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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE 16 CLOUD IBRIDO Il modello è vincente, ma le imprese vanno prese per mano e accompagnate tra le nuvole della flessibilità. DATA CENTER I centri dati cambiano in prospettiva software defined. E, a sorpresa, i mainframe non passano di moda. 18 NUMERO 13 | APRILE 2015 ALCATEL-LUCENT La nuova sede di Vimercate è un concentrato di design e tecnologia. Dove la ricerca trova terreno fertile. Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE” LA MEDIA COMPANY STUDIA IL TERRITORIO Francesco Calosso, direttore sales and acquisition marketing di Sky Italia, spiega come l'azienda ha cambiato, grazie all'It, l'approccio ai potenziali clienti. 42

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Magazine Technopolis N° 13 aprile 2015

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Storie di eccellenza e innovazione

16 cloud ibridoil modello è vincente, ma le imprese vanno prese per mano e accompagnate tra le nuvole della flessibilità.

data center i centri dati cambiano in prospettiva software defined. e, a sorpresa, i mainframe non passano di moda.

18

nUMero 13 | aPrile 2015

alcatel-lucentLa nuova sede di Vimercate è un concentrato di design e tecnologia. Dove la ricerca trova terreno fertile.

Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE”

la mediacompanystudia ilterritorioFrancesco calosso, direttore sales and acquisition marketing di Sky Italia, spiega come l'azienda ha cambiato, grazie all'It, l'approccio ai potenziali clienti.

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SOMMARIO 4 storie di copertina

Sky: la media company studia geografia

9 in eVidenZa

L’analisi: Spesa It, timidi segnali di ripresa

Gli imperativi di Windows 10

Facebook esempio virtuoso

L’evoluzione di TeamSystem

Hp reinventa la chimica delle stampanti

L’opinione: un Data Lake in sette giorni

16 scenari Data Center: sarà mainframe o software defined?

La strada verso l’ibrido è in discesa

Il ponte tra M2M e IoT

Tecnologia italiana per le auto connesse

25 speciale

Mobilità in azienda

35 eccellenZe.it

Istituto Clinico Humanitas - Emc

Gruppo Megadyne - Interoute Smartpatch - Ptc

38 italia digitale Indovina chi farà l’Agenda?

Open Data, ma non troppo

La PA virtuosa cresce con le startup

42 oBBiettiVo sU

Alcatel-Lucent

47 Vetrina Hi tecH

Smartphone di fascia media

In prova: multifunzione Brother Mfc-L9950 Cdw

Storie di eccellenza e innovazione

N° 13 - aprile 2015

Periodico bimestrale registrato

presso il Tribunale di Milano al n° 378

del 09/10/2012.

direttore responsabile: Emilio Mango

coordinamento: Gianni Rusconi

Hanno collaborato: Alessandro Andriolo,

Piero Aprile, Camilla Bellini, Valentina

Bernocco, Alexander Bufalino, Carlo

Fontana, Paolo Galvani, Saverio Romeo,

Maria Luisa Romiti, Laura Tore

progetto grafico: Inventium Srl

sales and marketing: Marco Fregonara,

Francesco Proietto

Foto e illustrazioni: Istockphoto, Martina

Santimone, Dollar Photo Club.

editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl

Via Faruffini, 13 - 20149 Milano

tel: 02 36505844

[email protected]

www.indigocom.com

Stampa: RDS Webprinting - Arcore

© Copyright 2015

Indigo Communication Srl

Tutti i diritti di proprietà letteraria

e artistica riservati.

il sole 24 ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto.

Pubblicazione ceduta gratuitamente.

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4 | APRILE 2015

STORIA DI COPERTINA | Sky Italia

It e gEOgRAfIA perconquIStare I clIentI

per offrire soluzioni mirate e avvicinarsi di più agli abbonati, Sky Italia ha realizzato un sistema di analytics e dashboard basato anche sulle caratteristiche socio-demografiche della popolazione. riducendo, tra l'altro, il tasso di abbandono.

Sky oggi è molto diversa dall’organizzazione nata nel 2003, anno del lancio del ser-vizio in Italia. Negli ultimi

due anni, in particolare, ha intrapreso un percorso di profonda trasformazio-ne della strategia di acquisizione e go-to-market, come risposta a uno scena-rio competitivo e di mercato che a sua volta è radicamente mutato.Da broadcaster mono-piattaforma (satellite) che trasmetteva principal-mente eventi sportivi live e film, ha

progressivamente fatto evolvere il modello di business fino a diventare oggi una media company che opera si-nergicamente su diverse piattaforme: satellitare, online, Iptv e anche sul di-gitale terrestre free (con Cielo e Sky Tg24). Anche l’offerta di contenuti è sempre più ricca e diversificata, spa-ziando dallo sport al cinema, dalle se-rie Tv ai grandi talent show (X Factor, MasterChef, Italia’s Got Talent), fino alle produzioni originali (Romanzo Criminale, Gomorra, 1992).

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Cambiano mercato e consumatoreLa crisi economica ha ridotto la capa-cità di spesa dei potenziali clienti, ral-lentando il rapido percorso di crescita della base abbonati che aveva caratteriz-zato i primi anni di attività di Sky. Ma il consumatore italiano stesso in questi anni è profondamente cambiato. La crisi ha ampliato il gap economico tra Sud e Nord, mentre la veloce ascesa del mondo digitale ha reso il consumatore più informato, più attento al rapporto costi-benefici dei prodotti o dei servizi che acquista e più esigente nella relazio-ne con le aziende con cui interagisce e a cui affida la propria fedeltà.In questo contesto di mercato caratte-rizzato da sfide ambiziose e crescente

vERSO I CINquE mIlIONI DI fAmIglIESky Italia è la media company italiana che fa parte del gruppo Sky plc, leader dell’intrattenimento in europa con 20 milioni di abbonati in cinque paesi: Italia, Germania, austria, regno unito e Irlanda. nata nel 2003, Sky Italia opera su diverse piattaforme trasmissive con modelli di business differenti e ha una base abbonati di 4,7 milioni di famiglie al 31 dicembre 2014. l’offerta pay, core business dell’azienda, è disponibile via satellite e, da aprile 2015, sulle reti broadband e ultrabroadband di telecom Italia, e propone in abbonamento la migliore esperienza di visione grazie a My Sky Hd, a Sky on Demand e a Sky Go. In totale, il portfolio comprende 160 canali tematici e pay per view, di cui oltre 60 in Hd e uno interamente in 3D. per chi non è abbonato a Sky, è disponibile il servizio Sky online, che offre in streaming, sui principali device connessi a Internet, una selezione di contenuti di cinema, intrattenimento e sport della piattaforma. Sky è presente anche sul digitale terrestre free con i canali cielo e Sky tg24.

complessità, nel quale Sky voleva con-tinuare a recitare il ruolo di leader e market maker, si è reso necessario un ripensamento della strategia di sales and acquisition marketing, volta ad as-sicurare una crescita della base clienti consolidata, profittevole e sostenibile nel tempo.“Per rispondere alle nuove sfide”, dice Francesco Calosso, direttore sales and acquisition marketing di Sky Italia, “abbiamo deciso come prima cosa di basare l’evoluzione del nostro modello di acquisition marketing su una solida conoscenza delle caratteristiche socio-economico-demografiche dei nuovi target che volevamo aggredire. Per fare ciò, supportati da un team di professio-

nisti di Value Lab (società di consulen-za e It con forti competenze in ambito retail, ndr) abbiamo implementato un nuovo sistema di geo-analytics che ci consente di localizzare a livello micro territoriale il target e di analizzarne il comportamento sia in fase di acquisi-zione sia durante la fruizione dell’abbo-namento”. Il nuovo patrimonio informativo, unito a un’intensa attività di intelligence e in-sight, ha permesso a Sky di identificare schemi di comportamento e interessi per target significativamente differenti a livello territoriale. Scoprendo, tra le altre cose, che i clienti reagiscono in maniera diversa alle iniziative commer-ciali in base a dove vivono e, soprattut-

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6 | APRILE 2015

STORIA DI COPERTINA | Sky Italia

lA SOluzIONEal sistema informativo di marke-ting realizzato da Sky Italia accedo-no più di 30 utenti di cinque diffe-renti funzioni.Gli insight vengono estratti attra-verso diverse modalità. le attività di data-mining e data discovery vengono effettuate grazie alla su-ite Sas Miner, mentre le dashboard per il top e middle management sono state progettate da value lab su piattaforma qlikview. la suite Geointelligence di Esri è invece la base su cui sono state realizzate le analisi di geo-intelli-gence, i cui modelli di simulazione e forecasting sono stati disegnati anch’essi da Value lab. l’analisi del digital behavior, è abilitata dalla sui-

te di Data Management platform di turn. Su piattaforma Visual Iq è stato infine sviluppato un modello di ri-attribuzione delle vendite per l’ottimizzazione dell’investimento in digital marketing.la tecnologia Salesforce.com è invece stata invece utilizzata per abilitare il modello di go-to-mar-ket multicanale.

to, mostrano un tasso di abbandono (churn) radicalmente diverso e un diffe-rente ritorno atteso nella relazione con Sky (Npv o lifetime value). Tale comprensione ha portato a disegna-re un modello di offerta multiprodotto e multipiattaforma, differenziata in base alle caratteristiche socio-demografiche del cliente e ai relativi ritorni attesi.“Ad esempio, per il target nativi digi-tali”, racconta Calosso, “ci siamo con-centrati sui contenuti on-demand e su una esperienza di acquisto solo digitale, mentre per target più tradizionali ab-biamo dato priorità alla massimizza-zione dell’esperienza, creando eventi di engagement nei centri commerciali in occasione dei lanci dei nostri contenuti top (X Factor, MasterChef, ecc.) e inau-gurando temporary experience store in alcune selezionate piazze delle principa-li città italiane”.In questo percorso di evoluzione dell’of-ferta, ha assunto un ruolo chiave l’in-tegrazione dei singoli canali di vendita in ottica omnicanale. Sky si è dotata di un nuovo strumento per la gestione del-

le trattative di vendita e per la raccolta di anagrafiche qualificate di potenziali clienti; in parallelo ha ridefinito il ruolo dei canali secondo il principio “Omni-channel and Digital First”, dove il Web rappresenta il primo punto di contatto del cliente potenziale con Sky sia in ter-mini di raccolta informazioni sia di fru-izione delle offerte. Allo stesso tempo, il canale retail ottimizzato su base ter-ritoriale e rivisto nel format (170 Spazi Sky oggi) diventa il canale “Experience” presidiato al 100% da personale diret-to Sky, in modo da fornire ai clienti e

potenziali clienti il miglior supporto e l’assistenza, dando loro la possibilità di provare realmente la superiorità dell’e-sperienza di visione di Sky.

I vantaggi e gli sviluppi futuriLa maggiore conoscenza del target in termini di profilazione e di comporta-mento ha consentito a Sky di raggiun-gere un significativo miglioramento del valore delle vendite e nell’efficienza negli investimenti. La strategia omnica-nale, inoltre, ha permesso di raccogliere anagrafiche qualificate che diventeran-no sempre più un elemento chiave nella strategia d’acquisizione. “Vogliamo essere sempre più rilevanti nei nostri messaggi”, conclude Calosso, “e proporre offerte in linea con le esi-genze dei clienti. Per far ciò crediamo sia molto importante continuare a in-vestire in capacità analitiche a supporto del processo decisionale, lavorando so-prattutto a una crescente integrazione dei dati di geo-marketing con il patri-monio informativo digitale. In paralle-lo investiremo sempre più nel concetto di esperienza omnicanale, incremen-tando le occasioni di contatto con i nostri potenziali clienti e intensificando gli investimenti su digital e social: in questo senso il Web diventa una vetrina digitale dei nostri prodotti, ma anche e soprattutto un importante generatore di traffico nel tempo, capace di attirare i potenziali clienti verso i nostri punti di vendita”.

Emilio Mango

L’ultimo modello di MySky Hd

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Ha cambiato pelle Sky, negli ultimi tre anni. Soprattut-to grazie alla tecnologia. Technopolis ha intervistato

Francesco Calosso, direttore sales and acquisition marketing di Sky Italia, per capire meglio quali e quanti inve-stimenti sono stati fatti per mantene-re la leadership in un mercato, quello italiano, caratterizzato da tratti distin-tivi unici in Europa, come la scarsità di banda e la pervasività del digitale terrestre.

Quanto conta per Sky Italiala tecnologia?Tanto, al punto da non essere nemme-no in discussione. Siamo un’azienda altamente tecnologica fin dalle fonda-menta, e negli ultimi anni ancora di più, perché siamo diventati multipro-dotto e multipiattaforma. La più re-cente innovazione tecnologica è stata l’introduzione della Tv via fibra con Telecom Italia, ma è solo l’ultimo dei passi che ci hanno portato a cambiare la nostra stessa natura: da “semplice” piat-taforma a vero e proprio modo di vivere le passioni, pervasivo e coinvolgente. In pratica, l’implementazione del noto slogan “anytime, anywhere”.

Quali altre innovazioni sono staterealizzate negli ultimi anni?Sul fronte delle trasmissioni, prima di tutto, l’estensione dell’Hd. Ormai lo diamo per scontato, ma è giusto ri-cordare che il 90% delle trasmissioni in alta definizione in Italia arrivano da Sky. Poi c’è il Super Hd, sviluppa-to proprio da Sky Italia, una sorta di step intermedio verso il nuovo standard 4K. E non dimentichiamo le riprese e

Tecnologici si nasce, multipiattaforma si diventa

Francesco Calosso

le tramissioni in 3D. Sul fronte delle piattaforme, oltre alla già citata Tv via fibra abbiamo introdotto Sky Online, un servizio “Over the Top”, unico sul mercato italiano, dedicato a coloro che non sono ancora pronti per il “grande salto” verso l’abbonamento.

Quanto ha investito l’aziendain innovazione?Il dato più significativo è l’ammontare degli investimenti dalla nascita di Sky, vale a dire dal 2003: oltre un miliar-do di euro, ripartiti ovviamente tra tecnologie dedicate al broadcasting e tecnologie di backoffice, come quelle dei sistemi informativi. È una cifra enorme, se si pensa che la maggior parte delle nostre risorse viene impie-gata per la produzione e l’acquisto di contenuti.

Più in dettaglio, come avete utilizzato la tecnologia per ottenere vantaggi competitivi?La risposta può essere riassunta dalla già citata formula “anytime, anywhere”. Abbiamo lanciato My Sky Hd, che è attualmente nelle case di tre milioni di famiglie, e introdotto Sky On Demand, attivato a oggi da un milione e mezzo di abbonati, che possono scegliere tra oltre 2.500 contenuti online. E grazie a Sky Go 2,3 milioni di utenti possono accedere ai nostri contenuti da qualsiasi dispositivo mobile, sia con WiFi sia con il 3G. Insomma, per merito delle inno-vazioni introdotte in questi ultimi anni, oggi quasi cinque milioni di famiglie hanno accesso a un’offerta unica, che permette di vivere liberamente il pro-prio intrattenimento.

Emilio Mango

Se Sky non fosse hi-tech non sarebbe Sky. Ma negli ultimi anni la società ha spinto comunque sull’acceleratore dell’innovazione, per erogare un’offerta sempre più varia e completa.

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9APRILE 2015 |

l’analisiSPESA IN TECNOLOGIE, TIMIDI SEGNALI DI RIPRESA. L’INDUSTRIA SPRONA RENZI

Il mondo è sempre più digitale e connesso. L’Italia segue la tendenza ma non nei tempi e nei modi attesi. Il punto, forse, è se guardare il bic-chiere come mezzo pieno o mezzo vuoto. Partiamo dall’aspetto positivo: l’ultimo rapporto Assinform eviden-zia per il Belpaese un’inversione di tendenza che porterà il bilancio della spesa in tecnologie in attivo (seppur di poco, perché parliamo di un in-cremento stimato dell’1,1%) a fine 2015. Per contro, e questo è il rove-scio della medaglia, veniamo da un decennio di costante riduzione de-gli investimenti per molte delle voci dell’information & communication technology. Osservando il 2014, alla flessione complessiva dell’1,4% ri-spondono gli exploit del cloud com-puting (giro d’affari oltre il miliardo di euro, in crescita del 42% dal 2013) e dell’Internet delle cose (business in aumento del 13% e valutato in 1,6 miliardi di euro). Due “modelli” elet-ti a paradigmi della società connessa e digitale, e la cui diffusione in Ita-lia è certificata non solo dai numeri. Come dice Agostino Santoni, presi-dente di Assinform nonché ammi-nistratore delegato di Cisco Italia, “il cloud è un grande generatore di innovazione per le imprese italiane e i livelli di adozione sono in linea con quelli dei Paesi più tecnologicamente avanzati. E questa è una buona no-tizia”. Meno buona è, invece, la ve-locità con cui l’Italia sta affrontando il proprio percorso di trasformazione digitale. “Siamo lontani”, commenta Santoni, “dalla spinta che occorrereb-

be per produrre gli effetti di crescita che si stanno verificando nelle econo-mie con le quali ci dobbiamo confron-tare”.Il processo di innovazione, insomma, procede ancora al rallentatore e i dati di spesa per hardware (soffrono anche i tablet, fenomeno tecnologico per eccellenza degli ultimi due anni), sof-tware e servizi (soprattutto di teleco-municazione) sono lì a dimostrarlo. Il Belpaese paga “il ritardo accumulato in questi anni, che ha generato uno

dei più bassi indici di utilizzo delle tecnologie digitali nella Ue”. Un ri-tardo troppo profondo “per potersi accontentare di margini di crescita di piccola entità”, anche se Assinform sembra essere ottimista sul futuro digitale del nostro Paese. Il Governo, però, deve fare il suo in qualità di driver del processo di innovazione, il che significa “scadenze e obblighi da rispettare, responsabilità chiaramente individuate e controllo su risultati e obiettivi”. Un appello chiaro (anche se sentito già tante volte in passato) e del tutto condivisibile. Peccato che, nel frattempo, siano arrivate le dimis-sioni del direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Alessandra Poggiani (ne parliamo in modo approfondito a pag. 38), una delle figure chiave per il processo di necessario cambiamento della macchina pubblica.

