il piano industriale e la sua evoluzione culturale · 2016. 1. 26. · il piano industriale e la...

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Il piano industriale e la sua evoluzione culturale di Andrea Panizza (*) e Matthias Theiner (**) Il piano industriale e ` ancora spesso unicamente ricondotto alla tematica della pianificazione di medio e lungo periodo. Il presente contributo concentra, invece, le proprie attenzioni sul ruolo del piano quale strumento a supporto della pianificazione strategica, conseguente alla definizione di scenari anticipatori della formulazione di una strategia. Il piano, espresso nella sua componente qualitativa e quantitativa, rappresenta l’elaborazione nella quale sono descritte le attivita ` pianificate dal management aziendale per raggiungere le performance derivanti dall’applicazione delle strategie consequenziali allo scenario prospettico ipotizzato. In un’ottica di management orientato alla creazione di valore aziendale di lungo periodo, appare necessaria la presenza di una cultura aziendale propensa a facilitare e supportare fattivamente i cambiamenti impliciti nel piano industriale. Il tutto creando una situazione di diffusa informazione, tale da rendere piu ` difficile il verificarsi di un errore. La seconda parte dell’articolo si dedica alla descrizione di un approccio con il quale affrontare tale sfida. Introduzione La turbolenza ambientale, che a partire dagli anni settanta caratterizza l’ambiente esterno con il quale le aziende sono chiamate a con- frontarsi, ha favorito l’applicazione del con- cetto di pianificazione strategica quale evo- luzione della pianificazione di medio e lungo periodo. L’analisi della gestione passata e delle serie storiche, focus della pianificazio- ne di medio e lungo periodo, viene sostituita, o affiancata, dallo studio dell’ambiente in cui opera l’azienda. L’analisi e la valutazione di prospettive riconducibili alla politica, all’eco- nomia, al contesto sociale, alla tecnologia, all’ambiente e ai fattori legali, consente di ipotizzare scenari nei quali, poi, formulare strategie da descrivere e quantificare all’in- terno del piano (1). Il piano industriale e ` il documento indicato per rappresentare, nella sua componente qualitativa, la pianificazio- ne strategica voluta dal management azien- dale e per descrivere, nella sua componente quantitativa, la manifestazione economica fi- nanziaria e patrimoniale derivante dall’appli- cazione delle strategie. L’applicazione della pianificazione strategica presuppone un ap- proccio dinamico da parte dei vertici azien- dali e la rimozione di una visione verticistica e centralistica della stessa (2). La diffusione, a tutti i livelli aziendali, della cultura della pianificazione strategica, necessaria per con- trastare gli scenari sempre piu ` complessi con i quali le aziende sono chiamate a confron- tarsi, impone una generalizzata propensione al cambiamento e la presenza di una crescita di tipo culturale. Il piano industriale, oltre a essere il documento che rappresenta l’espres- sione della pianificazione strategica deve co- stituire punto di riferimento per la gestione aziendale, anche tramite il suo continuo mo- nitoraggio. Note: (*) Professore a contratto di Strategia e Politica Aziendale Uni- versita ` degli Studi di Ferrara - Senior Partner AP & Partners Srl - Consulenti di Direzione (**) Consulente Senior di Weissman & Cie. Srl (1) Elementi alla base di un’analisi di tipo PESTEL. Al riguar- do si veda Luca Agostoni e Dario Gulino, «La PESTEL ana- lysis per interrogarsi sul futuro», in Scenario Planning, A.A.V.V. a cura di A. Bubbio, 2014, Wolters Kluwer, Milano, pag. 61 e segg. (2) Si veda P. Bastia, Sistemi di pianificazione e controllo, II edizione, 2001, Il Mulino, Bologna, pag. 77 e segg.. Pianificazione strategica Pianificazione&Controllo Amministrazione & Finanza n. 2/2015 57

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  • Il piano industriale e la suaevoluzione culturaledi Andrea Panizza (*) e Matthias Theiner (**)

    Il piano industriale è ancora spesso unicamente ricondotto alla tematica della pianificazione dimedio e lungo periodo. Il presente contributo concentra, invece, le proprie attenzioni sul ruolodel piano quale strumento a supporto della pianificazione strategica, conseguente alladefinizione di scenari anticipatori della formulazione di una strategia. Il piano, espresso nella suacomponente qualitativa e quantitativa, rappresenta l’elaborazione nella quale sono descritte leattività pianificate dal management aziendale per raggiungere le performance derivantidall’applicazione delle strategie consequenziali allo scenario prospettico ipotizzato. In un’ottica dimanagement orientato alla creazione di valore aziendale di lungo periodo, appare necessaria lapresenza di una cultura aziendale propensa a facilitare e supportare fattivamente i cambiamentiimpliciti nel piano industriale. Il tutto creando una situazione di diffusa informazione, tale darendere più difficile il verificarsi di un errore. La seconda parte dell’articolo si dedica alladescrizione di un approccio con il quale affrontare tale sfida.

