Veglia pasquale» (IGMR, n.274).

6. Prostrarsi: si compie in alcuni momen-ti solenni di forte esperienza del sacro.Il venerdì santo nel rito di apertura del-

la celebrazione della Paro-la che commemora la Pas-sione e Morte del Signoreil sacerdote si prostra in si-lenzio davanti all’altare. Ilpopolo prega accompa-gnandolo in silenzio. Siprostrano poi i candidatialle professioni perpetue enelle ordinazioni del dia-

cono, presbitero e vescovo. È la posi-zione di chi avverte il bisogno di esserepurificato e di trovare aiuto e protezionedalla comunità, dagli angeli e santi e in-nanzitutto da Dio per la missione a cuisi è chiamati.

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GESTI LITURGICI DEI FEDELI NELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

7. Meritano poi un particolare ricordo altritre gesti, semplicemente espressivi del-la preghiera cui si accompagnano:

• battersi il petto: èsegno di penti-mento e di umiltà;

• alzare gli occhi alcielo: gesto che ainostri giorni è pre-scritto solo al cele-brante in vari mo-menti della Messaa imitazione diGesù stesso;

• le mani alzate estese: indica sup-plica, attesa di unagrazia, offerta.

8. Consideriamo ancoraaltri gesti tipici dellaliturgia:

• mani giunte: come atteggiamento diraccoglimento;

• imposizione delle mani: è un gestobiblico per indicare l’elezione o de-signazione di una persona, la tra-smissione di un potere, la consacra-zione a Dio di una persona o cosa,l’augurio della benedizione di Diosu una persona, l’invocazione delperdono e della grazia di Dio;

• segno della croce: gesto tipicamen-te cristiano. L’imposizione sullafronte appare già nei primi secolidell’era cristiana nei riti di inizia-zione alla fede. È segno di apparte-nenza a Cristo. Le parole che l’ac-compagnano sono un atto di fede

nelle tre persone della SantissimaTrinità. Esso è inoltre un efficace ri-cordo del Battesimo;

• bacio dell’altare: è segno di rispetto.L’uso di trasferire il bacio all’altareè attestato nel secolo IV. Si estese dimodo particolare nel Medioevo perla concezione che ebbe dell’altare:simbolo di Cristo, pietra angolare,pietra viva;

• bacio di pace: segno di saluto e dicomunione fraterna fondato in Cri-sto. Oggi è limitato al reciproco ab-braccio, avvicinando le guance.

Durante i secoli, la Chiesa ha sempre ricer-cato espressioni rituali il più adeguate possibi-le, dando così una testimonianza visibile dellasua fede e del suo amore verso il culto divinoe in particolare l’Eucaristia.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Catecumeni in ginocchio in attesa dell’iniziazione ai sacramenti

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La Liturgia delle Ore

Gesù e la preghiera “oraria”del suo popolo

Shemà! Ascolta. Il popolo d’Israele – popolo dell’alleanza di Dio – è chiamato costan-temente, tre volte al giorno, all’ascolto. Anche noi ci rapportiamo nei confronti di Dio inquesto modo. La Liturgia delle Ore ci guida all’ascolto di Dio e diventa la preghierapubblica e comune del popolo di Dio (Paolo VI).

«Ascolta, Israele: il Signore è il nostroDio, il Signore è uno. Tu amerai il Si-

gnore tuo Dio… Questi precetti ti stiano fissinel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parleraiseduto in casa tua, camminando per via, al tuocoricarti e al tuo alzarti» (Dt 6, 4-7: “Letturadi Compieta”, domenica dopo i primi Vespri).

Quando ti alzerai, quando ti coricherai,quando sarai in casa … o per via: Ascolta!

L’ascolto di Dio caratterizzerà la spiri-tualità degli uomini e delle donne della Bib-

bia. Maria diNazareth è ladonna del-l’ascolto pereccellenza; ilfiglio suo,Gesù, dal-l’eternità si èaffidato alPadre che

«gli orecchi mi hai aperto» (Sal 39,7) per fa-re la sua volontà. L’impegno è affidato a tut-ti i discepoli del Signore, ai quali viene da-to come statuto: «Ascoltate Lui», il Trasfi-gurato (Mc 9,7).

Tutta la rivelazione cristiana, AT e NT, èconnotata dall’ascolto.

La nostra risposta

La preghiera dei Salmi, che connota la pre-ghiera della Chiesa, è la nostra risposta al Si-gnore Dio che si rivela e manifesta la Sua vo-lontà e guida gli oranti alla vita buona nell’ob-bedienza alla Parola ascoltata.

All’ascolto segue la risposta:• «O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti

cerco» (Sal 62,2; cf Lodi della domeni-ca, 1a settimana);

• «Come incenso salga a te la mia pre-ghiera, le mie mani alzate come sacrifi-cio della sera» (Sal 140,2; cf Primi Ve-spri della domenica, 1a settimana)

E ancora:• «Sette volte al giorno io ti lodo per le sen-

tenze della tua giustizia» (Sal 118; cf OraMedia del venerdì della IV settimana).

• «Poiché mi insegni i tuoi voleri, scaturi-sce dalle mia labbra la tua lode; sonogiusti i tuoi comandamenti, (perciò) lamia lingua canti le tue parole» (Sal 118;cf Ora Media del sabato IV settimana).

Gesù prega con i Salmi

In questo contesto di preghiera, fatto diascolto e di risposta, Gesù «cresceva e si forti-

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ficava davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52),avendo come modello educativo sua Madre (eGiuseppe, anche se sottinteso) che «custodivanel suo cuore gli eventi meravigliosi del suo fi-glio» (cf Lc 2,19-51; testo diventato antifonanel Tempo di Natale): e perciò, come costumedel popolo orante (Mc 4,16) il sabato mattinaGesù va alla sinagoga per ascoltare la Parola evi risponde con il canto dei salmi; anzi lui stes-so esercita il ministerodi lettore e “catechista”della Parola, che suscitala risposta ammiratadella preghiera (Lc4,17-22) perché il Si-gnore «mandi il suoSpirito a rinnovare lafaccia della terra» (Sal103,30 per la Pentecostedell’AT e NT).

La vita di Gesù è in-tessuta della preghiera ei salmi ne sono “lo spar-tito musicale”: dall’Inno(Sal 135) cantato alla fi-ne della Cena Pasquale(Mt 26,30) al grido di dolore a Dio «che lo haabbandonato» (Sal 21) sulla croce e all’affida-mento fiducioso del suo Spirito nelle mani delPadre (Sal 30).

