il fatto nisseno - aprile 2014

40
L a rinascita di una città, la risalita dagli inferi, il risveglio di un intero territorio può metaforica- mente essere rappresentato da un restauro, da un pennello, lento ma ecace, che ridona colore e brillantezza ai perso- naggi della “Cena”? Il gruppo sacro torna all’antico splendo- re: “grande bellezza” nissena, simbolo assoluto dei resti della grandezza di Caltanissetta, di quel poco che è rimasto a que- sta città, in questa città. Seduti a osservare da vicino i giganti di cartapesta, che ri- trovano smalto e fascino, ci lasciamo cullare dal dubbio, forse sarebbe meglio denir- la illusione, che la riscoperta dell’identità dell’essere era- mente Nisseno, possa nasce- re anche dal restauro di una ‘Vara’. Un segno premonitore, un auspicio, un gesto che vo- gliamo, siamo desiderosi, di caricare di positività, sperando che possa gettare un raggio di luce vivi catrice sul panorama buio, triste e morti cante che ha rappresentato la realtà di Caltanissetta negli ultimi quat- tro lustri. Un declino, lento, progressivo, inesorabile, che ha ingoiato le eccellenze e le speranze dei nisseni. ISSN: 2039/7070 Aprile 2014 Anno III Num. 28 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS 70° Fosse Ardeatine, nell’ eccidio trucidati anche due nisseni Polizia Scienti ca: impronte, intuito e passione Storia e Ricordi Investigazione a pagina 34 a pagina 20 di F. Falcone di D. Polizzi di G. Falci Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Il parco eolico nel nisseno, pomo della discordia OFF-SHORE a pagina 6 di F. Infurna Lorenzo Guzzardi e le “Grandi Bellezze” del territorio nisseno SOPRINTENDENZA a pagina 24 di D. Polizzi — di Michele Spena — L’ editoriale a pagina 8 Fatti & Politica PD, da Roma a Caltanissetta: percorso tortuoso a pagina 36 Sport Il Palmintelli si riaccende con i colori della città La solenne Concelebrazione Eucaristica della consacrazione è avvenuta sabato 5 aprile nella Chiesa - Cattedrale di Piazza Armerina. Il 27 febbraio è stato eletto Ve- scovo da Papa Francesco. Monsignor Rosa- rio Gisana, è originario di Modica e il 14 aprile ha compiuto 55 anni. “Voglio cono- scere tutti, voglio visitare ogni singolo co- mune che ricade nel territorio della Diocesi e sapere delle realtà ecclesiali di cui ho co- minciato da qualche settimana a prendere visione.” Dopo l’ordinazione il suo primo impegno è stato quello di incontrare i sacer- doti anziani e gli ammalati. La Città del Golfo abbraccia Mons. Gisana a pagina 16 Il nuovo Vescovo della Diocesi Gela-Piazza Armerina www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it La pennellata speriamo assurga a gesto simbolico per la rinascita di Caltanissetta Il Fatto Nisseno è stato ospite del Gabinetto provinciale della Polizia Scienti ca della Questura di Calta- nissetta. Vi raccontiamo il nostro viaggio tra scienza e uto investiga- tivo, guidati dall’Ispettore Capo Responsabile Alfonso Messina. il “Restauro” è iniziato con l’ultima cena della Città Viale Conte Testasecca, 33 - CALTANISSETTA di L. Blanco segue a pagina 11

Upload: il-fatto-nisseno

Post on 10-Mar-2016

270 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

 

TRANSCRIPT

Page 1: il Fatto Nisseno - aprile 2014

La rinascita di una città, la risalita dagli inferi, il risveglio di un intero

territorio può metaforica-mente essere rappresentato da un restauro, da un pennello, lento ma efficace, che ridona colore e brillantezza ai perso-naggi della “Cena”? Il gruppo sacro torna all’antico splendo-re: “grande bellezza” nissena, simbolo assoluto dei resti della grandezza di Caltanissetta, di quel poco che è rimasto a que-sta città, in questa città.Seduti a osservare da vicino i giganti di cartapesta, che ri-trovano smalto e fascino, ci lasciamo cullare dal dubbio, forse sarebbe meglio definir-la illusione, che la riscoperta dell’identità dell’essere fiera-mente Nisseno, possa nasce-re anche dal restauro di una ‘Vara’. Un segno premonitore,

un auspicio, un gesto che vo-gliamo, siamo desiderosi, di caricare di positività, sperando che possa gettare un raggio di luce vivificatrice sul panorama buio, triste e mortificante che ha rappresentato la realtà di Caltanissetta negli ultimi quat-tro lustri. Un declino, lento, progressivo, inesorabile, che ha ingoiato le eccellenze e le speranze dei nisseni.

ISSN

: 203

9/70

70

Aprile 2014

Anno III Num. 28 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

70° Fosse Ardeatine,nell’ eccidio trucidati

anche due nisseni

Polizia Scientifica:impronte, intuito

e passione

Storia e Ricordi

Investigazione

a pagina 34

a pagina 20

di F. Falcone

di D. Polizzi di G. Falci

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Il parco eolico nel nisseno, pomo della discordia

OFF-SHORE

a pagina 6di F. Infurna

Lorenzo Guzzardi e le “Grandi Bellezze”del territorio nisseno

SOPRINTENDENZA

a pagina 24di D. Polizzi

— di Michele Spena —

L’ editoriale

a pagina 8

Fatti & Politica

PD, da Roma a Caltanissetta:

percorso tortuosoa pagina 36

Sport

Il Palmintellisi riaccende con i colori della città

La solenne Concelebrazione Eucaristica della consacrazione è avvenuta sabato 5 aprile nella Chiesa - Cattedrale di Piazza Armerina. Il 27 febbraio è stato eletto Ve-scovo da Papa Francesco. Monsignor Rosa-rio Gisana, è originario di Modica e il 14 aprile ha compiuto 55 anni. “Voglio cono-scere tutti, voglio visitare ogni singolo co-mune che ricade nel territorio della Diocesi e sapere delle realtà ecclesiali di cui ho co-minciato da qualche settimana a prendere visione.” Dopo l’ordinazione il suo primo impegno è stato quello di incontrare i sacer-doti anziani e gli ammalati.

La Città del Golfoabbraccia Mons. Gisana

a pagina 16

Il nuovo Vescovo della Diocesi Gela-Piazza Armerina

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

La pennellatasperiamo assurga a gesto simbolico perla rinascita diCaltanissetta

Il Fatto Nisseno è stato ospite del Gabinetto provinciale della Polizia Scientifica della Questura di Calta-nissetta. Vi raccontiamo il nostro viaggio tra scienza e fiuto investiga-tivo, guidati dall’Ispettore Capo Responsabile Alfonso Messina.

il “Restauro” è iniziato con l’ultima cena

della Città

Viale Conte Testasecca, 33 - CALTANISSETTA

di L. Blanco

segue a pagina 11

Page 2: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprilewww.ilfattonisseno.it2

Bu o n -giorno a m i -

ci; la corsa più pazza del mon-

do ossia la corsa a Palazzo del Carmine

oggi ci indica la se-guente situazione: appro-fittando dei disastrosi e incredibili problemi dei loro av-versari

guidano la gara in un testa a testa fu-

rioso Clyde e la sua ban-da e l’Armata Speciale del

soldato Meekly. Clyde Michele Giarratana e Meekly Giovanni Magrì non accusano pause o debolezze e tirano dritto verso il traguardo. La banda dell’in-g e g n e r e parti-

ta su-bito in testa mantiene il vantag-gio con un’organizzazione che Clyde controlla da par suo. Nes-

suno osi mettere in discussione la leadership del gangster. Qual-cuno ha ipotizzato timidamen-te a introdurre in piena compe-tizione discorsi di democrazia partecipata. Clyde è stato subito

d’accordo: l’importante che guidi lui la performante

vettura n. 7. Discor-so chiuso.

Il mite sol-d a t o

Meekly assecon-dando il guerrafondaio sergen-te Blast, Giancarlo Cancelleri, controlla a dovere la vettura n.

6. Si aspetta il rinculo del can-none ma Meekly sarà in grado di tenere in strada questo boli-de?Ma cosa succede alle loro spalle? Vediamo scorgere una sagoma mostruosa: mai vista una cosa simile. Ehi ragazzi, state vio-lando le regole della corsa, cosa state combinando? Si presenta-no travolgenti: Peter Perfect, il damerino della gara, Gianluca Miccichè, con la vettura n.9, un sei cilindri adatto a questo tipo di competizioni che dopo una tattica di esasperante attesa, ha messo alla guida Giovanni Ruvolo il suo staff “civico” e, a traino, il Diabolico Coupè che, dopo mille problemi all’avvia-mento, gli immarcescibili Big e L’Il, Gallé e Lo Maglio, hanno deciso di agganciare a Peter Per-fect. Seguire la scia del biologo si presta a molteplici rischi a cau-sa dell’affidabilità precaria del drago che stanno usando come propulsore. I tanti pipistrelli attorno al Polo Civico infatti potrebbero inceppare il motore e lasciare in panne il delicato Coupè nel più bello della gara.

I Fatti di Etico

La corsa più pazza del mondo

Direzione EditorialeMichele Spena

Direttore responsabileSalvatore MingoiaCollaborazioni:

Ivana BaiuncoMarco BenantiLiliana BlancoRino Del SartoAlberto Di Vita

EticoFiorella Falci

Giuseppe Alberto FalciFilippo Falcone

Salvatore FalzoneFranco Infurna

Annalisa GiuntaLello Kalos

Donatello PolizziAlberto SardoLorena SciméGiuseppe Taibi

Giovanbattista Tona'LVHJQR�JUD¿FRMichele SpenaImpaginazioneAntonio Talluto Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6

Caltanissetta

[email protected]/Fax: 0934 - 594864

pubblicità: 389/7876789

[email protected]

Page 3: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Non curante della tattica dei suoi avversari prose-gue intanto la sua marcia la vettura n.10 guidata da Rufus Ruffucut, alias Gioacchino Lo Verme. Il rude boscaiolo aziona le sue se- ghe circolari segando qua e la il centrode-stra. Approssimazione nella guida, assistenza precaria ma grande efficacia nel rendimento. Non ci meraviglieremmo di vederlo sul podio.Ma cosa succede alle spalle dei batti-strada? Appostiamoci e attendiamo il loro passaggio.Nessuna notizia di Red Max Fausto Marchese che dopo avere accusato ingiustizie e sabotaggi soprattutto da parte del Diabolico Coupè ha perfino inscenato uno sciopero della fame. Da allora silenzio per cui temiamo un ma-linconico ritiro. Arranca nelle retrovie lo scoppiettan-te sonnecchiante Luke Rudy Maira; la vettura n.8 non sembra competitiva e per giunta rischia qualche errore di percorso. La vediamo dura caro vec-

chio Luke.Fuori gara ormai o comunque senza nessuna possibilità di recupero il Pro-fessor Pat Pending, Sergio Iacona, in attesa sempre che il suo brevetto possa essere approvato; potrebbe esserci una clamorosa sostituzione in corsa con il suo fratello maggiore? Non è prevista dagli autori ma il colpo di scena in que-sta avvincente competizione non è mai da escludere.Ma tutti vi chiederete dove sono finiti

Dick Dusterly e il suo fido Muttley? “Accidenti accidentaccio”, echeggia la voce acida di Dusterly mentre Mut-tley ghigna senza capire in effetti cosa stia succedendo. La tattica di gara si è rivelata ancora una volta sbagliata e il continuo sabotaggio agli avver-sari non ha avuto l’effetto desiderato. Dusterly impreca e intima: “Muttley fa qualcosa!!” ma la vettura 00 non riesce nemmeno a mettersi in moto mentre scorrono i titoli di coda.

Aprile www.ilfattonisseno.it 3

Sotto le elezioni amministrative per eleggere il sindaco ed il nuovo con-siglio comunale c’è un grosso bacino di elettori che potrebbero essere de-terminanti ai fini della competizione elettorale. Sono sospesi tra l’avvia-mento al lavoro o restare candidati alla disoccupazione: si tratta di poco meno di trecento tra giovani e meno giovani, uomini e donne, ma tutti con un grosso carico familiare alle spal-le, per cui il bacino elettorale si amplia a dismisu-ra. Una platea di bisognosi che dovreb-bero essere impegnat i r ispett iva-mente nei cantieri di servizio, circa 150 lavoratori, e di un centina-io di lavoratori, invece, quelli che dovrebbero esse-re avviati alla fase sperimentale del “lavoro solidale” la cui graduatoria è stata ultimata. C’è fame di lavoro ed i numeri delle richieste di partecipa-zione alle due iniziative messe in cam-po dal comune rappresentano bene la triste realtà della disoccupazione: oltre 1500 le domande presentate per partecipare alla fase sperimen-tale del “lavoro solidale” e altrettante le richieste presentate per i cantieri di servizio. Nell’uno e nell’altro caso molti sono stati eliminati perchè ti-tolari di reddito. Parliamo di redditi miserevoli con cui si riesce appena a sopravvivere. Ma, la burocrazia non ha un cuore, per cui molte delle istan-ze presentate sono passate sotto la lente di ingradimento dei funzionari dell’Ufficio Solidarietà Sociale per

una verifica dei requisiti dichiarati che non sono risultati corrispondenti alla direttiva emanata dall’assessore regionale, per cui sono stati tagliati fuori. Il Comune, per fare in fretta e battere sul tempo l’assessore alle Poli-tiche Sociali, in precedenza aveva di-sposto il trasferimento provvisorio di due dipendenti da altri uffici per dare man forte agli uffici della S o l i -

da-rietà Sociale di via

Mauro Tumminelli, alla scopo di esaminare celermente le richieste dei lavoratori e la relativa documenta-zione, ma non è servito a molto. Di recente, invece, sempre su impulso dell’assessore Peppe Firrone il segre-tario generale del comune ha messo in piedi due task force di dipendenti comunale per ultimare le rispettive graduatorie dei cantieri di servizio e del lavoro solidale. Stanno lavorando. La regione, che ha finanziato i cantie-ri, ha già disposto uno stanziamen-to di circa 600 mila euro a fronte di nove progetti presentati dal comune. I lavoratori saranno impiegati per un periodo di tre mesi; si tratta di sog-getti disoccupati e inoccupati, che

dovranno prestare la loro attività in ambiti che interesseranno la manu-tenzione del verde pubblico, la ma-nutenzione della segnaletica stradale, lo spazzamento di vie e piazze e altre piccole opere. Secondo la normativa regionale, potranno essere avviati al lavoro nei canteri i soggetti in pos-

sesso di reddito comunque perce-pito e da chiun-que erogato, non superiore però 442,30 euro, corrisponden-te all’assegno sociale per l’anno 2013. Per dare vita al lavoro solidale il c o m u n e t r a m i t e l’assessore F i r r o n e ha scova-to tra le p i e g h e del bi-lancio la

s o m m a di novantamila euro de-

stinati a pagare le mensilità delle prestazioni lavorative in cambio del consueto contributo che abitual-mente il comune concedeva in favo-re dei bisognosi iscritti negli elenchi della Solidarietà Sociale. Un modo diverso di affrontare il problema del disagio economico con prestazioni lavorative in alternativa al semplice sussidio. Si tratta di piccoli lavori che riguarderanno essenzialmente, la manutenzione del verde pubblico, degli edifici di competenza comuna-le e guardiania delle ville. Il valore della prestazione e di circa 7,50 euro netti all’ora per cui a fine mese la ci-fra sarà vicina ai seicento euro. Ma, ce la faranno i nostri eroi a chiudere la partita del lavoro prima delle pros-sime amministrative?

Palazzo del Carmine

Disoccupati all’arrembaggio di Salvatore Mingoia

Come in Formula 1 impazza il mercato dei piloti: bookmakersin crisi. Chi vincerà la gara per la poltrona di Palazzo del Carmine?

Page 4: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it4 Aprile

Chi entra a far parte di un’orga-nizzazione mafiosa sente dirsi che appartiene ad “una fami-

glia”; dinanzi ad essa tutto passa in se-condo piano, persino la famiglia vera, quella degli affetti. Questa feroce fedeltà ha portato alcu-ni mafiosi anche ad uccidere amici o a rassegnarsi all’omicidio di parenti, eliminati sol perchè avevano tradito la “famiglia”, quella che, pur non essen-do la vera famiglia, veniva considerata al di sopra di essa.Ma i rapporti di parentela o quelli comunque affettivi non sempre re-cedono dinanzi ai vincoli mafiosi e alcune storie lo dimostrano: la mam-ma di Peppino Impastato, Rita Atria,

le moglie e i figli degli assassinati che hanno preferito tutelare la memoria dei congiunti piuttosto che rispettare la regola di omertà. Secondo l’opinio-ne comune, queste storie confermano la regola: i vincoli di mafia sovrasta-no quelli di sangue e quelli di sangue prendono il sopravvento e cancellano quelli mafiosi solo in presenza di una scelta forte e radicale.Da diversi episodi giudiziari invece si potrebbe concludere che i vincoli mafiosi e i vincoli di sangue convivo-no pariordinati grazie ad un forte col-lante culturale, ma sono minacciati da qualsiasi imprevista alterazione degli equilibri affettivi. C’è un esempio poco noto, che lo di-mostra e che si inserisce nella prima fase della cruenta guerra di mafia del gruppo di Luciano Liggio contro quello di Michele Navarra a Corleone.La notte del 27 giugno 1977 tale Nico-lò Tavolacci di Mezzojuso subì il furto di quindici buoi; fece la denuncia ai Carabinieri, ma, per come si usava (e si usa ancora), si rivolse ad un mafio-so di Prizzi, Giovanni Ferrante, per recuperarli illegalmente. Ferrante lo indirizzò da un pastore, tale Giovan-ni Palazzo, facendogli intendere che il

problema doveva risolverlo lui; Tavo-lacci ci andò e portò l’”ambasciata” di Ferrante. Giovanni Palazzo disse di non essere in grado di ritrovare le bestie e lo con-gedò; quando arrivò a casa, la moglie Lucia Streva lo vide molto preoccu-pato. Palazzo le raccontò dopo tempo di quella richiesta e della risposta che aveva dato; ma il vero motivo di ten-sione era che da allora Ferrante aveva rifiutato di incontrarlo.Un vecchio rapporto giudiziario dei Carabinieri datato febbraio 1978 ci racconta che il furto era stato com-messo da Ignazio Bellone di Mez-zojuso, Benedetto Panzica e Leoluca Puccio di Corleone: costoro aveva-

no poi consegnati effettivamente gli animali a Giovanni Palazzo, Onofrio Palazzo e Marco Puccio. Il tutto con il consenso del capomafia di Mezzojuso Salvatore La Gattuta.Diversi degli autori di questo abigeato erano tra loro parenti: Marco Puccio era cognato di Onofrio Palazzo e fra-tello di Leoluca Puccio.L’abigeato e la mancata restituzione dei bovini furono considerati da Fer-rante e dai suoi alleati che erano fedeli al corelonese Luciano Liggio un man-cato riconoscimento della loro autori-tà sul territorio da parte del capoma-fia La Gattuta e soprattutto di quelli che ritenevano di rubare bestiame chiedendo solo il permesso di costui e non anche dei liggiani.Questo sgarbo fu punito con una sproporzionata rete di omicidi e lupa-re bianche.In pochi mesi sparì Onofrio Palazzo, poi Giovanni Palazzo fu ucciso a col-pi di pistola sulla piazza di Corleone, quindi venne assassinato Salvatore La Gattuta e infine nel gennaio 1978 si persero le tracce di Marco Puccio.Le piste di indagine per i Carabinieri nell’impenetrabile contesto corleo-nese le fornirono le vedove, le donne

che avevano notato le inquietudini dei loro uomini e avevano sentito dire ad essi quelle frasi indiziaria-mente essenziali per la ricostruzione dei fatti.Lucia Streva era la moglie di Gio-vanni Palazzo, ma tutti i suoi legami familiari erano connotati da mafiosi-tà: suo padre Arcangelo Streva e suo fratello Vincenzo erano indiziati ma-fiosi ed appartenevano al gruppo di Michele Navarra, quello che era stato il capo di Luciano Liggio e che poi da Liggio era stato ucciso per prenderne il posto. I “navarriani” erano quindi perdenti.In un primo momento la Streva dis-se di non sapere niente. Poi ai Cara-

binieri spiegò francamente che era convinta che nessuno volesse colpi-re i più potenti esponenti della ma-fia vincente; poi però decise di dire quanto sapeva solo perché ebbe l’im-pressione che vi fossero le condizioni per colpire i responsabili dell’omici-dio del marito. Lucia Streva assistette a tutti contatti intrattenuti dal marito a causa delle richieste pressanti di restituzione de-gli animali e riferì agli inquirenti una sua frase sintomatica: “è una tragedia, vogliono pulire il coltello su di me”.Arcangelo Streva, mafioso, si trovò

dinanzi a quelle dichiarazioni della figlia e le confermò, anche se cercò di ridimensionare gli scenari nei quali i fatti si erano verificati.Liboria Puccio era moglie di Onofrio Palazzo e ruppe anche lei il silenzio; dopo di lei tutti i suoi figli, Giuseppa, Salvatore e Giovanni, la seguirono su questa strada. Leoluchina Bruno era la moglie di Marco Puccio e raccontò delle in-quietudini del marito per la storia di quegli animali e per la lunga teoria di morti che ne era seguita.La Bruno riferì questi fatti ai Ca-rabinieri e li confermò al Giudice Istruttore, persino quando fu messa a confronto con il cognato Leolu-

ca Puccio, fratello di Marco e pure indiziato dello stesso abigeato. In quell’occasione si assistette ad una strana discussione tra due congiun-ti della stessa vittima della lupara bianca: la donna continuò a fornire elementi per l’individuazione dei responsabili del delitto, il fratello di Marco Puccio ritenne invece di ado-perarsi per tutelare la vita sua e dei suoi parenti superstiti, finendo per dire alla cognata in maniera dispe-rata e pure in presenza di un giudice che verbalizzava: “non dire niente, perché nello stesso carcere c’è gente

che dice queste cose e muore”, “que-ste cose non le dire fuori, perché ne vale della tua vita”.Leoluchina Bruno aveva già riferito ai Carabinieri di temere che potes-se capitare qualcosa a suo cognato e probabilmente anche lei in quel modo voleva salvargli la vita.La donna riferì al giudice un’impor-tante circostanza a carico di Leoluca Bagarella (quello che poi sarà un pro-tagonista della guerra di mafia degli anni “80 e “90), cioè che il cognato gli aveva detto di averlo visto nei pressi del luogo teatro dell’omicidio di Gio-vanni Palazzo; purtroppo l’atteggia-mento di Leoluca Puccio fu vago e reticente sul punto, perché sostenne

di aver saputo il fatto dalle voci di paese. La Bruno fu esposta così a pericolo dalla sue stesse accuse e dall’atteg-giamento del cognato; e così per ovvie ragioni di procedu-ra Bagarella fu assolto.A causa delle reticenze di quegli uomini, che si misero di traverso a quelle donne co-raggiose, i mafiosi riuscirono a farla franca in quell’occasio-ne; ma cominciarono a capire che la loro falsa “famiglia” non può stare al di sopra di tutto.

