i quaderni di technopolis n°3

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i quaderni di STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE NUMERO 3 | FEBBRAIO 2015 Digital Manufacturing NUOVE TECNOLOGIE, MODELLI DI PRODUZIONE, INNOVAZIONE: ARRIVA LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE 04 Scenari Alla scoperta della fabbrica del futuro Tecnologie Manifattura 4.0 in salsa cloud, la catena di montaggio si trasforma Esperienze Le aziende cambiano faccia: ecco come e con quali vantaggi 10 12

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febbraio 2015

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Page 1: I Quaderni di Technopolis N°3

i quaderni di

STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE NUMERO 3 | FEBBRAIO 2015

Digital ManufacturingNUOVE TECNOLOGIE, MODELLI DI PRODUZIONE, INNOVAZIONE: ARRIVA LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

04 ScenariAlla scoperta della fabbrica del futuro

TecnologieManifattura 4.0 in salsa cloud, la catena di montaggio si trasforma

EsperienzeLe aziende cambiano faccia:ecco come e con quali vantaggi

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La fabbrica 4.0 e la quarta rivoluzione industriale: il terzo numero dei Quaderni di Technopolis è dedicato a una tematica che interessa molto da vicino il tessuto imprenditoriale italiano. Parliamo infatti di “digital

manufacturing”, degli impatti che le nuove tecnologie possono esercitare sulle dinamiche operative delle aziende di produzione, dei cambiamenti organizzativi e a livello di processo cui sono chiamate le imprese per rimanere compe-titive in un mercato sempre più difficile. Nel raccontare questo fenomeno abbiamo chiesto a più esperti di descrivere le varie anime che caratterizzano que-sta rivoluzione. Una rivoluzione che sta iniziando a prendere piede anche in Italia, Paese da sempre capofila nell’ambito della manifattura. Ce lo confermano i casi e le esperienze di aziende che hanno avuto l’intuizione di abbracciare il cam-

biamento ad ampio spettro, accelerando il proprio processo di evoluzione. Modificando in corsa strategie e investendo sulle nuove tecnologie.Le stampanti 3D, il cloud computing, l’Internet delle cose ma anche la robotica e l’intelligenza artificiale sono, nel loro insieme, un elemento sicuramente vitale per trasfor-mare le logiche di produzione e rivoluzionare le catene di montaggio. Ma non sono l’unico. La svolta in direzione della fabbrica del futuro si gioca anche sul piano dei modelli di relazione e di gestione: fare innovazione “aperta” diventa la sfida da intraprendere, la democratizzazione della produzio-ne diventa un concetto che da teorico deve tradursi in azioni concrete. Le criticità, a cominciare dal solito problema della mancanza di competenze, non mancano. Ma ci sono indica-zioni che ci lasciano essere ottimisti.

Editoriale di Gianni Rusconi

SommarioI quaderni di Technopolisn. 3 - febbraio 2015Inserto di Technopolis periodico bimestraleregistrato presso ilTribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012.

Direttore responsabile: Emilio MangoCoordinamento: Gianni RusconiHanno collaborato: Alessandro Andriolo, Andrea Bacchetti, Valentina Bernocco, Patrizia Fregonara, Paolo Galvani, Giuseppe Padula, Laura Tore, Massimo ZanardiniSales and marketing: Marco Fregonara,Francesco ProiettoFoto e illustrazioni: www.dollarphotoclub.comEditore, redazione, pubblicità:Indigo Communication SrlVia Faruffini, 13 - 20149 Milanotel: 02 [email protected]: RDS Webprinting - Arcore© Copyright 2012Indigo Communication SrlTutti i diritti di proprietà letterariae artistica riservati.Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilitàper il suo contenuto.Pubblicazione ceduta gratuitamente.

04 Scenari Alla scoperta della

fabbrica del futuro

06 Grande e configurabile o

piccola e on-demand

08 Tecnologie La rivoluzione industriale

nell’industria italiana

10 Manifattura 4.0 in salsa

cloud, la catena di

montaggio si trasforma

12 Esperienze Le aziende cambiano

faccia. Ecco come

e con quali vantaggi

14 Chi sta cavalcando

la nuova onda digitale

i quaderni di

STOR IE D I ECCELLENZA E INNOVAZ IONE

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scenari

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Il baricentro della produzione ma-nifatturiera mondiale, nel periodo 2001-2011, si è decisamente spostato nel cosiddetto Bric (Brasile, Russia,

India e Cina), la cui incidenza sull’eco-nomia globale di questo settore è passata (secondo dati Unctad) dal 21% al 40%, toc-cando l’equivalente di circa 6.600 miliardi di euro. Una tendenza che se ne porta die-tro un’altra, e cioè la progressiva deindu-strializzazione nell’Unione Europea. Il valore aggiunto prodotto dal comparto manifatturiero nella Ue è sceso nel 2011

LE TECNOLOGIE DIGITALI SONO LA STRADA MAESTRA PER RIDARE SLANCIO AL SETTORE MANIFATTURIERO, NEL SOLCO DI UNA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. CAMBIANO I MODELLI DI PRODUZIONE, E SERVE COSTRUIRE UN ECOSISTEMA VIRTUOSO CHE VADAOLTRE L’AZIENDA.

al 15%; l’Italia ha fatto un sostanziale pas-so indietro (dal 20% al 16%) mentre l’in-dustria tedesca è stata l’unica in Europa a crescere, nel periodo considerato, dal 22% al 23%. La necessità di un cambio di passo è quindi evidente, anche in relazione agli obiettivi fissati da Bruxelles, che alzano al 20% la soglia da raggiungere per l’indu-stria manifatturiera entro il 2020. La stra-da può e deve essere quella della profonda digitalizzazione delle fabbriche, dell’a-dozione di nuovi modelli di sviluppo e di razionalizzazione dei processi. Una strada

che riconduce, per esempio, al paradigma “Industry 4.0”. Per giocare un ruolo di le-adership in questo processo l’Europa, e lo dice uno studio recente di Roland Berger, dovrebbe però investire 90 miliardi di euro l’anno per i prossimi 15 anni.

