il continente mu
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8/10/2019 Il Continente Mu
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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA
FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di laurea magistrale in
LINGUE E CULTURE DELLASIA E DELLAFRICA
Tesi di laurea inStoria del pensiero scientifico
IL CONTINENTE MU:
REALTA, MITO O INVENZIONE?
UNINDAGINE STORICA
Relatore:
Prof. Marco Ciardi
Correlatrice:
Prof.ssa Sandra Linguerri
Tesi di laurea di:
Carmela Gabriele
Matricola 352854
Anno Accademico 2010/2011
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Per realizzare qualcosa di grande
mettici tutto il tuo spirito con tutta la sua potenza,
tutta la tua anima e tutta la sua intelligenza,
e tutto il tuo corpo con tutti i suoi sensi.
Metti amore in tutto ci che fai
e creerai un luogo meraviglioso dove vivere:
ti trasformerai nellamore stesso.
E lamoresta aspettando la tua creazione
- Maestro Quechua Amaru Cusiyupanqui -
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INDICE
INTRODUZIONE .............................................................................. 3
1 MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO ............................... 9
1.1 I continenti perduti: una storia non scritta ................................ 9
1.2 Limpronta di Mu................................................................... 15
1.3 La Terra Madre di James Churchward ................................... 23
1.4 Mu esoterica ........................................................................... 34
2 IL PANORAMA SCIENTIFICO DEL XIX SECOLO ..... 41
2.1 Le teorie sulle terre scomparse ............................................... 41
2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo .......................... 48
2.3 Giornalismo e divulgazione .................................................... 67
2.4 Scienza e pseudo-scienza ....................................................... 74
3 LA FINE DI MU................................................................... 79
3.1 Il mito dell antica civilt scomparsa.................................. 79
3.2 Le falsificazioni ...................................................................... 86
3.3 Lapproccio storico alla verit.......................................... 101
CONCLUSIONE ............................................................................ 121
BIBLIOGRAFIA ............................................................................ 129
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INTRODUZIONE
Della storia delluomo si dispone di una storia documentata che
abbraccia solo le ultime poche migliaia di anni, e che per di pi
non sono sufficientemente note. La presenza di tutta una serie di
miti tramandati in forma scritta e orale presso popoli cos diversi
e lontani tra loro, correlata a una grande quantit di altri fattori
probanti appartenenti ai pi diversi campi della ricerca scientifica
e umanistica, ha posto una serie di interessanti interrogativi astorici, archeologi e studiosi di storia comparata delle religioni,
portando alcuni ricercatori a interpretare letteralmente queste
narrazioni come la descrizione di fatti di gravit e portata
mondiale, realmente avvenuti agli albori della civilt.
Il mito e la leggenda di un favoloso continente perduto, sommerso
dalla furia delloceano dopo terribili sconvolgimenti geologici,
culla primigenia e tomba stessa di unantica e misteriosa civilt
madre, accompagna e affascina da millenni luomo, impegnato nel
corso della propria evoluzione civile, scientifica e tecnologica.
Molte fonti letterarie e tradizioni orali provenienti da varie parti
del mondo hanno tramandato le drammatiche reminiscenze della
fine di una terra e di una civilt che la scienza e la storia ufficiale
ignorano e negano.
Nelle rivelazioni fatte a Solone dai sacerdoti egiziani di Sais su
Atlantide e successivamente riportate da Platone nel Timeoe nel
Crizia, alle antiche tavolette ideogrammate riferentisi a Mu e
nascoste negli antichi templi dellIndia o conservate in
inaccessibili monasteri tibetani, si trovano riferimenti allantica
esistenza di terre leggendarie, vere e proprie fucine di civilt dalle
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cui polveri, dopo la distruzione avvenuta a causa di un terribile
cataclisma, sarebbero germinate le civilt preistoriche e storiche
che noi oggi conosciamo.
Mu e Atlantide pi ancora che lancestrale Lemuria
costituirebbero i bastioni delle civilt esistite prima del Diluvio
Universale, penultima di una serie ciclica di catastrofi che varie
tradizioni religiose ed esoteriche descrivono come scandenti
lavvicendamento di grandi periodi epocali.
La disquisizione, tornata di gran moda negli ultimi tempi,
sullesistenza o meno di terre leggendarie quali Atlantide e Mu,
pu facilmente apparire una fuga poco realistica di fronte ai
concreti e assillanti problemi che la vita attuale ci costringe ad
affrontare.
Tuttavia, avvicinando questi temi con ladeguata seriet e il
necessario approfondimento, ci si rende conto di come
lopposizione della questione delle antiche civilt scomparse daparte dellestablishmentscientifico-religioso sia in parte connesso
alla necessit di mantenimento dei grandi schemi culturali, storici
e necessariamente scientifici che costituiscono le colonne portanti
della nostra attuale conoscenza. Pi semplicemente, parlano del
nostro personale modo di rapportarci con il mondo e con noi
stessi.
Oggi vanno via via emergendo importanti implicazioni che si inte-
grano perfettamente e vanno a costituire la base e la premessa
necessaria di un certo numero di movimenti culturali, spirituali e
filosofici che vengono correntemente raggruppati con il termine
New Age.
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Quasi un secolo fa fu pubblicato un libro dal titolo Il Continente
Perduto di Mu che suscit enorme interesse negli archeologi e
storici del tempo, scalpore e scandalo negli ambienti accademici
pi conservatori. A questo libro ne seguirono altri quattro, ricchi
di riferimenti.
Al tempo della pubblicazione, Churchward lautore del libro
era un nome sconosciuto alla maggior parte delle persone. Il suo
successo presso il pubblico fu dovuto a diversi fattori, in parte
relativi al risveglio dinteresse post-bellico per le tradizioni
religiose e al diffuso senso di critica contro una scienza che aveva
portato alla bomba atomica (che cominciava a far crescere la
paura per il rischio di una catastrofe nucleare in cui lumanit
sarebbe stata cancellata), in parte alla pubblicit negativa fatta
dagli stessi oppositori dei contenuti dei suoi libri.
La terra scomparsa di Mu fu a lungo cercata dagli studiosi di
grandi enigmi, ma solo con Churchward la questione fu presentataper la prima volta nei libri, basandosi sullipotesi che gli eventi di
natura catastrofica descritti nella letteratura antica, in particolar
modo quella sacra di ogni popolazione della Terra, sono in realt
fenomeni oggettivi.
Churchward, colonnello britannico che un tempo era stato nel
corpo dei Lancieri del Bengala in India, mentre lavorava a un
programma dassistenza in favore delle vittime di una carestia,
conobbe un rishi che possedeva una biblioteca di tavolette di
pietra graffite in lingua Naacal, la lingua originaria di Mu.
Secondo la teoria di Churchward, dedotta dalle tavolette Naacal e
dalle tradizioni orali delle isole del Pacifico e certe zone
dellAmerica Meridionale e Centrale, i primi esseri umani ebbero
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origine su Mu circa 200 milioni di anni fa. La loro scienza,
compresa la capacit di controllare la gravit, era molto pi
avanzata rispetto a quella che oggi conosciamo. Ma intorno a
12.000 anni fa avvenne una catastrofica esplosione che fece
sprofondare nellOceano Pacifico il continente di Mu.
Di una massa territoriale lunga circa 8000 chilometri e larga 5000
non rimasero che poche isole sparse sopravvissute al di sopra
delle onde. Si presume che nellesplosione cosmica siano perite,
sulla popolazione complessiva dellantica Mu, 64 milioni di
persone, e i sopravvissuti finirono per colonizzare gli altri
continenti.
Churchward lascia in sospeso la questione dellesistenza delle
tavolette, affermando che oltre a quelle da lui viste, sembrerebbe
che ne esistano tuttora altre riguardanti il continente Mu,
segretamente conservate in alcuni monasteri sulle alte montagne
dellAsia Centrale e volutamente mantenuti segreti.Il Continente Perduto di Mu present in maniera non conven-
zionale gli eventi della civilt umana appartenenti ad un periodo
meno recente della vita del nostro sistema solare, e negli anni che
seguirono furono pubblicati diversi altri articoli, di contenuto non
meno rivoluzionario, in campi quali la geologia, la cronologia e la
storia antica. Furono tenute diverse conferenze in vari paesi e
numerose riviste e gruppi di studio vennero ispirate da queste
teorie e svilupparono ulteriormente le idee di Churchward. Riviste
e gruppi che in parte sono ancora oggi molto attivi.
Attualmente i documenti a disposizione, dedicati a Mu, sono rari
(se non del tutto inesistenti), e sono molti di meno rispetto a
quelli sul mito di Atlantide, sul quale sono stati scritti migliaia di
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1 MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO
1.1 I continenti perduti: una storia non scritta
Davanti ad un mappamondo, se volessimo porre un puntino per
ogni luogo misterioso della terra, scopriremmo che l'Asia ne
contiene il numero maggiore. Esistono poi un numero di localit di
cui nessuno conosce la collocazione.
Si parla o si parlato di miti e leggende dell'India e dell'Asia
centrale, ma nessuno sa cosa o dove siano i luoghi di cui dicono:
da Agarthi a Shamball, alla regione dello Shangri-La al continente
Gondwana, da Atlantide a Lemuria e Mu. Tra tutti questi, gli ultimi
due sono connessi dalla personalit dei ricercatori che li hanno
studiati.
Alfred Lothar Wegener, un geofisico vissuto agli inizi del XX sec. eideatore della teoria della deriva dei continenti, formul l'ipotesi
del continente Gondwana.
Fig. 1 Concezione di un artista che mostra la citt di Atlantide cos come stata
immaginata e descritta nel mito platonico.
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Gondwana era il nome della pi contemporanea Pangea,
quell'immensa zolla di terra che in epoca preistorica riuniva
l'America meridionale, l'Africa, l'India e l'Australia. Un super-
continente, al quale larcheologo contemporaneo Sabatino Moscati
ha opposto Laurasia, zolla che avrebbe riunito l'America
settentrionale, l'Europa e l'Asia.
Gondwana e Laurasia, sarebbero state, quindi, delle mega-isole
con un solo punto di contatto (non ben individuato): nellambito
del Gondwana si collocherebbe Mu.
