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Un terremoto è una frattura che si propaga velocemente all’interno della crosta terrestre. Più è grande la superficie di frattura più è gran- de il terremoto. La frattura è il punto di arrivo di un lungo processo che deforma sensibilmente le rocce. Questo processo può durare secoli e consiste nel fatto che la zona che verrà colpita dal terremoto si carica di una grande energia di deformazione diventando instabile. Ma la natura cerca incessantemente la stabilità e attraverso la frattura libe- ra energia (ritornando così a una stabilità relativa) sotto forma di onde sismiche. Insomma scossa principale e scosse successive costituisco- no un grande processo di assestamento. Ma torniamo a prima della frattura. Le rocce sono sottoposte a fortissime deformazioni. Alcune delle loro proprietà fisiche e chimiche vengono alterate in maniera sensibile, quindi misurabile. Quindi se riuscissi a misurare queste variazioni (i cosiddetti fenomeni precursori) riuscirei anche a prevede- re “quando” si verificherà la frattura, cioè il terremoto. Con questo ragionamento si diffuse, all’inizio degli anni ’70, una certa euforia nella comunità sismologica sulla possibilità di previsione. Euforia che durò poco perché nel giro di una decina d’anni ci si rese conto che la scar- sa conoscenza dei meccanismi fondamentali del processo non ci con- sentiva una correlazione fra i fenomeni precursori e quanto poi succe- de. Insomma ci troviamo nella situazione di un medico che conosces- se i sintomi ma non sapesse bene come funziona il corpo umano e quindi non potrebbe prevedere l’insorgenza di una malattia. In questi ultimi trenta anni la sismologia ha fatto enormi progressi ma ancora non siamo riusciti a capire tutti i fenomeni che si verificano alla sor- gente sismica nelle decine di secondi in cui si scatena il terremoto. Si tenga conto che tutto avviene all’interno della crosta terrestre e quin- di il processo è inaccessibile all’esperienza diretta. Tutto questo non ha scoraggiato inventori di varia natura a proporre sensori miracolosi in grado di prevedere il verificarsi di un terremoto con la precisione di qualche ora. All’inizio degli anni ’80 Zamberletti, allora Ministro per la Protezione Civile, mi fece incontrare un fisico greco che aveva inventato una macchina infallibile (chiamata VAN) per prevedere i terremoti. Costo previsto: 10 Miliardi di Lire. Spiegai che non sono i sensori a mancare ma che mancano le conoscenze per interpretare quello che i sensori misurano. Insomma feci saltare l’af- fare. L’inventore del VAN non si scoraggiò e ottenne il sostegno di Haroun Tazieff, un vulcanologo francese con un notevole credito pres- so la comunità dei geologi italiani anche se poco stimato in patria. La cosa attirò l’attenzione di Mino Damato che conduceva una trasmissio- ne di successo alla televisione. Io continuai a mantenere il mio punto di vista e fui definito da Tazieff assassino delle vittime dei futuri terre- moti. Damato mi svillaneggiò in cinque puntate della sua trasmissione definendomi sostanzialmente ignorante presuntuoso ed invidioso. Lattanzio, nel frattempo divenuto Ministro della Protezione Civile addi- rittura organizzò un convegno per stabilire chi avesse ragione. Il VAN non ha mai previsto alcunché e oggi non se ne parla più ma io, dal VAN ho imparato tre cose: • è inutile discutere con questi “inventori” perché non sanno che cos’è il dubbio che è alla base della moderna ricerca scientifica. Vogliono solo vendere qualcosa. • è inutile tentare di spiegare questioni scientifiche con i tempi televi- sivi specialmente con giornalisti che vogliono far sensazione. • In fondo molta gente giustamente preferisce le cose semplici: la macchinetta per prevedere i terremoti, la pillolina per curare i tumori, la pillola per dimagrire mangiando molto … Invece gli esperti pieni di dubbi sono noiosi e spesso incomprensibili. Quando, finito il VAN, Giulietto Chiesa, corrispondente da Mosca de “La Stampa” scoprì un grande scienziato ex-sovietico che, con strumenti segretissimi osservando l’alta atmosfera, prevedeva i terremoti su tutto il pianeta cercai di tenermi fuori dal “dibattito”. Chiesa scrisse alcuni articoli sulla prima pagina de La Stampa prospettando il verifi- carsi di un fortissimo terremoto in Piemonte visto che in quel periodo stavamo registrando alcune piccole scosse nell’Astigiano come spesso succede in varie parti d’Italia. Il grande scienziato ex-sovietico venne invitato dall’allora sindaco di Asti a fare una ricognizione nella zona. Ovviamente venni definito dal sindaco arrogante e invidioso perché mi rifiutai di incontrare il luminare sponsorizzato da Chiesa. Le mie affer- mazioni sulla sostanziale sicurezza sismica del Piemonte vennero con- siderate un indice della mia ignoranza. Sembra, ripeto sembra, che il grande scienziato ex-sovietico, opportunamente ricompensato, ad un certo punto decise, commosso dalla gentilezza della popolazione e dalla bontà dei vini locali, di impedire con macchine sempre segretis- sime il verificarsi del fortissimo terremoto che aveva previsto. Poi se ne andò e non se ne è più sentito parlare. Anche Giulietto Chiesa ha lasciato perdere l’argomento. Alcuni anni fa Zamberletti mi chiamò per presentarmi un gruppo di persone che avevano inventato un altro sen- sore miracoloso questa volta basato sulle emissioni di Radon che risol- veva finalmente il problema. Tentai ancora una volta di spiegare che non sono i sensori che ci mancano ma le conoscenze. Siccome sapevo che sarei stato definito arrogante ed invidioso decisi di essere anche scortese e me ne andai quasi subito. Non so quindi quanti soldi fosse- ro in gioco. Molti si schierano con l’umile tecnico che cerca faticosa- mente di prevedere i terremoti mentre i sismologi ufficiali si “limitano” a delimitare e caratterizzare con grande precisione le zone a rischio. L’unica maniera per difendersi è costruire bene, molto bene e nel Meridione d’Italia, mi dispiace dirlo, specialmente negli ultimi decenni si è costruito malissimo. Si è costruito malissimo proprio nelle zone dove si verificheranno i terremoti più forti. LA FOTONOTIZIA L’INGV apre a Bruxelles un ufficio, come punto di incontro con i partner dell’UE per la pianificazione di programmi comuni. INGVnewsletter 1 DIRETTORE SCIENTIFICO | ENZO BOSCHI DIRETTORE RESPONSABILE | SONIA TOPAZIO COMITATO SCIENTIFICO F. DOUMAZ | A. DELLADIO | M. ANZIDEI | G. P. RICCIARDI | N. PINARDI REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 80/2006 1 MARZO APRILE | 2009 N° 10 INGVnewsletter La fotonotizia > 1 Previsione dei terremoti, mezzi d’informazione e soldi >1 Segnalazioni > 2 Effetti delle eterogeneità litologiche... >2 Rassegna stampa > 2 Progetti futuri all’INGV > 2 La solitudine dei risultati primi > 3 La bacheca: i suggeriti > 3 SOMMARIO Previsione dei terremoti, mezzi di informazione e soldi di Enzo Boschi Foto di S. Mariano