La Germania traccia la strada

La piattaforma Industry 4.0, e cioè il pro-getto che combina soluzioni tecnologiche, ricerca scientifica (a firma del Fraunhofer Institute) e best practice per la compute-rizzazione avanzata del mondo manifattu-

testo di Gianni Rusconi

Alla scoperta della fabbrica del futuro

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scenari

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riero, ha preso forma quattro anni or sono per iniziativa del Governo tedesco, che ha messo sul piatto 430 milioni di euro fino al 2018. Il progetto sposa il concetto della quarta rivoluzione industriale, dopo che la terza si è concretizzata negli anni settanta con l’automazione delle linee di assemblag-gio. La fabbrica di quarta generazione si muove invece nel solco della forte indivi-dualizzazione dei prodotti, dell’intensa in-tegrazione tra clienti e partner (anche per la creazione di servizi a valore aggiunto), dell’avvento dei beni ibridi (in parte pro-dotto e in parte servizio) e del passaggio da una gestione centralizzata della produzio-ne a una decentralizzata e non più limitata da confini settoriali. Il principio che ispira Industry 4.0 è quello di aumentare la pro-duttività: oggi il giro d’affari dell’economia digitale tedesca vale circa 90 miliardi di euro annui. Nei prossimi dieci anni, l’in-

cremento di fatturato previsto è di 78 mi-liardi di euro, equivalente a una crescita del 30% in vari settori chiave quali chimica, automotive, metalmeccanica e infrastrut-ture. La digitalizzazione dell’industria è quindi una grande e reale opportunità di crescita, ma l’estrema flessibilità del mo-dello di fabbrica 4.0 non può trascurare il ruolo dei lavoratori. A loro il compito di acquisire le competenze per plasmare la tecnologia e aiutare la media impresa ma-nifatturiera a diventare sempre più forni-tore, e al contempo utilizzatore, di sistemi cyber-fisici e servizi intelligenti.

Le prospettive italiane

Industry 4.0 è un modello replicabile in Italia, nei suoi distretti e fra le sue Pmi? Sì, dicono gli esperti di settore, a patto che gli stessi distretti abbraccino sistematicamente l’innovazione tecnolo-

gica in stretto collegamento con le grandi imprese, italiane o anche internazionali, che saranno in grado di farsi promotrici dell’evoluzione dei sistemi. Per le medie aziende manifatturiere del Belpaese, il software, Internet e gli strumenti digitali di nuova generazione non sono più una scelta. Sono un obbligo. Sono (forse) l’u-nico modo per rimanere competitivi sul mercato, per anticipare una domanda sempre più orientata a richiedere prodotti personalizzati, molto spesso da co-proget-tare e realizzare su commessa. Per fare questo non basta spendere l’etichetta del “made in Italy”: serve un approccio sistemico nella gestione del flusso delle informazioni, dei materiali e dei processi produttivi. La fabbrica del futuro non è un concetto astratto, è un ecosistema che deve nascere da un cambiamento profon-do, e non solo a livello esteriore.

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scenari

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GLI IMPIANTI DEL FUTURO DOVRANNO ESSERE FLESSIBILI, IN MODO DA ADATTARSI A DIVERSE PRODUZIONI A SECONDA DELLA RICHIESTA DEL MOMENTO, OPPURE SPECIALIZZATI NEL SODDISFARE LA DOMANDA DEL SINGOLO CLIENTE.

Come sarà, in pratica, la fabbrica 4.0? È la domanda più banale ma anche quella più importante quando si di-

scute di digital manufacturing. E la ri-sposta non è facile, perché se è vero che molti processi e molte tecnologie digitali esistono già e sono già operativi, la fisio-nomia dei nuovi impianti produttivi non è ancora stata tracciata con precisione. Un primo contributo nel tentativo di comprendere il modello manifatturiero futuro lo dà Maurizio Gattiglio, presi-dente di Effra, European Factories of the Future Research Association: “In fu-turo si muoveranno i dati, non le merci,

ma già oggi sta tornando prepotentemen-te in auge il fattore vicinanza; l’85% della manifattura mondiale è legata ai mercati di prossimità, e ci sono multinazionali come Adidas che hanno riportato la pro-duzione in Europa dopo essersi accorte che il time to market (per non parlare del delicato tema della disoccupazione del Vecchio Continente) richiedeva di comprimere la logistica e abbandonare gli impianti manifatturieri in Asia. Una seconda indicazione proviene da Marco Taisch, professore ordinario di Sistemi di Produzione Automatizzati e Tecnologie Industriali del Politecnico di Milano:

testo di Emilio Mango

rande e con gurabile o piccola e on-demand

STAMPANTI 3D, UN MERCATO PRONTO PER IL BOOM Un fenomeno avviato verso la definitiva

consacrazione, che entro il 2018 dovrebbe

valere qualche decina di miliardi di dollari

e registrare vendite dieci volte superiori

in volumi a quelle di quest’anno. I driver?