Fatti contro la mafiaper non dimenticare

Stor

ia &

Cul

tura

In quell’occasione i mafiosi riuscirono a farla franca, ma cominciarono a capire che la loro falsa “famiglia” non può stare al disopra di tutto

Quelle sconosciute vedove che accusarono senza paura i mafiosi e i loro complici

Quando la “famiglia” rovina le famiglie

di Giovanbattista Tona

Page 5: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 5

Page 6: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it6 Aprile

Da Niscemi a Butera, dai “No Muos”, contro i campi magne-tici del sistema satellitare di

comunicazione ad altissima frequenza, ai “No Peos”, contro i parchi eolici off-shore (fuori costa) per la produzione di energia elettrica dal vento.Sono i cittadini siciliani che scendono in piazza a difendere il proprio territo-rio dalle varie forme di inquinamento ambientale che interessi di tipo econo-mico o strategico-militare stanno cau-sando alla Sicilia.Così, mentre sono ancora vivi gli echi delle manifestazioni (a volte con scon-tri) davanti alla base americana di contrada Ulmo, prende corpo la con-troversa realizzazione del progetto dei parchi eolici nel Mediterraneo di fronte alla costa che va da Gela ad Agrigento, con al centro le acque di Marina di Bu-tera, di Licata e di Marina di Palma di Montechiaro. Vittorio Sgarbi, quando fu sindaco di Salemi, li definì “ladri della bellezza colpevoli, con i loro impianti invasivi, di deturpare il paesaggio della Sicilia”. Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela, oggi governatore della Sicilia, ha detto che: “Vogliono rubarci anche l’incan-to del paesaggio, che è l’ultima cosa rimasta in una Sicilia martoriata dalla mafia, dalla criminalità, dalla specula-zione, dall’ignoranza”.Salemi è riuscita a vincere la sua batta-glia bloccando l’eolico a terra. Ora toc-

ca a questo territorio.E proprio a Licata e a Butera, si sono costituiti comitati di lotta contro questi impianti. Nel Licatese, in particolare, la mobilitazione è generale. La guida Salvatore Licata, ex tecnico dell’Eni nel petrolchimico di Gela, ed ex dirigente della Cisl. E’ stato lui a fondare il movi-mento “No Peos”.A Gela, politici e amministratori hanno detto subito “No” ai parchi eolici ma la gente non ha recepito subito la portata della minaccia ambientale. Se n’è parla-to nei vari blog sul web, all’interno delle associazioni e tra gli ambientalisti, ma il problema solo da poche settimane è diventato un vero allarme condiviso. Il dibattito si è acceso fino ad arrivare alla costituzione del primo gruppo di attivisti “No Peos”, con il pittore, Gio-vanni Iudice, il presidente del gruppo archeologico “Triskelion”, Giuseppe La Spina, e altri. Ma c’è ancora tanto da fare perché ovunque si incontra diffidenza e poca informazione. I timori della gente e degli amministra-tori sono cresciuti negli ultimi anni, quando due progetti (poi diventati tre), con relative richieste di autorizzazione, sono stati depositati nei comuni inte-ressati, alla Regione Sicilia, e al ministe-ro al territorio e all’ambiente. Il sindaco di Butera, Luigi Casisi, si è detto sem-pre irremovibile. “Abbiamo investito sul turismo balneare e sull’ambiente

– diceva – perciò diventa un delitto piazzare degli eco-mostri ad appena tre miglia dalle coste che vogliamo va-lorizzare”.Ma poi sarebbero arrivate le offerte allettanti delle compagnie ai comuni e Butera avrebbe rinunciato alla sua battaglia. Lo ha detto l’avvocato Ste-fano Polizzotto durante il consiglio monotematico del 4 aprile a Gela. “Butera e la provincia di Caltanisset-ta – ha comunicato - si sono ritirati dal coordinamento di enti locali che lottano contro i parchi eolici”. Per Butera l’Enel-Moncada avrebbe of-ferto royalties pari a un milione di euro l’anno. Che per un comune così piccolo e pieno di debiti sono soldi. E Casisi avrebbe smesso di lottare. Infatti non c’era alla seduta consiliare del 4 aprile, a Gela.Ma sono così orripilanti questi com-plessi produttivi? Certo, affacciarsi sul Mediterraneo per ammirare l’orizzonte, l’azzurro delle acque, e vedere invece 310 torri eoliche che ti spuntano come funghi per un’altezza di 100-120 metri dal pelo libero del mare, non deve essere lo spettacolo affascinante che uno si aspetta. E tuttavia bisogna fare delle scelte. A Copenaghen ce l’hanno da-vanti al porto, a poche centinaia di metri dalle spiagge, proprio sotto gli occhi. “Avere energia rinnovabile eco-compatibile comporta pure qualche

sacrificio, un prezzo minimo da paga-re”, dice Legambiente. “Perciò, senza pregiudizi e nell’interesse generale – si legge in una sua nota – chiediamo un confronto serio con le istituzioni e le aziende per discutere dei progetti eolici off-shore” dicendosi però subito in disaccordo con la distanza di appe-na tre miglia dalla costa. La proposta

ragionevole sarebbe quella dei 10-12 miglia dalla costa.Le imprese però tendono a contenere i costi e non sono d’accordo. Il business è consistente. Tra investi-menti e produzione, le cifre sono di tutto rilievo. In totale si spenderanno più di 700 milioni di euro per realizza-

re 309 torri eoliche su un’area di circa 100 km quadrati con cui produrranno più di mille megawatt, il quadruplo della centrale termoelettrica del pe-trolchimico dell’Eni, che come è noto va a carbone perché brucia il pet-coke ritenuto inquinante e dunque perico-loso alla salute, malgrado filtri e siste-mi di abbattimento di fumi e polveri. Cinquecento i posti di lavoro previsti durante la fase della costruzione del parco eolico; quasi 200 a regime, per la conduzione degli impianti. Senza con-tare i lavori da realizzare a terra per il collegamento alle reti elettriche di me-dia e alta tensione, che nei prossimi tre anni l’azienda di gestione, Terna, dovrà adeguare all’aumentata produzione di corrente.Si tratta, dunque, di una vera e propria industria dell’energia rinnovabile.Ma visti gli esiti finora assai deludenti del polo agro-fotovoltaico “Il Ciliegi-no” progettato dalla cooperativa Agro-verde, ci sono molte perplessità a Gela e soprattutto fondati timori che poi le pale eoliche possano rimanere obbro-briose vestigia marine dell’ennesima opera incompiuta.

Il business è grande:700 milioni per realizzare 309 torri da 1000 megawatt

di Franco Infurna

Gela & dintorni

Eolico offshore,“cambia” il vento

Politici ed amministratori avevano detto no ai parchi eolici.Adesso il fronte siè spaccato

Page 7: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 7

Ambiente. Il presidente Commissione Senato Giuseppe Marinello: “Al via attività istruttoria”

Opera faraonica ma incombe il Tar

Politica e cittadini a difesa della costa

I parchi eolici off shore, per i quali è stata chiesta autorizzazione pri-ma a Palermo poi a Roma, non

sono due come si è sempre pensato ma tre. Si estenderanno lungo la co-sta centro-meridionale della Sicilia,

dal mare gelese di contrada Manfria a quello di San Leone, ad Agrigento, interessando il litorale di Butera, Li-cata e Palma di Montechiaro.Il progetto più avanzato è quello del-la “Mediterranean Wind”, che (tra nulla osta e revoche per opposizioni) ha già ottenuto l’autorizzazione finale dal governo Monti. Si attende ora la decisione del Tar di Palermo cui si è appellato il coordinamento composto dai sindaci dei due comuni rimasti a lottare (Gela e Licata) e la provincia di Agrigento. L’area di studio del pro-getto prevedeva inizialmente un’esten-sione pari a 78,6 km quadrati, con 113 “aerogeneratori”. Lo spazio è stato poi ridotto a 9,5 km quadrati. I pali eolici sono scesi a 38 con una potenza com-plessiva installata pari a 136,8 mega-watt. Il parco dovrebbe sorgere a due miglia marine, cioè a poco più di tre km e mezzo dalla battigia.Gli altri due parchi eolici off-shore sono considerati in una situazione

di attesa perché sono rimasti alla Re-gione, a Palermo, malgrado i poteri decisionali siano passati dal luglio del 2009 al ministero dell’ambiente, a Roma.Si tratta di un progetto in joint-venture tra l’Enel (57%) e l’azienda “M&A srl”, dell’industriale siciliano, Moncada (43%), molto più ampio di quello della Mediterranea Wind. Questo parco infatti prevede115 pali eolici per una potenza complessiva che varia tra un minimo di 345 MW a un massimo di 575 MW. L’investi-mento previsto è di circa 500 milioni di euro. L’impianto, a regime, fornirà energia elettrica per 1.150 milioni di chilowattora. Il terzo progetto è stato presentato da un’azienda di Trapani che si chiama “Energie rinnovabili Srl”, che vuole realizzare 156 pali eolici per produrre 470 megawatt di corrente investendo 500 milioni di euro ma che ha come capitale sociale, pensate, appena 20

mila euro. Anche la richiesta di que-sto parco è ferma ancora a Palermo.La Mediterranean Wind, con l’ap-provazione da parte del governo na-zionale, di un progetto in deroga, ha ottenuto insieme al VIA anche delle modifiche che le permettono 1) di ampliare l’area di Desusino destinata alla costruzione di una sottostazione elettrica; 2) di aumentare sia le di-mensioni dei rotori delle pali che l’al-tezza dei pali (da 135 a 137 metri); 3) l’allungamento del percorso del “cavi-dotto”; 4) la possibilità di spostare tale percorso rispetto al tracciato origina-rio. Quest’ultimo punto le permet-terà di uscire dalla zona Sic-Zps che attraversava nella parte marginale ma che avrebbe potuto permettere ai “No Peos” di impugnare le autorizzazioni. Ora si attende che il Tar di Palermo, il 24 aprile, si pronunci sul ricorso di revoca e sulla richiesta di sospensiva della costruzione dell’opera.

F.I.

Sulla realizzazione dell’impianto eolico si registrano numerosi interventi tra cui quello del pre-

sidente della Commissione Ambiente del Senato Giuseppe Marinello che, a Gela, aveva preannunciato nuove regole sulle trivellazioni e l’intenzio-ne di prestare massima attenzione sull’installazione dell’eolico al largo delle coste siciliane. Per Marinello “il problema è di grande portata ed inte-ressa non solo Gela e Licata, ma ogni luogo in cui si effettuano investimenti a mare”. “Penso anche alle piattafor-me petrolifere che si vuole realizzare soprattutto lungo le coste siciliane - dice - tra l’altro, senza tener conto delle fasce di rispetto. Personalmente - spiega - sono convinto che quando si parla di viluppo economico bisogna avere una visione generale del proble-ma, non bisogna soltanto pensare, ad esempio, alla questione energetica nel caso delle pale eoliche, ma alle poten-zialità del territorio. I nostri sono ter-ritori che esprimono bellezza, bellezze naturali che sono sempre più risorsa, penso anche alle attività turistiche che meritano di rientrare a pieno titolo

nel terzo millennio”. L’analisi del Pre-sidente della Commissione Ambiente al Senato tiene conto di numerosi ele-menti, comprese le risorse ittiche. Qualcosa sembra muoversi a Roma. “Personalmente - racconta Ma-rinello - in Commissione Am-biente, per quanto riguarda le trivellazioni e le iniziative delle aziende petrolifere a mare ab-biamo già votato una risoluzio-ne che di fatto tende ad attivare una moratoria con particolare riferimento agli idrocarburi liqui-di. In riferimento alle piatta-forme eoliche devo dire che abbiamo iniziato un’attività di istruttoria. Ho chiesto al Ministero dell’Ambiente di acquisire i dossiere e quanto prima avvieremo un indagine conoscitiva. In quella fase, in Parla-mento, voglio udire le popolazioni interessate affinché facciano sentire la loro voce”. Intanto, a Gela, giorno dopo giorno si organizzano riunioni e dibattiti sul tema. L’associazione “per la difesa del golfo di Gela” nata sul web si sta muovendo per coinvolgere tutta

la cittadinanza, compresi gli studenti. Per analizzare il progetto è cominciata

anche una campagna di informazione

nelle scuole. G i o v a n -ni Iudice, portavoce

del Mo-

vimento No- Peos di Gela ha un’idea chiara: “Noi diciamo che par-tiamo dal basso ma l’azione politica in realtà sono i cittadini, dunque, da noi dipende ogni tipo di scelta. Stiamo la-vorando con le associazioni di Butera e di Licata, da tempo sostenitrici della

lotta contro l’eolico. Non c’è motivo per-ché questo offshore possa essere giusti-ficato, nemmeno ai fini occupazionali. Ci sono strutture pronte a licenziare perché gravi sono i disagi e forte è la crisi. L’unico fazzoletto di terra che ci rimane viene devastato. La cittadinan-za deve prendere piena coscienza di q u e -

sto. Gli studenti stan-no dando un grande contributo,anche con la manifestazione cittadina. La politica locale ha preso in considera-zione questa battaglia convocando un consiglio comunale monotematico e dimostrando di essere con noi”. Sta an-

dando avanti il percorso legale. L’asso-ciazione gelese ha nominato un grup-po di avvocati che, insieme a quello già nominato in passato dal Comune, l’av-vocato Stefano Polizzoto porteranno avanti le ragioni dei territori interessati dal progetto. Dunque, cosa si può fare? L’avvocato Giovanni Puntarello spiega: “le amministrazioni interessate si sono già impegnate nel proporre un ricorso al Tar. Le associazioni possono esperi-re un ricorso ad adiuvandum, stiamo valutando se fare anche un ricorso autonomo per dare ulteriore forza all’a-zione promossa degli Enti territoriali”. Per Puntarello “c’è un difetto di istrut-toria della procedura che è stata defi-nita con questa autorizzazione perchè non si sarebbero valutati quali sono gli impatti sullo sviluppo economico che questo territorio avrebbe potuto avere nei prossimi anni. Inoltre è certamente singolare che non si sia valutato il fatto che in questa area siano stati rinvenu-ti numerosi reperti la cui presenza ci conferma che stiamo parlando di una zona di primario interesse dal punto di vista archeologico”.

Lorena Scimè

Page 8: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it8 Aprile

Da Roma a Caltanissetta, pas-sando per Palermo e Catania, è tutto un pullulare di “corren-

ti”. Correnti che starebbero dilaniando un partito, frutto di un compromesso fra due anime che per anni si son fat-te la guerra. Un compromesso che uno come Massimo D’Alema tenne a definire “un’amalgama mal riuscito”. Benvenuti nel fantastico mondo del partito democratico, dove, se non ap-partieni ad una “corrente”, o se preferite ad un’area, sei uno sfigato. Punto. In Transatlantico, luogo dove si racconta-no i segreti del Palazzo, i parlamentari democrat si addensano per correnti. Così in un divanetto trovi i dalemiani (esistono ancora?), a debita distanza un capannello di renziani, o di france-schiani, o di bersaniani, fino ad arri-vare al povero Pippo Civati, anima pia del Nazareno che fa corrente a sé. Né con gli uni, né tanto meno con gli altri. Solo. Ecco la rappresentazione macro-scopica e plastica del partito democra-tico. Un partito, oggi guidato da Mat-teo Renzi - il velocista fiorentino che nel frattempo ha scalato Palazzo Chigi - un partito che settimanalmente si di-vide su ogni argomento: si chiami legge elettorale, si chiami riforma del Senato, o si chiami “jobs act”. Non importa. Il comandamento del pensiero demo-cratico è uno ed uno solo: far preva-lere l’interesse correntizio purché non prevalga quello dell’avversario interno. E questo atteggiamento vale ad ogni latitudine del Paese, e riguarda persino Matteo Renzi. Colui che avrebbe vo-luto cancellare la parola “corrente” dal dna del Pd si muove da capocorrente quando costituisce la segreteria politica di Largo del Nazareno, oppure quando sceglie i nomi dei ministri che lo avreb-bero dovuto affiancare. «Nei posti chia-ve i miei - è il leit motiv dell’esindaco di Firenze, agli altri le scartoffie». Sì, Per

avvalorare questa tesi i (suoi) fedelissi-mi - siano peones o di alto rango - an-tepongono prima di ogni affermazione la seguente: “Noi renziani ...”. Come a voler rimarcare la distanza dalla re-stante parte della galassia democratica.

Loro, i puri di sangue, non contaminati da anni di lotte intestine all’interno del Pci-Pds-Ds. Loro, che hanno portato le slides a Palazzo Chigi, a Montecitorio, e a Largo del Nazareno. Loro, giovani, belli e intelligenti, che vogliono acce-lerare il processo legislativo, facendo finta di tagliare le province - le hanno semplicemente svuotate - o riforman-do la Camera Alta dello Stato alla ma-niera di un Berlusconi. E gli altri, dove sono finiti? Avrebbero dovuto riparti-re da quel 30% racimolato da Gianni Cuperlo e Pippo Civati. Un 30% che avrebbe consentito di ripartire, di rappresentare quella parte di socie-tà democrat che non si potrebbe mai riconoscere in Matteo Renzi, e nella forma di partito renziana. No, sarebbe stato troppo semplice ripartire dalla sconfitta dell’otto dicembre scorso. No, infatti. La restante parte si è già divisa in tre sotto-correnti: i “diversamente renziani”, i “riformisti”, e i cuperliani. Divisioni e correnti che si riflettono a

livello regionale e comunale, alimen-tando rancore e odio. E qui, adesso, torna in mente la farsa tutta siciliana per la composizione delle liste delle eu-ropee. Con il Pd siculo che propone dei nomi, il Pd nazionale che ne propone

altri ancora, e Rosario Crocetta - campio-ne dell’antimafia - che rilancia il sodale compagno di avven-ture, ma pur sempre paladino della lega-lità, Beppe Lumia. Lamentandosi ogni oltre modo con il

Pd nazionale per la scelta di Caterina Chinnici, rea di esser stata assessore dell’ex re di Sicilia, Raffaele Lombardo. Un nome impronunciabile oggi fra le fila dei democratici siciliani. Non sia mai pronunciare quelle due parole una dietro l’altra. Non sia mai ricor-dare che per ben quattro anni il Pd ha corteggiato il principe di Granmichele, considerando, di fatto, il Movimento per l’Autonomia (Mpa), una costola della sinistra. Insomma, dicevamo, è tutto un pullulare di personalismi e

correnti, al punto che il vice segretario nazionale Lorenzo Guerini congela il caso “liste Sicilia”, troppo complicato spiegare in diretta streaming cosa stia

succedendo in quella terra figlia di Pi-randello. E preferisce, quindi, riman-

dare ad un’assemblea regionale delle prossime ore. Tutto ciò a pochi giorni dalla chiusura della liste della competi-zione europea. E tutto ciò, soprattutto, a pochi giorni dalla chiusura delle liste per le amministrative. E qui si arriva a Caltanissetta. Altra città, altro Pd divi-so in macro e micro-fazioni. Il cliché, se vogliamo chiamarlo così, è sempre lo stesso. I renziani - (qui la corrente si chiama “Big Bang” facendo il verso alla seconda Leopolda di Renzi del 2011) - avrebbero voluto scalare il partito, ma sarebbero stati frenati dalla vecchia guardia. Mentre la vecchia guardia, di-visa in due blocchi, non avrebbe digeri-to l’arroganza “dei giovanotti renziani”. In sintesi è questo lo stato cose. Questa la versione dei fatti che riferiscono al cronista. Tutto ciò in barba agli elet-tori nisseni. Che probabilmente si sa-rebbero attesi dagli eredi della sinistra nissena un atteggiamento differente. Un atteggiamento costruttivo che avrebbe dovuto consentire di costruire un’alternativa seria e autorevole dopo cinque anni disastrosi del centrodestra a Palazzo del Carmine. Invece, udite, udite, a pochi giorni dalla chiusura delle liste regna il caos. Il Pd non avrà

un candidato sin-daco democrat. Per di più, è l’accusa che arriva dai piani alti del Nazareno, non ha svolto (voluta-mente?) le primarie per la selezione del sindaco. Sarà co-stretto a sostenere una lista civica che proprio cinque anni fa impedì allo stesso Pd di scalare Pa-lazzo del Carmine.

Meraviglioso. Twitter: @GiuseppeFalci

Anche il PD nisseno è diviso in macro e micro-fazioni.Rampante l’approcciodei giovani “renziani”

Il Partito Democratico è “spaccato” dalle correnti

Il punto politico

di Giuseppe Falci

Mischia“MASCHIA”...

Page 9: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 9

Meridiano

Concessionaria Wollkswagen per le provincie di Agrigento Caltanissetta Enna

Nuova sede di Caltanissetta via Due Fontane, 15 - tel. 0922 405901

Page 10: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Fatti & Settimana Santa

www.ilfattonisseno.it10 Aprile

Magnetiche, imponenti, bellis-sime. A pochi metri da noi i personaggi, le figure, del

gruppo sacro “La Cena”, scomposte, suddivise e poggiate sul pavimento. La vivificante sensazione che la “grande bellezza” prenda sostanza, pervada l’a-ria, che la Settimana Santa rappresenti il dna degli abitanti di Caltanissetta: … la grande Nissenità. E’ stato completato il restauro dell’ultima Cena, una vicen-da, una storia che ha assunto i contorni del romanzo e che merita di essere rac-contata in ogni sua sfaccettatura.Tutto inizia allorquando il ceto dei pa-nificatori, proprietario del Gruppo Sa-cro “La Cena” realizzato da Francesco e Vincenzo Biangardi nel 1885, decide di svolgere il restauro e scelgono Ales-sandro Maria Barrafranca, apprezzato e stimato esperto di storia locale, come direttore dei lavori che per il suo impe-gno ha rinunciato al compenso. L’opera è affidata alla ditta “La Partenope” di Elena Vetere. Durante lo svolgimento dei lavori si verificano degli imprevi-sti, in merito al reperimento dei fondi, che praticamente azzerano la disponi-bilità del ceto. La situazione precipita improvvisamente, il restauro è già ini-ziato ma non può essere completato e all’orizzonte non si profilano soluzioni adeguate. La drammatica fase di stallo è stata interrotta dall’intervento della P.F.E. Spa di Totò Navarra, l’imprendi-tore nisseno, innamorato della sua città e supportato dal figlio Salvatore, che ha deciso di farsi interamente carico della spesa. Il 14 di febbraio 2014, coinci-

denza vuole sia S.Valentino il giorno della festa degli innamorati, si firma il contratto. Il restauro riprende.Vincente e per certi versi affascinan-te si rivela la decisione di Alessandro Maria Barrafranca di far svolgere il restauro, non in una fredda e asettica

stanza chiusa ma, in una sala della bi-blioteca Scarabelli, messa a disposizio-ne dall’Amministrazione Comunale. La scelta del sito non è casuale come ci spiega il direttore dei lavori: “Perché in questo luogo? Sino al 1882 nel cor-tile erano sistemati e allestiti i Gruppi, antecedenti a quelli realizzati dal Biangardi, che poi uscivano da qui. Il luogo è impregnato di Settimana Santa. Ve-dete quel monogram-ma sul muro è il simbolo di due congregazioni, quella della Santissima Bambina che diede origine alla processione del Gesù Na-

zareno e quella della purificazione Ma-ria SS. Detta della “Candelora”, di cui faceva parte tutta la Real Maestranza”.Mentre ascoltiamo le interessanti spie-gazioni di Barrafranca il nostro sguar-do non riesce a staccarsi dai giganti, opere polimateriche, che silenziosi os-servano, meditano e pazienti attendo-no il loro turno di restauro. Alcuni già restituiti all’antico splendore, altri puliti e in attesa di ritornare a brillare. Inutile nascondere che a rivedere il restauro, ci siamo tornati parecchie volte. E’ stato emozionante seguire, momento dopo momento, il certosino e paziente lavoro delle re-stauratrici, che con tocco lieve, accendevano i colo-ri. Il restauro ha inte-ressato la rimozione della stesura pit-torica sovra messa e u n a

d e t t a -gliata pulitura dei

numerosi ritocchi ad olio, sui visi, sulle

mani e sui piedi delle tre-dici sculture che presen-tavano, inoltre, danni sia

di natura antropica che chimica. Dalle prime indagini diagnostiche, compiute è subito emerso che il gruppo sacro in questione, con le sue statue polimateriche, appariva ricoperto da una pittura vivace tipica dell’arte presepiale napole-tana di

fine Ottocento, la quale, attraverso gli effetti cromatici, poneva in rilievo le forme volumetriche delle sculture e

della loro gestualitàAltra scelta vincente, dare la pos-

sibilità ai nisseni di assistere al restauro. Abbiamo visto

tantissime scolaresche, giungere in visita. La scena dello stupore di

chi entrava in quella

stanza si è ripe-

Rimossa la sovra-pitturazione. Pulitura e ritocchi ad olio, sui visi, sulle mani e sui piedi delle tredici sculture“

“Splende” la Cena Il restauro completato grazie ad azienda nissena

In alto le due sezioni del Cristo della cena, a sinistra in fase di restauro a destra a lavoro completato.