Gianni Rusconi

Sarà un 2015 positivo per gli investimenti in Ict, dopo un decennio circa di flessione. Brillano il cloud e l’Internet delle cose. Ma Assinform lancia un monito: ora spetta alla politica assumere il ruolo di driver per la trasformazione digitale.

IN EVIDENZA

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10 | APRILE 2015

IN EVIDENZA

L’attesa per Windows 10 terminerà entro l’estate, dopo mesi costellati di ipotesi emerse dalle “build”, le versio-ni di lavorazione testate dagli iscritti al programma Windows Insider. Come la possibilità (ancora non ufficiale) di scari-care i futuri aggiornamenti tramite peer-to-peer, cioè da un singolo computer di una rete aziendale o da altri utenti col-legati al Web. Il successore di Windows 8.1 ha in serbo molto altro, a partire da un nuovo browser, nome in codice “Project Spartan”, destinato a sostituire Internet Explorer e più simile a Chrome e Firefox. Cambieranno, o meglio si ar-ricchiranno, le modalità di interazione con applicativi e funzioni varie, grazie all’ingresso dell’assistente vocale Cortana e al supporto a sistemi di autenticazio-ne biometrica come lettori di impronte digitali, del palmo di una mano (cioè del tracciato dei vasi sanguigni), dell’iri-

de o il riconoscimento del volto e della voce. Il tutto, promette Microsoft, con maggiore certezza dell’identità rispetto al passato, grazie per esempio alla lettura dei raggi infrarossi nel caso dei log in ese-guiti con il riconoscimento facciale. Per gli accessi tramite password sarà dispo-nibile una nuova funzione, Passport, che assocerà alla parola chiave l’inserimento di un codice Pin. Oltre al suo primo sistema operativo “universale” – come ripetuto dal man-tra di Satya Nadella – nella pentola di Microsoft sta bollendo anche un altro ingrediente, Office 2016. La suite di produttività vedrà la luce entro la fine dell’anno, mentre è al momento disponi-bile una preview per gli abbonati a Office 365. Fra le novità spicca l’estensione del-la Data Loss Protection anche a Word, Excel e PowerPoint, funzione che per-metterà di creare e gestire centralmente le autorizzazioni di lettura, scrittura e condivisione dei documenti. V. B.

CAMbIA IL MODO DI USARE IL PC:GLI IMPERATIvI DI WINDoWs 10

Il nuovo sistema operativo arriverà in estate con strumenti di autenticazione biometrica e un'esperienza utente rinnovata. Office 2016 entro la fine dell’anno.

Orologeria svizzera, tecnologie (softwa-re e hardware) made in Silicon Valley. Il frutto della collaborazione fra Tag Heuer, Google e Intel non poteva che sfociare in uno smartwatch, di lusso, basato sul silicio di Santa Clara e sulle funzionalità di Android Wear. Il pro-dotto dovrebbe vedere il mercato nel quarto trimestre e costare nell’ordine dei 10mila dollari, in diretta competizione con la versione più pregiata degli Apple Watch. Proprio il gadget indossabile del-la Mela, che secondo gli analisti di Ihs toccherà quota 18 milioni di unità nel 2015, farà da spartiacque in un settore in grande fermento. Dove Google è già ben presente: dei 4,6 milioni di device indossabili venduti nel 2014, 720mila avevano a bordo Android. E dove nomi altisonanti del fashion, come Armani, Diesel e Burberry, si stanno affacciando con grande attenzione.

TAG HEUER è PIù smARt

“oggi siamo una società più grande e più diversificata che mai, e abbiamo tre principali motori di crescita: personal computer, enterprise e mobile”.

Yang Yuanqing,presidente e Ceo di Lenovo

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Là dove non arrivano le riforme politiche arrivano i social network. Secondo uno studio di Deloitte, Fa-cebook ha favorito lo scorso anno la creazione di 4,5 milioni di posti di lavoro nel mondo, di cui 70mila in Italia. Numeri legati soprattutto ai settori dell’advertising e del mar-keting, ma anche alla crescita di fat-turato realizzata da aziende di ogni genere e settore grazie all’incremento delle vendite reso possibile dalla pre-senza social. Di lavoro in ambito tecnologico ha parlato in modo approfondito uno studio, “e-Competence Benchmark”, a firma del consorzio europeo Cepis (rappresentato in Italia dall’Aica), che ha messo sotto osservazione anche lo Stivale ed evidenziato con-traddizioni non indifferenti. Il setto-re dell’information technology ga-rantisce al 78% dei propri addetti un posto di lavoro a tempo pieno, ma solo il 23% possiede le competenze sufficienti per operare ai massimi li-velli. Ed entro il 2020 in tutta Euro-pa mancheranno all’appello 900mila figure specializzate.Project manager, consulenti, ammi-nistratori di sistemi e chief informa-tion officer sono figure destinate, secondo il Cepis, a ridurre la loro importanza e utilità in azienda. C’è

LAvORARE NELL’ICT è UN “LUSSO”. FACEbOOk EsEmpIo VIRtuoso

una carenza di nuove specializzazio-ni che si rispecchia sull’anagrafica: l’età media europea per un addetto It in Europa è di 42 anni, mentre solo il 16% è under 30. In tutto il continente, inoltre, solo il 15% dei professionisti dell’informatica e del digitale appartiene al gentil sesso e le figure femminili più comuni sono trainer Ict e project manager.La parità di accesso al mercato del lavoro è un problema molto sentito anche nel Belpaese. L’età media de-gli addetti informatici è in linea con quella europea, mentre la percen-tuale di lavoratori sotto i 30 anni è di gran lunga la più bassa di tutta la Ue (ferma all’11,2%). Stesso discor-so per le donne, che corrispondono all’11% del totale dei professionisti It in attività nella Ue. Uno scenario, quello delle professioni legate all’Ict, non così roseo quanto si creda.

In Europa tre quarti degli addetti sono assunti a tempo pieno, ma solo uno su quattro possiede competenze di elevato profilo. Nel 2014 il social network ha creato 70mila posti in Italia.

IL DATA CENTER?è AlWAys oNNata nel 2006, Veeam ha una vocazione moderna: offrire soluzioni di protezione dati e business continuity per le piatta-forme di calcolo virtuali. Con 135mila clienti e una crescita del 40% a livello mondiale, la multinazionale pare abbia trovato la formula appropriata per offrire il giusto valore aggiunto alle architetture It aziendali. “Le nostre soluzioni consentono di tene-re sotto controllo le infrastrutture virtua-li”, dice Albert Zammar, country mana-ger di Veeam in Italia, “per capire quali elementi siano in sovraccarico e quali sotto-utilizzati, in modo da realizzare un efficiente capacity planning. In più, per-mettono di verificare in anticipo l’effica-cia delle procedure di backup, in modo da avere la certezza che funzionino senza doverle attivare e dunque fermare le nor-mali operazioni”. In una parola, Veeam consente di ottenere, in modo semplice, quello che in gergo viene definita “near business continuity”.“Qualunque sia la mole di dati in gioco”, spiega Zammar, “garantiamo un tempo di ripristino di 15 minuti, sufficienti per la maggior parte dei servizi e delle applicazioni aziendali, anche in cloud. I nostri clienti sono di dimensioni mol-to diverse: si va dalla catena di farmacie o dallo studio notarile per arrivare alla multinazionale”.

Albert Zammar

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12 | APRILE 2015

l’opinione

IN EVIDENZA

L’obiettivo: facilitare lo sviluppo di applicazioni mobili aziendali, dall’a-nalytics al monitoraggio dell’IoT, con un’elevata sicurezza. Il mezzo: Hana Cloud Platform Mobile Services, una nuova soluzione di tipo PaaS presentata da Sap. Una risposta all’accordo stretto tra Ibm ed Apple per realizzare applica-zioni di analytics per i dispositivi iOs e che, a differenza della prima, non marca confini a livello di device e di sistema operativo. La piattaforma, a detta del vendor, contribuirà inoltre ad accelera-re l’integrazione dell’Internet of Things e dei Big Data con applicazioni mobili aziendali native o ibride.

IOT E bIG DATA DENTRO LE App

Oggi il paradigma dell’Internet of Things deve essere visto come un’opportunità per portare innova-zione nelle aziende e nell’economia italiana, segnando così una disconti-nuità rispetto a un ventennio, quello appena trascorso, caratterizzato da una diffusa perdita di competenze e competitività.L’IoT, infatti, è un nuovo modo di pensare prodotti e servizi che par-te da un bisogno e che, tramite il supporto dell’Information & com-munication technology, consente di ampliare processi e potenzialità per creare scenari applicativi fino a oggi impensabili, aumentando l’efficien-za interna, il controllo e la gestione di prodotti e servizi e la soddisfazio-ne degli utenti finali. L’IoT ha quin-di il potenziale per entrare in tutti i settori, su scala globale, e diventare un nuovo punto di rottura per l’eco-nomia e le imprese. Data la pervasività delle soluzioni, che non coinvolgono più solo oggetti nativamente digitali ma sempre più spesso oggetti da tradurre in chiave “Internet 2.0”, è però necessario fare chiarezza sui perimetri di adozione, sulle tecnologie abilitanti e sugli am-biti applicativi in cui si può concre-tizzare il paradigma dell’IoT. A oggi, infatti, non sono ancora stati analiz-zati in maniera organica e finalizzata al contesto italiano i possibili svilup-pi di questo fenomeno, sia sul piano tecnologico e delle applicazioni, sia sul piano dell’offerta di soluzioni e della loro struttura. E dicasi lo stesso per i risvolti, anche sociali, derivanti

L’INTERNET DELLE COSE: uN’oCCAsIoNE DA NON PERDERE

L’IoT è un nuovo punto di rottura per l’economia e le imprese italiane? Sì, ma bisogna fare chiarezza sui suoi perimetri di adozione.

dall’utilizzo e dalla diffusione di tali soluzioni.Per questo The Innovation Group ha deciso di creare una commu-nity italiana sui temi dell’Internet of Things e delle sue applicazioni, inaugurando per il 2015 l’IoT Lea-dership Program, un’iniziativa che si avvale di un sito tematico e si arti-cola durante tutto il corso dell’anno in eventi, webinar, ricerche e inter-viste, con l’obiettivo di promuovere l’informazione e il dialogo su una te-matica di rilevanza strategica anche fuori dal mondo dell’Information technology.

Camilla Bellini,analyst, The Innovation Group

L’INDUSTRY 4.0 PARLA CINEsE Considerato l’emblema della quarta rivo-luzione industriale, Industry 4.0 è il pro-getto nato per volere del governo tedesco che prevede l’utilizzo delle tecnologie Ict per dare vita alle fabbriche “intelligenti”. In questo filone si inseriscono gli accor-di, annunciati in occasione del Cebit di Hannover, fra Huawei e Sap e fra lo stesso colosso cinese e l’istituto di ricerca Fraunhofer Esk. Oggetto della duplice alleanza è lo stu-dio di soluzioni dedicate all’Internet of Things per i settori dell’energia e dei tra-sporti, oltre all’impiego di di router indu-striali e tecnologie wireless 4G per lo svi-luppare applicazioni per l’Industry 4.0.

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L’EVoluZIoNE DI TEAMSYSTEM E LA PARTNERSHIP CON MICROSOFTNon è più una rivoluzione ma un’e-voluzione. In questa frase a effetto, pronunciata da Federico Leproux, amministratore delegato del Gruppo TeamSystem, c’è la sintesi del lavoro fatto in questi anni dalla software hou-se italiana, che ha investito tanto per darsi una fisionomia e ritagliarsi una posizione di leadership nelle soluzioni gestionali e che ora, finalmente, può “lavorare di fino” per consolidare i ri-sultati.“Siamo una realtà solida dal punto di vista industriale”, dice Leproux, “con 241 milioni di ricavi e con un tasso di abbandono dei clienti di appena il 4%, sotto il limite fisiologico. Ma siamo forti anche finanziariamente, avendo fatto registrare un 5,5% di extra-performance delle obbligazioni ed essendo riusciti a ottenere un rating stabile da Standard and Poor’s, mentre quello italiano diminuiva”.Leproux lascia intendere che ora è

tempo di pensare alla qualità, tanto sul fronte dei prodotti quanto su quello del canale distributivo. Il focus quindi si sposta dalla crescita (TeamSystem è leader sia nel mercato delle imprese sia in quello dei professionisti) alla valoriz-zazione di prodotti e partner.“Nel triennio 2014-2016”, prosegue Leproux, “investiremo più di 91 mi-

CON LINUx ENTERPRISE LE AzIENDE RIspARmIANo

Una ricerca qualitativa realizzata da Forrester Consulting ha approfon-dito l’impatto economico della mi-grazione da sistemi Unix proprietari a server x86 con a bordo il sistema operativo Suse Linux Enterprise. Forrester ha intervistato quattro grandi organizzazioni multinazionali

che nel loro complesso sfruttano cir-ca tremila server fisici e virtuali basati su Suse Linux, utilizzano un Petabyte di dati e impiegano circa cento di-pendenti che progettano e gestiscono le risorse (server, storage, database e middleware). I risultati complessi-vi dello studio sono impressionanti:

si registrano infatti, tra le altre cose, una riduzione dell’80% degli inve-stimenti di capitale (per un totale di 6,4 milioni di dollari l’anno), una ri-duzione di 3 milioni di dollari l’anno dei costi di manutenzione dei server e un miglioramento netto dei tempi di risposta dell’It.

lioni di euro, oltre la metà dei quali sarà destinata a incrementare il livel-lo qualitativo di soluzioni e servizi, senza smettere di adeguare i prodotti ai nuovi trend del mercato, come il cloud, l’e-commerce e la mobilità”.In quest’ottica si inserisce l’accordo strategico tra TeamSystem e Micro-soft, annunciato nel corso della con-vention annuale del Gruppo. La part-nership con la multinazionale prevede un percorso a tappe forzate per inte-grare l’offerta di software gestionale con la piattaforma Microsoft Azure e con le soluzioni di produttività Office 365, iniziando da Lynfa Studio per passare poi a Lynfa Azienda e Alyante.“Nella relazione tra TeamSystem e Microsoft”, ha dichiarato Carlo Pu-rassanta, amministratore delegato di Microsoft Italia, “è stato compiuto un salto quantico. Grazie ad Azure e Office 365 gli utenti TeamSystem po-tranno andare con facilità nel cloud con la piattaforma più affidabile sul mercato, e con la prossima disponibi-lità di Windows 10 potranno agevol-mente operare in mobilità”.

Federico Leproux

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IN EVIDENZA

Stampanti progettate “intorno” al toner: la nuova sfida di Hp si gioca sulla chimica. Non a caso, Micha-el Smetana, vice presidente Emea per LaserJet ed Enterprise Solutions dell’azienda, ha presentato in Europa quattro nuovi modelli di periferiche laser, annunciando senza mezzi ter-mini che “Hp ha riscritto la chimica dei toner”.La tecnologia, sviluppata insieme a Canon, si chiama Color Sphere 3, e si caratterizza soprattutto per un in-volucro delle piccole sfere di toner più resistente, posto a circondare un nucleo che invece è morbido. Il risul-tato: un punto di fusione più basso (che significa migliore qualità) e, allo

stesso tempo, una maggior durata del-le cartucce, fino al 33% in più rispet-to a quanto garantito dalla tecnologia precedente. La nuova generazione di stampanti e multifunzione LaserJet adotta anche la più ampia tecnologia Jet Intelligence, che segna una discon-tinuità rispetto ai modelli passati, ar-rivando a consumare fino al 53% in meno di energia e a occupare il 40% in meno di spazio. “I nuovi modelli LaserJet“, spiega Luca Motta, printing systems category di-

rector di Hp Italia, “si integrano per-fettamente con l’attuale offerta, che comprende anche le tecnologie InkJet e Pagewide. Le laser, anche grazie alle funzioni di gestione JetAdmin e alle caratteristiche di Jet Intelligence, sono l’ideale per volumi di stampa medio-alti, anche in ambienti cloud”.Le novità al momento sono quattro: la compatta Hp Color LaserJet Pro M252, il multifunzione fronte-retro Mfp M277 e le due LaserJet Enterpri-se M552 ed M553, pensate per gruppi di lavoro da cinque a 15 utenti e per un carico mensile di 6.000 pagine.

La nuova linea di periferiche laser consuma meno, stampa più velocemente e occupa meno spazio.

IL mEtEo vOLA NEL CLOUD DI IbMLa nuvola di Ibm ospiterà altre nu-vole, non metaforiche ma reali: quel-le delle previsioni meteorologiche di The Weather Company. E non solo nubi, ovviamente, ma dati e bollet-tini meteo di ogni genere, circa 26 miliardi al giorno, raccolti da cen-tinaia di milioni di fonti sparse nel mondo, fra sensori, aerei, dispositivi mobili e droni. The Weather Com-pany, il ramo business-to-business di The Weather Channel, le fornisce ogni giorno ai suoi clienti, fra cui soprattutto aziende, compagnie as-sicurative e utility dell’energia. Fino a ieri questa massa di dati era allog-

HP RIvOLUzIONA lA CHImICA DELLE STAMPANTI

LYNC ASSOMIGLIADI PIù A skypELync, l’applicativo VoIp di Microsoft, uno dei più diffusi sistemi di comunica-zione unificata, a breve cambierà nome: Skype For Business. Il rebranding segna anche l’arrivo di un’interfaccia più simile a quella di Skype, nonché di nuove fun-zioni. Per esempio, si potrà mantenere attiva una chiamata o videochiamata (vi-sibile in una finestra) anche mentre si usa un’altra applicazione e si potrà interagire in un clic con i contatti Skype. Quando? Da metà aprile per chi utilizza l’appli-cazione desktop, mentre la versione per server sarà aggiornata entro fine maggio.

giata su Amazon Web Services, e ora transiterà sul cloud di Ibm. Big Blue non solo ospiterà i dati di The Wea-ther Company, ma potrà a sua volta offrirli ai propri clienti interessati a servizi di analytics specifici (anche supportati da Watson) o alla creazio-ne di applicazioni da rivendere. Ibm stima che attualmente venga analiz-zato solo il 10% dei dati generati da sensori, veicoli connessi, smartphone e altri sistemi M2M. Le potenzialità sono enormi e per questo l’azienda investirà tre miliardi di dollari nei prossimi quattro anni in progetti di Internet of Things. V.B.