Maggiori prestazioni, più disponibilità di

prodotti e minori costi. È la fotografia che

Gartner scatta delle stampanti 3D, catego-

ria di prodotto che da nicchia sembra ormai

avere tutte le carte in regola per diventare

un “mass market”. Questi i numeri che lo

descrivono. Archiviata una crescita a volu-

mi del 75% nel 2014, il comparto dovrebbe

ulteriormente raddoppiare nel 2015, quan-

do le unità spedite saranno, previsioni alla

mano, circa 217mila. Il fatturato su scala

globale aumenterà del 27%, avvicinandosi

a quota 3,4 miliardi di dollari. Entro i pros-

simi tre anni, invece, si stima saranno ven-

duti 2,3 milioni di pezzi, con una domanda

che troverà abbrivio soprattutto grazie alla

maggiore disponibilità di prodotti nella fa-

scia di prezzo medio-bassa. Considerando i

numeri attuali, l’incremento anno su anno

in fatto di venduto è del 100%.

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scenari

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UNA RIVOLUZIONE CHE PARTE DALLA DEMOCRATIZZAZIONE DEGLI ATOMI A Chris Anderson, oggi Ceo (nonché co-fondatore) di 3D Robotics ed ex direttore di Wired, va il me-

rito di aver teorizzato in un libro (Makers) la nuova rivoluzione industriale. Che cosa introduce, rispetto

al passato, questa rivoluzione? Una nuova era di micro-fabbricazione, dove i dati possono diventare

oggetti. Il suo motto – “gli atomi sono i nuovi bit”– è la sintesi estrema del concetto di democratiz-

zazione della creazione fisica, un riflesso di quella che è stata la democratizzazione dell’informazione

portata da Internet. Anderson getta le basi della fabbrica del futuro e soprattutto della fabbrica perso-

nale, in cui gli innovatori più brillanti potranno produrre e distribuire le loro idee in proprio, sfruttando

il Web e le nuove tecnologie digitali. Il mondo della produzione industriale di massa è destinato a

lasciare spazio a tante piccole fabbriche e all’opera degli artigiani digitali, i cosiddetti “maker”. “Il

digital manufacturing”, dice Anderson, “è anche abbattimento delle distanze, è creare prototipi negli

Usa e produrre in Cina, gestendo tutto il processo seduti al proprio desktop. I robot sono la nuova

catena di montaggio, ma dietro c’è chi li programma. Per questo bisogna coltivare la cultura della

progettazione. Minimizzare i costi transazionali lavorando all’interno della struttura aziendale è un

modello superato, la soluzione è nella open innovation: piattaforme, architetture e community aperte,

persone che possono lavorare ovunque, ricerca e sviluppo condivisa e velocizzata”.

“Le fabbriche del futuro saranno flessibi-li e configurabili, e i nuovi modelli di ma-nifattura saranno possibili anche grazie a Internet delle cose, che permetterà ai prodotti di comunicare e fornire informa-zioni preziose”. Ancora una volta torna il tema dei Big Data che, se ben gestiti, potranno essere utilizzati per prevedere i comportamenti dei clienti e dei prodotti, adattando la produzione quasi in tempo reale. “In pratica”, prevede Taisch, “le fabbriche del futuro saranno molto più grandi (e flessibili) o molto più piccole delle attuali. Le prime potranno essere ri-configurate in base alle esigenze che emergono dall’analisi dei dati, mentre le seconde, destinate alla produzione on-demand, non avranno né scarti né scorte”. Due i fattori che, secondo Tai-sch, giocheranno un ruolo chiave nella

trasformazione del manifatturiero e che in qualche modo hanno già iniziato a fare capolino: la cognitive automation e l’addictive manufacturing. La cognitive automation consiste nel dotare l’uomo di strumenti di realtà aumentata (gli oc-chiali Google in questo senso sono stati un primo, anche se parzialmente falli-mentare, esperimento) che gli permet-tano di diventare un operatore evoluto e di poter interagire con i robot che, nel frattempo, saranno diventati connessi e intelligenti. Questo trend va di pari passo con l’invecchiamento della popolazio-ne e con l’esigenza di sfruttare il know how dei lavoratori più anziani ed esperti senza “rottamarli”. Con la realtà aumen-tata, l’esperienza può essere facilmente e velocemente trasmessa da un operatore all’altro. L’addictive manufacturing, inve-ce, ha già mostrato pregi e difetti, facen-dosi strada per ora in contesti limitati e legati al design ma lasciando intravvede-re grandi prospettive anche su larga sca-la. “Di fronte a tutte queste innovazioni”, conclude Taisch, “bisogna investire in tecnologia ma anche in cultura e forma-zione, per fare in modo che non si crei l’equivalente del digital divide anche in fabbrica, penalizzando aree geografiche o settori industriali”.

