il libro di enoch

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IlLIBRO

diENOCH

AA. VV.Traduzione italiana e

contenuti aggiuntivi a cura di

LEONARDO PAOLO LOVARI

Prefazione diADRIAN G. GILBERT

Introduzione di

W. O. E. OESTERLEY, D.D.

IL LIBRO DI ENOCH2 IL LIBRO DI ENOCH 3

© Tutti i diritti riservati alla Harmakis EdizioniDivisione S.E.A. Servizi Editoriali Avanzati,Sede Legale in Via Del Mocarini, 11 - 52025 Montevarchi (AR)Sede Operativa, la medesima sopra citata.Direttore Editoriale Paola Agnolucci

[email protected]

Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.

ISBN: 978-88-98301-77-5

Finito di stampare Novembre 2016© Impaginazione ed elaborazione grafica: Sara Barbagli

IL LIBRO DI ENOCH2 IL LIBRO DI ENOCH 3

PREFAZIONE DI ADRIAN G. GILBERT

La riscoperta del Libro di Enoch da parte dell’esploratore scozzese James Bruce nel 1773, è stato un momento importante per tutti gli interessati all’evoluzio-ne e allo sviluppo del cristianesimo esoterico. Naturalmente il libro non è stato davvero perso per tutti, ma era stato conservato, in segreto, in Etiopia, in quanto importante centro per le tradizioni esoteriche. Bruce ha riportato tre copie in Europa, tutte scritte in lingua etiopica. Uno di queste è stata donata alla Bodleian Library di Oxford. Qui è stato non tradotto per alcuni decenni fino a quando una versione inglese è stata poi pubblicata nel 1821.

Questa divenne una questione di grande eccitazione per la chiesa, perché vi è un riferimento a Enoch nella Lettera di Giuda, dove si legge: ‘Enoch, il settimo da Adamo, profetizzò, dicendo: “Ecco, il Signore viene con decine di migliaia di suoi santi, per eseguire il giudizio su tutto... “. La lettera di Giuda si trova alla fine della Bibbia canonica, poco prima del suo ultimo libro: La Rivelazione di San Giovanni. Si è quindi considerato come profetico “degli ultimi giorni”, che sono descritti in senso figurato, con il simbolismo complesso, nella Rivelazione stessa. Questo da solo dovrebbe aver fatto drizzare le orecchie a tutti i sacerdoti di tutte le chiese (non solo la Cattolica Romana) quando è stato rivelato che un lavoro di Enoch stesso era stato riportato dall’Etiopia. Ma non fu così. Invece si è arrogantemente presunto che il libro era un falso del secondo secolo d.C., e quindi non ci fu nessuna conseguenza per i cristiani.

Tutto questo è cambiato con la scoperta dei Rotoli del Mar Morto nel 1946 e tra questi furono trovati frammenti dello stesso Libro di Enoch, scritto nell’originale ebraico. Dal momento che è chiaro da altri elementi di prova che la comunità di Qumran, generalmente creduta essere Essena, esisteva al tempo di Gesù ed è stata distrutta dalle forze Romane al tempo della ribellione ebraica del 70 d.C., è chiaro che il libro fu scritto prima di questa epoca.

Allora, chi, poi, era Enoch? Ben poco dice su di lui la Bibbia stessa. In Genesi ci viene detto che era il figlio di Jared, che lo mette nella settima generazione dopo Adamo. Era il padre di Matusalemme, che a sua volta era il padre di Lamec, il padre di Noè. Enoch, quindi, è antidiluviano (prima del diluvio di Noè), essendo il bisnonno di Noè che costruì l’arca. Questo, tuttavia, non è il motivo per cui è

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famoso. La Genesi ci dice anche che ‘Enoch camminò con Dio’. In altre parole, era un uomo santo, il primo dopo la caduta di Adamo, che era in comunicazione diretta con il creatore. Ha vissuto per 365 anni (forse simbolico del numero di giorni in un anno, e quindi di un ciclo più lungo) e alla fine dei suoi giorni, ‘non c’era, perché Dio lo prese’. E’ stato quindi il primo dei tre uomini nella Bibbia ‘da prendere’, corpo e anima, dalla terra, gli altri due sono Elia e Gesù. Esatta-mente come fu ‘preso’, se da una sorta di navicella spaziale, con la dematerializ-zazione o altri mezzi, non lo sappiamo. L’ascensione di Enoch deve essere stata nella dottrina cristiana fin dai primi tempi, San Paolo applaude la sua fede nella Lettera agli Ebrei: ‘Per la sua fede Enoc è stata preso in modo che non vedesse la morte; e lui non è stato trovato perché Dio lo aveva prelevato’ [Eb 11: 5]. E’ chiaro che i primi cristiani e gli Esseni credevano che Enoch era asceso al cielo più o meno allo stesso modo in cui la Bibbia ci dice di Elia. Non ci viene detto niente altro su di lui se non che era un sant’uomo. Eppure era chiaramente con-siderato alla pari con Elia: il profeta che fu poi reincarnato (così Gesù ci dice), come San Giovanni Battista.

Questo ci porta al Libro di Enoch stesso. Che cosa ci dice su di lui o, cosa an-cora più importante, il suo rapporto con Dio? Beh un bel po’ in realtà. In effetti si tratta di un documento straordinario, rivela che anche quando era in vita, fu trasportato in ‘Paradiso’. Tuttavia, vorrei richiamare l’attenzione su di un al-tro antico manoscritto, l’Hermetica che porta molte somiglianze. Questo libro, scritto in greco, è stato quasi certamente scritto ad Alessandria e, probabilmente, anche all’epoca di Gesù. Anche questo fu perso in Europa per secoli, e venne alla luce in seguito alla caduta di Costantinopoli in mano ai turchi nel 1453. Quei greci che abbandonarono la città, potrebbero aver portato con sé quei pochi da salvare. In questo modo, una sola copia dell’Hermetica fece la sua strada verso l’Italia, finendo nelle mani di Cosimo de’ Medici, duca di Firenze. Eccitato da questo pezzo di fortuna, ordinò allo studioso Marsilio Ficino di mettere da parte le opere di Platone e lavorare invece su questo nuovo libro. Come il Libro di Enoch, l’Hermetica si rivelò essere un tesoro di saggezza antica. In effetti fu una fonte importante di ispirazione per il Rinascimento emergente in Italia e altrove.

