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Periodico di informazione del Movimento Testimoni del Risorto N. 3 2010 I genitori - i giovani: la speranza Sabino Palumbieri pag. 4 Giovani in famiglia, oratorio domestico Luis Rosón Galache pag. 6 Le ragioni di un dialogo Arturo Sartori pag. 8

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Page 1: Giovani in famiglia, Le ragioni oratorio domestico di un ...testimonidelrisorto.it/files/TRNews/2010/TRNews_2010_3.pdfArturo Sartori pag. 8. sommario N. 3 • 2010 Periodico quadrimestrale

Periodico di informazione del Movimento Testimoni del Risorto

N. 3 • 2010

I genitori - i giovani: la speranzaSabino Palumbieri pag. 4

Giovani in famiglia,oratorio domesticoLuis Rosón Galache pag. 6

Le ragioni di un dialogoArturo Sartori pag. 8

Page 2: Giovani in famiglia, Le ragioni oratorio domestico di un ...testimonidelrisorto.it/files/TRNews/2010/TRNews_2010_3.pdfArturo Sartori pag. 8. sommario N. 3 • 2010 Periodico quadrimestrale

sommario

N. 3 • 2010

Periodico quadrimestrale Registrazione Tribunale di Roma n. 579 del 28/12/2001■ Direttore responsabile: Massimo Tarantino - [email protected] ■ Segreteria di redazione: Maurizio Parotto, Silvana Mora - [email protected] ■ Collaboratori fissi: Sabino Palumbieri, Agostino Aversa, Cesira Ambrosio,

Luis Rosón Galache, Virginia Gallotta, Antonietta Grasso, Anna Massa, Arturo Sartori

■ Segreteria amministrativa: Agostino e Cesira Aversa - [email protected]■ Sede: 00185 Roma - Via Castelfidardo, 68

L’invio di articoli e fotografie include il consenso per l’eventuale pubblicazione,pertanto, anche se non pubblicati, non saranno restituiti.

Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Tutti i diritti riservati.

Tipolitografia: Istituto Salesiano Pio XI - [email protected] - tel. 06.7827819 - 067848123Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - Finito di stampare: dicembre 2010

Testimoni del Risortotel. e fax 0815322819 E-mail: [email protected]

www.tr2000.it

Volontari per il Mondo - OnlusRoma, Via Castelfidardo, 68tel. 081 8711297fax 081 3944177E-mail: [email protected]

La finestra del Coordinatore

Carissimi tutti del Movimento TR,dopo 25 anni di impegno come Co-ordinatore Generale apro, per l’ul-tima volta, la mia finestra sul TR.Da essa si affaccerà, dal prossimonumero, Lello Nicastro, il nuovocoordinatore generale, eletto, per il

prossimo quinquennio, dal Consiglio Generale, il 18aprile 2010. Una finestra rende bene l’idea del pas-saggio: un cambio di panorama.La mia finestra si è affacciata sull’evoluzione di unMovimento, che tendeva a definirsi in una giusta col-locazione nella Chiesa, con una progettualità di cre-dibile testimonianza pasquale. Bisogna dire che il no-stro Movimento in questi 25 anni non è stato fermo.Agli inizi degli anni ’80, insieme ad altri pochi, l’hovisto nascere nel cuore e nella mente di don Sabino.Unico desiderio di quei pochi era solo quello di cam-minare insieme, vivendo il vangelo alla luce dellapasqua di Gesù. Ed ecco, invece, che oggi consegnoa Lello un Movimento che di cammino ne ha fattotanto, spesso in maniera “artigianale”, ma lo SpiritoSanto ha fatto la sua parte, portandoci a più vastiorizzonti. Così il TR, partito con un progetto appenaabbozzato, si presenta attualmente con una degnacarta di identità: Movimento appartenente alla F.S.,riconosciuto dalla CEI, con una propria specifica pre-ghiera, la Via Lucis, con un volontariato attivo e produttivo, con la ricchezza della speciale consegnadella spiritualità familiare dei Beati coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi. Il progetto è ormai unPiano strategico quinquennale.Come i profeti dell’A.T. consegno ciò che ho avuto dipiù caro (Ger 12,7), affinché il nuovo coordinatore pos-sa scoprire i tesori nascosti (Is 45,3) nel Movimento(!).Allora, a questo punto, quale sarà il panorama su cuiLello aprirà la sua finestra? Senz’altro su orizzontinuovi e, nel segno della speranza, più vasti: gli oriz-zonti, specialmente quelli spirituali, si allargano seci si eleva nell’ottica divina dell’amore e delle operedi carità. Il Piano strategico quinquennale e il Rego-lamento dei ruoli e delle funzioni sono già due pisteben definite, rappresentano un ventaglio di azioniper crescere nell’appartenenza al Movimento e nel-l’impegno laicale di Testimoni del Risorto. E oggi ilTR è giunto anche al di là del territorio nazionale.Auguro, quindi, a Lello di andare sempre oltre, intutti i sensi, per giungere là dove non è stato possi-bile a me e alla mia equipe. La fiducia nella presen-za del Risorto non ci deve mai abbandonare. Dicia-mo con S. Paolo “Scio cui credidi”: So in chi ho postola mia fede (2 Tim 1,12).Caro Lello, dalla tua finestra vedrai come lo SpiritoSanto ti e ci sorprenderà, guidandoci verso traguar-di inaspettati. E ancora una volta ti rinnovo i miei auguri, oranti, con le parole di S. Paolo: “Il Padre della gloria ti doni uno spirito di sapienza [...] e illumini gli occhi della tua mente” (Ef 1,17).A voi tutti, cari fratelli nel Risorto, l’augurio di unfruttuoso cammino spirituale, col coordinatore gene-rale, fatto di preghiera e di opere per la gloria di Dio.Vostro fratello sempre

Agostino

2 La finestra del Coordinatore

3 Il futuro del Movimento TR:dipende da tutti noiRaffaele Nicastro

4 I genitori-I giovani:la speranzaSabino Palumbieri

6 Giovani in famiglia,oratorio domesticoLuis Rosón Galache

8 Le ragioni di un dialogoArturo Sartori

10 Non semplici attori,ma protagonistiFrancesca Cocomero

11 Mi ricordo… mi ricorderò ancora…don Aloys Ghislain Mewoli

13 L’arrivo a Petrella di don AloysFulvio Di Lisio

sommario14 Un sogno realizzato

A cura del Cenacolo di Milano 2

15 Da Nola in missione per l’AfganistanGiuseppe De Riggi

16 Un Settore sempre in movimento…Valentina Palomba

18 Esercizi Spirituali… giorni per lo SpiritoCarmen Cosentino

19 La comunità riflette 2010:“Autore in cerca di protagonisti”Anna Maria Merola

20 In ricordo di Don L’ArcoSabino Palumbieri

22 Questionario TRnews:risultati, riflessioni, stimoliSilvana Mora e Maurizio Parotto

23 Notizie dai Cenacoli

In copertina:La famiglia... «Sicurezza è qualcuno a cui appoggiarsi» (C.M. Schulz)

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Nel momento in cui assumo l’incarico di Coordina-tore Generale del Movimento desidero inviare a

tutti gli appartenenti un affettuoso saluto, accompa-gnato dalla richiesta di sostegno e preghiere perchépossa essere all’altezza del compito affidatomi.Sono consapevole della difficoltà del lavoro che miaspetta, ma sono anche certo che se il Signore mi hachiamato, tramite voi, a servirlo servendo il Movi-mento, saprà anche darmi la forza fisica e morale perfare della mia disponibilità iniziale un servizio a Luigradito. A nessuno sfugge come questo cambio di ge-stione sia capitato in uno dei momenti più difficili cheil Movimento abbia mai attraversato: le difficili con-dizioni di salute di alcuni riferimenti essenziali per ilMovimento, la stanchezza di altri, la morte di alcuniamici che sono stati i primi annunciatori della gioiache viene dalla resurrezione di Gesù ci stanno met-tendo a dura prova, facendo apparire i 25 anni appe-na trascorsi, periodo breve di una vita umana come diquella di un Movimento, come i 50 anni di una fatico-sa esperienza che comincia a lasciare il segno, facendoperdere l’entusiasmo delle origini.Ecco, allora, un primo impegno che ci attende per ilfuturo, nel solco del Piano strategico quinquennaleappena approvato: riscoprire il senso di appartenen-za al TR e alla Famiglia salesiana di don Bosco che,ispirandosi al cammino dei due Discepoli di Emmause radicandosi nella forma di preghiera della Via Lucise nel servizio agli ultimi col volontariato, sia capacedi attirare nuove forze aumentando il numero di “te-stimoni” e garantendo il ricambio tra gli “animatori”ed i responsabili dei nostri cenacoli.Ma nessun ricambio generazionale, sia a livello nazio-nale che locale, potrà essere efficace se non sarà basa-to su una costante formazione personale e comunita-ria che, realizzata anche per zone di territorio, portiognuno a scoprire l’appartenenza al Movimento co-me una strada per la salvezza.

Riscoprire il senso di appartenenza al TR e alla Famiglia salesiana,curare la formazione personale e comunitaria, dedicare attenzione particolare ai giovani

Il futuro del Movimento TR dipende da tutti noidi Raffaele Nicastro, Coordinatore Generale

Intervento del nuovo coordinatore 3

Raffaele (Lello) Nicastro, nato a Portici (NA) il 14.1.1955, laureato in Giurisprudenza, è responsabile dell’Unità Acquistie Gare della Società Regionale “Eav Bus srl”. È stato Consigliere circoscrizionale a Portici negli anni dal 1975 al 1979 esuccessivamente a Napoli-Vomero a metà degli anni ’80.Nella Famiglia salesiana a partire dal 1970, sia come ex-allievo che come Salesiano Cooperatore. In tale ultima Associa-zione, è stato prima Consigliere Ispettoriale per la Campania-Basilicata, con l’incarico di responsabile dei Giovani Co-operatori, poi Coordinatore Regionale ed infine Vice-Coordinatore nazionale, partecipando alla stesura del Nuovo Rego-lamento di Vita apostolica pubblicato in quegli anni.Ha cominciato a frequentare il Movimento TR nel 1997 ed è stato, negli ultimi 5 anni, Coordinatore del Cenacolo di Napoli,prima di essere chiamato a ricoprire l’incarico di Coordinatore Nazionale.È sposato dal 1979 con Susy Mocerino, anch’essa cooperatrice salesiana e referente di Ambito nel TR, e ha 3 figli: Ema-nuele, di 30 anni, medico, Giampaolo di 26 anni, salesiano e già animatore nel TR, e Maria Teresa di 16 anni, anche leinel gruppo Giovanissimi del Movimento.

Tra i “nuovi” che dob-biamo cercare e for-mare, un’attenzioneparticolare va riser-vata ai giovani, nonsolo perché sono loroa garantire il futurodel Movimento, maperché sono stati an-che i destinatari del-l’impegno apostolicodi Don Bosco, fondatore della nostra Famiglia di ap-partenenza e irradiatore, tra essi, della gioia pasquale.Un grazie particolare, quindi, a chi, all’interno del TR,si dedica con impegno e passione alla formazione deiragazzi, dai più piccoli ai giovani: il Risorto li ricom-pensi dei sacrifici e delle rinunce che sopportano per“il bene delle anime” loro affidate.Un grazie sentito e riconoscente anche a chi mi hapreceduto in questo delicato incarico, per tanti lunghianni, tanto che sarà difficile immaginare un TR chenon sia sotto la sua guida: il prof. Agostino Aversa sa-rà sempre “il” Coordinatore generale del Movimento,mentre io potrò solo essere “un” Coordinatore.Rimarrà tra gli animatori del Movimento come refe-rente, insieme alla sua Cesira, preziosa e indispensa-bile compagna di vita e di impegno, per testimoniareche il Signore Risorto si può annunciare in tutte le si-tuazioni e le età della vita ed in tutte le varietà di im-pegni cui siamo chiamati.Infine grazie a tutti i responsabili nazionali, al nuovoSegretario Generale, ai referenti di Ambiti ed ai coor-dinatori e animatori locali: mi auguro che continuinonel loro impegno in modo sempre nuovo ed originalesenza mai farsi prendere dall’abitudine e dallo sco-raggiamento.Il futuro del Movimento “Testimoni del Risorto” di-pende da tutti noi, nessuno escluso.