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industria italiana e non solo quella (il fenomeno è globa-le) sta affrontando un periodo storico ricco di cambiamenti,

che si susseguono a velocità notevolmente superiore rispetto al passato, anche per via dei mezzi di comunicazione social. Al di là dei pochi segnali a sostegno della tesi che la crisi (o quantomeno il suo picco) del si-stema produttivo italiano sia alle spalle, ap-pare evidente come lo scenario all’interno del quale le aziende si trovano a dover com-petere sia radicalmente differente rispetto al contesto pre-crisi. In particolare, si va nella direzione di una manifattura su sca-la più ridotta, che dovrà soddisfare richie-ste sempre più specifiche dei clienti, con conseguente ampliamento della gamma di prodotti, a cui sempre più spesso dovrà essere associata una serie di servizi. Tutto ciò porta le imprese a ricercare la massima flessibilità nelle proprie attività produttive, con l’obiettivo di rendere economicamente

conveniente anche la realizzazione di lotti molto piccoli, a discapito del modello fino a oggi maggiormente impiegato e legato alla saturazione degli impianti e alle economie di scala. In questo scenario competitivo in evoluzione si inseriscono svariate nuove tecnologie digitali, quelle che gli americani amano definire “disruptive” per via del loro potenziale dirompente. In grado di stra-volgere i prodotti, i processi e i modelli di business delle imprese e tali da innescare una vera e propria nuova (terza o quarta che sia) rivoluzione industriale. Tra queste vi sono la stampa 3D, l’Internet delle cose, la realtà aumentata, la realtà virtuale, il social manufacturing, le nanotecnologie e l’intelligenza artificiale. I quasi cento que-stionari raccolti durante la prima fase del progetto di ricerca pluriennale avviato dal laboratorio Scsm (Supply Chain & Service Management) dell’università di Brescia, con il patrocinio del Ministero dello Svilup-po Economico, discriminano in modo molto

L’

La rivoluzione digitale nell’industria italianaFRA CRITICITÀ E BENEFICI, ECCO COME LE AZIENDE MANIFATTURIERE (NON) STANNO ADOTTANDO LE TECNOLOGIE DI NUOVA GENERAZIONE: DALLA STAMPA 3D ALL’IOT,DALLA ROBOTICA ALLA REALTÀ VIRTUALE.

testo di Andrea Bacchetti* e Massimo Zanardini*

netto le (poche) tecnologie realmente co-nosciute da quelle invece sostanzialmente ignorate. Nello specifico, tolte la stampa 3D e l’Internet delle cose, che sono note ri-spettivamente a più del 70% e a circa il 50% delle imprese, le altre voci non arrivano nemmeno al 40%. Incrociando questo dato con la rilevanza assegnata dalle imprese a ogni tecnologia, ciò che appare oltremodo chiaro è che la stampa 3D è l’unica oggi riconosciuta come veramente impattante. Se il dato sulla conoscenza delle diverse tecnologie lascia l’amaro in bocca, quello sulle effettive applicazioni è un vero e pro-prio pugno nello stomaco. La maggior parte delle imprese, infatti, non sta impiegando

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tecnologie

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LE TENDENZE CHE INFLUENZERANNO LA MANIFATTURAL’intero ecosistema della supply chain (pro-

duttori, distributori e retailer) sta subendo

una profonda trasformazione di business,

come risposta alle mutevoli dinamiche che

coinvolgono le aspettative dei consumato-

ri, il time-to-market e la forte concorrenza

globale, guidata dalla crescita di Internet e

dalla mobile economy. I progressi in ambito

tecnologico si stanno dimostrando il perno

di questo nuovo modello. E vi sono alcuni

trend che impatteranno sul settore ma-

nifatturiero più di altri. Il fenomeno dello

Smac (acronimo di social, mobile, analyti-

cs e cloud) rappresenta la prossima ondata

tecnologica da seguire per incrementare

l’engagement dei clienti e cogliere nuove

opportunità di crescita. I social media han-

no portato i produttori ad adottare un ap-

proccio più “customer-centrico”.

Il tradizionale modello B2B sta diventando

obsoleto, perché i consumatori di oggi, sem-

pre connessi, sono più informati e si aspet-

tano prodotti on demand. E si va per questa

ragione verso modelli B2B2C. L’Internet of

Things porterà maggiore automazione nel-

le imprese manifatturiere e consentirà una

manutenzione “condition-based” a elevata

efficienza. I produttori si sono concentrati

sull’acquisizione di valore attraverso inno-

vazione, design originale e speed-to-mar-

ket; di conseguenza si è registrato, e si

registrerà, un aumento degli investimenti

per rinnovare impianti e attrezzature e per

implementare nuove tecnologie. La disponi-

bilità di una forza lavoro più preparata per

la gestione della supply chain ha portato

molte aziende a modificare le strategie di

produzione: dall’outsourcing in Paesi este-

ri si passa allo sviluppo di una produzione

più vicina al punto vendita. È il cosìddetto

“next-shoring”

[ ] «La maggior parte delle imprese oggi non impiega concretamente nessuno strumento di innovazione e non prevede di farlo nel breve periodo. Solo un’azienda su tre sta compiendo un percorso di digitalizzazione»

concretamente nessuno strumento di in-novazione e non ha nemmeno previsto di farlo nel breve periodo; in altre parole, solo un’azienda su tre sta realmente compiendo un percorso di digitalizzazione. Che cosa si aspettano le imprese da queste tecnologie? Per quasi tutte i benefici attesi sono per lo più legati a maggiore qualità di prodotti/servizi e maggiore reattività alle richieste del mercato. Ed è significativo il fatto che le aziende non si aspettino una riduzione dei costi. Si è dunque finalmente compreso che il futuro della nostra manifattura non può essere basato sulla mera competizione di prezzo, ma deve andare nella direzione della qualità e dei servizi a valore aggiunto? Il fat-

to che ancora una volta l’investimento non sia visto come fattore di ostacolo primario fa ben sperare per il prossimo futuro, quando ci si attende una riduzione dei costi di in-gresso nelle nuove tecnologie, passo neces-sario per una rivoluzione che possa essere davvero democratica. Per contro l’elemento maggiormente ostativo alla diffusione delle tecnologie pare essere la difficoltà nel repe-rire risorse realmente competenti su questi temi. Un problema che mette sul banco degli imputati l’intero sistema formativo italiano, da sempre poco reattivo nel recepire i trend tecnologici in atto. *Laboratorio Supply Chain & Service Management,

