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Impatto della realtà socio-culturale e religiosa sulla Vita Consacrata (VC) nell’America Latina. Ricerca di risposte Roma- novembre 2004 J.B. Libanio 1.Introduzione: definizione dei concetti All’inizio di questo millennio le robuste navi della modernità che attraversano mari agitati, si vedono scosse da violente tempeste. Si delinea una cultura che sta corrodendo i miti moderni, le tradizionali forme economiche e politiche, le solide basi della razionalità, le vetuste istituzioni religiose. L’istituzione religiosa della VC è coinvolta in questo turbine. Vita religiosa In questo testo la VC si ritiene basata su tre elementi strutturali: esperienza fondante di Dio, vita comunitaria e missione, non solo sui voti. Questi hanno significato se correlati ai tre elementi indicati. Stanno nascendo altri tipi di VC che ne spostano le caratteristiche e configurano una nuova esperienza, soprattutto comunitaria. Contesto attuale Il mondo contemporaneo è analizzato sotto aspetti culturali che presentano un’estrema complessità. Si discute sulla cultura della vita che comprende sia la pastorale dell’infanzia che l’etica della cura dell’anziano, sull’anticultura della morte dagli inizi abortivi allo sterminio di massa a causa delle malattie endemiche, delle armi mortali, del flagello della fame. Il pluralismo apre le braccia alla varietà delle etnie, culture, lingue, valori e religioni provocando al tempo stesso il risultato opposto dell’uniformità globalizzante della koinè dell’inglese informatizzato, dei fanatismi e fondamentalismi esclusivisti, delle ortodossie canoniche e dogmatiche. Vi si aggiunge la complicazione della mentalità post-moderna che paradossalmente coniuga un’ardente sete di sacro con una secolarizzazione invasiva, una seduzione per la trascendenza con una sex-educazione strisciante, una sete d’amore e d’intimità affettiva con uno sfrenato disordine amoroso. Queste espressioni culturali non fluttuano nel vuoto della sovrastruttura, ma sono prodotte e alimentate dalle sfere economiche e politiche le cui maggiori espressioni sono il neo-liberalismo nella sua forma peggiore della globalizzazione finanziaria, la decadenza della democrazia formale, i movimenti migratori dei poveri, degli esclusi, dei disoccupati. Non si hanno cambiamenti culturali consistenti senza radicali trasformazioni economiche e politiche. Allora il ruolo principale della VC si svolge nell’ambito culturale, con un occhio rivolto a quello economico come fattore di base. Non occorre nessun marxismo per affermare ciò, basta guardare al ruolo dell’amministrazione economica delle istituzioni, anche religiose, per vedere quali aberrazioni può produrre l’’aspetto economico in palese contraddizione con i principi etici che la regolano. La VC inserita nel contesto contemporaneo partecipa alla cultura della vita e all'anticultura della morte. Dato che la VC non è nostra, ma è un dono di Dio alla Chiesa e al mondo, in questa turbolenta congiuntura mondiale, abbiamo la responsabilità di vigilare su di essa con zelo e con la massima lucidità possibile. America Latina

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Impatto della realtà socio-culturale e religiosa sulla Vita Consacrata (VC) nell’America Latina. Ricerca di risposte

Roma- novembre 2004 J.B. Libanio

1.Introduzione: definizione dei concetti

All’inizio di questo millennio le robuste navi della modernità che attraversano mari agitati, si vedono scosse da violente tempeste. Si delinea una cultura che sta corrodendo i miti moderni, le tradizionali forme economiche e politiche, le solide basi della razionalità, le vetuste istituzioni religiose. L’istituzione religiosa della VC è coinvolta in questo turbine.

Vita religiosa In questo testo la VC si ritiene basata su tre elementi strutturali: esperienza fondante di Dio, vita comunitaria e missione, non solo sui voti. Questi hanno significato se correlati ai tre elementi indicati. Stanno nascendo altri tipi di VC che ne spostano le caratteristiche e configurano una nuova esperienza, soprattutto comunitaria.

Contesto attuale Il mondo contemporaneo è analizzato sotto aspetti culturali che presentano un’estrema complessità. Si discute sulla cultura della vita che comprende sia la pastorale dell’infanzia che l’etica della cura dell’anziano, sull’anticultura della morte dagli inizi abortivi allo sterminio di massa a causa delle malattie endemiche, delle armi mortali, del flagello della fame. Il pluralismo apre le braccia alla varietà delle etnie, culture, lingue, valori e religioni provocando al tempo stesso il risultato opposto dell’uniformità globalizzante della koinè dell’inglese informatizzato, dei fanatismi e fondamentalismi esclusivisti, delle ortodossie canoniche e dogmatiche. Vi si aggiunge la complicazione della mentalità post-moderna che paradossalmente coniuga un’ardente sete di sacro con una secolarizzazione invasiva, una seduzione per la trascendenza con una sex-educazione strisciante, una sete d’amore e d’intimità affettiva con uno sfrenato disordine amoroso. Queste espressioni culturali non fluttuano nel vuoto della sovrastruttura, ma sono prodotte e alimentate dalle sfere economiche e politiche le cui maggiori espressioni sono il neo-liberalismo nella sua forma peggiore della globalizzazione finanziaria, la decadenza della democrazia formale, i movimenti migratori dei poveri, degli esclusi, dei disoccupati. Non si hanno cambiamenti culturali consistenti senza radicali trasformazioni economiche e politiche. Allora il ruolo principale della VC si svolge nell’ambito culturale, con un occhio rivolto a quello economico come fattore di base. Non occorre nessun marxismo per affermare ciò, basta guardare al ruolo dell’amministrazione economica delle istituzioni, anche religiose, per vedere quali aberrazioni può produrre l’’aspetto economico in palese contraddizione con i principi etici che la regolano. La VC inserita nel contesto contemporaneo partecipa alla cultura della vita e all'anticultura della morte. Dato che la VC non è nostra, ma è un dono di Dio alla Chiesa e al mondo, in questa turbolenta congiuntura mondiale, abbiamo la responsabilità di vigilare su di essa con zelo e con la massima lucidità possibile.

America Latina

L’America Latina non è inclusa in questa riflessione perché luogo geografico della VC che qui si sta studiando, ma come punto di vista per comprendere la totalità della VC. E’ il luogo da cui si vede la totalità della sua realtà. Quindi una totalità che parte da una particolarità. Questo luogo che si chiama Sud è la “metafora della sofferenza umana causata dal capitalismo”, significa resistenza al dominio del Nord, nella sua autenticità parla di ciò che in esso non è stato totalmente deformato o distrutto da questa dominazione e non si è trasformato nel risultato del rapporto colonialista capitalista, secondo le taglienti espressioni dello scienziato politico portoghese Bonaventura Santos 1[1].E dalla periferia si rendono più visibili le strutture di potere e di sapere amministrate dal Nord. La piattaforma religiosa dell’America Latina si distingue da quella europea per la sua matrice sincretica dominante, una religiosità di fondo in fase di frammentazione e di soggettivizzazione nelle coscienze e una pluralità crescente di agenzie religiose di prestazione di servizi, mentre in Europa la religione è sottoposta ad un violento processo di secolarizzazione, oltre a soffrire della “rivincita del sacro”2[2] e della presenza del “sacro selvaggio”3[3]. Il Congresso ha posto l’insieme della riflessione in una prospettiva interculturale. Regione, genere, età, diversità d’uffici/ incarichi con una quadruplice fedeltà: all’uomo d’oggi, a Gesù Cristo e al Vangelo, alla Chiesa e alla sua missione nel mondo, alla VC e al carisma dell’Istituzione.

Angolo visuale della presente riflessione Si tratta di una lettura analitica e non moralista nella quale si indicano aspetti restrittivi e propositivi. Si propone di portare ad un discernimento del reale nella sua ambiguità, perplessità e paradosso. Cerca di avvicinarsi alla realtà, di comprenderla nella sua complessità per impossessarsi dei suoi elementi storici e strutturali specifici, alla ricerca di piste e di risposte. Fa propri i quattro verbi indicati nel testo base del Congresso: accogliere, lasciarsi trasformare, iniziare una nuova prassi e celebrare. E’ attento al nuovo che sta già nascendo come dono di Dio, a ciò che potrà sbocciare nel prolungarsi del presente o nascere dall’imprevisto.

II Elementi del mondo contemporaneo 1.Paura della libertà e della responsabilità Descrizione Attualmente si vive un paradosso rispetto alla libertà. Bisogna fare una distinzione tra libertà di scelta e libertà teologica. La prima si pratica per i beni materiali e simbolici. Quanto più entriamo nella società moderna, tanto più siamo liberi di scegliere alternative e opportunità. Le persone che vengono da un mondo rurale, quando s’immergono nel mondo delle grandi città, con offerte in tutti i campi fino all’esaurimento decisionale, si 1[1] B. de Sousa Santos, Dal post-moderno al post- coloniale e al di là dell’uno e dell’altro, conferenza d’apertura del VII Congresso Luso- Afro- Brasiliano di Scienze Sociali, Coimbra, 16.18 settembre 2004. Da< htpp://www. Ces.us.pt/misc/Do post- moderno ao pos-colonial.pdf> 2[2] L. Kolakowski. La rivincita del sacro nella cultura profana, in Religione e Società (1977), n. 1, p. 153-162. 3[3] R. Bastide, Il sacro selvaggio e altri saggi, Paris, Stock, 1977.

sentono ubriacati da questa libertà. L’effetto illusorio di questa libertà si vede chiaramente perché le persone diventano schiave del consumismo. Mettiamo da parte questo tipo di libertà. La libertà fondamentale o teologica, perché la interpretiamo alla luce della rivelazione, si riferisce al centro del proprio io. E trova il suo momento più importante, profondo e radicale allorché il nostro io si pone davanti a Dio per fare la grande scelta di accoglierlo o di rifiutarlo4[4]. Dato che quest’atto ci definisce per tutta l’eternità, abbiamo una terribile paura di questa libertà5[5]. Questa è inclusa fondamentalmente nella VC. La paura di prenderla nelle proprie mani rende difficile accettare la serietà della VC e la sua definitività. Essa coinvolge l’essere umano nella sua totalità per la vita e per la morte. Donde la grande paura, poiché in essa si gioca tutto. In una cultura del provvisorio, dell’usa e getta, la libertà vissuta nel senso pieno dell’abbandono di sé al Trascendente, spaventa per il suo carattere di definitività. E’ una libertà che non si realizza nel mondo delle cose ma a confronto con altre libertà che esprimono e concretizzano per noi la libertà di Dio che ci chiama.

Ricerca di risposte. La strada per affrontare la paura della decisione si trova nella formazione alla libertà. Ci sono due prospettive fondamentali per la comprensione della libertà: conquista e dono. Nel mondo politico la libertà si presenta come la grande bandiera della Rivoluzione Francese, iscritta nella Carta dei Diritti Umani sotto diverse forme. E’ stata una conquista al prezzo di molto sangue. Nel campo economico il capitalismo propugna la libera iniziativa come dogma fondamentale. Gli operai rivendicano una serie di diritti sociali, vincolati alla libertà, ottenuti per mezzo d’incredibili lotte, di cui è simbolo la festa del 1°. Maggio. Una certa filosofia esistenzialista contrappone all’esistenza di Dio, l’affermazione della conquista della libertà umana. La psicanalisi porta la battaglia per la libertà umana, verso il mondo dell’incoscio. In questa prospettiva la formazione per la libertà si definisce come un’incessante battaglia contro forze che la bloccano. E’ un aspetto che non si può tralasciare, perché tutta la libertà umana si confronta con avversari esterni e interni. E la VC non è esente da tale situazione. Sotto l’aspetto teologale, la libertà è vista come dono nel duplice ordine di creazione e di grazia. Dio crea l’essere umano libero o lo sostiene nell’esistenza, come libertà dinanzi a Lui 6[6].La libertà ferita dal peccato, ma non totalmente distrutta, è libertà per la grazia vittoriosa di Cristo. La teologia paolina conferma questa linea. La libertà vista come grazia porta conseguenze benefiche alla formazione. Suscita un atteggiamento di gratitudine e di responsabilità. Toglie l’acredine di rivendicazioni bellicose o un atteggiamento d’indipendenza e di autonomia totali, collocandosi invece sulla linea della relazione fondamentale con Dio e con le altre libertà, anch’esse dono. Si capisce allora come essa si realizzi proprio nel confronto con la libertà di Dio e dei fratelli e come gli impegni religiosi non ne siano la negazione, ma la realizzazione più piena.