La prima parte dell’Hermetica è una raccolta di 18 ‘Libelli’ o saggi, organizzato in capitoli. La più importante di queste è la prima, un documento chiamato in Greco Poimandres o ‘Pastore di uomini’. Esso descrive l’iniziazione di un in-segnante Egiziano chiamato Hermes, soprannominato Trismegisto o ‘il tre volte grande’. Hermes incontra l’entità Poimandres, che si rivela essere la ‘mente del-la sovranità’, cioè Dio. La descrizione di questo incontro è per molti versi simile

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alla visione di San Giovanni nell’isola di Patmos (la prima parte del libro dell’A-pocalisse) quando viene avviato da un’entità simile a Cristo che si fa chiamare ‘l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo’. San Giovanni sviene e in questo stato di trance, riceve il testo della Rivelazione. In un certo senso un po’ simile, Hermes si trova paralizzato sul suo letto, mentre lui ha un’esperienza fuori dal corpo. Egli è preso da Poimandres che gli mostra le meraviglie del Cielo e della Terra. Gli viene spiegata la creazione del mondo e anche quella dell’Uomo. Poiman-dres lo mostra come l’anima dell’uomo, venuto sulla terra dalle regioni più alte del cielo al fine di sperimentare cosa si prova a creare come lo stesso Creatore. Tuttavia, quando mostrò il suo bel viso alla Natura, si innamorò di lui e lui di lei. Da allora in poi essi divennero intrecciati in un abbraccio che non lasciò libero. Ad Hermes viene insegnato come diventare di nuovo libero, l’umanità deve al-lontanarsi dalle carnali delizie attraverso l’Amore di Dio.

Ora c’è molto di più di tutto quello che ho descritto qui e mi raccomando che chiunque sia interessato al libro di Enoch legga il Poimandres. Ermete Trismegi-sto, va sottolineato, è il nome greco dato all’antico dio Egizio Thot. Egli è anche identificato con il profeta ebreo Enoch che, come Thoth-Hermes, si dice abbia vissuto prima del Diluvio. Ciò che tutti questi saggi hanno in comune è che sono stati scritti da scrittori di libri sacri. Thot si dice che abbia scritto decine di libri, molti dei quali sono stati persi oltre a frammenti contenuti nei Testi delle Pirami-di, Testi dei Sarcofagi e l’Egiziano ‘Libro dei morti’. Hermes ha scritto le parti dell’Hermetica (che contiene anche i commenti dei suoi studenti), mentre Enoch si dice che abbia scritto non solo il libro riportato dall’Etiopia, ma anche almeno un altro conservato dalla Chiesa ortodossa Serba. Così il Libro di Enoch, che può o non può essere stato in realtà scritto nel I secolo d.C., appartiene ad un’antica e venerabile tradizione esoterica. Alla sua radice vi è un’iniziazione che insegna che l’uomo ha la possibilità di tornare al cielo anche in qualità di emissario per conto di Dio. Si tratta di un insegnamento che non ha età e ancora esistono suoi sostenitori in questo tempo.

Adrian G. Gilbert. Tonbridge 2016

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INTRODUZIONE

LA LETTERATURA APOCALITTICAIl Libro di Enoch è per certi aspetti, il più notevole lavoro apocalittico esistente al di fuori delle Scritture canoniche, non sarà qui inopportuno offrire alcune os-servazioni sulla letteratura apocalittica in generale. Nello scrivere dei libri che appartengono a questa letteratura, il Prof. Burkitt dice molto acutamente che “sono la sopravvivenza più caratteristica di quello che mi permetto di chiamare, con tutta la sua limitatezza e la sua incoerenza, l’età eroica della storia Ebrai-ca, l’età di quando la nazione ha tentato di rendersi conto dell’azione tipica del popolo di Dio. Si è conclusa con una catastrofe, ma la nazione ci ha lasciato due successori, la Chiesa Cristiana e le Scuole Rabbiniche, ognuna delle quali è realizzata su alcuni vecchi obiettivi nazionali. Delle due è stata la Chiesa Cristia-na che è stata più fedele alle idee sancite dalle Apocalissi, e si riteneva, non senza qualche ragione, l’adempimento di quelle idee. Quello che si vuole, quindi, nello studiare le Apocalissi è, al di sopra tutto, la comprensione delle idee che le sotto intendono, e soprattutto la convinzione nella nuova Era. Coloro che credono che nel Cristianesimo ci sia una nuova era davvero, credo, le abbiano in simpatia.... Studiamo le Apocalissi per imparare come i nostri antenati spirituali speravano ancora che Dio avrebbe fatto il bene alla fine; e che noi, loro figli, siamo qui oggi per studiarle nella speranza che non era del tutto infondata.1

“Ma con i giusti Egli farà la pace,E proteggerà gli eletti,E la misericordia ricadrà su di loro.

“E perché tutti appartengono a Dio,E saranno tutti prosperi,E saranno tutti benedetti.

“Ed Egli li aiuterà,

1. Jewish and Christian Apocalypses, pp. 15, 16 (1913).

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E la luce apparirà a loro,E farà la pace con loro “(1 Enoch i. 8).

In tutti i libri che appartengono a questa letteratura e che sono giunti fino a noi questa speranza si esprime più o meno vividamente; non lo sfondo scuro che vogliono con profezie di ira imminente. Sarà, quindi, realizzato che la letteratura Apocalittica è quasi totalmente interessata con il futuro; se è vero che più e più volte l’apocalittico lancia uno sguardo alla storia contemporanea del mondo che lo circonda, a cui molti fanno un riferimento criptico, un fatto che richiede una certa conoscenza della storia di questo periodo (circa 200 a.C.-100 d.C.) per una piena comprensione dei libri in questione, ma questi riferimenti vengono effet-tuati solo al fine di confortare gli oppressi e afflitti con il pensiero che anche il più potente dei poteri terreni è poco per rovesciare l’avvento dell’Era nuova e gloriosa quando ogni ingiustizia e tutte le incongruenze della vita saranno elimi-nate. Così ogni riferimento al presente è semplicemente una posizione assunta da cui puntare al futuro. Ora, dal momento che, come abbiamo visto, la dispera-zione degli Apocalittici di qualsiasi miglioramento del mondo attuale, contempla la sua distruzione come preliminare del nuovo ordine di cose, guardano lontano da questo mondo nelle loro visioni del futuro; concepiscono altre forze mondane che entrano in gioco nella ricostituzione delle cose, e della società in generale; e dal momento che queste sono forze del mondo soprannaturale, ciò gioca un grande ruolo nella Letteratura Apocalittica. Questa colorazione soprannaturale spesso colpisce il lettore di questa letteratura come fantastica, e a volte bizzarra; ma questo non dovrebbe oscurare la realtà che spesso si cela dietro queste strane ombre. Le visioni mentali non sono sempre facilmente espresse con parole; il veggente che in una visione ha ricevuto un messaggio in qualche fantastica veste ha necessariamente impresso nella mente ciò che ha visto quando conferisce il suo messaggio; e quando descrive la visione del quadro che presenta è, nella na-tura del caso, più fantastico per l’orecchio di chi ascolta che per l’occhio di colui che lo vide. Si dovrebbe tenere conto di questo; soprattutto gli Occidentali che sono così carenti nella ricca fantasia dell’Orientale. Il nostro amore di letteralità ostacola il gioco della fantasia, perché siamo così inclini a un’immagine mentale presentata da un altro “materializzarsi”. Le Apocalissi sono stati scritte da e per gli Orientali, e non possiamo fare giustizia a loro a meno che non ci ricordiamo questo; ma sarebbe meglio se potessimo entrare nella mente Orientale e guardare le cose da questo punto di vista.