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Secondo una recente ricerca di mercato condotta dalla Intelligent Unit dell’E-conomist, il 48% dei manager pensa che i Big Data siano uno strumento decisamente prezioso, mentre il 23% ritiene addirittura che presto cambie-ranno radicalmente il modo di fare business delle aziende. A leggere questo tipo di analisi, che per la verità circo-lano da almeno un paio di anni, una domanda sorge spontanea: se le tecno-logie per gestirli sono già disponibili, perché i Big Data non sono ancora così largamente utilizzati?L’ipotesi più probabile, già ampiamen-te dibattuta anche in queste pagine, è che molte aziende non sappiano come iniziare, non abbiano le competenze, oppure pensino che il ritorno dell’inve-stimento sia troppo lungo.Una risposta potrebbe arrivare da una recente iniziativa di Emc, che ha chia-mato a raccolta in una “federazione”

UN DATA LAkE IN sEttE gIoRNI

LA soluZIoNE

La nuova soluzione Federation Emc promette di abbattere le barriere nell'utilizzo efficace dei Big Data.

alcuni vendor particolarmente vicini (Vmware, Pivotal, Rsa e Vce) e che con-ta di abbattere le barriere all’adozione dei grandi dati, facilitando la costruzio-ne dei cosiddetti “Data Lake”. L’intento di Emc non è solo quello di portare sul mercato un’offerta innovativa (cosa che ha già fatto il mese scorso) ma anche quello di cambiare la percezione che af-frontare il mare (o il lago) di dati sia così

tanto difficile. La promessa, in partico-lare, è di comprimere da mesi a poche settimane il tempo necessario a sfrutta-re il valore dei Big Data. Gli specialisti di Emc, in verità, si spingono ancora oltre, promettendo di implementare un Data Lake in soli sette giorni.Se avranno ragione, la Federation Bu-siness Data Lake sarà il primo esempio vincente di soluzione mista hardware-software che potrà permette alle orga-nizzazioni di qualsiasi dimensione di creare il proprio “bacino” di dati da archiviare in modo sicuro e da analizza-re. Il target primario della federazione sono le imprese che non hanno ancora provato l’ebrezza dei Big Data, oppure quelle che hanno già tentato l’opera ma si sono arenate nella fase di test.“La metafora del grande lago è parti-colarmente adatta a descrivere molte situazioni reali”, dice Dario Regazzo-ni, presales manager di Emc Italia, “in cui ci sono tante fonti diverse, tanti dati di tipo diverso e di qualità differente. Il sogno di sistemare tutto in un unico repository e di farlo in tempi sorpren-dentemente brevi, anche una sola set-timana, convincerà molti a fare il salto verso i Big Data”.

Federation Business Data Lake è una soluzione ingegnerizzata che, unendo le tecnologie e le compe-tenze di Emc, Pivotal e Vmware, accelera e automatizza lo sviluppo e l’implementazione dei laghi di dati, al punto di consentire alle aziende di completare progetti e renderli operativi in una sola settimana.

Le funzionalità essenziali della solu-zione sono lo storage (di dati strut-turati e non), l’analisi delle informa-zioni e la disponibilità dei risultati in tempo reale per utenti e applicazioni.La soluzione supporta anche pro-dotti di aziende che non fanno parte della federazione, come le distribu-zioni Hadoop di Cloudera e Hor-tonworks e piattaforme di analytics quali Sas e Tableau.

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SCENARI |

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SCENARI | Data Center

Come sarà il data center di do-mani? Gli sviluppi tecnolo-gici più recenti configurano alternative diverse e soluzioni

ibride (interne o esterne all’azienda) che rendono difficile tracciare un identikit della “sala macchine” del futuro.Il percorso più battuto è quello delle architetture “software defined”, basate su componenti standard, relativamente semplici, in grado di essere configurati e attivati alla bisogna per compiti diversi.Sì, perché la parola d’ordine più comune ormai è “agilità”, vale a dire la capacità

Le tecnologie per i nuovi data center corrono veloci, alla ricerca della massima agilità a costi sostenibili. Tutte le opzioni sono valide: dal ricorso a provider esterni, anche per applicazioni critiche, fino al ritorno ai tradizionali mega calcolatori.

dell’It di adattarsi in modo quasi liqui-do alle esigenze del business.Da questo scenario non viene esclu-sa nessuna possibilità: ci sono i server x86, magari in ambiente “open”, ma ci sono anche i cari vecchi mainframe. Sostenitore di un futuro in cui a queste macchine verrà ancora affidato il carico più importante di elaborazione dei dati è Christopher o’Malley. Presidente e Ceo a livello mondiale di Compuware, recentemente scorporatasi da Dynatra-ce e alleatasi con Bmc per offrire, in un unico one-stop-shop, le soluzioni per

rendere sempre più efficiente l’utilizzo dei mainframe.“Sono anni che mi occupo di mainfra-me”, esordisce o’Malley, “e posso ancora dimostrare senza tema di essere smenti-to che se analizziamo il costo/efficienza della singola transazione, queste piatta-forme non hanno rivali. I mainframe, realizzati oggi solo da Ibm, sono più sicuri, più veloci e in ultima analisi an-che più economici delle altre soluzioni. Ideali, insomma, per giocare un ruolo da protagonisti anche nei prossimi anni in ambito data center”.

sarà MAINFRAME o software defined?

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Pare, quindi, che al contrario dei tanto bistrattati dinosauri, i mainframe oggi siano diventati agili per sopravvivere e siano in grado di competere con le nuo-ve architetture.“I nuovi Cio non conoscono il mainfra-me”, continua o’Malley, “ma se non han-no pregiudizi non possono che constatare l’estrema adattabilità di queste piattafor-me alle nuove esigenze, come l’analisi dei Big Data o il supporto di applicazioni in mobilità. Per le grandi organizzazioni come le banche, poi, sono una soluzione insostituibile: in molti casi le opzioni In-frastructure as a Service (Iaas) e Platform as a Service (Paas) non sono praticabili”.Oggi, in sostanza, il mainframe può eseguire “silenziosamente” e in modo affidabile tanti nuovi compiti. In pra-tica, quando tocchiamo un’icona di un’app bancaria sul nostro cellulare, da qualche parte un “cervellone” si attiva. “Dieci anni fa i Cio si davano da fare

e La Cina sPinGe sUi SUPERCOMPUTERHigh Performance Computing e Lenovo: un binomio reso possibi-le dall’acquisizione delle attività legate ai server x86 di Ibm. Grazie ai nuovi asset, il colosso cinese ha aperto a Stoccarda l’Hpc Innova-tion Center, una struttura che co-stituisce il fulcro di una rete mon-diale di centri minori impegnati su queste tecnologie. Lenovo ha sot-tolineato come il suo impegno nel settore non sia né temporaneo né secondario. “L’Hpc è sempre stato il motore per i progressi tecnologici,” ha det-to Peter Hortensius, chief techno-logy officer della società. Le aree di ricerca su cui il centro si concentre-rà sono tre: le architetture di calco-

lo di nuova generazione, l’aumento della potenza e i Big Data. Per la gestione della proprietà intellet-tuale, il modello scelto da Lenovo è quello di un framework aperto che dovrebbe favorire la collabora-zione di chi svilupperà progetti di ricerca.“Il mercato dell’High Performance Computing è uno di quelli che cre-sce più velocemente, e in due o tre anni arriverà a valere circa 15 miliar-di di dollari”, ha spiegato Aymar de Lencquesaing, president North America e senior Vp di Lenovo. “L’area Emea è il secondo merca-to mondiale e Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia insieme ne valgono i due terzi.” P.G.

per smantellare questi grandi calcolatori, con l’obiettivo di risparmiare soldi. Oggi si rendono conto non solo che sono in-sostituibili, ma anche che gli economics sono più favorevoli, in molti casi. Il mio mestiere è affiancare e incoraggiare que-sti Cio, per almeno i prossimi 50 anni”.

La soluzione fuori casaPer le esigenze di calcolo di aziende meno strutturate o per progetti ancora più agili si sta facendo strada una for-

Christopher o’Malleymula diametralmente opposta al main-frame “in casa”, quella dei servizi Paas con applicazioni “critiche”, che in Italia sono quasi una rarità, con un numero di player che si conta sulle dita di una mano.Uno di questi è Wiit, in crescita del 37% grazie a pesanti investimenti in infrastrutture (data center Tier 4, cioè il massimo dell’affidabilità). “Noi offria-mo, ad esempio, business continuity in ambiente Sap”, dice Alessandro Cozzi, fondatore e Ceo di Wiit, “un livello di servizio prima raggiungibile dalle gran-di e medie imprese solo con infrastruttu-re di proprietà. Stiamo crescendo tanto perché la transizione verso le soluzioni cloud è favorita dalla virtualizzazione, che consente di abbattere i costi della migrazione verso l’esterno dell’azienda, se ci si rivolge a provider come noi”.Per Cozzi, i giovani Cio non si faranno problemi a rottamare le vecchie archi-tetture “in-house”: per i data center del futuro si prospetta una battaglia gene-razionale tra i nuovi mainframe agili e i flessibili servizi Paas? E.M.

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Entro i prossimi tre anni, più della metà degli applicativi e servizi It girerà su sistemi cloud ibridi. è questo il re-

sponso di un’indagine condotta su sca-la globale da Avanade e che ha visto protagonisti mille manager di altret-tante aziende in 21 Paesi, Italia com-presa. Ma se quella del modello misto è indubbiamente in prospettiva la scel-ta vincente, i dubbi e le paure restano. Così resta la confusione su come sia ef-fettivamente costituito un sistema ibri-do, evidenziata da un 58% di risposte di società che dichiarano di non avere una strategia definita in proposito.La ricerca di Avanade ha messo anche in luce come i più motivati in questo slancio verso il cloud non siano tanto i responsabili It, quanto i top manager, che vedono nell’adozione del nuovo paradigma un vantaggio competitivo sensibile. Queste figure dirigenziali sono anche le più propense a conside-rare un utilizzo immediato del cloud anche per le applicazioni “critiche”, come gli analytics, l’e-commerce o i servizi a diretto contatto con il cliente finale.“Penso che quello ibrido sia il model-lo del futuro”, spiega Mick Slattery, executive vice president global service lines di Avanade, “perché è l’unico in

grado di offrire sia i benefici delle so-luzioni on-premise sia quelli del cloud pubblico. è vero, però, che alle buone intenzioni espresse dagli intervistati (il 69% ha infatti dichiarato che i pro-getti di cloud ibrido saranno al centro delle loro strategie già da quest’anno) non corrispondono necessariamen-te idee chiare. Penso sia soprattutto un problema di esperienza. A molte organizzazioni mancano gli skill e le persone giuste, un po’ come è succes-so con il fenomeno dei Big Data e dei data scientist. Avanade sta investendo molto nel far capire alle aziende il vero potenziale del cloud ibrido e poi, ov-viamente, le affianca nell’implementa-zione”.Anche quando i progetti partono, non è detto che prendano la strada giusta: il 71% delle aziende, infatti, ha dichiara-to di utilizzare semplicemente le infra-strutture cloud per eseguire applicativi già esistenti, senza quindi sfruttare le potenzialità della nuvola. “Non è facile seguire il passo dell’inno-vazione”, dice Slattery, “ma a mio modo di vedere quello che conta è iniziare il viaggio. Una volta che hai implemen-tato l’ambiente e gli strumenti di ge-stione, la strada verso il cloud ibrido è in discesa. Da parte nostra, aiutiamo le aziende in questo percorso con Hybrid

Il modello misto si imporrà. Ci sono pochi dubbi, anche se molte aziende non hanno ancora le idee chiare. Lo rivela una ricerca Avanade e lo testimonia l'esperienza sul campo.

La strada verso L’IbRIdOè in disCesa

SCENARI | Cloud ibrido

Luigi Scappin

Mick Slattery

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noovLe, iL CLoUd à LA CARTE

Mettersi al fianco delle aziende e aiutarle a cambiare le regole del gioco, attraverso un ampio menu di soluzioni informatiche su misura, da utilizzare diretta-mente nella nuvola. Questa la missione di Noovle, una startup (nata nel 2013 dalla fusione di Global Base e Scube NewMedia, due partner Google for Work in Italia) che si è già conquistata un posto al sole fra i cloud provider italiani. Il cloud, come dice Pier-giorgio de Campo, co-founder e Cto della società milanese, “è la piattaforma che rende possi-bile la trasformazione digitale”. E in quest’ottica lavorano le ol-tre cento persone in organico e una rete capillare di consulenti, project manager e sviluppatori su tutto il territorio nazionale. Dove e come Noovle è riuscita a migliorare e semplificare i pro-cessi di business delle imprese italiane? I testimonial che può portare a esempio sono diversi: Gruppo De Agostini, Fater, Ho-epli, il marchio di abbigliamento Twin-Set, Autogrill.La scelta di puntare sul cloud (e sulle Google Apps for Work) si è concretizzata a vari livelli, dai servizi di comunicazione a quelli di video collaboration a distanza, dalle applicazioni per gestire online la dematerializza-zione legale dei documenti con servizi di firma digitale ai tool di ricerca sul Web per migliorare l’attività di e-commerce. Il tutto condito dalle capacità di ela-borazione, in chiave Big Data e analytics, della piattaforma Go-ogle Cloud.

Cloud Solution, un potente e flessibile ambiente di gestione sviluppato insie-me a Microsoft”.

L’Italia colma il gapPer quanto riguarda l’Italia, i dati di Avanade sono leggermente meno posi-tivi di quelli globali: perdiamo quattro punti percentuali nella misura dell’en-tusiasmo nei confronti del cloud ibrido e altrettanti quando si valuta la capaci-tà di comprenderne i reali benefici. Ma anche in questo caso, sia pure con un fisiologico gap, la strada è in discesa.“Per noi e per i nostri clienti”, racconta Luigi Scappin, direttore prevendita e business development technology di Oracle Italia, “il cloud è ibrido per definizione. Certo, mentre per i nuovi progetti viene quasi spontaneo partire subito con un modello misto, più dif-ficile è far migrare grandi piattaforme on-premise”.Dal punto di vista di Oracle, il viaggio

verso il cloud ibrido non è certo im-pedito dalla tecnologia. Piuttosto, di-cono gli specialisti, è necessario avere una strategia di sourcing per decidere quali applicazioni tenere su piattafor-me private e quali mettere sul pubbli-co. La particolarità dell’offerta della multinazionale è che utilizza le stesse infrastrutture, Exadata ed Exalogic, sia per erogare i servizi SaaS (Software as a Service) sia per affiancare i clienti nella costruzione di una piattaforma ibrida. In questo modo, il passaggio dal privato al pubblico (e viceversa) è sicuramente più agevole, perché gli ap-plicativi restano gli stessi.“Le imprese italiane hanno bisogno di affiancamento”, dice Scappin, “ma non sono così lontane dall’obiettivo di im-plementare un efficiente cloud ibrido. Sicuramente sono più avanti di quanto possa sembrare, sono nella fase finale del viaggio”.

Emilio Mango

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Le connessioni fra macchine sono in forte crescita in Europa e anche in Italia, dove non mancano certo le eccellenze. Un fenomeno, trainato da settori chiave come trasporti ed energia, che si sta proiettando nel futuro.

iL Ponte fra M2M e iot?La MULTIdISCIPLINARIETà

Il concetto di Internet delle cose non è nuovo. Ha preso diversi nomi negli anni ma è diventato popolare negli ultimi tre o quattro, quando il

mercato dei sistemi M2M ha comincia-to a maturare, muovendosi dalla pura connessione tra macchine allo sviluppo di servizi a valore aggiunto che ruotano intorno ai dati trasmessi. Parliamo di singole applicazioni in specifici settori, come le soluzioni di fleet management o quelle per il mo-nitoraggio di oggetti immobili come i distributori automatici. L’uso delle tecnologie M2M va affermandosi con maggiore enfasi nel campo automotive,

attraverso iniziative come l’e-Call (lo standard europeo per le chiamate di emergenza automatiche in caso di inci-dente stradale), e in quello dell’energia con i progetti di smart metering. Ma un po’ tutti i comparti industriali, in-cluso il settore manifatturiero, sono interessati da un fenomeno che sta di-ventando strategicamente importante per le aziende.

Un mercato in forte sviluppoLa diffusione delle tecnologie M2M si riflette anche nei numeri. Alla fine del 2013 erano 44,5 milioni le connessioni machine-to-machine su rete cellulare

attive in Europa. L’incremento annuo è nell’ordine del 30% e può essere de-finito come una crescita forte. In Italia lo sviluppo del mercato machine-to-machine, dominato da Telecom e Vo-dafone, è in linea con quello europeo.Alla fine del 2013 si contavano sei mi-lioni di connessioni via rete cellulare all’interno di un ecosistema M2M di tutto rispetto, che attinge a una ben nota tradizione ingegneristica e che oggi si propone con successo a livello internazionale. Alcuni esempi sono l’acquisizione di Cobra Technologies da parte di Vo-dafone, l’entrata nel mercato ameri-

SCENARI | Machine to machine

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servono GLi STANdARd.firMato aGCoM In una delle prime indagini cono-scitive condotte a livello europeo sul tema del machine-to-machi-ne, l’Autorità per la garanzia delle comunicazioni è andata a caccia delle motivazioni che in-fluenzano la creazione e l’utiliz-zo dei servizi di comunicazione M2M e, più in generale, dell’In-ternet of Things. Dallo studio sono emerse alcune criticità, tra cui spiccano quelle relative allo sviluppo di questi servizi e all’e-terogeneità dei soggetti coin-volti. Il machine-to-machine sta modificando le relazioni tra gli operatori tradizionali di teleco-municazioni: dal tipico modello B2C (Business to Consumer) si sta passando al B2B (Business to Business) e al B2B2C (Busi-ness to Business to Consumer) e così facendo le telco stanno perdendo la relazione diretta con l’utente finale, che diventa invece prerogativa dei provider. Tale fenomeno, dice l’Agcom, “ha impatti rilevanti in termini di garanzie contrattuali e data pro-tection degli utenti, ed è emerso che le infrastrutture a oggi uti-lizzate per fornire i servizi M2M sono inadeguate a soddisfare le esigenze trasmissive, così come le soluzioni tecnologiche sono estremamente frammentate e le piattaforme risultano di natura prevalentemente proprietaria”. Un’analisi impietosa che sfocia in una ricetta già ben nota agli ad-detti ai lavori: è necessario incen-tivare la creazione di piattaforme standard, eventualmente anche attraverso l’intervento pubblico.

cano di AboData con la piattaforma Plat-One, il ruolo internazionale di OctoTelematics, il fenomeno italiano delle assicurazioni “usage based insu-rance” (i cui costi sono calcolati, per esempio, in base ai chilometri percorsi dall’automobilista, ndr), il contributo alle connected car di Magneti Marelli, il ruolo giocato nel campo dei veicoli agricoli connessi da Cnh e Lamborghi-ni. Ed esiste anche una nuova ondata di aziende e tecnologie che si muove direttamente verso il mondo dell’Inter-net of Things e che ha certamente come apripista Arduino.

