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LUCY MONROE

Fra le braccia dello sceicco

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: For Duty's Sake

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Lucy Monroe

Traduzione di Chiara Fasoli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

maggio 2013

Questo volume è stato stampato nell'aprile 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano

COLLEZIONE HARMONY

ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2796 del 28/05/2013

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

L'amore muore? Angele aveva posto quella domanda a sua madre una volta, dopo aver scoperto che suo padre, Cemal bin Ahmed al Jawhar – fratello adottivo del re di Ja-whar e suo eroe personale – era un traditore seriale. Era molto ingenua, al primo anno di università. Era co-sì sicura dell'integrità morale di suo padre che all'inizio aveva ritenuto false le notizie dei suoi tradimenti trova-te nella cassetta delle lettere, credendo si trattasse di uno scherzo crudele fatto da qualcuno che non avrebbe mai più chiamato amico. Ancora oggi non aveva idea di chi la odiasse al punto di sentire il bisogno di di-struggere le sue illusioni, e con esse il suo cuore. Il suo primo eroe era caduto dal piedistallo e si era frantumato ai suoi piedi senza nemmeno rendersene conto. La sua ancora bellissima madre, ex top model, l'ave-va guardata in silenzio per alcuni istanti. Gli occhi co-lor caffè, della stessa tonalità di quelli della figlia, per una volta mostravano tutta la pena che provava. «La considererei una vera benedizione, ma alcuni di noi sono condannati ad amare irragionevolmente, e a farlo fino alla morte.» «Ma perché rimani con lui?» «Non lo faccio. Viviamo vite abbastanza separate.»

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Un'altra delle certezze di Angele era stata travolta dallo schiacciante peso della realtà. Vivevano negli Stati Uniti perché Angele potesse frequentare le scuole migliori e perché avesse la possibilità di crescere in re-lativo anonimato. Avevano scelto quel paese come ca-sa perché gli Stati Uniti avevano già abbastanza scan-dali di cui occuparsi, senza doversi interessare anche di quelli che riguardavano una piccola benché fiorente comunità del Medio Oriente come Jawhar. In un certo senso sua madre la stava proteggendo, ma stava anche proteggendo se stessa dall'imbarazzo di essere riconosciuta da tutti come la moglie di un incor-reggibile donnaiolo. Questo spiegava perché i loro viaggi in Brasile e a Jawhar erano sempre più corti e rari di quanto Angele avrebbe desiderato, e perché le visite di suo padre fossero ugualmente brevi, anche se molto più frequenti. «Perché non chiedi il divorzio?» «Lo amo.» «Ma lui...» «È mio marito.» Lou-Belia si era alzata, sovrastan-dola dall'alto del suo metro e ottanta. «Non getterò la mia famiglia, o la sua, nella vergogna con un divor-zio.» Visto che il padre di Angele era considerato a tutti gli effetti un membro della famiglia reale di Jawhar, quell'argomento aveva una certa importanza. Cionono-stante Angele quel giorno aveva giurato a se stessa che non sarebbe mai diventata come sua madre. Non sareb-be rimasta intrappolata in un matrimonio per dovere e per un amore impossibile che causava più dolore che gioia. Si era creduta al sicuro, facendo quel giuramento. Dopotutto, anche se non era ancora stato fatto un an-nuncio ufficiale, Angele era promessa allo sceicco Za-hir bin Faruq al Zohra da quando aveva tredici anni.

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Erede al trono di Zohra, era l'uomo più rispettabile del Medio Oriente, anzi, ai suoi occhi, del mondo. O così credeva. Almeno fino a quel giorno, quando aveva trovato un mazzetto di fotografie di Zahir nella posta. Provò un senso di déjà vu che riportò in superficie sentimenti e ricordi così vividi da farle quasi sentire l'odore di primavera e di erba tagliata che aleggiava nell'aria quel fatidico giorno di quattro anni prima. Gli stessi brividi le percorsero la spina dorsale, lasciando uno strano senso di vuoto al loro passaggio. Se un'ora prima qualcuno le avesse chiesto una cosa di cui era assolutamente certa, avrebbe risposto che Zahir non sarebbe mai stato al centro di uno scandalo. Oltre a essere fin troppo consapevole dei suoi doveri nei confronti della propria famiglia, lo sceicco Zahir possedeva troppa integrità morale per essere colto in atteggiamenti sconvenienti con qualche donna. Giusto. L'altro suo eroe! Ora, guardando la prima foto del mazzo – un'imma-gine quasi innocente di Zahir che aiutava una procace bionda a salire sul sedile della sua Mercedes – Angele soffocò una risata isterica. Lì non c'era odore di erba tagliata, né il suono delle voci degli altri studenti che si salutavano nella caffette-ria dell'università. Solo il suono del suo respiro nell'uf-ficio quasi vuoto. Il sapore metallico della paura le invase la bocca e la sua mano tremò, mentre allontanava la prima foto e si concentrava sulla seconda. Mostrava Zahir che baciava la stessa donna prosperosa, coperta stavolta solo da un minuscolo bikini, ai bordi di una piscina privata. Ange-le non riconobbe il paesaggio alle spalle della coppia, la grande casa in stile mediterraneo avrebbe potuto trovarsi ovunque. Era uno stile architettonico comune in zone dal clima mite che andavano dall'Europa al