4[4] Karl Ranher, Horer des Wortes: zur Grundlegung einer Religiophilosophie. Munchen, Kosel 1963, p. 209 5[5] E. Fromm. La paura della libertà, Rio de Janeiro Zahar 1960. 6[6] K.Rahner, Teologia della Libertà, Caxias do Sul, Paulinas 1970

2.Perdita della coscienza storica ed etica Descrizione

La perdita della coscienza della storia caratterizza questo momento prevalentemente post-moderno. Sfuma il passato, si oscura il futuro e resta il presente senza storia. Fattore decisivo della perdita di coscienza della storia sono le tecnologie dell’informazione che ci trasmettono i dati senza contesto, senza orientamento, senza contorni, senza criteri assiologici, in una pura immediatezza, in un continuo “on-line”. Tutto è puro presente, senza poter distinguere il reale dal virtuale, in un vero mondo di “simulazione”( J. Baudrillard ). Non c’è domani, né si risponde per esso. Ci sono varie espressioni per tradurre questa situazione: fine della storia7[7] e dei meta-racconti8[8], fine dell’utopia9[9], smantellamento della storia ecc. Ma in fondo c’è un sospetto generalizzato sulle realtà, concetti, ideologie, teologie che sfidano la transitorietà del presente. E quest’onda sommerge la VC. Con la fine della storia spariscono le responsabilità e l’etica nella sua dimensione incondizionata. Non c’impegniamo definitivamente con niente e con nessuno. Ogni decisione è solo al presente. Può essere revocata da un’altra anch’essa al presente. La superficialità impedisce di prendere impegni definitivi. Ci si domanda se la debole coscienza storica dei giovani sia un dato culturale o un difetto di formazione, poco profonda. Probabilmente dipende da entrambi i fattori. La storicità è dimensione fondamentale della nostra identità umana e cristiana e quindi della VC. Perciò senza di essa difficilmente si formerà un’identità definita nella VC.

Ricerca di risposte Negli anni 70, nell’America Latina, la VC ha assunto con serietà l’educazione della coscienza critica, sulle orme dell’educazione liberatrice di Paulo Freire 10[10]. Abbiamo creato piccoli strumenti per aiutare a formare la coscienza critica in diverse situazioni11[11].Era necessario nelle assemblee, nella revisione delle opere, nello studio delle comunità. Purtroppo sembra sia necessario tornare a ripensare questa problematica in tempi di post-modernismo, di estrema soggettività, di insubordinazione davanti alla realtà12[12].Non si tratta di esasperare le critiche alle istituzioni e alle realtà sociali che sono fuori di noi, ma di un ritorno critico su se stessi in un gioco di inserimento e di emersione, di prossimità e di distanza.

7[7] F. Fukuyama. La fine della storia e l’ultimo Uomo, Rio de Janeiro, Rocco 1992. 8[8] “Semplificando al massimo, si considera post-moderna l’incredulità rispetto ai meta-racconti” J.F Lyotard. Il post- moderno, Rio, Josè Olimpio, 1986 p.XVI. 9[9] H. Marcuse. La fine dell’utopia, Rio de Janeiro, Paz e Terra 1969. 10[10]J.B Libanio. La coscienza critica dei religiosi, Rio de Janeiro, Conferenza dei Religiosi del Brasile, 1974; H.Cl de Lima Vaz, la Chiesa e il problema della “Coscientizzazione”, in VOZES 62 (1968), p. 483-493; P.Freire, Pedagogia dell’oppresso, 3. Ed. Rio de Janeiro: Paz e Terra, 1975. 11[11] Formazione della coscienza critica 1 : sussidi filosofico- culturali. Petropolis: Voci; Rio De Janeiro conferenza dei Religiosi del Brasile, 1978, Formazione della coscienza critica 2; sussidi socio-analitici. Petropolis; Vozes; Rio de Janeiro: conferenza dei religiosi del Brasile 1979; con la collaborazione di l.A. Monnerat Celes. Formazione della coscienza critica 3: sussidi psicopedagogici, Petropolis: Vozes: Rio de Janeiro: Conferenza dei religiosi del Brasile 1979. 12[12] Una ricerca del 1998 costata che i religiosi/e riconoscono (Uomini 78,4% e Donne 88,0 %) “Non ha buona formazione politica”: CERIS/CRB, Vita Religiosa in Brasile, Ricerca e primi risultati Rio, CRB, 1988, p. 75.

E’ necessario che l’educazione sviluppi nelle persone la capacità di giudicare e apprezzare la propria esperienza, il proprio pensare, il proprio agire, la propria situazione, prendendo coscienza di se stessi in un determinato contesto. Nella formazione della coscienza critica diventano fondamentali tre aspetti: coscienza del carattere definito, coscienza possibile e coscienza dei miti del momento. Col carattere definito si evita l’universalizzazione ideologica del particolare; il limite della coscienza possibile permette di estendere le frontiere del pensare e dell’agire di un determinato tempo e spazio e il rilievo dei miti spezza le evidenze ingannatrici della cultura attuale. Per educare la coscienza critica e storica, negli studi occorre seguire i binari del percorso dei concetti e delle teorie. Ma c’è una certa ambiguità nella comprensione della storicità. Questa permette un processo di liberazione, allorché smaschera come relativi, definiti e contestualizzati concetti e posizioni che si arrogano diritti e poteri universali. C’è però il doppio rischio di generare relativismo e storicismo. Il relativismo distrugge ogni possibilità di costruzione di qualcosa di consistente, poiché “tutti i progetti di trasformazione sociale sono ugualmente validi, o, il che è lo stesso, sono ugualmente invalidi13[13]. Il pericolo opposto viene dallo storicismo che immagina la storia come uno sviluppo lineare e giudica tutti i momenti e tutti gli stadi culturali, soprattutto quelli dei paesi periferici, secondo i parametri di sviluppo dei paesi centrali. Questi pretendono di essere il prototipo dello sviluppo e stabiliscono le tappe da percorrere per quelli che sono arretrati, per la crescita dell’essere umano. Il modello storicista non riuscirà mai a capire e ad immaginare come una regione periferica possa per certi aspetti essere molto più evoluta di un paese considerato sviluppato. La creazione e lo sviluppo di una coscienza critica e storica sono favoriti dal dialogo. E riferendosi alla metafora del testo base della samaritana e aggiungendovi la scena della confessione di Pietro si rivela la natura di questo dialogo: essere mossi dall’amore. Solo l’amore ristruttura le persone dall’interno, aprendo loro maggiori orizzonti di coraggio, responsabilità e impegno. Sant'Agostino lo riassume bene quando dice: ”Siamo quello che amiamo”14[14]. Il religioso sa che il primo samaritano è Dio Padre. Lui c’invia il samaritano Gesù e si avvicina a noi attraverso gli altri innumerevoli samaritani che ci curano dalle piaghe post-moderne della superficialità, banalità e vuoto decisionale.

Contesto neoliberale e mediatico Descrizione

Senza entrare nella questione politica ed economica del neoliberismo e nelle implicazioni di questo tipo del mondo mediatico, mi soffermerò sull’aspetto ideologico e culturale. Il forte impatto mediatico demolisce i riferimenti fissi e universali, moltiplicando i modelli e le concezioni della vita. La propaganda bombarda le motivazioni, creando la logica dello stimolo-ricerca, andando di là dal semplice gioco capitalista dell’offerta e della domanda15[15].Lo spirito nichilista invade la società. Questo significa che i valori supremi si deprezzano, la domanda “perché” non ha risposta, manca la finalità. “Il nichilismo è proprio l’ateismo non come attitudine, ma come spirito. E’ la dissoluzione dei fondamenti etici della vita e del suo millenario fondamento nella sfera del sacro”. “Il nichilismo è

13[13] B. Santos, art. cit. 14[14] “Talis est quisque, qualis eius dilecto est”, Sant’Agostino Comm. I ep. Johan II. 14 15[15] E. Cardieri, Gioventù e vita religiosa. Approcci educativi, in M.Fabri dos Anjos: Nuove Generazioni e Vita Religiosa. Ricerca e analisi prospettive sulla Vita Religiosa in Brasile, Aparecida/San Paolo, Santuario 2 ed. 2004 p. 117.

fondamentalmente assiologico: è l’accettazione del niente come principio e fine di tutti i valori”16[16]. Esperienza traumatica che ha provocato resistenze imprevedibili nel post-modernismo. L’ideologia neo-liberale supportata dalla cultura mediatica diffonde i valori della sanità, il culto della bellezza del corpo, il carattere decisivo dell’apparenza. E’ il regno del fisico e del marketing. Questo trionfo della cultura mediatica tocca pienamente il mondo della VC. Occupa il tempo esterno e interno dei religiosi. Influenza il modo di pensarsi come religiosi. Esternalizza gli elementi sociali della vita. Crea identità virtuali, genera confusione tra il reale e il virtuale. Ancor più grave è che si formino identità egocentriche e povere comunità emozionali17[17], con una chiara perdita della dimensione sociale. Il contesto liberale favorisce la creazione d’identità narcisiste dedite principalmente al culto di sé, della propria apparenza ed a gruppi che rafforzano questa dimensione esistenziale. Si nutrono della cultura mediatica. Al neoliberismo è legata con una relazione circolare causa- effetto, la globalizzazione. Rafforza il neoliberismo che a sua volta la provoca. Essa porta con sé una crescente povertà e molteplici forme di ingiustizia sociale con discriminazioni collettive. In termini psico-culturali, essa spersonalizza, sradica, destoricizza, soprattutto i popoli semplici e poveri che hanno meno possibilità di reagire e resistere. Mentre in molti luoghi provoca posizioni reattive di razzismo, xenofobia, nazionalismo, classismo.

Ricerca di risposte Un P. Generale di una grande Congregazione religiosa, facendone il bilancio, rilevava un evidente regresso riguardo all’impegno di solidarietà con i poveri e la necessità di “trovare il cammino dei poveri” e di creare uno “stile de vita personale e comunitaria solidale con i poveri”. Costatava che solo il 9% dei suoi membri si dedicavano specialmente al settore sociale pur riconoscendo, con sguardo speranzoso che i ministeri si erano imbevuti della scelta per i poveri. Una ricerca sulle Nuove Generazioni rivela che la motivazione della scelta per i poveri pesa ancora nella scelta vocazionale pur rilevando, in altri momenti, una caduta di quest’entusiasmo. Probabilmente c’è una certa ambiguità nella motivazione. Una cosa è dirsi motivato per la “causa dei poveri” altra è desiderare di vivere e di rimanere vicino ai poveri come “ un modo evangelico “ di vita che può essere sostenuto solo da una mistica d’identificazione con Gesù Cristo18[18]. 16[16] H. Vaz, Religione e Società negli ultimi Venti anni (1965-1985), in Sintesi 15 p. 29. 17[17] L.W.Storch-J.R. Cozac, Relazioni virtuali: il lato umano della comunicazione elettronica. Petropolis Vozes, 1995: 18[18] P. Palacio osserva che c’è identità tra l’impegno per la causa dei poveri e il servirli in nome di Gesù e del vangelo. Però le motivazioni in un senso o nell’altro possono non essere le stesse. Si manifesta il lato evangelico, quando anche nel caso in cui la causa del povero sembri perduta si continui nella lotta. “Rimanere contro ogni speranza quando tutti abbandonano, è forse la forma cristiana per eccellenza di servire i poveri. “Rimanere” è farsi poveri con i poveri, cioè affermare con la vita il valore assoluto del povero come persona, la sua dignità umana sacra e inviolabile, anche se sfigurata. Identificare la propria vita con la vita e il destino dei poveri è più che una “causa” e non si può confondere col fare. E’ un “modo evangelico di vivere” la cui giustificazione è lo stesso Gesù: perché Lui è stato così, identificato e solidale con i piccoli. Per questo l’identificazione con i piccoli e gli esclusi è più che una questione d’altruismo. E si può sopportare solo quando è alimentata dalla mistica dell’identificazione con Gesù Cristo- è il senso della sequela cristiana- come espressione della solidarietà di Dio con la vita umana”Continua domandando se il servizio ai fratelli come prima motivazione non rafforzerebbe una VC come piattaforma per “fare” cose e non come forma di vita