Ma rimane aperto il problema di definire cosa fosse e dove si
trovasse con precisione.
Le tradizioni che narrano di antiche catastrofi, responsabili di aver
devastato interi continenti, paesi e regni felici spesso altamente
evoluti, fanno parte della mitologia di molte culture. Dietro questa
idea possono essere trovate spiegazioni di ordine religioso, ma pi
spesso vi sono esperienze determinate dal bisogno dell'uomo diindividuare le proprie radici ataviche in un passato indefinito sul
piano storico, simile a quello del "C'era una volta" delle fiabe.
Radici profondamente situate in un tempo in cui gli uomini
vivevano in armonia con le divinit e con i propri simili, un tempo
che con il trascorrere del tempo, per qualche ragione sempre
determinata da un'infrazione grave degli esseri umani vide quei
mondi meravigliosi, dominati dall'equilibrio, spazzati via dalla
furia degli di.
Di quei mondi non resterebbe pi alcuna traccia concreta se non
l'eco nelle memorie di storici e scrittori. Ed spesso grazie a loro
se molte delle testimonianze sulla distruzione di interi continenti,
paesi o citt sono giunte fino a noi: quasi sempre queste
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testimonianze non possono dirsi cronache precise, ma sono
comunque le uniche fonti che consentono agli uomini moderni di
immaginare, almeno, lo splendore e l'estensione di luoghi
definitivamente perduti.
I resti di mondi meravigliosi e perfetti come Atlantide o come Mu,
di fatto non sono mai stati ritrovati. Sono per state proposte
molte ipotesi sulla base di limitate informazioni, non sempre
scientificamente attendibili, tendenti a porre queste tracce in
varie parti del pianeta. Scienziati e avventurieri, archeologi e
pirati hanno solcato i mari e percorso i luoghi pi impervi della
terra (e, a volte, anche dello spazio) alla ricerca di mondi che la
maggior parte degli uomini considera inventati o perduti per
sempre. E armati della sete di conoscenza, o della speranza di
impossessarsi di tesori immensi, hanno "scoperto" pi e pi volte
questi luoghi scomparsi.
Sulla questione hanno detto la loro anche i medium che,attraverso poteri paranormali, hanno cercato di trovare una
collocazione per luoghi che i pi scettici considerano esclusivo
frutto della fantasia.
Quasi sempre, le tradizioni sulle grandi catastrofi hanno percorso
secoli (o addirittura millenni) cavalcando l'irrefrenabile canale
della narrazione orale.
Come avverte Marcel Detienne: "Riflettere oggi sul mito significa
anzitutto riconoscere, e in parte subire, il fascino che la mitologia
e il suo immaginario, nel senso pi comune della parola, hanno
sempre esercitato ed esercitano tutt'ora su di noi e sulla storia
delle nostre conoscenze pi recenti: fascino nato da una lettura
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delle vicende degli uomini, colpevoli di aver offeso le divinit o di
non averne rispettato i precetti.
La relazione tra religione e clima-fenomeni naturali distruttivi
costituisce una chiave di lettura per cercare di dare un senso, in
un'ottica molto materialista, ai fenomeni rovinosi per l'ambiente
in cui gli uomini vivono. Un atteggiamento presente in religioni
molto diverse tra le quali l'Ebraismo e il Cristianesimo , in cui il
tema della distruzione del mondo rappresenta una parte molto
importante del messaggio teologico raccolto nei libri sacri.
Un altro fondamentale aspetto riguarda l'effettiva dimensione dei
fenomeni indicati come artefici delle distruzioni di continenti
mitici. infatti credibile che le mitologie in cui sono descritte
catastrofi di entit cosmica si riferiscano in realt ad avvenimenti
circoscritti, seppure distruttivi: cos, echi di episodi certamente
accaduti, ma di estensione probabilmente non universale, hanno
alimentato leggende che hanno cos distorto a dismisura la realt.
Gli eventi naturali che avrebbero prodotto fenomeni distruttivi di
grande portata sono stati in qualche modo giustificati nel
Fig. 2 Il Diluvio Universale biblico.
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linguaggio della mitologia e della religione al fine di dar loro una
motivazione e un'origine.
Il modello cataclismatico un modello celeste, ed basato
sull'idea archetipica del Cielo che cade in modo cataclismatico
sulla Terra: gli aspetti tettonici e vulcanici di alcuni miti greci sono
il corollario naturale di questo modello celestiale. La linea di fondo
che gli di appaiono come la personificazione di queste forze
cataclismatiche.2
Molti sono i rischi che si affrontano quando si osa intraprendere lo
studio dei miti. In primo luogo si pone una rischiosa
contraddizione ontologica, poich il mito, come ricordava gi
Platone 3 verit apodittica, dunque irrefutabile, una verit
indiscutibile posta al di l del dominio del contingente. Il racconto
mitico non avrebbe dunque bisogno, per definizione, di
dimostrazione alcuna, n potrebbe divenire oggetto di indagini
razionalizzanti.Nonostante ci, le ricerche in campo mitologico hanno costituito
uno degli aspetti pi significativi dello sviluppo delle scienze
umane. Allo stato attuale delle conoscenze, si riconosce al mito
una funzione di straordinario rilievo nella storia delle civilt,
tuttavia esso non smette di attirare su di s una certa diffidenza.
opinione diffusa che il mito veicoli messaggi per i sentieri
tortuosi e scivolosi che gli sono propri e che si fondi su
ineliminabili antinomie.
2Alford Alan F. (2002), Il segreto di Atlantide e delle antiche civilt
sommerse, Newton & Compton, Roma, p. 99.
3Platone (2000), Fedro, Bompiani, Milano.
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Universale antropologico o memoria storico-culturale di un
passato remoto comune, il mito si reso depositario privilegiato
del patrimonio sociale, ideologico e morale delle comunit che lo
hanno trasmesso, veicolando temi e motivi ricorrenti relativi, per
esempio, alla creazione del mondo e alla nascita degli di.
Concepibile come una sfera al cui interno possibile ravvisare un
nucleo di storicit, il mito si costituisce nella periferia di elementi
fantastici e abbellimenti che non intrattengono relazione alcuna
con la storia. Difficili e pericolose sono dunque le operazioni
ermeneutiche volte a investigare la complessa relazione esistente
fra mito e storia, poich essa pone il grande problema della
incommensurabilit dei due sistemi, luno legato a un modo di
raccontare principalmente fondato su categorie di carattere
simbolico e metaforico, che in parte sfuggono alla logica razionale,
laltro volto invece alla narrazione ordinata, razionale e
sistematica degli eventi.
1.2 Limpronta di Mu
Una vecchia leggenda delle Caroline racconta:
Un giorno molto lontano giunsero a Ponapo, su strane barche
luccicanti, alcuni stranieri bianchi. Essi non parlavano la nostra
lingua, ma avevano con s genti della nostra razza, con le quali ci
potevamo intendere, anche se il loro idioma era alquanto diverso
e anche se da tempo avevano adottato i costumi degli stranieri.
Questi ultimi narravano bellissime favole d'una terra che si
sarebbe estesa l dove il mare, e d'edifici meravigliosi, e di
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"Nel novembre 1938", scrive ancora Hutin, "i fratelli Bruce e
Sheridan Fahrestack
rientrarono a New York dopo
una spedizione durata due
anni, nel corso della quale
scoprirono nell'isola di
Manua Levu (gruppo delle
Fiji) un monolito di 40
tonnellate su cui si trovavano
incisi caratteri sconosciuti.
Anch'esso costituisce un
enigma archeologico: i
giornali ne parlarono come
della testimonianza d'una
regione del continente
scomparso di Mu".Nel 1886 lesploratore francese Augustus Le Plongeon (1826-
1908), pubblic nel suo libro Sacred mysteries among the Mayans
and Quiches una traduzione del codice maya allora noto come
Troano (in quanto appartenuto a Juan Troy Ortolano) e oggi
considerato come una delle due parti del Codice Tro-cortesiano
conservato a Madrid.
Questo il passo della traduzione di Le Plongeon:
Nellanno 6 Kan, l11 Muluc del mese di Zac, si verificarono
spaventosi terremoti che continuarono fino a 13 Chuen senza
interruzione, Il paese delle colline di terra la terra di Mu fu
perduto. Due volte sollevato, scomparve nella notte, dopo essere
stato costantemente attaccato dai fuochi del sottosuolo. Le forze
Fig. 3 Augustus Le Plongeon
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imprigionate fecero sollevare e abbassare la terra parecchie
volte in varie zone. Infine la superficie cedette e i dieci paesi (o
trib) furono squarciati e frantumati. Sprofondarono con i loro
64.000.000 di abitanti 8060 anni fa.5
Le Plongeon nei suoi scritti non menziona mai Lemuria e si
riferisce sempre a Mu come a un altro nome di Atlantide e
comunque come ad una terra che i Maya sapevano essere
sprofondata in tempi remoti nellOceano Atlantico e non nel
Pacifico. Inoltre il valore scientifico delle sue traduzioni dei testi ingeroglifico maya pressoch nullo, in quanto la traslitterazione di
quellantica scrittura stata riscoperta solo in tempi relativa-
mente recenti, grazie al sistema di interpretazione fonetica e
logografica dei segni proposto dal russo Yuri Knorozov nel 1952.
Tale decifrazione ancora in corso di studio, dato che gli studiosi
sono impegnati nel lavoro di attribuzione dei valori (fonetici e
logografici) a ciascuno dei centinaia di glifi.
Le Plongeon fu il primo uomo a parlare al mondo di Mu, nome che
deriverebbe da "regina Moo", una misteriosa sovrana di origine
atlantidea. Fu anche il primo uomo a scavare le rovine maya nello
Yucatan, in Messico, dove trov e tradusse uno dei pochi libri
sopravvissuti di quella civilt, il Codice Troano, e diede uno
straordinario resoconto di questa terra perduta che, stando alle
sue affermazioni, fior nellOceano Pacifico prima di essere
distrutto da un terremoto.