I dati alla base del fattore smart Se il mondo M2M va certificando il suo valore, parte di esso si sta spostan-do verso l’IoT e quindi verso applica-zioni che si muovono in spazi fisici e si nutrono di diverse sorgenti di dati.Il concetto di smart city può essere analizzato da questo punto di vista: la città intesa, cioè, come un insieme di sistemi interconnessi, ognuno dei quali deputato a raccogliere dati. Dati che vengono condivisi, integrati e uti-lizzati per applicazioni cross-settoriali

Saverio Romeo,principal analyst, Beecham Research

o verticali più ricche perché basate su una pluralità di informazioni. E così parliamo di smart home, smart facto-ry, smart healthcare e smart farming. L’Internet delle cose è una visione che cambia gli spazi in cui ci muoviamo e il modo con cui interagiamo con questi spazi. Qui entra in gioco il variegato mondo degli oggetti connessi e degli oggetti indossabili, che creano l’intera-zione tra luoghi e persone. La sicurezza delle informazioni, delle interazioni e manipolazioni dei dati diventa, di con-seguenza, un elemento critico ma an-che un’opportunità di business. Ci sono però altri problemi tecnologici da risolvere, come l’interoperabilità e l’integrazione con altri sistemi It, tanto per menzionarne un paio. Dato il suo impatto nel mondo aziendale e nella società, una visione tecnologico-cen-

trica dello sviluppo dell’Internet delle cose sarebbe comunque limitante. La tecnologia è essenziale, ma non unica. E qui ritorna il pensiero di La Civil-tà delle Macchine, la rivista degli anni Cinquanta e Sessanta diretta dall’al-lora responsabile della comunicazione di Finmeccanica, Leonardo Sinisgal-li. Una rivista che rifletteva la natura multidisciplinare di una certa industria ispirata al funzionalismo delle mac-chine, al loro valore sociale e alla loro estetica. L’Internet delle cose è multidisciplinare per natura e la multidisciplinarietà si raggiunge attraverso collaborazioni si-nergiche tra attori di diverse industrie. L’Italia ha dalla sua parte questa tradi-zione e se si riscopre “sinisgalliana” avrà un ruolo importante nello sviluppo fu-turo dell’Internet of Things.

Saverio Romeo

“ Il mercato machine-to-machine in Italia, dominato da Telecom

e Vodafone, cresce in linea con quello europea

per numero di connessionida rete mobile ”

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SCENARI |

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Cobra Automotive è un’azienda, di proprietà di Vodafone, che opera nel campo dei sistemi di telematica. Nel suo centro di Varese si progettano, sviluppano e producono (a milioni) i componenti intelligenti che gestiscono la diagnostica dei veicoli.

SCENARI | Machine to machine

teCnoLoGia itaLiana Per Le AUTO CONNESSE

Il mercato del machine-to-ma-chine a livello globale è cresciuto nel 2014 dell’80% e Vodafone, lo dicono i dati di Gartner, è fra

le aziende che più ha contribuito alla popolarità di questo comparto in vir-tù degli oltre 16 milioni di schede dati Sim installate dentro apparati e apparecchi di vario genere in tutto il mondo. L’automotive, l’elettronica di consumo e l’energy&gas sono i settori che guidano un mercato in fortissima espansione, coprendo circa un terzo delle soluzioni M2M implementate.Le auto connesse sono oggi il 5% del totale circolante e, nel nostro Paese, rappresentano circa la metà degli og-getti che formano quel grande ecosi-stema chiamato Internet delle cose. I veicoli sono anche il terreno di ap-plicazione a più diretto impatto per l’utente (consumatore, professionista o addetto aziendale che sia) del feno-meno machine-to-machine, sotto for-ma di servizi quali la diagnostica da

remoto, l’infotainment e i sistemi di sicurezza. In attesa che i Big Data, e quindi la raccolta, l’analisi e la condi-visione delle informazioni nella cloud diventino il vero paradigma della rivo-luzione digitale dentro gli abitacoli.

Un polo tecnologico internazionaleIn questo specifico mondo opera Cobra Automotive Technologies, una società oggi controllata al 100% da Vodafone Group, che l’ha acquisita la scorsa estate per 140 milioni di euro (assorbendone i debiti). L’obiettivo dell’operatore tel-co è quello di fare dell’azienda varesina

(un totale di 880 dipendenti, di cui 550 in Italia e circa 200 nell’area R&D) il proprio polo tecnologico per la ricerca e lo sviluppo su scala internazionale di soluzioni M2M, soprattutto per le quat-tro e le due ruote. Un centro di eccel-lenza per la telematica insomma, di cui Vodafone vuole alimentare la crescita con un importante investimento indu-striale, che rientra nel budget biennale di 3,6 miliardi euro da destinare alle infrastrutture di rete fissa in fibra e mo-bile 4G. A valle dell’operazione, il focus dell’azienda non è cambiato e guarda a tutto ciò che si configura come solu-

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zioni in grado di controllare comandi e funzionalità dei veicoli, delle scatole nere e dei software e i servizi a esse cor-relate: dagli allarmi, ai sistemi per il par-cheggio assistito. L’Italia è oggi uno dei Paesi più avanzati al mondo per quanto riguarda l’adozione di soluzioni “usage based” e in questo solco Cobra, sin dal 2007, fornisce la telematica alla base delle cosiddette polizze “pay per use” e “pay as you drive” offerte dalle società di assicurazione (Generali è il cliente di riferimento).

dalle auto allo smart meteringIl punto di partenza della nuova Cobra sono sicuramente le tante case auto-mobilistiche che, sul fronte europeo e asiatico, l’azienda ha saputo coltivare e fidelizzare negli anni e quelle che (come General Motors) è pronta a servire con nuovi progetti: Audi, Bentley, Ducati, Ferrari, Gruppo Piaggio, Lamborghini, Maserati, Mc Laren, Porsche, Renault, Kia, Hyundai, Toyota, Honda, Nissan, Volvo, Gruppo Volkswagen. Insomma, una nutrita rappresentanza del gotha dell’industria automobilistica mondiale, per cui lavora un team “mul-tisite” di ingegneri dislocati fra Italia, Giappone e Corea del Sud, mentre le sedi di assemblaggio e di produzione si trovano in Italia e Cina. L’asset messo in campo da Vodafone, oltre alle sue tec-nologie e alla sua rete, sono i 2,8 milio-

ni di connessioni M2M gestite in Italia nel campo delle assicurazioni auto, delle flotte aziendali, della logistica (mobile asset tracking e vending telemetry), del-lo smart metering e delle smart grid.Tutto ruota intorno all’utilizzo di una Sim dati all’interno di dispositivi, mac-chine e apparati ed è su questo fronte che Cobra è chiamata a fare un ulteriore passo in avanti. Le sue velleità di player globale in campo M2M trovano fonda-mento nelle competenze e nei numeri che caratterizzano l’operatività quoti-diana della sede di Varese.I test sull’affidabilità, le prestazioni e la compatibilità dei singoli componenti che saliranno a bordo veicolo, hanno spiegato a Technopolis gli ingegneri di Cobra, sono l’attività cruciale. La ri-petitività dei controlli (un nuovo pro-dotto viene testato 20/25 volte in un anno prima di andare in produzione) e le modalità di test (condotto in autono-mia dal computer sul banco di prova, al tecnico è demandata la responsabilità di programmarlo e ottimizzarlo) sono due degli ingredienti della ricetta telemati-ca dell’azienda. Gli altri, ingegneria di processo e robotica avanzata in primis, si possono apprezzare dentro la fabbri-ca che sforna ogni giorno oltre 20mila prodotti finiti tra moduli Gps, allarmi, scatole nere, centraline, sensori di par-cheggio assistito e altro ancora.

Gianni Rusconi

ardUino aLLa tedesCa Per La RObOTICA INdUSTRIALESi chiama Axes Motion Shield ed è l’ultima fatica che Arduino ha por-tato a termine in collaborazione con bosch Sensortec, una sussidiaria del gruppo Robert Bosch. La nuo-va piattaforma hardware sfrutta un sensore di orientamento a nove assi appositamente creato per la casa di Strambino (Torino), in veste di scheda intelligente, al servizio della creazione rapida di prototipi.

Tanti gli ambiti di applicazione: do-motica, Internet of Things, robotica industriale, indoor navigation, real-tà aumentata, gaming e dispositivi indossabili. Come sottolinea l’am-ministratore delegato di Arduino, Federico Musto, “grandi player in-ternazionali hanno iniziato a vedere nel progetto open source veicolato dalla casa italiana un volano per lo sviluppo di nuove applicazioni”.

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SCENARI | Machine to machine

Il “motore” che fa correre l’INtERNEt dEllE CoSE Le aziende e i vari anelli della catena manifatturiera possono diventare dei produttori connessi. Serve però un’infrastruttura in grado di trasferire i dati nel cloud e di trasformarli in informazioni utili al business.

ni. La Application Enablement Platform utilizzabile per realizzarle è progettata per i diversi tipi di dispositivo e di ar-chitettura che convivono nell’Internet of Things.

Alexander Bufalino,Cmo di Telit Wireless Solutions

l’Internet delle Cose è un concetto ad ampio spettro che sta gene-rando un nuovo ordine economi-

co. Le soluzioni IoT stanno impattando profondamente sulla gestione delle azien-de: gli early adopter osservano un mi-glioramento del proprio posizionamento competitivo e una notevole accelerazione della redditività. L’IoT Engine di Telit è il motore di questo processo. Permette di accedere a un più ampio ventaglio di dispositivi connessi, di aumentare la loro visibilità e di capire il modo in cui i clienti usano i prodotti dell’azienda.Una connessione machine-to-machine (M2M) è un metodo di monitoraggio in tempo reale dei processi industriali che permette di compiere un’azione di rime-dio prima che qualcosa smetta di fun-zionare. Una soluzione di Internet delle cose va oltre, consentendo alle aziende di diventare dei “produttori connessi”. Tutti gli anelli della catena manifatturiera – fornitore, impianti, distributori, prodotti finali – possono diventare connessi. Un

motore come quello di Telit permette anche di trasferire dati ininterrottamen-te dai dispositivi che monitorano dati ed eventi verso il cloud aziendale, dove tale flusso viene processato e trasformato in tempo reale in informazioni utili per prendere decisioni di business più con-sapevoli. Le soluzioni IoT ed M2M si dividono sommariamente in tre settori: acquisizione, trasmissione e trattamento dei dati. L’IoT Engine di Telit combina queste tre aree in una catena di valore ininterrotta. L’acquisizione dei dati è affidata al nostro portfolio hardware, i moduli, che sono il cuore pulsante che tiene in vita 24 ore su 24, sette giorni su sette, le applicazioni. La connettività fra i dispositivi e un cloud pubblico o privato è solitamente basata su una rete wireless e su Internet. La nuvola è la struttura di computing centrale in cui i dati vengono processati.I moduli e i servizi di connettività sono i mezzi con cui raggiungere il fine della creazione e dello sviluppo di applicazio-

NEL MONDO IPER-CONNESSO SERVE UN CAMBIO DI MENtAlItÀL’Internet of Things: oggetti e apparec-chi con sensori incorporati e chip capaci di comunicare online dati e informazio-ni a sistemi remoti. Secondo Gartner, questo scenario si tradurrà entro il 2020 in 50 miliardi di dispositivi collegati a Internet. L’entusiasmo legato a questo nuovo mondo iper-connesso rischia di offuscare una problematica seria: il nu-mero crescente di dispositivi collegati alla rete comporterà una catena di nuo-ve implicazioni in termini di sicurezza.

Nelle aziende, il personale utilizzerà un numero sempre maggiore di dispositivi per lavorare e pretenderà che la propria organizzazione sia in grado di suppor-tarli. Già oggi, in parte, le aziende si trovano ad affrontare queste richieste, e riuscire a garantire il livello giusto in termini di sicurezza è un aspetto cen-trale della discussione […]. Per implementare la sicurezza idonea all’IoT è necessario un cambio di men-talità. Siamo lontani dai giorni in cui

investire in sicurezza significava sem-plicemente sostenere un costo iniziale elevato ed evidente. Ad esempio, gli at-tacchi DDoS – che puntano a rendere una macchina o una risorsa di rete non disponibile agli utenti a cui è indirizza-ta – richiedevano in passato soluzioni di mitigazione costose mentre oggi la protezione è disponibile As-a-Service.

Eugenio Libraro, regional director Italy&Malta di F5 Networks

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Usare dispositivi personali in ambito lavorativo è ormai pratica comune. Il Bring Your Own Device si è evoluto sia a livello di device sia sul fronte delle app. Difficile, ma necessario, definire i confini tra privato e aziendale, anche per tutelare la sicurezza delle informazioni.

SPECIAlE | Mobility

azIende oltre Il Byod

Il modo di utilizzare la tecnologia è cambiato e questo si riflette an-che in ambito aziendale. Adattarsi alle esigenze di un lavoro dinami-

co rappresenta il fondamento di ogni moderna organizzazione, le cui risor-se devono essere disponibili sempre, ovunque e su ogni device. “Lavorare in movimento alimenta anche il fenome-no Byod, Bring Your Own Device”, af-ferma Emilio Tonelli, senior sales en-gineer South Europe di WatchGuard Technologies. “È innegabile, infatti, la comodità per il professionista di poter utilizzare un unico dispositivo,

quello preferito, per le attività profes-sionali e personali, il tutto senza dove-re necessariamente cambiare contesti applicativi, terminali, configurazioni e personalizzazioni. La mobility, e con essa il Byod, è la priorità nell’agenda di tutti i responsabili It. In Italia le stime parlano di oltre 13 milioni di lavorato-ri, circa il 56% del totale, che svolgono la loro attività in mobilità”. Da un recente studio condotto da Idc su un migliaio tra Cio e It manager di diversi Paesi europei, Italia compresa, è emerso che il 70% delle aziende consi-dera la mobility un’alta priorità e inten-

de, entro la fine del 2015, rendere mo-bile il 40% della forza lavoro. Secondo recenti rilevazioni di Idg Enterprise, circa l’84% delle aziende abbracciando le tecnologie Byod ha registrato un in-cremento della produttività dei propri dipendenti. Dati che non stupiscono, visto che i professionisti richiedono flessibilità e vogliono avere la stessa esperienza utente il lunedì in ufficio e il sabato pomeriggio sul divano. A dirlo è Zoran Radumilo, innovation sales director di Sap Italia: “Questo fenomeno è ancora più accentuato se pensiamo alla genera-

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SPECIAlE | Mobility

zione dei Millennial, per i quali non esi-ste differenza tra il dispositivo aziendale e quello privato, tra user experience in ufficio o al bar con gli amici. Dal punto di vista dell’individuo, invece, il ‘work-life blend’, cioè la commistione tra vita lavorativa e privata, è ormai una realtà assodata: nove italiani su dieci ammet-tono di far parte di questo fenomeno e il 50% dichiara di utilizzare il pro-prio smartphone per attività lavorative, mentre il 32% ammette di usare quello aziendale per questioni personali”.Una situazione pienamente confermata dallo studio “Consumerization of the Workforce” di Intel Security, dal quale emerge che l’86% dei professionisti ita-liani porta e utilizza dispositivi persona-li al lavoro (72% lo smartphone, 32% il tablet) e il 79% ammette di usare il de-vice aziendale per uso personale (mail, operazioni bancarie, shopping online). Due intervistati su tre ritengono che il proprio lavoro si semplifichi potendo sfruttare più dispositivi connessi.

Mobile è anche indossabileLa tendenza, soprattutto al di fuori dell’I-talia, è quella di associare al Byod anche il Cyod, acronimo che sta per Choose Your Own Device, per il quale l’azien-da permette al dipendente di scegliere il dispositivo che preferisce; o, addirittura, di affiancarvi il più ampio ByoIoT, Bring Your Own Internet of Things, inclu-dendo i wearable device. È l’opinione di Francesco Tragni, senior principal con-sultant di Ca Technologies, che aggiun-ge: “Per le aziende l’importante è aiutare i dipendenti ad aumentare la produttivi-tà con un oggetto smart”. Questo trend è confermato anche dalla ricerca “Walking into Wearable Thre-ats” di Trend Micro, che ha coinvolto 800 senior It decision maker in Europa e Medio Oriente: secondo questo stu-dio, il 79% delle aziende europee sta sperimentando un aumento nel nume-ro di dipendenti che adoperano i wea-rable device sul luogo di lavoro. Il 19% ne sta già implementando l’utilizzo e un

altro 34% si dimostra interessato a far-lo. In Italia le imprese sembrano aperte alle novità, con l’81% che incoraggia l’utilizzo dei nuovi dispositivi: il 71% degli intervistati è interessato a diffon-dere l’uso degli smartwatch, in partico-lare, e il 27% pensa che nella propria azienda sia già presente un numero di dipendenti compreso tra i 50 e i 100 che utilizza i wearable device. Il 62% del campione italiano, inoltre, si aspetta un incremento significativo nel ricorso alle tecnologie indossabili nei prossimi dodici mesi.