Il lavoro è stato svolto presso una sala della biblioteca Scarabelli: tanti i visitatori

di Donatello Polizzi

Page 11: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 11

tuta costantemente ma ogni volta ci ha sorpreso. Sentivamo il vociare dei ragazzi nel cortile ma appena entrava-no nella sala, il silenzio, quasi irreale, li rapiva. Rimanevano immobili, folgo-rati dal fascino dell’opera, ascoltando le spiegazioni. Non staccavano, neanche per un attimo, lo sguardo dalle statue. Gli scolari, guardano quei volti severi, austeri, quelle mani che si protendo-no nell’aria in maniera misteriosa, di difficile interpretazione perché manca la coralità dell’insieme dei personaggi disposti intorno alla tavola. Ognuno sembra emergere prepotente nel suo essere autonomo, esaltato dalla luce intensa delle lampade utilizzate per il restauro che crea un gioco di luci e ombre, unico, irripetibile. I fari sono spostati, le ombre si modificano, il si-lenzio regna, avvolge, abbraccia, quasi soffoca. Nessuno parla, si ha la sensa-zione di disturbare gli apostoli, quasi che qualcuno di essi possa destarsi e intimare il silenzio. I bambini escono nel cortile frastornati, ubriachi di bel-lezza, intenzionati a non mancare al Giovedì Santo per rivedere i “giganti”, al loro posto, sulla “Vara”.

Rimaniamo seduti nell’angolo per ore a scrutare quelle fattezze, a noi cono-sciute, per averle viste sfilare in tante occasioni ma nuove per la vicinanza e per la brillantezza che gradualmente le avvolge. Si avverte, si respira la sa-cralità, l’orgogliosa ostentazione, del

nisseno che può affermare, questa è la mia “Vara”. Ogni gruppo sacro non è proprietà del ceto di riferimento, ma dell’intera cittadinanza, di tutti coloro i quali, riconoscono nei riti della Set-timana Santa, il più autentico senso di appartenenza alla città, alle sue tradi-zioni, alla sua storia, alla sua religio-sità. Giunge l’ora di chiusura, le restauratri-ci ripongono i pennelli, la tavolozza dei colori, spengono i fari, il buio avvolge le regali figure, nell’ombra s’intravedo-no appena i contorni, le forme si atte-nuano, la brillantezza è ingoiata dalle tenebre. Usciamo nel cortile, è già buio, ci giriamo per un istante: i Gruppi Sa-cri non sono solo statue di cartapesta, la Settima Santa non è …solo una set-timana, sono simboli imperituri della nostra storia che ogni anno si rinno-vano. Quest’anno la “Cena” si è rinnovata come non mai: è tornata a splendere.

...Nisseni autolesionistiTrasloca l’amaro Averna, presto probabilmente ceduto ad acquirenti stranieri, ha chiuso il “mitico” Caffè Romano, il corso Vittorio Emanuele è un triste percorso incupito da loca-li vuoti e da polverosi annunci di af-fittasi, l’università boccheggia, il no-stro essere capoluogo di Provincia è un nostalgico titolo, una fotografia in bianco e nero, la nostra classe po-litica (dirigenti di partito e eletti) ha la stessa credibilità di Peppa Pig, la squadra calcistica simbolo della Cit-tà (la Nissa) è stata distrutta e morti-ficata da un gruppo di sette nisseni: l’elenco sarebbe ancora lungo, ma tutti lo conosciamo ed è inutile fare esercizio di inutile e vana autocom-miserazione, noi nisseni ci siamo sempre fatti male da soli. Il tempo delle vacche grasse, dei soldi pub-

blici a iosa, delle raccomandazioni, è stato spazzato via dalla crisi eco-nomica e dal mutato assetto sociale. Di fronte a noi il bivio è definitivo e la decisione non rinviabile: prose-guire nella discesa, nella perdita di ogni identità nissena e rassegnarsi a sopravvivere ai margini, oppure azzerare tutto e iniziare a costruire un progetto di città nuova, vivibile, degna e con una chiara identità da difendere ed esaltare. Non dobbiamo compiere l’errore, facile in tempi di deriva populista, di arrenderci all’anarchia o al qua-lunquismo, di ritornare a farsi beffa delle responsabilità individuale al grido di “Piove, governo ladro”. Le responsabilità non possono essere esclusivamente caricate sulla nostra classe politica, mediocre e farisea, perché quella classe politica è il pro-dotto delle nostre scelte. Dobbiamo scavare nelle nostre colpe, di un

tessuto sociale incantato dalle belle automobili, dai vestiti alla moda, dal mito di una borghesia che non esi-ste più, mentre le mense dei poveri sono piene, le attività commerciali abbassano la saracinesca, le finan-ziarie sono travolte dall’insolvenza e dove alberga e cresce la ludopatia, il mito del sei al superenalotto, l’in-fernale speranza del gratta&vinci o della scommessa “vincente”. La rinascita passa intanto dal cam-bio di mentalità dei nisseni che non abbiamo più nessuna idea del vivere civile: basti guardare i modi in cui posteggiamo le auto o i marciapie-di invasi dalle feci dei cani, frutto dell’indecenza morale di padroni più animali di ciò che conducono al guinzaglio. Non possiamo non citare il meditativo silenzio che ci

avvolgerà il 25 maggio, allorquando nella tranquillità della cabina eletto-rale, dovremo scegliere di votare per coscienza oppure con ignominia, continuare ad alimentare la bas-sezza del voto di scambio o dell’a-mico o ancor peggio dell’amico … dell’amico. I presupposti non sono incoraggianti, si vedono aspiranti al consiglio comunale che hanno ini-ziato la campagna elettorale senza neanche sapere chi sia il loro can-didato sindaco: questi personaggi, fate un favore alla città, non votateli. Chissà se sia possibile restaurare il senso civico, l’intelligenza, l’onesta: se possa essere sufficiente un colpo di pennello. Non lo sappiamo, ma speriamo che il pennello dell’etica, del buon senso, della civiltà, torni a disegnare colori armonici e brillanti nel cuore e nelle menti dei nisseni. Che sia una Settima Santa di spe-ranza e rinascita.

Sopra una fase del restauro.A destra, il direttore dei lavori

Alessandro Maria Barrafranca

Studenti affascinati e ammutoliti dalla ma-estosità dei “Giganti” del Biangardi

segue dalla prima

L’Editoriale

C’erano una volta i cinque archiIn origine, nella “Cena”, alle spalle delle tredici sculture, che com-pongono la Vara erano montati cinque enormi archi, dai quali pendeva uno scintillante lampa-dario in cristallo: l’impatto visivo era imponente, maestoso, da to-gliere il fiato. Per questo motivo il gruppo sacro venne denominato “u palazzu cà camina”. Infatti, du-rante la sfilata del 1885 la Vara in più occasioni urtò alcuni balconi della via Berengario Gaetani, zona comunemente denominata “u cassariddru”. Il “fatto” colpì la popolazione e per questo motivo lo stesso Biangardi nel 1886 decise di togliere gli archi, e il lampadario, dei quali si è persa ogni traccia e dei quali non esiste una fotografia, disegno, traccia o raffigurazione pittorica. Non trag-gano in inganno i 7 archi presenti sulla “Cena” dei piccoli Gruppi Sa-cri (vedi la foto in alto) ; intanto gli archi sono sette (e non cinque) e poi la Variceddra venne realizzata nel 1958 da Salvatore Capizzi che era nato nel 1907 e che dunque aveva soltanto sentito raccontare degli archi e del lampadario … del mistero.

Page 12: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Sono la voce profonda dell’anima nis-sena, i Fogliamari, che portano a spalla da sempre il Signore della Città, a piedi scalzi e cantando le lodi del Cristo degli ultimi, intorno a cui si snoda la proces-sione più mistica e spirituale che segna l’identità collettiva dei nisseni come nessun altro momento.Fogliamari o Figliamari, nella dizione popolare, a seconda che li si identifi-chi con il frutto del loro lavoro, le erbe amare raccolte in campagna, o con la durezza amara della loro condizione esistenziale. Non sono “lamentatori”, come le tante Confraternite che nei paesi della Sici-lia dell’interno scandiscono le ore della Passione, ma “ladanti”, custodi di un repertorio prezioso di canto tradizio-nale a più voci che si sviluppa con testi diversi che raccontano gli episodi della Passione di Cristo, intonati tutti sulla stessa linea melodica, animati da due voci soliste (primavuci e controvuci) e da un coro. Intere famiglie si sono traman-date la tradizio-ne del canto e la devo-zione al S i -gnore Croci-fis-

so: oggi le famiglie Bellomo e Di Forti esprimono questa continuità, mentre un CD, registrato nel 2004 a cura del Comune, contiene le voci mitiche dei due solisti, ormai scomparsi, che han-no accompagnato nel nuovo millennio il coro dei Fogliamari: Cataldo Rai-mondi (il “Partigiano”) e Salvatore Li Destri.E il legame profondo tra generazioni diverse è un elemento forte e contro-corrente della tradizione dei Fogliama-ri: sin da bambini si partecipa alla pro-cessione, da adolescenti si comincia a “ladare” nel coro, e si apprendono dalle parole degli anziani la storia, i passag-gi liturgici, la serietà della devozione, l’impegno spirituale che questa rappre-senta. Tutto il contrario del folklore.Sono molto selettivi i Fogliamari nell’ammettere nuovi devoti tra loro: è l’autenticità della fede e l’umiltà interio-rizzata come stile di vita che chiedono, anche ai tanti professionisti che deside-rano unirsi a loro nella processione. E che vengono ammessi dopo un rigoro-

so tirocinio, qualificato dalla parteci-pazione a tutti i momenti spirituali che scandiscono la preparazione alla Pasqua e che si svolgono nel Santuario del Signore della Città, annesso al Convento della Suo-re Francescane del Signore, la

Congregazione fondata a fine ‘800 da Padre Angelico Lipani per

assistere le ragazze più povere e le orfane degli zolfatari. E’ il decano dei sacerdoti diocesani l’assistente spirituale dei Fogliamari: padre Giuseppe Sorce, quasi centenario

e carisma-

tico, studioso di storia e custode rigo-roso della tradizione.Accompagnano il percorso del piccolo Crocifisso di legno scuro, il più antico che si venera a Caltanissetta, patrono della Città fino al 1624: è il Signore degli Ultimi, e per una serata lo sguar-do di tutti rivolto a quel Cristo umile e sofferente è il filo conduttore di una riflessione interiore, silenziosa, che si percepisce anche osservando la folla che segue la processione, una medi-tazione soggettiva e collettiva, che il nostro popolo si ritrova a condividere, con la devozione finalmente consape-vole di chi si rispecchia con la propria miseria nel dolore del Cristo e solo in questa identificazione può alimentare la fatica della speranza.I Fogliamari sono gli eredi di una cul-tura antica, legata alla sopravvivenza quotidiana del popolo di cui sono la voce: conoscitori e raccoglitori delle erbe amare, preziose e aromatiche, che solo loro erano capaci di trovare e rac-coglie- re nelle campagne i n - torno alla

città (con la m i s u r a di chi v u o l e tutelar-ne la ri-produ-zione e

l’habitat naturale),

erbe che andavano a

vendere nella strada del vec-chio mercato, la

Strata a’ foglia, q u e l l a

strada

diagonale, che taglia il centro storico dalla piazza alla Grazia, dove per secoli si è incontrato il lavoro più duro del popolo più disagiato e la tradizione gastronomica di una Sicilia antica in cui tanti popoli diversi hanno lasciato il loro patrimonio di cultura materiale. E al di sopra dei banchi colorati del-la frutta e della verdura, le immagini sacre dei Santi e della Sacra Famiglia vegliavano con discrezione sulla vita

della città del lavoro, e sulla campagna che in quella strada veniva ad incontra-re la città.Anche quest’anno, per la terza volta, i protagonisti del Venerdì Santo sono tornati a cantare la loro devozione nella strada dell’antico mercato: dove intorno a cinque edicolette votive, le figuredde della pietà popolare, si sono alternate le voci drammatiche che ac-compagnano da secoli la Passione di Cristo a Caltanissetta.Anche una fiaccolata ha illuminato, nella notte della tradizione ritrovata, le “Ladate” dei Fogliamari nella Strata a’ foglia: animata spontaneamente da centinaia di famiglie, di giovani, segno di luce di una città per troppo tempo opaca, che vuole ritrovare forse una dimensione di comunità solidale. A partire dalla Pasqua, e dal suo valo-re simbolico di sofferenza e di riscatto

che da sempre fanno parte dell’i-dentità dei nisseni.

www.ilfattonisseno.it12 Aprile

Accompagnano il Cristo Nero nella tradizionale processione del Venerdì Santo

di Fiorella Falci

La voce dell’anima nissenaI Fogliamari protagonisti del Venerdì Santo Sta per arrivare in libreria “Piccola

Atene”, il giallo di Salvatore Fal-zone ambientato a Caltanissetta ed edito da Barion, marchio in attività tra le due guerre, rilevato negli anni Sessanta da Ugo Mur-sia e adesso rilanciato sul mercato nazionale grazie a un progetto di forte impronta umanistica ideato da Beppe Benvenuto. Eredi di una tradizione plurisecolare, nel 1990 i devoti Fogliamari si sono costi-tuiti nell’Associazione Devoti Por-tatori Fogliamari del SS.mo Cro-cifisso del Signore della Città, il cui responsabile attuale è Michele Bellomo, con un comitato orga-nizzativo composto da Antonio e Angelo Bellomo responsabili del gruppo laudanti, da Calogero Diforti capo coro e capo vara, da Antonio Fasciana responsabile incensisti, e infine da Giuseppe Scandurra e dall’anziano del grup-po Giuseppe Diforti.Hanno promosso ricerche, studi e attività culturali per far conoscere la loro tradizione. Particolarmen-te importante la Mostra dedicata al Signore della Città e a Padre Angelico Lipani, con pannelli fo-tografici, testi e oggetti d’epoca, stimolando l’interesse di altri ri-cercatori e studiosi che hanno de-dicato alla loro attività testi, filmati e DVD.Tra loro ha prevalso sempre l’a-spetto spirituale e devozionale ri-spetto a qualunque tentazione di spettacolarizzazione, più di ogni altro gruppo tra quelli che anima-no la Settimana Santa nissena; e la loro tenace resistenza nel voler portare a spalla il fercolo del Si-gnore della Città, ha conquistato anche altri momenti della Pasqua nissena: da qualche anno anche il Gesù Nazareno della Domenica delle Palme viene portato a spalla nella sua barca di fiori dai devo-ti, e quest’inverno la processione dell’Immacolata ha ritrovato dopo molti anni l’antica tradizione dei portatori, grazie anche all’apporto di molti devoti Fogliamari.

Sono gli eredi di una cultura antica legata alla sopravvivenza quotidiana del popolo di cui sono la voce.Si sono costituiti in associazione nel 1990

Page 13: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 13

Page 14: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it14 Aprile

Studenti delle scuo-le superiori, soprat-tutto pendolari che

la Sais lascia ai parcheggi di via Guastaferro e di via Rochester e che da lì devono raggiungere i loro istitu-ti che si trovano in diverse parti della città, anziani, donne (a volte sole) che vanno all’ospedale per un’analisi o dal medico per un controllo; casalinghe, pensionati che si recano a fare la spe-sa, soprattutto al mercato della Strata ‘a foglia. Nonni e nonne che la mattina si recano a casa dei figli per accudire i ni-potini. Lavoratori stranieri e migranti che non hanno alternative se non l’au-tobus per raggiungere luoghi di lavoro o uffici pubblici. Sono queste le storie, prima ancora che le tipologie, di chi prende l’autobus a Caltanissetta e che in assenza del servizio pubblico, su-bisce un vero e proprio dan-no esistenziale, oltre che materiale. Perchè

viene privato di uno dei diritti uni-versali per eccellenza, la mobilità. La media borghesia,

i n v e c e , snobba il m e z z o p u b -b l i c o , la cui c o n -side-r a -

zione, del resto, è stata

poco più che zero nelle politiche pubbliche delle am-

ministrazioni locali succedutesi negli anni, non ultima quella Campisi. Basta vedere che non sono mai state realiz-zate le corsie preferenziali, neanche là dove possibile, come ad esempio nel nodo Grazia, oltreché necessario, con centinaia di automobili con al mas-simo un solo passeggero oltre al con-ducente. Il problema sono le abitu-dini di vita e di mobilità dei cittadini, mentre la causa è l’assenza di politiche di incentivazione del mezzo pubblico. Oggi, in questa città, sarà impossibile proporre l’uso dell’autobus, se ad esso non viene associato un nuovo appeal e un’adeguamento a nuove tipologie di

utenti. Anche se

poco usato, non significa che il bus ur-bano non rimanga oggi indispensabile per centinaia di persone. In altre città, un blocco del servizio fa scattare il co-dice rosso. Qui, dopo una settimana di fermo totale, l’emergenza non affiora, proprio perchè i fruitori sono a volte categorie non rappresentate. La ver-tenza tra la Scat, cooperativa di lavoro che da decenni gestisce il servizio, e il Comune di Caltanissetta, con cui ha un contratto di servizio per un totale di 525 mila chilometri all’anno, è divenu-ta una controversia senza soluzione di continuità. Agli scioperi, fanno da contraltare le cause in tribunale, ai mancati paga-menti, fanno da contraltare lo scari-cabarile normativo e istituzionale. Il compenso per il servizio pubblico è pari a 1 milione e 50 mila euro l’anno. E’ il corrispettivo contrattuale tutt’ora vigente tra Comune e Scat, in assenza di variazioni al contratto stesso. Dal 2012, la Regione Siciliana, ha però tagliato il contributo del 20%, unila-teralmente e da allora l’amministra-zione Campisi ritiene che, in modo automatico, anche il contributo da conferire alla Scat deve essere ridot-to del 20%. A questo si aggiungono i ritardi nell’accreditamento delle som-me da parte della Regione e le antici-pazioni relative al contributo annuale fatte dal Comune alla Scat, che diven-gono progressivamente sempre più insufficienti. Sono ventisei i lavoratori della coope-rativa con sede in contrada Calderaro,

di cui sedici autisti. Erano dicias-sette, ma venerdì uno di loro si è licenziato per andare a lavorare al nord. Meglio lontano ma con uno stipendio puntuale, che qui, con dieci mensilità di stipendio arre-trate. Poi ci sono due controllori, due meccanici in officina, due addetti all’agenzia e gli ammini-strativi. Tutti soci lavoratori. Per la Scat, invece, il taglio del 20% operato dalla Regione, non comporta nessuna variazione del contratto tra cooperativa e comune. Il sindaco Campisi e i dirigenti al ramo, invece, ri-chiamano un articolo del con-tratto secondo cui l’erogazione delle somme da parte dell’ente

locale, è vincolata ai trasferi-

menti della Regione. Un articolo che secondo la presidente della Scat, Ro-berta Leonardi, non cambia le carte in tavola, “perchè il servizio si chiama ‘urbano’, e il contratto impegna solo due soggetti e nessun altro, la Scat e il comune”. Anche perchè, è il ragiona-mento della Cooperativa, non si può operare un taglio a posteriori su ser-vizi già resi. Per il 2012, ad esempio, alla Scat mancano all’appello 270 mila euro che guarda caso coincidono più o meno con il 20% di cui sopra. Ma i servizi già erogati, per i chilometri fatti da contratto, sono stati già esple-tati, producendo legittime pretese per le ore di lavoro, per la benzina e per tutti i costi di gestione commisurati al 100% dei servizi e non per l’80% che si vuole pagare. Stesso discorso per il 2013, con 270 mila euro in meno ri-cevuti dalla Scat, mentre per il 2014, si aggiunge un problema di anticipazio-ni. Una prima anticipazione da parte dell’ente di 100 mila euro per l’anno in corso c’è già stata. Il sindaco Campisi, in questi giorni, ha proposto un’altra

anticipazione di 100 mila euro per far riprendere il servizio. Ma dalla Scat oppongono diniego e i lavoratori van-no avanti con lo sciopero. Perchè con le assicurazioni dei mezzi in scaden-za e i fornitori di benzina alle porte, tali somme consentirebbero di paga-re forse l’anticipo di una mensilità a fronte di 10/11 arretrate. Dall’inizio dello sciopero, il 7 aprile, i vertici della Scat e i sindacati (Carlo Messina e Salvatore Pasqualetto della Uil), hanno partecipato al tavolo di raf-freddamento in Prefettura e anche a un vertice a Palermo presso l’assessorato infrastrutture e mobilità della Regione Siciliana. Il Prefetto Carmine Valente si è impegnato a farsi portavoce presso il dipartimento mobilità, per accelerare il trasferimento delle somme al comune da accreditare alla Scat. Un impegno autorevole e importante che potreb-be non essere risolutivo al momento vista la mancata approvazione della “Manovra bis” all’Ars che sta causando una crisi di liquidità di cassa nei dipar-timenti.

di Alberto Sardo

Fatti & Territorio

“Studenti, anziani, casalinghe, migranti. L’autobus non sarà “cool”, ma è indispensabile a tante persone

“Siamo a piedi e non lo sappiamo”Le posizioni tra Scat e Comune rimangono lontane,ma la città sembra non cogliere l’emergenza

