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Il miele biologico Sondrio 18 marzo 2014

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Il miele biologicoSondrio 18 marzo 2014

Nei primi anni del boom commerciale dei

prodotti biologici (fine secolo scorso) il miele

ha fatto molta fatica ad imporsi.

La sua «naturalità» è

stata per molto tempo

data per scontata. Il

concetto ed il valore aggiunto

del biologico rispetto al miele

- che è già riconosciuto dal

consumatore come il prodotto

"naturale" per eccellenza - è

stato meno immediato che

non per altri prodotti (come ad

esempio frutta e verdura

fresca).

La stessa legge sul miele evidenzia

questo aspetto nella definizione del

prodotto.

Per miele si intende la

sostanza dolce naturale

che le api (Apis mellifera)

producono dal nettare di

piante o dalle secrezioni

provenienti da parti vive di

piante o dalle sostanze

secrete da insetti

succhiatori che si trovano

su parti vive di piante, che

esse bottinano,

trasformano,

combinandole con

sostanze specifiche

proprie, depositano,

disidratano,

immagazzinano e lasciano

maturare nei favi

dell’alveare.

(Decreto Legislativo, 21

maggio 2004, n° 179)

L’intervento umano dovrebbe

limitarsi a trasferire dai favi al

vasetto il risultato del lavoro

delle api.

Come se le conoscenze su questo alimento

fossero ferme al Medioevo.

Il nettare è il frutto di un complesso processo di

trasformazione (fotosintesi clorofilliana) che parte

dall’acqua che la pianta assorbe dal terreno insieme ai sali

minerali combinandosi con l’anidride carbonica dell’aria.

La linfa elaborata sgorga dai nettarii posti alla base della

corolla.

L’attuale legge ribadisce il concetto dell’assenza di

sostanze tossiche (articolo 4).

Negli ultimi anni il miele ha subito gli effetti

dell’industrializzazione e dell’evoluzione della produzione

agricola.

«il miele non deve

contenere sostanze

estranee alla sua

composizione, come

materie organiche ed

inorganiche ed, in ogni

caso, non deve

contenere sostanze di

qualsiasi natura in

quantità tale da

rappresentare un

pericolo per la salute

umana».

Geodisinfestanti, erbicidi, concianti dei semi possono

inquinare l’acqua assorbita dalle radici.

Insetticidi e fungicidi attraverso la nube con la quale

vengono distribuiti, si depositano sulla vegetazione

limitrofa (tarassaco, ciliegi, ecc) avvelenando le api con

esposizione a dosi subletali successive, dovute o al

passaggio diretto attraverso la nube sprigionata o al

prelievo di acqua, nettare o polline altamente contaminati.

Strade ad alta intensità di

traffico, insediamenti

industriali, stabilimenti ecc.

alterano la qualità dell’aria

con

residui di metalli pesanti ed

altre molecole tossiche.

L’ape perlustra un territorio molto ampio in un raggio

dall’alveare di oltre 3 kilometri e viene a contatto con

diversi apparati e secrezioni vegetali (superficie

fogliare, petali, polline, olii essenziali, resine, melata,

nettare).

Fortunatamente l’ape si frappone tra nettare del

fiore e consumatore finale, eliminando molte delle

sostanze indesiderate; a volte pagando con la vita

prima del ritorno all’alveare.

E’ pratica consolidata

l’utilizzo delle api come

sentinelle ambientali per

monitorare l’inquinamento

da pesticidi, metalli

pesanti, radioattività, ecc.

attraverso l’esame delle

matrici apistiche miele,

cera, api e polline.

10

Nel 2012 su 117 campioni di polline analizzati 59 sono risultati

positivi ad almeno uno dei 50 diversi principi attivi riscontrati.

13 di questi non sono attualmente autorizzati sia in campo

agricolo che nel settore medico-sanitario.

Aldicarb, Azinphos etile, Benzoximate, Carbaril, Clorfenvifos,

Coumafos, Diniconazolo, Tolyflaunid, Endosulfan-sulfato,

Etaconazolo, Fluvalinate, Propenofos e Tetrametrina

11

I principi attivi più frequentemente riscontrati nel polline sono il Fluvalinate-

Tau e il Chlorfenvinfos. Questi composti sono utilizzati anche in apicoltura

per la lotta alla varroa, ma mentre per il primo (principio attivo dell’Apistan) è

attualmente in commercio, il secondo è stato ritirato nel 2003. A causa della

loro elevata persistenza, è molto facile ritrovarli ambedue nella cera.

Il terzo composto maggiormente rinvenuto è il Chlorpyrifos-etile (in 10

campioni), un insetticida fosforganico che agisce sul sistema nervoso degli

insetti, ampiamente utilizzato in agricoltura ed estramente tossico per le api.