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Sud America. Quello che invece riconobbe fu la pas-sione tra le labbra incollate nella foto patinata. E que-sto le riportò alla mente un episodio che non avrebbe mai dimenticato. Aveva diciotto anni ed era innamorata di Zahir fin dal momento in cui aveva iniziato a provare desideri fisici. Non le importava che gli altri capissero, o cre-dessero che una ragazza così giovane fosse capace di provare un sentimento simile. Sapeva quello che pro-vava, e non era una semplice cotta, era qualcosa che si era intensificato sempre di più con il passare degli an-ni. Era convinta che Zahir l'avesse tenuta a distanza da quando l'accordo era stato stipulato, perché lei era troppo giovane. Ma a diciotto anni era formalmente un'adulta. Almeno per gli standard del paese in cui era cresciuta, gli Stati Uniti. Erano a una cena di Stato, la prima volta in cui par-tecipavano a un evento come coppia. Angele aveva pensato che fosse l'occasione perfetta per scambiarsi il primo bacio e lo aveva sfacciatamente messo all'ango-lo nel cortile. Almeno nel modo sfacciato in cui una ra-gazza timida che non era stata benedetta dalla bellezza ipnotica della propria madre avrebbe potuto agire. Piena di trepidazione, aveva guardato quegli occhi che sembravano quasi neri nella luce fioca, ma che lei sapeva essere grigi, e gli aveva afferrato entrambe le braccia, lasciando scorrere le dita sui forti bicipiti che emanavano calore perfino attraverso la camicia e la giacca da sera. Aveva piegato la testa all'indietro, chiudendo gli oc-chi, e mormorato: «Baciami». Di sicuro l'uomo destinato a diventare suo marito l'avrebbe assecondata, doveva assecondarla, e lei ave-va atteso per quelle che le erano sembrate ore prima che lui le sfiorasse dolcemente la fronte con le labbra.

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Aveva aperto gli occhi di colpo. «Zahir?» «Non è il momento giusto ya habibti» l'aveva re-spinta dolcemente. «Sei ancora una bambina.» Mortificata, Angele non aveva potuto far altro che annuire e cercare di trattenere le lacrime. Lui le aveva accarezzato un braccio, scuotendo la testa. «Shh, ya habibti, non è ancora il nostro momen-to.» Mentre la riaccompagnava verso la festa, si era con-solata pensando a quella promessa silenziosa e che, do-potutto, l'aveva chiamata tesoro due volte. Una risata amara le sgorgò dalla gola, mentre osser-vava l'immagine di lui che baciava quella donna. Ave-va ventitré anni ora e stava ancora aspettando che lui si accorgesse che non era più una bambina. Senza quella prova fotografica avrebbe mai capito che quel momento non sarebbe mai arrivato? Si asciugò gli occhi umidi e tornò a guardare le foto, sparpagliandole sul tavolo in modo da poterle osserva-re tutte. Non era la prima volta che le guardava, ma questa volta si rifiutò di distogliere lo sguardo o di ri-comporle in un mazzo ordinato nel tentativo di nascon-dere ciò che significavano. Zahir non considerava quella donna una bambina. No, Elsa Bosch era tutto ciò che un uomo potesse desi-derare. Bellissima, sensuale, con una grande esperien-za. Angele si squadrò con aria critica, sapendo di non possedere nessuna di queste caratteristiche. Non era sicura che l'onore di Zahir sarebbe stato macchiato dalla relazione con quell'attrice tedesca. Non ancora. Dopotutto il loro fidanzamento non era mai stato annunciato formalmente e lui trattava Angele come una lontana cugina, non certo come un'amante. Nonostante il suo goffo tentativo di cambiare le cose a diciotto anni. Era convinta che un giorno lui avrebbe

