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1 Indice INTRODUZIONE ………………………………………………….…p. 2 GIOVANNI VERGA ………………………………………………….…p. 3 ROSSO MALPELO ……………………………………………………...p. 5 MARCINELLE ..………………………………………………………….p. 8 IL LAVORO NELLA STORIA ..………………………………………p. 13 IL PASSAGGIO DALLA 626 AL D.LGS 81/2008 ...………….…p. 19 LA COSTITUZIONE ITALIANA E IL LAVORO ...………………p. 20 LE PRINCIPALI NORME DEL D.LGS 81/2008 …………………p. 23 IL CODICE PENALE …………….……………………………………..p. 25 CONTABILIZZAZIONE DEI COSTI PER LA SICUREZZA ……p. 27 DATI ISTAT, CON RELATIVI GRAFICI ………………………….p. 30 BIBLIOGRAFIA …………………………………………………………p. 37 SITOGRAFIA …………………………………………………………….p. 37

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Indice INTRODUZIONE ………………………………………………….…p. 2 GIOVANNI VERGA ………………………………………………….…p. 3 ROSSO MALPELO ……………………………………………………...p. 5 MARCINELLE ..………………………………………………………….p. 8 IL LAVORO NELLA STORIA ..………………………………………p. 13 IL PASSAGGIO DALLA 626 AL D.LGS 81/2008 ...………….…p. 19 LA COSTITUZIONE ITALIANA E IL LAVORO ...………………p. 20 LE PRINCIPALI NORME DEL D.LGS 81/2008 …………………p. 23 IL CODICE PENALE …………….……………………………………..p. 25 CONTABILIZZAZIONE DEI COSTI PER LA SICUREZZA ……p. 27 DATI ISTAT, CON RELATIVI GRAFICI ………………………….p. 30 BIBLIOGRAFIA …………………………………………………………p. 37 SITOGRAFIA …………………………………………………………….p. 37

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IInnttrroodduuzziioonnee

La Sicurezza sui luoghi di lavoro è un problema che esiste da sempre e sta lentamente andando a migliorare grazie alle nuove legislazioni. Purtroppo in Italia sono tre le persone che ogni giorno muoiono mentre svolgono le loro mansioni lavorative, a causa dell’insicurezza. L’insicurezza può essere causata dal datore di lavoratore che non vuole adeguarsi alle normative ma può essere altresì causata dal menefreghismo dei lavoratori che si rifiutano di indossare i DPI o che si recano a lavorare sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcol. Ho deciso di scrivere questa tesina circa un anno fa, quando un mio amico, come molte altre persone, ha perso la vita proprio sul posto di lavoro. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato ma è accaduto. Nessuno era pronto a una notizia simile ma è arrivata. Come molti Italiani ero ignorante in questione di sicurezza sul lavoro ma questa vicenda mi ha spinto ad informarmi e a uscire dal gregge. Questa tesina è solo un piccolo mattone che insieme ad altri, forse potrà costruire qualcosa di solido e sentito.

“Dedico questo lavoro a Roby, sperando che da lassù continui a sorridere…Ciao Roby”

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GGiioovvaannnnii VVeerrggaa Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840. L’attività del giovane scrittore si svolse, sia in campo letterario, sia in campo politico (fondò e diresse il settimanale «Roma degli italiani»), nella città natale. Primariamente influenzato dal suo insegnante Don Antonio Abate, romanticista, Verga esordì con un romanzo intitolato Amore e Patria, scritto fra il 1856 e il 1857 e rimasto inedito. La lettura appassionata di Dumas, Sue, Scott e Radcliffe produsse un inesorabile effetto. Nel 1861 uscì a puntate “I carbonari della montagna”, opera che univa patriottismo e romanticismo. Nel 1863 venne pubblicato il secondo romanzo intitolato “Sulle lagune” con gli stessi temi. Giunse il momento di lasciare la Sicilia, era il 1865: Firenze, capitale del regno d’Italia già da un anno, offriva a Verga l’ambiente mondano ideale in cui far spaziare il proprio talento. L’interesse del giovane provinciale inurbato per i fasti della mondanità trovò ampio sfogo in “Una peccatrice”. Il successo giunse più sonoro con “Storia di una capinera” (1871), in cui l’accento era posto sul tema delle passioni travolgenti e fatali. Trasferitosi a Milano nel 1872, Verga entrò in contatto con gli scapigliati, pur non condividendo fino in fondo l’atteggiamento del loro movimento. Testimonianza di questa fase è il romanzo “Eva”, che affianca alla figura del protagonista, Filippo Lanti, quella di Eva, una donna caratterizzata dalla spensieratezza vitale e dalla passionale psicologia amorosa. Vennero poi pubblicati “Tigre reale” ed “Eros” , opere in cui si riscontra una perdita della coerenza del personaggio femminile, ormai sdoppiato nella figura della donna fatale, da una parte e in quella di femmina fedele al mito della casa, dall’altra. Si registra, intanto, un grande progresso sul piano della lingua e dello stile. La lezione

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data da Flaubert si inizia ad assaporare. Il gusto verghiano è comunque ancora troppo teatrale. Lo scrittore si è convinto della necessità di un distacco dalla vita di una certa parte della società, rappresentata dall’aristocrazia e dai gentiluomini. Nel 1878, traumatizzato dalla morte della madre e angosciato dai sensi di colpa per aver abbandonato il focolare domestico, Verga avvia la scrittura de “I malavoglia”. “Nedda” rappresenta per alcuni l’inizio della nuova arte del Verga, per altri non farà che rivelare come Verga abbia cambiato materia ma non il suo spirito e le sue abitudini mentali; tesi che troverà conferma nel volume successivo “Primavera e altri racconti”, dove si tornerà alla società elegante e salottiera di Eros. L’itinerario del Verga maggiore è stato segnato dallo sforzo di sottrarsi al verismo massiccio, per elevarsi ad un più consapevole realismo. Quando nel 1875 compose “Padron ‘Ntoni” e quando annunciò il “ciclo dei Vinti”, per Verga il Verismo era ancora uno strumento tecnico, che suggeriva un linguaggio nuovo. Solo con l’introduzione a “L’amante di Gramigna”, fu in grado di accettare la dottrina dell’impersonalità; con “Fantasticheria” il distacco dalla tematica mondana potrà dirsi consumato. Primo frutto della “conversione” letteraria del Verga è “Vita dei campi”. Il senso di una tragedia ineluttabile appare anche ne “I Malavoglia”, dove continuò a fare retorica sul focolare e sulla necessità di non infrangere la legge della solidarietà che lega i poveri fra loro. La sfumatura ironica del Verga si ritrova in “Mastro Don Gesualdo”, capolavoro del Realismo italiano; è così, che al motivo della “casa” subentra quello della “roba” (La roba): mentre la visione del focolare si addice ai poveri, la passione per la “roba” prescinde dalle differenze di classe. Dopo “Mastro Don Gesualdo” comincia a potersi scorgere il tramonto dello scrittore.