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Il disagio della civiltà, del qualetanto si parla, è un clima che si

respira in tutti gli ambiti a tutte lelatitudini. Precarietà, relativismo,nihilismo creano quell’atmosferafobica che emerge dalle analisi so-ciologiche di Z. Baumann.La globalizzazione – che potrebbeessere un’occasione provvida disostegno mondiale ove fosse gui-data da valori condivisi, è invecedominata da un liberismo sfrena-to, funzionale al mercato, all’impe-ro della finanza sull’economia rea-le. Questo è condizionante la poli-tica e le esigenze reali della societàa partire dalla famiglia e dagli uo-mini di domani già presenti, ra-gazzi e giovani che vedono il futu-ro sbarrato.Le psico-diagnosi societarie si mol-tiplicano. Ed erompe l’interrogati-vo: da dove ripartire? Le rispostesono senza numero. Ma le espe-rienze storiche di questo terzo mil-lennio confermano che il punto di

inizio non può essereche quello della coscien-za formata ai grandi valori. E questo, in untempo post-ideologicoove il regime da giunglaè sempre più vasto espiazzante. Si tratta ditornare al centro del-l’uomo ben sapendo chel’uomo è un essere in di-venire. Egli si fa più uo-mo per irradiazione del-l’umano in un ambienteumano. Tale irradiazione si chiamatestimonianza.Quanto più primarie e naturali so-no le relazioni tanto più è duraturae incisiva l’irradiazione umana.L’ambiente familiare è ordinaria-mente decisivo per questo irrinun-ciabile traguardo. Le relazioni tra iconiugi sono alla radice. Se miranoa crescere in umanità come in unaformazione permanente e integrale, al-lora il milieu che ne scaturirà saràossigenato. Permanente: siamo tutti,per sempre, alla scuola della vita.Integrale: l’uomo è un costitutivo dicorporeità, di intellettività, di li-

bertà, di relazionalità culminan-te nell’amore che dice oblativi-tà e unità nel rispetto della di-

versità dell’altro. Non è solomateriale biodegradabile, èanche spirito, con l’inestin-guibile desiderio di Dio, ga-rante e fondamento dellastabilità dei valori. E non diun Dio inventato, ma delDio rivelato con l’evento ir-

refutabile della resurrezione.La coniugalità è reciprocità di

dono in funzione dell’allarga-mento del circuito ai frutti viven-

ti dell’amore, i figli. E, insieme conloro, per la costruzione paziente

di un mondo più armonioso evivibile.

I coniugi sono chiamati alla gene-razione di esseri che sono anche dinatura spirituale. Pertanto il lorocompito non si può limitare allagenerazione e alla successiva curacorporea, ma soprattutto deve pre-murarsi per la generazione spiri-tuale. Che è progressiva e inces-sante. E che ha un nome preciso:educazione. Mai come in questo ca-so nessuno dà quello che non è.La generazione è donazione di vi-ta. L’educazione è donazione di ragioni di vita, di valori cioè chedanno il senso della vita. L’operaeducativa ha come compito forma-re verso la perfezione l’uomo inquanto uomo immerso e accompa-gnato in quell’ ”utero spirituale”,come lo chiama S. Tommaso, che èla comunione familiare. La creatu-ra umana passa dall’utero biolo-gico a quello spirituale. E ciò cheeduca è più quello che si vede fareche quello che si sente dire. Gli oc-chi più che le orecchie sono veicolidi educazione. Che è quanto direc’è estremo bisogno di testimonia-re i valori previa loro incarnazione.Ciò che i genitori fanno, ciò che igenitori sono risultano energie ir-radianti e perduranti. Questo esigepazienza nel lavorarsi e nel farsi lavorare dallo Spirito Santo che ciinabita e dai segni dei tempi.

I genitori-educatori facciano leva credibilmente sulle sensibilità più acute dei ragazzi e dei giovani di oggi per la giustizia, la pace, la solidarietà. I giovani intravedono la possibilità di una novità ove non siano

bruciati dalla rassegnazione ma aiutati ad alimentare la passione ideale, con la fantasia creatrice

I genitori - I giovani: la speranzadi Sabino Palumbieri

Giovani e famiglia4

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L’educazione è una trasfusione diessere. È far respirare il proprio es-sere carico di autentici valori perfar aspirare agli ideali degni disperare e far sperare.I genitori sono generatori di vitaincessante ove i generanti assicu-rano al generato forza per la cre-scita nella misura in cui sono sani.Cioè autentici, equilibrati, elevantiperché elevati. La genitorialità diventa così il se-gno vivente della paternità-mater-nità di Dio fonte sorgiva dell’esse-re. Essa è amore, dialogo. È dono eperdono. È tensione verso il verobene dell’altro. Va tenuto presente– come Plutarco ricordava – chel’anima del figlio non è un vaso dariempire, ma un fuoco da alimen-tare. Non fare al posto di; non farfare con costrizione, ma far voler fare. L’educazione è arte. Si tratta diagire anzitutto con la testimonian-za affinché i figli siano motivati econvinti. Il problema serio dellagenitorialità oggi non è la carenzadi autorità ma di autorevolezza, cheè coerenza, sapienza, e fede. Che èesercizio paziente del trinomio delsistema preventivo di don Bosco:ragione, religione, amorevolezza.Che è quanto dire motivazione, fe-de, amore che parte dalle vere esi-genze dell’altro. È questo il quarto comandamentoampliato: onora tuo figlio e tua fi-glia. E qui l’onore è l’impegno afarli uomini e donne in piedi e inatteggiamento pasquale.Così la famiglia diventa palestra diumanesimo vero.Viviamo tempi difficili per tutti.

Oggi è più ardual’ars educandi dei ge-nitori. Si presentadura la resistenzadi tante stimolazio-ni dei ragazzi e gio-vani del terzo mil-lennio. Essi soffro-no di disagio a li-vello culturale: nel-l’infosocietà hannosovrabbondanza dinotizie ma carenzadi criteri per fare sintesi. A livello psicologico: soffrono di in-stabilità psico-affettiva, idiosincra-sia di un impegno permanente. A livello economico: avvertono fo-bia per il futuro, per l’inacessibili-tà al lavoro, e quindi alla creazionedi una famiglia. A livello politico: presentano diffi-denza, sfiducia, sentimento di im-potenza al mutamento.La famiglia è tentata da questosenso di impotenza.Ma davanti ad una casa che brucianon si può guardare stracciandosile vesti. La famiglia resta sempre ilcardine della speranza grazie altessuto materiale dei rapporti diamore quando siano funzionanti.I genitori-educatori facciano levacredibilmente sulle sensibilità piùacute dei ragazzi e dei giovani dioggi per la giustizia, la pace, la so-lidarietà. Le esperienze del millen-nio approdano, attraverso falli-menti e frantumi, alla riscopertadel centro del trinomio libertà,uguaglianza, fraternità. E il centro èappunto quest’ultima, interpretatanon nel senso nominalistico maevangelico. L’uguaglianza dice an-che verità per una pressione demo-cratica a servizio del loro futuro. Ela libertà senza fraternità è giungla.I giovani intravedono che questo èun itinerario in salita. Intravedonola possibilità di una novità ove nonsiano bruciati dalla rassegnazionema aiutati ad alimentare la passio-ne ideale, con la fantasia creatrice.Si percepisce oggi la fine di unmondo e si intravedono le arcate diuna storia diversa, al di là dei raz-zismi, dei cinismi, degli affarismi di

certi gestori del potere. Mai comeoggi è necessario ricordarsi: you cando it, lo puoi fare.Urge additare testimonialmentel’amore come oblativo che è il se-greto di una giovinezza perma-nente. Che non dipende dagli annima da uno stile di essere. E che èqualificato dal porre tutto in fun-zione dell’amore vero, che si fa so-lidarietà coi poveri più poveri,questi “dannati della Terra”.Giovanni Paolo II esortava i giova-ni a farsi discepoli del Signore, ilvivente: «È vero: Gesù, è un amicoesigente che indica alte mete, chie-de di uscire da se stessi per andar-gli incontro. Abbattete le barrieredella superficialità e della paura.Incontrerete Gesù lì dove gli uomi-ni soffrono e sperano, nei piccolivillaggi disseminati lungo i conti-nenti apparentemente ai marginidella storia e nelle metropoli dovemilioni di esseri umani vivono co-me estranei».Genitori ed educatori in sinergiasono chiamati a coadiuvare i nostrigiovani ad essere uomini e donnedi speranza, cioè autenticamen-te pasquali. Hanno un potenzialespesso nascosto di risorse e spe-ranze.E la base della nostra speranza nonpuò essere altro che Cristo Risorto,vincitore del male supremo, indi-catore di una vita piena, garante diuna storia nuova.

Giovani e famiglia 5

ERRATA CORRIGENel TRnews 1-2010 Speciale 25º,

l’icona a pag. 6 è stata erroneamenteattribuita alla pittrice di icone ClaudiaRapetti. Ci scusiamo per l’errore.

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Sappiamo molto bene come oggi,più che mai, la famiglia si trova

in seria crisi nel campo sociale. C’èuna tendenza a negare i valori eticicristiani e a cadere nel relativismomorale, nell’adattamento acritico diquello che è di moda nella societàcontemporanea.

Ci sono delle case nelle quali Dio è “uno strano”, nonsi percepisce la sua presenza; altre invece sono im-pregnate da Lui e contagiano l’esperienza spirituale.Dio non si trasmette con conferenze e parole, ma percontagio, come le malattie. La fede viene contagiatada chi ha esperienza di Dio, da chi ha la propria vitaintrecciata con la Sua.Nella vita familiare impariamo a conoscere il mondoe le cose fondamentali, come chi è Dio. I genitori cheparlano ai loro figli di Dio, che insegnano loro a pre-gare, a essere grati e contemplativi, a condividere ciòche sentono per Lui… mettono le fondamenta peruna fede adulta.Famiglia e oratorio sono due ambienti dove, in mu-tua interazione, tanti giovani possono vivere l’edu-cazione integrale e sperimentare la vita di fede inchiave missionaria. La possibilità di questa ricca in-terazione è una bella scommessa.

Famiglia come oratorio.Vivere in modo cristiano la famiglia

Possiamo descrivere sociologicamente la famiglia co-me una istituzione sociale, un’entità mediante laquale si realizzano servizi e si compiono ruoli im-portanti per lo sviluppo degli individui e dei gruppisociali.La famiglia è l’ambito naturale nel quale l’uomo acquista chiara coscienza della sua dignità, del suoessere amato e voluto per se stesso. Diviene così illuogo dello sviluppo personale: non solo i figli, anche gli stessi genitori trovano nella famiglia unostimolo o un ostacolo per la loro realizzazione e il loro sviluppo.Anche se la famiglia costituisce una istituzione so-ciale, non è semplicemente una realtà o una struttu-ra. Le sue radici più profonde sono antropologiche.La famiglia è una struttura che lo stesso essere del-l’uomo esige per il fatto di essere uomo, in quantotocca il livello più profondo dei suoi bisogni.Il punto di partenza della famiglia è l’unione coniu-gale; è conformata per quanto costituisce l’essenza di questa unione e arriva a essere un “noi”, una

comunità di persone, una comunità di amore e di solidarietà.La famiglia cristiana vive questa comunione di amo-re e di solidarietà in chiave credente ed ecclesiale.C’è in essa un’opzione di fede che orienta il discerni-mento dei modelli di vita e l’impegno per i valoriumani ed evangelici.Il progetto cristiano della famiglia deve confrontarsinecessariamente con il Vangelo. Lì potranno trovare,genitori e figli, insieme, l’orizzonte e i valori che pos-sono illuminare le loro vite. E devono anche guarda-re alla Chiesa primitiva, per la quale la casa familia-re era il luogo di maturazione nella fede, nella cate-chesi e nella preghiera.La famiglia, come piccola Chiesa, è necessariamenteal servizio del Regno di Dio. Proprio per questo, unodei suoi impegni principali è di partecipare attiva-mente alla vita e alla missione della Chiesa: è un ora-torio domestico. È il luogo dell’esperienza di Dio,della comunione, del servizio e della festa.Come l’oratorio, la famiglia costituisce per i giovaniuna vera scuola sociale, che stimola i grandi valori(rispetto, giustizia, solidarietà, amore) e i rapporticomunitari. Il suo principio e fondamento interno,che è l’amore, fa sì che la famiglia possa costruireuna vera comunità di persone.

Famiglia come oratorio, oratorio come famiglia: le fondamenta della “chiesa domestica”

GIOVANI IN FAMIGLIA, ORATORIO DOMESTICOdi Luis Rosón Galache

Giovani e famiglia6

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Oratorio come famiglia.Vivere la fede con i giovani in spirito di famiglia

L’oratorio è uno spazio educativo pastorale partico-larmente adatto per promuovere una partecipazionesempre più intensa dei giovani alla vita. L’amore di-venta dialogo in vero “spirito di famiglia” e può cosìcoinvolgere, fin dal principio, i giovani, motivarli,coinvolgerli e renderli gradualmente sempre piùcorresponsabili nelle attività e nei gruppi che sonoloro più consoni.Nell’oratorio i giovani vanno alla ricerca di un ruoloda protagonisti, coinvolti in prima persona nelle di-verse attività, anche al servizio degli altri. L’oratorioè un luogo dove poter stare liberamente, per quantisono alla ricerca di un posto fuori della famiglia, do-ve potere liberamente essere se stessi, stare con gli al-tri e fare quello che piace.È un luogo popolare per tutti: accettato senza criti-che e adeguato ai bisogni dei ragazzi. I ragazzi con ildoppio ruolo di utenti e animatori stanno volentierinel loro oratorio: accettano le regole fondamentalidella convivenza, dimostrano rispetto e appartenen-za. Hanno però poco senso critico sia nei confrontidella struttura materiale che nei confronti delle per-sone responsabili.È il luogo di incontri informali con amici e coetanei,un luogo di divertimento. Una specie di casa aperta,un luogo di incontro che le famiglie considerano “sicuro e fidato”. I ragazzi vogliono poter stare nelloro oratorio in modo libero, informale, senza con-trasti, ma soprattutto adeguato alla loro instabilitàrelazionale.Lo spirito di famiglia, voluto da Don Bosco per ilrapporto educativo-pastorale con i suoi, è fatto dipratica dell’amorevolezza (apertura, cordialità, gioia,iniziativa, rispetto, pazienza...) e tenta di prolungare,di rivivere lo spirito di una vera comunione familia-re, prestando attenzione alla vita della famiglia.L’oratorio (struttura e/o spirito) favorisce lo spiritodi famiglia: fa crescere il senso di appartenenza epoggia sullo scambio di beni spirituali e materiali.Manifesta, in maniera concreta, la sua solidarietàumana e cristiana verso tutti, con l’affetto e la pre-ghiera.La proposta di vita e di azione di un oratorio partedall’andare incontro ai giovani, accoglierli, farli sen-tire a loro agio, “come a casa”, e nel far emergere inloro quanto di buono, positivo, nobile portano in sé.L’incontro e l’accoglienza portano alla proposta diun cammino educativo integrale; lo sviluppo di que-sto cammino si apre sempre a una proposta di fede,capace di condurre a un incontro personale con Gesùe di svilupparsi in un itinerario di crescita nella fede,verso la ricerca dell’identità cristiana.Attraverso i gruppi si vedono i giovani crescere nelsenso di appartenenza, nell’apertura agli altri, verso

interessi più profondi di quelli da cui sono partiti,accettando e valutando esperienze nuove, in un pro-cesso di formazione sempre più sistematico.Le diverse attività cercano di rispondere a una ne-cessità nella vita dei giovani, stabilendo obiettivi for-mativi, coordinandoli e aprendoli ad altri ambienti,all’interno dell’ambito nel quale i giovani vivono.