Un’altra cosa a cui il lettore della letteratura Apocalittica deve essere preparato, è la frequente incoerenza di pensiero che vi si trova, insieme con la variabilità di insegnamento spesso cade in contraddizione. La ragione di ciò non è da ricercar-

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si semplicemente nel fatto che nelle Apocalissi c’è la mano di più autori di cui è frequentemente difficile distinguere, il che sarebbe facilmente motivo di diver-genza di opinioni in uno stesso libro, la ragione principale è che, da un lato, le menti degli Apocalittici sono state saturate con i pensieri e le idee tradizionali del Vecchio Testamento, e dall’altro, erano avidi nell’assorbire le più recenti conce-zioni che lo spirito del tempo aveva posto in essere. Questo provocò un conflitto continuo di pensiero nella loro mente; il tentativo di armonizzare il vecchio e il nuovo non sempre è un successo, e di conseguenza spesso ci ha portato a un compromesso che era illogico e che ha presentato contraddizioni. L’incoerenza di insegnamento su alcuni punti, quindi, non sorprende date le circostanze.

Ancora una volta, per realizzare il significato che si trova in queste Apocalissi, uno deve fare i conti con un rigido senso di predestinazione che era una carat-teristica degli Apocalittici nel suo complesso. Hanno cominciato con l’assoluta convinzione che tutto il corso del mondo, dall’inizio alla fine, sia per quanto ri-guarda i suoi cambiamenti fisici ed anche in tutto ciò che riguarda la storia delle nazioni, la loro crescita e il declino, e di ogni singolo individuo, sia in ogni aspet-to predeterminato da Dio Onnipotente prima di ogni tempo. Questa convinzione Apocalittica è ben illustrata in una delle Apocalissi successive con queste parole:

“Egli ha pesato l’età nella bilancia,E per numero egli ha numerato le stagioni;Né si si muove né smuove le acque,Fino alla misura sesignata sia soddisfatta. “ (Ii. (Iv.) Esdra IV2. 36, 37)

Così “i tempi e i periodi del corso della storia del mondo sono stati predetermi-nato da Dio. I numeri degli anni sono esattamente fissi. Questo era un postulato

2. L’Apocalisse di Esdra o 3 Esdra (dicitura cattolica pre-tridentina) o 4 Esdra (dicitura cattoli-ca post-tridentina) o 2 Esdra (dicitura protestante) è un apocrifo dell’Antico Testamento, pseu-doepigrafo di Esdra (V secolo a.C.) scritto in Greco.La data di composizione è particolarmente controversa, ipotizzata prevalentemente al II secolo d.C. ma con proposte al IX secolo d.C. Di origine cristiana o giudaica con rielaborazione cristiana. Presenta richiami al Libro di Neemia e somiglianze con l’Apocalisse di Sedrach. Appartiene al genere apocalittico. All’interno dell’opera vengono descritte sette visioni che Esdra riceve durante l’esilio babilonese: quattro visioni vengo-no interpretate dall’angelo Uriele, e tre da Dio stesso. Inoltre, l’opera suddivide il tempo storico in tre momenti: l’eschaton, eone futuro ed eone eterno ed atemporale.

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fondamentale degli Apocalittici che hanno dedicato gran parte della loro energia per i calcoli, sulla base di un attento studio della profezia, per quanto riguarda il periodo esatto in cui la storia dovrebbe raggiungere il compimento… sua consu-mazione... l’idea di fondo è predestinaria.”3

Ma tutte queste cose, secondo gli Apocalittici, erano sublimi segreti nascosti fin dal principio del mondo, ma rivelati ai timorati di Dio, gli uomini ai quali è stata accordata la facoltà di scrutare i segreti di Dio e della loro comprensione; su questi uomini fu posto il privilegio e il dovere di svelare i segreti divini agli altri, da qui il loro nome di Apocalittici o “rivelatori”. Fu perché gli Apocalittici credevano così fermamente in questo potere che possedevano di vedere le cose profonde di Dio che ha affermato di essere in grado di misurare il significato di ciò che era accaduto in passato e di ciò che stava accadendo nel presente; e sulla base di questa conoscenza credevano di avere anche il potere, datogli da Dio, di prevedere il corso degli eventi futuri; soprattutto, di sapere quando la fine del mondo arriverà, il compimento verso il quale tutta la storia del mondo tendeva fin dall’inizio.

Nonostante la mistica, a volte un genere piuttosto fantastico, e dalla visione spes-so sovra mondana con la quale la Letteratura Apocalittica abbonda, gli Apocalit-tici compresero pienamente la necessità della religione pratica; erano sostenitori, della legge, il rispetto fedele che essi consideravano come una necessità per tutti gli uomini timorati di Dio. In questo gli Apocalittici erano, in linea di principio, con il Fariseismo4; ma la loro concezione di ciò che costituiva la fedele osservan-za della legge era diversa da quella dei Farisei, che differivano dagli gli Apoca-littici nel fissare tutta la tensione sullo spirito della sua osservanza, piuttosto che sulla lettera. Caratteristica del loro atteggiamento nelle parole in 1 Enoch v. 4:

“Ma voi - voi non siete stati risoluti, né fatto i comandamenti del Signore,

3. G. H. Box, The Ezra Apocalypse, pp. 35, 36 (1912).

4. La corrente dei Farisei costituisce il gruppo politico-religioso giudaico più significativo nella Palestina del periodo che intercorre all’incirca tra la rivolta dei Maccabei contro il regno seleucide (II secolo p.e.v.) e la prima guerra giudaica (70 e.v.). Essi, in vari momenti, si identificavano come un partito politico, un movimento sociale ed una scuola di pensiero; insieme ad Esseni, Sadducei e Zeloti, i Farisei erano il partito o filosofia di maggior importanza durante il periodo del Secondo Tempio.

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Ma voi vi siete allontanati, e avete detto parole orgogliose e dureCon le bocche impure contro la sua grandezza,O voi duri di cuore, voi troverete pace.”

E ancora, in XCIX. 2:

“Guai a quelli che pervertono le parole di rettitudine, E trasgrediscono la legge eterna. “

Non troviamo in questa letteratura che l’insistenza sul letterale svolgimento dei più minuti precetti della legge che era una caratteristica del Fariseismo. La ve-nerazione per la legge è la vera guida della vita; la punizione attende coloro che ignorano la sua guida; ma l’interpretazione Farisaica della Legge e le sue esigen-ze è estranea allo spirito degli Apocalittici.

