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Periodico di informazione del Movimento Testimoni del Risorto N. 1 2013 Testimoni del Risorto E-mail: [email protected] www.testimonidelrisorto.it Volontari per il Mondo - Onlus Roma, Via Castelfidardo, 68 tel. 081 8711297 - fax 081 3944177 E-mail: [email protected] Una fede nel Risorto incarnata in famiglia Sabino Palumbieri La Famiglia, dono di comunione Luis Rosón Galache La nostra Pasqua, guidati dall’amore Francesca Cocomero Elezione di Papa Francesco È un evento nuovo, un vento di pentecoste. Un segno di grande speranza. (all’interno, pag. 3) La famiglia testimone della fede

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  • Periodico di informazione del Movimento Testimoni del Risorto N. 12013

    Testimoni del RisortoE-mail: [email protected]

    www.testimonidelrisorto.it

    Volontari per il Mondo - OnlusRoma, Via Castelfidardo, 68tel. 0818711297 - fax 0813944177E-mail: [email protected]

    Una fede nel Risorto incarnatain famigliaSabino Palumbieri

    La Famiglia, dono di comunioneLuis Rosón Galache

    La nostra Pasqua, guidati dall’amoreFrancesca Cocomero

    Elezione di Papa FrancescoÈ un evento nuovo, un vento di pentecoste.Un segno di grande speranza.

    (all’interno, pag. 3)

    La famigliatestimone della fede

  • 17 Il Concilio Vaticano II Pensieri di un cristianoArturo Sartori

    18 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Agostino Aversa

    19 La Scuola TR di AnimazioneCesira Aversa e Anna Massa

    20 Dio ci ha donato un giardino da coltivare Ruggiero Quarto

    22 La Famigliaculla dell’amoreSara Sofia De Lucia

    23 La nostra Pasqua, guidati dall’amoreFrancesca Cocomero

    24 Lettera aperta a un amico specialeVittorio Viggiano

    25 Testimonianza di una famiglia cristianaAnna Cretella

    Un forte legame fra TR e SalesianiArmando e Rosalba Balestrazzi

    26 Ricordando Francesco don Sabino Palumbieri

    27 Rubriche

    b

    N. 1 •  2013

    Periodico quadrimestrale. Registrazione Tribunale di Roma n. 579 del 28/12/2001� Direttore responsabile: Massimo Tarantino - [email protected] � Consiglio di redazione: Cesira Ambrosio, Agostino Aversa, Concetta Boccia, Paolo Cicchitto,

    Anna Massa, Silvana Mora, Raffaele Nicastro, Sabino Palumbieri, Maurizio Parotto, Luis RosónGalache, Dario Savasta

    � Segreteria di redazione: Maurizio Parotto, Silvana Mora - [email protected] � Hanno collaborato a questo numero: Agostino Aversa, Armando e Rosalba Balestrazzi, Anna

    Benassi, Ugo Cepparulo, Francesca Cocomero, Anna Cretella, Sara Sofia De Lucia, Claudio DePolo, Cristiana Freni, Antonietta Grasso, Anna Massa, Raffaele Nicastro, Sabino Palumbieri,Ruggiero Quarto, Luis Rosόn Galache, Arturo Sartori, Vittorio Viggiano

    � Segreteria amministrativa:  Raffaele Nicastro - [email protected] Paolo Cicchitto - [email protected]

    � Sede: 00185 Roma - Via Castelfidardo, 68

    L’invio di articoli e fotografie include il consenso per l’eventuale pubblicazione, pertanto, anche se non pubblicati, non sarannorestituiti. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Tutti i diritti riservati.

    Tipolitografia: Istituto Salesiano Pio XI - [email protected] - tel. 06.7827819 - 067848123Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - Finito di stampare: aprile 2013

    Testimoni del RisortoE-mail: [email protected]

    www.testimonidelrisorto.it

    Volontari per il Mondo - OnlusRoma, Via Castelfidardo, 68tel. 081 8711297 - fax 081 3944177E-mail: [email protected]

    SOMMARIO3 Elezione di

    Papa FrancescoSabino Palumbieri

    4 Una fede nel Risorto incarnata in famigliaSabino Palumbieri

    6 La Famiglia, dono di comunioneLuis Rosón Galache

    8 Amare è perdere se stessi donandosi Anna Benassi

    9 Testimoniare il Risorto con la famigliaUgo Cepparulo

    10 Ricordo di EnrichettaCristiana Freni

    12 Finestra del Coordinatore:Famiglia, vivi e annuncia la tua fedeRaffaele Nicastro

    Missione Camerun (Seconda Parte)

    13 Cronaca ed emozioni di un viaggio in AfricaClaudio De Polo

    15 Amare vuol dire donare: storia di LucioAntonietta Grasso

    In copertina: La famiglia è luogo privi-legiato “per passare la testimonianza”

    in questo numero:

    3

    9

    13

    21

    18 22

    Speciale Missione Came

    run

    (2ª parte)

    Una famigliain cammino di fede

  • elezione di Papa Francesco è esplosa nel mon-do la sera del 13 marzo come un messaggio di

    pasqua. Il Risorto col suo Santo Spirito ha ispiratoi padri cardinali per questo uomo, di nascita ar-gentina di origine italiana. Dai primi gesti e dalleprime parole si è presentato in maniera semplice,familiare: «Fratelli e sorelle, buona sera» e alla fine«buon riposo… e a presto rivederci». Come traamici di vecchia conoscenza. E ancora prima diimpartire la prima benedizione da Papa ha chiestolui stesso la benedizione. Ha inclinato il capo e siè fatto immediatamente un silenzio profondo inuna piazza gremita sotto una pioggia battente. Harimarcato con questo gesto la Chiesa come popolodi Dio. E ha pregato in semplicità con tutti con lepreghiere divine, alla portata di tutti: il Padre no-stro, l’Ave Maria e il Gloria. Ha telefonato subitoal suo predecessore Papa Benedetto e ai suoi amicidi antica data romani presso cui soleva consumareuna cena frugale. Il giorno successivo all’elezionesi è recato alla Basilica di S. Maria Maggiore colpulmino con alcuni cardinali. E ha specificato «va-do come pellegrino tra pellegrini». Ha deposto unmazzo di fiori sull’altare per implorare filialmentedalla Vergine sostegno, luce e forza.Nella Sistina il giorno successivo ha presieduto lacelebrazione eucaristica coi cardinali e ha tenutoun’omelia sul cammino da fare insieme, sulla pu-rificazione personale ed ecclesiale e sulla testimo-nianza del Signore Gesù, senza indulgere mai – hachiaramente ribadito – alla mondanizzazione, va-le a dire alle logiche del potere e dell’avere.La scelta del nome Francesco ha stupito il mondoe ha condensato il suo stile: povertà, essenzialità,

    ELEZIONE DIPAPA

    FRANCESCO

    letizia. A Buenos Aires non solo si è mostrato sem-pre amico dei poveri in maniera privilegiata: si re-cava molto spesso nelle favelas e visitava gli am-malati di Aids. In più conduceva personalmenteuna vita da povero. Non abitava nell’episcopio,ma in un’abitazione vicina. Lui stesso si cucinavae viaggiava coi mezzi pubblici e non con la mac-china della curia.Ha voluto conservare la croce di metallo e ha ri-fiutato quella d’oro. Ha sempre tuonato contro la finanza sfrenata che sottoproduce miseria e al-larga la forbice a raggio planetario tra il mondodell’opulenza e quello della miseria.Mons. Loris Capovilla, segretario per tanti anni diPapa Giovanni XXIII, ha centrato quando lo hadescritto: semplice, povero, affabile, amico dellagente. Penso che don Tonino Bello ha esultato dalcielo per papa Francesco semplice e alla mano,amico dei poveri e degli emarginati. E parimentiCarlo Maria Martini che sognava una Chiesa libe-ra, essenziale, in ascolto della gente.Stupisce Papa Francesco la Chiesa, il mondo inte-ro nella sua omelia il giorno dell’inaugurazioneufficiale del suo ministero petrino, festa di SanGiuseppe. Ha detto, tra l’altro: «non dobbiamoaver paura della bontà, anzi della tenerezza». È unparadigma per la Chiesa e per il mondo intero. È un uomo pasquale, cioè del passaggio dalla po-vertà declamata alla povertà vissuta, dallo stiledella mediazione all’immediatezza del dialogocon la gente.È un vento nuovo, un vento di pentecoste.Un segno di grande speranza. Il mondo ne ha tan-to bisogno. La speranza è il respiro della storia.

    “Testimone del Risorto” 3Testimoni del Risorto

    È un vento nuovo,un vento di pentecoste.

    Un segno di grande speranza.

    Sabino Palumbieri

    L’

    La “Finestra del Coordinatore” si trova a pag. 12

    PAPA FRANCESCO

  • UNA FEDE NEL RISORTOINCARNATA IN FAMIGLIA

    nno della fede? Ma tutti igiorni di tutti gli anni, di

    tutti i secoli sono della fede.Varie sono le domande che si im-pongono a questo punto. Anzi-tutto cosa si intende per fede? Epoi è ancora attuale oggi? Chesenso ha credere?Fede, anzitutto, è uno sguardoche va al di là di quello che vedi,che tocchi, che sperimenti…I sensi ti danno una visione ma-teriale della realtà. L’intelligenzati offre una visione sovrannatura-le: dove l’occhio, ad esempio, ve-de una piccola goccia, l’intelli-genza, con gli strumenti idonei,coglie un turbinio di micro parti-celle che danzano nell’indefini -tamente piccolo. La fede ti offre una visione cristi-ca, sovrarazionale. Lì dove l’intel-ligenza vede un fenomeno, la fe-de coglie una trama d’amore al dilà dell’umano potere. Là dovel’uomo vede e si vede come unessere vivente venuto a caso e de-stinato a scomparire nel nulla, lafede percepisce figli di Dio chenon hanno un destino ma una de-stinazione eterna. La fede è il trapianto, per dir così,degli occhi di Cristo per cui si ve-de tutto come Lui vede e che co-glie in un disegno di amore unicoDio, l’uomo e l’universo. Ma la fede è non adesione a unteorema ma a una Persona: il Fi-glio eterno di Dio incarnato pernoi. E perciò è anzitutto avere ilsuo sguardo, ma è anche amarecome Lui. Dice la scrittura nellalettera di Giacomo: «La fede sen-

    za le opere è morta in se stessa»(Gc 2, 17).Poco prima aveva esemplificato:«Se un fratello o una sorella sonosenza vestiti e sprovvisti del ne-cessario cibo quotidiano e uno divoi dice loro: andatevene in pace,riscaldatevi e mangiate”, ma nondà loro quello di cui hanno biso-gno per il corpo, che giova?» (Gc2, 15-16). Aveva già scritto Paolonella lettera ai Galati: «La fede sienergizza attraverso l’amore comeCristo ci ha amati» (Gal 5,6).Questa è fede incarnata nella sto-ria dell’arcipelago indefinito disofferenze di ieri e di sempre.Certo, dobbiamo riconoscere chespesso i credenti hanno ridotto lacarità alla “pappina sentimenta-le” come li accusava K. Marx.La fede autentica non è smidol -lata, come non è folklore, non èansiolitico, non è paracadute da

    usare in caso di pericolo. Dicia-mo anche che la fede non serve,perché non è un oggetto utensile,appunto da usare. Ma la fede è fondamentale per-ché da senso alla vita. Risponde inmaniera pienamente umana aglieterni que siti dell’esistenza: don-de radicalmente veniamo, dove de-finitivamente approdiamo. Vale adire se la morte è la fine di tuttoe quindi l’uomo è condannato alnulla del suo essere.

    Se così fosse, la vita sarebbe come una grande corsa versol’abisso del nulla. La corsa po-trebbe essere anche eccellen-te ma a che cosa varrebbe setutto finisse nel niente?