Oratorio e famiglia,focolare e laboratorio di vita e di fede

Come la famiglia, l’oratorio è quel focolare caldo cheaccoglie e fa sentire un amore concreto, fatto di attidi benevolenza e vera carità, ma, allo stesso tempo, è un laboratorio formativo di vita e di fede. Ecco lavera sfida.Oratorio e famiglia sono chiamati, in vera interazio-ne, a una proposta evangelizzatrice che deve essere:■ missionaria, secondo il livello dei più lontani, che

risvegli la voglia di fare cammino insieme;■ positiva, fatta a partire dalla vita, dalle aspirazio-

ne e dai bisogni dei giovani;■ ricca e svariata, in proporzione alle possibilità e ai

ritmi di maturazione;■ consistente e impegnativa, verso una crescita si-

stematica e progressiva, fino a un’opzione voca-zionale cristiana.

Giovani, famiglia e oratorio, si richiamano e ci in-vitano a promuovere e difendere il valore della fa-miglia, nucleo fondamentale della società e dellaChiesa, e ci impegnano a costruire questa “chiesadomestica”.Creare un ambiente di famiglia per/con i giovani,nel quale animare, sviluppare e favorire l’accompa-gnamento personale e l’esperienza di gruppo, con ilfine di scoprire la presenza di Dio e servirLo nei piùbisognosi secondo le possibilità concrete, tutto que-sto è collaborare nel piccolo all’avvento del Regno di Dio.

Giovani e famiglia 7

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L’accentuarsi della tensione tra cattolici e laici (*) ra-dica ancor di più la necessità della ricerca di dia-

logo, di confronto e di apertura tra di loro secondo lalinea di autenticità tracciata dal Vaticano II, in cui “l’ascolto in profondità dell’altro resta più importante di qualsiasi riaffermazione delle proprie convinzioni” (E.Bianchi) (1); una ricerca resa impellente proprio dall’in-combere di temi di difficile discussione (procreazioneassistita, testamento biologico, obiezione di coscienza,unioni di fatto, diritti degli omosessuali, limiti etici egiuridici della ricerca scientifica, presenza della reli-gione nella sfera pubblica). Seguo con passione gliscritti di chi si spende in tal senso nell’intento di supe-rare il modo e lo stile che invece sembrano purtroppoprevalere attualmente in questo confronto e ne condi-vido la sofferenza quando, impegnandosi nella ricercadi una qualche piattaforma comune, vengono consi-derati una sorta di traditori o quanto meno di ingenuibuonisti: d’altronde tale reazione “è una delle costantidell’integralismo di tutte le epoche e di tutte le religioni”(Gianfranco Ravasi).È recente la pubblicazione di due testi molto interes-santi sull’argomento: “Per un’etica condivisa” di EnzoBianchi e “Perché laico” di Stefano Rodotà, di cui vi pro-pongo una sintesi essenziale, unitamente ad alcune in-dicazioni di pensiero di altri autori.Per la Chiesa è peculiare porsi come “presidio di autenti-co umanesimo, spazio di dialogo e di recupero di principi con-divisi, luogo di confronto fra etiche e atteggiamenti indivi-duali e sociali diversi” (Bianchi) (2), ma purtroppo solo dirado i cristiani riescono a far percepire a quanti noncondividono la fede lo spessore e la qualità umana deinostri valori, ancora oggi raramente spiegati in terminiantropologici. Molto spesso su una proposta di fede daformulare con mitezza e nel rispetto dell’altro prevalel’intransigenza e la convinzione del tutto infondata chealla cultura laica non appartengano forti valori propri (ecosa sarebbero allora i valori contenuti nella Carta dei

diritti fondamentali?). In realtà “è solo ricono-scendo la pluralità dei va-lori presenti anche nella società non cristiana che sipuò stare nella storia e tragli uomini secondo lo statu-to evangelico”. È crescentela consapevolezza che “ilfuturo della fede non dipen-de mai da leggi dello Stato

e che per i credenti l’atten-zione agli uomini in mezzoai quali vivono e dunque ai segni dei tempi consenteloro di essere messaggeriadeguati e fedeli all’annun-cio che recano, dovendo fa-vorire con le loro parole e le loro azioni l’emergere diquell’immagine di Dio cheogni essere umano, anche ilnon cristiano, porta in sé” (Bianchi).D’altro canto si evidenzia che laicità non significa osti-lità e nemmeno indifferenza dello Stato nei confrontidella religione, ma il fermo proposito di non privile-giare i credenti sui non credenti o di non attribuire ar-bitrariamente ad una confessione religiosa poteri o pri-vilegi negati ad altre confessioni (F. D’Agostino) (3), né lafede nel valore della laicità è negazione di alcuna federeligiosa, anzi può coesistere con la fede più appassio-nata, essendo solo distinzione di sfere, prerogative ecompetenze (C. Magris) (4). Ancora, si ritiene che la lai-cità non deve essere guidata dall’idea di spaccare ilmondo in due, tra credenti e non credenti, ma deve pro-tendersi verso il passaggio da una laicità oppositiva aduna laicità costitutiva, che superi le contrapposizionischematiche con la religiosità senza pensare il relativorapporto solo in termini di conflitto e riconoscendo, an-zi sollecitando, una presenza nel discorso pubblico chetenga conto del contributo profondo che la religionepuò dare (Rodotà) (5). Un laico sente le acquisizioni delcristianesimo dentro la laicità, come pure il cristianopuò dire «perché non possiamo non dirci laici» poichéc’è anche una laicità del cristiano: il problema è quindidi lavorare per una laicità condivisa, che affronti in mo-do serio le grandi questioni nazionali, umane, antropo-logiche, con la convinzione che nessuno ha il monopo-lio della modernità perché di fronte al futuro siamo tut-ti più perplessi di quanto sembri (A. Riccardi) (6).Quindi laicità non solo come tutela delle differenze, maanche riconoscimento comune su un tessuto di valoricostituzionali in nome di quella libertà all’interno del-la quale in fondo siamo tutti nell’ambito di un cammi-no, di un’approssimazione e di una ricerca (L. Lestin-gi) (7); la stessa Costituzione non nasce da un consocia-tivismo ante-litteram, ma da un confronto fecondo gra-zie al quale anche la tradizione cattolica ha lasciato unforte segno, in un contesto che la fa divenire parte diun comune patrimonio laico (Rodotà).

Per la Chiesa è peculiare porsi come presidio di autentico umanesimo, spazio di dialogo e di recupero di principi condivisi, ma purtroppo solo di rado i cristiani riescono a far percepire,

a quanti non condividono la fede, lo spessore e la qualità umana dei valori che essi propongono

LE RAGIONI DI UN DIALOGOdi Arturo Sartori, Cenacolo di Lecce

Laicità8

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Invero dal mondo dei laici non vengono soltanto criti-che o ripulse, ma anche domande che riguardano ilmodo in cui la Chiesa guarda se stessa e si definisce ri-spetto al Vangelo, che non sono tentativi obliqui per ri-cacciare la fede nel privato, ma al contrario significanoriconoscimento e sollecitazione di una presenza nel di-scorso pubblico che non trascuri il contributo profondoche la religione può dare.Se si recupera il senso di un rapporto tra religione e sfe-ra pubblica privo della pretesa di affermare primati oesclusività e di sovrapporre un ordine di valori ad unaltro, la laicità può porsi come un carattere della stessademocrazia, come una dimensione della libertà, unostrumento per la libera formazione della personalità,un elemento essenziale per la convivenza (Rodotà).Queste ragioni di dialogo trovano poi specifica fonda-tezza nelle rispettive esigenze attualmente sussistenti.

Da un lato, la laicità “ha necessità di proiettarsi al di là delsuo originario progetto di tolleranza – non potendosi appa-gare di una società che tollera sempre di più e accetta sempredi meno – e verso il confronto”; ha bisogno “di non guardarealla molteplicità, alla diversità e al multiculturalismo come setutto ciò significasse identità necessariamente separate, ma diriconoscere invece il diritto alla diversità in un quadro di ri-ferimenti universali e comuni”; deve esprimere con con-vinzione il proprio punto di vista, impegnandosi altempo stesso perché vi siano le condizioni per un con-fronto aperto e continuo tra i diversi punti di vista e di-stinguendo quel che deve essere regolato dalla normagiuridica da quel che deve restare affidato alla normamorale e alla coscienza individuale (Rodotà).La stessa legislazione deve liberarsi “da uno schemache affida i suoi interventi solo a norme di “supre-mazia”, che impongono un solo punto di vista, e nonanche di “compatibilità”, volte appunto a consentire la convivenza di valori diversi”, dovendosi ritenere ormai “indispensabile creare un consenso legislativo co-me fase finale di un dibattito pubblico ed intercultu-rale, capace di determinare l’accettazione sociale deiprovvedimenti” (Rodotà).La nuova fase della secolarizzazione, in cui si registral’emergenza dell’individuo, che si percepisce come au-toreferenziale, unicamente teso a realizzare il propriodesiderio ed incentrato sul proprio interesse, che ten-dono ad essere sentiti come diritti (Bianchi), non puòche preoccupare in certo senso anche i laici per il rischiodi ritrovarsi in una società senza un orizzonte comune,senza la preoccupazione della solidarietà e della per-cezione dell’altro in vista di un bene comunitario, unasocietà in cui si tende a richiedere da parte dello Statoil riconoscimento di pretesi “diritti” ponendo la poli-tica in congiunture finora inedite (Bianchi).

Dall’altro, “il problema della Chiesa è immergersi nel con-fronto non per contrapporre una sua verità già definita ecompiuta, ma per capire anzitutto la nuova realtà, cogliernegli elementi validi, aprirle nuove prospettive di sviluppo, of-frirle motivi di speranza”(P. Scoppola) (8).

Per i credenti le principali difficoltà possono rinvenirsinella sopravvenuta propria condizione di minoranza difronte ad una gran massa di indifferenti e di agnosticirispetto alla fede, condizione accentuata dal pluralismodelle religioni e delle culture; nell’enorme capacità tec-nologica causata dai progressi della scienza su materieche tornano a dividere e a con-trapporre le etiche e le fedipresenti nella società; nel-la ripresa dell’anticleri-calismo, pur semprereazione ad un clerica-lismo che si nutre diintransigenza, di posi-zioni difensive e dinon rispetto dell’inter-locutore non cristiano;nelle grandi sfide eticheche premono sulla societàcivile ed in esse la fatica a rac-contarsi, ad affermare le proprie ragioni, a motivare ipropri principi senza destare diffidenza o addiritturaavversione (Bianchi).Desta preoccupazione questo risorgere della religionesoprattutto come risorsa identitaria ed etica che la ren-de più facile preda di forze politiche che vogliono sfrut-tarla a proprio vantaggio e da qui l’impegno della chie-sa a farsi ascoltare, trovando modi e tempi per un in-tervento autorevole ma non autoritario, non calato dal-l’alto ma comprensibile per il suo linguaggio antropo-logico più che dogmatico e teologico, un linguaggionon banale né arrogante ma passibile di essere accoltoanche da chi non condivide la fede che lo genera, sen-za cadute di nostalgia della cristianità, senza accettareo addirittura favorire il processo che conduce la fedecristiana a declinarsi come “religione civile”, cioè comesistema culturale capace di fornire alla società quellamorale comune che si ritiene deducibile solo a partiredalle religioni, senza la tentazione di correre in aiuto esupporto alle società per fornire ed alimentare valori dicui esse hanno bisogno per il loro ordine ed equilibrio,accentuando così la pericolosa e falsante identificazio-ne tra cristianesimo e Occidente (Bianchi).Va comunque detto in conclusione che il dialogo po-stula una profonda conoscenza della propria identitàdi battezzato in una solida amicizia personale con Cri-sto e con un grande senso di appartenenza alla Chiesaintesa come comunità pasquale.