Perciò «la pietra scartata dai costruttori escelta da Dio» (Sl 117,22) diviene il riferimen-to per il suo insegnamento riguardo alla pro-pria morte e risurrezione e l’insistenza degliEvangelisti sulla pietra ribaltata del suo sepol-cro ne è la conferma.

Gesù maestro di preghiera

Gesù è un “orante inarrestabile”, inseritovitalmente in un popolo orante – popolo sacer-

dotale (Es 19, 6) – che ascolta la Parola e ri-sponde con la Preghiera, teso a vivere ciò cheha ascoltato, perché «non chi dice: Signore, Si-gnore (pregando), ma chi fa la volontà del Pa-dre mio, entrerà nel Regno» (Mt 7,21).

Prendendo in esame il “Manifesto program-matico” del Vangelo, il Discorso della monta-gna (Mt 5-7), vediamo come il Signore Gesùinsista sulla preghiera in solitudine (Mt 6,5-6)

e in comune, insegnandoci la sua preghiera(Mt 6,7-13), il “Padre nostro”; preghiera insu-perabile, sintesi di ogni preghiera e in partico-lare del Salterio. Il primo catechismo cristiano,la Didaché, ci insegna a ripeterlo tre volte algiorno, invece dello Shemà.

In questo tempo pasquale

Siamo all’inizio del Tempo Pasquale (in que-st’anno liturgico 2012), il tempo dell’Alleluja.

Gesù lo ha cantato spesso e volentieri, so-prattutto nel Sal 150, l’ultimo, che è la con-clusione dossologica (laudativa) di tutto ilSalterio. Preghiamolo anche noi. Nella tradu-

GESÙ E LA PREGHIERA “ORARIA” DEL SUO POPOLO

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La Liturgia delle Ore

zione italiana non si coglie perché hanno do-vuto tradurre “Alleluja” con “Lodate”, ma

letteralmente sarebbe così (alternando tra so-lista e assemblea):

Al Signore,nel suo tempio santo: Alleluja;

nel firmamento della sua potenza: Alleluja;per i suoi prodigi: Alleluja;

per la sua immensa grandezza: Alleluja.Con squilli di tromba: Alleluja,

con arpa e cetra: Alleluja;con timpani e danze: Alleluja,sulle corde e i flauti: Alleluja.Con cembali sonori: Alleluja,

con cembali squillanti: Alleluja;ogni vivente (canti): Alleluja.

Un laboratorio per imparare l’uso del salterio o cetraper accompagnare la preghiera delle Ore.

Sono gli 11 “Alleluja” della pre-ghiera sulla terra. Il dodicesimo e de-finitivo, lo canteremo in cielo.

Nella nostra preghiera oraria, ilSalmo 150 ha ispirato l’orazione con-clusiva delle Lodi (sabato II settimanadel salterio): «Ti lodi, Signore, la no-stra voce, / ti lodi il nostro spirito, / epoiché il nostro essere / è dono del tuoamore, / tutta la nostra vita / si trasfor-mi in perenne / liturgia di lode»

P. Nino FAZIO

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Devozione mariana

Nel percorso spirituale del Rosario, basatosulla contemplazione incessante – in

compagnia di Maria – del volto di Cristo, que-sto ideale esigente di conformazio-ne a Lui viene perseguito attraversola via di una frequentazione che po-tremmo dire “amicale”. Essa ci im-mette in modo naturale nella vita diCristo e ci fa come “respirare” isuoi sentimenti.

Per questo processo di confor-mazione a Cristo, nel Rosario, noici affidiamo in particolare all’azio-ne materna della Vergine Santa. Colei che diCristo è la Genitrice, mentre è essa stessa ap-partenente alla Chiesa quale “membro eccelsoe del tutto eccezionale”, è al tempo stesso la“Madre della Chiesa”.

Come tale continuamente “genera” figli alCorpo mistico del Figlio. Lo fa mediante l’in-tercessione, implorando per essi l’effusioneinesauribile dello Spirito. Essa è l’icona perfet-ta della maternità della Chiesa.

Il Rosario ci trasporta misticamente accanto aMaria impegnata a seguire la crescita umana diCristo nella casa di Nazaret. Ciò le consente dieducarci e di plasmarci con la medesima solleci-tudine, fino a che Cristo non “sia formato” in noipienamente (cf Gal 4,19).

Questa azione di Maria, totalmente fondatasu quella di Cristo e a essa radicalmente subor-dinata, «non impedisce minimamente l’unioneimmediata dei credenti con Cristo, ma la facili-ta». È il luminoso principio espresso dal Conci-lio Vaticano II. «Tutta la nostra perfezione con-siste nell’essere conformi, uniti e consacrati aGesù Cristo. Perciò la più perfetta di tutte le de-vozioni è incontestabilmente quella che ci con-

forma, unisce e consacra più perfettamente aGesù Cristo. Ora, essendo Maria la creatura piùconforme a Gesù Cristo, ne segue che, tra tutte

le devozioni, quella che consacra econforma di più un’anima a NostroSignore è la devozione a Maria, suasanta Madre, e che più un’anima sa-rà consacrata a lei, più sarà consa-crata a Gesù Cristo».

Mai come nel Rosario la via diCristo e quella di Maria appaionocosì profondamente congiunte. Ma-ria non vive che in Cristo e in fun-

zione di Cristo (cf “Rosariun Virginis Mariae”di Giovanni Paolo II).

Maria svela il suo cuore credente e dice:«L’anima mia loda – magnifica – benedice ilSignore e il mio spirito gioisce in Dio, mio Sal-vatore».

La fede autentica si accompagna con la gio-ia: e più grande è la fede, più grande è la gio-ia. La gioia, infatti, è il più grande segno dellapresenza di Dio in noi; per questo motivo l’ani-ma scoppia di contentezza. Proviamo a chie-derci: a che cosa è aggrappata la nostra gioia?Su “chi” poggia la nostra contentezza?

Seguiamo ancora Maria.Ella ci dice anche dove è possibile incontra-

re Dio. Qual è il recapito dell’incontro con Lui:«Ha guardato l’umiltà… ha guardato la picco-lezza della sua serva».

L’umiltà è la culla irrinunciabile per poteraccogliere Dio. Per questo motivo, Maria ha ilcuore pronto per la rivelazione di Betlemme eper la grande rivelazione della croce.

Card. Angelo COMASTRI

Da Maria la donna più bella del mondoSan Paolo, Torino 2009

Maria, donna grande e umile

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La famiglia educa al Vangelo

La piccola barca della famiglia cristiana vi-ve l’ardua missione di solcare il mare in

tempesta dell’attuale contesto storico, provo-cato dai venti e dalle onde dell’individualismo,egoismo ed egocentrismo.