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Nel 1912 aderì esplicitamente al partito nazionalista, fu interventista, dannunziano e antinittiano, non mancando di mostrare simpatie per il nascente partito fascista. Dopo la raccolta “Vagabondaggio”, iniziò il crepuscolo di Verga. Fallì il tentativo di dar vita, con la Duchessa di Leyra, a un imponente quadro della vita aristocratica siciliana: del romanzo, che doveva essere parte del progettato e mai concluso “ciclo dei Vinti” vide la luce solo il primo capitolo, pubblicato nel 1922, dopo la morte dell’autore. Verga visse i suoi ultimi anni a Catania, dove morì nel 1922 abbandonato a una vita inerte e tranquilla, a una solitudine sdegnosa e scontrosa, noncurante della tardiva fama consacrata dalla nomina a senatore nell’ottobre del 1920.

RRoossssoo MMaallppeelloo Rosso Malpelo era un ragazzo dai capelli rossi, che nel pregiudizio popolare indicava il suo modo di essere “malizioso e cattivo”; da qui il suo soprannome Rosso Malpelo. A causa di ciò Malpelo era maltrattato da tutti, anche dalla sua famiglia: la sorella non si fidava di lui, convinta che il ragazzo sottraesse soldi dallo stipendio e quindi lo accoglieva a casa picchiandolo. Il ragazzo, fin da piccolo, si recava con il padre (Mastro Misciu), in una cava dove si estraeva una resina. Un giorno il padre, l’unico che dava affetto al povero Malpelo, decise di terminare un lavoro preso a cottimo: doveva abbattere un pilastro della grotta che nessuno aveva voluto toccare perché tutti conoscevano la pericolosità di tale gesto. Solo un testardo avrebbe accettato lavori del genere. La sera, mentre Mastro Misciu cercava di abbattere il palo, questo gli crollò addosso. Malpelo, che si trovava sul posto, preso dalla disperazione iniziò a scavare nella sabbia con le unghie fino a farle sanguinare e ad urlare dal dolore. Nessuno fece caso al povero Malpelo, che inutilmente si disperava per

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tentare di salvare il padre. Dopo la morte del padre Malpelo divenne più cattivo e riprese a lavorare nella cava, proprio nella galleria dove c’era stato il crollo che era costato la vita del padre. Qualche tempo dopo, alla cava giunse a lavorare un ragazzo piccolo e debole, che prima faceva il muratore, ma fu costretto ad abbandonare il mestiere a causa di una caduta da un ponteggio in cui si era lussato il femore. Il ragazzo venne soprannominato “Ranocchio” per il modo in cui camminava e Malpelo iniziò subito a tormentarlo; non per cattiveria ma perché vuole che il ragazzo impari a reagire. A dimostrazione di questo fatto Malpelo cedeva spesso la sua razione di cibo a Ranocchio per fare in modo che non morisse di freddo oppure lo aiutava nei lavori pesanti. Dopo poco tempo riaffiorarono i resti di Mastro Misciu e Malpelo ne rimase shoccato, si allontanò infatti per qualche giorno dalla cava e al rientro decise di lavorare in un’altra galleria. Tutto ciò che rimaneva del padre erano i suoi pantaloni, che la madre aggiustò in modo che Malpelo potesse indossarli, e un paio di scarpe. Quando l’asino grigio, che aveva accompagnato Malpelo per anni e anni nella cava, morì, il carrettiere lo scaricò nella sciara e Malpelo vi condusse Ranocchio per vedere i cani che lo mangiavano. Secondo Malpelo la morte è la liberazione di tutto, e per i deboli, come Ranocchio, forse sarebbe meglio non essere mai nati. Ranocchio gli spiega invece del Paradiso, il posto dove i vivi che sono stati brave persone vanno a riposare in eterno. Non molto tempo dopo, Ranocchio, il quale deperiva già da un po’, si ammala e muore in breve termine. Malpelo però si sente in colpa, perché in seguito all’ennesima percossa al povero Ranocchio, gli era uscito del sangue dalla bocca e per questo il povero ragazzo si colpevolizza della morte dell’amico.

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Malpelo adesso è solo; la madre ha infatti trovato un nuovo compagno e la sorella ha un marito. Nessuno lo vuole più in casa. Alla fine il povero Malpelo decise di esplorare un nuovo tratto della galleria dato che ormai non aveva più nulla e nessuno da perdere. Prese così gli attrezzi del padre e partì. Nessuno seppe più nulla di lui e nemmeno le sue ossa furono ritrovate. Malpelo rimase una leggenda della cava, nessuno lo nominava più per il timore di vederselo apparire davanti; tra i suoi compagni c’era chi diceva di averlo visto aggirarsi per la galleria come un fantasma.

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MMaarrcciinneellllee «« NNooii ffuuggggiiaammoo vveerrssoo llaa nnuuoovvaa ggaalllleerriiaa »»

La tragédie de Marcinelle s’est passée

le 8 août 1956 et a provoqué 262 morts,

dont 136 étaient italiens.

Entre 1946 et 1963, 867 mineurs italiens sont morts dans les

mines belges. Marcinelle est part de l’histoire mais aussi

un avertissement pour aujourd’hui.

Marcinelle symbolise les morts blanches et

les accidents sur le travail. Marcinelle est une importante leçon pour qui doit gérer ce problème.

Aujourd’hui beaucoup de morts sur le travail ont un nom étranger, comme étaient étrangers les noms des Italiens

morts en Belgique, c’est dû au besoin de travail et de progrès social des étrangers.

Depuis 1956, 53 ans sont passés mais la sécurité des lieux de travail n’est encore garantie, comme nous montrent la tragédie de la Thyssen et les nombreuses morts blanches.

Ce qui a causé la tragédie de Marcinelle a été une

incompréhension linguistique d’un ouvrier italien qui ne parlait pas bien le français. La tragédie a aussi été le fruit

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d’un accord « Homme-Charbon » avec lequel l’Italie envoyait en Belgique 1000 mineurs par semaine en recevant 200 kg

de charbon chaque jour pour chaque immigré. Les italiens devaient avoir 35 ans maximum et devaient être en bon

état de santé.

A 8 :10 du 8 août 1956 un nuage de fumée noire s’est levé de la mine « Bois

du Cazier » à Marcinelle. Un puits à 975 m de profondeur était en flammes. Et à

l’origine de l’incendie: un ouvrier appelait par erreur l’élévateur pendant qu’un chariot était en train de sortir. Le chariot, encastré, coupe une conduite

de pétrole et les câbles de l’électricité, trop voisins. Le seul responsable était Antonio Ianetta, mais les vrais

responsables étaient les propriétaires qui avaient placé le conduit et les câbles trop voisins.