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capito che non era più la ragazzina di quando il con-tratto di matrimonio era stato stipulato. Aveva aspettato dieci anni. Dieci anni. Una decade durante la quale non era mai uscita con nessun ragaz-zo, evitando persino di partecipare al ballo della scuola perché si considerava impegnata. Aveva conosciuto dei ragazzi, al college, ma non aveva mai permesso che la vedessero come qualcosa di diverso da una com-pagna di studio. Credeva che, come lei, Zahir si fosse concentrato sulla famiglia, sui suoi doveri e sugli amici... non su un'amica in particolare. Al contrario di suo padre, Zahir era stato discreto, ma il fatto che avesse una relazione con Elsa Bosch era innegabile. Le foto non potevano essere smentite. Non avrebbe dovuto provare un immenso dolore, come quella volta, all'università? Invece si sentiva vuota, svuotata dai sentimenti che aveva provato per lui in tutti quegli anni. A differenza dell'ultima volta, questo mittente chie-deva soldi in cambio del silenzio. Se Angele non aves-se pagato, il biglietto che accompagnava le foto pro-metteva che ogni giornale europeo e americano a-vrebbe avuto l'opportunità di pubblicare le foto e una storia imbarazzante. Il fatto che Zahir avesse una relazione con un'attrice protagonista di film a luci rosse era abbastanza scanda-loso da causare un notevole imbarazzo alle famiglie reali di Jawhar e Zohra. Angele rabbrividì al pensiero delle loro reazioni. Nel momento stesso in cui aveva ricevuto le foto, si era messa alla ricerca di notizie sull'attrice tedesca. Anche se la donna passava molto meno tempo sotto i riflettori di quanto si potesse pensare, non era assolu-tamente una compagna adatta a un erede al trono. Ciononostante Elsa era chiaramente la compagna

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che aveva scelto e che desiderava avere al suo fianco. Le foto mostravano molta pelle, ma anche molta passione. E felicità. La felicità di Zahir. Angele non lo aveva mai visto sorridere come in alcuni di quegli scat-ti. Anche quando non sorrideva, aveva un'aria rilassata che non aveva vicino a lei. L'amore poteva far sì che una donna rimanesse spo-sata con un donnaiolo, ma poteva dare a un'altra don-na, una donna diversa, il coraggio di lasciare libero l'uomo che amava. Guardando quelle foto, Angele seppe nel profondo di non poter permettere a Zahir di rimanere legato a un contratto che non considerava neanche lontanamente i sentimenti delle persone coinvolte. Il suo amore per lui chiedeva qualcosa in più. La sua mancanza di amore per lei chiedeva libertà.

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Con il cuore pieno di vergogna per l'invidia che prova-va, Zahir ascoltò il fratello più giovane pronunciare i voti nuziali. La voce di Amir quasi si spezzò mentre prometteva alla sua sposa fedeltà e amore. Gli occhi di Grace si i-numidirono, ma il suo sorriso si allargò, mentre posava gli occhi rapiti sul suo sposo. Anche la sua voce tremò, quando rispose alla promessa d'amore. Amore. Entrambi i suoi fratelli l'avevano trovato in donne totalmente inadeguate. Ma nessuno dei due era erede al trono e le loro scelte non avevano suscitato scandali. Non era così per lui. Sua moglie era stata scelta una decina di anni prima, con un contratto stipulato tra Zohra e Jawhar. I suoi occhi scivolarono sugli ospiti, soffermandosi su suo padre, sugli occhi lucidi di sua madre e sulla sua pro-messa sposa. Anche se non dividevano lo stesso san-gue, Angele bin Cemal era la nipote favorita di suo zio, il re di Jawhar. I loro sguardi si incontrarono, ma lei allontanò im-mediatamente il suo, fissandolo fermamente sulla cop-pia all'altare. Zahir avvertì il rifiuto, ma non ne fu sorpreso. Non dopo gli ultimi mesi. Con enorme stupore di tutti, la

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donna aveva rifiutato di partecipare in qualsiasi modo all'organizzazione del matrimonio. Zahir aveva interpretato la sua insolita intransigenza come una richiesta che il fidanzamento tra loro due fosse formalizzato. Evidentemente Angele non aveva più intenzione di aspettare pazientemente le proprie nozze. E dopo gli avvenimenti dell'ultimo mese, lui comprese che era arrivato il momento di compiere il proprio dovere. In fondo il padre di lei aveva rispettato la sua parte dell'accordo; da molto tempo era tornato a comportarsi in modo rispettabile, così da non attirare l'attenzione dei giornali. Dopo aver saputo dalla propria madre quanto Ange-le fosse stata devastata dalla scoperta dell'infedeltà di suo padre, e che non gli parlava da più di un anno, Za-hir aveva deciso che era arrivato il momento di agire. Non era molto legato alla propria futura moglie, ma Cemal sarebbe un giorno diventato un membro della sua famiglia e lui non avrebbe permesso all'uomo di mettere tutti in imbarazzo con la sua mancanza di di-screzione. Zahir aveva quindi imposto delle regole a Cemal. Gli aveva detto che non avrebbe sposato una donna il cui padre aveva una fama che poteva competere con quella di una rockstar. Cemal gli aveva creduto. Aveva ricucito i rapporti con la moglie e non era rimasto coinvolto in uno scan-dalo per qualcosa come cinque anni, provando di pren-dere il futuro della figlia molto più seriamente dei pro-pri voti nuziali. Lui non sarebbe mai diventato quel tipo d'uomo, matrimonio infelice o meno. Sospettava che, al contra-rio di sua madre, Angele non avrebbe mai tollerato una simile situazione. Quel suo lato sorprendentemente o-stinato lo faceva ben sperare per gli anni a venire. Non

