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Periodico di informazione Riservato ai medici e agli operatori sanitari Novembre 2011, Anno 8 - N 23 In questo numero: Cardiochirurgia: dal Texas alla San Gaudenzio 2 Diagnostica per Immagini 5 Clinca Salus: eccellenza nella chirurgia dell’ernia 7 L’Istituto di Oncologia primo anno di vita 8 Ortopedia: la testimonianza 10 Chirurgia artroscopica 13 Innovazioni in campo ortopedico 15 La malaria? 17 La Biobanca del Policlinico 19 P AROLA DORDINE: INNOVARE SEMPRE A rriva l’autunno e per il Gruppo Po- liclinico di Monza, come ogni an- no, è il momento delle novità più importanti. Novità come le nuove tecnologie messe a disposizione dei nostri professionisti della diagnosi, di cui potrete leggere all’interno di questo numero. Novità come le tecniche operatorie adottate dai cardiochirurghi della Clinica San Gaudenzio di Novara, che han- no attirato l’interesse dei maggiori professionisti americani del settore, come il Professor James Li- vesay, che ha voluto visitare di prima persona la struttura. Ma anche novità come quelle sul fronte dell’oncologia, divenuta ormai un fiore all’occhiel- lo del nostro gruppo sanitario grazie al gran lavoro di ricerca effettuato dall’Istituto di Oncologia di Monza, diretto dal Professor Emilio Bajetta che propone nuovi e importanti studi sui protocolli di cura. Restando nel settore della ricerca in campo oncologico importanti sono i numeri della bioban- ca del Policlinico, curata dal Centro Ricerche di Neurobioncologia diretto dal Professor Davide Schiffer. Un argomento di cui potrete sapere di più leggendo le prossime pagine. Sempre in ambito chirurgico significativi sono i numeri e la qualità degli interventi effettuati dal Centro Specialistico Epatobiliopancreatico del Policlinico di Monza, di cui è responsabile il Professor Adelmo Antonucci. Il Presidente Gian Paolo Vergani

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Polietico 23

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Periodico di informazioneRiservato ai medici e agli operatori sanitari

Novembre 2011, Anno 8 - N 23

In questo numero:Cardiochirurgia: dal Texasalla San Gaudenzio 2Diagnostica per Immagini 5Clinca Salus: eccellenzanella chirurgia dell’ernia 7

L’Istituto di Oncologiaprimo anno di vita 8Ortopedia:la testimonianza 10Chirurgia artroscopica 13

Innovazioniin campo ortopedico 15La malaria? 17La Biobancadel Policlinico 19

PAROLA D’ORDINE:INNOVARE SEMPRE

Arriva l’autunno e per il Gruppo Po-liclinico di Monza, come ogni an-no, è il momento delle novità piùimportanti. Novità come le nuovetecnologie messe a disposizione dei

nostri professionisti della diagnosi, di cui potreteleggere all’interno di questo numero. Novità comele tecniche operatorie adottate dai cardiochirurghidella Clinica San Gaudenzio di Novara, che han-no attirato l’interesse dei maggiori professionistiamericani del settore, come il Professor James Li-vesay, che ha voluto visitare di prima persona lastruttura. Ma anche novità come quelle sul frontedell’oncologia, divenuta ormai un fiore all’occhiel-lo del nostro gruppo sanitario grazie al gran lavorodi ricerca effettuato dall’Istituto di Oncologia diMonza, diretto dal Professor Emilio Bajetta chepropone nuovi e importanti studi sui protocolli dicura. Restando nel settore della ricerca in campooncologico importanti sono i numeri della bioban-ca del Policlinico, curata dal Centro Ricerche diNeurobioncologia diretto dal Professor DavideSchiffer. Un argomento di cui potrete sapere di piùleggendo le prossime pagine. Sempre in ambitochirurgico significativi sono i numeri e la qualitàdegli interventi effettuati dal Centro SpecialisticoEpatobiliopancreatico del Policlinico di Monza, dicui è responsabile il Professor Adelmo Antonucci.

Il PresidenteGian Paolo Vergani

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CARDIOCHIRURGIA D’ECCELENZA:GLI AMERICANI SBARCANOANOVARA

Dalla patria mondiale dellacardiochirurgia, il Texas,che negli anni ’50 diede inatali alla specialità, finoa Novara, per studiare le

tecniche operatorie adottate alla ClinicaSan Gaudenzio. Nella giornata di lune-dì il Professor James Livesay, cardiochi-rurgo statunitense di fama mondiale, hafatto visita alla clinica del Gruppo Poli-clinico di Monza per osservare dal vivo eapprendere le tecniche operatorie inchirurgia mininvasiva per la riparazionedelle valvole cardiache, adottate dalDottor Marco Diena e dalla sua equipe.James Livesay è Associate Professor diChirurgia presso l’Università del Texas ed èchirurgo presso il Texas Heart Institute,fondato e tuttora diretto dal grande pionie-re della Cardiochirurgia Professor DentonCooley, che fa parte del Texas MedicalCenter di Houston. Questa è una strutturache incorpora 13 ospedali generali, 2 ospe-dali specialistici, rispettivamente oncololo-gico e pediatrico: il MD Anderson CancerCenter – il più grande Istituto del genere al

mondo) e il Texas Children Hospital; vi so-no inoltre due Facoltà Universitarie di Me-dicina (la University of Texas e il BaylorCollege of Medicine). Il Texas MedicalCenter impiega un totale di 95mila unità dipersonale.Il Dottor Diena, Responsabile coordinato-re del Dipartimento di Cardiochirurgiadella Clinica San Gaudenzio e i suoi colla-boratori hanno infatti già eseguito 927operazioni di riparazione delle valvole car-diache, di cui ben 101 in chirurgia minin-vasiva. Una tecnica, quest’ultima, che con-sente di operare arrecando un trauma ri-dotto al paziente, anche in termini estetici.“Un tempo – spiega il Professor Ugo Filip-po Tesler, Responsabile dell’Unità Funzio-nale di Cardiochirurgia della Clinica SanGaudenzio, nonché Direttore Scientificodella Cardiochirurgia del Gruppo Policli-nico di Monza e Presidente della DentonCooley International Cardiovascular So-ciety – le valvole cardiache venivano quasisempre sostituite con valvole artificialimeccaniche o biologiche. Recentemente siè assistito a una rinascita della chirurgiaconservativa delle valvole cardiache deter-minata da una serie di fattori che hanno in-teressato tre aspetti principali: innanzitut-to, le variazioni che si sono verificate nellaprevalenza delle malattie delle valvole car-diache; in secondo luogo, i grandi progressiche si sono compiuti nel campo delle tecni-che diagnostiche e, infine, lo sviluppo dinuove tecniche e di nuovi materiali adottatinelle procedure chirurgiche. Per quanto ri-guarda le variazioni del tipo di patologiacausa delle malattie delle valvole cardiacheè da rilevare che si è a mano a mano ridottala prevalenza delle lesioni valvolari di origi-ne reumatica, causa di profonde alterazionidella struttura valvolare con cicatrizzazioni,retrazione e calcificazione dei lembi. In ef-fetti, la malattia reumatica, determinatadalla infezione da streptococco beta-emoli-tico, è stata debellata per effetto della dia-gnosi precoce e della profilassi antibattericaattuata con terapia antibiotica.

IL DIRETTORE SCIENTIFICODEL REPARTODI CARDIOCHIRURGIADELLA CLINICASAN GAUDENZIOPROF. UGO FILIPPO TESLER

LAVISITADELPROFESSOR JAMESLIVESAYALLASANGAUDENZIO

LA CLINICA SAN GAUDENZIOÈ UN PUNTO DI RIFERIMENTONEL SETTOREDELLA CARDIOCHIRURGIA

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Per contro, è aumentata la prevalenza dellemalattie valvolari cardiache di origine de-generativa: queste lesioni, pur provocandoimportanti conseguenze a carico della mor-fologia e della funzionalità delle valvole,non ne alterano profondamente la strutturaaltrettanto della malattia reumatica, con-sentendo quindi lo sviluppo e la realizza-zione di tecniche conservative. Il secondofattore che ha reso possibile l’evoluzionedelle tecniche chirurgiche di riparazionedelle valvulopatie è legato ai grandi pro-gressi che si sono verificati nel campo delladiagnostica cardiologica, in particolare l’e-cocardiografia. Questa è una metodica dia-gnostica introdotta clinicamente negli anni’70, che utilizza gli ultrasuoni e che, spe-cialmente negli ultimi anni, è andata in-contro a grandi perfezionamenti. L’esameecocardiografico, con la sua capacità di vi-

sualizzare dettagliatamente in tempo realele strutture cardiache in movimento in mo-dalità tridimensionale e le caratteristichedel flusso sanguigno, ha permesso di com-prendere con maggiore precisione il com-plesso meccanismo della funzione dellevalvole cardiache sia in situazioni normali,sia nelle diverse forme patologiche. Unaparticolare tecnica ecocardiografica che harappresentato un importante fattore che haconsentito lo sviluppo e la diffusione dellachirurgia conservativa delle valvole cardia-che, è l’ecocardiografia transesofagea. Que-sta tecnica consiste nell’esecuzione dell’e-same ecocardiografico per mezzo di unasonda inserita nell’esofago del paziente.Essa consente di ottenere immagini dellestrutture cardiache più precise rispetto allatecnica tradizionale in cui la sonda è ap-poggiata sul torace del paziente, poiché laposizione della sonda nell’esofago è instretta vicinanza della parete posteriore delcuore. Inoltre, nell’esecuzione della chirur-gia conservativa delle valvole cardiache, l’e-cocardiografia transesofagea presenta ilfondamentale vantaggio di poter essere uti-lizzata in sala operatoria durante l’inter-vento, ciò che consente quindi di valutare everificare in tempo reale il risultato della ri-parazione e, ove necessario, indurre a pro-cedere immediatamente a una eventualerevisione della riparazione effettuata fino aottenere il risultato che ci si era prefisso. Ilterzo aspetto responsabile della rinascitadell’interesse per gli interventi conservativisulle valvole cardiache e, in particolare perla riparazione della insufficienza della val-vola mitrale, riguarda lo sviluppo di nuovetecniche e di nuovi materiali adottati nelleprocedure chirurgiche. Una importanteevoluzione delle tecniche di riparazionedella insufficienza mitralica di origine de-generativa è stata l’introduzione a metà de-gli anni ’80 delle corde tendinee artificialiin politetrafluorene espanso (ePTFE) ma-teriale noto generalmente come Gore-Tex,dal nome della azienda produttrice, che so-no utilizzate per ancorare i lembi valvolariinsufficienti alla muscolatura interna delcuore. Sulla base dei riscontri dell’esameecocardiografico che consentono di identi-ficare nei singoli casi l’esatta natura dellalesione valvolare, e che quindi indica conchiarezza gli obiettivi che la chirurgia deverealizzare, l’impianto delle corde tendinee

