il soccorso dei piccoli di specie selvatiche
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“Il soccorso dei piccoli di specie selvatiche: cosa fare e, soprattutto, cosa non fare" - A cura di Ermanno Giudici – 04/2013 – Riproduzione vietata senza autorizzazione
“Il soccorso dei piccoli di specie selvatiche: cosa fare e, soprattutto, cosa non fare" - A cura di Ermanno Giudici – 04/2013 – Riproduzione vietata senza autorizzazione
“Il soccorso dei piccoli di specie selvatiche: cosa fare e, soprattutto, cosa non fare" - A cura di Ermanno Giudici – 04/2013 – Riproduzione vietata senza autorizzazione
Prole atta
Gli animali nascono autonomi
Mangiano da soli e sono in grado di muoversi
Ricevono cure
parentali in alcuni casi
Sono in grado di vivere
senza aiuto in altri
Piccoli selvatici nascono - 1 -
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Prole inetta
Gli animali non nascono
autonomi e quasi sempre sono ciechi
Devono essere accuditi dai
genitori per un periodo di
tempo variabile.
Vivono il primo periodo in tane
o nidi
La loro sopravvivenza è interamente
delegata ai genitori in fase
giovanile
Piccoli selvatici nascono - 2 -
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Le prede hanno molto spesso piccoli che già dalla nascita sono in grado di avere una vita autonoma: questo, in particolare per gli erbivori, rappresenta l’unica speranza di vita.
I predatori possono permettersi di avere cuccioli a prole inetta perché normalmente il numero dei loro antagonisti è molto più basso.
Che tipologie di piccoli uccelli selvatici è opportuno recuperare?
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Nidiacei caduti / abbandonati / in
situazioni indonee
Sub adulti non del tutto atti
Feriti / traumatizzati
Che tipologie di piccoli selvatici non è opportuno recuperare sotto il profilo scientifico?
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Nidiacei caduti / abbandonati / in
situazioni inidonee
Sub adulti non del tutto atti
Feriti / traumatizzati
Controindicazioni al recupero
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Nidiacei caduti / abbandonati / in
situazioni indonee
• Questi animali rappresentano l’aliquota che la natura mette a disposizione dei predatori ed è costituita prevalentemente da soggetti deboli; • Lo stress a cui questi animali sono sottoposti in cattività è una delle maggiori concause dell’elevato tasso di mortalità; • Il tasso di sopravvivenza di questi animali è molto basso, stimabile nell’ordine di un 15/20% massimo; • Il recupero non deve essere considerato quindi un salvataggio ma soltanto un tentativo di minimizzare il danno, da attuare quando davvero non ci siano possibilità diverse.
Controindicazioni al recupero
• I sub adulti che si trovano in situazioni di apparente difficoltà sono quasi sempre seguiti dai genitori che si preoccupano di nutrirli; • La loro speranza vita è maggiore in libertà rispetto a qualsiasi condizione di cattività: questa fase è una realtà abbastanza comune ed è spesso legata a cause naturali, quali la carenza di tono muscolare; • Gli animali in questo stadio hanno una percezione completa e totale del circostante e vivono la cattività con grande stress, stato che li può condurre a morte; • Il contatto con l’uomo spesso interrompe ogni cura da parte dei genitori: alcune volte l’eccesso di attenzione è più dannoso di un predatore;
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Sub adulti non del tutto atti
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Valutare lo stato apparente
dell’animale e capire se è in
salute
Valutare la tipologia di mantello /
piumaggio per capire lo stadio
di crescita
Fare attenzione alla presenza dei genitori sul
posto
Valutare se esistono per
l’animale reali pericoli derivanti
dall’ambiente
Valutare se e come sia
possibile dare un aiuto sul posto, senza
doverlo spostare
Norme di comportamento
Prima di decidere se un piccolo di selvatico sia da considerarsi realmente in pericolo di vita occorre fare delle riflessioni e osservare con attenzione
cosa succede intorno al supposto “animale in pericolo”:
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Solo dopo aver fatto queste valutazioni sarà possibile prendere una decisione consapevole, partendo dal presupposto che la raccolta di un selvatico deve essere
l’ultima opzione possibile, mai la prima.