Nel complesso, la Letteratura Apocalittica presenta un atteggiamento universa-listico molto diverso da quella ristrettezza nazionalistica dei Farisei. E’ vero, gli Apocalittici non sono sempre coerenti in questo, ma normalmente abbracciano i Gentili (pagani) e gli uomini della propria nazione nello schema divino di sal-vezza; e, allo stesso modo, i malvagi che sono esclusi non si limitano ai Gentili, ma altrettanto con gli Ebrei che devono soffrire il tormento in seguito in base ai loro meriti.5

La Letteratura Apocalittica, a differenza del Movimento Apocalittico grazie al quale ha avuto origine, è nata intorno al 200-150 a.C., in ogni caso, il primo esempio esistente di questa letteratura sono le prime porzioni del Libro di Eno-

5. Il punto di vista generale Fariseo riguardo a questo può essere raccolto in Matt. iii. 7-10.

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ch6 che appartengono a questo periodo. Le opere di carattere Apocalittico, han-no continuato ad essere scritte per circa tre secoli; il secondo (quarto) Libro di Esdra, uno delle migliori Apocalissi, appartiene alla fine del primo secolo Cristiano. Ci sono Apocalissi posteriori, alcune di minore interesse sono di gran lunga più tarde; ma il vero periodo della Letteratura Apocalittica parte da circa il 200 a.C. al c. 100 d.C.; le sue origini risalgono, quindi, ad un’epoca precedente di quel grande punto di riferimento nella storia Ebraica, l’Era Maccabea.7

6. Enoch è un personaggio biblico antidiluviano, sesto discendente diretto di Adamo ed Eva lungo la linea di Set (la cosiddetta “grande genealogia dei Setiti” nel capitolo 5 della Genesi). È citato nel Libro della Genesi (5, 21-23). Figlio di Iared, genera a sua volta Matusalemme, il nonno di Noè. Particolare la sua fine: “Enoch visse in tutto 365 anni, e camminò con Dio, poi non fu più veduto, perché Iddio lo prese”. Questo enigmatico versetto ha fatto nascere la tradizione secondo cui egli sarebbe stato rapito in Cielo come il profeta Elia. “Enoch piacque al Signore e fu rapito, esempio istruttivo per tutte le generazioni”, dice infatti di lui Siracide 44, 16. Così lo si ritrova anche nel Nuovo Testamento: “Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di essere stato gradito a Dio” (Ebrei 11, 5). Il fatto che Enoch sia stato “rapito in Cielo” nel 365º anno della sua vita ha fatto pensare ad alcuni che la sua figura rappresenti la tra-sformazione in personaggio biblico di un’antica divinità solare (l’anno solare è composto di 365 giorni). D’altronde lo stesso Elia non avrebbe conosciuto la morte poiché «salì nel turbine verso il cielo» con «un carro di fuoco e cavalli di fuoco» (2Re 2, 11), anch’essi interpretati come simboli d’un Dio del Sole.

7. I Maccabei (significato del nome: martellatori) (םיבכמ o םיבקמ, Makabim (HE)) furono una fami-glia ebraica che guidò la ribellione contro il seleucide Antioco IV Epìfane (175 a.C.-164 a.C.), nel II secolo a.C. Diedero vita alla dinastia che in seguito regnò sulla Giudea con il nome di Asmonei (da Asmon, il nome di un antenato).

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IL LIBRO DI ENOCH: I SUOI COMPONENTI E LE CRONOLOGIE

Il libro di Enoch è ormai generalmente designato 1 Enoch, per distinguerlo dalla tarda Apocalisse, I Segreti di Enoch, conosciuto come 2 Enoch. Il primo è chia-mato anche Enoch l’Etiope, il secondo Enoch Slavo, dai linguaggi delle prime versioni esistenti. Il numero di manoscritto della lingua originale è noto per es-sere esistente.

Secondo Canon Charles, i vari elementi che costituiscono il libro nella sua forma attuale appartengono a periodi diversi. La tabella che segue illustra le date delle diverse parti del libro. Canon Charles ritiene che questi sono corretti, senza im-pegnarsi nella certezza di questo in ogni caso:

CAPITOLI

xii.-xxxvi.

xclii.

xci. 12-17

“L’Apocalisse della Settimana”

Le più antiche porzioni Pre-Maccabee.

vi.-xi.

liv. 7-lv. 2

lx.

lxv.-lxix. 25

cvi., cvii.

“Frammenti del Libro di Noè” Pre-Maccabee più tarde

lxxxiii.-xc. “IL Libro dei Sogni” 165 – 161 a.C.

lxxii.-lxxxii. “Il Libro dei Luminari Celesti” Prima del 110 a.C.

xxxvii.-lxxi.

xci. 1-11, 18, 19-civ.“Le Parabole” o “Simi-litudini” Circa 105 – 64 a.C.

i.-v. L’Ultima porzione, ma pre-Cristiana

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Il capitolo cv, che si compone di due soli versi, non può essere datato; men-tre cviii. è una sorta di un’appendice, probabilmente aggiunta successivamente all’intera opera.

Mentre queste date possono essere considerate approssimativamente corrette, si deve rilevare che esistono differenti opinioni tra gli studiosi sull’argomento. Schürer ritiene, per esempio, che, con l’eccezione dei capitoli xxxvii.-LXXI. (le “Parabole”, o “Similitudini”), l’intero libro appartiene al periodo 130-100 a.C.; alle “Parabole” assegna a un periodo successivo ad Erode il Grande. Beer pensa che il “Libro dei Sogni” (capitoli lxxxiii.-XC.) appartenga all’epoca di Giovanni Ircano8 (135-105 aC), ed è inclusa solo sotto le parti pre-Maccabee XCI. 12-17, XCII. xciii. 1-14; e sostiene che il resto del libro fu scritto prima del 64 a.C. Dal-man sostiene che non può essere provato che l’importante sezione xxxvii.-lxxi. (“Similitudini”) è «il prodotto del periodo pre-Cristiano”, anche se riconosce completamente il suo carattere ebraico. Burkitt cita lo scrittore come “quasi con-temporaneo” del filosofo Posidonio9 (135-51 a.C.). Vi è quindi una certa diver-sità di opinione per quanto riguarda la data del libro tra i principali esperti. Che, nel suo complesso, è pre-Cristiana, è ormai considerata definitivamente accetta-ta. Più difficile è la questione se eventuali porzioni di essa sono pre-Maccabee; Charles fornisce varie ragioni della sua convinzione che considerevoli parti sono pre-Maccabee; e siamo inclini a concordare con lui, anche se può essere messa in discussione l’ultima parola sull’argomento di cui si è parlato.

PATERNITÀPoiché, le varie parti del libro appartengono chiaramente a date diverse, la diver-

8. Giovanni Ircano (Yohanan Girhan; Johannes Hyrcanus; ... – 105 a.C.) fu un sovrano della fa-miglia degli Asmonei, re di Giuda e Sommo sacerdote dal 134 a.C. alla sua morte. Probabilmente assunse il nome ‘Ircano’ al momento dell’incoronazione. Figlio di Simone Maccabeo e nipote di Giuda e Gionata Maccabeo, la sua storia, come quella della sua famiglia, è raccontata nel Primo e nel Secondo libro dei Maccabei della Bibbia, come pure nel Talmud. Salì al trono quando il padre e i suoi due fratelli vennero assassinati durante un banchetto, probabilmente per ordine di Tolomeo, loro cognato. Assunse i titoli del padre, quello di Sommo sacerdote e di re, sebbene non tutti gli Ebrei lo riconoscano come tale, in quanto gli Asmonei non discendevano da Davide.