Università di Brescia

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tecnologie

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LA FABBRICA DI DOMANI SARÀ FLESSIBILE E VELOCE E RISPONDERÀ AL MODELLO AS A SERVICE, GRAZIE ALL’INTERNET OF THINGS, ALLA TECNOLOGIA PEER TO PEER E A SISTEMI CYBER FISICI. PESCANDO LE RISORSE COMPUTAZIONALI NELLA NUVOLA.

testo di Giuseppe Padula*

Il piano europeo Horizon 2020 finanzierà con 17 miliardi di euro nei prossimi sei anni (nell’ambito dei programmi Leit,

Leadership in Enabling and Industrial Technologies) iniziative rivolte all’uso del-le tecnologie Ict in area industriale. Nel

frattempo il governo tedesco ha dato vita con circa 200 milioni di euro a una propria strategia, “Industry 4.0”, per favorire l’in-troduzione delle soluzioni informatiche nell’industria manifatturiera. L’obiettivo comune è quello di velocizzare il passag-

LA STAMPANTE 3D CON CUORE E CERVELLO ITALIANO Si chiama Materia 101, la produce Sha-

rebot, startup della provincia di Lecco

salita in pochi anni alla ribalta internazio-

nale nel mondo del 3D printing, ed è la pri-

ma stampante tridimensionale a marchio

Arduino, la piattaforma hardware open

source nata grazie alle intuizioni innovati-

ve di Massimo Banzi, uno dei co-fondatori

della società. Il vanto di questo apparec-

chio non è quindi solo quello di essere un

prodotto a basso costo e facile da usare (e

quindi potenzialmente perfetto per i ma-

kers, la nuova generazione degli artigiani

digitali), ma anche quello di essere stato

progettato e sviluppato interamente in

Italia. La scheda a microcontroller Arduino

funge da commuter mentre la tecnologia

di stampa utilizzata per garantire un volu-

me mono estrusore di 140 x 100 x 100 mm

è Fused Filament Fabrication. I materiali

supportati sono i più diffusi e fra questi

l’acido polilattico, il Pla Termosense e il

poliuretano termoplastico. Le sue applica-

zioni per la prototipazione rapida possono

essere diverse, dentro spazi di collabora-

zione, scuole o “fablab”, e rispecchiano la

filosofia “open” delle due aziende: Mate-

ria 101 sarà infatti messa infatti a dispo-

sizione della community in licenza aperta

per tutte le sue componenti. La versione

assemblata è in commercio (sullo store

ufficiale di Arduino) a circa 700 euro.

Manifattura 4.0 in salsa cloud, la catena di montaggio si trasforma

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tecnologie

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CON ASTROPRINT SI PARTE DALLA NUVOLAGestire processi di stampa in tre dimensioni da qualsiasi dispositivo collegato al Web, sempli-

cemente sfruttando i browser più diffusi. Come? Con la piattaforma sviluppata da AstroPrint,

startup americana che ha cavalcato la flessibilità del cloud per consentire all’utente di accedere

e prelevare modelli 3D direttamente da “depositi” virtuali (come 3DaGogo) collegati a un data-

base. Come funzioni la soluzione è presto spiegato: una volta selezionato l’oggetto da stampare,

questo viene processato in particolari “fette” che le macchine 3D sono in grado di comprendere.

Il passo successivo è immediato: si invia il modello digitale a qualsiasi printer collegata al Web e

si attende la produzione dell’oggetto. Per semplificare ancora di più il processo, AstroPrint mette

a disposizione un kit plug-and-play (Astro Box, 149 dollari) in grado di funzionare con la maggior

parte dei dispositivi 3D oggi disponibili e di abilitare il controllo dei lavori in corso da remoto,

anche su tablet. La filosofia della startup è open source e il codice sorgente di AstroBox è infatti

utilizzabile da chiunque disponga di un modulo Raspberry Pi. L’obiettivo a tendere è invece quello

di far diventare il progetto un business sostenibile, anche grazie alle sinergie con i costruttori di

stampanti 3D. In occasione dell’ultimo Consumer Electronics Show di Las Vegas si è visto in tal

senso il primo dispositivo frutto della collaborazione avviata con AirWolf. In futuro la piattaforma

verrà proposta in abbonamento all’utenza professionale attraverso varie opzioni premium, quali

spazio d’archiviazione aggiuntivo nella nuvola o la possibilità di monitorare il lavoro via webcam.

è dotata della flessibilità e della velocità necessarie per reagire alle richieste di un mercato sempre più condizionato dai social media e da Internet. In questo sce-nario la tecnologia cloud gioca ovviamente un ruolo essenziale, rendendo disponibili l’elasticità computazionale, lo spazio di archiviazione e l’accessibilità ubiqua ed economica richieste dal flusso imponente e granulare dei dati estraibili dal mercato e dai processi aziendali. L’incidenza degli strumenti social influenzerà inevitabil-mente anche le modalità di produzione e le politiche di sviluppo dell’azienda e richiederà tecnologia produttiva in grado di convertire in oggetti le numerose in-