IL TEXAS È CONSIDERATA LA PATRIA MONDIALEDELLA CARDIOCHIRURGIA.NEGLI ANNI ‘50 DIEDE I NATALI ALLA SPECIALITÀ.JAMES LIVESAY LAVORA ALL’INTERNO DEL TEXASMEDICAL CENTER DI HOUSTON, STRUTTURACHE INCORPORA 13 OSPEDALI GENERALI,2 OSPEDALI SPECIALISTICI, 2 FACOLTÀUNIVERSITARIE. IL COMPLESSO IMPIEGA INOLTRE95MILA ADDETTI TRA MEDICI ED AMMINISTRATIVI.

DA SINISTRA:IL DOTT. MARCO DIENA,IL PROF. UGO FILIPPO TESLER,IL PROF. JAMES LIVESAYE IL DOTT. GHEORGHE CERIN

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artificiali permette la ricostruzione dellenormali caratteristiche morfologiche e fun-zionali delle valvole cardiache ammalate epertanto, nella quasi totalità dei casi, ne fa-vorisce la riparazione accurata e duratura”.Afferma il Dottor Diena: “Tutto questo hadunque consentito di aumentare la ripara-zione delle valvole, un campo specifico incui l’Europa si trova ad un livello più avan-zato rispetto agli Stati Uniti. Ecco perché ilProfessor Livesay ha voluto venire a vederequello che facciamo qui da noi alla ClinicaSan Gaudenzio. Infatti, alla San Gauden-zio vantiamo un’esperienza importante perquanto concerne le riparazioni di valvolecardiache: nel 99% dei casi effettuiamo unariparazione invece di una sostituzione,mentre la media europea e statunitense,seppur in crescita, si assesta in un range cheva dal 60 al 65%”.“L’importante – spiega invece il DottorGheorge Cerin, Responsabile dell’Unità

Funzionale di Cardiologia della San Gau-denzio – quando si tratta di operazioni cosìdelicate è anche il gioco di squadra, il co-siddetto ‘team work’ che si realizza tra ilcardiochirurgo, l’ecocardiografista e i lorocollaboratori”.In tempi recenti, si è assistito a una gradua-le, ma sempre più rilevante tendenza a so-stituire le tecniche chirurgiche tradizionalicon procedure meno invasive e traumati-che, definite nel loro insieme come tecni-che mininvasive, consistenti nell’inseri-mento nell’organismo, attraverso piccoleincisioni cutanee, di strumenti chirurgicicoi quali eseguire interventi senza ricorrerea tecniche chirurgiche tradizionali. I van-taggi della chirurgia cardiaca minimamenteinvasiva sono molteplici: innanzitutto, per-mettendo di evitare l’apertura dello sternoe di limitare l’estensione delle incisioni cu-tanee, provocano un minore trauma, deter-minano una diminuzione delle complican-ze post-operatorie, facilitano una più rapi-da ripresa dall’intervento, favoriscono unapiù precoce dimissione dall’ospedale e unapiù rapida convalescenza. Inoltre, la chirur-gia mini invasiva consente di evitare antie-stetiche cicatrici post-operatorie.“Riparare le valvole in chirurgia mininvasi-va significa operare con una piccola incisio-ne – spiega il Dottor Marco Diena - Que-sto consente che il trauma per il pazientesia minimo”.“Questa chirurgia mininvasiva – spiega in-vece lo stesso Professor James Livesay – èun grande miglioramento per la qualità divita del paziente. Il lavoro che viene svoltoqui mi ha veramente impressionato, anchesoprattutto per l’ottimo coordinamentodelle varie professionalità che intervengonodurante gli interventi”.Visti gli ottimi risultati, quello con il Pro-fessor Livesay però non è l’unico contattointernazionale del Dipartimento di Car-diochirurgia della San Gaudenzio.“Ci hanno già contattato diverse realtà in-ternazionali – ha concluso Diena – chevorrebbero inaugurare qui da noi dei per-corsi di formazione ad hoc per cardiochi-rurghi, percorsi che tra l’altro sono già inatto nei confronti di professionisti europeie segnatamente rumeni, essendo il GruppoPoliclinico di Monza in espansione tramitela realizzazione di una struttura ospedalieradi Alta Specializzazione a Bucarest.”

UNA VEDUTA DEL TEXASMEDICAL CENTER DI DALLAS:UNA STRUTTURACHE IMPIEGA LA BELLEZZADI 95MILA ADDETTI

“QUESTA CHIRURGIA MININVASIVA – HA SPIEGATOIL PROFESSOR JAMES LIVESAY A PROPOSITO DELLATECNICA UTILIZZATA ALLA SAN GAUDENZIO – ÈUN GRANDE MIGLIORAMENTO PER LA QUALITÀ DIVITA DEL PAZIENTE. IL LAVORO CHE VIENE SVOLTOQUI MI HA VERAMENTE IMPRESSIONATO, ANCHESOPRATTUTTO PER L’OTTIMO COORDINAMENTODELLE VARIE PROFESSIONALITÀ CHEINTERVENGONO DURANTE GLI INTERVENTI”.

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LATECNOLOGIA D’AVANGUARDIAAL SERVIZIO DELLA DIAGNOSTICA

po Policlinico di Monza registra l’ingressodi una nuova apparecchiatura che è entrata afar parte dal mese di settembre della sua do-tazione tecnologica.

UNATOMOGRAFIACOMPUTERIZZATADIULTIMAGENERAZIONESi tratta di una tomografia computerizzataDiscovery CT750 HD-VEO 128 Slices,prodotta da GE Healthcare e che va a so-stituire la TC VCT 64 Slice. Questa appa-recchiatura consente di fare un salto diqualità epocale sia per l’alta definizione cheper la risoluzione spaziale, ma in particolarmodo per una cospicua riduzione della do-se di radiazione di almeno il 50%. Ma nonè tutto. Con le esclusive e nuove tecnologieASIR e VEO combinando sofisticati algo-ritmi di ricostruzione interattiva grazie asoftware di ultima generazione si apronoampi orizzonti per i medici. Infine si puòutilizzare per indagini spettrali, ovvero adoppia energia.

IL PROF. TOUFIC KHOURIRESPONSABILEDEL DIPARTIMENTODI DIAGNOSTICAPER IMMAGINIDEL POLICLINICO DI MONZA

LARIVOLUZIONARIATACDISCOVERY PER IL POLICLINICO

Q uando si parla di sanità,l’eccellenza non è mai uneccesso. Offrire una tecno-logia il più avanzata e raf-finata possibile è una delle

mission che il Gruppo Policlinico di Monzasi è posto fin dalla sua concezione. Soprat-tutto quando si tratta di diagnostica, è fon-damentale poter offrire al paziente i miglioristrumenti messi a disposizione dalla ricercatecnologica, per poter consentire un’analisiapprofondita fino al più minimo dettagliodelle sue condizioni di salute. Così il Grup-

LA NUOVA TAC DISCOVERYCT750 HD-VEO128 SLICESPRODOTTA DA GEHEALTHCARE

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IL PARERETECNICODELMEDICOLe performance della nuova Tac non han-no lasciato indifferente neppure lo staff cli-nico. Come spiega infatti il prof. TouficKhouri, Responsabile del Dipartimento diDiagnostica per immagini del Policlinicodi Monza, le qualità della nuova Tac risul-tano evidenti anche dopo i primi utilizzi. “Ivantaggi di questo prodotto sono moltepli-ci. In primo luogo - spiega Khouri - c’è unaforte riduzione delle radiazioni su tutti i di-stretti, in particolar modo sul torace e l’ad-dome. Nello specifico, quando si parla dichi vuole effettuare un controllo preventivoper il tumore polmonare, la dose comples-siva di radiazioni per una Tac polmonarecon la nuova apparecchiatura è di circa 0,5-0,8 millisievert (mSv) con strati sottili sub-millimetrici. E, nonostante la riduzione, siottiene un esame ad altissima risoluzione.