Le Plongeon sosteneva che i suoi abitanti potevano essere
considerati gli antenati dei Maya e degli Egizi, ma le sue ipotesi
5Churchward J.
(1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.
1926), p. 71.
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non ebbero alcun credito negli ambienti scientifici, cos Mu
continu ad essere nient'altro che un bel mito, difficile da
posizionare nella storia e soprattutto nella geografia.
C molto mistero e confusione, storie intricate e disinformazione
riguardo al continente di Mu, ma le tesi di Le Plongeon furono
comunque un seme lanciato nel fertile campo dei misteri irrisolti,
un seme che stimol alla ricerca numerosi studiosi. Uno, in
particolare, fu ammaliato da quel luogo perduto: si chiamava
James Churchward ed era destinato ad essere considerato lo
scopritore sulla carta" del mitico continente scomparso.
cos che quando si parla di Mu, si parla del Colonnello inglese
James Churchward, un viaggiatore e studioso con notevoli meriti
nel campo della scienza, che trascorse la sua vita cercando lesatta
posizione di Mu sulla mappa del mondo.
Nel 1926 egli pubblic il primo della serie di cinque libri, The Lost
Continent of Mu, contenente punti importanti della preistoria edellantropologia, che il Colonnello aveva accuratamente raccolto
e compilato in oltre 50 anni di ricerca ed esplorazione attraverso
lAsia e i Mari del Sud:
Cera una volta un continente fiorente nel mezzo dellOceano
Pacifico, chiamato Mu. [] La pi grande tragedia dellumanit
avvenne quando Mu affond, portando con s nelle profondit
degli abissi 64 milioni di persone e una civilt antica circa
200.000 anni.
Questa civilt era al suo apice quando, in accordo con Charles
Darwin6, luomo era strettamente imparentato con la scimmia.
6Darwin C. (1965), Sulla Origine delle Specie, trad. italiana della 1ma
edizione di G. Canestrini, Torino.
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Gli Incas e i Maya dei tempi preistorici erano gli ultimi membri di
una civilt precedente che stava estinguendosi. []
I documenti pi antichi dellumanit sono proprio qui, nel
continente di questi lontani antenati, che fu una delle prime
colonie di Mu. [] Documenti in Tibet, antichi oltre 70.000 anni,
dimostrano la comunicazione esistente con il Sud America cos
come con la Cina, lEgitto, lIndia e lAfrica. []
Quando Mu affond ed emersero per la prima volta le montagne,
luomo degener nella ferocia dalla quale emerse la nostra
attuale civilt.7
Dopo questa pubblicazione ci fu grande clamore nellambiente
degli studiosi, e Churchward pubblic in gran velocit irimanenti suoi quattro libri: The Children of Mu (1931), The Sacred
Symbols of Mu (1933), e Cosmic Forces of Mu in due parti (1934-
35).
7Churchward J.
(1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.
1926), p. 11.
Fig. 4 Mappa da Books from the Golden Age, 1927.
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Prepar anche un altro volume, Books of the Golden Age
(pubblicato postumo solo nel 1997) e inizi a scrivere Traces of
Mu in America
Nel primo libro Mu, il Continente scomparso8egli racconta che: Il
Giardino dellEden non era in Asia, ma in un continente ormai
affondato nellOceano Pacifico, e la storia biblica della creazione
la storia epica dei sette giorni e delle sette notti non ci
pervenuta dalle genti del Nilo n della Valle dellEufrate, ma dal
continente affondato di Mu: la Terra Madre dellUomo.9
Egli prov questa sua affermazione attraverso la descrizione dei
complessi geroglifici che scopr e tradusse dalle antiche e sacre
tavolette indiane. Queste tavolette raccontavano di un continente
di 64.000.000 di abitanti, i quali circa 50.000 anni fa svilupparono
una civilt per molti aspetti superiore alla nostra. Le sacre
tavolette descrivevano la nascita della terra e della creazione
delluomo nella misteriosa terra di Mu.Verso la fine degli anni Cinquanta, gli archeologi Reesdan Hurdlop
e William Niven (che avevano lavorato in America Centrale)
tentarono di ritrovare le tracce di Mu. Partirono per il Messico e l,
in una valle sperduta nel corso dei loro scavi, portarono alla luce
documenti di grande importanza: rinvennero un sarcofago
contenente 69 rotoli di papiro coperti da una fitta scrittura.
Partendo da questi rotoli messicani e dalle supposizioni del
colonnello Churchward, Toni Earl scrisse Mu revealed10: un
8Traduzione italiana di The Lost Continent of Mu.
9Churchward J. (1926), The Lost Continent of Mu, BE Books/Brotherhood of
Life Inc., Dartmouth, p. 7.
10Earl T., Mu revealed, Warner Books Inc., New York, 1972.
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successo editoriale enorme, in cui la fantasia spesso prevarica la
storia.
Nel libro, che vorrebbe essere il resoconto del contenuto dei
rotoli, si narrano le vicende di un giovane sacerdote di Mu, ma in
questo resoconto il nome del luogo Muror. Il protagonista
sarebbe anche l'autore della straordinaria documentazione
riportata alla luce da Niven e Hurdlop: il giovane sacerdote, di
nome Kland, avrebbe scritto di un periodo risalente al 21.050 a.C.,
narrando di Muror e definendola come l'"ultimo continente".
La descrizione degli ambienti, degli usi, dei costumi, dell'economia
e del governo danno di questo luogo un'immagine molto simile a
quella idilliaca dei luoghi leggendari spesso protagonisti della
letteratura mitologica.
Ad oggi non esistono informazioni precise per accettare se quanto
stato riportato, spesso in forma divulgativa e senza riferimento a
fonti oggettive, appartenga alla realt. Certamente si tratta diindicazioni di indubbio interesse per porre in luce quanto peso
abbia il mito nell'alimentare l'inesauribile desiderio umano di
ritrovare le tracce di un mondo perduto.
Eppure la maniera in cui venne alla luce loriginale storia della
creazione sul continente perduto di Mu, da vita a unaltra storia:
la storia del Colonnello James Churchward.
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1.3 La Terra Madre di James Churchward
Percy Tate Griffith, avendo conosciuto sin dallinfanzia questogeniale autore, inventore, artista, ingegnere, geologo, medium e
massone di 33 grado, dopo la sua morte nel 1937 scrisse una
biografia, My Friend Churchey and his sunken island of Mu11, in cui
racconta di Churchward.
Nato a Devon nel febbraio 1851, in Inghilterra, arriv sulla scena
di Brooklyn nel 1880. La storia della sua adolescenza e della sua
educazione (probabilmente a Sandhurst e Oxford) restano
nellombra, cos come la sua carriera militare nella British Army
come Colonnello del Genio e come Colonnello di un reggimento di
Lancieri del Bengala
stazionati in India. Si
spos in India allet di 20
anni e nel 1872 ebbe un
figlio, Alexander.
Nel 1868 era tempo di
carestia in India, e il
colonnello offriva il suo
servizio di assistenza nel
lavoro di soccorso in
favore delle vittime di una
carestia. Qui conobbe un
rishi un sommo sacerdo-
11Griffith Percy T. (2004), My friend Churchey and his sunken island of Mu:
Biography of Colonel James Churchward, Engineer, Inventor and Author of
the Mu Books, Dick Lowdermilk, Londra.
Fig. 5 Colonel James Churchward
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te di un tempio ind, e scopr gradualmente come questo fosse
molto interessato allarcheologia e alle antichit, e come egli
avesse una conoscenza ampia e approfondita di questi temi.
Un giorno il sacerdote vide il colonnello che stava provando a
decifrare un bassorilievo molto particolare su una parete, cos gli
mostr come risolvere il puzzle di quelle particolari iscrizioni,
offrendosi di dargli delle lezioni (lezioni che sarebbero state utili
per lavori pi complessi). cos che inizi la loro amicizia.
Per pi di due anni Churchward studi diligentemente una lingua
morta che il suo amico sacerdote credeva fosse la lingua originale
del genere umano, un linguaggio che era compreso da soli altri
due sommi sacerdoti in India. Una delle difficolt maggiori
nasceva dal fatto che molte delle apparenti semplici inscrizioni
nascondevano significati esoterici, comprensibili solo dai Sacri
Fratelli - i Naacal12- una fratellanza sacerdotale inviata dalla
terra madre verso le colonie per insegnare le scritture sacre, lareligione e le scienze.
Durante i loro incontri accadde che il sacerdote parl a
Churchward di una serie di tavolette antiche, conservate negli
archivi segreti del tempio e di cui egli stesso non conosceva il
contenuto, in quanto aveva avuto modo di vederne solo i
contenitori a forma di anfora in cui queste erano conservate.
Questi erano scritti sacri da non toccare, documenti che erano
stati redatti direttamente dai Naacal in Birmania, o forse nella
12I Naacal sarebbero stati una confraternita di 'saggi', provenienti da Mu, i
quali avrebbero scritto le tavolette sacre o a Mu stesso, prima del suo
inabissamento, o in Birmania dopo il medesimo, da dove furono poi
esportate in India.
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stessa terra scomparsa. Tali tavolette erano solo dei resti di una
vasta collezione situata in uno dei 7 Rishi dellIndia, e si credeva
che la maggior parte di queste fossero andate perdute.
Dopo sei mesi di tentativi del colonnello per convincere lamico
sacerdote a mostrargli i tesori nascosti, e dopo sei mesi di rifiuti, il
sacerdote cedette alla richiesta e una sera si present con due
delle antiche tavolette. Il colonnello racconta di quel momento di
incredibile felicit, in cui esamin curioso le tavolette d'argilla
nascoste per un cos tanto tempo. Erano scritte nei caratteri della
stessa lingua morta che aveva studiato con lamico, e entrambi
credevano fermamente che fossero documenti autentici
provenienti da Mu.
Poich la storia si interruppe brutalmente nel punto pi
interessante sulla seconda tavoletta, non potendo trattenersi dalla
curiosit di conoscere il seguito, persino il sacerdote annu per
continuare le ricerche. E fu cos che le tavolette furono estrattetutte dal luogo segreto in cui erano conservate.
