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Anno VI — N° 135. ESCE OGNI SABATO Ginevra, 12 Agosto 1905. IL RISl/EGIiIO SOCIALISTA-ANARCHICO SVIZZERA ED ITALIA ABBONAMENTO ANNUO : Fr. 3.— SEMESTRALE: Fr. 1.50 Un numero separato : Cent. 5 Indirizzare lettere e comunicazioni: R U E IDES SAVOISES, G GINEVRA (SVIZZERA) ALTRI PAESI DELL'UNIONE POSTALE ABBONAMENTO ANNUO : Fr. 5.— SEMESTRALE : Fr. 2.50 Un numero separato : Cent. 1 O Il prossimo numero uscirà SÀBATO 13 AGOSTO PER LE OTTO ORE Ecco una nuova rubrica, che figurerà d'ora innanzi nelle nostre colonne. Gli uni ci accu- seranno d'incoerenza, perchè reclamiamo una riforma ; gli altri ci derideranno, perchè siamo un'infima minoranza e la nostra propaganda non sembra avere pel momento alcuna speran za di successo. La risposta da darsi tanto ai primi quanto ai secondi è facile. Se è incoerenza per un anarchico il chiedere le otto ore e non il comunismo integrale, è al- tresì incoerenza l'agitarsi per la liberazione delle vittime politiche, invece che per la sop- pressione delle prigioni. Ed altrettanto-si può dire d'ogni qualsiasi scopo immediato dato alla nostra propaganda. Noi ci troviamo di fronte ad una folla enorme e indifferente, e senza mai tralasciare dal dire tutto il nostro pensiero e tutto quanto sappiamo essere la ve- rità, dobbiamo sempre cercare di creare nuove agitazioni, di suscitare nuovi motivi di conflit- to, di spingere il popolo alla lotta cqntro pa- droni e governanti. Da molto tempo abbiamo potuto constatare che in tempi ordinari di calma, la propaganda dà ben pochi frutti, e che ogni tentativo fatto per sollevare il popolo in nomi d'altri ideali non riesce. La nostra tattica non va quindi mutata, per- chè fu sempre la stessa, ma precisata in questo senso: »< Bisogna anzitutto provocare, fosse pure per rivendicazioni d'un'importanza se- condaria, l'azione diretta del popolo, e iniziala questa, profittando dell'entusiasmo o della collera del momento, tentare con mezzi ade- quati di cambiare una manifestazione in sol- levamento, una rivolta in rivoluzione. » La nostra propaganda riformistica riduce quindi al voler creare un ambiente e uno stato d'ani- mo rivoluzionari. In quanto a coloro che ci scherniscono, pre vedendo fin d'ora che la nostra propaganda si ridurrà a dei vani esercizi di rettorica verbale o scritta, rispondiamo che l'esperienza sta già a dimostrare che quantunque pochissimi a preconizzare e propagare l'idea dello sciopero generale, questa si è realizzata varie volle per quanto imperfettamente. I fatti ci hanno dato ragione pel passato e, anzi il torto che abbia- mo sopratutto avuto sino ad oggi, fu sempre quello di non prevedere tanto prossimi i mo- vimenti popolari e di non averne quindi sapu- to approfittare, perchè ne fummo sorpresi. Così, domani un piccolo sciopero parziale può provocare una serrata padronale e questa a sua volta determinare lo scoppio d'uno scio pero generale. A meno di pretendere di guidare interamen- te il corso degli avvenimenti, è certo che vi sono delle circostanze che a noi sfuggono e possono maturare falli d'un'enorme impor- tanze).Chi avesse consigliato due anni fa agli operai russi di scioperare per le otto ore, sa- rebbe parso ridicolo e probabilmente nessuno l'avrebbe ascoltato ; mentre oggi è più che ridicolo, odioso, il voler limitare le loro pre- tese alla giornata di otto ore. Certo, fintanto che dura la calma, ogni più piccola rivendica- zione è di difficile attuazione,ed è precisamente per questo che noi detestiamo profondamente i predicatori di calma, coloro che ne fanno la prima condizione di successo, mentre questo non può derivare che dall'enlusiasmo, dal foco, dall'ira popolare. Bisogna venire alle prese con capitalisti e governanti per risve- gliare le energie popolari, eia propaganda mi- gliore non è già quella pacifica, educata,civile, Calma, legale, serena, ecc., ma la propaganda col fallo, capace sola di scuotere anche i più indifferenti. Prendiamo un esempio pratico. Noi convo- chiamo i lavoratori per una conferenza, per una fesla, per una manifestazione,per formare un sindacalo d'un dato mestiere o per qual- siasi altro scopo di propaganda : solo una mi noranza, alle volte inlima, risponde al nostro appello. Lo sforzo chiesto è minimo, il sacri- ficio in denaro alle volte nullo, eppure la gran massa degli sfruttali non viene. Noi procla- miamo invece uno sciopero, e per quanto nu- merosi siano i krumiri, siamo però sempre certi d'avere con noi la maggioranza degli operai della corporazione. L'assistere a una conferenza domanda un paio d'ore di tempo, la quota d'un sindacato varia da oO centesimi a un franco al mese, e noi non possiamo olle- nere né una cosa, né l'altra da coloro che poi si mostrano disposti a sacrificare delle setti mane inteie e un centinaio e più di franchi in uno sciopero. Non bisogna per la mania sciocca di voler far trionfare ad ogni costo il proprio punto di vista,assistere continuamente allo svolgimento dei fatti senza tenerne conto. Certo, se prima d'agire si potesse già aver ottenuto da alquan- to tempo un accordo se non di tutti almeno di molti lavoratori, il nostro compito sarebbe agevolato, ma l'esperienza d'ogni giorno c'in- segna che non diventiamo maggioranza che dopo aver iniziata la nostra azione. Organizzare la maggioranza dei lavoratori rivoluzionaria- mente non si potrà mai farlo, e se non si tratta che d'organizzarli come il milione e più d'o- perai in Germania, per far niente, o semplice- mente in vista d' una mutualità non destinata ad altro che ad agevolare il funzionamento del sistema borghese, noi rifiutiamo senz'altro il nostro concorso ad un'opera d'inganno. L'Avvenire, polemizzando coi sindacalisti, scriveva queste parole: « Perchè dileggieremo noi i politicanti che sempre promettono senza mai mantenere, quando nel fatto anche noi facciamo delle promesse che già a priori sap- piamo irrealizzabili?» Noi non sappiamo come i redattori dell'jf»- venire facciano la propaganda per l'organizza- zione e non ci stupiremmo che la facciano con gli identici metodi della propaganda elettora le, a base di promesse, ma per conto nostro non abbiamo mai promesso niente, anzi ab- biamo sempre ripetuto : « Lavoratori, non crediate che per il fatto d'essere organizzati e di pagare una quota mensile voi avete fatto il vostro dovere. Un Sindacato non conta per il numero dei suoi membri aderenti, ma per quello dei suoi mem- bri agenti. Non bisogna supporre che un comi- tato, per quanto ben scelto, potrà fare lutto quello che voi soli potelé fare. Dopo aver ere duto alla protezione dei santi del paradiso, a quella dei politicanti del Parlamento, non ponete la vostra fede nell'opera dei segretari operai. Gabriele Séailles, uno scrittore fran- cese, ha delto benissimo che la superstizione non è altro che la credenza in una forza, all'in- fuori della nostra propria forza, agente per noi. E voi sarete sempre superstiziosi infino a tanto che crederete di poter essere salvati da altri che da voi slessi. Non otterrete che quanto saprete conquistare direttamente. L'organiz zazione non deve diminuire in nulla i singoli sforzi individuali, ma solo coordinarli in modo da dar loro quell'efficacia che isolati non pò trebberò avere. Noi ci sentiamo tanto più in- coraggiati a compiere un alto quanto più grande è il numero di coloro' che sappiamo pronti a compierlo con noi. » E così via. Non siamo noi di certo che invi landò gli operai a formare delle organizzazio ni, abbiamo cominciato col dir loro che esse diminuirebbero il numero degli scioperi, che la lotta diventerebbe meno aspra, che gli sforzi necessari sarebbero meno importanti, ecc., ecc. I sindacalisti anarchici hanno quindi il diritlo di non essere confusi coi promettitori di cui parla l'Avvenire. campo degli studi giuridici e sociali, dove in- tendono al rinnovamento del pensiero scienti- fico ; come nel campo del lavoro legislativo e dell'attività politica ed economica, dove inten- dono al rinnovamento (quanti rinnovamenti !) della vita sociale e degli istituti di dritto che vi presiedono, dopo ottenuto il riconoscimento e la' proclamazione del diritto di sciopero, debbono combattere ed ottenere il riconosci- mento e la proclamazione del delitto della serrata. » E fin qui il giornale di Roma. * Bisogna dire avanti tutto che questi sociali- sti devono classificarsi assolutamente nella ca- tegoria « incurabili ». Quante cose non hanno aspettato che fossero ottenute in tutti quei campi di rinnovamento di cui sopra, da quei tali rappresentanti del proletariato, che alla prova non rappresentano proprio nulla. E' vero che cominciano ad ammettere che il socialismo non si instaurerà con un colpo di maggioranza parlamentare, ma restano nondi- meno convinti, che, nonostante tutto e contro tutti, il parlamentarismo servirà sempre a compiere opera utile, almeno di difesa prole- taria. E allora perchè non potrebbe anche difen- derci dalle serrate? E perchè non potrebbe in cambio procurarci la « libertà di sciopero » ? L'articolista non s'accorge che lo sciopero e la serrata non sono che una medesima cosa, almeno in quanto a