    L’uomo sarebbe nel cosmo l’ani-male peggio riuscito, perché men-tre l’infraumano vive nel punti-forme del momento, solo l’uomoè come un condannato a morte

    La fede incarnata nella famiglia4 Testimoni del Risorto

    Sabino Palumbieri, Fondatore Movimento TR

    A

  • do che cambia vertiginosamente– hanno fame di significato e diamore. Non si può vivere senzasapere perché? Non si può viveresenza sapere per Chi? Del resto: ilsenso della vita sta nel sentirsiamati. E per sempre da un amoresicuro e duraturo.La fede, inoltre, è una propostadi vita. «Sono venuto a portare lavita e a portarla in sovrabbon-danza» ha dichiarato Gesù. E talevita è l’esistenza in pienezza cheè la partecipazione di comunionecon Lui che è la vita: «Io sono laVita» (Gv 11,6).Ed è altresì una proposta di amo-re. È la conseguenza della prece-dente. Infatti la vita è pienezzad’essere. Ora questa coincide conl’amore «Amatevi gli uni gli altriproprio come Io ho amato voi»(Gv 13, 34).La fede è dono di Dio, sì. Ma co-me ogni suo dono, va alimentatocostantemente. È un seme che vafatto crescere con la Parola ap-profondita, con la preghiera co-stante e con l’atmosfera giusta.La prima di questa atmosfera èappunto la famiglia. Tutti oggiparlano di crisi della famiglia. È dovuta a molteplici motivi, daquella dell’instabilità dei senti-menti a quella dell’incomunica-bilità, a quella delle preoccupa-zioni economiche, al vento geli -do dell’indifferentismo e secola-rismo.E tuttavia resta la piena, insosti-tuibile maestra di fede. Tanti di

    che vede ogni giorno avvicinarsiil momento del capestro. E i suoianeliti insopprimibili a viveresempre di più (durata). E sempre in più: intensità e bra-ma di pienezza, di comunioned’amore, di verità, di bellezza,sarebbe il colossale bluff in tuttoil cosmo.La Fede, dunque, è necessariaper dare un senso della vita, aisuoi aneliti più profondi, per dare risposte ai suoi quesiti disempre.Ci chiediamo: c’è ancora spazioper la fede oggi? Si risponde chese l’uomo, imbottito di scienza edi tecnica, si affida a queste dueancore, non troverà spazio in sestesso. La scienza può rispondere al come è fatto il mondo, sia del mi-crocosmo che del macrocosmo. La tecnica può conseguentemen-te attrezzare al meglio l’uomoper restare sempre più comoda-mente nel suo habitat. Ma ritorna la domanda: e l’habi-tans, l’uomo con tutto il bagagliodelle sue domande? Ci chiedia-mo: l’uomo è solo una macchinaperfetta che deve correre nel bre-ve tragitto della sua esistenza o èanche l’autista di questa macchi-na che deve sapere come mai sitrova su questa strada? Da doveè partito? Dove è la sua meta?Che senso, dunque, ha il suo cor-rere? A che serve tutto quello chelui conquista? A che serve con-quistare magari l’ultima galassia,se il suo corpo è destinato allamorte? Che senso ha, a riguardo,vincere magari tutte le battagliema irrimediabilmente perdere laguerra? E che senso hanno, nel frattem-po, le cadute che la preparano: idolori, le angosce, i fallimenti, itradimenti di cui è costellato ilquotidiano?Ma come oggi gli uomini, ancheinconsapevolmente – in un mon-

    noi possono testimoniare chehanno respirato in casa un climapropizio alla crescita della fede. E questo a cominciare dalla testi-monianza dei propri genitori. Itempi sono indubbiamente cam-biati, e quindi anche le modalitàtrasmissive della fede. Ma l’es-senziale va trasmesso alle gene-razioni nuove che sono chiamatead affrontare tempi difficili che siprofilano all’orizzonte per la co-municazione efficace dei valoridi base.Una cosa resta certa, che quandoi genitori restano generatori nonsolo della vita fisica ma anche diquella spirituale, i semi restano.E possono affrontare le tempestedi un mondo estraneo ai valori eal fondamento dei valori che è lafede, ma poi col tempo arrivanoa compimento. Ma i semi vannoirrorati con la pazienza, con lapreghiera, con la testimonianzacredibile.La famiglia resta sempre la pale-stra della fede, prima ancora dialtre realtà ecclesiali perché – sesi mantiene fedele al Suo Signore– è la prima scuola di preghiera,di sacrificio, di servizio, di amoregeneroso.E tutto questo contagia altre fa-miglie, magari un po’ tiepide, oche vanno oggi perdendo la spe-ranza di rilancio.Il futuro passa attraverso la fami-glia. Le mani che dondolano unaculla – è stato detto – sono le ma-ni che muovono il mondo.

    La fede incarnata nella famiglia 5Testimoni del Risorto

  • La FAMIGLIA,DONO DI COMUNIONE“Intima comunità di vita e di amore”, così definisce la Gaudium et Spes (GS 48)la famiglia che scaturisce dal matrimonio. Sono due aspetti che i padre conciliarihanno voluto sottolineare: “comunione” e “vita”. Ecco quanto è importante ri-flettere sulla comunione vissuta in famiglia tra uomo e donna e tra loro e i figli.

    1. La famiglia dono di comunione per la Chiesae la società

    Il “si” degli sposi costituisce la famiglia che donaalla comunità cristiana e alla comunità civile un’im-magine concreta della vera Comunione. Possiamodire che la famiglia è un vero dono di comunioneper la Chiesa e la società. Ma, dov’è il fondamentodi questa comunione?Dio, dalla sua realtà più profonda, che è Comu-nione, ha creato l’uomo come “maschio” e “femmi -na”, li ha creati “a sua immagine e somiglianza” (Gn1,26-27), li ha creati “uniti” pur nella distinzione.La coppia umana è costituita come forma origi -naria di “unità-pluralità” e così partecipa a quellacircolarità assoluta d’amore che è il dinamismo co-munionale di unità-distinzione della Uni-Trinità1.Dio è in sé stesso tri/unitas, uno e trino. La sua spe-cificità è di essere una sola natura, da tre Personedivine. Questa sua realtà Dio l’ha voluta comuni-care alla creazione umana. La famiglia è dunque

    comunione scaturita dalla Trinità. In lei Dio haespresso il più intimo di sé: “Il “Noi” divino costitui-sce il modello eterno del “noi” umano; di quel “noi” in-nanzitutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creatiad immagine e somiglianza divina” 2.Una coppia di sposi può cercare Dio dentro il pro-prio sviluppo della propria relazione coniugale, op-pure nei dettagli della vita quotidiana, perché Dionon è l’assente, ma è il Presente che li ha fatti ma-schio e femmina, che li ha fatto divenire “sposi”.Dio non “sta” soltanto nella Chiesa, perché ha vo-luto da sempre rendersi percepibile dentro l’amorevicendevole di un uomo e una donna.La forma umana sposo-sposa, genitori-figli, è in sél’archetipo di comunione più totalizzante che esistanel mondo. Ogni coppia scopra nell’oggi della suarelazione il dono e la libertà di amare con l’amoredi Dio. Vivendo l’amore autentico la coppia rea-lizza già in sé stessa il regno di Dio. Può viveresempre un amore nuovo, un amore che sa ricomin-ciare sempre.La reciprocità dell’amore nella coppia contiene insé anche l’essere padre-madre perché la reciprocitàdi amore esige e richiama “un’altra alterità” (con ifigli, o più ampia). Essere padre-madre vuol direaccogliere la vita che viene, andare a scoprire chel’amore non ha un compimento pieno qui sullaterra: l’amore chiama all’eterno, richiama una con-tinuità.

    2. Sacramento dell’amore tra Cristo e la ChiesaCreati dall’Amore di Dio, sono gli sposi chiamati adiventare sposi, per il sacramento del matrimonio,partecipi dell’amore che unisci Cristo alla suaChiesa. “Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuorenuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi comeCristo ci ha amati”3.

    La fede incarnata nella famiglia6 Testimoni del Risorto

    1 Cf. Giovanni Paolo II, Uomo e donna li creò. Catechesi sul-l’amore umano. LEV, Roma 1995, 91.2 ID., Lettera alle famiglie, 6. Cf. GS 12; Familiaris consortio 11.3 Familiaris consortio, 13.

    Luis Rosón Galache, Guida Spirituale Movimento TR

  • 4. Chiamati a diffondere la comunione divinaCome sono chiamati gli sposi a manifestare e dif-fondere questo dono di comunione che coincidecon il loro stesso vissuto coniugale? Ecco la risposta: “La famiglia cristiana edifica il Re -gno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quo tidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita”8.

    Un’autentica vita coniugale e familiare è di persé così intensa e qualificata da essere semprecontagiosa in coloro che vengono a contatto,in vario modo, con la famiglia nel suo insieme,oppure con la coppia, con i figli o con ciascunodei suoi membri.

    Come possiamo scoprire dall’inflessione della vocela regione geografica di provenienza di chi parla,così dalla “densità relazionale” possiamo scoprirela matrice, il “marchio di fabbrica” della qualità divita di coppia e di famiglia.La coppia e la famiglia cristiana è un bello e ricco“patrimonio” divino-umano di comunione e da te-stimoniare, può essere usato per crescere e fare cre-scere la coppia e i figli in libertà, oppure può esseresciupato e svilito. Tutta una sfida di vita, speranza e testimonianza divita vera e buona del Vangelo!

    Gli sposi vengono consacrati dallo Spirito nel sa-cramento del Matrimonio che li fa parteciparedell’unione di Gesù Cristo e della Chiesa: unionedi Dio e dell’umanità. Dio ha fatto tutti gli uominie le donne capaci di arrivare alla pienezza. Conl’azione dello Spirito i limiti diventano l’occasioneper amare di più e per fare diventare grande il pro-prio coniuge.La relazione dei due riceve il dono sacramentaleche fa fiorire dal di dentro il vincolo che fa del-l’uomo e della donna una sola carne. I vescovi italiani lo mettono chiaramente in evidenza: “Il vincolo che unisce l’uomo e la donna e li fa una solacarne (Gn 2,24) diventa, in virtù del sacramento delmatrimonio, segno e riproduzione di quel legameche unisce il Verbo di Dio alla carne umana da luiassunta, e il Cristo Capo alla Chiesa suo Corpo,nella forza dello Spirito”4.

    3. La comunione è donata dallo SpiritoOgnuno di noi cristiani, per il Battesimo e l’Euca-ristia viene costituito “corpo” di Cristo in comu-nione di vita con tutti gli altri battezzati. Ma il matrimonio aggiunge una novità: “Il sacra-mento del matrimonio, (…) riprende e specifica la graziasantificante del battesimo”5. La grazia sacramentale delle nozze viene data alla“relazione” che unisce le due persone, non alla“singolarità”. La grazia è dentro la relazione: lo spa-zio dove abita lo Spirito è dentro la relazione.La grazia del matrimonio non è per mettere glisposi in comunione con Cristo – questo lo fa il Bat-tesimo – ma per attualizzare nella loro relazione ilrapporto d’amore che unisce Cristo alla Chiesa. Nelsacramento del matrimonio l’uomo e la donna ven-gono abitati nel loro dinamismo psico-fisico dallapersona divina dello Spirito Santo, che li trasformain con-vocati a esprimere nel loro vissuto questo le-game di Cristo-Chiesa.I vescovi lo dicono chiaramente: “Per la grazia delloSpirito Santo la coppia e la famiglia cristiana diventano“Chiesa domestica” in quanto il vincolo di amore coniu-gale tra l’uomo e la donna viene assunto e trasfiguratodal Signore in immagine viva della comunione perfettis-sima che tra loro lega nella forza dello Spirito Santo, Cri-sto alla Chiesa suo corpo e sua sposa” 6.E ancora: “La comunione donata dallo Spirito non siaggiunge dall’esterno, né rimane parallela a quella co-munione coniugale e familiare che costituisce la “strut-tura naturale del rapporto uomo-donna e genitori-figli;bensì assume questa stessa struttura dentro il misterodell’amore di Cristo per la sua Chiesa e pertanto la tra-sforma interiormente e la eleva a segno e luogo di comu-nione nuova, soprannaturale e salvifica” 7.