Seguirono mesi di intensa concentrazione nella traduzione delle
tavolette. Gli scritti descrivevano in dettaglio la creazione della
terra e delluomo,e il luogo dove per primo esso apparve: l'isola
scomparsa di Mu.
Churchward racconta di come avessero letteralmente riportato
alla luce dei segreti di grande importanza per l'elaborazione
delleterno dilemma, la nascita delluomo, e cos si convinse a
cercare le altre tavolette perdute, purtroppo senza successo,
portando lettere di raccomandazione ai sommi sacerdoti di tutta
lIndia che in ogni circostanza lo rimandavano indietro con
freddezza e sospetto. Ognuno di loro avrebbe dichiarato di non
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Dopo circa un anno, completata lopera di traduzione, e
Churchward da quel momento in poi dedic l'intera sua vita alle
ricerche della terra madre, credendo fermamente nella nuova
storia della creazione del mondo: fu sullisoladi Mu che nacque il
primo uomo.
Tutte le questioni scientifiche che si aggirano intorno alla
questione del continente perduto di Mu si basano sulle traduzioni
di due serie di antiche tavolette: le tavolette Naacal, scoperte come
finora descritto in India dal colonnello James Churchward, e una
grande collezione di tavolette di pietra oltre 2500 ritrovate nel
1921 da William Niven in Messico. Entrambe le serie hanno la
stessa origine ed in entrambe ci sono estratti dei Sacri Scritti
Ispirati di Mu.
Le tavolette Naacal erano scritte con i simboli e i caratteri Naga e,
la leggenda dice che furono scritte nella Terra Madre, poi portate
Fig. 6 Tabella con alcuni Glifi dei Nacaal. Dal libro I Simboli Sacri di Mu di
J. Churchward.
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in Birmania e infine in India. La loro datazione estremamente
antica attestata dal fatto che la storia narra che i Naacal
lasciarono la Birmania oltre 15.000 anni fa. Non c una risposta
precisa, invece, di dove furono scritte le tavolette messicane di
Niven, ma si sa che per la maggior parte furono scritte con i
caratteri nordici o i simboli Uighur.
Ci che sembrerebbe invariato che entrambe le serie di tavolette
sono state scritte con lalfabeto di Mu, la Terra Madre. Se furono
scritte in Messico o nella Terra Madre e poi portate in Messico non
cosa nota, anche se la datazione di queste tavolette risale a oltre
12.000 anni fa.
Una parte delle tavolette di Niven parlerebbero di Mu, mentre
altre avrebbero fornito i collegamenti mancanti nella storia Naacal
della Creazione. Questi dati furono aggiunti nelledizione finale
delledizione Il Continente perduto di Mu di Churchward, con le
Fig. 7 Alcune tavolette in pietra appartenenti alla collezione di Niven.
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relative decifrazioni e traduzioni.
Alcuni dei temi inclusi in queste tavolette americane erano: una
descrizione della Creazione nei minimi dettagli, la vita e la sua
origine nei minimi dettagli, la creazione della donna, lorigine e il
funzionamento delle Quattro Grandi Forze Cosmiche (oltre 1000
tavolette sarebbero state dedicate a questultimo argomento).
notevole come tanti punti di questa storia coincidano con il
racconto della Creazione proposto dalla Bibbia cristiana.
Le tavolette Naacal in cui Churchward si imbatt in Oriente erano
solo frammenti dei vari temi con molti collegamenti mancanti,
mentre quelle messicane non solo confermavano le tavolette
orientali, ma sopperirono a molti dei collegamenti mancanti.
Churchward riporta di aver speso oltre 50 anni in investigazioni,
ricerche ed esplorazioni per provare quanto aveva trovato scritto
in queste tavolette Naacal. E le tavolette messicane, come quelle
Naacal, indubbiamente stabilirono agli occhi del colonnello, econ sua grande soddisfazione che un tempo la terra ebbe una
civilt molto antica, che fu per molti versi superiore alla civilt
contemporanea e che, con largo anticipo rispetto ai tempi
moderni, avevano conoscenze in ambiti importanti ed essenziali,
ambiti di cui il mondo attuale solo ora comincia ad avere
cognizione.
Queste tavolette testimoniavamo che la civilt dellIndia, della
Babilonia, della Persia, dellEgitto e dello Yucatan non erano che le
ceneri morenti della prima grande civilt. Pertanto le tavolette
messicane confermavano la tesi di Churchward, e furono definite
come i documenti pi antichi delluomo, in quanto questi non
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sarebbero da ricercarsi n in Egitto n nella Valle dellEufrate, ma
in Nord America e in Oriente dove Mu piant le sue prime colonie.
Con il passare del tempo Mu finir con il trovarsi su un percorso
parallelo a quello di Atlantide: dopo 50.000 anni la parte
meridionale del continente sarebbe stata sconvolta da catastrofi
naturali come immani eruzioni e maremoti. La fine di Mu sar la
copia quasi perfetta della vicenda di Atlantide, di Creta, di
Santorini o di Krakatoa, mentre la vicenda umana si sarebbe
consumata lungo un arco di tempo di circa 37.000 anni.
Il parallelismo con Atlantide sembra tuttavia esistere solo sul
piano esoterico. Infatti circa 13.000 anni fa sarebbe iniziato anche
linabissamento di Atlantide, proprio mentre Mu completava il suo
ciclo finale con linabissamento della propria zolla tettonica. E in
questi 37.000 anni si sarebbe completata la deriva dei continenti,
e il mondo si sarebbe ritrovato con una geografia simile a quella
attuale.Ma a questo moto estremamente lento, difficilmente pu aver
seguito lipotesi di un'immensa onda di marea che avrebbe
sconvolto il pianeta, e i pochi sopravvissuti allimmane cataclisma
erano probabilmente abbastanza numerosi per poter dare vita e
continuit per cos lungo tempo ai miti e alle leggende di un
perduto, favoloso passato.
Nella descrizione suggerita dal colonnello Churchward, Mu era
una sorta di terra immaginaria contrassegnata dalla perfezione,
un luogo in cui civilt e natura si amalgamavano in un ambiente
straordinario proposto come esempio di equilibrio e pace.
Una specie di paradiso perduto le cui caratteristiche non
corrispondono a nessun luogo reale.
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Questa ricostruzione si basava sulla comparazione di fonti tra loro
molto diverse: fu infatti attraverso il riordinamento minuzioso dei
fatti e il recupero di connessioni mai evidenziate prima che
Churchward deline l'apogeo raggiunto dal continente perduto e,
poi, la sua fine.
La testimonianza della distruzione di Mu, la Madre Terra
dell'Uomo, darebbe la probabile soluzione del mistero delle razze
bianche nelle Isole del Sud Pacifico e renderebbe nota la
conoscenza di questa grande civilt che fior nel Pacifico centrale e
che si estinse quasi nel giro di una notte.
Queste tavolette diedero la prima traccia dell'esistenza di Mu e
spinsero le ricerche in tutto il mondo, tant che recentemente
sono venute alla luce testimonianze del passato, testimonianze di
vario tipo. Documenti di epoca posteriore scritti dai Maya, in
Egitto e in India raccontano e descrivono la distruzione della terra
di Mu, quando la crosta terrestre fu frantumata dai terremoti esprofond in un abisso di fuoco. Poi le acque agitate del Pacifico la
ricoprirono e si form una distesa di acqua laddove un tempo vi
era stata una meravigliosa civilt.
La conferma dell'esistenza di Mu sarebbe riscontrabile in
manoscritti antichi, tra cui un testo classico come il Ramayana,
poema epico ind scritto dal saggio e storico Valmiki, per ordine
di Narana, sommo sacerdote del tempio Rishi a Ayhodia, il quale
gli lesse i documenti antichi del tempio.
In un punto Valmiki cita i Naacal, dicendo: "...e vennero in
Birmania dalla terra della loro origine nell'Est .
Un altro documento che confermerebbe la storia delle tavole sacre
e di Valmiki il Manoscritto Troano, oggi conservato nel British
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Museum. un antico libro Maya scritto nello Yucatan. Parlerebbe
della "Terra di Mu" utilizzando gli stessi simboli trovati in India, in
Birmania e in Egitto.
Altro riferimento il Codex Cortesianus, un testo Maya all'incirca
della stessa epoca del Manoscritto Troano. Ancora nel panorama
dei documenti vi il Documento di Lhasa.
Oltre alle documentazioni scritte, vi sono ruderi che, per la loro
ubicazione e per i simboli che li decorano, testimonierebbero
l'esistenza di Mu. In alcune Isole dei Mari del Sud, specialmente
nelle Isole di Pasqua, Mangaia, Tonga-tabu, Panape e Ladrone o le
Marianne, si troverebbero ancora oggi vestigia di vecchi templi di
pietra e altri resti litici che ci riportano all'epoca di Mu. A Uxmal,
nello Yucatan, un tempio distrutto reca iscrizioni commemorative
delle "Terre dell'Ovest, donde venimmo"; e la straordinaria
piramide messicana a sud-ovest di Citt del Messico, fu innalzata,
secondo le iscrizioni che reca, come monumento in memoria delladistruzione di quelle stesse "Terre dell'Ovest".
Infine, l'universalit di determinati simboli e usanze antiche,
scoperte in Egitto, Birmania, India, Giappone, Cina, Isole dei Mari
del Sud, America Centrale, Sud America, e presso alcune trib
indiane del Nord America e altri centri di antiche civilt sarebbe
un altro elemento a favore dell'esistenza della Terra Madre.
Simboli e usanze sono cos simili da indurre a pensare che
derivino da un'unica fonte: Mu.
Il continente era una vasta distesa di terreno ondulato che andava
da nord delle Hawaii verso sud. Tracciando una linea tra l'isola di
Pasqua e le Fiji si ha il suo confine meridionale. Copriva oltre 8000
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chilometri da est a ovest e sui 5000 da nord a sud ed era formato
da tre zone divise l'una dall'altra da stretti canali o da mari.
Risalendo tempi remotissimi, sarebbe esistito un grande
continente nel mezzo dell'oceano Pacifico dove adesso "troviamo
solo acqua e cielo", e gruppi di isolette, che oggi sono chiamate le
Isole dei Mari del Sud. Nelle parti che non furono sommerse si
rintraccerebbero ancora ruderi di templi, tradizioni, sculture,
simboli sacri e testimonianze scritte.