Scatta l’ora delle appLe aziende dinamiche applicano po-litiche che prevedono Byod, Cyod e Byoa (Bring your Own Application), collaborano e condividono le risorse aziendali nel cloud, e creano postazioni di lavoro ovunque. Ma che cosa offri-re ai dipendenti su questi device, oltre alla posta che oramai è una commo-dity? Se lo chiede Francesco Tragni di

Ca Technologies: “La risposta sta nella cosiddetta ‘appizzazione’ dei consueti strumenti di lavoro”. Secondo una ricerca di Idc (“Enterprise Mobility Survey”), nel 2014 il 40% del-le aziende, fra coloro che non avevano ancora lanciato app mobili, stava valu-tando la possibilità di farlo a breve, e un altro 35% entro dodici mesi. “Questo comporta da parte dell’Ict una gestione più smart e integrata di tutti i sistemi di sicurezza interni, che non sono più legati alla logica del fortino accessibile solo via intranet”, continua Tragni, “e una definizione di policy chiare e sem-plici per l’accesso alle app aziendali da parte di tutti i device, siano essi del di-pendente o dell’azienda”.Nelle organizzazioni i cui dipendenti con conoscenze tecnologiche avanzate utilizzano già una media di due o più dispositivi per lavoro, ne saranno usati fino a cinque nel 2016. Secondo il rap-porto sui principali trend tecnologici di Gartner, “Top 10 Tech Trends 2014”,

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tale diversificazione costituisce una delle maggiori tendenze odierne, che pone nuove sfide per la sicurezza e ri-chiede soluzioni di protezione moderne e appropriate. “Un crescente numero di app su un maggiore numero di sistemi operativi e su sempre più dispositivi”, commenta Miska Repo, country ma-nager per Italia, Spagna e Portogallo di F-Secure, “rende la relativa gestione aziendale davvero cruciale”.

dipendenti distrattiL’indagine “2014 It Security Risks” di Kaspersky Lab ha analizzato input pro-venienti da migliaia di responsabili della sicurezza It di tutto il mondo: ne è emer-so che più di un terzo dei dipendenti (38%) impiega due giorni per notifica-re al proprio datore di lavoro il furto di dispositivi mobili, mentre il 9% attende addirittura dai tre ai cinque giorni. Più di un terzo (34%) degli intervistati ha indicato l’integrazione di dispositivi mobili come l’argomento di maggio-

re interesse degli ultimi dodici mesi, percentuale superiore rispetto a chi si è dimostrato più preoccupato della ge-stione degli aggiornamenti hardware o dell’implementazione della tecnologia di virtualizzazione.Questo mette i responsabili It di fronte a molteplici sfide relative alla sicurezza della forza lavoro mobile: la domanda di mobilità è in continuo aumento, ma allo stesso tempo gli utenti sono meno propensi a dotarsi di sistemi di sicurezza per smartphone e tablet. Una politica di gestione dei dispositivi mobili (Mo-bile Device Management, Mdm), in aggiunta ai software di sicurezza degli endpoint già esistenti, può essere un importante valore aggiunto.

Sicurezza, problema dell’azienda“La maggior parte degli utenti di tele-fonia mobile in genere non si occupa di gestire la sicurezza dei propri dispo-sitivi”, commenta Ferdinando Torazzi, regional director enterprise & endpoint Italy & Greece di Intel Security. “Il loro primo pensiero è comunicare e fare bu-siness. Ed è per mancanza di consape-volezza che il più delle volte sono loro stessi a esporre le aziende al rischio”.Dallo studio dell’azienda “Consumeri-zation of the Workforce” emerge che, a livello italiano, le attività svolte sul po-sto di lavoro sono personali, confiden-ziali o private per circa due terzi (64%) degli intervistati. Inoltre, più di uno tre (36%) ha ammesso di connettersi a In-ternet con il portatile aziendale tramite WiFi anche se non ha la certezza che sia sicuro. La maggior parte dei profes-sionisti (54%) è preoccupata della si-curezza dei propri dati quando si trova al lavoro, percentuale che sale al 62% quando esce dall’ufficio. Timorosi o no, si affidano al datore di lavoro: il 68% è convinto che questo stia prendendo le misure necessarie per proteggere tutti i dati importanti e il 76% pensa che sia responsabile della protezione delle informazioni personali conservate sui dispositivi aziendali.

Prevenire è meglio che curareIl Byod inizia a essere più presente nelle grandi e piccole aziende tricolori: basti pensare che più di un terzo degli ita-liani (35%) decide di comprare nuovi smartphone e tablet con l’obiettivo di utilizzarli a scopo professionale (fonte: “Studio Samsung Techonomic Index” condotto da Ipsos Mori e commissio-nato dall’European Samsung Lifestyle Research Lab). “Anche le realtà che inizialmente era-no restie all’ingresso di terminali pri-vati nei sistemi aziendali si stanno ra-pidamente evolvendo, incentivando addirittura il dipendente a sostituire telefono o tablet con uno certificato per l’uso in azienda”, afferma Martino Mombrini, B2B marketing manager di Samsung Electronics Italia. “Que-sto cambiamento ha portato notevoli vantaggi in termini di cost saving sui terminali e una crescente efficienza la-vorativa dei dipendenti. Il tutto nella misura in cui l’azienda lo accetta e lo istituzionalizza, regolando quindi le policy d’uso e i programmi autoriz-zati e non accettando il rischio di un impiego indiscriminato e non regola-mentato dei device personali in ambito lavorativo”. Gli esperti di sicurezza di Intel Secu-rity suggeriscono di sviluppare una policy che indichi il modo giusto per utilizzare i dispositivi personali sul la-voro e quelli aziendali per le attività private, assicurandosi che tale policy sia aggiornata costantemente per es-sere in linea con il mutamento delle esigenze.Questa dovrebbe definire i termini per un uso “accettabile” a casa e in azienda, chi è idoneo per il Byod e quali sono i dispositivi autorizzati, a quali siti Web o servizi cloud è consentito l’accesso per motivi di lavoro, whitelist e blac-klist di applicazioni che i dipendenti possono utilizzare, nonché le conse-guenze e le responsabilità per chi non rispetta le regole.

Maria Luisa Romiti

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Secondo i risultati della ricerca “One Poll People-Inspired Se-curity”, in Europa coloro che tendono più a sovrapporre vita

privata e lavorativa sono proprio gli ita-liani. La diffusione di device mobili di proprietà personale sul posto di lavo-ro sta quindi costringendo le organiz-zazioni a valutare sistemi di controllo e gestione dei dispositivi introdotti nell’ambiente aziendale. “Pionieri sono in particolare i mercati più esposti all’u-tilizzo della tecnologia, come il manu-fatturiero, il retail o il settore banca-rio”, spiega Marenza Altieri-Douglas, enterprise executive Italy di AirWatch, azienda di Vmware, “ma anche i settori ad alta regolamentazione come quello scolastico e sanitario, che si stanno ac-corgendo del loro ritardo”.Con la diffusione del Byod, le aziende si sono rese conto di quanto sia onero-so, complesso e spesso poco sicuro per-mettere l’utilizzo aziendale di un device

qualsiasi. “Come sempre avviene le or-ganizzazioni sono restie a fornire infor-mazioni sui problemi sperimentati e ciò accade anche nel caso delle statistiche per il Byod, che crea anche problema-tiche non trascurabili di privacy”, affer-ma Franco Prampolini, telco indust-ry leader di Ibm Italia. “È innegabile che oggi si stiano affermando i modelli Cyod (Choose Your Own Device), in cui la scelta è limitata a un insieme di dispositivi predefiniti, e Cope (Corpo-rate Owned, Personally Enabled) che prevede che l’uso personale di disposi-tivi di proprietà aziendale. Questi, se supportati anche da efficaci policy di gestione dei terminali mobili imple-mentate attraverso prodotti di Mobile Device Management, consentono uno sviluppo sicuro della mobility azien-dale, in continuità con la dimensione personale”.

Pc, portatili e tabletNelle soluzioni presenti a portafoglio di Ca Technologies è disponibile il “classico” Mdm che permette di gestire, oltre alle principali tecnologie mobili, anche desktop e laptop aziendali, tra-mite l’integrazione con Client Automa-tion (software per la gestione da remoto dei Pc). “Grazie alla tecnologia Smart Containerization è possibile utilizzare i servizi di content manager, application manager ed e-mail manager. Questi ul-

timi permettono di definire in modo dinamico e granulare le policy fino al singolo contenuto”, spiega Francesco Tragni, senior principal consultant di Ca Technologies. “Le applicazioni Ca permettono inoltre di condividere do-cumenti tra i colleghi definendo chi vi può accedere e con quali privilegi“.La proposta di AirWatch, azienda di VMware, consente di gestire in manie-ra centralizzata tutti gli asset mobile in azienda: da smartphone, tablet e laptop ai contenuti e ai dati (tramite la solu-zione AirWatch Content Locker) fino alle applicazioni, con la creazione di un AppStore personalizzato su misura del cliente, dalla posta elettronica alla navigazione Internet mobile. A dirlo è Marenza Altieri-Douglas, enterprise executive Italy della società: “AirWatch ha creato AirWatch Workspace per la gestione separata di ambiente persona-le e aziendale con un’interfaccia utente particolarmente semplice e intuitiva”.

SPECIAlE | Mobility

l’Importanza del CoNtRolloNelle aziende sta crescendo la consapevolezza di dover sviluppare strategie per migliorare la gestione di smartphone e tablet e rendere più agevole l’operatività sul campo. In questo contesto le soluzioni di Mobile Device Management ricoprono un ruolo essenziale.

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Piattaforme di sicurezzaIl Bes12 di BlackBerry permette, at-traverso una console di amministra-zione semplice e unificata, la gestio-ne avanzata e multipiattaforma (iOS, Android, Windows Phone, Samsung Knox e BlackBerry) dei device mobili, andando incontro a tutte le esigenze di controllo e utilizzo: dal Byod ai di-spositivi di proprietà dell’azienda. “Il Bes12 è integrato con l’infrastruttura globale e pluricertificata di BlackBer-ry, in modo da garantire una sicurezza end-to-end del dato aziendale senza dover ricorrere a soluzioni Vpn, oltre a consentire la tutela della privacy per i contenuti personali sul dispositivo”, commenta Alessio Banich, manager technical solutions di BlackBerry.Già da alcuni anni gli smartphone Samsung consentono di tutelare i dati grazie alla piattaforma di sicurezza mo-bile end-to-end Knox. “Garantisce la possibilità di creare due partizioni: una

dedicata alla vita lavorativa, in cui il li-vello di sicurezza è massimo e in cui si possono includere tutti gli applicativi e la posta aziendale, senza che questi vengano mai in contatto con la par-tizione personale, nella quale l’utente potrà gestire le app e i contenuti re-lativi alla propria vita privata”, precisa Martino Mombrini, B2B marketing manager di Samsung Electronics Italia. “Tutte queste caratteristiche sono poi integrabili con una soluzione Mdm proprietaria Samsung o di terze parti, quali BlackBerry, Airwatch, MobileI-ron, Sap Afaria e così via”. Microsoft propone una soluzione in-tegrata per la gestione di più livelli (identità, dispositivo, applicazioni e dati) su piattaforme e formati etero-genei, come spiega Andrea Cardillo, direttore divisione cloud & enterprise Microsoft Italia: “L’Enterprise Mobili-ty si focalizza sulla gestione dei servizi cloud e dei dispositivi mobili, nonché dei dati e delle identità dei dipendenti. La soluzione è studiata sulle esigenze delle aziende che devono operare su molteplici terminali, ottimizzando il lavoro all’interno del proprio network, grazie ai software proprietari Micro-soft Intune, Azure Active Directory e Azure Rights Management Services. I dipendenti potranno collegarsi diret-tamente con il portale dell’azienda per visualizzare le applicazioni presenti e scaricarle sui propri dispositivi”.

Applicazioni al sicuroL’offerta di prodotti Ibm MobileFirst comprende diverse soluzioni: per

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esempio Mobile Quality Assurance e AppScan per la qualità e la sicurez-za delle app, oppure Message Site e Xtify per fornire soluzioni di push notification o couponing. “Uno dei due prodotti principali è MobileFirst Platform, per gestire l’intero ciclo di vita delle mobile app“, afferma Franco Prampolini, telco industry leader di Ibm Italia. “L’altra soluzione è Mobile Protect: utile per gestire il dispositivo anche attraverso la funzionalità del Dual Per-sona, crea un contenitore dove si po-sizionano le applicazioni di business, protette con policy di sicurezza dedi-cate, mentre quelle personali possono rimanere esterne e sottosposte a pro-cedure di sicurezza che possiamo de-finire più ‘leggere’. Permette anche la gestione, in un’unica vista omogenea e integrata, di tutti gli end-point sia fissi sia mobili dell’azienda”. Sap Mobile Platform è una piattafor-ma di sviluppo che aiuta le aziende a creare e adottare rapidamente applica-zioni su misura per utenti interni ed esterni, e di scegliere fra implementa-zione on-premise o cloud. “Abbiamo appena annunciato i Sap Hana Cloud Platform mobile services”, commenta Zoran Radumilo, innovation sales di-rector di Sap Italia. “Sono pensati per guidare l’innovazione del business con semplicità, collegando persone, dispo-sitivi e reti grazie alle capacità end-to-end di Sap, che vanno dallo sviluppo all’implementazione sicura delle appli-cazioni mobile”.

Maria Luisa Romiti

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SPECIAlE | Sed ut perspiciatis

Smartphone e tablet sono al centro delle attezioni dei cybercriminali. Con l'avvento del Bring Your Own Device, questo problema riguarda sempre più le aziende, che devono rispondere alla frequente irresponsabilità dei dipendenti con strategie e soluzioni di sicurezza mirate.

SPECIAlE | Mobility

all’AttACCo del mobIle

tra le sfide che le aziende mo-derne devono affrontare, il Byod rappresenta una delle più complesse, soprattutto

dal punto di vista della sicurezza. Un pensiero comune, riassunto fra gli altri da Marco D’Elia, country manager Sophos Italia: “I responsabili It devo-no coniugare due aspetti fino a oggi considerati difficilmente conciliabili: le esigenze dei dipendenti, che sempre più spesso lavorano da remoto e utilizzano i propri device mobili personali anche per l’attività di business, e la necessità di proteggere i dati da attacchi sempre più complessi”.Condivisione degli obiettivi, formazio-ne dei dipendenti e soprattutto piani-ficazione della sicurezza: sono questi gli elementi da considerare quando si avvia un’iniziativa Byod in azienda. È questa l’opinione di Filippo Monticel-li, country manager Fortinet: “È im-

portante che la sicurezza assuma una funzione di abilitatore, garantendo una protezione a 360 gradi di tutti gli asset aziendali, senza limitarne prestazioni e funzionalità. A tal fine è necessaria un’offerta completa di soluzioni intel-ligenti. Non devono rappresentare un ostacolo, per esempio, alla diffusione dei dispositivi dei dipendenti o all’uti-lizzo sempre più crescente della nuvola come ambiente in cui archiviare dati e tramite cui offrire servizi. Devono, in-

vece, permettere alle aziende di porre in essere policy di sicurezza efficaci senza compromettere la produttività”.Un rischio su cui le imprese devono ac-quisire maggiore consapevolezza deriva dai loro stessi dipendenti, spesso poco attenti alla sicurezza dei device mobili che vengono collegati alla rete azien-dale. L’interesse che i cybercriminali rivolgono ai dati sensibili delle organiz-zazioni è sempre più alto, soprattutto se queste operano negli ambiti di teleco-

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municazioni, energia e servizi. “Kasper-sky Endpoint for Business rappresenta una soluzione ideale, offrendo una piat-taforma flessibile, dotata di funziona-lità avanzate che consentono di gestire in modo semplice ed efficace tutti i di-spositivi connessi alla rete aziendale con un impatto minimo sulle prestazioni”, afferma Morten Lehn, managing di-rector Kaspersky Lab Italia. “Inclu-de Kaspersky Security for Mobile che, oltre a garantire funzioni di sicurezza multilivello, fornisce un’ampia gamma di strumenti di mobile device manage-ment aiutando le aziende a ridurre al minimo il tempo dedicato alla gestione degli endpoint e dei dispositivi mobili”.