La famiglia cristiana per essere se stessa habisogno di assaporare iprofumi di grazia dellacasa di Nazaret, ha biso-gno di respirare l’ariapulita della montagna diDio, dove si incontra ilroveto ardente dell’Eu-caristia. Gli sposi sonochiamati a togliere i cal-zari dell’individualismoe dell’egoismo per con-templare il mistero del roveto ardente che bru-cia, ma non si consuma e lasciarsi così illumi-nare e toccare da esso per diventare a loro vol-ta roveti ardenti d’amore, eucaristie viventi perla società.

Il Concilio Vaticano II ci insegna che «al-l’Eucaristia deve ispirarsi qualsiasi educazio-ne allo spirito comunitario» (PO 6e); pertantoall’Eucaristia deve ispirarsi anche la vita fa-miliare per prendere il largo nel mare dellastoria e raggiungere il porto della beatitudineevangelica, evitando di naufragare sugli sco-gli della debolezza umana. Ma cosa significaporsi alla scuola dell’Eucaristia? Significatrasformare la vita familiare in un altare vi-vente del banchetto eucaristico accogliendotre lezioni fondamentali del sacramento.

Tre lezioni

1. Il perdono. Tanto più gli sposi sarannodisposti a chiedersi sinceramente perdono e adaccogliere il perdono dell’altro, tanto più di-verranno una cosa sola e la famiglia sarà come

“la casa del Padre”, incui si celebra la festa delperdono. Per poter viverequesta festa, passaggiofondamentale è la sco-perta, accoglienza e spe-rimentazione della corte-se misericordia divina.Sì, la cortesia del perdo-no divino. Nella parabo-la del figliol prodigo ve-

diamo il Padre che, commosso, corre incontroal figlio ritrovato, lo abbraccia, lo bacia, lo ve-ste elegantemente con le vesti più belle, lo ria-bilita pienamente, lo integra nella famiglia apieno diritto, organizzando un grande banchet-to, una grande festa. Quale bellezza manifestail volto misericordioso di Dio Padre! Qualecortesia svela il suo perdono!

2. L’ascolto della Parola di Dio. Questa le-zione ci viene offerta dal banchetto eucaristico.Il beato Giovanni Paolo II afferma in “Novomillennio ineunte” che da sempre una tentazio-ne insidia ogni cammino spirituale: quella dipensare che i risultati dipendano dalla nostracapacità di fare. Certamente Dio ci chiede unareale collaborazione alla sua grazia. Ma guai a

La famiglia: altare viventedel banchetto eucaristico

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dimenticare che «senza Cristo non possiamofare nulla» (Gv 15,5). La preghiera ci fa viverequesta verità. Essa ci ricordail primato della vita interioree della santità, primato che èconcepibile solo a partiredall’ascolto della Parola diDio. La Parola provoca unincontro vitale nella vita del-la famiglia.

3. L’essere pane spezzato per gli altri. È ilterzo grande insegnamento che riceviamo dal-l’Eucaristia. Qui troviamo il cuore e l’apicedella vocazione matrimoniale. I coniugi hannocome vocazione, infatti, proprio quella di of-frirsi totalmente l’uno all’altro nella verità enell’amore di Dio, vivere per l’altro, essere fe-deli fino in fondo all’altro; in altri termini i co-niugi sono chiamati a “farsi eucaristia” l’unoper l’altro, per essere insieme pane spezzatoper i propri figli e per il prossimo. Madre Tere-sa diceva che non vi è regalo più bello che i ge-nitori possono fare ai figli del loro volersi be-ne. Il farsi eucaristia esige anche uno stile checaratterizzi le relazioni familiari: la cordialità ela fiducia reciproche.

Due sorelle“Cordialità” è una parola composta (cor-

dialità) e significa “dare il cuore all’altro”. Lastessa etimologia è presente nel verbo “crede-re” (cor-do), dare il cuore, mettere il cuore suqualcosa, dare fiducia a qualcuno. Cordialità ecredere, quindi, significano mettere il cuorenell’altro, donare il cuore all’altro. Esse sonocome due sorelle che devono sempre accompa-gnare le relazioni e gli atteggiamenti di una fa-miglia, perché costituiscono la cornice essen-ziale dell’Amore di Dio.

Se la famiglia accoglierà queste tre grandi

lezioni eucaristiche sarà un sacramento peren-ne, un segno visibile che Dio è amore e che

l’amore è la Verità. Se la fa-miglia sarà sacramento, allo-ra sarà anche una benedizio-ne perenne per gli altri.

Un giorno, un uomo pie-gato dalla malattia e dal do-lore, mentre veniva accuditoda Madre Teresa, le disse:«Madre, non so se Dio esi-

ste, ma se esiste sicuramente ha il suo volto».Sarebbe veramente bello se la gente, incon-trando una famiglia cristiana, potesse dire al-trettanto. Questa è la grande “predicazione”quotidiana che la famiglia è chiamata a faresull’altare della vita di ogni giorno.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

LA FAMIGLIA: ALTARE VIVENTE DEL BANCHETTO EUCARISTICO

Preghiera della famigliaPadre del Signore Gesù Cristo e Padre nostro,

noi ti adoriamo, Fonte di ogni comunione;

custodisci le nostre famiglie nella tua benedizione

perché siano luoghi di comunione tra gli sposi

e di vita piena

reciprocamente donata tra genitori e figli.

Noi ti contempliamo,

Artefice di ogni perfezione e di ogni bellezza;

concedi ad ogni famiglia

un lavoro giusto e dignitoso,

perché possano avere il necessario nutrimento

e gustare il privilegio di essere tuoi collaboratori

nell’edificare il mondo.

Noi ti glorifichiamo,

Motivo della gioia e della festa;

apri anche alle nostre famiglie

le vie della letizia e del riposo

per gustare fin d’ora quella gioia perfetta

che ci hai donato nel Cristo risorto.

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

La sobrietà, virtù del futuro

«Segno di giustizia prima ancora che divirtù», dice il card. Dionigi Tettamanzi

della sobrietà, tornata di moda oggi. Sì, perchécon l’arrivo della crisi economica e il rischiorecessione in Europa come nel mondo ci siamotutti preoccupati e siamo diventati più oculati eprudenti nello spendere. La crisi pertanto haavuto anche un effetto positivo nello stimolar-ci ad un maggior controllo e discernimentodelle nostre reali necessità e quindi della dire-zione dei nostri acquisti. La crisi ci ha condot-ti alla sobrietà.