In altre parole lo stimolo a realizzare la solidarietà con i poveri consente tre diverse prospettive. Nel primo caso può contentarsi di azioni solidali isolate e a volte solo sporadiche. Con esse si consola il cuore. In un grado più alto si cerca una presenza solidale vicino ai poveri a difesa dei loro diritti, con una vicinanza intermittente e perfino con una vita inserita nel loro ambiente. Una maggiore pretesa consiste nello sviluppare una cultura della solidarietà. E quando si dice cultura s’intende la creazione di un universo simbolico reale, in cui i gesti, i pensieri, le azioni delle persone sono comprensibili per sé e per gli altri solo in una prospettiva di solidarietà. Questo sarebbe il più alto ideale della scelta per i poveri. La globalizzazione si può interpretare partendo dalla metafora di Babele. Con una lettura attenta del testo, si scopre che la confusione delle lingue è opera di Dio e il desiderio di una sola lingua di un solo labbro, creatore di unità ed uniformità esterna mediante il comando e la forza dominatrice è un ibrido prodotto umano. La globalizzazione è opera del potere e delle imposizioni dei signori del mondo che vogliono erigere la grande torre e dalla sua cima imporre il linguaggio unico del mercato. Viene Dio e crea la confusione dei poveri, delle periferie che non accettano questo dominio. Dio è confusione del potere unificatore. Continuando con la parabola, la VC nei secoli è venuta creando un linguaggio uniforme ed ecco che il post-modernismo somiglia alla confusione delle nuove forme ed espressioni. Forse questa è la nuova maniera di agire di Dio. Qualcuno potrebbe opporre un’altra metafora biblica: la pentecoste. Lì sembra che succeda tutto al contrario. Lo Spirito unifica e una tale lettura si sfrutta molto. Ma se osserviamo bene il testo, questo non dice che gli apostoli parlavano una sola lingua e tutti capivano, ma che ciascuno capiva nella sua lingua, quindi nella diversità. Coniugando le due metafore, la globalizzazione sembra l‘imposizione che lo Spirito di Dio distrugge attraverso la confusione delle reazioni (Babele) o attraverso la differenza di recepimento della stessa (Pentecoste). L’uniformità viene dal di fuori, la percezione interpretativa dal di dentro, dall’esperienza, dalla libertà, dalla coscienza. In termini di risposta s’impone la necessità dell’inculturazione e della flessibilità istituzionale. Si apre qui un enorme continente di speranza e di attesa. Abbiamo solo iniziato veramente i passi per una vera inculturazione, pur essendo stato il tema ampiamente trattato specialmente nello spazio di dialogo interreligioso.

4. Confusione tra vocazione e professione Descrizione

La modernità avanzata ha mescolato le realtà di vocazione e professione, con conseguenze per l’identità dell’essere religioso. Professione vuol dire competenza, efficienza, produttività, riconoscimento sociale. Esige e si preoccupa della preparazione per il suo esercizio. Si entra in una spirale di corsi e titoli per conseguire sempre maggiore credibilità dinanzi alla società e così ottenere risultati e remunerazione. La professione non permette insuccesso. Cessa quando la persona diventa incapace di esercitarla per età, malattia, pensionamento. Non resiste al tempo. E’ fortemente condizionata da fattori esterni alla persona.

evangelica. Una delle maggiori contraddizioni della VC oggi è la rottura tra la VC che “realizza” e la sua “maniera di vivere”. C. Palacio, Novas Geraçoes e Vida Religiosa. Ricerca e analisi in prospettiva sulla Vita Religiosa nel Brasile, Aparecida/San Paolo, Santuario, 2°. Ed, 2004, p. 145s.

La vocazione a sua volta viaggia per il mondo della gratuità. La motivazione viene dall’intimo. Essa rivela un “più”, in qualsiasi attività esercitata dalla persona. Nelle situazioni più avverse, come la malattia e la vecchiaia, la vocazione rimane, anche soltanto sotto l’unica forma della preghiera e della vita. Ha il carattere della perennità propria dell’abbandono a Dio. In una lettura teologica la vocazione appartiene più al carisma che all’istituzione. Trova la sua ultima fonte nella chiamata di Dio, tanto nella vita secolare che nella religiosa.

Ricerca di risposte Vocazione e professione non sono due cose separate, ma due dimensioni differenti dell’attività umana con caratteristiche specifiche. L’identità dell’essere religioso implica una relazione specifica tra le due e si vede minacciata quando la professione si sovrappone alla vocazione. Il fondamento viene dalla vocazione. Questa dà senso e motivazione alla professione e non viceversa. La VC considera la competenza professionale a partire e in funzione della vocazione e non come una realtà autonoma. Professione e vocazione si distinguono anche se si uniscono. La società attuale valorizza la professione al punto da considerarla criterio di valorizzazione della vocazione. Donde continue crisi. Il percorso formativo sembra essere inverso: leggere la professione in vista della vocazione secondo il criterio ignaziano del tantum quantum. Tanto più professione quanto questa più aiuta la vocazione e la missione. Il principio della soluzione è nella comprensione teologica della vocazione che come chiamata di Dio dà senso alla professione. Questa entra nella VC, come espressione e concretizzazione di una vocazione maggiore, dono di Dio. Nella VC non c’è una professione puramente secolare.

5. Fallibilità delle Istituzioni: perdita della fonte di garanzia La VC ha ricevuto e continua a ricevere un enorme incentivo dall’Istituzione Chiesa, specialmente sulle nuove forme che nascono dai movimenti di rinnovamento e da nuove esperienze di comunità. Peraltro i dicasteri le regolano dando loro norme. L’istituzione ecclesiastica cattolica, anche nella sua forma suprema, si vede minacciata come ogni istituzione del post-modernismo dalla crescente perdita di credibilità. In altri momenti gli attacchi contro di essa venivano dai nemici. Questi finivano per rafforzarla. La novità del momento attuale è nel fatto che la stessa Chiesa ha riconosciuto la sua fragilità. Nel Concilio Vaticano II, davanti alla santità di Cristo, si confessa santa, ma anche peccatrice, con la necessità di purificarsi cercando sempre la penitenza e il rinnovamento19[19].In modo concreto e molto visibile Giovanni Paolo II ha chiesto pubblicamente perdono per i peccati e gli errori storici della Chiesa, alcuni gravi e contro i

19[19] VaticanoII, Lumen Gentium, n. 8; K. Rahner, Il peccato nella Chiesa, in G.Barauna, La Chiesa del VaticanoII, Petropolis, Vozes, 1965, p. 453-469.

diritti fondamentali dell’essere umano20[20].In un altro luogo scrive: “Pur essendo santa per la sua incorporazione in Cristo, la Chiesa non si stanca di fare penitenza: riconosce sempre come suoi, davanti a Dio e agli uomini, i figli peccatori”21[21]. Se da un lato è stato un atto di grandezza di spirito, dall’altro ha generato una certa insicurezza. Se nel passato si è sbagliato e gravemente, si può sbagliare anche e allo stesso modo nel presente. Così affermazioni perentorie che ieri erano garanzia assoluta di verità e credibilità, oggi lasciano un’ombra di sospetto: “Chissà”…E su questo ci mette in allerta l’opera di Gonzales Faus22[22].

Ricerca di risposte La difficoltà di opporsi a questi sospetti è tanto maggiore quanto più oggi si è creata una disaffezione generalizzata verso le istituzioni. La crisi di affidabilità colpisce tutte le istituzioni. Il movimento del Maggio 68 in Francia è stato l’epicentro della crisi. Da allora non c’è stato recupero per le istituzioni politiche, sociali e culturali. La Chiesa non è esente da questa valanga di disprezzo, anche se in Brasile conserva un’accettabile rispettabilità. In altri paesi specialmente dopo la diffusione mediatica degli scandali sessuali interni, il discredito è aumentato. La grande stampa ne fa spesso la caricatura sfruttando negativamente le sue posizioni specialmente nel campo familiare e sessuale. C’è una certa difficoltà a “ sentire in et cum Ecclesia” che “non esprime soltanto un sentimento favorevole alla Chiesa, ma anche il pensare ed essere completamente in comunione con la Chiesa con la testa e col cuore”23[23].E’ il problema dell’incarnazione della grazia. Se al tempo di Gesù, la sua carne è stata scandalo che non sono riusciti a superare riconoscendo in lui il Messia, l’Inviato di Dio, oggi la Chiesa provoca lo stesso scandalo. Credere nella sacramentalità salvifica della Chiesa in un momento culturale in cui la sua fragilità, la sua condizione di peccatrice è esposta al massimo, implica una dimensione di fede profonda. La sfiducia, il sospetto e soprattutto i comportamenti paralleli diventano molto comuni all’interno della stessa Chiesa e perché non dire della VC. E’ il momento di approfondire la relazione tra Chiesa e Regno di Dio secondo la prospettiva delle parabole del Regno. Le metafore del lievito, del seme, della perla nascosta permettono di comprendere la dimensione del mistero interiore della Chiesa, di là dalle difficoltà che provengono dall’esterno. Solo un’esperienza mistica d’amore

20[20] Giovanni Paolo II, nella I domenica di Quaresima-12. Marzo del 2000- ha celebrato un atto penitenziale nella Basilica di San Pietro con la consegna “Perdoniamo e chiediamo perdono” in cui vari cardinali e arcivescovi concelebranti, membri della curia romana hanno chiesto perdono per i peccati storici della Chiesa. 21[21] Giovanni Paolo II. Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, San Paolo, Loyola 1994 n. 33s. 22[22]“L’autorità e il Magistero ordinario della Chiesa si sono sbagliati più volte. Inoltre si sono sbagliati su argomenti importanti sui quali le posizioni contrarie appaiono oggi più evidenti. Altre volte hanno sbagliato anche con linguaggi e parole molto solenni con cui si volevano esprimere le proprie convinzioni e la forza dei propri insegnamenti. E infine si è sbagliato con più solennità e maggiore frequenza negli ultimi due secoli. Pur non essendo evidente quest’ultima conclusione dai testi presentati, mi sembra che sia conservata la proporzione dell’insieme così come di solito avviene con i saggi di una ricerca”. Questa constatazione è in relazione con un’altra fatta dallo stesso autore. Negli ultimi secoli. C’è stata un' "inflazione magisteriale”: J.I.Gonzales Faus. L’autorità della verità: momenti oscuri del magistero Ecclesiastico, San Paolo: Loyola, 1998, p.197.278. 23[23]H.-P Kolvenbach. Allocuzione finale, in 69a. Congregazione dei Procuratori, San Paolo. Loyola, 2004p.45

consente una lettura che porta ad evitare i due estremi della ribellione iconoclasta e dell’asservimento adulatore.

6. Post-modernismo affluito nella VC.

Descrizione In questo periodo la VC subisce un forte impatto dal post-modernismo. Sarebbe lungo entrare nella sua caratterizzazione e nella sua discussione. Esaminerò solo alcuni elementi pacifici. Il termine rivela già una certa ambiguità. E’ un “post” che non è solamente post, ma “con”. C’è quindi un post-con-moderno in cui coesistono elementi di questi due momenti e un post-pre-moderno che salta gli aspetti del modernismo occidentale e trova alcuni suoi valori fondamentali per altra via culturale. Il post-modernismo non viene dopo la morte del modernismo. Esso è ben vivo e avanza sotto vari aspetti, ad esempio nella tecno-scienza, trionfante nei settori della biogenetica e dell’informatica. La teologia della liberazione contrapponeva una Seconda Lettura di taglio critico sociale, ispirata a Marx, ad una Prima Lettura che ha alimentato l’ideologia borghese. Così quando si parla di post-modernismo è opportuno proporre anche una lettura “d’opposizione” che si collochi in posizione critica rispetto al post-modernismo dominante, pur avendo con esso molti punti in comune. Questa descrizione sintetica ha sia i tratti della concezione dominante24[24] sia quelli che proponevano una posizione d’opposizione nella forma post-colonialista.25[25]

Taglio filosofico-scientifico e psico-socioculturale Il post-modernismo dominante discute e insidia i dogmi scientifici e filosofici che prevalgono nel modernismo, proponendo alternative. A livello logico-scientifico: una ragione plurale e un pensiero complesso; una concezione costruttivista, relativista, sincretica e approssimativa della verità rafforzata dalla teoria quantica; l’inter-multi-e transdisciplinarietà, le piccole relazioni e la pluralità delle fonti della conoscenza; il principio della riflessività26[26]. In campo etico: la necessità di costruire un’etica globale; la valorizzazione dei fini in relazione ai mezzi. Nel mondo sociale: la varietà delle forme di famiglia; l’enfasi nella frammentazione, ai margini o nelle periferie, l’eterogeneità e la pluralità delle differenze, degli agenti, delle soggettività; una ricostruzione delle utopie plurali, realiste e critiche dei poveri27[27].