L’incendie n’avait pas touché qui travaillait aux niveaux plus bas et pendant plusieurs jours on a espéré de trouver des

mineurs vifs, surtout quand on a trouvé ces mots « Nous enfuyons vers la nouvelle galerie ». Quand les sauveteurs les ont trouvés, ils étaient tous morts. La mine a fermé en 1961. Voici des témoignages de deux mineurs italiens immigré en Belgique.

FERRUCCIO MOZ « Le Gouvernement Italien, vu que dans cette période le

chômage était haut, avait établi avec la Belgique des contrats de travail, le contrat minimum prévoyait une

année de collaboration ; si un ouvrier, une fois en mine se refusait de travailler, il était déplacé dans un camp de

concentration et après renvoyé en Italie.

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Le travail du mineur est un métier très dur. Il n’y avait pas des jours sans accidents et il y avait aussi des morts. Le

travail était dur pas seulement à cause des éboulements mais aussi pour la présence du

grisù (gaz). Le charbon était extrait avec le marteau pneumatique et mis

dans des canaux qui conduisait aux chariots.

Nous avions une pile électrique et un élément pour nous protéger de

la chute des pierres, chaque équipe de mineurs avait aussi une lampe spéciale qui

mesurait la quantité de gaz dans l’air. En cas d’extrême danger nous étions autorisés à arrêter le travail. Dans ce cas la direction de la mine introduisait un fort courant

d’air pour expulser le gaz. Vu que les galeries étaient de 60 cm à 1.20 m nous étions obligés de travailler à genoux. J’étais très courageux et

j’étais donc assigné à une équipe de premier secours et mon roulement changeait.

Un jour, en rencontrant l’équipe qui m’avait précédé, les mineurs m’on dit que je pouvais aller travailler mais il était

mieux d’y renoncer parce qu’il y avait un grand danger d’écroulement. Nous tous sommes allés à la mine mais mes amis y voulait renoncer. Je leur ai dit que nous avions un engagement donc nous devions terminer notre travail et je les ai priés de se mettre dans la place moins dangereuse et de m’apporter tout le matériel nécessaire pour armer les murs. À un âgé j’ai demandé de regarder la lampe et de crier s’il voyait un mouvement. La journée terminée nous sommes remontés heureux et contents parce que rien ne s’était passé et nous avions terminé l’engagement pris.

Une autre fois, j’étais avec deux mineurs (Pietro et Giovanni), nous étions en train de remonter quand le toit

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d’en face s’est écroulé : nous étions bloqués. Le plus jeune, Giovanni, avait panique et criait comme un désespéré.

Au même temps ils ont ouvert un passage. Pietro et Giovanni se sont jetés vers le passage, en s’encastrant.

Après 30 minutes nous étions sauvés. Cinq ans après mon frère, Mario, est mort dans la mine.

Pendant cette période j’étais malade mais une fois guéri, j’ai continué à travailler en mine, parce que si je rentrais en

Italie je n’aurai pas eu un travail. Douze ans après est arrivé Marcinelle et j’ai commencé à réfléchir. À partir de ce moment là j’ai décidé de laisser la mine et je suis rentré en

Italie.» ANONIMO

« Pour travailler en mine il fallait être déclaré apte par 4 médecins. Une consultation était à Vittorio Veneto, la deuxième était à Treviso, la troisième à Milano et la

dernière en Belgique. Le voyage était financé par l’état italien parce que la

Belgique lui cédait le charbon. Après l’arrivée nous étions logés dans les lagers nazis. Après nous étions conduit au lieu

de travail, et examinés par les médecins : pour faire tout ça il suffisait d’une matinée et dans l’après-midi nous

commencions à travailler. Le travail se déroulait à 1350 m de

profondeur à une température de 42°C. Les galeries avaient une dimension de 2

m en hauteur et 3 m en longueur et le matériel était déplacé sur des chariots trainé par des chevaux. Chaque

cheval trainait 8 chariots et il était aussi bien dressé que si on lui en accrochait une en plus il se refusait de poursuivre. Le charbon était porté en surface par un ascenseur à quatre

étages. Pour creuser les galeries on utilisait la dynamite : à travers le trou qu’on faisait pour positionner la grenade pouvait

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sortir le grisù, de la présence duquel nous nous apercevions grâce à la lampe à huile. Les portes coupe-feu étaient en

bois, parce qu’on disait que si il y avait eu un éboulement les portes, en craquant, nous auraient avisés du danger.

Le jour de l’accident dans la mine il y avait 175 ouvriers ; 2 heures après leur entrée il y a eu un incendie qui a grandi à cause des structures en bois. Treize mineurs sont sortis de

la mine encore vivants. »

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LL’’IIttaalliiaa ttrraa 990000 ee GGiioolliittttii LL’’IInndduussttrriiaa ssii ssvviilluuppppaa nneellllaa PPeenniissoollaa

Si è calcolato che agli inizi del Novecento la popolazione sparsa sul globo fosse di circa un miliardo e mezzo di individui, 400 milioni in più rispetto al decennio precedente. Per l'Europa l'incremento demografico si accorda con il pieno sviluppo della "rivoluzione industriale" con un'intensificazione estrema dei commerci internazionali e la grande produzione extraeuropea di cereali, dell'allevamento del bestiame, dell'estrazione di minerali. Una produzione che invade i mercati della vecchia Europa e che genera il grande spostamento di forze lavorative dall'agricoltura all'industria con un aumento vertiginoso della nuova realtà sociale: la classe operaia. I governi assolutisti hanno ormai lasciato il posto ai governi costituzionali, generando al contempo la democrazia e il socialismo. E' contro le organizzazioni operaie di stampo socialista che ora i nuovi governanti europei devono misurarsi. All'inizio del nuovo secolo la libertà di organizzazione sindacale è di fatto acquisita in tutta Europa, ma il riconoscimento più o meno generico del diritto di associazione operaia non corrispondeva alla totale libertà pratica di funzionamento. La libertà di sciopero viene mortificata sul piano della sua efficacia da misure coercitive e poliziesche. Ma accanto alla politica autoritaria o liberale dei governi nei confronti del movimento operaio nasce una politica del lavoro gestita direttamente dagli stessi governi con la legislazione sociale. Dapprima in Inghilterra e in seguito anche in Italia una legge tutela il lavoro delle donne e punisce lo sfruttamento