tattica di lotta. Che questa abbia conseguenze disastrose per la massa più che quello ne abbia sulla aristocrazia dei pos- sedenti non ne dubito, ma il fenomeno è il me desimo. Nei passati tempi, quando gli scioperi erano rari e di poca entità, i capitalisti restavano sulla difensiva, senza ricorrere ai mezzi estre- mi. La calma sopratutto, la panacea calma, cosi cara ai socialisti, rendeva questi movi- menti senza grande importanza , completa mente indifferenti alla classe capitalista. Ma l'aumentare progressivo degli scioperi, la loro generalizzazione sopratutto, ha messo i capita- listi nella condizione di ricorrere al mezzo estremo, il medesimo a cui ricorrevano gli operai. Niente dunque di straordinario, il di ritto di sciopero conduce al diritto di serrata e viceversa. / compagni di (ìinewa, riuniti al Gruppo (ìer minai, accettando l'agitazione a favore delle otto ore e associandovi quella pro-vittime politiche, ritolgono ai compagni d'Italia l'invito, se queste non furono fino ad oggi accettate dalle associa- zioni operaie italiane, di farsi essi stessi iniziatori di mi movimento in questo senso, contemporanea- mente a quello che si manifesta negli altri paesi d'Europa. Rivolgono sopratutto un incitamento a perseverare, intensificandola sempre più, nell' a gitazione prò vittime politiche, affinchè il governo sia costretto ad aprire le carceri ai condannati di tante sue reazioni. LE SERRATE Nel suo numero del 4 agosto, l'organo ma- gno dei socialisti italiani, Y Avanti 1 nell'arti colo di fondo tratta della questione delle « sei- rate » padronali che a Vicenza, a Carrara, a Terni hanno potuto vincere la resistenza degli operai. L'articolista lamenta, ed a ragione, che la volonlà di un solo sia arbitra di togliere i mezzi di sussistenza a tutta una popolazione, facendo una distinzione fra lo sciopero che « ha persola obbiettività giuridica un rapporto economico ed offende gli interessi dei capita- listi » e la serrata che « lede la esistenza indi viduale privando la persona umana dei mezzi necessari per vivere ». Il riprodursi frequente al giorno d' oggi e la proporzione via via crescente delle serrate dall'80 in poi, gli fa pensare che a queste biso gna trovare un rimedio. E siamo d'accordo. Ma quanto al rimedio trovato, noi Infatti sentitelo queslo toccasana quale ci è annun- ciato dall'. \vanti! : « I rappresentanti del proletariato, così nel * La serrata non ha dunque in sé nulla di straordinario e come fenomeno inerente alla lotta di classe, non potrà essere eliminato per intervenzione legislativa. C'è però un mezzo a cui l'articolista dell'a- ranti/ non ha pensalo e non penserà forse mai, ed è quello dell'azione diretta degli operai. Pliche sono possibili le ferrale? Un uomo solo di sua semplice iniziativa, senza ricorrere ai famosi rappresentanti, chiude brutalmente in faccia a migliaia di operai la porta dell'offi- cina dicendo : — Qui sono io il padrone, io il solo, l'auto- crate e vi caccio fuori, andate dove volete, crepale di fame voi e i vostri figli, io possedo abbastanza, col furio continuo che da anni perpetio sul voslro lavoro, da vivere bene e tranquillo fino al mio ullimo giorno. Se però vi uuiilierete ai miei piedi, consentirò ancora a sfruttar voi e i vostri figli fino al giorno in cui la vostra forza sarà tanto esaurita da non arricchirmi più 1 Ebbene queste migliaia di uomini forti, di cui uno solo basterebbe per vincere, per sop primere il lirannello dell'officina guardano la porta chiusa e lamentano attendendo la fame come scusa alla umiliazione prossima, quando ritorneranno a leccare la mano che liba ba- stonati. Ecco perchè le serrate sono cosi frequenti. E voi colla vostra propaganda legalitaria che, nonostante i pessimi risultati ottenuti, conti- nuale a fare in mezzo agli operai, avete contri- buito a renderli possibili. Se esistesse non solo in Italia, ma dovunque nel popolo, non una maggioranza, ma soltanto una forte minoranza energica e capace, ispi- rala all'azione rivoluzionaria e pronta a com- pierla, i capitalisti si guarderebbero bene dal provocare i lavoratori. Se essi sapessero che alla serrata fuori dei lavoratori, si potrebbe colla violenza intelli gente sostituire subito la serrata fuori del pa- drone, li vedreste come diventerebbero umili e meno pretenziosi davanti agli operai. Voi ci parlate sempre dì leggi, di diritto,noi non ne comprendiamo che uno di diritlo, ed è quello della forza. Oggi lo subiamo dai nostri padroni,domani col suo impiego ci libereremo. All'infuori di questo, non esiste altro rimedio pei mali della società. In quanto a leggi ne ab- biamo troppe, e non ne sentiamo punto il bi- sogno di farne delle altre, che resterebbero del resto lettera morta. Quand'è che i lavoratori se ne convince- ranno ? EGO. > II Parlamentarismo e la Rivoluzione francese Continuiamo la pubblicazione di studi storici sui periodi rivoluzionari, con un capitolo di Leverdays, tolto dal suo ottimo libro Les As- semblées parlantes. L'autore non è un anar- chico, ma un patriotta sincero, e d'altronde, all'epoca da lui evocata, l'idea di patria si confondeva con quella di rivoluzione. Jaurès sostiene oggi la slessa tesi, ma essa non regge, a meno d'ammettere che i tre milioni d'elet- tori socialisti tedeschi siano pronti a diventarei più docili strumenti della reazione monarchica. Nei vari contradditori da noi avuti, sempre abbiamo sentito citare in difesa del parlamen- tarismo la famosa Convenzione, ed è bene che i compagni sappiano che cosa essa fu realmente. Vedranno com'essa fece opera utile semplice- mente perchè, nata dalla violenza e dall'illega- lità, continuò a subire la rressione esterna ri- voluzionaria. Abbandonata a sé stessa avrebbe servito la reazione. 11 parlamentarismo fu sem- pre una delle cause dell'insuccesso delle rivo- luzioni, ostacolandole invece di favorirle. Ma lasciamo la parola a Leverdays : Molti citano in favore del Parlamentarismo l'esempio della Convenzione del 1792, che avrebbe salvalo la Francia, a quanto si dice. Un simile esempio non è che un errore. Prima di tutto, non si può invocarlo, perchè la Convenzione non fu un corpo parlamentare propriamente detto, nel senso che noi l'inten- diamo oggi. E'impossibile il confondere con una Camera come le nostre, che impiegano tre anni a fare una legge, un'Assemblea che promulgò in tre anni 11.210 decreti. Conviene osservare che allora la concezione del Governo esercitato da un'Assemblea era al suo principio, ed è appunto per questo che la Convenzione ha potuto fare quanto fece. Lo slato unii munis rio delle sue nozioni fu in parte la causa del suo successo, e se queste fossero state più progredite, come oggi, essa non avrebbe fallo nulla, al pari (ielle Assem- blee odierne. Si sarebbe aggrovigliata nel for- malismo; avrebbe perduto la Patria e la Rivo- luzione. La maggior parie degli spiriti non si esercitano volontieri che nell' ordine delle fal- sità, e lutto il perfezionamento che si pretende apportino col tempo e l'esperienza appartiene di solito al dominio del sofisma. E' cosi che lo stato primitivo riesce tanto sovente a tenere in iscacco quello che si vanta come l'espressione più perfezionata della scienza. Si andrà fino in fondo delle correzioni parlamentari, prima d'accorgersi che il Par- lamentarismo è una sciocchezza e che molti- plicandone gli ingégnamenti non si fa insomma che contribuire a renderlo assurdo. Bisogna altresì ben comprendere chi fossero i membri della Convenzione. I membri della Convenzione erano letterati e giuristi. Il compilo che avevano da compiere era pressapoco comune, come pure la loro preparazione. Giacobini e Girondini erano egualmente nutriti della sostanza degli stessi autori, vale a dire dello spirilo del secolo: Montesquieu, Voltaire, d'Holbach, gli Enci- clopedisti, i Fisiocrati, gli Economisti, cono- scevano i Costumi, conoscevano il Diritlo ro- mano. Consideravano Giangiacomo Rousseau come un rivelatore e il Contratto sociale sem- brava ai loro occhi il Vangelo dell'ordine futu- ro. Tutti credevano insomma agli stessi errori e alle stesse verità. Se una legge veniva pre- senzia, non avevano bisogno per compren- derla, come i deputati venuti poi, d'una dis- cussione penosa, su materie sconosciute. Il mondo nuovo, che proclamavano,era cresciuto lentamente sotto la scorza del mondo invec- chiato, di cui erano, tanto gli uni quanto gli altri, i distruttori. Tutte le leggi del regime futuro erano fatte nella loro testa ; non aveva- no che da dar loro una forma, il che non era difficile per essi, oratori e scrittori ad un tem- po. I deputati della Convenzione non erano legislatori da dozzina come quelli che il Paese manda oggi al Parlamento per un lavoro qual- siasi di giorno in giorno. La Convenzione, Li- curgo policefalo, era incaricata di costituire in Francia l'ordine repubblicano. Non c'è una dillerenza cosi grande, come potrebbe parere a prima vista, fra il progetto di Condorcet, che non fu proposto, e la Costituzione del 1793,che non fu applicata. I due prodotti nati morti erano, anche testualmente, quasi identici. Non sarebbe stato impossibile col tempo di fonderli