Tra i composti più tossici per le api sono stati anche trovati il Dimethoate e

l’Imidacloprid, ognuno in 3 campioni e il Fipronil e il Thiametoxam in un

campione. Infine il Bitertanol e Fenamidone sono entrambi Fungicidi rilevati

a elevate concentarzioni rispettivamente 1,1mg/kg e 0,47 mg/kg.

12

Metalli pesanti nel miele

Durante un’indagine ISPRA nel 2010 in 5 aree naturali protette è

stata analizzata la presenza di metalli pesanti in campioni di

miele prelevati mensilmente. La quantità di Cadmio è sempre

risultata inferiore al limite di rilevabilità strumentale. Il Cromo

presenta punte massime a giugno e luglio superando i valori di

riferimento di Porrini et al. (2002). I campioni sono risultati

significativamente positivi per la presenza di Rame e Mercurio (4

campioni con valori superiori alla soglia indicata da Porrini et al.

(2002). Infine 4 campioni sono risultati positivi alla presenza di

Piombo, sempre con valori superiori al range indicato dagli

autori. Il valore massimo è stato registrato nel mese di aprile (Pb

0.125 mg/Kg).

Malattie e parassiti

delle api

comportano la

somministrazione

di sostanze che

possono residuare

nel prodotto.

Fenomeni di farmaco

resistenza

Le specialità medico veterinarie autorizzate

attualmente per l’apicoltura in Italia sono:

Apiguard (timolo),

ApiLife VAR (timolo, mentolo,

eucaliptolo e canfora),

Apistan (fluvalinate)

Api-Bioxal (acido ossalico diidrato);

ApiVar (amitraz).

Usciti dal commercio: Perizin

(coumaphos), Apitol (cimiazolo) e

Bayvarol (flumetrina).

Carenza di principi attivi, scarsa praticità dei

trattamenti, bassa attività acaricida, difficoltà nel

realizzare i protocolli di trattamento.

Ad es. stecche di pioppo imbevute di:

amitraz (Taktic), clorphenvinfos (Birlane e Supona),

fluvalinate (Maverik e Klartan), acrinatrina (Rufast),

coumaphos (Asuntol), trichlorfon (Neguvon).

Il fai da te

Gli apicoltori ricorrono a

prodotti destinati ad altre

specie animali oppure a

fitofarmaci, per i quali non

esistono informazioni per

l’impiego del prodotto

sulle api (posologia, via e

modalità di

somministrazione, tempi di

sospensione, etc.)

Molti fattori in diversi momenti possono influire

sull’integrità della materia prima e quindi su

quella del prodotto finale che ne deriva (il miele),

oppure passare dai favi al miele in essi

immagazzinato.

Presenza di residui nel miele: tolleranze di legge

Residui di pesticidi: si ritiene applicabile il

limite massimo generico di 10 ppb.

Residui di antibiotici: a partire dal 2008 nel PNR è stato

stabilito il limite di 5 ppb per tetracicline, sulfamidici,

streptomicina, tilosina.

Cloramfenicolo 0,3 ppb

Prodotti antivarroa

-«acaricidi naturali» (acido formico, acido

lattico, acido ossalico (Apibioxal),

fluvalinate (Apistan), timolo, eucaliptolo,

mentolo, canfora: nessun limite.

-Amitrax (Apivar) 200 ppb.

-Coumaphos (Perizin; dal 2008 non più

registrato in Italia )100 ppb.

-Clorfenvinfos (ritirato dal commercio dal

2003): non sono ammessi residui.

Essendo eventualmente presenti nel

miele per un generico inquinamento

ambientale in senso lato, non per

volontà dell’apicoltore, manca

qualsiasi riferimento normativo

specifico.

Residui di metalli pesanti

Inseriti nel Piano Nazionale per la

ricerca di residui (con limite di

rilevazione di 20 ppb per il piombo e di

2 ppb per il cadmio). Non sono stati

stabiliti dei limiti di presenza.

Per il piombo

esistono precise

indicazioni

dell’O.M.S. sulla

P.T.W.I. (Previsional

Tolerable Weekly

Intake),

corrispondenti per

un adulto a 3 mg/kg.

Tale valore viene

ridotto di 10 volte

per bambini ed

anziani.

Si ritiene comunque che

il valore di 0,1 mg/kg sia

da considerare come

livello di attenzione e

che valori sopra questa

soglia siano da

attribuire alla vicinanza

degli apiari a fonti

inquinanti.

E’ sufficiente

sostituire un

miele

convenzionale

con un miele

biologico per

salvaguardarci

dall’assunzione

di sostanze

estranee alla

sua

composizione?

L’ape pare essere assediata da una miriade di minacce alla

sua sopravvivenza, oltre che alla salubrità delle produzioni

dell’alveare.