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avrebbe mai voluto legarsi a una donna troppo remis-siva. Nonostante Zahir trovasse questo nuovo aspetto di Angele molto affascinante, la sua pazienza iniziò a e-saurirsi con il progredire dei festeggiamenti. La donna portò la sua testardaggine a un livello inspiegabile, ri-fiutando ripetutamente di apparire nelle fotografie uffi-ciali del matrimonio. «Andiamo, principessina, credo che tu abbia rag-giunto il limite.» Il re di Jawhar, Malik, le diede un colpetto sulla spalla mostrando, con le sue parole, di essere giunto alla stessa conclusione di Zahir. «Non fa-re come il cammello che cerca di bere dalla propria co-da.» Angele sorrise al suo zio adottivo, un sorriso che non raggiunse i suoi occhi troppo seri, e scosse la testa. «Le foto ufficiali sono per la famiglia, non per gli ami-ci.» Stupito, e anche un poco impressionato, Zahir si ac-cigliò. Non l'aveva mai sentita negare nulla al re prima di allora. «Ma tu sei quasi parte della famiglia.» E lo sarai davvero, presto concluse mentalmente Zahir, sapendo che lei era abbastanza intelligente da cogliere il senso delle parole dello zio. Angele si limitò a scuotere nuovamente la testa e a girarsi come per andarsene. Lui si allungò per afferrarle il braccio, ma ritrasse subito la mano, intuendo quello che stava per fare. Non erano ufficialmente fidanzati e toccarla in modo così intimo in quella situazione sarebbe stato inappropriato. Come futuro sovrano di Zohra, Zahir non agiva mai in modo poco decoroso. Per lo meno in situazioni pubbliche. Ma anche in privato la sua condotta inappropriata a-veva avuto termine e si sentiva uno sciocco per aver

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desiderato ciò che sapeva di non poter avere. Una vita basata sull'amore e sulla felicità, come quella che si stavano costruendo i suoi fratelli, non era il suo desti-no. Re Malik rise. «Inizi a vedere la bambina trasfor-marsi in una donna adulta con una volontà di ferro, non è vero?» Zahir non poté negarlo. Non aveva nemmeno mai visto Angele vestita in modo così sfacciatamente pro-vocante. Aveva funzionato, la trovava davvero attra-ente. Abituato a notarla a malapena, era rimasto scioc-cato dall'eccitazione che aveva provato nel vederla. I capelli scuri, illuminati da brillanti colpi di sole, e-rano raccolti all'indietro per mostrare la sottile linea del collo e il delicato incavo delle spalle. Il vestito di alta moda color pesca aderiva perfetta-mente alle sue curve e terminava ben sopra le ginoc-chia. Anche se non aveva ereditato l'altezza della ma-dre, con quel vestito e i tacchi che la facevano sembra-re più alta di molti centimetri, le gambe di Angele pa-revano lunghe esattamente quanto quelle della modella brasiliana. E due volte più attraenti. A questo andava aggiunto il fatto che il suo ostinato rifiuto di partecipare al matrimonio come futuro mem-bro della famiglia lo aveva intrigato fin dalla prima volta, tre mesi prima, e si combinava in modo letale con la sua libido recentemente insoddisfatta. Ricordandogli di non essere cresciuta nell'ambiente chiuso in cui vivevano le donne della famiglia reale di Jawhar, Angele aveva continuato a ribadire il suo rifiu-to e lui era rimasto più che sorpreso nello scoprire che questa cosa gli piaceva. Anche se il suo matrimonio non sarebbe stato una scelta d'amore come quello dei suoi fratelli, non sareb-be nemmeno stato il legame arido tra due vite fin trop-po simili che aveva temuto.