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Anno VI — N° 135. ESCE OGNI SABATO Ginevra, 12 Agosto 1905.

IL RISl/EGIiIO SOCIALISTA-ANARCHICO

SVIZZERA ED ITALIA ABBONAMENTO ANNUO : Fr . 3.— SEMESTRALE: Fr . 1.50

Un numero separato : Cent. 5

Indirizzare lettere e comunicazioni: R U E I D E S S A V O I S E S , G

GINEVRA (SVIZZERA)

ALTRI PAESI DELL'UNIONE POSTALE ABBONAMENTO ANNUO : F r . 5 .— SEMESTRALE : Fr . 2.50

Un numero separato : Cent. 1 O

Il prossimo numero uscirà SÀBATO 13 AGOSTO

PER LE OTTO ORE Ecco una nuova rubrica, che figurerà d'ora

innanzi nelle nostre colonne. Gli uni ci accu­seranno d'incoerenza, perchè reclamiamo una riforma ; gli altri ci derideranno, perchè siamo un'infima minoranza e la nostra propaganda non sembra avere pel momento alcuna speran za di successo. La risposta da darsi tanto ai primi quanto ai secondi è facile.

Se è incoerenza per un anarchico il chiedere le otto ore e non il comunismo integrale, è al­tresì incoerenza l'agitarsi per la liberazione delle vittime politiche, invece che per la sop­pressione delle prigioni. Ed altrettanto-si può dire d'ogni qualsiasi scopo immediato dato alla nostra propaganda. Noi ci troviamo di fronte ad una folla enorme e indifferente, e senza mai tralasciare dal dire tutto il nostro pensiero e tutto quanto sappiamo essere la ve­rità, dobbiamo sempre cercare di creare nuove agitazioni, di suscitare nuovi motivi di conflit­to, di spingere il popolo alla lotta cqntro pa­droni e governanti. Da molto tempo abbiamo potuto constatare che in tempi ordinari di calma, la propaganda dà ben pochi frutti, e che ogni tentativo fatto per sollevare il popolo in nomi d'altri ideali non riesce.

La nostra tattica non va quindi mutata, per­chè fu sempre la stessa, ma precisata in questo senso: »< Bisogna anzitutto provocare, fosse pure per rivendicazioni d'un'importanza se­condaria, l'azione diretta del popolo, e iniziala questa, profittando dell'entusiasmo o della collera del momento, tentare con mezzi ade­quati di cambiare una manifestazione in sol­levamento, una rivolta in rivoluzione. » La nostra propaganda riformistica SÌ riduce quindi al voler creare un ambiente e uno stato d'ani­mo rivoluzionari.

In quanto a coloro che ci scherniscono, pre vedendo fin d'ora che la nostra propaganda si ridurrà a dei vani esercizi di rettorica verbale o scritta, rispondiamo che l'esperienza sta già a dimostrare che quantunque pochissimi a preconizzare e propagare l'idea dello sciopero generale, questa si è realizzata varie volle per quanto imperfettamente. I fatti ci hanno dato ragione pel passato e, anzi il torto che abbia­mo sopratutto avuto sino ad oggi, fu sempre quello di non prevedere tanto prossimi i mo­vimenti popolari e di non averne quindi sapu­to approfittare, perchè ne fummo sorpresi. Così, domani un piccolo sciopero parziale può provocare una serrata padronale e questa a sua volta determinare lo scoppio d'uno scio pero generale.

A meno di pretendere di guidare interamen­te il corso degli avvenimenti, è certo che vi sono delle circostanze che a noi sfuggono e possono maturare falli d'un'enorme impor­tanze).Chi avesse consigliato due anni fa agli operai russi di scioperare per le otto ore, sa­rebbe parso ridicolo e probabilmente nessuno l'avrebbe ascoltato ; mentre oggi è più che ridicolo, odioso, il voler limitare le loro pre­tese alla giornata di otto ore. Certo, fintanto che dura la calma, ogni più piccola rivendica­zione è di difficile attuazione,ed è precisamente per questo che noi detestiamo profondamente i predicatori di calma, coloro che ne fanno la prima condizione di successo, mentre questo non può derivare che dall'enlusiasmo, dal foco, dall'ira popolare. Bisogna venire alle prese con capitalisti e governanti per risve­gliare le energie popolari, eia propaganda mi­gliore non è già quella pacifica, educata,civile, Calma, legale, serena, ecc., ma la propaganda col fallo, capace sola di scuotere anche i più indifferenti.