Nel follow up oncologico in precedenza perl’addome del paziente si andava dai 15 finoanche ai 25 millisievert di radiazioni com-plessive. Con questa nuova Tac si arriva daun minimo di 5 a un massimo di 8 millisie-vert. La dose di radiazioni è ridotta, comelo è per il massiccio facciale, l’encefalo e ildental scan, dove si aggira con la nuova Tactra gli 0,3 e gli 0,4 millisievert complessivi.Anche in quanto a prestazioni vi è un mi-glioramento notevole rispetto a quanto av-veniva in precedenza. Ad esempio si hauna migliore nitidezza e definizione deiprofili e delle lesioni nell’ordine di qualchemillimetro, e questo grazie anche alle tec-nologie ASIR e soprattutto VEO, che nonpoteva avere nome più azzeccato, dato cheveo in spagnolo significa... vedere.Possiamo dire inoltre che è stata vinta la‘battaglia’ contro le protesi in metallo, comead esempio gli stent, e le calcificazioni deivasi, che, se presenti, in precedenza creava-no qualche interferenza-artefatti a livello dinitidezza d’immagine.Con la nuova Tac abbiamo invece un sicuroguadagno in nitidezza che non rende piùquesti elementi un ostacolo alla diagnosi,perché l’apparecchiatura è dotata di unsoftware MARS (Metal Artifact Reduc-tion).Importante in ultimo la possibilità di stu-diare le immagini con un imaging spettraleGSI (Gemstone Spectral Imaging). Inquesto modo le immagini, grazie ad unasottrazione di acqua e di iodio, possono es-sere ottenute evitando un ulteriore passag-gio sul paziente, per il fatto che i tessutivengono caratterizzati in base all’elabora-zione delle molecole. La macchina disponeinoltre di un MPR (Multiplanner Recon-struction) e di una workstation dove il ra-diologo può trasformare lo studio delle im-magini da assiale a multiplanare. Questaapparecchiatura fa parte dei primi quattroesemplari distribuiti nel mondo. Noi siamoi primi in assoluto in Italia e in contempo-ranea alla Francia e agli Stati Uniti. Questocosa significa? Significa che non siamo se-condi a nessuno. L’Amministrazione ha in-vestito molto per perseguire come semprela propria missione, ovvero rispondere alleesigenze e alle aspettative della gente, chein questo caso specifico vuole sicuramentemeno radiazioni e una diagnosi precoce esempre più precisa”.

DUE IMMAGINI OTTENUTECON TECNICA VEO(A DESTRA) CONFRONTATECON IMMAGINI FRUTTODI PRECEDENTI TECNOLOGIE.LE “IMMAGINI VEO”SI CARATTERIZZANOPER MAGGIOR DEFINIZIONEOLTRE CHE PER UN’EMISSIONEDI RADIAZIONI PARI 0,11MILLISIEVERT CONTROGLI 8,5 DELLA PRECEDENTETECNOLOGIA.

«QUESTA TAC È UNA SU QUATTRO ESEMPLARIAL MONDO. SIGNIFICA CHE NON SIAMOSECONDI A NESSUNO. L’AMMINISTRAZIONEHA INVESTITO MOLTO PER ANDARE COME SEMPREINCONTRO ALLA PROPRIA MISSIONE, OVVERORISPONDERE ALLE ESIGENZE E ALLE ASPETTATIVEDELLA GENTE, CHE IN QUESTO CASO SPECIFICOVUOLE SICURAMENTE MENO RADIAZIONIE UNA DIAGNOSI PRECOCE E SEMPRE PIÙ PRECISA».

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ECCELLENZA ALLACLINICA SALUSPER LA CHIRURGIA DELL’ERNIA

La Clinica Salus di Alessandriacome Centro d’eccellenza per lachirurgia erniaria e della pareteaddominale. Il reparto di Chi-rurgia Generale della Clinica

Salus di Alessandria, diretto dal Prof.RobertoRollino, è stato inserito fra i Centri di riferi-mento Nazionali della Scuola Italiana di Chi-rurgia dell’Ernia e della Parete Addominale,istituita dalla Società Italiana di Chirurgia Er-niaria che rappresenta il Capitolo Italiano del-la European Hernia Society. Il Prof. RobertoRollino oltre ad esserne docente, è cofondatoredella Scuola e membro del Consiglio direttivoche si prefigge lo scopo di creare una figurachirurgica “specialistica”. Il prestigioso ricono-scimento premia un’esperienza iniziata pressoil reparto di chirurgia della Clinica Salus nel1992 con l’impiego delle tecniche protesichededicate alla riparazione dei difetti di parete eche conta ad oggi oltre 5.000 interventi chi-rurgici. “Il grande sviluppo - spiega il Prof.Rollino - che ha raggiunto questa chirurgia, èessenzialmente legata all’evoluzione dei mate-riali protesici.Oggi impieghiamo protesi defi-nite “leggere”, a maglia larga, macroporose, abasso peso molecolare che garantiscono un ot-timo comfort per il paziente nel medio e nellungo periodo post-operatorio e che fissiamoai tessuti con colla biologica senza l’impiego disuture.Le reti “leggere” rispondono al concet-to del minimalismo protesico: limitare cioèl’uso di materiali alloplastici impiantati nelcorpo umano. Numerosi studi in propositohanno dimostrato che queste protesi, che noi

utilizziamo da tempo, avendo una superficie dicontatto minore rispetto alle reti tradizionalimicroporose e rigide determinano una reazio-ne infiammatoria decisamente ridotta.Tuttoquesto, oltre a ridurre la sintomatologia dolo-rosa nel medio e nel lungo periodo, riduce ilfenomeno di restringimento (shrinkage) alquale vanno incontro le protesi rigide e chepuò essere causa di recidiva.Questo tipo di retinecessita, per il loro fissaggio ai tessuti, l’usodella colla biologica di fibrina, un collantebiologico termotrattato e atossico. Agisce atti-vando un processo di coagulazione che funzio-na come collante. Ciò ci permette di posizio-nare la mesh senza utilizzare suture, responsa-bili a volte di intrappolamento di strutturenervose con conseguenti nevralgie di difficiletrattamento. A questo proposito, la colla di fi-brina, grazie alla sua capacità biostimolante, èanche in grado di svolgere un’azione protetti-va a carico delle strutture nervose che possonoessere traumatizzate nel corso dell’interventodi ernioplastica inguinale. Un altro capitolomolto importante è rappresentato dalle reti“composite” parzialmente riassorbibili, costi-tuite dal lato viscerale da materiali anti-ade-renziali, che ci consentono il trattamento di la-paroceli complicati sia per via open che laparo-scopica. La superficie parietale è costituita dapolipropilene mentre il lato viscerale può esse-re rivestito da una lamina in PTFE,da cellulo-sa ossidata rigenerata o da un film liscio di po-lipropilene o poliestere. Le caratteristiche an-ti-aderenziali di questi materiali permettono illoro posizionamento a contatto con i visceriaddominali.Ma il futuro è già rivolto alle pro-tesi “biologiche” costituite da derma suino opericardio bovino. Oggi sono impiegate so-prattutto nelle ernie addominali e nei laparo-celi in presenza di infezioni. Queste protesivengono incorporate e sostituite da un nuovotessuto con tipologie anatomiche e fisiologichedel tutto uguali a quello originario: la protesiscompare e si rigenera un nuovo tessuto. Il loroimpiego è però limitato dai costi e dal fatto chenon esistono ancora studi con risultati riguar-danti i numeri ed i rischi di recidive erniarienel lungo periodo.

IL PROF. ROBERTO ROLLINORESPONSABILEDELL’UNITÀ OPERATIVADI CHIRURGIA GENERALEDELLA CLINICA SALUSDI ALESSANDRIA

PROTESI INNOVATIVE E UN’ESPERIENZAVENTENNALE

UNA PROTESI ERNIARIAA MAGLIA LARGA

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Istitutodi OncologiaI

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L’ISTITUTODIONCOLOGIAFESTEGGIA IL PRIMOANNODI VITA

L’1 settembre 2010, ovvero pocopiù di un anno fa, avveniva lafondazione dell’Istituto diOncologia del Policlinico diMonza, diretto e coordinato a

livello clinico e scientifico dal Professor EmilioBajetta. La struttura si caratterizza per un ap-proccio multidisciplinare e per una metodolo-gia organizzativa unica nel panorama naziona-le.“L’interazione fra diversi professionisti dielevato livello – spiega il Professor Emilio Ba-jetta – fa sì che all’Istituto di Oncologia avven-gano prestazioni in precedenza mai realizzate.All’IdO afferiscono infatti strutture diverse:mediche, chirurgiche, di radiologia dedicata edi medicina biologica. Strutture che permetto-no, tramite un’interazione sapientemente or-ganizzata, che le patologie tumorali siano me-glio analizzate.Anche in situazioni critiche, ri-usciamo ad offrire percorsi terapeutici lungo iquali tale approccio multidisciplinare offre untrattamento integrato che riesce a controllarela malattia, offrendo prestazioni di alto livello.Prestazioni quali una chirurgia assolutamentededicata, una radioterapia pari per tecnologia astrutture americane, oltre a terapie biologiche eormonoterapia. Infine il nostro Centro puòmettere a disposizione del paziente anche pre-stazioni di chemioterapia mirata, che dannorisultati prima insperati e irrealizzabiil. I colle-