Che cos’è?

“Sobrio” è il contrario di “ebrius” che vuoldire ebbro, inebriato, esaltato, agitato, su di gi-ri, s-regolato, fuori controllo. La nostra è unasocietà ebbra di consumi, di piaceri, di cosemateriali; è una società dell’abbondanza, del-l’apparenza, del narcisismo che i sociologi de-finiscono anche affluente, edonista, opulenta,ecc. È condizionata da un’insaziabile domandadi beni che scaturisce da cicli economici sem-pre più accelerati che riescono a costruire nuo-vi bisogni e a provocare le condizioni materia-li per soddisfarli.

Un gruppo di persone andò a visitare un fa-moso rabbino. Volevano parlare di cose spiri-tuali e ascoltare da lui parole di saggezza.Quando arrivarono alla sua casa rimasero stu-pite nel vedere quanto modestamente viveva.Aveva una tavola, una piccola panca e nessunaltro mobile.

- Rabbino, dove sono i mobili? – gli do-mandarono appena entrate.

- E dove sono i vostri? – chiese il rabbino.

- Ma noi qui siamo solo di passaggio – ri-sposero.

- Anch’io – ribatté il rabbino sorridendo.

Sobrio è chi vive in modo “in-nocente” (chenon nuoce), cioè equilibrato, misurato, entroun’etica del limite. Per questo la sobrietà – se-condo il pedagogista Antonio Nanni – è unostile di vita “sostenibile”, ossia capace di futu-ro. È il passaggio:

• dal modello di vita del cow-boy (che nelFar West deve continuamente “predare”,colonizzare, possedere)

• al modello di vita dell’astronauta (cheesplora lo spazio ma che deve, soprattutto,essenzializzare tutte le risorse per affron-tare il viaggio di andata e ritorno).

Ben più di un semplice accontentarsi diquanto si ha o della capacità di non sprecare, lasobrietà ha una dimensione interiore, abbrac-cia un modo di vedere la realtà circostante chediscerne i bisogni autentici, evita gli eccessi, sadare il giusto peso alle cose e alle persone.

Sobrietà a livello personale significa – perEnzo Bianchi – riconoscimento e accettazionedel limite, consapevolezza che non tutto ciòche ho la possibilità tecnica o economica diottenere deve forzatamente entrare in mio pos-sesso: la capacità di rinuncia volontaria aqualcosa in nome di un principio eticamentepiù alto obbliga a interrogarsi sulla scala di va-lori, in base alla quale giudichiamo le nostre ele altrui azioni.

La sobrietà ci aiuta a riscoprire il gusto perla semplicità e il valore delle cose belle. Unabellezza vera e seducente ma non effimera. La

LA SOBRIETÀ, VIRTÙ DEL FUTURO

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bellezza, a cui la sobrietà può rieducarci, è co-sì diversa e profonda che presuppone una spi-ritualità, quella della compassione, quella dichi sa condividere il dolore.

Nelle relazioni

La sobrietà si manifesta nella ricerca di rela-zioni significative e personali. Come scrive pa-dre Abramo Levi nel libro Il sapore della sobrie-tà: il cristiano viene stupito, quasi scandalizzato,dalla sobrietà di Dio che si manifesta nella siste-matica ricerca di relazione con l’uomo. La so-brietà di Dio consiste nel suo scendere (kenosis),nell’abbassarsi, nel prendersi cura dell’uomoquando confeziona le vesti di pelle per Adamoed Eva, quando pone il segno protettivo su Cai-no. Al contrario, l’uomo proprio nell’allontanar-si dalla relazione diventa “ebbro”: quando man-gia il frutto proibito, quando costruisce la Torredi Babele, quando Noè si ubriaca…

La ristrutturazione del rapporto con gli altrialla luce della virtù della sobrietà comportal’impegno di vivere il proprio “Io” come un“Io ospitale e solidale”, aperto all’alterità. Lerelazioni sono tra le nostre principali ricchez-ze, se riusciamo a fuggire le tentazioni dei no-stri egoismi.

Iniziare un cammino di sobrietà nei rappor-ti richiede la capacità di attenzione e dialogoverso l’altro: quello che ci è vicino, come il no-stro partner e i figli, ma anche colui con il qua-le ogni giorno condividiamo le gioie e i doloridelle nostre esperienze, e quello lontano chenon vediamo, non conosciamo ma sappiamovivere il nostro tempo ed affrontare le nostrestesse sfide. Quante parole oggi sono sprecatee quale equilibrio si rende necessario tra silen-zio e parola per una corretta comunicazionefatta di ascolto e condivisione. Nella sacraScrittura troviamo che Dio Padre, Gesù e i

Santi hanno molto da insegnarci attraverso illoro stile di vita e le loro modalità di relazione.

Nell’educazione

Se coloro che sono sobri trasmettono lagioia e la pace dell’anima, i figli avranno unincentivo per imitare i genitori. Il modo piùsemplice e naturale di trasmettere questa virtùè l’ambiente familiare, soprattutto quando ibambini sono piccoli. Se notano che i genitoririnunciano con eleganza a ciò che ritengonoun capriccio o sacrificano il loro riposo peroccuparsi della famiglia – per esempio, aiu-tandoli a fare i compiti di scuola, oppure fa-cendo il bagno ai piccoli o dando loro da man-giare o tempo per giocare insieme – assimile-ranno il significato di queste azioni e le mette-ranno in relazione con l’atmosfera che si re-spira in famiglia.

Alla scuola materna del mio paese ricordoun papà che mi disse a seguito di una conferen-za per genitori: «Prova tu, don Roberto, a nondare i 20 euro di paghetta settimanale a tuo fi-glio adolescente». Era evidente che le richiestedi quell’adolescente risentivano di uno stile

Sobrietà felice.Otto incontri e una rivoluzione possibile

di Sara Marconi e Francesco Mele,edizioni La meridiana.

Per insegnare la sobrietà attraverso il gioco.

Elementi di formazione: le piccole virtù umane

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educativo ricevuto fin dai primi mesi di vita,per cui non mi è stato difficile rispondere a quelgenitore: «Ma tu come hai abituato tuo figlio alsacrificio e alla rinuncia sin da piccolino?».

È faticoso oggi dire di “no” a nostro figlioquando ci chiede qualcosa che lo affascina e cheha visto dai suoi amichetti; ci impegna davverotanto il dovergli spiegare che quel giocattolo ogioco della play station non ce lo possiamo per-mettere, ma si rende quanto mai necessario abi-tuarlo a fidarsi di noi, ad accettare le nostre pro-poste e a maturare una prospettiva di vita perso-nale, indipendente e assolutamente positiva.