Page 15: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 15

Page 16: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Un uomo consacrato ancora giovane, poco abituato alle telecamere ed ai titoli altiso-

nanti. Si presenta così il nuovo ve-scovo della Diocesi di Piazza Arme-rina Mons. Rosario Gisana, che dal 5 aprile scorso è ufficialmente il ve-scovo della diocesi di Piazza Arme-rina e Gela. Un vescovo che ha det-to subito di sentirsi investito di un compito gravoso: guidare la Chie-sa del profondo sud della Sicilia. “Quando è stata annunciata la mia nomina mi sono sentito come il Cristo rivestito di porpora il vener-dì santo: mi hanno subito vestito degli abiti vescovili ed ho sentito addosso la responsabilità che mi ha affidato nostro Signore attraverso il Santo Padre” - ha detto nel corso del primo incontro con i giornali-sti che ha affrontato con il conforto del direttore del giornale diocesano <<Settegiorni – dagli Erèi al Gol-fo>>, don Giuseppe Rabita. “Voglio conoscere tutti – ha detto nel corso dell’incontro con i rappresentanti della stampa – voglio visitare ogni singolo comune che ricade nel ter-ritorio della diocesi e sapere delle realtà ecclesiali di cui comincio da qualche settimana a prendere vi-sione. So che questa diocesi ha una realtà composita, a volte difficile dal punto di vista sociale, ma aiutata ma una sezione laicale che segue da vi-cino le attività delle parrocchie con una dedizione da ammirare. Stilerò

assieme al mio segretario Don Lino Di Dio, una scaletta delle visite e poi ho il piacere di seguire in pri-ma persona la crescita spirituale del mio gregge”. Il clima gioioso del pri-mo incontro con i giornalisti è sta-to ‘macchiato’ dalla tragedia che ha colpito Gela, il comune più grande della Diocesi, e della famiglia Viz-zini che ha subìto la morte dell’ope-raio dell’indotto industriale, morto in un terribile incidente il giorno prima. “Pregherò intensamente per la famiglia Vizzini - ha dichiarato il Vescovo – per la prova che stan-no vivendo in questo momento di dolore inaspettato. Quando sarà il momento, vorrò fare visita alla fa-miglia per offrire il mio supporto in questo difficilissimo momento”. Ora, a Gela si attende questa visita.La Solenne Concelebrazione Euca-ristica della consacrazione è avve-nuta sabato 5 aprile nella Chiesa-Cattedrale di Piazza Armerina, alle 16,30. Il Rito di Ordinazione è sta-to presieduto dal vescovo, Antonio Staglianò; i Vescovi co-consacranti erano Mons. Michele Pennisi, Ar-civescovo di Monreale, già pastore della Chiesa piazzese, e Mons. Paolo De Nicolò, vescovo titolare di Ma-riana, in Corsica, già reggente del-

la prefettura della Casa pontificia. Presenti alla celebrazione il Cardi-nale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, e gli arcivescovi e vescovi della Sicilia. Come da tradizione, il comune di Piazza Armerina , ha donato al nuovo vescovo l’anello episcopale in oro bianco, a fascia, che nella parte centrale riporta l’im-magine di Maria Santissima del-le Vittorie, patrona della Diocesi.Grande mobilitazione per la Chiesa di Noto, che lo ha visto parroco per tanti anni e che ha partecipato alla cerimonia di consacrazione con un migliaio di presenze. Da tutti i Vi-cariati, numerosi i fedeli venuti per manifestare a don Rosario segni di affetto e stima, per ciò che in que-sti anni ha donato con generosità e piena dedizione alla Diocesi del Siracusano. Si sono stretti al nuovo pastore: parrocchie, gruppi, asso-ciazioni e quanti hanno beneficiato dell’ umanità di Don Gisana, che ora da vescovo, sarà chiamato a con-formarsi ancora più radicalmente a Cristo buon Pastore. La Chiesa ne-tina vive uno speciale momento di grazia e innalza preghiere per Don Rosario, perché pla-smato dallo Spirito Santo, possa testi-moniare nel ser-vizio pastorale alla Chiesa piaz-zese, la cura del Pa s t o r e d iv ino, c h e o f -fre la v i t a p e r i l

suo gregge. Don Rosario, sì. Per-ché il Vescovo, personaggio schivo, non si è presentato come tale ma ha sottolineato ai giornalisti: “ chiama-temi don Rosario, mi riesce difficile abituarmi al titolo di Monsignore”. Un’ulteriore prova di umiltà che lo contraddistingue e che conferma l’affetto dei netini che vivranno con lui questo momento importante ma che lo rimpiangono già perché a d e s s o n o n potrà s e -g u i re la loro realtà. M o n s . Rosario Gisana, è origi-nario di M o d i c a , c o m p i r à 55 anni il p r o s s i m o 14 aprile, e viene da una fa-miglia di

onesti e

laboriosi lavoratori (madre casa-linga e padre muratore). E’ stato alunno dell’Almo Collegio Capra-

nica, quindi ha conseguito il baccalaureato in Teologia

alla Pontificia Università Gregoriana nel 1983,

e successivamen-te la licenza al

Pontificio Isti-tuto Biblico e la licenza all’Istituto Patristico Augusti-nianum. O r d i -n a t o sacer-d o t e nel la Dio-ces i d i

www.ilfattonisseno.it16 Aprile

di Liliana Blanco

Gela & dintorni

Don RosarioChiamatemi

“Difficile abituarmi al titolo di Monsignore”

A destra il Cardinale Paolo Romeo,Arcivescovo di Palermo, impone le mani sul capo di Mons. Gisana

Page 17: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 17

Dura e accorata è la lettera che Andrea Cassisi, nella sua veste di presidente del “Centro di Cultura e di Spiritualità Cristiana, Salva-tore Zuppardo”, ha inviato al neo vescovo, mons. Rosario Gisana, in occasione del suo insediamento. “Riconosciamo in Lei, nostro Pastore, la guida sapiente e pru-dente che possa illuminare la nostra quotidianità in una città qual è Gela, afflitta e tormentata da molteplici problemi” – scrive, Cassisi. “I numeri della disoccu-pazione crescono – aggiunge il presidente del Centro Zuppardo - la sfida all’emergenza educativa giovanile si fa sempre più dura, molte famiglie sono sconfortate a causa di malattie che negli ulti-mi anni hanno ucciso, la politica delude. Le chiediamo allora vici-nanza, l’affetto di un padre per i suoi figli nel dispensare la Parola nel suo pellegrinaggio. “Le imploriamo un esempio nel-la sua evangelizzazione che par-ta dalle periferie, dal basso, dai luoghi lontani. Perché l’insegna-mento di Papa Francesco sia per noi fonte dalla quale attingere sentimenti di santità e ricchezza

spirituale”. E poi l’esortazione laica, quasi un richiamo alla “teologia della libe-razione” così radicata negli anni ’70 in Sudamerica.“La Parola sia annunciata fuo-ri dalle Chiese – scrive ancora Cassisi - perché esse non siano più forme ritualistiche di pure riunioni, piuttosto linfa per la crescita umana, culturale, sociale per la città. Le nostre parrocchie

sono diventate roccaforti medie-vali coi ponti levatoi, incomuni-cabili tra di loro”.Parole dure come pietre, quelle di Andrea Cassisi, che sembra un fiume in piena nella sua requisi-toria contro la chiesa dell’appa-renza.

“Parrocchie da cui non escono seminaristi; parrocchie che man-tengono il loro orticello; parroc-chie che si auto incensano; par-rocchie che rimangono lontane dai bisogni veri della gente. I po-veri non vengono più in chiesa! Anzi, girano tutte le parrocchie a chiedere soldi o qualche borsa di viveri. Le parrocchie sono di-ventate luoghi frequentati da sole belle persone, gente per bene che non conosce il bisogno, gente staccata dai bisogni della gen-te. I consigli pastorali sembrano sodalizi reazionari di sepolcri imbiancati, che amano stare in prima fila a farsi notare e discu-tono di lana caprina. Allora, non si riduca la preghiera alla sola ricerca di Cristo nel momento del bisogno, sia quindi una esor-tazione a cooperare insieme alla realtà buone, efficaci, produttive che la città di Gela matura gior-nalmente”. “Venga nelle nostre parrocchie a guidare il nostro cammino di fede” – conclude, Cassisi, che invitandolo a Gela gli dà fraternamente del “Tu” quando ammette che “abbiamo bisogno di Te”.

F.I.

Il presidente del Centro “Salvatore Zuppardo” punta l’indice contro la chiesa dell’apparenza

La lettera. Andrea Cassisi scrive al Vescovo

“Guida il nostro cammino”Noto il 4 ottobre 1986, nel 1990 è stato nominato rettore del semina-rio diocesano. Dal 2010 è vicario episcopale per la pastorale, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano e vicerettore della chiesa Cattedrale di San Nicolò di Noto. Succede a Monsignore Michele Pennisi, ora

Arcivescovo di Monreale. L’Ordi-nazione del nuovo vescovo, è stata celebrata sabato nella Cattedrale di Piazza Armerina. Monsignore Gi-sana ha vissuto a Noto dove è stato Rettore del Seminario Vescovile e membro del Consiglio Presbiterale Diocesano. Trasferitosi a Catania è divenuto Professore Stabile Straor-dinario e Vice Preside dello Studio Teologico S. Paolo. Molto vicino ai giovani, comincia la sua carriera proprio facendo pastorale giovani-le. Il 27 febbraio è stato eletto Ve-scovo dal Santo Padre, Francesco, e lascia l’insegnamento per stare vici-no al clero e alla gente. Dopo l’or-dinazione, il suo primo impegno è stato quello di incontrare i sacerdoti anziani e gli ammalati, e successiva-mente visiterà tutte le parrocchie. Fra tre anni la diocesi piazzese, che conta circa 250.000 abitanti, compi-rà due secoli di vita. Il primo vesco-vo della Diocesi di Piazza Armerina è stato Girolamo Aprile Benso, a seguire: Pietro Naselli; Pier Fran-cesco Brunaccini; Cesare Agostino Sajeva; Saverio Gerbino; Mariano Palermo; Mario Sturzo; Antonino Catarella; Sebastiano Rosso; Vin-cenzo Cirrincione; Michele Pennisi. Dal 5 aprile scorso, Rosario Gisana.

Fu ordinato sacerdote nella Diocesi di Noto il 4 ottobre del 1986

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAFallimento n. 03/2002 R.F.

AVVISO DI VENDITA VANO TERRANO MAGAZZINO

Si comunica che il Giudice Delegato al fallimento in epigrafe ha disposto pro-cedersi alla vendita senza incanto del MAGAZZINO facente parte del “Con-dominio GURRERA” di via Malta n.ri 25/27 in Caltanissetta, al quale si accede dalla strada condominiale che comunica con il viale della Regione altezza civi-co 100. Il magazzino è costituito da un unico ambiente con superficie di mq. 225 e presenta due aperture a serranda che prospettano sul cortine interno di detto condominio.L’immobile risulta censito al catasto fabbricati del comune di Caltanissetta al foglio 119, particella 11, sub 103, z.c. 1, cat. C/2, cl. 4, consistenza mq. 225, rendita €. 766,94, Piano TerraLa vendita è stabilita avanti il Giudice Delegato al prezzo base €. 72.945,00- senza incanto per le le ore 12:30 del giorno 10.06.2014 (Palazzo di Giustizia terzo piano stanza 318 – Giudice C.D. Cammarata), ed eventualmente con incanto per le ore 12:30 del giorno 24.06.2014 - rilancio minimo €. 500,00;Ogni ulteriore informazione, anche relativamente alle generalità della ditta proprietaria fallita ed alle condizioni di vendita, potrà essere ottenuta presso la Cancelleria fallimentare o direttamene presso il Curatore avv. Salvatore Emma telefax 0934 571420 – email: [email protected] – P.E.C. [email protected] bando, l’ordinanza di vendita e la perizia saranno pubblicati nei prossimi giorni sul sito internet: www.astegiudiziarie.it

Caltanissetta, 05 aprile 2014

Il Curatore Fallimentare Avv. Salvatore Emma

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAG.D. Gregorio Balsamo

Fallimento n. 19/12VENDITA SENZA INCANTO 26.06.2014 ore 12.30

presso il Tribunale di Caltanissetta.

Beni in SAN CATALDO, Via Generale Carlo Alberto dalla Chiesa: A) Appar-tamento p. quinto, vani 6,5. NCEU fg. 51, p.lla 671, sub 22. B) Locale autori-messa p.terra mq 16. NCEU fg. 51, p.lla 671, sub 11. C) Locale condominiale p.terra mq 34. NCEU fg. 51, p.lla 671, sub 2. Prezzo base Euro 129.303,33. Rilancio minimo non inferiore al 5% del prezzo base. Presentare offerte entro le ore 12.00 del giorno antecedente la vendita, corre-date da assegno circolare N.T. intestato alla Cancelleria, pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Eventuale incanto 10.07.2014 ore 12.30. Maggiori informazioni presso la Cancelleria Fallimentare del Tribunale di Caltanissetta.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA ESEC. IMM. N. 71/11 R.G.E.

Lotto unico - Comune di San Cataldo (CL), Via Croce Vecchia 25/27. Fabbri-cato composto da un p. terra adibito a deposito e da un p. 1º formato da 3 stan-ze, in pessimo stato di conservazione e da demolire. Fg. 52, p.lla 4430. Prezzo base: Euro 15.525,00. Vendita senza incanto: 18/06/2014 ore 16.30, innanzi al professionista delegato Avv. Rita Iannello presso lo studio in Caltanissetta, Via Mons. Guttadauria, 6. Deposito offerte entro le ore 12 del 17/06/2014 presso lo studio del delegato. In caso di mancanza di offerte, vendita con incanto: 25/06/2014 ore 16.30 allo stesso prezzo base aumento minimo Euro 776,25. Deposito domande entro le ore 12 del 24/06/2014. Maggiori info presso il de-legato tel. 0934565538 h. 16.30 - 18.30 e su e www.astegiudiziarie.it. (A239600).

Page 18: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it18 Aprile

Dopo gli ultimi gravi incidenti avvenuti tra marzo e aprile, la raffineria di Gela sembra un

pugile al tappeto, andato “KO” con un terribile “uno-due” che avrebbe steso anche uno stabilimento ancora più forte e più attrezzato di quello gelese. Stiamo parlando di un incendio di prodotti petroliferi, per fortuna senza feriti, e di un grave infortunio occorso a un operaio dell’indotto, che purtrop-po è morto, schiacciato dalla gru in movimento presso cui lavorava come imbracatore.Due episodi che hanno creato allar-me ma anche il timore che saltino i programmi di sviluppo, compresi i previsti 700 milioni di euro di investi-menti. Una situazione talmente seria da mobilitare i sindacati confederali

provinciali Cgil Cisl e Uil, i cui segre-tari (Giannone, Gallo e Pasqualetto) hanno espresso “forte preoccupazio-ne per i fatti che stanno interessando l’area dell’ex petrolchimico a partire dall’incendio che ha costretto la Ma-gistratura al sequestro dell’area per ar-rivare all’incidente” mortale del primo di aprile. L’INCENDIO IN RAFFINERIA - Il rogo è avvenuto invece il 15 marzo, per una fuoruscita di greggio ad alta temperatura da una tubazione che si era bucata tra gli impianti di raffina-zione primaria “Topping 1” e “Coking 1”, all’isola 7 Nord del petrolchimico. Il suo fumo nero e intenso, è stato vi-sibile da ogni parte del territorio cir-costante.Alla rimessa antincendio dello stabi-limento è scattata l’emergenza (classi-ficata al secondo dei tre livelli dell’ap-posita scala di sicurezza interna) con l’intervento dei pompieri aziendali e del personale d’impianto. Nel giro di un’ora, il fuoco è stato domato. Ma la zona è stata posta sotto sequestro giu-diziario per accertamenti “probatori delle linee interessate dall’incidente e dell’area sottostante– scrive in una sua nota il procuratore della Repubblica, Lucia Lotti - al fine di accertare le cause dell’incendio ed, in particolare, la riconducibilità di questo a difetti di

manutenzione e puntuale con-trollo delle linee stesse”.Vedremo più avanti come, questa de-cisione, in un momento caratterizzato da notevoli tensioni e preoccupazioni per le sorti della fabbrica, abbia inne-scato una serie di polemiche a distan-za, tra i vertici della Raffineria di Gela e il procuratore Lotti.L’INFORTUNIO MORTALE - L’al-tro grave episodio che forse ha segna-to ulteriormente il futuro del petrol-chimico, è l’incidente sul lavoro in cui ha trovato la morte Antonio Vizzini, un operaio gelese di 54 anni, esperto e affidabile, dipendente dell’impresa appaltatrice “Lorefice & Ponzio”, che stava lavorando come imbracatore con altri colleghi e una autogru allo smantellamento della “Caldaia4” del-

la CTE (la centrale termoelettrica del-la raffineria).Il contrappeso posteriore della gru lo ha stritolato contro il baule metallico dove, senza essere visto, Vizzini era salito per prendere alcune “brache”, ovvero le resistenti strisce di fibre intrec-ciate con cui si legano e si sollevano i pesan-ti pezzi meccanici.Era girato di spalle quando la cabina della gru si è mos-sa stritolandolo mortalmente. Una terribile fatalità, ma il manovratore (sotto choc) è in-dagato ugualmen-te con l’ipotesi di omicidio colposo. In ospedale Viz-zini è giunto ca-davere. Lascia la moglie e due fi-glie, di 31 e 26 anni (quest’ul-tima incinta). Anche in questo caso è scattato il se-questro giudiziario dell’area del sini-stro.Un’ora di sciopero e un sit-in per chie-dere sicurezza e prevenzione è stata l’immediata risposta dei sindacati che

c h i e -dono un tavolo permanente in prefettura. C’è da capire cosa vuole fare l’Eni della Raffineria di Gela, perché già dopo l’incendio ha comunicato ai sindacati la fermata d e l l ’u n i c a linea di produ-zione per-ché col s e q u e -stro del-

le tubazioni, Topping e Coking non potevano operare. L’azienda avrebbe detto che, pur volendo utilizzare un semilavorato proveniente da altri siti per far marciare gli impianti a valle, non c’era riuscita perché per il mal-tempo la nave con il prodotto da raf-

finare non ha potuto

ormeg-giare lasciando la raffineria senza materia prima. Ora la raffineria ipo-tizza il trasferimento del greggio-Gela in altri stabilimenti del gruppo.LA POLEMICA ENI-MAGISTRA-TI - Per molti osservatori, questa deci-

sione sarebbe un aspetto della palese polemica innescata da Eni con la ma-gistratura, sui tempi della giustizia.Ma l’azienda non parla direttamente, lo fa attraverso le preoccupazioni dei sindacati che essa stessa alimenta con le proprie decisioni.Dopo l’incontro con l’amministratore delegato della Raffineria, Bernardo

Casa, infatti, Cgil Cisl e Uil hanno diffuso una nota in cui affermano che la fermata “es-sendo legata agli accertamenti di-sposti dalla magi-stratura, potrebbe avere dimensioni temporali non pre-vedibili”.Un vero e proprio atto d’accusa verso la magistratura inqui-rente al quale il pro-curatore della Repub-blica, Lucia Lotti, non ha inteso rispondere. Ha semplicemente

dichiara- to alla stampa che “la procura della Repubblica quando in-terviene lo fa con impegno, serietà, tempestività e nel pieno rispetto delle leggi. Quel che fanno o dicono gli altri

non ci interessa”.Per Cgil, Cisl e Uil “il quadro che si delinea … rischia di drammatizzare lo scenario di incertezza presente sul versante delle autorizzazioni prope-deutiche al piano di investimenti per il rilancio del sito industriale”. Il riferimento è ai 700 milioni di euro di spesa messi in pericolo dai severi livelli di emissione dei gas inquinanti imposti dai protocolli ambientali (au-torizzazione Aia) ai camini della Raf-fineria di Gela come se fosse solo una centrale termoelettrica e non anche uno stabilimento di produzione che consuma la maggior parte dell’ener-gia per conto proprio. L’Eni vorrebbe una via di mezzo tra i mille normal metri cubi al secondo concesse alle raffinerie e i 400 Nmc/s per le centra-li. E per questo si è rivolto al Tar che ancora non risponde, così come non risponde il ministero dell’ambiente stoppato da una pesante e preoccupa-ta relazione ambientale del comune di Gela.Per questo si ha l’impressione di esse-re arrivati alla resa dei conti.REDDE RATIONEM - Ormai si conduce la madre di tutte le battaglie, quella per la sopravvivenza. Al centro c’è il Pet Coke, ovvero il carbone sintetico, residuo della la-vorazione del petrolio, che, bruciato in centrale, produce energia elettrica a bassissimo costo, anche se inqui-nante. Per l’azienda sono utili fonda-mentali, è oro che nasce dagli scarti. Lo hanno detto chiaramente: “Se si blocca il pet-coke Gela può anche chiudere”. E siccome il rischio c’è e viene soprattutto dalle future deci-sioni della magistratura (numerosi i processi a carico dei vertici della Raffineria, per i morti del Clorosoda, le malformazioni neonatali e l’inqui-namento ambientale), siamo arrivati come dicevamo alla resa dei conti. O si lavora bruciando carbone e inqui-nando o si chiude e si mettono sul lastrico tremila famiglie, con le con-seguenze economiche a cascata. Una via di mezzo sarà possibile?

di Franco Infurna

L’incendio in raffineria e l’infortunio mortale, mettono a rischio i programmi di sviluppo

“Gela & dintorni

L’azienda dichiara: “Se si dovesse bloccare il pet-coke, il petrolchimico di Gela può anche chiudere”

Raffineria ENI ... al tappetoDense nubi sul futuro dello stabilimento di Gela

Page 19: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 19

Movida nissena

Una scommessa, è proprio il caso di dirlo. Un’intuizione, che come tutte le intuizioni è volta ad un futuro pros-simo, palpabile, realizzabile. Anzi già realizzato.Era l’8 agosto e il “Bingo di Caltanis-setta” annunciava una piccola rivolu-zione: un’apertura a nuove tipologie di pubblico, a nuove idee, a nuove filosofie da abbracciare.Era partito tutto da una sala bingo e da una caffetteria. Oggi Il CORONA conta una struttura di 2500 mq fatta di luce, intrattenimento di qualità, si-curezza e sempre legalità.Cultura, soprattutto. Cultura del buon bere, del giusto mangiare. Cultura che si trasforma in percorsi turistici alla ri-scoperta di un territorio spesso igno-rato ma pieno di bellezze.All’attivo di questa piccola/grande laboriosa struttura un festival della birra, un mese all’insegna del vino

novello, e il mese delle bollicine (ot-tobre, novembre, dicembre): il tutto per celebrare e ricordare tradizioni nostrane e d’oltralpe.E ancora serate a tema, degustazioni, visite alle cantine (con la predilezione per il vino del territorio): per avvici-nare e comprendere il mondo dello slow food, per ricordare che dietro ad un semplice calice di vino ci sono passione, fantasia, lavoro, studio. Che ogni vino può essere esaltato dal giu-sto accostamento di cibo. Che il tem-po è prezioso, soprattutto se è il tem-po che dedichiamo al nostro piacere personale.Ma il Corona sembra essere inarre-stabile. Dopo aver inaugurato anche il centro scommesse, si prepara alla “bella stagione”“Abbiamo in serbo delle numerose iniziative per i nostri amici– racconta un delegato del Corona– Il giardino

all’esterno si trasformerà, diventando ancor più luogo di relax, ideale per ascoltare buona musica, bere qual-cosa insieme agli amici, o semplice-mente riposarsi un po’- .Con la formula della sala eventi indi-pendente dal Wine Bar, siamo inoltre in grado di accogliere pubblici diffe-renti. Non è strano infatti incontra-re chi degusta vino e assapora piatti deliziosi preparati dallo chef, e chi invece balla al ritmo della più appas-sionante musica deep.Un equilibrio di passioni, gestito con professionalità e serietà, passione e anche un pizzico di intraprendenza.Da non perdere, tra i prossimi ap-puntamenti, la serata Corona Night Fever, il 26 aprile e il ciclo “A cena con”: ogni venerdì una cantina pro-porrà e farà conoscere i suoi prodotti, accompagnati da cibi che ne esaltino il gusto. il 30 maggio il primo appun-

tamento con Al-Cantara. Un modo interessante di coinvolgere i pubbli-ci ed avvicinarli alla realtà del vino,

fatta di passione, studio, impegno e creativitàC’è del nuovo, in città…

Per gioco,ma non solo

comunicazione commerciale

Page 20: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it20 Aprile

Stiamo per entrare nel Gabinet-to della Polizia Scientifica della Questura di Caltanissetta, la

targa apposta fuori dalla porta, affa-scina, incuriosisce ma anche incute timore. L’esclusiva possibilità di rac-contare il lavoro, la passione, l’im-pegno, l’abnegazione di questi poli-ziotti è una responsabilità. Si apre la porta, scorrono nella nostra mente innumerevoli notti trascorsa su Fox Crime o in compagnia di CSI, RIS, film e telefilm vari. Ci accoglie l’i-

spettore Capo Responsabile Alfonso Messina, che guida il Gabinetto dal 2003.Il nostro sguardo viaggia veloce fra “congegni” particolari, scanner per le impronte, antiche macchine foto-grafiche ben sistemate in bacheca a testimonianza della tradizione, ca-mici bianchi e le mitiche “valigette” con la scritta “Polizia Scientifica”. Inutile nasconderlo, siamo affasci-nati.Iniziamo dalle origini. “La fama del-la Scientifica è stata guadagnata sul campo in più di cento anni di costan-te impegno e cioè dal 1903 quando,

a Roma, in via delle Mantellate, Sal-vatore Ottolenghi fondò la Scuola Italiana di Polizia Scientifica. Nel 1902 presso la sala riconoscimenti delle Carceri di Regina Coeli, Ot-tolenghi, che era stato assistente del fondatore dell’antropologia crimi-nale Cesare Lombroso, tenne una serie di conferenze in materia di Polizia Scientifica davanti a 35 fun-zionari superiori della Questura di Roma. Nel 1919, con Regio Decreto 2504, Re Vittorio Emanuele III isti-