24[24]Tra i più conosciuti sono: Rorty, Lyotard, Baudrillard, Vattimo, Jameson e altri. 25[25] B. Santos nel testo citato e considerazioni che facciamo dalla periferia. 26[26] A. D’Andrea Il self perfetto e la nuova era: individualismo e riflessività in religiosità post-tradizionali, San Paolo, Loyola, 2000, p. 24 ss. 27[27] B. de Sousa Santos, Dal Post-moderno al Post-Coloniale e Aldilà dell’Uno e dell’Altro, Conferenza d’apertura del VIII Congresso Luso-Afro-Brasiliano di Scienze Sociali, Coimbra, 16-18 settembre 2004, tratto da htpp//www.ces.ces.uc.pt/misc/Do pos-moderno ao pos-colonial.pdf>.

Altro aspetto fondamentale del post-modernismo è la nuova configurazione soggettiva dell’individuo,28[28] in cui il sentimento e l’emozione fondano la sua auto-comprensione e le sue relazioni. Al centro c’è “l’io”. Si alimenta di piacere, dell’esperienza soggettivista ed emozionale, riunendo, come osserva il testo base, la sete d’amore col disordine amoroso. Si stabilisce una nuova relazione con il corpo, curandosi esageratamente di esso e sperimentandolo come fonte di godimento e come mediatore fondamentale nella relazione con gli altri. Questo atteggiamento porta conseguenze nella vita comunitaria con desideri di comunità emozionali, piene d’affetto e di affinità. Direi anche che ad una vita comunitaria di routine, si preferiscono incontri comunitari, sia di poche persone che megaeventi. La routine logora l’emozione, la soddisfazione interna e forse il piacere. E queste sono il combustibile delle nuove forme comunitarie. Il testo base fa allusioni alla ricerca di incontri anche di diverso tipo: tra sé, con laici/che. Le scelte si orientano verso relazioni interpersonali e orizzontali, familiari, democratiche, di tolleranza, aperte, tra amici. Si mescolano le conquiste della medicina contro il dolore tanto fisico, - nella sofisticazione degli anestetici- che psichico, - nell’industria degli psico-tropici- con la promessa della felicità chimica. Il prozac è stato salutato come la “droga perfetta”. G.Sissa parla di “felicità tascabile”29[29]. A ciò si aggiunge una pedagogia della consolazione che tende ad evitare che le persone sopportino qualsiasi sofferenza, cercando di minimizzarla o di abolirla completamente. S’immagina di creare la società senza dolore, senza sofferenza, nuotando nella felicità delle medicine e della consolazione. Incapaci pertanto, di qualsiasi sacrificio, rinuncia, sofferenza, vivendo in uno stato animico pacificato, di buon umore e di pensiero positivo. La centralità dell’individuo come principio assiologico di valore-fonte della società attuale, provoca necessariamente la relativizzazione dei valori e pone l’accento sulle scelte d’esperienza senza criteri assoluti, valorizzando la flessibilità, il momentaneo, il carpe diem 30[30]. L’individualismo moderno e post-moderno “si caratterizza per il sorgere del valore individuo al centro del sistema sociale: del sistema simbolico e del sistema organizzativo della società”31[31] Una dolorosa frammentazione attraversa la cultura e gli individui. Le attività intellettuali, spirituali, culturali, professionali e quelle di svago, di piacere, di ozio sono sperimentate separatamente e in forma dissociata. Che distanza dal desiderio dei Padri conciliari che sognavano per il clero una formazione, integrata!32[32] La stessa psicanalisi favorisce la frammentazione dell’identità, quando considera l’individuo nelle sue strutture psichiche coscienti (ego) e incoscienti (id, superego). Le persone confondono le immagini di sé, ora cercando l’anonimato, ora fuggendo le relazioni stabili, ora vivendo d’apparenza, ora nascondendosi nelle relazioni virtuali33[33]. 28[28] B. Carranza, Logiche e sfide del contesto religioso contemporaneo. In Palestras della XXAGO Rio, CRB, 2004, p. 29-53. 29[29] G.Sissa, Il piacere e il male: filosofia della droga. Rio de Janeiro: Civiltà Brasiliana 1999, p. 21. 30[30] W.C. Castilho Pereira, La formazione religiosa in discussione. Petropolis, Vozes, 2004, p. 127-129. 31[31] A. Renault, L’individuo. Riflessione sulla filosofia del soggetto, San Paolo, Difel, 1998, p. 30. 32[32] La proposta del Decreto Optatam totius, era di una maggiore integrazione tra la vita spirituale, intellettuale, comunitaria e pastorale dei seminaristi. 33[33] Bonaventura Santos sottolinea la pluralità delle soggettività: “Viviamo in un mondo di soggetti multipli: La mia proposta in termini generali è che ognuno di noi è una rete di soggetti in cui si combinano varie soggettività corrispondenti alle vaie forme base del potere che circolano nella società. Siamo un arcipelago di soggetti che si combinano diversamente per varie circostanze personali e collettive. La mattina presto siamo prevalentemente membri della famiglia, durante il

Vivendo in una cultura segnata dall’edonismo, dal consumismo immediato, dalla scelta preferenziale per il piacere e per l’intrattenimento, dai media, dall’informatica e dalla velocità elettronica da una parte e soffrendo di un’enorme vulnerabilità psichica dall’altra, c’è un’enorme difficoltà di elaborare la frustrazione, l’angoscia, il tempo dell’attesa o di prendere una posizione sulla macropolitica. Si preferiscono le piccole trasformazioni a breve termine di progetti minori. Per la VC si sta verificando un distacco della nuova generazione di religiosi dal corpo sociale della Congregazione. E’ l’entrata nella VC del “terzo uomo” che conosce le norme, non protesta contro di esse, ma le segue solo secondo il suo bell’arbitrio34[34]. Un vero scisma bianco35[35] che crea un linguaggio doppio, spesso in conflitto e perfino in contraddizione. C’è un linguaggio per il pubblico esterno: superiori, colleghi, aspettativa sociale e un altro linguaggio reale d’esperienza interna, per la propria coscienza. Non sempre questo gioco è totalmente cosciente. Secondo la ricerca, gli stessi formatori dubitano della motivazione dichiarata dai formandi: il donarsi ai poveri come Gesù, gli aneliti umanitari, la ricerca di Dio e la motivazione profonda cosciente e incosciente, taciuta che aleggia intorno all’auto-promozione, all’autoriconoscimento, all’occultamento di problemi affettivo sessuali.

Carattere spirituale Nel post-modernismo la religiosità e la spiritualità sono un altro continente. La sua espressione più significativa si chiama New Age. E’ un universo d’espressioni religiose, caratterizzate da un enorme sincretismo, per la libertà, pluralità, soggettivizzazione e autonomizzazione delle forme religiose, con vincoli istituzionali inesistenti o attenuati, o con autorità. E’ fondamentale la concezione post-tradizionale di Dio, di Gesù, della salvezza, della religione/Chiesa-istituzione con una nuova coscienza religiosa, tendente al monismo gnostico, al misticismo esoterico, allo psicologismo umanista, all’olismo sacro, all’ecologismo profondo, all’energismo cosmico e diffuso e a tanti altri “ismi”. Passaggio dall’ “hard” dalla fede al “soft” della spiritualità e religiosità. In parole povere, si sperimenta l’indebolimento della concezione personale di Dio che va, dal ritorno agli dei e da una percezione più fluida del divino come energia, più aggettivo che sostantivo, fino alla morte di Dio. Sulle Orme di D.Hervieu-Léger, B.Carranza osserva che il clima post-moderno invade tutti gli spazi e gli stili di vita, da un lato con una spiritualità diffusa, deistituzionalizzata, anarchica, errante, consolatrice,vicina alla costellazione new age e dall’altro con una spiritualità più vicina al fondamentalismo, offrendo discorsi e pratiche che raggiungono il

giorno di lavoro. Non siamo mai una soggettività in esclusiva, ma attribuiamo a ciascuna di esse, secondo i casi, il privilegio di organizzare la combinazione con le altre. Man mano che sparisce il collettivismo di gruppo, si sviluppa sempre più il collettivismo della soggettività”: B.Santos, Per mano di Alice, san Paolo, Cortez, 1966, p. 107. 34[34]F. Roustang, Il terzo uomo, in Christus 13 (1966), n. 52, p. 561-567. 35[35]C. James, Analisi della congiuntura religioso-ecclesiale. Dove vanno le forze, in Perspectiva teologica 28, (1966), 157-182.

sacro, garantiscono la salvezza, testimoniano miracoli e benedizioni divine36[36]. Ambedue offrono ai fedeli consolazione e identità. Nell’universo carismatico cattolico che partecipa di quest’ondata, si presentano esperienze interiori di rivitalizzazione (revival), di rinascita (rebirth) e di battesimo nello Spirito. Frequentemente viene fuori la parola mistica che traduce sia il senso originale di una forma superiore che la più barbara decadenza nel turbine del gergo dei midia37[37]. In questo clima esistono iniziative autentiche, come gli Esercizi Spirituali nella vita quotidiana che danno un contributo all’approfondimento delle esperienze spirituali. Queste pratiche sono condotte da religiosi e laici, rivolte ai fedeli cristiani anche delle classi popolari. In questo movimento spirituale la lettura della Scrittura è stata adottata in due forme diverse. In alcuni casi si cerca, perfino quasi magicamente, una soluzione ai problemi personali mediante una lettura a caso e soggettiva della Scrittura. In altri, questa alimenta mediante circoli biblici la vita di comunità religiose e popolari.

Carattere socioeconomico, sociopolitico A seguito della caduta del socialismo e della crisi del neo capitalismo, il post-modernismo si presenta nel campo economico, sotto forma di neoliberismo finanziario, cosciente del limite di crescita e di progresso e attraverso la globalizzazione nelle diverse fasi della produzione e della commercializzazione. In campo politico si rileva il fallimento della democrazia formale e degli Stati nazionali, si organizza il programma del Forum Mondiale Sociale, “Un altro mondo è possibile” con una pluralità di progetti collettivi articolati in modo gerarchico. Si diffonde una mentalità ecologica e si lotta per l’umanizzazione delle burocrazie. Il post-modernismo è legato ad una società estremamente pluralista in tutti i campi. Aumenta così il ventaglio di scelte, la complessità delle relazioni vissute dai vari raggruppamenti sociali, la cui comprensione diventa difficile, paralizzando le azioni sociali. Si modifica il processo d’inclusione e d’esclusione nelle grandi città, cresce il livello di permissività. Si osserva una distanza ed uno sfasamento tra il linguaggio della VC e le esperienze del religioso/a in questa società. Accanto ad una realtà violenta, ingiusta, aggressiva, si leggono documenti idealisti quasi vuoti di una bellezza irreale. La coscienza sociale e politica dei religiosi declina. Confrontando la ricerca fatta tra seminaristi, negli anni 80 con un’altra degli anni 90, l’analista afferma che “il numero dei seminaristi impegnati (o disposti ad impegnarsi) con le CEB (comunità ecclesiali di base), con la CPT (Pastorale della terra), con i poveri delle periferie urbane, con la Pastorale Operaia, con i diritti umani, con gli indios e con gli immigranti, è caduto di circa il 50%[…]. La generazione attuale dei seminaristi (come appare a quella dei giovani contemporanei) non manifesta chiari progetti di cambiamento e si cura di più della sua realizzazione personale38[38]. 36[36]B. Carranza, Logiche e sfide del contesto religioso contemporaneo, in Palestras della XX AGO, Rio CRB, 2004, p. 40-49. 37[37] H. Cl de Lima Vaz, Esperienza mistica e filosofia nella tradizione occidentale, San Paolo, Loyola. 2000, p. 9. 38[38] L.R. Benedetti, Il “Nuovo Clero”: arcaico o moderno? In REB 59 (1999), p. 112, citando CNBB, Situazione della vita dei seminaristi maggiori nel Brasile, San Paolo, Paulinas, 1995, p. 36ss.