Prendiamo un esempio pratico. Noi convo­chiamo i lavoratori per una conferenza, per una fesla, per una manifestazione,per formare un sindacalo d'un dato mestiere o per qual­siasi altro scopo di propaganda : solo una mi noranza, alle volte inlima, risponde al nostro appello. Lo sforzo chiesto è minimo, il sacri­ficio in denaro alle volte nullo, eppure la gran massa degli sfruttali non viene. Noi procla­miamo invece uno sciopero, e per quanto nu­merosi siano i krumiri, siamo però sempre certi d'avere con noi la maggioranza degli operai della corporazione. L'assistere a una conferenza domanda un paio d'ore di tempo, la quota d'un sindacato varia da oO centesimi a un franco al mese, e noi non possiamo olle-nere né una cosa, né l'altra da coloro che poi si mostrano disposti a sacrificare delle setti mane inteie e un centinaio e più di franchi in uno sciopero.

Non bisogna per la mania sciocca di voler far trionfare ad ogni costo il proprio punto di

vista,assistere continuamente allo svolgimento dei fatti senza tenerne conto. Certo, se prima d'agire si potesse già aver ottenuto da alquan­to tempo un accordo se non di tutti almeno di molti lavoratori, il nostro compito sarebbe agevolato, ma l'esperienza d'ogni giorno c'in­segna che non diventiamo maggioranza che dopo aver iniziata la nostra azione. Organizzare la maggioranza dei lavoratori rivoluzionaria­mente non si potrà mai farlo, e se non si tratta che d'organizzarli come il milione e più d'o­perai in Germania, per far niente, o semplice­mente in vista d' una mutualità non destinata ad altro che ad agevolare il funzionamento del sistema borghese, noi rifiutiamo senz'altro il nostro concorso ad un'opera d'inganno.

L'Avvenire, polemizzando coi sindacalisti, scriveva queste parole: « Perchè dileggieremo noi i politicanti che sempre promettono senza mai mantenere, quando nel fatto anche noi facciamo delle promesse che già a priori sap­piamo irrealizzabili?»

Noi non sappiamo come i redattori dell'jf»-venire facciano la propaganda per l'organizza­zione e non ci stupiremmo che la facciano con gli identici metodi della propaganda elettora le, a base di promesse, ma per conto nostro non abbiamo mai promesso niente, anzi ab­biamo sempre ripetuto :

« Lavoratori, non crediate che per il fatto d'essere organizzati e di pagare una quota mensile voi avete fatto il vostro dovere. Un Sindacato non conta per il numero dei suoi membri aderenti, ma per quello dei suoi mem­bri agenti. Non bisogna supporre che un comi­tato, per quanto ben scelto, potrà fare lutto quello che voi soli potelé fare. Dopo aver ere duto alla protezione dei santi del paradiso, a quella dei politicanti del Parlamento, non ponete la vostra fede nell'opera dei segretari operai. Gabriele Séailles, uno scrittore fran­cese, ha delto benissimo che la superstizione non è altro che la credenza in una forza, all'in-fuori della nostra propria forza, agente per noi. E voi sarete sempre superstiziosi infino a tanto che crederete di poter essere salvati da altri che da voi slessi. Non otterrete che quanto saprete conquistare direttamente. L'organiz zazione non deve diminuire in nulla i singoli sforzi individuali, ma solo coordinarli in modo da dar loro quell'efficacia che isolati non pò trebberò avere. Noi ci sentiamo tanto più in­coraggiati a compiere un alto quanto più grande è il numero di coloro' che sappiamo pronti a compierlo con noi. »

E così via. Non siamo noi di certo che invi landò gli operai a formare delle organizzazio ni, abbiamo cominciato col dir loro che esse diminuirebbero il numero degli scioperi, che la lotta diventerebbe meno aspra, che gli sforzi necessari sarebbero meno importanti, ecc., ecc. I sindacalisti anarchici hanno quindi il diritlo di non essere confusi coi promettitori di cui parla l'Avvenire.

campo degli studi giuridici e sociali, dove in­tendono al rinnovamento del pensiero scienti­fico ; come nel campo del lavoro legislativo e dell'attività politica ed economica, dove inten­dono al rinnovamento (quanti rinnovamenti !) della vita sociale e degli istituti di dritto che vi presiedono, dopo ottenuto il riconoscimento e la' proclamazione del diritto di sciopero, debbono combattere ed ottenere il riconosci­mento e la proclamazione del delitto della serrata. » E fin qui il giornale di Roma.

* Bisogna dire avanti tutto che questi sociali­

sti devono classificarsi assolutamente nella ca­tegoria « incurabili ».

Quante cose non hanno aspettato che fossero ottenute in tutti quei campi di rinnovamento di cui sopra, da quei tali rappresentanti del proletariato, che alla prova non rappresentano proprio nulla.

E' vero che cominciano ad ammettere che il socialismo non si instaurerà con un colpo di maggioranza parlamentare, ma restano nondi­meno convinti, che, nonostante tutto e contro tutti, il parlamentarismo servirà sempre a compiere opera utile, almeno di difesa prole­taria.

E allora perchè non potrebbe anche difen­derci dalle serrate? E perchè non potrebbe in cambio procurarci la « libertà di sciopero » ?

L'articolista non s'accorge che lo sciopero e la serrata non sono che una medesima cosa, almeno in quanto a tattica di lotta. Che questa abbia conseguenze disastrose per la massa più che quello ne abbia sulla aristocrazia dei pos­sedenti non ne dubito, ma il fenomeno è il me desimo.

Nei passati tempi, quando gli scioperi erano rari e di poca entità, i capitalisti restavano sulla difensiva, senza ricorrere ai mezzi estre­mi. La calma sopratutto, la panacea calma, cosi cara ai socialisti, rendeva questi movi­menti senza grande importanza , completa mente indifferenti alla classe capitalista. Ma l'aumentare progressivo degli scioperi, la loro generalizzazione sopratutto, ha messo i capita­listi nella condizione di ricorrere al mezzo estremo, il medesimo a cui ricorrevano gli operai. Niente dunque di straordinario, il di ritto di sciopero conduce al diritto di serrata e viceversa.

/ compagni di (ìinewa, riuniti al Gruppo (ìer minai, accettando l'agitazione a favore delle otto ore e associandovi quella pro-vittime politiche, ritolgono ai compagni d'Italia l'invito, se queste non furono fino ad oggi accettate dalle associa­zioni operaie italiane, di farsi essi stessi iniziatori di mi movimento in questo senso, contemporanea­mente a quello che si manifesta negli altri paesi d'Europa. Rivolgono sopratutto un incitamento a perseverare, intensificandola sempre più, nell' a gitazione prò vittime politiche, affinchè il governo sia costretto ad aprire le carceri ai condannati di tante sue reazioni.

LE SERRATE Nel suo numero del 4 agosto, l'organo ma­

gno dei socialisti italiani, Y Avanti 1 nell'arti colo di fondo tratta della questione delle « sei-rate » padronali che a Vicenza, a Carrara, a Terni hanno potuto vincere la resistenza degli operai.

L'articolista lamenta, ed a ragione, che la volonlà di un solo sia arbitra di togliere i mezzi di sussistenza a tutta una popolazione, facendo una distinzione fra lo sciopero che « ha persola obbiettività giuridica un rapporto economico ed offende gli interessi dei capita­listi » e la serrata che « lede la esistenza indi viduale privando la persona umana dei mezzi necessari per vivere ».

Il riprodursi frequente al giorno d' oggi e la proporzione via via crescente delle serrate dall'80 in poi, gli fa pensare che a queste biso gna trovare un rimedio. E siamo d'accordo.

Ma quanto al rimedio trovato, noi Infatti sentitelo queslo toccasana quale ci è annun­ciato dall'.\vanti! :

« I rappresentanti del proletariato, così nel

* La serrata non ha dunque in sé nulla di

straordinario e come fenomeno inerente alla lotta di classe, non potrà essere eliminato per intervenzione legislativa.

C'è però un mezzo a cui l'articolista dell'a­ranti/ non ha pensalo e non penserà forse mai, ed è quello dell'azione diretta degli operai.