Tre aspetti che

caratterizzanti la

produzione di miele

biologico:

Salutistico

Etico-filosofico

Certificazione

Sotto l’aspetto salutistico il differenziale tra miele

convenzionale e miele biologico è minimo.

Infatti il processo di

produzione del miele in

generale non comporta

particolari rischi per il

consumatore e così la sua

natura che non consente

alterazioni microbiche

pericolose.

Inoltre le norme sui residui da farmaci veterinari sono, per il

miele, particolarmente restrittive rispetto ad altri alimenti di più

largo consumo (latte fino a 200 ppb/kg streptomicina).

Nulla può essere aggiunto al

prodotto naturale delle api: né

zuccheri, né conservanti, né coloranti

o aromatizzanti.

Punto di partenza per la produzione di un miele di

qualità è il territorio.

La Valtellina offre grosse potenzialità nettarifere, nell’orizzonte

montano e altimontano: territori incontaminati, indispensabile

base di partenza per il raggiungimento di una qualità elevata.

In virtù di questo si è cercato di promuovere e

tutelare il miele locale sulla base dell’origine

territoriale.

Il concetto di qualità investe tutti i momenti

successivi:

fondamentali sono le

buone pratiche di

conduzione degli

apiari e di difesa

contro le diverse

patologie;

la cura nel momento in

cui si prelevano i

melari e nelle varie

fasi della smielatura e

invasettamento.

Assistenza tecnica nella lotta alle patologie con adozione di

protocolli terapeutici che prevedono il corretto utilizzo di farmaci

autorizzati.

Controlli a campione sul miele per individuare la presenza

eventuale di residui.

Corsi di apicoltura e concorsi miele a livello locale organizzati in

collaborazione tra APAS e F. Fojanini.

Spinta ad un graduale miglioramento:

Indagini sulla presenza di residui di tetracicline, tilosina e

sulfamidici (le tre classi principali di farmaci veterinari con

attività antibiotica)-(Concorso grandi mieli d’Italia di

Castelsampietro- BO).

2009 controllati 125, positivi 4

Sondrio, controllati 6

positivi 0

2008 controllati 98, positivi 1

Sondrio controllati 4

positivi 0

2007 controllati 172, positivi 5

Sondrio controllati 14

positivi 0

2006 controllati 238, positivi 5

Sondrio controllati 10

positivi 0

E’ interesse di ogni

apicoltore trovare aree di

pascolo «sane» per

salvaguardare le api,

allontanandole da zone a

coltivazioni specializzate.

In Valtellina è difficile per chi fa

apicoltura biologica individuare

postazioni apistiche molto diverse

dal punto di vista della salubrità

dell’ecosistema da chi fa

apicoltura tradizionale.

Si intuisce come il differenziale in termini salutistici sia

veramente minimo.

I trattamenti veramente efficaci ed ammessi in Italia sono

quasi esclusivamente quelli per apicoltura biologica e tutti

quelli che trattano in maniera legale li usano.

Attenzione quando si parla di

qualità: questa è la somma di tutte le

caratteristiche di un miele, e la

biologicità è solamente uno degli

aspetti, che non necessariamente ha

a che fare con gli aspetti nutrizionali

ed organolettici.

Un miele può essere molto

buono e nutriente e non

essere biologico, mentre un

altro può avere un pessimo

sapore e minor presenza, ad

esempio, di vitamine pur

essendo biologico.

Ciò che contraddistingue le produzioni biologiche è la

certificazione che tutti i passaggi della produzione siano

conformi a quanto previsto dalla normative per il biologico.

Chi utilizza il

metodo di

produzione

biologico

assoggetta la

propria azienda ad

un controllo

ispettivo da parte

di un Organismo di

controllo scelto

dall’apicoltore

stesso, a sua volta

controllato dal

Ministero delle

politiche agricole.

Secondo aspetto: la certificazione

-Sostituzione della cera convenzionale con cera

biologica (periodo di conversione).

Ciò che contraddistingue la produzione di miele

biologico:

La ripartizione dei residui

nelle matrici dell’alveare

dipende dalle

caratteristiche delle

molecole.

Quelle lipofile hanno affinità

con i lipidi; di conseguenza

gli acaricidi lipofili si legano

prevalentemente alla cera

(flumetrina, fluvalinate,

bromopropilato, coumafos).

Anche l’amitrax (Apivar) è lipofilo e passa alla cera , ma è

molto instabile e si degrada rapidamente in dimetil-anilina.

-Posizionamento degli apiari

in zone a prevalente

vegetazione spontanea,

senza coltivazioni soggette a

trattamenti, distanti da fonti

di inquinamento.

-Utilizzo solo di prodotti ammessi per la lotta ai

parassiti: oli essenziali ed acidi organici.