Laicità 9

––––––––––––––––––(*) L’autore usa qui laico nel senso più ampio oggi assunto dal termine, cheviene spesso usato come “contrario alla Chiesa”. Ricordiamo che il senso ori-ginale del vocabolo, dal greco laòs, popolo, indicava un appartenente al po-polo di Dio, battezzato, e, quindi parte della Chiesa. (cfr. TRnews 2/2010, p. 4)

(1) Enzo Bianchi, Famiglia Cristiana, n. 16/2009;(2) Enzo Bianchi, “Per un’etica condivisa”;(3) Francesco D’Agostino, articolo apparso sul “Corriere della Sera”, 14.08.09;(4) Claudio Magris, articolo apparso sul “Corriere della Sera”, 7.11.09;(5) Stefano Rodotà, “Perché laico”;(6) Andrea Riccardi, articolo apparso sul “Corriere della Sera”;(7) Leo Lestingi, articolo apparso sul “Corriere della Sera”;(8) Pietro Scoppola, “Un cattolico a modo suo”.

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Se ci guardiamo intorno, la vita scorre. Lo fa da sem-pre. La nostra realtà pullula. William Shakespeare

diceva che “tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini ele donne non sono che attori”. L’idea è suggestiva, manoi, che ruolo abbiamo in tutto questo?Oggi amiamo definirci gente che vive la vita. Ma quantosiamo sicuri che queste tre parole corrispondano alla veri-tà? Ci ritagliamo l’immagine di figli, fratelli, mogli, geni-tori, ma abbiamo mai pensato a cosa vuol dire essere tuttociò? Forse no. E questo non è altro che un riflesso condi-zionato della società in cui oggi viviamo. Una società do-ve tutto è omologato, dove le belle parole cadono a frotte,povere senza fatti. Ma generalizzare in questo modo sa-rebbe sbagliato. Come fare, dunque, a prendere atto delproblema in maniera più precisa?“Quando si trova un coniuge ammazzato, la prima per-sona inquisita è l’altro coniuge: questo la dice lunga suquel che la gente pensa della famiglia”, asserisce GeorgeOrwell, lo scrittore inglese. Mai affermazione fu più cru-da e disincantata. Mai critica più amara.La famiglia è sempre al centro delle nostre analisi: questoci pone di fronte alla necessità di chiederci: perché?Ma chiedersi il motivo di qualcosa è votato al fine ultimodi analizzarla, di scoprirne le cause, per poi giungere aduna risoluzione. Ma come fare, allora, ad esprimere almeglio il nostro essere famiglia?Ogni famiglia si contraddistingue mediante gli individuiche la compongono, e che vivono secondo le regole cheognuno dovrebbe impegnarsi ad osservare. L’uso del con-dizionale non è a caso, sta a sottolineare come a volte gliequilibri che si instaurano all’interno di una famiglia sia-no fragili ed instabili, a causa delle basi poco solide su cuivengono posti. Quali possono essere, allora, le cause ditale instabilità?In quanto giovane, non posso che evidenziare quellacreata dal rapporto tra genitori e figli. A volte quello a cuisi assiste assomiglia in tutto e per tutto a un round di boxe. Figuratevi la scena: il genitore in un angolo, dietroun tavolo o un divano, intento a brandire una disastrosapagella in una mano, con gli occhi di fuori, i denti digri-gnati e uno strano ringhio che nasce dal profondo dellagola; e il ragazzo nell’angolo opposto, imperlato di sudo-re freddo, in cerca di una via di fuga mentre con tutte le

sue forze cerca di sostenere, sfrontato, lo sguardo dell’av-versario. Qualcuno potrebbe definirla un’esagerata fan-tasia, ma io sarei più orientata verso “prassi quotidiana”.I giovani oggi si sentono sempre esaminati. A scuola co-me in famiglia. E il compito dei genitori è quello di nonfar pesare questo esame, di creare un canale che porti aloro in maniera sicura, ma accorta e discreta.Parli facile tu, che hai diciassette anni, potreste pensare. Sì,ecco, io cerco di essere veritiera. Mai si è visto un giovaneche confessi tutto dei suoi problemi alla madre che lo ob-bliga. E capisco che nemmeno per i genitori si tratti di unacosa semplice, loro che cercano in tutti i modi di compren-dere come starci vicino senza assillarci e allo stesso tempocercando di non farci sentire ignorati. Forse sono loro i veri “incompresi”. I veri “dilettanti”. Dunque, per cercare un punto d’accordo forse è nostro ildovere di fare il primo passo. Riflettiamo: dov’è che ungiovane maggiormente investe il suo tempo e i suoi sfor-zi? La risposta può essere scontata, oppure sorprendente.Le chiamano passioni. Le passioni sono il motore chemuove l’animo e la mente di chi le custodisce e le ali-menta, lo slancio alla vita, la voglia di osare, di combatte-re, di non arrendersi. Possono estinguersi, mutare, diver-sificarsi, moltiplicarsi o scindersi, in un circolo infinito, omeglio in linea retta, poiché le passioni, gli ideali, nonportano l’uomo a ritornare sui suoi passi, ma a sperimen-tare, a esplorare nuove foreste vergini, sempre avanti,sempre in crescita. Chi è appassionato, inevitabilmente lotrasmette all’esterno. E giunge qui un’altra domanda: noi,in quanto Famiglia di Famiglie, come Testimoni del Risor-to, potremmo definirci “appassionati di Dio”? È Lui checi diversifica? Che ci alimenta? Che ci migliora? Se la no-stra Fede diventa la nostra Passione, allora la sua condivi-sione non susciterà alcuno sforzo da parte nostra. Sarebbeuna passione salda ed eterna, una promessa d’Amore.Chi ha Fede, splende. Chi splende, Ama. Chi Ama, è ap-passionato. E dunque, capace di trasmettere gioia che ècome un collante, una calamita potentissima. Colui che èattirato da chi è gioioso, non se ne stacca più. Ho imparato sulla mia pelle che vivere una vita straordi-naria significa renderla straordinaria per l’altro. Con umil-tà. “Una candela non perde niente ad accendere un’altracandela”, così come noi non perdiamo niente donandoanche un solo semplice sorriso. Chi è ricco di sorrisi, è ric-co davvero. E non c’è nessuno tanto povero da non poternedare. Forse ci accorgeremmo di non essere semplici attori,come diceva Shakespeare, ma protagonisti. E di protagoni-sti Dio è in cerca. E questa ricerca sta nel piantare in ognifamiglia il seme della passione verso di Lui.“Quando non si minaccia, ma si ragiona; quando non siha paura, ma ci si vuole bene; quando Dio è il padrone dicasa, allora nasce la Famiglia”. Potete notare come ancheDon Bosco la sapesse lunga. Viviamo le nostre passioni,condividiamole. Siamo coraggiosi.Perché se ci guardiamo intorno, la vita scorre. E lo faràper sempre.

I giovani, oggi, si sentono sempre esaminati, a scuola come in famiglia

Non semplici attori, ma protagonistidi Francesca Cocomero, Animatrice di sotto-settore Giovani

Giovani e famiglia10

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Mi ricordo... mi ricorderò ancora...di Don Aloys Ghislain Mewoli, Camerun

Volontari per il mondo 11

Ho conosciuto Aloys, oggi Padre Aloys,quando era un giovane studente al Se-minario di Bertoua, nel Camerun. È natosubito un feeling tra noi, mi rendevo con-to che era un ragazzo molto speciale. Neho parlato a don Domenico, il parrocodel mio paese, Petrella Tifernina, nel Mo-lise, che si è offerto senza esitazioni, conla comunità parrocchiale, di aiutarlo nel-

la preparazione al seminario mediante una borsa di studio;già pregustava il piacere di un rapporto particolare con il fu-turo sacerdote camerunese. Abbiamo provato più volte a farvenire in Italia Aloys durante il periodo estivo, ma ogni announ nuovo problema ne impediva la realizzazione. A giugnodello scorso anno finalmente c’è stata l’ordinazione sacer-dotale di Aloys, con grande festa a Petrella che ormai si eraaffezionata a questo giovane africano che conosceva soloattraverso le foto e la corrispondenza. Ma quest’anno tuttigli ostacoli sono stati superati e il 16 luglio ero con la mia fa-miglia ad attenderlo all’aeroporto di Napoli. Prima i saluti, gliabbracci, poi il viaggio verso Petrella dove tutti erano in tre-pidante attesa, ma quando siamo arrivati il paese era avvol-to da un profondo dolore: il giovane Gianluca Di Lisio, pro-prio quel giorno, era stato vittima di un incidente mortale. Il

Signore a volte intreccia i destini in modo a noi non com-prensibile. L’ho capito dopo un poco quando vedevo il calo-re umano con cui lo hanno accolto, quando i giovani corre-vano da lui chiamandolo amico, quando le famiglie se locontendevano per averlo a casa, quando gli anziani si fer-mavano a parlare con lui per sentire della sua Africa e perparlare della loro vita, quando i bambini che all’inizio eranospaventati dal suo volto nero, alla fine correvano da lui perabbracciarlo. L’ho capito mentre Padre Aloys guardava perla prima volta l’immensità del mare, mentre giocava a cal-cetto nella piazza del paese, durante le celebrazioni eucari-stiche, quando la sera dei saluti ho sentito Fulvio Di Lisio,sindaco di Petrella e papà di Gianluca, che, con grande in-tensità, ha raccontato della sua vibrante esperienza conquesto giovane sacerdote, venuto da tanto lontano, in unmomento della sua vita così difficile. Oggi, quando torno almio paese, parlando con la gente sento che Padre Aloysnon è solo un ricordo lontano, come, quando parlo con lui,capisco che Petrella non è stata solo una vacanza estiva.Tutti in cuor nostro aspettiamo la prossima estate per rivi-vere una esperienza dal sapore speciale.

Paolo CicchittoPresidente Associazione “Volontari per il mondo”

Ricordo la sera in cui i miei geni-tori mi hanno accompagnato al-

l’aeroporto internazionale di Nsi-malen, nel mio paese, in Camerun.Il giorno in cui partivo per la pri-ma volta verso un altro paese, unaltro continente, “un altro mondo”,

per affrontare un altro tipo di vita,un’altra cultura, altre persone chenon erano come me.Erano i primi giorni dell’estatescorsa. Sono arrivato a Petrella, un piccolo paese della provinciadi Campobasso, dopo otto ore diviaggio per la prima volta in aereo.“Aloys, come ti senti, tutto bene?” disse Paolo Cicchitto, che mi aspet-tava fuori dell’aeroporto Capo-dichino di Napoli con Antonietta,sua moglie, sotto un sole a piccoche mi sembrava strano. “Final-mente sei in Italia, dopo tanti an-ni!” disse Antonietta, aggiungendoi suoi auguri di benvenuto accantoa Paolo, che sorrideva, contento diessere riuscito a portarmi in Italia,per incontrare una comunità chemi aspettava per un soggiorno in-dimenticabile.Subito dopo l’accoglienza, siamopartiti in macchina per Petrella Tifernina, il paese di Paolo, che miaveva già adottato otto anni fa persostenermi nei miei studi di teo-logia come seminarista, con la col-

laborazione del suo parroco Don Domenico, di Franco e del gruppomissionario, e che si preparavanoinsieme con tutta la comunità a ac-cogliere il frutto del suo sostegno,“un frutto reale e vivente”.Ricordo che in quel giorno, 16 lu-glio, la morte ha portato via Gian-luca Di Lisio, il figlio sedicenne delsindaco del comune di Petrella.Aspettandomi, Petrella piangeva ilsuo degno ragazzo. A 16 anni erariuscito a costruire una immagine,la più bella e la più semplice, diquello che ci aspettiamo dai giova-ni Le testimonianze di tutti duran-te i funerali celebrati dal Vescovo diCampobasso, Giancarlo Brigandi-ni, erano concordi sulla santità diquesto angelo, che avevo conosciu-to senza averlo visto. E tutto que-sto mi era bastato per aver un’im-pressione della cortesia e della gen-tilezza, della concordia e della sem-plicità di questo popolo particolar-mente ricco di vita e d’amore, unpopolo e una comunità cristianaamici di Dio.

