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Gillo Dorfles La (nuova) moda della moda costa & nolan

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Gillo Dorfles

La (nuova) moda della moda

costa & nolan

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I capitoli di questo libra corrispondono, soltanto in parte, perche

quasi tutti rimaneggiati e modificati, a saggi e articoli apparsi nel

corso degli anni su diverse pubblicazioni che cito qui anche a titolo

di ringraziamento per averne le stesse concesso la ripraduzione:

"Donna", "Vogue", "Grand Bazar", "Corriere della Sera", nonche i

volumi Degli Habiti antichi et moderni di Cesare Vecellio, Bologna,

L'inchiostra blu, 1983; T-Shirt, T-Show, Milano, Electa, 1984; La

danza, il canto, l'abito, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 1982.

[email protected]

www.costaenolan.it. ,

Copyright © 2008 cosrlaq editori s.r.l. - Milano

ISBN 978-88-7437-080-1

-Introduzione

Quando avevo cinque 0 sei anni, mi obbligavano a portare

(secondo un uso ormai passato alla Storia) certe bluse "alla

marinara" di una stoffa blu scuro con un ampio collettonedove spiccavano le fatidiche stelle bianche a cinque punte.

Ma, quello che mi inorgogliva soprattutto, era il fatto che le

famose bluse venissero direttamente da Livorno, sede dell'Ac-

cademia navale, e non fossero comprate in un qualsiasi nego-

zio di Genova, la citra dove ho passato l'infanzia. La differen-

za tra il blu dei colletti livornesi e quello dei non livornesi

era evidente e la individuavo subito quando mi capitava di

imbattermi per la strada in un bambino vestito pure lui "alla

marinara", rna con delle notevoli diversita: le righe di fettuccia

bianca che orlavano il collettone erano d'un genere moltodiverso, 0 pili numerose 0 pili addensate e il colore, poi, era

di tutta un'altra gradazione del mio; si trattava, dunque, per

il mio gusto d' aHora, di un indumento decisamente di secon-

do ordine.

Ho fatto questa breve e fatua confessione non certo per

van tare la mia precocita nei riguardi della moda, ne per sot-

tolineare le mie capacita percettive in campo cromatico, rna

solo per affermare come il fenomeno della moda, dell'impor-

tanza di indossare un determinato indumento e non un altro,

mi sia sempre stato congeniale. E non ho mai considerato

questo fenomeno come qualcosa di futile 0 di frivolo. Tanto

pili che spesso mi trovavo a essere del tutto controcorrente:

prediligendo magari materiali pili rozzi 0 colori meno accesi.

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In altre parole, il fenomeno dell' abbigliamento e del suo

essere legato a dimensioni molto profonde del nostro caratte-

re, del nostro umore, del nostro essere-nel-mondo, mi e sern-pre sembrato un dato non eliminabile e di notevole irnpor-

tanza, non solo per me stesso ma per ogni mio prossimo. E

logico dunque che, di tanto in tanto, quando l' occasione mi

si e presentata, io abbia accettato di dire 0di scrivere qualco-

sa attorno ai problemi della moda. Soprattutto dopo l'uscita

del mio libro Mode e modi (1979), che in un certo sen so ha

"ufficializzato" questo mio , un po' marginale, interesse. Nelle

brevi pagine che seguono il lettore non creda, pen), di trovare

n e aggiornamenti attendibili, ne consigli dotti, ma soltanto

qualche osservazione episodica e occasionale che mi e venutofatto di annotare, qua e la su giornali e riviste, e con la quale

spero di chiarire alcuni dei "rnisteri' che circondano questo

sconcertante settore. Come si puo, infatti, giustificare, con

un po' pili di precisione di quanto non facciano di soli to leconsuete cronache giornalistiche, l'interesse che oggi circonda

la moda, pili di quanto non accadesse in passato?

Credo che questo interesse sia dovuto essenzialmente, come

accade per molti altri fenomeni attuali, all'incontro di aspetri

estetici con aspetti economici.

Si tratta, tutto sommato, di un dato negativo, perche pone

in primo piano ragioni utilitarie e non ragioni ideali, cultura-

li, morali. Ma e necessario arrendersi all' evidenza dei fatti. Lo

. si e visto con chiarezza ancora pili traumatica nel caso delle

arti visive: l'altaleria dei prezzi, i dipinti chiusi, come beni dirifugio, nelle casseforti senza neppure venir degnati d' uno

sguardo, testimoniano di una preminenza del quoziente ecorio-

mico-finanziario su qualsiasi altro quoziente. La stessa val u ta-

zione critica di molte opere finisce per coincidere con i valori

del mercato. E, se questo e molto sconcertante, e tuttavia una

prova dell'interdipendenza tra arte e consumo.

Nel caso della moda, per 1 0 meno, esiste un motivo di

giustificazione: siccome I' abito particolarmente originale eben

risolto e destinato non alia tacita amrnirazione, non a una

"fruizione" isolata e narcisistica, ma, gia in partenza, a un uso

esibizionistico, e pili"comprensibile che l'incontro tra i dati

estetici e quelli economici sia accettato come indiscutibile.

Per questo ritengo che la moda cosrituisca, da un lato, una

6

-sorta di carrina di tornasole per certe costanti (anzi incostanti)

del gusto; dail' altro , che la moda possa veramente essere depo-

sitaria d'un elemento stilistico meno asservito alle "quotazioni

di borsa" di cui sopra, perche decisamente destinato al consu-

mo immediato.

Che voglio dire con cio? Che la moda e come l' olio e non

come il vino: invecchiando non migliora ma peggiora.

Nessuno crede (salvo i curatori 0 le curatrici dei musei

della moda) che un abito si possa conservare in banca in

attesa che il suo valore aumenti come avviene con un Klee 0

un Pollock. Forse non domani, ma sicuramente oggi: il gusto

non basta pili a distinguere quello che e dalla parte del Bene

o del Male in campo estetico. L'avvento e l' avventura del

kitsch ha ormai profondamente mutato le nostre "difese" este-

tiche. Dobbiamo attenderci l' esplosione, in settori periferici

ma non percio meno essenziali e vitali (videogame, lettering,

mezzi di trasporto, industrial design, architetture "di consu-mo"), di un tipo di creazione artistica che corrisponde solo in

parte agli anrichi canoni che regolavano un tempo 1 0 scarto

tra "arti pure" e "arti applicate", tra pittura e scultura e arti-

gianato. La moda, invece, puo rimanere estranea e al tempo

stesso partecipe di entrambe le caratteristiche ed essere percio

uno dei parametri di confronto tra Ie arti durature e quelle

effimere, tra la non arte commercializzata e l' arte ritenuta

indipendente e sovrana .

Sicche, per concludere, circa questa analogi a tra Moda e

Arte, e cercare anche di giustificareilperche di un"'Arte chee di moda" e di una "Moda che e artistica", vorrei ribadire il

mio convincimento sulla necessita di aggiornare [e nostre nozio-

ni e le nostre convinzioni per quanto riguarda il settore della

visualita arristica, cercando di sospendere ogni giudizio circa

un'idea del Bello Assoluto ormai irrecuperabile, accettando

invece la realta di un fattore di piacevolezza e d'immediato

soddisfacimento dei propri impulsi estetici pili generalizzati

e, perche no, pili direttamente "vissuti",

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La moda del mondo

Una delle domande pili banali, eppure sempre attuali: cosa

sarebbe l'uomo (e naturalmente la donna) senza gli abiti che

indossa? Sarebbe davvero ben poca cosa: un lungo verme bian-castro (0 nerastro 0 giallognolo) il quale, anziche strisciare

per terra, avanza fieramente in posizione eretta; pero altrer-

tanto modesto nell'aspetto, se privato dell'aureola di un fan-

tasioso abbigliamento. E, davvero, ormai non e pili possibileconsiderare la moda come una frivola occasione di rivestire il

proprio corpo; I' estendersi del fenomeno-moda alia cultura,

all' arte, e natural mente all'economia e alia comunicazione mas-

siva, ha fatto sl che molti studiosi - dal vecchio Georg Simmel

a Jean Baudrillard, da Giampaolo Fabris a Ugo Volli, fino ai

recentissimi Vanni Codeluppi e Michel Maffesoli - prestasse-

ro attenzione a questo fenomeno di tutti i tempi, rna che

proprio nel nostro sta acquistando una valenza molto pili

estesa e simbolicamente decisiva. E questo soprattutto per

una ragione: che la moda - fattore notoriamente effimero e

mutevole - viene a coincidere con la mutevolezza e la provvi-

sorieta della tecnica, dell' arte, della politica dei nostri giorni.

Per il bene e per il male, ovviamente. Ma allo stesso modo,

come e insiro nel carattere di moda il dovere periodicamenteconfrontarsi con la mutazione, l'ibridazione (terrnine, oggi,

sin troppo utilizzato) e la transitorieta, cost possiamo seriz'altro

constatare che avviene altrettanto in molti terri tori dell'odier-~ .no in der Welt sein: essere, husserlianamente, nel mondo. Non

e un caso, dunque, se in un suo recentissimo saggio (2006)

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Eleonora Fiorani parla del "divenire della moda nel mondo",

del fatto che "la moda cambia di segno e si inserisce nella

produzione immateriale" sicc~e "Ie alrerazioni c~r~~r~~,i, ~e

tecnologie incorporate per sviluppare nuove sensibilita di-

ventano sempre pili attuali. "I corpi vengono esposti e/o ta-

gliati ( . .. ). Bodyscape e il flusso panoramico del corpo che

rende obsoleta la distinzione tra organico e inorganico." "Abi-

to, pettinatura, trucco diventano segni spettacolari dell' affer-

mazione dell'io; per cui la maschera e incorporata e diviene

pelle e corpo. Oal vest i to si torna alia pelle, non e pili solol' abito che fa la moda, rna il corpo stesso."

Quando, durante la fatidica settimana della moda milanese

(nel famoso "quadrilatero" tra Montenapoleone e via della

Spiga), ci accade all'improvviso di notare modificata la popo-

lazione femminile - allungata di colpo di venti 0 trenta cen-

timetri e aureolata da chiome lucenti e biondissime, non d'un

biondo tinto come quello di tante nostre stiliste - ci vienfatto di riflettere ancora una volta di quanto la moda sia non

solo cosmesi, non solo edonismo, rna davvero una prerogativa

irrecusabile del povero "bipede", che solo attraverso essa rie-

see ad acquistare vigore, bellezza, dignita. Ecco, allora, come

ancora una volta emerge I'importanza dell' elemento traslato:

il corpo vestito, rna anche quello manipolato, oltraggiato (nella

body art, per esernpio), acquista una valenza simbolica pro-

prio per il suo sottostare aile modificazioni della moda, che

riguarda non solo l'abito, rna tutti gli aggeggi che 1 0 cornple-

tano. "II corpo mutoide - cost 1 0 definisce Fiorani - e un

corpo-comunicazione, ampliato e dilatato da protesi interne

ed esterne, da gusci, ripari, e un corpo esteso fino a diventare

rete, che ha nei vestiti e nelle protesi artificiali i suoi sensori.

E un corpo esteso con unghie, ciglia, perma-telefono, orolo-

gio-personal computer, ( ... ) con silicone per gonfiare i tessuti

umani, per riparare cio che si e deteriorato". Tutto cio che

puo valere a sottolineare quel determinato particolare dell'in-

dividuo - vuoi abbigliamentare, vuoi cosmetico - cap ace di

inventare 0 potenziare la personal ita dello stesso (dai quattro

bottoni d'una manica maschile alia minigonna femminile, dalle

scarpacce di plastica rnulticolore del giovinastro al calzone a

mezza gamba della giovinetta, eccetera) ogni elemento del

corpo vestito 0 del "corpo mutoide" sara utilizzato, pili anco-

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ra che per ottenere un risultato estetico 0 libid!co (si pensi al

piercing, al tatuaggio, all' ormai desuet_o ombellco universale)

quanto per entrare nell'instancabile glOCO della mutevolezza

simbolica.

'~

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E se nostri uorruru politici SI scambiassero i vesriti?

Cosa succederebbe, mi vien fatto di pensare, se i nostri

parlamentari, una volta tanto, si scambiassero i loro abiti? (0

fossero costretti a farlo da un perentorio decreto-legge?) Epenso subito a un Romano Prodi vesrito da Fausto Bertinotti:

avrebbe un indiscusso successo presso tutti coloro che disap-

provano la sua goffaggine, la mancanza di quella ricercatezza

che e invece cosl evidente nel secondo. Sarebbe un sicuro

accaparrarsi i voti di quella parte della sinistra pili schizzinosa

odella destra meno estrema. E se invece gli abiti di Prodi

fossero indossati da Silvio Berlusconi? Si registrerebbe un crollo

presso tutti gli ammiratori del suo tratto cosl elegante (alme-

no in apparenza), del taglio perfetto dei suoi doppiopetti 0

della agghindatezza dei suoi pullover. Ci sarebbe un fuggifuggi di tanti piccoli e medi imprenditori, commercianti e

professionisti, che vedono in lui - 0 nei suoi vestiti - un

modello da imitare; mentre Forse acquisterebbe voti dalla Lega,

oggi irritata dal suo eccessivo brillio.

Per le due parlamentari femminili di una passata legislatu-

ra 1 0 scambio sarebbe stato cerro fatale: I'austera Suni Agnelli

sarebbe costretta, per la diversita di statura, a girare con un'inve-

reconda minigonna che ne minerebbe il canuto aplomb; men-

tre la graziosa Irene Pivetti - paludata nelle ampie vestaglie

della ministra - perderebbe quello cbarme elegante che, dopo

l'era dei casti tailleurini, le ultime concessioni della moda

avevano accresciuto.

Non credo, a questo punto, che Oscar Luigi Scalfaro avrebbe

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avuto rnolto da perdere 0 da guadagnare se avesse indossato

Ie sobrie ten ute di Lamberto Dini; mentre sarebbero Rocco

Buttiglione e Carlo Scognamiglio a rimetterci entrambi: il

primo, incapace di investirsi della sob ria eleganza del seco n-

do, e quest'ultimo decisamente sconvolto nei panni del pri-

mo, che gli toglierebbero ogni appeal mondano.

Pili traumatico, invece, sarebbe stato per Enrico Letta in-dossare Ie dubbie giacche sgualcite di Umberto Bossi, e per il

seriatur quelle tirees aux quatre epingLes di Letta. La "perdira

di prestigio" si verificherebbe per entrambi e soprattutto per

Bossi, che verrebbe abbandonato dall'intero popolo padano.

Ma che avverrebbe ancora, se fossero gli abiti di Gianfranco

Fini a venire indossati da Massimo D'Alema, e viceversa?

Penso che Ie cose, in questo caso, non cambierebbero granche.

La poca originalita e la relativa sobrieta di entrambi resrereb-

be intatta, nonostante la chilometrica lontananza politica dei

due leader, e i loro fan non si accorgerebbero che l'imperme-abile di Fini risulterebbe un po' crescente addosso a D'Alema,

o ~he i vestitucci scuri di questultimo andrebbero stretti al

prImo.

Siamo allora, ancora una volta, al vecchio adagio dell' abito

che fa il monaco? Tutto il contrario, mi sembra. L'abbiglia-

men to dei nostri uomini politici non e un camuffamento rna

una realta esistenziale, pili etica che estetica; anzi, addirittura

antropologica. I loro tic e le loro tenute non sono fittizie,

sono un' espressione spontanea della peculiarira caratteriale di

ognuno.

Dunque: non e l'abito che fa il monaco, rna e I'uorno che

- per quanto faccia, per quanto simuli, per quanto tenti di

contraffare la sua vera natura - finisce per essere proprio

quello che appare, per quante tonache 0 uniformi non sue si

sforzi di esibire.

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Esiste ancora il vero lusso?

Fino ache punto il lusso equivale al non plus ultra del

gusto? 0, al contrario, il lusso e quasi sempre un equivalente

del kitsch? Credo che sia soprattutto una ragione sociale a farsl che tutto cio che un tempo permetteva di identificare lusso

e buon gusto (per esempio, nel Settecento, damerini e dame

con la crinolina, rna anche Las Menifzas di Diego Velazquez 0

i trumeaux barocchi) oggi quasi sempre corrisponda all' esatto

contrario di un'arte autentica. Saranno Ie comunicazioni di

massa, sara la produzione di serie, sara il livellamento che do-

mina l'attuale "esterizzazione globalizzata"? Fatto sta che la raf-

finatezza, l' anticonformismo, l' originalita, difficilmente si al-

leano con il lusso, che sempre pili si allontana dalla "vera arte"

per decadere a equivalente di ricchezza sfacciata, nouveaurichisme,

sguaiatezza di magnati analfabeti. Eppure illusso d'un tempo -

quello delle grandi corti europee, 0 anche asiatiche (non sau-

ditel), quello delle Stanze Vaticane 0 delle Ville Medicee -

equivaleva senz' altro all' apice della "artisticita" epocale. Era certo

un lusso invitare a Genova Velazquez: i palazzi di via Garibaldi

ancora 10 attestano. Ma oggi dove si e rintanato il "vero" lusso,

e non l' esibizione pacchiana della ricchezza, non la caccia

affannosa aile griffe della moda e dell' oggetto industriale fir-

mato (vedi 10 spremilimoni di Philippe Starck 0 la libreria a

spirale di Ron Arad), I'albergo a cinque stelle, anche se gre-

mito di carovane turistiche giapponesi (e domani cinesi)?Credo che il "vero lusso" si possa ormai identificare sol t an-

to con l' eleganza autonoma: non quella della haute couture

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d' annata, con Ie trovate di una moda che nessuno indossera,

rna semmai con quella demode di ieri l'alrro, risfoderata con

garbo.

Non bisogna peraltro identificare tout court il lusso con la

moda e neppure il lusso con il demode. E dello stesso parere

Patrizia Calefato, autrice di un vivace saggio (Lusso, 2003),

quando afferma: "L'abito di haute couture di oggi e fatto pro-prio per non essere mai portato, ne addosso n e a compimen-

to"; e ancora: "Una sensazione prossima alla nausea accompa-

gna questo genere di eccessi: barboncini tosati e imparruccati

come una dama del Settecento, con collari in plarino e dia-

manti. Divani tappezzati in zebra e leopardo. Abiti in tessuto

maculato ( ... )".

E un' osservazione, del resto, applicabile a infiniti altri set-

tori e altre situazioni: quello che un tempo era state un lusso

oggi e diventato spesso una banale esperienza quotidiana. Forse

per una democratizzazione accelerata? Non 10 credo; anzi,piuttosto per un miglioramento economico cui non corri-

sponde un equivalente miglioramento culturale. Ecco un solo

esempio tra i mille: quando oggi viaggiamo (quasi come in

un carro bestiame) sugli aerei di linea, viene fatto di riandare

con la memoria ai primi voli transoceanici del dopoguerra,

quando - scortati con reverenza dalle hostess fino al proprio

posto cuccetta - si aveva davvero la sensazione di appartenere

a una classe (anzi a una "casta") eletta che sfiorava i verrici

delle lussuosita. Evidentemente la massificazione, la globaliz-

zazione, non puo che uccidere il lusso. Come afferma anche

Calefato: "Oggi, la globalizzazione nega ogni distanza possi-

bile e travolge la pacificazione modernista garantita dall' esoti-

co; il lusso invade cost in forma terroristica ogni spazio, rno-

stra la sua differenza spezzando ogni altra possibile differenza.

I suoi ~on-Iuoghi sorgono come sfida diretta ai luoghi delle

culture.

"Sara troppo lusso?" diceva mia nonna quando Ie porravo

un mazzo di Fiori per la sua Festa. Oggi vorrei sapere cos a

"sara troppo lusso" di fronte agli infiniti regali riversati sui

bambini (e gli adulti), al continuo acquisto di nuovi aggeggi

elettronici, a telef,onini e computerini mai abbastanza perfe-zionati (anche se poi non del tutto utilizzati). E soprattutto

non e cerro un vero lusso il viaggio aile Seychelles, vestire

14

Armani (parlo dell'Ernporio) 0 adottare la griffe di Gucci,

attraverso il sistema della lettera "G" rasata sui pube delle

modelle, che e "diventata sempre pili esplicitamente una uni-

cita seriale",

Non ritengo, comunque, che sia un segno di lusso il "G"

pubico; come cerro non 10 e i l piercing ombelicale 0 linguale

(per non parlare di quello "capezzolare"). Anzi, direi che eproprio il conformismo di queste pratiche a costituire l'anri-

lusso, anche se molti dei "pierciati" non se ne sono ancora

resi conto.

Ebbene, proprio qui sta l'equivoco: non e il lusso che cer-

cano questi adepti aile micro torture, rna I'adesione all' etica

del clan, che in fondo e l'opposto del lusso. Perche il vero

lusso dovrebbe esprimersi nella opposizione alia serial ita, al

conformismo, a tutto cio che e massificato e iterato. Ma que-

sta sacrosanta opposizione, purtroppo, risulta quasi inesisten-

te e forse non puo pili apparrenere alia nostra sccieta "demo-

cratica" .

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La moda fetish

Passavo tutti i giorni, finche non 1 0 traslocarono, davanti a

un negozio dalle vetrine scintillanti rna tenebrose, dedicato

alia moda sadomaso,0

meglio alia fetish fashion. E quellegiarrettiere, quei reggiseni aguzzi, quei corsetti, quei lacci di

pelle nera - anzi, di plastica lucida - mi erano diventati

talmente familiari che mi chiedevo perche destassero ancora

scandalo nei cerimoniali vestiari.

Da quando Freud attire l'attenzione suI rapporto tra ses-

sualita e totemismo, divenne sempre pili evidente la presenza

di una frequente Verschiebung, di uno spostamento, dall' og-

getto del desiderio all' oggetto materiale che 10 surroga. E che

questo oggetto possa essere anche la punta acuminata di una

scarpa femminile (vedi la sciagurata moda recente) 0 un bustino

a nido di vespa 0 a suo tempo, il piede deformato dalle

fasciature delle vecchie cinesi pre-Mao e pre-boom industria-

le, e tutr'uno con il considerare, nel settore della moda 0 in

quello pili generale di una sessualita "deviata", il feticismo

come uno dei pili sicuri fattori. Feticcio (terrnine derivato dal

portoghese [eiticio = falso, fittizio) e un termine ormai cosl

abusato che sembrerebbe superfluo trattarne; tanto pili dopo

importanti testi come quello di Mario Perniola (La societa deisimulacri, 1980) 0 di Ugo Volli (Fascinq, feticismo e altre ido-latrie, 1997) e, se mi e concesso, il mio Feticcio quotidiano

(1988). "Ma una recente produzione (Steele, 2005) ha davvero svi-

scerato a fondo I'argomento, soprattutto per quanto si riferi-

16

see al mondo della moda e dell' abbigliamento; per cui anche

l'apparentemente frivolo mondo del vestito assume una valenza

estetico-sociale di primissimo ordine. Perche qualche parrico-

lare dell' abbigliamento moderno 0 passato finisce per acqui-

stare dei valori ambigui 0 addirittura perversi? Perche i lacci,

Ie "armature" di gomma nera, le fibbie metalliche, le cinture,

devono furoreggiare tra gli adepti di un versante sadorna-sochistico? E perche qualsiasi capo di vestiario - dagli slip

maschili aile T-shirt femminili, dai jeans aile minigonne -

devono equivalere a sicuri feticci? Se tuttavia gli indumenti

sono, volere 0 no, legati comunque all'occultamento 0 all'evi-

denziazione della sessualita, meno comprensibile appare per-

che anche un cappellaccio bisunto di Joseph Beuys possa pos-

sedere delle qualita feticistiche, 0 perche 1 0 stesso possa valere

per it cravattino a farfalla di Le Corbusier, 0 per i baffi di

Mathieu 0 di Dali. Naturalmente il feticisrno non si limita a

questi spunti di vestiario personale e neppure all' antica mas-

sima marxiana di un "feticismo delle merci", come daltronde

e solo problematicamente giustificato dalla nota "Ieggenda"

freudiana che vede una prima idea del feticcio nella cosiddet-

ta "madre fallica"; equivalente accomunabile al ben nota Peni-seid, I'invidia per il pene (mancante 0 insufficiente) da parte

del bambino.

Eppure il concetto di feticcio continua a essere atrualissi-

mo, soprattutto se riusciamo a isolarlo dalla consueta corinota-

zione sessuologica 0 sessuofobica di cui sopra; se invece 1 0

consideriamo secondo una valenza pili generalizzata - quella

sostitutiva di un'idea, di una fede, di un emblema - l'auten-

tico viene sostituito dal falso, il naturale dall' artificiale. Per

questa ragione non sono del tutto d'accordo con l'impostazione

(del res to esernplare) del saggio citato, secondo cui il feticcio

risulta quasi esclusivamente legato alia moda. Quell 0, per con-

tro, che mi sembra possa cosrituire una diversa maniera di

intenderne l'importanza, secondo un'accezione non solo lega-

ta alia sessualita, potrebbe identificarsi nella sostituzione dei

dati reali con quelli immaginari.

Quando, in un suo antico testo, Daniel Boorstin racconta-

va il caso di quella madre che va per la strada con il neonatonel perambulator (l'inglese possiede un termine pili solenne

del nostro "carrozzina") e che all'arnica che le loda l'infante

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risponde "Dovresti vedere la sua fotografia", ci troviamo di

fronte a un classico esempio di come venga dato pili peso al

risultato fittizio di una ripresa fotografica che all' autentica

bellezza del bambino.

Ecco, dunque, uno degli aspetti di un'elaborazione feti-

cistica: la foto, migliore, "pili parlante" del bambino; il vi-

deogioco - del tutto virtuale - preferito a un gioco manuale.Ebbene, se imparassimo a liberarci dal feticismo spesso

insito nelle immagini offerte dai media, se riuscissimo a rias-

saporare gli spettacoli naturali invece di deliziarci soltanto

con filrnati da rivedere, senza un vero ricordo del viaggio

appena compiuto, Forse buona parte del feticismo che oggi ci

sovrasta finirebbe per perdere parte della sua ambigua poten-

zialita.

Eppure, esiste un ambito dove I'avvento di una componen-

te feticistica puo essere leciro, anzi auspicabile: penso al fatto

che, senza la feticizzazione di un' etichetta, di una griffe, di

uno slogan, rnolre delle predilezioni del pubblico a caccia di

gadget, di nuovi modelli di vestiario, di telefonini e compu-

ter, eccetera, non potrebbero avere luogo; privando cost itpubblico di quella soddisfazione - certo "peccarninosa" e frivo-

la, rna comunque solleticante - di venirne in possesso. Quanta

parte della pubblicita per una nuova automobile, una rna-

glietta, un oggetto d' arredamento (rna anche un libro, un' opera

d' arte ... ) e basata sulla quali ta feticistica degli stessi e sul-

I'idolatria con la quale ne siamo alia ricerca?

Allora ben venga pure il feticcio, che forse, aile volte, puo

sostituire non solo l'oggetto ma anche I'immagine, il senti-mento, la passione che nella loro vera essenza, in realta, non

dovrebbero consentire la presenza di un inganno.

'\

18

Riti insensati: dai gesti al vestiario

Secondo un detto popolare, quando un gatto si passa una

zampina dietro l' orecchio vuol dire che fara brutto tempo.

Non ho mai controllato l'autenticita di questa affermazione,

sta di fatto comunque che questo "atto corporeo" esiste e ha

un suo significato (proprio come gli s pe ec h a ct s di John Langshaw

Austin) e non e che uno dei tanti gesti - naturali e al tempo

stesso rituali - che si ritrovano anche negli uomini, seppure

con minore generalizzazione. E tuttavia analoghi gesti, in ap-

parenza insensati eppure spesso coercitivi, sono frequenti an-

che tra di noi e si possono certamente considerare come ri-

tuali minimi. Siamo infatti intrisi di rituali autoprodotti, 0

per imitazione dei "grandi" quando eravamo bambini, 0 an-

che a seconda delle professioni e dei mestieri, in ognuno dei

quali prevalgono determinati atteggiamenti che si trasforma-

no in veri rif1essi condizionati. Forse, senza questa ragnatela

di cerimoniali istituzionalizzati sarebbe pili difficile vivere in

mezzo alia gente. 0 forse, per contro, sol tanto sciogliendoci

dall' asservimento agli stessi potremmo dirci davvero liberi?

Eppure non c'e dubbio che una piattaforma rituale e quellache permette, per esempio, la sopravvivenza di molte fedi,

religiose 0 laiche che siano. Si pensi solo a quando, alia TV,

vediamo quelli che ci appaiono come comportamenti del tut-

to assurdi: per esempio, di ebrei osservanti che oscillano avanti

e indietro secondo un' evidente pratica religiosa; oppure diislamici prosternati a terra; ma anche di tennisti che da fermi

fanno rimbalzare la palla a vuoto, nell' attesa che sia dato il

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via alIa partita; e di esempi analoghi se ne possono identifica-

re centinaia.

Ma, se il rito - sacro 0 profano che sia - consiste sempre

in un atto corporeo istituzionalizzato e iterato, non dirnenri-

chiamo che la ritualita ci perseguita nei nostri pili intimi atti,

nelle diverse fasi della toilette mattutina 0 serale, in quella

della colazione e del pranzo, 0 addirittura nelle azioni ormaicoatte di chiudere il gas, di spegnere la luce.

Ma sta qui appunto l'errore: quello di credere che ci si

debba necessariamente asservire al rito; che si debba accettar-

1 0 come irrecusabile. E non in tendo qui riferirmi a segni

praticati ormai istintivamente ma con una base culturale, come

i diversi tipi di saluto, ma piuttosto alIa marea di comporta-

menti che non hanno nulla a che fare ne con la fede ne con

la politica e che vengono usati a tort et a travers solo per

consuetudine, sfrondati ormai da ogni autentico significato.

Penso aile pacche sulla schiena di molti uomini politici (non

solo sudamericani); ai "baci nell'aria", anziche sulle guance,

di certe signore snob; aile oscillazioni frenetiche delle masse

in delirio per entusiasmi fittizi, eccetera.

A prescindere tuttavia da ogni gesto 0 movimento corpo-

reo che abbia alIa sua base un elemento riruale, non si debbo-

no dimenticare Ie tante consuetudini che investono il nostro

vestiario: indossare la camicia nera del fascismo, 0 quell a bru-

na del nazismo (e ora quella verde del leghismo), non fa che

confermare il peso rituale conferito a un capo di vestiario (il

doppiopetto berlusconiano, a un certo punto ridotto a un

petto solo, rientra indubbiamente nell'esernpio di cui sopra).Si tratra di falsi rituali legati alIa maniera di apparire in pub-

blico: dalle sgargianti uniformi di generali (tanto opportuna-

mente sbeffeggiate dai dipinti di Enrico Baj) aile pesantissime

scarpacce di gomma multicolore, dalle salopette ai jeans, dai

Dockers ai Moncler, si arriva un po' per volta sino aile ango-

sciose pratiche del piercing, delle abrasioni, delle palline mi-

cidiali sulla lingua. Perche, poi, tanto desiderio di sottoporsi

a sirnili incresciose minitorture, se non per accettare anche in

questi casi la sottomissione a un cerirribniale coatto? Non

solo come rituale personalizzato, ma anzi, in questi casi, comeespressione di appahenenza a una categoria,' a un clan, a

quella piccola congrega che si suppone costituisca una "forza"

20

cap ace di compensare la debolezza e l'ignavia ?ell'ind~vidu?

singolo. Una "forza", tuttavia, che raramente irrobustisce il

proprio 10, ma piuttosto conferisce una forza eccessiva .al gru,P-

po 0 alla setta, divenuta perversa e non ~oltanto. lud,.ca .. SIC~

che, in definitiva, e solo con la soppreSSlOne del falsi riruali

(rna anche dei molri presunti "veri") che l'uomo potra riac-

quistare una dignita legata ne al censo, ne alla moda cultura-

le, ne al fanatismo sportivo 0 religioso, ma sol tanto a uno

spontaneo sviluppo delle sue caratteristiche individuali.