tuisce in Roma, alle dipendenze del Ministero dell’Interno la Scuola di Polizia Scientifica”. Traspare dalla parole dell’ispettore l’amore per il suo lavoro, per la sua missione, condivisa dai suoi uomini (in realtà c’è anche una donna): 10 Assistenti Capo della Polizia di Sta-to con specializzazione di Polizia Scientifica (Videofotosegnalatori). Prima di tutto sono agenti di polizia al 100%, infatti Messina spiega: “Il personale in organico infatti, pur rivestendo le normali qualifiche del ruolo della Polizia di Stato, frequen-ta, in seguito, uno dei corsi di spe-

cializzazione di Polizia Scientifica presso la sede centrale di Roma, e consegue la qualifica di “Videofo-tosegnalatore”, è abilitato ad effet-tuare ‘investigazioni scientifiche’ all’interno del luogo in cui si è svolto il crimine e cioè a ricercare tutte quelle tracce che potrebbero por-tare all’identificazione del reo come frammenti di impronte papillare latenti, materiale biologico (capelli, saliva, sangue) e qualsiasi altro tipo di traccia con valenza anche solo in-

diziaria (impronta di pneumatico o di scarpa, immagini estrapola-te da sistemi di videosorveglian-za)”.Impossibile non farsi coinvol-gere dalle fiction televisive che hanno sviscerato il setto-re, una moda partita dall’America ma che ha presto

coinvolto il mondo intero. Noi però ci occupiamo della realtà:” Negli ultimi decenni si è assistito a uno sviluppo tecnologico tale che oggi, ad esempio, è possibile ricavare un profilo di dna utile per successive comparazioni anche da tracce bio-logiche infinitesimali, ricavare in-formazioni preziose da un semplice reperto balistico (bossoli, proiettili, armi etc.) grazie ai Microscopi Elet-tronici a Scansione dotati di Micro-sonda ai Raggi X che oltre alla mor-fologia del reperto danno informa-zioni anche sulla sua composizione chimica, cosa questa fondamentale ad esempio nella ricerca delle co-siddette Particelle dei Residui dello Sparo o nel caso del rinvenimento di un’impronta, avere risposte certe in tempi quasi reali. Tutte le varie fasi sopra de-scritte di cri-stallizzazio-ne della

scena del crimine mediante riprese video-fotografiche e rilievi plani-metrici, ricerca repertazione e con-servazione delle tracce rinvenute e esaltazione di impronte latenti vengono documentate e descritte nel “verbale di sopralluogo” che sarà successivamente consegnato all’Au-torità Giudiziaria e che costituirà elemento fondamentale e certo per la ricostruzione futura della scena del crimine”.Non tragga in inganno l’utilizzo del-la tecnologia, arma vincente è sem-pre l’intuito, l’esperienza, il “fiuto” investigativo. “La scena del crimine ci parla”, la frase dell’ispettore è un manifesto di empatia. Un quadro che ai nostri occhi potrebbe

sembrare astruso o “duro”, san-

gue, rottami, s c h e g g e , pallottole,

è una re-altà che

d i a -loga

Fatti, istituzioni & territorio

Il Questore Filippo Nicastro, ci accoglie nel suo studio. Iniziamo dalla sua enorme espe-rienza, competenza e sagacia, è in Polizia dal 1976, il viaggio alla scoperta della Poli-zia Scientifica a Caltanissetta. Le sue parole chiariscono in maniera nitida, l’importanza del lavoro di squadra: “L’attività investigativa si compone di più fasi Il primo intervento avviene dalla sezione Volanti, che blocca la scena del reato e assume le prima infor-mazioni; dopo di che se lo richiede il caso, subentrano la Squadra Mobile e laddove è necessario, ci siano tracce da conservare la polizia Scientifica, che è bene ricordare è inserita nella Divisione Anticrimine. Nel

capoluogo nisseno vi è un Gabinetto Pro-vinciale, con due articolazioni nei commis-sariati di Gela e Niscemi. Siamo alle dipen-denze funzionali del Gabinetto Regionale di Palermo, diretto da un Vicequestore e del Servizio Polizia Scientifica di Roma”. Le competenze sono determinate: “Si occupa del fotosegnalamento di P.G. delle persone denunciate o arrestate a vario titolo dagli or-gani investigativi, le cui impronte vengono archiviate nel Casellario Centrale di Identità del Servizio Polizia Scientifica. Provvede al fotosegnalamento per identificazione o per richiesta Asilo Politico dei cittadini extraco-munitari ospitati nel Centro di Accoglienza

di Pian del Lago”. Ecco le cifre del 2013: Fotosegnalamenti: Ordinari 311, Pian del Lago 2289 (media 200 al mese). Sopralluoghi: furto, incendio autovetture, danneggiamenti, rapine, sui-cidi, incidenti sul lavoro, 243 (media di 20 interventi al mese). Totale autori di furti identificati dal 01.01. 2013 al 31.03.2014, 23 di cui: 17 furti appartamento (di cui 2 iden-tificati dalla Sezione del Serv. Pol. Scientifica che si occupa dei casi irrisolti “Cold Case”); 5 furti Istituti Scolastici (1 Liceo Scientifi-co;1 Professionale; 1 Geometra; 1 Tecnico Industriale; 1 Tecnico Biologico e Linguisti-co P.A.C.L.E.); 1 furto autovetture.

Il Questore: “L ’attività investigativa è sinergia”

La tecnologia, nontragga in inganno:sono determinantil’intuito e il fiutoinvestigativo

Gli eredi di Sherlock Holmesin camice bianco e mostrine

POLIZIA“Scientifica”

di Donatello Polizzi

Page 21: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 21

con la Scientifica: però quel linguag-gio di indizi, segni, impronte, biso-gna conoscerlo, interpretarlo nella maniera più proficua. “Dallo studio della scena del crimine spesso otte-niamo il cosiddetto Modus Operan-di adottato dal reo”. Il caso: “Fra i tanti, ricordo che dove-vamo verificare le dichiarazioni di un pentito e rinvenire, nella sughereta di Niscemi, il cadavere di Pierantonio Sandri. Nell’occasione ci avvalemmo anche della collaborazione dei colle-ghi della Polizia Scientifica del Com-missariato di Niscemi, era il settem-bre del 2009. Iniziammo alle prime luci dell’alba. Dopo svariate ore tro-vammo, nascosto dalle fronde di un cespuglio, l’indizio che cercavamo: dal terreno emergeva la punta di uno scarponcino. Era un vecchia scar-pa buttata lì per caso? O era ancora indossata dal cadavere del povero ragazzo che cercavamo? Il cadavere dopo 14 anni sarebbe sicuramen-te stato scheletrizzato e quindi mol-to fragile; per scavare applicammo tecniche di “Archeologia Forense”, impiegando tutti quegli strumenti di solito utilizzati nello scavo archeo-

logico (spatole, cazzuoline, pennelli). La scarpa rinvenuta era parte inte-grante di un cadavere ormai schele-trizzato. Verso sera concludemmo le operazioni di scavo. Documentate tutte le varie fasi del rinvenimento: alla fine emerse lo scheletro umano con i vestiti e gli oggetti indossati al momento dell’omicidio avvenuto 14 anni prima e che riconosciuti dai fa-miliari permisero in prima battuta di confermare l’identità dello stesso che fu successivamente conferma-ta scientificamente dalle analisi del dna”.Il tempo è quanto mai Tiranno, sia-mo “costretti” a salutare l’ispettore ed i ragazzi della Scientifica, sono stati straordinariamente disponibili, e ci avviamo verso le scale. Abbia-mo compiuto un viaggio, nei mean-dri dell’investigazione, interessante: i criminali non dormiranno sonni tranquilli. Per un attimo riflettiamo, torniamo indietro e con un fazzolet-to togliamo le nostre impronte dalla maniglia della porta…. Non si sa mai!

Il Capo della Mobile spiega la complicità

“E’ uno scambio d’informazioni”

il rilevamento

“Determinante, basilare, risoluti-va la sinergia fra Squadra Mobile e Scientifica”. Il Capo della Mobi-le, Marzia Giustolisi, pratica ed incisiva, come nella sua attività quotidiana, inquadra immedia-tamente l’argomento: “Se non ci

fosse un attività pregressa della Mobile, basata sui riscontri sul territorio, il loro compito sareb-be più arduo. Un esempio aiuta a capirci. Individuiamo un sogget-to che secondo le nostre indagi-ni potrebbe essere l’autore di un crimine sul quale investighiamo. Facciamo in modo si far foto se-gnalare il soggetto, in modo che la scientifica possa confrontare le impronte rinvenute sul luogo del reato con quello del sospetto. Con questo sistema abbiamo sma-scherato molti criminali, risolto dei casi”. Senza dimenticare il contributo altrettanto importante degli uomini delle volanti spesso i primi ad intervenire: “Devono assumere un atteggiamento pas-sivo nel non fare nulla e attivo nel fare in modo che anche altri non facciano nulla”. La Giustolisi, come ogni “capo” che si rispetti ha chiaro il signi-ficato del lavoro di equipe: “Vin-cente è il l’operato coordinato di Volanti, Mobile e Scientifica”.

“La scena del crimine “parla”. Lo studio di quell’area spessosvela il modus operandi adottato dal delinquente

I frammenti di impronte papilla-ri latenti sono “quelle che ci sono ma non si vedono”. Le squadre di sopralluogo evidenziano i fram-menti di impronte latenti con le polveri esaltatrici; tale attività risulta efficace specie quando le impronte papillari sono “fresche”: deposte cioè fino a 100 ore prima dell’intervento di sopralluogo. Le impronte papillari latenti rinvenu-te sulla scena del crimine vengono esaltate con particolari polveri di alluminio a granulometria finis-sima nell’ordine di qualche mi-cron (millesimo di millimetro), e poi asportate con adesivi speciali e conservate come reperti e se si dovesse riscontrare la presenza minima di 17 punti caratteristici

detti “minutie”, sono giudicate utili per i confronti. In seguito, dopo essere state scannerizzate, ven-gono confrontate con quelle pre-senti nella banca dati informatica denominata A.P.F.I.S. (Automatic Palmprint and Fingerprint Iden-tification System) che racchiude, a livello nazionale, le impronte di tutti i pregiudicati fotosegna-lati e nel caso in cui l’impronta incognita rilevata in sede di so-pralluogo risulta avere gli stessi 17 o più punti uguali per forma e posizione con quelli di una di quelle presente in banca dati e di cui si conosce il nominativo del proprietario si ha la cosiddetta “Identità Dattiloscopica” e cioè la certezza che le due impronte, es-sendo uguali, sono state lasciate dallo stesso soggetto.

Le impronte papillari latenti consentonotramite l’utilizzodell’A.P.F.I.S. l’indivi-duazione del reo

In alto il ritrovamento di Pierantonio Sandri avvenuto il 22 settembre 2009.Sopra la “mia” impronta digitale rilevata con lo scanner per impronte digitaliLQ�XVR�QHO�*DELQHWWR�SURYLQFLDOH�GHOOD�3ROL]LD�6FLHQWL¿FD�GL�&DOWDQLVVHWWD

Page 22: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it22 Aprile

Affermare che la Sicilia sia un laboratorio politico è una gran paraculata. Diciamoci

la verità, si tratta di una definizione che serve a dare un vestito elegante ad un coacervo di interessi, ricerca di poltrone ed elitari affari che ben poco hanno a che fare con il labo-ratorio letteralmente inteso. La Si-cilia per tradizione non si sottrae a queste logiche, che ovviamente disorientano ed aumentano il dis-senso che i cittadini hanno verso la politica tout court. La decadenza è a tutti i livelli. Si parte dalla situazione locale, contingente, con una campa-gna elettorale per il rinnovo del con-siglio comunale di Caltanisetta che alla data odierna vede ancora troppi nodi da sciogliere. I lettori de Il Fat-to Nisseno, probabilmente sfoglie-ranno questa pagina anche quando i nomi dei candidati finalmente verranno fuori, ma al momento la situazione è incerta tanto a destra quanto a sinistra. Partitamo proprio dal centro sinistra, da quei rappor-ti tra il Partito Democratico ed il polo Civico, rapporti tutt’altro che idilliaci e dove sino a pochi mesi fa volavano gli stracci. A destra non va meglio dicevamo, con l’operazione Forza Italia, Nuovo Centro Destra sapientemente creata da Berlusconi per stare sia in maggioranza che in opposizione, il gioco d’equlibrio si riverbera quindi sulla scelta del can-didato sindaco nisseno. Stessa cosa per il circo regionale, già perché di

circo si tratta. Da un lato un presi-dente della Regione Crocetta padre padrone, tirato per la giacca di qua e di dall’altro una serie di personag-gi che rivendicando posti in giunta paralizzano l’attività di una Regione sull’orlo del disastro. Principale car-dine della nostra democrazia è vero, è quello della rappresentanza demo-cratica negli organi di governo, cosa diversa è disertare l’aula di Palazzo dei Normanni per dare un segnale

a Crocetta, perché di questo si trat-ta, questa è stata l’azione degli ultimi mesi dei partiti che fanno parte della maggioranza, sia il PD che l’UDC. Che poi Crocetta abbia fatto di testa sua, annunciando una giunta che gela tutti, è un ulteriore colpo di scena ad una soap opera che lascia schifati i siciliani, beh quella è un’altra storia. Così il Presidente della Regione si-ciliana è andato dritto come un tre-no verso l’obiettivo rimpasto. Dopo

disertato diversi vertici di maggio-ranza e dopo l’ennesimo strappo col PD dell’ambizioso e (finto) giovane Fausto Raciti, Rosario Crocetta, si è chiuso in una stanza di Palazzo d’Orléans con Beppe Lumia e Salva-tore Cardinale. Con la benedizione di Davide Faraone, braccio destro di Matteo Renzi in Sicilia, che ha bypas-sato il segretario regionale di PD, Fausto Raciti. Questi gli assessori del Crocetta bis, tra 6 conferme e 6 nuovi

ingressi: All’Economia e dell’Energia dovrebbero andare, rispettivamente, il professionista palermitano Rober-to Agnello e il leader del Megafono in Toscana e presidente dell’associa-zione Caponnetto, Salvatore Calleri. In quota PD (area Renzi) viene con-fermato Giuseppe Bruno, già asses-sore delle Giunte di Leoluca Orlando negli anni ’90. I Drs di Totò Cardi-nale lanciano un personaggio molto potente nella Sicilia orientale: l’ex So-printendente del Bellini di Catania, avvocato Antonio Fiumefreddo, per-sonaggio già vicino all’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Articolo 4 di Lino Leanza alla fine dovrebbe puntare su Paolo Ezechia Reale. Tra i nomi nuovi, ecco anche uno dei due assessori Udc: si tratta del presidente di Federalberghi, Nico Torrisi. Il Partito di Giampiero D’A-lia conferma Patrizia Valenti, uni-ca dei tre assessori che non l’aveva tradito. Vanno a casa, invece, Dario Cartabellotta ed Ester Bonafede che si erano avvicinati a Crocetta, parte-cipando, giorni prima alla riunione della Giunta incriminata, contro le indicazioni del loro Partito. Ma la loro ‘crocettizzazione’ non sarebbe servita a nulla: alla fine il presidente della Regione li ha ‘scaricati’. Peccato che dopo poche ore la stessa UDC siciliana abbia sconfessato anche i propri esponenti Valenti e Turrisi. A casa torna pure Mariella Lo Bello. Anche lei ha avviato un processo di avvicinamento a Crocetta, designata

di Marco Benanti

Il rimpasto di Crocettapiù politico che utile

Fatti & Regione

CHE SPETTACOLO !

Page 23: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 23

assessore dal ‘Correntone’ del PD di Mirello Crisafulli, agrigentina vicina al parlamentare nazionale, Ange-lo Capodicasa. Ma, alla fine, è stata messa fuori anche lei. Per il resto, il presidente Crocetta ha confermato la sua segretaria Michela Stancheris; confermata anche Linda Vancheri; il senatore Giuseppe Lumia avrebbe fatto pressioni per confermare Nel-li Scilabra. Dentro anche l’assessore Lucia Borsellino. Rimane al proprio posto anche Mariarita Sgarlata: le cronache la danno in quota PD, vi-sto che prima di aderire al Megafono aveva la tessera del Partito Demo-cratico. In realtà, in sua difesa, sono scesi in campo i parlamentari del Movimento 5 Stelle che, anche nella crisi del primo Governo Crocetta, difendendo un assessore ai Beni cul-turali uscente non esattamente bril-lante. Intanto sulla questione giunta bis, si affacciano cieli tutt’altro che se-reni. La questione europee conferma l’ennesimo strappo partitico interno al PD. Poi c’è il caso Marino che rag-giunto dal Fatto Nisseno dice: non mi sento di parlare in questo mo-mento dello strappo crocettiano in zona Caltanissetta, ne riparleremo più avanti, intanto critica Crocetta sulle accuse verso Caterina Chinnici e rilancia sull’eolico: “In quel caso è stata detta un’enorme bugia. Io ho già presentato in giunta i provvedi-menti che potrebbero, nel rispetto della legge, bloccare o notevolmente ridimensionare il fenomeno dell’E-olico, nei confronti del quale anche io sono contrario. Ma, non so come mai, Crocetta non ha ancora messo le mani su quei documenti. Lo stes-so vale per l’acqua pubblica. Quando il presidente dice che il sottoscritto è a favore dell’Eolico o contrario alla pubblicizzazione dell’acqua dice una leggerezza o è in malafede”. Che ci si avvicini al Crocetta ter? Intanto l’u-nica cosa che i siciliani hanno a “ter” sono le braccia!

@BenantiMarco

Il Governatore tirato dalla giacca da una serie di personaggi e leader politici, riesce a far contenti tutti

Per gustare qualcosa di sfizioso a proposito dello scrittore siciliano più famoso al mondo, bisogna procurare “Le sconciature di Pirandello” (Thule edizioni) che un professore di lette-re in pensione, Nino Agnello, classe 1937, originario di Grotte, agrigenti-no di adozione, ha mandato in stam-pa di recente. Si tratta di un saggio - pubblicato in occasione del primo centenario del romanzo “I vecchi e i giovani” – che accompagna il lettore in un viaggio nella testa e nell’anima del grande drammaturgo di Girgenti: diabolico manovratore della parola, padrone assoluto di una lingua di cui conosce suoni e respiro, e che utiliz-za a suo piacimento, manipolandola, come un dio capriccioso con le sue creature. Il professore Agnello – che collabora a diverse riviste letterarie ed è autore di numerose pubblicazio-ni (di particolare pregio i poemetti lirico-narrativi intitolati “Itinerari del sognatore”) - passa pazientemente al setaccio avverbi, sostantivi, aggettivi

e voci verbali presenti nel testo del romanzo in questione. E mostra lo sguardo inedito di Pirandello “scon-ciatore”, abilissimo cioè a “sconcia-re”, soprattutto il lessico, in modo personalissimo e con finalità rigo-rosamente artistiche. Agnello svela insomma l’operazione pirandelliana della sconciatura della parola e de-gli stessi personaggi che popolano il mondo e le pagine del nobel isolano. “Sì – spiega l’autore -, Pirandello ha conciato e sconciato tanti personaggi con l’uso della parola e così ha tro-vato il modo di sconciare anche le parole con l’aggiunta di una semplice consonante, che dà il suono di una scudisciata o di uno schiaffo, sonoro e tagliente insieme”. Qualche esem-pio di termini sconciati? “Sconfiden-za”, da intendere come mancanza di confidenza. Oppure “smortume” dell’alba, per indicare il biancore dilavato dell’aurora; o ancora “prez-zo”, cioè disprezzo o spregio. Non mancano poi vere e proprie (felici)

invenzioni: “signorinaggine”, ovvero lungo zitellaggio. E ancora: “schifiltà”, cioè schifiltosità; spostando l’atten-zione sugli aggettivi, si segnalano: “abbrezzato” (derivante da brezza), “abbottata” (dal dialettale abbuttatu), “arsicchiato” (dal participio del verbo ardere), “attossicato” (dall’aggettivo

sostantivato tossico; o dal più plebeo ntussicatu?). Ma Pirandello è dav-vero ardito: così s’inventa l’aggettivo “disperatonaccio” per dare due brut-te attribuzioni insieme. In tal senso

si veda pure “ginocchiuto”, riferito a un tronco d’ulivo molto nodoso, tanti nodi tanti ginocchi dell’albero. Il figlio del Caos raggiunge il mas-simo della espressività perfino con gli avverbi: “nientissim’affatto”. Già, perché “Pirandello – spiega Agnel-lo – non pone limiti alla sua ricerca

espressiva. E questa non è indiriz-zata a un solo fine come può essere la moralità o la crisi politica o la crisi dell’aristocrazia, ma ad una finalità artistica, che però comprende tutti gli altri come la caratterizzazione dei personaggi, la condizione subu-mana di taluni ambienti, la caduta dei valori risorgimentali…”. Ma attenzione: l’artista Pirandello non fonde mai la sua lingua con quella delle sue creature. Ogni personag-gio ha la sua lingua, i suoi gesti, le

sue cadenze. E ogni personaggio viene impietosamente sconciato per sconciare la vita e il mondo intero. E’ questa la lezione del genio di Girgen-ti, maestro di libertà.

di Salvatore Falzone

Il delizioso saggio di Nino Agnello racconta la padronanza del lessico

del drammaturgo agrigentino

La “sconciatura” della parola dei personaggi che popolano il mondo e le pagine del Nobel isolano

Lesconciaturedi Pirandello

Page 24: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it24 Aprile

“Ma ti sembra giusto che in una città normale ci sono i sacchetti dell’ immondizia al centro della carreggiata? ” Mi dice l’altro gior-no il mio parrucchiere accom-pagnandomi alla porta del suo salone, ed indica un sacchetto di spazzatura a qualche metro da noi. Giovanni con la sua affermazione, è stato l’ispiratore della rubrica di questo mese. Mi sono chiesta cos’è giusto che ci debba essere in una città normale. Intanto una cosa civile l’ha fatta lui, il mio parruc-

chiere si è messo i guanti ha rac-colto il sacchetto buttato da chissà chi, e lo ha messo nel cassonetto. In quel momento mentre vedevo quell’uomo distinto che faceva un gesto che pochi avrebbero pensato di fare, gettare l’immondizia altrui, mi sono venuti in mente una serie di pensieri, tra i quali un brano che ho letto ai tempi del liceo ; “La De-mocrazia ad Atene” di Pericle. Ma senza andare troppo lontano e fare sfoggio di letture classiche, ciascu-

no almeno una volta nella vita avrà pensato al concetto di normalità riferito al posto in cui vive. Baric-co dice : “Il futuro è il posto in cui vivere” ma quella è un’altra storia. In qualche modo nei miei pezzi Baricco ce lo devo fare entrare, se no, non sono contenta. In una città normale, il centro storico è aperto al traffico o chiuso. Non è un pò aperto e un pò chiuso ad intermit-tenza come le luci degli alberi di Natale. Non c’è un’ isola pedonale senza i tavolini dei bar fuori per-ché il regolamento comunale non lo prevede. Allora che fai a fare l’i-sola pedonale. In una città norma-le, le macchine non si posteggiano a ridosso di una fontana tra due chiese, ma negli appositi spazi pre-disposti, ed i monumenti si tran-sennano, si tutelano, si custodi-scono. In una città normale, con dei cittadini civili e rispettosi degli altri, gli escrementi dei cani non si trovano a terra, che camminare è diventato come fare una gimkana, ma muniti di paletta e sacchetto ognuno si prende la responsabili-tà dell’animale che detiene e puli-sce. In una città normale i giardini pubblici sono il polmone verde, servono ai bambini per giocarci, agli anziani per passeggiare, alle coppiette per amoreggiare. Non per spacciare, per prostituirsi, per vandalizzare. In una città normale, le fontane sono pulite e zampillan-ti. In una città normale il trasporto

pub-b l i c o funziona ed il piano del traffico è a misu-ra di città. Non pianificato come se fosse Roma per una città di 60 mila abitanti. In una città nor-male, i netturbini non sono costret-ti a diminuirsi lo stipendio pur di lavorare, perché gli Ato sono stati un carrozzone mangia soldi per la politica. In una città normale, i consiglieri comu-nali non si decurtano lo stipen-dio, per poi aumentarselo con il numero maggiore di commissioni convocate. In una città normale, il bel vedere è il punto più bello della città, non un luogo pericoloso che per affacciarti ed ammirare il pa-norama rischi la vita perché le ba-laustre sono intervallate da tran-senne di ferro messe alla meno peggio. In una città normale, il teatro è il luogo dell’affabulazio-ne scenica dove si racconta la vita degli altri, dove gli attori fanno so-gnare e la musica vibrare. Non un luogo per convegni, saggi di fine anno e sagre varie. In una città normale, il portone principale del palazzo comunale è sempre aper-to per accogliere e ricevere tutti,

e non si entra da una porta seconda-ria come inservien-ti o ospiti indeside-rati. Ma se fosse una città nor-male non sarebbe la nostra cit-tà, sareb-be Atene ai tempi di Pericle, sarebbe la culla della democrazia. Ma se uno, anche solo un cittadi-no in più, ogni giorno leggesse il brano di Pericle, forse potrebbe contribuire a farla diventare nor-male.

di Ivana Baiunco

Ornamenti

In una cittànormale ...