    Introduzione

    La turbolenza ambientale, che a partire daglianni settanta caratterizza l’ambiente esternocon il quale le aziende sono chiamate a con-frontarsi, ha favorito l’applicazione del con-cetto di pianificazione strategica quale evo-luzione della pianificazione di medio e lungoperiodo. L’analisi della gestione passata edelle serie storiche, focus della pianificazio-ne di medio e lungo periodo, viene sostituita,o affiancata, dallo studio dell’ambiente in cuiopera l’azienda. L’analisi e la valutazione diprospettive riconducibili alla politica, all’eco-nomia, al contesto sociale, alla tecnologia,all’ambiente e ai fattori legali, consente diipotizzare scenari nei quali, poi, formularestrategie da descrivere e quantificare all’in-terno del piano (1). Il piano industriale è ildocumento indicato per rappresentare, nellasua componente qualitativa, la pianificazio-ne strategica voluta dal management azien-dale e per descrivere, nella sua componentequantitativa, la manifestazione economica fi-nanziaria e patrimoniale derivante dall’appli-cazione delle strategie. L’applicazione dellapianificazione strategica presuppone un ap-proccio dinamico da parte dei vertici azien-

    dali e la rimozione di una visione verticisticae centralistica della stessa (2). La diffusione,a tutti i livelli aziendali, della cultura dellapianificazione strategica, necessaria per con-trastare gli scenari sempre più complessi coni quali le aziende sono chiamate a confron-tarsi, impone una generalizzata propensioneal cambiamento e la presenza di una crescitadi tipo culturale. Il piano industriale, oltre aessere il documento che rappresenta l’espres-sione della pianificazione strategica deve co-stituire punto di riferimento per la gestioneaziendale, anche tramite il suo continuo mo-nitoraggio.

    Note:(*) Professore a contratto di Strategia e Politica Aziendale Uni-versità degli Studi di Ferrara - Senior Partner AP & Partners Srl -Consulenti di Direzione(**) Consulente Senior di Weissman & Cie. Srl(1) Elementi alla base di un’analisi di tipo PESTEL. Al riguar-do si veda Luca Agostoni e Dario Gulino, «La PESTEL ana-lysis per interrogarsi sul futuro», in Scenario Planning,A.A.V.V. a cura di A. Bubbio, 2014, Wolters Kluwer, Milano,pag. 61 e segg.(2) Si veda P. Bastia, Sistemi di pianificazione e controllo, IIedizione, 2001, Il Mulino, Bologna, pag. 77 e segg..

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  • Pianificazione strategica epianificazione a medio/lungotermine

    Secondo quanto previsto dal documento«Guida al piano industriale» di Borsa Italia-na (2003), «il piano industriale, all’interno delprocesso di pianificazione, rappresenta per imanager il momento per focalizzarsi sulla de-finizione di strategie intenzionali che consen-tano di massimizzare la creazione del valo-re» (3). Ancora oggi, molte, troppe, aziende,soprattutto quelle di piccole e medie dimen-sioni (PMI) concentrano le proprie attenzio-ni unicamente su un orizzonte temporale dibreve. Quando, invece, è la visione prospetti-ca di medio e lungo periodo che consente lapianificazione di interventi di innovazionetecnologica altrimenti improbabili, se noncon l’accettazione di un elevato margine dirischiosità. La definizione di innovazionetecnologica non è da ricondurre esclusiva-mente alla tecnologia, ma «all’attività delibe-rata delle imprese e delle istituzioni tesa a in-trodurre nuovi prodotti e nuovi servizi, non-ché nuovi metodi per produrli, distribuirli eusarli» (4). La differenza tra mera innovazio-ne di tipo «incrementale» e quella di tipo«radicale» è rappresentata dal fatto che nelprimo tipo si assiste ad un adattamento omiglioramento di una tecnologia esistente,mentre con il secondo tipo si ha una nettaseparazione tra «il vecchio e il nuovo». Lavisione prospettica di medio-lungo periododel piano, ma soprattutto l’attuazione dellestrategie in esso contenute, appare ulterior-mente confortata e rafforzata nel caso in cuiderivi da un’attività di «scenario planning».L’elaborazione del piano varia, nella sua mo-dalità di esecuzione, a seconda della impo-stazione data dal responsabile del processodi pianificazione. In linea con quanto previ-sto dal sopraccitato documento «Guida alpiano industriale» si presenta la propostanella quale si parte da un’assunzione di baseche preveda l’illustrazione del progetto stra-tegico, le azioni necessarie alla sua realizza-zione e gli indicatori di matrice economico,finanziaria e patrimoniale ad esso connessi.La componente qualitativa del piano dovreb-be poi distinguersi in una parte nella qualedescrivere la situazione di partenza, con par-ticolare riferimento alle strategie realizzate e