Si costata quindi una perdita di grinta nell’impegno, un raffreddamento del ragionamento liberatore, una ritirata delle comunità inserite, con spostamento della pastorale sociale alla liturgico-sacramentale.

Ricerca di risposte Immaginiamo la VC inserita in quest’ampio contesto di post-modernismo, partecipe di tutte queste realtà a volte senza riflessione e abitudinariamente, a volte riflettendo criticamente. Il post-modernismo solleva un grande dubbio sull’insieme formidabile del modernismo che raggiunge anche la VC e a Sud si solleva anche il dubbio sulla celebrazione malinconica del post- modernismo del Nord. La risposta passa per la consapevolezza dell’esaurimento del modernismo occidentale. Allora poiché si tratta di pensare l’economia al di là del capitalismo e del socialismo, la politica al di là della democrazia rappresentativa, la cultura al di là della razionalità strumentale e scientifica, allora analogamente siamo spinti ad immaginare un nuovo paradigma per la religione, per la Chiesa e per la VC. La religione va nella direzione del superamento della funzione societaria per riscoprire la mistagogia. La chiesa è chiamata ad oltrepassare la triplice centralità- Roma, diocesi, parrocchia- , il paradigma cattolico romano medievale nel linguaggio di H.Kung39[39] e la mentalità colonialista di cui parla Bonaventura Santos, per cercare un reale ecumenismo. E la VC, nella ricerca di una maggiore inculturazione, si confronta con il superamento della canonicità tridentina, ancora esistente nel Vaticano II e della centralizzazione da parte delle sedi generalizie. In termini più ampi, è in gioco la prospettiva di una più ampia razionalità che superi il primato della conoscenza razionale- strumentale o scientifico-empirica. Si tratta anche di ripensare l’emancipazione sociale moderna “dalle esperienze delle vittime, dei gruppi sociali che avevano subito l’esclusivismo epistemologico della scienza moderna e la riduzione delle possibilità di emancipazione del modernismo occidentale a quelle rese possibili dal capitalismo moderno.40[40] In questo processo ci troviamo ad affrontare un paradosso per il quale la cultura moderna è al tempo stesso indispensabile e inadeguata. A parte questo si corre poi il rischio di imbarcarsi in un post-modernismo celebrativo, festivo che impedisce un post-modernismo di opposizione che nasca dalle vittime e non solamente dal banchetto con i signori. In fondo, in fondo la VC potrà rinascere dalle ceneri dell’incendio post-moderno solo se recupererà l’esperienza fondante di Dio, la vera mistagogia, introducendo i religiosi nel Sacro Mistero41[41]. Elemento assolutamente imprescindibile di una VC che voglia andare oltre i fervori emotivi e le spinte carismatiche. Questo impegno è tanto più importante quanto più si è indebolita la concezione di Dio fino a diluirsi o nella trascendenza e nell’immanenza 42[42] o nella fluidità di una nebulosa mistico-esoterica.43[43] La CLAR nell’America Latina, per cinque anni ha cercato di offrire uno studio approfondito, esistenziale e orante della Scrittura, per mezzo del progetto Parola- 39[39]H.Kung, Christianity: The religius situation od our time, London, SCM Press.ldt.1995. 40[40]B. De Sousa Santos, dal post- moderno, al post- coloniale e al di là dell’uno e dell’altro, e J. Sobrino, la fede in Gesù. Saggio sulle vittime, Petropolis, Vozes, 2000. 41[41] J.B.Libanio, Il discernimento spirituale rivisitato, San Paolo, Loyola, 2000, p. 19-34. 42[42] L. Ferry, L’uomo di Dio o il senso della vita, Parigi: Bernard Grasset, 1966. 43[43] F. Champion, La nebulosa mistica. Esoterica. Orientamenti psico.religiosi. rinnovamento e tradizione, Parigi, Centurion, 1990, p. 17-69.

vita.44[44] Eccellente scuola di approfondimento della parola di Dio nella VC. La lettura orante della Scrittura porta alla vera fede, secondo il vecchio adagio teologico: lex orandi est lex credendi. Oltre ad articolare fede e Scrittura, preghiera e fede, la contemplazione deve essere in intima risonanza con l’azione e viceversa: in actione contemplativus. Non si tratta di un dosaggio materiale che dedica più o meno tempo all’azione o alla contemplazione, ma di viverle in intima sintonia. Il post-modernismo soffre della contraddizione di cui abbiamo già detto due volte e che ci è stata indicata nel testo base: sede di amore e di disordine amoroso. La risposta è nel senso di praticare la dialettica dell’amore stabilendone la pedagogia. C’è una piccola inversione linguistica che produce effetti espressivi. Invece di cercare la realizzazione di sé per mezzo dell’altro, trovare nell’altro la realizzazione di sé. E’ la profonda dialettica pasquale cristiana nella quale soltanto troviamo la vera vita e noi stessi, quando la perdiamo uscendo da noi stessi e donandoci agli altri (Mc.8,35). Da essa passa il rinnovamento della VC. Per questo bisogna costruire una vera pedagogia che inizia con il postulantato e finisce con l’unzione degli infermi. Sant’Ignazio all’inizio della “Contemplazione per ottenere l’amore” stabilisce due principi semplici e trasparenti. Non è mai superfluo ripeterli: “L’amore deve mettersi più nelle opere che nelle parole” e “L’amore consiste nella reciproca comunicazione”45[45]. Nel campo della pedagogia, un post-modernismo estremamente fluido richiede un maggior equilibrio tra motivazione e strutture d’appoggio. Non consente di confidare molto nelle intenzioni e desideri delle persone, perché fanno parte della liquidità della cultura attuale e non durano. Queste motivazioni mancano di realtà obiettiva, situata nel tempo e nello spazio che ne garantisca la costanza. Nella direzione degli studi dei miei alunni sono solito dire loro: “ ciò che non c’è nell’orario non esiste.”. Il problema è saper far valere agli occhi dei giovani che la disciplina, l’orario, sono scuola di vita, riflettono la condizione di tutto l’essere umano, ci avvicinano realisticamente ala vita degli altri uomini. E’ la dose di realismo esistenziale richiesta dal vivere umano. La motivazione, l’energia interiore, la forza utopica muovono il motore e le mediazioni concrete, storiche, pratiche ne consentono la circolazione. Un sociologo facendo un discorso alle comunità ecclesiali di base, diceva che sono le piccole pratiche ben riuscite che modificano le coscienze. Piccole perché rientrano nell’orizzonte del fattibile, pratiche perché sono azioni realizzate con intelligenza per modificare la realtà, riuscite perché permettono la verifica dei fatti così evitando sfiducia e desistenze. Il testo base di fronte alla novità della condizione post-moderna pone l’interrogativo se non sia il caso di riconoscere la difficoltà degli impegni perpetui e definitivi pensando ad una VC ad tempus 46[46].

7. Ritorno dell’esteriorità Descrizione

Opposta al carattere soggettivo e interiore del post-modernismo, c’è paradossalmente la sopravvalutazione dell’esteriorità. PaoloVI, sulle orme dei filosofi esistenzialisti, come

44[44]CLAR, Progetto parola-vita: 1988-1993, Rio de Janeiro, CRB, 1988. 45[45] Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 230-231. 46[46] E’interessante che l’85% delle risposte di una ricerca fatta tra religiosi/e riveli la convinzione secondo la quale la VC è ottima e che i voti perpetui sono per tutta la vita. Forse manifesta la visuale dei più esperti dato che l’età media dei religiosi interrogati era di 54,8 anni e delle religiose di 52,23 anni. CERIS/CRB, Vita religiosa in Brasile, ricerca e primi risultati, Rio CRB, 1988 p. 68s, 12.

G.Marcel, critica la società dell’avere in nome dell’essere. Oggi si è spostato l’accento dall’essere all’apparire. Ci troviamo nella società del marketing. L’apparenza governa la vita delle persone. Non importa né l’essere né l’avere come tali, ma l’apparire, brillare, anche se dietro c’è il vuoto esistenziale e il possesso illusorio dei beni. La bellezza nel suo duplice valore positivo di manifestazione ultima della stessa bellezza di Dio e nella sua forza di seduzione, preoccupa moltissimo la giovane generazione. Nascono nuove forme di VC che sottolineano l’esteriorità distintiva, alla ricerca del riconoscimento sociale, della sicurezza personale e dell’autovalorizzazione. Questa serve per dire agli altri: sappiate chi sono! E per se stessi: io so chi sono! E per tutti: Rispettatemi! Si attribuisce importanza ai simboli religiosi, specialmente di potere, alle abitudini, agli abiti nel doppio significato di vestiti e di pratiche esterne abituali47[47].I membri dei gruppi religiosi creano propri codici di linguaggio e di comportamento che li distinguono dagli altri e li identificano. Usano espressioni e riti che sono comprensibili solo da loro. In alcuni casi vanno più lontano. Assimilano modi di sorridere, tonalità di voce, andature e posture nei rapporti con gli altri che imprimono loro un marchio riconoscibile da lontano, sicché le persone e le comunità della congregazione sono identificabili visivamente. Costruiscono per sé e per il gruppo un proprio immaginario sociale, nel quale la persona del fondatore, i dignitari, gli associati occupano un posto diverso, hanno una maggiore o minore autorità morale sui membri del corpo sociale. La VC si distingue esternamente anche per il tipo di opere e attività che esercita in modo peculiare. Quando si tratta di organizzazioni internazionali, esse ricevono normalmente consegne e direttive uniformi dai centri, mediante lettere, video e videoconferenze, utilizzando in molti casi la moderna tecnologia della comunicazione. L’uniformità nella formazione è garantita e rafforzata dall’esteriorizzazione di leggi, norme e regole canoniche comuni a tutte. La comunità crea una barriera protettrice tanto più necessaria e desiderata quanto più sono i bombardamenti, moderni e post-moderni, di elementi estranei a questo tipo di vita consacrata. Si avvera quello che i sociologi chiamano “istituzione totale” in cui l’abitazione, il lavoro, il divertimento, si svolgono sotto lo stesso tetto e sotto un’unica autorità48[48].Si esercita così una più facile protezione e anche il controllo delle coscienze.

47[47] “ciò che richiama l’attenzione [.] è il gusto dei padri giovani per i segni distintivi della propria condizione, feste, vesti, poteri-, assenza di preoccupazione per il destino della società (e della Chiesa), poco amore (nessuno) per gli studi, nessuna passione ecumenica, per la giustizia sociale, presbiteri più preoccupati del proprio carattere e potere sacri che non della propria efficace presenza nel mondo, del dialogo con la società con un appropriato servizio per l’uomo d’oggi”. L. Benedetti, art. cit p. 89. 48[48] Una disposizione di base della società moderna è quella secondo la quale l’individuo tende a dormire, giocare e lavorare in vari luoghi e con vari partecipanti, sotto diverse autorità e senza un piano razionale generale. L’aspetto centrale delle istituzioni totali può essere descritto con le rotture delle barriere che comunemente separano queste tre sfere della vita. In primo luogo, tutti gli aspetti della vita sono realizzati sotto un’unica autorità. In secondo luogo, ogni fase dell’attività quotidiana del partecipante è realizzata nell’immediata compagnia di un gruppo relativamente grande di altre persone, tutte trattate nello stesso modo e obbligate a fare insieme le stesse cose. In terzo luogo, tutte le attività quotidiane sono rigorosamente stabilite con orari, poiché ogni attività porta, in un tempo determinato alla seguente e tutta la sequenza di attività è imposta dall’alto con un sistema di regole formali esplicite e con un gruppo di impiegati. Infine le varie attività obbligatorie sono riunite in un unico piano razionale, presumibilmente programmato per conseguire gli obiettivi ufficiali dell’istituzione.”L.R. Benedetti, Il “Nuovo Clero”: arcaico o moderno? In R. Benedetti, Il “Nuovo Clero”: Arcaico o moderno? In REB 59 (1999), 123.