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Un terremoto è una frattura che si propaga velocemente all’internodella crosta terrestre. Più è grande la superficie di frattura più è gran-de il terremoto. La frattura è il punto di arrivo di un lungo processo chedeforma sensibilmente le rocce. Questo processo può durare secoli econsiste nel fatto che la zona che verrà colpita dal terremoto si caricadi una grande energia di deformazione diventando instabile. Ma lanatura cerca incessantemente la stabilità e attraverso la frattura libe-ra energia (ritornando così a una stabilità relativa) sotto forma di ondesismiche. Insomma scossa principale e scosse successive costituisco-no un grande processo di assestamento. Ma torniamo a prima dellafrattura. Le rocce sono sottoposte a fortissime deformazioni. Alcunedelle loro proprietà fisiche e chimiche vengono alterate in manierasensibile, quindi misurabile. Quindi se riuscissi a misurare questevariazioni (i cosiddetti fenomeni precursori) riuscirei anche a prevede-re “quando” si verificherà la frattura, cioè il terremoto. Con questoragionamento si diffuse, all’inizio degli anni ’70, una certa euforia nellacomunità sismologica sulla possibilità di previsione. Euforia che duròpoco perché nel giro di una decina d’anni ci si rese conto che la scar-sa conoscenza dei meccanismi fondamentali del processo non ci con-sentiva una correlazione fra i fenomeni precursori e quanto poi succe-de. Insomma ci troviamo nella situazione di un medico che conosces-se i sintomi ma non sapesse bene come funziona il corpo umano equindi non potrebbe prevedere l’insorgenza di una malattia. In questiultimi trenta anni la sismologia ha fatto enormi progressi ma ancoranon siamo riusciti a capire tutti i fenomeni che si verificano alla sor-gente sismica nelle decine di secondi in cui si scatena il terremoto. Sitenga conto che tutto avviene all’interno della crosta terrestre e quin-di il processo è inaccessibile all’esperienza diretta.Tutto questo non ha scoraggiato inventori di varia natura a proporresensori miracolosi in grado di prevedere il verificarsi di un terremotocon la precisione di qualche ora. All’inizio degli anni ’80 Zamberletti,allora Ministro per la Protezione Civile, mi fece incontrare un fisicogreco che aveva inventato una macchina infallibile (chiamata VAN) perprevedere i terremoti. Costo previsto: 10 Miliardi di Lire. Spiegai chenon sono i sensori a mancare ma che mancano le conoscenze perinterpretare quello che i sensori misurano. Insomma feci saltare l’af-fare. L’inventore del VAN non si scoraggiò e ottenne il sostegno diHaroun Tazieff, un vulcanologo francese con un notevole credito pres-so la comunità dei geologi italiani anche se poco stimato in patria. Lacosa attirò l’attenzione di Mino Damato che conduceva una trasmissio-ne di successo alla televisione. Io continuai a mantenere il mio puntodi vista e fui definito da Tazieff assassino delle vittime dei futuri terre-moti. Damato mi svillaneggiò in cinque puntate della sua trasmissionedefinendomi sostanzialmente ignorante presuntuoso ed invidioso.Lattanzio, nel frattempo divenuto Ministro della Protezione Civile addi-rittura organizzò un convegno per stabilire chi avesse ragione.Il VAN non ha mai previsto alcunché e oggi non se ne parla più ma io,dal VAN ho imparato tre cose: • è inutile discutere con questi “inventori” perché non sanno che cos’èil dubbio che è alla base della moderna ricerca scientifica. Voglionosolo vendere qualcosa.• è inutile tentare di spiegare questioni scientifiche con i tempi televi-sivi specialmente con giornalisti che vogliono far sensazione.• In fondo molta gente giustamente preferisce le cose semplici: la