    al posizionamento strategico dell’impresa almomento di elaborazione del piano, e in al-tra nella quale vengono, al contrario, dichia-rate le intenzioni strategiche attraveso lequali cercare la realizzazione del progetto.Con l’Action Plan viene tempificata l’attua-zione del progetto e descritto «l’impatto intermini economico-finanziari e della tempisti-ca stimata per l’implementazione» (5). Le im-plicazioni organizzative della strategia indi-viduata, riconducibili, tra le altre, al businessmodel, alla struttura manageriale, all’organi-co aziendale, sono sinteticamente descrittein questo documento di collocazione tempo-rale. Anche la descrizione degli investimentida realizzare e gli esercizi di riferimento, co-me cosı̀ pure «gli eventuali interventi sul por-tafoglio prodotti/servizi/brand offerti allaclientela» (6) sono allocati nell’Action Plan,assieme alle azioni che conseguono ad unavariazione di target dei clienti da servire.L’importante ruolo che assume questa partedel piano è confermato dall’aspetto stretta-mente legato al «sistema di responsabilità, ov-vero l’indicazione dei manager responsabilidelle azioni programmate» (7) e dalla necessi-tà di «dare concretezza e credibilità alle strate-giche» (8). Tanto più questo documento saràanalitico e adattato alla singola realtà, tantopiù risulterà confermato il fatto che il mana-gement aziendale ha delineato un precisopercorso per il raggiungimento degli obietti-vi prefissati. Secondo l’impostazione «tradi-zionale», proposta anche dal documento diBorsa Italiana, il piano si chiude, poi, conl’esposizione del «modello economico del pro-getto strategico, confrontato nelle sue ipotesiprospettiche con i dati aziendali storici» (9).All’interno del piano «devono inoltre essereindicate tutte le ipotesi relative ai key value

    Note:(3) Borsa Italiana, Definizione e obiettivi del piano indu-striale, in Guida al piano industriale, 2003, pag. 11.(4) G. Sirilli, Innovazione tecnologica, Enciclopedia Trec-cani.(5) Borsa Italiana, L’Action Plan in Guida al Piano Industria-le, 2003, pag. 23, 24.(6) Si veda precedente nota.(7) Si veda precedente nota.(8) Si veda precedente nota.(9) A. Bubbio, Scenario planning e strategic planning: lerelazioni, in Scenario Planning, A.A.V.V. a cura di A. Bub-bio, 2014, Wolters Kluwer, Milano, pag. 31.

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  • driver e ai principali dati previsionali, ovvero icriteri attraverso cui, partendo dalle intenzionistrategiche e dall’Action Plan la società è arri-vata a definire sulla base di un metodo rappre-sentativo della logica economica aziendale, gliobiettivi quantitativi che intende raggiungerenegli esercizi successivi» (10). L’impiego diindicatori operativi di performance (KPI)nella descrizione del modello economico del-l’azienda all’interno del piano favorisce l’ese-cuzione delle attività di monitoraggio delpiano stesso, in corso di suo avanzamento.La rilevazione degli scostamenti rispetto aquanto programmato rappresenta elementoinformativo di notevole importanza in quan-to consente di intercettare potenziali criticitàsul nascere e di applicare i consequenzialitempestivi interventi correttivi (11).