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Francamente, l'amore poteva farsi da parte, per quanto lo riguardava. Questa nuova passione e questo interesse erano tutto ciò che chiedeva e voleva. «Non è stato un matrimonio fantastico?» Con un sorriso amaro sulle labbra, Angele guardò sua madre. «Lo è stato, ma è stato l'amore tra Amir e Grace a renderlo ancora più bello.» «Mi ricorda il matrimonio tra me e tuo padre.» Lou-Belia sospirò con una nostalgia che Angele trovò diffi-cile da capire. «Eravamo così innamorati.» «Non credo che Amir sia come mio padre.» Lou-Belia rabbrividì. «Sai che Cemal ha messo la testa a posto.» Angele lo sapeva, anche se aveva ancora difficoltà a gestire i propri sentimenti nei confronti di un uomo che aveva speso la maggior parte degli ultimi vent'anni in-frangendo i propri voti nuziali, solo per diventare un modello di fedeltà davanti all'evidenza della rabbia e della disapprovazione della propria figlia. Era felice per sua madre e per il fatto che il matri-monio sembrava essere tornato a funzionare. I due pas-savano molto più tempo insieme ed erano arrivati addi-rittura a vivere insieme. Suo padre era anche molto premuroso nei confronti della moglie, di recente. Ma quello che feriva profondamente Angele era il fatto che suo padre non aveva messo fine al proprio comportamento finché lei non lo aveva affrontato e non aveva rifiutato di avere qualsiasi tipo di rapporto con lui per più di un anno. Cosa diceva questo della forza del suo amore per la moglie? Era tornato da sua madre per ricucire lo strappo con lei, e col tempo Lou-Belia e Cemal si erano ritrovati. «Allora il passato non esiste?» chiese scoraggiata. «Ce lo siamo lasciato alle spalle per il bene del futu-ro.» Il sorriso di Lou-Belia, famoso in tutto il mondo

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per la sua solarità, era dolce ma riecheggiava un rim-provero. «Sono passati cinque anni, meniña.» Piccolina. Angele non era la piccolina di sua madre da molti anni, non importava cosa Lou-Belia, o Zahir, credessero. In ogni caso strinse forte sua madre. «Sei una donna buona e comprensiva. Ti voglio bene.» Ma non voglio essere come te, pensò. Con questa scottante verità in testa, andò a cercare l'uomo che un giorno sarebbe diventato re. Pochi minuti dopo, Angele scivolò oltre la porta se-miaperta dell'ufficio di Zahir. Era scomparso dalla fe-sta e lei sapeva che lo avrebbe trovato lì. «Ti sottrai ai tuoi doveri, principe Zahir?» Incrociò le braccia sul petto. «Cosa direbbe tuo padre?» La stanza assomigliava molto a Zahir, mascolina, ricca e imponente. E c'era anche qualcosa nei dipinti e nelle sculture antiche presenti, che rifletteva un ulterio-re aspetto della sua personalità, un gusto per la bellez-za di cui pochi si accorgevano. Ma mentre Zahir non le prestava particolare atten-zione, lei l'aveva osservato da vicino e probabilmente lo conosceva meglio di molti. Si interrogava ancora a proposito della propria ignoranza del segreto rivelato qualche mese prima. Aveva concluso che si era trattato di volontaria ceci-tà da parte propria, ma questo non l'aveva fatta sentire meglio. Solo incredibilmente sciocca. Era una vergine di ventitré anni senza prospettive, e sapeva di essere l'unica da incolpare per questo. Si era aggrappata a sogni e favole che non sarebbero mai di-ventati realtà. Il matrimonio dei suoi genitori avrebbe dovuto aprirle gli occhi. Zahir alzò gli occhi dai documenti sulla scrivania e si alzò rapidamente in piedi, in tutta la sua imponente altezza. Indossava la giacca tradizionale, sopra a un

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completo su misura che lo faceva apparire incredibil-mente attraente agli occhi di Angele. «Principessa Angele, cosa fai qui?» L'aveva sempre chiamata principessa, anche se non lo era. Ma il suo padrino, il re Malik, l'aveva soprannominata così e il soprannome le era rimasto. Aveva sempre pensato fos-se una cosa dolce, ma ora capì che era un'ulteriore bar-riera che Zahir aveva eretto tra loro, il rifiuto di chia-marla semplicemente per nome, come farebbe ogni uomo con la propria moglie. Lui le guardò alle spalle, aspettandosi di certo un qualche tipo di chaperon. Ma lei aveva lasciato sua madre e ogni altro possibile protettore della sua virtù alla festa. Chiuse la porta e il clangore metallico del meccanismo risuonò nella stanza silenziosa. «Ho dimenticato che dovevamo incontrarci?» chiese perplesso, ma non diffidente. «Dovevo accompagnarti al tuo tavolo?» «Sono perfettamente capace di raggiungere il mio tavolo da sola.» Su sua richiesta, non erano seduti af-fiancati. «So di Elsa Bosch.» Non avrebbe voluto esordire con quelle parole, ma ormai le erano sfuggite. Aveva pagato il ricattatore non una, ma due volte. Dopo questo weekend, la reputazio-ne di Zahir non sarebbe più stata un suo problema. Il fotografo avrebbe dovuto trovare un'altra fonte di gua-dagno. I lineamenti di Zahir furono alterati dal disgusto, non era sicura per cosa. Era disgustato dal giornale scandalistico che una settimana prima aveva pubblica-to una foto di lui e della sua amante durante una cena romantica a Parigi? In confronto alle foto che Angele aveva visto, i due seduti a un tavolo erano un'immagi-ne piuttosto ordinaria e noiosa. Ma, come sospettava, il solo fatto che Zahir fosse amico dell'attrice era diven-tato causa di scandalo e speculazioni.