L’interesse principale dei membri si rivolge all’interno della comunità e non verso il mondo esterno. Si stabilisce l’effetto duale: dentro e fuori. Si corre facilmente il rischio del fanatismo, del manicheismo, dividendo il mondo tra i puri e gli impuri, tra chi assume l’esteriorità della VC e chi è fuori. Piuttosto che forme religiose in uno spirito di apertura e di ecumenismo, si ripetono con segnali post-moderni di esteriorità, comportamenti e pratiche arcaiche.

Ricerca di risposte Occorre inquadrare questa ricerca d’esteriorità verso un’esperienza spirituale profonda di Dio, coltivandola con la preghiera, con la pratica della fede, speranza e carità. Questo non è possibile senza coltivare il silenzio, senza un incontro con la propria interiorità. C’è una pedagogia della solitudine che non è isolamento, né incapacità di comunicare, ma è un ritirarsi per essere inviato, un ritorno alle fonti dello spirito davanti al mistero di Dio. Frequentare il mistero é l’esigenza ultima della natura umana di realizzazione dell’io profondo. Solo in esso si trova il senso della vita con le sue sofferenze e i suoi disastri. La riflessione sul simbolo dà luce anche a quest’aspetto. Il mistero dell’interiorità, come abbiamo visto, sfocia nel simbolo reale quando produce all’esterno un diverso da sé, ma che lo fa verità per sé e per gli altri. Il simbolo a sua volta conduce al mistero. Non è un segnale vuoto, ma carico del mistero di cui è manifestazione. Tutta l’esteriorità della VC, non è nata dal nulla, dalla superficialità, dall’assenza, ma è sorta dall’esperienza fondante mistica. La VC è impensabile fuori dell’esperienza del mistero. K.Raner ha dato un contributo inestimabile alla comprensione, rivalutazione e vissuto del mistero. Tocca il centro del problema quando ci indica il vero e unico mistero della nostra fede. “ In verità i misteri veramente assoluti si realizzano solo nella stessa comunicazione di Dio, nella profondità dell’esistenza-chiamata grazia-chiamata Gesù Cristo-, punti in cui è già inclusa la Trinità economico-salvifica e immanente. E questo mistero unico può arrivare benissimo alla prossimità con l’uomo, se s’intende riferito al mistero che chiamiamo Dio”.49[49] La bellezza, profondità e attualità della sua riflessione consiste nel collegare il mistero di Dio con il mistero dell’uomo. L’essere umano è da sempre aperto prima di tutto alla totalità incomprensibile della realtà e al suo interno, al suo fondamento che è Dio, il Mistero assoluto. C’è un vincolo storico della costituzione umana con il Salvatore assoluto e il significato di Dio che in quanto Mistero assoluto e santo, suscita la realtà facendola tendere a Lui. L’uomo è la capacità di accettare o di respingere Dio: questo è il suo mistero. Per questo l’essere umano è strutturalmente correlato al mistero, è mistero perché la sua natura è riferimento al Mistero50[50].La trascendentalità dell’essere umano appare come “trascendenza aperta al mistero assoluto di Dio che è vicinanza assoluta al perdono”. Dio significa Mistero silenzioso, assoluto, incondizionato, incomprensibile. Nella sua infinita distanza evoca quell'orizzonte verso il quale si dirigono, nel loro insieme e da sempre, in modo incomprensibile e non manipolabile, la comprensione delle realtà private, le loro reciproche relazioni e il nostro rapporto con esse. Quest’orizzonte continua a rimanere zitto, continua nella sua immensa distanza, quando finisce e si spegne ogni comprensione 49[49] K. Rahner, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto del cristianesimo. Barcellona, Herder, 1979, p. 29. 50[50]K.. Rahner.op.cit. p. 258.

e ogni azione che sono vincolate a lui”51[51]. L’essere umano è una natura indefinibile, vuota, il cui limite è il riferimento illimitato al Mistero infinito della pienezza52[52]. Questi brevi riferimenti a K.Rahner indicano il mistero di Dio infinito e assoluto che è in relazione con noi, che siamo anche mistero, strappandoci sia dal narcisismo che dalla superficialità esteriore del post-modernismo. La liturgia nella sua pedagogia del mistero, come vera mistagoga offre un eccellente contributo affinché la VC non si perda nella pura esteriorità. Lo fa in modo eccellente, coniugando il simbolo visibile con la realtà della grazia che in essa si realizza. Quest’educazione è tanto più importante, quanto più si vive l’invasione dell’esteriorità chiassosa del mondo mediatico. E’ necessario coltivare l’esperienza di Dio in profondità, coltivare il silenzio e vivere la liturgia che celebri l’interiorità del mistero nell’esteriorità dei simboli.

Deterioramento della VC classica e confronto con le nuove forme di VC

Descrizione Telegraficamente indicherei il fenomeno del deterioramento della VC classica con una serie di parole chiave: il livellamento canonico dei carismi; l’imborghesimento invasivo della vita comunitaria con una distanza crescente tra il tenore di vita dei religiosi e il vivere comune delle persone semplici e povere; la perdita della linfa contemplativa in favore di pratiche spirituali di routine o di fervori carismatici esteriori di spiritualismo disincarnato o di un attivismo sfrenato meramente secolare; l’indebolimento del concetto di Dio; un dualismo della vita di preghiera giustapposta all’attività apostolica; il peso gigantesco delle opere a spese della creatività missionaria; l’invecchiamento dei membri senza il necessario ingresso di nuove generazioni; l’adattamento condiscendente alle forme di vita del modernismo consumista e edonista anche nei paesi poveri; e l’individualismo crescente con una connotazione narcisista e virtuale. E’ di fronte a questo lato oscuro della VC classica che le nuove forme presentano un vigore d’opposizione, ora di vita e pratica, ora verbale e accusatorio.

Ricerca di risposte Una prima risposta viene dallo Spirito che suscita all’interno del vecchio legno della VC tradizionale una fioritura meravigliosa di gemme, alcune vigorose e nuove, altre infettate da insetti contaminanti. Per capire questo fenomeno, ricorriamo alle stesse metafore di Babele e di Pentecoste che ci hanno aiutato a capire la globalizzazione. Nella VC regnava un solo labbro, una sola lingua canonica che s’imponeva nella sua monotona uniformità ed ecco che Dio viene a creare la confusione nei costruttori della torre. E siamo di fronte alla proliferazione di nuove forme religiose. Questo non vuol dire che tutti gli effetti della

51[51] K.Rahner, Gnade und freiheit.Kleine Theologische Beitrage, Friburgo, 1968, p.19, citato da Vorgrimler, Karl Raner, Esperienza di Dio nella sua vita e nel suo pensiero. Santander, Sal Terrae, 2004, p. 194s. 52[52] K.Rahner, Corso fondamentale…p. 259.

confusione, provocata da Dio siano da Lui voluti o desiderati. Ma il fatto risale alla sua iniziativa se comprendiamo bene il messaggio di Babele. Pentecoste completa o meglio corregge l’esperienza di Babele quando la pluralità dei popoli ascolta nella propria lingua uno stesso sermone. (At 2, 7-13). Così ogni nuova forma, nella sua originalità porta con sé il segno di una certa unità. Dove trovarla? Nell’intuizione giovannea per cui lo Spirito conduce tutti a Gesù Cristo, all’intelligenza dello stesso Vangelo. L’unità si costruisce da dentro e non da fuori, come avviene con il livellamento canonico e legislativo. Queste nuove forme rivelano la libertà dello Spirito. Il cardinale Ratzinger considera un “ evento meraviglioso la forza e l’entusiasmo con cui i nuovi movimenti ecclesiali vivono la fede e sentono la necessità di condividere con altri la gioia di questa fede, ricevuta come dono”53[53]. Si caratterizzano per la nascita da una persona- guida carismatica, configurandosi in comunità concrete cercando di rivivere il Vangelo nella sua interezza e nella sua richiesta, riconoscendo nella Chiesa la loro ragione di vita, senza la quale non esisterebbero. S’inseriscono nella missione apostolica della Chiesa in uno spirito di servizio sociale iniziando dall’incontro personale con il Signore, alimentato dalla fede radicata nella Chiesa. Coniugano la dimensione cristologica, peneumatologica, ecclesiologica ed esistenziale della sequela di Cristo e l’esperienza dello Spirito nella Chiesa54[54]. Questo fatto ci mostra il pullulare di nuove espressioni della VC che nascono da questi movimenti. Partecipano naturalmente dell’ambiguità della storia e difettano di discernimento. Specialmente in relazione alle varie pedagogie che queste forme usano. La pedagogia della rottura coniuga una dimensione d’antichità con una d’attualità, i Vangeli e San Paolo insistono sulla rottura che significa seguire Gesù Cristo, abbracciare la fede cristiana. C’è un prima del peccato, della cecità, dell’uomo vecchio per accogliere la novità della grazia, della luce, dell’uomo nuovo. Elemento della più antica e genuina tradizione cristiana. Frattanto vi è qualcosa di nuovo nella pedagogia di certe nuove forme religiose. Queste si confrontano con una generazione di giovani che hanno molto poco senso di colpa. Senza entrare nel discorso interpretativo di questo fatto, i confessori costatano ogni giorno di più il silenzio dei giovani sulle azioni che ieri erano la materia principale e ripetitiva delle confessioni. Senza dubbio la psicologia ha esercitato un ruolo enorme nella decolpevolizzazione con la conseguente depeccabilizzazione degli atti. In presenza di ciò, alcuni movimenti ecclesiali di rinnovamento da cui nascono molte delle nuove forme religiose, hanno capovolto la loro pedagogia. Sono tornate a battere sul tasto del peccato, specialmente nel campo della sessualità, producendo un nuovo tipo di colpevolezza e risvegliando un senso di disagio. Per liberarsi da questa situazione si propone il cammino della conversione, soprattutto attraverso l’entrata e la partecipazione ai movimenti. Si torna al gioco del prima e dopo. Prima si era immersi nel peccato e nella mediocrità spirituale, ora si è ferventi e attivi. E si aggiunga, in questi movimenti di conversione, un tocco di festa e celebrativo nel gesto dell’entrata nel movimento, o nella nuova forma di VC. E’ qui uno dei poli d’attrazione! Senza dubbio tutto questo processo, è reso più facile dal contatto con le personalità significative e straordinarie dei diversi fondatori che così aumentano la forza penetrante

53[53] Conferenza del Card. Ratzinger; Movimenti ecclesiali e loro posizione teologica, in Il regno 43 81998/13) n. 818, p. 400. 54[54] Id. 406 ss.