    La fede incarnata nella famiglia 7Testimoni del Risorto

    4 CEI, Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 34.5 Familiaris consortio, 57.6 CEI, Comunione e Comunità nella Chiesa domestica, 7.7 Ibidem., 9.8 Familiaris consortio, 50.

  • Anna Benassi, giornalista, Cenacolo di Roma

    Quando vi siete conosciuti eravate tutti e due nellaFede?Letizia: No. Ci siamo incontrati a diciotto anni evenivamo da percorsi adolescenziali diversi. Giu-seppe era non credente pur avendo frequentato perdiversi anni l’oratorio. Io ero cattolica praticante,per formazione scolastica in scuole cattoliche e per-ché facevo parte dell’associazione scout AGESCI.Giuseppe: Questo diverso rapporto con la Fede ciha fatto decidere, nel 1990, all’età di 27 anni, dicontrarre un matrimonio misto tra credente e noncredente battezzato, reso possibile da una dispensavescovile.

    Oggi siete in un cammino di Fede?Letizia: Da quattro anni: è stato un dono inaspet-tato. Tutto è cominciato con il cammino dei DieciComandamenti che nelle parrocchie di tutta Italiasi sta effettuando da circa dieci anni. Ora siamo inun percorso di iniziazione alla Fede Cattolica e conun gruppo di fratelli, accompagniamo al sacra-mento del Battesimo cinque catecumeni adulti.

    Come sono i rapporti con vostro figlio, che esem-pio siete stati?Giuseppe: Negli anni in cui c’è stata divergenza tranoi, a causa del difficile rapporto con la Fede, i dis-sidi, la diversa prospettiva con cui guardavamo lavita, ha prodotto in nostro figlio un’idea di famigliadecisamente difforme da quella armoniosa, propriadi una famiglia cristiana. Il successivo percorso co-mune di coppia lo ha rasserenato e ha consolidatole basi che in passato vedeva fragili e traballanti.Letizia: oggi siamo un esempio di genitori cristianibenché il tempo perduto sia difficile da recuperare.

    Gli abbiamo dimostrato tuttavia che si può cam-biare e migliorare, grazie alle meraviglie che Dioopera in noi, ora ben visibili anche ai suoi occhi.

    Ci sono stati quindi molti momenti difficili nel rap-porto tra voi due?Si, tanti.

    Se e come li avete superati?Giuseppe: Grazie a Dio fanno parte del passato. Liabbiamo superati attraverso il cammino di Fede egrazie a una giusta guida spirituale. Abbiamo im-parato che, in un matrimonio sacramentale, il rap-porto non è a due, ma a tre, ossia si arriva all’altroattraverso la relazione con DIO. E la chiave di ri -soluzione dei momenti difficile è la misericordia.

    In che modo la Fede vi è venuta in soccorso?Letizia: È vero. La Fede è venuta in nostro soccor-so, non siamo andati noi alla sua ricerca.Guardando a ritroso tutto il nostro percorso, rico-nosciamo una ostinazione nel chiamarci, nel cer-carci, attraverso la benefica caparbietà di un amicoche ci ha accompagnato in chiesa, per la prima catechesi sui Dieci Comandamenti nonostante lenostre resistenze.Giuseppe: attraverso la Fede abbiamo gradual-mente abbandonato le nostre sovrastrutture uma-ne per affidarci a Lui e riconoscerci suoi figli. Eogni giorno troviamo in ogni traguardo un nuovopunto di partenza.

    Secondo voi quando si ama si può rispondere alladomanda: daresti la vita per lui o per lei?Letizia: amare davvero è perdere se stessi donan-dosi all’altro.

    La fede incarnata nella famiglia8 Testimoni del Risorto

    AMAREÈ PERDERE SE STESSIDONANDOSILetizia e Giuseppe, una famiglia in cammino di fede

    incontrato Letizia e Giuseppe nella loro casa. Un luogo che esprime amore e cura.Letizia è una giovane donna “in carriera”, titolare d’impresa e sta attualmente lavorando a

    un progetto europeo di cui sentiremo presto parlare. Giuseppe è un affermato dirigente d’azienda.Hanno un figlio, come molti giovani, in attesa di occupazione definitiva. Letizia, è bella, dalla foltafrangetta nera spuntano due occhi intelligenti. Trova il tempo per tutto, come le donne di una volta.Cucina, impasta focacce, accudisce i due uomini della casa, determinata e volitiva, governa.Chi regna, invece, è Giuseppe. Non prevarica, sostiene la sposa nei suoi programmi di lavoro. Le dàequilibrio, la consiglia, le dà fiducia, l’apprezza, la ama.Una coppia luminosa. Penso a un dialogo tra Gesù e S. Caterina da Siena. Cristo dice: «Io darò ilmondo a donne non dotte e fragili, ma da me dotate di forza e sapienza divina per la confusione e atemerarietà degli uomini maschi».

    Ho

  • Il 24 febbraio 2013 si è tenuto a Caserta il 2° incontro del Corso di formazione Famiglia, pro-mosso dall’Anastasis e condotto da Ugo Cepparulo e Daniela Amato, Referenti Ambito Famiglia.Il corso è uno dei percorsi di risurrezione offerti dal progetto L’educazione è cosa di cuore, dalla nostra guida spirituale don Luis Rosón e presentato nel TR News N. 2/2012.

    nostra intenzione nell’aver intrapreso que-sto percorso potrebbe essere riassunta in

    questo titolo. Ma come spesso accade la realtà su-pera le intenzioni. Gesù ci ha sorpresi donandociun’esperienza che ha arricchito sia noi che lo pro-ponevamo sia chi vi ha partecipato.È stato grande il nostro stupore, soprattutto nel secondo incontro, nel verificare che i semi dellaprima giornata caduti sulla buona terra avevanoattecchito e già iniziato a fruttificare.Concetti che per nostra esperienza necessitanospesso di maggior tempo per essere elaborati emessi in pratica, già nel secondo incontro sembra-vano patrimonio comune delle coppie TR che ave-vano partecipato alla prima giornata, patrimoniocerto non consolidato, ma comunque disponibile.Indicatori dell’amore quali base sicura e rifugio si-curo; basi della comunicazione e dell’ascolto qualilivelli neurologici, feedback, sospensione del giu-dizio; accettazione e compren-sione della diversità dell’altro edei ruoli: gerarchie di valori edinamiche di potere tra i mem-bri della coppia e tanto altro ancora, venivano ben utilizzatidalle coppie presenti sollecitatidagli esercizi pratici da noi pro-posti, in un’atmosfera di gioia,curiosità e soddisfazione.È proprio vero che abbiamo po-ca fede! Se nel TR abita lo Spiri-to Santo, dovevamo aspettarciuna risposta così sorprendente.Basta infatti poco allo SpiritoSanto per manifestare la SuaPotenza.Se è vero che il peccato origina-le ha rotto l’alleanza tra l’uomoe Dio, è altrettanto vero che ha

    minato alla base l’unione e la comprensione tral’uomo e la donna. Nel libro sacro degli ebrei, il Talmud mette in guar-dia gli uomini dal maligno e indica anche gli anti-doti: «State molto attenti a far piangere una donna,che poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscitadalla costola dell’uomo, non dai piedi perché do-vesse essere pestata, non dalla testa per essere su-periore, ma dal fianco per essere uguale... un po’più in basso del braccio per essere protetta, e dallato del cuore per essere Amata...».Ma la nostra società ha cacciato lo Spirito Santodalla famiglia e ha complicato enormemente l’uti-lizzo di questi antidoti, sepolti dalla nuova com-plessità. Per questo oggi la famiglia vede molti -plicarsi problemi esterni e interni rischiando disoccombere ed è un bene sempre più in pericolo. Per questo, pensiamo che noi cristiani, Testimonidel Risorto, abbiamo il dovere di preservarlo.

    La fede incarnata nella famiglia 9Testimoni del Risorto

    La

    Ugo Cepparulo, Referente Ambito Famiglia

    Testimoniare il Risorto con lafamiglia

  • sunti alle glorie degli altari insie-me. Don Sabino divenne in po-co tempo un sacerdote di intimacollaborazione e di riferimentonella casa antica di via Depretis,dove la famiglia Beltrame-Quat-trocchi aveva vissuto per moltianni, attraversando i grandi e ter-ribili eventi del XX secolo. Le guerre, il cambiamento politi-co in Italia, le mutazioni sociali,le grandi e piccole difficoltà diogni giorno, a colpi del

    motto di famiglia, che oggi tanto sa di urgenza:

    “guardare tuttodai tetti in su”.

    Questa ottica, chedeclinava l’attenzioneconcentrata a tutto il reale, si coniugava con il punto di fuocoineliminabile di qualsiasievento terreno: l’invito a leggere tuttoquale segno dell’assoluto,che ogni attimo bussaalla porta dell’uomocome viandante dipassaggio sulla terra.

    Di questa certezza radicale, ebbiprova immediata quando per laprima volta entrai nella casa diEnrichetta, dove trovai il sorrisoaccogliente e rasserenante di donTar seduto in poltrona come un

    ENRICHETTAicor-dare, come è noto, vuoldire dare al cuore. Ed è pro-

    prio in questo luogo profondo e abissale dell’animo, che trovoEnrichetta viva, vivace, parlante,con la sua voce forte, capace diintonazioni variegate, ma sempresincera, diretta, libera, nell’espli-citazione del suo pensiero e deisuoi vissuti.Parto da questa stanza profondadi me stessa, per ripercorrere lastoria di amicizia, di crescita stra-ordinaria, che ha segnato la miavita nell’intreccio a quella di En-richetta. Sentii parlare di Enri-chetta e della sua famiglia all’in-domani della nascita di mia figliaAgnese, nata il 24 novembre del2001, alla vigilia della proclama-zione di Luigi e Maria coniugibeati. Lessi sul giornale mentremi riprendevo dal parto, la noti-zia di questa coppia di eccellenzestraordinarie radicate nell’ordi-nario. E ne rimasi molto colpita. Il destino di una coppia, pensai, è quello di aiutarsi reciprocamen-te a vivere il cielo insieme perl’eternità.Il Tr, poco dopo, grazie a queglieventi che tramano il temporaledel disegno dello spirituale, ven-ne in contatto con i tre figli deibeati sopravvissuti alla lungastoria familiare. All’appello man -cava soltanto madre Cecilia, la secondogenita, prematuramentescomparsa. Ma don Tar, PadrePaolino e la piccola di casa, Enri-chetta, erano ancora insieme sul-la terra per celebrare i genitori as-

    gentiluomo di altri tempi, e losguardo acuto e penetrante diPadre Paolino, posto sul divanodel salotto di casa. Poi incontraiEnrichetta. Avevo mia figlia dipoco più di un mese con me, e mi colpì profondamente l’acumegrazie al quale con uno sguar-do seppe cesellare il carattere diAgnese come si sarebbe declinatopoi negli anni.Enrichetta mi accolse senza for-malismi e senza luoghi comuni.L’agio che si respirava in quellacasa in cui mi ero trovata cata-pultata, nella penombra della Ro-ma umbertina di cento anni pri-ma, non è semplice descriverlo.Non era il frutto di benessere for-male, ma sostanziale. Negli occhidi quei tre fratelli anziani, così di-versi per carismi e talenti, si re-spirava il bonus odor Christi chesapeva di autenticità e di pace.Enrichetta era empatica, essen-ziale, premurosa, a volte diretti-va. Ma sapeva esplorare con acu-me sapienziale singolare i misteridell’animo umano. Fragile e for-te, generosa ed esigente, divenneper me un’amica quotidiana, unavoce di consolazione, un consi-glio da accogliere, una bimba daconsolare e da aiutare.Ho sperimentato ancor più conlei, che le differenze anagrafichenon sono impedimenti radicali airapporti. Enrichetta sapeva esse-re meravigliosamente bimba neisuoi novant’anni sempre più ma-cilenti e complicati da tanti scom-pensi; ma altresì donna di sag-