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di manodopera minorile, si impongono misure protettive per i lavoratori nelle industrie in cui si manipolano sostanze dannose per la salute. La Germania nell'intento di arginare il socialismo introduce le assicurazioni sociali operaie contro le malattie e gli infortuni sul lavoro e quella per l'invalidità e la vecchiaia. Ma le rivendicazioni operaie per la limitazione dell'orario di lavoro e per il salario minimo garantito saranno ancora a lungo osteggiate. La legislazione protettrice del lavoro, introdotta in modo autonomo in ogni Stato, si ispira tuttavia agli stessi motivi, un senso di umanità nei confronti della classe economicamente più debole caldeggiato dalla religione e dalla morale. Con il miglioramento delle condizioni dei lavoratori si intende prevenire turbamenti gravi e rendere più sopportabili le leggi repressive nei confronti della massa operaia. In Italia un congresso cattolico tenutosi a Roma nel 1894 ha approvato un ambizioso programma mai compiutamente attuato che prevedeva la creazione delle corporazioni, una legislazione e un credito sociali, la partecipazione agli utili d'impresa delle maestranze e l'elevazione operaia di concerto con il mantenimento delle gerarchie sociali. La "rivoluzione industriale" oltre che mutare la fisionomia della società, genera esigenze nuove che si concretizzano con un sempre maggiore consumo di fonti energetiche e di materie prime che gli Stati europei industrializzati posseggono in misura insufficiente. Comincia l'era del postcolonialismo improntata soprattutto alla politica dei protettorati, una formula molto più vantaggiosa della dominazione coloniale che prevede sviluppo e assistenza tecnica di zone depresse in cambio di contratti esclusivi per l'estrazione e lo sfruttamento di giacimenti. Si offrono benefici e ricchezze a governanti "fantocci" locali, e sono questi a mantenere l'ordine nel Paese.

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La poderosa flotta britannica s'insedia in Sudafrica dopo avere sconfitto i Boeri, la Germania sbarca nell'impero ottomano e la Francia con un colpo di mano invade la Tunisia. Le legazioni europee si contendono il favore della Cina e la flotta americana raggiunge le rive del Marocco. Con la giustificazione dell'ordine pubblico, il Parlamento ha emanato severi provvedimenti: come lo scioglimento d'ogni associazione di partito e riunione di lavoratori, socialisti, comprese alcune associazioni cattoliche: considerate tutte "bande di malfattori" Gruppi di Cattolici si ricostituiscono, e con i capifila Don Sturzo e Murri gettano le basi per la costituzione delle prime associazioni di soli lavoratori cristiani: le "leghe bianche" con compiti sindacali ma il Vaticano non acconsente e blocca subito l’iniziativa. Il 1900 si è anche aperto in Italia con una tragedia in casa Savoia; il 29 LUGLIO è ucciso Re UMBERTO I, dall'anarchico Gaetano Bresci per vendicare i morti fatti in Sicilia al tempo dei Fasci e nel corso dei tumulti del 1898 provocati da Bava Beccaris. Al re Umberto I succedette Vittorio Emanuele III (1900-1946) che chiamò poi a formare il nuovo governo il liberale Zanardelli. Il regno guidato da Vittorio Emanuele III, è in condizioni economiche di trend relativamente positivo. La rete ferroviaria ha raggiunto una buona estensione su parte del territorio nazionale, mentre prosegue il processo di modernizzazione che registra alcuni impulsi nel campo dell'industria laniera e cotoniera e della siderurgia. La pianura padana, ora collegata con il centro Europa, favorisce la formazione del triangolo industriale Milano-Torino-Genova e le popolazioni di queste città e dell' hinterland, registrano un incremento demografico. La situazione di benessere è turbata dagli scioperi massicci da una parte della massa operaia nonostante l'avvento dei governi della corrente liberale di Giolitti.

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Vittorio Emanuele III abbandonando l'antidemocraticità, guarda con simpatia proprio gli uomini che suo padre disprezzava (GIOLITTI, ZANARDELLI ecc.). Quindi si ha un’inversione di rotta della politica sovrana autoritaria antipopolare, che darà un’accelerazione all'evoluzione della politica italiana in senso progressista. Giolitti auspica da subito un progetto di riforme tributarie e invita i suoi colleghi politici al "doveroso coraggio di chiedere alle classi ricche di sopportare le spese per far diventare l'Italia uno Stato moderno". Anche se é solo un progetto, inizia comunque in Italia una svolta verso una politica liberale. E' chiamata " Era Giolittiana " ed è caratterizzata soprattutto dalla tendenza di "agevolare" l'ascesa delle classi lavoratrici. Infatti ogni volta che scioperi-agitazioni assumevano carattere di gravità , lo Stato, tra Capitale e Lavoro, concesse al primo favori, e al secondo vaste riforme, che porranno fine allo Stato borghese. L'obiettivo principale de Giolitti era quello di conciliare la borghesia liberale con il partito socialista, secondo Giolitti la prima doveva riconoscere la validità di alcune rivendicazioni dei lavoratori e il partito socialista avrebbe ottenuto molto da una legislazione sociale riformatrice. Giolitti avvia una organica legislazione del lavoro che aveva avuto dei precedenti nel 1886 con Depretis; con Giolitti vengono estese e rese più efficaci le norme sul lavoro delle donne e dei fanciulli; inoltre si migliorano i provvedimenti sulle assicurazioni per la vecchiaia. Viene istituito il Consiglio superiore del lavoro, un organo consultivo per la legislazione sociale. Secondo la politica di Giolitti le organizzazioni operaie e contadine, sciolte negli anni precedenti, dovevano ricostituirsi e svilupparsi in forme organizzative come le Camere del lavoro e organizzazioni di categoria. Il rafforzamento delle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori provocano però anche un aumento degli

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scioperi. L'atteggiamento neutrale che il governo assume di fronte a quest'ondata di scioperi, è giudicato positivamente e così possono essere varate le misure di legislazione sociale che il governo comincia a proporre. Sono, quindi, votate leggi a tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli e a favore delle assicurazioni contro gli infortuni; sono istituite pensioni per i vecchi lavoratori.

In seguito ad un eccidio di lavoratori, in Sardegna, la Camera del lavoro di Milano, proclamò uno sciopero generale di protesta. Le classi lavoratrici, colpite dal

ripetersi di episodi del genere e insoddisfatte dalla politica giolittiana, aderirono all'iniziativa. La situazione fu

affrontata da Giolitti senza ricorrere ad atti di forza. Lo sciopero si concluse rapidamente ed egli ne approfittò per

sciogliere la Camera e indire nuove elezioni, il cui risultato fu sfavorevole ai socialisti. Giolitti tornò al potere nel

maggio del 1906 riprendendo la sua politica. I riformisti ripresero il sopravvento all'interno del partito socialista,

fino a riconquistare la maggioranza nel 1908.