Responsabilizzare

La formazione alla sobrietà non si deve ri-durre a pura negazione: occorre insegnarla intermini positivi, facendo capire ai figli in chemodo conservare e usare meglio quello che siha: gli indumenti, i giocattoli, il cibo, i libri, lecose di casa. Occorre dar loro qualche respon-sabilità, in base all’età di ognuno: l’ordine nel-la propria camera, l’attenzione ai fratelli piùpiccoli, gli incarichi materiali in casa (prepara-re la colazione, comprare il pane, gettare neicassonetti la spazzatura, apparecchiare la tavo-la…). Occorre far loro notare, con l’esempio,

che l’eventuale mancanza di un bene si soppor-ta lietamente, senza lamentarsi; e stimolare laloro generosità verso chi ha bisogno.

Se, malgrado tutto, le ragazze e i ragazzinon comprendono subito la convenienza di unprovvedimento e protestano, si può star certiche in seguito sapranno apprezzarlo e lo gradi-ranno. Perciò è necessario armarsi di pazienzae di fortezza, perché in questo ambito è neces-sario andare contro corrente. Bisogna insegna-re ad amministrare il denaro, a comprare bene,a utilizzare correttamente gli strumenti, comeil telefono o il motorino, le cui fatture si paga-no, affinché si rendano conto di quanto si spen-de non certo per il solo piacere di spendere…

Il denaro è solo un aspetto della questione.Qualcosa di simile succede nell’uso del tempo.Una misura sobria negli spazi dedicati all’in-trattenimento, agli hobby o allo sport fa partedi una vita temperata. La sobrietà in questocampo permette di liberare il cuore, dedican-doci a cose che ci aiutano a uscire da noi stes-si e ci permettono di arricchirci coltivando lavita di famiglia o le amicizie. Per esempio, lostudio, oppure il tempo e il denaro dedicati aipiù bisognosi, cosa che conviene stimolare neiragazzi fin da quando sono piccoli.

Don Roberto ROVERAN ssp

LE CINQUE ERRE DELLA SOBRIETA’ FELICE,proposte dal Card. Dionigi Tettamanzi a piccoli e grandi

1) Ridurre le cose che si comprano, badando solo all’essenziale;

2) Riciclare il più possibile gli oggetti, anche con la raccolta differenziata;

3) Riparare gli oggetti fin tanto sia possibile;

4) Rispettare tutti, le persone, gli animali, l’ambiente…;

5) Regalare qualcosa di nostro a chi ne ha più bisogno.

LLaa ggiiooiiaa ddeellllaa nnoossttrraa vvooccaazziioonneeIn questi tempi delicati e duri è quanto mai necessario testimoniare la gioia. Noi che se-

guiamo Cristo “più da vicino” siamo chiamati a condividere la gioia dello stesso Gesù: «Vi hodetto questo perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).

La gioia piena non è una possibilità, neppure un’utopia. Per noi credenti è una responsa-bilità. Se la gioia «è determinata dalla scoperta di sentirsi soddisfatti» (Gademer), ed è l’espe-rienza della pienezza, allora chi ha provato l’amore di Dio elo ama con cuore aperto e grato, non può non provare que-sta gioia che nessuno potrà portargli via: né tribolazioni nésituazioni di grande sofferenza e contraddizione. Anzi sco-prirà la necessità di testimoniare questa gioia che inonda ilsuo cuore in mezzo a chi sta vivendo le stesse situazioni. Ela sua vita sarà il canto della gioia che affonda le sue radi-ci nella certezza di camminare assieme al Dio-con-noi.

Come, quando e dove testimoniare la gioia? Mostrando lagioia della propria vocazione. La vocazione è arrivata senzache noi la provocassimo. A poco a poco, quasi senza renderce-ne conto, è andata nascendo una grande passione per Cristo che ci ha portati a seguirlo, assu-mendo il Vangelo come regola di vita e abbracciando la stessa vita di Gesù.

Abbiamo scoperto che non si può seguire Gesù voltando le spalle ai volti di Cristo poveroe crocifisso e che non possiamo amare Cristo al margine della Chiesa. E noi ci siamo dedicaticon tutto il cuore a portare il dono del Vangelo agli altri, perché ci sentiamo abitati da Lui. E,come nel caso della samaritana, la sete appagata si è trasformata in annuncio e missione (cfGv 4,1ss)…

Sono molti i fratelli che, dopo tanti anni e in mezzo ad ogni tipo di prova, continuano atestimoniare la gioia della loro vocazione. Penso a coloro che, vivendo della logica del dono esuperando qualsiasi tipo di barriera culturale, religiosa e geografica, si impegnano incondizio-natamente a portare la buona novella del Vangelo a tutti, ai vicini e ai lontani.

Penso a coloro i quali, consapevoli di portare la propria vocazione in vasi di creta (cf 2Cor4,7), ma sicuri del fatto che nella loro fragilità si manifesta la potenza del Signore (cf 2Cor12,9), continuano, giorno dopo giorno, a sopportare il peso e la calura della giornata, con lamano all’aratro senza guardare indietro, malgrado il suolo da arare si presenti duro e arido.

Grazie, fratelli, per essere missionari della gioia!Insieme a questi, vi sono altri fratelli nei quali il pericolo della routine, della demotivazio-

ne, della tristezza, della mediocrità e della mancanza di passione nella dedizione si fa presen-te nella loro vita e questo traspare dai loro volti. Soffrono e, senza volerlo, fanno soffrire poi-ché non si sentono felici. In tali situazioni è necessario tornare al primo amore, a riscoprire ilDio-con-noi. È necessario tornare alla preghiera, fonte da cui scaturisce la gioia dell’incontrocon il Signore, fuoco contro il freddo dell’indifferenza, della demotivazione, della tristezza.Quando preghiamo il nostro cuore si libera di tante scorie e ci libera dai capricci di un umo-re passeggero.

Spògliati della tristezza (cf Bar 5,1)… L’umanità ha bisogno di una vita cristiana che sia tra-sparenza di Cristo e che si manifesti nella donazione totale, gioiosa e appassionata. Siamo mis-sionari più per ciò che siamo che per ciò che facciamo o diciamo. Essere gioiosi e portatori disperanza è la conditio sine qua non di una pastorale vocazionale e di un annuncio credibile delVangelo.