    La fede incarnata nella famiglia10 Testimoni del Risorto

    La fede vissuta nella famiglia dei Beati Luigi e Maria…

    R

    RICORDO DIENRICHETTA Cristiana Freni, Cenacolo di Roma

  • gezza spirituale e morale di le -vatura straordinaria, nella sem-plicità estrema delle sue parole.Riassaporo i pomeriggi trascorsinel salotto buono di casa, sul di-vano a fiori. Quanti dolori, quan-te speranze, quanti progetti han-no costellato quelle ore che fuggi-vano brevi, mentre fuori Romaimbruniva dalle finestre a vetrifragili, liberty, che affacciavanosul Viminale.Le chiedevo i racconti di casa. Elei volentieri mi donava i suoi ri-cordi lucidi, ricchi, precisi. E da-vanti a me trascorrevano gene -razioni antiche, sentivo le risatedella nidiata, le prove delle arrin-ghe di Luigi dallo studio, i richia-mi dolci e fermi di Maria ai figli.Nell’incanto stupendo delle sueparole, Enrichetta ritesseva la sto-ria di una famiglia, in quei luoghiin cui essa, nell’umile piccolezzadel quotidiano, si era fatta grandedinnanzi agli occhi di Dio.Era un piacere ascoltare la storiadella sua nascita miracolosa, scel-ta da entrambi i genitori a rischiodella vita di madre e figlia. Lei,che era sempre sobria, si com-muoveva ogni volta al ricordodell’amore incondizionato che isuoi le riservarono, scegliendo lavita e non l’aborto.Gli anni della vecchiaia la por -tarono a dover seppellire i suoiadorati fratelli. Don Tar, prima,così fine a affine a lei, e PadrePaolino, poi, deceduto nella culladella sua Trappa.In questo ultimo decennio dellasua vita, Enrichetta, che avevascelto sin da giovane di restare acasa con i genitori e di rinunciaread una vocazione religiosa speci-fica, come i fratelli, aveva volutoconsacrarsi nel TR quale suggellodella sua fede matura, culminata,come sempre diceva, nelle brac-cia del Risorto.Aveva scelto don Sabino, che l’haaccompagnata sino all’ultimo

    giorno, come confessore e diret-tore spirituale. Aveva credutoprofondamente nel progetto del-la spiritualità pasquale e ne ave-va auspicato lo sviluppo gioiosoper tutte quelle coppie che si ri-volgevano a lei per consigli, perindicazioni, per consolazioni.Molte prove l’hanno segnata ne-gli ultimi anni. La difficoltà adidentificare una collaboratriceche dopo Linda, la tata di casascomparsa prima di lei, potesseassicurarle una dignitosa assi-stenza. Le malattie varie, la terribile an-gina che spesso faceva trepidareil TR e chi la amava. La sua indo-mabile progettualità a diffondereil lascito spirituale ed educativodei genitori ad una chiesa cosìmendicante di esempi credibilicome quella di oggi. Non si fa -ceva scrupolo di viaggiare pur di poter spezzare una parola di speranza per una comunità e perun’associazione.Il suo incedere curvo, che avevapoi lasciato spazio al girello edinfine alla sedia a rotelle, nonaveva spento il dinamismo pro-fondo del suo cuore meraviglio-so. Arrivava quasi rantolante allaLectio nel cenacolo di Roma. Manonostante talvolta i consigli, o idivieti dei medici, lei si muovevadove il suo baricentro la portava.Il bene verso la Chiesa e i fratelli,senza risparmio di energie e diforze.Enrichetta è stata una donna dicompagnia. Nel senso vero deltermine. Lo spezzare il pane, l’ac-coglienza, l’amicizia, sono stateesperienze di vita vissuta, nonteoremi astratti e disincarnati.Tutto era immagliato nella suaspiritualità serena, essenziale, diinfanzia fiduciosa. Non l’ho maivista tentennare dinnanzi al-l’amore di Dio di cui si sentivacerta, come un bambino sicuronelle braccia del padre.

    Le lunghe ore che trascorreva in quella confidenza tenerissimadavanti al tabernacolo, nella cap-pellina che per dispensa papaleera in casa di via Depretis, la ve-devano dialogante, implorante,talvolta, sempre capace di avvici-narsi umile e decisa dinnanzi almistero.Il suo carattere forte, non infre-quentemente direttivo, venivaspesso addolcito dalla esperienzadella Parola e della Liturgia ru-minata e incarnata.L’ultimo anno è stato quello del -l’offerta dolorosa del male fisico.Veloce, distruttivo e depotenzian-te. Il blocco progressivo degli spo -stamenti, la difficoltà a parlare,non hanno spento il dinamismodel suo essere sino all’ultima ora.Il suo desiderio di morire in casa,nel letto dove era spirato l’ado -rato papà, è stato esaudito in ungiorno della calda estate di Roma.Enrichetta ha varcato la sogliadell’eternità, silenziosa, ubbidien-te, fiduciosa, come ha vissuto.Il suo lascito, semplice e difficile,è quello di una donna innamoratadi Dio e di ogni figlio di Dio allaluce della speranza che vince ogninotte. A noi, il compito di vivere questasfida ogni giorno. A lei, la pre-ghiera di aiutarci a farlo con lasua coerenza e la sua fedeltà.

    La fede incarnata nella famiglia 11Testimoni del Risorto

    Dall’ Esortazione apostolica“Familiaris consortio”

    (Giovanni Paolo II)

    … l’essenza e i compiti dellafamiglia sono ultimamentedefiniti dall’amore. Per questo lafamiglia riceve la missione dicustodire, rivelare e comunicarel’amore, quale riflesso vivo ereale partecipazione dell’amoredi Dio per l’umanità e dell’amoredi Cristo Signore per la Chiesasua sposa.

  • FAMIGLIA,VIVI E ANNUNCIA LA TUA FEDERaffaele Nicastro

    un intervento, datato 1997 ma ancora attua-le, il prof. Giorgio Campanini (*) si interro -

    gava su quali fossero i “Santi Segni che la comunitàcristiana può disseminare nella società di oggi così lai-cizzata e secolarizzata, attraversata dall’indifferenza epopolata di segni, in qualche modo laici”.In altre parole, segni non eccezionali, ma “segni della vita di tutti i giorni, sociale e comunitaria.E riteneva che un segno molto significativo fossequello rappresentato dalla presenza e dalla testimonian-za delle famiglie cristiane, in quanto uno dei segni piùcomprensibili, più vicini all’esperienza della gentecomune.Il card. Tettamanzi, in alcune sue lettere pastoralialla diocesi di Milano, ha messo al centro la fami-glia, sia come testimone del Cristo Risorto (2006),che come portatrice di un compito missionario(2007), soggetto di evangelizzazione e “luogo privi-legiato della ricerca dell’amore, nella quale cogliere il momento opportuno per una parola sincera e franca.E dove si cerca l’autenticità dell’amore, ci si interrogaanche sulla fede”.Ma incarnare la fede in famiglia non significa solodifenderne i valori e promuovere una cultura a es-sa favorevole, oltre che un sostegno economico elegislativo (anche se questo sarebbe già tanto neltempo che viviamo), ma vuol dire esperienza da vivere, modo di crescere in umanità e santità.E la bellezza di questa esperienza va fatta conosce-re, per far capire che il modello-famiglia tramanda-

    to negli anni non ha perso il suo potenziale di amo-re, condivisione e servizio vicendevole.Trasportiamo questi principi a un livello più allar-gato di famiglia, quale è la Famiglia del TR, e, ancora più in generale, la Famiglia salesiana, e ve-dremo che essi ne escono rafforzati.“Famiglia di famiglie”, come si presenta il nostroMovimento, significa far circolare ancora di più ivalori della solidarietà e dell’accoglienza, vuol diresentirsi parte di una realtà più grande che diventaper ciascuno fonte di sostegno e di confronto nellavita personale e familiare, ma anche nell’impegnodi servizio condiviso.Anche l’esperienza di Famiglia salesiana, nei treambiti in cui essa attua il suo multiforme servizioevangelico: promozione umana, educazione edevangelizzazione, “ci aiuta a coltivare dentro di noi atteggiamenti che favoriscono la gioia, che ci viene dalla risurrezione di Gesù, e a comunicarla agli altri inmodo contagioso, nel ricordo dell’invito di San Paolo:Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti”(Fil. 4,4) (**).Con l’affetto di sempre.

    La finestra del Coordinatore12 Testimoni del Risorto

    (*) Docente di Storia delle Dottrine Politiche e di Dottrina socialedella Chiesa, sociologo e storico, studioso del pensiero cattolicodell’Ottocento e del Novecento, esperto di tematiche riguardantila famiglia.(**) P. Chávez: Carta d’identità della Famiglia salesiana - 2012.

    “Eccomi, sono il servo del Signore”Lello e Susy Nicastro, con Emanuele e Maria Teresa, don Sabino e don Luis,

    annunciano con gioia l’Ordinazione presbiterale diGiampaolo Maria Nicastro,

    salesiano di don Bosco, per l’imposizione delle mani del Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli.

    Il rito si celebrerà sabato 29 giugno 2013, alle ore 18:30, nel cortile dell’Istituto salesiano di Napoli-Vomero, in via Scarlatti, 29.La prima Messa sarà officiata da Giampaolo nella Parrocchia salesiana

    del Sacro Cuore, stesso indirizzo, domenica 30 giugno 2013 alle ore 11:00.

    Affidiamo al Signore Risorto e a Maria Ausiliatrice il ministero sacerdotale delnostro Giampaolo: possa portare tra i giovani del nostro tempo il carisma e laspiritualità di Don Bosco, per essere sempre vero salesiano nel mondo.

    Napoli, 28 marzo 2013 - Giovedì Santo

    Lello Nicastro

    In

  • aolo Cicchitto e io avevamo già deciso dal mese di aprile questo nostro viaggio in Camerun. Ci sembravad’obbligo dopo due anni di assenza. Io aspettavo quel viaggio da tempo, convinto come sono che l’im-

    pegno in Africa del TR sia una cosa preziosa, perché il Volontariato è un importante banco di prova del nostrosentire, la traduzione della nostra fede, la preghiera che diviene azione e che anche da essa trae la sua forza.Sono comunque partito in agosto con una certa apprensione. Avevo visitato l’Africa più volte nel passato,ma sempre con la tranquillità di chi viaggia con le garanzie di un turista in volo charter e può osservare realtàanche tristi, commosso, ma senza rimanerne coinvolto. Ora avrei visto quell’Africa che nessuno visita, perchépriva di esotiche emozioni, ma piuttosto piena di insidie, pericolosa. Le emozioni, al contrario, ci sono state,fortissime. A cominciare dall’osservazione di quella natura così rigogliosa: avrò sempre negli occhi quellalunga strada di terra rossa che da Bertoua ci ha portati fino a Nguelemendouka, un percorso fra andata e ritorno di circa ottocento chilometri, tra due ali di fittissima vegetazione, la foresta tropicale.

