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INTERNAZIONALE SITUAZIONISTAfascicolo N° 4

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Tutti i testi pubblicati in

«INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA»

possono essere liberamente riprodotti, tradotti e adattati

anche senza indicazione d'origine.

Comitato di redazione:

Constant, Asger Jorn, Helmut Sturm, Maurice Wyckaert.

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SULL’USO DEL TEMPO LIBERO

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INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA

NOTE EDITORIALI

La banalità più grossolana deisociologi di sinistra, da qualcheanno, è quella di insistere sul ruolodello svago come fattore già domi-nante nella società capitalista svilup-pata. Questo è fonte di infiniti dibat-titi a favore o contro l’importanzadell’innalzamento riformista dellivello di vita: ovvero la partecipa-zione dei lavoratori ai valori domi-nanti di una società in cui sonosempre più integrati. Il caratterecontrorivoluzionario comune a tuttoquesto sproloquio sta nel vederenecessariamente il tempo liberocome un consumo passivo, come lapossibilità di esser sempre più spet-tatori del non senso stabilito. Ad unincontro particolarmente sconfortan-te di questi ricercatori (Arguments12-13), il numero 27 di Socialismeou Barbarie dedicava un richiamoall’ordine che ricollocava i lorolavori mitologici nel cielo dei socio-logi. Scriveva Canjuers: «Poiché ilcapitalismo moderno, per poter svi-luppare sempre più il consumo, svi-luppa nella medesima misura i biso-gni, l’insoddisfazione degli uominirimane la stessa. La loro vita nonassume più altro significato chequello di una corsa al consumo, innome del quale si giustifica la fru-strazione sempre più radicale diogni attività creativa, di ogni verainiziativa umana. Cioè, sempre piùquesto significato cessa di apparireagli uomini come valido...» Delvauxfaceva osservare che il problema delconsumo poteva ancora essere divi-so dallo spartiacque miseria-ricchez-za, dato che i 4/5 dei salariati vive-vano perpetuamente in ristrettezze.

E, soprattutto, che non c’è alcunmotivo di preoccuparsi se il proleta-riato partecipa o meno ai valori per-ché «non ce ne sono». Ed aggiungevala constatazione fondamentale chela cultura stessa, «... sempre piùseparata dalla società e dalla vitadelle persone (questi pittori chedipingono per i pittori, questiromanzieri che scrivono romanziper i romanzieri, sull’impossibilità discrivere un romanzo), ormai non èaltro, in ciò che ha di originale, cheuna perpetua autodenuncia, denun-cia della società e rabbia contro lacultura stessa.»

Il vuoto dello svago è il vuotodella vita nella società attuale e nonpuò essere colmato nel quadro diquesta società. Esso viene espressoe nello stesso tempo mascherato datutto lo spettacolo culturale esisten-te, nel quale si possono distingueretre grandi forme.

Permane una forma «classica»,riprodotta allo stato puro o rinnova-ta per imitazione (ad esempio la tra-gedia, l’urbanità borghese). Esistepoi un’infinità di aspetti di uno spet-tacolo degradato, che è la rappre-sentazione della società dominantemessa alla portata degli sfruttati perla loro stessa mistificazione (i giochitelevisivi, la quasi totalità del cine-ma e della narrativa, la pubblicità,l’automobile in quanto simbolo diprestigio sociale). Infine, esiste unanegazione operata dalle avanguar-die dello spettacolo, spesso inconsa-pevole delle sue stesse motivazioni,che è la cultura attuale «in ciò cheha di originale». È a partiredall’esperienza di quest’ultima

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forma che la «rabbia contro la cultu-ra» giunge a toccare per l’appuntol’indifferenza caratteristica dei pro-letari, in quanto classe, di fronte atutte le forme della cultura dellospettacolo. Il pubblico della nega-zione dello spettacolo non può piùessere, sino alla fine stessa dellospettacolo, che lo stesso pubblico,sospetto e infelice, di intellettuali edi artisti separati. Infatti il proletaria-to rivoluzionario, che si manifestacome tale, non potrebbe costituirsicome nuovo pubblico, ma diverreb-be totalmente attivo.