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O era infastidito dal fatto che la sua pudica e casta quasi-fidanzata portasse alla luce l'argomento? Aveva lavorato duramente e per molti anni per cercare di tra-sformarsi in una degna futura regina. Lui ovviamente non ne era al corrente, ma quella Angele era in cenere sul pavimento del suo ufficio negli Stati Uniti. «Non è una cosa di cui devi preoccuparti.» Quelle parole la sconvolsero, ferendola quando pen-sava che non sarebbe più stato possibile. Si era aspetta-ta la sua rabbia. Il disprezzo. La frustrazione, forse. Ma non un rifiuto. Credeva forse che lei non avesse nulla da dire a proposito della donna con la quale lui passava il suo tempo lasciando lei inviolata e dolorosamente in-soddisfatta? Non era ignorante. Sapeva che il sesso poteva e a-vrebbe dovuto essere meraviglioso per una donna, e anche se lei era totalmente inesperta aveva deciso che le cose sarebbero cambiate. Quella notte. Scoprire che Zahir aveva più cose in comune con suo padre di quanto si sarebbe mai aspettata aveva quasi fatto crollare la sua determinazione, ma in un certo senso rendeva più semplice per lei fare la sua of-ferta. «La foto è alquanto lusinghiera nei confronti di en-trambi.» Lui si alzò. «Ascolta, principessa...» «Il mio nome è Angele.» «Ne sono consapevole.» «Preferirei che lo usassi.» Anche se solo per una notte, l'avrebbe vista come una persona reale, con i propri diritti. «Non sono una principessa.» E non lo sarebbe mai stata. Non era nemmeno più la bimba dagli occhi sgranati che aveva reagito con gioia delirante alla notizia del loro futuro matrimonio. I dieci anni passati l'avevano portata non solo all'età adulta, ma anche a fare i conti una volta per tutte con la realtà.

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L'uomo che aveva amato troppo a lungo e che, se doveva credere a sua madre, avrebbe amato per sem-pre, non desiderava sposarla più di quanto avrebbe de-siderato ballare nudo a un ballo reale. Forse addirittura meno. «Angele...» disse, come se le stesse facendo un'enor-me concessione. «Miss Bosch non sarà un problema tra di noi.» Si sbagliava di grosso, ma il suo piano non prevede-va di farglielo notare, quindi non lo fece e continuò. «Sorridevi, nella foto. Sembravi felice.» Di sicuro non aveva mai rivolto ad Angele sguardi così pieni di affetto. Zahir la guardò come se avesse parlato in una delle poche lingue nelle quali non si esprimeva fluentemen-te. «Ho letto che hai rotto con lei.» Angele era passata dall'ignorare completamente la vita sociale del proprio fidanzato, al conoscere ogni minimo pettegolezzo che lo riguardasse. «Sì, l'ho fatto.» «Perché siete stati fotografati insieme.» Lui ebbe un fremito, ma fece un rapido cenno di as-senso con la testa. «Sì.» Lo trovò molto triste. Per Zahir, per se stessa, persi-no per Elsa Bosch. Sapeva di essere così sacrificabile? Ma poi pensò che forse era stata proprio lei a cercare di estorcerle soldi. Ma non era questo il vero problema. E Angele dove-va ricordarselo, nonostante nelle sue pupille fosse an-cora dolorosamente impressa l'immagine della donna tra le braccia di Zahir. Si allontanò dal muro e andò a guardare le statue racchiuse in una teca di mogano scuro. La sua preferita era quella di un guerriero beduino a cavallo, intagliata in legno nero. Sembrava che stesse per correre via nel