    13Volontariper il mondo

    P

    Claudio De Polo, Cenacolo di Roma

    La capitale, Yaoundè

    Bertuà

    Siamo ospitati dalle Suore Domenicane della BeataImelda. Incontriamo più volte mons. Joseph Atanga, ilnuovo Arcivescovo di Bertoua, camerunese, per parlaredei nostri progetti e collaborazioni future. Ci soffermiamoperò anche molto con mons. Pirenne, fino a due anni fa Arcivescovo di quella Diocesi e ora in pensione. Ciparla di tante cose: è fondamen-tale, dice il Vescovo, il contributodel TR per la costruzione dellaScuola Tecnica a Garoua Boulai,il College “Van Heygen”, che dàoggi la possibilità di studio a 250 ragazzi e ha una potenzia -lità molto maggiore, fino a 800studenti. Quando il progetto saràcompletato, permetterà a tantigiovani di conseguire il diplomatecnico con specializzazione in

    falegnameria, meccanica, elettrotecnica, agronomia eper geometri. La costruzione di una struttura solida efunzionale sarà non solo essenziale per garantirne la durata nel tempo ma anche fattore educativo della mas-sima importanza. In quella realtà, priva di qualunque assistenza medica, i centri sanitari cattolici sono molto

    apprezzati e ricercati dalla po -polazione, sia per la qualità delservizio offerto che per il minimocontributo chiesto ai pazienti. Lemalattie sono tante e l’HIV, chefalcia quelle popolazioni, è cosìdiffusa che quasi non impressio-na più. L’attività di prevenzione è insufficiente perché troppo co-stosa, per cui è preziosa la col-laborazione di numerosi volon -tari in questo settore.

    Partiamo poi per Bertouà, dove ci accoglie nella sua ca-sa semplice, ma bella e confortevole, Ewa Gawin, mis-sionaria laica polacca. È giunta in Africa al seguito deinumerosi missionari polacchi che accettarono di aderireall’appello accorato di Papa Giovanni Paolo II, succes-sivamente alla sua prima visita in Camerun nel 1985.Ewa ci parla un po’ di tutto, ha talmente tante cose dadire che otto giorni a casa sua sono bastati appena. Co-me si diffonde la notizia della presenza di Paolo, quellacasa diventa meta di visite e peregrinazioni continue,segno della buona semina del TR negli anni passati.

    Sono tante le situazioni personali che ci vengono rac-contate, le richieste di aiuto che ci vengono fatte con lacertezza che nulla resterà inascoltato, che le offerte deinostri cenacoli porteranno un po’ di conforto a tutti. So-no così diverse le percezioni che si hanno quando si stasul luogo! Sono tanto più intense, tanto vive da farcirompere ogni esitazione. Quelle persone afferrano escuotono le nostre coscienze, sono i veri poveri di cui ciparla il Vangelo. Sperimentiamo la gioia del donare, deldare speranza. Abbiamo preso tanti impegni, ora li dob-biamo onorare.

    Cronaca ed emozioni di un viaggio in Africa

    Questa e tutte le altre esperienze mi hanno indotto a ritenere che ilmio viaggio in Camerun sia stato un dono fatto a me stesso, una verarigenerazione dello spirito. Questo volevo, e per questo mi è stato datomolto. Ho avuto tanti, mille spunti, mille occasioni, mille inviti a riflet-tere e pregare, grazie a quelle persone, a quella gente, a quel can-dore, a quella dignitosa povertà. Ripartire è stato un dolore…

    Speciale Missione Camerun(2ª parte)

  • Andiamo poi a Doumé, un villaggio immerso nella fore-sta, dove sorge una bellissima missione polacca moltocurata e dove vive mons. Jan Ozga. Lì, anche con ilcontributo della Parrocchia del Carmine di Castellam-mare di Stabia, è stato realizzato un grande pozzo conaccanto un lavatoio in cemento e i servizi igienici. Mons.Ozga ha ora il sogno di realizzare un panificio per i vil-laggi della Diocesi perché la gente raramente va in cittàdove può acquistare il pane. È un progetto, che sa dibuono e che rivitalizzerebbe l’economia locale sia perl’utilizzo delle materie prime del luogo che per la possi-bilità di creare nuovi posti di lavoro, ma è così ambizio-so per le loro risorse che chiede il nostro aiuto. Cosa nepensa il TR? Lì conosciamo anche Suor Fabiana, un al-tro angelo degli asili e delle adozioni. È sempre sorri-dente e gioiosa, un modello di ordine ed efficienza, belloper immagini e colori, ricco di giochi e materiale didatti-co. Quando le dico che sono colpito dai colori intensidelle pareti e dei giardini dell’asilo, mi risponde che co-lori, suoni e musica, sono fonte di energia vitale per ibambini, stimolano allegria, fantasia e benessere. E ciòdeve avvenire in età molto precoce affinché rimanga inloro un segno importante, così come la sensibilità reli-giosa, le preghiere, il rispetto, la buona educazione. Edanche la cura dell’igiene: fuori dalle aule vedo una lunga

    Qui il TR ha dato vita ad una delle sue opere più impor-tanti: ha costruito cucine, bagni, rifatto stanze, aperto fi-nestre per dare aria, organizzato lavoro. Ma la dispera-zione rimane, stride la povertà di quegli indumenti umidie consunti, con la cura delle divise delle guardie carce-rarie. Anche qui devo constatare che i tanti resocontiascoltati non mi hanno mai dato l’intensità delle emozio-ni che mi prendono. Penso tra me “ma come è possibi-le! Tanta disperazione! Non lo avevo capito, non mi ren-devo conto di tutto questo…”. All’improvviso vado fuori.Non riesco a sostenere quegli sguardi. Resto solo nelcortile ad attendere la celebrazione della messa. Unavera grazia del Signore quella messa, celebrata da pa-

    dre Josef, un salesiano di colore, formato in Italia. Lasua omelia mi sembra un abbraccio dal cielo. «Siete iprediletti di Gesù» dice, mi rimangono scolpite quelleparole…; «oggi Lui è qui con noi e vi consola con la suapresenza, vi chiama uno per uno col vostro nome, per-ché Lui è il Padre buono che non vi abbandona alle vostre sofferenze…». Sento che riesce a dare conforto,anche se solo per attimi, e mi sento sollevato anche io.Mi tornano alla mente le parole di don Sabino: “oggi ilpovero cristo, è il prediletto di Cristo povero” e quelle dimons. Ozga durante l’inaugurazione dell’asilo di Ngue-lemendouka: “Per ogni scuola che si apre, c’è un car-cere che si chiude ”.

    fila di scarpette di gomma, di vari colori, ognuna portaun nome, sono lì in attesa dei bambini che non sono ancora entrati. Com’è evidente dalle sue parole che èinnamorata dei «suoi» bambini! Paolo ed io chiediamo di poter visitare una capanna delvillaggio, per vedere come vivono i bambini che fre-quentano il suo asilo, ma la visione è più cruda di quan-to potessi immaginare. Guardo i muri di fango che sistanno sgretolando, i giacigli, il vasellame sparso e ro-vinato, il tetto in lamiera ondulata che si muove ad ognistormire di fronda, il pavimento di terra rossa, fangosa.Si comprende che la promiscuità è assoluta, i bambininon possono crescere da bambini...

    14 Volontariper il mondo

    Le carceri

    Le adozioni a distanza

    Una missione nella foresta

    Speciale Missione Camerun(2ª parte)

    Ewa è la nostra referente per le adozioni a distanza in Camerun e dirige unascuola per sordomuti. Vive con lei una giovane volontaria polacca, Margherita,che l’aiuta. È lei che a Bertoua coordina le iscrizioni a scuola dei bambini. Inquel mondo, spesso privo di vere famiglie, c’è fame di mamme ed Ewa e Mar-gherita sanno esserlo davvero. Le adozioni a distanza funzionano bene, ci di-ce Ewa, ed ha molto apprezzato che esse siano condizionate alla frequenzascolastica dei bambini che, altrimenti, sarebbero mandati nei campi per lavoriben superiori alle loro forze e con rischi ancora maggiori per le bambine che,indifese, possono diventare mamme a 13/14 anni. È un vero dolore quandoalcuni di loro scompaiono e non ne rimane altro che il ricordo. Un problema didifficile soluzione, infatti, è il continuo migrare di alcune famiglie che si sposta-no in altri villaggi senza lasciare traccia. È come se sparissero nel nulla. Ewaci fa vedere fascicoli personali, fotografie, nomi di padrini e madrine, che si af-fezionano a quelle piccole creature, ed è uno strazio dover dire loro che nonsi è più in grado di dare notizie quando, a volte, le famiglie si trasferiscono.

  • on ho avuto la gioia di conoscere Lucio, ma hochiesto a Fernanda di parlarmi di lui. Come so-

    lo le mamme sanno fare, è riuscita a donarmi unmondo infinito di emozioni e ricordi. Per quello cheora so di lui, penso che sia stato un bimbo davverounico, con una sensibilità e una forza di caratterenon comuni. Piangeva di rado e nemmeno davantiai rimproveri mostrava facilmente scoraggiamenti,il più delle volte sapeva cavarsela al meglio conprontezza di intuito e una buona dose di controllodelle situazioni. Alla suora, che nella scuola mater-na chiudeva spesso l’armadietto dei giochi, davasenza tergiversare la sua schietta osservazione «Per-ché chiudi l’armadio? I giocattoli sono per noi!» e conun cinesino, che in classe se ne stava spesso in di-sparte, prendeva l’iniziativa e gli si sedeva accantoper non farlo stare solo. Aveva dimostrato prestoLucio che più che essere guidato e protetto, potevafarcela e bene da solo. Insomma, aveva una fortepersonalità! Ma anche una straordinaria precocitàdi pensiero. È rimasta impressa a Fernanda una do-manda che le rivolse prima della malattia, una do-manda strana e inaspettata, detta così, senza appa-rente motivo, mentre si viaggiava in macchina: «Maio, se muoio, vado in cielo vicino a Gesù?». Rimase inFernanda il perché di quella domanda, che le ritor-nò poi spesso in mente durante la malattia del fi-glio. Aveva appena cinque anni quando si manife-stò il sarcoma di Ewing. Nel giugno del 2004 al-l’Ospedale Rizzoli di Bologna fu sottoposto a unlungo e complesso intervento chirurgico, che tentòdi arginare i danni di un male che avanzava in mo-do inarrestabile e la sentenza fu comunque terribile:

    “Non arriverà a inizio novembre”. In quel periodoLucio soffrì non solo fisicamente ma anche psicolo-gicamente per l’ambiente ospedaliero asettico cuinon era abituato, lui che amava l’animata semplici-tà della casa e del paese, eppure col suo caratterinoera sempre pronto a minimizzare le situazioni. Allamamma in ansia per la TAC che gli esclamò coster-nata: «Ma come fai a stare chiuso là dentro?», lui, conironia divertita, rispose per tranquillizzarla «Mam-ma, ma qui dentro Giannino (un amico) non ci può stare,è troppo cicciotto per entrarci!». Poi, finalmente, ilrientro a casa; bastò questo per farlo tornare alla vi-ta, anche se la sua vita non era più la stessa. Tantecose non poteva più farle come prima, ma comun-que riusciva sempre a vivere tutto a modo suo. Unavolta, immobilizzato e tormentato dal mal di testa,non riusciva a reggere la vista e il chiasso di certibimbi che fuori si rincorrevano, «Mamma – esclamò– dobbiamo inventarci qualcosa per fermarli!» e im-provvisò un torneo di dama con dei bicchierini diaranciata e coca cola per pedine. In men che non sidica se li ritrovò tutti intorno: «Vedi, mamma, sonostati loro a fermarsi con me». Era sempre stato un pic-colo leader e questo stratagemma ben riuscito loconfermava. Ma il male inesorabile avanzava e adogni passo lasciava ferite. Lucio li ha fatti tutti queipassi con una progressione di consapevolezza e ac-cettazione straordinarie per la sua età. Questo per-corso di maturazione nel lungo tempo della soffe-renza si riflette nelle frasi da lui dette, frasi in cui lasua semplicità infantile si è innestata gradatamentein quella Sapienza che nasconde la Verità ai dottiper regalarla ai piccoli. All’inizio diceva: «Papà, Ge-