Pliche sono possibili le ferrale? Un uomo solo di sua semplice iniziativa, senza ricorrere ai famosi rappresentanti, chiude brutalmente in faccia a migliaia di operai la porta dell'offi­cina dicendo :

— Qui sono io il padrone, io il solo, l'auto­crate e vi caccio fuori, andate dove volete, crepale di fame voi e i vostri figli, io possedo abbastanza, col furio continuo che da anni perpetio sul voslro lavoro, da vivere bene e tranquillo fino al mio ullimo giorno. Se però vi uuiilierete ai miei piedi, consentirò ancora a sfruttar voi e i vostri figli fino al giorno in cui la vostra forza sarà tanto esaurita da non arricchirmi più 1

Ebbene queste migliaia di uomini forti, di cui uno solo basterebbe per vincere, per sop primere il lirannello dell'officina guardano la porta chiusa e lamentano attendendo la fame come scusa alla umiliazione prossima, quando ritorneranno a leccare la mano che l iba ba­stonati.

Ecco perchè le serrate sono cosi frequenti. E voi colla vostra propaganda legalitaria che, nonostante i pessimi risultati ottenuti, conti­nuale a fare in mezzo agli operai, avete contri­buito a renderli possibili.

Se esistesse non solo in Italia, ma dovunque nel popolo, non una maggioranza, ma soltanto una forte minoranza energica e capace, ispi­rala all'azione rivoluzionaria e pronta a com­pierla, i capitalisti si guarderebbero bene dal provocare i lavoratori.

Se essi sapessero che alla serrata fuori dei lavoratori, si potrebbe colla violenza intelli gente sostituire subito la serrata fuori del pa­drone, li vedreste come diventerebbero umili e meno pretenziosi davanti agli operai.

Voi ci parlate sempre dì leggi, di diritto,noi non ne comprendiamo che uno di diritlo, ed è quello della forza. Oggi lo subiamo dai nostri padroni,domani col suo impiego ci libereremo. All'infuori di questo, non esiste altro rimedio pei mali della società. In quanto a leggi ne ab­biamo troppe, e non ne sentiamo punto il bi­

sogno di farne delle altre, che resterebbero del resto lettera morta.

Quand'è che i lavoratori se ne convince­ranno ? EGO. >

II Parlamentarismo e la Rivoluzione francese Continuiamo la pubblicazione di studi storici

sui periodi rivoluzionari, con un capitolo di Leverdays, tolto dal suo ottimo libro Les As­semblées parlantes. L'autore non è un anar­chico, ma un patriotta sincero, e d'altronde, all'epoca da lui evocata, l'idea di patria si confondeva con quella di rivoluzione. Jaurès sostiene oggi la slessa tesi, ma essa non regge, a meno d'ammettere che i tre milioni d'elet­tori socialisti tedeschi siano pronti a diventarei più docili strumenti della reazione monarchica.

Nei vari contradditori da noi avuti, sempre abbiamo sentito citare in difesa del parlamen­tarismo la famosa Convenzione, ed è bene che i compagni sappiano che cosa essa fu realmente. Vedranno com'essa fece opera utile semplice­mente perchè, nata dalla violenza e dall'illega­lità, continuò a subire la rressione esterna ri­voluzionaria. Abbandonata a sé stessa avrebbe servito la reazione. 11 parlamentarismo fu sem­pre una delle cause dell'insuccesso delle rivo­luzioni, ostacolandole invece di favorirle.

Ma lasciamo la parola a Leverdays :

Molti citano in favore del Parlamentarismo l'esempio della Convenzione del 1792, che avrebbe salvalo la Francia, a quanto si dice.

Un simile esempio non è che un errore. Prima di tutto, non si può invocarlo, perchè

la Convenzione non fu un corpo parlamentare propriamente detto, nel senso che noi l'inten­diamo oggi. E'impossibile il confondere con una Camera come le nostre, che impiegano tre anni a fare una legge, un'Assemblea che promulgò in tre anni 11.210 decreti.

Conviene osservare che allora la concezione del Governo esercitato da un'Assemblea era al suo principio, ed è appunto per questo che la Convenzione ha potuto fare quanto fece. Lo slato unii munis rio delle sue nozioni fu in parte la causa del suo successo, e se queste fossero state più progredite, come oggi, essa non avrebbe fallo nulla, al pari (ielle Assem­blee odierne. Si sarebbe aggrovigliata nel for­malismo; avrebbe perduto la Patria e la Rivo­luzione. La maggior parie degli spiriti non si esercitano volontieri che nell' ordine delle fal­sità, e lutto il perfezionamento che si pretende apportino col tempo e l'esperienza appartiene di solito al dominio del sofisma.

E' cosi che lo stato primitivo riesce tanto sovente a tenere in iscacco quello che si vanta come l'espressione più perfezionata della scienza. Si andrà fino in fondo delle correzioni parlamentari, prima d'accorgersi che il Par­lamentarismo è una sciocchezza e che molti­plicandone gli ingégnamenti non si fa insomma che contribuire a renderlo assurdo.

Bisogna altresì ben comprendere chi fossero i membri della Convenzione.

I membri della Convenzione erano letterati e giuristi. Il compilo che avevano da compiere era pressapoco comune, come pure la loro preparazione. Giacobini e Girondini erano egualmente nutriti della sostanza degli stessi autori, vale a dire dello spirilo del secolo: Montesquieu, Voltaire, d'Holbach, gli Enci­clopedisti, i Fisiocrati, gli Economisti, cono­scevano i Costumi, conoscevano il Diritlo ro­mano. Consideravano Giangiacomo Rousseau come un rivelatore e il Contratto sociale sem­brava ai loro occhi il Vangelo dell'ordine futu­ro. Tutti credevano insomma agli stessi errori e alle stesse verità. Se una legge veniva pre­senzia, non avevano bisogno per compren­derla, come i deputati venuti poi, d'una dis­cussione penosa, su materie sconosciute. Il mondo nuovo, che proclamavano,era cresciuto lentamente sotto la scorza del mondo invec­chiato, di cui erano, tanto gli uni quanto gli altri, i distruttori. Tutte le leggi del regime futuro erano fatte nella loro testa ; non aveva­no che da dar loro una forma, il che non era difficile per essi, oratori e scrittori ad un tem­po. I deputati della Convenzione non erano legislatori da dozzina come quelli che il Paese manda oggi al Parlamento per un lavoro qual­siasi di giorno in giorno. La Convenzione, Li­curgo policefalo, era incaricata di costituire in Francia l'ordine repubblicano. Non c'è una dillerenza cosi grande, come potrebbe parere a prima vista, fra il progetto di Condorcet, che non fu proposto, e la Costituzione del 1793,che non fu applicata. I due prodotti nati morti erano, anche testualmente, quasi identici. Non sarebbe stato impossibile col tempo di fonderli

Page 2: I VI —L N° 135. RISl/EGIiIarchivesautonomies.org/IMG/pdf/anarchismes/avant-1914/ilrisveglio/1905/ira_1905_08_12.pdfRUE IDES SAVOISES, G GINEVRA (SVIZZERA) ALTRI PAESI DELL'UNIONE

I L R I S V E G L I O

assieme. Gli eletti del 1792, ciò che li distin­gue essenzialmente dalle Assemblee venute dopo la loro, avevano il loro lavoro già pronto;-non dovevano far altro che promulgare il ver­detto della Rivoluzione. Se la Convenzione avesse avuto la calma e il tempo necessario, sarebbe stata capace di fornire un buon lavoro legislativo, ma disgraziatamente, ebbe al tro da fare che delle leggi.

Comunque siasi, tali non sono le condizioni abituali delle Legislature.