9. Posidonio, di Apamea, detto di Rodi (in greco: Ποσειδώνιος, Poseidonios; Apamea, 135 a.C. circa – Rodi, 50 a.C.), è stato un filosofo, geografo e storico Greco antico. Appartenente alla scuola stoica, fu considerato il più grande filosofo della sua epoca, tanto che, per l’ampiezza degli studi, fu soprannominato “Atleta”.

IL LIBRO DI ENOCH14 IL LIBRO DI ENOCH 15

sa paternità è quello che si è naturalmente portati ad aspettarsi; e di questo non ci può, infatti, essere alcuna ombra di dubbio. L’autore delle prime porzioni era un Ebreo che ha vissuto, come ha dimostrato Burkitt, nel nord della Palestina, nella terra di Dan,10 a sud-ovest della catena dei monti Ermon, vicino alle sorgenti del Giordano. Questo è importante, in quanto tende a dimostrare che il libro, o i libri, sono davvero Palestinesi, e che, di conseguenza, sono circolati tra gli Ebrei in Palestina. “Se, inoltre, l’autore è venuto dal nord, ciò aiuta a spiegare l’influenza del libro che ha avuto sulla religione che è stata cullato in Galilea”. Degli altri autori dei tre libri in cui si compone “Enoch” (vale a dire. “Il Libro dei Sogni”, “Il Libro dei Luminari Celesti,” e “Le Similitudini”) non sappiamo nulla, salvo ciò che può essere raccolto da i loro scritti per quanto riguarda il loro punto di vista religioso.

Charles sostiene che anche se non c’è unità di paternità, tuttavia, esiste, secon-do lui, uniformità per tutti i libri che sono stati scritti dai Chassidim11, o dai loro successori, i Farisei. Questa tesi è stata fortemente contestata e indebolita da Leszynsky in un recente lavoro sui Sadducei.12 Mentre francamente ricono-scendo il carattere composito del libro, Leszynsky sostiene che le parti originali provengono da circoli Sadducei; e che l’oggetto speciale del libro in origine era la proposizione su di una riforma del calendario. Indica l’attribuzione del libro a Enoch come supporto alla sua tesi, poiché Enoch visse 365 anni13, vale a dire gli anni che corrispondono al numero di giorni nell’anno solare; la base di calcolo del tempo è stato uno dei punti fondamentali delle divergenze tra i Farisei e Sad-ducei, mentre i primi calcolano il tempo con l’anno lunare (360 giorni), i secondi lo computavano con l’anno solare.

Ecco una frase significativa di Burkitt che vale la pena ricordare; negli scritti circa i falsi titoli dati a tutti i libri Apocalittici, dice: “C’è un altro aspetto della paternità pseudonima a cui mi permetto di pensare con sufficiente attenzione che non è stato dato. I nomi non sono stati scelti per semplice capriccio, indicavano in certa misura le materie che sarebbero state trattate dallo scrittore”14. Inoltre,

10. Dan ebbe in eredità due parti della Terra Promessa secondo Giosuè 19,40-48, poste al Nord. Il nome di Dan venne dato anche a due città in questo territorio. Si prese la consuetudine di indicare il territorio di Israele con la frase “da Dan fino a Beer-Sheba”, cioè da N a S

11. i.e. vale a dire “Pii” o “Santi”.

12. Die Saddurder (1912).

13. Vedere Gen. v. 21-23.

14. Gen. v. 24.

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il fatto che “Enoch camminò con Dio, ed egli non era, perché Dio lo prese”15, vale a dire che lui salito in cielo è anche significativo; lui sarebbe così il solo a sapere tutto sui Luminari Celesti; era solo l’autore più appropriato di un libro che aveva a che fare con questioni astronomiche. “Il carattere Sadduceo del la-voro originale”, dice Leszynsky, “si nota più chiaramente nella discussione per quanto riguarda il calendario; i capitoli lxxii.-lxxxii sono giustamente chiamati il Libro dell’Astronomia: ‘il libro dei corsi dei luminari del cielo, i rapporti di ciascuno, secondo le loro classi, il loro dominio e le loro stagioni, secondo i loro nomi e i luoghi di origine, e in base ai loro mesi… per quanto riguarda tutti gli anni del mondo e l’eternità, fino alla nuova creazione che si realizza e dura tutta l’eternità’(lxxii. 1). Che suona quasi come se l’autore avesse scritto il Libro dei Giubilei. Che non è un interesse puramente scientifico, che spinge lo scrittore a dare espressione alle sue teorie astronomiche che possiamo vedere dalle parole a conclusione della sezione: ‘Beati tutti i giusti, beati tutti quelli che cammi-nano nella via della giustizia, e il peccato non come i peccatori nel computo di tutte le loro giornate, in cui il sole attraversa il cielo, che entrano ed escono dai portali per trenta giorni…’ (lxxxii. 4-7). Qui si può comprendere chiaramente la propensione dello scrittore. Egli desidera l’adozione dell’anno solare, mentre i suoi contemporanei a torto seguirono una strada diversa, e quindi celebrarono le feste nel periodo sbagliato. I ‘peccatori che peccato nel computo dell’anno’ sono i Farisei; e i giusti che sono benedetti, gli Zaddîkim16, che camminano sui sentieri della giustizia (Zedek) il cui nome implica che sono i Sadducei.17 “Il punto può sembrare insignificante per noi, ma può essere paragonato con la con-troversia dei Quartodecimani nella Chiesa durante il secondo secolo. Si tratta, in ogni caso, di un punto di forza a favore della paternità Sadducea del “Libro dei Luminari Celesti.”

Le porzioni pre-Maccabee (ammesso che alcune parti di esse lo siano) del Libro di Enoch devono essere certamente attribuite ai Chassidim; ma non è per questo motivo necessario attribuire tutte le porzioni successive ai Farisei. Tre punti so-prattutto cozzano contro questo: alcuni insegnamenti riguardanti il Messia e, in generale, lo spirito universalistico, che è abbastanza non-Farisaico, e l’atteggia-mento verso la Legge, che non è quello dei Farisei. Non si può negare che alcune porzioni (ad esempio cii 6 ss.) provengono dalle mani dei Farisei; né può essere messo in dubbio che l’intera collezione nella sua forma attuale fu elaborata da un

15. i.e. “Il Libro dei Luminari Celesti.” come Charles chiama.

16. i.e. “I Giusti”; un gioco sulla parola Zaddûkîm, i “figli di Zadok”, vale a dire i Sadducei.