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creaton della moda sono solo artigiani 0 anche yen artisti?

Sia ben chiaro: la differenza tra arte e artlglanato e spessoben minore di quanto non si creda. E stata proprio la rivolu-

zione industriale a confermare lidentira di intenti e di impul-si tra attivita artistica, artigianale e del design. Quando, con

I' a ffermarsi della progettazione industrializzata, si e aperta una

nuova categoria creativa - pure questa con profonde radici

estetiche, seppure non pili affidata alla sola manualita e dun-

que riproducibile meccanicamente in grande serie - si e com-preso che a contare era soprattutto 10 spunto creativo iniziale.

E stato allora che I' artigianato ha potuto avere la sua rivin-

cita insieme ad altre attivita (grafica, pubblicita, ceramica,

eccerera) che erano state relegate per lunghi anni nel limbo

delle "ar ti minori".

C' e voluta, dunque, tutta una rivoluzione (industriale) e

una controrivoluzione (artigianale) perche finalmente si sfa-

tassero alcuni pervicaci luoghi comuni attorno ai concetti (e

ai relativi confini) di arti "pure" e "impure". Impure: ossia

non pittura-scultura-architettura, bensl decorazione, grafica, e

artigianato nelle sue rnultiforrni incarnazioni, ivi comprese Ie

progettazioni della moda con tutti i suoi addentellati.

Ma se ormai nessuno com pie pili distinzioni gerarchiche

tra queste diverse manifestazioni, quello che e pur sempre

fonte di costanti qui pro quo e la discriminazione tra il lavoro

dell' artista "puro" (anche se di purezza ne esiste ben poca, inespressioni spesso succubi del mercato] e q uella del designer,

del grande artigiano 0 dello stilista,

22

Ecco: il problema della moda - oggi soprattutto, quando

nel nostro Paese I'arte del vestire ha ass unto il ruolo di una

grande e potente industria - continua a prestarsi a molti

equivoci. Dobbiamo considerare i creatori della moda soltan-

to come semplici artigiani 0 come autentici artisti? Certo, la

verita sta - come spesso accade - nel mezzo; anzi, forse a due

terzi. Nel grande stilista esiste indubbiamente un primo aspettoche 10 avvicina all'imprenditore, all'industriale, e un secondo

che 10 apparenta all' artigiano; rna c' e un terzo aspetto che

esula dagli altri due e insieme partecipa di quella inventiva

fantastica che appartiene soltanto al vero artista.

Basterebbe ricordare (anche senza citare alcuni dei nostri

attuali stilisti, da Armani a Versace, da Krizia a Missoni, da

Valentino a Ferre) alcuni preziosi lavori pittorici di una gran-

de sarta come Germana Marucelli, 0 certi schizzi e disegni

delle sorelle Fontana. E sarebbe assurdo non ricordare il fatto

che molti dei nostri migliori stilisti si sono spesso dedicati esi dedicano, accanto alla progettazione vestimentaria, a quella

d! stoffe stamp ate, di patchworks, di costumi teatrali: dunque

di vere e proprie creazioni artistiche, che richiedono una co-

noscenza-coscienza del colore, delle forme, delle atmosfere

scenografiche. Un tipo di creativita fantastica, insornma, che

aile volre giunge a trasformarsi in autentica attivita mito-

poietica: attivatrice, cioe, di quelle espressioni che fanno par-

te, in definitiva, dei grandi miti del nostro tempo. II mito

che trasforma il povero bipede implume, cost vulnerabile sen-

za la corazza 0 la maschera dell' abbigliamento, in un perso-

naggio leggendario, in un eroe superumano, proprio per I'in-

tervento delle vesti che indossa; un personaggio che potra

essere di volta in volta divo cinematografico, dandy salottiero,

capitano dindustria, campione sportive, rna anche - perche

no? - scienziato 0 poeta.

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Dopo il lusso ecco la falsa poverta

Dal "casual" al "grunge": ossia dalla trasandatezza pseudo-

rivoluzionaria alia falsa poverta trasandata. Sempre che i co-

stumi (abbigliamentari) corrispondano a q uelli morali; e glietici agli estetici.

Di che si tratta in realta? II tanto esaltato e pubblicizzato

"vestire grunge" potrebbe sembrare una rivisitazione di quella

sciatteria che furoreggio alia fine degli anni Sessanta in coin-

cidenza con l'ondata di rivolta studentesca - che era Forse

l'ultirna fiammata sinistrorsa dell'Occidente e che co i ncise con

il maoismo e la guerra del Viet Nam. E, allora, davvero,

contro l' ordine e la disciplina imposti dai genitori, contro il

perbenismo borghese, un po' di boheme (non pili romantica

come quella tardo-ottocentesca, rna gia "drogata" dalla TV,

dal juke box, dal rock) poteva funzionare.

E fu l'apoteosi del casual, del vestire approssimativo, che

in men che non si dica doveva poi essere fagocitato anche

dagli anziani a principiare dai mai abbastanza reclamizzati

jeans, fino a sconfinare nei falsi jeans "da sera" sotto giacche

di lame e pellicce glamour, pronti a essere riciclati nelle sfilate

degli stilisti dell' epoca. (E, del resto, a q uei tempi, furoreg-

giavano anche gli "stracci" dell'Arte Povera, poi diventata merce

da musei).\

II grunge attuale, invece, e tuttaltra cosa: e la rivolta con-

tro l'establishment yuppie degli anni Ottanta, di giovani sen-za ideali, che non han no lotte di classe da sbandierare, rna

Forse soltanto qualche peccato di consumismo da Farsi perdo-

24

nare; e che credono di essere originali atteggiandosi a falsi

poveri; che credono di aver inventato un modo di essere sern-

plicemente non essendo. 0 Forse heideggerianamente dalla

sconfitta del "Sein" per un diverso "Desein"?

Ma bando a pericolosi filosofemi, risfoderati a proposito di

qualche sciarpa a righe variopinte, di qualche sottana troppo

lunga, di qualche stivaletto di anfibio, di qualche copricapo acalza 0 di panciotti a pais. In definitiva, quello che mi sembra

stimolante, piuttosto che il modo di vestire e certi atteggia-

menti esistenziali (rifarsi al famoso film Singles, abolire l' e c-

cesso di trucco, avere i capelli unti e non "vaporosi" come

vogliono gli spot televisivi), e la constatazione di come rapi-

damente si giunga a un'osrnosi tra "stile di vita" e stile di

vestiario; tra modo di concepire l'esistenza e modo di auto-

presentarsi al prossimo.

Dopo il periodo - breve rna intenso - d'un recuperato (0

creduto tale) benessere; d'uno pseudo-boom economico; d'unresuscitato esibizionismo narcisistico e di effettivi status symbol

consumistici (dalIe pellicce ai teleforiini, dai Santo Domingo

aIle Seychelles) ecco che la "mazzata delle mazzette" (rna an-

che fuori d'ltalia: l' avvento dell'immigrazione, la terzomondiz-

zazione e soprattutto il crollo di muraglie non solo in cemen-

to rna soprattutto ideologiche) ha fatto sl che si verificasse un

brusco arresto di questa effimera e rinnovata "dolce vita".

Anzi, piuttosto che un arresto, una epochizzazione: una

messa tra parentesi degli aspetti pili estrinseci cui si era dato

libero sfogo; per giungere a un ritorno, anche questo piu

apparente Forse che reale, alIa seriosita sociale, alIa solidarieta

tribale; anche perche, in assenza dello spauracchio orientale,

dell'irnminenza d'un conflitto nucleare, era necessario trovare

un antagonista interno, 0 almeno un competitore che giusti-

ficasse questi nuovi comportamenti dimessi, autopunitivi, anche

se non pili ideologicamente esacerbati.

Ma, se il grunge originario - quello statunitense - puo

identificarsi, come tanti hanno gia affermato, con il nuovo

stile clintoniano, con la fine dell'assettatuzza era-Bush e del

trionfalismo reaganiano, quello che sta prendendo piede in

Europa, e in particolare nel nostro Paese, e di tipo legger-mente diverso: e limitate, mi sembra, a un rifiuto del perbe-

nismo borghese rna anche dell'impegno sinistrorso; e una fuga

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da quanto ancora sopravvive della patriarcalira familiare -

contadina 0 proletaria che sia; e la decisiva debacle degli

ideali sociali e anche degli impegni politici, proprio come

risposta ai tanti - Forse troppi - dibattiti, "istrutrorie", "rossi

e neri", che vengono seguiti con entusiasmo e soddisfazione

dai cittadini pili maturi e responsabili, rna che vengono mol-

to spesso disattesi e trascurati dai pili giovani. Ai quali - inmancanza di Viet Nam e di Muro, di Mao e di Castro - non

bastano gli orrori della Bosnia a far sospendere la caccia al-

l'originalita basata sulla trasandatezza dell'abbigliamento "con-

dita" magari da un po' di unto e di sporcizia.

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E ora che I'Europa irniri se stessa

Mi e stato chiesto recentemente, in una di quelle sciagura-

te interviste telefoniche, se credevo che la crisi del Golfo

avrebbe influenzato la nostra moda. Ho risposto che secondome - a prescindere dagli eventuali contraccolpi economici -

non ci sarebbe stato nessun influenzamento diretto. Contra-

riamente a quanto era accaduto anni or sono, al tempo della

"crisi petrolifera" quando andarono di moda acconciamenti

araboidi: tuniche, vestiti svolazzanti, calzoni e turbanti.

Perche questa risposta? Perche evidentemente la moda se-

gue e incoraggia turto cia che in qualche modo e "in auge".

Nel caso attuale e poco probabile che i "costumi" mediorientali

siano visti con simpatia: la gente non mostra abbastanza com-

passione per i tanti innocenti che vengono massacrati dagli

attacchi aerei (da chiunque provengano), e invece di cercare

di comprendere la mentalita di quelle popolazioni le rifiuta

senza trappe distinzioni.

Uno dei tanti esempi della scarsa equanimita degli uomini,

sia che si tratti di giudicare un avversario 0 un alleato, senza

mai tener conto del fatto che, di soli to, non sono le singole

popolazioni a essere colpevoli delle guerre rna i relativi gover-

nanti. C'e stato, a dire il vero, un, breve periodo in cui ci si

illuse che anche le "masse popolari" potessera dire la loro,

fossero in grado di agire per conto proprio, a dispetto del

volere delle aurorita governative 0 poliziesche: gli esempi diUngheria, Cecoslovacchia, Polonia, furono positivi, rna pur-

troppo dovevano rimanere piuttosto isolati.

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Se dun que mi rifaccio alia domanda rivoltami releforiica-

mente, credo di poter ribadire che I' affermarsi d'un costume

o d'una moda si verifica il pill delle volte quando proviene da

Paesi, ambienti, istituz.ioni, rna soprattutto se gli stessi possie-

dono in quel particolare periodo un loro "fascino rnitopoietico".

Ecco il caso della predilezione per un certo costume an-

glos.sassone: per un lungo periodo, soprattutto in epoche pre-belliche, I' eleganza maschile vide nel Regno Unito I' esempio

masstrno da emulare; e non solo nell'abito, rna nell'uso di

alcuni cerimoniali: dal te al golf, dagli oggetti di cuoio ai

tessuti scozzesi '. 9-uel Paese rappresentava ancora l'Impero pili

potente che pOI inadeguatarnenre sarebbe stato sostituito dal

cugino parvenu d'Oltreoceano. Era logico, dunque, che 10"snobbisrno europeo" guardasse al modello "Commonwealth"

di modi e maniere come al migliore e pili seducente.

Dopo la seconda guerra, invece, l'invasione di aggeggi e

gadget statunitensi fu pili che comprensibile: si trattava di

accettare di buon grado quello che veniva proposto e spesso

app.arenter_nent.e "regalato" (vedi Piano Marshall) dalla grande

nazrorie vittorrosa e anche di scimmiottare Ie usanze della

stessa. Uri' analoga infatuazione, sia pure a scartamento ridot-

to, data la lontananza e la diversita di usi e costumi, fu in

seguito quella per il Giappone: qui di trattava di una nazione

economicamente vittoriosa e dunque degna di ammirazione e

di r.ic~nosci~nento .per i suoi sofisticati prodotti (tutte le per-

fettlSSlme diavolerie elertroniche) e anche per i suoi esotici

rituali (yoga, zen, ikebana). Quale sara, allora, il nuovo "target"

delle nostre ambizioni snobbistiche-consumistiche? Quale il

costu~e ~i vita, di vestiario, di arredamento, che saremo pili

portatl a imitate?

Come dicevo: non certo quello mediorientale, almeno per

ora guardato con sospetto 0, in parte tutt'al pili, con pietosa

a,rroganz~. No~ certo ~uello degli Usa dato che, scomparsa

1er.a dell eufona reganrana. non sernbrera pili degno dirni-

razrorie un Paese dove domina la recessione, e dove molto

dello srnalto, del glamour, dello stesso si e offuscato. E tanto

me no poi I'Oriente europeo, dopo che \ la perestrojka si e

appanna~a e dopo cm,ei pochi "oggetti di scarnbio" disponibili(Ie matnoske, qualche berretto di pelo) hanno fatto la loro

breve apparizione.

28

Non rimane, insomma, che I'Europa stessa. La vecchia Eu-

ropa. E venuto il momento, per il nostro dilaniato continen-

te, di Farsi forte dei propri usi e costumi, modi e mode, della

propria arte, della propria cultura. II fatta che la moda - non

solo dell' abito rna dell' oggetto d'uso, dell' arredo - sia partita

in questo secolo dalla Francia, sia poi filtrata in Scandinavia

(soprattutto per l'arredamento), si sia poi affermata in Italia(per l' abbigliamento e il design), dovrebbe far riflettere sui

fatto che spetti proprio all'Europa - piuttosto che aile Americhe

o all'Asia - di dettare legge nel campo del costume e dell'ar-

re, nell'immediato presente e nel prossimo futuro. La mia

non vuole certo essere una profezia rna piuttosto un auspicio.

Anzi un auspicio molto pili serio e ponderato di quanto non

appala.

Credo, .cioe, che sia il momenta giusto perche I'Europa -

pur tesaunzzando le differenziazioni etnico-linguistiche di tutre

le sue "Piccole Patrie" - si decida tuttavia a costituire un'uni-

ta non subordinata ad altre Grandi Potenze; e questo non

sol tanto in merito alia sua forza industriale ed economica, rna

anche e soprattutto in base alle forze culturali e artistiche che

deve e puo riuscire a esprimere. E questo, sopratutto se cesse-

ra di scimmiottare quanta avviene altrove e riuscira a imporre

al res to del pianeta, non tanto un suo dominio economico e

politico, rna un impiego culturale e artistico e dunque anche

un dominio in quel settore, in apparenza frivolo ed effimero,

rna in realta specchio di una profonda vocazione estetica, che

e la moda.

E ormai provato che, in un' eta come la nostra, il sincretismoe il benvenuto, come 10 e anche la mescolanza dei popoli.

Nulla. d.i peggio che voler mantenere una purezza europea

(che CIncorderebbe altre dramrnatiche "purezze razziali") quando

invece, dall'!br.id.azione dei costumi, dei colori, dei sapori,

provengono Icibi (non soltanto metaforici) pili sapidi e meno

indigesti.

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Tentazioni Inpasserella

Fino ache punto so no sol tanto la pubblicita, il mercato, i

commerci, a regolare Ie sfilate della moda? Non ci sara alla

lora base una ragione pili prafonda socialmente e antropo-

logicamente; un nuovo aspetto che riguarda da vicino i nostri

comportamenti sessuali, positivi e negativi, attivi e passivi?

Che intendo dire? Che il fenomeno del defile (il Francese epili tagliente deil'italiano) e davvero un evento diverso da

quello di un passato anche recente; quando Ie modeste (e

caste) sfilare erano riservate in prevalenza a signore comme il

faut, pronte a ispirarsi ai modelli (che avrebbero fatto copiare

dalle sartine in giornata) 0 ad acq uistare, sed uta stante, I' abi-

to di haute couture perche erano in grado di indossarlo tale e

quale. Oggi Ie cose sono cambiate: poche Ie dame in grado di

gareggiare con Ie fattezze corporee delle modelle, sempre pilislanciate, pili anatomicamente perfette, pili superumane. Non

solo, rna il pubblico ormai e del tutto diverso: spesso pili 0

altrettanto maschile che femminile. E ancora: un'indubbia aura

di erotismo, esotismo, esibizionismo, traspare quasi sempre

da questi, che sono veri "spettacoli" (riel senso buono della

parola). 0 persino vere performance di "arte del corpo", di

body art. Ma e soprattutto I'esibizionismo - sfrontato rna

insieme contenuto - delle modelle a primeggiare: un esibizio-

nismo oltretutto lecito, legalmente autcihzzato, che cosritui-

see il primum movfns di un voyeurismo altretranto lecito e

"caste". Lo spettaco]o della sfilata (che, come e noto, ha rag-

giunto spesso i traguardi di un nudo quasi integral e) e al

30

tempo stesso una indubbia manifestazione estetica, rna e an-che la riprova di una sessualita sublimata, Forse pili perversa,

perche prornerte prede apocalittiche e peccaminose a un pub-

blico incerto tra il coinvolgimento estetico e la tentazione

erotica.

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Le motivazioni della moda

Quali sono le motivazioni della moda in una data epoca?

E in particolare nella nostra? Un interrogativo al quale non e

facile rispondere. Si potrebbero risfoderare antiche teorie come

quella secondo cui l'uorno, sin dall'antichita pili remota, ha

curato il suo abbigliamento come uno dei pili importanti

elemen ti simbolici della propria condizione sociale. Cia che

oggi si definisce come status symbol e in definitiva sempre

esistito, sia che si trattasse di piume e tatuaggi di un capo

tribale, sia di uniformi con pennacchi e decorazioni di un

generale del medioevo, 0 anche del nostro evo.

Ma, se queste particolarita dell'abito - che un tempo, pili

di oggi, valevano a distinguere e discriminare l' appartenenza

dell'individuo (donna 0 uomo che Fosse) aile diverse classi

sociali, aile diverse professioni, arti e mestieri, eccetera - so noin parte decadute, con il livellarsi della societa, con la scorn-

parsa di certi privilegi di casta, dovuti alia nascita, al censo,

alia religione, eccetera, rimane comunque il fatto che anche

ai nosrri giorni la Moda non e solo un fenomeno frivolo,

epidermico, salottiero, rna e 10 specchio del costume, dell' at-

teggiamento psicologico dell'individuo, della professione, del-

I'indirizzo politico, del gusto ...

Dunque dobbiamo dare alia moda quello che spetta alia

moda, e, tenuto conto del suo peso sociale, estetico, cultura-

Ie, cerchiamo di scoprire come e in che modo si verifichino ai

nostri giorni quelle trisformazioni, quelle diversificazioni, quelle

tendenze che la moda subisce 0 impone. E per prima cosa

32

cerchiamo di chiarire uno dei problemi plu spinosi e plu

discussi in questo campo: cosa e chi fa fa moda? Ossia: come

avviene che, in un de term ina to periodo pili 0 rnerio lungo si

sia assistito all' avvento di una determinata moda piuttosto di

un'altra? Chi ha preso le relative decisioni? Chi le ha previste?

Chi Ie ha ostacolate? Chi Ie ha incoraggiate, finanziate, bci-

cottate? E fino ache punto e possibile intervenire contro ilpercorso della moda?

Dare una risposta univoca a questi interrogativi non e cer-

to agevole. Le stesse teorie a questo riguardo sono molteplici

e contraddittorie: vi e chi ancora sostiene che la moda sia

sempre "creata dall' alto", partendo cioe dai grandi stilisri, dai

grandi atelier, i quali emanerebbero Ie nuove "leggi" destinate

a imperare per quel breve (relativamente breve) periodo, e 10

farebbero soprattutto riguardo a quella che e la modacl'elite,

ossia la moda destinata alle classi egemoni, a quella che era, e

ancora in parte e, la haute couture. Moda, che, solo in un

secondo tempo, verrebbe a essere "abbassata" a livello di mas-

sa, copiata, imitata, ridotta al rango di pret-a-porter, fino a

diventare ubiquitaria, quasi in coincidenza con il verificarsi

della successiva ondata di moda nuova, diversa, neoformata,

sempre destinata ai pochi, agli eletti.

Un simile meccanismo effettivamente corrisponde a quan-

to avveniva in un recente passaro; quando ancora la classe

egemone, socialmente ed economicamente tale, era quella che

dava il via a un determinato costume. E basti qui ricordare

quanto avveniva nel Seicento e nel Settecento, quando era la

nobilta a dettar legge, in fatto di moda, seguita e imitatadalla grossa borghesia che veniva organizzandosi e prendendo

piede. (Si veda il caso buffonesco del Borghese gentifuomo di

Moliere del 1670 e i suoi affanni alla ricerca d' un corretto

abbigliamento che 10 facesse apparire nobile). Mentre il "po-

polino" ancora s' accontentava degli stracci, 0 tutt' al pili si

limitava a indossare i tradizionali "costurni popolari" traman-

dati, sempre identici, per generazioni e generazioni. E quindi

fuori da ogni "vera" moda.

Ma c'e anche chi e oggi d'un parere del tutto opposto.

Soprattutto dopo quanto si e verificato negli ultimi tempi. A

partire su per gili dagli anni Sessanta (dopo le cosiddette

rivolte giovanili del Sessantotto) la moda non ha pili seguito

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pedissequamente l'itinerario sopra descritto; se ne e discostatabrutalmente per poi, come vedremo, ricaderci almeno in parte.

Abbiamo avuto, non 10 si dimentichi, il periodo pili 0

meno turbolento della "crisi generazionale", della rivolra ado-

lescenziale; abbiamo visto le nuove generazioni disprezzare gli

abiti e Ie abitudini paterne e materne. E magari risfoderare i

vecchi abiti smessi dei nonni conservati nella naftalina di

qualche solaio. (Caso tipico quello della veneranda camicia

da uomo col colletto staccato e il bottoncino metallico, riu-

tilizzata, 0 quel che e pili grottesco ricostruita ad hoc, rna

senza il colletto, secondo un gusto decisamente insano; e cosl

la camicia da notte con ricami della bisnonna utilizzata come

vesti to da sera).

E abbiamo assistito al ben nota fenomeno del casual che ci

ha abiruati a veder "contaminata" anche la moda da indumen-

ti, ammenicoli, oggetti, ricavati dall'uso giovanile, e ha reso

accettabili indumenti stazzonati, sgualciti, informi, che avreb-

bero fatto rabbrividire le persone "bene" di pochi anni prima.E per questa ragione che alcuni personaggi della moda

hanno affermato che ormai essa era "fatta dai giovani": inven-

tata da loro, e solo in un secondo tempo "sussunta" dagli

stilisti e in genere dalle grandi industrie dell' abbigliamento;

che dun que la moda veniva finalmente guidata non dall'alto

rna dal basso.

Anche questa seconda opinione e solo scarsamente convin-

cente: sappiamo troppo bene come molte tenute giovanili a

base di giubbotti, jeans, Tvshirr, salopette, rientrino in un

grossissimo giro d'affari e siano saldamente nelle mani dialcune ditte specializzate in questo settore. Per cui, quello che

in apparenza e una moda che "viene dal basso", in realta,

risulta, pure questa, diretta e organizzata dall'alto.

Niente, dunque, di "rivoluzionario" e di autonomo, anche

se qualche gruppetto giovanile si distingue per alcune parti-

colari acconciature, per l'uso di un determinato foulard 0 di

un particolare colore. II che non toglie che, effettivamente, ai

nostri giorni, regni una maggiore liberta di scelta e pluralita

di stili di quanto non accadesse in un ieri molto prossimo.

Allora, se le cose stanno come Ie ho descritte, chi, in defi-

nitiva sara il vero res'ponsabile di quella che e [a moda d' oggi

e di quella che sara la moda di domani?

34

Ebbene, e indubbio che ancora oggl 1 veri creatori e 1111-

ziatori di una determinata corrente "modale" sono gli stilisti.

E, tuttavia, anche loro finiscono per adeguarsi a quello che

potremmo definire 10 Zeitgeist, 10 spirito del tempo che do-

mina una determinata epoca 0 un tempuscolo di essa; cost

che spesso gli stessi "creatori", progettisti, della moda, diven-

tano intermediari, "manovrati dall' alto", dalle industrie, co-

stretti a subire Ie imposizioni altrui per ragioni economiche e

sociali.

Si prendano anche solo pochissimi esempi concreti. Come

mai abbiamo assistiro a un ritorno verso forme di abbiglia-

mento proprie degli anni Trenta? Come mai certi moduli di

tipo islamico si sono infiltrati nel nostro modo di vestire?

Come si spiegano certi lunghi tagli longitudinali delle gonne

che ricordano da presso indumenti estremorientali d' altri tem-

pi? Come si giustificano alcuni noti richiami aile divise mili-

tari, aile ten ute sportive? Come si spiega, nell' abbigliamento

maschile, una ripresa dell' abiro da sera, dello smoking, del

blazer? Potrei continuare questa elencazione e scendere in mag-

giori dettagli. Ma la risposta e univoca.Molti eventi pclitici, economici, culturali influiscono di-

rettamente 0 indirettamente sulla moda e sui costume, e pos-

sono essi stessi divenire "di moda".

Si prenda I' aumento d'interesse per i paesi arabi; i pericoli

e le restrizioni dovure alcuni anni fa alia crisi energetica; Ie

vicende drammatiche delle Brigate rosse, eccetera: sono tutti

fenomeni che s'impongono all'attenzione del pubblico e che

vengono captati da coloro che sono deputati alia creazionedella nuova moda.

E dunque ilpili delle volte un parcellare elemento estrinseco

a dare il via, a offrire 1 0 spunto, per quella data idea che

dovra convertirsi in un modello stilistico, in un particolare

colore, in un disegno stampato, in una trama ... E questo

elemento che viene "da fuori" potra essere persino la "rnoda"

di un best seller, di una corrente filosofico-psicologica (psica-

nalisi, semiotica, astrologia), 0 la moda di uno sport che

porta con se differenziazioni dell' abbigliamento (skate-board,

windsurf, sci, golf), per cui si vedranno "stingere" alcuni pez-

zi dell'abbigliamento sportivo in occasioni che di sportivo

non hanno nulla: giacche a vento di lame, finti calzoni "da

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cavallo", tute tipo subacqueo; uso della gomma 0 della pelle

dove funzionalmente non c'entrano.

Un altro fattore, meno appariscente, rna pure esso essen-

ziale, sara il rapporto costante, anche se sotterraneo, con coeve

tendenze artistiche. I rapporti tra moda e "arte pura" sono

quanto mai intirni, anche se di soli to non vengono presi in

considerazione dagli specialisti dei due settori, entrambi diffi-denti de! lavoro altrui.

Chi non ricorda, per esempio, l'epoca dei tess uti stampati

arieggianti l'arte op (ossia quelli che si basavano su reticoli

geometrici, SLl bande alternate bianche e nere, su effetti otrici

tipo moire, spesso illusionistici, come avvenne attorno agli

anni Cinquanta e che avevano invaso l'Europa)? E chi non

ricorda una certa yoga de! disegno "astratro", magari realizza-

to direttamente da alcuni artisti ce!ebri di quell' epoca come

Capogrossi, Mir6, Vasare!y, Pomodoro, eccetera?

Vi e stata senz'alrro, ed e facile rintracciarne le origini, una

moda pop all' epoca in cui questa grande corrente pi ttorica

americana aveva avuto successo attorno agli anni Sessanta,

come vi e stata una moda "naturalistica" nei disegni e nei tipi

di tess uti d'un periodo successivo, e in seguito una moda

punk, una moda rock, country, eccetera.

Per concludere (rna una vera conclusione ne! campo della

moda non ci potra mai essere perche e caratteristico della

moda essere sempre mutevole e scoprire sempre nuove possi-

bilita e nuovi approcci): dobbiamo affermare che la moda e

solo parzialmente autonoma, anche se molto spesso e lei adettar legge persino al gusto in apparenza pili sofisticato e

personale.

Tentare di sfuggire ai dettami modali vigenti in una data

epoca e estremamente difficile e si contano sulle dita i casi di

persone che siano capaci di essere totalmente "fuori moda"

(rnai pero demodes). Proprio perche e difficile sottrarsi a certe

costanti fissate dalla moda in un determinato periodo: quan-

do le sottane sono pili lunghe 0 la vita pi,u alta, 0 le spalle

pili ampie e imbottite, 0 pili cascanti, la s~ollatura pili pro-

fonda, eccetera; quando i tessuti sono pili gonfi 0 pili aerei,

quando domina il n ude lo ok 0 viceversa, sara molto arduo che

qualcuno, anzi qualcuna, osi infrangere tutti questi dettami e

36

questi tabu. Petra tentare, se ha fantasia e gusto, di non

adeguarsi a tutti quanti, di infrangerne qualcuno (ed e quan-to si vede accadere da parte di alcuni pili audaci stilisti e di

singole personalita molto spiccate), cos) da risultare originale

que! tanto che basta a rientrare ne! rango della moda corrente

e vigente, e al tempo stesso a non risultarne succuba.

Ed e questa, credo, la massima aspirazione di ogni donna,e anche d' ogni uomo, che ci tenga a essere e!egante: accettare,

rna non fino in fondo, i dettami della moda de! giorno, fare

de! demode un fattore di rinnovamento, e contribuire con la

propria fantasia ad attivare quella che e l'intonazione globale

della moda di quel dato periodo.

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La moda: costanti e incostanti

Che la moda sia una delle pili tipiche espressioni della

creativita nostrana (e anche una delle risorse economiche pili

rilevanti)

estato pili vol te sottolineato. E a ragione. Ma spes-

so senza che ci si sia resi conto che non si tratta, come molti

ritengono, d'un forzato abbandono delle grandi tradizioni arri-

stiche e culturali del nostro Paese, rna anzi, in un cerro senso,

d'un recupero delle qualita espressive del nostro passato stori-

co. In altre parole: se le "Grandi Arri" (pittura, scultura,

architettura) sono effettivamente in momentaneo deciino, oc-

corre riconoscere che il design, e appunto la moda, hanno

saputo rimpiazzarne la preminenza con tutta l'originalita pos-

sibile e immaginabile.

Ma come dobbiamo considerare la moda, quale ci si pre-

senta attualrncnte e quale ci sembra possa presentarsi nell'irn-

mediato futuro? E pili lecito essere profeti in un settore poco

"serio" dove un errore di preveggenza non e poi tanto grave.

Ebbene, qualcosa e sicuramente mutato anche in questo set-

tore negli ultimi tempi. Se i nostri grandi stilisti conservano

(e conserveranno, confidiamo, anche in futuro) la loro posi-

zione di punta; se abbiamo assistito a un omaggio addirittura

planetario per uno di loro, in occasione della scomparsa di

Gianni Versace; se abbiamo notato piu volte come i nomi dei

nostri maggiori designer fossero associati strettamente ai fasti

e ai nefasti di persortaggi famosi non solo per ragioni mori-dane rna anche strettamente culturali, dobbiamo, per contro,

riconoscere che non assistiamo pili a quella "caratterizzazione

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epocale" che vigeva ancora un paio di lustri or sono in questo

settore. Che intendo dire? Che e finita l'epoca dell' affermazione

univoca di una determinata moda (riel senso di moda vesti-

mentaria rna anche di moda culturale). Si pensi alla moda

della minigonna 0 a quella del nude look, a quella degli "spac-

cati" per la longuette 0 dei blazer in velluto a coste, a quelle

del casual 0 della haute couture, del solo nero 0 del soloviola ... In altre parole gli anni Novanta, e probabilmente pili

ancora gli anni Duemila, ci avvezzano ad accettare, quasi con

indifferenza, tanto l'eterna minigonna stretta, quanto l'ampia

gonna a crinolina, tanto il pantalone svasato quanto il gam-

baletto 0 il calzettone.