La Convenzione non presenta nessuno dei caratteri che noi siamo usi a cercare in una Deputazione par lamentare . Non fu nemmeno eletta dal suffragio diret to d 'una maggioranza nazionale. Il volo per l 'elezione della Conven zione si fece a part ire da ventun anni e a due gradi . Il censo elettorale non esisteva più. Venti soldi per lega erano forniti agli elettori poveri e tre lire per giornata di soggiorno. Non vi furono verosimilmente che due milioni e mezzo, lutto al più tre milioni d 'e le t tor i . Si facilitò in tutti i modi — come l'osserva Taine nella sua opera istruttiva, intitolata : />es origi­nes de la France contemporaine — l'accesso alle urne degli elettori pali'iolti, che in gran parte hon erano certamente ricchi. La Francia a quell 'epoca contava sette milioni d'elettori, di cui , Io r ipetiamo, due milioni e mezzo sola­mente volarono, e T.iine ha ragione d'insistere su questo fatto. Gli altr i , terrorizzati dalla Ri­voluzione del 10 agosto, che aveva appena avuto luogo, poscia dalle Seltembrizzate, fatte precisamente nel momento delle elezioni — non sappiamo perchè si sia evitato di rilevarlo — non osarono presentarsi . La Convenzione detta nazionale fu cosi la delegazione d' una minoranza di patrioti! .

La riduzione del numero dei votanti divenne ancora più forte dopo che la Convenzione fu installata ; al punto che, come l'osserva Taine, sempre con ragione, bentosto non ci furono più che i Giacobini per votare.

« A Parigi , per l 'elezione del sindaco e degli ufficiali municipali , gli scrutini d 'o t tobre , novembre e dicembre non r iunirono su 160.000 iscritti che 14.000 votanti, poi 10.000, poi 7.000. A Besancon, i 7.000 iscritti espressero meno di 600 suffragi. Vi fu la stessa proporzione per le altre città, a Troyes, per esempio. Similmente , nei cantoni rurali ; all 'est nel Doubs, al l 'ovest nella Loira Inferiore, non c 'è che un decimo d 'elet tori che osa usare del suo diri t to di voto.. . In queste assemblee primarie che,dire t tamente o indiret tamente, delegano tutti i poteri pub­blici, e che, per esprimere la volontà generale, dovrebbero essere plenarie, mancano 6.3O0.000 elettori su 7.000.000. »

« Le Deux Sèvres, il Maine et Loire, la Vau dea, la Loira Inferiore, il Morbihan e il Finis tère non hanno mandato alla Convenzione che dei repubblicani anticattolici Tre regicidi su quat t ro rappresentano la Lozère, dove, sei mesi più tardi , 30.000 conladini m a r n e r a n n o sotto la bandiera bianca. Sei regicidi su nove, rappresentano la Vandea, che sta per solle­varsi in leramente in nome del re. »

« Al principio della sessione della Conven­zione, su 749 deputat i , non se ne trova che una cinquantina per approvare la Comune, quasi tutti eletti, come a Parigi , là dove il ter rare ha preso /' elettore per la gola.

« In una capitale di 700.000 anime, cinque o s e imi l a Giacobini estremi opprimono le Se zioni e fauuo da soli le elezioni. »

« I grandi quar t ier i enino desert i . » «Nel le elezioni municipali d 'o t tobre , no r

vembre e dicembre 1793, su 160.000 inscri l i i , ve ne sono 144.000, poi 150.000, poi 153.000 che si as tengono. »

« Il 18 giugno 1793, Henriot, candidato al comando della guard ia nazionale (Taine di mentica di dire che era al l ' indomani della sua vittoria sulla Convenzione), non ebbe che 4573 suffragi. Bisognò, per farlo eleggere, annulla­re due volle l 'elezione, imporre il voto ad alta voce, dispensare gli affidati dal mostrare la loro carta di Sezione, ciò che permetteva loro di vola 'e parecchie volte. »

«8.000 sanculotti percepivano 42 soldi al giorno per assistere ai clubs. »

E c c o q u a n l o dice Taine, nel capitolo X I 0 : La conquête jacobine, dell 'opera succitata. L'au tore è abbastanza cattedrat ico per non vedere che va contro la sua tesi stessa. Cosi, perchè le elezioni avessero un valore legale,ci sarebbe voluto probabilmenle, secondo la buona orto dossia delle maggioranze,che gli elettori votas sero l iberamente, come votavano senza dubbio a Quimper Corentin, invece d 'essere presi per la gola dal terrore, come i paurosi lo furono nella Capitale di 700.000 a n i m e ! Noi a m m e l t iamo del resto che, messi di fronte alle condì zioni precedentemente descri t te , gli uomini d'oggi non mancherebbero, dato l ' abbrut i ­mento in cui sono cadut i , di rendere la Fran eia a Brunswick, guadagnandosi gli applausi di tutti i Taine. Nel 1870 li abbiamo visti all 'o­pera tutti questi pat riotti e l ' i l lusione n o n e più possibile. Ma quando si vede davanti a sé delle diarree tanto dissolventi, si prova una nausea invincibile. Ci si domanda involonla-r iamenle cosa sarebbero a ques t 'o ra , senza i pa t r io t t i che s'affannano a denigrare, questi figli di servi. E si è quasi tentati di pensara che i Giacobini tanto vituperati non hanno fatto abbastanza nel loro tempo.

(Continua) E. LEVERDAYS.

CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE MURARIA Nei giocai 18, 19 e 20 corrente mese avrà

luogo in Losanna il congresso della Federazione Muraria della Svizzera. Per chi conosce da qual­che tempo questa organizzazione, costituitasi in­dipendentemente dalle organizzazioni svizzere (Gewerkschaftsbund) e ne ha seguito il cammino fatto in due anni, non può a meno di rallegrarsi che riuscì a costituire dei sindacati in quasi tutti i principali centri industriali della Svizzera ed a promuovere ovunque agitazioni e movi­menti di salari.

Nell 'ordine del giorno del congresso, emanato dal Comitato centrale di Losanna, non figura la proposta già fatta, da parecchi mesi, da alcune sezioni riguardante l'agitazione pro-Sciopero Generale ; a meno che non sia compresa nel comma 8, che dice : - Agitazione e propaganda per la realizzazione del programma d'azione della Federazione ». Quest'agitazione è sempre stata combattuta dal Comitato centrale della Fe­derazione e dall' Avvenire del Lavoratore, organo della Federazione stessa ; ma vogliamo sperare che, al congresso di Losanna, i politicanti e co­loro che con uno sciopero generale temono di perdere la pagnotta non vengano ascoltati, e si decida invece d'aderire alla propaganda p e r l e otto ore di lavoro. Muratore.

Dialogo tra un poliziotto s uno scioperante di Basilea Poliziotto. — Chi siete voi ? Avete le vostre

ca r t e? Cosa fate qui ? Scioperante. — Sono mazziniano in politica,

facente parte del Circolo Antonio Fratt i , domi ciliato iu Basilea, e son venuto qui a Allschwyl come lavoratore, per dissuadere, se è possibile con buone ragioni, i c rumir i che vengono in città a t radire la causa dei lavoratori.

P . — Non sapete che è proibito eccitare gli operai che vogliono lavorare, alla diserzione del lavoro?

S. — Siccome la legge anche in monarchia ammet te (a parole) il dir i t to di sciopero, ri­tengo che qui in Repubblica questo dir i t to sia e debba esser maggiormente r ispet tato. I no­stri congressi pure hanno ammesso l 'azione di classe, e ritengo che, quale repubblicano, sia mio dovere il dissuadere i k rumir i dal t radire la nostra causa di lavoratori.

P . — Cos'avete qui sulla spa l la? Una bomba a l l 'Ors in i?

S. — E ' natura che mi ha fatto un po 'gobbo. Di questo difetto non ne ho colpa io.

P . — Venite iu Corpo di guardia . Passeremo ad una perquisizione.

Lo scioperante segue il poliziotto che, dopo averlo vi-italo, gli dice:

P. — Fortunato voi che invece di una bomba avete una gobba. Cot-i cambierò il verbale del­l 'a r res lo , ma siccome noi non facciamo mai arresti senza ragione, voi resterete qui . . Vuol dire che vi buscherete-solo qualche mese..Met­teremo, che avete attentato alla libertà del lavoro.

S. — Come? Perchè voi avete preso un fiasco, credendo che la mia gobba fosse una bomba, ora per giustificare il vostro er rore volete aceti-armi di mancanza che non ho commesso? Ma io non ho dis turbato in nessun modo la pubblica quiete. Non ho avuto al tre intenzioni d i e d i discutere se l 'occasione mi si fosse presentata. Questa è una infamia.