ghi medici delle aree di Milano e della Brianza– prosegue Bajetta – si sono accorti dell’esi-stenza di questo nuovo modo di lavorare e in-viano a noi un cospicuo numero di pazienti.Da noi è presente un approccio di umanizza-zione della cura importante. Ormai, sia perquanto riguarda la multidisciplinarietà siamounmodello.Questo perché da noi il paziente sisente seguito e curato e tale percorso non vienesemplicemente applicato,ma anzi il protocolloviene costantemente migliorato. Anche lastruttura logistico-architettonica del Policlini-co di Monza, con i suoi spazi verdi, svolge unruolo importante”. Proprio perché le sfide del-l’Istituto di Oncologia continuano, in cantiereadesso ci sono quattro nuovi progetti, di cuidue sono già stati varati, mentre i restanti duelo saranno nel corso dell’autunno. “Il primo diquesti progetti – conclude Bajetta – riguarda iltrattamento del carcinoma dello stomaco, ilquale, anziché essere avviato alla chirurgia su-bito dopo la diagnosi come solitamente avvie-ne, viene invece trattato tramite chemioterapiao radioterapia preventivamente all’interventochirurgico.Questo progetto ha l’ambizione diaumentare le probabilità di sopravvivenza deipazienti. Il secondo progetto riguarda invece lapossibilità di eseguire da casa propria un trat-tamento chemioterapico per via orale per i pa-zienti operati radicalmente di tumore del co-lon o del retto. Se all’esame si presentasse ri-schio di metastasi, questi pazienti potrebberoeseguire un’ulteriore cura chemioterapica delladurata di circa cinque mesi tranquillamente dacasa propria. I rimanenti due progetti, che so-no quelli ancora da varare, riguardano due dif-ferenti problematiche. Il primo prevede la pos-sibilità di aiutare i pazienti affetti da tumori abassa incidenza o rari, che solitamente devonoaffrontare spese cospicue di viaggio per potersirecare nei Centri dedicati. Ecco, noi vorrem-mo dare una risposta anche a questo problema,con l’utilizzo della telemedicina. Il secondo eultimo prevede invece la compilazione di undatabase per individuare la possibile storia na-turale di un tipo di tumore raro sul territoriocome i carcinoidi. Il database è già in costru-zione”.

IL PROF. EMILIO BAJETTADIRETTORE CLINICO ESCIENTIFICO DELL’ISTITUTODI ONCOLOGIADEL POLICLINICO DI MONZA

ALLO STUDIOQUATTRONUOVI E IMPORTANTI PROGETTI

PER I PAZIENTI AFFETTIDA TUMORI RARISI STANNO CERCANDOSOLUZIONI DI MEDICINAA DISTANZA PER EVITAREINGENTI SPESE DI VIAGGIO

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CENTROEPATOBILIOPANCREATICO:INTERVENTIENUMERIECCEZIONALI

In Brianza, oltre all’Istituto d’Oncolo-gia, di cui fa parte, esiste da ormai no-ve mesi anche una struttura d’eccel-lenza a livello nazionale per i tumoridi fegato, pancreas e reni. È il Centro

Specialistico Epatobiliopancreatico del Poli-clinico di Monza diretto dal Professor Adel-mo Antonucci. Una struttura caratterizzatada un approccio organizzativo multidiscipli-nare e che, nonostante sia stata istitutita di re-cente, è già in grado di attrarre un 50% di pa-zienti di altre Regioni. “Il Centro – spiega ilProfessor Adelmo Antonucci – è strutturatoin modo da poter raccogliere professionalitàdedicate alle differenti specialità che afferisco-no a questo particolare settore. Infatti la Chi-rurgia Epatobiliopancreatica si integra e si re-laziona continuamente con l’Oncologia Me-dica, la Radioterapia e la Radiologia. Tuttoquesto per offrire un servizio di alta specialitàe relativo soprattutto ai tumori di fegato, pan-creas e vie biliari”. Il Centro, parte integrantedell’Istituto di Oncologia inaugurato a set-tembre dello scorso anno con l’arrivo del Pro-fessor Emilio Bajetta, vanta già numeri rile-vanti. Nei soli quattro mesi successivi all’i-naugurazione erano infatti già state eseguite16 Epatectomie maggiori, 6 Resezioni pan-

creatiche e ben 60 interventi di Chirurgia on-cologica gastrointestinale. Questi impegnati-vi interventi sono stati supportati da un ele-vatissimo livello tecnologico e a volte utiliz-zando anche tecniche innovative. E nel cam-po delle innovazioni menzioniamo la Lito-trissia percutanea trans epatica mediante laquale siamo in grado di frantumare i calcolinelle vie biliari senza sottoporre il paziente adintervento chirurgico. “Ci tengo a sottolineare– prosegue Antonucci – che questo numerorelativamente elevato di interventi deriva dalfatto che c’è una grossa richiesta perché sitratta di tecniche chirurgiche molto delicate,che possono essere eseguite solo in strutturedotate di personale estremamente esperto equalificato, oltre che della tecnologia necessa-ria a questo tipo di attività. Tutti requisiti dicui il Policlinico di Monza dispone sin dalmio arrivo nello scorso mese di febbraio e chefanno sì che la richiesta stia aumentando.Un’escalation che potrebbe presto portare ilPoliclinico di Monza a divenire un centro diriferimento per le patologie oncologiche e ga-strointestinali e soprattutto per le patologiedel fegato e delle vie biliari. Un’altra conside-razione è che questo tipo di attività, per il forterischio corso dai pazienti, necessita una forteassistenza anche in fase di riabilitazione.Que-sto si misura nell’esperienza del personale in-fermieristico e appunto riabilitativo. I buonirisultati raggiunti sino ad ora denotano quindila presenza di una professionalità multidisci-plinare”. I risultati della struttura sono del re-sto già tangibili: pochi mesi fa l’equipe delProfessor Antonucci ha infatti realizzato consuccesso un intervento di particolare comples-sità su una paziente 70enne giunta da un’altrastruttura ospedaliera e colpita da lacerazioneduodenale.Un intervento reso possibile grazieal coordinamento di tutte le risorse del Centroe ovviamente all’efficienza dell’organizzazionedelle sale operatorie, della Rianimazione e delpersonale medico ed infermieristico che haespresso il massimo della professionalità.“La paziente – spiega Antonucci – versava incondizioni critiche, con una lacerazione persi-stente da alcuni giorni. Per questo è stato ne-cessario asportare in blocco parte dello stoma-co, la testa del pancreas, parte della via biliare,il duodeno e il colon ascendente. Questo è unintervento solitamente gravato da altissimamortalità che, grazie al lavoro di tutti i profes-sionisti del Policlinico, ha riportato la pazientea una vita normale”.

IL PROF. ADELMO ANTONUCCIDIRETTORE DEL CENTROSPECIALISTICOEPATOBILIOPANCREATICODEL POLICLINICO DI MONZA

POCHI MESI FA L’EQUIPE DEL PROFESSORANTONUCCI HA REALIZZATO CON SUCCESSOUN INTERVENTO DI PARTICOLARE COMPLESSITÀSU UNA PAZIENTE 70ENNE GIUNTA DA UN’ALTRASTRUTTURA OSPEDALIERA E COLPITADA LACERAZIONE DUODENALE. UN INTERVENTORESO POSSIBILE GRAZIE AL COORDINAMENTODI TUTTE LE RISORSE DEL CENTRO E OVVIAMENTEALL’EFFICIENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DELLESALE OPERATORIE, DELLA RIANIMAZIONE E DELPERSONALE MEDICO ED INFERMIERISTICO CHE HAESPRESSO IL MASSIMO DELLA PROFESSIONALITÀ.UN INTERVENTO SOLITAMENTE GRAVATODA ALTISSIMA MORTALITÀ CHE, GRAZIE AL LAVORODI TUTTI I PROFESSIONISTI DEL POLICLINICO,HA RIPORTATO LA PAZIENTE A UNA VITA NORMALE.

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L’ORTOPEDIA DEL POLICLINICO:STORIA DI UN’ESPERIENZA POSITIVA

L’indicazione, che segue im-mediatamente la diagnosi, èil primo atto che impegna ilChirurgo in maniera totale ecritica, coinvolgendolo non

solo sul piano delle conoscenze tecnico-scientifiche e della propria esperienza, maanche e soprattutto sul piano umano nelrapporto fra due Soggetti, il Medico ed ilPaziente, uniti dalla comune esigenza di as-sicurare la salute ed il benessere del Pazien-te non solo nei confronti della malattia, maanche per la qualità della vita di tutti i gior-ni. Entrano pertanto in gioco numerosi fat-tori legati all’età, alle condizioni socio-fa-miliari etc., che non sempre possono esserea conoscenza del Medico. Sicuramente peròandranno valutate le previsioni di risultaticonseguenti all’intervento in rapporto allamalattia .Un esempio che continuamente siaffaccia alla mia mente deriva dalla grandeattività chirurgica da me svolta nell’ambitodelle Cerebropatie infantili ove tutta la Fa-miglia del piccolo Paziente è coinvolta. Èuna chirurgia tecnicamente semplice, maestremamente pericolosa per i risultati chesono condizionati, appunto, dalle indicazio-ni. Un intervento simbolo di tale situazioneè un semplice, vorrei dire banale, allunga-mento del Tallone di Achille, che può tra-sformare un piede spastico da equino a talocon cedimento in flessione dell’arto tale darendere impossibile la stazione eretta e ladeambulazione senza tutori.