IIll pprroobblleemmaa ddeell mmeerriiddiioonnee Nell'Italia centro-settentrionale il governo non fa intervenire le forze dello Stato nei conflitti di lavoro; negli stessi anni nell'Italia meridionale l'intervento repressivo della forza pubblica è costante e provoca una lunga serie di eccidi di lavoratori. La condotta del governo nelle aree più sviluppare favorisce lo sviluppo organizzativo del movimento operaio e l'espandersi delle lotte sindacali che caratterizzano l'inizio del secolo. Giolitti spera che una volta consolidata nel Nord, l'industria si sarebbe estesa, con l'aiuto di opportuni incoraggiamenti da parte del governo (agevolazione fiscali, crediti, lavori pubblici), anche nel sud, dove avrebbe potuto anche avvantaggiarsi del costo della manodopera. Le leggi speciali a favore del Mezzogiorno furono criticate dai meridionali, i quali

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ritenevano che, non erano sufficienti l'incremento delle opere pubbliche e la concessione di sgravi fiscali, ma sarebbe stato necessario cambiare l'indirizzo generale della politica economica del governo, orientandolo a promuovere lo sviluppo agricolo, anziché l'industria. Il tentativo giolittiano fu, in effetti, poco efficace. Il maggior risultato fu la creazione di un complesso siderurgico a Napoli, mentre le condizioni delle campagne non subirono miglioramenti. Si sviluppa soprattutto l'industria siderurgica, tessile, alimentare e elettrica. E' prodotta una legislazione sociale che riguarda il divieto del lavoro per i minori di dodici anni nel 1902; l'assistenza per l'invalidità e la vecchiaia e il lavoro femminile. Tra il 1906 e il 1909 è introdotto il lavoro festivo. Nella realizzazione di queste riforme l'interlocutore privilegiato di Giolitti è il Partito Socialista in quanto espressione politica del movimento operaio italiano. Giolitti costruisce un'alleanza con i cattolici a partire dal 1904 e la lunga autoesclusione dei cattolici dalla vita dello Stato italiano comincia ad entrare in crisi.

LL’’eemmiiggrraazziioonnee

L'emigrazione continua ad aumentare durante tutto il periodo giolittiano. Esiste una contraddizione: lo sviluppo economico e sociale non consente di risolvere il problema

della disoccupazione. Le industrie nascono al nord e non al sud, l'agricoltura del sud non avanza come quella

settentrionale. Nella società disgregata del sud arrivano solo i fenomeni negativi del sistema politico italiano,

alimentandone i vizi ed il sud diventa una riserva di voti comprati con le promesse ed i favori, non con interventi efficaci e duraturi. Democratici, radicali e socialisti, in

particolare Salvemini, lanciano contro Giolitti l'accusa di essere il "ministro della malavita". Giolitti però non cambia strada e il ricorso alla corruzione elettorale è un fenomeno

che caratterizza la sua opera di governo.

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““IIll ppaassssaaggggiioo ddaallllaa 662266 aall DD..LLggss 8811 ddeell 22000088””

A livello nazionale l’ormai storica legge 626 viene sostituita dal D.Lgs 81 del 2008 che raccoglie, formula e attualizza tutte le normative che, dagli anni Cinquanta ad oggi, sono state emanate a riguardo della sicurezza e della salute sul lavoro; un testo unico che ribadisce i principi fondamentali della 626(come la responsabilità del datore di lavoro, la necessità della valutazione del rischio, la priorità delle misure di sicurezza collettive rispetto a quelle individuali e la sorveglianza sanitaria). Principi ripresi in modo pressoché integrale, anche se l’applicazione non è più solamente rivolta ai lavoratori subordinati, ma anche ai lavoratori autonomi. La novità più significativa riguarda principalmente l’aumento della vigilanza e l’inasprimento delle sanzioni. Il processo di valutazione dei rischi è divenuto più rigido, dovendo contemplare i possibili pericoli legati in diversi modi alla pratica lavorativa, dallo stress alla gravidanza, dalle carenze igieniche alla provenienza da un altro Paese, che potrebbe contemplare difficoltà a leggere, ad esempio, la cartellonistica di un cantiere.

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““IIll llaavvoorroo ee llaa CCoossttiittuuzziioonnee”” La Costituzione considera il lavoro come il più importante fenomeno della vita sociale affermando che: “ L’Italia è una repubblica democratica. Fondata sul lavoro” (ART. 1), questo articolo esprime proprio il principio lavorista1 dello stato Italiano, principio che non può essere modificato neppure con il procedimento di revisione costituzionale previsto dall’articolo 138 della Costituzione stessa. Il primo comma dell’articolo 4 afferma inoltre che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Ogni cittadino è quindi libero di scegliere quale attività svolgere; lo Stato deve però promuovere le condizioni che garantiscono l’accesso al lavoro. Lo Stato deve infatti perseguire una politica economica diretta ad ottenere una piena occupazione. L’articolo 4 continua poi affermando che “ Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”. Ogni cittadino viene, con questo articolo, invitato a concorrere al progresso dello Stato. Per ottenere questo obiettivo i lavoratori dovrebbero frequentare dei corsi di formazione professionale, come sottolineato anche dall’articolo 35, secondo il quale la Repubblica Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.; tuttavia nella Costituzione non ne è previsto l’obbligo e fino ad oggi i dipendenti e i datori di lavoro che hanno volontariamente frequentato corsi di formazione sono pochissimi. Proprio per contrastare questa tendenza e per sottolineare l’importanza

1 PRINCIPIO LAVORISTA = il lavoro è ritenuto lo strumento per realizzare la personalità ed è assunto come criterio ordinatore di tutto l’assetto economico nazionale, che deve perseguire una politica di piena occupazione

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del formazione il D.Lgs 81/2008 inserisce gli obblighi di informazione del lavoratore (Art. 36 - 37):

- riguardo le tecniche di primo soccorso, la lotta antincendio e le tecniche di evacuazione dei luoghi di lavoro

- riguardo i rischi specifici dell’attività svolta, alle normative di sicurezza e alle disposizioni aziendali in materia

- riguardo l’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza

- riguardo le misure e le attività di prevenzione e protezione adottate

- che deve comprendere con chiarezza i concetti di rischio, danno, prevenzione e protezione

- riguardo l’organizzazione della prevenzione aziendale, i diritti e doveri dei soggetti aziendali e gli organi di vigilanza, controllo e assistenza

Tornando alla Costituzione, l’articolo 32 afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Secondo questo articolo è necessario quindi garantire la salute di tutti i cittadini e proprio a questo riguardo il D.Lgs. 81/2008 inserisce la figura del medico competente nelle imprese, che deve sorvegliare sulla salute dei lavoratori. Se i lavoratori vengono selezionati per un controllo medico, questi non possono non sottoporsi alle visite prescelte. Nell’ultimo periodo sono inoltre diventati obbligatori i test riguardanti le sostanze stupefacenti e le bevande alcoliche. Droga e Alcol possono essere infatti cause di incidenti sul lavoro, poiché influenzano le percezioni degli individui.