della chiamata alla conversione. Oltre a ciò questo gesto si aggiunge a segni esteriori che lo rendono ancor più toccante. In una di queste forme religiose nate in Brasile, i membri mostrano in tutta semplicità e purezza il nuovo modo di vivere. Persone del quartiere entrano nelle loro case, conoscono il loro modo di vivere, partecipano intensamente della loro vita. Essi portano nelle proprie case i poveri, i mendicanti che arrivano a dormire nelle loro camere, mentre essi dormono a terra. E ciò si fa sotto lo sguardo ammirato dei visitatori. Vivono un nuovo tipo di scelta per i poveri che si avvicina di più allo stile medievale e ripetono quasi letteralmente l’epopea religiosa di Francesco d’Assisi. All’esperienza di rottura si unisce la pedagogia del nido che offre ai membri un forte sentimento d’appartenenza e d’identità. In una società così frammentata e caratterizzata da un doloroso anonimato, loro si sentono persone fra le persone. La VC riempie un vuoto esistenziale con la sensazione di qualcosa di prezioso e gioioso. Fa ricordare le metafore che Gesù usa per descrivere la realtà del Regno di Dio: lievito, seme, perla, banchetto, nozze. La VC classica è chiamata a dialogare con queste nuove forme, evitando il dilemma dell’alternativa: l’una o l’altra. Si va verso una Chiesa sempre più pluralista e la VC avrà il suo ruolo in questo pluralismo. Entrambe le forme possono e devono fecondarsi reciprocamente. Le nuove forme hanno molto da imparare dalla storia della VC e la forma classica si sente sfidata a specchiarsi in se stessa vedendo le sue rughe e i suoi difetti. E in concreto nel quotidiano, si rende necessaria una collaborazione al triplice livello: dell’esperienza di Dio, della vita comunitaria e della missione apostolica. Altra via d’uscita per la VC è creare il modello sacramentale. Quest’espressione deve essere spiegata. Alle sue spalle c’è l’esperienza della Chiesa nel Concilio Vaticano II. Essa si trovava davanti ad un doloroso dilemma: da una parte la tradizione ecclesiologica tridentina e del Vaticano I che sottolineavano fortemente gli elementi esteriori dell’appartenenza alla Chiesa, dall’altro c’era la tradizione della Riforma che insisteva sul polo opposto. Nel desiderio d’ecumenismo, quindi di avvicinarsi il più possibile ai riformatori da una parte e dall’altro di mantenersi fedeli agli elementi fondamentali e non negoziabili della tradizione cattolica, il Concilio ha trovato nella categoria “sacramentum” un ponte tra le due tradizioni, superando l’impasse. Mantiene l’esteriorità della tradizione cattolica: non c’è sacramento se non è visibile, ma indica il lato invisibile dell’interiorità della grazia comunicata e ricevuta, rafforzata ancor più sotto il profilo evangelico. Il problema fondamentale di questo modello è farsi delle domande sul senso, il significato, la realtà interiore che le regole, le norme, i segni, i simboli, le pratiche della VC possiedono. Se non favoriscono nessun’esperienza personale, interiore e spirituale non hanno ragione di essere. A sua volta se l’interiorità non si esteriorizza in segni e pratiche, nasce il timore che la VC diventi pura soggettività arbitraria. La struttura sacramentale si converte in criterio di discernimento. La VC si distanzia dalla pura interiorità, affermando l’incarnazione della grazia e rifuggendo dal farisaismo, dal legalismo, dall’esteriorità dei riti religiosi senza una corrispondente esperienza interna. Il modello sacramentale tenta quindi di articolare le convinzioni interne, la conversione del cuore, l’impegno della coscienza per le esigenze sociali ed esterne della vita consacrata all’interno del corpo sociale. Che fare perché la vita consacrata dia vita a questo modello? Il rafforzamento delle esteriorità di alcune nuove forme di VC non risponde alla coscienza del modernismo e del post-modernismo che valorizza l’interiorità e l’autonomia delle

persone. D’altra parte la capitolazione dinanzi al post-modernismo fluido, rischia di degenerare nel soggettivismo e nell’arbitrarietà, mortali per la VC. Impegnarsi per rafforzare i segni esterni della VC, tanto graditi ad una generazione così insicura e formata alla cultura mediatica dell’apparenza, può avere successo immediato affascinante e statistico. Non risponde però alla maggiore profondità della VC e ne è una pericolosa deformazione. Se la strada della visibilità appare a prima vista di maggior successo, la scelta della strada opposta dell’interiorità manifesta chiaramente la discordanza, ma al tempo stesso non promette futuro. La strada dell’intimità è incontrollabile e si perde in uno sfacelo insanabile. La strada quindi sembra essere quella del modello sacramentale. Allora gli spetta un duplice compito: davanti alla leggerezza del post-modernismo, offrire parametri sufficientemente stabili e ben piantati; davanti all’esteriorità che si rafforza tramite l’autorità, andare alle fonti della VC. Approfondiamo questa proposta. Ci sono chiari segni dello svuotamento della VC classica, come abbiamo detto all’inizio del paragrafo. In questa situazione la VC è chiamata ad un movimento di ritorno alle sue fonti. Ciò significa percorrere le sue fasi di sviluppo, scoprirne i momenti di regressione, analizzarli e criticarli secondo i dati attuali, individuando quelle che oggi ci appaiono deviazioni e recuperare la primitiva ispirazione evangelica. Questo è un compito gigantesco. Ogni congregazione potrà farlo per il suo sviluppo, dal momento iniziale della fondazione ad oggi. Individuando i punti di regressione e di eventuale deviazione per tornare all’ispirazione primitiva. Sarebbe lungo e supererebbe notevolmente i limiti di una discussione, andare cercando le strozzature della VC classica negli ultimi tempi e la sensazione di esaurimento, accanto al sorgere di nuove intuizioni. Alla fine del Concilio VaticanoII, Paolo VI ha indicato alla VC la strada del ritorno al carisma iniziale. Nella specificità di ogni congregazione c’è un punto comune e fondamentale: la sequela di Gesù. Qui essa incontra la sua ispirazione. Questo tema ha meritato studi dettagliati e approfonditi. Ci riferiamo in particolare ai testi di Jon Sobrino, che sono stati a loro volta ristrutturati in modo originale e personale nell’opera di Ir. Vera55[55] . Fondamentalmente non si tratta di dilungarsi sulla dogmatica cristologica, pur sempre importante, ma sulla figura del Gesù palestinese che l’esegesi moderna va recuperando sempre più, all’interno del kerigma primitivo. E’ in gioco la mistica cristiana dell’adesione appassionata alla persona di Gesù e al suo stile di vita, come scelta di vita e come esperienza fondante della VC. Nella vita di Gesù appare la centralità del Regno di Dio e del Dio del Regno. Qui noi c’incontriamo con il ruolo unico e particolare del povero, dell’escluso, del peccatore, come primi destinatari del Regno e amati preferenziali di Dio. Nella sequela di Gesù, il religioso incontra nuovamente la figura del povero nella sua trasparenza e nelle sue richieste. Gesù Cristo è la porta d’accesso all’esperienza di Dio nella quale Dio e il mondo dei fratelli non si separano. Il modo evangelico di vivere nella VC include necessariamente quest’apertura ai poveri, rendendo così significativa questa forma di vita per il religioso e per quelli di fuori. Peraltro, non sempre, nei diversi momenti culturali, l’espressione storica del povero si configura allo stesso modo.

55[55] V. I Bombonatto, Sequela di Gesù: un approccio secondo la cristologia di Jon Sobrino, San Paolo, paulinas, 2000.

Nel corso della storia si sono succedute varie forme di povero, ma in tutte è rimasta la realtà della mancanza di base riguardo al bene della vita. Oggi il sistema neoliberale li avvicina ancor più alla morte. Contro questo scenario del povero condannato prematuramente e ingiustamente a non vivere e a non essere accettato dalla società, s’impone al religioso una sequela di Gesù molto vicina ad esso. Sembra evidente che qualsiasi rifondazione, rinnovamento o rinvigorimento della VC, passa dalla relazione con i poveri. La scelta dei poveri è e sarà il maggiore segnale di credibilità della VC. Non è una questione teorica sulla povertà che ha preoccupato praticamente ogni fondatore di congregazione religiosa. Ma si tratta della relazione con la persona del povero in senso fisico, nelle sue forme antiche e attuali. Circolano per il mondo milioni e milioni d’esiliati, di fuggitivi dai loro paesi per molteplici ragioni: economiche- povertà, disoccupazione-, conflitti etnici e religiosi, guerre intestine e condotte da grandi potenze. Tutto ciò avviene in pieno giorno e sotto gli occhi di tutti. Queste masse cercano i paesi ricchi che dal canto loro chiudono sempre più le frontiere. Una VC cieca a questo fenomeno a scala mondiale, passa come il sacerdote e levita accanto al ferito. Non ha compreso la parabola del buon samaritano che è diventato l’icona di questo Congresso mondiale della VC. Un insieme di fattori, dalla scarsità dei membri per un rapido invecchiamento delle persone, passando per il peso delle opere fino alla nuova teologia del laico, hanno mosso la VC verso una nuova e promettente relazione con i laici. In un momento più superficiale e immediatista, si cerca una collaborazione più intima con loro per compiere opere educative e d’assistenza che senza di loro dovrebbero essere lasciate da parte per assoluta scarsezza di religiosi. In tal modo si legano a loro, sempre più laici anche nella direzione, con la supervisione finale della congregazione religiosa. Su un piano più profondo, alcune congregazioni condividono con i laici/che, la vita a livello del carisma, della spiritualità e della vita comunitaria anche con vincoli giuridici d’appartenenza. Questo fenomeno avviene nella VC classica e diventa un tonico comune nelle nuove forme di VC. In queste, le modalità originali superano la legislazione canonica attuale, provocando reazioni paradossali di sostegno o di sospetto da parte delle istituzioni ecclesiastiche. All’interno di uno stesso movimento sotto lo stesso tetto o sotto tetti diversi ci sono sacerdoti, laici /che della vita consacrata con impegno definitivo, laici che pensano di sposarsi o che sono già sposati.56[56]. Un movimento generale nella società ha aperto prospettive per la VC nel campo delle opere e delle azioni. Per ragioni economiche, molte istituzioni hanno cercato compartecipazioni e/o terziarizzazioni. Ancorché vi sia molta ambiguità e incertezze per questo tipo di relazioni economiche, nel campo pastorale esse possono produrre eccellenti frutti apostolici. Di recente, l’editoriale di una rivista teologica in Brasile, si chiedeva se non sia il momento di evitare la moltiplicazione di riviste teologiche prodotte dalle diverse facoltà e istituti, associandosi per produrre un’unica rivista. Allargando quest’orizzonte, la VC ha in questo senso possibilità ancora inesplorate, per la creazione di partenariati e collaborazioni con altre simili istituzioni, religiose, ecclesiastiche o secolari. Andando ancora oltre in questa preoccupazione di uscire dal piccolo mondo delle opere della stessa congregazione, ecco le sfide dei “ nuovi movimenti sociali” sia a livello regionale che mondiale. Qual’è o sarà la partecipazione della VC al movimento ecologico,

56[56] Uno studio canonico molto lucido e chiarificatore è stato fatto nella: relazione di G. Ghirlanda: Carisma e Statuto dei movimenti ecclesiali, in Regno 43 (1998/13), n. 818, p.407-411.