macchinetta per prevedere i terremoti, la pillolina per curare i tumori,la pillola per dimagrire mangiando molto … Invece gli esperti pieni didubbi sono noiosi e spesso incomprensibili.Quando, finito il VAN, Giulietto Chiesa, corrispondente da Mosca de “LaStampa” scoprì un grande scienziato ex-sovietico che, con strumentisegretissimi osservando l’alta atmosfera, prevedeva i terremoti sututto il pianeta cercai di tenermi fuori dal “dibattito”. Chiesa scrissealcuni articoli sulla prima pagina de La Stampa prospettando il verifi-carsi di un fortissimo terremoto in Piemonte visto che in quel periodostavamo registrando alcune piccole scosse nell’Astigiano come spessosuccede in varie parti d’Italia. Il grande scienziato ex-sovietico venneinvitato dall’allora sindaco di Asti a fare una ricognizione nella zona.Ovviamente venni definito dal sindaco arrogante e invidioso perché mirifiutai di incontrare il luminare sponsorizzato da Chiesa. Le mie affer-mazioni sulla sostanziale sicurezza sismica del Piemonte vennero con-siderate un indice della mia ignoranza. Sembra, ripeto sembra, che ilgrande scienziato ex-sovietico, opportunamente ricompensato, ad uncerto punto decise, commosso dalla gentilezza della popolazione edalla bontà dei vini locali, di impedire con macchine sempre segretis-sime il verificarsi del fortissimo terremoto che aveva previsto. Poi se neandò e non se ne è più sentito parlare. Anche Giulietto Chiesa halasciato perdere l’argomento. Alcuni anni fa Zamberletti mi chiamò perpresentarmi un gruppo di persone che avevano inventato un altro sen-sore miracoloso questa volta basato sulle emissioni di Radon che risol-veva finalmente il problema. Tentai ancora una volta di spiegare chenon sono i sensori che ci mancano ma le conoscenze. Siccome sapevoche sarei stato definito arrogante ed invidioso decisi di essere anchescortese e me ne andai quasi subito. Non so quindi quanti soldi fosse-ro in gioco. Molti si schierano con l’umile tecnico che cerca faticosa-mente di prevedere i terremoti mentre i sismologi ufficiali si “limitano”a delimitare e caratterizzare con grande precisione le zone a rischio.L’unica maniera per difendersi è costruire bene, molto bene e nelMeridione d’Italia, mi dispiace dirlo, specialmente negli ultimi decennisi è costruito malissimo. Si è costruito malissimo proprio nelle zonedove si verificheranno i terremoti più forti. �

LA FOTONOTIZIA

COMITATO SCIENTIFICO A. AMATO | A. MORELLI | A. NERI | M. STUCCHI | B. ZOLESIL’INGV apre a Bruxelles un ufficio, comepunto di incontro con i partner dell’UE per lapianificazione di programmi comuni.

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DIRETTORE SCIENTIFICO | ENZO BOSCHI

DIRETTORE RESPONSABILE | SONIA TOPAZIO

COMITATO SCIENTIFICO F. DOUMAZ | A. DELLADIO | M. ANZIDEI | G. P. RICCIARDI | N. PINARDI

REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 80/2006 1 MARZO

APRILE | 2009 N° 10

INGVnewsletter

La fotonotizia > 1

Previsione dei terremoti, mezzi d’informazione e soldi > 1

Segnalazioni > 2

Effetti delle eterogeneità litologiche... > 2

Rassegna stampa > 2

Progetti futuri all’INGV > 2

La solitudine dei risultati primi > 3

La bacheca: i suggeriti > 3

SOMMARIO

Previsione dei terremoti, mezzi di informazione e soldidi Enzo Boschi

Foto

di S

. Mar

iano

INGVnewsletter 2

Effetti delle eterogeneitàlitologiche sullo spostamento cosismicodi Antonella Megna

Uno degli obiettivi nell’ambito della geofisica èla determinazione della struttura di faglia cheha generato un terremoto tramite l’analisi el’elaborazione di dati osservati in superficie.Tra gli osservabili, i dati geodetici (DInSAR eGPS) permettono di esaminare gli spostamen-ti avvenuti a seguito di un evento sismico e tra-mite essi si possono eseguire delle stime suiparametri di sorgente. Di solito nell’inversionedei questi dati si considera la struttura crosta-le come se fosse un mezzo omogeneo, nellarealtà, soprattutto qui in Italia, la struttura èpiù complessa, profili sismici evidenziano lito-logie diverse che si sovrappongono e si affian-cano. Di conseguenza considerare una struttu-ra crostale molto semplificata potrebbe indur-re in errore la valutazione di alcuni parametridi faglia. A tal fine si è voluto testare un casoreale, la faglia normale di Colfiorito nella cate-na a pieghe e sovrascorrimenti di strati geolo-gici dell’Appennino Centrale. La scelta è detta-ta dal fatto che in quell’area si trovano tutte lecaratteristiche necessarie per questo tipo distudio: recenti terremoti superficiali e com-plessità geologiche. Infatti la catenadell’Appennino Centrale presenta eterogeneitàsia laterali che verticali nella stratificazionealla scala delle faglie sismogenetiche. Ladisponibilità di dettagliati profili sismici, laricorrenza di terremoti superficiali di magnitu-do moderata, le osservazioni a lungo terminegeologiche, sismologiche e geodetiche forni-scono un buon contesto per valutare come leeterogeneità del mezzo influenzino gli osser-vabili. I risultati ottenuti tramite modellinumerici, simulando il campo dello sposta-mento per differenti strutture crostali, sugge-riscono che lo spostamento orizzontale dipen-de fortemente dalle eterogeneità presenti inprofondità; quelle che hanno una maggioreinfluenza sono le eterogeneità laterali dovuteal sovrascorrimento di strati geologici.Trascurare tali variazioni laterali può indurre adeterminare in modo distorto alcuni parametridi sorgente: la faglia disloca con uno sposta-mento più ampio e la sua posizione appare piùsuperficiale.A.Megna, S.Barba, S.Santini e M.Dragoni 2008:Effects of geological complexities on coseismicdisplacement; hints from 2D numerical model-ling, Terra Nova, 20, pp.173-179. �

Progetti futuri all’INGVdi Daniele Melini

Indubbiamente l'osservabile fisico più studiatoin sismologia è il campo di deformazione ela-stodinamico, ovvero le onde sismiche. Tuttavia,è ormai assodato che le onde sismiche riguar-dano solo una piccola parte dell'energia totalerilasciata dai processi sismogenetici, che inlarga parte avvengono su scala temporalemolto più lunga di quella caratteristica delleonde elastiche. Ad esempio, nei giorni imme-diatamente successivi al terremoto di Sumatradel 26.12.2004 è stata elaborata una stima pre-liminare della magnitudo pari a 9.0 basata solosull'analisi delle registrazione sismografiche;in seguito, grazie all'analisi delle oscillazionilibere della Terra, che sono sensibili anche aifenomeni asismici, la magnitudo è stata cor-retta a 9.3, il che equivale a dire che è statarilasciata asismicamente una quantità di ener-gia circa doppia rispetto a quella rilasciatasismicamente. Proprio perche’ risulta invisibi-le alle registrazioni sismografiche, l’energiarilasciata dai processi asismici è molto difficileda stimare in modo diretto. I metodi comune-mente usati fanno ricorso all’analisi di misuredi deformazione ottenute con strumenti GPS,da cui è possibile ricostruire lo scorrimentoavvenuto su una faglia con tecniche di inversio-ne. Tuttavia, i risultati ottenuti con questiapprocci indiretti possono essere falsati dal-l’effetto di incertezze in altri parametri delmodello utilizzato. Il progetto, in fase di sotto-missione, prevede di mettere a punto, per laprima volta, una strategia di modellazionecongiunta che preveda l’analisi delle misure dideformazione GPS e la sua successiva valida-zione attraverso modelli fisici dei tassi attesi disismicità. Infatti, utilizzando modelli di diffu-sione del campo di stress, è possibile simularel’andamento temporale della sismicità in unasequenza una volta note le caratteristiche del-l'evento principale; confrontando i risultatiottenuti con la sismicità strumentale sarà pos-sibile ottenere una verifica robusta delle stimeeffettuate. Inoltre, il progetto prevede di svi-luppare un nuovo approccio strumentale per lostudio dei fenomeni asismici utilizzando leregistrazioni effettuate dalle stazioni interfero-metriche, come quella operante presso iLaboratori Nazionali del Gran Sasso. Questistrumenti permettono di colmare l’enormelacuna esistente fra i segnali registrabili con isismometri e le misure effettuate con i GPS;attraverso uno studio sistematico delle regi-strazioni si prevede di compilare un primocatalogo di “terremoti lenti”. �

In primo piano sulla stampa

Rassegna stampa a cura di:Antonella Cianchi

Boschi risponde a L’Espresso

In un articolo uscito oggi su “L’Espresso” la giornalista Stefania Maurizimi attacca attribuendomi un virgolettato dedotto dal verbale dellaCommissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, chiaramente senzaaverlo letto per intero. Al verbale è associato un rapporto molto tecnicodi circa 90 pagine sulla sismicità abruzzese (ci sono anche i sismo-grammi). Ciononostante la Maurizi afferma: “L’Espresso ha letto il ver-bale, è un documento puramente descrittivo. Non riporta valutazionitecniche, né le analisi scientifiche delle scosse”. Ma che cosa ha lettol’Espresso? Ma è questo il modo di informare? Addirittura secondo laMaurizi io “regnerei” sull’INGV da 26 anni; cioè “regnerei” da 26 anni suun Ente fondato il 10 gennaio 2001, otto anni fa. Almeno, la logica!!