17. Leszynsky, op cit., pp. 253 ff.

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Fariseo, o Farisei; ma che tutte le parti post-Maccabee nella loro forma originale provenivano dai circoli Farisaici, non sembra essere stato dimostrato. Sembra più probabile che, con le eccezioni già citate, le varie parti che compongono il libro sono state scritte da Apocalittici che non appartenevano né a circoli Farisei e neppure a quelli Sadducei.

LINGUAIl Libro di Enoch esiste solo nella Versione Etiopica; poi fu tradotto dalla Versio-ne Greca, di cui solo un paio di porzioni sono esistenti. 1 Versione Latina, fu re-alizzato anch’esso dal Greco, non è esistente, con l’eccezione di i. 9, e cvi. 1-18; il frammento che contiene questi due passaggi è stato scoperto dal Rev. Al. R. James, del King College, Cambridge, al British Museum. Il libro è stato scritto originariamente in Ebraico o Aramaico;18 Charles pensa che i capitoli vi-xxxvi., lxxxiii.-xc. erano in Aramaico, il resto in Ebraico. È, tuttavia, molto difficile dire con certezza quale di queste due lingue era veramente l’originale, perché, come dice Burkitt, “la maggior parte delle prove più convincenti che il testo Greco di Enoch è una traduzione da una lingua Semitica, si adattano altrettanto bene con l’Ebreo o un originale Aramaico”; la sua opinione è che l’Aramaico era la lin-gua originale “, ma che alcuni passaggi sembrano suggerire una origine Ebraica, sebbene non decisivi.”19

INDICE GENERALEIl lettore che sfoglia il Libro di Enoch per la prima volta troverà molto che gli ap-pare strano e poco attraente; il quale non deve tuttavia essere respinto per questo; a tempo debito verrà da altre arti del libro la possibilità di vedere che è di valore sotto molti punti di vista. Ma anche per quanto riguarda le parti meno interessan-ti, troverà che quando questi sono attentamente studiati contengono molti punti stimolanti. Purtroppo, il pezzo di apertura (i.-xxxvi), il quale deve essere letto

18. L’Aramaico è una lingua semitica che vanta circa 3.000 anni di storia. In passato fu lingua di culto religioso e lingua amministrativa di imperi. È la lingua in cui furono in origine scritti il Talmud e parte del Libro di Daniele e del Libro di Esdra. Era la lingua parlata correntemente in Israele (accanto al Greco) ai tempi di Gesù di Nazareth. Attualmente, l’aramaico è utilizzato: in Siria nei villaggi di Ma’lula, Bh’ah, Hascha, Kamishlié. In Turchia: Tur-Abdin, Mardin[1]. Nel Nord dell’Iraq: Krakosh, Elkosh, Erbil (la capitale della regione curda), Ankawa.

19. I Capitoli. i.-xxxii. 6. e xix. 3-xxi. 9 sono stati scoperti in una forma duplicata a Akhmim in 1886-1887; vi.-x. 14. xv. 8-xvi. x, e viii. 4-ix. 4 in una forma duplicata, sono stati conservati in Sincello; lxxxix. 42-49 si verifica in un Greco Vaticano MS. (N ° 1809); ci sono anche un paio di citazioni nei primi scritti ecclesiastici Greci; e i. 9, v. 4. xxvii. 2 sono citati nell’Epistola di San Giuda 14, 15.

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per primo, contiene una buona dose di parti meno importanti di tutto il libro; al-cuni passaggi sono addirittura repellenti. E’ bene ricordare il punto, già indicato, che esistono almeno quattro libri del tutto indipendenti nel “Libro di Enoch”, esclusivi in alcuni frammenti in “Noè” e in altri pezzi (vedi sotto); allo studente è pertanto consigliabile trattare questi come opere separate, e loro lettura come tali. Non vi è alcun motivo di iniziare con il libro che sembra venire prima, tanto più che i primi trentasei capitoli non vanno tutti di pari passo. Ma, in ogni caso, troverà più utile avere un’idea generale del contenuto di ciascuno dei libri prima di iniziare a leggerli. A questo scopo vi forniamo un breve riassunto di ciascuno.

i. Il Libro di Enoch (capitoli xii.-xxxvi.). Il libro inizia con una visione in un so-gno di Enoch. In questo sogno a Enoch viene chiesto di intercedere per i vigilanti del cielo, cioè gli angeli, che avevano lasciato la loro casa celeste per commette-re iniquità con le figlie degli uomini. Scrive la supplica (cfr. Il titolo di “Enoch lo Scriba”) degli angeli caduti, e poi si ritira ad attendere la risposta, che gli arriva per mezzo di una serie di visioni. Queste visioni non sono abbastanza facili da comprendere; esse sono evidentemente incomplete e un po’ confuse; con ogni probabilità il testo ha sofferto nel trasferimento. In ogni caso, la supplica viene rifiutata; Enoch dichiara agli angeli caduti il destino che, come gli è stato inse-gnato nelle visioni, è quello di essere la loro sorte; le ultime parole del messaggio sono: “Tu non hai pace” (xii.-xvi.). Seguono poi i racconti dei viaggi che Enoch fa, condotto da angeli di luce, attraverso alcune parti della terra, e attraverso lo Sheol (oltretomba). Dopo il resoconto del primo viaggio (xvii.-xix.) viene fatto un breve elenco degli arcangeli, in numero di sette, e le loro funzioni (xx.). Nel secondo viaggio viene descritto il luogo di punizione finale degli angeli caduti: “Questo posto è la prigione degli angeli e qui saranno imprigionati per sempre.” Di là Enoch è portato negli inferi; poi verso ovest, dove vede i luminari del cielo. Dopo di che gli angeli gli mostrano le “sette magnifiche montagne”, su una delle quali c’è il trono di Dio; vede anche l’Albero della Vita, che deve essere data ai Santi e a i Giusti dopo il grande giudizio. Di là si torna al centro della terra a os-servare il “luogo benedetto,” Gerusalemme e la “valle maledetta” (xxi.-xxvii.). Il libro si conclude con quelli che sembrano essere frammenti di altri viaggi, a est, a nord e sud. Di particolare interesse è la menzione del Giardino della Giustizia, e l’Albero della Saggezza (xxviii.-xxxvi.).