La Democrazia ad AteneQui ad Atene noi facciamo così.Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato demo-crazia.Qui ad Atene noi facciamo così.Le leggi qui assicurano una giu-stizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’ec-cellenza.Quando un cittadino si distin-gue, allora esso sarà, a preferen-za di altri,chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompen-sa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.Qui ad Atene noi facciamo così.La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quoti-diana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidia-mo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteg-giare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non tra-scura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per ri-solvere le sue questioni private.Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegna-to anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scrit-te che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.Qui ad Atene noi facciamo così.Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo conside-riamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in gra-do di giudicarla.Noi non consideriamo la di-scussione come un ostacolo sul-la via della democrazia.Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la li-bertà sia solo il frutto del valore.Insomma, io proclamo che Ate-ne è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppan-do in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la pron-tezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mon-do e noi non cacciamo mai uno straniero.Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle “Discorso Agli Ateniesi

461 a.C.”

Ma se fosse una cittànormale non sarebbe la nostra città, sarebbe Atene

Il rudere del Castello di Pietrarossa, simbolo della città di Caltanissetta

Page 25: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 25

Page 26: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it26 Aprile

Page 27: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 27

Page 28: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it28 Aprile

La bomba viene lanciata qualche settimana fa, quando l’ufficio tecnico del Comune di San Ca-

taldo invia agli abitanti del quartiere “Pizzo Carano” una nota con cui si dà avviso dell’inizio di un procedimento che annulla, in autotutela, le delibere di giunta (2007-2008) relative alla transa-zione dei maggiori oneri espropriativi. Il tutto a seguito di una autonoma ri-chiesta di parere “pro-veritate” inoltra-ta al proprio legale di fiducia.Questo è, in termini accessibili ma pur sempre vicini al tecnicismo necessario in questi casi, il succo di un atto che riapre vecchie ferite per quello che è il quartiere sancataldese dalla storia più tormentata e dalle ferite più antiche e mai rimarginate.Sin dalla sua nascita, il quartiere “Pizzo Carano” ha sempre fatto parlare di sé, anche per quell’aspetto di piccolo pae-se a parte, dislocato com’è in una zona decentrata, qualche centinaio di metri di là dal “confine” di città che più ap-pare naturale, quello cioè costituito dal duo ospedale e cimitero. Città e quar-tiere non si vedono neanche, divise da colline e terreni che sono soggette, tra l’altro, a vincoli archeologici: il che ne determina l’isolamento irreversibile.Ma non è solo questione di posizio-namento infelice: gli stessi abitanti del quartiere si sono sempre sentiti alla stregua di veri e propri “coloni di frontiera” spediti in esplorazione di un territorio nuovo, che avrebbe dovuto aprire i confini di San Cataldo. Inse-diato a partire dalla metà degli anni ’80, “Pizzo Carano” nasce con disfun-zioni e anomalie che avrebbero dovuto sconsigliarne l’occupazione: zona dalla morfologia particolare e piuttosto ac-cidentata, fortissime pendenze, man-canza di strade comunali, assenza di

qualsivoglia opera di urbanizzazione, fogne letteralmente da inventare così come gli impianti per l’approvvigio-namento idrico. Per dire del minimo necessario a garantire la civile vivibilità di un quartiere: basta fare un giro per scorgere segni di approssimazione ur-banistica a ogni angolo, scelte costrut-tive azzardate, alte mura di sostegno a dividere palazzi vicini e che già da tem-po hanno cominciato a mostrare segni di cedimento e crepe.Nata sotto una cattiva stella, ma ciò non ha impedito alla zona di essere abitata con entusiasmo da chi sognava di ritagliarsi uno spazio di vivibilità di-versa dalle angustie del centro storico, né le ha impedito di essere animato da

uno spirito diverso e indipendente che l’ha caratterizzato, almeno fino a po-chissimo tempo fa: smarrita quell’esu-beranza, oggi somiglia più a una sorta di dormitorio.Il quartiere nasce nel 1976 a seguito della redazione del piano di zona che prevedeva l’assegnazione di aree a co-operative per l’attuazione di program-mi di edilizia economica e popolare: germoglia, insomma, per dare casa e sicurezze a famiglie meno abbienti. Alle cooperative viene riconosciuto un diritto di superficie di 99 anni a fronte di un pagamento di somme determi-

nate dal Comune. Il problema è che tra l’istituzione dell’iter espropriativo e il suo compimento cambia la normativa vigente: il calcolo delle somme, prima quantificato sul valore agricolo dell’a-rea, viene stabilito sul reale valore di mercato di area edificabile. La spropor-zione tra le due somme era ingente e i proprietari dei terreni espropriati han-no, giustamente, provato a far valere la norma per vedersi riconoscere il mas-simo possibile. Si iniziano così conten-ziosi che, per abitudine squisitamente italiana, si sono protratti per trentanni.Nonostante le condizioni estrema-mente disagiate; nonostante costi di fondamenta, muri di contenimento e opere di sostegno spesso più alte del valore degli stessi immobili; nono-stante la necessità di autofinanziarsi la costruzione di allacciamenti idrici im-provvisati, o sborsare di tasca propria per il continuo ricorso agli autoespur-ghi (le fogne per molti anni sono state una chimera); nonostante l’area fosse poco appetibile per qualsivoglia colo-nizzazione; nonostante questo e tanto altro, i tribunali decretavano che l’area fosse di “alto interesse edificatorio” determinando cifre molto alte, spesso equiparate a zone del centro.Situazione in cui il Comune sembra avere avuto ruoli marginali, spesso remissivi e lontani dall’idea di tutela di quella cittadinanza minacciata di dover saldare un prezzo salatissimo nonostante tutti i disagi che ha dovuto vivere sulla propria pelle: assenti o qua-si anche i tentativi di mediazione per arrestare, almeno, il degenerare degli importi a causa di rivalutazioni, spese legali e interessi, che oggi superano e non di poco gli importi iniziali.Nel 2000 una svolta a seguito di prote-ste reiterate delle famiglie, in un Con-

siglio Comunale straordinario trova un punto di incontro: le somme spet-tanti avrebbero dovuto essere calcolate sull’effettiva superficie di costruzione piuttosto che sull’intera area espropria-ta, nonché fissato il limite degli interes-si dovuto al 20% del totale.Qualche anno dopo, la giunta dell’allo-ra sindaco Raimondo Torregrossa dà seguito a quanto stabilito dal Consiglio Comunale e comincia un percorso di accordo che tendeva a garantire tutti nel modo più equo possibile. Accordi sottoscritti e deliberati tra 2007 e 2008 che però non hanno mai avuto riscon-tro formale, dato che le cifre non sono state quasi mai richieste da parte delle amministrazioni, pur essendo state inserite regolarmente in bilancio tra le entrate presunte.A seguito dei solleciti da parte del col-legio dei revisori dei conti, che chiede conto all’Amministrazione il motivo per cui non si richiedano le somme iscritte in bilancio, oggi l’ufficio tecnico agisce andando oltre l’invito del colle-gio stesso, ritenendo che le delibere del 2007 siano illegittime per tre motivi: 1) incompetenza della giunta municipale nella approvazione delle transazioni; 2) illegittimità della Giunta municipale nell’assegnazione dell’area in regime di “diritto di proprietà” anziché di “diritto di superficie”, senza che ci fosse appro-vazione di atto idoneo da parte del Con-siglio Comunale; 3) mancato rispetto del principio del perfetto pareggio eco-nomico dell’operazione espropriativa.Gli abitanti di “Pizzo Carano”, oggi rappresentate da Epifanio Mistretta, si ritrovano d’improvviso, a 7-8 anni da quella che sembrava l’uscita da un tunnel in cui avrebbero preferito non entrare neanche, ripiombati in un in-cubo, uno di quei casi in cui pare che

la burocrazia sia una macchina a sé stante e dotata di vita propria, lontana dai problemi della gente, incapace di vestirsi di qualsivoglia aspetto umano, e che cala sul capo dei cittadini una scure feroce e impietosa.Vicenda che avrebbe anche del grotte-sco se non avesse a che fare con la se-renità, se non proprio con le capacità di sostentamento e il futuro di decine e decine di famiglie: oggi un organo interno del Comune dà una valutazio-ne tecnica finora inimmaginata, e cioè che le precedenti Giunte non fossero competenti nel determinare quelle transazione, e individua “vizi di for-ma” in atti che non sono prodotti dai cittadini ma dalla stessa macchina co-munale. E piuttosto che sanare, “motu proprio” (come farebbe qualunque buon padre di famiglia) i vizi di forma che invaliderebbero transazioni a suo tempo ritenute legittime e deliberate, decide di calare la mannaia sulla testa dei cittadini, vada come vada, tanto a pagare non sarà mai un burocrate o un politico. Senza tenere conto di tutte le procedure di contenzioso che saranno attivate dai cittadini stessi, con esiti che non sono scontati e potrebbero ritor-cersi contro il Comune, ovvero contro tutti. Tanto a pagare, lo sappiamo, non sarà mai un burocrate o un politico.Sembra quasi superfluo riportare lo sconforto, in qualche caso anche vera disperazione, che molte famiglie stan-no affrontando nuovamente, in un periodo in cui la parola “crisi” è ar-gomento ormai quotidiano da parte di tutti. Una vicenda spiacevole che è però specchio di una distanza abissale tra cittadini e Stato: e non stupisce che siano sempre di più quelli che vedono le istituzioni come qualcosa di estraneo e che non li rappresenta.

Burocrazia senz’anima:Fatti & San Cataldo

Il quartiere è nato sotto una cattiva stella: orasomiglia ad una sortadi dormitorio

di Alberto Di Vita

PIZZO CARANOL’agonia infinita

di

Page 29: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 29

Se Franco Raimondi fosse stato pri-mo cittadino di una grande me-tropoli, probabilmente a quest’ora

la sua amministrazione sarebbe ogget-to di studio da parte di politologi e so-ciologi, e sarebbe anche l’intestatario di una particolare sindrome: quella della esasperata diffidenza politica. “Effetto Raimondi”, sorridendoci su potremmo chiamarlo così quello che si sta abbat-tendo sulla cittadina di San Cataldo a poche settimane dal voto per l’elezione della nuova compagine amministrati-va e del consiglio comunale.Al momento di chi Vi scrive, infat-ti, sono ben dieci i possibili candidati alla poltrona di Sindaco: “manca solo il portiere”, per rilanciare la battuta più divertente sull’argomento. Proviamo anche a sorriderne, benché l’argomen-to sia spinoso e riflette un malessere della politica locale, da tempo ormai incapace di trovare soluzioni adeguate per una città che ha bisogno di rilancio, coraggio e competenze.I primi a lanciare il famigerato sasso nello stagno sono stati i rappresen-tanti del movimento “Riprendiamoci la Città”, che hanno di fatto lanciato in corsa il loro rappresentante di sem-pre, Giampiero Modaffari, da tutti individuato come il grande favorito, quantomeno per l’approdo al secondo turno. Poche settimane dopo, lo stesso Modaffari, a seguito di larghe consulta-zioni e confronti continui, accetta l’in-vito e conferma pubblicamente la sua candidatura.A seguire, mossa coraggiosa e al tempo stesso azzardata da parte del “Megafo-no”, espressione del presidente Crocet-ta, affiancato alle regionali con UDC e PD. La scelta ricade su Massimilia-no Rizza, nome nuovo e tirato fuori anche un po’ a sorpresa. Nonostante diverse voci diano questa candidatura in bilico, a una ventina di giorni dalla presentazione delle liste resiste e non c’è, al momento, motivo di credere che venga ritirata o che possa confluire in altri progetti.Anche se il “grande tentativo” è stato

già sperimentato e chiuso con un fal-limento. In una domenica mattina di marzo, infatti, nelle stanze di un noto sindacato si sono raggruppati gli espo-nenti di un corposo numero di partiti e movimenti che hanno fatto prove di coalizione: dipende dalla propria posi-zione, si può vedere come una “grande ammucchiata” o come una “grande sintesi sociale”. Protagonisti del concla-ve PD, Primavera sancataldese, Sacco, UDC, Megafono, Popolari Liberi e Forti, associazione Big Bang e Sel, che sembra essere stata la prima a fuggire (e, in seguito, ha preso la decisione di

non schierarsi con alcun candidato).Va da sé che l’incontro ha avuto le stigma della temerarietà, viste le mar-cate differenze tra le forze presenti, la storia locale e le peripezie del recente passato. Pochi giorni dopo, infatti, a rompere gli indugi è “Il Sacco in mo-vimento”, che ripropone la candidatura

di Giuseppe Scarantino, già candidato nel 2012 e sconfitto al ballottaggio dall’alleanza Raimondi, Pd e Rifonda-zione comunista. Candidatura un po’ a sorpresa, visto che tra fine febbraio e inizio marzo le dichiarazioni pubbli-che erano rivolte a una collaborazione con altre forze, anche con una forte e per certi versi inattesa apertura al PD locale.Sempre nel solco delle candidature inattese, il PD sceglie, dopo alcuni ten-tativi di formare una coalizione e quel-lo che è parso un lungo lavorìo non solo interno al partito, di candidare il

giovane Danilo Dagliano, che confer-ma la disponibile il 5 aprile con una lunga lettera aperta alla città.È di qualche giorno prima, invece, l’u-scita pubblica di Beniamino Caraman-na, che si propone al grande pubblico con la lista “MI avete rubato il futuro”, annunciata come composta dal 60%

di donne, soprattutto “mamme di fa-miglia”.Il “Movimento 5 Stelle”, dal canto suo, dopo aver seguito il particolare iter per le candidature, propone il nome di Francesco Lombardo, laureato in psicologia e attivo in passato con al-cune associazioni locali (tra cui “Tam Tam” e “Real Dream” da lui fondata): seguendo la lunga linea tracciata a li-vello nazionale, è già stato promesso un taglio del 30% a tutte le cariche politiche.Da questo punto in poi è tutta nebbia. Stupisce che, ad oggi, il centrodestra

sancataldese abbia lasciato vuoto il nome del candidato sindaco. Un si-lenzio quasi innaturale per chi ha fatto della comunicazione, che la si condividesse o meno, uno dei punti di forza delle precedenti campagne elettorali: l’unico cenno arriva da un manifesto del deputato Alessandro

Pagano che ricorda ai cittadini di avere superato indenne le traversie giudiziali degli ultimi mesi. Il nome comunque indicato da tempo e in attesa di ratifica pubblica è quello di Giuseppe Scarlata, sulle quali si pro-vano a trovare convergenze.Mentre sembra che le energie dell’UDC si stemperino altrove sen-za dare precise connotazioni politi-che alla scelta, lasciando ai candidati libertà di preferenza, si rimane in attesa di decisione delle altre forze; come Rifondazione Comunista, che potrebbe schierare una propria lista

con candidato Romeo Bonsignore o Settimio Culora, o che potrebbe addi-rittura trovare in extremis sintesi con PD, Primavera sancataldese e “Il Me-gafono”; come quella dei Forconi, dai quali trapela l’intenzione di premiare l’impegno di Maria Concetta Naro insegnante e poetessa apprezzata non solo dalla comunità locale.Sarebbe un quadro monco se mancas-se chi ha avviato, inconsapevolmente, questo improvviso vorticare confuso della politica sancataldese. Pare, infatti, che Franco Raimondi ci voglia ripro-vare ancora una volta: non ci arrivano notizie certe, ma possiamo scommet-tere sulla sua distanza con gli ex-alleati.Fra qualche settimana sapremo cosa verrà da questa “sindrome Raimondi”, che è comunque specchio di una città unita nella sofferenza ma divisa nella politica che, qui come a livello nazio-nale, appare incapace di analizzare a fondo e affrontare i problemi veri della gente.

La corsa a Palazzo delle Spighe...manca solo il

Portiere

Elezioni Amministrative

Dieci i possibili candidati alla fasciatricolore: regnasolo confusione

Page 30: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Il quarto anniversario

www.ilfattonisseno.it30 Aprile

Ci si aspettava un grandissimo suc-cesso di pubblico per il quarto com-pleanno del C.C. Il casale e cosi è stato. Una due giorni di eventi dav-vero sorprendenti all’insegna dello spettacolo, della moda, ma anche di arte e cultura, che ha attirato migliaia di clienti che hanno potuto apprezza-re da vicino testimonial d’eccezione come Raffaella Fico, Giulio Berruti e Cecilia Rodriguez.Raggiante il direttore del Centro, Ca-logero Sanfilippo, che dopo due anni di direzione coglie l’occasione per tracciare anche un breve bilancio del lavoro svolto sin qui nella bella strut-tura di San Cataldo ed una analisi sul futuro dei centri commerciali:

“ Vorrei innanzitutto ringraziare le migliaia di clienti che hanno scelto di festeggiare con noi il quarto comple-anno del Centro. E’ stato un successo di pubblico straordinario che rende merito agli sforzi organizzativi fatti dalla Direzione ed alla fiducia accor-dataci dai nostri negozianti e dalla Proprietà del Centro che ci consen-tono di pensare e realizzare eventi sempre di grande rilievo.Un ringraziamento lo meritano an-che tutti le aziende, moltissime delle quali locali, che hanno supportato al meglio la Direzione e la società di ge-stione, Cogest Retail, nella organiz-zazione dell’evento, con la consueta passione, grande entusiasmo e pro-

fessionalità.Eventi come que-sto, con una parte-cipazione di pubbli-co straordinaria, ci convincono sempre di più del potenzia-le enorme e unico di strutture come la no-stra. E’ innegabile il fatto che la situazione economica generale ren-da complicato il nostro lavoro, ma rimane in noi e nei nostri operatori, la consapevolezza che l’in-vestimento all’interno del centro commerciale rappre-senti sempre la scelta strate-gicamente migliore per im-prenditori in grado di proporre e re-alizzare progetti commerciali in linea con le richieste del territorio ed in grado di ben inserirsi nel mix merce-ologico già presente all’interno della struttura approfittando delle nuove occasioni offerte oggi dal mercato.Credo che una grande risposta alla crisi economica sia quella di affron-tare il presente guardando all’idea di futuro che vogliamo seguire.Un futuro in cui il mondo dei ser-vizi, dell’intrattenimento e delle at-tività collaterali allo shopping rap-presenteranno sempre più una leva di fondamentale importanza su cui far riferimento per orientare le scelte dei clienti e per far ottenere ai centri commerciali un ulteriore vantaggio competitivo.Non possono più esistere, quando si parla di grandi progetti, concetti ap-plicabili ad ogni circostanza: ogni cen-tro commerciale ad esempio deve es-

se-r e

g e -stito con grande

attenzione e sensibilità rispetto a variabili specifiche legate al territorio in cui risiede. Ecco allora che il no-stro lavoro quotidiano non può non partire dalla considerazione delle caratteristiche del territorio locale, cui ci sentiamo legatissimi e che cer-chiamo di studiare ogni giorno con grande attenzione.La sfida è quella di arricchire l’offerta merceologica del Centro con ulterio-ri insegne di rilievo, internazionali e locali; ed anzi proprio queste ultime rappresentano oggi una ottima solu-zione per differenziare un’offerta che nei Centri Commerciali risulta spes-so troppo omologata, valorizzando l’imprenditoria locale.Fondamentale poi continuerà ad essere il mondo dei new media; in epoca di blog e Facebook i milioni di consumatori che passano annual-mente dai nostri centri commerciali sono un enorme patrimonio di opi-nioni, una risorsa che, se ben gesti-

ta, può darci un ulteriore vantaggio competitivo.Il C.C. Il Casale stà andando con coraggio verso questa direzione. Ab-biamo accettato una sfida di rinno-vamento e di sviluppo che è in atto e che ci teniamo a vincere insieme ai nostri clienti. L’inaugurazione di un bellissima area bowling, il potenzia-mento dell’area ristorazione, l’am-pliamento dei servizi e tante nuove aperture di negozi che realizzeremo già a partire dal mese di aprile ci consentiranno di offrire al territorio una realtà sempre più competitiva e ricca di nuove opportunità che ci auguriamo potrà essere sfrutta-

ta al meglio non solo dai clienti ma anche dagli operatori economici del territorio. Il vero obiettivo oggi più che mai è unire le forze, fare squa-dra, collaborare, attuare progetti “in-clusivi” che grazie alla sinergia tra il centro commerciale, il mondo della associazioni, i Comuni, le Pro loco e gli imprenditori del luogo possa-no arricchire e far ripartire l’intero territorio. Un bellissimo esempio di tale sinergia è sicuramente rappre-sentato dalla fiera dell’edilizia “Coif” che il C.C. Il Casale ospita ormai da quattro anni e che è diventato un ap-puntamento annuale molto atteso ed in grado di attirare l’interesse di mi-gliaia di imprenditori.In conclusione vorrei fare un cenno ad un’altra bella realtà del c.c. Il Ca-sale, il PDV “Decathlon”; si tratta di un’insegna internazionale di presti-gio che ci onora delle sua presenza e che dall’11 aprile è diventata ancora più grande con ulteriori 300mq di superficie espositiva. Un altro bel re-galo per la nostra clientela!”