La Gonartrosi non è sicuramente una pa-tologia difficile da diagnosticare e da valu-tare nella sua evoluzione specie con i mo-derni mezzi diagnostici. Sembrerebbe quasi“automatico” porre una indicazione chirur-gica semplicemente con le attuali cono-scenze sui risultati ottenibili con la terapiaconservativa o con le diverse tecniche chi-rurgiche dalle artroscopiche ed innesti car-tilaginei alle osteotomie ed infine con leprotesi monocompartimentali o totali chesiano. Eppure non è così!La classificazione della gonartrosi da meproposta ed alla quale mi sono sempre atte-nuto nel porre l’indicazione terapeutica di-stingue in quattro stadi le manifestazionianatomo-patologiche e cliniche della ma-lattia nel suo divenire. Il primo stadio èquello caratterizzato dalla patologia dellacartilagine articolare che è la protagonistadella degenerazione artrosica fin dal suoinizio, cui si associano le manifestazioniflogistiche capsulo-sinoviali (stadio dellaflogosi ove l’artrite e l’artrosi confluiscono).Nel secondo stadio si producono le altera-zioni dell’osso specie sub condrale con ad-densamento e comparsa di geodi ed osteo-fiti e coinvolgimento meniscale. Sono indi-cate le osteotomie o le protesi monocom-partimentali quando le lesioni coinvolgonoprevalentemente un compartimento. Nelterzo stadio le manifestazioni ossee sonogeneralizzate a tutta l’articolazione e com-pare la lesione del legamento crociato ante-riore “strozzato fino alla tmesi” dagli osteo-fiti della gola intercondiloidea. È il mo-mento della protesi totale a scivolamentonelle sue varie versioni. La perdita del cro-ciato posteriore non è frequente e non ponesemplicemente la scelta di una protesi po-sterior stabilazed che è condizionata da va-rie riflessioni come la possibilità di ottenereuna sua giusta tensione o le protesi disced,molto modellate. Nel quarto stadio infinevi è un cedimento globale delle strutture dicontrollo cinematico dell’articolazione, os-see e capsulo legamentose fino al coinvol-gimento dei legamenti collaterali per cui si

IL PROF. FRANCESCO PIPINODIRETTORE SCIENTIFICODEL DIPARTIMENTODI ORTOPEDIADEL POLICLINICO DI MONZA

QUANDO ILMEDICO «SPERIMENTA» INPRIMAPERSONA

LA GONARTROSI NON È SICURAMENTE UNAPATOLOGIA DIFFICILE DA DIAGNOSTICAREE DA VALUTARE NELLA SUA EVOLUZIONE, SPECIECON I MODERNI MEZZI DIAGNOSTICI. SEMBREREBBEQUASI “AUTOMATICO” PORRE UNA INDICAZIONECHIRURGICA SEMPLICEMENTE CON LE ATTUALICONOSCENZE SUI RISULTATI OTTENIBILI CONLA TERAPIA CONSERVATIVA O CON LE DIVERSETECNICHE CHIRURGICHE. EPPURE NON È COSÌ!

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IL DOTT. AUGUSTO PALERMO,RESPONSABILE DELL’UNITÀOPERATIVA DI ORTOPEDIADELLA CLINICA SANGAUDENZIO DI NOVARA,È STATO ALLIEVODEL PROF. PIPINO

deve ricorrere alle protesi vincolate sebbenerotanti. Fin qui le mie conoscenze ed opi-nioni (discutibili) sulla stadiazione dellagonartrosi e conseguenti indicazioni sullabase delle alterazioni anatomo-chirurgichee cliniche. Il sottoscritto, Professor France-sco Pipino, direttore scientifico del Dipar-timento di Ortopedia del Policlinico diMonza, ha sperimentato la gonartrosi nonsolo da medico, ma anche da paziente, po-tendo così verificare in prima persona laprofessionalità della struttura in cui prestaservizio. La validità di un medico infatti èdi sapersi immedesimare nelle esigenzedell’io del paziente. Come paziente ero af-fetto da una gonartrosi destra nel terzo sta-dio in un contesto di “buona salute”, purcon una poliartralgia di natura sconosciuta,sieronegativa, che obbliga all’uso di FANSda più di 20 anni e non impedisce una in-tensa attività anche fisica, pur avendo com-piuto gli ottanta anni. L’indicazione ad

una protesi totale appare chiara sul pianoanatomo-patologico e clinico; le buonecondizioni generali la consentono e gli 80anni vanno considerati in rapporto alla“volontà di fare” che ancora sussiste. Certoche l’età non la controindica, poiché oadesso o mai più. Arrivato alla conclusioneche la protesi vada fatta vengono sponta-nee le domande: quale protesi? Di che dit-ta? Quali materiali? Cementata a ibrida ono? A piatto tibiale fisso o mobile? A con-servazione del legamento crociato poste-riore o no? Impiantata con 5° di valgo? E lasloop posteriore tibiale di quanti gradi? Edaltre ancora. A questo punto del mio riflet-tere si è presentata alla mia mente con for-za una considerazione: ma tu sei il pazientee non il chirurgo e pertanto ti spettano solotre scelte. In primis, operarsi di protesi to-tale di ginocchio? In secondo luogo, dove?E terzo, con quale Chirurgo Ortopedico?Le risposte a tutti i quesiti di cui sopra sa-ranno delegate al chirurgo che a sua volta tifarà partecipe delle sue risposte e proposte.E così mi sono detto: sì, voglio operarmi.Dove? Ovviamente al Policlinico di Monzadove lavoro e dove ho potuto apprezzarel’eccellenza sanitaria. Ho scelto proprio lasala operatoria dove lavoro tutti i giorni, inuna struttura in cui ripongo la più piena fi-ducia. Con quale chirurgo? Tra i mieimolti allievi sparsi un po’ in tutta Italia ilDott. Augusto Palermo è sicuramente unodei più validi, è cresciuto con me sin dallalaurea e lavora attualmente presso le strut-ture del Policlinico di Monza. Detto fatto,il 21 luglio sono stato operato a Monza dalDott. Augusto Palermo, coadiuvato dalDott. Cimmino e dal Dott. Cannizzaro.Anestesista la dolcissima Dott.ssa AnnaMoruzzi che con il suo garbo mi ha con-vinto di fare una anestesia spinale, mentreio amo quella generale da vecchio Chirur-go. Dall’intervento in poi non ho più pen-sato ai vari problemi, ma semplicemente misono fatto una promessa: se farai a temponel prosieguo della tua attività dovrai tro-vare il modo di rendere “indolore” o quasil’intervento di protesi di ginocchio. Infatti,a differenza della protesi d’anca, quella diginocchio provoca molto dolore, difficil-mente sopportabile. Sarà proprio un’utopial’Ospedale senza dolore. Spero di no. Dopo5-6 giorni di fase postoperatoria acuta, so-no stato trasferito da Monza all’Istituto

DOPO LA CONCLUSIONE CHE LA PROTESI FOSSEDA IMPIANTARE, LA SCELTA. IL PROF. PIPINOÈ SICURISSIMO: «SÌ,VOGLIO OPERARMI.DOVE? OVVIAMENTE AL POLICLINICO DI MONZADOVE LAVORO E DOVE HO POTUTO APPREZZAREL’ECCELLENZA SANITARIA. CON QUALE CHIRURGO?TRA I MIEI MOLTI ALLIEVI SPARSI UN PO’IN TUTTA ITALIA IL DOTT. AUGUSTO PALERMOÈ SICURAMENTE UNO DEI PIÙ VALIDI»

SOTTO, ESEMPIODI GONARTROSIDEL GINOCCHIO

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Clinico Valdostano di Saint-Pierre, strut-tura riabilitativa anch’essa afferente al Poli-clinico di Monza. Il mio apprezzamento ela mia ammirazione per tale struttura e peril personale sanitario ed amministrativoche in essa opera spero non mi spinga a di-ventare enfatico. Fin dal primo momentoinfatti quando vieni accolto con il sorriso

ed il garbo tipico del Piemonte-Valle d’Ao-sta ti senti confortato, una atmosfera di so-lidarietà e fratellanza ti aiuta ad affrontareuna prova difficile come la riabilitazione diuna protesi di ginocchio (ove il dolore con-tinua ad essere uno sgradito compagno diviaggio). In più nel mio caso mi sono ritro-vato nei luoghi della mia adolescenza: dal-l’ampia finestra della bella camera riserva-tami (peraltro uguale a tutte le altre) vede-vo la città di Aosta e le montagne che lacircondano: la Becca di Nona e l’Emilius, laconca di Pila e la Catena del Drenc, lasplendida Grivola sempre innevata. Quan-to cammino ho fatto su quelle montagne equante emozioni sia per l’impatto con lanatura che durante e dopo la 2° guerramondiale quando i mei amici appena piùvecchi di me e mio fratello erano fra i parti-giani o prigionieri in Germania. Forse an-che questi ricordi mi hanno aiutato a supe-rare felicemente la convalescenza. Sicura-mente lo hanno fatto con il loro lavoro dialtissima qualità i terapisti Roberta Erida-no e Paolo Restagno in palestra e PaoloAnnibalini in piscina. Con uno spirito qua-si goliardico il personale riusciva a crearefra i pazienti uno spirito di gruppo che pre-cludeva all’amicizia e che insieme al sensodi appartenenza e di orgoglio di tutto ilpersonale creava quella atmosfera tantoutile per ricercare la guarigione ed il reinse-rimento nella quotidianità di pazienti spes-so anziani e provati dalla malattia, specienei casi neurologici. Nel mio caso il perio-do di convalescenza è durato due mesi, do-podiché ho potuto riprendere la mia attivi-tà lavorativa.Personalmente mi sento di dover ringrazia-re tutto lo staff, che vorrei citare uno peruno, degli operatori del Centro ClinicoValdostano, ma mi limiterò a ricordare perconcisione il Direttore sanitario Dott. Lu-ciano Rassat, il Dott. Enzo Bigo sempresolerte e vicino al paziente. Con la suagrande umanità e professionalità laDott.ssa Marina Lavinia Saracco che è l’a-nima della struttura. Da ultimo una consi-derazione che mi è venuta spontanea men-tre lasciavo il Centro vedendo il Castello diSaint-Pierre, detto il castello delle fate perla sua struttura “a Pinnacoli” come nei filmsdi Walt-Disney: forse le fate si sono trasfe-rite dal vecchio Castello al nuovo CentroClinico Valdostano?”.