    L’evoluzione della pianificazionestrategica: una chiave di lettura

    Affrontare oggi l’elaborazione di un pianocon approccio «tradizionale» può renderlosuperato in un lasso di tempo ragionevol-mente ristretto. Il veloce cambiamento dellecondizioni e delle situazioni di forte turbo-lenza che caratterizzano i mercati in cui ope-rano le aziende, imporrebbe, da parte di que-ste ultime, l’adozione di un approccio moltoflessibile alla pianificazione strategica. È no-to che «documenti troppo rigidi, poiché legatiad una strategia da non cambiare e comunquefrutto di descrizioni molto accurate e puntualirischiano di essere o superati nel giro di pochimesi o costituire un freno all’azione direziona-le» (12). Il rischio che deriva da questa situa-zione di «incertezza» in un contesto cosı̀ inrapida evoluzione è la disaffezione dell’im-prenditore alle problematiche legate alla pia-nificazione e al controllo e il conseguenteloro accantonamento. Perché l’elaborazionedel piano possa rappresentare documentostrategico realmente efficace per la gestione,deve stabilire pochi contenuti essenziali, ov-vero esprimere la sequenza di alcune fasi chedevono necessariamente essere previste dalmanagement aziendale. La definizione dellamissione aziendale è il punto di partenzache, rappresentando la motivazione alla basedell’esistenza dell’impresa, condiziona tuttala strategia aziendale, al punto che la stessanon può allontanarsi dalla missione. Dalla

    definizione della missione aziendale derivauna migliore comprensione della natura delbusiness che si intende svolgere e, conse-guentemente, della imprenditorialità riflessanei beni o servizi realizzati, nella strutturaorganizzativa prevista, nelle modalità previ-ste per il trattamento delle esigenze da sod-disfare (13). Il piano dovrebbe poi concen-trare le proprie attenzioni sulla definizionedelle intenzioni strategiche del managementaziendale per il raggiungimento della stessamission aziendale. In questa fase sono per-tanto identificati gli investimenti e le attivitàa ciò necessari. Questi due momenti ricalca-no altrettanti fasi propedeutiche all’imposta-zione di una Balanced Scorecard, strumentodi misurazione delle performance a supportodella gestione strategica in grado di sostene-re l’accelerazione dei processi operativi e icambiamenti competitivi (14). La formula-zione di un Action Plan (terza fase) che prov-veda alla definizione e tempificazione delleprecedenti attività di identificazone dellamissione e degli intenti strategici rappresen-ta, anche in questo caso, elemento impre-scindibile che associa responsabilità alle sin-gole azioni. La quarta fase, quella dellaproiezione economica, finanziaria e patri-moniale, è l’espressione quantitativa dell’ef-fetto dell’applicazione delle strategie indivi-duate, in linea con la missione aziendale. An-cora una volta l’approccio deve, però, esserequello della definizione di scenari dinamiciche, partendo dai dati del primo anno, cam-biano in funzione della variazione di elemen-ti quali i ricavi, gli investimenti e le poste delcapitale circolante. La definizione degli ele-

    Note:(10) Borsa Italiana, Le ipotesi e i dati finanziari prospetticiin Guida al piano industriale, 2003, pag. 25.(11) Si veda Borsa Italiana, Logiche di costruzione del pia-no industriale, in Guida al piano industriale, 2003, pag. 26e segg.(12) A. Bubbio, Scenario planning e strategic planning: lerelazioni, in Scenario Planning, A.A.V.V. a cura di A. Bub-bio, 2014, Wolters Kluwer, Milano, pag. 32.(13) Si veda, A. Panizza, «Missione aziendale», in Piano In-dustriale e strumenti di risanamento. Guida metodologicae operativa, di A. Quagli, A. Panizza, M. Iotti, P. Camanzi,M. Contri, IPSOA, Milano, 2012, pag. 45.(14) Si veda E Vagnoni, «Il modello Balanced Scorecard» inBalanced scorecard rafforza il risanamento aziendale, C.Bottos, P. Camanzi, M. Gennari, R. Mazzotti, A. Panizza, E.Vagnoni, 2014, Wolters Kluwer, Milano, pag. 18 e segg.