“Happy birthday”

il Casale

Grande festa per i 4 anni del centro commerciale di C.da Bigini a San Cataldo

comunicazione commerciale

Page 31: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 31

Page 32: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it32 Aprile

Fatti & Territorio

Caltanissetta è un provincia che possiede ricchezze artistiche e aree archeologiche di grande

valore e testimonia una meravigliosa diversità di stili e di culture, talvolta sconosciuti ai più, finanche agli stes-si nisseni. L’incontro con Lorenzo Guzzardi, il nuovo soprintendente di Caltanissetta, già direttore del parco archeologico di Eloro e Villa del Tel-laro, è l’occasione per illuminare i te-sori di Caltanissetta e della provincia. Archeologo, sottolinea nel corso della nostra conversazione le sue molteplici esperienze negli scavi, 58 anni, siracu-sano di adozione. Sposato con due fi-gli: Monica, studentessa di Giurispru-denza a Roma e Antonio, alle prese con la facoltà di Economia a Bologna. Non manca la citazione per Kim, il

suo affezionato breton espagneul. “Il mio insediamento a Caltanisset-ta, avvenuto agli inizi di novembre del 2013, è coinciso con la riorga-nizzazione regionale delle Soprin-tendenze, voluta dal nuovo dirigente regionale e fatta propria dalla Giunta Regionale. E’ cambiata la struttura, sono state create dieci Unità Opera-tive (Affari generali, Legale e della Contabilità, Sicurezza e Protezione Civile,Valorizzazione, Archeologica, Architettonica, Paesaggistica, Storico-artistica, Etno-antropologica, Biblio-grafica) con nuovi dirigenti scelti a livello regionale. Non posso che sotto-lineare come abbia avuto la fortuna di trovare personale molto collaborativo e dei bravi dirigenti al posto giusto. Alla mission tradizionale della tutela

si aggiunge ora quella della valoriz-zazione, per cui una delle finalità più importanti è la creazione dei parchi archeologici così come stabilito dalla legge regionale n. 20 del 3 novembre del 2000, voluta dall’allora assessore al ramo Fabio Granata”. Guardiamo i moltissimi libri, tanti sulla storia di Caltanissetta, presenti sul grande

tavolo presente nel suo studio, dove peraltro non difettano neanche i fal-doni. “Il mio è un lavoro che ha molti risvolti, spesso poco noti. Ad esempio all’inizio della mia attività a Caltanissetta, proprio per quelle riforme di cui stava-mo discutendo, ho dovuto dar corso a varie ‘consegne’. Per esempio, mentre ho ricevuto fra le mie nuove competenze vari luoghi di cultura, il Museo delle Solfare e quello archeo-logico di Marianopoli, ho consegnato il sito di Sofiana per la gestione al Mu-seo della Villa del Casale”. Guzzardi non nasconde uno sguardo soddisfat-to: “Quando ero direttore del Museo della Villa del Casale, destinato a di-venire parco archeologico, di Piazza

Armerina e dunque in provincia di Enna, avevo proposto di accorpare alla Villa il sito archeo-logico di Sofiana, di-stante solo pochi chilometri, che è in territorio di Mazzarino, in provincia di Cal-tanissetta. Ades-s o

questa proposta è divenuta rea ltà . Poiché l’isti-tuendo p a r c o archeologico è autonomo e utilizzerà gli introiti rilevanti della biglietteria oltre agli altri

proventi, per valorizzare altre aree, fra cui Sofiana, sito importantissimo, abi-tato già in età antica e collegato con la villa e il suo latifondo. Sistemando la strada adesso dissestata che collega i due siti ai confini delle due provin-ce, si può innescare un meccanismo virtuoso, per cui una parte dei visi-

tatori della villa può essere indi-rizzata a visitare Sofiana e

la stessa straordinaria città di Mazzarino, il cui patrimonio ba-

rocco meriterebbe di essere più co-nosciuto”. GELA. “Anche a Gela è pre-

vista l’istitu-zione di un Parco Ar-cheologico,

c h e

Valorizzazione di siti, musei e biblioteche:“La bellezza va vissuta, respirata, condivisa, propagata”

La nuova Soprintendenza

Lorenzo di

GuzzardiIl mio obiettivo: valorizzare i siti

meno noti della provincia

L’intervista

Il sito archeologico di Sofiana (Mazzarino). A destra Lorenzo Guzzardi con Kim.

di Donatello Polizzi

Page 33: il Fatto Nisseno - aprile 2014

dovremo perimetrare e che includerà certamente la zona dell’Acropoli e di Capo Soprano. La città è straordinaria, ha un patrimonio che non è da meno rispetto alle altre città greche dell’isola. Purtroppo Gela non è entrata nei cir-cuiti turistici: ecco dove è la differenza. La conosco essendomene occupato per motivi di ricerca e studio. Basti ri-cordare che dopo le ricerche di Paolo Orsi, sono continuate le campagne di scavo. Nel dopoguerra Gela aveva un suo ufficio quando ancora a Calta-nissetta non vi era la Soprintendenza, istituita nel 1991. Nel parco sorgerà un museo dedicato alle imbarcazioni che accoglierà la nave greca riportata alla luce nei fondali gelesi di Bulala. Essen-do stati conclusi i primi interventi di restauro nel laboratorio inglese Mary Rose Archeological Services di Ports-mouth, andremo a breve a ritirare il relitto per collocarlo al Museo di Gela in attesa della nuova struttura museale dedicata alle navi antiche”.MUSSOMELI. “Il Castello Manfre-donico è di proprietà del Comune, noi ne abbiamo la tutela. Per affrontare i problemi del castello ci si sta adope-rando in piena collaborazione. Su di esso necessitano importanti interven-ti che non potranno essere finanziati solo dal Comune. Intanto, per la ge-stione e la manutenzione ordinaria del monumento, l’ente locale potrebbe prevedere che le entrate derivanti dal-la biglietteria e dalle concessioni d’uso

siano utilizzate esclusivamente per il castello. A Mussomeli vi è anche, uni-co nel suo genere, il sito archeologico di Polizzello, che corrisponde ad uno dei due più importanti abitati sica-ni nell’isola. Un sito che ha restituito reperti eccezionali e nel quale, dopo Pasqua, la Soprintendenza riprende-rà a scavare. Vi è inoltre prevista, con un finanziamento di 500 mila euro, la valorizzazione del Borgo Polizzello, di proprietà comunale, che è ubicato presso l’area demaniale archeologi-ca di competenza regionale. Il vallo-

ne non ha solo Mussomeli. Ricordo Sutera con l’importante patrimonio museale storico-artistico ed etno-antropologico; Milena che conosco da tempo, il cui museo archeologico possiede oggetti di interesse preisto-rico unici (rinvenuti durante gli scavi dell’università di Catania e della So-printendenza di Caltanissetta), che non temono confronti con i materiali dei più noti musei dell’isola. Si tratta di reperti che evidenziano come la realtà mineraria (zolfo e salgemma) fosse già attrattiva in età preistorica”.

Abbiamo modo di conversare con il Soprintendente sulla necessità di mettere in rete tutto il patrimonio del vallone. Ma si riflette insieme sulla necessità che venga migliorata la rete stradale, attualmente pessima; diver-samente, come far giungere i turisti?Nella nostra piacevole e appassionan-te discussione ci “avviciniamo” a Cal-tanissetta; prima però vi è un cenno ad un’altra iniziativa innovativa in fa-vore del Museo delle Solfare di Trabia-Tallarita, il più importante complesso minerario dell’isola, molto visitato specialmente dagli studenti. A breve partirà un progetto, fra i primi in Si-cilia, un bando per l’applicazione della sponsorizzazione.CALTANISSETTA. “Bella città dal passato illustre. E’ stata la capitale del centro Sicilia, fra le città più popolose della regione, elevata al rango di capo-luogo nel 1816 dai Borboni. Ha avuto un organizzazione ed esperienza am-ministrativa di grande peso, ma ho la sensazione che abbia perso coscienza della sua forza, della sua storia, della sua tradizione. Bisogna riscoprire il valore dell’essere nisseno. Noi tentia-mo di contribuire a questa rinascita e alla riscoperta della città. E’ nostra in-tenzione rendere fruibile al pubblico la biblioteca d’Istituto insieme ad altro patrimonio bibliografico e archivistico. Abbiamo completato i lavori di re-stauro di Santa Maria la Vetere, adesso divenuta auditorium. L’abbiamo già

aperta al pubblico in alcune occasioni, come le giornate di primavera del FAI. Nei recenti lavori di restauro esegui-ti dalla Soprintendenza vi sono stati rinvenuti segni dei lapicidi medievali. Tutto il complesso conventuale degli Angeli, di cui è stato terminato il pri-mo intervento, è un patrimonio unico che vogliamo valorizzare con un cen-tro culturale che potrà includere im-portanti lotti bibliografici e archivistici, di cui si vuole garantire la fruizione. Nella città di Caltanissetta, per quanto concerne il patrimonio monumentale e storico-artistico, vi sono tante realtà straordinarie. Vi è un centro storico che merita di essere salvaguardato (come tutti gli altri del Nisseno); si deve intervenire per evitare ulteriore degrado del patrimonio edilizio conse-guente all’abbandono di diverse unità immobiliari. E’ per questo che abbia-mo chiesto al Comune di eseguire i prossimi interventi nel quartiere della Provvidenza con l’attenzione del caso. E’ importante inoltre che i vari restau-ri degli importanti edifici di interesse storico-artistico nella città e in provin-cia siano seguiti da un utilizzo corretto. Le mie esperienze a Noto e Siracusa mi hanno insegnato che fare un restauro senza un utilizzo dell’immobile imme-diatamente dopo l’intervento significa non garantirne la manutenzione ordi-naria”. Non può mancare il riferimento alle Vare. “Ho incontrato i detentori insieme al sindaco ed abbiamo parlato

del museo. Un’istituzione che non deve essere solo l’esposizione dei gruppi sacri, ma che dobbiamo rendere viva. Serve raccogliere foto, filmati, docu-menti, anche le tradizioni orali. La bel-lezza va vissuta, respirata, condivisa, propagata”.

.L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la con-vivenza sociale e civile. (G.Tornatore)

Aprile www.ilfattonisseno.it 33

Accanto il Castello Manfredonico di Mussomeli inaugurato nel 1370 da Manfredi Chiaramonte. A sinistra l’auditorium di Santa Maria La Vetere.Sotto l’Acropoli di Gela.“

La legge regionale n. 20 del 3 novembre 2000 che istituisce i parchi archeologici è utile e innovativa

A Gela è prevista l’istituzione di un parco archeologico e la costruzione di un museo navale

Page 34: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Come è noto tra il 1943 e il 1944 l’Italia

visse la tragica pagi-na dell’occupazione tedesca. Molti paesi e città, specie del centro-nord, subirono rappresaglie e massacri ad opera delle SS, con mi-gliaia di vittime, non solo tra i militari, ma anche tra le inermi popolazioni. Tra questi episodi va ricordato anche l’eccidio delle Fosse Ardeatine, avve-nuto a Roma il 24 marzo 1944. Dopo l’attentato di via Rasella, il 23 marzo, ad opera del gruppo partigiano romano dei GAP, contro una colonna

di SS - e che aveva causato la morte di 33 soldati - la risposta dei tedeschi era la stata la rappresaglia, che si sarebbe consumata il giorno dopo presso le Fosse Ardeatine (lungo la via Ardea-tina, fuori Roma). Qui, in alcune cave abbandonate, vennero trucidati 335 italiani, tra antifascisti, civili, militari e cittadini di origine ebraica. Tra questi 13 siciliani e due nisseni: il riesino Ga-etano Butera, appartenente al Fronte Militare Clandestino e il sommatinese Raffaele Ziccoli del Partito d’Azione.Quest’ultimo era nato a Sommatino

nel 1911, figlio di un perito mine-rario di origine sarda, che aveva la-vorato nella miniera di zolfo Trabia

Tallarita. Trasferitosi a Roma, Raffaele aveva sposato Ester Aragona, nipote dell’illustre scien-ziato calabrese, Alfonso Splendore, che aveva sco-perto la toxoplasmosi. Raffaele, padre di un figlio e di una bambina in arri-vo (che mai conoscerà), antifascista, aveva nasco-sto e salvato una famiglia di ebrei dalle leggi razziali. Impiegato delle Poste, era entrato nella lotta clande-stina romana aderendo al Partito d’Azione. Il 7 feb-braio 1944 si apprestava a mettere in atto un’azione di sabotaggio ma, tradito da una spia, veniva arre-stato, assieme ad alcuni suoi compagni, e tradotto nelle fami-gerate carceri delle SS di via Tasso. Qui rimaneva sino al 24 dello stesso mese, subendo torture e sevizie di ogni tipo, ma non facendo i nomi dei compagni. Dopo quei drammatici giorni, veniva trasferito nel carcere di Regina Coeli, dal quale, in una lettera alla famiglia, scriveva: “Dopo ben 17 giorni di se-gregazione, murato vivo, maltrattato in maniera eccessiva, adesso che rive-do la luce sono risuscitato. Le botte, la fame, la mancanza d’aria, mi avevano prodotto una nevrosi cardiaca”. Pezzi importanti di questa storia sono riemersi dall’oblio grazie ad alcune lettere del nonno, scritte dal carcere e raccolte dal nipote Massimo Cianca-glini.Toccanti sono le pagine che ricostru-

iscono le ultime ore di Raffaele e dei suoi compagni di martirio; legati fra loro, fatti salire su camion e portati fuori Roma per essere trucidati.Si apprenderà solo successivamente

che quei poveri corpi erano sta-ti ammassati - poiché lo spazio nelle cave Arde-atine era insuffi-ciente - costretti a salire sui corpi

di quelli già uccisi, per essere loro stes-si trucidati, cadendo l’uno sopra l’altro dopo l’esecuzione. Tra questi anche il trentatreenne Raffaele Zicconi, che viene ricordarlo a Roma da una targa presso le Poste di piazza S. Silvestro e da una lapide davanti la sua abitazione in piazza Landro 7. Analoga è la storia di Gaetano Bu-tera, nato a Riesi nel 1924 che, all’età di dodici anni, si era trasferito con la

famiglia a Roma. Prima di essere chia-mato alle armi aveva frequentato il terzo anno di un corso di avviamento professionale, che gli aveva permesso di iniziare l’attività di artigiano decora-tore. In forza ad un reggimento carri-sta nella capitale dall’agosto ’43, all’oc-cupazione tedesca, dopo l’armistizio dell’8 settembre, era entrato a far parte dell’organizzazione partigiana Bande Armate Lazio, appartenenti al Fronte Militare Clandestino, operandovi tra il 1943 e il ‘44.

Fatto prigioniero in un’imboscata, durante un’azio-ne di sabotaggio, era stato - anche lui come Zicconi - trasferito nelle carceri di via Tas-so, dove era stato torturato per giorni dalle SS senza nul-la rivelare dell’organizzazione di cui

faceva parte. Da lì, nelle ore successive all’attenta-to di via Rasella, veniva prelevato dal carcere di Regina Coeli, dove era stato trasferito, e portato assieme ad altri prigionieri alle Fosse Ardeatine, per essere trucidato. Non aveva ancora compiuto venti anni. Dopo la morte, gli veniva tributata la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con motivazione: “Audace patriota appartenente ad un gruppo di bande armate operanti sul fronte della Resistenza, si distingueva per attività, coraggio ed alto rendimento. Incuran-te dei gravi rischi cui continuamente si esponeva, portava a compimento, brillantemente, tutte le missioni ope-rative affidategli facendo rifulgere le sue doti di ardito combattente della libertà ed assoluta dedizione alla causa nazionale”. Successivamente gli veni-

va intitolato in nome del 9° battaglione corazza-to dell’esercito italiano “Medaglia d’Oro Gaeta-no Butera”. Oggi, più che mai, in un’Italia così confusa, a 70 anni da quei tragici fatti, raccontare le sto-rie di chi, come Raffaele Zicconi e Gaetano Bu-tera scelsero, e pagaro-no con la vita, un impe-gno di libertà, deve farci riflettere. Dalle ferita di quelle pagine di storia, mai completamente ri-marginate, bisogna ri-partire. Fare i conti con la storia è necessario, rimuoverla sarebbe un

ulteriore crimine, tramandarla un do-vere civile.

www.ilfattonisseno.it34 Aprile

Dubbi sui rifiuti speciali: dopo lachiusura, mai esplorate le gallerie dei vari livelli estrattivi. Mistero...

Fatti & POST SCRIPTUM di Filippo Falcone

Ricordando i due nisseni morti nelle Fosse Ardeatine

Raffaele Zicconi di Sommatino e Gaetano Butera di Riesi

19442014

Settantesimo Anniversario

A sinistra Gaetano Butera, a destra Raffaele Zicconi.Al centro l’entrata delle Fosse Ardeatine

Page 35: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 35

LOTTO N. 27:Autovettura FORD Mondeo 2.0 TDCi, gasolio, 115 cv (103Kw) targata DH 345 GV di colore grigio scuro, immatricolata il 20.07.2007, Km 322.374, cambio ma-nuale. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 1.650,00.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAAVVISO DI VENDITA DEI BENI DEL FALLIMENTO N.

15/2012 R. FALL.

L’Avv. Marco Vizzini, con studio in Caltanissetta, Via Libertà n. 114, nella qualità di Curatore del fallimento n. 15/2012 R. Fall., giusta auto-rizzazione alla vendita del Giudice Delegato Dr. Calogero Cammarata, rende noto che in data 23 maggio 2014, ore 10,00 presso il suo studio, avrà luogo la vendita dei seguenti beni mobili, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano:

LOTTO N. 29: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Daily, gasolio, targato CL 191337, di colore bianco, immatricolato il 16/01/1989, con cabina allungata (7 posti) e cassone ribaltabile trilaterale. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 875,00

LOTTO N. 30: AUTOCARRO FIAT 35101G, modello Turbo Daily, gasolio, targato CL 205492, di colore bianco, immatricolato il 02/03/1990, con cabina allungata (7 posti) e cassone. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro875,00.

LOTTO N. 31: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, targato CA 529058, di colore bianco, immatricolato il 15/04/1987, con cabina allungata (9 posti) e cassoneIl prezzo a base d’asta è fissato in Euro 750,00.

LOTTO N. 32: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, trovato in parte smontato e privo di targa, di colore bianco, immatri-colato il 20/04/1992 (con targa AO 208026), con cabina allungata (7 posti) e cassone, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certificato di proprietà. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro75,00.

LOTTO N. 33: FORD TRANSIT EBBCDS, autovettura per il traspor-to di persone, avente n° 12 posti, a gasolio, targato CT A70883, imma-tricolato il 03/09/93, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certificato di proprietà.Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 750,00.

LOTTO N. 46: gru a torre marca “Fuochi-Milanesi & C. s.a.s.”, del 1980, tipo 1235 AM, n° fabbr. 7380; macchinario in postazione fissa su stabilizzatori, forza motrice 380 volt – 50 Hz, portata max 2.350 Kg (carico base 30.000 Kg), ultima verifica ASL effettuata in data 26/03/07. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro1.125,00.

LOTTO N. 47: gru elettrica a torre marca “Benazzato” serie 1.500 del 1990, mod. 24/28/600, n° fabbr. 2185; macchinario in postazione fissa su quattro lati poggianti su plinti in cls, portata max 1.500 Kg (carico base 18.000 Kg). Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro875,00.

MODALITA’ E CONDIZIONI:

1) La vendita avverrà, sulla base del prezzo minimo sopra indicato pari al valore attribuito dal Coadiutore del fallimento Arch. Chiara Di Natale nella propria relazione di stima; ai superiori importi andrà aggiunta l’IVA come per legge.2) Le offerte di acquisto, IN BOLLO, dovranno essere presentate in busta chiusa, entro le ore 12,00 del giorno precedente la data fissata per la vendita, presso lo studio del Curatore Avv. Marco Vizzini; 4) L’offerta dovrà contenere: A) nome, cognome, luogo e data di na-scita, codice fiscale, residenza o domicilio del soggetto offerente unita-mente alla copia del documento di riconoscimento. Se l’offerente è una società o altro ente dovrà essere allegato idoneo certificato del registro delle imprese da cui risulti l’attuale vigenza della persona non fisica con enunciazione della spettanza dei poteri di rappresentanza legale; B) i dati identificativi del bene per il quale l’offerta è proposta; C) l’in-dicazione del prezzo offerto, che non potrà essere inferiore al prezzo minimo sopra indicato a pena di inefficacia dell’offerta; 6) Le offerte di acquisto dovranno essere accompagnate dal deposito, mediante assegno circolare non trasferibile intestato a “FALLIMEN-TO EDILSTRUTTURE SRL”, di una somma, a titolo di cauzione, pari al 10% del prezzo offerto per il lotto cui si intende partecipare;11) In presenza di più offerte relative al medesimo lotto, il Curatore inviterà immediatamente gli offerenti presenti ad una gara sulla base del prezzo più alto tra quelli offerti con rilancio in aumento pari al 5% del prezzo a base d’asta. Il bene verrà aggiudicato a chi avrà effettuato il rilancio più alto.12) L’aggiudicatario dovrà depositare il residuo prezzo, oltre oneri, di-ritti e spese di vendita detratto l’importo della cauzione entro 7 (SET-TE) giorni dall’aggiudicazione a mezzo di assegni circolari non trasfe-ribili intestati a “FALLIMENTO EDILSTRUTTURE SRL”i. In caso di inadempimento l’aggiudicatario sarà dichiarato decaduto e sarà pro-nunciata la perdita della cauzione versata a titolo di multa.13) Sono a carico dell’aggiudicatario tutte le spese derivanti dalla ven-dita comprese quelle relative al passaggio di proprietà delle autovet-ture nonché quelle occorrenti per il prelievo dei beni dai luoghi in cui sono custoditi.

Informazioni sul sito www.ilfattonisseno.it, www.venditegiudiziali.it o al Curatore Avv. Marco Vizzini 0934/595069.

Caltanissetta, lì 30.03.2014Il Curatore

Avv. Marco Vizzini

AVVISI LEGALI

Non esiste religione al mondo che non parli del distacco dell’anima dal corpo al momento della morte. Che sia verso l’inferno, il paradiso o la reincarnazione in un altro essere vi-vente l’anima sempre emigra. L’emi-grazione è dunque del creato, di tutte le cose animate e solo apparentemen-te inanimate. Perfino delle pietre e i continenti emigrano, vanno alla de-riva sulla crosta terrestre. L’America Latina, per esempio, milioni di anni fa era attaccata all’Africa, ma poi decise

di emigrare in Sudamerica. L’emigra-zione insomma fa sempre notizia, è un FattoGlobale sempreverde.Ed è la storia dell’umanità, soprat-tutto, una storia di emigrazione. La scimmia lasciò l’albero e si avventu-rò a camminare per terra, poi prese gradualmente la postura eretta e dall’Africa arrivò fino in Sudamerica passando per l’Asia e la Siberia. Da che mondo è mondo i popoli si spo-stano. A tal punto che alcuni hanno fatto del nomadismo il centro della loro cultura: gli indiani d’America, gli Gnegnezi nel grande nord russo, i beduini dal Sahara all’Arabia Saudita, gli Zingari, da considerare questi an-cora oggi gli unici veri cittadini eu-ropei, visto che sono dappertutto in Europa. E allora come ora l’emigrare era necessario per sopravvivere.Se infatti i Pellerossa inseguivano i Bisonti da cacciare e farne scorta per l’inverno e abiti, in tempi più recen-ti, negli ultimi 200 anni si è emigra-

to in cerca di miglior fortuna: una vita di città invece che di campagna o l’avvenire in altro continente.E insieme ai bisogni c’è anche una gamma di sentimenti e di lettera-tura che accompagna da secoli chi si mette in viaggio. La stessa Bibbia inizia praticamente con un’emigra-zione forzosa, quella di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre. Accom-pagnati, così come lo è ognuno che lascia la propria terra, dall’angoscia del peccato, dall’ansia speranzosa

verso l’ignoto, dalla nostalgia verso quanto seppur poco si è lasciato. E c’è anche una delle principali reli-gioni monoteiste che fa continuo riferimento al viaggio, l’Islam, a co-minciare dal suo Profeta (peraltro l’unico e solo, a testimonianza del-la leggerezza e della portabilità di questa fede), fin dai suoi primordi: Maometto infatti era un nomade. E viaggiando di villaggio in villaggio, d’accampamento in accampamento portò la parola di Allah a chi fino a quel momento era un animista. Il culto della Pietra nera della Mecca è infatti precedente a Maometto. E ancora oggi per onorare quotidiana-mente la fede islamica basta poco: un piccolo Corano in un zaino, un tappetino per pregare in direzione della Mecca.Cos’è che oggi invece spinge queste genti a emigrare verso ‘l’Occidente’? Non si può che lanciare una pesan-te accusa. Verso il capitalismo e lo

sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi di partenza. Capitalismo responsabile anche di continue de-stabilizzazioni politiche e sociali e di guerre. E responsabile anche del-la crescita esponenziali dei popoli stanziali, con una abnorme e a tratti assurdo sviluppo delle megalopo-li a scapito della campagna, e della diffidenza e mancanza di ospitalità verso i nuovi arrivati. Ma l’accusa colpisce anche i ras locali, siano sta-ti e sono uomini politici, religiosi o

emiri. Per non adottato alcuna for-ma di redistribuzione dei redditi a favore dei più accumulando ingenti ricchezze che a dirla tutta non san-no più come spendere perché non ci sono abbastanza capricci e vizi nel mondo come nel genere umano.L’aspetto più assurdo è che in pas-sato non era così. Nel medioevo per esempio, nonostante le guerre di religione il senso di ospitalità era molto più spiccato. L’ospite era sa-cro, così come il viandante specie se con una meta santa nelle scarpe, il pellegrinaggio. senza volerla tirare troppo per le lunghe bisogna però rispondere a una domanda, come si affronta oggi il problema, spesso il dramma dell’e-migrazione? Probabilmente sdram-matizzandola, rileggendo la storia totalmente emigrante dell’umanità, facendosi emigranti. Riscoprendo insomma la nostra insopprimibile anima migrante.