Le testimonianze e le informazioni, basate sulla presunta epocadel Manoscritto Troano, confermano che la terra di Mu esistette
fino al limite dell'era storica, ossia fino ad un periodo compreso
fra 12.000 e 12.500 anni fa. Sembrava che il continente
consistesse di tre terre separate, divise tra loro da piccoli mari o
stretti.
Fig. 8 Mappa del 1926, dal libro The Lost Continent of Mu, Motherland of Man,
di J. Churchward.
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riscontrate nellevoluzione biologica e ambientale tra le coste
dell'Africa, dell'India e della Malesia, con particolare riferimento ai
lemuri del Madagascar. Da quelle proscimmie Slater trasse il nome
di "Lemuria".
Ma la Lemuria di Slater non corrisponde a ci che i geologi
chiamavano con lo stesso nome, ossia un continente o un sub-
continente che nella futura teoria della deriva dei continenti di
Wegener potrebbe aver unito l'Africa all'Asia nellera giurassica.
Il clima scientifico ottocentesco dipendeva da Charles Darwin, e
l'ipotesi che in un lontano passato fosse esistita unennesima te rra
scomparsa fece gran clamore. Ma lidea di una terra perduta quale
luogo dorigine dellumanit sembrerebbe parsa molto pi
irresistibile agli occultisti, e pertanto Lemuria si aggiunta alle
loro concezioni cosmologiche.
La fondatrice della teosofia, Madame Blavatsky (1831-1891),
considerata da alcuni unagrande mistica, da altri
una ciarlatana. Nel corso
della sua movimentata
carriera, da cavallerizza
nei circhi da medium
spiritista, acquis una
buona conoscenza della
magia occidentale e della
filosofia orientale.
Madame Blavatsky asse-
riva di aver viaggiato per
il mondo intero alla
Fig. 10 Helena Petrovna Blavatsky.
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ricerca della sapienza occulta, che trov in Tibet, ai piedi del
Mahatma13. Costui, cos affermava, dominava il mondo emettendo
correnti di una misteriosa forza. I molti volumi componenti la sua
opera principale, La Dottrina Segreta, derivano dal Libro di Dzyan,
un antico testo di Atlantide che il Mahatma le aveva mostrato
durante una trance.
La dottrina segreta proclamava levoluzione del genere umano
attraverso Sette Razze Stirpe, di cui la Terza era quella dei
Lemuriani. Non erano pi quindi tre le razze, come ipotizzate
dallaltro grande esoterista Max Heindel.14
Questi antichi esseri, creature gigantesche simili a scimmie,
vivevano in un continente che occupava gran parte dellemisfero
meridionale. Alcuni possedevano quattro braccia, altri un terzo
occhio dietro la testa; comunicavano tramite la telepatia; bench
non possedessero un cervello nel senso proprio del termine, erano
capaci, mediante lesercizio della volont, di spostareletteralmente le montagne. Infine Lemuria esplose e fu seguita
dallinabissamento di Atlantide, fino ad arrivare al mondo che oggi
conosciamo.
Secondo gli occultisti, esistono tuttora dei discendenti del
Lemuriani gli attuali Aborigeni, gli Ottentotti e i Papua.
13 Mahatma un termine sanscrito composto da due parole "Maha" che
significa "grande" e "Atma" che significa "anima", pu essere quindi
tradotto come "Grande Anima". Questo epiteto stato attribuito ad alcuni
personaggi come Mohandas Karamchand Gandhi e viene usato per indicare
adepti, anime liberate o anche professionisti.
14 esoterista tedesco. Considerato il leggendario fondatore dell'Ordine dei
Rosacroce.
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"inconscio collettivo", per
attingere alle memorie
del passato, inclusa
Atlantide.
Molto meno note furono
le descrizioni di Cayce di
una civilt precedente:
l'Impero di Mu
nell'Oceano Pacifico o
Lemuria. Una delle cose
che disse era che
l'Andrea (la costa sul
Pacifico del Sudamerica)
occupava in epoca antidiluviana l'estrema porzione orientale della
Lemuria. Quando fece questa dichiarazione, circa 70 anni fa, gli
oceanografi sapevano ben poco di quanto giacesse sotto il Pacifico.Nelle sue Letture del Libro della Vita (o Cronache di Akasha)
descrisse Lemuria come una catena ininterrotta di arcipelaghi ed
isole che collegavano il Pacifico dalla costa del Sud-America fino al
Giappone.
Dal momento che n Atlantide n Lemuria erano continenti in
senso stretto geologico, rimane il fatto che entrambe furono
effettivamente "continentali" in quanto terre con larga influenza e
vasta estensione culturale.
La civilt del Pacifico era nota sia come "Lemuria" sia come "Mu",
entrambi questi nomi appaiono alternativamente attraverso le
tradizioni mitologiche, senza che si possa riscontrarne alcuna
differenza nel significato.
Fig. 11 Edgar Cayce.
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Nei racconti di Cayce ci perviene che i Lemuriani di razza scura
furono i primi della grande migrazione di stranieri che
raggiunsero il Per. Altri Lemuriani neri viaggiarono verso le
Americhe, dove parteciparono alla civilizzazione Olmeca del
Messico, e furono poi immortalati dalle enormi teste scolpite in
pietra dai loro antichi artigiani. La razza scura di cui parlava Edgar
Cayce sembrerebbe esser stata la maggioranza della popolazione
nativa di Lemuria, i cui discendenti comprenderebbero a suo
avviso anche i moderni polinesiani.
Churchward, che pubblic i suoi libri decenni prima che il
materiale di Cayce fosse universalmente noto, dichiar a sua volta
che una razza scura risiedeva a Mu, mentre l'aristocrazia era
regolata da una razza bianca.
Tornando a Cayce, egli divulg le seguenti informazioni in risposta
alla questione concernente l'aspetto della superficie terrestre
durante lo Zenith della grandezza Atlantidea: "Quindi, questaporzione di terra, che era dunque il Sud Pacifico di Lemuria [Mu],
inizi a sparire ancor prima di Atlantide, a causa dei cambiamenti
che si stavano verificando verso l'ultima parte di quel periodo, che
sarebbe stato chiamato o 10.700 anni di luce o anni terrestri, o
presentandoli come Adamo.15
Nel suo Libro della Vita, Cayce disse ancora: "Lemuria inizi a
scomparire nell'8.700 a.C." E geologicamente sarebbe pi
concepibile che il processo di totale inabissamento abbia
impiegato millenni per completarsi, piuttosto che con un
improvviso sconvolgimento naturale.
15Cayce E. (1998), Edgar Cayce on the Akashic Records: The Book of Life, Are
Pr, U.S.A.
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Cos come l'arcipelago di Mu cedette davanti alla forza usurpatrice
del mare, anche i Lemuriani si ritrovarono con meno territorio e
furono costretti a migrare. Cayce ci racconta che i Lemuriani
erano molto diversi dagli imperialistici Atlantidei e potevano
essere riluttanti a farsi valere in terra straniera, tendendo verso
un auto-imposto isolamento.
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2 IL PANORAMA SCIENTIFICO
DEL XIX SECOLO
2.1 Le teorie sulle terre scomparse
Pi che le sole storie di studiosi dellocculto a supportare
lesistenza di continenti scomparsi, gli stessi scienziati del XIX
secolo avanzarono lipotesi di un continente perduto per spiegare
linsolita distribuzione della flora e della fauna attorno allOceano
Indiano.
I nomi Lemuria e Mu sono stati usati in maniera indistinta per il
continente perduto, sebbene Churchward lo chiamasse esclusi-
vamente Mu.
Letimologia e per lo pi confusa, ma sembra come si detto
che Lemuria ricevette il suo nome per la prima volta da Sclater nel
1870, il quale incuriosito dalla presenza dei lemuri sia in
Madagascar che in India e dalla loro assenza in Africa e nel medio-
oriente, propose la teoria secondo cui queste due terre, un tempo,
sarebbero state parte di un continente pi grande, chiamato
Lemuria proprio dal nome dei lemuri.
Ma andiamo con ordine.Nei dibattiti scientifici di alto livello, alla luce delle acquisizioni
scientifiche del tempo, la questione di Atlantide era uno degli
argomenti pi dibattuti. Il giovane avvocato, Charles Lyell, fin da
studente dimostr pi interesse per la geologia che per i testi
giuridici. Lindebolimento della vista che gli rendeva difficile la
lettura lo spinse a dedicare sempre pi tempo alla geologia che
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Darwin sperava cos di mettere a tacere definitivamente tutte le
divagazioni su Atlantide e su lembi di terra. Speranze vane, in
quanto non solo la teoria di Atlantide come ponte continentale
continu a rimanere viva, ma se ne affianc un'altra destinata ad
una simile notoriet.
La pubblicazione di Darwin aveva posto un dilemma agli
scienziati: se specie simili si erano evolute in un dato luogo a
partire da un antenato comune, come spiegare lesistenza di
animali come il lemure, che vive principalmente nel Madagascar
oltre alcuni esemplari insediati nella vicina Africa e che
altrimenti ritrovabile solo in India e nellarcipelago malese? Altri
animali e piante sollevavano lo stesso problema: come erano
riusciti ad attraversare lOceano Indiano. La risposta pi ovvia era
postulare lesistenza di un ponte di terra o di un istmo oggi
sommerso.
I geologi presero anchessi parte al dibattito facendo presente lasomiglianza fra alcune rocce e fossili dellIndia centrale e
dellAfrica meridionale. Era ormai nato un nuovo continente,
esteso fra lAfrica e lIndia, che sarebbe esistito allepoca in cui i
lemuri si evolvevano.
Secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, luomo discende dalla
scimmia, ma il legame fra le due specie non era comprovato da
fossili.