Molto di ciò che è scritto in questi capitoli può essere visto inutile e poco inte-ressante; ma dobbiamo tenere a mente lo scopo che sta dietro a tutto questo. Gli angeli caduti si credeva che avessero portato il peccato in terra; tutta la malvagità del mondo Apocalittico risale a loro. Questa origine del peccato deve essere inte-ramente distrutta prima che la rettitudine possa arrivare a compimento. Pertanto

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l’Apocalittico ha uno scopo pratico in vista quando descrive molto dettagliata-mente il luogo finale della punizione degli angeli caduti, perché qui, arriveranno tutti coloro che sono i discendenti di questa razza. Non meno egli gode nel rac-contare della casa della gioia preparata per i giusti. Che tutte queste descrizioni sono stati costruite dalla fantasia dell’Apocalittico, basate in gran parte, non c’è dubbio, sulla tradizione popolare, non ha condizionato il loro valore pratico per la gente del tempo. Era un predicatore di giustizia, che non vedeva l’ora in asso-luta convinzione sul rovesciamento finale del peccato e tutte le sue visioni hanno come forza motrice il desiderio e la fede nel trionfo della giustizia sul peccato. Una mente simile scrisse più tardi, in una sorta di prefazione al suo libro, queste significative parole, che riassumono l’essenza dell’insegnamento di questo libro:

“E distruggete tutti gli spiriti dei reprobi, e i figli dei Vigilanti, perché hanno fatto torto al genere umano. Distruggete tutto che è sbagliato dalla faccia della terra, e lasciate che ogni male giunga al termine: e lasciate che la pianta di giustizia e della verità appaia: ed essa deve rivelarsi una benedizione: le opere di giustizia e la verità devono essere piantate nella verità e nella gioia per sempre”.

ii. Le Parabole (Capitoli xxvii.-xxvi.). Ci sono tre Parabole o Similitudini, e tutte hanno il loro pensiero alla base della distruzione del male e il trionfo della giu-stizia, come nel precedente libro. Ma qui nuovi e importanti elementi vengono introdotti che danno particolare valore a questo libro.

La Prima Parabola (xlviii.-xlix.) È la profezia dell’arrivo del giudizio sui mal-vagi, e soprattutto sui re e i potenti della terra. D’altra parte, l’Apocalittico vede nella visione la dimora e i luoghi di riposo dei giusti che continuamente lodano il “Signore degli Spiriti”, questo è di solito il titolo dato a Dio in questo libro. Qui si verifica la prima menzione dell’”Eletto” (xxiii cfr. Luca. 35). Alla presenza del Signore degli Spiriti ci sono anche i quattro Arcangeli e innumerevoli compagnie di altri angeli. Qui apprendono i segreti dei cieli; un frammento sulla Sapienza (xlii.), che ricorda alcuni passaggi in Ecclus. xxiv., arriva nel bel mezzo dei se-greti, ed è chiaramente fuori luogo. La seconda parabola (xlv.-lvii.) continua lo stesso tema e lo sviluppa ulteriormente. Di particolare importanza è la seduta dell’Eletto sul trono della gloria come Giudice (xlv. 3), e la menzione del suo titolo, “Figlio dell’Uomo” (xl vi. 2). Il pensiero della rivendicazione dei giusti è viziato da loro gioia per la vendetta sui malvagi. Un passaggio particolarmente suggestivo è il capitolo xl viii. 1-7, che parla della fontana inesauribile della giustizia riservato per i santi e gli eletti, alla presenza del Figlio dell’Uomo e del Signore degli Spiriti. Le ulteriori profezie Apocalittiche sul pentimento dei paga-ni (Gentili), sono un’importante nota universalistica, e parlano della risurrezione

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dei morti in un notevole passaggio:

E in quei giorni, la terra restituì ciò che era stata affidata ad essa,

E anche Sheol restituì ciò che ha ricevuto,

E l’Inferno deve restituire ciò che esso deve.

La parabola si conclude con un resoconto della sentenza, seguito da due brevi passaggi sull’ultima lotta delle potenze pagane contro Israele (lvi. 5-8), e il ritor-no dalla Dispersione (lvii.), che non sembrano essere al loro posto originale. La Terza Parabola (lviii.-lxxi.) ha chiaramente sofferto in gran parte dalla intrusio-ne di materiale estraneo, ed è probabilmente incompleta. Il tema principale è il giudizio finale su ogni carne, e in particolare sui grandi della terra; il giudice è il Figlio dell’Uomo. Alcuni passaggi che parlano del futuro premio dei giusti sono pieni di bellezza; Quello che segue vale la pena citare:

E gli eletti e i giusti sono cresciuti sulla terra,

E cessano di avere la faccia abbattuta.

Ed essi sono stati rivestiti con abiti di gloria.

E saranno gli indumenti di vita dal Signore degli Spiriti: E le vesti non dovranno invecchiare.

Neppure la vostra gloria passerà davanti al Signore degli Spiriti.

Un grande frammento di Noè arriva nel mezzo della parabola (vedi p. xxvi sotto). La conclusione di questa parabola è contenuta in lxix. 26-29; il racconto della traduzione finale di Enoch (lxx.), e due visioni di Enoch (lxxi.) sono fuori luogo.

iii. Il Libro dei Corsi dei Luminari Celesti (capitoli lxxii.-lxxxii.). In lxxiv. 12 si dice: “E il sole e le stelle portano esattamente tutti gli anni, in modo che essi non anticiperanno o ritarderanno la loro posizione di un solo giorno per l’eternità, ma completano gli anni con perfetta giustizia in 364 giorni.” Questo fornisce la nota chiave di questo libro20, vale a dire che il tempo è calcolato con il sole, non dalla luna. Fino al capitolo lxxx. questo libro è poco interessante; dove si propone di raccontare nel dettaglio delle leggi con cui il sole, la luna, le stelle e il vento sono

20. Vedere anche lxxxii. 4-6. it.

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disciplinate, queste sono descritte da Uriele21, “l’angelo santo” all’Apocalittico. I quattro angoli del mondo, i sette monti e i sette fiumi sono anche trattati. “L’au-tore non ha altro interesse, salvo che delle scientifiche e colorate concezioni e credenze Ebraiche”22. E’, tuttavia, diverso quando arriviamo al capitolo lxxx. 2-8; tutto il tono è alterato in questi versi, in cui si dice che a causa del peccato degli uomini, luna e sole sono tratti in inganno. Un pensiero etico viene così a mancare nei capitoli precedenti di questo libro; questo vale anche per il capitolo lxxxi.; è probabile che nessuno di questi capitoli si trovasse qui in origine.

Per quanto riguarda l’argomento dei 364 giorni dell’anno, che menziona lo scrit-tore di questo libro, Charles dice che “lo ha fatto solo per pura incapacità di stimare una cosa migliore, perché egli deve essere stato a conoscenza dell’anno di 365 ¼ giorni, la sua padronanza con i cicli Greci23 lo dimostra.... I calcoli dell’autore dell’anno di 364 giorni può essere in parte a causa della sua opposi-zione ai sistemi pagani, e in parte al fatto che 364 è divisibile per sette, e pari a cinquantadue settimane precise.”24 In ogni caso, egli si oppone all’anno lunare, il modo Farisaico di calcolo del tempo; e questo è un punto importante a favore della paternità Sadducea. Si noterà che questo libro fu scritto in epoca post-Mac-cabea; è fu dopo la lotta Maccabea che i Sadducei e Farisei compaiono come