L’emigrazione è sempre appartenuta alla storia dell’uomo. In passato, però, l’ospite era sacro.

Anima migrantedi Rino del Sarto

Page 36: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it36 Aprile

Fatti & Sport

Domenica 6 aprile 2014, lo spettacolo è imprevisto ma emozionante. Il glorioso Pal-

mintelli, stadio dell’autentica storia biancoscudata e dei ricordi più belli del calcio cittadino, è una macchia di colore giallorossa. La tribuna è stipata, la gradinata è rifiorita. Si alzano al cielo i cori e sventolano sciarpe e bandiere.

L’atmosfera è d’altri tempi, applausi, grida, emozioni e il glorioso manto sterrato, reso fangoso dalla pioggia, un perfetto abito per i racconti leggendari. Il fango del Palmintelli è mito, è cornice ineliminabile di battaglie agonistiche e sportive di ogni categoria. Chi, giocan-do a pallone nello storico campo spor-tivo nisseno, almeno una volta non si è rotolato in quel magico “magma” di sabbia e acqua? Certi discorsi odierni intrisi di retorica sulla struttura sporti-va e le sue condizioni, fanno sorridere, inducono al sarcasmo: qualcuno ades-so per convenienza forse vorrebbe una centro estetico dentro gli spogliatoi.Siamo seduti, esultiamo, seguiamo la gara ma ancor più attentamente os-serviamo gli spalti. I bambini infondo-no gioiosità e frizzantezza, ancor più piacevole vedere i visi di tifosi che da anni erano distanti dagli spalti. Capelli bianchi, visi solcati dalle rughe, chili in eccesso ma le fattezze di chi 20 anni fa, su quegli stessi gradoni, amava, gioiva, soffriva, viveva, respirava per un mito chiamato Nissa. Inutile nasconderlo la nostalgia ci as-sale, ne siamo travolti, chiudiamo gli occhi e dagli angoli più reconditi del nostro cervello, schizzano, emergono frammenti di ricordi nascosti da oltre 4 lustri; sembra un’eternità, un’altra epo-ca, un’altra vita. Una partita in partico-lare ci sovviene: è il 2 dicembre 1984, il primo anno della Nissa in serie C2. Palmintelli pieno oltre ogni ragionevo-le limite, in campo Nissa e Licata: una gara entrata nella leggenda. Un ragaz-zino, quasi schiacciato nell’angolo della

rete sotto la tribunetta “degli abbonati”, guarda gli eroi realizzare il doppio van-taggio: Zappalà e Ingrassia. Mi concen-tro, basta qualche secondo, e riecheggia il coro più gettonato che galvanizzava giocatori e tifosi: “Zappalà, Zappalà, Zappalà….”. La Nissa poi perse 3 a 2, i licatesi ribaltarono l’esito con le marca-ture di Campanella, Giacomarro e del

fenomeno Schillaci, Maurizio cugino del mitico Totò (per la cronaca il Licata quell’anno vinse il campionato).Riapriamo gli occhi, il panorama è tristemente cambiato. Lo Sporting

Club Nissa (del presidente Mauro Di Pasquali e del vice, Natale Ferrante) supera per 3 a 1 l’Atletico Aragona e vince il campionato di seconda cate-goria. Per un capoluogo di provincia, anche quest’ultimo sostantivo ha perso la sua ragione di essere, non è proprio un traguardo di “lusso”, ma in questi tempi di magra va bene così, bisogna accontentarsi. Bisogna ringraziare que-sta società nissena, che ha riscoperto il valore degli atleti nisseni, di un giovane tecnico nisseno, Massimo Ribellino, molto preparato. Il ringraziamento

più grande, doveroso allo Sporting è per aver riportato la gente a gremire il Palmintelli, a scoprire la gioia di tifare per una squadra di Caltanissetta con ragazzi della nostra città, a convincere tanti tifosi storici a sedersi sui gradoni del campo. Non importa la categoria, non importano i cambi di denomina-zione (ciò che sparisce, fallisce, non torna, non risorge), importa che alcuni nisseni abbiano avuto la possibilità di tornare a gioire per il calcio nisseno. Il colore del Palmintelli è uno spettacolo che non appartiene soltanto a nostal-gici ricordi ma a un gioioso presente. Il ritorno dei nostri concittadini al Palmintelli dopo il dramma vissuto la scorsa estate, è quasi un miracolo. Un anno or sono in questo periodo, set-te nisseni strappavano il nome Nissa,

disonoravano la società, sotterrandola con vergogne e teatrini indegni: sono stati capaci di farla fallire, ed è strano vedere fra i molti sani tifosi che affollano la gradinata anche qualche ultrà che aveva sostenuto i “sette samurai”. Chis-sà come sarebbe finita a Caltanissetta se fosse stato attivo l’Ostracismo, tipo di sanzione vigente nel 5° sec. a. C. ad Ate-ne, consistente in un allontanamento della durata di 10 anni dal territorio della città (non implicante la per-dita dei diritti civili né alcuna pena di carat-tere pecuniario), che l’assemblea popolare poteva comminare nei confronti di cittadini la cui attività fosse ri-tenuta pericolosa per lo stato. Affinché la votazione risultas-se valida, doveva-no partecipare almeno 6000 cittadini. È così detto dal frammento di ter-

racotta (ὄστρακον) sul quale il nome del concittadino inviso era scritto da coloro che votavano nell’assemblea po-polare. I “sette” sarebbero stati esiliati dai nisseni: non lo sapremo mai!Non è momento di ricordare le vergo-gne, ma di gioire. Segna il “Bomber” dello Sporting Club, Gigi Melfa e mima il “mitra”, mitico gesto di Batistuta: il Palmintelli esplode. Alza la maglia, vi

è disegnato un cuo-re (ovviamente giallorosso) con la scritta “Grazie a Tutti”! Arriva

il triplice

del direttore di gara: la promozione in prima categoria è realtà! Guardiamo i nisseni felici, gettiamo uno sguar-do alla maglietta del Goleador…e no, stavolta hai sbagliato a scrivere: grazie a voi ragazzi, grazie per essere riusciti nell’impresa titanica di aver risuscitato lo spirito del Palmintelli ed onorato il nome della compianta Nissa.

Grazie a voi!

Lo Sporting conquista la Prima Categoria. Caltanissetta ha “fame” di calcio dopo il fallimento della Nissa

PalmintelliRivive il glorioso

... era ora

Lo storico stadio del capoluogo nisseno ritrova colori, cori e tifosi.Per molti, un nostalgico viaggio a ritroso nel tempo

Page 37: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 37

Quanto dista la realtà dal so-gno? 180 minuti. La durata di due partite; più che gare

sono sfide ala storia. Perché mai, la Mussomeli dello sport si è spinta così in alto. Mai ha lottato per un posto tra i big del calcio dilettanti-stico siciliano. Questo è l’anno del Mussomeli che gioca a pallone. La

prima squadra a giugno potrebbe infatti festeggiare l’accesso in Eccel-lenza. E in città sale la febbre ros-soblu. Nella sfida di semifinale di Coppa Italia contro l’acerrima “ne-mica” del girone, il Ribera, gli spalti si sono riempiti come non era mai accaduto. “Mai così pieni dal con-certo dei Pooh negli anni ’90” è stato il pensiero ricorrente di chi ha sulle spalle qualche anno in più. Tribune affollate da appassionati, ragazzini, persino donne. Le famiglie hanno inneggiato per gli undici in campo, frequentando un luogo che sembrava anni luce lon-tano. E c’è chi, nel pomeriggio della partita, ha preferito chiudere bot-tega pur di non perdersi l’impresa. Che c’è stata. Il Mussomeli, in una partita al cardiopalma, decisa ai ri-gori, ha conquistato la finalissima in programma a San Cataldo contro il Santa Croce Camerina. Ma non è la Coppa Italia l’unica via per lasciare la Promozione e guadagnare l’Ec-cellenza. Grazie ad un campionato sfavillante, la compagine allenata da mister Lucio Sapia ha persino prenotato la finalissima dei play off. L’avvenire dei rossoblu è ben rappre-

sentato da una vignetta pubblicata in questi giorni su Facebook. Tifosi ad un bivio davanti a due cartelli che portato al salto di categoria; su uno c’è impresso “finale play off ” sull’al-tro “finale Coppa Italia”. Il sogno, in-somma, è a portata di mano. E’ sulla strada. Compimento di una stagio-ne trionfale e dagli esiti per nulla ca-

suali. I dirigenti, che hanno voluto negli ultimi due anni far rinascere la “Fenice” dalle proprie ceneri, hanno investito cuore e denaro. Tanti soldi. Hanno messo in piedi una macchi-na da guerra, consegnandola nelle mani di Lucio Sapia, mussomelese doc, con un passato da preparato-re atletico nelle squadre lombarde. Un uomo di carattere. “Pasionario” della sfera, dall’indole bonaria nel-la vita ma severa in campo e negli spogliatoi, avvezzo ogni domenica a cacciare continue urla rivolte ai suoi ragazzi. Li sprona a lottare, li sveglia nei momenti di stanca, striglian-doli nei giusti istanti e a lusingarli quando serve. Un condottiero dal pugno di ferro; sempre in piedi da-

vanti a quella panchina dove nessuno ricorda si sia mai seduto. Teso per 90 minu-ti. L’uomo insomma che serviva al Mussomeli. Il sergente dal cuore di carne e dalla corazza di metallo. Il presidente Salvatore Petruzzel-

la, che dall’estate scorsa ha accettato di firmare questa nuova avventura, sostenuto da un gruppo coeso di diri-genti e da una pattuglia di tecnici capaci, ha azzeccato tutte le scelte di mercato. A partire dall’attacco, affi-dando le incursioni ad una coppia brillante: Dario Ribaudo e San-tino Scarpinato. Scelta eccellente quella caduta poi su Ro-sario Costantino, una fortezza per le retrovie, una torre di guardia capace ad arginare ogni incursione avver-saria. E che dire delle pennellate di Gioacchino Privitera, un vero mago delle punizioni, o dell’esperienza del capitano Marco Di Piazza. Peccato la malasorte piombata sui portieri. Luigi Scozzaro e Giovanni Strano sono stati costretti a restare fermi per un lungo periodo a causa di brutti infortuni. Ma bisogna an-che spendere delle parole di elogio per i pochi ma bravi mussomele-si doc che riempiono le fila di una formazione “palermocentrica”, con molti calciatori provenienti dal ca-poluogo e dalla sua provincia. Due

in particolare; l’abile centrocam-pista Stefano Diliberto e l’accanito attaccante Totò Spoto. Simboli della rinascita dello sport mussomelese. Faville sempre accese di una pas-sione, quella per il calcio locale, che negli anni passati sembrava oramai inghiottita dall’oblio. Ma come la storia e la vita insegna-no, mai nulla è perso. In una stagio-ne, la rinascita del blasone rossoblu ha quasi simboleggiato la rinascita di una cittadina che attendeva di potere trovare una ragione di unio-ne, una passione comune. Il calcio, come spesso accade, anche stavolta ha assolto al ruolo aggregante, ha avuto il merito di rafforzare il pro-prio spirito campanilistico. Adesso bisogna però sperare che il sogno, a cui si è ad un passo, possa realiz-zarsi. Le premesse ci sono tutte; le ambizioni sono giuste e giustificate. Persino il sostegno della città, piut-tosto fredda negli anni, non man-ca. Legittima la febbre rossoblu che giorno dopo giorno cresce e conta-gia chi il pallone lo guarda rotolare soltanto in tv. Che dire quindi: forza Mussomeli! Forza ragazzi!

Febbre Rosso Blua un passodal paradiso

I giocatori hanno esaltato l’intera città: si spera nella promozione in Eccellenza

Il presidente Salvatore Petruzzella è l’artefice dei successi e la mente di una società modello

di Giuseppe Taibi

Page 38: il Fatto Nisseno - aprile 2014

www.ilfattonisseno.it38 Aprile

La Sicilia è l’unica regione che non ha ancora un accordo con Tre-nItalia, in barba alle attese dei

cittadini e ai servizi, o ai disservizi fer-roviari. Un altro buco nero del Governo siciliano che predica ma non semina. Si attende ancora la stipula dell’accordo tra Regione siciliana e i Ministeri delle In-frastrutture e dell’economia per fornire i servizi ferroviari in Sicilia dove si sono le strade ferrate più arrugginite d’Italia e i treni lenti. Finora i finanziamenti per le opere, la programmazione e la gestione del servizio sono passate da Roma alle casse delle Ferrovie.L’assessore alla mobilità Nino Barto-lotta ha in tasca una soluzione, con un accordo che prevede l’erogazione di 111.535.920 milioni di euro alla Regio-ne siciliana, sentiti i rappresentanti dei sindacato, Filt Cgil, Fit Cisl, orsa, Fast Ferrovie e Uilt Ferrovie insieme ai comi-tati pendolari della Sicilia: “L’incontro è stato voluto per pianificare insieme un percorso che, dopo anni di immobili-smo – ha detto Bartolotta - auspichiamo

che la Regione Sicilia firmi un contratto di servizio in grado di razionalizzare e rendere efficienti i servizi ferroviari”.La proposta dell’assessore regionale alle Infrastrutture è stata accolta dai sindaca-ti. A questo punto si attende che si metta nero su bianco per una svolta concreta del trasporto ferroviario nell’Isola. “Ap-prendo con soddisfazione della ripresa del dialogo fra Regione e Ferrovie per il potenziamento della rete ferroviaria regionale ed in particolare della Licata-Gela-Vittoria-Comiso che rappresenta una grande infrastruttura a servizio di quel territorio, per il suorilancio che passa inevitabilmente dalla diversificazione delle attività economi-che e dalla valorizzazione a fini turisti-ci dello scalo di Comiso.” Lo dichiara il parlamentare regionale Giuseppe Federico del Partito dei Siciliani MPA che ricorda come “dopo l’approvazio-ne del finanziamento per il Museo del Mare, che conferma la vocazione turi-stica di questa zona della Sicilia, porre l’attenzione all’infrastrutturazione del

sistema dei trasporti è divenuto ancor più irrimandabile.”Da parte del parla-mentare del MPA infine un’apertura di disponibilità a supportare ogni azione politico-istituzionale che possa por-tare il raggiungimento del risultato: “è un obiettivo - dichiara Federico - per cui certamente ci sarà la collaborazio-ne istituzionale a tutti i livelli della de-putazione del territorio gelese.” Negli anni 70 sono state realizzate le stazioni nuove in vari centri dell’isola. A questo non è corriposto però un adeguato ser-vizio di potenziamento dei treni. Nel tempo le linee sono andate decrescen-do in corrispondenza con l’aumento delle compagnie aree, più efficienti e celeri per i viaggiatori. Anche se Alita-lia e Windjet non abbiano navigato in buone acque, i loro servizi non erano certo paragonabili alle 5 ore di viaggio per una tratta ferroviaria di 100 km. I viaggiatori quindi hanno preferito al-tre strade per potere raggiungere i siti dei luoghi di lavoro o da diporto. Nel 2012 le Ferrovie hanno annunciato

nuovi tagli nell’isola. Dei 38 treni sono stati soppressi: la metà hanno interes-sato Catania. Saltano corse per Giarre, Taormina, Siracusa, Agrigento e Cal-tanissetta. I sindacati chiedono l’in-tervento della Regione per fermare il «piano di desertificazione» di Rfi. Ma si continua a discutere della velociz-zazione delle tratta Catania-Palermo. Mentre a pagare i disagi sono sempre i pendolari. Nel luglio 2012 venivano diffuse due notizia. «Trenitalia taglia altri 38 treni in Sicilia a partire dal 29 luglio». E l’altra «Il progetto di velo-cizzazione del tracciato ferroviario esi-stente tra Catania e Palermo dimostra concretamente l’impegno della politica seria e sana». La prima arriva dalla sezione trasporti di Cgil, Cisl e Uil, unite contro quel-lo che definiscono l’avanzamento del «piano di desertificazione» delle Ferro-vie in Sicilia. La seconda è stata un’af-fermazione del deputato regionale del Pdl Nino D’Asero, a conclusione di un incontro con altri parlamentari sicilia-ni, tra cui Enzo Bianco, sul tema della velocizzazione della tratta Catania-Pa-lermo. I pendolari siciliani si sono sen-titi presi in giro . Alcune città siciliane sono a rischio isolamento, soprattut-to nella zona di Pozzallo, Siracusa e Gela», «Il finanziamento destinato dal ministero dei Trasporti alla Sicilia nel 2012 è stato ridotto da 110 a 90 milioni di euro». Ma mentre Trenitalia prose-gue nel tagliare vetture a discapito dei pendolari, si continua a parlare del progetto di velocizzazione della tratta Catania-Palermo. Per i pendolari sici-liani viaggiare è sempre più un’odissea, sui treni ormai si bivacca visti i lunghi tempi di attesa nelle varie fermate 5/15 minuti di attesa, incroci calcolati senza un senso logico, coincidenze con altri treni non previste, comporti mancati e,

guarda caso viene annunciata da Tre-nitalia, che la puntualità dei treni è in netto miglioramento, cioè che le cose vanno meglio. Tutto ciò è inconcepibile e dimostra, ancora una volta, l’assoluta mancanza

di attenzione verso i pendolari, da par-te delle dirigenze di Trenitalia e di Rete Ferroviaria Italiana, nel far funzionare dignitosamente il servizio di trasporto ferroviario a loro affidato, compito cui le due aziende Trenitalia e Rete Fer-roviaria Italiana hanno nei confronti dello Stato e dei cittadini-utenti; ed alla Regione Siciliana che in questi anni ha eseguito le disposizioni emanate dal de-creto legislativo 422/97 per il passaggio delle competenze in materia di traspor-to pubblico ma non è ancora riuscita a farsi consegnare le risorse finanziarie previste per ottemperare alla sottoscri-zione del Contratto di Servizio per il trasporto ferroviario in Sicilia. Per non parlare del fatto che spesso si ‘dimenti-cano’ i passaggi a livello scoperti quando il treno, oramai un reperto archeologico da mostrare ai bambini come materia-lizzazione delle favole, passa nelle strade ferrate che attraversano le città. Questo accade regolarmente a Gela in via Bute-ra. Ci deve scappare il morto per correre ai ripari?

Trasporti in Sicilia

Le ferrovie siciliane ... fuori binario

Ridotti i finanziamenti dal Ministero: Gela,a rischio isolamento. I pendolari siciliani si lamentano

di Liliana Blanco

Page 39: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprile www.ilfattonisseno.it 39

La cucina secondo un grande chef statunitense, Anthony Bourdain, può essere sin-

tetizzata in 4 parole, ossia “è una cosa seria”. Un pensiero condiviso anche da Angelo Manganaro, 46 enne, chef di origine sancataldese che da oltre 30 anni dedica la sua vita all’arte culinaria. Un mestiere cominciato da bam-bino prima come lava pentole che pian piano, grazie alla passione e all’impegno, lo ha portato a diven-tare cuoco blasonato. Una grande esperienza quella di Angelo Man-ganaro maturata in questi anni non solo in diverse città dell’Italia ma anche in Europa. Tra i suoi idoli nel campo culinario, oltre ad Anthony Bourdain, an-che l’amico Gianfranco Vissani.“Essere uno chef – dichiara Angelo M a n g a -n a r o – è la c o s a p i ù b e l l a che mi p o s s a e s s e - r e c a p i t a - t a nella mia vita dopo mia moglie e i miei figli. Cucinare per me è una passione, un’arte che cerco di fare nel miglior modo possibile

con continui aggiornamenti spo-sando la tradizione con l’innova-zione nel settore culinario”.“Cuochi – aggiunge – ci si nasce non ci si diventa. La più grande

soddisfazione è quando a fine serata un cliente ti fa chiamare per ringraziarti dell’ot-timo lavoro svolto e sapere che hai al-lietato la sua serata di relax con le per-sone care o le sue serate di lavoro. Andare a man-giare al ristoran-te, un lusso che ormai non tutti

p o s s o n o p e r -

mettersi, è gustare piatti e sapori nuovi, avere delle soddisfazioni del palato”.Una passione che ha trasmesso al figlio Arcangelo 22 anni, che da 7 anni lavora a fianco al padre e che già ha acquisito una grande espe-rienza nel settore, diventando un bravo cuoco. “Sono felicissimo – afferma Ange-lo Manganaro - della scelta di mio figlio Arcangelo. Ai giovani che

vogliono intraprendere questo me-stiere, oltre alla passione, consiglio continui aggiornamenti sui nuovi prodotti e le nuove tecniche di cu-cina. Io nonostante la mia età e l’e-sperienza acquisita negli anni con-tinuo a seguire i corsi di formazio-

ne e di aggiornamento del settore, leggo i libri di cucina, mi consulto con i miei colleghi, vado in prima persona a fare i corsi di cucina”.Dopo aver lavorato negli ultimi tre anni in Spagna Angelo Manganaro ha deciso di dare fiducia a un gio-vane imprenditore sancataldese, Alberto Anzalone 29 anni, e di so-stenerlo nella suo progetto diven-tando lo chef di “Diamante nero”, un ristorante nato con l’intento di

differenziarsi dalla solita offerta ristorativa puntando su prodotti di qualità, genuini e freschi: dal pesce fresco ancora vivo (arago-ste, astici, granchi) che arriva dalle zone di mare per poi essere prepa-rato e servito ai clienti ai prodot-

ti artigianali quali i l pane, la pasta e i dolci.Oltre al classico menu a base di carne, tante le specialità a base di pesce preparate dallo Chef Angelo per deliziare il palato dei suoi com-mensali: dai tagliolini con granchio e salicornia (asparagi di mare), solo per dare un esempio, alla fiorenti-na di tonno con varie salse orien-tali, al pesce crudo in generale, al carpaccio di triglie e gamberoni.

Inoltre tante le prelibatez-ze da gustare anche per i ciliaci, con piatti prepa-rati con cura e attenzione.“Il nome na-sce – affer-ma Alberto A n z a l o n e - dall’inten-to di creare qualcosa di raro, elegante e particolare

come è il diamante nero. Ho voluto investire in un settore in cui credo e che oggi da più soddisfazioni a livello nazionale e internazionale, specialmente nell’ambito della cu-cina italiana che è una delle miglio-ri del mondo”. “Un’idea – prosegue Alberto Anzalone – che ho voluto concretizzare sposandola con una location centrale, in una struttura di nuova realizzazione, che sfrut-terà sia i locali interi ma anche un’ampia terrazza dove i nisseni e non solo potranno nella calde sere d’estate, godere un po’ di aria fresca sorseggiando un buon bicchiere di vino e gustando degli ottimi piatti preparati dal nostro chef. Il tutto con la possibilità di posteggiate le loro auto nel parcheggio interno adiacente al locale”.

Nero

Lo chef Angelo Manganaro: “La cucina è la passione che voglio trasmettere con i miei piatti”

“Profumo di mare” a Caltanissetta

Ristorazione in città

comunicazione commerciale

Diamante

Page 40: il Fatto Nisseno - aprile 2014

Aprilewww.ilfattonisseno.it40