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deserto. Questa volta notò un nuovo pezzo. Era un al-tro beduino, ma questa statua rappresentava solo l'uo-mo, con indosso l'abito tradizionale dei nomadi. Guar-dava nel vuoto, con un'espressione talmente nostalgica che ad Angele si strinse il cuore. Chiese: «Quando l'hai preso questo?». «È un regalo.» «Di chi?» Lui non rispose. Si girò per fronteggiarlo. «È di Elsa, non è vero?» Lui serrò la mascella e lei capì che non avrebbe ri-sposto, ma non lasciò che questo la ferisse. «Ti conosce bene.» «Non mentirò, il nostro legame si è solidificato ne-gli anni.» Il suo tono era indecifrabile. Il fatto che avesse usato il passato non fece comun-que sentire meglio Angele, che rispose fredda: «Sì, l'a-vevo immaginato». Le foto che le erano state inviate coprivano un arco di tempo che non avrebbe potuto essere inferiore. Qualcuno che non avesse conosciuto Zahir così bene e non lo avesse osservato così attentamente avrebbe po-tuto non notarlo, ma per Angele la cosa era ovvia. «I giornali di gossip pubblicano spazzatura. Mi sor-prende che tu li legga.» Lei non reagì alla provocazione. Né rispose all'im-plicita domanda su come facesse a essere così informa-ta. Disse invece una cosa che aveva bisogno di dire: «Tu non desideri sposarmi». «Farò il mio dovere nei confronti della famiglia di mio padre.» Questa risposta fu la piena conferma della sua mancanza di desiderio. «Sarai un grande re un giorno.» Era già un politican-te esperto. «Ma questa non è una risposta diretta, e non ti sei accorto che non stavo ponendo una domanda.» «Se questo discorso riguarda la signorina Bosch e il

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nostro passato legame, ti prego di ricordare che non siamo fidanzati ufficialmente.» «Dovrei credere che non mi saresti infedele, se lo fossimo?» chiese circospetta. Le sopracciglia di lui si unirono e, per la prima volta dall'inizio della discussione, Angele vide la rabbia farsi strada sul suo volto. «Naturalmente.» «Invece non ci credo.» «Non essere ridicola prin... Angele, non sono tuo padre.» «No, non lo sei.» E in ogni caso non gli avrebbe da-to la possibilità di mostrarle che si sbagliava. «Non si tratta di Elsa Bosch, in realtà.» In realtà, si trattava di amore. Di amare qualcuno abbastanza da lasciarlo andare. Solo che tutto ciò sem-brava così infantile che non aveva mai avuto il corag-gio di dirlo ad alta voce. E poi sapeva di meritare di es-sere amata, realmente e totalmente, dall'uomo con il quale avrebbe passato il resto della sua vita. Poteva vedere i pensieri susseguirsi nella sua testa. Stava cercando le parole giuste per rassicurarla, ma in effetti, non esistevano. Nessuna che lui avrebbe potuto pronunciare, in ogni caso. Di nuovo, era il momento di dire la verità. «Entram-bi i tuoi fratelli hanno trovato la felicità, mentre tu sei costretto a onorare un contratto stipulato a tuo nome da due uomini con troppo potere e troppa poca compren-sione del prezzo dei loro piani dinastici.» «Non mi considero costretto. Ero un adulto, quando quell'accordo è stato raggiunto.» Già, aveva ventiquat-tro anni e sapeva perfettamente quali erano i suoi do-veri. «Ho scelto il mio futuro.» Un maschio alfa come Zahir doveva convincersi di questo, o non avrebbe mai accettato limiti imposti da

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altri. Non era nella sua natura. Aveva il cuore di un no-made, seppur intrecciato alle responsabilità di un so-vrano. «Tu non desideri sposarmi» ripeté, rifiutando di la-sciarsi distrarre, «e io non lascerò che tu lo faccia solo per dovere.» Né avrebbe permesso di essere trascinata in un ma-trimonio che l'avrebbe resa infelice come erano stati infelici i suoi genitori, per lunghi anni. Gli occhi di lui si incupirono. «Quello che dici non ha alcun senso.» «Siamo promessi da dieci anni, Zahir. Se avessi vo-luto sposarmi, vivremmo già felicemente qui, nel pa-lazzo della tua famiglia.» Di sicuro sarebbero stati per-lomeno fidanzati ufficialmente. «Non era il momento giusto.» Aveva già sentito quella scusa, e ci aveva creduto. Prima era troppo giovane. Poi il padre di lui si era am-malato e annunciare un fidanzamento in un momento simile sarebbe stato inappropriato, o così almeno Zahir aveva detto. Poi, Khalil si era fidanzato e non sarebbe stato giusto rubargli la scena durante i preparativi o su-bito dopo il matrimonio. La stessa scusa si era presen-tata in modo molto conveniente quando Amir e Grace si erano fidanzati. Per dieci anni – cinque, contando solo dal momento in cui era diventata maggiorenne – non erano stati in grado di trovare il momento giusto per annunciare il fidanzamento. E non l'avrebbero mai trovato, se questo significava aspettare che Zahir tro-vasse la voglia di sposarla. Indubbiamente, l'erede al trono Zahir bin Faruq al Zohra alla fine avrebbe ceduto al senso del dovere e si sarebbe imbarcato in un matrimonio che non desidera-va. Essendo lei l'altra metà del matrimonio, però, non a-vrebbe permesso che ciò accadesse. Comprenderlo a-