Anche il naturalista tedesco Ernst Heinrich Haeckel ricorse a
Lemuria come possibile culla dellumanit. Egli fu un fervido
sostenitore dellesistenza del continente perduto. Principale
sostenitore e instancabile difensore delle teorie dellevoluzione di
Darwin in Germania, nel 1868 pubblic la Storia della creazione
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un tempo antico, era stata inizialmente proposta anche da alcuni
geologi che erano intenti a studiare le analogie fra le formazioni
geologiche delle due zone. Tuttavia Haeckel, con il suo ponte di
terra, spiegava la distribuzione abbondante dei Lemuri sia in
Madagascar sia in Africa e India.
Le teorie di Haeckel rafforzavano la convinzione che la storia
dell'universo, del sistema solare e della Terra dovessero essere
spostate pi indietro nel tempo rispetto alla cronologia
tradizionale secondo la quale la creazione sarebbe avvenuta non
oltre il 4000 a.C.
In ambito geologico e paleontologico vennero introdotti 3 nuovi
periodi che allungavano la cronologia relativa alla storia della
Terra (e, di conseguenza, della presenza di vita sul pianeta). Ma
l'idea che la storia dell'uomo non corrispondesse a quella narrata
nella Sacre Scritture risult essere un'eventualit difficile da
accettare, e alcuni ricercatori del tempo pur avendo preso inconsiderazione l'antichit della Terra, continuava a sostenere che
relativamente all'uomo gli scienziati dovessero attenersi
fedelmente alle informazioni nella Bibbia.
Nel 1816, Christian Jurgensen Thomsen (direttore del Museo
archeologico di Copenaghen) aveva suddiviso la storia dell'uomo
in tre epoche (l'Et della Pietra, del Bronzo e del Ferro), creando
cos uno schema cronologico utilizzato a lungo dagli archeologi,
mentre fra il 1850 e il 1860 vennero alla luce prove sempre pi
numerose di resti umani appartenenti ad epoche pi antiche
rispetto alla supposta datazione del Diluvio Universale.
Cos dopo la pubblicazione dellOrigine della Speciedi Darwin
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diverse fasi dell'Et della Pietra. In questo modo contribuiva in
maniera decisiva alla sostituzione della cronologia fino ad allora
accettata, con la credenza di un remoto passato dell'uomo.
Sempre pi in questi anni continuavano ad emergere prove
convincenti della comparsa dell'uomo sulla Terra in un'epoca
molto remota, cos molti scienziati e uomini di cultura iniziavamo
a pensare che l'inizio della civilt andava retrodatato rispetto alle
stime tradizionali.
Molti archeologi nutrivano la convinzione che esistesse un'origine
comune delle grandi nazioni dell'antichit, dando vita al
diffusionismo, un paradigma interpretativo nuovo e di successo
fino alle met del Novecento.
I sostenitori della teoria diffusionista affermavano l'impossibilit
che una stessa invenzione o innovazione potesse presentarsi due
volte in luoghi diversi, pertanto tutte le conoscenze dovevano
esser state trasmesse da un luogo originario, che secondo alcunistudiosi era l'antico Egitto, per altri era in diverse regioni
dell'Asia, per altri ancora il centro di diffusione era da ricercarsi
nella mitica Atlantide o nella leggendaria Lemuria.
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2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo
Nel 1859 comparve per la prima volta L'Origine delle Specie di
Darwin, ma non era nuova l'idea dellevoluzione degli organismi.
Da circa un secolo molti autori l'avevano sostenuta e discussa
senza tuttavia ottenere per essa una sufficiente credibilit
scientifica.
Nella seconda met del Settecento, specialmente in Francia, alla
iniziale concezione della scala naturale che vedeva in ogni forma
vivente una realt fissa e statica, si era venuta contrapponendo
una visione storica e dinamica della natura. Gi Buffon, a met del
XVIII secolo, nella sua grande opera Histoire naturelle aveva
sviluppato l'idea di una storicit della natura rifiutando la
cosmogonia biblica che fissava in seimila anni il periodo di tempo
trascorso dall'inizio della storia del mondo.
Maupertuis aveva abbozzzato un'ipotesi geniale sullevoluzione
degli organismi e Buffon,
analizzando in pi punti
della sua opera questa
possibilit, ritenne in ogni
caso che l'ipotesi
dellevoluzione non fosse
sufficientemente provata
dai fatti.
L'idea di una continua
trasformazione degli esseri
viventi trov un convinto
assertore in Diderot cheFig. 15 Charles Darwin.
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vedeva in essa una necessaria conseguenza della sua concezione
materialistica, per cui tutta la realt coinvolta in un perenne
flusso di mutamenti. Tale idea di trasformazione dei viventi era
legata alla concezione che la materia avesse una continua ed
autonoma capacit creatrice, e la generazione spontanea,
nuovamente asserita per gli organismi pi semplici da vari autori
di questo periodo, sembrava costituire una delle prove pi
convincenti di questa concezione. Ma l'idea di un rinnovato
prodursi di forme viventi nelle varie epoche della natura doveva
essere elaborata con maggior successo da alcuni autori che
tentarono di conciliarla con il creazionismo tradizionale e
rifiutando la concezione materialistica.
Robinet e Bonnet, pur seguendo una diversa impostazione
scientifica e filosofica, ammisero ad esempio una successiva
comparsa di nuove forme di organismi nelle epoche passate della
terra. Bonnet in particolare cercava di conciliare in questo modol'idea di ascesa e di perfezionamento della natura con quella di un
atto unico di creazione che non richiedesse un successivo
intervento di dio nel mondo. Lamarck, invece, svilupp la sua
ampia e approfondita teoria dell'evoluzione all'inizio
dell'Ottocento senza alcuna preoccupazione di salvare il
creazionismo. Seguendo il pensiero di molti illuministi la natura
per lui un ordine autonomo della realt che pu realizzare il piano
divino solo in base alle sue proprie leggi. Tale piano comport per
Lamarck lipotesi di un graduale e progressivo perfezionamento
degli organismi, destinato a culminare nell'uomo e a realizzarsi
mediante una tendenza necessaria della materia vivente a
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differenziarsi in forme sempre pi complesse che seguono un
disegno uniforme ed ordinato.
I temi del naturalismo illuministico e l'idea di un progressivo
perfezionarsi delle forme, che potevano realizzare nel tempo la
loro ascesa lungo la scala della natura, trovarono in Germania
un'eco importante in Goethe, il quale tendeva a vedere nella
continuit delle forme viventi la metamorfosi ideale di una forma
percepita direttamente nell'esperienza.
Nel complesso le varie teorie dell'evoluzione che vengono
formulate tra il Settecento ed i primi anni dell'Ottocento si
rifacevano a dei procedimenti esplicativi che apparvero ben
presto di carattere speculativo o comunque ipotizzavano processi
o forze vitali che la nuova fisiologia, che sorgeva allora in Francia
su basi pi strettamente empiriche, doveva fatalmente respingere.
Questa debolezza nell'individuare le cause dell'evoluzione non
toglie per a tali autori il merito di aver sviluppato alcuniargomenti importanti a favore dell'esistenza di un processo
evolutivo.
Fra gli argomenti pi o meno implicitamente addotti ve ne era uno
di carattere filosofico generale, condiviso da molti sostenitori di
una concezione di tipo materialistico o teistico. Per costoro
l'universo poteva essere soggetto ad un flusso continuo di
trasformazioni che doveva coinvolgere anche gli organismi o
comunque si doveva ritenere che con la creazione divina del
mondo fossero state fissate soltanto le leggi in base alle quali
doveva scaturire e svilupparsi necessariamente la vita in tutte le
sue forme.
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Le complesse indagini sviluppate fra il Settecento e l'Ottocento
sulle variazioni delle specie erano volte soprattutto a stabilire dei
criteri precisi nell'opera di classificazione pi che a gettare luce
sul problema generale dell'origine dei viventi. Questo problema
sembrava a molti del tutto irrisolvibile.
Un altro argomento su cui si basavano nel Settecento alcuni
sostenitori della teoria evoluzionistica degli esseri viventi era
l'esistenza di un piano fondamentale nella forma anatomica degli
organismi che avrebbe indicato la loro discendenza da un essere
primitivo.
Il ritrovamento di resti fossili di organismi, considerati a lungo dai
teologi e dai naturalisti come la testimonianza del diluvio biblico,
era stata considerata a poco a poco come la traccia di molteplici e
profondi cambiamenti nel passato della terra che avevano dovuto
coinvolgere anche le forme viventi. Si era cos giunti nel
Settecento, attraverso gli studi geologici, all'idea che talicambiamenti si erano svolti in epoche successive, che alcuni
consideravano coincidenti in modo simbolico coi sei giorni della
creazione.
Malgrado la nuova concezione storica della natura, sviluppata
specialmente nell'opera di Buffon, e l'eventuale ammissione di
una successiva comparsa delle forme viventi, il clima culturale
prevalente nel Settecento era per ancora favorevole al
creazionismo e quindi all'idea che un breve periodo di tempo
fosse trascorso dall'inizio del mondo. Appariva perci difficile
ammettere che le passate vicende della natura si fossero svolte
per effetto delle semplici forze naturali. Si riteneva perci che le
azioni delle acque o eventualmente quelle del calore responsabili
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delle passate trasformazioni della terra si fossero prodotte in
modo violento, e cio attraverso catastrofi.
Solo mediante tali catastrofi si poteva ammettere che in un tempo
relativamente breve le acque avessero raggiunto e poi
abbandonato le attuali montagne lasciandovi resti fossili di
animali marini. Solo in tal modo si riusciva a conciliare il racconto
biblico con la storia della terra considerando il diluvio universale,
l'ultima delle grandi catastrofi note alla memoria dell'uomo.
Cuvier nello sviluppare le sue ricerche paleontologiche ed in
particolare nel Discorso sulle rivoluzioni della superficie del globo
(1812) si fece convinto assertore del catastrofismo giungendo
anche attraverso di esso a negare la teoria dell'evoluzione. Cuvier
non si pronuncia sul periodo di tempo n sulle cause precise delle
successive catastrofi che avevano distrutto gli abitanti della terra.