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Volontari per il mondo12Due giorni dopo non sentivo più lamancanza dei miei: il vuoto fami-liare era stato presto colmato. ”Misento a casa!” dicevo a tutti con unviso gioioso, contento di parlare escambiare notizie con tutti loro: sulclima, sulla storia del mio paese,sulla situazione sociale, economica,tradizionale ed ecclesiale della miaAfrica. Una situazione meno buo-na della vostra, ma piena di spe-ranza. Il luogo delle discussionenon importava: in piazza con i gio-

Tutto diverso anche l’ambiente conle macchine, le fontane, il camposportivo, le lampade sulla strada.Insomma, questo villaggio mi sem-brava tutto il contrario del mio, do-ve non c’è farmacia, né lavanderia,né servizio postale, né stazione diservizio per la benzina... Avevo capito, grazie a Paolo, chetutto questo era il frutto del lavorodi tanti anni. “La vostra situazioneera la nostra 50 anni fà”, mi ha det-to un giorno il sindaco Fulvio Di

lizzi per me e il mio popolo il miosogno: una vita migliore.Per strada si vedevano i campi coni frutti del lavoro. “Sono venuto eho visto”, dicevo a Maurizio, unamico che pensa di venire un gior-no in Africa come tanti altri giova-ni di Petrella. Tutto mi attraeva. Manon mi importava: avevo presso lamia decisione di tornare a casa.Una decisione irrevocabile, anchedavanti a tutte le bellezze dell’Ita-lia: le chiese i santuari, i luoghi tu-

vani, davanti alle case con i vecchi,nei vari luoghi d’incontro dei grup-pi parrocchiali, a pranzo con le fa-miglie, in chiesa durante le Messe oa casa mia, un appartamento vicinoalla piazza della chiesa e della casadel parroco, dove avevo anche unacamera per me. Tutto con un pro-fumo particolare, diverso da quelloal quale sono abituato. Da bambi-no, sapevo che l’Europa era diver-sa dalla mia terra. Quando mi chie-devano come vedevo le cose, ri-spondevo: ”avrò cose da racconta-re ai miei!” “tutto diverso”, dicevosotto un sole a picco durante la pro-cessione con i santi attraverso lestrade di questo paese di 1200 abi-tanti, tutti affidati a San GiorgioMartire, il loro santo patrono, o du-rante le partite di calcio, la nottecon i giovani, o ancora seduto con ivecchi davanti alle case a due o trepiani, con le terrazze piene di fiori.

Lisio, durante un incontro nel qua-le presentavo la carta geograficadel mio paese e le attività della so-cietà camerunese. A volte credevo d’essere bagnatonel mare e di accettare la mia situa-zione come era. A volte, mi dicevoche dovevo tornare a casa per cam-biare le cose, almeno con l’aiutodella comunità. Allora, con gli oc-chi pieni di lacrime pensavo all’ac-qua, pensavo ai bambini, pensavoa me e alla mia famiglia, pensavo atutti i miei, sentendomi incapace dicambiare tutto. “Ci sono cose piùimportanti”. Mi ricorderò di Paolo e degli altridi Petrella: «Ch’em’a fa’», è veroche sono le cose più importanti eche anche con la mia giovinezza,non posso cambiare tutto. Lo accet-tavo sorridendo in silenzio, con ildesiderio di tornare a casa per la-vorare anch’io, in attesa che si rea-

ristici, Roma con i suoi palazzi,Lecce con il suo mare, sole e vento,Rocca di Papa...Ricordo ancora tutte le attivitàsportiva vissute in onore dei giova-vi scomparsi, mi ricordo del giornodel mio compleanno a Betania condon Domenico e tutti i giovani, genitori e amici, mi ricordo dellaMessa africana e della serata orga-nizzata per gli arrivederci, mi ri-cordo di Mariacarmela, di Concet-ta, Angela, Sante, Paola, Daniela...con chi durante due mesi ho scrittouna pagina della mia vita sacerdo-tale. Un momento indimenticabilevissuto nella fede del cuore. Ricor-do che mi sono sentito petrellese coni petrellesi, Che sono per la vita unodei loro, figlio e sacerdote di Pe-trella. Mi ricordo di tutti oggi chesono tornato a casa, dopo un mesecon i miei. Continuerò a ricordar-mi. Grazie a tutti!

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Da molti anni la comunità parrocchiale petrellese, “ca-pitanata” da Don Domenico Di Franco, aveva adotta-to a distanza la formazione di un giovane camerunen-se aspirante sacerdote: Aloys Mewoli. Di lui avevamoavuto qualche notizia, qualche foto che ci permettevadi seguirne a distanza il percorso verso la consacra-zione; fino a quest’estate, quando, finalmente, è venu-to a farci visita. A Petrella, noi, piccola comunità ogrande famiglia di 1200 anime, ci viviamo come in un “villaggio” quanto a dimensioni e modus vivendi...Ma Aloys si è meravigliato dei servizi di cui disponia-mo, che fanno di noi europei, ovunque si viva, abitan-ti del “primo mondo”. Sulle differenze tra il nostro edil suo mondo verteva una parte interessante dei nostriincontri: ce ne sono stati tanti di momenti condivisiautenticamente.Semplici quotidianità con le nostre famiglie subito ac-coglienti ed affettuose (per averlo a pranzo bisognavaprenotarsi e non senza difficoltà!), momenti formativi

e culturali, conviviali e festosi, un ventaglio e una girandola di emozioni, come si conviene alla vita diogni famiglia del pianeta Terra. Siamo contenti diaverla condivisa con te, Aloys: siamo contenti di averpartecipato alla celebrazione delle tue messe in unsimpaticissimo italiano contaminato dal francese,Ci hai contagiato con i tuoi occhi e il tuo sorriso lumi-noso, con la tua curiosità di accogliere la nostra cultu-ra e di raccontarci la tua. Abbiamo compreso quantosiamo già ricchi (esteriormente), ma di quanto ancoraabbiamo bisogno per arricchirci dentro, come siete giàricchi tu e la tua gente lontana... L’Africa ora è detta“in via di sviluppo”, immagine che rispetto alla defi-nizione di terzo mondo suggerisce l’idea di movimen-to, di progresso: noi ci crediamo perché abbiamo vistote e l’entusiasmo che ti anima! E continuiamo a veder-ti, a seguirti: Don Domenico a fine Messa, ogni dome-nica, si collega con te e tutta l’assemblea partecipa ab-bracciandoti idealmente, ma noi ti aspettiamo: torna,

come si torna volentieri in famiglia,portaci ancora la tua storia, che insiemealla nostra, racconterà di una linea, tan-to invisibile quanto tenace, Petrella –Camerun, deviando un tantino per Ca-stellamare di Stabia, dove Paolo Cic-chitto (come altri, “petrellese nel mon-do”) ci ha, fortunatamente, messo incontatto e fatto incontrare.Grazie, a nome di tutti, da uno dei gio-vani che, come tanti, ha condiviso lasua estate 2010 con te, e soprattutto: arrivederci!

Giulio Marinelli

L’arrivo a Petrella di don Aloysdi Fulvio Di Lisio, Sindaco di Petrella Tifernina

L’arrivo a Petrella di don Aloys ècoinciso, non a caso, con la na-

scita in cielo di mio figlio Gianluca,di soli 16 anni, un ragazzo buono,bravissimo negli studi e tanto reli-gioso. Don Aloys tutte le sere, alle 5,ha guidato le preghiere per Gian-luca, durante le quali lo ha nomi-nato sovente come fratello e amico,per questo gli sono molto ricono-scente. Sua è stata la celebrazionedella Santa Messa dopo 8 giorni dalsuo arrivo e dalla tragedia di mio figlio, sorprendendo tutti per la suacapacità e spiritualità.Penso a mio figlio, che voleva anda-re in Africa, avrebbe riempito il cuo-re conoscerlo personalmente e rivol-gergli, come era suo solito, mille do-mande sulle tradizioni, costumi del-

la sua terra e sulla sua vocazione, af-fascinato da quel mondo diverso dalsuo. Don Aloys mi ha sorpreso con lasua semplicità e ingenuità, a 32 anninon sapeva cosa fosse un’autostrada,che profonda diversità rispetto a noi!Ho ammirato la grazia, la passione ela gioia che ha messo nel parlare delsuo Paese davanti a una carta geo-grafica, sottolineando l’importanzadell’acqua e descrivendo minuziosa-mente le attività che svolgono tutti icomponenti di una famiglia africana.Mi ha colpito una sua affermazione,fatta durante una celebrazione reli-giosa, quando ci ha comunicato chein Africa una S. Messa dura due ore;lo ha detto con una tale convinzionee trasporto da lasciare tutti stupiti eammutoliti.

Mi è stato tanto vicino, mi ha datotanto conforto e affetto anche se isuoi occhi erano velati di tristezzacome i miei. Con l’augurio di rive-derlo presto tra noi, grazie a tutti co-loro che hanno permesso l’arrivo didon Aloys a Petrella.

Padre Aloys con Don Domenico

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• adozione a distanza € 30 (mese) • adotta un insegnante € 100 (mese) • adotta una ragazza madre € 30 (mese) • aiuto per un orfanello di Suor Immacolata € 20 (mese) • borsa di studio per scuole superiori € 50 (mese) • borsa di studio per l’Università € 100 (mese) • borsa di studio per seminarista€ 100 (mese) • per scavare un pozzo € 1.500 • per scavare un pozzo artesiano € 10.000 • colonia estiva per un orfanello € 30 • un generatore elettrico € 1.500 • per un nostro progetto (offerta libera)

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Non credevamo… eppure è avvenuto: un segno con-creto di dialogo ecumenico con i fratelli ortodossi

della Moldavia; in un anno e mezzo siamo riusciti a co-struire una chiesa per gli abitanti poveri del villaggio diBaurci Moldoveni, a sud della Moldavia, dove due an-ni fa abbiamo fatto costruire un pozzo per un asilo.Il 12 luglio di quest’anno Don Matteo è giunto nella ca-pitale, Chisinau, dove ad attenderlo c’erano alcune fa-miglie che, in macchina, lo hanno portato nel villaggio,dopo tre ore di viaggio. L’incontro con la popolazione èstato commovente. Tre giorni prima, con un camper,era partito Beniamino Lonati, “braccio destro” di DonMatteo, assieme a sua moglie e ad altri 24 camperistiitaliani, che, su sollecitazione di Beniamino, hanno de-siderato aiutare e devolvere quanto era stato raccoltocon la vendita delle arance per allestire la palestra del-la scuola del villaggio.15 luglio: data storica! La consacrazione della Chieset-ta. Prima, però, la responsabile della scuola salutava gliitaliani, e dopo Don Matteo, parlando in moldavo, sa-lutava le autorità e gli abitanti del villaggio, sottoli-neando il valore ecumenico dell’incontro con i sacerdo-ti e i fedeli ortodossi, e ringraziava le autorità per l’at-testato dato a lui e a Beniamino di “cittadino onorario”.Il vescovo ortodosso inviava il suo vicario Padre Ar-nold Nicolae. Erano presenti anche il parroco del vil-laggio e un monaco ortodosso. Una liturgia lunga emolto bella, con molti canti ortodossi e con la parteci-pazione di tutti gli abitanti del villaggio. Dopo la con-sacrazione, Don Matteo, su sollecitazione del vicario,celebrava la S. Messa in rito romano. Momento com-movente quando si è recitato il Padre nostro in linguaitaliana e in lingua moldava. Al momento dell’Eucari-stia il vicario invitava i fedeli ortodossi a ricevere la S.Comunione sotto tutte e due le specie; è stato un mo-mento di fraternità cristiana con la gioiosa percezionedel Cristo Risorto; una immensa gioia invadeva gli ani-mi di tutti! Durante la celebrazione si sono alternaticanti religiosi italiani ed ortodossi, con la squillante vo-ce del vicario. Il nostro Beniamino regalava alla comu-nità un quadro della Madonna!

Al termine della S. Messa c’è stato il pranzo all’apertofatto preparare dal sindaco per gli abitanti del villag-gio e per noi italiani. La festa è continuata fino a sera.16 luglio: ci siamo recati tutti nel Monastero della SS.Trinità, dove risiede il vicario del vescovo, per la bene-dizione di un grande Crocifisso. Un monastero pove-rissimo dove abbiamo partecipato a una funzione reli-giosa ortodossa. Al termine Don Matteo rilasciavaun’offerta al vicario per le necessità del monastero.17 luglio: Don Matteo in visita ad altri tre villaggi finoa Dondoseni, estremo nord della Moldavia, incontran-do famiglie da lui conosciute e sacerdoti ortodossi chegli hanno manifestato i problemi delle loro chiese: atutti ha cercato di dare un contributo economico.18 luglio: finalmente siamo arrivati nella capitale e c’èstata una concelebrazione eucaristica nella cattedralecattolica; il parroco spiegava ai fedeli moldavi cattolicil’impegno di volontariato del nostro cenacolo nell’aiu-tare i fratelli ortodossi dei villaggi del sud. Al terminedella S. Messa c’è stato l’incontro con il vescovo catto-lico della capitale, Mons. Anton Cosa, consacrato daGiovanni Paolo II. Il vescovo era al corrente dei nostriprogetti perché si era già incontrato col nostro DonMatteo ad un convegno a Rimini, nel maggio scorso. Ilvescovo esprimeva tutti i progetti della sua diocesi, eDon Matteo che, come al solito, non riesce mai a direno, ha promesso il suo aiuto. Ad una nostra sorella chegli diceva: “Ma come facciamo con tutti gli altri impe-gni che abbiamo?!”. Don Matteo rispondeva: “La Prov-videnza ci è venuta sempre incontro e non ci farà man-care gli aiuti necessari! Tu sai bene che eravamo partitisenza un centesimo e quante cose abbiamo realizzatoin un anno e mezzo! Il Signore è vivo e presente; è Luiche porta avanti tutto… bisogna avere sempre immen-sa fiducia in Lui! Per chi ama nulla è impossibile!”.Di ritorno dalla Moldavia Don Matteo ha comunicatotutto ad Agostino e a Don Sabino, che gli ha inviatoquesto SMS: “Don Matteo tanto caro, rendo grazie al Risorto ed esprimo felicitazioni “tibi et tuis nostris” per larealizzazione del sogno dal sapore ecumenico. Va fatto co-noscere! Prego per te, per la tua salute, il cenacolo bello. Incomunione. Sabino”. Lode a Cristo Risorto!