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  • menti da considerare alla base dello scenariorappresenta la componente di maggiore dif-ficoltà da affrontare. La base informativa dipartenza non può che essere rappresentatadallo «storico» dell’azienda. Il suo successivoarricchimento arriverà con il contributo diun certo numero di persone che avranno unruolo attivo nella costruzione di uno scena-rio che sia condiviso a livello aziendale. Iprofili professionali che sono interessati daquesto coinvolgimento sono sufficientemen-te trasversali. Tutte le funzioni aziendali so-no interessate da questo processo nelle per-sone dei loro responsabili, anche se appareimprescindibile il coinvolgimento di quellefigure direttametne riconducibili alle funzio-ni maggiormente rappresentative del cam-biamento (15). È al termine delle fasi in cuiè articolata l’analisi propedeutica alla defini-zione di ipotetici scenari che il managementaziendale formulerà la strategia aziendale edeciderà come orientare l’elaborazione delpiano (16). Piano che potrebbe, pertanto,avere anche più di uno scenario quale basedi partenza per la sua successiva elaborazio-ne (17). Nella Tavola 1 è proposta la possibi-le sequenza tra:– elaborazione dello scenario;– formulazione della strategia;– predisposizione del piano strategico.

    La dimensione culturale del pianoindustriale

    La vera sfida che l’azienda che si approccia aquesta dimensione della pianificazione stra-tegica può trovarsi a gestire è principalmentedi matrice culturale. Le persone coinvolte nelprogetto, tipicamente di estrazione culturalediversa, devono essere in possesso di una co-mune propensione al lavoro in team, ma so-prattutto essere dotate di un forte spirito cri-tico. È partendo da questi elementi che cisoffermeremo sulla descrizione della situa-zione di partenza che frequentemente si pre-senta a coloro i quali sono chiamati ad ela-borare ed implementare il piano. In partico-lare, l’attenzione sarà posta su alcuni concet-ti del change management e su quelle tecni-che rivolte a gestire attivamente processi ditrasformazione e cambiamento. Il tutto cer-cando di proporre utilità per la definizione diconcetti culturali e per la loro applicazione

    in azienda. Nella Tavola 2 sono sintetizzatischematicamente i punti di contatto tra cul-tura aziendale e attività di pianificazionestrategica.

    La situazione di partenza

    L’elaborazione di un piano industriale è fre-quentemente vista come reazione alla perce-zione della necessità di cambiamento. Qua-lora questa situazione sia vissuta positiva-mente all’interno dell’azienda, in primis daicollaboratori chiamati ad accettare il proces-so di continuo adeguamento del modello dibusiness alle mutate condizioni, anche il ri-sultato che ne conseguirà non potrà che es-sere positivo. Un atteggiamento di questo ti-po rappresenterebbe il frutto di un approfon-dito processo di riflessione e avvenuto ade-guamento culturale. Normalmente, però,non è cosı̀. Il necessario adattamento allapressione evolutiva, conseguente al cambia-mento continuo, ancor più presente in unambito di crisi come quello attuale, general-mente provoca espressioni di rifiuto. Questoatteggiamento negativo sarà tendenzialmen-te più frequente e intenso nei casi in cui l’a-zienda ha, in precedenza, vissuto un lungoperiodo di successo e benessere; lasso ditempo nel quale non veniva ritenuto necessa-rio reagire in maniera strutturata e rapidaagli sviluppi del mercato. In situazioni di de-clino o, ancor peggio, di crisi, magari perce-pita in ritardo, la prima reazione è general-mente uno stato di choc, prontamente segui-to dalla classica «ricerca del colpevole».A questo contesto è opportuno risponderecon un rinvio alle tecniche della gestionedei processi di trasformazione e cambiamen-to, cioè del change management. Le possibilisituazioni di partenza nelle quali può esserecontestualizzata l’elaborazione di un piano

    Note:(15) Ci si riferisce in particolare a funzioni quali il marke-ting, l’IT, la gestione delle risorse umane, l’AmministrazioneFinanza e Controllo.(16) Si veda A. Bubbio, «Scenario planning ed elaborazio-ne della road map for strategy» in Scenario Planning,A.A.V.V. a cura di A. Bubbio, 2014, Wolters Kluwer, Milano,pag. 38 e segg.(17) In questo caso sarà lo stesso management aziendaleprendere decisioni al riguardo la formulazione del piano insue diverse varianti.