P . — Silenzio,o l 'accusa sarà più severa sul conto vostro. Noi siamo pu re Polizei repub­blicani, e voi dovete riconoscere la nostra so­vranità.

LS. — Questo è un abuso ed io prolesto. P — Vi int imo di lacere e basta. Qui biso

gna piegarsi a quello che noi ed i vostri padro­ni vogliono. Se non vi piace restate in Italia. La Svizzera e paese di libertà, si, ma di lavo rare e tacere. Nessuno vi disturba finché vi soltomeltete alle consuetudini del paese. Sap piate che voi avrete mezza dozzina di poliziotti, miei colleghi, i quali con me vi riconosceranno per l ' imputazione che vi faremo e vi conviene confessarvi colpevole di quello che noi vi ac­cuseremo.

S. — No, perdio ; io protesterò e domanderò dei testi a difesa per provare che non ho me nomamenle attaccato le istituzioni, né impe­dito ai krumir i di recarsi al lavoro, per quanto avessi intenzione di far loro conoscere il male che fanno.

P. — Noi abbiamo dei bravi giudici che non hanno bisogno che di ascoltare noi per dare una sentenza. Non saranno ammessi né testi a difesa, né avvocati difensori. La cosa è spiccia. Qualche mese di carcere e basta.

5 . — Come? In repubblica si agisce in que­sto m o d o ? Questa è un ' infamia .

P . Basta, basla, at tendete il carret tone e partenza pel Lohnhof.

S. — Fortuna che la repubblica che ago gniamo io e Martelli non è così, del resto non varrebbe proprio la pena di lottare per essa sul serio.

Aspett iamo il processo. A. G.

Ma oggi ho scoperto che non è vero niente. Gli anarchici non sono che il substrato più igno­rante della massa operaia e se qualche Toltamet-tono in un sacco gli avvocatohi della democrazia sociale, si è che dicono bestialità tali che, in ve­rità, non si può loro rispondere decentemente. Ed è leggendo il Peuple di Ginevra che mi sono accorto di questo.Infatti,in un articolo sull'istru­zione in Italia constata che nel nostro paese le scuole sono troppo auguste, in certi luoghi sono senza finestre, a Cesara si fa scuola in una stalla accanto ad asini e vacche, ecc., ecc.

E conclude : < Come meravigliarsi ancora che un gran numero d'anarchici ci vengano d 'o l ­tralpe. »

Speriamo che dopo una tale constatazione si troverà qualche scienzato socialista (ce ne sono tanti!) per fare un libro che tratti dell'in­fluenza sulla psiche umana dell' alfabeto stu­diato nelle stalle e dei suoi rapporti coll 'anar-chismo.

Non mancherà di essere interessante. e. b..

SEI LIBERO... L'emancipazione ? Sì, si sono emancipati i

servi, e Alessandro, lo tzar filantropo, è stato ammira to e lodato da tutti i liberali europei, come già Caterina da Voltaire et da Did'erot. E fu, infatti, un magnifico ukase. Oh magnani­mità imperiale ! Oh disinteresse della nobiltà ! Settanta milioni di esseri viventi, allora schiavi, ad un trat to, divenivano liberi .

Un uomo aveva un cane. L'impiegava a girare lo spiedo, a t irare le piccole carriole, a mor­de re le gambe delle pecore, e, in ricompenza de ' suo i servizii, lo batteva senza t regua, senza fine, con gioia. Ma almeno gli dava il pasto, pasto sordido, r ipugnante e tuttavia nu t r ien te .

Un giorno l 'uomo disse al «uo cane : — Vattene, esci di qui , sei libero. Il cane chiese : — Dove a n d r ò ? — Sei l ibero! — Che cosa farò ? — Sei libero ! — Che cosa mangerò? — Sei l ibero? — Ma morrò di fame e di sete ! — Sei libero, t' ho detto ! E, da allora, magro, pelle e ossi, col ventre

ondeggiante, il cane erra , affamato, mordendo l'aria, divorando i suoi escrementi .

Perchè egli è libero ! E.qualche giorno, domani , questa sera, la sua

carogna gonfiata spaventerà i viandanti fretto­losi ; a meno che non lo si incontri , fuggente a traverso i campi, col fuoco negli occhi, la bava ai denti , arrabbiato .

Oh ! prima di morire, divenga infine idrofo­bo, e morda, questo cane l ibe ro!

Catulle MENDÈS.

Lavoratori Italiani! Preparatevi a con­quistare le otto ore e a strappare le vitti­me politiche dal carcere.

rigo — ove per la sua attiva propaganda fu più volte perseguitato ed arrestato — a tenere una conferenza tra noi. Parecchi poliziotti in bor­ghese erano presenti e furono subito ricono­sciuti dai compagni. Tutto era tranquillo, ma gli aguzzini non potevano rassegnarsi a doversene andare con le mani vuote, per cui minacciarono d'arrestare il conferenzière. I compagni lo pro­tessero, una, due, tre volte, ma ritornando i po­liziotti continuamente all 'assalto, persero la pa­zienza e presero a pugni, sassate e bastonate i difensori dell 'ordine. Uno di questi estrasse la rivoltella, ma tale atto non gli valse ehe un au­mento di colpi, per cui non gli restò più che da recarsi dal medico a farsi bendare.

Chi cerca trova... e per una volta tanto i nostri compagni tedeschi hanno dato un buon esempio da imitare.

— Icompagni che conoscessero l'indirizzo di Ernesto Gavaldi. meccanico, sono pregati di-communicarlo ad AngeloNaranzi, pos4e restante, Thalwil.

Wàdenswi f l . — 11 nostro Gruppo filodramma­tico ha dato una festa nella vicina Horgen, a fa­vore dell 'opuscolo antimilitarista,da pubblicarsi dai compagni del Risveglio. Data l 'importanza dello scopo, si- sperava in un numeroso in te r ­vento ; ma gli operai di Fforgen, in gran parte, non sentono ancora il soffio dei tempi nuovi, e cosi hanno creduto opportuno, tanto-per scu­sarsi, di far delle stupide questioucelle personali e di boicottare la festa. Il ricavato di questa fu di lire 17.

Z u r i g o . — Il Circolo di Studi Sociali di Zurigo si congratula vivamente coi socialisti di Thuu se Pratesi Ar turo v e non Brunetti, passò dal- campo anarchico a quello socialista. Pratesi, venuto a Zurigo con raccommandazione del Grido della Fòlla, ebbe subito la nostra simpatia ; ma scop­piato Io sciopero dei muratori , dopo aver fatto il pagliaccio con gli anarchici e con i socialisti, fuggì lasciando un triste ricordo di incoerenze e sfruttando alcuni dei nostri compagni.

Due collette fatte a Zurigo e Lucerna dope le conferenze Bertoni hanno prodotto : la prima 5 fr. 75, la seconda 10 fr. 10. Abbiamo spedito 8 franchi a Giuseppe Scarlatti, Camera del La­voro, Firenze, per le vittime politiche, e 7 fr. 85 figurano nelle contribuzioni volontarie di questo numero.

/ compagni sono avvertiti che la polizia sequestra tutte le corrispondenze diretto al compagno Binazzi oalla casella del Libertario. Le lettere raccoman­date sono pure sequestrate e solo i vaglia vengono pagati. Si limitino dunque a spedire aiuti pecuniari pel giornale e pel processo che polizia e magistra­tura stanno preparando.

BUFFONATE Tutti gli avversari delle nostre idee, quando

hanno dovuto occuparsi seriamente degli anar­chici, hanno dovuto ammettere, anche dei poli­ziotti, che gli anarchici sono in generale, consi­derata la loro posizione sociale,molto più istruiti e di un livello morale superiore agli individui della loro classe.

Inoltre, l 'operaio anarchico cerca sempre di istruirsi maggiormente, legge e studia ed a tale scopo fa sacrifizi di tempo e di denaro, per di­ventare capace di far accettare ad altri le sue idee e rendersi utile alla propaganda.