INGVnewsletter 3

Facendo l’ufficio stampa tutti ti raccontano tutto. Mi capita diincontrare scienziati che confessano la difficoltà di otteneredati per le loro ricerche da altri ricercatori; come se alcunilavori fossero personali e non a disposizione della comunitàscientifica.Personalmente, mi piacerebbe sapere se esiste un data policy.Mi chiedo anche se è giusto fare una divisione fra i dati di chi famonitoraggio e i dati di chi fa ricerca. Un’altra curiosità: neiconcorsi il lavoro di chi raccoglie dati viene riconosciuto?Lo chiedo a due direttori dell’INGV nella speranza che risolva-no parte dei miei dubbi:Marcello Martini (direttore sezione INGV Napoli)In USA e non solo, uno studioso che svolge un'attività di acqui-sizione di dati primari per la ricerca viene riconosciuto. Oggi inItalia questa attività non è sempre considerata come merite-rebbe, ovvero con una corrispondente carriera. Questo è parti-colarmente vero per le scienze della Terra, dove la gestionedelle reti di monitoraggio richiede gruppi dedicati. Lo studiosoche si occupa di raccolta dati difficilmente mette a disposizio-ne il lavoro acquisito, non avviene in maniera automatica. Nonc'è un’ equivalente approvazione da parte della comunitàscientifica tra chi fa ricerca e tra quegli scienziati o tecnici chefanno raccolta di dati, basta pensare alle valutazioni dei con-corsi. Se le persone venissero citate nei lavori con la stessadignità di chi tali dati li utilizza, avremmo la corsa ed una lorodiffusione.Toni Meloni (direttore sezione Geomagnetismo, Aeronomia eGeofisica Ambientale, Roma)In una situazione ideale di programmazione di una attivitàscientifica un ricercatore, se teorico, scrive le sue equazioni lerisolve, e scrive il suo articolo, o se sperimentale, si procura isuoi dati, li elabora, interpreta e ottiene un risultato scientificoche auspicabilmente viene pubblicato su riviste specializzate.Oggi molto raramente la situazione è cosi’ semplice. In relazio-ne alla varieta’ di dati prodotti nelle scienze geofisiche, allavalidazione e standardizzazione del dato prodotto, alla ricchez-za dei dati necessaria al raggiungimento di obiettivi di rilievo,alla interdisciplinarietà dei temi trattati, ci si trova spesso difronte ad una gestione della ricerca che è nei fatti molto piùcomplessa di quanto accennato prima.In campo geofisico, inparticolare all’INGV, molti dati per la ricerca vengono forniti dareti permanenti. In questo caso, in primo luogo, tutti i ricerca-tori dovrebbero avere accesso ai dati prodotti. In prospettivaquesta condivisione sarebbe auspicabile sia all’internodell’Ente sia fuori. Solo così si potrebbe infatti garantire che idati raggiungano i migliori ‘ricercatori’ in grado di utilizzarli almeglio. Il muoversi verso una cultura della massima condivi-

sione, pur se sana, è però comprensibilmente difficile da rag-giungere. Uno dei motivi sta nella mancanza del giusto ricono-scimento del lavoro di tutti gli elementi della catena che portaal dato. Questo è spesso motivo di ritardi nel flusso delle infor-mazioni o addirittura di chiusura. Una soluzione semplicesarebbe quella di immaginare un sistema che preveda il rico-noscimento della produzione e gestione del dato.In fondo unmoderno lavoro di ricerca sperimentale è un lavoro di team checomprende l’apporto di diverse figure professionali che colla-borano al raggiungimento di obiettivi di ricerca. In questo lavo-ro concorrono figure diverse, dal tecnico al tecnologo, al ‘datamanager’ fino all’ideale figura del ricercatore/pensatore che,tra la’altro, raramente è completamente distaccato dalle altrefigure (cosi’ come il viceversa). Quindi a parte casi rari il teamè necessariamente presente nei fatti. Se vediamo lo stile dellepubblicazioni scientifiche prodotte nel campo della fisicanucleare e delle particelle elementari, i nomi intestatari nellepubblicazioni possono arrivare a diverse decine testimoniandol’apporto di tutti i partecipanti. Un sistema riconosciuto di cita-zione che comprenda chi produce, provvede alla validazione eorganizza in generale i dati, costituirebbe infatti un forte incen-tivo a rendere disponibili tali dati in tempo rapido. E portereb-be i ricercatori a rendersi pienamente conto del fatto che ilrisultato finale del loro lavoro deriva da una catena di apportiche comprende diverse fasi che rendono nel complesso possi-bile il raggiungimento di quel risultato. �

La sequenza sismica dell’Aquilano - aprile 2009

la Bacheca | I suggeriti

La solitudine dei risultati primidi Sonia Topazio