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L’Articolo 38 è inoltre particolarmente importante e specifico enunciando che: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. […]” E’ quindi lo stato che deve garantire agli inabili i mezzi per vivere, e quindi dei sussidi, l’assistenza sociale e l’avviamento al lavoro. I lavoratori devono inoltre essere assicurati nel corso della vita professionale. Proprio parlando di assicurazione bisogna sottolineare che con l’Assicurazione Lloyds (1892) si aveva un’assicurazione solo oggettiva, ovvero si assicuravano i macchinari e le strumentazioni aziendali; oggi, grazie allo statuto dei lavoratori del 1970, l’assicurazione diventa di tipo soggettivo, assicurando i lavoratori. L’articolo 36, invece, vuole garantire al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa, una giusta retribuzione, il riposo settimanale, le ferie annuali retribuite e l’eguaglianza tra lavatori e lavoratrici. Sempre riguardo la dignità del lavoro l’articolo 41 afferma che “L’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” Per controllare l’efficacia di questo articolo, il D.Lgs 81/2008 ha previsto la figura del RLS, che è un incaricato eletto o designato per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e sicurezza durante il lavoro. L’RLS concorre ad individuare le misure di miglioramento delle condizioni di sicurezza sui

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posti di lavoro, svolge anche un importante compito di congiunzione tra il datore di lavoro ed i lavoratori.

““LLee pprriinncciippaallii nnoorrmmee ddeell DD..LLggss.. 8811//22000088””

Secondo il D.Lgs 81/2008, articolo 56, il datore di lavoro è tenuto a:

• Compilare il documento di valutazione dei rischi indicando anche i mezzi impiegati per garantire la sicurezza nell’impresa

• nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RLS)

• nominare i dipendenti che devono agire in caso di emergenza

• vietare l’accesso alle aree pericolose a quei dipendenti che non sono adeguatamente istruiti

• informare i dipendenti dei possibili rischi • istruire i dipendenti sui comportamenti da tenere in

caso di emergenza • vietare la ripresa del lavoro se esiste un pericolo grave e

immediato • frequentare corsi di aggiornamento e formazione in

materia di sicurezza • far frequentare ai propri dipendenti, a spese

dell’azienda, i corsi di formazione, informazione e addestramento in materia di sicurezza

• distribuire i DPI nell’impresa • valutare le situazioni che potrebbero mettere a rischio

l’integrità fisica dei lavoratori • convocare annualmente una riunione con i lavoratori

per individuare eventuali situazioni di rischio, nelle unità di produzione con più di 15 lavoratori

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• tenere conto delle condizioni di salute dei lavoratori quando vengono loro affidate le mansioni

• nominare il medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria

• munire, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro

• comunicare, a scopo statistico, i dati relativi agli infortuni a enti quali INAIL o IPSEMA, con riferimento agli infortuni superiori alla giornata

Sempre secondo il D.Lgs. 81/2008 ma all’articolo 59, i lavoratori sono tenuti a:

- osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

- utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e i dispositivi di sicurezza;

- utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione individuale (DPI) a disposizione;

- segnalare al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza;

- non rimuovere o modificare senza autorizzazione i DPI o le segnalazioni di controllo;

- non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

- sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal suddetto decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.

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In particolare i dipendenti in appalto o subappalto sono obbligati a portare il cartellino di riconoscimento.

““IIll CCooddiiccee PPeennaallee”” Il codice penale prevede particolari pene aggravate per i soggetti che infrangono le norme in materia di sicurezza sul lavoro, di seguito ne riporto alcune:

- Secondo l’articolo 437 chi omette di collocare dispositivi atti a prevenire disastri o infortuni sul lavoro è soggetto alla reclusione da 6 mesi a 5anni, se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la reclusione va invece dai 3 ai 10 anni.

- L’articolo 451 punisce chi, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuovere o rendere inservibili apparecchi o altri mezzi destinati all'estinzione di un incendio , o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, con la reclusione fino ad un anno o con una multa da 10 a 516 €

- L’articolo 589 punisce invece, con la reclusione da due a sette anni chiunque cagiona per colpa la morte di una persona violando le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

- Un ultimo articolo, il 590, riguarda le lesioni personali colpose, causate sempre dalla violazione delle norme di prevenzione degli infortuni, punendole con una multa da 500 a 200 €; se le lesioni risultano gravissime la reclusione va da uno a tre anni. In caso di strage la pena viene aumentata fino al triplo ma non può superare i 5 anni di reclusione.

Ecco quindi cosa prevede la legislazione italiana in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, partendo dalla Costituzione della Repubblica Italiana, che risulta ad oggi abbastanza datata, per arrivare al D.Lgs. 81/2008 che ha abolito la vecchia 626.

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La 626 per la sanità e la sicurezza non è infatti più in vigore in Italia, ma gli Italiani lo sanno? Personalmente mi è capitato di parlare con persone che gestiscono anche un’attività in proprio, e queste mi parlavano ancora della 626 e del D.Lgs. non ne sapevano nemmeno l’esistenza e, forse, non sono nemmeno le sole. Si dice che lo Stato debba dare il buon esempio, il buon esempio lo dovrebbe dare anche in campo di sicurezza, eppure presso il ministero del Lavoro, c’è un cantiere operante, e i muratori che vi lavorano non portano né il caschetto né le imbragature di sicurezza. Solo due sono i dipendenti che portano entrambi i DPI. Possibile che presso il Ministero del Lavoro ci sia un’ insicurezza totale e nessuno se ne accorga? Beh, come sempre ci si copre gli occhi davanti all’evidenza, aspettando che accada qualche disgrazia o qualche strage, allora si inizierà ad agire, lentamente, molto lentamente, com’è tipico dello Stato Italiano. Proprio grazie a questa lentezza dello Stato Italiano tanti dirigenti ma anche tanti dipendenti, irrispettosi delle norme di sicurezza rimarranno impuniti perché il reato cadrà in prescrizione, oppure il processo continuerà all’infinto, come quello della Thyssen Krupp. Gli stessi netturbini che hanno protestato a inizio giugno a Palermo, lo hanno fatto perché lavoravano nell’insicurezza, ed erano rimasti inascoltati, bisogna quindi aspettare che le città vadano nel caos per intervenire? Ci vorrebbe quindi uno stato più vicino sia ai lavoratori che ai dipendenti, ci vorrebbe più spazio sia in televisione che sui giornali, che potrebbero eliminare parte della cronaca rosa, ed affrontare i problemi che tutti i giorni affliggono i lavoratori.