Gestione centralizzataTrend Micro protegge smartphone e tablet con Mobile Security, che permet-te ai responsabili It di attivare automa-ticamente le applicazioni sui dispositi-vi, controllando nel dettaglio quali app possono essere effettivamente installa-te. Come spiega Maurizio Martinoz-zi, manager sales engineering di Trend Micro, “Grazie all’integrazione con la console Trend Micro Control Manager, è anche possibile centralizzare i criteri e la gestione relativi alla sicurezza degli end-point di Trend Micro OfficeScan e delle altre nostre soluzioni”. La società propone anche una nuova soluzione, Safe Mobile WorkForce, che consente l’accesso sicuro da mobile ai dati corporate attraverso il delivery da un sistema operativo in remoto. “Il te-lefono è virtualizzato e rimane all’inter-no di un data center”, dice Martinozzi,

“mentre l’utente ha la stessa user expe-rience, senza che i dati risiedano sul di-spositivo fisico”.Panda Cloud Fusion, per il segmento enterprise, include Panda Cloud Offi-ce Protection Advanced, Systems Ma-nagement e Cloud Cleaner Monitor, fornendo in un’unica piattaforma sicu-rezza, gestione e supporto remoto per tutti i dispositivi interni o esterni alla rete, inclusi smartphone e tablet. “Pan-da Systems Management, attivabile an-che singolarmente, consente di gestire, monitorare e fornire supporto a tutti i dispositivi da una console Web”, preci-sa Alessandro Peruzzo, amministra-tore unico di Panda Security Italia. Questo sistema, spiega ancora Peruzzo, “permette di creare inventari hardware e software, di geolocalizzare, bloccare o eliminare i dati da remoto in caso di perdita o furto dei dispositivi e di bloc-care alcune funzioni, quali l’installazio-ne di giochi e applicazioni”.Freedome for Business, la soluzione di F-Secure progettata per tutelare privacy e sicurezza, è disponibile per smartphone, tablet e laptop. È una vir-tual private network mobile, in grado di proteggere dai malware e da tutte le principali minacce; tra le funzioni, abilita un accesso sempre sicuro anche su WiFi pubblico, blocca i tentativi di tracciamento e consente di accedere da posizioni virtuali dislocate in tutto il mondo. Miska Repo, country mana-ger per Italia, Spagna e Portogallo di F-Secure, spiega che Freedome è integrato in Protection Service for Business: “Si tratta della nostra soluzione di sicurezza chiavi in mano per le piccole e medie imprese. È basata su cloud e mette a di-sposizione un unico portale per gestire centralmente la sicurezza It da qualun-que dispositivo“.

la sicurezza del datoSecondo David Gubiani, technical manager Italy in Check Point Sof-tware Technologies, molte aziende si sono concentrate su strumenti di Mo-

bile Device Management che però non hanno come focus la sicurezza del dato bensì il controllo del device. “La nostra nuova soluzione, Check Point Capsu-le, permette di isolare le applicazioni private da quelle aziendali, garantendo la totale protezione dei dati sensibili. Grazie all’encryption dei singoli docu-menti non solo è possibile garantire la loro sicurezza a bordo del device, ma anche quando questi vengono spediti o trasferiti su altri mezzi di comunica-zione o storage. Ultima ma non meno importante, la possibilità di protegge-re, grazie ai data center Check Point, tutto il traffico in uscita e in entrata da qualsiasi device con le stesse funziona-lità presenti in azienda”.La soluzione di sicurezza di McAfee è completa e scalabile ed esercita prote-zione su dati e dispositivi, inclusi quel-li basati su iOs e Android. “Il software Enterprise Mobility Management”, afferma Ferdinando Torazzi, regional director enterprise & endpoint Italy & Greece di Intel Security, “è disponibile come componente principale nelle suite per la protezione degli endpoint McAfee Complete Endpoint Protection - Enter-prise e Business e in McAfee Endpoint Protection Advanced for Smb”.Pensare a proteggere i terminali non basta. È necessario concentrarsi anche sulla gestione sicura dei dati e delle in-formazioni. Così afferma Giampiero Savorelli, Pps Pc category manager di Hp Italiana. “I nostri dispositivi sono dotati di caratteristiche integrate di si-curezza, gestibilità e durevolezza che, associate alle soluzioni dei nostri in-dependent software vendor, compon-gono un ecosistema che permette alle aziende di sfruttare in modo efficace e sicuro i propri device. Hp collabora infatti con i più importanti fornitori di software indipendenti, anche nei settori dell’assistenza sanitaria e nel campo della pubblica sicurezza, inclu-si Cerner, Intergraph e Sap, oltre che con integratori di sistemi e provider di servizi”. GI

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tra app e social networkFar convivere applicazioni e dati azien-dali con la frequentazione personale dei social e con l’uso di app scaricate dai marketplace è un rompicapo per gli It e i security manager, che devono tro-vare un corretto equilibrio tra la libertà dell’utente e la sicurezza dei dispositivi. come spiega Pierpaolo Alì, regional sa-les director Mediterranean area, Enter-prise Security Product di Hp. “Hp Esp offre soluzioni avanzate per la sicurezza enterprise con un focus verso la prote-zione delle applicazioni e del dato in qualunque contesto sia usato”. La suite Hp Fortify si focalizza sullo sviluppo di app sicure fin dalla fase di progetta-zione, sulla verifica periodica del loro comportamento e sulla disponibilità di strumenti di software security testing flessibili (on demand, on premise) e in-tegrabili con l’infrastruttura di sviluppo software. “Con la Suite Atalla Ipc inve-ce”, prosegue Alì, “si porta la protezione al livello del dato, classificando automa-ticamente le informazioni e definendo

ANdRoId, Il pIÙ berSaGlIatoI rischi connessi all’utilizzo di smartphone e tablet continuano a essere sottovalutati: disinteresse e ignoranza giocano a favore dei cri-minali informatici. Secondo un’inda-gine condotta da Kaspersky lab e B2B International, il 28% degli utenti non è consapevole o cono-sce poco i malware mobile, mentre il 26% se ne rende conto ma non se ne preoccupa. Dalla ricerca è anche emerso come solo solo il 58% degli smartphone e il 63% dei tablet An-droid siano protetti da una soluzio-ne antivirus, mentre rispettivamente il 31% e il 41% non ha neanche una password impostata per la scher-mata di blocco. Sempre secondo Kaspersky Lab, le mailing di spam

che imitano quelle inviate da dispo-sitivi mobile stanno diventando sem-pre più popolari e sono stati rilevati messaggi di questo genere in molte lingue. Hanno due cose in comune: testi brevi (o assenti) e la firma “In-viato dal mio iPhone”. Generalmente contengono link che conducono ad allegati nocivi. I device menzionati in questo tipo di mail sono iPad, iPhone e Samsung Galaxy. Secondo alcuni studi di trend Mi-cro, i software nocivi sviluppati per dispositivi mobili hanno raggiunto a fine 2014 la nuova cifra record: 4,37 milioni. In soli sei mesi, rispet-to al record precedente di 2 milioni, il numero è raddoppiato, segnando un incremento del 68% dalla prima metà dello scorso anno. Le piattafor-me operative più colpite sono state Android e iOS, quest’ultima nono-

stante l’approccio di ecosistema chiuso scelto da Apple. Il rapporto “Motive Security Labs” di Alcatel-lucent, che ha preso in considerazione tutti i più diffusi si-stemi operativi mobile, ha rilevato che gli attacchi malware lo scorso anno sono cresciuti del 25%. Nel 2013 l’incremento era stato del 20%. Il volume di assalti sferrati verso i dispositivi Android ha ormai raggiunto quello degli attacchi ai laptop Windows, tradizionale ca-vallo di battaglia dei cybercrimina-li, con una ripartizione del 50% per ciascuno. Meno dell’1% delle infe-zioni coinvolge smartphone iPhone e BlackBerry, ma l’anno scorso sono emerse nuove vulnerabilità per que-ste piattaforme, a dimostrazione che questi dispositivi non sono im-muni dal rischio di infezioni.

come e dove possono essere trasmesse”.Oggi le funzionalità Mdm da sole non bastano più. A dirlo è Alessio Di Be-nedetto, senior presales manager di Symantec: “Abbiamo individuato alcu-ne aree chiave da considerare per offrire una produttività elevata senza aumen-tare la vulnerabilità, e abbiamo diversi prodotti che supportano questi pilastri, tra cui Symantec Mobile Management Suite, Mobile Security e Data Loss Pre-vention per Mobile. L’identità è il primo e più importante componente di qual-siasi strategia It, perché l’accesso ai di-

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spositivi e al cloud non è rigoroso per definizione, e per app e dati si devono prevedere controlli e protezioni appro-priati. Inoltre, i dispositivi che accedono alle risorse aziendali devono essere gesti-ti e protetti, in base alle policy dell’im-presa e alle normative di settore, da attacchi, app ingannevoli, navigazione non sicura, furto e perfino utilizzo inef-ficiente della batteria. Infine, le azien-de devono avere un controllo completo sulla distribuzione e sull’accesso ai do-cumenti su qualsiasi rete, specialmente nel cloud”. M.L.R.

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TECHNOPOLIS PER KASPERSKY LAB

SEMPLICITÀ E CONTROLLO, LA RICETTA PER IL MOBILE

Oggi nei luoghi di lavoro le minacce It acquistano quasi lo stesso peso di quelle esterne. Il vendor propone

diverse soluzioni per la gestione dei dispositivi mobili, per l’encryption e la protezione di terminali e dati.

no soprattutto le grandi aziende, con azioni che avevano lo scopo principale di distruggere i dati e rendere inutiliz-zabili i dispositivi informatici, oggi invece gli attacchi sono mirati al furto dei dati societari e alle informazioni sensi-bili. Questo avviene perché i cybercriminali hanno com-preso che impossessarsi di tali dati può essere molto più redditizio che non limitarsi a distruggerli e a mettere fuori uso i device presi di mira. La complessità delle operazioni criminali, però, non sempre va di pari passo con le risorse che le aziende sono in grado di dedicare alla sicurezza, sia in termini di budget sia di personale specializzato. Kaspersky Lab offre una soluzione in grado di andare in-contro a queste necessità, Kaspersky Endpoint Security for Business, che combina la semplicità dell’implementazione e di gestione e controllo centralizzati di tutti i dispositivi connessi alla rete aziendale con una protezione affidabile dalle minacce informatiche. Grazie al potenziamento di alcune funzionalità, come il Mobile Device Management, il System Management e l’Endpoint Encryption, gli ammi-nistratori It possono visionare, controllare e proteggere la rete aziendale in modo semplice: rilevare le vulnerabilità, fare gli inventory e configurare e rinforzare le policy di sicurezza per evitare la perdita o il furto di dati. Questa soluzione è in grado di far fronte all’incremento di dispo-sitivi mobili sul posto di lavoro, consentendo di gestire i terminali, come smartphone e tablet personali, all’interno di una rete locale aziendale. Alcune funzioni possono essere gestite direttamente dai dipendenti, semplificando il controllo e la protezione di tutti i dispositivi all’interno della rete e comportando un minor impatto sui responsabili It. Il login e la password personali per accedere al Self Service Portal permettono agli utenti di registrare il proprio dispositivo nella rete aziendale in pochi clic. Se il device viene perso o rubato, l’utente può con facilità localizzarlo, bloccarlo e/o elimina-re le informazioni sensibili. La piattaforma Kaspersky Endpoint Security for Business include tutte le funzionalità richieste per rispondere per-fettamente a esigenze di aziende di ogni dimensione, otti-mizzando il budget investito e il coinvolgimento degli ad-detti alla sicurezza. Grazie al Kaspersky Endpoint Security for Business l’amministratore It può vedere, controllare e proteggere la rete aziendale su un’unica piattaforma, tra-mite un’unica console.

I dispositivi mobili personali sono diventati parte inte-grante anche della nostra vita professionale, tanto che sempre più professionisti li utilizzano per lavoro. Le aziende devono quindi adeguarsi consentendo ai propri dipendenti di connettersi attraverso smartphone e tablet alla rete dell’organizzazione. Questa pratica porta con sé gravi rischi: se un dispositivo personale collegato alla rete aziendale venisse rubato, le informazioni della società po-trebbero finire nelle mani sbagliate, mentre se venisse in-fettato rischierebbe di contagiare l’intera infrastruttura It. Tenuto conto, quindi, dell’aumento del numero di disposi-tivi personali utilizzati per il lavoro e della crescente quan-tità di informazioni condivise, le minacce interne alla si-curezza acquistano quasi lo stesso peso di quelle esterne. Stiamo assistendo, inoltre, a un’importante evoluzione degli attacchi informatici. Se inizialmente l’obiettivo era-

Morten Lehn,Managing Director di Kaspersky Lab Italia

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The Innovation GroupInnovating business and organizations through ICT

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Perché un Program sul tema IoT

Le soluzioni di IoT si stanno diffondendo, e lo faranno sempre più in un prossimo futuro, in tutti i settori, su scala globale, diventando il nuovo punto di rottura dell’economia digitale.

IoT significa per le aziende scoprire nuove prospettive e potenzialità, dando spunti innovativi per ridisegnare i propri perimetri e gli ambiti di applicazione del proprio business.

Un programma quindi di elevato profilo che tratta le tematiche chiave e strategiche nell’ambito dell’Internet of Things e degli ecosistemi digitali.

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IoT LEADERSHIPPROGRAM2015

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35APRILE 2015 |

ECCELLENZE.IT | Istituto Clinico Humanitas

Da sempre un caso di studio per il suo modello innovativo e sostenibile, che unisce attivi-

tà clinica, ricerca e didattica, l’Istituto Clinico Humanitas ha recentemente modernizzato la propria organizzazio-ne puntando su veri e propri centri di eccellenza, che fanno capo a diverse specializzazioni mediche. Allo stesso tempo, l’Istituto ha iniziato un percorso che pone il paziente al centro dei diversi servizi erogati. Con tutta la sicurezza e la privacy del caso, infatti, ora i dati “se-guono” le persone nel percorso di cura e sono immediatamente disponibili a tutti i professionisti (medici, infermieri e personale amministrativo) che di volta in volta si rapportano al soggetto sottoposto a terapie.Tutto questo non ha solo toccato nel pro-fondo l’organizzazione It dell’ospedale, ma ha coinvolto i responsabili, a partire dal top management, nel coordinamento dei processi e delle tecnologie abilitanti.“La nuova cartella clinica elettronica”, dice Luciano Ravera, amministratore delegato di Humanitas, “porta con sé un cambiamento culturale e organiz-zativo che impatta su tutto l’ospedale e che ci permetterà non solo di offrire cure migliori, ma anche di diventare un

punto di riferimento nel panorama in-ternazionale”.Inizia così un processo di modernizza-zione che è giocoforza anche un cambio di paradigma per le architetture e per le applicazioni informatiche. “Siamo stati chiamati”, racconta Elena Sini, Cio di Humanitas, “a rendere disponibile un vero e proprio canale digitale che abili-tasse la cura multidisciplinare del pazien-te e lo sviluppo della ricerca clinica”.Così, dopo un intenso lavoro di analisi delle esigenze condotto in parte insieme agli specialisti di Lutech, system inte-grator con una forte specializzazione in ambito sanitario, Humanitas ha scelto di dotarsi delle nuove soluzioni di gestione dei dati in ambiente healthcare di Emc.“Il tema della flessibilità del sistema in-formativo era quello più cruciale”, spiega Sini, “e la scelta dell’architettura per la gestione delle informazioni era uno dei punti chiave da affrontare. Per questo ci siamo presi tutto il tempo necessario, più di tre mesi, per analizzare le nuove esigenze della nostra organizzazione e del personale e per valutare le alternative presenti sul mercato”.Healthcare Integration Platform (Hip) di Emc, integrata perfettamente con l’appli-cativo wHospital di Lutech, ha permesso

L’It dIventa fLessIbILe per supportare L’ospedaLe 3.0

Humanitas si prende cura di seimila pazienti al giorno. Ha rinnovato completamente il suo sistema informativo per seguire meglio il percorso di terapiae implementare la cartella clinica elettronica.

in soli sei mesi di gestire il 100% dei pa-zienti attraverso la nuova cartella clinica elettronica e di prepararsi a ulteriori svi-luppi sia nel supporto alle decisioni sia su nei servizi al paziente, anche da remoto. “Grazie alla flessibilità del nuovo sistema informativo”, conclude Sini, “abbiamo ottenuto una maggiore disponibilità dei dati, un più alto livello di collaborazione tra medici e infermieri, e una grande sem-plificazione nella fruizione delle informa-zioni, anche da dispositivi mobili.

LA SOLUZIONE

Il nuovo modello di organizzazione dei sistemi informativi di Humani-tas, pensato per seguire l’intero per-corso del paziente (e in futuro an-che le interazioni dello stesso con le strutture esterne all’Istituto) si basa sulla soluzione Hip di Emc, utiliz-zata come repository clinico unico per le informazioni sia cliniche sia amministrative dei clienti. Il sistema garantisce, tra l’altro, l’accesso sicuro e allo stesso tempo granulare (per un numero consi-stente di utenti) ai dati sensibili.

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36 | APRILE 2015

ECCELLENZE.IT | Sed ut perspiciatisECCELLENZE.IT | Gruppo Megadyne

Fra le colline del Canavese, l’area della provincia di Torino che circonda Ivrea, c’è un’eccellen-

za italiana conosciuta nel mondo per una competenza molto specifica: la produzione di cinghie in poliuretano e in gomma e di nastri trasportatori, destinati a una molteplicità di settori industriali. A Mathi Canavese nel 1957 è nata Megadyne, all’epoca un’azienda a conduzione familiare e nel tempo cre-sciuta fino a diventare, oggi, un gruppo composto da dieci unità produttive, 33 filiali locali dislocate in Europa, Ame-rica e Asia, e con oltre 1.600 addetti. A questa struttura corrisponde una rete che, specie dall’inizio degli anni Duemila, ha dovuto supportare servi-zi dedicati e differenziati per ogni sito. Dal 2007 il Gruppo Megadyne ha so-stenuto la propria crescita di business e geografica con investimenti tecnologici che potessero migliorare le comuni-cazioni fra le sue diverse sedi, e lo ha fatto scegliendo Interoute. Il fornitore di servizi e infrastruttura cloud, che dal quartiere generale britannico presidia tutta l’Europa, è stato selezionato per realizzare la Virtual Private Network

internazionale di Megadyne: una vera e propria ossatura su cui poggiano i si-stemi Ict del gruppo. Sono state, dun-que, razionalizzate e ottimizzate tutte le attività basate sulla comunicazione, come gli scambi di posta elettronica, le telefonate via VoIP e l’helpdesk re-moto, nonché il sistema gestionale im-piegato dall’azienda (e unico per tutte le sue sedi). Per sostenere queste ap-plicazioni Interoute ha realizzato una rete di tipo Vpn-Mpls, ovvero una rete geografica privata basata sul protocollo Mpls (Multiprotocol Label Switching), con cui è possibile non solo collegare le diverse sedi di un’organizzazione, ma anche differenziare i servizi e il loro trattamento qualitativo all’interno del network.Come spiegato dal chief information officer di Gruppo Megadyne, Claudio Malfati, “Le soluzioni e l’infrastruttura Interoute che abbiamo implementato ci hanno permesso non solo di miglio-rare in misura significativa i flussi di comunicazione all’interno del Gruppo e di abbattere i costi, ma soprattutto di beneficiare appieno di quel rapporto di fiducia, derivante da una collabora-

zione ormai pluriennale, di una grande professionalità e di un alto livello di flessibilità. Interoute è riuscita a gesti-re tutte le nostre problematiche, anche quelle più complesse, e sempre in tem-pi rapidi”.

una rete vIrtuaLe prIvata per crescere neL mondoL’azienda di Mathi Canavese, in provincia di Torino, è oggi presente in 13 Paesi con una trentina di sedi. Che comunicano via VoIp e che vengono gestite grazie alla soluzione Vpn di Interoute.