Non esiste alcun problema rivo-luzionario dello svago (del vuoto dacolmare) ma piuttosto un problemadel tempo libero, della libertà atempo pieno. Abbiamo già detto:«Non esiste libertà nell’impiego deltempo senza il possesso degli stru-menti moderni di costruzione della

vita quotidiana. L’uso di tali stru-menti segnerà il salto da un’arterivoluzionaria utopica ad un’arterivoluzionaria sperimentale.»(Debord, «Tesi sulla rivoluzione cul-turale», Internazionale Situazio-nista, numero 1). Il superamentodello svago verso un’attività di libe-ra creazione-consumo non si puòcomprendere che nel suo rapportocon la dissoluzione delle vecchiearti, con la loro mutazione in modidi azione superiori che non rifiuta-no, non aboliscono l’arte, ma larealizzano. L’arte verrà così oltre-passata, conservata e superata inun’attività più complessa. I suoivecchi elementi vi si potranno par-zialmente ritrovare ma trasformati,integrati e modificati dalla totalità.

Le precedenti avanguardie si pre-sentavano affermando l’eccellenzadei loro metodi e principi, di cui si

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Lo spazio sociale del consumo del tempo libero. La superficie circolare grigia che si distingue inalto e verso sinistra in questa fotografia (stadio di Milwaukee) è occupata dai 18 componenti delledue squadre di baseball. Nella prima zona ristretta che la circonda, ci sono 43.000 spettatori. A lorovolta, essi sono accerchiati dall’immensa zona di parcheggio delle loro auto vuote.

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doveva dare un giudizio immediatoin base alle opere. L’I.S. è la primaorganizzazione artistica che si fondasull’insufficienza radicale di tutte le

opere permesse, e il cui significato,riuscita o insuccesso non potrannoessere giudicati che con la prassirivoluzionaria del suo tempo.

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DIE WELT ALS LABYRINTH

Nel 1959, i situazionisti concor-darono con lo Stedelijk Museum diAmsterdam di organizzare unamanifestazione generale, che, nellostesso tempo, utilizzasse le sale diquesto museo e ne fuoriuscisse. Sitrattava di trasformare in labirinto lesale 36 e 37 del museo nel momen-to stesso in cui tre giornate di derivasistematica sarebbero state organiz-zate da tre gruppi situazionisti ope-ranti simultaneamente nella zonacentrale di Amsterdam. Un supple-mento, più convenzionale, a questeattività di base sarebbe dovuto con-sistere in un’esposizione di alcunidocumenti come pure in alcuneconferenze permanenti su magne-tofono, trasmesse senza interruzionee cambiate unicamente ogni venti-quattro ore. L’esecuzione di questopiano, fissata infine per il 30 maggio1960, implicava il sostegno ai situa-zionisti olandesi da parte di unadecina di loro compagni stranieri.

Il 5 marzo, il direttore delloStedelijk Museum , W.J.H.B.Sandberg, approvava il progettodefinitivo manifestando peròimprovvisamente due riserve: 1) ivigili del fuoco di Amsterdam sareb-bero stati chiamati a dare la loroapprovazione su certi elementieventualmente pericolosi del labirin-to; 2) una parte dei mezzi necessaria tale costruzione non sarebbe statafornita dal museo ma da organismiesterni (in particolare un PrinsBernhard Fonds) ai quali l’I.S. dove-va richiederli direttamente. Al di làdella comicità del primo punto, edell’aria compromettente del secon-do, bisognava individuare il medesi-mo ostacolo: la direzione delloStedelijk Museum adottava un atteg-

giamento in parte irresponsabile,chiamando degli estranei a giudica-re al nostro posto, e senza appello,sul carattere di necessità di questo oquel particolare della nostra costru-zione. Ciò mentre la natura dell’iniziativa richiedeva proprio l’accu-mulo di parecchi procedimenti ine-diti per pervenire ad un salto in unnuovo tipo di manifestazione.Inoltre, visto che il lavoro dovevacominciare immediatamente e lerestrizioni potevano sopravvenire inogni momento sino alla fine, andareavanti in tali condizioni significavaavallare anticipatamente le falsifica-zioni del nostro progetto.