Era comunque sicuro che tali cause avevano agito violentemente
in un modo che non era pi attualmente osservabile.La nuova paleontologia sviluppata nell'ambito del catastrofismo
risultava, quindi, una nuova confutazione della teoria
evoluzionistica. Resti fossili di uomini non erano stati ancora
trovati nei primi decenni dell'Ottocento e quindi appariva ovvio
secondo Cuvier che la loro comparsa sulla terra doveva essere
molto recente e doveva
risalire al periodo
precedente l'ultima grande
catastrofe: il diluvio
universale narrato dalla
Bibbia.
Fig. 16 Il volume del testo biblico,
in ebraico.
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Descrizioni di un diluvio universale che avrebbe inondato le terre
e sterminato le popolazioni del mondo sono dovunque ricorrenti
tra i miti dell'antichit. In molti casi questi miti alludono al fatto
che il diluvio spazz via una civilt avanzata che in qualche modo
aveva fatto adirare gli dei, non risparmiando nessuno e
obbligando i soprav-vissuti a "ritornare bambini, non sapendo
niente di quanto sia avvenuto nei tempi antichi.16
Storie di questo tipo possono esser trovate nelle Americhe
precolombiane, nell'antico Egitto, nell'India vedica. Compaiono
anche nei racconti dei sumeri, dei babilonesi, dei greci, degli arabi
e degli ebrei. E sono presenti anche nei racconti cinesi, del sud-est
asiatico, dell'Europa settentrionale e da un capo all'altro
dell'Oceano Pacifico.
Laddove si sono conservate tradizioni molto antiche, sono state
tramandate perfino tra i popoli delle montagne e i nomadi del
deserto delle vivide descrizioni di diluvi universali in cui lamaggior parte del genere umano stata distrutta.17
opinione diffusa tra gli accademici e da un secolo a questa
parte che i miti siano o pura fantasia o la rielaborazione
fantastica di diluvi locali e limitati, causati da straripamenti di
fiumi o da ondate di marea.18
Sappiamo da tempo, commentava lantropologo J. G. Frazer, nel
16Platone (1984), Timeo, trad. C. Giarratano in Platone, Opere complete,
Laterza, Bari.
17Frazer J. G. (1918), Folklore in the Old Testament, vol. I, 104.361,
Macmillan, Londra.
18 Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, University of California Press,
Berkeley.
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1923, "che leggende su una grande alluvione in cui quasi tutti gli
uomini perirono sono ampiamente diffuse in tutto il mondo. Storie
di cataclismi cos spaventosi sono certamente favolose, ma
possibile e anzi probabile che sotto un guscio mitologico molti di
questi racconti possano nascondere un nucleo di verit: vale a dire
che possano contenere reminiscenze di inondazioni che realmente
colsero di sorpresa particolari regioni, ma che quando furono
tramandate come tradizioni popolari sono state ingrandite e sono
diventate catastrofi su scala mondiale.
Gli studiosi insistono ancora oggi a vedere le storie del diluvio
come memorie ampiamente distorte ed esagerate di disastri
locali realmente verificatisi. Non esiste una leggenda unica sul
Diluvio, ma un insieme di tradizioni cos diverse che non possono
essere spiegate n con una sola catastrofe generale n con la
disseminazione di una sola tradizione locale. Le tradizioni sul
Diluvio si trovano presso quasi tutti i popoli, principalmenteperch le inondazioni sono perlopi le pi universali di tutte le
catastrofi geologiche.19
Non tutte le principali correnti di pensiero accademiche seguono
questa linea, ma tra coloro che non la seguono sembra sussistere
un accordo generale per cui quasi ogni spiegazione (per quanto
stravagante) pi accettabile della semplice interpretazione
letterale del mito dell'inondazione.
"Il mito una metafora una proiezione cosmogonica dei dettagli
salienti della nascita dell'uomo allo stesso modo in cui ogni
19Dorothy B. Vitaliano, The Deluge", in Legends of the Earth: their geologic
origins, Indiana University Press, p. 142-78.
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bambino generato da una "inondazione" di liquido amniotico"20,
questa una delle posizioni autorevoli e accettabili riguardo al
problema, di Alan Dudes, professore di Antropologia e Folklore
all'Universit di California.
Probabilmente tale modo di pensare non sopravvivr a lungo alla
costante accumulazione di prove scientifiche che suggeriscono
una serie di giganteschi cataclismi (come quelli descritti nei miti
del diluvio), che cambiarono completamente la faccia della terra
tra i 17.000 e gli 8.000 anni fa.
Lo speciale interesse di Lyell per l'opera di Lamarck pu in parte
spiegarsi considerando che l'autore francese aveva sviluppato la
sua teoria tenendo presente alcune delle istanze dell'uni-
formismo: una scala di tempo praticamente illimitata, l'indivi-
duazione per spiegare il passato della terra di processi geologici
identici a quelli attualmente osservabili.
Pur respingendo la teoria di Lamarck, Lyell ottenne l'effetto di farconoscere ampiamente l'autore francese in Inghilterra e sembra
che lo stesso Spencer si sia convinto dell'evoluzionismo attraverso
l'analisi fattane da Lyell.
Ma ancora prima di Lamarck, Erasmus Darwin era giunto in
Inghilterra ad una simile concezione evoluzionistica non soltanto
seguendo la via ancora incerta della geologia, o quella pi
suggestiva dell'anatomia comparata, ma soprattutto partendo dal
problema della riproduzione e dello sviluppo embrionale.
Erasmus Darwin fu una figura preminente nel suo tempo. Godette
di grande fama come medico e la Zoonomia cos come altre sue
20Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, 1, University of California Press,
Berkley.
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opere vennero tradotte in diverse lingue, fra cui l'italiano. Fu
anche fra i promotori della Societ lunare che si fece
propugnatrice in Inghilterra delle idee illuministiche.
Ci nonostante difficile valutare quanto del suo pensiero sia
stato ripreso nei successivi sviluppi della teoria dell'evoluzione.
Qualcuno ha voluto pensare ad una sua influenza su Lamarck,
molti invece vedono l'importanza della sua opera soprattutto
nell'effetto che essa avrebbe avuto sul nipote Charles.
William Wells, occupandosi in particolare dellorigine delle razze
umane, indic l'esistenza di un rapporto fra selezione artificiale e
selezione naturale. Anche James Cowles Prichard tratt dello
stesso problema antropologico rilevando per l'importanza della
selezione sessuale.
Fra questi autori pi notoriet ebbe William Lawrence, nel 1819,
per la sua Natural history of man, la quale suscit l'immediata
reazione della chiesa e degli ambienti universitari che inInghilterra erano sotto stretto controllo ecclesiastico.
Nei primi decenni dell'Ottocento, la formulazione pi precisa della
teoria dell'evoluzione per selezione naturale si ebbe tuttavia in un
breve scritto del 1831 di un oscuro botanico scozzese Patrick
Matthew. Questi, pur muovendo dalla concezione del cata-
strofismo, respinge l'idea di un intervento soprannaturale che
instauri dopo ogni cataclisma nuove forme di vita. In seguito a
ciascuno degli eventi catastrofici, le poche forme sopravvissute
varierebbero casualmente, mostrando una notevole plasticit di
fronte alle nuove condizioni ambientali.
Darwin stesso riconobbe i meriti di Matthew, la cui teoria nel
complesso dimostra come il progressionismo, sostenuto dai
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catastrofisti, poteva effettivamente costituire una delle matrici
storiche della teoria dell'evoluzione.
Il completo silenzio in cui cadde il breve scritto di Matthew
contrasta con il grande successo ed il clamore suscitati dall'opera
di Robert Chambers che usc anonima nel 1844 con il titolo
Vestiges of the natural history of creation (Le vestigia della storia
naturale della creazione). L'autore era editore e giornalista, e
scelse prudentemente l'anonimato temendo che il contenuto della
sua opera potesse suscitare reazioni eccessivamente sfavorevoli
alla propria attivit professionale.
Chambers assunse dalla concezione progressionista l'idea di un
aumento graduale di complessit delle forme viventi. Come
Lamarck egli riconduce le cause dell'evoluzione a due principi
fondamentali: un principio interno agli organismi che produce
un'organizzazione sempre pi complessa che si realizza
conformemente ad un piano divino; un altro principio interno aciascun organismo che lo conduce a variare in base alle sue
particolari tendenze.
Chambers, per quanto dilettante ed autodidatta in campo
scientifico, riusc ad elaborare l'ampio materiale che poteva essere
sino a quel momento disponibile. Non mancavano per ingenuit
ed errori contro i quali si accanirono i rappresentanti della cultura
ufficiale accademica ed ecclesiastica.
Come osserva Loren Eiseley, quando Darwin pubblic nel 1859
L'Origine delle Specie, Robert Chambers aveva attirato molta della
prima ira dei critici, ed il pubblico intelligente era almeno
ragionevolmente preparato a una pi abile e scientifica
presentazione dell'argomento.
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L'interrogativo su quando nei
miliardi di anni di storia della
Terra si furono formati i
continenti, e se questi hanno
subito modificazioni o si sono
conservati sempre uguali e simili
sin dalle loro origini, fu un tema
scientifico molto discusso nel XIX
secolo. Lipotesi della deriva dei
continenti viene oggi attribuita ad
Alfred Wegener, astronomo e
meteorologo tedesco, il quale
sosteneva che molti dei problemi affrontati dai naturalisti e dai
geologi negli ultimi due secoli potevano essere facilmente
spiegabili ipotizzando un'antica origine comune dei continenti.
Cos inizi a lavorare su delle idee che formul nel 1912 nel libroLa formazione dei continenti e degli oceani,destinato a diventare
un classico della storia della scienza.
Ma egli non fu il primo ad ipotizzare che il mondo non sempre
stato cos come oggi lo si vede.21
I grandi viaggi di esplorazione del XVI secolo avevano consentito il
disegno delle prime rudimentali carte geografiche del mondo su
cui balz subito l'attenzione sulla strana concordanza del profilo
costiero dellAfrica e del Sud America che si affacciano
sullAtlantico.
21Alfred Wegener (1942), La formazione dei continenti e degli oceani(Die
Entstehung der Kontinente und Ozeane), trad. dal tedesco diClara Giua,
Torino: G. Einaudi, Tip. L. Rattero.