    15Volontariper il mondo

    Antonietta Grasso, Cenacolo di Gragnano

    N

    Speciale Missione Camerun(2ª parte)

    AMARE VUOL DIRE DONARE:STORIA DI LUCIO

    Lucio con il suo adorato fratellino

  • sù è stato cattivo che mi ha dato questa malattia e quandomi faccio vecchietto e vado in paradiso gli do le botte».Quando perse la vista esclamò: «E ti pareva! L’unicacosa che mi era rimasta non ce l’ho più», ma senza gio-chi e TV, continuava ad ascoltare divertito le storiedi Geronimo Stilton, che i genitori gli leggevano al-ternandosi nel fargli compagnia. Pregava anchequando la stessa mamma, prostrata dal dolore, nonaveva la forza di farlo. Una volta che, adirata per lesue sofferenze, esplose: «Ma perché preghi? Chi vuoiche ti ascolti?» Lucio con grande semplicità rispose:«Sta zitta, mamma. Gesù mi ha ascoltato, oggi il doloremi è passato». Ancor più mi stupisce quando, allamamma che gli chiedeva: «Ma perché non chiedi a Gesù di guarire?», con grande naturalezza rispose:«Non glielo posso chiedere perché lui ha tante cose a cuipensare». Quando un bimbo di sei anni, nel pienodella sofferenza, dice questo, allora ti chiedi: in que-sto dolore inascoltato c’è davvero, Signore, la man-canza di una Tua risposta o c’è una risposta così altache siamo noi incapaci di comprendere? Certo èche, a modo suo, Lucio l’ha compresa. A novembre,quando, secondo i medici, doveva già morire, Luciochiese la Prima Comunione e col permesso del Ve-scovo, senza corsi di catechismo, Lucio ha ricevutoGesù nel suo cuore. Stava molto male, non cammi-nava più, ma quel giorno è stato meraviglioso e luinon ha sofferto. Il Natale 2005, l’ultimo della sua vi-ta, scrisse ai suoi cari: «Questo è un bellissimo Nataleper me e per la mia famiglia e lo resterà per sempre. BuonNatale a tutti!» e così davvero è ancora oggi per Fer-nanda, che lo ricorda come il più bello dei Natalivissuti. Dal 12 febbraio Lucio non ha dormito piùperché erano stati colpiti dal male i centri nervosidel sonno e lui si rammaricava di non far dormiregli altri, che si dovevano avvicendare al suo capez-zale. A volte a qualcuno capitava di prendere sonnoe lui sconcertava con frasi come: «Papà, scusa se ti hosvegliato, mi giri? Mi dispiace di disturbarti, ma nonriuscivo proprio a stare nella stessa posizione». Il 2 mar-

    zo Lucio era allo stremo. Tutta la famiglia gli era vi-cino e lui disse le uniche parole che ognuno di noidovrebbe dire nell’ultimo momento: «Papà, mi pren-di in braccio?». Fu Mimmo, il suo adorato papà, aprenderlo tra le braccia e a lasciarlo nelle bracciadell’altro Papà. Cos’è la morte se non un addor-mentarsi tra le braccia del Padre?Fernanda, nel rivivere la sua storia, rivede anche ilsuo seguito, non del tutto chiaro all’inizio ma mi-steriosamente chiaritosi nel tempo. Quando decisela nascita dell’associazione “Lucio Carosella” peraiutare i bambini in difficoltà, era ancora in una sor-ta di materno egoismo che la spingeva ad agire per-ché di Lucio non svanisse il ricordo. Poi, al molti-plicarsi degli ostacoli le veniva istintivo arrendersi,ma allora si verificavano eventi imprevisti e prov-videnziali come l’incontro con Paolo che diedel’idea del progetto “Milleluci di Lucio” per la rea-lizzazione di un Centro multifunzionale per orfania Nguelemendouka o la venuta in Italia di suor Im-macolata per discutere della concreta realizzazionedel progetto. Erano spinte che arrivavano sempre almomento giusto per riprendere con maggiore forzail cammino iniziato, e le tappe nuove diventavanosempre più sorprendenti. Commossa, Fernanda ri-pensa alle tante persone che oggi conoscono il suopiccolo, alle tante, anche di religioni diverse, chehanno pregato per lui. Poi sorride e, parlando diLucio, dice: «Mi manca solo poterlo toccare, ma lui èqui, presente nella vita di ogni giorno. Durante questopercorso sofferto è arrivato Federico, il figlio che pensavodi non poter avere più e che è la nostra gioia. È un bimboDown, ma Mimmo, quando l’ha saputo dalle analisi, nonha voluto che facessi l’amniocentesi e ha detto: “Qua do-veva nascere”». Poi aggiunge, con quel tono ispiratodi una mamma che sa meditare tutte le cose nel suo cuore: «Lucio vuole il babbo, non me in Africa perl’inaugurazione del Centro. Sono rimasta incinta perchéLucio in Africa vuole il papà. La mamma non ne ha bi-sogno». E mostra felice il grande poster di Lucio cheil papà avrebbe portato in Africa per affiggerlo nelCentro. Nella Chiesa di S. Giorgio a Petrella Tifer-nina, chi avrebbe potuto portarlo all’altare per labenedizione se non Giuseppe, il fratello carissimodi Lucio e di Federico? Un tempo braccio di forzaper Lucio, oggi ometto e padrino per Federico, è al-lievo di straordinarie capacità di una grande scuoladi vita. Ha sensibilità, generosità e capacità di ab-negazione non comuni, l’ha dimostrato in teneraetà durante la malattia del fratello e ora ne dà con-tinua prova nel rapporto protettivo col fratello mi-nore. Mentre Fernanda parlava, io guardavo lì ac-canto una foto che li ritraeva tutti sorridenti: lei,Mimmo, Giuseppe, Federico e una foto di Lucio traloro. E pensavo: il cuore di questa famiglia è nel sor-riso che illumina il volto di ognuno.

    16 Volontariper il mondoSpeciale Missione Camerun(2ª parte)

  • Il Concilio Vaticano II Pensieri di un cristiano comune

    cinquantesimo anniversario del Concilio Vatica-no II ci fa vivere un ulteriore momento di con-

    fronto, talvolta anche aspro, tra «progressisti e conser-vatori, cioè fra chi considera sempre più attuale quella mo-bilitazione di fede collettiva che il Concilio avviò e chi con-sidera invece necessario un revisionismo – anche crudo –delle scelte conciliari» (G. De Rita) (1), neanche si fossetrattato di un manuale per una chiesa rinnovata. Edè per questo che sono andato cercando letture che nemettessero in luce aspetti – a mio avviso – incontro-vertibili, quale terreno comune di valutazioni.Si può affermare che si è trattato comunque di unevento unico caratterizzato da formidabili intuizioni,il cui cammino di attuazione è rimasto per molti versia metà – specie sulla vocazione e missione dei fedelilaici – ma che ha di fatto cambiato il nostro modo diessere cristiani: «ha chiamato tutti ad un rinnovamentovitale e non c’è nessuna generazione e nessuna età dellavita che viene esonerata da quella chiamata… a tutti è ri-chiesto un continuo confrontarsi con il Vangelo cercandodi non perderne la sostanza» (A. Melloni). Ha connotatouna Chiesa cui non basta proporre delle verità ma checerca di renderle attive nella storia (cfr. G. Tangorra),interpretando le domande di novità, di speranza, difiducia di tanti: è stata la riscoperta della dimensionestorica della rivelazione cristiana, della rivelazioned’amore intesa come l’autocomunicazione di Dio nel-la storia e mediante la storia che pone al centro di tut-to non una dottrina, ma un evento (cfr. F. Lambiasi).Il Concilio è stato uno spirito, una sensibilità perun’esperienza di fede fatta dell’ascolto di Dio. La spi-ritualità è stata rovesciata nella sua impostazione,dando il primato non più al desiderio umano di Dio,ma a ciò che veramente viene prima, cioè all’amoredivino per l’uomo; ne è derivata una spiritualità chesi pone in termini di crescita nella capacità di acco-gliere un dono, più che in quelli di sforzo e di con-quista e che quindi si lega più strettamente al temadella laicità (cfr. F. Lambiasi).È stato soprattutto un metodo di riflessione che partedalla coscienza di sentirsi nel mondo e si apre quindial dialogo: sono stati così provocati percorsi di mo-dificazione dell’essere e dell’agire dei cristiani comu-ni, verso una figura di laico «il cui impegno non fossepiù ridotto entro una fitta rete di certezze e di imperativi,di opere e di strutture organizzative dove la fecondità spi-rituale si era perduta nell’immenso sforzo contrappositivocon tutto ciò che pareva pericolosamente moderno» (2).

    Ma proprio quello spirito di confronto che ne deriva-va non si è del tutto maturato: più che sentirci parte-cipi fino in fondo delle vicende del mondo in cui vi-viamo, tendiamo a farci interlocutori di esso, ponen-doci di fronte e non a fianco come compagni di viag-gio che ne condividono bellezza e fatica; perciò il dia-logo con il mondo ha prodotto più diffidenze che ric-chezza, poco disponibili come siamo ad ammettereche dalla ricerca di umanità e di vita delle persone dioggi si possono ricevere ricchezza ed indizi positiviper la ricerca di Dio (cfr. P. Bignardi). La chiamata ditutti alla santità ed il contatto più intenso con la Pa-rola di Dio ha comunque portato nuove esperienzedi spiritualità, aperte ai laici che hanno percepito chela loro vita di ogni giorno era importante anche perla chiesa che si faceva quindi vicina.Un esame per così dire “esterno” al Concilio lo rivelapoi come un atto di notevole profezia ecclesiale inquanto antesignano nella «consapevolezza del caratteresempre più globalizzato dei fenomeni, delle problematichee delle decisioni». Inoltre «la grande molteplicità di varia-bili e di responsabilità socioculturali, oltre che religiose, …» ne ha fatto «una forte proposta di un modello di governopolicentrico su cui si va misurando oggi tutta l’evoluzionedegli apparati istituzionali, nazionali e internazionali». In-fine «lo slegamento dei soggetti» che ne venne determi-nato ha procurato «una proliferante soggettività eccle-siale – anche di tipo associativo – che rende oggi articolatae ricca la quotidiana presenza della Chiesa». Con il Con-cilio «la Chiesa non è andata a rimorchio della cosiddettamodernità» ma si è invece misurata «con gli stessi pa-rametri di riferimento cui si rifanno tutti i più dinamicisistemi sociali» (G. De Rita) (3).

    Ripensando il Concilio 17Testimoni del Risorto

    (1) Giuseppe De Rita, Corriere della Sera del 12.10.12.(2) A. Bertani, L. Diliberto, Vittorio Bachelet. Un uomo uscì aseminare, Ave, 2008.(3) Giuseppe De Rita, ibidem.

    Arturo Sartori

    Il Concilio è stato uno spirito, una sensibilità per un’esperienza di fede fatta dell’ascolto di Dio,

    un metodo, una spiritualità.