Forse una volta di pili la "vera signora elegante" sara quella

che evira la banda di pelle nuda a mezza vita, atta a sottolineare

un ombelico magari "pierciato" (e utile solo per future pleu-

riti 0 coliche reriali): oppure I' abito trasparente, in assenza di

seni di dimensioni moderate e non siliconati. Ossia sara quel-

la che, pur addentro negli ultimi dettami della moda d'anna-

ta, sapra differenziarsene. E appunto per questo risulrera ori-

ginale.

Ma, al di la di un' eleganza elitaria che spesso esula quasi

total mente dalla moda del momento, esiste l' eleganza di chi

sa utilizzare Ie invenzioni dell'ultirna stagione nel modo rni-

gliore.

Insomma, quello che vale per chi puo permettersi di ricor-

rere alla pili alta couture, vale anche per la piu modesta ragaz-

za di campagna che scelga il suo pret-a-porter secondo le indi-

cazioni della stampa 0 delle sfilate viste alla TV.

Solo il concorso tra la fanrasiosita degli stilisti e quella del

pubblico femminile permette, a tutta la popolazione d'un Paese,

di risultare pili 0 meno elegante. Lo possiamo constatare tan-

to in alcune donne di paesi africani e indiani, anche poveris-

sime, perfettamente "stilizzate" nella scelta dei loro scialli 0

dei loro drappeggi multicolori, portati con innata leggiadria,

quanto in molte ragazze del nostro paese, anche di villaggi

remoti, che, dobbiamo riconoscerlo, battono di gran lunga

quelle di tante altre nazioni europee. A dimostrazione che la

moda fa parte davvero dell'''immaginario antropologico" diogni popolo e di ogni nazione.

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. . .

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L'uomo e la moda

Credere che la moda sia qualcosa di esclusivamente femmi-

nile, ossia che di moda si possa parlare soltanto riguardo

all'abbigliamento della donna, e altrertanto sbagliato come

credere che tutto cio che ha attinenza con la moda sia solran-

to edonismo, frivolezza, snobismo. E invece proprio il contra-

rio: la moda riguarda (e come!) anche l'uomo, non da oggi

rna da sempre. Anzi, in passato era quasi pili importante -

politicamente, socialmente, professionalmente - la moda del-

I'uorno di quella della donna. (Si pensi alle toghe romane,

alle uniformi militari con pennacchi e galloni, agli abiti talari

e ai paramenti sacri coi loro tipici colori rituali; rna si pensi

anche alle antichissime acconciature tribali dei santoni, degli

sciamani, dei capitribu pili selvaggi).

La moda costituisce un problema tutt' altro che frivolo,perche affonda le sue radici nella religione, nella politica,

nell' arte. Interessarsi ai problemi della moda, percio, anche a

prescindere dagli aspetti economici oggi cos) rilevanti, e, per

la produzione italiana, vitali, e un argomento che incide nelle

strutture del costume, della societa, del gusto.

Che in t endo affermare con queste semplici proposizioni?

Che l'uomo, come e pili della donna, deve avere 0 acquisire

una "coscienza del fenomeno moda", L'assenza di tale co-

scienza e della relativa conoscenza, non p h o che avere risulta-

ti controproducenti'l e persino pericolosi. Un uomo che non

sia consapevole di che cosa significa la moda rischia di finire

rivestito d'orbace (come accadde a molte persone, pili che

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altro ingenue, durante il ventennio nero), 0 rischia d'indossa-

re un'uniforme pseudomilitare che 10 rende soltanto ridicolo

(come e accaduto in rnolti regimi dittatoriali), proprio perche

non tiene conto del vecchio adagio che "1'abito non fa il

monaco", e non si accorge quanto sia pericoloso fingersi monaci

senza averne irequisiti.

Per un analogo fenomeno d'inconsapevolezza circa gli ef-fetti dell' abito, accadra che grassi commendatori 0 cavalieri

del lavoro indossino (oggi e meno probabile che 10 facciano)

i jeans dei figli 0 nipoti, illudendosi cos) di essere a fa page 0

di riconquistare un' adolescenza perduta.

Dunque: essere consapevole dei valori e dei lirniri della

moda e fondamentale anche per il maschio. II quale non

cerchera di scimmiottare la donna alla ricerca di frivolezze

che non gli competono, rna cerchera di adeguare il suo abbi-

gliamento a quello che e il suo carattere, la sua condizione

sociale, la sua professione. E porra, anche con un po' di

agili ta mentale e di astuzia, servirsi dell' abi to per crearsi uno

status symbol efficace a seconda delle diverse occasioni che

gli si presenteranno e a seconda delle diverse situazioni che

dovra affrontare.

Si reridera conto, cioe, come un tipo di abbigliamento

possa giocare a suo favore non solo per la conquista di un

cuore femminile, rna per la conquista di un posto di lavoro, e

come possa riuscire prezioso non solo per sfidare il gelo in-

vernale 0 il caldo estivo, rna per apparire credibile di fronte ai

suoi dipendenti 0 ai suoi superiori, per sgominare rivali econcorrenti.

L'''essere di moda" si estende, del resto, non solo al vestia-

rio, rna anche all' arredamento della propria casa, del proprio

ufficio, all 'intera organizzazione della propria vita, all 'adozione

di determinati usi e costumi.

Credo che questa sia, in definitiva, la principale differenza

tra la moda vista dall'uomo e dalla donna: se per questultima

la moda e soprattutto un fattore di esaltazione estetica (e

sessuale) della propria persona, per I'uomo e un "fattore di

consapevolezza del proprio ruolo". Guai a chi ignora il pro-

prio ruolo, importante 0 modesto che sia, a chi si arroga un

ruolo che non gli compete: e facile che Ie cose si mettano

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male. Ma che c'e di pili significativo, come marca di ricono-

scimento d'un determinato ruolo, dell'abito che uno indossa?

II medico senza camice, l'ufficiale senza divisa, il prete senza

tonaca (0 almeno clergyman!), 10 sportive, il giudice, 10 scien-

ziato, senza certi particolari "segnali vestirnenrari", perdono

buona parte della loro "credibilita". Una volta di pili I'aspetto

semantico del vestiario (ossia il significato, palese 0 nascosto,dell'abito, ma anche dell'ornamento, del mobile, del compor-

tarnento) di cui ci si vale, costituisce uno degli elementi de-

terminanti per il rapporto e gli scambi tra gli individui, per-

sino per un'agevole e non equivoca partecipazione dell'uorno

alla Cosa Pubblica.

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Moda tra colore e struttura

Quali sono le componenti essenziali della Moda?

E quali sono i suoi rapporti con la societa, con I'arte, con

il costume? Interrogativi cui non

efacile rispondere, e che

rischierebbero di trascinarci per meandri quasi insondabili.

Eppure, a chi guardi oggi, in un momento socialmente e

politicamente difficile, al panorama della moda attuale, non

puo sfuggire un fatto decisivo: come l'attenzione per l'abito,

per il modo di vestire e di "rnascherare" il proprio corpo (non

solo femminile ma anche maschile) sia particolarmente acuto.

Quasi a dimostrare che I'abbigliamento - al di la dei suoi

valori pratici, igienici, estetici - presenta valori che trascen-

dono quelli della mera piacevolezza, del mero lusso. E allora

ci accorgeremo anche che, tra Ie componenti essenziali della

moda, la struttura e il colore sono quelle che dominano in-

condizionatamente.

Struttura, che e da intendere come una qualita globale di

dar forma (e significato) a un abito, a un qualsiasi particolare

dell' abbigliamento. Una forma che abbia in se Ie caratteristi-

che che I'ormai popolare vocabolo tedesco definisce Gestalt:

ossia una forma globalmente strutturata e pregnante, carica,

dunque, di peculiari "significati", non solo esretici, ma psi co-

logici, sociologici, di status symbol.

Colore, che e I'indispensabile "cornpanatico" d'ogni forma,

e che, nel caso della moda, e paragonabile al bouquet duncelebre vino, 0 all'aroma d'una particolare speZla capace di

rendere pili gustosa una pietanza altrirnenti insipida.

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L'uso, moderato a eccessivo, del colore, subisce, ha sublro

e conrinuera a subire Ie pili incredibili oscillazioni: da rno-

nocromo a variopinto, da serio a frivolo, da decorativo a

"strutturale", E solo di ieri, per esempio, I'adozione decisa-

mente programmata del violetta. Questa tinta che la moda

aveva messo al banda per ragioni superstiziose e che, invece,

appena adottata dalla haute couture internazionale, e dilagatafino a raggiungere le pill umili imitazioni provinciali dei pili

diffusi pret-a-porter.

Qualcosa d'analogo si puo dire, del resto , del bianco e del

nero a seconda dei casi considerati come "assenza di colore"

0, viceversa, come parte integrante della gamma cromatica di

una stagione, di una collezione.

Ma, se il colore costituisce I'indispensabile flavour d'ogni

abita e d' ogni indumento, e proprio la struttura che ci si

rivela quale vera parametro d' ogni costruzione modale.

Ne abbiamo esempi significativi: la severa linea che Armani

ha adottato in rnolte delle sue creazioni, pur nella variera del

colore e dei tessuti; la strutturazione rigida, rna proprio per

contrasto risultante "frivola", del doppiopetto capovolto di

Ferre (che ovviamente non ci auguriamo di vedere adottato

anche dagli uomini e che invece acquista, in un abita femmi-

nile, una equivoca fanrasiosita): la sagoma svasata dai lucidi

revers d'un abito di Ferre, nella sua ripetitivita circolare che

viene a costituire quasi una sorta di gigantesco caleidoscopio;

e finalmente, I'abita a imitazione di una uniforme asburgica

(inventata da Versace) che I'attuale reviviscenza di costurni e

nostalgie imperiali ha reso possibile. Questi pochi casi nonsana tuttavia che un esempio, significativo rna non insolito,

di quanta ho affermato pill sopra. Oggi, come ieri, la moda elegata ad alcune motivazioni storiche, sociologiche, artisriche,

che ne determinano, sia pure indirettamente, i canoni: fragili

canoni che sana tuttavia Ie spie d'un gusto anche artistico,

d'una situazione anche sociale ed economica.

La studio del sorgere e del tramontare di tali motivazioni

e l'unico mezzo per valutare Ie ragioni profonde di certe rno-

dificazioni del costume che altrirnenti sar~bbero inspiegabili.

II fatto di considerate questa studio non solo come qualcosa

di epidermico e di futile, rna come qualcosa di profondamen-

te ancorato aile maglie del tess uta (in questa caso non di un

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abita m~ della societa nella quale viviarno) ci permette di

valutare 1 1 fenomeno della moda e Ie sue metamorfosi come

punta di riferimento per la nostra conoscenza dell'uomo (e

della donna, ovviamente!) e addirittura per una maggior com-

prensione della civilta entro cui siamo venuti a trovarci situati.

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La moda degli stivali

Poco conta che oggi i prodotti in pelle a in cuoio siano

saliti aile stelle, che alcuni generi di calzoleria abbiano quin-

tuplicato il lora prezzo rispetto a un paio d' anni fa; la moda,

can i suoi inflessibili dettami, ha deciso che le donne doves-

sera portare alti stivaloni di cuoio e ormai da alcuni anni equesta uno dei costumi dominanti.

Dopa una prima fase ancora rirnida (che poteva anche

essere scambiata can una ripresa dello stivaletto fin de siecle),

e dopo una seconda fase, in cui 10 stivale femminile, reso pili

assurdo da un altissimo tacco (0 peggio da un vera e proprio

coturno), era servito ad alzare la statura, restando pero quasi

nascosto dalle larghe cam pane dei calzoni che 10 sopravan-

zavano, la moda dello stivale e esplosa, a ri-esplosa, in pieno.

E ormai can una varieta di materiali che vanno dal cuoiograsso e chiaro, al vitello rovesciato e scamosciato multicolo-

re, fino al pili triviale esemplare in similpelle lucida, e magari

bianca, sempre accompagnato dalla suola e dai tacchi di para

a di gamma.

Ma quello che qui rni preme non e certo di precisare i

diversi tipi e sottotipi d'un costume ormai affermato, quanta

di cercare di decifrarne [e motivazioni, pili omena prafonde.

Che 10 stivale possa essere utile e anzi indispensabile - per

cavalcare, per pescare, per cacciare, per p'asseggiare in mezzo

al fango delle corisuete alluvioni a nelle savane esotiche infe-

state dai serpenti _1 non e dubbio. Ma che uno stivaletto

ponato in piena estate e in clima mediterraneo, 0 la sera can

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abiti lunghi, non abbia nessurussrrno scopo, se non quello di

far parte d'una moda imperante, e altrettanto certo. Se ne

stupid soltanto chi ancora crede che la moda sia funzionale

mentre 10 e solo in rarissimi casi. Anzi, l' essere di moda

coincide spesso can la non funziorialira di un tipo di abbi-

gliamento.

E allora quali le possibili motivazioni dell'odierna moda

stivaliera? Forse un ricordo tardivo del Divino Marchese, oggi

cos) "di moda"? Forse nostalgia di macabre celebrazioni naziste,

rinfocolate da recen ti film sull' era hitleriana? Forse un' ondata

nera che si oppone all' ondata rossa: gli stivaletti padranali

sadico-elitari contra i valenki di feltro proletario, dominatori

della Rivoluzione d'ottobre? Oppure una delle tante sfaccet-

tature del femminismo che tende a virilizzare la donna; 0

anzi, un travestitisrno femminile can ovvie implicazioni lesbi-

che? 0 uno dei tanti tentativi di moda unisex, che, pero, in

questa casa riguarda pili un sessa che l'altro, perche ha rubato

all'abito maschile un capo che questultimo non usava pili senon per ragioni strettamente funzionali e che solo negli ultimi

tempi e stato a sua volta rimorchiato dalla yoga femminile?

Ma forse, pili semplicemente, un altro degli infiniti artifici

per nascondere le imperfezioni corporee compiendo al tempo

stesso un'operazione di "sostegno psicologico". Non c'e dub-

bio che, rivestite, corazzate, accarezzate dallo stivale, le gam-

be di qualsiasi donna, che non sia addirittura deforrrie, ci

guadagnano: lasciano sperare un contenuto che il contenente

solo in parte rivela. Non solo, rna rinverdiscono in tutt' altra

forma quel feticcio del piede, quel tabu della caviglia, che fu

alia base delle pulsioni libidiche tardottocen tesche. Questa,

forse, una delle ragioni pili autentiche dell'artuale moda, cui

si allea la circostanza purtroppo tragica dell'ondata di seque-

stri, di ratti, di stupri, che dalle cranache della stampa e della

televisione filtrano e stingono sulle pagine patinate e lucci-

canti delle grandi riviste di moda; e che, del resto, trovano il

lora pendant romanzato nelle eraine dei fumetti pornoneri

dai nomi walkirieggianti che gremiscono le edicole.

Limmagine d'una donna virile, corazzara di tutto punta e

in grado di sferrare calci negli stinchi (e altrove) al momento

giusto, puo aver avuto la sua parte in questa scelta dettata in

apparenza sol tanto da ragioni edoriistiche.

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Come si vede, i modi e Ie mode, anzi i modi di questa

moda, sono molti, e Ie varie ipotesi han no tutte una certa

verosimiglianza. Intanto, si assiste a un fenomeno economico

curioso: costano spesso meno gli ampi stivaloni in cuoio delle

sottili e smilze scarpette, anche se con la pelle dei primi si

potrebbero confezionare dieci paia delle seconde.

'\

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Camuffarsi

Un negro con la tiara su cui splende il simbolo femmin i-

le ... Un volto maschile quadrigliato tra due mezze maschere

che 1 0 incorniciano ... Un gruppo di uomini fasciati di bende

chirurgiche che ricordano le antiche performance di GunterBrus ... Un astronauta, nella sua tuta spaziale di gomma bian-

ca, che danza con una donna severamente vestira di nero, ma

a gambe nude; rnentre, sullo sfondo, un incappucciato in tuta

scarlatta esibisce l'ampio torace villoso ... Una "donna a stri-

see", dalla tuta di maglia zebrata e dal vol to pure a strisce

disegnate orizzontali. Una sorta di guerriero con la faccia rico-

perta di lamine bronzee, e un ampio manto dorato ... E, anco-

ra, un giovane paludato in una tunica blu notre, con grandi

occhialoni da motociclista e un terzo occhio sulla fronte ...

Questi non sono che alcuni dei pili gustosi camuffamenti,colti in un locale notturno dei nostri giorni, in una citra

europea che puo essere Parigi, ma anche Londra 0 Milano. E

ho detto "camuffarnenti" perche non si tratta di indumenti

carnevaleschi 0 scelti appositamente per una Festa in costume,

ma di comuni abiti serali, naturalmente indossati apposta per

esibirli in un locale norturno, un "club 54" 0 una qualche

discoteca.

Come si vede siamo ben lontani dai tradizionali pierrot,

arlecchini, colombine, ma anche dalle pili recenti e pili util iz-

zate mascherature che sono sempre esistite e che si sono sern-

pre ispirate a qualche elemento del folklore, della politica 0

della cronaca. Siamo invece, salvo l'ormai scontato astroriau-

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ta, in un mondo di travestirnenti che ha ben pochi legami

con quello d' altri tempi, anche molto vicini a noi.

Cos a ci sorprende, insomma, in queste accoriciature, spes-

so molto sernplici, Forse improvvisate, rna comunque singolari

e anomale? Una cosa, innanzitutro: la loro originalita. Che eForse in parte influenzata da una certa atmosfera mediorien-

taleggiante e fantascientifica, rna anche da un certa yoga rnisti-

cheggiante (i] "terzo occhio": l'occhio pineale della veggenza,

che invano i drogati sperano di risvegliare, e che qui viene

addirittura applicate sulla fronte come un segnale del traffi-

co). 0 forse, si tratta pure, in qualche caso, di un gusto

sadico-truculento: gli individui fasciati di bende bianche, l'uo-

mo con la tuta rossa, ma anche di un deciso rifiuto delle

futili esibizioni d'un tempo, basate soltanto sul nudo 0 sulla

rice rca di acconciature troppo "artistiche" e decorative.

In altre parole, si tratta del "mascheramento per il masche-

ramento": un fenomeno che ha sempre trovato, nel carnevale

e in occasioni analoghe, it suo luogo deputato; ma che ora,almeno a partire dagli ultirni carnevali di questi anni, ha

continuato a verificarsi un po' dappertutto, con incredibile

slancio, senza che ness una organizzazione "mercantile" 1 0 in-

coragglasse.

Anzi, abbiamo assistito a un fenomeno abbastanza singola-

re per la sua coincidenza ma, non credo, ne previsto ne pro-

grammato espressamente. Tutta una serie di abiti pret-a-porterpresentati negli ultirni tempi che sembrano fatti apposta per

suggerire la mascheratura pili che l'impegno a indossare un

vestito "alla moda", nel senso tradizionale.

L'elemento del travestimento, dunque (solo in minima par-

te quello del trauestitismo, in questo caso), costituisce Forse it

pili significativo parametro di una certa moda attuale, che,

logicamente, non vuole affatto sopprimere [e esperienze ca-

sual tuttora accettabili, ne quelle pili sofisticate delle Grandi

Collezioni Internazionali. Una moda che sviluppa, spesso con

mezzi propri, con aggiunte fantastiche autoprodotte, quell'in-

dirizzo al travestimento e al camuffamento, aHa modificazio-

ne violenta 0 addiritrura alla obliterazione della propria iden-

tita consueta che, in questo scorcio di stagione, costituisce la

nota dominante d'un 'certo costume notturno.

La moda del travestitismo

Uornini che si atteggiano a donne, che si vestono, si true-

cano, si acconciano femminilmente, sia perche tendono a con-

fondersi con l' altro sesso, di cui amana assumere 0 mimare le

caratteristiche sessuali, sia perche c'e in loro una componentefemminile innata, anche in assenza d' ogni esplicita tendenza

omosessuale. Il fenomeno del rravestitismo non e di ora, madi sempre. Oggi, pero, riveste (e proprio il caso di dido, fuor

di metafora) un carattere peculiare, perche si estende spesso

anche alla donna. Ma non intendo accennare qui alla donna

che ama travestirsi da uomo, it che e scontato e ha fatto, in

un certo senso, it suo tempo. Non siamo pili, per fortuna,

all' epoca delle suff~agette che credevano di dover~,i vestir~ e

comportare mascolmamente per accampare una plu che glU-

stificata "eguaglianza di diritti" con gli uomi~i. Oggi c'e un

altro genere di travestitismo b.is.ess.uale: possl,amo o~s~r:are

spesso uornini, decisamente vestrti ~l paramentl fe~~l~dl tra

i pili originali e clamorosi, l~ CUl p~rtner. femmmlh. sono

altrettanto sfarzosamente rivestite. Ossia vediamo copple che

amana inalberare travestimenti che potremmo considerare am-

bisessuali 0 bisex, proprio perche la disparita tra idue sessi eandata attenuandosi e it gusto degli stessi per l 'abbigliamento

e andato uniformandosi. II che non significa che in un pros-

simo domani si assistera alla generalizzazione di abiti maschili

arieggianti quelli femminili a~che tra uomini ~olitici" imp ie-

gati, operai (pur se non, displacereb.be ve?~re .1 nostn. parla-

mentari con abiti un po meno terri e pnvl di fantasia), ma

50 51

  . . .

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significa che, gia oggi, appena le circostanze 1 0 concedano, si

puo assistere a curiosi travestimenti che sono abbastanza diver-

si da quelli adottati in circostanze abnormi, in feste carneva-

lesche e mascherate. Oggi vige, molto pili netto, il principio di

un autentico travestitismo inteso come volorita e aspirazione a

sopraffare il tipo di abbigliamento limitato da quelli che nor-

malmente sono considerati gli "attributi" di un determinato

sesso, accentuando fino allo spasimo quel genere di accoricia-

tura, di trucco, di decorazione, che puo suscitare nel pubbli-

co dubbi attorno al sesso di chi 1 0 indossa. Che puo, cioe,

creare quel genere di arnbiguira circa la vera identira sessuale

di chi se ne avvale, e che viene a costituire una delle cararte-

ristiche pili inedite di questo preciso periodo storico.

In altre parole: non credo che questa tendenza, del resto

tuttaltro che generalizzata, sia da considerare come un globa-

le inclinare del maschio verso caratteristiche femminili, ne

tanto meno una pretesa dello stesso di rivendicare un diritto

alla "decorazione", un tempo cost diffuso anche nei costumidel sesso "forte", q uanto, invece, l' attuale appiattimento di

certe distinzioni sessuali e Forse un'inequivocabile "femmi-

nilizzazione" del maschio che, accostandosi nel vesti to alla

sua partner femminile, finisce per identificarsi con la stessa.

52

La moda del nudo

Esiste an cora quello che un tempo si definiva "naturale

senso del pudore"? 0 piuttosto, quel senso, del tutto "irin atu-

rale", e tornato a essere come era prima che Adamo ed Eva

cogliessero il famoso frutto proibito?

Entrambe le ipotesi sono errate: c'e ancora chi si vergogna

se il suo costume da bagno non copre a puntino alcune parti

del suo corpo (un tempo si parlava di pudenda, ossia di parti

di cui bisogna vergognarsi). D'altro canto ci sono intere cul-

ture (si pensi al Giappone) che tradizionalmente ignorano e

hanno ignorato la vergogna del nudo e, quel che pili conta, il

senso del peccato legato al sesso. Mentre, magari, hanno avu-

to, e hanno Forse ancora, una profonda coscienza di altri

doveri e di altre trasgressioni agli stessi ben pili peccaminose

(di quelle sessuali): quell a, per esempio, di non contraccarn-biare i favori ricevuti, 0 di non ottemperare a un obbligo

contratto.

Comunque sia, negli ultimi anni la liberalizzazione del nudo

ha trasformato tutta una radicata tradizione ottocentesca e

vittoriana. Una serie di tabu so no crollati. Sono cad ute le

fettuccine nere che sistematicamente obliteravano i pili inrio-

centi capezzoli su ogni manifesto cinematografico 0 su ogni

rotocalco. Ma, soprattutto, e caduta la convinzione d'una col-

pevolezza inaudita, d'una peccarninosita morbosa che accorn-

pagnava ogni svestizione del corpo. E, in concomitanza conquesta scomparsa, credo che stia per scomparire anche l'altro

rovescio della medaglia: l'inno encomiastico per il naturismo,

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il vero 0 falso entusiasmo per un' esibizione casta, controllata,

puritana, del proprio corpo. La famigliola: padre, madre, figli

e, perche no?, suoceri e nonni, tutti in tenuta adamitica,

sempre irrevocabilmente nudi sotto i temporali e la grandine,

destinati a far ritorno aile loro case e ai loro vestiti, pieni di

bronchiti e di diarree estive.

Ricordo, anni fa, quando ancora Ie scogliere dalmate 0

greche non pullulavano di nudi d' ambo i sessi, di essermi

inoltrato in un campo di nudisti jugoslavi: spettacolo non

dico raccapricciante, ma decisamente penoso. Niente di pili

squallido d'una famigliola sistematicamente nuda che siede

attorno al desco, sbrodolandosi la minestra 0 la salsa di po-

modoro sui seni penduli, sulle cosce irsute.

Per ammirare il nudo occorre avere attorno a se un pubbli-

co vestito, 0 quasi. L'uomo, bipede irnplume (come si suol

dire), se Fosse davvero fornito d'un ricco piumaggio, non avreb-

be bisogno di vestiario; rna la "scimrnia nuda" (altro sciocco

slogan) sta sempre meglio vestita. Perlomeno "vestita di idee"

se non di veri e propri indumenti. In definitiva: ben venga la

liberalizzazione del corpo nel cinema, nel teatro, sulle spiag-

ge, a togliere I' antica "sere di nudo" che torturava adolescenti

e vegliardi mediterranei, facendogli invidiare le gelide spiagge

nordiche. Ma non sia neppure troppo diffusa, per non elirni-

nare del tutto la soddisfazione di toglierci (e togliere agli altri

e aile altre) i vestiti, quando I'occasione sia propizia.

Credo, a questo punto, che sia opportuno sottolineare an-

cora una volta (anche se 1 0 si e fatto spesso) la sostanziale

differenza che c'e tra esposizione "non maliziosa" d'un corponudo e vero e proprio esibizionismo pornografico.

Pornografico puo essere anche un corpo completamente

vestito, e 1 0 puo essere anche la fotografia di un cadavere

insanguinato 0 di un ferito rantolante come oggi tanti roro-

calchi e tanti filmati si compiacciono di presentarci. La vista

di un nudo "norrnale", una volta caduti i tabu dell' eta vit-

toriana 0 d'una falsa morale bigotta, non dovrebbe pili scori-

volgere nessuna mente, ne adolescente, nesenile. Se poi qual-

che giovane inesperto (ammesso che ancora ne esistano) 0

qualche vegliardo lasdvo continuera a dar la caccia a giornalettipornografici 0 a filmetti cocbons, questo non deve essere preso

a pretesto per condannare innocenti fanciulle che prendono il

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sole (sempre che non siano di sgradevole aspetto!) 0 per creare

pettegolezzi sui nude look d'un abito da sera.

Senza voler esaltare I'assenza di vestiti (e i primi a dolerse-

ne sarebbero proprio i creatori della moda) credo che si possa

facilmente ammettere come la caduta del "tabu del nudo" sia

stata benefica, soprattutto nei paesi mediterranei: 1 0 prova la

scomparsa di quegli aspetti ridicolmente provocatori che Ieplatee, specie meridionali, presentavano. Non pili gridolini

d'eccitamento, fischi d'approvazione all'apparire del pili rni-

nuscolo seno, del pili casto bacio. Anche se la liberalizzazione

delle immagini non sempre coincide con quella dei compor-

tamenti, non accadra pili che un giovane giunga aile nozze

senza aver mai potuto contemplare un nudo femminile (e

viceversa) .

Le recenti sfilate di moda, del resto, con l'imperversare del

nude look (0 del nudo tout court), mi costringono ad alcune

considerazioni, non gia circa il "comune senso del pudore"

(che, come e noto muta col mutare dei tempi e che e certa-mente in calo costante), rna piuttosto attorno al "cornune

senso del dis g usto" .

E mi spiego: un tempo era quasi obbligatorio (e dovrebbe

esserlo senz'altro) che un commesso di salumeria 0 panetteria

non prendesse con Ie mani (quasi sempre di dubbia pulizia) Ie

Fette di salame 0 di formaggio, 0 anche i panini da consegna-

re al cliente. Mentre oggi questo cerimoniale e andato del

tutto smarrito, nonostante Ie severe ammonizioni circa il ri-

schio di infezioni da salmonelle 0 altri germi patogeni. Come

mai, mi chiedevo, ci sono COSl poche proteste di fronte aquesto costume poco igienico? Forse e scomparsa la "fobia dei

microbi" che in altri tempi imperversava esageratamente?

Il mio ragionamento non vuole certo riguardare il lato

epidemiologico, ma piuttosto I' eclissi parziale e Forse tempo-

ranea del senso dello schifo. Che oltrerutto sembra mancare in

moltissime altre circostanze: quella, per esempio, del nudelook non sempre gradevole (quando si tratti di seni decisa-

mente sovrabbondanti al silicone, 0 viceversa penzolanri), 0

di costumi da bagno sciancrati COSl da rivelare un'insufficien-

te rasatura.Molti altri fenomeni del res to stan no a dimostrare l'affie-

volirsi del disgusto, come la scomparsa dei guanti che una

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volta servivano, pili che contro il freddo, per il disgusto di

toccare oggetti "sospetti": e cosl dicasi della esibizione, tanto

frequente, di volti e ascelle grondanti sudore in qualsiasi di-

scoteca anche la pili moderata, seppure l'uso dei deodoranti

sia in costante aumento per merito della pubblicita pili che

per un autentico "rispetto del prossirno".

Insomma: una diminuzione dello schifo verso il prossimo(e anche verso se stessi), un aumento della tolleranza per la

grossolanira, la trascuratezza; eppure, un aumento di quegli

artifici cosmetici che un tempo mancavano e a cui nessuno

oggi e disposto a rinunciare.

E oltre a cia una generalizzata acquiescenza per modi di

essere e di comportarsi deprecabili, non per ragioni di eti-

chetta rna di buon gusto (bagnarsi di saliva un dito per volta-

re [e pagine d' un giornale; soffiarsi il naso con entrambe le

mani, e via dicerido).

Ma il disgusto ha poi a che fare con la Morale? E con

quale morale? La morale della pulizia fisica, 0 la morale della"pulizia morale"? E come dovremo giudicare inoltre l' assenza

di schifo che si trasforma in virtu? Come nel caso di Sante

Lydvine con le carni brulicanti di vermi, 0 di Madre Teresa

che abbracciava e baciava i lebbrosi? E come dobbiamo con-

siderare il trasformarsi delle antiche "regole prossemiche": il

tollerare la vicinanza del prossimo nella fiumana di gente che

gremisce gli stadi, le metropolitane, le spiagge? Questi stretti

contatti tra sconosciuti sono un segno di maggior accettazione

del prossimo 0, invece, di assenza d' ogni schifiltosita dovura

alIa nostra stessa indifferenza per q uelle "distanze corporee"che un tempo costituivano una regola innata e non imposta?

La domanda e senz' altro retorica. Si tratta evidentemente

di un problema che ha a che fare con una "mutaziorie antro-

pologica" del costume, piuttosto che con vere e proprie moti-

vazioni estetiche 0 etiche. Assoggettiamoci allora ad accettare

anche noi l' andazzo corrente e dimentichiamo senz' altro i germi

patogeni del cibo, come pure i contatti con un prossimo non

sempre apperiroso. "

La moda del carnevale

Qualche anna fa mi sorio trovato ad assistere - non da

turista rna da amico di amici del posto - alIa Sartiglia di

Oristano, una delle pili antiche e misteriose cerimonie festive

della Sardegna, anzi esclusivamente dell'oristanese, le cui ori-gini certo si perdono nelle notti di tempi rernoti, quando

ancestrali riti pagani (forse fenici 0 assiri, 0 cartaginesi?) rivi-

vevano in molte feste della cristianita, e dove la partecipazio-

ne del popolo non era inquinata dalle attuali orde turistiche

ne dalle superfetazioni mondane.