gio alla “quarta rivoluzione industriale”, caratterizzato dall’utilizzo capillare dei dispositivi dell’Internet of Things e dei cosiddetti “cyber-physical system”, e di arrivare a un’integrazione nodale tra i flussi fisico-manifatturieri e i flussi infor-mativi. Tale modello, definito dalla Gene-ral Electric come “Industrial Internet”, prevede la migrazione dei dati di processo da architetture concentrate (tipo i sistemi Erp) verso nodi diffusi dove i processi di trasformazione richiedono informazione. Il tutto in modalità “peer-to-peer” e at-traverso componenti e unità produttive (sensori di campo e attuatori, linee au-tomatiche, macchine, robot ma anche i manufatti stessi) collegati a un network (pubblico, privato o misto) nel quale ge-nerano un’immagine virtuale in forma di oggetto software, e come tale rintraccia-bile e coordinabile in remoto. L’azienda manifatturiera proposta in “Industry 4.0”

formazioni ricevute in forma interattiva. Il MaaS, Manufacturing-as-a-Service, è in quest’ottica qualcosa di già reale, al pari di tecnologie produttive “digital native” come l’additive manufacturing o la stampa 3D. Progetti pilota di manifattura basata sul cloud sono stati avviati anche in Italia. Fra questi possiamo prendere come esempio quello condotto, nell’ambito del program-ma europeo “CloudSme”, dall’Università di San Marino in collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, la società Base Pro di Barletta, la spagnola Podoacti-va e l’Università londinese di Westminster. Il progetto mira a produrre solette ortope-diche personalizzate in base all’impronta

[ ] «L’azienda manifatturiera 4.0 è dotata della flessibilità e della velocità necessarie per reagire alle richieste di un mercato sempre più modificato dai social media e da Internet»

del piede del singolo cliente e al layout del-la scarpa utilizzata, sfruttando risorse com-putazionali (il software di simulazione) accessibili nella nuvola. Ma non è solo la digital customisation a creare nuovo valore per le imprese. I dati estraibili dai processi produttivi possono essere acquisiti ed ela-borati per aumentare in maniera significa-tiva le efficienze di impianto, confrontare i Kpi (key performance indicator) tra linee analoghe di aziende multisito, organizzare campagne di manutenzione predittiva, in-dirizzare le modifiche di progettazione dei componenti. Un’importante multinazionale italiana del settore packaging sta mettendo a punto un sistema cloud-based di raccolta e analisi di dati produttivi, con l’obiettivo di confrontare le caratteristiche di processi chiave nei diversi siti di uno stesso cliente, in modo da ottimizzarne le performance e anticipare le usure di componenti chiave. Il potenziale economico in termini di effi-cienza produttiva è quindi notevole, ma in campo industriale non sono stati ancora valutati appieno i vantaggi legati all’utiliz-zo dei Big Data provenienti dai processi di manufacturing. *Dipartimento Economia e Tecnologia Università

della Repubblica di San Marino

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esperienze

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Sempre in prima linea se si parla di innovazione, Reply si muove da tempo anche nel settore delle soluzioni digitali

per il design e in quello dell’Internet del-le cose. Technopolis ha chiesto a Tatiana Rizzante, Ceo della società, di tracciare un identikit della manifattura 4.0.

Quali sono le tendenze più evidenti?Dipende se guardiamo al cambiamento

dei processi produttivi o alla consume-rizzazione del design. Nel primo caso, il fenomeno più evidente, anche se è un processo a lungo termine, è il nuovo modo di concepire i robot. Cambiando le mac-chine, cambia anche il modo di pensare le linee di produzione e la raccolta delle informazioni che ne deriva. Oggi i processi di produzione sono molto rigidi e i robot che li supportano sono quindi monofun-zione. La tecnica di programmazione di testo di Emilo Mango

STAMPA 3D, ROBOT INTERCONNESSI EPRODOTTI SMART: LA RIVOLUZIONE DELLA MANIFATTURA PASSA ATTRAVERSO LE TECNOLOGIE E UNNUOVO ECOSISTEMA.

Le aziende cambiano faccia. Ecco come e con quali vantaggi

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esperienze

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zazione del design, quello che potrebbe permettere a chiunque di stamparsi in casa un oggetto. In questo caso, la ridu-zione dei costi è talmente evidente che può provocare cambiamenti radicali in alcuni settori, soprattutto in quelli dove personalizzare il prodotto rappresenta un vero valore aggiunto. Sul fronte indu-striale, molte aziende lo stanno provan-do attivando progetti pilota, altre hanno iniziato produzioni in piccola scala.

queste macchine è statica, cambia solo quando vengono fatte modifiche al pro-dotto, con costi molto alti. Nell’industria 4.0, invece, i robot si connettono a un’in-telligenza centrale ma anche tra di loro, rendendo il processo più reattivo e flessi-bile al cambiamento. È un grosso impatto sui processi manifatturieri: robot flessibili e programmabili, che operano in modali-tà peer-to-peer. In alcuni ambiti questo è sicuramente un futuro prossimo, in altri, prima che si riescano compensare le eco-nomie di scala, passerà molto tempo.

Quindi è solo una questione di tempo?Sì, il tema è proprio “personalizzazione” versus economie di scala. Tra l’altro, un domani, quando cadranno molte barriere all’ingresso, le imprese che ne trarranno più vantaggio saranno le piccole e medie.