Fig. 17 Alfred Wegener.
http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=La_formazione_dei_continenti_e_degli_oceani&action=edit&redlink=1http://it.wikipedia.org/wiki/Clara_Lollinihttp://it.wikipedia.org/wiki/Clara_Lollinihttp://it.wikipedia.org/w/index.php?title=La_formazione_dei_continenti_e_degli_oceani&action=edit&redlink=1 -
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Gi nel lontano 1620, il filosofo e saggista inglese Francesco
Bacone nel suo trattato Novum Organum, in riferimento a questa
osservazione, pur ammettendo che la circostanza non poteva
essere un fatto del tutto casuale, non faceva cenno ad una
eventuale separazione fra Africa e America Meridionale. Alcuni
anni pi tardi il moralista francese Francois Placet avanzava
lipotesi che anticamente Vecchio e Nuovo Continente fossero
uniti e che il Diluvio Universaleli avesse separati.
Allinizio dellOttocento lesploratore tedesco Alexander von
Humboldt si dimostr sorpreso della corrispondenza esistente fra
la parte orientale dellAmerica Meridionale e le coste occidentali
dellAfrica che andava molto al di l della similitudine del loro
profilo comprendendo anche una spiccata somiglianza fra gli
strati geologici e congettur che lAtlantico altro non fosse che
unimmensa valle scavata dal mare.
La prima chiara indicazione dello smembramento e della derivadei continenti venne da Antonio Snider-Pellegrini, un italo-
americano che viveva a Parigi, il quale nel 1858 pubblic un libro
in cui, accettando lipotesi che
anticamente il nostro pianeta
fosse allo stato fuso, sosteneva
che con il raffreddamento i
continenti si erano addensati
tutti da una parte e che il Diluvio
Universale smembr questo
unico blocco di terra
determinando lo spostamento
successivo dei suoi frammenti.Fig. 18 James Hutton.
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La sua intuizione non venne per presa in considerazione dalla
comunit scientifica anche perch proprio in quegli anni si
andavano affermando le teorie evoluzionistiche di Hutton e Lyell e
nessuno era pi disposto ad accettare lantica idea dei
catastrofismi di origine biblica.
James Hutton vissuto agli inizi dellOttocento e considerato il
fondatore della geologia moderna partendo dallosservazione
attenta delle formazioni rocciose della sua Scozia, dedusse che la
Terra era in continua trasformazione per lerosione e il
disfacimento di alcune zone e laccumulo di materiali erosi su altre
parti del globo e questi fenomeni dovevano durare da tempi
immemorabili. Levoluzione della Terra non poteva perci essere
spiegata con lutilizzazione di forze che non fossero spontanee del
pianeta o con lintervento di avvenimenti eccezionali, ma
semplicemente con lanalisi dei processi naturali come quello dei
ruscelli che dilavano le colline e trasportano il materiale eroso neilaghi e nel mare dove i detriti si vanno accumulando. Da queste
osservazioni dedusse che con il passare del tempo non sarebbe
rimasta pi terra, a meno che nuove formazioni rocciose non si
fossero create in sostituzione di quelle erose.
Le idee di una sostanziale uniformit della natura non trovarono
immediata accoglienza nella comunit scientifica, ma vennero
riprese dal giovane Charles Lyell. Come Hutton egli pensava che
ogni configurazione morfologica della Terra fosse il risultato di
processi naturali del passato, ma ancora attivi.
Per cercare sostegno e convalida delle sue teorie viaggi molto, e
durante il suo lungo peregrinare fu particolarmente affascinato
dallEtna che osserv attentamente e a lungo fino a convincersi
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che quel monte non poteva essersi formato in seguito ad ununica
esplosione, ma grazie ad una lunga serie di eruzioni che sarebbe
continuata anche in futuro.
La teoria delluniformismo di Hutton divenne cos la teoria
dellattualismo di Lyell che pu essere sintetizzata nel modo
seguente: I fenomeni del passato si possono spiegare osservando
quelli del presente.
Nonostante si stessero affermando nuove idee, lipotesi di uno
spostamento di masse continentali associata a fenomeni
catastrofici persisteva. Nel 1879 George Darwin il figlio dello
scopritore della teoria evoluzionistica ipotizz che la Luna si
sarebbe originata dalla Terra quando questa era ancora in uno
stato primordiale e che si sarebbe lasciata dietro unenorme
cicatrice rappresentata dallOceano Pacifico. Una probabile
conseguenza di questo evento catastrofico avrebbe potuto essere
il frammentarsi della crosta granitica dei continenti.Intanto, insieme a nuove teorie, si andava anche affermando lidea
che sotto la crosta solida vi fosse del materiale fluido sul quale
galleggiavano i continenti, e su queste idee innovative si svilupp
lipotesi di Wegener.
Prima della teoria rivoluzionaria di Wegener il modello della
struttura della Terra a quel tempo universalmente accettato era
che il pianeta fosse stato soggetto ad un processo di lento e
graduale raffreddamento e conseguente contrazione a partire da
una massa fusa.
La Terra sarebbe quindi nata calda, e durante il raffreddamento i
materiali pi leggeri si sarebbero spostati verso la superficie dove
avrebbero dato origine a rocce prevalentemente di tipo granitico.
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Le catene montuose e le depressioni si sarebbero quindi formate
per contrazione susseguente al raffreddamento della parte interna
che, a mano a mano che si ritirava, costringeva la crosta
superficiale ad adattarsi allarea sottostante rimpicciolita
fratturandosi e corrugandosi in modo simile a quello che succede
alla buccia di una mela che si disidrata e raggrinzisce.
La scoperta del galleggiamento della crosta terrestre sullo strato
sottostante venne fatta verso la met del 1800, quando misure
della gravit indicavano che lHimalaya esercitava unattrazione
gravitazionale molto inferiore a quella che ci si sarebbe aspettati a
giudicare dalle sue dimensioni.
Wegener pens che se i continenti potevano muoversi in senso
verticale, potevano anche spostarsi di lato. Egli racconta di aver
letto dellesistenza di un antico collegamento fra Brasile e Africa
che avrebbe dovuto spiegare la somiglianza di alcuni reperti
paleontologici raccolti sulle due sponde. Il collegamento fra Africae America meridionale si poteva ottenere in due soli modi:
attraverso un ponte di terra poi sprofondato o attraverso il
contatto diretto che poi sarebbe cessato per laprirsi di una
profonda frattura fra i continenti.
Ai tempi di Wegener la prima ipotesi era la pi diffusa: in tempi
non molto lontani anche fra Francia e Inghilterra vi era una
striscia di terra che avrebbe potuto essere percorsa a piedi e la
stessa Siberia era collegata allAlaska da un tratto di terra emersa.
Ma in questo caso il collegamento non poteva consistere in una
stretta lingua di terra lunga migliaia di kilometri: la larghezza,
infatti, avrebbe dovuto essere dello stesso ordine di grandezza
della lunghezza, quindi avrebbe dovuto trattarsi di un vero e
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continente. Ma le rocce che costituiscono i continenti sono del
tutto diverse da quelle che formano i fondi oceanici e lipotesi che
dovevano essere esistiti altri continenti, l dove ora si trovano gli
oceani profondi, si scontrava con il modello dellisostasia perch
un continente formato di materiale leggero non poteva
sprofondare nel materiale pi pesante su cui galleggiava; se poi
qualche forza misteriosa lo avesse spinto in gi esso avrebbe
dovuto riemergere, come un pezzo di legno immerso nellacqua
torna a galla appena lo si libera.
Lidea di un continente sprofondato traeva origine dal mito di
Atlantide, la terra piena di favolose ricchezze citata da Platone, e
in tempi pi recenti dal mito della Terra Madre di Mu, ma questi
miti erano considerati unassurdit geologica, per cui scartata
lidea di un collegamento terrestre non rimaneva che prendere in
considerazione la seconda ipotesi.
Wegener suppose che allinizio del Mesozoico, circa 200 milioni dianni fa, esistesse un super-continente che egli chiam Pangea
Fi . 19 Dinamica delle celle convettive subcrostali.
http://www.cosediscienza.it/geo/pangea.htmhttp://www.cosediscienza.it/geo/pangea.htm -
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profondo, destinato a scomparire quando lAfrica e lIndia si
fossero spinte a nord contro il continente eurasiatico.
Le nuove evidenze geologiche portate da valenti e affermati
ricercatori, anzich rafforzare lidea di una deriva dei continenti,
la peggiorarono.
Nel 1940 praticamente tutti i paleontologi erano concordi nel
affermare che i mammiferi fossili rappresentassero la prova che i
continenti erano rimasti fissi per tutto il periodo connesso con
levoluzione di quella classe di vertebrati.
La ragione per cui nellanteguerra le discussioni sulla teoria della
deriva dei continenti si erano dimostrate tanto polemiche e
inconcludenti risiedeva fondamentalmente nel fatto che a quei
tempi non si conosceva nulla o quasi nulla di ci che si trovava
sotto gli oceani, che coprono ben due terzi dellintera superficie
terrestre. Nei primi anni Trenta aveva preso piede una nuova
scienza, la sismologia, che avrebbe potuto essere utilizzata nelcampo della ricerca geologica. Analizzando i sismogrammi era
possibile risalire alla composizione dei terreni e alla loro struttura.
Esperto nellinterpretazione dei sismogrammi generati da sismi
artificiali era un giovane laureto in fisica di nome Maurice Ewing e
a lui venne affidato, nel 1935, il compito di studiare la natura della
piattaforma continentale, cio della parte sommersa pi vicina
alla costa.
Le ricerche portarono alla scoperta che quel fondo marino era
ricoperto da spessi sedimenti i quali potevano arrivare a due o
tremila metri e quindi non era, come si pensava, una formazione
geologica permanente. Le esplorazioni presto si spostarono in
mare aperto dove le nuove tecniche sottomarine permisero la
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raccolta di una serie di nuove informazioni nemmeno sospettate
in precedenza. Esse, ad esempio, segnalarono che al largo i
depositi sedimentari erano molto sottili mentre i calcoli
mostravano che nel corso dei miliardi di anni di storia della Terra
Fig. 20 La deriva dei continenti.