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CCoonnttaabbiilliizzzzaazziioonnee ddeeii ccoossttii ppeerr llaa ssiiccuurreezzzzaa

Mettere in sicurezza un’impresa comporta dei costi. Questi costi possono avere una validità che supera l’esercizio, come avviene per i corsi di formazione, dovremo allora contabilizzarli come costi pluriennali, e quindi immobilizzazioni, oppure come costi d’esercizio? Innanzitutto bisogna comprendere la definizione di immobilizzazione, che gli articoli 2424 e 2425 del codice civile definiscono come, l’elemento del capitale aziendale che diversamente dalle disponibilità, è destinato a permanere per un lungo periodo nell’organizzazione aziendale in quanto cedono la loro utilità per più esercizi. I costi di esercizio sono invece componenti di reddito che partecipano direttamente e per intero, anche se solo da un punto di vista formale, alla determinazione del reddito di esercizio. Non bisogna poi confondere i concetti di utilità e validità; se i dipendenti frequentano per esempio dei corsi di formazione, questi possono avere per esempio una durata pluriennale ma l’utilità della spesa non risulta triennale. Anche se nessuna legge lo specifica, il documento OIC 24, presenta alcune tipologie di costi, giudicate rilevanti per la loro frequenza e significatività, che sono le seguenti:

• Costi di avviamento di una nuova impresa o di una nuova attività

• Costi di addestramento e qualificazione del personale o degli agenti

• Costi straordinari di riduzione del personale • Costi di avviamento di impianti di produzione

Per quanto concerne i costi di addestramento e qualificazione , tra i quali potrebbero confluire quelli

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relativi ai corsi sulla sicurezza, sono costi di periodo e pertanto sono iscritti nel conto economico dell’esercizio in cui vengono sostenuti. Le voci del conto economico che il D.Lgs 81/2008 può andare a modificare possono essere i seguenti:

• Sanzioni e contravvenzioni: in caso di controlli se l’impresa non rispetta la legislazione in materia di sicurezza;

• Materiale antinfortunistico: per l’acquisto di scarpe, guanti, mascherine, caschetti…;

• Servizi di manutenzione : per garantire la sicurezza dei lavoratori bisogna mantenere in buone condizioni e sottoporre a continue manutenzioni i macchinari, in modo da garantirne l’efficienza e diminuire il rischio di infortuni;

• Recupero rifiuti pericolosi: per eliminare quelle sostanze e composti che possono essere dannosi per l’uomo;

• Servizi inerenti la sicurezza: possono essere considerati come tali le parcelle del medico competente;

• Servizio ispettivo, verifiche, sorveglianza e formazione in materia di sicurezza sul luogo di lavoro: ovvero per tutti i corsi che l’impresa deve pagare per i dipendenti (primo soccorso, antincendio…), per i compensi agli RSL …

Ovviamente per ogni tipo di impresa avremo differenti conti e differenti tipi di spese. Ecco l’esempio di alcune spese tipiche delle imprese edili:

• Presenza di un preposto individuato dall’impresa con compiti di supervisione (21.56 €/h)

• Controllo al termine di ogni turno di lavoro sulla sistemazione delle protezioni di sicurezza e sistemazione di quanto previsto (21.56 €/h)

• Protezione dei ferri di armatura sporgenti e di altre parti acuminate (€100/pezzo)

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• Delimitazione delle aree di lavoro pericolose (€300/area)

• Fornitura di estintore portatile del peso di 6 kg, comprese le verifiche periodiche semestrali (€ 100.71/pezzo)

• Presenza di un addetto per far manovrare i mezzi in retromarcia e in condizioni di scarsa visibilità (€ 21.56/h)

• Controllo periodico delle attrezzature di lavoro con cadenza sufficiente a garantire la sicurezza degli utilizzatori (€ 21.56/h)

• Partecipazione del responsabile di cantiere ai sopraluoghi del coordinatore (€21.56/h)

Personalmente ritengo che parte dei costi della sicurezza, ovvero i costi di formazione, informazione e addestramento, lascino un’utilità nell’impresa che supera l’esercizio. Le competenze acquisite frequentando questi corsi rimangono per sempre e possono altresì favorire l’attività dell’impresa. Un dipendente che si sente sicuro nello svolgimento delle proprie mansioni, sarà maggiormente motivato nell’ambiente di lavoro e potrebbe quindi portare un aumento della produttività. Un dipendente che invece non si sente sicuro sarà condizionato nello svolgere le sue funzioni e per questo lo farà in modo limitato.

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II ddaattii ddeellllaa SSiiccuurreezzzzaa SSuull

LLaavvoorroo Come ogni anno l’INAIL ha pubblicato i risultati dei sondaggi riguardo gli incidenti sul lavoro. I dati analizzati sono quelli del 2007, poiché quelli del 2008 non sono stati ancora pubblicati. Secondo il D.Lgs 81/2008 le imprese sono obbligate, pena una sanzione, a comunicare gli infortuni che superano la durata di una giornata, per scopi statistici, a INAIL e ISTAT. I dati, possono essere divisi in tre grandi categorie ( infortuni – morti – malattie), e grazie alle percentuali è possibile creare dei grafici che evidenziano maggiormente il problema sicurezza. Di seguito riporto i principali dati, riferiti al 2007, cercando anche di motivarli. Infortuni sul lavoro

• Infortuni sul lavoro denunciati: 912.615 (-1,7% rispetto al 2006)

• Ripartizione degli infortuni per gestione: 826.312 nell’Industria e Servizi (90,5%); 57.155 nell’Agricoltura (6,3%); 29.148 fra i dipendenti dello Stato (3,2%)

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Questo grafico mette in evidenza che la maggior parte degli infortuni avviene nel secondario e nel terziario; i motivi possono essere principalmente due:

- Nel nostro Paese la maggior parte della popolazione è impiegata nel settore secondario e terziario, l’agricoltura è ormai meccanizzata, grazie soprattutto ai trattori, che riducono sia la quantità di manodopera necessaria che i rischi di eventuali problemi fisici.

- L’indice di rischio è più elevato se parliamo di industrie e servizi rispetto all’indice di rischio nei settori primari. Le attività più a rischio sono infatti le industrie pesanti, i cantieri e i Trasporti.

• Oltre il 60% degli infortuni sono concentrati nel Nord,

probabilmente per la maggior concentrazione di industrie e servizi rispetto al Centro - Sud

• Infortuni nel periodo 2001-2007: -10,8% • Infortuni occorsi a lavoratori stranieri: 140mila

(+8,7% rispetto al 2006); il numero di questi infortuni può essere aumentato in relazione all’aumento di assunzioni di personale a basso costo, ovvero di manodopera straniera, oppure per le incomprensioni di lingua che gli stranieri possono incontrare nel corso delle giornate lavorative.