Cambiano i robot. E i prodotti?Il prodotto è un altro dei fattori di cambia-mento. Stanno drasticamente aumentan-do sia l’elettronica sia il software incorpo-rati negli oggetti. I circuiti e l’intelligenza sono quelli che consentono di rilevare, trasmettere ed elaborare i dati. E anche questo è un cambio drastico di paradigma, che apre scenari del tutto nuovi: usando i dati e l’intelligenza posso modificare an-che il modello di utilizzo di un prodotto, avvicinandolo a quello dei servizi. Oggi il ciclo di vita prevede la vendita e poi la ma-nutenzione. Talvolta il costo di quest’ul-tima può venire incorporato nel primo, come accade per alcune marche di auto-mobili. Domani, quando i prodotti saranno connessi, potrò venderli addirittura come componente di un servizio: una lavatrice come voce della bolletta dell’energia elet-trica, un auto “a consumo”. E ci sono già alcuni interessanti esperimenti, anche in Italia, che vanno in questa direzione.

Sarà quindi solo una questione di circu-iti “embedded”?No, non solo. Quello che cambia è tutto l’ecosistema: l’elettronica, il software, l’intelligenza periferica e centrale e, infi-ne, l’analisi dei dati che arriveranno dagli oggetti. Ma non solo. Ci sono anche nuovi materiali, anche in questo caso intelligen-

ti. Reply, in tal senso, ha investito su Sen-soria, che ha brevettato un filo-sensore, un tipo di materiale in grado di “recuperare” informazioni con il quale si può interagire. Insomma, anche gli oggetti possono crea-re valore aggiunto, perché intelligenti.

E la stampa 3D migliora i processi?È forse il fenomeno più evidente, soprattutto quella domestica, che fa par-te del più vasto trend della consumeriz-

PASTA, PANE E BISCOTTI SI STAMPANO IN CASAIl futuro del cibo è la stampa 3D?

Assunto forse eccessivo, ma se un

attore di primo piano dell’industria

alimentare, italiana e non solo, come

Barilla in questa direzione ci sta inve-

stendo parecchio un motivo pur ci sarà. E

fondato. La società emiliana, che da qual-

che anno sta lavorando alla progettazione

di una printer appositamente pensata per produrre

alimenti, ha indetto lo scorso agosto, in collaborazione con Thingarage, un concorso fuori dal

comune (Print Eat) con l’obiettivo di premiare forme di pasta non convenzionali impossibili da

realizzare con le tecniche normali di trafilazione. Da questa iniziativa è uscita vincente a fine

dicembre “Rosa”, una pasta a forma floreale che sboccia quando si cuoce in acqua bollente. La

sua particolarità? È stata creata, dall’industrial designer francese Loris Tupin, con una stampan-

te a tre dimensioni. Le altre due creazioni 3D premiate da Barilla portano invece la firma di due

italiani. Una grande azienda del manifatturiero alimentare (come Barilla) che abbraccia uno dei

filoni tech più di moda al momento è già di per sé una notizia. L’idea di lanciare un contest per

aprire al mondo esterno un percorso di innovazione sostanziale di alcuni processi è sicuramente

apprezzabile. Soprattutto se correlata al fatto che il progetto di produrre pasta on demand,

direttamente al ristorante, è già stata oggetto di sperimentazione nei Paesi Bassi.

Sulla strada del food printing e della personalizzazione (forse) esasperata degli alimenti si è

avviata da tempo anche la startup spagnola Natural Machines dando vita a Foodini, una

stampante 3D espressamente dedicata alla “manifattura” di cibo. In attesa della sua dispo-

nibilità sul mercato (si parla di un prezzo stimato nell’ordine dei mille dollari), il prodotto in

questione rappresenta senz’altro una nuova frontiera nei modelli di consumo di una grande

varietà di alimenti, a cominciare da quelli più comuni come pasta, pane e biscotti. E non finisce

qui, perché chi ha dato vita a Foodini, che tecnicamente appartiene alla categoria dei “consu-

mer home appliance”, ha già anticipato una tendenza a venire decisamente “disruptive”, e cioè

quella di stampanti 3D in grado di produrre, preparare e cuocere il cibo tutto in una volta sola.

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Il problema delle limitate competenze in fatto di “additive manufacturing” in seno alle aziende produttive del Belpaese,

come descritto dall’Aica, è in realtà più esteso e abbraccia l’intero spettro delle nuove tecnologie. Internet delle cose, so-cial manufacturing, realtà virtuale, intelli-genza artificiale e via dicendo sono ancora mediamente poco conosciute (ce lo dice l’indagine svolta dal Csmt dell’Università di Brescia) e, quando lo sono, il livello di conoscenza è per lo più superficiale. La sensazione, in ogni caso, è che qualcosa si stia muovendo. E i nomi che testimoniano la presenza del digitale, a cominciare dal-la stampa 3D, nel tessuto produttivo ita-liano appartengono a settori anche molto diversi. Btcino, per esempio, un marchio storico e all’avanguardia nel campo della videocitofonia e degli apparecchi per la do-motica, ricorre da tempo alla prototipazio-ne rapida nella fase di ingegnerizzazione e testing dei suoi prodotti, prima di avviarne la produzione in serie. Fabbrica d’Armi