In Moldavia l’incontro ecumenico intorno alla chiesetta costruita con l’aiuto del Cenacolo di Milano 2

UN SOGNO REALIZZATOa cura del Cenacolo di Milano 2

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Poi l’uomo fa purtroppola sua parte ed alteracerti messaggi o deter-minate consuetudini, chefiniscono quasi sempre permarcare la differenziazionetra le culture!”.Il mio rapporto semplice e genuino conKirullah sta a dimostrare che la fratellanza tra i popoli èpossibile. A volte non credo nemmeno che sia tutta colpadi quelle culture che spesso siamo abituati a considerareostili. Forse siamo noi incapaci di “evangelizzare” e do-vremmo riscoprire quei modi di relazionarsi e di approc-ciarsi dei primi cristiani in oriente... Forse dovremmoincominciare prima a casa nostra: lo stesso sinodo dei vescovi ha asserito che la nostra missione di evangeliz-zazione deve cominciare in Europa, satura di egoismo e di indifferenza, incapace di fare spazio a chi è diverso; a volte anche di riconoscere lo stesso Gesù...! Nelle notti fredde, immerso con lo sguardo nell’infinitocielo di Herat (per nulla inquinato dall’illuminazione delcaos cittadino), a volte penso alla nostra realtà occiden-tale, al nostro movimento e a quanti asseriscono di esse-re ancora nella condizione di Tommaso che ha bisogno ditoccare per credere...!Ma quanto tempo bisognerà ancora attendere prima chetutti si convincano che è tempo ormai di passare al-l’azione? all’evangelizzazione?So bene e me ne rendo conto, di vivere una condizionecontingente particolare, in base alla quale la mia co-scienza sente fortissimo il bisogno di Dio e che quandofarò ritorno in Italia dovrò combattere contro quella fal-sata sensazione di appagamento, che l’agio del progressoe del benessere fanno erroneamente avvertire, che l’egoi-smo dell’uomo ricco di materia fa sentire, distraendo edallontanando la nostra anima da un Dio che ci è vicinosempre, in ogni momento della nostra vita e non soltan-to quando lo cerchiamo a piacimento nostro o ad uso econsumo proprio!In una precedente e-mail, ho scritto a don Sabino che sarebbe un successo se riuscissimo ogni giorno, in ognimomento della vita, a trasformare ogni nostro gesto quo-tidiano in un sincero, seppur modesto, gesto d’amo-re. Seppur in una condizione di sofferente lontananzadalla mia adorata famiglia, sono contento di vivere un’e-sperienza grazie alla quale amo la povertà e l’umiltà delle cose più semplici, di ogni minimo gesto d’amoreverso il prossimo che diversamente, nell’agiatezza delnostro vivere quotidiano, si impara a condividere con più difficoltà...Vi saluto e vi amo tutti, di quell’amore che Gesù ci hainsegnato!

Cari amici del TR,come va? Qui sono piuttosto impegnato, dalle 07:30

a mezzanotte e mezza (la differenza con l’Italia è 3 ore e30 minuti)... Comunque, la mia missione per lavoro inAfghanistan è diventata anche una missione umani-taria: avendone la possibilità, ormai è più di un mese che sto facendo lavorare un local worker, ovvero un au-toctono bisognoso, con cui sono tanto amico. Il suo nomeè Kirullah Masoud e suo figlio, di tre anni, si chiamaMilod Sharif, mentre della moglie, per ovvi motivi reli-giosi, non fa cenno. Egli è musulmano, nativo di Shin-dad, ma vive ad Herat, città maggiormente vivibile al di fuori dell’influenza “mafiosa” dei Talebani, di cuihanno tutti timore.La missione NATO di ISAF, per tanti afghani, vuol direlavoro, quindi pane per le proprie famiglie allargate che,numericamente, possono contare sino a 90 membri. Al-l’inizio sembrava tutto così inconcepibile per me, poi pe-rò ho apprezzato il rispetto e la capacità di convivenzanelle loro enormi famiglie che, per certi versi, hanno tut-to da insegnare alla classica famiglia nucleare occiden-tale, che si adagia sul benessere degli agi del progresso.Conversiamo in un inglese non sempre perfetto, ma cicapiamo bene. Condividiamo molti modi di pensare e au-spichiamo pace e prosperità per il popolo afghano e la fra-tellanza tra i popoli. Lui è musulmano, io gli ho parlatodel mio Gesù, entrambi però abbiamo nutrito del rispet-to verso l’altro. Un giorno mi sono spinto in una consi-derazione molto forte che lui non ha negato, anzi, facen-do uno sforzo ha accettato: “Credo che Gesù e Allah sonoin verità lo stesso Dio, soltanto che abbiamo un modo di-verso di chiamarlo, dal momento che proveniamo da cul-ture differenti; è come vestire o parlare in lingue diverse.

Testimoni del TR nel mondo 15

Da Nola in missione per l’Afghanistan...Da Nola in missione per l’Afghanistan...di Giuseppe De Riggi, Cenacolo di Nola

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Un’estate, quella appena trascorsa,davvero all’insegna del movimento

per il nostro Settore.

Il 19 e 20 giugno si è tenuto il corso pre-animatori, che chiude la prima fasedi formazione di questi ragazzi, che con coraggio ed entusiasmo hanno det-to il loro “Eccomi” al servizio del nostroMovimento ed in particolare dei piùpiccoli.

Dal 09 all’11 luglio (a Monte Faito) si èsvolto il 1° week-end del sottosettore 12-14 anni, che è risultato una scommessavincente…(finora attività di questo tipoerano state rivolte solo ai giovanissimi).Gli animatori presenti erano: Don Luis,in qualità di assistente spirituale; Valentina Pa-lomba, in qualità di animatrice di sottosettore ecoordinatrice della attività; Armando Sangiovan-ni e Alfredo Oronzio, in qualità di animatori disotto-settore. Hanno collaborato alla attività, perle esigenze della cucina e dei turni pulizia, Dina eAlberto, coordinatori del Cenacolo di Roma. Essisi sono inseriti in pieno in modo discreto ma indi-spensabile; infatti sono stati percepiti dai ragazzicome figure di riferimento e veri e propri educa-

tori. Erano presenti 16 ragazzi, di cui più dellametà del gruppo di nuova costituzione che si riunisce presso la chiesa del Corpus Domini aGragnano.L’obiettivo dell’attività, il cui slogan si rifaceva al-la Strenna del Rettor Maggiore “Vogliamo VedereGesù”, era: “Desiderare l’incontro... andare incon-tro al Risorto”. L’obiettivo è stato raggiunto tra-mite attività di laboratorio formativo e ludico-ri-creativo. Gli animatori hanno sottolineato la ca-

pacità, da parte dei ragazzi, di diventa-re gruppo propositivo e caratterizzatodal nostro clima di famiglia e inoltresottolineano un grande slancio versouna buona percezione di se.

Dal 28 luglio all’1 agosto (sempre aMonte Faito) sono scesi in Campo i gio-vanissimi.Gli animatori presenti erano: Don Luis,in qualità di assistente spirituale; Seba-stiano Coticelli, in qualità di animatoredi sottosettore e coordinatore dell’atti-vità; Titta Boccia in qualità di animatri-ce di sottosettore. Ha collaborato all’at-tività, per le esigenze della cucina e deiturni pulizia, Susy, animatrice del Ce-nacolo di Napoli e referente dell’Ambi-

Nei Giovani la voglia di andare incontro al Giovane Risorto che ci chiama a risorgere e far risorgere

Un Settore sempre in di Valentina Palomba, Animatrice di Sottosettore Giovani

Giovani16

...esplorando il Monte Faito

movimento...

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to artistico-ricreativo; la sua presenza èstata discreta e propositiva. Erano pre-senti solo 8 ragazzi, carichi di entusia-smo e pronti a ripartire per diffonderelo spirito pasquale. Più volte è stato sot-tolineato che il numero esiguo dei par-tecipanti ha permesso di vivere concre-tamente uno spirito di famiglia e appar-tenenza motivata al Movimento; inoltresi sottolinea tra i presenti un’ottima in-terazione e un atteggiamento di prota-gonismo positivo e fiducioso. L’obiet-tivo dell’attività – il cui slogan anche in questo caso si rifaceva alla Strennadel Rettor Maggiore “Vogliamo VedereGesù” – era: “Da un atteggiamento di fede “passivo” ad una fede che si fa de-siderio e per questo diventa apostolato”.Esso è stato in parte modificato in quanto gli animatori hanno ritenuto opportuno sottolineare“l’urgenza” che genera e nutre “la scelta” dell’In-contro con il Risorto. Così riletto, l’obiettivo è sta-to raggiunto tramite più azioni: laboratori forma-tivi, la proposta della Lectio Divina “Mostraci ilPadre (Gv 14, 1-12)”, l’uscita presso la grotta diSan Catello e attività ludico-ricreative.

Dal 26 al 30 agosto tutto il Settore ha partecipatoagli Esercizi Spirituali. Con tecniche e modalitàadeguate alle diverse età dei partecipanti, si è cer-cato di far capire l’esigenza e la bellezza di aprirealla Parola che bussa... e che vuole incarnarsi in te, lì dove sei, così come sei...L’attività è stata molto intensa e stimolante sia peri destinatari che per gli stessi animatori... è stato,come sempre, molto arricchente respirare a pieno

la familiarità autentica che contraddistingue il nostro Movimento! Inoltre, quest’anno lo svolgi-mento delle attività durante gli Esercizi è statosupportato dalla presenza costante dei pre-ani-matori nei sottosettori 6-8 e 9-11 anni. Tale presenza, oltre ad evidenziare un buon esitodegli obiettivi prefissi nei corsi di preparazione a loro destinati, ha rilevato un buon andamentodelle attività.

E ora? Con l’entusiasmo e la voglia di formarcisempre meglio e al meglio, per i nostri ragazzi, riparte un nuovo anno ricco di appuntamenti eattività ma soprattutto ricco di voglia di andareincontro al Giovane Risorto che ci chiama a risor-gere e far risorgere... Allora buon anno a tutti noitierrini, testimoni di questo Amore che ci supera e ci vuole felici!

Giovani 17

Piramide umana!

15-18 anni in riflessione...

Che belli…

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Gli ultimi giorni di agosto sono sempre un po’ tristi.Si pensa all’estate che finisce e alla routine cittadina

che, a breve, sarà capace di disperdere in gran fretta ibenefici raccolti nel tempo di ferie: addio riposo, ad-dio serenità! Il 1° settembre incombe minaccioso, no-nostante il desiderio di ritrovare il mio ambiente sale-siano doc (l’Istituto Maria Ausiliatrice di via Dalmazia, aRoma) e ricominciare un lavoro che mi appassiona. Perquesto, per prepararmi con maggiore energia e volon-tà al nuovo anno scolastico, a giugno avevo abbraccia-to con entusiasmo l’idea di partecipare agli EserciziSpirituali insieme agli amici del Cenacolo di Roma. Amaggior ragione, quando ho saputo che la sede fissataera il Mondo Migliore di Rocca di Papa, a due passi daRoma, non avevo avuto più dubbi.Abituata con le Salesiane ad esperienze di ritiri, pelle-grinaggi ecc. pensavo di aver già visto tutto. E invece,che meraviglia e che impressione il primo giorno tro-varmi insieme a così tante persone, tante famiglie, tan-

«Dobbiamo riuscire a far coincidere orientamenti mentali e comportamenti reali»