• I lavoratori stranieri hanno un’incidenza infortunistica più elevata rispetto a quella degli

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italiani (47 infortuni denunciati ogni 1.000 occupati contro 41), il ragionamento da fare è sempre lo stesso; basti pensare ai cartelli che segnalano i mezzi in movimento, se i dipendenti non conoscono la lingua non possono capire quando lavorare oppure no. Se ad esempio c’è un pericolo imminente e un collega vuole avvisare uno straniero, questo può non capire l’avvertimento e infortunarsi.

Morti bianche • Casi mortali nel 2007: 907 (-9,8% rispetto al 2006) • Ripartizione dei casi mortali per gestione (dati

provvisori): 98 nell’Agricoltura; 1.058 nell’Industria e Servizi; 14 fra i dipendenti dello Stato

• Più del 50% delle morti bianche sono state causate

dalla circolazione stradale, questo dato, fa alquanto riflettere. Si cerca di migliorare la sicurezza nell’impresa eppure le cose fuori rimangono invariate. Gli incidenti stradali mietono ancora troppe vittime, spesso perché i guidatori hanno assunto sostanze stupefacent0i o alcoliche. Le persone che guidano in queste condizioni ledono non solo la sicurezza altrui ma in primis mettono in pericolo la propria vita. La morale della Sicurezza alla guida non è certo un pregio di noi Italiani, se la legge non ci avesse imposto

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di allacciarci le cinture e di non parlare al telefonino, ancora oggi guideremmo senza la minima protezione, e c’è gente che purtroppo ancora persevera con questi gesti incoscienti.

• Casi mortali nel periodo 2001-2007: -24,3% • I settori più rischiosi sono quelli dell’Industria pesante,

delle Costruzioni e dei Trasporti Malattie professionali

• Nel 2007 28.497 denunce all’INAIL (+7% rispetto al 2006). Nonostante la diminuzione di infortuni e morti, le malattie professionali sono aumentate. Grazie al D.Lgs. 81/2008 si spera di diminuire questo dato, grazie alla figura del medico competente, che potrà sorvegliare periodicamente i dipendenti ed individuare quelle che possono essere le malattie professionali.

• Denunce nei settori Industria e Servizi: +6,4% rispetto al 2006

• Denunce in Agricoltura: +14% rispetto al 2006 • Denunce tra i Dipendenti dello Stato: +22,6% rispetto al

2006 • Al primo posto si confermano ipoacusia e sordità (circa

6.000 denunce). Va però detto, soprattutto riguardo la sordità, che i dipendenti dovrebbero usare un tipo di DPI molto diffuso ovvero i tappi per le orecchie. Spesso però per mancata voglia o distrazione questi dispositivi non vengono indossati ed ecco che iniziano a sorgere problemi di udito

• In aumento le malattie muscolo scheletriche: tendiniti, affezioni dei dischi intervertebrali, artrosi e sindrome del tunnel carpale, più che raddoppiate nell’ultimo quinquennio. Questo aumento potrebbe essere causato dalle tante ore di straordinari che i dipendenti, soprattutto stranieri, sono disposti ad effettuare, spesso

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in “nero”. Il lavoro che un operaio compie per 8 ore può essere sostenuto facilmente dal fisico, lo stesso lavoro effettuato però per 10 ore consecutive e ripetutamente può causare problemi fisici. Anche il “secondo lavoro” che ormai tanti italiani sono costretti ad avere, mette a dura prova la salute; il fisico è già stanco dalla routine quotidiana del primo lavoro e un secondo lavoro, soprattutto se pesante o se toglie ore al sonno, può essere fatale per l’organismo.

Sempre l’INAIL ha fornito i dati riguardo l’andamento degli infortuni e delle morti sul lavoro nel periodo 2001-2007:

ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

INFORTUNI 965093 920299 898121 881849 850589 835661 815132

Dal 2001 al 2007, come già detto in precedenza, gli infortuni sono diminuiti circa del 16%. Questo grazie ad una legislazione sempre più efficace e a dei controlli sempre più frequenti e rigidi. Bisogna inoltre sottolineare il fatto

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che la tecnologia sta continuamente migliorando, diminuendo quindi i rischi per i lavoratori, e che molte imprese hanno deciso di delocalizzare i propri impianti produttivi all’estero, dove la manodopera costa meno e la legislazione è più debole.

ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

MORTI 1250 1082 1087 1023 1000 1067 907

Sempre nello stesso periodo le morti sul lavoro sono diminuite del 24.30%. Confrontando i due grafici è però possibile notare che, mentre il numero degli infortuni diminuisce col passare degli anni, il numero delle morti diminuisce nel 2002 ma nel 2003 resta quasi identico, scende nel 2004 e nel 2005 per poi risalire nel 2006 e scendere drasticamente nel 2007. Il numero delle morti fortunatamente resta contenuto e fino ad ora rimane nella media della comunità europea anche se questo numero non tiene conto dei decessi causati dalle malattie professionali. Parlando di Unione Europea possiamo inoltre affermare che:

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- nell’Unione Europea ogni 3 minuti un lavoratore muore

- ogni anno 142 400 persone nell’Unione europea muoiono a causa di malattie professionali e 8 900 a causa di infortuni sul lavoro

- fino a un terzo delle 150 000 morti sul lavoro registrate ogni anno possono essere attribuite a sostanze pericolose presenti negli ambienti di lavoro

Un particolare dato registrato questa volta non dall’INAIL bensì dall’autorità europea per la sicurezza e la salute sul lavoro denuncia inoltre che in Europa, i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni hanno almeno il 50% di probabilità in più di rimanere vittima di un infortunio sul lavoro rispetto ai lavoratori con più esperienza.

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Bibliografia

• Antologia e guida storica della letteratura italiana, Guido Armellini e Adriano Colombo, Zanichelli, 2006

• “Più controlli e prevenzione per prevenire gli infortuni sul lavoro”, Sanità in Forma Regione Lombardia, n° 6

• I fondamenti del diritto, Pietro Orabona, Diego Solenne e Antonio Verrilli, Simone per la scuola, 2007

• Testo Unico in materia di sicurezza, D.Lgs 81/2008 del 9 aprile

Sitografia • http://www.tuttiassunti.it • http://www.fnb.to • http://www.italiamiga.com.br • http://cronologia.leonardo.it • http://storiadiierioggidomani.blogspot.com • http://www.quirinale.it/costituzione • http://www.sicurezzaonline.it • http://ww.sicurcave.it • http://corrieredellasera.it • http://www.inail.it • http://osha.europa.eu/it/statistics • http://emigrati.it • http://www.studenti.it • http://www.ispesl.it • http://www.italialibri.net • http://www.ministerodellavoro.it • http://forum.commercialistatelematico.com • http://skuola.tiscali.it • http://it.wikipedia.org • http://www.aziendesicure.eu