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veva significato rinunciare ai propri sogni. E ciò le a-veva fatto male, anche più del vedere le foto di Zahir che baciava Elsa. Ma in fondo chi voleva prendere in giro? Vedere l'i-nusuale espressione di felicità sul viso di Zahir le ave-va lacerato il cuore. E il suo cuore sanguinava ancora. Meglio questo, però, che vivere nella consapevolez-za di non essere la donna accanto alla quale il proprio marito vorrebbe stare. Quando aveva ideato il suo pia-no, una lastra d'acciaio si era avvolta intorno al suo petto, e quella barriera era ancora lì. A volte pensava che fosse l'unica cosa a impedirle di cadere in pezzi. Ma sarebbe stato molto peggio vivere il resto della propria vita con un uomo che non l'amava e che non l'avrebbe mai amata, che non avrebbe passato nemme-no un minuto con lei se non costretto dalla situazione e dal dovere. Avrebbe visto Zahir cercare felicità tra le braccia di altre donne come aveva fatto suo padre. An-gele non intendeva percorrere quella strada. Curiosamente non era stato il fatto di ricevere le fo-to a farla decidere, ma l'annuncio delle nozze di Amir. Anche lui avrebbe dovuto sposare una donna apparte-nente a una potente famiglia, ma Lina aveva rifiutato e Amir aveva finito per sposare la donna di cui era dav-vero innamorato. Come Angele aveva detto a sua madre, il matrimo-nio tra Amir e Grace era stato reso ancora più bello dall'amore che i due provavano l'uno per l'altra. Quello che non le aveva detto, però, era che aveva visto l'invi-dia negli occhi di Zahir mentre saliva sull'altare al fian-co del fratello. Nessun altro se n'era accorto, ma Ange-le aveva passato la vita a osservare Zahir, con più at-tenzione di quella che uno scienziato avrebbe mai po-tuto mettere nel suo lavoro. Il coraggio di Lina aveva dato ad Angele la forza di portare avanti il suo piano, e la felicità di Amir quel

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giorno aveva rafforzato la sua determinazione. Se c'era anche solo una possibilità che Zahir provasse la stessa felicità di suo fratello, meritava di averla. Non avrebbe potuto fare di meno, per l'uomo che a-mava con tutto il cuore, anche se questo avesse signifi-cato passare la vita da sola. «Zahir, ti ho sempre considerato una persona onesta. Un uomo dalla grande integrità.» La sua relazione con Elsa non le aveva fatto cambia-re idea. Come aveva giustamente specificato, non era-no davvero fidanzati, e lui non aveva mai mentito a questo proposito, semplicemente lei non aveva mai pensato di chiedergli se avesse relazioni con altre don-ne. In ogni caso non era più sicura che non avrebbe cercato un'amante dopo il matrimonio. Quella certezza in effetti era dolorosamente svanita, a dispetto di qua-lunque cosa lui avesse detto quel giorno. «Lo sono.» «Sei innamorato di me?» Una domanda diretta che non poteva trattenersi dal fare, non in quel momento. Zahir non reagì, i lineamenti del viso una maschera inespressiva. «Il nostro legame non riguarda l'amore.» «No, lo so, ma per favore, solo per questa volta ri-spondi alla mia domanda con un semplice sì o no.» La sua mascella si contrasse. «Per favore.» «Non capisco perché tu debba farmi questa doman-da.» «Non ti sto chiedendo di capire, ma solo di rispon-dere.» «No.» Stava quasi per chiedere se il suo fosse un rifiuto a rispondere, ma poi guardò nei suoi occhi grigi e scoprì una piccola traccia di pietà. Sapeva che lei provava sentimenti che lui non ricambiava. Il dolore provocato da quella risposta non fu affatto

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mitigato dal fatto che se l'aspettava. Sapere che lui non la amava e sentirlo direttamente dalle sue labbra erano due cose molto diverse. Si costrinse ad annuire. «È quello che pensavo.» «L'amore non è necessario in un matrimonio come il nostro.» «Non sono d'accordo. Non sposerò un uomo che non mi amerà mai.» «Io...» «Non hai trovato nulla che ti portasse ad amarmi in dieci anni, non credo che lo troverai adesso.» In effetti era così sicura che fosse impossibile, da essere pronta a un'azione disperata. «Sei tutto ciò che si possa desiderare in una futura principessa e regina.» Ma non in una donna da amare. Lasciò queste paro-le inespresse e disse: «Meriti la stessa felicità che han-no trovato i tuoi fratelli». «Non è nel mio destino.» Il suo silenzioso assenso le diede un'altra scossa di dolore profondo, ma si rifiutò di lasciarsi sopraffare. Aveva un piano e dopotutto sarebbe stato meglio per entrambi. «Potrebbe esserlo.» «Non mancherò ai miei doveri.» E il suo tono la av-vertiva di non provare nemmeno a suggerirgli di farlo. «Lo farò io.»

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