Non staro qui a descrivere come si svolge la Sartiglia. Essa

consiste essenzialmente in una selvaggia e un po' scomposta

cavalcata nella via principale della cittadina compiuta dai pili

abili cavallerizzi del luogo e ha come meta quella di riuscire a

infilare, con una lancia, un cerchio sospeso a mezz' aria. Ma lacaratteristica pili curiosa di questa Festa carnevalesca consiste

nella vestizione dei partecipanti alIa gara da parte delle ragaz-

ze del posta, e inolrre dall'uso di una singolare maschera

candida, sconcerrante per i suoi tratti equivocamente femmi-

nili, Forse a ricordare qualche antica divinita guerriera erma-

frodita, per cui buona parte dell' interesse della cerimonia elegato ai particolari dell' abbigliamento, senza i quali la Festa

perderebbe tutto il suo carattere- oscillanre tra il sacro e il

pagano.

Ho volute richiamarmi alIa Festa della Sartiglia non solo

perch e e uno dei pochi rituali autentici che io conosca, rna

anche perche rende pili acuto il contrasto tra quello che il

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carnevale era 0 poteva essere un tempo e quello che invece espesso diventato ai nosrri giorni.

Lungi da me, naturalmente, ogni intenzione di biasimare

un genere di festivita legato al divertimento, allo svago, alla

danza, alla mascheratura. Anzi: Fosse magari pill spesso carne-

vale, e 1 0 Fosse soprattutto per ogni uorno , di ogni nazione,

almeno qualche volta nella vita.Dunque, ben venga la Festa autorizzata e consacrata da

secoli che precedeva il cupo periodo della Quaresima. Eben

vengano anche quei tre giorni in pill del carnevale ambrosiano,

quando - soltanto a Milano e nei pochi cornuni dell'antica

diocesi (che si protendeva come e no to fino al Canton Ticino)

- era (ed e) possibile coritinuare a rid ere e a schiamazzare

mentre gia la severita quaresimale aveva ricondotto il pubbli-

co alla grigia vita d' o gni giorno, togliendo di mezzo lumina-

rie, rnorraretti, fuochi d' artificio.

E, quanto a mascherature e a travestirnenti, ben vengano,

oggi, le trovate satiriche e sarcastiche e magari surreali, al

posto delle nauseabonde colornbine, pulcinelli, topolini e pa-

perini che ancora imperversano assieme a guerrieri rornani,

astronauti ed extraterrestri. E non si dirnentichi, invece, qua-

le lontanissirna e mitica motivazione s'annidi dietro il fatto

stesso di camuffarsi, di voler essere 0 apparire altri da se.

Questo discorso sui carnevale, del resto, mi induce a distingue-

re tra quelle che sono tradizioni preziose come quelle che ho

citato della Sarriglia, e altre che sono state ripescate dall' oblio

di secoli attraverso faticosi artifici pseudostorici, attraverso I'esi-

bizione di costumi mai indossati, di maschere rnai esistite, dicarri allegorici privi d' ogni riferirnento convincente. Eppure,

anche qui, occorre intendersi: esistono possibilita di reviviscenza

che non so no spurie, che mettono in moto elernenti fantastici

attuali, attraverso l'innesto su fantasmagorie preesistenti.

LUSO, sia pur superficiale ed epiderrnico, della maschera

(che ci riporta, da un lato, ai prodigiosi drammi dell' anti co

teatro greco 0 agli spettacoli truculenti del giapponese Kabuki,

e, dall' altro, all' adozione selvaggia di maschere e tatuaggi tri-

bali) ha profonde radici antropologiche e miriche. Non ecerto un danno se [',uomo d' oggi 1 0 riattiva durante il fugge-

vole tempo carnevalesco, quando questa spontanea volonta di

sospendere la propria autentica personalita, per assumerne una

fittizia e clandestina, rivela una molla

desiderio inconscio di ognuno di noi.

che il giudizio estetico (ed erico) sull' esistenza 0 la

del carnevale (come in genere di ogni Festa

essere unlVOCO.

Almeno tre mi sembrano Ie principali categorie che si

sono individuate per un'acceziorie attuale del carnevale ecorrispondono a tre diverse opportunita di sopravvivenza

1 0 stesso: l' esistenza, da sempre, di antiche tradizioni che van-

no rispettate e coltivate e per quanto e possibile non turistizzate

(se non si vuole che ogni antico cerimoniale, come Ie Com-

bassias sarde 0 i Tarantati calabri, si trasformi in un' ennesima

carrievalata): I' esistenza di tradizioni recenti rna orrnai entrate

nell'uso, come accade per gli ormai celebri carnevali di Rio,

di Venezia, di Nizza, di Viareggio, eccetera diventati gli equi-

valenti di altrettante manifestazioni di giubilo popolare, per

cui, se anche fa difetto una radice mitica 0 mistica come nei

venerandi riti di cui sopra, per 1 0 meno si ha una partecipa-

zione decisamente pill di massa che, in questi casi, rni sembra

indispensabile; e, infine, la presenza di carnevali inventati di

sana pianta, senza ness una premessa autentica, senza agganci

culturali, e in questo caso non si porra che chiudere un occhio

lasciando che la Festa impazzi per le consuete ragioni econorni-

che, pubblicitarie, turistiche, E non sara il prirno caso di seem-

pio artistico in nome del buon affare 0 del lauto guadagno.

Sicche, in definitiva, piutrosto che inventare nuove con-

suetudini e meglio man tenere quelle che sono ancora vive

nella tradizione d' ogni citra. E penso a Piazza del Duomo e alCorso milanesi nei tre giorni di "Quaresima ritardata" per

volorita del Patrono fustigatore Sant'Ambrogio.

Penso alla miriade di bambini e bambine travestiti da dia-

voli, da eroi, da arlecchini, da cosmonauti, da Superman 0 da

Corto Maltese, per iquali il venerdl e il sabato grassi rimar-

ranno un ricordo felice, soprattutto se si renderanno conto

che e un privilegio esclusivo essere cittadini d'una citra con il

carnevale pill lungo di tutti gli altri. E questo Forse fara rifler-

tere anche noi sui fatto che nulla da pill soddisfazione dell' es-

sere diversi dagli altri, di avere quello che la grande maggio-

ranza degli altri non ha. Si tratti pure soltanto di un venerdl

e di un sabato grassi.

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La moda del rock

Una. volta si diceva "rock and roll" (ai tempi di Bill Haley

ed ElVIS Presley), che sarebbe come dire oggi "night club"

invece di "night". Ma poi il rock odierno ha ben poco ache

vedere con quello degli anni Sessanta, e neppure con quello

dei Beatles e dei Rolling Stones. Quello che fu un tipo di

musica e un tipo di ,danza e oggi qualcosa di piu, e di meglio

(0 forse di peggio). E, cioe, una moda, anzi un vero e proprio

costume. Si dice "rnusica pop, folk, rock" come si dice esi-

stenzialismo, lacanismo. Non solo, rna dalla mescolanza tra

free jazz e rock e dagli apporti delle avanguardie postwe-

berniane, e venuto fuori qualcosa che finisce per sconfinare

alle volte persino nella musica "seria",

Anzi, il passaggio da un genere musicale decisamente di

massa a uno in parte colto, 0acculturato, e forse il fenomenopili nuovo dei nostri giorni: la ripetitivita quasi intollerabile

di certo rock (pili 0meno demenziale), non e molto dissimile

dalle composizioni colte di un Philip Glass accompagnanti le

performance di Bob Wilson 0 Lucinda Childs.

Del res to il rapido passaggio da un genere di danza-musica

a un altro comprende anche il passaggio da uno stile di ve-

stiario, di decorazione, di linguaggio all'altro. Forse il fatto

musicale non e che uno degli inzredienti essenziali, rna non

l'un~co di questa odierna "modi'. Un determinato tipo di

musica e un deterrrunato tipo di attore-cantante-cantautore,

ha portato con se un modo di vesrirsi, di atteggiarsi, diciamo

insomma la parola giusta: una nuova "visiorie del morido". E,

60

a questo proposito, non posso non ricordare come anche la

vera e propria moda dell'abbigliamento sia mutata con l'av-

vento generalizzato del rock. Oggi, nelle infinite discoteche

(non pili nelle "balere" d'altri tempi), uno sci arne di curiosi

esseri travestiti s'aggira. Un tempo si sarebbe pensato ai redu-

ci da una piscina notturna 0 da una mascherata carnevalesca.

Oggi il nuovo tipo di abbigliamento-cosmesi "da rock" ha

conquistato anche molte zone del tutto periferiche e provin-

ciali. II forte trucco, il costume da pseudobagno, gli imrnan-

cabili lusrrin i, i colori notturno-sgargianti, la "mascheratura"

in una parola, dettano legge e impongono a ogni partecipante

il loro suggello.

E, naturalmente, questo tipo di vestiario e di acconciatura

non e che il riflesso, in tono spesso deteriore e minore, 0

viceversa maggiorato ed esaltato , di quello che gli adepti del

rock hanno visto addosso alle diverse Patti Smith 0 Ellen

Foley, agli Alan Sorrenti 0 David Bowie, agli infiniti gruppi

dei Kiss, dei Ramones, dei Rockets, delle Chic. .. II rock "de-menziale" ha demenzializzato il costume e l'atteggiamento di

molti parrecipanti ai Nuovi Riti,

Ma che c'e alla base di tutto questo rivolgimento mu-

sicale-tersicoreo-modale? Forse solo la volonta inconsapevole

(0 anche troppo corisapevole) del disimpegno, il rifiuto d'un

coinvolgimento politico, la rice rca d'una qualira di anriichi-

limento che spesso la musica rock riesce a offrire e che sign i-

FIchera anche assenza di dialogo (con la partner 0 il partner,

con il gruppo pili 0 meno tribale degli "officianti" danzanti),

accettazione supina del sistema. Forse, domani, scomparsa d' ogni

volonta di scelta. Eppure, chi si entusiasma per "mi piacciono

i fagioli", non puo non aver afferrato quel tanto di ironico,

di melensamente sfottente, che la ripetitivita irritante e osses-

sionante del rnotivo riesce a comunicargli.

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Moda e jaZZ

Tra ipersonaggi mitici che affollano la nostra epoca con le

loro presenze subdole e spettacolari, dobbiamo considerare in

primo luogo icantautori e in genere i cantanti del rock, del

folk, della disco-music, insieme ai creatori ed esecutori delleinfinite sottospecie del jazz.

Ma sono soprattutto i cantanti-autori - 0 presunti aurori e

quindi attori e autori a un tempo - a polarizzare buona parte

dell' entusiasmo non solo giovanile. Un entusiasmo che non si

sa se sia rivolto a un certo tipo di musica dalla rumorosita

assordante, 0 alle presenze inquieranti di alcuni individui de-

stinati a diventare celebri nel giro di poche ore, per poi sva-

nire altrettanto rapidamente nel nulla.

Certo: l'epoca dei Beatles, dei Presley, dei Rolling Stones,

dei Celentano, delle Rita Pavone, e molto lontana, quasi me-

dievale. Ma coloro che si sono sostituiti a divi musicali degli

anni Cinquanta e Sessanta non sono rneno famosi, rneno osan-

nati. Si pensi soltanto a un David Bowie, a un Miguel Bose,

a un Alan Sorrenti, a una Patti Smith, 0 ai gruppi leggendari

degli Skiantos, dei Kiss, dei Rockets, delle Chic ...

Vi e un elemento, pero, che distingue immediatamente tra di

loro quelle che possiamo considerare due distinte generazioni di

cantanti del rock tradizionale e della disco-music: il fattore moda.

Oggi, a differenza d'un tempo, i nuovl idoli dell'Olimpo

musical-canoro sono, tutti estremamente coscienti di quello

che indossano, e 1 0 considerano a ragione come un fattore

essenziale del loro successo.

62

Non, dunque, un qualsiasi abito casual, non semplici rna-

glioni 0 giubbotti purchessia, pili spesso usati dai cantanti

folk. Oggi la musica, pili 0 meno discutibile 0 pili 0 meno

apprezzabile (ci sono anche tentativi d' avanguardia, come nel-

l'ultimo David Bowie, accanto alle troppo facili disco-music

dei Rockets e dei Kiss), richiede sempre di pili il companatico

visivo, spettacolare, stilistico. Fino ache punto sono gli stessi

cantanti a dettar legge, 0 sono succubi di leggi irnposte dallamoda vigente? Anche in questo caso la risposta rimane arnbi-

gua: c'e chi si adegua all'attuale bipolarita della moda del

momento, adottando le tute fantascientifiche, i lustrini e [e

paillette, 0 viceversa ritornando a indossare giacchette e cal-

zoni grigi, camicie e cravatte pressoche "norrnali". C' e chi si

ribella e si oppone alla moda corrente recuperando modelli

superati, esaltando un abbigliamento casual da borgata 0 da

favela brasiliana. C'e chi si sforza di basarsi sopra un under-statement modale, proprio per far risaltare la sua sofisticatezza

canora 0 la sua bellezza raffinata (come nel caso di EllenFoley, che associa un abbigliamento dimesso con un trucco

adatto a sottolineare il suo tipo di bellezza nostalgica). C' e,

invece, chi cerca l'aspro contrasto dell' abito edell' atteggiamento

per esaltare una personalita non abbastanza grintosa.

Vedremo cos) gli Skiantos, protagonisti del "rock dernen-

ziale", adottare abiti quasi da cerimonia a indicare un apparen-

te perbenismo sociale (mitigato dalla presenza di abbondanti

chiome e di occhialoni neri), che stona (credo volutamente)

conla volgarita degli ampi risvolti delle loro giacchette e [e

lunghissime punte dei colletti inamidati; mentre assisteremo

al grottesco travestimento dei Rockets, il cui successo, proba-

bilmente, piuttosto che nell'invenzione musicale, consiste nel-

l'adozione di costumi da eroi transgalattici e nell' accurata rasa-

tura del capo. Quando poi non ci tocchera di deliziarci di

fronte a un'acconciatura da "brava bambina" come nel caso di

Ellen Foley che associa un ripo di moda giovanile con richia-

mi di sessualita adolescenziale.

In molti di questi casi, come accade del resto anche nell'ab-

bigliamento del "pubblico da discoteca", ci troviamo spesso di

fronte a invenzioni del tutto inedite: dal costume da bagno in

lustrini all' abito quasi castigato che ottiene un effetto eccitanteproprio perche risulta in contrasto con quanto vuol sottolineare.

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Sta di fatto che il valore della composizione musicale in se

e per se, oggi certamente meno eccezionale di quanto non

Fosse ai tempi dei leggendari e archeologici spirituals 0 delle

prime rivoluzionarie creazioni dell'I'eta del jazz", passa in se-

conda linea di fronte all'impatto sempre pili energico e pro-

vocatorio dell'abbigliamento, del rrucco, dell'acconciatura.

L'abito, il gesto, il comportamento, pili an cora della voce

che un buon impianto stereofonico riesce sempre a gigantizzare,

faranno la fortuna del cantante. Aver azzeccato il giusto grado

di provocazione sexy 0 viceversa di suadente e schiva seduzio-

ne romantica, sara la vera moll a d'un successo, purtroppo (0

per fortuna) di breve durata, rna sufficiente a trasformare, per

una stagione, un semplice 0 anche modesto essere umana in

un autentico mito vivente.

'j

64

Moda e sport

Anche gli sport possono essere soggetti, protagolllStl 0 vir-

time, alla moda. La moda puo essere loro alleata 0 loro nerni-

ca. E, a seconda dei casi, sara 10 sport a invocare la moda 0

sara la moda a decretare il sorgere 0 il risorgere d' uno sport.Non e un problema di poco conto quando si rifletta su

tutto il "companatico" che porta con se 10 sport: dagli attrez-

zi specializzati aile ten ute pili confacenti, dalla costruzione di

particolari ambienti alia invenzione di strumentari adatti allo

scopo, che possono essere oggetti di poca spesa (come una

semplice racchetta) 0 di prezzi assai elevati (come un paio di

sci, 0 addirittura un cavallo da corsa).

Ma qui, oggi, vorrei esaminare un caso un po' particolare

di questo intervento della moda nell' ambito dello sport, e

precisamente l'affermarsi, in parte ancora timido, in parte

clamoroso, di alcuni sport (0 solo giochi?) che la moda sta

portando in primo piano, che stanno diventando Forse nuovi

esempi di successo, e che so no ancora abbastanza sconosciuti

al grosso pubblico per meritare almeno un cenno. Mi riferi-

sco soprattutto ai seguenti quattro casi: 10 squash, il curling,

10 skate-board, e, per completare il quadro con qualcosa di

pili esotico, I'a ikido.

Diciamo subiro, per togliere di mezzo equivoci, come 10

squash (per chi non 10 sap esse) e quella specie di tennis, che

si gioca (come il badminton, altro sport "rninore") con una

racchettina un po' pili smilza di quella da tennis e, a differen-za del gioco-padre, facendo rimbalzare la palla contro una

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parete; non solo, rna con I'adozione d'una pallina scarsamente

elastica che rirnbalza fiaccamente, cambiando completamente

I'efficacia dell'impatto da parte della racchetta, COSI da per-

mettere di arginare il gioco entro locali molto angusti.

E diciamo anche subito che il curling e quel curioso gioco

(pili che sport) molto meno impetuoso e adatto anche a per-

sonaggi anziani e flemmatici, che si gioca sulle piste ghiaccia-

te (all'aperto 0 in appositi locali) con quelle grosse biglie dibasal to provviste d'un apposito manico che, scivolando su

ghiaccio, devono raggiungere un tee, aiutate in questo da una

previa e costante "scopatura" del terreno.

Quanto allo skate-board, ecco un fenomeno di tutr'altro

genere lungi da ogni contegnosita e anche da ogni agonismo

da palestra, perche e il tipico sport da Farsi all'aperto, per la

strada, nei parchi 0 addirittura sui marciapiedi cittadini, con

grave peri colo per i passanti pili che per chi 10 esercita; sern-

pre considerando che siano solo i ragazzi a scatenarsi sui loro

monopattini a rotelle.E veniamo all' aikido: qualcosa di pili misterioso e ancora

inconsueto. Uno sport-ginnastica-rito, legato ai rniti dell 'Orien-

te, derivato, almeno in parte, dallo jujutsu e dal karate, volto

esclusivamente alia difesa e non all' offesa, dove tutta la tecni-

ca e basata sulla messa in atto del "ki": forza pili spirituale

che fisica, latente dietro ogni cosa e quindi presente anche in

noi. II fondatore di questa curiosa ginnastica-tenzone, Morihei

Ueshiba, a quanto si dice, riusciva, pili che ottantenne, a

sbattere a terra anche i pili giovani e forzuti avversari, con la

grazia d'un danzatore anziche con la forza che ormai gli era

venuta meno.

Forse mi sono dilungato un po' troppo nel descrivere, rnolto

sommariamente del resto, gli aspetti essenziali di questi "n uo-

vi sport" (0 meglio di questi sport, nuovi 0 antichissimi, che

la moda ha riporrato alia ribalra). II quesito che ora mi preme

di precisare e pero un altro. Come mai parliamo di "nuevo"

sport a proposito di un'antichissirna pratica come il curling,

che a quanto pare si giocava gia secoli or sono nelle lande

ghiacciate della Scozia, e perche 10 raffrorltiamo con un gioco

come 10 skate-board, che e reso possibile soltanto per la mes-

sa a punto d'un pa'rticolarissimo aggeggio a quattro rotelle?Evidentemente esistono analogie e parentele di cui occorre

66

tener con to: il curling e parente delle bocce, rna pili "nobile"

di queste, per il materiale prezioso delle biglie e per la neces-

sita di disporre di piste gelate. E pure parente dell'hockey,

anche se non ha bisogno di una particolare mazza, rna solo

d'una perfetta e assidua "scopatura" (senza nessuna illazione

metaforica, ovviarnente). Altra analogia: quella dello skate-board,

come ho gia detto, anche se questo sport offre curiose simi-

litudini non solo con il pattinaggio e 10 schettinaggio "classi-

ci", rna con il surfing compiuto sulla cresta delle onde ocea-

niche (data la forma del veicclo) e persino con 10 sci. Quando

infatti 10 skate-board viene usato con spericolatezza e soprat-

tutto in discesa, ecco che diventa possibile un movimento

ripico dello slalom sciistico. II che ci dimostra, ancora una

volta, come alcuni sport prom ani no da altri, come, per esern-

pio, dal "progenitore" sci si possa giungere, da un lato allo sci

d'acqua e allo sci da terra (da prate), e dall'altro allo scher-

tinaggio su tavoletta.

Nel caso poi dello squash la derivazione dal tennis e sintroppo evidente per trattame; sta di fatto, comunqu~, ch~

anche qui la moda si fa valere per la scelra delle particolari

attrezzature e di un particolare vestiario (tenure prevalente-

mente candide e calzoncini corti).

Perche, in definitiva, vediamo di tanto in tanto apparire

all' orizzonte uno sport con la pretesa di sostitursi ai molti gia

esistenti? In parte perche e logico che alcuni sport decadano

per ragioni estrinseche: difficolta di trovare 10 spazio adatto,

costosita delle attrezzature, 0 semplicemente perche sono or-

mai usurati dal tempo. In parte perche la spinta all' adozione

di nuove mode sportive puo essere triplice: I'invenzione d'un

nuovo mezzo tecnico (come nello skate-board) senza il quale

10 sport non sarebbe praticabile; la riesumazione di sport gia

esistenti che si erano ingiustamente trascurati, come nel caso

del nobile e arcaico curling; la curiosita di rivolgersi a usanze

esotiche, possibilmente con una sfumatura iniziatica e occulta

come nell' aikido.

Fare previsioni su quale dei quattro esempi che abbiamo

considerato possa pili sicuramente affermarsi non ci e certo

concesso. Forse uno di essi finira per prevalere sugli altri,

Forse (salvo 10 skate-board che vivra finche non sara tecnica-mente superato] rimarranno tutti quanti in quel limbo aristo-

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cratico dove continuano a vegetare dignitosamente e impavida-

mente altri giochi come il cricket, il volano, il tiro all'arco,

eccetera. Certo, ben difficilmente riusciranno a scalzare i loro

grandi rivali: il calcio, 10 sci, il tennis, eccetera, che ormai

non dipendono pili dal volubile avvicendarsi delle mode.

"

68

La moda della mlOlgonna

Come mai la m101gonna, che ebbe a suscitare tanti entu-

siasmi e tanto scalpore una decina d' anni or sono al suo

primo apparire, e che fu poi decisamente accantonata come

indumento poco decoroso e soprattutto poco estetico, ha fat-to silenziosamente ritorno senza pili des tare ne riprovazioni

ne condanne?

E, come mai, ed e questo I'aspetto pili singolare del pro-

blema, quello che sernbro, se non scandaloso, almeno poco

raffinato ieri, oggi ci appare come aggraziato e accettabile?

L'esempio che ho dato non e che uno dei tantissimi che si

potrebbero proporre e indica essenzialmente una cosa: la moda,

come il gusto, va incontro a continue oscillazioni. (E mi vedo

costretto ad autocirarrni, dato che una veritina d'anni or sono

scrissi un volumetto intitolato Le oscillazioni del gusto). Allo-ra, tuttavia, ilmio discorso verteva specialmente sulle Grandi

Oscillazioni: quelle che vanno dal Romanico al Gotico, dal

Rinascimento al Barocco e non s' appuntava sulle oscillazioni

minirne dei nostri giorni; oscillazioni che, anche nel settore

delle "arti pure", sono diventate quanto mai frequenti e incal-

zanti.

Ma, se riprendiamo il ragionamento attorno alia minigonna,

e se vogliamo spiegare il perche del fenomeno, dovremo con-

statare subito alcuni fatti singolari. Intanto, c'e una grossa

differenza tra i due tipi di minigonna. Quella "antica", costi-

tuita da una sottanella cortissima e piuttosto larga che aveva

I' evidente intento di scoprire 10 scopribile, era procace e irn-

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pudica (0 almeno cosl appariva). Quella d'oggi e pili aderentee pili stretta, non solo, ma molto spesso e accompagnata da

calze lavorate e colorate che formano quasi un tutto unico

con la sottana, sicche l'aspetto e piuttosto quello di un pan-

talone molto elaborato, a strati sovrapposti, che quello di

"gambe nude" sotto una gonnella svolazzante. Non solo, rna,

se l'estetica dell'indumento e decisamente mutata, trasforma-ta risulta anche la sua componente etica: oggi, come dicevo,

questo indumento non ha in se nessuna "connotazione scan-

dalisrica", quale presentava il suo predecessore. C'e , insomma,un' oscillazione che investe tanto l'aspetto estetico che quello

etico. E la cosa non puo far specie.

Si pensi ad altri casi: quello, per esempio, del nude look.

Anche in questo caso, 1'aspetto scandalistico che accompagno

i primi tentativi ancora tirnidi di abolire il reggiseno e di

usare tess uti trasparenti fu certamente determinante. Ma det-

te il via, come c' era da aspettarsi, a esibizionismi non solo da

parte di adolescenti efebiche (e appetitose), ma di matrone

mature alquanto repellenti.

Le oscillazioni del gusto sono imprevedibili e costanti rna,

se nel caso dell'arredamento, del mobile, dell'oggetto d'uso,

seguono categorie stilistiche abbastanza coerenti e abbastanza

distanziate nel tempo, nel caso della moda so no molto pili

ravvicinate e molto meno coerenti. Ed e ovvio che sia cosl, Si

pensi ad altri casi che abbiamo sottomano: la scomparsa quasi

totale del colore, di un anna fa, e la ricomparsa di toilette

multicolori e addirittura variopinte negli ultimi tempi; per

non parlare del solito quesito riguardante il casual, da unlato, e le forme ultrastilizzate, anzi addirittura revivalistiche

recenri, con abbigliamenti "alla rinascirnentale", "alla gotica",

"alla giapponese", e via dicendo.

Non credo, in definitiva, che i corsi e ricorsi estetici (ed

etici) siano da considerare delittuosi, ne credo ci si debba

inalberare per quella che potrebbe sembrare un' operazione scar-

samente morale oggi, e che risultera invece per nulla imrnora-

le domani. L'uso del pili 0 me no "nude" nei costurni da

spiaggia ce 1'ha ampiamente dimostrato e non ho bisogno di

ricordare 1 0 scalpore'' causato ai tempi vittoriani dalla vista

d'una caviglia femminile che oggi lascerebbe del tutto indiffe-rente anche il pili puritano dei passanti.

70

Non esiste, dunque, un confine ne una barriera al "norma-

le senso del pudore", come non ne esistono al "normale senso

del ?ello". Eppure, ed e una constatazione che ogni volta

stuplsce e rende perplessi, il nostro gusto riguardo alle forme,

ai tessuri, ai colori d'un abiro, come quello riguardo alle ten-

denze pili 0 meno contrastanti dell'arte, e talmente mutevole

e vario da non permetterci quasi mai un ubi consistam e datrovarci sempre disposti ad accettare quello che ogni nuova

stagione tanto nella moda quanto nell'arte cosiddetta "pura" eportata a offrirci 0 a proporci.

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La moda dell'abiro turisrico

Ricordo ancora 1 0 shock che provai, alcuni decenni or sono,

vedendo un severo filosofo americano, d'una celebre universi-

ta della West Coast, trasformato all'improvviso in un frivolo

playboy, in occasione d'una sua venuta in Europa.Era il rito dell'''abito-da-viaggio-ai-tropici'', che si rivelava

ai miei occhi in quella lontana estate degli anni Cinquanta.

Da allora molte cose sono accadute nel mondo, belle e so-

prattutto brutte, rna almeno una, positiva, riguarda alcuni

esempi del nostro costume, inteso nel senso pili lato: la scom-

parsa dell' abito da viaggio 0 se vogliamo dell' abito per le

vacanze.Certo, anche oggi il rigido magistrato, il nota avvocato,

I'uomo politico pili 0 meno conservatore che non oserebbero

vestirsi senza cravatta nella loro citra e nel loro ufficio, so noproriti a farlo appena si trovano in villeggiatura. E, del pari,

la signora di mezza eta, che ormai ha dato l' addio agli abiti

sbarazzini e "osari", li recupera quando arriva l'estate con i

suoi fragili riti.

Ma l'estate ormai esiste, 0 puo esistere, tutto l'anno. Anda-

re in India, 0 anche pili modestamente in Egitto, e possibile

in qualsiasi stagione. Non solo, rna, per fortuna, anche se il

godimento turistico risulta spesso un supplizio autoimposto,

oggi coloro che si prendono le "ferie" (vocabclo che pili d'una

volta ho tentato di, combattere perche suona estremamente

kitsch e che sostituirei sempre con quello di vacanze) so no

divenuti una notevole maggioranza e quindi non hanno pili il

72

bisogno (e la vergogna) di risultare "diversi" rispetto alia massa

dei loro simili.

II che permette a ognuno e in ogni stagione di vestirsi "da

villeggiatura". Ma permette anche alia stessa moda istituzio-

nalizzata di proporre l'abito vacanziero come abito di tutti i

gi~rni ". Con un vantaggio notevole per chi 1 0 produce e per

chi Jo indossa e consuma. Non si da pili il caso, insomma,

della giacca di pelle, del giubbotto, dei calzoni di velluto,

delle tute sportive che ammuffiscono negli armadi in attesa di

essere risfoderati solranto in occasione delle vacanze estive.

Oggi, invece, questo genere di guardaroba, sia femminile che

maschile, e quasi sempre destinato alle pili svariate occasioni,

aile pili diversificate stagioni e anche ai pili contrastanti am-

bienti sociali: un' altra prova della scomparsa, 0 almeno del-

l' attenuazione, delle paratie stagne tra classi, ambienti, profes-

sioni, quali esistevano fino a pochi decenni or sono. Scomparsa

dunque la ragazza e il giovanotto, rna anche la vecchia cop-

pia, "travestiti da turisti", immediatamente riconoscibili e spessopateticamente sbeffeggiati (soprattutto quando all' estero ap-

parivano quali strani esseri extragalattici vestiti di leggere ca-

micette 0 magliette estive in mezzo alia popolazione ancora

indossante gli scuri e pesanti abiti invernali, noncurante del

solicello mediterraneo al quale e sin troppo abituara).

Oggi il turismo si fa (troppo spesso) in tutti iluoghi e non

soltanto in quelli "deputati": all'universita come in ufficio,

aile assemblee politiche come in fabbrica. Forse la turistiz-

zazione globale della nostra epoca ha finito per uccidere il

turismo autentico del secolo scorso, e per far scomparire per

sempre anche la relativa "rnoda delle vacanze".

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La moda del manichino di individui viventi (spesso rivestiti persino coi loro panni

smessi), da non essere assolutamente riconoscibili. (Come del

resto e accaduto anche a me, entrando un giorno in una

galleria di Colonia, quando mi rivolsi alla segretaria seduta

alla scrivania, senza rendermi conto che si trattava di una

pupattola di Hanson, e non d'una donna in carne e ossa).

Se questo vale per il manichino, che dire aHora di quel

connubio ancora pili diabolicamente intrigante e ambiguo che

e costituito dalla fotografia d'un manichino?