Asger Jorn, lui stesso sostenitoredel rifiuto, espose in poche parolealla riunione situazionista, tenutaquello stesso giorno ad Amsterdame che doveva prendere una decisio-ne immediata, le condizioni com-plessive: Sanberg rappresentavaperfettamente quel riformismo cul-turale che, legato alla politica, si ètrovato al potere quasi ovunque inEuropa dopo il 1945. Costoro sonostati i bravi gestori della cultura, nelquadro esistente. Hanno così favori-to, meglio che potevano, i moderni-sti secondari, i giovani pallidi soste-nitori del moderno 1920-1930. Nonhanno potuto fare niente per deiveri innovatori. Attualmente, minac-ciati ovunque da una controffensivasviluppata da sinceri reazionari(vedi, in seguito, gli attacchi delSenato belga, il 10 maggio, contro ilsostegno ufficiale della pittura«astratta»), cercano di radicalizzarsinel momento in cui sprofondano.Sandberg, ad esempio, era statoattaccato in modo molto violento,l’antivigilia di quel giorno, al consi-glio municipale di Amsterdam, da

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parte di cristiani che vogliono ripor-tare in auge con forza l’arte figurati-va (cfr. l’Algemeen Handelsblad del

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4 marzo). La sua successione alloStedelijk Museum poteva considerar-si aperta. Jorn riteneva però checostui aveva avuto la possibilità discegliere da quale parte volevauscirne: Sandberg, disceso insieme anoi nel labirinto, si sarebbe, connoi, ritrovato o perduto. Ma l’ineffi-cace ricerca di compromesso al finedi salvaguardare le sue precedentiiniziative gli impediva di cadere inbuona compagnia. Sandberg nonosava rompere con l’avanguardia,ma non osava nemmeno assicurarele condizioni che erano le soleaccettabili per una reale avanguar-dia.

Alla fine della relazione di Jorn,la riunione decise all’unanimità perun rifiuto di impegnare l’I.S., messo

per iscritto il 7 marzo. Essa permet-teva unicamente, a quegli aderentiche lo avessero ritenuto utile, diapprofittare a titolo individuale dellabuona volontà di Sandberg: comefece Pinot Gallizio esponendo, ingiugno, allo Stedelijk Museum, dellapittura industriale già esposta l’annoprima a Parigi.

Il labirinto, la cui pianta era stataelaborata dalla sezione olandesedell’I.S., coadiuvata su qualchepunto da Debord, Jorn, Wyckaert eZimmer, si presenta come un per-corso che può variare, teoricamente,da 200 metri a 3 chilometri. Il soffit-to, ora a 5 metri (parte bianca dellapianta) ora a 2,44 metri (parte trat-teggiata) può abbassarsi, in qualchepunto, a 1,22 metri. Il suo arreda-mento non mira ad alcuna decora-zione interna né ad una riproduzio-ne ridotta di ambienti urbani, matende a costituire un ambientemisto, mai visto, con la commistio-ne di caratteri interni (appartamentoarredato) ed esterni (urbani). A que-sto fine, si fa intervenire una piog-gia e una nebbia artificiali, con delvento. Il passaggio attraverso dellezone termiche e luminose adattate,interventi sonori (rumori e paroleprovenienti da una batteria dimagnetofoni) ed un certo numerodi provocazioni concettuali ed altre,è condizionato da un sistema diporte unilaterali (visibili o apribilida una parte sola) così come dallapiù o meno grande attrattiva dei

Progetto delle strutture del labirinto non realizzato.

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luoghi; ciò finisce per arricchire leoccasioni di smarrirsi. Tra gli osta-coli puri, bisogna ricordare il tunneldi pittura industriale di Gallizio e lepalizzate modificate di Wyckaert.