-Alimentazione delle api

esclusivamente con prodotti

provenienti da agricoltura biologica.

L’organismo di controllo, quando si reca in azienda, si

accerta che l’apicoltore operi riducendo al minimo il

rischio di contaminazioni.

I punti fondamentali sui

quali il Legislatore

europeo ha concentrato

la sua attenzione sono,

come visto, la qualità

dell’ambiente (territorio

circostante e nido) in

cui vivono le api e i

trattamenti che

possono subire le api in

caso di malattia.

C’è infine l’aspetto etico-filosofico

Dietro un vasetto di

miele biologico c’è

molto di più che il

tentativo di produrre

un miele il più

possibile pulito:

c’è la

consapevolezza da

parte dell’apicoltore,

e di chi acquista il

prodotto del suo

lavoro, di far parte di

un movimento che

ha come fine ultimo

quello di limitare il

più possibile i danni

che l’uomo produce

all’ambiente.

Dopo un’iniziale difficoltà di affermazione gli scandali in

campo alimentare hanno fatto crescere l’interesse dei

consumatori per gli aspetti della sicurezza e salubrità

degli alimenti anche nel settore apistico.

Nei primi anni 2000 importanti gruppi

della distribuzione moderna hanno

lanciato linee di prodotti a loro

marchio, da agricoltura biologica con

grossi investimenti pubblicitari

inimmaginabili per il «povero» e

«vecchio» mondo del bio.

Anni di euforia nei quali si sono infilati un po’ tutti: i

marchi e le aziende biologiche si sono moltiplicati

miracolosamente.

La quota del miele biologico rispetto al totale del miele

commercializzato nei primi anni 2000 ha superato, anche se

di poco, il 6% (raddoppiata rispetto all’inizio 2000 e molto alta

se paragonata a quella di altri prodotti. Per l'intero mercato

dell'alimentare il bio non ha superato il 3%).

Il boom iniziale del miele

biologico è stato dovuto

principalmente a due fatti:

1) il consumatore di miele è in generale già di per sé sensibile ad

aspetti legati alla salute ed alla salubrità di ciò che mangia, ed è

per questo più reattivo alle garanzie della certificazione. Nello

stesso arco temporale il consumatore più avveduto non ha più

trovato sugli scaffali miele nazionale che potesse fregiarsi della

definizione di Vergine Integrale.

Ora la domanda si è stabilizzata,

anche per via di una tendenza

all’aumento dei prezzi e in

concomitanza con la crisi

economica.

2) il differenziale di prezzo tra miele italiano convenzionale

e miele italiano biologico in genere non supera il 25%, ed

è una differenza accettabile. (La migliore remuneratività,

per chi vende, rispetto al convenzionale non sempre si

traduce in una migliore redditività per chi produce).

Opportunità per rilanciare e valorizzare il miele italiano di qualità

(anche se biologico non comporta necessariamente alcun attributo

di maggior qualità) cautelandosi dall'invasione dei prodotti

d’importazione a basso costo, che raramente possono vantare una

certificazione biologica.

Netta prevalenza nel segmento biologico, del prodotto nazionale;

l'opposto di quanto avviene, almeno nella distribuzione moderna,

rispetto al miele convenzionale.

La produzione di miele biologico rappresenta

un’opportunità che può aprire interessanti

prospettive, se gestita con serietà e rigore.

La conversione dell’azienda al biologico apre le strade alla vendita

di pappa reale, polline e propoli che in Italia hanno perso interesse

produttivo perché importati a prezzi bassissimi soprattutto da Cina

e Spagna. La richiesta da parte dei negozi specializzati non è

soddisfatta per scarsa conoscenza delle tecniche di produzione.

Una "caduta d’immagine" in questa fase

potrebbe essere devastante per l'intero

settore.

Non tutti i produttori operano correttamente.

Non tutti gli organismi di controllo certificano

con eguale serietà : ciò ingenera anche una

concorrenza sleale tra produttori.

Il rovescio della medaglia: il falso biologico

In Italia l’aspetto territoriale è affrontato

spesso in modo piuttosto superficiale dagli

organismi di controllo.

Molti acquirenti prima di comprare una

partita di miele, si vogliono sincerare

dell’OdC che controlla l’azienda

accettando prodotto certificato da solo

tre o quattro enti.

Immaginando che le cose funzionino (dato che il

miele biologico è certificato e ricade in circuiti

tendenzialmente serissimi)….

Il biologico si configura come una necessità

oramai improcrastinabile perché l’ambiente

non debba più sopportare le attività inquinanti

dell'uomo, pericolose per l’uomo stesso.

Opportunità di valorizzazione del miele locale

più sentita rispetto ad altri tipi di certificazione

(DOP; IGP ).