Foto di manichini nelle vetrine delle citra 0 sulle riviste di

moda non costituiscorio cerro qualcosa di inconsueto. Ne ab-

biamo avute sort' occhio a migliaia anche se Forse senza ren-

derci conto della vera natura di questa operazione, di questa

incredibile "rnimesi al quadrato" 0, per essere linguisticamen-

te pili esatti, di questa "doppia iconicita",

"Doppia iconicita", ossia imitazione perfetta di alcune ca-

ratteristiche umane e copia perfetta di questa imitazione, pure

con l' assoluta prerogativa di rim an e re diversa dal modello.Perche una delle qualita pili singolari che distinguono il rna-

nichino dalle altre copie dell'uorno - il sosia, il gemello, il

"doppio" (Doppelganger), quell'Io che talvolta appare agli oc-

chi allucinati di qualcuno con le proprie identiche sembianze,

come accadde, a quanto sembra allo stesso Goethe - e di

essere decisamente finto, inanimate, non partecipe dunque

dei sentirnenti e delle passioni umane, che, infatti, quasi mai

incrinano la fissita del suo volto. Nelle foto di manichini,

invece, questi riescono a svelare tutte le valenze che soltanto

la foto puo mettere in luce: a partire dal manichino nondistinguibile da un qualsiasi ritratto di persona vivente a quello

statuario nella sua fissa assurdita; dal manichino antico, rive-

stito di preziosi merletti in mezzo alle caute luminosita d'un

interno barocco, a quello fissato nella sua nudita artigianale

dentro la fabbrica che 1 0 produce in serie, quando l'identita

d' ogni singolo "individuo" e spenta in seguito alla sua molti-

plicazione. E, ancora, dal manichino fotografato nudo, rna gia

volto ad atteggiamenti umani, a quello vagamente erotizzato,

quando serve da supporto a indumenti intimi e assume la

segreta qualita adescatrice d'un corpo femminile appena velato.

Certo, l' ahilita del fotografo, la perfezione della tecnica,

della stamp a, possono aggiungere molto a quelle che sono [e

La fotografia, si sa, e un "segno iconico", ossia "quel segno

che ha il massimo di analogie con il suo reference", con cio

che vuol rappresentare, secondo una vecchia rna ancora utile

definizione semiologica. Una definizione, questa, che vale tantoper la fotografia quanto per un'altra "mistificazione del vero":

il manichino.

Certo: si danno fotografie astratte, surreali, sfumate, sola-

rizzate, fotografie volutamente "imprecise", dove l'artificio an-

nulla l' esattezza della ripresa, rna la caratteristica principe di

questa tecnica (e arte insierne) e la fedele, precisa, meticolosa

"res a del vero", la sua proprieta mimetica che infatti ha, per

un certo tempo, eclissato e messo in difficolta la stessa pittu-

ra, considerata, da sempre, "arte mirnetica" per eccellenza. Per

cui, dopo l'avvento della fotografia, nessuna necessita, ormai,per la pittura di riprodurre la realra "come se Fosse vera",

perche la fotografia era in grado di mimare molto pili perfet-

tamente il mondo esterno.

E il manichino? Questo facsimile, prima ligneo poi di ma-

teria plastica (0 magari dotato di movimenti come i celebri

automi bizantini e rinascimentali) si deve proprio considerar-

1 0 come un equivalente perfetto dell'uomo?

Quante favole e quanti racconti attorno .al manichino urna-

nizzato, dal burattino Pinocchio alla bambola meccanica Olirn-

pia inventata da E.T!A. Hoffmann, fino agli attuali sconcer-

tanti simulacri in materie plastiche, plasrnati e dipinti da

Duane Hanson, che sono una riproduzione talmente perfetta

74 75

 

+

Non bastano Ie "buone maniere"

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rna anche volutamente dissimili, dell'uomo. E, oltretutto, non

bisogna dimenticare come, accanto ai manichini che vogliono

essere il piu possibile identici alla figura umana, ci sono quel-

li che se ne differenziano ad arte, avendo ridotto i tratri

somatici a un mero schema 0 avendo addirittura abolito i

tratti del volto per dare maggior rilievo a quelli del corpo.

Tutti esemplari sui quali la fotografia puo esercitare ancora

meglio la sua virtu mimetica e contraffatrice, dando vita e

spessore a manichini schematici e quasi astratti 0 viceversa,

sottolineando la caratteristica fissita inanimata di quelli piu

naturalistici.

Ma c'e ancora un elemento che rimane misterioso e Forse

irrisolvibile per chi osservi questo genere di fotografie a pre-

scindere dalle stesse qualita artistiche dei manichini: perche

proviamo, di fronte a queste foto, una sensazione di lieve

Unheimlichkeit, di disagio, come davanti alla bam bola Olimpia

coricupira dallo studente Nathaniel nel famoso racconto diHoffmann, rivisitato da Freud, e per la quale appunto di

Unheimlichkeit si parlava? Perche ci sentiamo attratti, morbo-

samente attratti, da queste figure come da personaggi onirici

che potrebbero appartenerci, ma il cui amplesso non potreb-

be mai verificarsi? Forse, proprio perche, nella resa fotografica

d'una realta simulata, viene piu malignamente e ambigua-

mente confusa la nostra visione d'un mondo subumano e

insieme superumano: un mondo che e doppiamente fittizio,

rna che, appunto perche della realta costituisce una duplice

finzione, ci attrae come possono solo farlo le entita fanta-

smatiche dei nostri sogni 0 delle nostre allucinazioni.

"

76

E difficile giudicare fino ache punto sia lodevole 0 ripro-

vevole, giusto 0 ingiusto, adottare 0 evitare certe usanze, solo

perche "di moda". Mi riferisco in particolare a modi di essere

e di comportarsi che spesso si indicano come "buone man ie-"e .

Dunque: non appoggiare i gomiti sulla tavola, non metter-

si Ie dita nel naso, non ruttare ... Tutte queste pseudonorme

sono state ampiamente discusse e analizzate. Quanti libri so no

stati compilati per spiegare il perche di tante usanze parados-

sali che alrri popoli seguono senza che cio costituisca una

colpa 0 un'intemperanza: popoli, per esempio, dove ruttare esegno di approvazione per la borita del cibo, 0 dove mangiare

con le mani (come alIa Corte Marocchina) non e riprovevoleo dove darsi il braccio tra uomini non significa essere gay; 0

passare dalla porta prima della donna (Giappone) non e disdi-cevole; 0 dove non tenere una certa distanza del prossimo

(Arabi) e ammissibile.

Non staro certo a fare qui un riassunto accelerato di pros-

semica, la disciplina che studia appunto la "distanza" che

l'uomo tierie rispetto al prossimo a seconda delle rispettive

provenienze; tuttavia, mi chiedo fino ache punto il fatto di

infrangere certi tabu sociologici e antropologici non sia ormai

quasi inevitabile. Certo: senza un minimo di "riguardo per il

prossimo" la vita comunitaria diventa poco piacevole, per cui

la spiegazione migliore del perche sia opportuno seguire certeregole del "savoir vivre" e proprio per permetterci un rappor-

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to pi.li armonico col prossimo e per proteggere la nostra auto- da non pili il singolo individuo, rna l'intera cornunita d'un

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norma.Ma anche a questo proposito le cose non sono poi tanto

semplici. Se l'abbraccio (accolade) con pacche sulle spalle eaccettabile nell' America latina, 10 e rnerio da noi; per non

parlare del bacio sulla bocca (tra uomini come segno di "leci-

ta" amicizia) frequente nei paesi slavi e che a noi appare poco

digeribile. Ma, del resto, l' attuale moda di uno sbaciucchia-mento salottiero non e Forse del tutto futile? Come 10 e delpari quello familiare, salvo che nelle solenni circostanze. In-

somma: per giungere ad analizzare i finti 0 veri sorrisi, fino a

che punto l'atteggiamento di cordialita e simpatia potra esse-

re considerato genuino? Fino ache punto e giusto accettare

come vere delle false manifestazioni di arnabilita?

Riconosco di essere spesso vittirna delle apparenze, eppure

quando mi capita di entrare in un negozio, fermare qualcuno

per strada, chiedere un'informazione, e vedere che queste per-

sone mi rispondono sorridendo, con partecipazione (alrnenoapparente) non posso fare a meno di sentirmene "gratificato".

Vuol dire che non tutta l'urnanita e malvagia, che un rappor-

to con il prossimo e ancora possibile. Ma a questo punto un

altro quesito s'impone.

Molti, tra coloro che, magari fortuitamente, incontriamo

non si rendono evidentemente conto d'un fatto: di essere

decisamente sirnpatici 0 viceversa antipatici al prossimo. Che

intendo dire? Che alcuni individui hanno senza ness un meri-

to, quasi per grazia ricevuta, la caratteristica di riuscire sempre

simpatici; senza un loro particolare impegno, senza bisogno di

sfoderare sorrisi propiziatori. Mentre, per contro, c' e chi e 0

risulra quasi sempre antipatico. Esistono insomma, intere ca-

tegorie di "persorie generalmente antipatiche". E queste per-

sone, mi chiedo, saranno poi a loro volta simpatiche soltanto

ad altrettante persone antipatiche? La reciprocita, in queste

occasioni, di solito e frequente. Ma il problema non e cost

semplice come potrebbe sembrare.

Aile volte dietro a un sorriso amichevole si vela l'ipocrisia:

dietro alia dispettosa burbanza, alia cupe'zza, puo esserci mol-

ta pili cornprensiorie, sincerita, compassione, di quanto a pri-. .~

rna VIsta non appala.Un' altra constatazione, Forse pili grave e discutibile, riguar-

78

popolo, d'una nazione. E sin troppo facile affermare: i fran-

cesi sono tutti antipatici perche pieni di sujJisance, di spocchia,

i tedeschi sono grossolani, invadenti, pedanti; i giapponesi sono

melliflui, insinceri, cerimoniosi, eccetera. E gli i taliani, allora?

Anche se un giudizio sui propri connazionali e pili azzardato,d~vo. pe;,o. confessare di aver notato come quella "gentilezza

d ammo mnata, che un tempo caratterizzava gli abiranti del-

la penisola, e venuta man mana dileguandosi, almeno in gran

parte. Un tempo, a ogni ritorno in patria dall' estero, rimane-

vo incantato dalla cortesia, simpatia, sporiraneita dei miei con-

nazionali. Oggi non e pili cosl; 0 non e sempre cosl.

A che sara allora da attribuire questa assenza di cordialita

di tanti nostri conterranei? Forse al fatto che molti di 10fO

so no divenuti antipatici soltanto a me? 0 sara, invece, che,

sono io a risultare antiparico a 10fO, per la ben nota regola

della reciprocira?

79

 

La moda del nomadismo e dei ciberpunk quindi certe particolarita del gusto, dell'affertivita, del costu-

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Si e discusso molto, di recente, nelle pili svariate occasioni,

di nomadismo: dun que di sradicamento dal proprio suolo

natio, dal proprio habitat, dalla propria etnia (ammesso che

si dia), per una fuga senza sosta fuori dai confini "angusti"della patria, della lingua, del costume. C'e persino chi ha

parlato di "artisti nomadi", non pili legati ai modi e alle

mode del loro ambiente, che cercano un contatto con i colle-

ghi di paesi lontani, che fanno proprie le tendenze altrui.

Tutto cia ha, ovviamente, molto di vero e anche di posiri-

vo e, oltretutto, non e dovuto soltanto all'attuale facilita di

viaggiare, di spostarsi, di comunicare. Non basta, cioe, che

una coppia di giovani sposi d'un villaggio abruzzese vada in

viaggio di nO,zze alle Maldive 0 in Indonesia, per parlare di

nomadismo. E necessario sviluppare una mentalita diversa da

quella ottocentesca, che sia libera da convenzioni familiari,

religiose, etniche, pelitiche, e per la quale "tutto il mondo epaese".

Ma se questo relativamente nuovo modo di essere dell'uomo

d' oggi puo rappresentare un fattore positivo, puo affrancare

l'individuo da molte pastoie che in passato 10 legavano al

villaggio, alla nazi one, al continente natio, d'altro canto non

si puo non rilevarne l'aspetto parzialmente negativo: tutto

l'humus che costituiva e cosrituisce il soli'do piedistallo della

propria persorialita, lfn humus nel quale si radicano i ricordi

propri e dei progenitori, una "memoria genetica", se vogliamocost definirla in senso non solo fisico rna "meta" fisico, e

80

me, rischia di scomparire. II nomade, il trapiantato, e I'uomoche non parlera mai la lingua d'un altro paese come gli abi-

tanti dello stesso, come i natives; che non si abituera mai a

certe peculiarita del mangiare, del dormire (penso alla tortura

del "piumino" nei paesi nordici), dell'''aver commercio" pros-

semicamente col prossimo come nel mondo arabo. II nomade,

insomma, dopo il primo entusiasmo per la novita dell'arnbien-te, finira per essere vitrima della saudade portoghese, 0 della

Sehnsucht tedesca: quelle nostalgie che, cosa strana, sono indi-

cate con parole appropriate pili da altri popoli che dal nostro,

Forse per uno scarso sentimentalismo dell'italiano medio.

Comunque, anche la "norrnale" nostalgia, "I'algia del nostos",

del ritorno odisseico, perseguirera il nomade: quello fittizio e

solo estemporaneo, rna anche quello auteritico, quello che

avra fatto del nomadismo la sua scelta definitiva. Nella vee-

chiaia, poi, dopo le scorribande galattiche per tutto il piane-

ta, il decrepito nomade, nell' ennesimo paese straniero che 10ospitera, sempre pero in veste di alien, biascichera, moribon-

do, le ultime parole della sua parlata infantile che probabil-

mente nessuno sara in grado di comprendere.

Del resto, anche uno studio attento del nomadismo (come

quello svolto in un libretto di Arianna Dagnino del 1997)

che traccia con entusiasmo le varie tappe del nuovo nomade e

ne esalta le conquiste, non e in grado di persuadermi circa

l'aspetto davvero positive del fenomeno, anche se e divertentee gustosa l'elencazione compiuta dall'autrice delle "nuove pro-

fessioni" prevedibili secondo gli sviluppi d'una "moda digi-

talizzata" e globalizzante, tra le quali posso ricordare quelli

del "biourbanista", "neoetnologo", "precettore a domicilio",

"agronomo galattico", "analista sirnbolico", e via dicendo.

Ho sempre guardato con estrema curiosita ogni nuova con-

quista, non solo tecnologica, rna linguistica e sociologica; dalla

cibernetica alla semiotica, dalla teoria dell' informazione a quell a

del caos, eppure, di fronte agli inni levati negli ultimi tempi

alla nuova civilra nomadica, ho sempre conservato la convin-

zione che gli stessi fossero carenti d'una vera consapevolezza

circa quella che e, 0 dovrebbe essere, l'autentica natura del-

l'uomo. Qualcosa di analogo, d'altronde, dovrebbe val ere an-che per I'imperversare e il proliferare delle sette giovanili e

81

 

delle pseudoreligioni, gia da tempo una prerogativa degli Usa. col padrone bianco) ecco la moda del rock pill sfrenato rna

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Oggi, poi, sette e conventicole pill 0 meno mistiche 0 satani-

che sono divenute uri' autentica moda, di cui so no esempio

I'avvento di ban de giovanili come i ciberpunk 0 gli hate groups,

i "gruppi dell'odio" (col loro capo spirituale Richard Butler).

Sicche, tanto Ie sette apparentemente "cristiane" (come i South

Baptists con quindici milioni di aderenti) quanto quelle pill

fanatiche come appunto i gruppi dell'odio, coinvolgono, an-ziche migliorare, quello che gia in passato era il parrocchialismo

americano a base di Sunday School e di innumerevoli sottosette

protestanti tra di loro gareggianti, dagli snob episcopalians ai

modesti battisti.

E, del pari, e vero che la morte imbellettata oggi e meno

eccezionale anche al di qua dell'Atiantico, rna c'e un altro

genere di morte, oltre a quella borghesemente camuffata, ed ela morte violenta causata dagli infiniti omicidi, dalle tensioni

razziali, al punto che alcune bande giovanili hanno scoperto

ilperverso piacere di torturare Ie loro vittirne sottoponendolea rituali di umiliazione. Tuttavia, I'aspetto pill pericoloso del-

la cosrituzione di' queste bande, arm ate 0 meno, mi sembra

proprio illoro tribalismo (che gia comincia a serpeggiare presso

i giovani europei, anche se in forma meno eccessiva) e che

negli Usa significa: sedute di rave con relative droghe, e tutto

il corteo imperante, che non sembra, peraltro, indicare una

effettiva partecipazione precoce al mondo degli adulti, rna

solo un rinserrarsi dentro Ie maglie, anzi la corazza, della

tribu per acquistare quella forza d'urto che il giovane solitario

sa di non possedere.

Quanto all' enorme espandersi degli hacker (il programma-tore elettronico ultrafanatico), se questo e un indizio dell'im-

portanza acquisita dal generalizzarsi dei mezzi elettronici, di

internet, delle realta virtuali, e anche vero che la stessa sma-

nia pseudoscientifica ha portato alia creazione dei rnalefici

virus informatici e allo svilupparsi d'una mental ira che vede,

come possibile meta "trascendente", da un lato i falsi richiami

di misticismi e occultismi tipo new age, dall'altra quelli, al-

trettanto illusori, d' una "smaterializzaziorre" dovuta alla vir-

tualita computerizzata.

E, per quanto poi 'figuarda il vecchio glorioso jazz: finito ilricordo dei blues cantati dallo "schiavo negro" (cost affettuoso

82

anche pill monotono, monocorde, monoritmico, utile pill che

altro come basso continuo per I' assunzione delle consuete dro-

ghe e I'annichilimento a base di luci psichedeliche 0 di fracas-

so assordan teo

83

 

Conformismo e moda giovaniletautori, telepresentatori, show-men gia dimenticati e sfioriti.

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L'ultima decade del millennio sara Forse ricordata come

quella del look, delle griffe e delle mode, quella delle erichet-

te trionfan ti prossime ad appassire.

Nomi di personaggi celebri un tempo come Chanel, Cour-

reges, Mary Quant, Dior, sembrano quelli di spettri che s'ag-

girino tra le pagine ingiallite d'una storia del costume, e Ii

seguono da presso altri nomi nostrani: Ie sorelle Fontana, Jole

Veneziani, Pucci, e chi non ricorda Germana Marucelli?

Ma mentre sarte geniali, proprio come Germana Marucelli,

erano note a esigue e sofisticate clientele, per cui aile loro

sfilate era possibile incontrare poeti e pitrori, come un Lucio

Fontana 0 un Giuseppe Ungaretti 0 alrri intellettuali, oggi, a

imporsi sono nomi che persino le masse conoscono, non solo

perche i mass media che Ii diffondono sono pili potenti, rna

perche la loro influenza suI costume, suI modo di essere e dicornportarsi, si e moltiplicata e perfezionata.

Non ho certo bisogno di riproporre casi come quelli ormai

storici di Armani, di Valentino, di Krizia, di Versace, rna

persino un sarto anomalo come Roberto Cappucci ha avuto,

con una sua mostra, un rilievo eccezionale, mentre come e

nota I'architetto-stilista Ferre ha riscosso plausi in una Parigi

che faticosamente, attraverso 1 0 sfoggio di grandeur, tenta di

riconquistare la palma smarrita della moda.

Non sono, pero, s,oltanto pochi ormai celebri nomi a creare

un' atmosfera peculiar'e rispetto al passato, perche questi nomipotrebbero anche risultare caduchi come quelli di tanti can-

84

II fat to che, a mio avviso, differenzia I'ultimo decennio del

secolo da quelli precedenti, e un altro: e il nostro succubato

aile mode, ai manierismi del costume, alia dipendenza nefasta

da un credo edonistico collettivo che si riflette sull'importanza

dedicata al look: alia propria apparenza corporea e vestirnen-

taria, piuttosto che alia sostanza della propria personalita e

all' effettivo valore della propria intelligenza e cultura.

La smania di indossare a suo tempo Ie Timberland 0 le

Clark, i Moncler 0 qualche altro indumento "cifrato" che

appaia all'orizzonte giovanile, non e analoga a quella d'un

tempo, rna e qualcosa di coat to e di "cornpulsivo", Si tratta,

cioe, d'una vera e propria compulsion neurosis d'una nevrosi

coatta che spinge irrimediabilmente l'adolescente (maschio 0

femmina) a schierarsi dalla parte della tribu che freq uenta, di

adattarsi e mimetizzarsi col clan, a forza di etichette, di scrit-

te sulle T-shirt, di sfilacciature su jeans che testimoniano del-

Ia sua appartenenza di diritto a un determinato schieramentogiovanile, spesso rna non n~~essariamer~t~ tepp.istico.

Questo schieramento acrrtrco e coerciuvo splega purtroppo

non solo I'adesione a una determinata moda vestimentaria,

rna anche quella a una moda ben pili assurda, quella del

piercing, pili brutale e balorda, a base di anel.lini nelle _orec-

chie, rna persino nella lingua, nelle lab bra, ner capezzol i, de-

rivata da una moda che affonda Ie sue radici nel masochismo

pili grossolano e dove uno pseudotribal~smo "afric.ano" dive.n-

ta convenzione antiestetica. E non rru sembra irnprobabile

che allo stesso genere di moda del costume possa appartenere

in buona parte anche la infausta "rncda" delle droghe pesanti.

Basterebbe, infatti, osservare come si sia giunti facilmente alia

quasi scomparsa d'una moda del fumo, .?on solo per _Ia p aura

del cancro, rna perche non era orrnar plu usanza decisarnenre

"in". E chi non si e reso conto che l'uso dei superalcolici -

anche se ancora ben radicato in molti adulti e anziani - e

meno seguito dai giovani, proprio perche e pili "di moda" la

Coca-Cola 0 la birra?

Ecco, dunque, come la dipendenza quasi totale dalla moda

diventa ogni giorno pili evidente: e solo in apparenza che, da

parte dei pili giovani non e curata l'''apparenza'': al contrario,la cura prestata al proprio vestiario, per quanto casual possa

85

 

sembrare, e molto superiore a quella d'un tempo: come e Creativita underground e tribalismo sociale

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indubbiamente pili accentuata la tendenza a piegarsi a deter-

minate usanze che potranno essere il walkman, il personal

computer 0 il videoregistratore .

. Gia da queste minime e scarne esemplificazioni dobbiamo

fl.cavar~e che la dipende~za della grande maggioranza della

glOvent.u da quello che SI usa, da quello che risulta "in", edeter~11lnante. al punto da mettere in sottordine gli antichi e

orrnar desueti concetti di "buono" e "cattivo", di "bello" e di"brutto".

Anche il brutto, del resto, 1 0 dico da un pezzo, puo esseredi moda. "Kitsch docet!",

. ,

86

Quello che puo Forse costituire un contraltare aile mode

tribali or ora rammentate potrebbe essere la presenza in Ligu-

ria di pili di trecento piccoli gruppi underground impegnati

in attivita creative che vanno dal jazz alIa canzonetta, dallapoesia alIa performance, dalla manipolazione di oggetti trova-

ti al recupero di rumori metropolitani: insomma a creazioni

spontanee lontane da ogni accademismo e anche da ogni rna-

nipolazione mercantile (almerio per il mornento).

II fenomeno non e soltanto ligure, rna in questa regione

cosl chiusa aile vicende esterne, cost gelosa d'un suo "super-

bo" isolamento (forse per nostalgia degli antichi fasti marinari)

il fenomeno appare pili spiccato che altrove. Uno studio ad

opera di Massimo Caccialanza, Massimiliano Oi Massa e

della sociologa Maria Teresa Torti (1994)1 0

analizza tantodal punto di vista sociologico che da quello estetico, scorgen-

do nello stesso l'indizio d'una rinascita dello spettacolo e del-

la musica popolare, rna anche d'una coscienza comunitaria

benefica.

PUO darsi, effettivamente, che proprio da queste manifesta-

zioni, ancora criptiche e quasi clandestine, nascano futuri capo-

lavori e che alcuni di questi giovani - dotati di buona prepa-

razione tecnica oltre che di talento - possano diventare i

futuri maestri d'una rinnovata "rnusica del nostro tempo". E

soprattutto, ed e quello che Forse pili conta, che molti di

questi gruppi, oltre all'evidente carattere tribale, sviluppinoanche un'autentica volonta comunicativa interpersonale.

87

 

La mia perplessira, tuttavia, per quanto riguarda una pos- nalismo, un assemblaggio di liriche genovesi su ritmi reggae:

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sibile evoluzione "colta" (high-brow) di questa arte popolare

(low-brow), rimane intatta. In altre parole, se e vero che la

musica dotta puo attingere, come ha sempre fatto, a quella

popolare (anche Berio si e servito di rnotivi sussunti dai Beatles,

come Bartok da quelli del folklore rumeno, 0 addirittura Bach

da certe melodie regionali: si veda L'Imitazione della cornetta

del PostigLione nel Capriccio Abreise), 1 0 spartiacque tra musicaelitaria ( Donatoni, Stockhausen, Boulez, Maderna, eccetera)

e musica pop 0 rock e abissale; anche in quei casi dove gli

autori di area rock hanno cercato di valersi di atonalismi

presi a prestito alia musica colta dei nostri giorni.

Ma il mio discorso non intende fermarsi al territorio musi-

cale. Sarebbe tt·oppo facile bollare d'infamia qualche innocua

canzonetta alia Lucio Battisti 0 alla De Andre solo perche

ricade nell' ormai intollerabile senorita in "tonica e dominan-

te", No, il vero cuore del problema e un altro: fino ache

punto questi gruppi giovanili, cost gelosi della loro auto no-mia (rispetto al mondo dei "grandi", dei borghesi e anche

dell'intelligencija ufficiale) sono da considerarsi un fatto posi-

tivo? Fino ache punto questo mid-cult (alla Dwight Macdo-

nald) puo prevalere esteticamente sull'altra cultura? La rispo-

sta, credo, si debba lasciare a un prossimo futuro.

Ritengo, senz'altro, che sia giusto, da parte di buona parte

della gioventli odierna, di volersi liberare dal prepotere del

passato, considerando la musica, pili 0 meno rock, come una

rivolta contro I'eccessivo rispetto per la "musica classica" (che,

in realta, e quasi sempre quella "romantica"). Ma credo anche

che per una giusta evoluzione dell' arte nel futuro sia indi-

spensabile la profonda conoscenza delle autentiche correnti

artistiche del tempo presente e di quello passato.

Un altro versante del fenomeno ligure, tuttavia, riguarda

pili da presso non tanto il valore artistico, quanto quello

socioantropologico di questi raggruppamenti.

Nel volume sono elencati moltissimi di questi gruppi under-

ground e ne cito solo gli esempi pili pittoreschi dal punto di

vista "Iinguistico". Ecco, per esempio, i Ragnl Perplessi, i Raptus,

iWhore's Sons, i Caduca Massi, Ie Voci Atroci, la Cool Reggae

Band, i Sensascou P~sse, i Belinche Posse: come si puo giaintuire da questo elenco un miscuglio di americanismo e regio-

88

I'inno Ma se ghe pensu dell'immigrato genovese in Argentina,

rovesciato a favore degli attuali immigrati africani. Tutto un

campionario di sigle e appellativi che stanno a indicare la

tendenza verso quel tribalismo, diffuso ormai in rnoltissimi

paesi non solo americani, che finisce per ricondurre a uno

stadio preindividualistico la mentalita giovanile. Mentre, dal-

tro canto, secondo gli auto ri, "rifiutando gli schemi organiz-zativi classici i gruppi reggae sono diventati protagonisti pro-

prio in una citra come Genova, storicamente criptica e chiusa

al dialogo, di una nuova solidarieta interna, di un modo nuo-

vo di abbattere la barriera palco-arrista-spertatore", E infatti

(rifacendosi anche agli studi d'un Maffesoli 0 di un Baudrillard)

gli autori affermano: "Fra tribalita e sociera ipertecnologica

ancora una volta emerge la contraddizione del tentativo di

svolgere una critica feroce verso la 'societa industriale' tecrio-

logica, spersonalizzata, caotica ... ".

Purtroppo ritengo che proprio qui, nella rice rca dell' arnbi-guo sostegno che il gruppo cerca e trova nella "tribu", s'anni-

di uno dei pericoli di queste tendenze: nella volonta di sorto-

mettersi a una valenza comunitaria e non individuale, a una

atrivita e reattivira spersonalizzata, che puo giungere ad an-

nientare la vigile coscienza del singolo e a soffocarne persino

le pili private e autonome qualita espressive.

89

 

Moda e CInema pensare a quelle che furono Ie "mode" alla Marlene Dietrich,

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Fino ache punto l'immagine della diva cinematografica ha

influenzato e continua a influenzare la moda? 0, piuttosto,

fino ache punto il tipo di moda e di stile, proprio d'una

diva, viene irnitato, scopiazzato, emulato dalle donne - ragaz-ze adolescenti, anziane e decrepite - in cerca di un'identita

che non possiedono e che aspirano a possedere? Senza accor-

gersi che la loro identira e gia presente nel loro normale

aspetto, nel loro modo di essere, di comportarsi, di abbigliarsi,

tanto pili se questo avviene fuori dagli schemi che 10 schermo

cinematografico 0 televisivo offre e spesso impone.

Non e difficile riandare con la mente agli esempi di quan-

to sto affermando: si pensi, per fare un facile esempio, a

come dilago 10 stile di una Brigitte Helm (per risalire agli

anni tra le due guerre) in certe acconciature dell' epoca. E,

potrei aggiungere, sempre in tema d' a cconciature, come sia

ancora vivo il ricordo di un'attrice come Louise Brooks in

quello stile divenuto oggi una prerogativa degli intelligenti e

inconfondibili Vergottini. Mentre, come tutti sanno, fu alla

stessa attrice che si rifece Guido Crepax nel fissare certe ca-

ratteristiche di Valentina, l'eroina dei suoi fumetti.

Innumerevoli, poi, i casi in cui donnette e ragazzotte

provinciali ebbero a far proprie, con sconsolanti risultati, le

chiome platinate di Lilian Harvey, Ie blouses echancrees della

Harlow. '1

Che il divismo della celluloide, pili di quello del teatro,

stinga sulla moda di legioni femminili, e cosa nota. Basti

90

alla Marilyn Monroe, alla Brigitte Bardot, e via dicendo.

Oggi che l'eleganza elitaria si e annacquata attraverso il

bagno nel casual, oggi che i film sofisticati ci presentano

giovani intellettuali non altrirnenti paludate da quelle che

incontriamo per la strada (si veda la Melanie Mayron di Girl-friend, con la sua "attrezzatura da fotografia"), il fascino delle

"maliarde" e molto decaduto. Non credo che una giovinetta

d' oggi copierebbe una rediviva Greta Garbo, e neppure una

Rita Hayworth con Ie sue invadenti procacita,

E un segno di maggiore maturita (intellettuale)? Solo in

apparenza. Scimmiottare la salopette stinta 0 i jeans informi

d'una Jane Fonda 0 I'approssimativo maglione di Mariangela

Melato in Caro Michele costituisce un succubato psicologico

analogo a quello che fu il cercar di procurarsi volpi argentate

alla Barbara Stanwyck, 0 calzamaglie invereconde (per quei

tempi) della grande Gilda.

Se diamo un' occhiata ad alcuni esempi tipici di moda pre-sentati dalle attrici del cinema negli ultirni decenni non fare-

mo Fatica ad accorgerci che alcuni di questi paradigmi modali

sono filtrati e sfociati nell'uso comune a ogni livello. Cost,per esempio, l'abito da casa, elegante rna modesto, con vasta

gonna arricciata nera e camicetta di raso bianco, sfoggiato da

Doris Day, che abbiamo ritrovato in chissa quante "padrorie

di casa" degli anni Sessanta. Cos) ancora, la toilette da sera

intessuta di lustrini e strass, con ampio scialle a stela, di

Ingrid Bergman, che potrebbe essere stato indossato da qual-

siasi signora-bene con ampi mezzi economici. Mentre una

mise consistente in semplice camicetta maschile e jeans tutto

fare, quali indossa la "eroica" Jane Fonda, avrebbe fatto linvi-

dia d' ogni ragazza impegnata e sinistrorsa (rna consapevole

del suo attrait fisico!) del periodo postsessantottesco. Gli esern-

pi, naturalmente, sono moltiplicahili a volorita.

La deliziosa Diane Keaton di Manhattan, con la sua carni-

cetta scozzese e la giacca loose di velluto non e rnerio "irnitabile"della Barbra Streisand, con il suo procace e spiritoso desbabille

carnevalesco, rna guai se le eventuali imitatrici non possiedo-

no l'intelligenza (e naturalmente i requisiti fisici) delle due

protagoniste.