Alla microderiva organizzata inquesto concentrato di labirintodoveva corrispondere l’operazionedi deriva attraverso Amsterdam.Due gruppi, comprendenti ciascuno

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tre situazionisti, avrebbero derivatoper tre giorni, a piedi o eventual-mente in battello (dormendo neglialberghi incontrati) senza lasciare ilcentro di Amsterdam. Questi grup-pi, per mezzo di walkie-talkie indotazione, si sarebbero tenuti incontatto, tra loro se possibile e inogni caso col centro radiomobiledella squadra cartografica, da doveil direttore della deriva (nell’occa-sione Constant) spostandosi inmodo da mantenere il contatto,avrebbe rilevato i loro percorsi edinviato talvolta istruzioni (sempre il

direttore della deriva avrebbe dovu-to anche preparare la sperimenta-zione di qualche luogo ed avveni-mento segretamente predisposti).

Questa operazione di deriva, sesi accompagnava a rilievi sul terre-no, da interpretare successivamentenei lavori di urbanismo unitario e sepoteva avere un certo aspetto tea-trale per il suo effetto sul pubblico,era principalmente destinata a rea-lizzare un gioco nuovo. E l’I.S.aveva voluto urtare le abitudini eco-nomiche facendo inserire nel bilan-cio della manifestazione un salarioindividuale di 50 fiorini per ognigiorno di deriva.

È unicamente la congiunzione diqueste due operazioni che può fareemergere la loro nuova natura. L’I.S.non ha dunque ritenuto che la deri-va da sola, pur potendo essere con-fermata ad Amsterdam, avesse unsignificato sufficiente. Così, non èauspicabile edificare il labirinto nelmuseo di qualche città tedesca ina-datta alla deriva. D’altronde, il fattostesso di utilizzare un museo com-portava un particolare imbarazzo ela facciata ovest del labirinto diAmsterdam era un muro costruitoapposta per aprirvi una breccia aguisa di entrata: quel buco nel muroera stato imposto dalla nostrasezione tedesca come garanzia dinon sottomissione all’ottica deimusei. Così, l’I.S. ha adottato, inaprile, un progetto di Wyckaert chemodifica profondamente l’utilizzodel labirinto studiato perAmsterdam. Questo labirinto nondovrà essere costruito in un altroedificio ma, con maggiore flessibilitàe in funzione diretta delle realtàurbane, in un terreno abbandonatoben situato nella città prescelta, alloscopo di essere punto di partenzadi derive.

LA CADUTA DI PARIGI

Parigi è stata, nel periodo di dis-soluzione della cultura dominante, il

principale centro di ricerche, ilpunto di concentrazione di espe-

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rienze e di individui provenienti datutti i paesi moderni in cui si svilup-pava il medesimo problema globaledella cultura. Tale ruolo, che Parigiha tenuto quasi continuativamentefin dopo la seconda guerra mondia-

le, ha ora visto la fine.Senza esaminare qui l’insieme

delle condizioni che avevano favori-to tale polarizzazione geograficadelle correnti innovatrici della cultu-ra moderna, ed il capovolgimento diqueste condizioni, ci basterà osser-vare che l’avanguardia culturale delnostro tempo è necessariamente untutt’uno, non solo ideologicamentema praticamente, con l’affermazionegenerale della libertà: innanzitutto,durante la sua fase negativa, perchéesprime proprio la negazionedell’organizzazione dominante dellavita, in seguito, e in misura mag-giore, durante una fase di ricercacostruttiva, con il tentativo di inven-tare nuovi strumenti e nuove utiliz-zazioni nella vita sociale.