«PERSONALMENTE MI SENTO DI DOVER RINGRAZIARETUTTO LO STAFF DEGLI OPERATORI DEL CENTROCLINICO VALDOSTANO, MA MI LIMITERÒA RICORDARE PER CONCISIONE IL DIRETTORESANITARIO DOTT. LUCIANO RASSAT, IL DOTT. ENZOBIGO SEMPRE SOLERTE E VICINO AL PAZIENTECON LA SUA GRANDE UMANITÀ E PROFESSIONALITÀ,LA DOTT.SSA MARINA LAVINIA SARACCO CHEÈ L’ANIMA DELLA STRUTTURA. DA ULTIMO UNACONSIDERAZIONE CHE MI È VENUTA SPONTANEAMENTRE LASCIAVO IL CENTRO VEDENDOIL CASTELLO DI SAINT-PIERRE, DETTO IL CASTELLODELLE FATE PER LA SUA STRUTTURA “A PINNACOLI”COME NEI FILMS DI WALT-DISNEY: FORSE LE FATESI SONO TRASFERITE DAL VECCHIO CASTELLOAL NUOVO CENTRO CLINICO?»

PROTESI AL GINOCCHIOA SCIVOLAMENTOIMPIANTATA AL PROF. PIPINO

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LA CHIRURGIA ARTROSCOPICA:UNA SCOMMESSA VITTORIOSA

La chirurgia artroscopica haavuto negli anni un enormesviluppo. Tutto è nato quasiper scommessa qualche de-cennio fa ad opera di chirur-

ghi americani. Il concetto era quello di svi-luppare una metodica il meno invasiva pos-sibile per intervenire sulle articolazioni.Pertanto sono stati utilizzati dei sistemi ot-tici che venivano introdotti con un piccoloaccesso (1 cm) in modo da visualizzare leparti anatomiche evidenziando eventuali

patologie. Con un altro piccolo accesso po-tevano essere introdotti gli strumenti peragire sulla patologia stessa. La prima artico-lazione sulla quale è stata usata tale metodi-ca è stata quella del ginocchio e nella fatti-specie le lesioni meniscali. L’ottica eviden-ziava la lesione e con un basket (forbicinoapposito) si poteva asportare la parte lesa.Da allora sono stati fatti passi da gigantecon lo sviluppo di telecamere sempre piùsofisticate, strumenti chirurgici dedicati chehanno permesso interventi sempre piùcomplessi, abbracciando varie patologie (le-sioni legamentose, lesioni condrali). Le ar-ticolazioni “aggredite” sono aumentate e lachirurgia artroscopica ora si applica anchealla spalla, gomito, polso, anca e piede.

IMIGLIORI SPECIALISTIRIUNITI A NOVARELLOProprio di quest’ultimo, il piede, si è parlatoil 4 novembre scorso al Villaggio Azzurro diNovarello, nell’ambito di un corso patroci-nato dalla società italiana di chirurgia dellacaviglia e piede e dalla Spimec (società pie-montese medici del calcio). Il presidente ditale corso, il dottor Bertelli Angelo dellaClinica Eporediese di Ivrea, ha riunito i mi-gliori specialisti del campo facenti capo allasocietà superspecialistica di chirurgia delpiede e quella di artroscopia.Nello specifico a livello della caviglia si puòintervenire su varie patologie e soprattuttoin ambito di medicina sportiva è diventatal’unica arma chirurgica veramente efficace,vista la bassa invasività, con la conseguentepossibilità di accorciare i tempi di recuperodei pazienti sportivi e non solo. Spesso in-fatti, in seguito a eventi traumatici che co-involgono le strutture legamentose di cavi-glia residuano problemi di dolore e instabi-lità. Questi sono dovuti a tessuti neoformatianteriormente e posteriormente nella cavi-glia (sindromi da impingement) che simu-lano una lesione meniscale. Una chirurgiaaperta in questo caso sarebbe altamente de-leteria e poter asportare questi tessuti in ar-troscopia permette un rapido recupero e so-

IL DOTT.ANGELO BERTELLIRESPONSABILEDELL’UNITÀ OPERATIVADI ORTOPEDIADELLA CLINICA EPOREDIESEDI IVREA

SENEÈPARLATOLOSCORSO4NOVEMBREANOVARELLO

LE ARTICOLAZIONI “AGGREDITE” SONO AUMENTATEE LA CHIRURGIA ARTROSCOPICA ORA SI APPLICAANCHE ALLA SPALLA, GOMITO, POLSO, ANCA EPIEDE. PROPRIO DI QUEST’ULTIMO SI È PARLATOIL 4 NOVEMBRE A NOVARELLO IN UN CORSOPATROCINATO DALLA SOCIETÀ ITALIANADI CHIRURGIA DELLA CAVIGLIA E PIEDEE DALLA SPIMEC. IL DOTTOR ANGELO BERTELLIHA RIUNITO PER LA SPECIALE OCCASIONEI MIGLIORI SPECIALISTI DEL CAMPO.

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prattutto un rispetto assoluto delle strutturearticolari. Nel caso di una ricostruzione le-gamentosa, che si effettua con chirurgiaaperta è possibile associare una parte artro-scopica che permette il trattamento dieventuali impingement o lesioni condrali(cartilagine). Proprio sulle lesioni condralisi stanno effettuando importanti gesti chi-rurgici in artroscopia, che vanno dalla sem-plice condroplastica (pulizia) ai trapianti

con cartilagine o sostituti. Mentre fino apoco fa era necessario prelevarne una partedal paziente, coltivarla e trapiantarla ora èpossibile farlo in una sola seduta.I risultati e la metodica sono però attual-mente in fase di studio di validità e pertantonon possono essere ancora date come meto-diche sicuramente valide, anche se i risultatiche abbiamo in mano sino ad ora sono mol-to confortanti.Il piede ha però altre articolazioni sullequali è necessario agire chirurgicamente eanche su queste è possibile, in alcuni casi,farlo per via artroscopicaAd esempio a livello della sottoastragalica(astragalo calcagno) nel caso sia presenteuna degenerazione artrosica (piede piattodegenerativo) o post traumatica (esiti difratture di calcagno senza grave scomposi-zione ma dolenti croniche). Ancora più in-novativa la possibilità a livello dell’alluce,con strumenti dedicati più piccoli è possibi-le accedere a tale articolazione.Le patologie trattate sono legate ad inizialistati di artrosi (alluce rigido) dove la terapiaconservativa non ha ottenuto effetto.ancorapiù interessante l’uso dell’artroscopia nelcosidetto alluce dello sportivo, patologiafrequente e dovuta al sovraccarico di questaarticolazione nella pratica degli sport dicontrasto (calcio, basket, pallavolo, rugby,football americano, atletica, arrampicata).In situazioni estreme si creano anche quidegli “impinement” o veri distacchi condra-li che possono essere asportati per via artro-scopica.In ultimo l’uso di ottiche nel piede può es-sere applicato anche per le patologie tendi-nee e da qui è nata la metodica della teno-scopia. Essa permette di agire sul tendinesenza dover usare accessi aperti ed in alcunicasi selezionati può essere utilizzata, anchequi con enorme vantaggio per il paziente eil suo recupero funzionale.

CONCLUSIONI:UN APPROCCIO VANTAGGIOSOSi può quindi dire che la metodica artrosco-pica chirurgica in ambito di caviglia e piedepermette un approccio sicuramente vantag-gioso per il paziente.Quando è necessariodover intervenire tale metodica permette diagire con il minimo della invasività permet-tendo un recupero sicuramente più veloceed efficace.

UN INTERVENTODI CHIRURGIAARTROSCOPICA DEL PIEDE

IL PIEDE HA PERÒ ALTRE ARTICOLAZIONI SULLEQUALI È NECESSARIO AGIRE CHIRURGICAMENTEE ANCHE SU QUESTE È POSSIBILE,IN ALCUNI CASI, FARLO PER VIA ARTROSCOPICAAD ESEMPIO A LIVELLO DELLA SOTTOASTRAGALICANEL CASO SIA PRESENTE UNA DEGENERAZIONEARTROSICA O POST TRAUMATICA.ANCORA PIÙ INNOVATIVA LA POSSIBILITÀ A LIVELLODELL’ALLUCE, CON STRUMENTI DEDICATIPIÙ PICCOLI È POSSIBILE ACCEDERE A TALEARTICOLAZIONE. LE PATOLOGIE TRATTATE SONOLEGATE AD INIZIALI STATI DI ARTROSI DOVELA TERAPIA CONSERVATIVA NON HA OTTENUTOEFFETTO. ANCORA PIÙ INTERESSANTEL’USO DELL’ARTROSCOPIA NEL COSIDETTO ALLUCEDELLO SPORTIVO.