Dalla Lettera di pp.. JJoosséé CCAARRBBAALLLLOO, Ministro generale dei Frati minori, 2011

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Il primo numero di “Gesù Maestro” di que-st’anno ci ha stimolati a riflettere sul brano

di san Paolo, tratto da 1Cor 12,3: «È lo Spiritoche ci fa riconoscere in Gesù di Nazaret il Si-gnore»; di conseguenza è sempre lo Spiritoche ci fa riconoscere l’altro come fratello, unafraternità più viva a motivo della chiamata adessere membra dell’Istituto “Santa Famiglia”,inseriti nella grande Famiglia Paolina; è sem-pre lo Spirito che ci fa comprendere l’impor-tanza dell’apostolato specifico, che è la comu-nicazione del Vangelo nel mondo di oggi con imezzi di oggi. In questa visione la famiglia è ilpiù grande mezzo di comunicazione sociale vi-vente. Proprio per questo la famiglia è oggi at-taccata da ogni parte.

Nella famiglia Cristo prende dimora e dallafamiglia parte l’aiuto e il sostegno alle altre fa-miglie. Nella famiglia i figli ricevono lezioni disperanza, di fede e di carità.

“Ripartire da Cristo” è il programma davivere ogni giorno, insieme ai figli, in co-

munione con le famiglie a noi affidate, valo-rizzando la grazia del sacramento del matri-monio e, ancor più, il “di più” della consa-crazione.

“Ripartire da Cristo” per ogni famiglia è ri-convertirsi ogni giorno; riscoprire, testimonia-re la dolcezza di Dio. Appunto perché la fami-glia è il prioritario mezzo di comunicazionesociale, ogni coppia dell’Istituto deve vivere eoperare come consacrati; la consacrazione vis-suta e testimoniata contagia i figli, così da vi-vere essi pure una maggiore intimità con Dio,da cui viene ogni salvezza.

L’Istituto non ci salvaguarda dalle tentazio-ni o dalla sofferenza, ma è una corazza divinache ci permette di combattere le insidie del de-monio e del mondo.

L’Istituto è il dono più grande che si possadesiderare. Che il coraggio e la forza che cidona il Signore ci uniscano tutti in una pro-fonda e apostolica comunione di intenti (Fa-miglia Petix).

Un grazie sinceroGrazie per la ricchezza di contenuti, preghiere, suggerimenti e strumenti che fioriscono dal-la circolare di “Gesù Maestro”.Ci indica il percorso da seguire avviandoci verso il centenario della Famiglia Paolina; ci dàsuggerimenti sia come consacrati che come genitori. Se ognuno di noi prega, legge e met-te in pratica i contenuti di quanto arriva, tanti nodi nostalgici di un’era passata smettereb-bero di esistere e la nostra vita sarebbe una lode continua e un ringraziamento del cuore(FFaammiigglliiaa RReebbiisscciinnii))..

Testimonianze

La famiglia consacratatestimone dell’Amore

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In Libreria

La forza dei valoriFormazione cristiana

e responsabilità educativadella famiglia.

di Antonio D’Angelo - Paoline

Il lavoro – natoall’interno di ungruppo parrocchialedi famiglie – è costi-tuito da una serie dimeditazioni dettatedall’Autore-parro-

co, allo scopo di aiutare i genitori cri-stiani a scorgere la presenza di Dionelle pieghe del tessuto quotidiano, aconfrontarsi con la Parola e a educa-re le nuove generazioni a non subiregli eventi, ma ad essere persone libe-re e responsabili che fanno crescerela comunità nella cultura dell’amore.

I brani evangelici, su cui si con-centra la riflessione (che tiene sem-pre presente il contesto socio-cultu-rale e la concretezza del quotidianonel quale ciascuno vive), sono i “set-te segni” riportati dall’evangelistaGiovanni: le nozze di Cana/ il funzio-nario del re/ il paralitico alla piscinadi Betesdà/ la moltiplicazione dei pa-ni/ il cieco nato/ la risurrezione diLazzaro/ la morte di Gesù in croce.

Famiglie in esilioferite, ritrovate,

riconciliatedi Carlo Maria Martini – San Paolo

Per oltre ven-t’anni pastore diuna grande cittàcome Milano, ilcard. Carlo MariaMartini ha avutonumerose occasio-ni di contatto diret-

to con persone e famiglie. Incontrandole e ascoltandole,

ha potuto decifrare la complessitàdelle situazioni in cui la gente vi-ve, nel contesto di una società mu-tata nella coscienza degli ideali,dei valori e delle responsabilità, sia

individuali che pubbliche, e di ri-flesso anche nella mentalità, neicomportamenti e negli stili di vita.

Anche la famiglia, per secolistruttura di riferimento del viveresociale, è rimasta profondamentescossa in tutto questo rivolgimentodi idee, costumi e prospettive. Ilproblema pastorale, di fronte a unasituazione così problematica,emerge quindi con evidenza. Sepoi, dalla famiglia nel suo com-plesso, si passa ai ragazzi e ai gio-vani, si delineano altri aspetti dellecarenze e dei conflitti che agitanola famiglia d’oggi.

In questo libro il cardinaleMartini, con le sue parole, ci ricor-da che per essere e rimanere unafamiglia cristiana, c’è un lungopercorso da compiere, nel bel mez-zo dei problemi e delle sofferenzedi cui è fatta la storia di ogni fami-glia.

Preghiere in famigliadi L. Guglielmoni e F. Negri - Paoline

Le preghiereproposte in questolibro coinvolgono ivari membri dellafamiglia e intendo-no affrontare la re-altà che le famiglievivono giorno pergiorno. Ogni pre-

ghiera ha una tematica di fondo(lavoro, tempo, denaro, figli, festa,sofferenza, media ecc.), che puòcostituire anche lo spunto per dia-loghi familiari e approfondimentitra gruppi di coppie.

Nascono dall’esperienza degliAutori e suggeriscono gesti e atteg-giamenti concreti da attuare in fa-miglia quali stima, accoglienza,dialogo, perdono. Lo stile delle pre-ghiere è semplice e coinvolgente.

Possono essere valorizzate perla preghiera individuale e di grup-po, in famiglia, in parrocchia, inaltri incontri di preghiera e di ri-flessione.

Certissima LuceIl cristiano e la vita eterna

di Giuseppe Forlai – San Paolo

Il cristiano nondeve avere paura dipensare alla morte,anzi deve prepararsicon la vita e pregareperché la sua siauna buona morte,ossia avvenga nellariconciliazione pie-

na con Dio. L’anima e la carne allaluce della risurrezione: l’uomo è unessere composto, e la sua vita perl’eternità non sarà pienamente felicese il suo essere non sarà al completo.