pacifista, antiarmanenti, delle etnie, dei generi, della difesa dei diritti umani, della lotta per la demarcazione delle terre indigene, dei senza casa, dei senza terra, dei senza patria, infine di una gamma innumerevole di movimenti? La VC è inserita in pieno nel post-modernismo crescente. Uno dei tratti di questo momento culturale è lo scetticismo, la noia, il vuoto di senso, la nausea esistenziale nell’orizzonte del futuro. Niente sembra mettere in moto le persone. Tutte le energie si concentrano nel “carpe diem”- cerca il godimento del tempo presente. Così ci si chiude in un triste narcisismo e materialismo. A sostegno di questo materialismo narcisista ci sono i pilastri della felicità chimica e della cura esagerata del corpo. In presenza del minimo dolore fisico e del più piccolo disagio psichico, ci si dà agli antidepressivi di facile accesso. Si vive nell’euforia permanente dei prozac. Non si sopporta il mistero di se stessi, la solitudine negli affetti, l’insuccesso, qualsiasi sofferenza. E al tempo stesso il corpo riceve le cure che prima si davano allo spirito. Dove prima abbondavano le librerie, le biblioteche e le accademie si conoscevano appena, oggi si chiudono le prime e si moltiplicano le seconde. E questo clima raggiunge in pieno i giovani. Questi diventano estremamente sensibili al doppio culto della felicità indotta e del corpo elastico. La VC se non vuole sparire deve trovare seguaci tra loro. Che fare? Da essa si aspetta un doppio annuncio, non solo a parole, ma soprattutto con lo stile di vita. Il primo messaggio è di speranza. Spes contra spem.Sperare contro ogni speranza. La giovialità gioiosa dei religiosi, l’entusiasmo per il proprio tenore di vita, l’abbandono felice alla missione irradiano speranza nei giovani che sono invecchiati precocemente, hanno svuotato di senso la vita e per questo si perdono nell’ozio senza impegni rilevanti. Le relazioni che molti giovani hanno stabilito tra loro si sono avvizzite e si è persa la freschezza dell’amore, per approdare ad una mera fruizione del corpo dell’altro. Hanno imparato molto del sesso e hanno disimparato l’amore. E su questo la VC giovane ha molto da annunciare. La novità dell’amore puro che attraversa la vita di molti gruppi di ragazzi e ragazze consacrati sotto lo stesso carisma e nella vicinanza del lavoro o dell’abitazione mostra il miracolo della purezza quando questa sembrava aspramente condannata all’oblio. Non siamo però ingenui né romantici, Ci sono rigurgiti pericolosi in entrambi gli estremi. Tornano i ritornelli moralizzanti e repressivi d’altri tempi e si colorano di purezza verbale relazioni ambigue. L’equilibrio maturo nelle relazioni e negli incontri, soprattutto delle giovani generazioni con affettività aperta e a fior di pelle nella quale si può infiltrare il discorso oscuro della paura o il lirismo verbale equivoco, continueranno ad essere una sfida permanente. La speranza e l’amore in forme rinnovate sono segni di un’aurora che spunta, scrive J. Delumeau 57[57]. Nelle ore di maggiore crisi torniamo agli elementi fondamentali e primari. Quando tutto sembra vacillare, concentriamo gli sforzi sui punti fissi dell’esistenza. Speranza e amore sono le due realtà più importanti per l’esistenza umana. Giova ricordare ancora una volta la figura grandiosa di K. Rahner. Dopo il Concilio Vaticano II, nella prima conferenza pubblica che fece a Monaco, diceva: “Tutto quello che si fa nella Chiesa, tutto quello che è istituzionale, giuridico, sacramentale, ogni parola, ogni azione, come ogni riforma di qualsiasi elemento ecclesiale, in ultima analisi- se correttamene inteso e senza rigurgiti d’egolatria- tutto è un servizio, puro servizio, semplice offerta d’aiuto per qualcosa di 57[57] J. Delumeau, Guetter l’aurora, Parigi: Grasset, 2003.

totalmente diverso, qualcosa di totalmente semplice e perciò stesso ineffabilmente difficile e sacro. Questo qualcosa è la Fede, la Speranza, l’Amore da impiantare nel cuore degli uomini,. Per fare un esempio preso dalla scienza profana, possiamo dire che avviene qui una cosa molto simile al processo d’estrazione del radio. Si sa che è necessario scavare una tonnellata di minerale d’uranio per ottenere 0,14 grammi di radio. E nonostante ciò vale la pena fare questo sforzo”. “ Anche un Concilio cerca il cuore dell’uomo, il cuore che credendo, sperando e amando cede e si affida al mistero di Dio. Se così non fosse, il Concilio non sarebbe altro che un’orribile rappresentazione teatrale e d’autolatria dell’uomo e della Chiesa”58[58]. Vale per il Concilio quello che dice Paolo nell’inno alla carità: “E se possedessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tanta fede da spostare le montagne, ma non avessi la carità, non sono niente” (1 Cor.13,2). La dimensione agapica della VC è il suo maggior segno di credibilità. “Solo l’amore è degno di fede”, scriveva H.Von Balthasar59[59].Il ringiovanimento della VC dipenderà dai segni d’amore che essa saprà manifestare al suo interno e al di fuori. In un modo estremamente commercializzato, fondato sull’interesse, sul lucro, su quello che si guadagnerà, la gratuità irrompe come un vero mattino luminoso di un’altra società. Essa è presente agli inizi di ogni genuino ramo religioso. Là dove s’infiltri un qualsiasi interesse economico, si perde la trasparenza delle acque originarie. Il sistema e la mentalità economica di oggi rendono molto difficile ai religiosi vivere e testimoniare la gratuità. E’ raro e difficile. Bisogna inventare nuove forme. Strettamente connesso con la gratuità è lo spirito di servizio e la povertà. Entrambi -servizio e povertà- offrono l’angolo visuale dal quale rivedere in modo nuovo la relazione professione e vocazione. Lo spirito di servizio è la qualità che un religioso deve manifestare in qualsiasi lavoro di tipo professionale e in qualsiasi attività. E’ la vocazione che dà un tocco di grazia e di bellezza spirituale alla professione. Lo spirito di povertà e di semplicità è la risposta della VC al consumismo. Si racconta che il P. Arrupe passando per uno shopping commentava: “ Di quante cose non ho bisogno!” Inoltre: la VC conserva un’ineludibile dimensione escatologica. Offre al religioso, al tempo stesso una spaventosa libertà dinanzi al presente e un impegno senza limiti in questo stesso presente. Perché in lui c’è il definitivo oltre la storia. Il definitivo, l’eterno, non sono dimensioni che si aggiungono al reale, al presente ma che lo attraversano e superano il tempo. Il definitivo comincia nel presente. Sarà solo quello che è stato. Un ultimo punto. Parafrasando K. Rahner che ha detto: “credo perché prego” 60[60], siamo religiosi perché preghiamo. L’esperienza della preghiera alimenta la VC. Senza di essa la fonte si secca. Qualsiasi ritorno alle origini della VC implica una visita nuova e fresca alle acque pure della preghiera.

A guisa di conclusione:Il problema vocazionale

58[58] K. Rahner, Vaticao II; Un inizio di Rinnovamento, San Paolo, Herder, 1966, p. 45,47s. 59[59] H. Urs von Balhasar, Solo L’amore è degno di fede, Parigi, Aubier- Montaigne, 1966. 60[60]K.H. Weger, “ Ich glaube,weil ich bete”, Fur K.Rahner zum 80, geburtstag, in Geist und Leben 57 (1984),48-52.

Il percorso è stato lungo. E il futuro della VC? Dipende evidentemente, secondo l’ovvia legge della biologia, dall’arrivo delle nuove generazioni. Quindi il problema vocazionale è cruciale. I nuovi movimenti hanno creato una strategia interessante a forma di “cerchi concentrici”. Non è nuova, ma essi la usano con molto successo. Consiste nel dividere i giovani in circoli con diverso livello di partecipazione, formazione e necessità e nel gestirli differentemente. C’è un circolo più stretto che sceglie la vita religiosa a tempo pieno e nella forma della consacrazione della vita, stabilendo vincoli giuridici stretti con l’Istituzione religiosa. Evidentemente all’interno di questo gruppo ci saranno sempre quelli che si avvantaggiano e ricevono di più. E’il circolo minore che implica circoli sempre più piccoli con maggiori necessità e formazione. Poi c’è un circolo maggiore di quelli che frequentano il movimento, simpatizzano con esso, senza vincolarsi istituzionalmente. In questo caso, naturalmente sono possibili livelli di maggiore o minore prossimità. Ed esistono quelli che mantengono contatti epistolari e di contribuzione, che ricevono il notiziario, che insomma stabiliscono un rapporto più distante ma comunque reale. In pratica molti vanno cambiando di circolo, entrando via via in un circolo più piccolo e con impegno maggiore. Questo schema pedagogico permette innumerevoli possibilità d’articolazione secondo le circostanze. L’importante è l’intuizione di lavorare con la nuova generazione in modo differenziato e progressivo. Non tutti cominciano con l’entusiasmo e la generosità di quelli che formano il nucleo più stabile e impegnato. Non si dovrebbe perdere nessun possibile vincolo, anche il più tenue. Così attorno al piccolo nucleo di membri più impegnati potrebbero ruotare altri circoli di persone sempre più coinvolte. Con le risorse dell’informatica è pensabile che si stabiliscano circoli virtuali di coloro che contattano il movimento e siano da esso raggiunti per via informatica. Il rischio, in mari con pochi pesci, è accontentarsi di qualsiasi tipo di pesca, abbassando il livello richiesto nel campo spirituale e intellettuale dei candidati. Il brano di Giovanni è la parabola appropriata per la vocazione. “ I due discepoli sentito ciò seguirono Gesù. Gesù allora si voltò verso di loro e vedendo che lo seguivano domandò loro: “Chi cercate?” Gli risposero: “Rabbi- che vuol dire Maestro- dove abiti?” Lui disse: “Venite e vedete”. Loro andarono, videro dove abitava e quel giorno rimasero con Lui. Erano le quattro della sera” (Giov. 1, 37-39). Il problema è se abbiamo il coraggio di fare la domanda di Gesù e di dare la stessa sua risposta. Che abbiamo da mostrare? Zelo d’attività missionaria, fede della vita contemplativa, senso ecclesiale, discernimento orante, vita comunitaria fraterna e semplice? Gli studi statistici ci aiutano ad avere un’idea della popolazione che ci frequenta. Per quanto riguarda il Brasile, le vocazioni fanno un percorso che permette di rilevare contraddizioni sulla loro autenticità. Vengono dalle classi sociali più povere verso una vita da classe media e d’abbondanza, dal mondo rurale all’urbano, dal lavoro allo studio, dalla scuola pubblica ad uno studio migliore, dalla mancanza di status e posizione sociale ad una posizione sociale, dal trasferimento affettivo padre/madre ad un istituto/ formatore61[61]. A ciò si aggiunga la difficoltà che i formatori hanno avuto per scoprire in tempo e con competenza, i conflitti dei formandi.

61[61] W. Castilho Pereira, La formazione religiosa in questione, Petropolis, Vozes, 2004, p. 11

Il post-modernismo sta forgiando una generazione diversa che permette anche di intravedere aspetti speranzosi e di configurare una nuova forma di VC. Essa ha la capacità di vivere il piacere essendo sensibile al ludico e alla festa; valorizza il corpo e la sua sensibilità non lasciandosi facilmente dominare; sviluppa un senso d’auto-stima, unitamente alla cura di sé e alla sua intimità come difesa in una società pericolosa, violenta e frammentata; percepisce i propri limiti, ma con una forte autoaffermazione, in risposta all’insicurezza sulla propria realizzazione; si mostra ribelle alle istituzioni retrograde e impaziente con le autorità dispotiche; manifesta senso d’appartenenza nelle motivazioni e nelle esperienze orizzontali e democratiche; coltiva legami d’amicizia tra i gruppi con il desiderio della vita comunitaria fraterna condividendo la preghiera, la vita personale e la missione ed è aperta anche all’amicizia con persone esterne alla comunità; prolunga i termini per le decisioni importanti per non rischiare una vocazione incerta; ha maggiore tolleranza, ha meno preconcetti e discriminazioni per la razza e per i comportamenti devianti; possiede sensibilità per molteplici forme di vita; attribuisce importanza al quotidiano, al piccolo, all’individuale, alla partecipazione, alla trasformazione delle microistituzioni , puntando sulla flessibilità istituzionale della VC; chiede trasparenza in campo economico e nelle relazioni sociali e di lavoro; punta sulla gestione comunitaria; rivela una crescente mentalità ecologica, pacifista e libertaria .62[62] Una giovane formanda riassume bene la convinzione post-moderna della vocazione: “ Un Dio così generoso che dà una, due, tre vocazioni per mezzo delle quali ci possiano realizzare. Per un Dio così vicino e una cultura così relativista come la nostra, la perpetuità della vocazione importa tanto quanto la sua felicità. La vocazione passa da eterna –dal ventre materno già sono stato scelto!- a relativa, temporanea- sono stato chiamato per la libertà. Forse la vocazione già non vale più come prima? Forse Dio ha cambiato opinione? Lui no, ma noi?63[63].

62[62] W,. Castilho Pereira, op. cit. P. 130s; M. Fabri dos Anjos, Gioventù e crisi di valori morali, in REB 59 (1999), p. 531-550; E.Valle, La percezione della vita religiosa in religiosi/se giovani. Osservazioni psicosociali, in M.Fabri dos Anjos, Nuove Generazioni e Vita Religiosa. Ricerca e analisi prospettive sulla vita religiosa in Brasile, Aparecida/San Paolo, Santuario, 2°. Ed, 2004, p. 75-97. 63[63] E.M. Braceras Gago, Vita religiosa: la paura della fine, in Giornale di opinione 16 (2004), n. 801, p. 7.