Quello piuttosto che mi chiedo a questo proposito e fino a

91

 

che punto [e donne dell' epoca corrispondente a ognuno di

questi esernpi abbiano scimmiottato questi modelli e fino a

Moda e persorialita

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che punto invece sia stato il cinema stesso a far suoi esempi e

modelli gia in corso, gia collaudati.

La risposta non e tanto facile. Certo un film che ritragga

la vita di tutti i giorni, un film pili 0 meno realista (tipo

Roma citta aperta), cerchera di adottare sullo schermo quel-

I'abbigliamento tipico che si puo rinvenire in una determina-ta situazione sociale (si veda la Bose di Non c'(:pace tra gliulivi 0 la Loren di alcuni film a sfondo popolaresco e parte-

nopeo). Ma nel caso di pellicole sfarzose, ambientate in locali

magniloquenti, come fu il caso per molti film dell"'epoca del

jazz" e dei "teleforii bianchi", e abbastanza probabile che la

moda si sia sbizzarrita nel creare ad hoc un modello di abbi-

gliamento che sarebbe divenuto in seguito I' esca di molte

grandi e medie case di confezioni e di migliaia di donne,

convinte d'avere qualcosa che le accomunava con le Marilyn,

le Rite, [e Barbare del momento.Sono questi i casi in cui possiamo affermare senza esitazio-

ne che I' attrice con il suo abbigliamento, i suoi gioielli, i suoi

atteggiamenti, ha costituito un fattore mirico di prim' ordine

nel campo della moda e ha fatto innumerevoli vittime d'un

ideale irraggiungibile e adescatore.

Eppure, una flessione dell'immagine rnitica femminile sug-

gerita dal cinema risulta oggi evidente. Ed e Forse dovuta, in

parte, al moltiplicarsi di trasmissioni filmiche risalenti alle

pili svariate stagioni di quest'arre, rivisitate quotidianamente

sul piccolo schermo, nelle cineteche, nei festival. Come fare a

orientarsi tra le mode che le diverse rassegne di film coriti-

nuano a offrirci, e quella presentata dagli attuali film come

quelli smaliziati d'un Woody Allen 0 impegnati d'un Godard

o d'un Antonioni? Quale moda considerare up to date, quan-do la moda in un film di oggi e gia ampiamente superata da

quella in atto? Ecco perche ritengo che il fascino dell' abbi-

gliamento e dello stile della diva di ieri (della grande diva

dell' eta aurea del film hollywoodiano) ~ia ormai un po' atte-

nuato, se non del tutto naufragato. Con tutto vantaggio per

l'autonomia e la Fpliedricita della moda e della donna dei

nostri giorni.

92

Mi so no trovato, qualche tempo fa, di passaggio in una

capitale nordica, provvisto soltanto dell'abito sportivo che in-

dossavo, quando una sera venni invitato da un nota collezio-

nista che offriva una solenne "ceria seduta", Che fare? Un

tempo si affittavano i frac e gli smoking. Oggi, per fortuna,

se ne puo fare senza. Ma almeno un blazer blu, sia pure con

bottoncini arrugginiti e gomiti un po' lustri, e di prammatica.

Per fortuna un amico riusci a camuffarmi alla bell' e meglio,

evitandorni il disdoro di essere l'unico commensale non in

regola con l' etichetta. Ma allora, esistono ancora, han no di-

ritto d' esistere, quelle norme pili 0 meno tacite che regolano

ilnostro modo di comportarci in pubblico, quelle relations inpublic COS! acutamente chiarite da Erving Goffmann? Si di-

rebbe di S!, constatando quanto spesso un modesto elemento

di vestiario possa risultare decisivo in un rapporto inrerper-sonale e persino nell' ambito di una situazione sociale 0 poli-

tica delle pili delicate.

Fino ache punto, allora, e lecito considerare l'abbiglia-

rnenro, nelle sue innumerevoli metamorfosi, come un segno

della persorialita umana? E fino ache punto e possibile edu-

care, rnodificare, estrinsecare questa personalita attraverso un

fattore COS! epidermico e COS! labile come l' abito e tutto il

corteo di oggetti e ammennicoli che concorrono a conferire

uno "status" all' individuo?

Mi riferisco, qui, all'uomo piuttosto che alla donna, per-che sappiamo (0 crediamo di sapere) tutto SUI rapporti tra

93

 

quest'ultirna e la moda. Oggi, soprattutto, quando la moda

nel nostro paese si e trasformata in vessillifera non solo della

•La moda del padre bambinaio

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nostra fantasia, rna della nostra abilita commerciale e industria-

Ie. Non mi sembra invece che sino a ora si sia dato un adegua-

to rilievo alla presenza di un fenomeno analogo per quanto si

riferisce al sesso forte (0, meglio, ex forte). Perche "ex forte"?

Perche - tra lotte femministe, rivendicazioni gayste, travestitismi

autentici 0 fasulli - sembra indubbio che l'uomo-maschio, ricer-tacolo di muscoli e nervi d'acciaio, l'uomo sanguigno iperdotato

ginnicamente e sessualmente, sia alquanto in declino. Lo stes-

so maschismo (0 il suo equivalente italico: gallismo) non fa

pili notizia; 0 la fa soltanto se accompagnato da un diverso

corteo di attribuzioni caratteriali e comportamentali.

Non e da sottovalutare il fatto, dunque, se proprio negli

ultimi anni abbiamo assisrito al presentarsi di certa stamp a

dedicata, in maniera specifica, alla moda maschile.

Non e mia intenzione di soffermarmi qui sul valore e l'irn-

portanza di tali pubblicazioni, ne di sollevare un' ovvia riserva

sullo scarso interesse di buona parte di esse. Credo, pero, di

poter affermare che la sottolineatura che, in questo periodo,

viene fatta dei problemi riguardanti il comportamento umana

in relazione al suo abbigliamento costituisca uno dei fenome-

ni non di minor peso nell' odierno panorama sociale. In altre

parole: ripudiare come inutili, frivole, superficiali, tutte iridi-

scriminatamente, le pubblicazioni dedicate alla moda, equi-

varrebbe a non rendersi conto d'una loro funzione tutt' altro

che secondaria, anche se e doveroso mettere il dito sulle "pia-

ghe culturali" di molte di esse.

Una cosa e certa: l'interesse per l'alfabetario modale, fern-minile 0 maschile che sia, sembra essere l'indizio di una presa

di coscienza, da parte dell'uorno, del significato profondo,

anche se spesso inconscio, del suo atteggiamento nei riguardi

del proprio corpo e di quanto 10 riveste. Ed e auspicabile che

il divenire cosciente da parte dell'uorno (e della donna) del

perche di tale significato, possa portare domani a evitare i

subdoli influssi di certi simboli vestimentali e a saper sceglie-

re con chiarezza e autocoscienza l'''immaglne'' che meglio cor-

risponde alla propria persorialita. Immagine che, come ben

sappiamo, e costituita dalla confluenza di fattori naturali, am-bien tali e anche, non 10 si puo negare, arrificiali,

94

Un fenomeno abbastanza tlplCO degli ultimi tempi e il

particolare interessamento e la disponibilita dei padri nell' at-

tendere ai loro neonati. Cos a un tempo molto meno frequen-

te, non solo per la presenza di balie e bambinaie, ma perche

sarebbe sembrato poco virile che un signore con baffi e bar-

ba, colletto inamidato e bastone, si prodigasse in vezzeggia-

menti all'infanzia e addirittura nel cambiarne i pannolini spor-

chi. E, invece, anche sulle nostre spiagge estive, possiamo

coristarare, a prescindere da ragazzi e ragazze, da qualche rna-

turo gaudente 0 da qualche cellulitica dama in topless, come,

nelle poche famigliole tradizionali sopravissute, siano soprat-

tutto i padri a occuparsi amorevolmente degli infanti.

Quanto sopra, sia ben chiaro; senza ness un maligno so-

spetto di pedofilia. Anzi, ancora una volta, dovrebbe essere

risaputo quanto sia irnporrante, psicofisicamente, il contattodi questi fragili esserini con il corpo dei genitori, non solo

nello stadio di allattamento, rna anche in seguito per ragioni

pili volte analizzate da pedagoghi e psichiatri. (1 0 stesso po-

trei testimoniare, ormai fornito del dovuto bagaglio psicanali-

tico, di come la scarsita di simili contatti in una famiglia

dove baci e abbracci erano quasi banditi sia stata Forse dan-

nos a per i miei successivi rapporti con il prossimo). Per cui

ben vengano [e cure materne affidate ai padri, senza bisogno

di malignare per tali innocenti amplessi.

E, d' altronde, ricordo d' aver letto recentemente un delizio-so racconto brasiliano, If quaderno rosa di Lori Lamby, di

95

 

Hilda Hirst, tutto imperniato sulla presunta confessione d'una

bambina di sette-otto anni. La quale, con comica enfasi, rae-

Andy Warhol e la moda

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conta il suo entusiasmo in seguito a cerci "giochi" pili 0

meno peccaminosi ai quali uno zio sporcaccione la incorag-

gia. Una maniera pili satirica che pornografica di considerare

questa delicata materia.

Eppure, per giustificare davvero cerci atteggiamenti di adulti

verso fanciulli e neonati, a prescindere da ogni illazione sea-brosa, qualche spiegazione deve pur esserci. Che non si tratti

di un inconsapevole desiderio di r eg re ssu s a d u te rumi Del ri-

torno, cioe, a una presunta situazione prenatale, particolar-

mente beata? Certo pill beata di quella dei primi momenti

dopo la nascita, quando il neonato, privo della parola, tor-

mentato da fame e sete, pruriti e mali di pancia, puo solo

des tare un senso di pena. E, invece, per molti di coloro che

scorgono nel futuro l'everitualita d'un bene e non solo d'un

male, il bambino puo evidentemente impersonare la restirno-

nianza di quell'avvenire remoto che un adulto non porra cer-

to raggiungere. Sicche I'idea che il bambino abbia dinnanzi a

se ancora un lunghissimo percorso di vita, puo far scattare il

meccanismo d'una mal celata e inconfessata invidia.

Ebbene, nemmeno quest'ultima spiegazione mi pare del tut-

to attendibile. Deve essercene un'altra che giustifichi questo

compiacersi di adulti di fronte alla creaturina che non parla e

non capisce. Forse la chiave del mistero puo essere il fatto che,

da parte del neonato, non ci sia nessuna "risposta" possibile,

almeno nei primissimi tempi; I'infante accetta, deve accettare,

Ie carezze, Ie moine, gli sbaciucchiamenti. Volente 0 nolente.

Gia pochi mesi pili tardi avverra che il bambino rifiuti il

bacio e la carezza e possa manifestare la sua avversione verso un

ammiratore importuno. Non solo, ma puo accadere che sia la

stessa madre a voler respingere Ie moine d'un estraneo. Cost,

per esempio, accade (0 almeno accadeva) in Sardegna, dove an-

cora esistono antiche pratiche magiche improntate a una tradi-

zionale saggezza, e dove, per evitare il malocchio che Ie eccessive

smancerie d'un passante 0 d'un conoscente possono arrecare a

un proprio figlio, I'unico modo per proteggerlo consiste nell'in-

filargli tra i capelli vn nastrino verde. Quel nastro e prezioso e

garantito per valere 'cia "antidote" alla jella che complimenti eadulazioni non richieste potrebbero arrecare al bambino.

96

"Chi rru intervista dovrebbe soltanto suggerirmi Ie parole

che vuole che io dica, e io non faro che ripeterle".

Con questa sua uscita Andy Warhol chiude in un certo

senso la bocca all'ingenuo intervistatore, ma, al tempo stesso,

gli concede ogni liberta di attribuirgli qualsia~~ affermazio.n~.

E non sembri, questa, una semplice boutade plu 0 rnerio ciru-

ca: chiunque abbia letto La filosofia d i. A ndy W a1:hoL \197.5) sa

che questo personaggio, tra i. pill ~Otl e reclarnizzati del no-

stri giorni, non e solo un artista di ~otevole valore. (anche se

oggi un po' defilato rispetto aile ultirne avanguar~le), un e.x

cineasta di film sperimentali tra i pili sorprendentl e un orr-

ginale ritrattista fotoserigrafic~, ma ~ ~nche un pensatore molto

sottile, che riesce a portare 1l1flessibilmente la sua maschera

di uomo spento, quasi di burattino girovago, distaccato, apa-

tico e frivolo, ma che vede con chiarezza Ie pecche della

nostra societa, sa ironizzarla e ne sa cogliere alcuni dei pochi

Iati positivi.

Warhol rappresenta, effettivamente, quasi il simulacro as-

soluto d'uno schizoidismo mentale che gli permette di vivere

in mezzo alla gente senza troppo avvicinarla, ma anche di

influenzare tutta una vasta schiera di accoliti (si pensi alla sua

factory, che e insieme ateli~r a.rtistico e centro. di produzione

commerciale) manteneridosi distaccato da tutti e da tutto.

Warhol e stato a Milano in occasione delle giornate di

continuo tripudio mondano-finanziario attivate dalle "sfilatedell'ultima moda" e in occasione dell'apertura d'una sua mo-

97

 

stra alia galleria Rizzardi, dove erano esposti i ritratti di alcu-

ni dei maggiori stilisri italiani.

Ma, perche, insisto, questa sua maschera di irnpenetrabilita?

"Preferisco restare un mistero. Non mi piace mai parlare del

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Assieme alle manifestazioni della nostra moda, la presenza

di Warhol viene a costituire un ultimo tocco di moridanira

artistico-elitaria (anche se ormai popolarizzata dai rotocalchi),

che permetta di dare an cora maggior lustre alle iniziative in

corso. Naturalmente, senza che 10 stesso artista faccia una

piega, ne receda di un millimetro da quell'immagine, ormaifigee e quasi cristallizzata, che si e venuto costruendo negli

ultirn ianni - do po la lunga fase pittarica pop e quella ci-

nematografica - con indubbia Fatica e con sottile perversita.

Warhol, dunque, mi riceve in una stanza (anzi, una suite)

d'un grande albergo cittadino, attorniato da alcuni membri

del suo staff, e da uno stuolo di organizzatori del suo viaggio

artistico-commerciale-pubblicitario: smilzo, in jeans consunti

e maglioncino nero, con il ciuffo di capelli candidi che con-

trasta con il viso acceso (e non spento e cadaverico quale

appare di sclito in molte fotografie), e non molto dissimile

da quel Warhol che conobbi una ventina d'anni or sono (pre-

cisamente nel novembre del 1964) nella galleria newyorkese

di Leo Castelli che allora era assiepata dei suoi coloratissimi

"Flowers" (i fiori stampati e serigrafati) una delle tappe pili

note del suo percorso pittorico (insieme alia serie dei Car

Crash, a quella delle Marilyn, delle Jackie e di altri personaggi

celebri dell' epoca come Elvis Presley, Liz, Merce Cunningham,

eccetera; e a quella degli oggetti triviali come le lattine di

minestra Campbell 0 di Coca-Cola, tutte moltiplicate innu-

merevoli vo lte).

Chiedo ora a Warhol cosa pensa di Milano e del suo sog-giorno e, mentre mi dice che la citra gli piace e che la trova

molto viva e internazionale, si sofferma con particolare, e, mi

sembra, non simulato calore a decantare la qualita dei negozi

milanesi, che trova tra i pili originali, soprattutto per la par-

ticolare organizzazione spaziale che presentano.

A questo punto gli chiedo come si spiega il suo, almeno

apparente, disinteresse per il prossimo: "In realta m'irnporta

ancora della gente, rna sarebbe sraro pili comedo infischiarsene.

Non voglio trovarm,i troppo coinvolto nelle vite degli altri.

Non mi piace diventare troppo intimo. Non mi piace 'toccare

Ie cose', per questo il mio lavoro e COS1distaccato da me stesso".

98

mio retroscena (background) e comunque 10 cambio ogni vol-

ta che mi viene chiesto. Non e che faccia parte della mia

immagine di non raccontare tutto: Soltan~o, dim.entico .quello

che ho detto il giorno prima e rru tocca rrcostrurre ogl1l volta

tutto da capo". . . .

Ma ci sara almeno qualche tuo carattere distintivo nel qua-le sei in grado di identificarti? "Se vuo~ sape~e t~t~o di W~rhol~

non hai che da guardare la superfiCle del rruei quadn, del

miei film e di me stesso. 10 sono [I. Dietro non c'e niente!".

Forse in quest' ultima frase e racchiusa molta della "filoso~

fia" dell' artista americano (di origine cecoslovacca, non 10 Sl

dimentichi): non pretendere di costruire un'o~era. che rae-

chiuda misteri indecifrabili, e al tempo stesso riuscrre a ope-

rare in profon dita attraverso la dinamica COS1fre?da e spers?-

nalizzata dei suoi film, come nelle Chelsea Girls, come In

Nude Restaurant, come in Flesh e in Trash, film che segnarono

veramente una tappa di profonda analisi per assurdo di tutto

un aspetto dell'umanita, che prima non er.a stato n:esso a

nudo con altrettanta squall ida rna imperternta efficacia. Del

res to a un' altra domanda attorno agli aspetti della sua arte e

della vita, del guadagno e degli "affari", Warhol da una rispo-

sta che mi sembra decisamente illuminante: "Non mi preoc-

cupo dell' arte 0 della vita. Ossia: la guerra, la bomba, mi

preoccupano. Ma gia, c'e ben poco da fare con. tutto questo

(there's not much you can do about them). Anche il der:aro. non

mi preoccupa pili che tanto; seppure qualche volta mr chiedo:

dove stara mai di casa? Qualcuno deve averce!o tutto! (ThoughI sometimes wonder: where is it? Somebody's got it aLL.0".

Come dovremo, insomma, considerare oggi il ruolo che

Warhol occupa riel mondo dell'arte e in quello della moda? Si

tratta soltanro d'uno dei tanti aspetti dello scadere a mera

merce anche di quelle creazioni che sono 0 furono, tutto

sornrnato, "artistiche"? 0 si tratta davvero d'un incontro feli-

ce, e meno superficiale di quanta 10 stesso artista affermi, tra

arte e moda, tra notorieta e inventiva?

Mentre mi congedo da Warhol ringraziandolo per 10 s~orzo

che ha fatto riel rispondere alle mie domande e mentre 1 fan

e gli impresari delle pubbliche relazioni si affannano a tener a

99

 

bada altri postulanti al privilegio di avvicinarlo, penso a come

sia sintomatica de! nostro tempo una figura come quella diT-shirt come mass medium

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Andy: non particolarmente attraente da un punto di vista

fisico; non invogliante come rapporto interpersonale; neppure

"comoda" come approccio per un pubblico impreparato. Una

figura, insomma, molto lontana da quella de! banale cantau-

tore, dell'autocompiaciuto pittorastro, del pompieristico divo

teatrale. Una figura, invece, in un certo sen so, tragica, ami-metica, stereotipata, che ha saputo acquistare una noror iera

decisamente ubiquitaria, non tanto con gesti inconsulti, ne

con esibizioni grandguignolesche (e vero: ci fu ne! 1968 il

tentativo di omicidio da parte d'una sua fan, Valerie Solan as,

ma e cos a ormai lonrana), ma proprio con il fat to d' aver eleva-

to a potenza un genere di iterazione ossessiva, di perseverazione

artistica e insieme comportamentale, che 10 rendono unico

nel suo genere sia come creatore pittorico e filmico, che come

dramatis persona de! nostro quotidiano dramma esistentivo.

'j

100

Quando si ragiona di mass media di soli to il pensiero cor-

re subito a radio e te!evisione, ai quotidiani e ai rotocalchi, e

magari al cinema. Pochi si ricordano de! grande panorama

iconico fatto di scritte, di figurazioni, di lettering, che sta aliabase della grafica (pubblicitaria e no) dei cartelloni stradali,

delle insegne dei negozi, delle sigle delle aziende. Ma ancor

meno sono quelli che si rendono conto di quanto valga, per

10 scambio di idee, di immagini, di messaggi, persino politici,

persino culturali, 10 "slogan grafico e visivo" che I'uomo e la

donna, soprattutto giovani, ostentano sempre pili spesso, vuoi

per moda, vuoi per scelta personal~, v~o~ p~r adeguarsi a. un

costume generalizzato. II bottone, 11 distintivo con la scrrtta

"I like Ike" (per non citare che il pili no to) e stato uno dei

pili azzeccati per I'assonanza tra Ie parole e il ritorno del

dittongo "ai" quale prima persona singolare, riel diminutivo

de! nome di Eisenhower, ne! verbo like. Ma di scritte de!

genere ce ne so no state moltissime altre e delle pili svariate:

basti pensare al "Facciamo I' amore, non la guerra", oppure

"O.K.", 0'''Don't bother me", 0 I 'abusatissima "S" di Superman.

Molto spesso quegli slogan so no divenuti vere e proprie ban-

diere di movimenti politici, di ribellioni sociali, di riven-

dicazioni economiche. Ma c'e un "medium" tuttavia, tra tutti

gli altri mezzi di comunicazione di massa, che di solito non

viene preso nella dovuta considerazione, Forse perche e corisi-

derato troppo frivolo 0 troppo "epiderrnico" (non solo meta-foricamente!) ed e la 'I'-shirt, la ben nota e ubiquitaria rna-

101

 

glietta di cotone indossata dai giovani (e meno giovani) di

tutti i paesi, quasi sempre istoriata da un'appropriata vignetta

Linus, eccetera), ma che, in un terzo tempo, si e trasformato

addirittura nell' eq uivalente d'una rivista d'informazione arti-

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o da una particolare scritta. Il fatto pili sconcertante nell' ado-

zione e divulgazione della T-shirt e Forse quella che potrem-

mo definire la sua azione auto, ed etero, pubblicitaria.

Come e noto, molte delle prime T-shirt portavano sigle di

ditte famose come: Cinzano, Xerox, Coca-Cola, poi le scritte

si vennero moltiplicando, da "Eat the Rich", a "Virginia isfor Lovers", da "Las Vegas" a "I love New York".

Il fenomeno curioso e appunto che queste magliette venga-

no acquistate (magari a caro prezzo) e non certo regalate dalle

singole ditte 0 dai singoli enti di cui portano impresso il

nome. Ossia che gli indossatori (0 le indossatrici) delle stesse

siano disposti, pagando di tasca loro, a far pubblicita, e nep-

pure una pubblicita indiretta ma anzi dirertissirna, attraverso

tali prodotti, a ditte, universita, bevande ...

La spiegazione non e difficile. E un dato di fatto che oggi,

spesso, un determinato nome 0 una determinata sigla (Fiat,Mercedes, Coca-Cola, Pilsen, Tuborg, Martini, eccerera), co-

stituiscorio di per se uno status symbol per chi Ii esibisce.

Allo stesso modo di chi ostenta il sapone, l'accendino, 0 il

profumo, magari tutt'alrro che soddisfacenti, soltanto perche

portano impresso il nome d'un grande stilista.

Ecco allora come attraverso la T-shirt si sviluppa una du-

plice azione auto ed eteropubblicitaria: quella esplicita della

reclamizzazione d'un determinato prodotto, e quella implicita

dell' autoreclamizzazione di chi la porta e che, esibendola, si

proclama up to date, vuoi in campo sportive, politico, e final-

mente artistico. E ho appena bisogno di accennare quanta

importanza abbiano avuto alcune T-shirt con Ie immagini

tratte da film famosi, da fumetti popolari, da attori e attrici

mitizzati, per convalidarne la notorieta.

Quello tuttavia di cui Forse non tutti si sono resi conto eche questo indumento e davvero un efficacissimo mezzo di

comunicazione di massa, capace di trasferire da un ambiente

all'altro, ma anche da un continente all'altno, il suo peculiare

messaggio. Un messaggio che nei primi tempi e stato, come

ho detto, prevalenrernente pubblicitario, che in un secondo

tempo e divenuto manifestazione d' una "piccola moda" perteenager (con le immagini di Mickey Mouse, di Paperino, di

102

stica, d'un invito di galleria d'arte, 0 d'una - osiamo scanda-

lizzare gli storici dell'arte - sal a di museo. Sala d'un rnuseo infieri, s'intende. Ma chi ci dice che - e non c'e nessun sarca-

smo da parte mia - alcuni di questi indumenti istoriati non

possano costi tuire domani un esempio singolare e caratteristi-

co di quale sia stata in quel determinato periodo la situazionedell' arte figurativa e, in definitiva, il gusto dominante dell' epoca

in questione?

Non si dimentichi, infatti, che proprio negli ultimi tempi

hanno cominciato a esplodere forme d' arte figurativa i cui

autori avevano iniziato la propria "carriera" spruzzando vago-

ni e pareti della metropolitana newyorkese e che solo in un

secondo tempo sono entrati a far parte dell' establishment ar-

tistico a livello delle grandi gallerie private (come, per far

solo qualche nome, Keith Haring, Basquiat, Rammellzee, A

One, Kenny Scharf) mentre un analogo impatto sulle massegiovanili in 1talia avevano avuto alcuni creatori di fumetti

dell' ultima generazione (come Mattotti, Pazienza, Tamburini,

Giacon, Carpinteri, Echaurren, eccetera, sottolineando cost il

fatto d'una osmosi significativa e in parte imprevedibile tra

arte elitaria e arte a livello popolare 0 comunque di grande

divulgazione) .

Ho affermato pili volre come, a mio avviso, la pubblicita

(la buona, s'intende) e in genere la grafica, il fumetto, 1 0

stesso lettering di cartelloni e insegne, possano costituire al-

cuni dei pochi mezzi capaci di portare un nuovo credo arti-

stico a livello "massive" anche nei punti pili remoti d'un

paese. (E gli esernpi, anche storici, non mancano: dai cartel-

loni pubblicitari di Toulouse-Lautrec 0 di Dudovich ai mol-

tissimi manifesti - per concerti, gare sportive e ogni genere di

manifestazione patriottica - di Miro, dai cartoon di Steinberg

o di Topor agli odierni di Crepax, di Calligaro, eccerera).

Nessuno riuscira a convincermi che non valga di pili, per

diffondere un determinato gusto pittorico, la vista, da parte

d'un'intera popolazione, di questi manifesti, fumetti, poster,

di quanto non valga la galleria privata frequentata da poche

centinaia di addetti ai lavori. Per q uesto anche le nostre ca-micette, 0 magliette 0 canottiere che dir si voglia, potranno

103

 

essere considerate come un elemento estremamente popolare,

spesso persino tribale, rna eventualmente anche portatore d'un

messaggio artistico non trascurabile, e quindi dimostrare una

Moda del costume teatrale

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volta di pili come la moda riesca, anche ai livelli pili modesti

e accessibili, a diventare un fattore di educazione globale del

gusto.

104

L'ambizione wagneriana di realizzare un Gesamtkunstwerk(ossia un capolavoro artistico globale attraverso il contluire in

maniera omogenea dei singoli linguaggi artistici) e, tutto sorn-

mato, presente in quasi ogni opera lirica: sia nel Singspielmozartiano sia nelle diverse creazioni che, da Rossini a Verdi,

da Puccini a Debussy, da Strauss a Alban Berg, hanno, di

volta in volta, ripreso, migliorato, 0 comunque consolidato e

riproposto il grande modello derivante dal coagire di Musica,

Danza e Teatro.

Quanto ho affermato e universalmente noto, come e notache nell'Opera convergono, non solo musica e testa lettera-

rio, rna recitazione, danza, scenografia e costumi. Ho lasciato

per ultimo i costumi, dato che e di questi che intendo tratta-

re sia pur brevemente, rna la loro presenza e senza alcun

dubbio altrettanto determinante di quella delle altre compo-nenti artistiche, subordinata solo, il che e ovvio, alla musica,senza la quale l'opera perderebbe la sua prima ragione d' essere.

Perche siamo propensi a dare tanta importanza ai costumi,

alIa loro presenza nell' opera e nel balletto? Perche non li

consideriamo piuttosto come qualcosa di epidermico, retaggio

di epoche trascorse, ornamento ridondante e superfluo?

Credo che sia questo il primo quesito a cui occorre trovare

una risposta. E la risposta deve partire da una premessa: se

I' abito, su qualsiasi scena teatrale, "fa sempre il monaco",

tanto pili1 0fa nel "teatro musicale", ossia in quel teatro dove

il testo, le parole, l'intreccio, rimangono, in certo qual modo,

105

 

succubi della musica e si sperdono in un limbo sonoro che

spesso Ii rende inestricabili e indecifrabili.

li rica debba essere indagato per altri motrvi: vi e innanzituttouna considerazione che mi sembra essenziale. Di fronte aile

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Molto spesso, trovandoci ad assistere a una delle grandi

opere liriche i Otello 0 Boheme, Walkiria 0 Barbiere di Siviglia,

Don Giovanni 0 Wozzeck) e proprio I' abito del personaggio a

dirci subito di chi si tratta; se sia it re 0 il paggio, la maga 0

il cospiratore, il barbiere 0 it guerriero, la walkiria 0 it crocia-

to, Wotan 0 Mime, a calcare la scena.II costume infatti e legato indissolubilmente al personag-

gio; e nota al pubblico; e addirittura tutt'uno con I' attesa che

il pubblico ha di ogni dramatis persona, e viene a coprire cosl

un ruolo fondamentale nel linguaggio - anzi, nell'insieme di

codici diversi che costituiscono 1 0 specifico linguaggio - del-

l'opera.

Come potremmo accettare un Lohengrin senza elmo e co-

razza; un Boris senza il pesante manto tempestato di pietre;

una Santuzza senza it costume della popolana sicula; un Simon

Boccanegra senza Ie insegne di doge genovese? Persino inopere come la Vera Storia di Berio 0 Bussottioperaballet, i

personaggi del "racconto" si riescono a identificare attraverso

il loro vestito prima ancora che attraverso Ie parole che pro-

nunciano (e che spesso ci sfuggono) 0 attraverso i motivi che

intonano e che possono non esserci farniliari come quelli di

opere autentiche e popolari.

Per questa ragione e un fatto determinante che i vestiti, le

uniformi, i veli, Ie armature, indossati da tali personaggi,

escano dalla fantasia di grandi scenografi, di abili costumisti,

di pittori celebri. II fatto che i costumi di un' opera siano stati

ideati da De Chirico piuttosto che da Benois, da Savinio

piuttosto che da Zeffirelli, da Borovskij piuttosto che da Ca-

sorati, ha un'indiscutibile importanza. II fatto stesso che un

grande teatro come la Scala si sia rivolro, a seconda dei casi,

ad artisti "tradizionali" come Benois 0 d' avanguardia come

Veronesi, Dorazio 0 Burri 0 a un geniale stilista come Versace,

e , semmai, un segno della vitalita e dell'aggiornatezza del

grande teatro milanese, rna non muta la sostanza del discorso

che interido svolgere.

Ma, a prescindere d.,a questa "funzione sernantica" del co-

stume, che non e affatto priva di importanza, anche se spessoviene sottovalutata, credo che il ruolo dell' abito nell' opera

106

freq uenti e spesso giustificate osservazioni circa I' arretratezza

e l'inattualita dell' opera lirica puo valere 1 0 stesso discorso

che si puo fare a proposito di molti grandi spettacoli di altri

paesi e di altre civilta, Nessuno ormai disconosce I'interesse

vitale del No, 0 del Kabuki, 0 delle danze sacre indiane.