L’AUTOMAZIONE DI FABBRICA EVOLVE IN FABBRICA DEL PROCESSOUn’azienda, la piacentina Mcm, nota a livello internazionale nel settore dell’automazione industriale

e la cui missione è quella di progettare, costruire e installare macchinari e sistemi di produzione di

altissima precisione. Clock, Tank, Action, Forerunner, Jet Five e Concept sono i nomi dei centri di lavoro,

a asse orizzontale, che costituiscono il suo particolarissimo catalogo di impianti modulari prodotti su

specifica del cliente (grandi nomi dei settori automobilistico, aeronautico e aerospaziale) e nel cui cuore

c’è tanto software sviluppato in casa (su tecnologia Java) e tante informazioni. Tutte le macchine sono

sorgenti di dati (generati da sensori e trasferiti via Internet a un server di diagnostica) che diventano

l’elemento chiave per garantire la flessibilità d’uso della macchina, la possibilità di gestire personaliz-

zazioni estreme e lotti di produzione molto limitati. I servizi offerti da Mcm vanno per questo oltre il trac-

ciamento del pezzo e il monitoraggio delle risorse. Vanno nella direzione della manutenzione predittiva

e della consulenza avanzata, abbracciando il concetto di “fabbrica del processo”.

testo di Gianni Rusconi

LA RIVOLUZIONE DEI PROCESSI DI FABBRICA STA INIZIANDO A PRENDERE PIEDE ANCHE IN ITALIA. E NON MANCANO GLI ESEMPI DI AGGREGAZIONE PER METTERE A FATTORE COMUNE L’INNOVAZIONE.

Chi sta cavalcando la nuova onda digitale

Beretta ha adottato invece un sistema di tomografia assiale computerizzata (costo della macchina nell’ordine degli 800mila euro) per la scansione tridimensionale e volumetrica (non distruttiva quindi) di componenti e prodotti realizzati in diffe-renti materiali. L’adozione di questo nuovo strumento, che sarà proposto in modalità servizio anche ad aziende terze, ha per-messo al produttore bresciano di ridurre di venti volte il tempo necessario per le attività di sviluppo di un nuovo prodotto rispetto al passato. Savio Macchine Tes-sili, e cambiamo ancora settore, ha invece investito nel 2010 circa 20mila euro per una stampante 3D professionale e da al-lora ha raccolto benefici difficilmente rag-giungibili con procedure standard. Quali? Per esempio la possibilità di disporre in tempi molto brevi di prototipi con cui po-ter eseguire test funzionali di montaggio del componente sulla macchina e quella di produrre componenti dalle forme mol-to complesse da utilizzare nelle proprie

macchine. L’azienda friulana ha così ri-dotto il costo medio di ogni singolo pezzo di 15 volte rispetto a quello realizzato con stampi pressofusi e ha accorciato il time to market di dieci volte rispetto alla si-tuazione antecedente l’introduzione della stampante in tre dimensioni. Rimanendo nel Nord-est, molti esempi di eccellenza ci arrivano dal Trentino-Alto Adige, regio-

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ne che fra l’altro vanta la più alta densità italiana di startup in rapporto alla popo-lazione. Molte di queste nuove imprese sono orientate al manifatturiero avanzato, sempre più terziarizzato e “smart”. Detto di Hsl (si veda il box a pagina 15), sulla stampa 3D sta puntando anche il Muse, il museo delle scienze progettato da Renzo Piano, che dalla sua ha un “fablab” per promuovere la fabbricazione digitale per tutti e la diffusione di un approccio open source alla produzione. A Rovereto opera invece il Polo della Meccatronica, punta di diamante del comparto manifatturiero trentino, settore che occupa circa 10mila addetti. Negli spazi del centro, dove in-teragiscono figure del mondo produttivo, della formazione e della ricerca, ci sono i laboratori di aziende come Carl Zeiss, Du-cati Energia, Bonfiglioli e Dana. A Trento è nato invece Industrio, un acceleratore privato di impresa che investe in startup impegnate nella realizzazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico nel campo della meccatronica, dell’agroalimentare e del medicale. A monte del processo pro-

LE TRE DIMENSIONI CHE CAMBIANO LA VITA (E I CONTI) DELLE AZIENDE INNOVATIVE“Ho iniziato ad apprezzare il potenziale del digitale già alla fine degli anni Ottanta. E i risultati sono

stati senz’altro positivi, tant’è vero che quest’anno sono previsti un importante aumento di fattu-

rato, da 7 a 10,5 milioni di euro, e un ampliamento dell’organico fra i profili medio-alti. Abbiamo

appena presentato la nostra collezione di lampade e bigiotteria a Parigi, raccogliendo riscontri mol-

to buoni, e stiamo crescendo anche per quanto riguarda le nostre attività industriali, in particolare

con buonissimi segnali dal mercato tedesco”. Parole di Ignazio Pomini, classe 1951, fondatore

e titolare della Hsl, azienda trentina i cui prodotti di design sono presenti nei principali musei

del mondo. Grazie alle tecnologie digitali, la società ha cambiato di recente faccia e prospettive,

rivedendo i processi produttivi in chiave digitale (prototipazione e stampaggio di componenti in

plastica destinati a vari settori, automotive in primis) e superando la recessione (il 2009 e il 2010 si

erano chiusi con perdite di bilancio consistenti). Pioniere della stampa 3D in Italia, (la prima mac-

china di questo tipo è entrata in Hsl nel 1989), Pomini ha dato in questi anni vita anche a due nuovi

marchi basati quasi esclusivamente sul printing tridimensionale: .bijouets (gioielli e accessori) ed

.exnovo (lampade e oggetti di arredo). Che hanno fatto fortuna anche negli Usa.

duttivo, infine, vanno inquadrate le inizia-tive condotte da Trento Rise, capogruppo di altre varie entità trentine nell’ambito del progetto Kic Raw Materials dello Euro-pean Institute of Innovation and Techno-

logy. Il compito di questo consorzio è quel-lo di fare innovazione a livello di materie prime, sviluppando tecniche di estrazione avanzate o sostituti delle materie prime stesse.

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