Illustra che la realtà può
essere molto diversa da come
appare
Invita a osservare con attenzione per
un tempo sufficientemente
lungo se l’abbandono è
reale
Spiega che un soccorso
frettoloso può rappresentare
un grosso danno per l’animale
Fa presente che in cattività gli animali “sani” hanno meno possibilità di
sopravvivere che in natura
Non sempre una “buona
intenzione” si traduce in un
reale vantaggio per l’animale
Cosa risponde l’ENPA a chi richiede il soccorso di un selvatico?
La priorità dell’Ente è far desistere da un comportamento sbagliato.
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Prendere un selvatico dall’ambiente credendolo in difficoltà, infatti, non è un’azione positiva.
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La decisione è stata presa: il cucciolo è stato portato in sede
Ma cosa è il benessere?
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Probabilmente la miglior definizione del benessere è quella espressa da Donald Maurice Broom, professore emerito di “benessere animale” all’università di Cambridge, nell’oramai lontano 1986:
“Il benessere di un individuo è la sua condizione rispetto alla sua capacità di adattarsi all’ambiente”
Questa definizione indica che quando l’animale non è in condizione di adattarsi positivamente alle condizioni di detenzione si trova in uno stato di sofferenza.
La prima causa di sofferenza per un animale
selvatico deriva dallo stress ambientale
Un altro fattore importante è rappresentato dalle manipolazioni errate
I rumori, specie se forti e improvvisi, costituiscono
un fattore primario di stress
L’alimentazione forzata rappresenta uno stress e può essere causa di gravi
infezioni polmonari e lesioni di varia natura
Un nido o una tana sono solitamente in penombra,
silenziosi e tranquilli: cercate di ricostruire
questo ambiente
Benessere: lo stato opposto del disagio
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Cuccioli di selvatico: principali fattori negativi della cattività
• La cattività quasi sempre impedisce agli animali lo svolgimento delle attività etologiche normali della specie
• In cattività quasi mai si riesce a replicare situazioni molto simili a quelle naturali
• Nei cuccioli lo stimolo del nutrirsi è un comportamento naturale primario: quando non è presente si è costretti all’alimentazione forzata, con tutte le criticità dell’operazione
• Il miglior rapporto con l’animale è quello che non prevede il contatto diretto per manipolazioni
• I cuccioli riconoscono come affine la creatura vivente che si occupa di loro
• Un animale imprintato può avere difficoltà nel rapporto con i suoi simili e può non avere paura dell’uomo, diventando vulnerabile oppure potenzialmente aggressivo
• Le cure parentali non sono limitate all’alimentazione del piccolo ma stimolano l’emulazione di comportamenti positivi
• In animali specializzati l’assenza delle cure parentali può pregiudicare la vita in libertà
Assenza di cure parentali Imprinting
Difficoltà di mettere in atto comportamenti
naturali
Danni causati da stress e
manipolazioni
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Conclusioni
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Per rendere migliore la condizione di un animale selvatico ricoverato è giusto sapere che:
• Il suo benessere dipende dai nostri comportamenti e dalle nostre attenzioni: delicatezza, assenza di rumori inutili, attenzione nelle manipolazioni fanno la differenza. • Le cure fornite correttamente consentono di abbreviare il tempo di custodia dell’animale, che è inversamente proporzionale alla sua speranza di vita. • Piccole cose che sembrano poco importanti possono fare la differenza: per un uccello avere penne rovinate dalla gabbia che lo ospita significherà non volare e non poter essere liberato. • Comportamenti poco attenti o errati potrebbero essere una causa di morte, vanificando l’obbiettivo che è quello di rimettere un animale in libertà. • L’elevata mortalità è un fatto legato alla situazione complessiva: può essere attenuata, mai eliminata.
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… e poi il lieto fine