21. Uriel o Uriele o (לֵאיִרּוא, “Luce di Dio” nella lingua ebraica) è uno degli arcangeli della tradizio-ne ebraico-cristiana. Il suo nome è analogo al nome Uria, da cui differisce solo per l’uso di un di-verso nome ebraico per Dio (“El” al posto di “Ya”). Gli angeli menzionati nei libri più antichi della Bibbia Ebraica sono senza nomi. Effettivamente, il rabbino Simeon ben Lakish di Tiberiade (230-270), asserisce che tutti i nomi specifici degli angeli vengono riportati dagli Ebrei di Babilonia, e alcuni critici moderni tendono ad acconsentire. Dei sette arcangeli del giudaismo post-esilio, solo tre, Gabriele, Michele e Raffaele, vengono menzionati per nome nelle scritture che gradualmente diventano accettate come la Bibbia canonica (solo il secondo è però definito come arcangelo, men-tre gli altri come semplici angeli). Gli altri quattro, tuttavia, vengono nominati nel capitolo XX del Libro di Enoch (II secolo a.C.): oltre Uriel questi sono Raguel, Sariel e Remiel. Quando quattro arcangeli sono associati ai quattro punti cardinali, Uriel viene generalmente utilizzato come quarto, in aggiunta ai tre nominati nella Bibbia.

22. Charles, The Book of Enoch, p. 147 (1912).

23. Nella civiltà greca (come in quella romana), il tempo è vissuto come ordine misurabile del movimento, ossia come misura del perdurare delle cose mutevoli e come ritmica successione delle fasi in cui si svolge il divenire della natura. In questa cultura, troviamo una visione antropomorfica della mitologia classica e una visione naturalistica della religiosità orfico-misterica.

24. Op. cit. p. 150.

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parti decisamente opposte l’una all’altra.25

iv. Il Sogno-Visione (capitoli lxxxiii.-xc.). Questo libro si compone di due visioni oniriche. La prima riguarda il castigo arrecato al mondo dal diluvio a causa del peccato; l’origine del peccato è di nuovo fatta risalire agli angeli caduti. Si con-clude con un inno di lode a Dio, in cui una preghiera che viene offerta, ogni carne non può essere distrutta (lxxxiii.-lxxxiv.). Il secondo sogno-visione è molto più lungo; offre un breve riassunto della storia del mondo dalla fondazione al Regno Messianico. In primo luogo, i patriarchi, simboleggiati da tori, ecc. (lxxx); poi gli angeli caduti, descritti anche con un linguaggio simbolico, e la loro punizione (lxxxvi.-lxxxviii.). La storia poi procede a trattare più specificamente Israele dai tempi di Noè alla rivolta Maccabea (lxxxix.-xc. 19).

In tutto il sogno-visione viene usato un linguaggio simbolico; i fedeli in Israele vengono descritti come pecore, mentre i Gentili sono simboleggiati con animali selvatici e uccelli rapaci. Il sogno-visione si conclude con alcuni familiari note escatologiche: il giudizio e la condanna degli empi; la costituzione della Nuova Gerusalemme; la conversione dei Gentili, che diventano sottomessi di Israele; il raduno degli Israeliti dispersi; la risurrezione dei Giusti e la costituzione del Regno Messianico alla comparsa del Messia (xc. 20-38).

v. La Sezione Finale del Libro (xcii.- cv.; xci x-10, 18, 19 anche qui apparten-gono) è un completo, anche se breve lavoro; ma ci sono alcune evidenti interpo-lazioni, ed è possibile che alcune parti del testo sono spostate. Questo rende la comprensione del libro difficile, ma se seguiamo la guida di Charles le difficoltà spariranno. Dice che questo pezzo ha in qualche modo sofferto per mano dell’e-ditor finale del libro, nel modo di interpolazione diretta e di gravi distorsioni del testo. Le interpolazioni sono: xci. 11, xciii. 11-14, xciv. 7d, xcvi. 2. Gli sposta-menti del testo sono la caratteristica più importante del libro. Essi sono confinati (con l’eccezione di xciii. 13-14, e cvi. 17a che va letto immediatamente dopo cvi. 14) a xci.-xciii. Tutti i critici sono d’accordo per quanto riguarda il capo di questi. xci. 12-17 dovrebbero senza dubbio essere letti direttamente dopo xciii… Presi insieme xciii. 1-10, xci. 12-17 formano un tutto autonomo. l’Apocalisse delle Settimane è stata incorporato in xci.-civ… Le restanti dislocazioni hanno solo bisogno di essere sottolineate, al fine di essere riconosciute. Per altri motivi troviamo che xci.-civ. è un libro di diversa paternità rispetto il del resto delle sezioni. Ora, questo essendo così, questa sezione inizia ovviamente con xcii.: ‘Scritto da Enoch lo Scriba.’ ecc. DXCII. xcii. Segue xci. 1-10, 18, 19 come se-

25. Per i punti di differenza tra i Farisei e Sadducei vedere: The Books of the Apocrypha, their Origin, Teaching, and Contents, chap. vii. (1914).

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guito naturale, dove Enoch chiama i suoi figli per ricevere le sue parole di com-miato. Poi arriva l’Apocalisse delle Settimane, xciii. 1-10, xci. 12-17. L’ordine originale del testo, dunque, era: xcii. xci. 1-10, 18, 19, xciii. 1-10, xci. 12-17. xciv. Queste dislocazioni furono opera del curatore, che ha messo i diversi libri di Enoch insieme, e aggiunse lxxx. e lxxxi.”

Questo libro si occupa della questione sulla ricompensa finale dei giusti e la puni-zione finale dei peccatori. Ma qui troviamo un nuovo importante insegnamento. Finora era stato istruito che sebbene molta incongruenza e apparente ingiustizia si trovavano su questa terra a causa della sofferenza dei giusti e la prosperità dei malvagi, tuttavia, le cose sarebbero state raddrizzate nel mondo a venire, in cui i malvagi avrebbe ricevuto le loro punizioni, e i giusti sarebbero venuti a loro. In questo libro ci viene detto che la ricompensa supererà i malvagi, e il giusto avrà pace e prosperità, anche su questa terra, con la costituzione del Regno Messiani-co, e che all’ultimo ci sarà, con il giudizio finale, la distruzione del primo cielo e la terra, e la creazione di un nuovo cielo. Seguirà poi la resurrezione degli spiriti dei giusti che vivranno per sempre nella pace e nella gioia, mentre i malvagi periranno in eterno. Il punto importante, è l’idea della punizione degli empi su questa terra, la stessa scena del loro ingiusti trionfi.

vi. I Frammenti di Noè (vi-xi, lvii. 7-lv. 2, ix. lxv.-lxix. 25, cvi., cvii.). Questi non sono di molta importanza; i principali temi toccati sono la caduta degli angeli e il peccato degli uomini e di conseguenza il giudizio sul genere umano, vale a dire il diluvio, e la protezione di Noè.

I primi cinque capitoli sono generalmente più tardi di tutta la collezione, hanno a che fare con l’aldilà, la punizione dei malvagi e la beatitudine dei giusti. Il capitolo xviii., che si legge come finale dell’intera raccolta, tocca lo stesso tema.