Esercizi Spirituali… giorni per lo Spirito!di Carmen Cosentini, Cenacolo di Roma

Esercizi Spirituali18

L’immensa gioia di appartenere al TRNon possiamo non esprimere la nostra gioia per la stupenda esperienza degli Esercizi Spirituali tenuti a Rocca di Papa, vi-cino a Roma. Un posto meraviglioso: un grande giardino con alberi e prati verdi che conciliava la meditazione nel silenzio ne-cessario, una bellissima chiesa per le funzioni religiose, due cappelle, l’auditorium, le camerette e un grande refettorio!II tema svolto: “La Parola bussa... vuole incarnarsi in te”, con la spiegazione di Don Sabino della Lettera ai Colossesi e diquella a Filemone, è stato decisamente efficace sotto l’aspetto cristologico ed etico. Ma il momento forte è stato quello deldeserto, per il silenzio che si creava sia attorno che dentro, e per la fecondità prodotta dalla Parola che finalmente ha trovatospazio di penetrazione nel cuore disponendolo ad accogliere l’Ospite Divino. La meditazione fatta da Don Luis su “Don Rua,primo successore di Don Bosco”, ha illuminato tanti aspetti della Congregazione Salesiana che non conoscevamo, e ci haimpressionato molto la forte spiritualità e l’impegno profuso da Don Rua nello sviluppo dell’Opera e nel moltiplicare tantecase per i giovani! Inoltre, forte è stato il rito della Liturgia penitenziale svoltasi nei quattro momenti significativi: Rito iniziale,Liturgia della Parola, Rito della Riconciliazione e Rito conclusivo! L’esposizione del Santissimo Sacramento per tutta la gior-nata: ha permesso incontri di intimità divina con Gesù!Bellissima la messa in scena di “Autore in cerca di protagonisti”, realizzata dall’Ambito Artistico ricreativo con i Giovanissimidel TR: canti stupendi e recitazione meravigliosa, che ci hanno fatto riflettere su tanti aspetti della vita. Da questo corso diEsercizi siamo usciti tutti trasformati ed arricchiti; un po’ tristi per la mancanza di Don L’Arco, ma l’abbiamo sentito sempre vicino. Vogliamo essere gente pasquale e far risorgere il Cristo nelle persone che incontriamo nella vita! Un grazie fraterno ad Agostino e Cesira per il servizio d’amore svolto in tutti questi anni e un augurio a Lello per la nuova missione che il Signore gli ha affidato. Iolanda, Rosaria e Felicina, Cenacolo Milano 2

te coppie con bimbi di tutte le età… insomma una ma-rea che ti accoglieva e abbracciava in ogni luogo e si-tuazione, in Chiesa e in Sala ristorante, durante la ViaLucis o nei gruppi di confronto. Pensavo che in cosìpochi giorni io – neofita del Movimento e pure un po’orsa – non sarei riuscita a conoscere quasi nessuno de-gli altri Cenacoli ed invece è stato facile, arricchente econsolante sedersi accanto, chiamarsi per nome e su-bito entrare in dialogo come se ci si conoscesse da tan-to, scambiarsi esperienze personali tanto forti da pian-gere o scherzare come quando eravamo ragazzi anchenoi e si rideva di cuore! Grazie ad ognuno di loro peravermi fatto entrare nella loro vita, con semplicità ecalore, per cui li porto nel cuore con grande affetto espero in opportunità così stupende di incontro e con-divisione.Vorrei ricordare alcune meravigliose parole di Don Sa-bino “…Ora non è che adesso dal mondo migliore tor-niamo a quello peggiore. Dobbiamo riuscire a far coin-cidere orientamenti mentali e comportamenti reali.Dobbiamo dire al Signore Tu sei il mio futuro, Tu sei ilfuturo del mondo… vi ho chiamati perché andiate: e il se-me dovrà dare frutto, se persevereremo nell’agire se-condo la Parola ascoltata. Non si può aspettare solo gliEsercizi Spirituali! Non restiamo nel porto, issiamo levele e andiamo al largo spinti dallo Spirito. Vivere consemplicità, pensare con grandezza, agire a orizzontisconfinati. Il nostro carisma è Cristo Risorto, non stac-cato dalla Croce, ma attraversato dalla Morte e siamoconvinti che facciamo Pasqua ogni volta che amiamocon l’Amore di Cristo sulle labbra e nel cuore…”. Que-sto il suo augurio e la sua preghiera finale, questo ciaccompagni e ci sostenga nei quotidiani percorsi di vita. Grazie a tutti!

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Quest’anno gli Esercizi Spiritualidei Testimoni del Risorto hanno

visto, nel momento dei Gruppi diriflessione in preghiera, un’impor-tante novità: la riflessione è statavissuta infatti con un’esperienzatotale, che ha coinvolto tutti i sensidei presenti attraverso cartelloni,musiche e oggetti.I giovanissimi, con il supporto del-l’Artisticoricreativo, hanno creato erecitato lo spettacolo “Autore incerca di protagonisti”. Alla vivacee suggestiva rappresentazione han-no quindi fatto seguito i Gruppi diriflessione – intesi, tra l’altro, a rac-cordare i tanti contributi ricevuticon i vissuti e le emozioni indivi-duali. Ogni gruppo ha seguito lostesso schema: aree tematiche con-traddistinte ciascuna da un propriocartellone, brano musicale inizialee finale, d’ascolto e partecipato, ico-na finale, materializzata in unachiave, offerta dai giovanissimi atutti i partecipanti, abbinata ad unapiccola pergamena, con una fraseripresa dalle due lettere di S. Paolo,ai Colossesi e a Filemone, oggetto delle meditazioni di don SabinoPalumbieri, guida spirituale degliEsercizi.Questa differenziazione di stimolicorrisponde a quanto indicato dal-la tecnica psicologica della Pro-grammazione Neurolinguistica(PNL), che indaga le componentidella percezione, della comunica-zione e del comportamento, cherendono possibile la nostra espe-rienza. Le modalità principali se-condo cui opera il cervello sono i“Sistemi Rappresentazionali” – vi-sivo, auditivo, cenestesico, olfatti-vo, gustativo – attraverso i quali ri-ceviamo le informazioni prove-nienti dall’esterno e che usiamo perelaborarle internamente. Non ap-pena vediamo, udiamo, sentiamo,gustiamo e odoriamo il mondo ma-teriale, questo mondo cessa di es-sere fuori di noi: nella nostra testa

sorgono immagini, rappresentazio-ni, suoni, odori, emozioni. E ognu-no di noi si rappresenta il mondoprivilegiando, in ogni momento,uno dei tre canali dominanti: visivo(ciò che vediamo), uditivo (ciò cheascoltiamo), cenestesico (ciò che“sentiamo”, percepiamo – specieattraverso il tatto).Per una comunicazione efficace di-venta allora molto importante im-parare a riconoscere quale tipo disistema di rappresentazione un in-dividuo stia utilizzando, così daentrare maggiormente in sintoniacon lui, fornendogli le informazio-ni attraverso il canale che gli è piùgradito. Di estrema utilità sarà al-lora – in contesti quali la scuola e lafamiglia stessa– poter identificarequale dei sistemi indicati un indi-viduo predilige per facilitare com-prensione, apprendimento, memo-rizzazione. In ambiti più vasti e/ocon tempi più strutturati e definiti– convegni, seminari, dibattiti – di-venta possibile “catturare” l’atten-zione dei partecipanti e favorire uncoinvolgimento più profondo, for-nendo stimoli diversificati per co-loro che sono prevalentemente vi-sivi o uditivi o cenestesici.Nei Gruppi di riflessione in pre-ghiera in questi Esercizi Spirituali

2010, il risultato di ottenere unapartecipazione più attenta ed unacomunicazione efficace è stato,dunque, raggiunto anche perchéerano adeguatamente presenti sti-moli diversi: l’immagine grafica,grande, di notevole impatto visivo,non solo cattura l’attenzione deglistimoli visivi, ma li spinge già adinterrogarsi, a riflettere. L’immagi-ne è proprio “l’ancora” che, per as-sociazione, fa riemergere gli argo-menti trattati e le meditazioni pro-poste. Stesse osservazioni per chilega al canto, a ciò che ha ascoltato,la rappresentazione interna dell’e-sperienza vissuta. Più complesso,ma solo per difficoltà di definizio-ne, il canale cenestesico. Ed ecco,allora, la chiave con la pergamena,dove vi è il contatto dell’oggettocon la propria mano, il gesto del“passaggio” da un individuo all’al-tro, il “senso” del dono con l’emo-zione che scatena: diventano que-sti, per gli individui “prevalente-mente cenestesici”, i filtri attraver-so cui associare i contenuti.Tutti questi sono stati accorgimen-ti rivelatisi particolarmente validi.Hanno arricchito ed agevolato lapropria elaborazione interiore per-sonale e lo scambio comunicativotra i partecipanti.

Una riflessione vissuta con un’esperienza totale, stimolata da immagini, suoni e oggetti

La comunità riflette: “Autore in cerca di protagonisti”di Anna Maria Merola, Cenacolo di Salerno

Esercizi Spirituali 19

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Don L’Arco o la bellezza di una madre più che diun padre.

I ricordi suoi indelebili si intrecciano con la pre-senza sua permanente.Quello che ha creduto, ora vede.Quello che ha sperato, ora tocca.Quello che ha amato, ora gode.Quello che ha insegnato, ora incide.E ci ha insegnato la Bellezza sempre antica e sem-pre nuova. E l’ha assimilata. È apparsa proprio unacreatura bella. Tanto più bella per la sua umiltà eper la sua semplicità, che costituivano la sua auten-ticità come modo di essere.Bello quando pregava. Bello quando comunicava.Bello quando rallegrava. Bello perché amava.Ha incarnato la kalokagatía della suprema bellezza.Che è quanto dire, come sempre ci ha insegnato: la bontà giunta allo stadio dell’incandescenza crea armonia in chi ammira. “È amor di fiamma viva”. È bellezza.Una vita lunga la sua. Un incendio divampato sullaterra. Al solo suo apparire, il calore di un ambientecambiava: un vero termostato dello Spirito. Era per-tanto ricco di empatia, come vivere dentro l’interio-rità degli altri. Era ricco altresì di amorevolezza didon Bosco, intesa come amare l’altro, a partire dal-l’altro, facendogli percepire amore.Dolcezza come una carezza di bimbo.Tenerezza come un vissuto di mamma.Presenza come esperienza costante, anche quandoti stava distante.

Un cuore grande come l’oceano non reggerebbe alparagone, lo disse qualche giorno fa nell’ultimo no-stro incontro sulla terra.Un cuore misurato su quello della Madonna, la suaineffabile Madre che al solo nominarla, il nostro siscioglieva in lagrime di gioia grata, sin dall’alba delsuo sacerdozio.Perciò è stato amato da generazioni senza numerodi ex allievi e di ascoltatori de visu, di radio, di tele-visione.Il cuore di un uomo pasquale. Di lui si può dire co-me dell’apostolo: “Cor Pauli, cor Christi”.E Cristo per lui è stato Cristo-cuore vivente, perchéRisorto.Quanti di noi potrebbero attestare di essere statiguariti dal pessimismo esistenziale o indotto dauna società infetta e inquinata.Il suo ottimismo era sulla linea di Emanuel Mou-nier, appunto un ottimismo tragico. Ottimismo, per-ché Cristo è risorto e, perciò, l’ultima parola non èquella della morte, ma quella della vita. Non è quel-la della tenebra, ma della luce. Non è quella del ma-le, ma del bene. Tragico, perché deve fare i conti peril suo esercizio all’interno di un mondo tanto con-fortevole, ma pur tanto sconfortato, pieno di luci,ma privo della luce.Alla luce del Cristo Risorto viveva e vedeva eventidella Chiesa e del mondo.La sua conversazione non ti lasciava mai come pri-ma. Sentivi di tornartene migliorato. Il seminatoredi speranza si era fatto sacramento vivo di Cristo

Ricordo di Don L’Arco20

In ricordo di Don L’Arco

Don l’Arco, durante una delle ultime omelie tenute a Pacognano, sorridendo comesolo lui sapeva fare, così disse:“Un giorno l’uomo pensò: perché dobbiamo mettere la penna nel calamaio?Mettiamo il calamaio nella penna. Ed ecco la penna stilografica! Similmente lo Spirito Santo: perché dobbiamo tenere l’intelligenza separata dal cuore?Mettiamo l’intelligenza nel cuore. Ed ecco la sapienza! L’intelligenza del cuo-re, la capacità di intus-legere”.E ancora: “La bellezza, la cosa bella qual è? È il volto. E nel volto qual è? È ildinamismo del volto. E il dinamismo del volto in che consiste? Negli occhi enel sorriso. E il sorriso cos’è? È un ponte: è un ponte dello Spirito con cui comunichiamo con gli altri. E allora quando voi sorridete comunicate in unmodo straordinario”.E infine: “Sarebbe bello per tutti avere un’esistenza autentica, in intimità con ilcuore della Madonna e del Figlio Gesù. Vivere con semplicità, pensare e ama-re con grandezza: è questa la mia preghiera per voi. La vostra amicizia rendefelice la mia esistenza. Per questo vi ringrazio. Tutti avete arricchito molto la mia vita!”.

“Tutti avete arricchito molto la mia vita!”.

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Risorto: “non abbiate paura, Io ho vinto il mondo”.La speranza è il respiro della storia sia personaleche mondiale.Lo smisurato e devoto affetto di don L’Arco per ilServo di Dio Giorgio La Pira lo associava a lui comecantore di un Exsultet pasquale, anche in tempi ditrepidazione, anche in spazi di tribolazione.Tutti gli scritti riboccano di questa spiritualità pas-quale, in cui immergeva, come La Pira, il senso diogni senso dell’esistenza.Dire Pasqua è dire cuore del Risorto che ricominciaa pulsare per noi uomini. È dire cuore del Padre checi ridona il Figlio trafitto perché ogni discepolo po-tesse sempre toccare le piaghe, le cui mani foratesono come canali di luce che affacciano sull’eterno.Pasqua è dunque la festa del cuore.E don L’Arco, come ogni autentico uomo pasquale,ha offerto un cuore polivalente. Il cuore come sededi affetto: ognuno che l’avvicinava si sentiva amato.Cuore, poi, intelletto d’amore – oculus amoris diRiccardo di S. Vittore – si accorgeva di tutte le vi-brazioni profonde tue interiori. Cuore come fedeltà ferma, memoria incisiva (re-cordor nel senso di farrifunzionare il cuore): seguiva le tue vicende co-stantemente. Cuore poi come perseveranza di luce:continuò fino alla fine senza mai stancarsi, tessituredi bontà.Ma cuore – mette conto sottolinearlo – ricco di liber-tà interiore. La libertà è l’anima dell’amore. La bon-tà immensa di questo uomo di Dio non gli impedi-va quello spazio di libertà, che gli faceva dire la ve-rità nella carità secondo il monito di Paolo agli Efe-sini. E questo, specialmente si verificava quando sitrattava di difendere gli indifesi davanti ai potenti.Un uomo buono e coraggioso come appunto il papabuono e coraggioso Giovanni XXIII, che costituivaun altro suo alto modello di cui tessé in due libri la trama.Si pensi inoltre che don L’Arco è stato il primo inItalia a pubblicare, nel lontano ‘63, un’opera profon-da e divulgativa su Teilhard de Chardin, anticipan-do il Concilio Vaticano II, che ne avrebbe valorizza-to ispirazioni coraggiose nella Gaudium et Spes.Insomma la complessa personalità di don Adolfo,uomo di Dio, e perciò uomo degli uomini, può sin-tetizzarsi nella pennellata dantesca dello “uom chevede, vuol direttamente ed ama”.Il suo coraggio era pieno di entusiasmo e sofferenzaper un mondo umano, che va disumanizzandosi.Cor-aggio è sempre questione di cuore funzionantecon ardimento. Ed è il riflesso di quel pathos thesagápes di cui parla Origene, riferendosi a Dio. Pa-thos come sofferenza di Dio per noi uomini e per lanostra salvezza. E pathos per l’entusiasmo dell’Uni-genito che si incarna.