I "generi", che in letteratura e in architettura hanno ormaiperduto la configurazione istituzionalizzata d'un tempo, e sono

spesso scomparsi 0 degenerati, hanno invece una loro precisa

consistenza e una loro vivacira connotativa nel caso del tea-

tro, del balletto, dell' opera. Considerare q uesti generi come

legati a precise norme stilistiche mi sembra pertanto dovero-

so. E queste norme, che possono essere parzialmente trasgre-

dite 0 modificate per quanto riguarda la regia, il gioco delle

luci, la maggiore 0 minore realisticita della scenografia, non

1 0 possono essere per quanto riguarda I'''essenza'' del costume,

o 1 0 possono soltanto per quanto si riferisce alIa nuova inter-pretazione data dello stesso da un artista molto originale, che

ne sappia rinverdire I'apparenza e la sostanza. II costume,

insomma, e un com plemen to necessario e complesso - anche

se costoso, anche se ingombrante e magari fastidioso - del-

I'azione teatrale. Questa peculiare efficacia del costume viene

immancabilmente avvertita dallo stesso attore (cantante, dan-

zatore, ballerina, protagonista 0 cornparsa) che solo indossan-

do quel dato abito, quel dato copricapo, quel particolare am-

mennicolo si sente "investito" della propria parte: assume pose

regali 0 rivoluzionarie; diventa agile 0 goffo; acquista il carat-

tere dell'Arlecchino 0del nibelungo, della comare di Windsor,

o del soldato di ventura, del Paggio Fernando 0 del giovane

zarevic. (Anche quando, in quel caso, si tratti, come spesso

accade, d'una prosperosa fanciulla travesrita da pettoruto gio-

vanotto imperial e) . E questo forse spiega it perche della stra-

na sensazione di inadeguatezza che spesso ci coglie assistendo

aile prime prove di un' opera, quando ancora gli attori recita-

no senza costume. Persino voci famose che, nella serata inau-

gurale, ci ricolpiranno col fascino delle loro superumane vi-

brazioni, ci sembrano meno pctenti, meno cariche di pathos

(e forse in realta 1 0 sono) perche non ancora "sorretre" daquell'uniforme che ne convalida Ie eccelse qualita sonore.

107

 

A questo punto un'ultirna considerazione dey' essere posta:

e possibile e auspicabile una trasformazione, un aggiornamen-

to che giunga addirittura all' abolizione dei costumi?

Degli Hab iti antichi et moderni

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Credo di poter rispondere negativamente per tutto quanto

si riferisce alla loro identita storico-stilistica. Ho sempre con-

siderato detestabile ''I'Amleto in smoking", Lo stesso vale per

qualsivoglia opera del teatro lirico. E preferibile che La Walkiria,

II Trovatore, Parsifal, Salome conservino i loro celebri e ormaipopolari costurni, anche se oggi possono apparire assurdi, ana-

croriistici, pleonastici.

II che non vieta ovviamente di modificarli, renderli pili

gradevoli, pili indossabili, meno ingombranti, pur rispettando

i loro req uisi ti stilistici.

In definitiva: ritengo che il costume, usato nell' opera lirica

e nel balletto, sia, come dicevo sin dall'inizio, una delle com-

ponenti essenziali dell'Immagine Globale che vuole trasmet-

terci questa manifestazione artistica, e che, pertanto, ogni

tentativo di alterarne a viva forza Ie caratteristiche sia de-

precabile, perche viene a incrinare una delle peculiarita di

questo grande Gesamtkunstwerk.

108

La scoperta dell 'Arnerica, i grandi viaggi transoceanici, I'af-

fermarsi d'una potente classe mercantile, la ricchezza di molre

nazioni europee dovevano portare a un' evoluzione notevole

anche un fenomeno, in apparenza marginale, rna da sempre

consanguineo con I'evolversi delle diverse civilta, come la moda.L'abbigliamento in questo secolo divenne pili sontuoso e com-

plesso e si ando diversificando maggiormente rispetto a quel-

1 0 rinascimentale. Sono di quest' epoca Ie complicate accori-

ciature a base di riccioli a mo' di co rna, l'imbiondimento dei

capelli attraverso Ie lunghe esposizioni al sole (rna con il vol-

to coperto per non offuscarne la bianchezza), le doppie rnani-

che larghe e lunghe fino a terra, la vita rinserrata da busti

molto stretti, Ie gonne multiple, I'avvento del vertugado (la

sottogonna costruita con cerchi sovrapposti), l'uso di orria-

menti d' oro e d' argento, di gioielli e perle; ed e di questo

periodo il moltiplicarsi dei primi testi che si interessano al

fenomeno moda, vuoi dal punto di vista storico che da quello

estetico. Chi seppe conquistarsi una nororieta attraverso la

pubblicazione, nel 1590, di quello che sarebbe stato uno dei

primi grandi trattati di storia della moda, Degli Habiti antichiet moderni, di diverse parti del mondo, fu un lontano cugino

del grande Tiziano, Cesare Vecellio.

Guardare alla moda del passato, non solo a quella cinque-

centesca rna a quella dei tempi precedenti, con I'occhio di

oggi, non puo che sconcertare e, in un certo sense, sconvol-gere molte delle convinzioni che avevamo nutrito ingenua-

109

 

nente circa i costumi di quei tempi. Ma e proprio questo

'sconvolgimento" a essere fruttifero: perche ci insegna, pili di

iuanto spesso non facciano trattati storici e ricerche antropo-

Due soprattutto sono Ie condizioni che mi vi en fatto di

segnalare immediatamente come base per un' approssimativa

analisi delle "rivelaziorii" di questo volume. Innanzitutto la

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ogiche, fino ache punto siano mutati i rapporti tra moda e

.ocieta, moda e arte, moda e ritrni temporali, lungo il corso

:lei secoli. II rapporto, anzi, che pili ci sembra alterate, eroprio quello temporale: avvezzi come siamo a veder mutare

:l'anno in anno, per non dire di mese in mese, le nostrenode, restiamo affascinati di fronte a immagini che ci in-

~rmano sopra una persistenza nel tempo dell' abbigliamento

l' allora.II perdurare di abiti, paludamenti, livree, acconciature, per

nghi periodi di tempo; il loro istituzionalizzarsi attraverso

.omplessi cerimoniali; il determinarsi di particolari norme e

.ano ni d' abbigliamento a seconda della classe sociale, della

.arica, della mansione cui si riferiscono, costituisce uno dei

naggiori divari tra la nostra eta, con il continuo trasformarsi

-d evolversi (0 involversi) di mode e modi, e quella fissata

lalle tavole dell'autore in un'apparerite staticita lungo i de-

.enrii e addirittura i secoli.

II fatto che Vecellio possa trattare e descrivere l' abbiglia-

nento della Matrona romana, della Dama milanese, del Doge

enetiano, della Citella bolognese, del Nobile ji'tlncese, eccetera,.orne se gli stessi fossero stab iii nel tempo, ormai sanciti da

rna perenriita storica inalterabile, non puo non farci riflettere

.ulla peculiarita d'una visione del mondo rivolta alIa moda

.he era ben diversa dall' odierna.

Ovviamente, questi fatti ci erano gia noti: si sapeva come

lei tempi passati si dessero categorie precise e inflessibili a;uidare l'uso d'un abito, d'un costume, d'una armatura. Anco-

'a ai nostri giorni, in alcune zone periferiche, persino europee,

.i puo constatare la presenza di determinati costumi folldoristici

rtilizzari in particolari circostanze (solenni eventi pubblici 0

'eligiosi, Palio di Siena, Sartiglia di Oristano, eccerera).

Ma, di anna in anno, questo persistere di antiche usanze

lestimentarie viene diradandosi e scomparendo e gia vi en fat-

o di guardare a certe sequenze di film tra ledue guerre come

l realta che pili non ci appartengono e che costituiscono un

ngaglio di eta a noi r~mote. Che dire allora dei costumi e

lelle vesti che Vecellio ci presenta nel suo trattato?

l10

cornplessita, la ricchezza, il fasto della maggior parte di questi

abiti, di queste acconciature.

Ecco come sono descritti gli abiti d'una Donna nobile rna-trona venetiana antica: "Portavano alcune sottane scollate di

seta lunghe fino in terra, e chiuse tutte e assettate aIle carni

con qualche bello riccamo davanti, e di sopra havevano un

manto lungo fino in terra con un poco di strascio e era

attraversato da belle liste di riccamo d' oro, con due pelli di

zibellini che pendevano davanti ... "; 0 quelli d'una Dogaressa,o principessa di Venetia: "La principessa era vesrita alIa Ducale,

con una vesta di broccato d' o ro fino, sopra la quale portava il

manto lungo fino a terra con uno strascico assai largo. II

Corno ch'ella haveva in capo era tempestato d'assai gemme e

era accompagnato da un sottilissimo velo di seta ... ". Ma si

osservino anche quelli di poco meno fastosi dei "borghesi"

d' allora, Mercanti et bottigai della Merciaria: "Molti dei Mer-

canti e Buttigai (... ) vestono la vesta a maniche a gomito

come i Nobili ... ". Mentre, persino Ie giovinette non mancava-

no di acconciarsi con estrema cura. Ecco, ad esempio, la

Donzella da maritare: "Andavano col petto e con le spalle

scoperte per (... ) un busto assai corto che a pen a Ie copre la

pili bella parte del petto, fuor dal quale escono i merli della

camicia ( ... ) II busto e fregiato da una lista di tela d' oro ... " ,

eccetera. Ognuno di questi abbigliamenti evidentemente co-

stituiva una sorta di divisa ormai sancita da anni e decenni di

esperienze e di tradizioni; era divenuta dunque vero e propriocostume.

Un' altra fondamentale considerazione riguarda la partizione

compiuta dall'autore tra i diversi personaggi illustrati che ri-

calca in maniera perfetta l'assetto sociale dell' epoca. Anche se

- come si puo apprendere dalle precise didascalie che accorn-

pagnano ogni tavola - molto spesso esiste una precisa volonta

di adottare gli abiti delle classi elevate anche da parte degli

appartenenti a professioni mercantili e commerciali, sta di

fatto che una distinzione tra nobilta, classe "mercantile" e

plebe e ancora assai marcata. Non solo, ma e spesso sottolineatala diversita tra l'abito della dama, della matrona e quello

111

 

della donzella, della "ci tell a" , e della vedova. E, finalmente

altro fatto che ovviamente non puo che incuriosirci, vien~

nettamente distinto 1'abbigliamento della matron a, della dam a

subalterne, evento tuttavia non ancora del tutto evidente a

chi sfogli il testa di Vecellio rna che divenrera pili accentuato

nei secoli successivi (scpratturto nel Settecento) quando si

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nobile 0 della mercantessa, da quello della "rneretrice" e "con-

cubina", considerata evidentemente come una categoria a par-

te da non confondere con Ie altre. Categoria, oltretutto, che

poteva partecipare pili di altre allusso delle classi alte nei casi

in c~i la )ro~essi.one" Fosse stata particolarmente proficua.~l potra q~lndl affermare che soltanto la meretrice poteva

agglfare la dlfferenza di classe nel caso d'una sua eventuale

facoltosita; anche se Ie era vietato d'indossare vesti del tutto

identiche a quelle delle dame. "Fra queste [le Cortigiane] e Ie

donne d'honore, si vede come di costume, cOSI anche diversi-

r a d' ornamenti: non potendo esse in vigor delle bene ordinate

leggi della Citra di Venetia portar ornarnenri di perle, come

le donne honeste; se bene alcuna di loro sorto qualche prete-

sto Ie portano e usano di pili 1'habito presente e se ne servo-10 come Ie donne da bene ... ".

La differenza sociale, insomma, la netta distinzione classista

:he, almeno per quanto riguarda l' abito, ai nostri giorni sem-

Herebbe scomparsa, domina in pieno quell'epoca e anche i

ecoli pre~edenti ai quali Vecellio si rifa e ai quali estende,

nvolontanamente con ogni probabilita, le stesse caratteristi-.he pili tipiche della sua epoca.

Ma quello che pili affascina e colpisce in questo curioso

rattato e certamente l'apporto iconografico, dato che Ie ana-

lsi "teoriche" che accompagnano le tavole sono a dire il vero

!q~an~o ingenue e scarsamente attendibili, specie per quanto

I nfensce a costumi di epoche remote (romani, greci) 0 diazi?ni pili 0 meno "esotiche" (Croazia, Turchia, Siria, Un-hena, eccetera).

Anche dalle pagine introduttive, tuttavia, e dalle didascalie,

possibile ricavare alcune illuminanti aperture circa l'atmosfe-

letico-sociologica dell'epoca. Come quando ci viene descritto

lbb~gliamento, del "virtuoso Do~e Veniero", il quale "si vesti-

1 di panno d oro, aIle volte di colore rosso, ( ... ) eccetto i

orni sacrati alIa gloriosa Vergine, i quali haveva in grandis-

rna devotione e compariva allhora sempre vestito di bianco".U ' 1 . 'In a tra osservazione scontata e quella riguardante 1 0 slit-

re della moda e delle mode dalle classi egemoni a quelle

2 113

avra una costante emulazione della moda nobiliare da parte

dell' emergente borghesia. II che equivarra a considerare l'utiliz-

zazione d'un particolare abbigliamento come equivalente d'un

effettivo status symbol. Moda e status, comunque, s'identifi-

cano gia nel periodo preso in esame, per cui I' abbigliamentopuo essere considerato come decisamente "sernanrico" della

particolare condizione sociopolitica e del grado raggiunto nella

scala gerarchica da ogni singolo individuo.

Un'ultima osservazione penso si possa ancora avanzare per

quanto riguarda il rapporto tra moda femminile e moda rna-

schile, quali appaiono nelle tavole del trattato.

Che la moda maschile godesse di privilegi ben maggiori

che ai nostri giorni, e cosa risaputa. L'abito da cerimonia del

Doge, del Principe, dell'Uomo d'armi, partecipava di quella

ricchezza e di quella variera di fogge e di tess uti propri del-

l'abbigliamento femminile; non solo nelle forme, rna ner co-

lori, nei materiali, negli ornamenti.

Se ai nostri giorni la moda maschile cerca di trovare una

sua riconq uistata varieta in seguito all' adozione di speciali

tenute sportive, turistiche, agonistiche, non possiamo non ri-

conoscere che e venuto ormai a mancare cornpletamente quel

fascino dell' abito maschile dovuto alIa presenza di stoffe opu-

lente, di decorazioni sgargianti, di monili e medaglie, di pen-

nacchi e parrucche, di cui invece il Cinquecento e tutti i

secoli precedenti e immediatamente successivi furono testi-

moni. Non crediamo che a tali vesrimenti ricchi e sontuosicorrispondessero persorialita pili eccelse e originali di quanto

non siano quelle odierne. Rimane, comunque, il fatto che

l'uorno cinquecentesco era posto, per quanto si riferiva alIa

moda, sullo "stesso piano" della matrona pili illustre, della

dam a meglio acconciata. II che significava anche che all'abito

veniva dato un peso e un valore ben maggiore di quanto oggi

"ufficialmente" non si dia.

Forse le epoche future vedranno riapparire situazioni di

maggior prestigio, 0 anche maggiori differenziazioni, profes-

sionali 0 sociali, attribuite all'abito, di quanto oggi non av-

venga. Ma questo, comunque, non ci spinge a colrivare no-

 

stalgie per Ie pesanti zimarre, le cappe decorate di zibellino,

le armature scintillanti (rna pesanti), dei nostri antenati d'allora.

E Forse ci consente di affermare che, tutto sommato, la moda

Moda e styling

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odierna, anziche peggiore, e Forse migliore di quella tanto

lodata e incensata d'allora.

114

Esistono due poli opposti attorno ai quali si puo veder

ruotare il fenomeno della moda: quello dello stile e quello

dello styling. II primo e quello per cui la moda s'accosta di

pili a quelli che di solito si considerano come fenomeni arti-

stici; il secondo, per contro, e quello che s' avvicina di pili a

quello che possiamo anche identificare con il kitsch.

Ma oggi e possibile parlare ancora di stile? Dove comincia

1 0 stile e finisce la moda?

Se 1 0 stile e ormai considerato come qualcosa di pili impe-

gnativo della moda, perche legato a fattori epocali pili auten-

tici e pili vicini aIle creazioni delle "arti pure" (pittura, scul-

tura, archirettura), non e del tutto acquisito, invece, come si

possa collocare il fenomeno dello styLing rispetro alIa moda.

Come e noto, si e molto ragionato di styLing a proposito di

certi prodotti industriali (come Ie carrozzerie delle automobiliamericane d'un tempo) la cui forma rispondeva piuttosto che

a princlpi funzionali a ragioni meramente consumistiche re-

go late dalla pubblicita e dal marketing. Ebbene: si potra cer-

tamente estendere il concetto di styLing (di "stilizzazione" e di

cosmesi) a molti aspetti della moda e dun que identificarli in

questo caso con il kitsch. Non solo, rna si vedra, allora, come

possa esistere addirittura una "moda del kitsch", oltre al kitsch

della moda. II kitsch, cioe, potra essere moda in senso positi-

vo e negativo: nel primo caso si trattera del gusto raffinato di

chi usa intenzionalmente l'oggetto kitsch, l'abito sguaiatamente

vistoso, per aggiungere un orpello di pili alIa sua ricercatezza

115

  +'

;ofisticata. Nel secondo caso, invece, avremo un'infinita di

esernpi tipici, come quando la moda preferisce i risvolti delle

~iacche un po' larghi, c'e qualcuno che Ii usa larghissimi, 0

Volto truccato, oggetto decorato

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luando la minigonna imperversa, la sceglie addirittura inesi-

.tente, e quando le spalle sono larghe Ie imbottisce a disrnisu-

·a.

Potremo dire, dunque, che 10 styLing corrisponde al kitsch

Iello stile e che 10 styLing sta allo stile come I'arte sta al

citsch. Ma c'e un altro problema che viene a galla quando si

enta di circoscrivere i limiti e le parentele della moda con

titre situazioni della societa. II fatto d'aver considerato spesso

a moda come definibile secondo i modelli semiotici (e nota

I caso del Systeme de la mode di Barthes, che, tuttavia, limi-

ava la sua analisi alia nomenclatura dell'abbigliamento fem-

n inile) fa sl che, da parte di molri, si consideri opportuno

ncludere la moda entro gli schemi linguistici al pari di altri

ettori delle scienze umane. La cos a non sarebbe disagevole

e, in questo caso, non si verificasse un' evenrualita insolita:

luella d'una istituzionalizzazione a priori anziche a posteriorilegli elernenri relativi all'ipotetico "codice" modale. E mi spie-

;0: mi sembra di poter affermare che la moda e un codice cui

an no capo soltanto gli aspetti effimeri del linguaggio artisri-

0, giacche la caratteristica pill tipica della stessa e che il suo

inguaggio presenta la peculiarita di istituzionalizzarsi "di col-

10", quasi per una proliferazione spontanea, e oltrettutto di

isultare comprensibile (decriptabile, per impiegare un termi-

te "recnico") prima ancora di essere stato del tutto forma-

izzato. Che intendo dire? Che il creatore di moda (e parlo

lui proprio della moda dell'abbigliamento) decide un deter-n inato schema di vestiario (abito, cappello, calzatura, tessu-

0, colore) prima ancora che tale schema sia entrato nell'uso,

10 impone quando e an c ora in vigore un "codice" modale

lei tutto diverso e spesso contraddittorio. Per questa ragione

1moda (dell'abito rna anche dell'arredamento, dello sport,

ccetera) ha un inizio spesso imprevedibile, e pertanto sfugge

quelle regole che di soli to condizionano rnolti altri settori

.ella nostra attivita creativa.'

Si e sostenuto a pill riprese che I'oggetto dei nosrri giorni,

soprattutto quello realizzato industrialmente, deve essere il

pill sobrio e rigoroso possibile, deve rifuggire da ogl1l orna-

mento.

E cosl e stato, infatti, dalla fine del periodo art nouveau

(Liberty) fino all' apparire del r ad ic al d es ign e del postmoderno

(sernplifico, naturalmente, perche su questi fat~i si ~ d.iscuss_o

anche troppo). Cosa e accaduto, invece, negli ulrirni anni?

Che da parte di numerosi designer si e proceduto a ripristina~

re I'elemento decorativo sulle candide 0 monocrome superfici

degli oggetti, non solo dei mobili, rna dei Ferri da stiro , degli

elettrodomestici.

Ma comemaii fregi e gli ornati che rivestivano leggia-

dramente certe macchine da cucire Singer dei bisnonni ci

appaiono oggi cosl graziosi e in sintonia con Ie curve, irna-nubri, le rotelle di quegli antichi macchinari, mentre buona

parte dei fregi odierni (non tutti!) ci sembrano cosl privi di

garbo e di fantasia? .. .

La ragione e sempre la stessa: Ie decorazioni attuali non

sono osmotiche con la forma degli oggetti come 10 erano

invece quelle dei vasi Lalique, delle ceramiche e dei mobili di

Gaudf, dei Ferri battuti di Guimard. Per cui potrei concludere

questa prima parte della mia analisi, ribadendo un concetto

che ormai dovrebbe essere di comune accettazione: ben veri-

gano le decorazioni e i fregi su og~etti d~uso. ~ su elen:entiarchitettonici e di design, purche siano: incditi, non rievo-

16 117

 

canti moduli ormai desueti; consanguinei alia forma degli

oggetti 0 degli edifici, come 10 erano i motivi decorativi d' ogni

epoca e d'ogni grande civilta.

+'

secondo il quale e la natura la grande corruttrice dell'uomo:

"E questa infallibile natura che ha creato il parricidio, l'antro-

pofagia emilie altri orribili delitti (... ) E la filosofia e la

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Dalla cosmesi dell'oggetto a quella del vol to. Che e poi

l'''oggetto naturale" pili importante dell'individuo, specchio

del suo temperamento, del suo status sociale, del suo gusto.

Certo, non tutti si ritrovano la faccia che vorrebbero avere.Spesso anzi sono costretti a tenersi per tutta la vita un volto

odiato 0 perche decisamenre deforme e sgradevole 0 perche

lontano da quell'ideale che gli stessi avrebbero desiderato.

Eppure credo che siano pili numerosi quelli (e soprattutto

quelle) che so no soddisfatti della loro apparenza, e che, quan-

to meno, ritengono di potere, con un'appropriata cosmesi,

appunto, trasformarsi come ambiscono di apparire. Ed e a

questo punto che il quesito della cosmesi e del trucco si

pone. Sappiamo bene che l'uomo e la donna si sono da sern-

pre truccati, vuoi attraverso l'acconciatura dei capelli (e di

barbe e baffi) , vuoi attraverso Ie modificazioni, tinteggiature,

sottolineature, abbronzature, schiariture, della pelle e dei ca-

pelli. Se in tempi remoti questo trucco, presso popolazioni

pili 0 meno "selvagge" rna non per questo meno dotate di

"sensibilita esterica", s' accompagnava di soli to ad altre mo-

dificazioni pili vistose, attraverso tatuaggi, cicatrici, vere e

proprie decorazioni della pelle, complicati trofei di penne, di

conchiglie (si pensi aile lab bra a piattello 0 ai monili infissi

nelle guance, nelle narici e nelle orecchie), ai tempi odierni (a

parte le note pratiche aberranti dei punk e di consimili "set-

te" giovanili), le modificazioni del volto si limitano a un usocauto e oculato del normale trucco: ciglia finre, fondotinta,

rossetti, neretti, eccetera. Che valore dobbiamo dare, allora, a

queste pratiche cosl ubiquitarie e cosl risapute? Possiamo con-

siderarle come indispensabili alia costruzione della personalita

d'un determinato individuo?

Una recente pubblicazione (Max Beerbohm, ELogio dei Co-

smetici, 1922) ci svela molti segreti di ques~o contrastato pro-

blema attraverso le raffinate e un po' leziose parole di quel

dandy salottiero e critico letterario che fu Max Beerbohm,

amico di Beardsley e di Shaw. Ma basterebbe qui citare l'iro-nico e paradossale (per i suoi tempi) giudizio di Baudelaire,

118

religione che ci ordina di nutrire i genitori poveri e infermi;

la natura ci comanda di ucciderli. Tutto cia che e bello e

nobile e il risultato della ragione e del calcolo (... ) La moda

deve dun que essere considerata come un sintomo del gusto

dell'ideale, come una deformazione sublime della natura ... ".E, pertanto, e proprio l'artificio a correggere e migliorare

tanto il comportamento che I'aspetto dell'uomo. Ecco, dun-

que, come il cosmetico diventa non solo un mezzo per abbel-

lire un volto rna anche un mezzo per vincere e soggiogare le

imperfezioni che la natura ci impone.

Se questi e molti alrri sono i princlpi, in buona parte

sottoscrivibili, gli stessi, tuttavia, non bastano a dirci il vera

perche dell' esistenza del trucco e soprattutto non ci permet-

tono di tracciare un parallelo, sia pure azzardato, tra cosmesi

dell' oggetto e cosmesi del volto.

Ritengo che alia base di entrambe queste pratiche si debba

situare qualcosa di pili e di diverso d'una semplice volorita di

"miglioramento estetico", Quello che ci spinge verso una co-

stante attivita decorativa (0 autodecorativa) e in realta una

ragione molro pili complessa di quanto non sembri: e la vo-lonra di mascherare noi stessi e anche gli oggetti di cui ci

serviamo. Con un procedimento analogo, rna contrario a quello

cosl ben illustrato da Caillois nel suo Mtduse & c. a propo-si to delle ali delle farfalle.

Nelle farfalle, come in tanri altri insetti e specie animali, la

naturale veste decorativa non solo e involontaria rna e costan-temente "funzionale" (ossia vale a mimetizzare l'animale 0 a

rendere pili vistose Ie sue prerogative sessuali).

Nell'uomo, invece, la cosmesi non serve a mimetizzare rna

a evidenziare e soprattutto a "mascherare" ossia ad alterare i

dati naturali, ad artificializzarli .

II trucco, insomma, vale specialmente come elemento diffe-

renziatore e occultatore della vera natura del singolo indivi-

duo. Anche l'oggetto decorato finisce per essere pili accetto

agli occhi di chi guarda, perche la sua sagoma risulta pili suasiva

anche se meno perfetta. In effetti, tanto la perfezione d'unvolto quanto quella d'un oggetto puo risultare monotona.

119

 

Ecco, allora, come la cosmesi del volro avra questa funzio-

ne di soli to trascurata e non consapevolmente utilizzata: na-

scondere a se e agli altri la vera "essenza" della propria indi-

vidualita e insieme differenziare se stessi dagli altri.

Moda e design

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Che anche per gli oggetti d'uso possa esistere questa qua-

lira differenziatrice non puo far specie. Forse spetterebbe a

ognuno di noi saper decidere quale tratto del nostro volto

evidenziare 0 nascondere, sottolineare 0 modificare, e qualeoggetto del nostro ambiente lasciare nudo e spoglio 0 ricopri-

re d'una veste ornamentale per renderlo pili vistoso ma anche

per mascherarlo e neutralizzarlo.

Sia ben chiaro: il mio interesse per la moda non e solo di

questi ultirni tempi, e non e solo "scienrifico". Ho sempre

considerato la moda, ossia l'attenzione per il modo di vestirsi

e in genere di adornare se stessi e il proprio ambiente, come

altrettanto importante di tutre Ie altre operazioni che van no

sotto Ie etichette di: design, artigianato, architettura, eccete-

ra. Una forma, dunque, di "ar te applicara" (terminologia ov-

viamente da abolire) e per di pili un' arte applicata con precise

implicazioni sociologiche e antropologiche. Quella che di so-

lito si considera come una "democratizzazione" della moda e

pili che altro un'illusione. Anche gli scossoni sessantotteschi

sono stati pili apparenti che reali. C'e stato, e vero, l'avvento

del casual e il temporaneo e fittizio abbandono della moda

elitaria, ma si e trattato solo d'una breve parentesi. (Dopo

poco si e vista la giacca a vento studentesca tradotta in lamedorato da portare per sera con falsi jeans). Sta di fatto, pero,

che, a differenza di quanto accadeva in passato, la moda non

e pili appannaggio assoluto d'una determinata classe sociale.

E questo perche (a dispetto dei paleomarxisti) le "classi" si

sono polverizzate e sono praticamente scomparse. Per cui non

c'e pili l'abito del nobile, del borghese e il "non abito" del

proletariato come ai tempi che furQno. Almeno per quanto

riguarda l'Occidente. Per quanto poi si riferisce a quel Terzo

mondo dove si muore di fame: meglio avere il pudore di non

parlare di moda.Che il design (il product e il graphic design) sia oggi in

20 121

 

parte succube delle mode, e della moda, rru pare OVVIO, rna

non "peccaminoso". Direi che altrettanto accade per tutte Ie

arti. E non solo per queste. Oggi abbiamo un imperversare di

mode letterarie, mode filosofiche, psicologiche, scientifiche.

•II design e la moda della globalizzazione

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(Basterebbe ricordare alcune etichette recenti: fenomenologia,

strutturalisrno, gestaltismo, esistenzialismo, semiotica, e poi

teo r ia delle catastrofi, dei frat tali di Maridelbrot). Che signi-

fica tutto cia? Che e la nostra stessa epoca a far S I che siavverta la necessira d'una continua trasformazione della no-

stra visione del mondo. Per il bene e per il male, e questo

proprio in modo "rnorbido": dunque con un prevalere del softsull' hard, se vogliamo. Che poi q uesto porti a una scarsa

::onsistenza e a un' effimera durata delle singole situazioni (pit-

toriche, disegnative, architettoniche, e natural mente anche let-

rerarie, musicali, eccetera) e pili che logico. E credo, oltrettutto,

::he spesso sia un bene, data la rriediocrita di molte manifesta-

zioni contemporanee. Forse quando si giungera a un rias-

;estamento della nostra sociera da un punto di vista etico,

oolitico ed economico, potremo assistere anche a un diradarsi

.iell' avvicendamento delle mode. Proprio di recente, facendo

carte della giuria per un progetto di mobili, ho potuto con-

statare come nei progetti di centinaia di giovani si assistesse a

.ino sciagurato adeguarsi alle mode architettoniche e disegnative

:lel momento. (C'erano i seguaci della moda- Rossi, della mo-

:ia-Alchimia, della moda- Dieter Rahms, eccetera). Lo stesso

.atto accade con ancora maggiore virulenza nell 'abbigliamento,

Jer cui possiamo concludere che, se e logico (anche se non

odevole) che il design segua Ie mode ossia sottostia all'imperio

[i queste, e altrettanto comprensibile che la moda voglia at-:ingere dal design una certa metodologia progettuale che Ie

»errnetre una maggior "serieta di programmazione". In defini-

:iva: non scandalizziamoci se nella progettazione per l'indu-

.tria assistiamo all' avvento della moda (I'artigianato di tutti i

:empi andati ne e stato succube}; e, per contro, non inalberia-

noci se anche il design dell'abbigliamento si accosta a un'idea

:Ii progettazione globale.,

l22

L'appiattimento e il livellamento cui va incontro la civilta

attuale, tanto nel costume come nella moda, tanto nel lavoro

quanto nel tempo libero, e uno dei fenomeni pili tipici, rna

pili inevitabili, derivanti da quella che di solito si definisce

"civilta dei consumi". Lo stesso principio dei "bisogni indot-

ti", che domina tante avventure produttive dell'ultimo cin-

quantennio, basta a giustificare l'estendersi di questo fenome-

no anche e anzi in primo luogo al settore che qui ci interessa:

quello del design, soprattutto del product design, dunque della

progettazione rivolra all' oggetto d'uso.

E ovvio, infatti, che la stessa diffusione planetaria di alcu-

ne norme 0 consuetudini riferite all'alimentazione, come agli

impianti sanitari, all'arredamento, allo sport, abbia portato

con se l'uniformizzazione di moltissimi oggetti, attrezzi, sup-

pellettili, e soprattutto meccanismi, che costituiscono la base

di buona parte della nostra vita di relazione.