    Il

  • SETTIMANA DI PREGHIERA PERL’UNITÀ DEI CRISTIANI

    Settimana di Preghieraper l’Unità dei Cristiani

    (SPUC) del 2013 ci spinge a ri-flettere su una pericope del li-bro di Michea, profeta minoredell’Antico Testamento, cheprofetizzò tra il 735 e il 690 a.C.nel Regno di Giuda, contem-poraneo del grande Isaia. Leparole chiave di questa Setti-mana sono: giustizia, miseri-cordia e umiltà. Queste paro-le, ci ricorda Michea, da 2700anni sono il cemento dell’alle-anza fra Dio e l’umanità, checreano una società fondata sulla dignità, sull’uguaglianza,sulla fraternità e sul reciprocosvuotamento (la kenosis) dellepassioni. Il tema è stato pre -parato insieme da: Movimentodegli studenti cristiani indiani(SCMI), Federazione di tutte le uni-versità cattoliche indiane (AICUF) eConsiglio nazionale delle chiese india-ne (NCCI), in riferimento all’attua-le contesto di estrema ingiustiziariguardo ai Dalits, i poveri piùpoveri, in India e nella Chiesa in-diana.L’Unità visibile richiede lo sman-tellamento delle caste quale con-cetto rigido di stratificazione so-ciale. Le comunità cristiane india-ne sono quasi tutte di origine Da-lit, socialmente emarginate, eco-nomicamente sfruttate e cultural-mente soggiogate. Ancora oggi nelle chiese dell’Indiapermangono le divisioni dottrina-li ereditate dall’Europa e da altriPaesi. Il sistema delle caste è unforte problema dottrinale e l’espe-rienza Dalit è la prova del fuo-co, che fa emergere la necessaria

    riflessione teologica sul tema di Michea.La storia delle Chiese in India ècomplessa e affascinante. Secondola tradizione della chiesa, MarThoma, l’apostolo Tommaso, evan-gelizzò lungo la costa del Malabarnello stato del Kerala, nell’Indiasud occidentale, come attestato sindal 182 d.C. da fonti esterne.Il sistema delle caste, il razzismo,il nazionalismo, il relativismo so-no sfide alla pace dei popoli. LeCaste, con diverse denominazioniin vari paesi, negano la necessitàdel dialogo e della conversazione,la libertà nel parlare e nell’ascolta-re. Noi cristiani del terzo millen-nio, seguaci del Dio della Vita, delSole della Giustizia (Innologiadell’Oriente Ortodosso) dobbiamoprocedere nel sentiero della giusti-zia, della misericordia e dell’umil-

    tà, realtà e temi di notevole si-gnificato e di attualità che sa-ranno sviluppati anche nellaX Assemblea generale del Consi-glio ecumenico delle Chiese, inprogramma nel 2013 a Bau-san, nella Corea del Sud: “Diodella vita, guidaci verso lagiustizia e la pace”.Il discepolato cristiano, la te-stimonianza del Risorto, im-plicano il camminare nel sen-tiero della giustizia, della mi-sericordia e dell’umiltà. Lametafora del cammino ha col-legato tematicamente gli ottogiorni di preghiera. Cammi-nare: in dialogo come corpo diCristo; verso la libertà comefigli della terra, come amici diGesù, oltre le barriere; nellasolidarietà e insieme nella ce-

    lebrazione.Dobbiamo camminare umilmentenel sentiero della giustizia per ap-prodare alla pace: “Sul sentiero dellagiustizia si trova la vita, la sua stradanon va mai alla morte” (Pro 12,28).

    Ecumenismo18 Testimoni del Risorto

    Quel che il Signore esige da noi: praticare la giustizia, ricercarela bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio. (Michea 6,6-8)

    Agostino Aversa

    La

  • La Scuola TR di

    Le due Giornate zonali di Formazione del mesedi marzo 2013 hanno chiuso un ciclo di sei an-ni, caratterizzato da una metodologia formativaseguita nel Movimento da più di venti anni. Il ci-clo, che si è sviluppato negli anni 2008-2013, hacercato di dare una struttura organica e unita-ria a quanto fatto precedentemente secondo leesigenze e i problemi più urgenti dei primi re-sponsabili e dei primi Cenacoli, che vivevanopercorsi pensati, ma non ancora sperimentatie/o organizzati.Il ciclo che si chiude, fa spazio al decollo di unavera e propria Scuola TR di Animazione, con unprogetto articolato di formazione permanente ericorrente dei responsabili del Movimento.

    L’Ambito formazione, in linea con gli obiettivi del Pia-no quinquennale del Movimento (2012-2017), comeda delibera del C.G. del 22/23 settembre 2012, haapprontato il progetto della Scuola che ha l’intentoprioritario di accompagnare i responsabili del Movi-mento in un percorso di formazione, pianificata eprolungata nel tempo allo scopo:� di favorire e specificare la nostra “identità cari -

    smatica”;� di evitare mediocrità spirituale, genericismo nel

    messaggio e improvvisazione;� di rivitalizzare il Movimento.

    Il piano programmato, proprio del TR, sviluppa lequattro grandi aree della maturazione nella fedeadulta, presenti nell’esperienza della Chiesa:� Koinonía: comunione di amore e comunità di vita;� Diakonía: servizio e impegno per il Regno;� Liturgía: celebrazione della fede;� Martyría: annuncio e testimonianza.

    Al centro del progetto c’è il responsabile TR con unben preciso profilo: umanamente maturo, testimonedella fede pasquale, integrato in un cenacolo-comu-nità, capace di coinvolgere e dare protagonismo alCenacolo, solidale con la società e la storia di oggi.

    Le opzioni metodologiche comunitarie che si adot-teranno saranno essenzialmente: esperienziali, co-munitarie, attive e creative.La formazione si svolgerà via on line (posta elettro-nica, skype…) su schede mirate a precisi obiettiviformativi, con periodiche schede di verifica. I tempisi concorderanno nell’ambito della programmazionenazionale del Movimento. Durante il corso (bienna-le), gli incontri comuni, con richiesta di presenza, sa-ranno due in ogni anno: uno iniziale (mese di otto-bre) e uno finale (mese di maggio).Ai preliminari organizzativi si è già ottemperato conl’invio, da parte degli aderenti alla Scuola, dellascheda di iscrizione al corso. È in programmazione,per il prossimo mese di maggio, un incontro di lanciodella Scuola, essenzialmente preparatorio al corso“di studio”, che prenderà pieno ritmo nell’anno pa-storale 2013-14.Si affida allo Spirito Santo il nascente progetto: or-ganizzatori e iscritti, procedano “in cordata”, in co-munione di intenti, con l’obiettivo di rendere i Ce -nacoli vere Comunità di vita, acquisiscano modellirinnovati, adeguati alla realtà attuale dei CenacoliTR e maturino metodologie efficaci per comunicare,annunciare, testimoniare la Pasqua in un mondo ein una Chiesa che cambiano.

    Formazione 19Testimoni del Risorto

    La proposta della Biblioteca di Cenacolo, presenta-ta dall’Ambito Formazione, ha avuto un buon ri-scontro. 7 Cenacoli si sono prenotati nei terminiprevisti e 3 si sono aggiunti durante la Giornata di richiamo. Sono stati così consegnati i libri con-cordati ai Cenacoli di Roma, Bari, Lecce, Taranto,Ostuni, S. Spirito, Potenza, Castellammare, Peniso-la Sorrentina, Napoli. Ai libri è stato accluso un registro con l’elenco dei testi dati in prestito, il Re-golamento per l’utilizzo e alcune schede per segnare i prestiti. Nella I Giornata di richiamo 2013/2014,alla fine del prestito annuale, si richiederà ai re-sponsabili dei Cenacoli una valutazione sull’utilitàdell’iniziativa e suggerimenti su come continuar-la/migliorarla.

    (da Roberta Calbi, Responsabile stampa Bancarella)

    Cesira Aversa e Anna Massa, Ambito Formazione

    AnimazioneAnimazione

  • Dio ci ha donato

    assato lo shock delle dimissioni del Santo Pa-dre, vorrei riflettere su un aspetto che mi sta a

    cuore: il profondo “ecologismo” di Benedetto XVI.È un aspetto non ben evidenziato nel Servizio diuno straordinario “operaio della vigna del Signo-re”. Tale aspetto, se colto, può diventare di impor-tanza storica e planetaria.

    Mi piacerebbe anche riflettere sulla grandezza di unPapa per certi versi non compreso da una umanitàassuefatta a tecniche di comunicazione artefatte, ag-gressive, eclatanti. Tecniche da “mordi la notizia” enon da “rifletti la parola”. Di Benedetto è necessario“ruminare il messaggio”.Ho sempre amato la natura. L’ho amata da ateo e

    ancor più la amo da cattolico. La mia fe-de ha dato un senso pieno all’Amoreper la Natura.Con la fede cambia la prospettiva eco-logista: al centro non c’è più la natura inquanto frutto del caso, ma Dio che ci hadonato un giardino da coltivare. Alla pro-tezione della natura viene sostituito ilconcetto più profondo di salvaguardiadel Creato. All’obiettivo egoistico di go-dere di un ambiente gradevole qui eora, si sostituisce l’obiettivo di condivi-dere il Creato tra tutti i fratelli del PadreNostro, ovunque e per sempre. Alla ri-cerca del bello in quanto tale, si sostitui-sce l’anelito per la “bellezza”, immagi-ne della “Eterna e Infinita Bellezza”.In questa prospettiva di fede, che hasempre guidato il mio impegno ecolo-

    Ambiente20 Testimoni del Risorto

    Questa riflessione di Ruggiero Quarto, del Cenacolo di Barletta, docente del Dipartimento di Geologiae Geofisica dell’Università di Bari, è stata pubblicata all’inizio di marzo dal periodico REDAZIONE BAR-LETTALIFE, con il titolo Dobbiamo pensare all’ambiente come «salvaguardia del Creato». La presen-tiamo qui non solo perché il tema riguarda da vicino tutti noi, ma anche perché, con uno straordinario (oforse no?) passaggio di testimone, Papa Francesco ha già ripreso il tema in due occasioni. La prima èstata l’udienza ai rappresentanti dei media, discorso tenuto nell’Aula Paolo VI il 16 marzo 2013. In unpassaggio del discorso, in cui spiegava i motivi della scelta del suo nome da Papa, ha ricordato di averpensato: «Non dimenticarti dei poveri! (…) Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francescod’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre (…). E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nelmio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama ecustodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tantobuona, no?». La seconda occasione è stata nell’omelia della Santa Messa per l’inizio del suo pontificato,il 19 marzo: siate «custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, dell’altro e del-l’ambiente», è l’appello rivolto a tutti coloro che ricoprono «ruoli di responsabilità» in ambito economico,politico o sociale; inoltre, «la vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani», ma ha unadimensione che è semplicemente umana, riguarda tutti. E il rispetto per il creato è stato chiesto dal Papapoco dopo la Santa Messa anche in un messaggio pubblicato su Twitter: «Custodiamo Cristo nella nostravita, abbiamo cura gli uni degli altri, custodiamo il creato con amore». (a cura della Redazione)

    «Con la fede cambia la prospettiva ecologista»

    Ruggiero Quarto

    Benedetto XVI durante un discorso interamente dedicato ai temi ecologici

    pronunciato davanti ai nuovi ambasciatori

    accreditati pressola Santa Sede

    di Moldavia, Guinea, Belize, Siria, Ghana e Nuova Zelanda.