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INNOVAZIONI INCAMPOORTOPEDICOL’ESPERIENZADELDOTTORBALDO

Un professionista giovane, ha46 anni, ma che già vanta allespalle un curriculum di tuttorispetto, con più di 15 anni diesperienza nel campo dell’or-

topedia e della traumatologia. È il Dott.Franco Baldo, che dal 1 settembre di que-st’anno è entrato a far parte della ClinicaSanta Rita di Vercelli in qualità di responsa-bile di una delle unità operative di Ortopedia.Allievo del Prof. Paolo Cherubino all’Ospe-dale di Circolo Fondazione Macchi di Varese,dove ha lavorato fino al giugno del 2009, ilDott. Baldo nei due anni successivi ha rico-perto il ruolo di primario e direttore del re-parto di Ortopedia e Traumatologia all’ospe-dale Sant’Andrea di Vercelli, dove eseguivacirca 700 interventi l’anno. Il recente passag-gio ad una delle strutture afferenti al GruppoPoliclinico di Monza è stato del tutto ‘indolo-re’, anzi. “Mi sono subito trovato molto bene,una percezione che continuo ad avere – spie-ga il Dott. Baldo – Gran parte del merito èsicuramente dovuto all’organizzazione effi-ciente già esistente e approntata dai colleghi edell’intera struttura, che mi hanno permessoun inserimento proficuo e rapido. D’altraparte i risultati si percepiscono dal parere deinostri pazienti: sono contenti sia dei risultati

clinici che riusciamo ad ottenere, sia dellastruttura in sé”. Il Dott. Baldo può contare sulprezioso aiuto di due suoi collaboratori, ilDott. Stefano Sella e la Dott.ssa FrancescaGiamberini. Lo staff medico ha eseguito dasettembre ad oggi circa un centinaio di inter-venti ed è in continuo aumento.Il Dott. Baldo ha portato alla Clinica SantaRita la sua particolare esperienza in merito atre innovative tipologie di intervento, in gradodi ottenere risultati particolarmente significa-tivi per il paziente. “Si tratta di tre tecniche, laprima che interessa l’impianto della protesid’anca, la seconda la protesi al ginocchio e laterza di correzione dell’alluce valgo miniinva-siva – puntualizza il Dott. Baldo – Tecnicheche in tutti e tre i casi offrono notevoli van-taggi se confrontate con quelle più tradiziona-li”. Nel caso delle prime due, per il Dott. Bal-do si tratta di veri e propri “cavalli di battaglia”della sua attività professionale. “L’interventodi protesi all’anca per via anteriore è una novi-tà in campo ortopedico, sebbene sia già ese-guito in più di 700 centri ospedalieri delmondo” – analizza il Dott. Baldo – “Eseguoquesto particolare intervento da un anno emezzo. I vantaggi in termini di recupero sonosorprendenti. L’incisione è mini-invasiva: cir-ca 7/8 centimetri contro i 15/20 di dieci annifa. I muscoli e i tendini vengono solo divarica-ti e non sezionati come avviene nelle tecnichetradizionali, e proprio grazie a questa preser-vazione dei tessuti durante l’intervento, il pa-ziente può riprendere la deambulazione e imovimenti dell’anca in brevissimo tempo. Pereseguire questo intervento sono necessarieprotesi di piccole dimensioni che con stru-mentario dedicato, vengono posizionate nellaparte più prossimale del femore, consentendodi risparmiare anche il tessuto osseo; condi-zione favorevole per eventuali revisioni. Stia-mo parlando di un intervento che permette alpaziente di deambulare “senza stampelle” giànel terzo giorno successivo all’intervento.Mai vantaggi non si fermano qui. Infatti conquesta tecnica sono necessarie meno trasfu-sioni, rispetto alla tecnica classica.Al pazientenon vengono imposte particolari limitazioni

IL DOTT. FRANCO BALDORESPONSABILEDI UNA DELLE UNITÀOPERATIVE DI ORTOPEDIADELLA CLINICA SANTA RITADI VERCELLI

NUOVI INTERVENTI PERANCA,GINOCCHIOEALLUCEVALGO

SOTTO, LA CLINICASANTA RITA DI VERCELLI

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nel periodo post operatorio: può muoversi inpiena libertà senza le attenzioni richieste conle tecniche tradizionali, anche in ambito diigiene personale. Vengono di fatto ridotti azero, o quasi, i rischi di lussazione che è unadelle complicanze più temibili. Inoltre le cal-cificazioni sono quasi inesistenti”. È un inter-vento che può essere indicato per ogni pa-ziente? “L’indicazione vale per il 90% dei casi– precisa il Dott. Baldo – questo interventonon è praticabile per le revisioni o in caso digravi displasie dell’anca”.Il secondo “cavallo di battaglia” del Dott. Bal-do è la tecnica denominata MyKnee, che in-teressa gli interventi di protesi al ginocchio.“Si tratta di una metodologia che presupponeuno studio preparatorio approfondito me-diante l’utilizzo della Tac. Questo studio ènecessario per la costruzione di mascherine“custom made” al fine di eseguire i tagli osseicon precisione assoluta per ogni singolo pa-ziente. È come se l’intervento venisse esegui-to prima virtualmente poi sul paziente. L’e-strema precisione dei tagli consentono di po-sizionare le componenti nel modo prestabili-to con il ripristino degli assi di carico necessa-

ri per una maggior durata dell’impianto.”Quali sono i vantaggi per il paziente in que-sto caso? “Nei casi eseguiti abbiamo rilevatoun più rapido recupero articolare e maggiorarticolarità nell’immediato. Vi è inoltre unaminor perdita di sangue”.Veniamo infine alla terza tecnica innovativa,quella che riguarda la correzione dell’allucevalgo. “In questo caso stiamo parlando di unatecnica percutanea che si avvale di piccolissi-mi tagli, dell’ordine di 3 o 4 millimetri. In so-stanza l’intervento chirurgico, mediante unostrumentario dedicato, permette come con letecniche tradizionali la correzione della de-formità, ma, grazie a incisioni molto piccole,il paziente sente meno dolore. L’interventoper alluce valgo spaventa molto il pazienteproprio per via del dolore nel post operatorio.Con questa tecnica il dolore viene pressochéazzerato. Il paziente ne avverte in quantitàminima e solo durante il primo giorno. Co-munque è facilmente controllabile con i co-muni antidolorifici. Altro significativo van-taggio è dato dalla possibilità di camminarefin da subito, utilizzando però una particolaretipologia di calzatura che evita l’appoggiodella zona operata. Il sanguinamento è discarsissima entità e la cicatrice quasi non sivede. È necessario eseguire dei bendaggi ognisettimana fino alla guarigione delle struttureossee che avviene in quattro settimane.Quin-di il paziente può riprendere la normaledeambulazione con l’utilizzo di scarpe como-de. Queste tecniche innovative mi hanno da-to notevoli soddisfazioni e con me credo sia-no soddisfatti anche i miei pazienti”.

SOTTO, IL PROSPETTOE LE MASCHERINEDELL’INTERVENTO DI PROTESIAL GINOCCHIO CON TECNICAMYKNEE

I SUOI TRE «CAVALLI DI BATTAGLIA»: L’INTERVENTODI PROTESI D’ANCA PER VIA ANTERIOREMINI-INVASIVA, L’INTERVENTO DI PROTESI ALGINOCCHIO CON TECNICA MYKNEE, L’INTERVENTOCORRETTIVO DI ALLUCE VALGO PERCUTANEO.

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LAMALARIA? È ANCORA UNNEMICORIFLESSIONI PER ILXXI SECOLO

La malaria è una eritrocitopatiaprovocata da parassiti del gene-re plasmodium di cui cinquespecie sono patogene per l’uo-mo (plasmodium falciparum, il

più diffuso ed il più pericoloso, P. Vivax, P.Ovale, P. Malariae e P. Knowlesi) e trasmessidalla puntura di una zanzara della specieanofele.La malaria è presente specialmente nelle zo-ne intertropicali, ma la possibilità di unaestensione verso le zone temperate, in cui la

malattia è scomparsa da quasi un secolo, co-stituisce un problema di attualità legato al ri-scaldamento climatico del pianeta. Infatti, nel2008 sono stati segnalati due casi autoctoninel Sud della Francia (Camarga, dove esisto-no zanzare del genere anofele, vettori poten-ziali di malaria).Nel mondo, la malaria costituisce la primaendemia parassitaria e, secondo l’Organizza-zione Mondiale della Sanità (OMS), la terzacausa di morte di origine infettiva, special-mente nel bambino, dopo le infezioni respira-torie e le diarree, ma prima dell’AIDS. Se-condo l’OMS quasi la metà della popolazio-ne mondiale, ossia più di 3 miliardi di perso-ne, è esposta a questa endemia, anche se negliultimi anni il numero dei casi è diminuito(85% in Africa, 10% in Asia, 4% in Medio-Oriente ed 1 % in America), nei Paesi indu-strializzati i casi di malaria sono di importa-zione (come la malaria degli aeroporti equella dei soggetti che non si sottopongonoad una profilassi corretta suggerita da opera-tori sanitari competenti). L’OMS nel suorapporto del 2009, ha annunciato per la pri-ma volta una riduzione della malaria in alcuniPaesi africani, attribuita ad un miglior uso dizanzariere ed indumenti impregnati con so-stanze repellenti verso le zanzare e dell’uso diterapie di combinazione di artemisina(ACT); pur tuttavia, la chemioresistenza, inspecie del P. falciparum, tocca la maggior par-te dei Paesi endemici.La resistenza al chinino, descritta nelle fore-ste pluviali del Sud-Est asiatico e dell'Amaz-zonia poi segnalata in Africa dell'Est e del-l’Ovest, resta comunque limitata all'Africa.La resistenza alla meflochina, constatata inThailandia dopo il 1989, viene puntualmenteosservata in Africa, lo stesso vale per l’atova-quone-proguanil. Cominciano anche ad es-sere descritte resistenze ai derivati dell’arte-misina, divenuta uno dei pilastri della terapiaantimalarica. All’opposto, si è visto ricompa-rire in alcune zone malariche una sensibilitàalla clorochina dopo numerosi anni di asten-sione di questo farmaco.Tuttavia, questo fe-nomeno ha una portata clinica ristretta, in ra-