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  • Tavola 1 - Scenario planning, strategia aziendale, piano strategico

    Tavola 2 - Pianificazione strategica e cultura aziendale

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  • industriale sono riassunte nel concetto dellacosiddetta «casa del cambiamento», cono-sciuto anche come «le quattro stanze del cam-biamento» (18) (Tavola 3).

    Le quattro stanze del cambiamento

    Gli atteggiamenti ostili all’implementazionein azienda del piano industriale possono de-rivare dal sopraccitato fenomeno del «tropposuccesso». Questa situazione, descritta nellaparte alta della «stanza della soddisfazione»,evidenzia la prevalenza di un atteggiamentosicuro, in certi casi spavaldo, unicamenteconcentrato sui processi interni. Tutto que-sto anche a fronte di segnali di criticità, incerti casi anche molto chiari. Indicatori diquesta condizione sono elementi come la po-ca fretta nell’evasione di richieste dei clienti,aumenti di stipendio automatici, concentra-zione su se stessi, autoreferenzialità. L’esa-sperazione dell’appartenenza a questa stanzaè definita «il terrazzo dell’euforia», dove gli

    atteggiamenti sopra descritti risultano ancorpiù accentuati (19).Il passaggio dalla «stanza della soddisfazio-ne» a quella «del rifiuto» è favorito da un’in-tensa fase d’interfacciamento e comunicazio-ne, frequentemente favorita dal verificarsi disituazioni «di rottura» che rimuovono le fal-se convinzioni che stanno alla radice della(troppa) soddisfazione.Una volta superata la soddisfazione, general-mente, l’atteggiamento nei confronti deicambiamenti richiesti, quale è l’implementa-zione di un piano, diventa di rifiuto, negan-do, di fatto, la collaborazione richiesta e ne-cessaria per la sua elaborazione. I necessari

    Tavola 3 - Le quattro stanze del cambiamento (modello di Janssen)

    Note:(18) Il concetto risalente agli anni settanta è stato svilup-pato dallo psicologo svedese Claes F. Janssen.(19) Anche di fronte a palesi insuccessi e forti criticità sireagirà con giustificazioni quali «il nostro settore funzionacosı̀ - e comunque gli altri vanno molto peggio di noi».

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  • cambiamenti di approccio sono frequente-mente rifiutati. L’atteggiamento è quello dirigetto, di netta difesa dello status quo e diquanto fatto nel passato, ricercando la causadei non più occultabili problemi sempre ecomunque al di fuori del contesto aziendale(i mercati, il legislatore, i concorrenti, ecc.).Casi estremi di diniego sconfinano nella giu-stificazione di errori del passato, anche evi-denti, arrivando fino ad «addomesticare» nu-meri e indicatori di performance per non do-ver retrocedere nella difesa del passato. Su-perata la fase del «diniego» si approda alladolorosa, ma necessaria, «stanza della confu-sione». Questo passaggio è caratterizzato dasituazioni nelle quali il management azien-dale è vittima di stati d’animo quali frustra-zione, insicurezza, bassa auto-stima e caren-za di energia propositiva. Tanto più lungo eintenso è stato il periodo nel quale si è difesoil passato (stanza del rifiuto), anche inve-stendo molte energie, tanto più faticosa e in-tensa sarà l’attività di rimozione della confu-sione. È in questa fase che sopraggiungonogli interrogativi.Il passaggio alla stanza della confusione èfavorito attraverso un’intensa e mirata comu-nicazione, che sia rispettosa del passato, mache non attribuisca «colpe». Contestualmen-te va radicato fermamente il principio delbenchmarking, orientando le proprie perfor-mance rispetto ai migliori attori economiciesistenti nel settore e spiegando instancabil-mente il perché della necessaria evoluzione.Il successivo passaggio, quello che porta allastanza del rinnovo, è il momento nel quale sicerca di rassicurare che non tutto cambierà nelfuturo comune, di valorizzare comportamentidi discontinuità rispetto al passato, di enfatiz-zare anche i più piccoli risultati dei nuovi ap-procci e di incoraggiare i collaboratori a con-dividere le proprie difficoltà. L’approdo alla«stanza del rinnovo» ha favorito la creazionedi una comune consapevolezza e volenterosaaccettazione del cambiamento e della respon-sabilità di gestirlo. In questo contesto è presen-te la disponibilità al continuo cambiamento, lacapacità e la volontà di lavorare per obiettivi.In sintesi, la presenza di una cultura proattiva,propositiva e dinamica.Riuscire a creare e alimentare, o mantenereuna cultura aziendale che sia rappresentatain media da atteggiamenti di questo tipo vuol