Ricordo di Don L’Arco 21Cuore di don L’Arco modellato su quello di Cristovivo. Pozzo di scienza e fontana di sapienza. E dun-que di adattamento. Anche per questo sapeva par-lare con tutti: con ignoranti e dotti, con piccoli egrandi, con deboli e forti. Al di là della lingua cheusava era il linguaggio dell’amore, che è l’espres-sione di tutto il proprio essere che comunica all’in-tero altro essere.Si legge nel vangelo: “Era l’ora sesta e si fece buio sututta la terra”. Sì, ieri si è fatto buio sulla terra deinostri affetti. Ma poi, passato il sabato, le donne sisentono rivolgere dagli Angeli dell’annuncio la do-manda: “Ma perché cercate il vivente di tra i morti, non è più qui. Egli è risorto!”.La Chiesa – lo dicevamo ultimamente con donL’Arco – è per natura lo spazio in cui apostoli e di-scepoli si scambiano esperienze pasquali, come alritorno di quelli di Emmaus al Cenacolo: “è vera-mente risorto”.Tutta la fede della Chiesa è condensata nell’espres-sione veramente. Se veramente Lui è risorto, alloranoi non possiamo non vivere come Chiesa che daRisorti. Testimoniando che la risurrezione non èuna teoria ma un’esperienza. Anche in tempi comequelli di oggi, di oscurità e disorientamento.

Caro don Adolfo, all’alba di una pasqua settimana-le, sei stato chiamato a festeggiare la tua domenicaeterna, come la chiamavano i Padri.Ora si è spenta sulla terra la luce dei tuoi occhi dibontà di uomo. Si è acceso nel cielo l’astro dei tuoiocchi che sono il riflesso del cielo di Dio.Mentre si era nel pieno delle vacanze tu inauguravila tua durata nell’eterno stesso del Risorto. Certa-mente non starai in vacanza. Tu non sai farle. Sem-pre le hai occupate annunciando instancabilmentela bella notizia.Ricordaci sempre quel monito agostiniano a te caro:Dio è felice. Dio ci vuole felici. Dio ci fa felici. Indican-doci le beatitudini.Ora sei per noi intercessione. E intercederai per noi,tuoi figli, confratelli, congiunti e amici. E passeraiquesta durata, invocando dalla Madonna – di cui cihai generosamente proclamati tutti “beniamini dellaMadonna” – di dare a ciascuno di noi ogni giorno,tante carezze, come solevi dire: sì da stancarsi la mano, ne abbiamo bisogno come balsamo per le no-stre prove.Buona Pasqua eterna, don Adolfo, cuore di madre,di padre, di fratello, di amico, di benefattore nostro.Godi e preparaci un posto, per divina misericordia“in quella luce intellettual piena d’amoreAmor di vero ben pien di deliziaDelizia che trascende ogni dolsore”.

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I datiCome ricorderete, nel corso degli Esercizi Spirituali èstato distribuito a tutti i partecipanti un questionario,dedicato al TRnews e predisposto dall’Ambito Co-municazione, da compilare e restituire alla fine degliEsercizi: 10 domande su vari aspetti per tentare unavalutazione del periodico, dopo diversi anni di vita, eper ricavare eventuali proposte e suggerimenti. I que-stionari restituiti sono stati 70 su 300 partecipanti; so-no più di un quarto; non molti, ma tenendo conto cheil nostro movimento è formato essenzialmente da fa-miglie e che forse ogni questionario compilato po-trebbe esprimere la valutazione di singole famiglie, ilcampione di risposte potrebbe anche avere un valoresignificativo. Ne presentiamo, perciò, una breve sin-tesi, con qualche commento. I dati sono espressi inpercentuali sul totale di questionari riconsegnati.Alle prime 9 domande ha risposto in media il 95% deicompilatori, mentre all’ultima, che chiedeva eventua-li suggerimenti, ha risposto circa il 50%.Ha confermato di leggere il TRnews il 90% (il 20% ec-cezionalmente); solo pochi non lo leggono mai. Quel-li che lo leggono lo ritengono un valido strumento dicomunicazione); quasi tutti, inoltre, considerano po-sitivo che il Movimento si doti di mezzi di informa-zione, come periodico, sito Internet, audiovisivi. Que-st’ultima domanda chiedeva di motivare la risposta:le indicazioni vanno dalla necessità di far conoscere lavita del Movimento all’interno e all’esterno, di testimo-niarne le attività, di aiutare la nostra crescita spirituale eculturale come strumento di formazione.La quantità e qualità di informazioni e la redazionedei testi sono ritenute in genere (88%) da buone a ot-time. La quantità delle immagini è considerata accet-tabile così com’è (80%), mentre gli altri si dividono trachi ne vorrebbe di più, anche se più piccole, e chi nevorrebbe meno, ma più grandi.Più articolati sono stati i pareri su quale sezione delgiornale approfondire. Le risposte si sono divise inpratica equamente tra vita dei Cenacoli (26%), attualità(28%) e interventi formativi (27%).La pagina dedicata ai piccoli è stata valutata in gene-re tra buona e sufficiente (75%), ma altri la ritengonopoco utilizzabile (11%). Infine l’attuale distribuzionedel giornale su tre numeri per anno è stata considera-ta sufficiente solo dal 56%.Le risposte all’ultima punto, che chiedeva eventualisuggerimenti migliorativi, sono state poco meno del-la metà, ampiamente articolate, come: curare un rac-cordo tra TRnews e sito internet, dedicare una sezione aigiovani per i giovani, maggior partecipazione dei cena-coli, dibattiti tra cenacoli, finestre di dialogo con i lettori(“posta”), più temi di attualità, cadenza più frequente,spedizione a domicilio e altro.

Qualche spunto di riflessioneLa valutazione del giornale appare globalmente positi-va, ovviamente con ampi margini per miglioramenti,sia nei contenuti , sia nella realizzazione.Sui contenuti l’orientamento generale è di far conosce-re il Movimento all’interno e all’esterno, nella sua realtàarticolata di settori e ambiti, impegnati su vari fronti.Nello stesso tempo viene sottolineato il compito di colla-borare alla formazione, sia attraverso interventi specifici,dettati da occasioni contingenti, sia attraverso l’analisi apiù voci di temi ad ampio respiro, scelti all’inizio di ognianno e sviluppati nei singoli numeri.Quanto alla realizzazione, sembra valida l’articola-zione del giornale in settori tematici fissi, anche se, perqualche settore, a volte il materiale che arriva è scarso,nonostante ogni cenacolo abbia un incaricato di solleci-tare e inviare collaborazioni. D’altra parte, a fronte ditanti aspetti interessanti lo spazio è ridotto e i numeridel periodico sono solo tre all’anno: ma è una scelta perora obbligata, condizionata dai costi. Il tentativo di ave-re un autofinanziamento, almeno in parte, attraversoun’offerta libera (al momento della consegna del gior-nale o una volta l’anno) non ha avuto risultati signifi-cativi: ormai da molti anni le spese di stampa sono inpratica a carico dell’Associazione Volontari per il Mon-do, che provvede anche alla distribuzione dei giornali aicoordinatori e ai collaboratori del Volontariato dei sin-goli cenacoli (in occasione degli incontri nazionali). Osserviamo, anche, che le poche uscite nell’anno rendo-no scarsamente applicabile la richiesta, da più parti sollecitata, di fare riferimento a notizie di cronaca, spes-so fonte di forti stimoli, per una rilettura di approfondi-mento alla luce dei valori che caratterizzano il nostroMovimento.L’unica strada percorribile, di fronte a tante esigenze,sembra quella di realizzare un sistema integrato di comunicazione/informazione tra il giornale e il sito in-ternet del Movimento. Quest’ultimo, infatti, ospita giàda alcuni anni la copia completa di ogni numero delTRnews, ma potrebbe operare in maniera continua edefficace nell’informazione aggiornata, nell’ampliamen-to degli articoli del giornale (non ci sarebbero problemidi pagine!) e, in particolare, nei dibattiti e scambi diopinioni da molti auspicati (per esempio, attraverso lo“strumento” Forum).Il sito TR è attualmente in ristrutturazione e potrà assumere certamente questo compito. Poi, dipenderàancora una volta da tutti noi farne un efficace strumen-to di comunicazione, soprattutto verso l’esterno.Ringraziamo quanti hanno collaborato e restiamo sem-pre disponibili ad altri suggerimenti.

Silvana Mora e Maurizio ParottoReferenti dell’Ambito Comunicazione Sociale

Questionario TRnews: risultati, riflessioni, stimoli

Questionario TRnews22

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Gioiosamente accolta, la Via Lu-cis è ormai tradizione presso la

chiesa di San Michele Arcangelo aPalese, in provincia di Bari.Nei momenti spiritualmente forti,il parroco Don Vito Di Donna hafatto sì che la comunità potesse vi-vere la forte carica spirituale chescaturisce da questa particolarepreghiera comunitaria. È dall’av-vento del 2009, che la Via Lucis sicelebra ormai regolarmente con lacollaborazione del cenacolo diSanto Spirito.La parrocchia vanta molti gruppispirituali di preghiera e di devo-zione, oltre ai gruppi di giovani,giovanissimi e adulti, ed è per

questo che ogni volta la preghierae le riflessioni, sono dedicate.La prima ha visto come protagoni-sti tutti gruppi e la partecipazioneè stata totale, coinvolgendo ancheil coro e l’animazione che, con illoro contributo, hanno reso l’espe-rienza particolarmente suggestivaed emozionante. Le candele acceseper le promesse battesimali, scin-tillavano brillanti sulla spada dellastatua di San Michele e negli occhidei fedeli, inumiditi dalle belleemozioni vissute.Il cenacolo di Santo Spirito ringra-zia la disponibilità di don Vito eaugura a tutti di poter sempre vi-vere con gioia la Via Lucis e, tra le

pieghe delle sue riflessioni, scopri-re ogni volta un motivo in più pervivere con gioia il dono della vita.Un affettuoso Shalom giunga a tut-ti voi nella pace e con la gioia delCristo risorto.

Danilo(Cenacolo di S. Spirito)

A Palese la luce gioiosa della Via Lucis illumina la spada di San Michele Arcangelo

Notizie dai cenacoli 23

Don Gaetano Nalesso ci ha accolti generosamente nellasua Casa Salesiana di Cisternino, permettendo al Cena-colo di Ostuni, dopo la sosta forzata, di riprendere conspirito nuovo il cammino di fede.Pur impegnato come Direttore dell’Istituto Salesiano,Don Gaetano ha accettato di diventare la nuova guidaspirituale del nostro gruppo, fornendoci tra l’altro di unasede più adatta e più attraente, dove le voci dei ragazziassicurano una continuità, secondo lo spirito salesiano.Vecchi e nuovi “appartenenti” possono raggiungerla fa-cilmente dai vari paesi circostanti e il “passaparola” stagià dando i primi frutti.

Per ricevere a mezzo posta il TRnewsè necessario versare la somma di € 10 sul seguente numero di

CC postale: 72908007Intestandolo a:

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Indicare nella causale: Invio TRnews per posta

Indicare inoltre: Cognome, nome e indirizzo completo

cui inviare il giornale.

NOTIZIE DI FAMIGLIA

In breve… dal Cenacolo di Ostuni

Hanno raggiunto la casa del PadreDon Rodolfo L’Arco, 25 luglio 2010Maria, mamma di Imma, Cenacolo di Potenza, agosto 2010Antonietta, mamma di Paolo Cicchitto, Presidente “Volontari per il mondo”, 26 agosto 2010Flora, mamma di Renato Errico, Cenacolo di Salerno, 20 novembre 2010

Lieti eventiÈ nata Susanna, di Antonio Sellitto e di Marzia Calabrese, Cenacolo di Milano 1, 30 agosto 2010È nata Maria Elena, figlia di Assia e Peppe d’Andrea, di Napoli, settembre 2010

MatrimonioTiziana Petrachi e Simone Caleri, Cenacolo di Lecce,8 settembre 2010 ▲

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FESTA GRANDE NELLA FAMIGLIA TR9/10 APRILE 2011

“Sereno Soggiorno Salesiano”a PACOGNANO di Vico Equense

E partirono senz’indugio

e fecero ritorno a Gerusalemme (Lc 24,33)

di consacrazione sacerdotale didon Sabino Palumbieri

di consacrazione sacerdotale di

don Luis Rosón Galache

50 anni50 anni

25 anni25 anni

Testimonidel Risorto