La Famigliasperanza della Chiesa

e della societàdi Benedetto XVI

a cura di Giuliano Vigini - Paoline

Il prossimo In-contro Mondialedelle Famiglie, chesi terrà a Milano dal30 maggio al 3 giu-gno 2012, rappre-senta senz’altroun’occasione unica

per riflettere, in un’epoca di così pro-fondi cambiamenti del tessuto socia-le e culturale, sul valore della fami-glia e in particolare sulla vocazionedella famiglia cristiana. Questo testo,attingendo al ricco magistero di Be-nedetto XVI in questi anni di pontifi-cato, vuole essere un aiuto prezioso econcreto per riscoprire la bellezza delmatrimonio, vissuto nella fecondità enella gratuità dell’amore.

I diversi testi proposti voglionoallora offrire agli adulti, ai giovani ea tutti coloro che si apprestano a unir-si in matrimonio, un contributo sin-golare per approfondire e meditaresu tanti aspetti legati alla vita coniu-gale, e su quello che la Chiesa si at-tende dalla famiglia, per una societànuova e ricca di vera speranza.

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AprileINSALACA Calogero Luigi e Grazia - 02/04/1987CAPPELLO Cosimo e Gabriella - 23/04/1987BELELLI Gianfranco e Katia - 25/04/1987FERRETTO Angelo e Mariangela - 25/04/1987SCARAMUCCI Pier Paolo e Lucia - 25/04/1987

MaggioSABATTINI Gianfranco e Ester - 24/05/1987SEVERI Demetrio e Maria - 31/05/1987

GiugnoGIAMMARIO Michele e Irene - 15/06/1987GENNARI Andrea e Paola - 27/06/1987

LuglioTRICOLI Rocco e Maria Crocifissa - 14/07/1987

AgostoSCIRPOLI Francesco e Raffaella - 01/08/1987

SettembreFIORETTO Pierangelo e Miriam - 05/09/1987SANFILIPPO Angelo e Carmela - 05/09/1987TERRANOVA Calogero e Angela - 05/09/1987PENNA Nicola e Rita - 06/09/1987MARNI Luciano e Marianella - 13/09/1987

OttobreGIULIETTI Giovanni e Francesca - 04/10/1987

NovembreASSANELLI Maurizio Carlo e Marilena - 22/11/1987

DicembreREGGI Daniele e Maria Rosa - 19/12/1987

25° ANNIVERSARIO di MATRIMONIO

50° ANNIVERSARIO di MATRIMONIO

Anniversari di matrimonio

GennaioGASPAROTTO Francesco e Franca - 15/01/1962FARINA Daniele e Antonietta - 16/01/1962RUSSO Angelo e Paola - 24/01/1962

FebbraioDI SABATO Vincenzo e Carolina - 21/02/1962ALBERTON Luigino e Bruna - 24/02/1962

AprileTORRENTE Eleonora - 29/04/1962SANNA Marisa - 30/04/1962

MaggioPIANELLA Luciana - 19/05/1962

LuglioLOSITO Francesco - 26/07/1962

AgostoFRONTEDDU Giuseppe e Marta - 08/08/1962GIUGNINI Renata - 18/08/1962

PITACCO Caterina - 18/08/1962

SettembreMARAZZI Rolando e Nella - 03/09/1962DIGIESI Domenico e Anna - 13/09/1962CANNARSA Anna - 16/09/1962GUERRESCHI Zita - 22/09/1962

OttobreGUCCIONE Stefano e Gigliola - 06/10/1962RUBINI Franca - 08/10/1962MASELLI Domenico e Severina - 13/10/1962MARTUCCI Grazia - 25/10/1962GASPARINI Marcello e Lina - 28/10/1962

NovembreLAGHETTO Pietro e Maria - 17/11/1962

DicembrePINNA Vittoria - 25/12/1962CALABRÒ Calogero e Lina - 31/12/1962

GiugnoSEBASTIANI Roberto e Silvana 09/06/1987

AgostoBERNARDINI Eliseo e Enrica 07/08/1987BUONOCORE Teresa 07/08/1987CERRITO Gaetano e Rosa 07/08/1987COSTANTINI - BORGO Attilia 07/08/1987CURTO Giuseppe 07/08/1987DAMATO Antonio e Carmela 07/08/1987DELLERBA Matteo 07/08/1987DI CAMILLO Giuseppina 07/08/1987Enna Giovanni e Giuseppina 07/08/1987FIASCHI Aldo e Emanuela 07/08/1987FRANCESCANGELI Aldo e Daniela 07/08/1987GNACCARINI PAGLIARI Paola 07/08/1987GUERRA Enzo e Gabriella 07/08/1987IAVAZZI Caterina 07/08/1987MAGGIO Maria Pina 07/08/1987MARI Wilma 07/08/1987MISCEO Nicola e Maddalena 07/08/1987PALUMBO Giuseppe e Giuseppina 07/08/1987PIEMONTE Ciro e Maria 07/08/1987SALVAGGIO Eugenio e Rosaria 07/08/1987TISBI Iole 07/08/1987TROTTI Giovanni e Anna 07/08/1987VOLIANI Mario e M. Teresa 07/08/1987

SettembrePALUMBO Francesco e M. Rosa 06/09/1987

NovembreBERNARDONI Olga 01/11/1987DI BLASIO Nicola e Maria 01/11/1987MODUGNO Giuseppe e Anna 01/11/1987NASCÈ Salvatore e M. Domenica 01/11/1987OLIVIERI Giovanni B. e M. Giuseppina 01/11/1987PASQUINI Nicoletta 01/11/1987RADICI Luciano e Giuliana 01/11/1987

25° ANNIVERSARIO di CONSACRAZIONE

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Anniversari di consacrazione