Se volgiamo uno sguardo pili attento al vasto universo

dell' oggetto d' uso - dal televisore al personal computer, dal-

I' elettrodomestico all' automobile e a tutto il nuovo panorama

degli artefatti su base elettronica - dobbiamo constatare che,

tra i casi migliori, quelli, cioe, che sono indice di nuove

capacita espressive, troveremo soprattutto quegli oggetti dove

ancora persiste, e dove si apprezza, la presenza di un quid che

Ii differenzi dagli altri per modalita progettuale, per approccio

estetico, 0 anche per provenienza geografica.Come eben nota: oltre alla mera funzionalita, anche il

123

 

quoziente estetico e la caratrerrstrca pregnanza sernantica"

sono, ancor sempre, fondamentali per il successo di rnolti

prodotti del design. E gia questo ci porta a ritenere che in

te l'immancabile e necessaria "globalizzazione" di molti aspet-

ti meccanici, ergonomici, economici, presentano ancora, e ce

1 0 auguriamo, presenteranno anche in futuro, una precisa e

non transeunte identita formale ed estetica al di la da ogni

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realta la "globalizzazione formale" di cui tanto si discetta come

di un inevitabile e anzi auspicabile even to, debba e possa

venir considerata meno opportuna di quanto di soli to non

sernbri; rna anche desiderabile per quanto concerne la genera-

le evoluzione del design.

Infatti, seppure dobbiamo considerare come superate mol-

te delle distinzioni sociali, etiche, estetiche, un tempo legate

a Ferree leggi etniche, sociologiche, religiose, eccetera, credo

che sia ancora e sempre decisivo man tenere vivo quel partico-

lare senso della propria identita nazionale che caratterizza il

prodotto d'un Paese, e magari d'una singola regione.

Che cia sia vero, del resto, 1 0 dimostrano alcuni dei pro-

dotti pili interessanti realizzati dal design negli ultimi tempi:

prodotti come, per esempio, quelli del Giappone che, nono-

stante la schiacciante occidentalizzazione dell'Estremo Orien-te, continuano ad avere chiaramente evidenziate certe cararte-

ristiche della mentalita di quel Paese (non solo nei lavori

ancora artigianali e tradizionali rna persino in quelli della

microelettronica 0 dell'industria autornobilistica). Altrertanto

possiamo dire a proposito di un certo design scandinavo che,

pur avendo perduto il fascino e la purezza dei tempi andati,

ha pero mantenuto un suo preciso indirizzo morfologico. E,

naturalmente, questo vale a maggior ragione per il nostro

design, che deve la sua attuale preminenza e il particolare

favore di cui giustamente gode ovunque, appunto alia incon-

fondibile carica fantastica di molta nostra produzione e al suo

essersi da sempre distinto per un'aderenza a certe costanti

dello "stile" italiano erede di una grande tradizione artigianale.

Questo e il caso non solo per l'Italia, dove la presenza di

un artigianato elitario del mosaico, della ceramica, del mar-

mo e ancora in atto, rna 1 0 e anche per la Boemia con i suoi

prodotti di vetro, 0 per il Giappone con quelli in legno, in

lacca, eccetera. .\

In definitiva, tutti i paesi che hanno sviluppato negli ulti-

mi tempi un' agguerrit~ e vivace creativita nella progettazione

rivolta al design dell' oggetto d'uso, del mobile, rna anchedella strumentazione elettronica e automobilistica, noriosran-

124

uniformizzazione dei loro prodotti.

125

 

:L automobile tra stile e moda zrone, eccerera) rimane il fatto del perche la nostra "preferen-

za" venga cosl spesso modificata, perche il nostro gusto sia

cosl pronto a mutare. Si tratta, insomma, d'un fenomeno di

moda oppure di stile? Lauro come il vestito?

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Che esista una misteriosa e segreta norma per quanto si

riferisce allo "stile" d'un automobile e al gusto di chi la usa,

e cosa indubbia. Lho potuto constatare in pili d'una occasione.

Dunque, una "bellezza" della vettura esiste, non solo, rna estatisticamente documentabile. Eppure, come si spiega che

questa preferenza sia cosl mutevole, cosl aleatoria, solo par-

zialmente riconducibile a vere esigenze tecniche ed ergo no-

miche? E un problema che non cessa di stupirci e intrigarci.

Abbiamo ancora negli occhi il ricordo delle vecchie, anzi

antiche, Isotta Fraschini, Hispano-Suiza, Bugatti d'anteguer-

ra; ricordiamo le sontuose carrozzerie "fuori serie" di Bertoni,

di Pininfarina. Eppure, a ogni avvento d'una nuova "stagione

stilistica", finiamo per conformarci a quel comune denornina-

tore che magari l'uomo della strada non ha ancora accettato,

ma che indubbiamente accetrera nel giro di pochi mesi.Ecco, cosl, il passaggio dalla linea filante a quella spigolosa,

da quella "a scatoletta" allultima "bombata" giapponese, or-

mai scimmiottata da buona parte dei designer europei.

Che esigenze funzionali, progressi tecnologici, infatuazioni

aerodinamiche siano state alla base di rnolte metamorfosi del-

[' automobile, non cade dubbio: basterebbe riflettere sull' evo-

luzione, stilistica ed ergonomica, dalla prima veneranda Ford

alla "maggiolino" Volkswagen, fino alla raffihata DS Citroen.

Eppure, nonostante l'indubbia esigenza del rapporto uorno-

macchina, nonostante 1 1 perfezionamento di tanti particolari

meccanici ed elettronici (servosterzo, servofreno, clirnatizza-

126

Certo: una componente "modale" e comprensibile. Cam-

biare auto e un po' come cambiare abito. Si pensi alla meta-

morfosi subita dalle carrozzerie a partire, anche solo seguendo

un percorso storico, dalla sagoma ancora spigolosa della Lan-

cia Asturia e dalla Mercedes Cabriolet degli anni Trenta, fino

alle prime Alfa e Fiat Abarth aerodinamiche; e, ancora, alla

linea filante della Maserati dell'immediato dopoguerra 0 dell'Alfa

Cabriolet degli stessi anni, per giungere alla "coda tronca"

della Dino Fiat, del 1966, fino alle ultimissime Ferrari testa

rossa e Porsche Carrera degli ultimi anni.

Non bisogna dimenticare, d'altronde, che nello stile dell'auto

entra in gioco la stessa variante che troviamo nel mobile,

nell' elettrodomestico: due casi tipici dove il design e in stret-ta combutta con la "corporeita" umana. La seduta, come l'uso

della macchina da scrivere, da cucire, del computer, del tele-

fono, di tutti i gadget del nostro vivere quotidiano, necessita-

no d'una costante diversificazione, rna anche d'un costante

agglOrnamento.

Dunque, una macchina non puo prescindere dal tener conto

di quell' elemento imponderabile che e il gusto, ma deve an-

che saper accettare certe innovazioni che la tecnologia mette

in atto e che possono, all'inizio, sembrare vincoli stilistici

controproducenti, e diventare, per contro, in un secondo tem-

po, stimoli a una fortunata e inattesa metamorfosi estetica.

127

 

Moda e distinzione allora merita conto parlare ancora di distinzione? Ecco ap-

punto il problema pili spinoso.

Non credo siano moire le epoche pili sgraziate, plU mso-

lenti, pili volgari di questa. E non auspico certo un ritorno a

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In una delle tante interviste telefoniche com pi ute dalla Rai

mi e stato chiesto che cos a pensavo della "distinzione".

Questa volta, il quesito mi sembra degno di qualche, sia

pur modesto, approfondimento. Intanto, cosa intendiamo per

"distinziorie"? Una qualira, evidentemente, che "distingue" unindividuo dai suoi simili, cost da farlo risultare diverso, ma in

maniera positiva.

"Corn'e distinto quel commesso, quell'impiegato!"; "Quel-

I'uomo e dis tin to per natura". E, dicendo "per natura" s'in-

tende che non 1 0 e per I' educazione, per i soldi, per rnisterio-

se ascendenze nobiliari, risalenti magari alle Crociate, ma per

una caratteristica dovuta alla sua stessa natura che rivela mo-

derazione, eleganza di tratti, portamento altero ma anche umile

col prossimo, assenza di ogni tracotanza e spavalderia, eccete-

ra. Chi, allora, e distinto ai nostri giorni? Pochi davvero.Prima di tutto perche rnolri, anche tra coloro che potrebbero

esserlo, preferiscono snobbare la disrinzione ritenendosi al di

sopra della stessa. Poi, perche sono venute me no ormai quelle

prerogative che un tempo erano alla base d' ogni connaturata

distinzione, ossia I' appartenenza a un determinato ceto (non

diciamo "classe"), a una tradizione familiare, alla presenza

d'una specifica educazione irnpartita in esdusivissimi collegi.

Che la scomparsa di simili prerogative ancbtrali 0 educative

sia un fatto positive n,on c'e dubbio: finira la "distinzione" tra

nobilta e borghesia, tra borghesia e proletariato (parlo, natu-

ralmente, del solo Occidente e non del Terzo morido). Ma

128

stucchevoli cerimoniali da Bon ton (cosl ben declinati da Lina

Sotis) ne alla presenza di rituali vestimentari quali potevano

esistere all'inizio del secolo. (Ricordo una vecchia e ricca cu-

gina di mia nonna che, nel suo palazzo genovese, pretendeva

si venisse a cena solranto indossando la marsina).

Non e dunque I'abbigliamento che fa la distinzione e nep-

pure il fatto di parlare con "l'accento della Regina" come in

Inghilrerra. E non e il fatro di saper parlare una lingua stra-

niera, posto che, da noi, sono semmai i camerieri a parlare Ie

lingue estere piuttosto che i nostri intellettuali 0 gli uomini

politici, Sara allora la pratica di sport esdusivi (golf, equita-

zione)? No di certo, perche in un paese come il nostro dove

I'accesso a cert i loisirs (barca, cavalli, grosse cilindrate) edato esclusivamente dai soldi, e facile intendere come la

distinzione non alberghi tra i nuovi ricchi (statisticamentela maggioranza), i quali a malapena hanno imparato, nel

giro duna generazione, a non tenere la forchetta con la de-

stra e a non Farsi crescere l'unghia del mignolo. (Anzi proprio

questa sistematica ignoranza delle "buone maniere" e Forse

quello che spiega in parte il successo di libri come il Bon ton

di Lina Sotis 0 Far salotto di Antonella Boralevi). Non e,

cioe, neppure tanto un perverso snobismo a indurre moire

persone all'acquisto di questi, del resto piacevoli, galatei, ma

e proprio I'inconfessata necessita da parte dei pili di volersi

impadronire d'una certa qual "distinzione" che un tempo s'irn-parava "succhiando il latte" (anche quando era latte d'una

balia popolana), mentre oggi - venendo a mancare tanto le

balie di famiglia, quanto I'esempio di madri autentiche ma

sprovvedute di tradizionale distinzione - deve essere fatico-

samente appresa, sfogliando per l'appunto i manuali di cui

sopra.

Si obiettera allora, che I' assenza di distinzione dei nostri

giorni e dovuta alla rozzezza e alla mediocrira della maggio-

ranza. Credo purtroppo che questa osservazione calzi. Una

generalizzata grossolanita e assenza di gusto e Forse la prero-

gativa dell' epoca in cui viviamo. Eppure non e detto che

129

 

questa assenza di raffinatezza e di decorosita non abbia anchedei Iati positivi.

Quando ero bambino i miei genitori mi portavano da un

dentista molto riguardoso e ossequioso con i suoi clienti il

La moda rnortuaria

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di tortura, era solito esclamare: "Mi consenta, distinto". II

che equivaleva a dire: "Mi scusi, lei che e una persona COSl

distinta, se sara costretto a farle un po' di male". Tanto che 10

si era battezzato "il distinto". Con tutto cia, proprio per la

sua troppa distinzione, l' efflcacia delle sue cure era molto

carsa, anzi del tutto negativa. Ecco, allora, che la troppa

istinzione puo essere aIle volte nefasta, addirittura perniciosa.

Forse dun que non hanno torto i giovani e non giovani

"poco distiriti", grossolani, di cui sopra. 5e ci abitueremo a

na minor distinzione e se rinunceremo noi stessi a volerci

"distinguere dagli altri", col tempo Forse impareremo a essere

eno rispettosi dei diritti altrui e a saper curare flnalmentenche i nostri.

. ,

30

Una nota d'agenzia c'inforrna circa alcune osservazioni ~a~-

te da uno studioso giapponese a proposito della vecchlal.a

(anzi della vecchiaia maschile in particolare) che, secondo lui,

sarebbe bellissima in Giappone, orribile in Occidente e so-

prattutto negli Usa. . . .. . .Che i giudizi estetici siano soggetuvi e quiridi inappellabi-

Ii, I'aveva gia detto Hume: "La bellezza non e . un~ qualita

inerente aIle cose in se, esiste solo nella mente di ChI le con-

templa: ogni mente percepisce una differente bellezza. Qual-

cuno puo persino percepire la deforrnita laddove un altro

percepisce la bellezza". E tutta:ia, una qualche idea s~ll' este-

ticita del corpo umano credo CI possa essere ~oncessa sra pure

con la premessa humiana che quello che place al prosslmo

probabilmente non piace a noi.. .. . .

Vorrei dunque azzardare la mra 0pllllOne di occidentaleche trova gli abitanti del Sol Levante spesso ~car~amente fo~-

niti di bellezza (pur avendo, non solo arnrmrazrone, ma fl-

spetto e quasi venerazione per i loro prodotti artistici). Certo,

molti dei nostri vecchietti (strirninz.iti, grigiastri, ricurvi) op-

pure dei nostri vecchioni (panciu~i, congesti~na~i,. bois i) .son~

tutt' altro che attraenti; e forse, III questo l'opiniorie di CUI

sopra e accettabile, i vecchi e~tremorien.tali sono p~li spi~i~

tualizzati, pili disancorati dall eccesso di grasso, plu dediti

alia meditazione: ed e questo che li rende, se non pili belli,

almeno meno brutti, anche ai nostri occhi malevoli, di quan-

do erano giovani. (Mentre, poi, da bambini, quasi tutti gli

131

 

orientali, dalle testine come capocchie di spilloni neri, sono

deliziosi quanto e pili degli "angioletti biondi" nordici e an-

glosassoni) .

C' e invece un' altra osservazione che credo vada fatta a pro-

Per cui consoliamoci: i vecchi europei (e in questo caso

anche Ie vecchie) sono meno mummificati di que!li america-

ni, rna anche meno asceticamente prosciugati di quelli nip-

ponici, soprattutto quelli che "portano bene" la loro era senza

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posito dei .vecchi americani (e anche delle vecchie in questo

caso). Anzi: macche vecchi e vecchie; uomini e donne "di

mezza eta", perche, come eben noto, una delle fissazioni de!

Nuovo Mondo e proprio quella di censurare, di non amrnet-tere I'esistenza della vecchiaia e addirittura della morte. (Chi

pili roseo, pili rubizzo, pili ben portante d'un morto america-

no, quando, con Ie labbra tinre, Ie unghie smaltate, ben re-

staurato dal mortician di turno, "attende" I'omaggio di paren-

ti e conoscenti adagiato sopra una poltrona 0 un divano nella

Funeral House?). Ma, prima di arrivare al momento del tra-

passo, I'americano deve essere seguito anche nella sua condi-

zione d'uomo "mature". E, a questo punto, c'e un'altra osser-

vazione che ho fatto pili d'una volta e che mi sembra non del

tutto banale. Ho avuto occasione d'incontrare spesso negli

Usa alcuni europei (0 anche alcuni "nativi") che non vedevo

da decenni e che erano stati ormai plasmati dal!' atmosfera di

que! continente. Che cosa mi colpiva in costoro, rispetto ad

analoghi incoritri fatti in Europa? La cristallizzazione, direi

quasi da museo delle cere, di molti di questi conoscenti. I

quali apparivano effettivamente meglio "coriservati" (riel sen-

so letterale della parola) dei loro coetanei europei, rna rispet-

to a questi ultimi, risultavano "ossificati", si presentavano in

una condizione quasi di museificazione, come se qualche so-

stanza chimica ne avesse arrestato la maturazione e I'invec-

chiamento, togliendo ai loro tratti ogni vivacita: mascelle ri-gide, mimica facciale ridotta, gesti stereotipati.

Possiamo, insomma, convenire che I'invecchiamento ame-

ricano e pili artificioso di quello nipponico, che questo, a sua

volta, e pili ascetico (alrnerio in apparenza) di quello europeo.

E, forse, volendo fare dell' esoterismo a buon mercato, si po-

trebbe sostenere che negli Stati Uniti si sviluppano forze di

appassimento e di tramonto, mentre in A\sia forze aurorali e

vitalizzanti. E che quindi la stessa condizione di vecchiaia e

di sclerotizzazione e'~pili consona all'America (si pensi al tra-

mo nro cost improvviso e catastrofico degli imperi precolom-

biani) che all'Asia.

132

far ricorso a cosmesi conservatrici e neppure a privazioni asce-

tiche. Forse perche !' autentica bellezza de! vecchio (e della

vecchia) e proprio quella di denunciare sinceramente la pro-

pria eta: non atteggiandosi a giovin.etti, .no.n tru.cc~nd~sl daragazzine, non rubando di nascosto I capl di vestrarro ai pro-

pri figli, rna, anche se non ~ili circ.ondati dalla venerazio.ne

dei famigliari come nei tempI andati, accettando quelle stJg~

mate di appassimento e di decrepitudine che nessuna cosrnesr

e ness un lifting riusciranno ad annullare.

133

 

La moda del futuro di Londra 0 di Parigi, di Zurigo 0 di Roma: si ha sempre pili

la sensazione di scendere a Rio 0 in Messico. Guardatevi

attorno, quando arrivate col treno alia stazione romana di

Termini, e dite un po' se non vi sembra di essere a San Paolo

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del Brasile 0 a Caracas; a parte la presenza di qualche rudere

romano, sempre pili consunto e rneno appariscente, che, tra

un secolo 0 anche meno, probabilmente sara stato ormai ri n-

chiuso in qualche rnuseo per evitare che si "deteriori" deltutto.

Dunque, anche la nostra cultura e la nostra moda saranno

sempre pili consone e consanguinee a questo indirizzo, da un

lato di internazionalizzazione, dall' altro di meticciato e di

degradazione sccioculturale e di appiattimento del gusto. AI-

tro che deprecare il kitsch, 0 invocare posizioni elitarie! Lin-

cidenza dell' elite culturale e artisrica sara sempre menD in ten-

sa, mentre sara sempre pili evidente l'incidenza, sui gusto e

sulla moda, d'uno stile a un tempo consumistico e catastrofi-

co. (Intendendo qui per "catastrofe" la possibilita di cambia-

menti improvvisi, un tempo inimmaginabili, ma oggi tanto

facili a verificarsi come [e recenti crisi petrolifere e islamiche

stanno dimostrandoci).

Quale sara, a questo punto, la posizione che potra occupa-

re la donna in questo immediatamente prossimo decennio?

Non mi sembra di rischiare molto affermando che l'affranca-

mento della stessa dall'imperante maschilismo d'un tempo

sara con ogni probabilita an cora accresciuto. Constatiamo a

ogni minuto l' esplosione di attivita femminili nell' arte, nella

scienza, nella politica, che ci permettono di considerare sern-

pre maggiore il ruolo della donna nella nostra civilizzazione.

Che significa questa "ingerenza" dell'elemento femminile

nella cultura e nella sociera? Forse proprio una dernaschiliz-

zazione globale del nostro universo, pili che una virilizzazione

dell'universo femminile. Si osservi la pittura, la fotografia, 1 0

stesso teatro: anche se prevale ancora di gran lunga I' apporto

maschile, e evidente pero come alcune forme espressive dei

nostri giorni siano gia divenute di stampo femminile (meno

rigide, pili duttili, meno "razionali"). La moda stessa, questa

grande e potente forza comunicativa di sempre, risvegliandosi

negli ultimi tempi dallo stato di degradazione cui I' avevanoridotta certe forme recenti di epidermica rivolta sociopolitica,

Molti scrittori di fantascienza hanno buon gioco nel de-

scrivere la vita, la societa (e la moda) del 4000, 0 addirittura

del 40000: dopo la "catastrofe", dopo la contaminazione ato-

mica, dopo la guerra di tutti contro tutti. Pili difficile, invece,

descrivere e ipotizzare, ora, quello che accadra in un irnrne-

d~ato futuro. Che potrebbe essere del tutto dissimile dall' og-

gl, rna anche del tutto simile, almeno nelle grandi linee. Ed eproprio questa seconda ipotesi che giudico pili probabile. Ossia:

non credo che la moda, e Ie mode culturali in genere subiran-

no nel decennio che ora ha inizio trasformazioni sensazionali.

In fondo il grande crollo di molti princlpi etici, estetici e

sociopolitici e gia avvenuto quasi a nostra insaputa e molto

prima del troppo decantato e celebrato 1968. E avvenuto in

definitiva con la Seconda guerra mondiale. E stato allora che

la nostra civilta s' e accorta che si poteva vivere anche senza leautomobili, il telefono, il telegrafo, regredendo a condizioni

pretecnologiche, a uno stadio quasi trogloditico, senza con

cio trasformarsi in selvaggio Al contrario, il consumismo fero-

ce e il boom industriale degli anni Sessanta sono stati solo

na fiammata effimera, che ha illuso e continua a illudere

na non piccola porzione dumanita nonostante I'incombere

:l'una preoccupante crisi energetica. E, tuttavia, credo che

.iellimmediato futuro non sara tanto la presenza 0 I'assenza

Ii petrolio 0 d'uranio ~ contare, quanto la progressiva "terzo-

nondizzazione" dell'Occidente e, in genere, della popolazio-

te mondiale. Basta guardarsi attorno atterrando all' aero porto

13 4 135

 

ha "ccntagiaro", se COS1possiamo dire, anche il settore ma-

schile con i suoi moduli e i suoi schemi, coi suoi trabocchetti

e i suoi agguati.

Un riscoperto potere della moda, dunque, in una civilta

che ha distrutto molti degli altari innalzati aile Divinita Arti-

I'arornica" rna molto pili semplicemente di estrapolare, dalle

attuali condizioni, quelle che potrebbero diventare le stesse

tra quindici 0 vent' anni.

Se, allora, le condizioni economico-politiche del mondo

sono destinate a rimanere abbastanza simili aile attuali, riten-

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stiche del passato. Anzi, un trasferirsi di certi aspetti caratte-

ristici della moda anche ai territori dell'arte, della cultura,

magari delle religioni, dei riti: si osservino i cerimoniali sem-

pre pili frequenti e pili ubiquitari di sottomissione a pratiche

pseudoiniziatiche, a rituali magici e astrologici, a droghe e a

esercizi per raggiungere stati di sensorialita abnorme, sempre

accompagnati da un corteo di parafernalia esotici. Sono tutti

fenomeni dovuti alia presenza di altrettante mode comporta-

mentali 0 esistenziali, che gruppi sempre pili folti di indivi-

dui seguono e abbracciano.

Quesro potere della moda (vera e propria) e delle mode,

insomma, prepara Forse all'uomo e alia donna di domani una

maggior flessibilira di fronte aile possibili, e magari dramma-

tiche, vicende future, anche se non offre nessuna arma effi-ciente per metterci al riparo dalle stesse.

E possibile allora prevedere quale sara I' evoluzione della

moda di qui a quindici 0 vent' anni, 0, per semplificare i

conti, attorno al Duemila? Da quanto ho osservato sin qui,

credo che sia lecito individuare quali potranno esserne le con-

dizioni nei prossimi decenni.

Tutto natural mente dipendera dagli sviluppi economici e

politici delnostro pianeta. Ma, scartando l'ipotesi d'una pros-

sima guerra atomica, che ovviamente cancellerebbe per sempre,

o almeno per alcuni millenni, ogni parvenza di moda, ritengo

che sia facile ipotizzare una situazione abbastanza analoga a

quella attuale: ossia senza clarno rose trasformazioni nella men-

talita e nei costumi degli abitanti. Anche se dovesse verificarsi

un massiccio aumento delle popolazioni di colore, anche se il

perno della nostra civilta non Fosse pili situato in Europa, rna

in Asia 0 nell'America Latina, credo che sara ancora sempre

la "civilta occidentale" a dominare il mondo, soprattutto per

quanto concerne 1 0 stile dell' oggetto industriale, quello dell' ab-

bigliamento e di tuttq quanto ruota attorno allo stesso.

Non si tratta insornma di ipotizzare soluzioni fantascien-

tifiche d'una Moda del Cinquemila, 0 d'una "Moda-dopo

go che si possa prevedere il verificarsi di due sostanziali circo-

stanze: 1) l'uniformarsi del vestiario, femminile e maschile,

per quanto riguarda le con~izioni di _vita "nor~ale", ~i .vit~

lavorativa; 2) per contro 1accentuarsi delle dlfferenZlazlOnl

negli abiti serali, da cerimonia, da turismo, da sport.... .

Se, come si puo prevedere, 0 come sarebbe auspicabile

prevedere, si assistera nel prossimo futuro a un miglioram~n-

to globale dello standard di vita e anche a una progres~l:a

scomparsa di quelle differenze di classe che ancora Oggl 111

parte resistono, e abbastanza verosimile che si giunga anche a

una uniformizzazione del vestiario in tutta quanta la popola-

zione d'una determinata nazione (soprattutto in quelle ormai

rientranti nell' area della civilta consumistica). Ecco perche

ritengo che sia verosimile l'ipotesi d'una adozione di abi~imolto sobri e privi di squilibri stilistici per tutto quanto n-

guarda le attivita lavorative, mentre ritengo per contro che

l'uomo tenda, come sempre, e anche pili d'un tempo, a sbiz-

zarrirsi nelle situazioni eccezionali, nelle ore dedicate al loisir,

agli svaghi, agli sport, alla vita mondana, 0 a quella dei pili

intensi rapporti sociali.

Penso, allora, che si potrebbero prospettare alcune esem-

plificazioni, neppur tanto utopiche, di quella che potrebbe

essere la moda dun immediato futuro. E vediamone le carat-

teristiche salienti:

1) Con l' accentuarsi delle diversificazioni tra l'''abito di

tutti i giorni" e quello destinate a circostanze particolari, epossibile ipotizzare alcuni prototipi di vestiario assai peculiari

che vanno dall' abito serale, molto insolito e avveniristico, ma-

gari decisamente revivalistico, a quello da via~gio 0 ~a turi~

smo, pili funzionale rna sempre altamente dlfferenzlato. 51

assistera, cost, alia presenza di abbigliamenti decisamente rifa-

centisi a un' atmosfera romantica, con abbondante ricorso a

elementi ornamentali, e magari con l' adozione di stilemi revi-

valistici; mentre d'altro canto sara probabile l'impiego di tes-

136 137

 

suti oggi considerati abnormi, che possono perSlnO ricordare

alcune note illazioni fantascientifiche.

2) In completo contrasto con questa situazione di sbri-

gliata fantasiosira, destinata al vestiario specialistico, serale e

mondano, ritengo abbastanza probabile che nella vita di tutti

Bibliografia

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i giorni si vengano imponendo abbigliamenti standardizzati,

quanto pili possibile funzionali, probabilmente di tipo unisex;

e, ipotesi non difficile da proporre, provvisti di alcune segnala-

zioni (di grado, di professione, di indirizzo) che permettano

l'immediato riconoscimento del livello professionale di chi le

indossa.

Sara facile obiettare a questo punto che le mie ipotesi

riposano sopra un ben scarso piedistallo di rigorose statistiche

o di ponderate analisi del mercato, nonche delle prevedibili

condizioni economiche future. Non presumo certo di aver

scoperto la verita della moda Iutura, rna solo di aver cercato

di intravedere quali potrebbero essere gli indirizzi del nostro

abbigliamento secondo un ordine di idee esclusivamente ba-sato sull' analisi di quella che potrebbe essere, 0 rivelarsi, la

menralira degli uomini d'un prossimo futuro.

Se i nostri bisnonni appaiono ai nostri occhi come rivestiti

di abiti estremamente cristallizzati e "formalistici", rispetto

alla grande varieta e soprattutto alla sconfinata li berra dell' ab-

bigliamento attuale, non fa specie pensare che i nostri proni-

pori, pur mantenendo e anche esaltando la Ianrasiosita del

loro abbigliamento edonistico, siano invece costretti a limita-

re quello destinato al lavoro e all' attivita quotidiana, secondo

una norma che oggi puo sembrarci coercitiva, rna che domani

potrebbe invece diventare del tutto accettabile.

138

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2005 La moda. Una introduzione, Rorna-Bari, Laterza.

Simmel G .

1976 La moda, in AA.VV., Arte e Ciuilra, Milano, Isedi.

Steele V.

1996

Fetish. Moda, sesso e potere, Roma, Melterni, 2005.

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Steele V.

2003 Fashion, italian style, London, Yale University Press.

Veblen T.1949 La teoria della classe agiata, Torino, Einaudi.

Vercelloni 1 .

Sommario

5/7/2018 Gillo_Dorfles copia - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/gillodorfles-copia 71/72

1966 II corpo imposto, in AA.VV., Almanacco Letterario Bomp iani

1967, Milano, Bompiani.

Vecellio C.

1590 Degli Habiti anticbi et moderni, Bologna, L'inchiostro blu,1983.

Volli U.1988 Contro la moda, Milano, Feltrinelli.

Warhol A.1975 La Filosofia di Andy Warhol, Genova-Milano, Costa & Nolan,

2008.

Zanon R.

2003 Allestimento per la moda, Padova, Cleup.

142

5 Introduzione

8 La moda del mondo

11 E se i nostri uomini politici S1 scambiassero i vestiti?

13 Esiste ancora il vero lusso?16 La moda fetish

19 Riti insensati: dai gesti al vestiario

22 I creatori della moda sono solo artigiani 0 anche vert

artisti?

24 Dopo il lusso ecco la falsa poverta

27 E ora che l'Europa imiti se stessa

30 Tentazioni in passerella

32 Le motivazioni della moda

38 La moda: costanti e incostanti

40 L'uomo e la moda

43 Moda tra colore e struttura

46 La moda degli stivali

49 Camuffarsi

51 La moda del travestitismo

53 La moda del nudo

57 La moda del carnevale

60 La moda del rock

 

Gillo Dorfles (Tr ieste, 1910) a par ti re dagli anni

Trenta svolge un' intensa attivita di critica d'ar-

te e saggistica ("Rassegna d'Italla; "La Fiera

l.etteraria=Dornus=Aut Au t"). Libero docente e

poi ordinario di estetica aile Unlversita di

62 Moda e pzz

65 Moda e sport

69 La moda della mmlgonna

72 La moda dell' abito turistico

5/7/2018 Gillo_Dorfles copia - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/gillodorfles-copia 72/72

Finiro di stampare nel mese di dicernb re 2007

da Srampa Ediroriale sri \

strada statale 7 /b is - Zona indu striale di Avellino

'~ 83030 - Manocalzari (Av)

rel. 0825/626966 fax 0825/610888

per conro di cosrlan ediror isri. Milano.Forocomposro da Punro Ediroriale, Genova

Milano, Trieste e Cagliari, nel 1948 e stato tra i

fondatori del Movimento di Arte Concreta.

Numerose Ie sue pubblicazioni a carattere sto-

r ico- fl losofi co e ant ropo-soc io logico. Tra quellepiu recenti, Lacerti della memoria (Compositori,

2007), L'intervallo perduto (Skira, 2006), 1 0 , Gillo

Dorfles. Fare spazio al tempo in 23 pitture

(Nico lodi , 2006) , D is cor so t ec ni co d el le a rt i

(Marinott i, 2004), Leoscillazioni del gusto (Skira,

2004),Nuovi riti, nuovi miti (Skira, 2003).

74 La moda del manichino

77 Non bastano le "buone maniere"

80 La moda del nomadismo e dei ciberpunk

84 Conformismo e moda giovanile

87 Creativita underground e tribalismo sociale

90 Moda e cinerna

93 Moda e perso nalita

95 La moda del padre bambinaio

97 Andy Warhol e la moda

101 T-shirt come mass medium

105 Moda del costume teatrale109 Degli Habiti antichi et moderni

115 Moda e styling

117 Volto truccato, oggetto decorato

121 Moda e design

123 II design e la moda della globalizzazione

126 L'automobile tra stile e moda

128 Moda e distinzione

131 La moda mortuaria134 La moda del futuro

139 Bibliografia