    dire assicurarsi un motore d’innovazione cul-turale potentissimo, che può diventare unavera e propria competenza chiave aziendale,capace di sfornare non uno, ma molteplicivantaggi competitivi.I fronti sui quali lavorare per fissare salda-mente o ricostruire ex-novo una sana baseculturale, un atteggiamento da «stanza delrinnovo» sono molteplici; e tutti hanno biso-gno di un forte catalizzatore, rappresentatoprincipalmente dal commitment della dire-zione aziendale e dalla presenza di un mana-gement che si riconosca nei valori e nelleregole professate.Passo necessario è, pertanto, quello di farpercepire alle «risorse chiave» presenti inazienda, indipendentemente dal ruolo rico-perto e dall’inquadramento contrattuale,che il loro supporto è determinante e che leaspettative nei loro confronti sono variegate.Oltre all’ovvia responsabilità per il funziona-mento del processo operativo di loro compe-tenza («management»), in partenza va chia-rito che l’aspettativa nei loro confronti è ele-vata e finalizzata a far sı̀ che diventino partedel processo, non sempre indolore, del pas-saggio alla «stanza del rinnovo» («guida»).Una volta che tale compito è accettato e ri-conosciuto come proprio, i leader vanno sup-portati. I possibili interventi possono esseredi natura formativa e informativa sui conte-nuti delle linee guida che dovrebbero esserepreviste per creare efficaci guardrail compor-tamentali. Spesso risultano utili anche veri epropri incontri mirati, workshop dedicati ainformare e coinvolgere tutti i collaboratoricirca cambiamenti in essere e mettere al cen-tro dell’attenzione atteggiamenti che favori-scano la riuscita di quanto pianificato.Poter contare su un certo numero di personeche s’identificano con un compito di changeagent, che si sentano, insomma, propulsoridel cambiamento, e supportare tale squadrain questo compito, doterà il piano industrialedi quella componente culturale che gli per-metterà più facilmente di raggiungere la suafattibilità.

    Bibliografia

    C. F. Janssen, the four rooms of change, Fö-rändringens fyra rum, Wahlström & Wid-strand, 1996.

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  • P. Bastia, Sistemi di pianificazione e control-lo, Il Mulino, II ed., Bologna, 2008.Borsa Italiana, Guida al piano industriale,Milano, 2003.A. Quagli, A. Panizza, M. Iotti, P. Camanzi,M. Contri, Piano industriale e strumenti dirisanamento. Guida metodologica e operativa,IPSOA, Milano, 2012.A. Bubbio, D. Pant, L. Agostoni, A. Gueli Al-letti, D. Gulino, Scenario planning. Per presa-gire più che prevedere l’evoluzione di un busi-ness, IPSOA, Milano, 2014.C. Bottos, P. Camanzi, M. Gennari, R. Maz-zotti, A. Panizza, E. Vagnoni, Balanced score-card rafforza il risanamento aziendale. Con-trollo strategico del piano di risanamento. Af-fidabilità più alta per advisor e attestatore, IP-SOA, Milano, 2014.G. Invernizzi (a cura di), Strategia e politicaaziendale: testi, McGraw-Hill, Milano, 2004.

    AIDEA, Accademia Italiana di EconomiaAziendale, IRDCEC, Istituto di ricerca deiDottori Commercialisti ed Esperti Contabili,ANDAF, Associazione Nazionale DirettoriAmministrativi e Finanziari, APRI, Associa-zione Professionisti risanamento Imprese,OCRI, Osservatorio Crisi e Risanamento delleImprese, Principi di attestazione dei piani dirisanamento, 2014.Commissione Finanza e Controllo di Gestio-ne della Scuola di Alta Formazione Luigi Ma-rino (SAF) dell’Ordine dei Dottori Commer-cialisti e degli Esperti Contabili di Milano (acura di Francesco Aldo De Luca e AlessandraTami), Comunicare con investitori e finanzia-tori: il ruolo del business plan, Milano, 2014.Consiglio Nazionale dei Dottori Commercia-listi ed Esperti Contabili (a cura del Gruppodi Lavoro Area Finanza Aziendale), Lineeguida alla redazione del business plan, 2011.

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