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DE ANGELIS Armando - 02/04/1996 - Allumiere (RM)RUIU Matteo - 04/04/2005 - SassariSUPERCHI Assunta - 05/04/2007 - Allumiere (RM)TOMASSINI Maria - 05/04/2006 - Fano (PU)ANTONI Otello - 08/04/1997 - Monfalcone (GO)FERRACUTI Angelo - 08/04/1998 - Allumiere (RM)ZUCCONI Gualtiero - 09/04/2003 - Allumiere (RM)GIULIETTI Pietro - 12/04/2003 - Lucrezia (PU)SCORZELLI Raffaele - 12/04/1983 - SalernoDORAZI Valentino - 13/04/2008 - Monteciccardo (PU)BERNINI Piero - 15/04/1989 - RomaBALLARDIN Bertilla - 17/04/2011 - Thiene (VI)GIAMPIETRO Vincenzo - 19/04/2009 - BrindisiPATRUNO Giuseppe - 19/04/2002 - Spinazzola (BA)ROCCHI Vito - 19/04/1997 - Bancali (SS)MELOTTO Francesco - 20/04/1991 - Legnano (VR)CREMA Lina - 21/04/2010 - Luzzara (RE)RENZONI Filippina - 21/04/1982 - Fano (PU)MENCARINI Renato - 23/04/1988 - Lucrezia (PU)VERBO Felice - 25/04/1994 - Allumiere (RM)COCCI Luigi - 27/04/2011 - Lucrezia (PU)D’APRILE Salvatore - 27/04/2005 - Salice Salentino (LE)DEPLANO Pietro - 27/04/1991 - RomaLEBANI Federico - 29/04/2010 - TriesteURSINI Giuseppe - 29/04/2006 - Grottaferrata (RM)

Maggio

LOSITO Angela - 01/05/1994 - Noicattaro (BA)NISIO Angela - 01/05/2002 - Giovinazzo (BA)BELLAVISTA Aurelio - 02/05/2004 - Bagheria (PA)PENNESI Colomba - 02/05/1997 - Allumiere (RM)VILLANI Benito - 03/05/2010 - Orosei (NU)PENDINELLI Luigia - 05/05/2008 - Veglie (LE)ACCOSSU Francesco - 07/05/2007 - Pabillonis (CA)ATZORI Assunta - 07/05/2010 - Nurachi (OR)MIRAGLIA Michele - 07/05/2004 - Camerano (AN)NUCCIO Domenico - 09/05/1995 - PalermoONESTO Maria - 09/05/1995 - CagliariDEL BUONO Arturo - 12/05/1985 - RomaPATERA Giovanni - 14/05/2000 - Veglie (LE)

ARZU Rina - 15/05/1991 - NuoroMARILoreto - 16/05/1995 - RomaGIOVE Giovanni - 17/05/2004 - Sannicandro (BA)GUERRESCHI Piergiorgio - 18/05/1996 - S. Pietro In C. (VR)UGENTI Teresa - 21/05/1984 - Grumo Appula (BA)MONALDI Pietro - 22/05/1998 - Allumiere (RM)CAFORIO Maria - 24/05/2006 - Salice Salentino (LE)IANNELLI Salvatore - 25/05/2004 - RomaCORONA Giuseppe - 26/05/2001 - San Vero Milis (OR)DAINOTTO Illuminato - 27/05/2001 - AgrigentoPIGIONA Antonio - 27/05/1985 - TriestePAOLONI Rosanna - 28/05/2007 - Dossobuono (VR)COCCI Anna Maria - 30/05/2009 - Lucrezia (PU)ORRÙ Raimondo - 31/05/2003 - San Gavino (CA)

Giugno

CAVALLUZZI Gabriele - 01/06/2005 - Palo Del Colle (BA)BRUNO Gabriella - 04/06/2011 - Bra (CN)D’AGOSTINO Rosa - 05/06/2008 - Veglie (LE)ROBERTI Emilia - 06/06/2009 - Montefalcone (CB)BIANCHINI Maria - 07/06/1983 - BolognaSERRA Rosa - 08/06/1982 - Talana (NU)CAPOCCIA Cosima - 09/06/2002 - Veglie (LE)SUPERCHI Antonio - 10/06/1985 - Allumiere (RM)CEPPA Teresa - 16/06/2006 - TriestePORCARI Luigi - 16/06/1985 - Rocca Priora (RM)BUTERA Gaetano - 17/06/2007 - Serradifalco (CL)COCCHIERI Adele - 08/06/2008 - RiminiTALLEVI Alberto - 19/06/1990 - Lucrezia (PU)CAPPELLA Amelia - 20/06/1984 - Palata (CB)POZZATO Matteo - 20/06/2009 - VeronaINBRUNNONE Vincenzo - 22/06/2002 - PalermoDI TOMMASO Leda - 25/06/2009 - Lucrezia (PU)ARCIONE Concetta - 26/06/2009 - SalernoCARAMAZZA Carmelo - 26/06/2006 - Canicattì (AG)OMICCIOLI Luigi - 27/06/1978 - Saltara (PU)GENOVA Luigi - 29/06/2010 - Delia (CL)STRACCIATI Vera - 29/06/1991 - RomaPRATO Vitina - 30/06/2002 - Salice Salentino (LE)

AnniversarioAprile

Ricordo dei Defunti

LEDDA MICHELEdel Gruppo di Sassari

* 29.01.1932 – † 12.03.2012

All’alba del 12 marzo u.s. il nostro fratello Michele è tornato alla casa del Padre dopo un pe-riodo di grave malattia, che ha vissuto con grande fede e serenità.

Sua forza era il Vangelo che ha letto finché le sue condizioni glielo hanno permesso, e quan-do le sue forze sono mancate era la moglie Tonina che provvedeva a leggergli i brani relativi al-la liturgia di quel giorno. È morto infatti col Vangelo fra le mani. La sua fede grande e matura loha sostenuto e confortato.

Entrato nell’Istituto nel 2003, la sua fede è andata crescendo sempre più, testimoniata con uncrescente senso ecclesiale; infatti era sempre disponibile nel servizio della comunità parrocchia-le; era membro del Gruppo della “Visitazione”, che ha come compito di visitare gli ammalati egli anziani della parrocchia; successivamente divenne Lettore prima e Accolito poi; faceva, inol-tre, tanti altri piccoli servizi, collaborando, con la delicatezza, la discrezione, il sorriso che lo ca-ratterizzavano, alla vita della comunità.

Partecipava con assiduità ai Ritiri mensili ed Esercizi Spirituali annuali dell’Istituto, di cui eraorgoglioso di far parte.

Per tutto questo, “Michelino” mancherà molto al Gruppo, anche se abbiamo la certezza che,ormai tornato al Padre, intercederà per la sua sempre amata “Tonina”, per i suoi figli, per noi eper la sua parrocchia (Gruppo di Sassari).

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Signore. Il sacrificiodi Cristo presente sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essereuniti alla sua offerta» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1368).

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatoriouna persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a Dio il santoSacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli,Dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gliiscritti vivi e defunti.Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di riconoscenza versotutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione

1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta.2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione.3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro.4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Nota bene

• Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: € 10,00.

• Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di € 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”,Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia”per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”IBAN: IT34K0832703201000000034764

Gesù adolescentecon Maria e GiuseppeGesù adolescentecon Maria e Giuseppe