    (9 giugno 2011)

    un giardino da coltivare

    P

  • gista a favore di un territorio bello e vivibile, dacondividere amorevolmente, ho trovato per stradaBenedetto, fonte eccelsa alla quale mi sono avida-mente abbeverato.Infatti, ripetutamente, Benedetto ha rivolto la sua at-tenzione ai problemi ambientali, a partire dalla stupen-da enciclica sociale Caritas in Veritate.«L’ambiente naturale è stato donato da Dio a tutti, e il suouso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera. Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultatodell’intervento creativo di Dio, che l’uomo può responsabil-mente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni — ma-teriali e immateriali — nel rispetto degli intrinseci equilibridel creato stesso.La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve farvalere questa responsabilità anche in pubblico. E facen-dolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria comedoni della creazione appartenenti a tutti. Deve protegge-re soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso.»L’impegno della Chiesa è ribadito nelle GiornateMondiali per la Salvaguardia del Creato, iniziate con ilpapato di Benedetto, con uno spirito ecumenico.In occasione della 1a Giornata il Papa disse: «Il degra-do ambientale rende insostenibile particolarmente l’esi-stenza dei poveri della terra. In dialogo con i cristiani del-le diverse confessioni occorre impegnarsi ad avere cura delcreato, senza dilapidarne le risorse e condividendole inmaniera solidale». Annunciando la 5a Giornata disse:«Non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuo-ve generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla».Il binomio inscindibile Pace-Ambiente è stato piùvolte ribadito con forza, soprattutto dopo la primagrande crisi economica del mondo globalizzato:«La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pa-ce e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti. Essa ri-vela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata versoun obiettivo di profonda solidarietà che miri al bene diognuno e di tutti. In questo senso, la globalizzazione vavista come un’occasione propizia per realizzare qualco-sa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili» (XLII Giornata Mondiale della Pace).L’apoteosi del pensiero pacifista-ecologista di Be -nedetto fu raggiunta nel discorso per la XLIII Gior-nata Mondiale della Pace: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.Si passa dal concetto della vocazione umana a esse-re creature di Dio: «Ritenere, invece, il creato come do-no di Dio all’umanità ci aiuta a comprendere la vocazio-ne e il valore dell’uomo», al grido di dolore per il de-grado ambientale: «Come rimanere indifferenti di fron-te alle problematiche che derivano da fenomeni quali icambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la

    perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquina-mento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita dellabiodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il di-sboscamento delle aree equatoriali e tropicali?». Bene-detto affronta le cause del degrado: «L’essere umanosi è lasciato dominare dall’egoismo, perdendo il senso delmandato di Dio, e nella relazione con il creato si è com-portato come sfruttatore, volendo esercitare su di esso undominio assoluto» e fornisce la chiave per le soluzio-ni: «Per proteggere l’ambiente, per tutelare le risorse e ilclima occorre, da una parte, agire nel rispetto di normeben definite anche dal punto di vista giuridico ed econo-mico, e, dall’altra, tenere conto della solidarietà dovuta aquanti abitano le regioni più povere della terra e alle fu-ture generazioni». Ci dà la motivazione profonda perun impegno ecologista: «La questione ecologica non vaaffrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il de-grado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deveessere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità,della giustizia e del bene comune».Ringrazio Benedetto per avermi aiutato a dare almio ecologismo balbettante più Luce, senza la qua-le i nostri compagni di viaggio, persone e no, nonsono nostri fratelli.Ritengo che Benedetto, assieme a San Francesco,abbia dato all’ambiente la più alta dignità divina el’ha fatto in un’epoca più complessa. Ha chiarito ilsenso del vero ecologismo in un momento in cui lagrande attenzione per l’ambiente può sfociare inecologismi di facciata, strumentali o falsi.Ringraziamo anche Benedetto per averci fatto capi-re la grandiosità e il limite umano.Onore ad un eccezionale Papa e grande rispetto aJoseph. Ci aiuti ora con la preghiera nel difficile egioioso compito di testimoni del Risorto.

    Ambiente 21Testimoni del Risorto

  • La famigliaculla dell’Amore

    re manifestazione diversedella fede incarnata nella fa-

    miglia. La famiglia è un punto diriferimento, non solo per noi cri-stiani. È un appiglio, un rifugio.È, inoltre, il luogo dove ha iniziola nostra formazione. In famiglianon si imparano, però, solo le“buone maniere”, ma è il luogodove si viene educati alla cristia-nità. Un’educazione di gran lun-ga più intensa di qualsiasi altra.Più che educazione, potremmodefinirla uno stile di vita che i no-stri genitori cercano di infondercisin dalla nascita. La fede nel Si-gnore che i genitori cercano di tra-smettere, però, non deve esserevista come un’imposizione. Infat-ti, non bisogna mai dimenticareche la fede può scaturire ed esserecoltivata soltanto nella libertà. Haaffermato infatti Benedetto XVI,nel messaggio per la Giornatamondiale della pace 2012, che «ta-le processo si nutre dell’incontro didue libertà, quella dell’adulto e quelladel giovane», con il primo che deveessere pronto a donare se stesso e

    il secondo che deve essere dispo-sto a lasciarsi guidare. L’adultodovrebbe, in un certo senso, met-tersi sempre sullo stesso piano delgiovane, senza mai dimostrarsi,sebbene lo sia, esplicitamente su-periore nell’esperienza; così comeentrambi, o meglio l’intera fami-glia, dovrebbero porsi allo stessomodo dinnanzi alla Fede: essereconsapevoli di stare intrapren-dendo un comune cammino diFede; ma al tempo stesso, senza li-mitare l’individualità del singolo,che nel frattempo sta lentamenteiniziando a maturare una conce-zione soggettiva dell’Amore. Ed èproprio la famiglia il luogo dovequesta concezione può sviluppar-si pienamente, può “essere al si-

    curo”. La famiglia è costante con-divisione di quest’Amore, chesotto le più diverse forme puòesprimersi. Oltre alla concezionesoggettiva del singolo, infatti, nelcontesto familiare, l’Amore puòessere educazione, rispetto, dolcepremura. Può anche esprimersi inuna ragionevole e non troppo ec-cessiva imposizione di regole, chenon sia fonte di limitazioni.È quindi prima di tutto nella fa-miglia che si impara il vero signi-ficato della parola Amore. Ciò chedell’amore viviamo e sperimen-tiamo nella famiglia, è decisivo,inoltre, per la nostra capacità diamare. Amare insieme, credereinsieme e sperare insieme. Perquesto la fede è ben radicata nellafamiglia, perché si rafforza e si in-tensifica dopo ogni momento dicrisi e di difficoltà. Se queste crisi e queste difficoltànon mettessero continuamente al-la prova la coesione, l’unità fami-liare, quest’ultima non si raffor -zerebbe e non troverebbe pienocompimento nella Fede.

    Giovani22 Testimoni del Risorto

    Sara Sofia De Lucia, Cenacolo di Napoli

    “Amare insieme, credere insieme

    e sperare insieme”

    T

    Amare, credere, sperare.

  • È il giorno di Pasqua. Da poche oreè terminata la sesta edizione della Pasqua dei gio-vani e giovanissimi del TR, che dalle più disparatelocalità italiane si sono raccolti insieme attornoalla Croce, sotto il sole e la pioggia dell’incantevoleVilla Tiberiade. Come è vero che ogni Pasqua por-ta con sé rinascite diverse, essenziali nelle lorounicità, è da ammettere anche che questa ha avutoun sapore decisamente particolare.Abbiamo avuto ad esempio la fortuna di accoglie-re due nuovi giovani, Stefania e Andrea, di Ro-ma, che direttamente dalle loro prime esperienzedel TR hanno vissuto insieme ai “veterani” il cam-mino del triduo, passaggio verso la Risurrezione.Ma sarà anche il caso di farveli conoscere, per fare in modo che sappiate come hanno vissutoquesti quattro giorni.

    1. Ragazzi, cosa ne pensate di quest’esperienza diPasqua Giovani?

    A: è stata davvero bella. In particolare mi sono ac-corto, e questo è importante, che tutto è statoben preparato e curato. C’è stata attenzione inogni cosa: i tempi, ad esempio, sono stati calco-lati con precisione affinché non si togliesse spa-zio ai deserti e ai momenti di condivisione.

    S: è stata una bella esperienza, oltre che la primadi un triduo pasquale vissuto al di fuori del mio

    LA NOSTRA PASQUA,GUIDATIDALL’AMORE

    ambiente quotidiano, a contatto con persone,mai conosciute prima, con le quali la condivisio-ne è stata molto fruttuosa.

    2. Un aggettivo che descriva questi quattro giorni.A: Formativo.S: Arricchente.

    3. Un’immagine che vi ha particolarmente colpito.A: I momenti di condivisione. Nonostante qualche

    iniziale difficoltà, ha prevalso una spontaneitàparticolare, grazie al fatto che l’ambiente è diven-tato in poco tempo molto familiare e semplice, irapporti schietti e diretti.

    S: Il momento in cui abbiamo preparato le stazionidella Via Crucis. Ho notato un grande affiata-mento e tanta collaborazione nel cercare di ca-pire qual era la cosa migliore da inserire nei com-menti. Mi ha stupito il fatto che anche se qual-cuno aveva già terminato di fare il proprio lavoro,non esitava ad andare incontro a chi proprio nonriusciva a trovare un’idea!

    4. Tornereste per la settima edizione della PasquaGiovani?

    A: Certo!S: Assolutamente si!

    Giovani 23Testimoni del Risorto

    Francesca Cocomero, Animatrice Settore Giovani

    AUGURI AI“NOSTRI”SPOSI !!!!

    Tytta&Seba

    Tytta Boccia Coordinatrice Settore GiovaniSebastiano CoticelliAnimatore Settore Giovani

    nel giorno del loro matrimonio

    l’8 dicembre 2012

    BRAVISSIMA!!! CONGRATULAZIONI!!!Titta Boccia si è laureata brillantemente venerdì 22 marzo 2013

    in INGEGNERIA STRUTTURALE E GEOTECNICA, alla Federico II di Napoli.

  • LETTERA APERTA A UN

    arissimo Pacognano, quando alla fine dell’anno è stato certo che ormai

    non ci saremmo più rivisti, mi si è stretto il cuore! Sì, perché tu sei stato molto importante per me: per le tante volte che mi hai ospitato e per quello che mihai fatto gustare.Innanzitutto, devo ringraziarti per il “sereno soggior-no” che mi hai donato; il “gran verone” del quartopiano mi ha dato la possibilità, oltretutto, di ammiraretante volte l’incantevole meraviglia del golfo di Na-poli con il Vesuvio, mentre mi servivi da mangiare come in un ristorante rinomato della zona, tra agru-meti, ulivi e splendide giogaie. Che bello essere statolì, da te.Sei stato uno “spazio” tra i migliori della mia vita, ilposto più comodo dove mi sono abbracciato con Dio,come in un salotto nel quale si stava proprio bene…soprattutto quando, nella santa liturgia penitenzialee davanti ai fratelli maggiori nella fede, Gli ho parlatodei miei peccati e delle mie colpe, ottenendone l’ab-braccio ed il conforto.Ma la “grande esperienza” che mi hai fatto vivere neltempo è stata quella di aver potuto gustare la Parola(Gesù stesso) che, con paziente operazione sapienzia-le, mi è stata donata sia dal buon don Sabino, guida emaestro, che dagli indimenticabili don Carmine e donL’Arco prima e dagli altri sacerdoti poi, venuti al ser-vizio dei “figli della Madonna”, non ultimo don Luis,dolce fonte di continuità e di amore.Ed anche quella di aver incontrato, nella tua acco-gliente casa, tanti fratelli nella fede, con i quali ci siamo scambiati strette di mano ed abbracci, mentrepercorrevamo i lunghi corridoi, sedevamo in sala o andavamo giù per la stradina della “Via Lucis”, cheporta... fino al mare.Incontri e scontri, celebrazioni e riti, dibattiti e te -stimonianze, tutto mi hai fatto gustare, perché la

    tua casa “salesiana” si prestava compiutamente, per-fino quando si rifletteva di quello che accadeva nei vi-coli di Castellammare o di Napoli, dove i tanti recla-mavano “resurrezione” dalle ingiustizie e le cattiveriedei pochi.Carissimo amico mio, insomma “tu si state ‘na cosagrande”,