CORRISPONDENZE B a s i l e a . 5 agosto. — // diritto di sciopero nella

libera Elvezia. — Il tribunale ultra-borghese di Basilea si diverte a condannare ogni scioperante che la polizia arresta, perchè visto più volte in sulla pubblica via, bisogna, ritertere che attenti alla libertà del lavoro.

L'altra settimana fu il turno di E. Martelli, re­pubblicano, accusato di aver detto « preferire la galera, piuttosto che di lasciar lavorare un cru­miro » — e di Zinelli, colpevole d'avere un- ba­stone, che il presidente disse a non adatto per passeggiare (!) ».

Ieri fu la volta di Savini, pure repubblicano. Dicesi che la polizia temeva avesse una bomba, e malgrado la dichiarazione fatta dalla Commis­sione dello sciopero, sedente al Blume, alla poli­zia, questa non volle riconoscere il granchio preso.

Un altro muratore fu arrestato con Savini, e si seppe poi che hanno commesso il delitto di voler avvicinarsi ad Allschwyl ai crumiri i quali sono armati di grossi collelli col permesso della polizia.

I processi si fanno così : Mezza dozzina di poli­ziotti che combinano tra loro cosa devono dire prima dell' udienza ; nessun teste a difesa ; nes­sun avvocato difensore ; mezza dozzina di giudici, il procuratore.. . e piovono mesi di condanna.

D i v o n n e - l e s - B a i n s . — Un rettile umano. — Dimora qui, già da al luni anni, un certo Gattoni Giuseppe di Fontanello d'Agogna (Novara), già noto a Losanna ed a Ginevra per le sue gesta la­dre. Questo poliziotto, non contento di fare la spia a Divonne, varca pure il confine per eserci­tare la sua professione in Isvizzera.

La settimana scorsa, il nostro mercante di cru­miri si recava dall' appaltatore Canel a Nyon, do­ve lavorava il no- tro ex-segretario Cappi, chie­dendo che questi fosse congedato comme indivi­duo pericoloso. Tutto ciò perchè il Cappi venne espulso da Divonne per aver difeso gli sciope­ranti della linea Crassier-Divonne e fu già con­dannato a quindici anni di reclusione militare per insubordinazione.

Non valsero le proteste del nostro compapno e nemmeno quelle dell' assistente di fronte al pa­drone : il licenziamento fu immediato.

I rettili velenosi si schiacciano e tanto potreb­be pure accadere al Gattoni.

Per le otto ore. — Il Sindacato misto di Divonne-les-Bains, nell 'assemblea del 5 agosto 1905, deli­berò all 'unanimità di associarsi all'agitazione iniziata dai compagni della Chaux-de-Fonds e d'invitare pure tutti i sindacali della Svizzera a contribuire al trionfo dell'iniziativa presa dai compagni di Francia.

T h a l w i l . — Esempio da imitare. — Venerdì, 4 corrente, un compagno tedesco venne da Zu-

C O N F E R E N Z E B E R T O N E / / compagno Bertoni tiene l u t t i i- s a l > a t i

e t u t t e - l e t i® m e n k s - h e delle conferenze pubbliche un terni da stabilirsi nelle varie loca­lità della> Svizzera. I gruppi di compagni o i sindacati che intendono valersi dell' opera sua, scrivano subito all' indirizzo del giornale, perchè, l'itinerario possa essere stabilito precedentemente.. Per le spese di viaggio è fissata una quota unica di 7 (ramiti per conferenza.

Alla fine d'ogni riunione, se i compagni lo-giudicano opportuno, sarà fatta una colletta-metà a profitto delle vittime politiche e metà pel R I S V E G L I O s e t t i m a n a l e . Sabato 12, L o s a n n a . —- Domenica 13 : ore 10 ant..

V i l l e n e u v e ; 2 V, pom., M o n t r e u x ; 8 ' / , di sera, Renezis.

Domenica 27 : 10 ant., Claro ; 3 poni.. Chiasso . Subato 2 settembre. F r i b u r g o . — Domenica 3,

Sole t t a .

O P U S C O L I I T A L I A N I Giov. Grave. L a S o c i e t à al d o m a n i da l la r i vo luz iono 1,— Max Neltlau. M i c h e l s B a k o u n i n o , schizzo biografico 0,40 Luigi Fabbr i . L ' I n q u i s i z i o n e m o d e r n a 0.25 W Tcherkesoff. P a g i n e d i s t o r i a s o c i a l i s t a 0.20 Luigi Fabbri C a r l o P i s a e a n e , cenni storici 0,15 Giov. Cavilli. P r e g h i e r a d ' u n Ribe l l e , versi 0,15 Gli a n a r c h i c i e d& o h e vog l iono 0,15 Kropotkine. L ' A n a r c h i a . In s u a fi losofia e II s u o i d e a l e 0,15 Pietro Kropotkine. Lo S p i r i t o d i r ibe l l ione 0.15 Errico Malatesta. F r a C o n t a d i n i 0,15 Emilio Sivieri. G io rg i a e Si lv io 0.10 Giuseppe Ferrari . Dol D e i s m o 0.19 Eliseo Reclus. I p r o d o t t i de l ia t e r r a e d e l l ' i n d u s t r i a r.10 Il P r i m o M a g g i o . Il s u o p a s s a t o o H s u o a v v e n i r e 0.10 C o m b a t t i a m o il P a r l a m e n t a r i s m o i 0,05 Lo S o l o p e r o G e n e r a l e . La lezione dei tatti 0,05-

N u o v e F u b b l i t az ion i Pietro Kropotkine. M e m o r i e di u n R ivo luz iona r io 3 .— Luciano Descav.s. L a G a b b i a , d r a m m a in un atto 0,25 Pietro Go i. G e n t e o n e s t a , scene in tre atti 0,40 Michele Bakouni e. Il S o c i a l i s m o e Mazz in i 0.30 Charles Albert. Il l i b e r o A m o r o 0,20 Pietro Gori. Gli a n a r c h i c i s o n o m a l f a t t o r i ? 0,10 Pietro Gori. Il v o s t r o o r d i n e e il nostro disordine 0,10 Pietro Gori. A s p e t t a n d o il s o l e 0,10 F. Pellouticr. S i n d a c a l i s m o e r i vo luz ione s o c i a l e 0,10 Eliseo H d u s . T e o r i a del la Rivo luz ione 0,05 Errico Malatesta. A u t o d i f e s a 0,05 Giovanni Most. L a P e s t e r e l i g i o s a 0,05

A scanso di inutili ordinazioni, avver t iamo che abb iamo disponibili solo gli opuscoli suindicati.

I compagni in [svizzera sono pregati d 'unire alla lettera fti domanda il i-elntivn imnnrln in friinmholli

Kfu<lic»iilo amiHHiisiraiivo s tliniaiiale E N T R A T E

Vendita giornali ed onusrnli : Annecy, 10 — Berne. 14 40 — Feuerthalen. 3 — Fribourg. 13 40 — Genève 16.15 — Lucerne, 20.50 — Sàckingen, S

Totale 80.45 .Abbonamenti : „ . „ . . „

Berne, C 8 — Cina. V.Z. 1.50 — Fnbourq, B L. 3, M.D. 1 50 — Genève, Z.A. 4 — Lucerne, B. 3 — tiencns, V.I. 2 — Zurfch. M.Z. 5. Totale 2 1 . -

Contribuzioni volontarie : Genève : B 0,50. A.H. 5, Jennquimarche 10, Pinceau, I, C. et F. 0.50 — Lucerne et Zurich, 7.85 T..tale 24.85

Totale entrate al 40 Agosto 120.30 U S C I T E _.„ ., , „ „ ,

Oélicit 579.OJ Soese Dottali per corrl ipondenze e «pedliloni . . 23.5U Compoilzlone e t iratura del N" 134 (2300) . . . . 16.50 Prospectus • - - î_—

Totale uscite al 10 Agosto 703.16 .vm-u 6 7 6 . 8 5