IL DOTT. LUIGI FRUTTALDODIRETTORE SANITARIODEL CENTRO MEDICOMONFERRATO DI CASALE

SOTTO, IL CENTRO MEDICOMONFERRATO DI CASALE

RIMANEUNADELLEPRINCIPALICAUSEGLOBALIDIMORTALITÀ

SECONDO L'OMS QUASI LA METÀ DELLAPOPOLAZIONE MONDIALE, OSSIA PIÙ DI 3 MILIARDIDI PERSONE, È ESPOSTA ALLA MALARIA, ANCHESE NEGLI ULTIMI ANNI IL NUMERO DEI CASIÈ DIMINUITO, NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI I CASIDI MALARIA SONO DI IMPORTAZIONE:COME LA MALARIA DEGLI AEROPORTI E QUELLADEI SOGGETTI CHE NON SI SOTTOPONGONOAD UNA PROFILASSI CORRETTA SUGGERITADA OPERATORI SANITARI COMPETENTI.

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gione del suo carattere geograficamente limi-tato ad alcune zone e del rischio di rapidacomparsa della resistenza in caso di riuso del-la, specialmente in monoterapia. Attualmen-te, la clorochina-resistenza comprende ancheil plasmodium vivax in Papuasia-Nuova Gui-nea, nel Sud-Est asiatico ed in Amazzonia.La prescrizione di una chemioprofilassi ido-

nea è un atto personalizzato che può farsi soloin corso di un consulto medico con un sanita-rio esperto prima di recarsi nelle zone ende-miche malariche. Sono indispensabili da rac-cogliere alcune informazioni concernenti ilviaggio, la permanenza, l’età e lo stato di salu-te del soggetto. Inoltre, in funzione del (o dei)Paese visitato/i, si può predire il tipo di resi-stenza di P. falparum al quale sarà esposto ilviaggiatore. L’OMS ha così distinto: Paesi delgruppo 1: clorochino-sensibilità; Paesi delgruppo 2: clorochino-resistenza moderata;Paesi del gruppo 3: clorochino-resistenzaestesa o multiresistenza ai farmaci (multidrugresistance).Infine per quanto riguarda l’immunità natu-rale antimalarica, essa è in funzione delleesposizioni ripetute, è lenta ed incompleta;infatti, una volta lasciata la zona di endemiamalarica lo stato immunitario acquisito siesaurisce nel giro di qualche anno.Questo ac-cade anche nei nativi emigrati nei Paesi indu-strializzati i quali ritornano così suscettibiliall’infezione malarica. Inoltre, la malaria è ca-ratterizzata da cambiamenti successivi dellaconformazione del parassita durante il suo ci-clo e queste differenti conformazioni costi-tuiscono altrettanti gruppi antigenici (sostan-ze capaci di stimolare gli anticorpi protettivi)specifici da tenere in conto. Allo stato attua-le, non esiste alcun vaccino efficace per i viag-giatori o per le popolazioni che vivono in zo-na endemica, anche se sono in sperimenta-zione diverse molecole.All’alba del XXI secolo, la malaria rimanequindi una delle cause maggiori di morbiditàe di mortalità in campo mondiale, malgradouna tendenza recente alla diminuzione diquesta endemia per gli importanti progressiregistrati nel corso degli ultimi decenni nellacomprensione e nella presa in carico delle for-me gravi. Questi vantaggi si scontrano con leinquietudini legate all'estensione delle che-mioresistenze. Un obiettivo prioritario del-l’OMS, “far diminuire la malaria”, riposa sunumerosi assi di lotta:miglioramento dei me-todi di profilassi nella scelta individuale e col-lettiva, sviluppo di nuovi trattamenti accessi-bili alle popolazioni che vivono in zona ende-mica, promozione di ricerche fondamentali ecliniche, specie in Africa che paga il più pe-sante contributo a questo flagello, messa apunto di un vaccino, la sola arma capace diassicurare una eradicazione, attualmente illu-soria con i mezzi a disposizione.

ALL’ALBA DEL XXI SECOLO, LA MALARIA RIMANEUNA DELLE CAUSE MAGGIORI DI MORBIDITÀE DI MORTALITÀ IN CAMPO MONDIALE, MALGRADOUNA TENDENZA RECENTE ALLA DIMINUZIONEDI QUESTA ENDEMIA PER GLI IMPORTANTIPROGRESSI REGISTRATI NEL CORSO DEGLI ULTIMIDECENNI NELLA COMPRENSIONE E NELLA PRESAIN CARICO DELLE FORME GRAVI.QUESTI VANTAGGI SI SCONTRANO CONLE INQUIETUDINI LEGATE ALL’ESTENSIONEDELLE CHEMIORESISTENZE. PURTROPPO È ANCORAL’AFRICA IL TERRITORIO CHE NEL MONDO PAGAIL PIÙ PESANTE CONTRIBUTO A QUESTONON ANCORA DEBELLATO FLAGELLO.

LA ZANZARA:UNO STRAORDINARIOQUANTO LETALEVEICOLO PER LA MALARIA

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LA BIOBANCADEL POLICLINICODISPONE DI 400 CAMPIONIDI DNA TUMORALE

LABIOBANCADELPOLICLINICO:UN INVESTIMENTO PER IL FUTURO

Èoggi in campo bio-medico asso-lutamente indispensabile chel’assistenza ai malati, la ricercaclinica e quella traslata operinoall’unisono e che questa associa-

zione si implementi sempre più. La conserva-zione in opportune condizioni dei tessuti e deiliquidi biologici di provenienza clinica deve es-sere accompagnata da quella dei dati biologicie clinici dei pazienti secondo regole che con-sentano il loro utilizzo in qualsiasi momento.A tal fine sono nate le biobanche, parallela-mente agli strumenti legali per il loro funzio-namento, fra cui i consensi informati. Sin dallasua apertura, nel 2005, il Centro Ricerche hainiziato a collezionare materiale biologico inarrivo dalle Neurochirurgie ed Anatomie Pa-tologiche del Policlinico di Monza e da altreIstituzioni italiane, e ad organizzarlo con iprincipi di una Biobanca. Dopo più di 5 annidi attività si può dire che la Biobanca sia oggicostituita in modo da poter supportare l’ero-gazione di informazioni retrospettiche ed ali-mentare la ricerca scientifica che si svolge alCentro. La Biobanca comprende campionitissutali fissati in formalina ed inclusi inparaffina, campioni congelati e i relativi pre-parati istologici.Tali campioni sono ottenutida pazienti affetti da tumori cerebrali, in par-

ticolare gliomi di tutti e quattro i gradi istolo-gici di malignità secondo la classificazioneWHO (World Health Organization), opera-ti per resezioni parziale o totale. Dalle inclu-sioni in paraffina e dai campioni congelati so-no stati effettuati microprelievi, mediante ca-rotaggio, per l’isolamento di DNA e proteineper l’analisi del profilo molecolare del tumore.Attualmente la Biobanca è composta da oltre400 campioni di DNA tumorale (280 gliomie 133 tumori non-gliali) e da 89 campioni diDNA costitutivo di tumori di origine preva-lentemente gliale, isolati presso il Laboratoriodi Genetica Molecolare del Centro Ricerche.Degli stessi tumori, sono conservati nellaBiobanca 287 estratti proteici ottenuti, rispet-tivamente, da 209 gliomi e 78 tumori non-gliali. Di notevole rilievo è che la nostra Bio-banca contiene gli estratti genomici e proteicidi almeno 21 linee cellulari stabilizzate isolateda colture primarie di 22 casi di glioblastomamultiforme, allestite presso il Laboratorio diColture Cellulari del Centro Ricerche, e di 2linee commerciali di cellule staminali tumora-li. La gestione dei campioni conservati nellaBiobanca avviene attraverso un database in-formatico per l’archiviazione dei relativi daticlinici, molecolari ed eventualmente di fol-low-up. È importante sottolineare che gliestratti genomici e proteici, conservati nellaBiobanca, possiedono un grande valore perfuturi studi genetici e per la valutazione del-l’efficacia di farmaci innovativi su specifici tipitumorali. In ambito clinico-diagnostico, gliestratti genomici e proteici possono essere unostrumento indispensabile per l’identificazionedi marcatori molecolari di risposta a specificheterapie già disponibili o future. Nell’ambitostretto della ricerca, le implicazioni sono mol-teplici: per l’approfondimento dei meccanismimolecolari della trasformazione tumorale, perl’identificazione di marcatori diagnostici deitumori e di target terapeutici appartenenti aimeccanismi molecolari di cui si è detto. Laproduzione del Centro è largamente basatasui campioni della Biobanca e anzi si può direche la costituzione di questa sia stato ed è unostrumento indispensabile di essa.

LA DOTT.SSA MARTA MELLAIDEL CENTRO RICERCHEDI NEUROBIONCOLOGIADEL POLICLINICO DI MONZA

CAMPIONIUTILIATESTARE TERAPIEPRESENTIEFUTURE

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Clinica SalusAlessandria

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