LA SOLUZIONE

Il servizio che Interoute fornisce a Megadyne è una rete Vpn-Mpls che collega le unità produttive e le sedi del cliente distribuite in tutto il mondo; all’interno di cia-scun sito, i collegamenti in fibra vanno da 10 a 100 Mbit. Negli anni questa infrastruttura si è al-largata: da sei, le sedi del gruppo sono diventate trenta, distribuite in 13 Paesi. La Vpn ha permesso di ottimizzare email e Voip, con conseguente miglioramento del servizio e riduzione dei costi. La Virtual Private Netwotk su fibra di Interoute facilita l’implemen-tazione di servizi aggiuntivi, che non necessitano quindi di un am-pliamento di banda.

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37APRILE 2015 |

ECCELLENZE.IT | Sed ut perspiciatisECCELLENZE.IT | SmartPatch

Pensare ai sistemi di monitorag-gio di opere ingegneristiche o edili, come ponti, tunnel, auto-

strade, dighe e costruzioni civili e indu-striali fa venire in mente soluzioni tec-nologiche complicate, rigide, difficili da utilizzare. Niente di più sbagliato: la proposta di Ptc, IoT ThingWorx, uti-lizza strumenti di facile consultazione, come un’interfaccia personalizzabile e mappe tridimensionali, per controllare in tempo reale lo stato di salute della struttura monitorata. Lo può testi-moniare SmartPatch, una startup che opera all’interno dell’I3P, l’incubatore del Politecnico di Torino, e che ha im-plementato la piattaforma di Internet of Things per il suo sistema “Structural Health Monitoring”. Sviluppato e bre-vettato dalla stessa SmartPatch, si tratta di una soluzione wireless a costo con-tenuto e semplice da implementare: include uno o più “sensori intelligenti” realizzati in resina epossidica, un letto-

re/trasmettitore, un gateway, un mo-dem e un servizio di storage e gestione dei dati sul cloud. La resina, fra l’altro, grazie alle sue proprietà aderenti facili-ta l’installazione del sensore, che può monitorare parametri quali la tempera-tura, l’inclinazione, la deformazione o la presenza di attività sismica.Dove finiscono i dati raccolti? Quelli di correzione e identificazione vengo-no conservati in una memoria conte-nuta nel sensore stesso, mentre quelli di monitoraggio volano nel cloud per poter essere analizzati e visualizzati da remoto. Ogni lettore è un’unità senza fili ZigBee (uno standard per le comu-nicazioni wireless alternativo al WiFi, usato soprattutto in ambito indu-striale, scientifico e medico) che invia le informazioni a un gateway locale; quest’ultimo a sua volta inoltra i dati a un server e riceve dallo stesso il co-mando di configurazione, via satellite o 3G. Il sistema è facilmente espan-

pontI, tunneL e autostrade sorvegLIatI daI sensorILa startup figlia dell’incubatore del Politecnico di Torino ha adottato IoT ThingWorx, una piattaforma software per l’Internet of Things sviluppata da Ptc. Il vantaggio acquisito? Archiviare e gestire nel cloud i dati raccolti dai sensori in resina collocati su strutture edili e ingegneristiche.

LA SOLUZIONE

IoT ThingWorx s’interfaccia di-rettamente con il protocollo Mqtt e con il database Azure Sql, usati da SmartPatch. Attraverso la piatta-forma software l’utente è libero di comporre un’interfaccia dinamica e personalizzata, usando la library resa disponibile da Smartpatch. L’integrazione di ThingWorx in Ptc Creo consente poi di ottenere una visualizzazione tridimensio-nale della struttura monitorata. È anche possibile gestire i Big Data che il sistema Structural Health Monitoring sarà in grado di rac-cogliere, nonché integrarli in qual-siasi infrastruttura It aziendale.

dibile: “Più gruppi di sensori possono essere installati e trasmettere ciascuno a un gateway, che s’interfaccia al cloud server attraverso ThingWorx”, spiega Marco Bonvino, uno dei tre fondatori della startup, accanto a Guido Maisto e Melanie Diziol.Ed è qui che entra in gioco Ptc: ThingWorx viene sfruttata sia per ar-chiviare e gestire i dati sul cloud, sia per visualizzare i risultati dell’opera di monitoraggio in una forma accurata e comprensibile. La piattaforma associa il suo servizio di storage a un’interfaccia grafica da cui si può controllare in tem-po reale lo stato di salute delle struttu-re, e poi converte i dati in modelli 3D rotanti, di facile lettura. SmartPatch ha già ricevuto, oltre al finanziamento europeo Horizon 2020 Sme, riconosci-menti come il primo premio alla Start Cup piemontese 2014 e il primo posto nella sua categoria al Premio Nazionale per l’Innovazione 2014.

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ITALIA DIGITALE |

| APRILE 2015

Il nuovo direttore generale dell’Agen-zia per l’Italia Digitale sarà scelto non oltre la fine di aprile. Incassata e probabilmente mal digerita la dipar-

tita di Alessandra Poggiani, le cui dimis-sioni sono arrivate a fine marzo e a meno di un anno dal suo insediamento, il Go-verno vuole correre subito ai ripari. La riforma digitale della Pubblica Ammini-strazione è una scommessa da vincere a ogni costo, innanzitutto per il premier Matteo Renzi (che molto si è esposto sull’argomento), e come ormai risaputo è una grande opportunità da cogliere.

Le dimissioni del direttore dell’Agid hanno gettato nuove ombre sul piano Crescita Digitale varato dell’esecutivo. Il cuore della questione rimane lo stesso da due anni a questa parte: manca una governance stabile, snella e autorevole. Il processo di cambiamento della PA rischia di rallentare ancora?

INDOVINA CHI FArà L’AGENDA. e quANDO

ITALIA DIGITALE

Per fare innovazione, per rendere più ef-ficiente la macchina amministrativa, per ridurre i costi pubblici. E anche, come subito hanno puntualizzato vari espo-nenti sindacali e dell’industria Ict, per snellire la governance.Ma sarà davvero la volta buona per acce-lerare il cambiamento? Il bando di sele-zione lanciato pochi minuti dopo l’uffi-cialità delle dimissioni della Poggiani può essere segno di responsabilità (quando si dimise Agostino Ragosa ci fu un mese di assoluto vuoto di potere) al pari del-la presenza al timone di comando della

stessa Poggiani. Secondo i bene informa-ti, il nuovo direttore dell’Agid uscirà da un ristretto elenco di nomi, tre o quattro, fra cui pare ci sia quello di Stefano Quin-tarelli, già promotore dell’emendamento che ha affidato al governo centrale il co-ordinamento delle infrastrutture e delle piattaforme informatiche della PA. Pochi nomi rispetto ai tanti che ufficialmente avranno presentato la propria candida-tura (la lista sarà pubblicata sul sito del Dipartimento della Funzione Pubblica).In attesa della nomina, che spetterà an-cora al ministro Marianna Madia, ci si

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Accompagnare imprese, cittadini e PA nel percorso di digitalizzazione del Paese. Il motto del piano Crescita Digitale approvato dal Consiglio dei Ministri è chiaro e, almeno sulla carta, chiare sono anche le risorse attraver-so cui il Governo punta ad attuarlo. La spesa prevista è di 4,6 miliardi di euro di fondi pubblici, nazionali ed europei, stanziati per il periodo 2014-2020. Di questi, poco meno di 1,9 miliardi sono in mano alle Regioni e questo è uno dei primi ostacoli per l’Agenzia per l’Italia Digitale, chiamata a realizzare sostanziali interventi su scala nazionale con fondi solo in parte nazionali.Italia Login, finanziata con 750 milioni di euro, è l’interfaccia che traghetterà

chiede giustamente se l’imprevisto cam-bio al vertice dell’Agenzia si ripercuoterà in qualche modo sui tempi di esecuzione dei due progetti strategici già messi in cantiere con la promessa di finanzia-menti miliardari alle loro spalle, e cioè il piano Ultrabroadband e il piano Crescita Digitale.

Le reazioni dell’industria digitaleAvvicinato pochi giorni prima del “ribal-tone” in seno all’Agid, il numero uno di Assinform, nonché amministratore de-legato di Cisco Italia, Agostino Santoni esprimeva a Technopolis il suo livello di confidenza per l’attuazione dei piani di cui sopra: “In una scala da uno a dieci, direi sette. Sono quindi ottimista, con-vinto che le nuove reti si faranno e che fatturazione elettronica, identità digitale e anagrafe unica siano le pietre miliari su cui poter edificare la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione”. Re-gistrato l’addio della Poggiani, lo stesso Santoni ha ribadito la necessità di spin-gere l’acceleratore sulla realizzazione dei progetti digitali, rimarcando però come l’asset per poterlo fare sia “una governan-

il cittadino nel mondo dei servizi digi-tali della Pubblica Amministrazione. Il progetto vessillo del governo Renzi ha però bisogno che tutto il sistema a monte funzioni perfettamente, dalle piattaforme ormai in dirittura d’arrivo per Anagrafe Unica e Identità Digitale, al portale Italia.it (rivisto interamente) e alla relativa app mobile. Si parla però del 2016, mentre al 2020 è fissato il termine lavori per l’opera di razionalizzazione del patrimonio Ict pubblico, per cui sono stati stanziati 950 milioni di euro. Basteranno per riorganizzare la pletora di data center che oggi alimentano la macchina pub-blica e che domani dovranno, in una logica di infrastruttura “cloud-based”,

ce stabile ed autorevole”. Come garan-tirsela?L’idea di avere un manager per la tran-sizione al digitale in ogni ministero (e Santoni cita in proposito un sub-emen-damento al Ddl di riforma della PA, già approvato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato) può essere un inizio, ma il punto di arrivo è mettere in collegamento ministeri e PA territoriali e rendere la digitalizzazione un processo sistemico, esteso a tutta la società, ven-dor tecnologici ovviamente compresi. Per questo una governance basata su una fattiva collaborazione pubblico-privato, dice il presidente di Assinform, “può essere lo strumento di accelerazione che serve con l’Agid a diventarne il cataliz-zatore”. Anche i dubbi avanzati dal presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, sono di tipo organizzativo. A suo dire serve un manager “che sappia smuovere la complessità dell’organizzazione pub-blica e abbattere gli steccati” all’interno di un necessario processo di semplifica-zione del lavoro dei comitati e dei vari tavoli tecnici. Ciò che manca veramente

all’Agenda Digitale italiana, a conti fatti, è una governance strutturata, efficiente, centralizzata. E non “da manicomio” come ebbe a definirla qualche mese fa Graziano Delrio, già sottosegretario alla Presidenza e ora Ministro delle Infra-strutture e dei Trasporti.La Poggiani, nel rimettere la propria ca-rica all’Agid e buttarsi nell’avventura po-litica in Veneto, ha tenuto a precisare che cambiare le politiche per l’innovazione è possibile (l’intervista pubblicata da Wi-red affermava l’esatto contrario) e lo di-mostrerebbero i due piani appena varati dal governo e l’aver portato a termine il progetto di fatturazione elettronica verso la Pubblica amministrazione centrale, obbligatoria dal 31 marzo. L’ex direttore parla di bicchiere mezzo pieno e ammette che molte cose resta-no ancora da fare. Se l’Agenzia va intesa come il principale motore di sviluppo dell’economia digitale del Belpaese oc-corre cambiare registro. Accelerando sensibilmente. Perché dal varo dell’A-genda a oggi sono passati ormai due anni e mezzo.

Gianni Rusconi

CreSCITA DIGITALe e ULTRABROADBAND: I PuNTI DeBOLIassicurare continuità alle diverse piat-taforme digitali? Punto interrogativo (e forse di debolezza) a cui ne seguono altri due. Il primo. I fondi stanziati per l’informatizzazione della sanità, circa 750 milioni di euro e di cui ben 600 milioni posti in capo alle Regioni, sono sufficienti? Il secondo. Dei 6,2 miliar-di di euro di fondi pubblici destinati al piano per la banda ultralarga, solo due sono già disponibili. Gli altri quattro (accessibili dal 2017) sono da sblocca-re con un nuovo accordo fra governo e Regioni. E siamo proprio sicuri che gli operatori privati metteranno sul tavolo da qui al 2020 fra i due e i quattro mi-liardi di euro per completare la cabla-tura del territorio a 100 Megabit?

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40 | APRILE 2015

La rivoluzione degli Open Data, uno dei pilastri su cui si basa la digitalizzazione della macchina amministrativa all’insegna della

trasparenza e della condivisione delle informazioni, è iniziata. Con qualche lacuna di troppo, forse, ma è iniziata. Partiamo dai numeri. I file “aperti” pubblicati online dagli enti pubblici su scala nazionale e locale e censiti dal portale Dati.gov.it, gestito direttamente dall’Agenzia per l’Italia digitale (pri-ma era nelle mani del Formez), sono al momento oltre 14mila. Di questi, poco meno della metà (più di 6.600) li han-no resi disponibili Comuni e Province, circa 4.800 Regioni e Province autono-me, 2.100 gli enti nazionali come Istat e Inps; i rimanenti provengono da altri soggetti pubblici di varia natura, uni-versità comprese. L’analisi di questi nu-meri porta innanzitutto a una valuta-zione quantitativa dei soggetti deputati a portare avanti il progetto Open Data. La Provincia autonoma di Trento si può fregiare in tal senso del titolo di ente pubblico con il maggior numero di documenti (poco meno di 1.500 al mo-mento in cui scriviamo) rilasciati sulla piattaforma online Dati.trentino.it, in cui fanno capolino l’elenco delle aree WiFi come le informazioni rilevate dal-le stazioni meteorologiche in esercizio sul territorio e le attivazioni delle tesse-re sanitarie. A livello di Regioni, quelle più trasparenti sono la Lombardia (ol-tre 820 dataset), la Sardegna (560) e il Piemonte (480). Tra i Comuni, invece,

Sono online e accessibili oltre 14mila documenti della Pubblica Amministrazione. Non mancano enti e Comuni virtuosi, ma sulle spese dello Stato restano alcuni veli.

OpEN DATA mA NON TrOPPO

quello più “aperto” di tutti è Albano Laziale, cittadina di 40mila abitanti dell’entroterra romano che ha pubbli-cato online in un anno poco meno di 1.100 dataset (numero ben superiore a quelli di Firenze e Bologna), dall’elenco delle famiglie residenti ai risultati elet-torali fino a una mappatura dettagliata dei servizi per i disoccupati. Nella corsa a chi è più “open” fra le am-ministrazioni pubbliche centrali, il te-sta a testa vede protagoniste Istat e Inps, accreditate rispettivamente di circa 690 e 640 documenti accessibili e consulta-bili online. Un terzo sono quelli resi di-sponibili dal Cnr (240) mentre Came-

Dalla mobilità urbana all’e-procu-rement: sono tre i progetti avviati da E-globalservice per migliorare attività e processi delle pubbliche amministrazioni aderenti al Cev (Consorzio energia veneto), di cui la società veronese, speciali-sta nel campo dei servizi forniti in outsourcing, è capofila. Il primo progetto, Comuni-chia-mo, è un servizio che aiuta i citta-dini a interagire in maniera più effi-cace con i Comuni, grazie all’invio via Web, via app mobile o tramite canali tradizionali (mail, telefono e sportello) di segnalazioni che ven-gono automaticamente registrate

LA PA VIrTuOSA CreSCe CON Le sTARTUpe comunicate ai dipendenti della PA. OpenMove, invece, è una piat-taforma aperta per la gestione del mobile ticketing, gratuita sia per gli utenti che per le amministrazio-ni. Offre servizi in real time, geolo-calizzati e profilati, semplificando l’accesso ai mezzi di trasporto e fornendo in un’unica app la possi-bilità di acquistare diverse tipolo-gie di biglietto. Koinè, infine, è  un sistema che consentirà agli enti pubblici di rac-cogliere dati relativi alla previsione futura dei fabbisogni e di gestire gli acquisti secondo i parametri della spending review.

ITALIA DIGITALE | Pubblica Amministrazione

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PrOVe DI CAMBIAMENTO NeLLA NuVOLAIl nome dell’iniziativa, #RestartPA, è di per sé esemplificativo di qua-li siano i fini di questo progetto promosso da Microsoft Italia. Rendere più efficace il processo di innovazione e digitalizzazione del settore pubblico è un imperativo sedimentato (perché spesso tra-scurato) ma gli esempi virtuosi cui fare riferimento non mancano. Per esempio quello dell’Universi-tà degli studi di Roma Tor Ver-gata, che ha intrapreso nel 2013 l’aggiornamento del sistema di comunicazione verso l’esterno ab-bracciando il cloud (il servizio Lync Online integrato in Office 365) per gestire i colloqui con candidati fuo-ri città, le interazioni con gli atenei internazionali e le lezioni a distan-za. Senza spostarsi dalla Capitale, un’altra testimonianza eccellente di trasformazione dal basso della macchina pubblica arriva dal Co-mune di Roma che ha già attivato

in ambito unified communication & collaboration alcune centinaia di utenti. Lo scopo è sempre lo stes-so: ridurre la spesa It e al contem-po garantire la massima resa delle risorse informatiche esistenti. Propositi che hanno ispirato an-che gli interventi in chiave digita-le operati dal Comune di parma nell’ambito di un’altra iniziativa che vede protagonista Microsoft, vale a dire CityNext. Il ricorso alla nuvola informatica (la piattaforma online di SharePoint) ha permesso di ottimizzare l’accesso agli stru-menti di condivisione documen-tale e di rendere più efficiente e veloce la gestione dei documenti (atti, notifiche, calendari) inerenti le attività del Consiglio Comuna-le. Azzerando di fatto i costi legati agli spostamenti dei messi comu-nali e dimezzando le dispersioni di tempo legate alle ricerche manuali dei documenti.

ra dei deputati, Senato e Inail vengono dietro. Mettendo nel mirino il mondo dell'istruzione, ecco che a primeggiare davanti a tutti è l’Università di Pisa con i suoi oltre 110 dataset (raccolti nel portale che gestisce i dati archeologici dell’area urbana), precedendo quella di Roma Tor Vergata e quella di Messina.Detto che alla rivoluzione open con-corrono realtà pubbliche fa loro mol-to eterogenee, dall’Autorità di Baci-no dell’Arno (con i suoi oltre 170 file relativi ai rilievi topografici del bacino idrografico e alle statistiche su frane e alluvioni) alla Fondazione dei Musei di Torino (che fa luce sui prestiti, i re-stauri e i dati di affluenza di pubblico), è interessante rilevare come la maggio-ranza dei documenti censiti da Dati.gov.it e resi fruibili a cittadini e imprese siano legati alla popolazione e ai feno-

meni ambientali. Informazioni che pro-vengono, per esempio, da banche dati territoriali, cartografie locali, oppure da statistiche demografiche. Anche agricoltura e turismo, con le mappe regionali delle strutture ricet-tive alberghiere ed extra-alberghierem sono tra i settori più sensibili all’opera-zione trasparenza mentre salute, lavoro, trasporti e viabilità sono al momento ambiti per cui il processo di liberaliz-zazione sta procedendo più lentamente. Non mancano però i casi di eccellenza come quello del Comune di Firenze, che vanta un archivio sempre aggiorna-to con l'elenco delle aree pedonali divi-se per tipologia.Il vero problema irrisolto degli Open Data, però, è l’accessibilità ai conti pub-blici. Spese, bilanci e statistiche sull’at-tività delle amministrazioni non sono

in cima alla lista delle voci del proget-to open data. Lo dovrebbero diventare in modo sistemico e strutturato con il portale soldipubblici.it, il cui obiettivo è proprio quello di rendere i dati più fa-cilmente consultabili, anche per quanto riguarda le amministrazioni centrali e i ministeri. Capire l’effettiva dinamica delle usci-te fra voci di spesa e beneficiari non è semplicissimo, ma almeno un passo in avanti è stato fatto. Anche se le oltre 50mila banche dati (fra anagrafi, inven-tari, informazioni su personale e stipen-di, bilanci, statistiche ed elenchi di ogni ordine e grado) dai 9.400 enti pubblici italiani, utilizzando ben 270 differenti applicativi informatici, non sono forse un buon viatico per la massima traspa-renza della macchina statale.

Piero Aprile

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N on è stato facile passare dai tagli drastici alla rico-struzione di un ambiente che permettesse di liberare

energie positive; ma Alcatel-Lucent, con la nuova sede italiana all’interno dell’Energy Park di Vimercate, sembra essere riuscita nell’intento. I cinque padiglioni coprono un’area di 33mila metri quadri e possono ospitare 1.700 dipendenti, di cui una parte significati-va impegnata in attività di ricerca.Guglielmo Marconi e Antonio Meucci sono i nomi dei due edifici dedicati allo sviluppo, a livello mondiale, di nuove tecnologie e soluzioni trasmissive sia in ambito ottico sia atraverso ponti radio. I due laboratori di ricerca e il centro di

eccellenza e di assistenza tecnica (che opera a livello mondiale 24 ore su 24) sono anch’essi stati progettati, come tutta la nuova sede, con criteri di soste-nibilità e di convivenza ottimale tra uo-mini e macchine. L’eccellenza viene perseguita anche at-traverso l’utilizzo di processi lavorativi agili, trasparenti e partecipativi. Illu-minante, in questo senso, l’esperienza del gruppo di ricerca sulle Wireless Trasmission, guidato dalla giovanissi-ma Morena Ferrario che, in un ambito hi-tech, condivide i progressi e le diffi-coltà dei vari progetti utilizzando una parete di post-it colorati continuamente aggiornata “a mano” dai ricercatori (in prevalenza italiani.

la ricerca ecosostenibileLa nuova sede di Alcatel-Lucent a Vimercate è stata progettata pensando al benessere dei dipendenti e al rispetto per l'ambiente. Ospita due laboratori di eccellenza e un centro mondiale per l'assistenza tecnica.

OBBieTTiVO SU | alcatel-lucent

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gLi spAzi cOmuni cOmprendOnO un AuditOrium dA 150 pOsti, un teAtrO cOn 60 pOLtrOne e un'AreA demO.

A sinistra, le ampie aree comuni: la hall e la caffetteria della nuova sede. Qui sotto, uno dei palazzi che compongono il nuovo complesso di Vimercate di proprietà di segro, tra le più importanti società nello sviluppo e investimento immobiliare in europa. La progettazione degli interni della sede Alcatel-Lucent è stata affidata a degw, appartenente al gruppo Lombardini22.

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OBBieTTiVO SU | alcatel-lucent

i LAbOrAtOri di ricercA e sViLuppO deLLA sede di VimercAte riempiOnO circA 7miLA dei 33miLA metri QuAdrAti deL cOmpLessO. si OccupAnO, A LiVeLLO mOndiALe, di trAsmissiOni wireLess e di tecnOLOgie Ottiche.

BaNda Sempre più largaseguendo un percorso evolutivo coerente e costante, Alcatel-Lucent ha sperimentato e poi introdotto in questi ultimi anni tecnologie trasmissive su fibra ottica sempre più sofisticate, passando dai 100 gigabit al secondo ai 400 gbps delle soluzioni di punta attuali.

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in queste pagine, alcuni scorci dei due laboratori Alcatel-Lucent di Vimercate, quello dedicato alla ricerca sui ponti radio a microonde e quello sulle tecnologie trasmissive ottiche ad alta capacità. il primo, ad esempio, ha consentito di portare sul mercato soluzioni innovative per collegare piccole e grandi celle telefoniche alle dorsali cittadine, ma ha anche permesso di costruire reti wireless in luoghi difficilmente "cablabili", come catene montuose o zone desertiche.

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Le proiezioni per il 2015 relati-ve alle vendite di smartphone su scala globale si riassumono in due cifre: 1,94 miliardi (il

volume di spedito previsto) e 3,5% (la percentuale di crescita rispetto al con-solidato 2014). Parliamo quindi di un settore dai numeri astronomici ma che, e non è una novità degli ultimi giorni, non ha oggi i margini di sviluppo del recentissimo passato. L’assunto emerge dall’ultimo report rilasciato da Gart-ner, che evidenzia una chiave di lettu-ra importante dei dati di cui sopra: gli utenti nel 2015 continueranno a dare priorità di spesa ai telefonini rispetto ai Pc e ai tablet. Lo scenario che oggi con-traddistingue gli smartphone, però, sta lentamente mutando e sta valorizzan-

Nel 2015 si venderanno circa due miliardi di telefonini intelligenti, con una crescita ridotta a pochi punti percentuali. La saturazione del mercato è vicina e la lotta si sposta al centro, grazie a migliori prestazioni e a prezzi più bassi.

SmARTpHoNE, il trionfo della fascia media

do i prodotti di fascia medio bassa, in attesa di una saturazione di domanda che colpirà irrimediabilmente alcuni mercati maturi. In prospettiva, il prez-zo medio dei device intelligenti calerà leggermente, soprattutto per effetto degli interventi di forbice sui modelli premium, in parallelo all’aumentare delle funzionalità disponibili a bordo dei terminali, specie di quelli di fascia media. Il venduto globale conoscerà in-crementi ancora più contenuti, per ar-rivare a 2,02 miliardi nel 2016 e a 2,06 miliardi nel 2017.Uno scenario in evoluzione che si spec-chia anche nelle abitudini dei consu-matori, ben riassunte in una ricerca di Gsma Intelligence. L’incremento del numero di modelli con prezzi sotto i

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100 dollari è la principale causa della migrazione degli acquisti dagli apparec-chi con capacità limitate (i cosiddetti “basic & feature phone”, buoni per te-lefonare, inviare messaggi e poco più) a quelli più sofisticati, con cui poter na-vigare in Rete e utilizzare applicazioni. Lo smartphone diventerà dunque un dispositivo realmente ubiquo, lo stru-mento per eccellenza per entrare nel mondo digitale. E questo grazie alla convergenza di più fattori, fra cui le politiche commerciali dei grandi retai-ler; già oggi l’84% del catalogo cellula-ri della catena statunitense Best Buy è fatto da smartphone, e metà di questi modelli sono oggi offerti a meno di 200 dollari. All’ultimo Mobile World Congress di Barcellona, non a caso, si è assistito alla celebrazione dello smartphone che costa (relativamente) poco, fra i 100 e i 300 euro al massimo, e che offre prestazioni di buon livello. Sony (Aqua), Lg (Ma-gna, Spirit e Joy) e Microsoft (Lumia, 640 e 640 XL) hanno presentato solo modelli di questa forbice di prezzo esal-

tandone caratteristiche funzionali ed estetiche fino ieri prerogativa dei pro-dotti più costosi, alzando decisamente la qualità di display e fotocamere, adot-tando i chip multi-core e cavalcando la velocità delle reti 4G Lte. Huawei non ha messo in vetrina nuovi smartphone ma rivendica il fatto di aver creduto da subito alla valenza dei terminali “mid range” ed è convinta che il processo di ottimizzazione verso l’alto di materiali, design, prestazioni e servizi di questi prodotti sia tutt’altro che terminato. Con prezzi che andranno ulteriormente a diminuire nei prossimi anni.

Chi sale e chi scende fra i vendorLa tendenza che vede concentrarsi la lotta nella fascia media è conferma-ta anche da Carolina Milanesi, chief of research and head of Us business di Kantar Worldpanel Comtech: “La fascia medio-bassa del mercato smartphone”, ha spiegato l’analista a Technopolis, “ha visto una crescita con-siderevole negli ultimi anni non solo in volumi ma anche in qualità. La for-

za e la bellezza di Android è quella di permettere a vendor più piccoli e con meno possibilità di sviluppo e marke-ting di entrare nel mercato. Gli esempi di maggior successo sono Xiaomi, Mi-cromax, Konka, Oppo. Se ci spostiamo

mICRoSoFTLUmIA 640Disponibile anche in versione XL (con display da 5,7 pollici) e pronto per operare con Windows 10, si presen-ta come il compromesso ideale per gli utenti meno esigenti: schermo da 5 pollici, fotocamera da 8 megapixel, supporto dual Sim. La versione 3G co-sta 139 euro, quella 4G Lte159 euro.

LGmAGNACon Spirit, Leon e Joy costituisce la nuova offerta di fascia media della casa coreana e fa proprie funziona-lità finora viste nei top di gamma. Le sue doti: display Full Hd leggermente curvo da 5 pollici, fotocamera da 8 megapixel, processore quad-core e connettività 4G. Costa 199 euro.

HTCoNE m9 L’ultimo nato della casa taiwanese rilancia la sfida fra i top di gamma con un display da 5 pollici Full Hd e una fotocamera da 20 megapixel per girare filmati in risoluzione 4K. Il plus è l’interfaccia Sense 7, costruita su Android 5.0 Lollipop. Corpo e profili in metallo, costa 749 euro a listino.

EVoLUZIoNEloW cost

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mozilla può essere a pieno titolo considerato il pioniere dei telefonini a basso costo: nel 2014 il consorzio open source presentò Al Mobile World Congress un apparecchio Firefox Os da 25 dollari, mentre quest’anno ha battezzato a Barcellona a braccetto di Orange un pacchetto da meno di 40 dollari (Klif, destinato ai mercati di Africa e Middle East) comprendente un terminale dual-Sim Alcatel One Touch e un bundle di traffico dati e voce. Li Gong, il Presidente di Mozilla, ha spiegato a Technopolis che l’asticella di prezzo per i device “low cost” scenderà ulteriormente nei prossimi anni all’aumentare

della competizione fra i vendor. Nel caso di Mozilla, la possibilità di abbassare i costi dei device si materalizza grazie all’assiduo lavoro di ottimizzazione della piattaforma software, oggi presente su una quindicina di smartphone e in predicato di crescere ulteriormente da qui al 2016 grazie ai nuovi accordi stretti con le varie Kddi, LG U+, Telefónica e Verizon Wireless. Il tutto rispetto a una ben precisa filosofia: “Firefox Os dimostra chiaramente come sia possibile innovare a qualsiasi livello di prezzo”, ha affermato Li Gong. “La definizione di telefono entry level è in continua evoluzione e il

WIKoHIGHWAY STAR 4GIl prezzo, fissato a 299 euro, è sicura-mente fra le sue doti migliori. Fra le altre spiccano il supporto dual Sim con connettività Lte, la monoscocca in alluminio e lo spessore di 6,6 milli-metri. Lo schermo Hd con tecnologia Amoled misura 5 pollici, la fotocamera principale è da 13 megapixel. 

SAmSUNGGALAXY S6 Il nuovo top di gamma, come il gemel-lo Edge dalla doppia curvatura, punta su materiali, design e prestazioni. Sot-tilissimo e leggerissimo, soli 6.8 mm di spessore per 138 grammi di peso, ha dalla sua il primo chip mobile al mon-do a 64 bit con tecnologia a 14 nano-metri. Si parte da 739 euro.

SoNYXpERIA m4 AQUAMateriali di pregio come vetro e me-tallo, funzionalità fotografiche di ele-vato livello per la camera digitale da 13 megapixel, la potenza di elabora-zione dei chip octa-core Snapdragon a 64-bit e la chicca dell’impermeabili-tà. Il tutto a 299 euro. Uno dei più in-teressanti device Android mid-range.

su nomi più conosciuti in Europa si possono citare Huawei, Motorola con il Moto, Zte e Wiko”. Vendor che rappre-sentano un’alternativa di acquisto per il consumatore e che, dice ancora Mila-nesi “mettono molta pressione ai big di

concetto di caratteristiche a cui non rinunciare e di cui invece possiamo fare a meno diventa sempre più relativo, e questo anche a causa dell’entrata in campo della nuova generazione di dispositivi smart indossabili”. Uno smartphone – questa l’essenza dell’offerta Mozilla – non deve necessariamente dotarsi di schermi extra large e di funzioni che spesso restano inutilizzate: la cosa importante, come ricorda Li Gong, “è dare all’utente una valida scelta in termini di form factor e una soluzione che bilanci la semplicità di un telefono basic con le capacità avanzate di un telefono intelligente”. E che, soprattutto, costi poco.

questo mercato, costretti a sacrificare i margini”. Gli acquisti nella fascia alta sono legati sostanzialmente a Samsung ed Apple, mentre aziende come Sony, Lg e Microsoft (ancora incapace di imporre Windows come alternativa ad

Android) si spostano sempre più verso la fascia media. Territorio che diventerà molto competitivo, per quanto feno-meni come Xiaomi difficilmente tro-veranno spazio in Europa e Stati Uniti.

Gianni Rusconi

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Fa parte della nuova generazione di dispositivi multifunzione (stampan-te, copiatrice, scanner, fax) flessibili e facili da gestire. Il nuovo Brother Mfc-L9550 Cdw si caratterizza per l’estrema semplicità di installazione e configurazione.Una volta assolte le relativamente la-boriose operazioni di installazione (il dispositivo è protetto, per evitare dan-ni durante il trasporto, da un buon numero di parti rimovibili e sigilli adesivi) e collegata alla rete aziendale (sia via cavo Ethernet sia via WiFi), la periferica riconosce automaticamente l’infrastruttura ed è pronta a operare dopo pochissimi passaggi.Il software fornito in dotazione com-prende un semplice ma completo programma di gestione, che permette a tutti gli utenti di sfruttare appieno le capacità di stampa, scansione e fax, oltre che di monitorare lo stato del

dispositivo. Per essere operativi, però, bastano veramente pochi secondi e il giusto driver, oppure, se si deside-ra stampare da dispositivi mobili, le giuste app (AirPrint e Google Cloud Print). La capacità con il vassoio aggiuntivo (consigliato, visto il posizionamento della stampante) è di 800 fogli, che scendono però a 300 con la configu-razione standard, un po’ pochi per gruppi di lavoro di medie e grandi di-mensioni.Provato sul campo, Brother Mfc-L9550 Cdw si è dimostrato potente e flessibile. La qualità di stampa è più che sufficiente per la maggior parte dei lavori di ufficio e l’adattabilità ad am-bienti operativi diversi (personal com-puter Windows, Apple iMac e disposi-tivi mobili come smartphone e tablet) è uno dei suoi punti di forza. Anche le capacità di gestione delle funzioni di

LE CARATTERISTICHEA CoLpo D’oCCHIo

Funzioni: stampa, copia, scanner, faxTecnologia: laser a colori A4 Velocità: 30 pagine al minutoRisoluzione: 2.400x600 dpiDisplay: touchscreen da 4,85 polliciConnettività: Usb, Ethernet, WiFiCaratteristiche: fronte-retro automatico, supporto AirPrint, NfcConsumo: (stampa standard): 565 WRumorosità: (stampa standard): 56 dBDimensioni: 410 x 503 x 492 mmPeso: 31 kg

pREZZo: 1.265 EURo (pIù IVA)

copia, fax e scanner sono apprezzabili, grazie al comodo e grande (ma miglio-rabile in termini qualitativi) display touch e al fronte/retro automatico.I consumi sono sembrati nella norma; nel corso della prova non siamo riu-sciti a esaurire il toner, anche perché le cartucce fornite in dotazione sono ad alta capacità, con un’autonomia di-chiarata di ben 6.000 copie.In sostanza, il multifunzione Brother Mfc-L9550 Cdw, soprattutto se cor-redato dal cassetto aggiuntivo da 500 fogli, è sembrato un’ottima alternati-va per gruppi di lavoro di medie di-mensioni e piccole aziende, che non hanno la possibilità di dedicare tempo e risorse alla gestione delle periferiche ma che hanno bisogno di velocità e flessibilità.

pregi•Faciledaconfigurareegestire•Fronte/retroeWiFiintegrati•Stampadirettadadispositivi mobili

Difetti•Unpo’rumoroso•Displaymigliorabile

BROTHERMFC L9550 CDW

Caratterizzato daun buon rapporto prezzo/prestazioni,Brother Mfc-L9550 Cdw è pensato per i gruppi di lavoro di medie dimensioni con elevati volumi di stampa. Ottime le capacità di connessione, discreta la velocità, leggermente elevata la rumorosità.

il mULTIFUNZIoNE amico degli uffici

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