Questa libertà, che evidentemen-te non può esistere sotto un regimepolitico autoritario, in cui l’autoritàin materia di cultura appartieneaddirittura al triste autore delle Voixdu silence, era di fatto già stata eli-minata sotto il regime precedente.La stessa società capitalista era allo-ra governata democraticamente dal

suo personale di sinistra ed a questostile riformista e progressista corri-spondeva il regno, non ufficiale mapraticamente monopolizzatore,dell’impotenza e della ripetizionenel settore culturale che allora, inve-ce di scimmiottare la grandezza delpassato, scimmiottava l’esperienzadella novità (cfr. il bilancio di unarivista come Les Temps Modernes aconfronto con le sue pretese inizia-li). Parallelamente, gli estremistipolitici di questa sinistra non vole-vano in fondo spezzare l’ordinesociale e gli estremisti intellettualinon volevano in fondo spezzare lacornice convenzionale di una cultu-ra svuotata né il gusto degli spetta-tori modernisti. La crisi permanentedella borghesia francese, anchequando nel maggio 1958 ha rag-giunto il suo culmine, non ha trova-to lo sbocco rivoluzionario che eranecessario. Parigi diventa una città-museo protetta.

In Francia tutte le organizzazioniprogressiste, nonostante le lororumorose dispute, si accordavanoessenzialmente tra loro come con iloro fortunati cugini che avevano ilpotere: la base di questo accordo,l’interesse superiore dell’ereditàfamiliare, era la conservazione dellasocietà dominante. Tutt’al più siproponevano certe sistemazioni dif-ferenti. Dopo che il regime politicoè cambiato, questo accordo fonda-mentale si è ancora rafforzato edampliato. Si è tradotto, e continua atradursi, nella scelta assoluta dellaconservazione della pace civile.

Quasi tutti i pensatori rivoluzio-nari che hanno compreso in un solocolpo la storia del movimento ope-raio degli ultimi trent’anni, leggendole confidenze di Kruscev al XXCongresso del suo partito, sono statipresi da un furore di rinnovamento.Ma questa gente non è andata moltolontano (e neppure abbastanza infretta) sicché la maggior parte è giàstanca oppure è ritornata all’ecletti-smo che scopre con stupore.

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I grandi borghesi della sinistra,loro, sono facilmente estremisti per-ché ciò che essi immaginano comela più estrema violenza della rivolu-zione (la burocrazia rassicurante delPCF) non è tanto lontano dalle loroabitudini ed anche per affermare, dagran signori, la loro disinvolturacontro lo scenario di ordine moralee patriottico della Francia al tempodi Algeri. Ma questo gauchisme nonarriva a spingerli a mettere indiscussione, neppure al più bassolivello, una sola delle convenzioniche li modellano. Così, Kast eDoniol-Valcroze rispondevano(France-Observateur, 25-2-60) airimproveri riguardanti la futilità el’accumulazione di banalità socialinei loro film, che «se ci dev’essereimpegno in materia di cinema, essoconcerne le persone» e non i film.

L’assenza assoluta di un aiuto daparte delle organizzazioni «rivoluzio-narie» francesi al popolo algerinoinsorto produce naturalmente lageneralizzazione di reazioni pura-mente individuali (disertori, agentidi collegamento francese del FLN).Di fronte a questi fatti, la sinistra sirivela appieno per quella che è:Bourdet perde la testa all’idea chel’organizzazione di Francis Jeansonaiuterà a screditare «l’azione per lapace dell’insieme della sinistra» ilcui discredito è scritto su sei anni ditotale astensione. La moralistaGiroud, sull’Express del 10 marzo, sistupisce soprattutto che si aiutino adisertare fanciulloni ancora irre-sponsabili («Quanti ventenni si sonoformati un giudizio con sufficienteforza da compiere, lucidamente,uno degli atti più gravi che possacommettere un uomo?»). Nonpotrebbero aspettare? Pacificare,passi; ma disertare, a quell’età! Sisente parlare di comunità nazionaleda non abbandonare, di soglia danon superare. Quando la soglia èquella delle prigioni dove stannoGérard Spitzer, Cécile Decugis,Georges Arnaud, la sinistra ha il

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buon gusto di non alzare la voce inloro difesa. Si potranno certamenteintimidire a lungo accusando di tra-dimento tutti coloro che pensanoche esistano delle cose che essirischiano di «tradire», al di fuori dellacausa degli sfruttati di tutti i paesi.

Alcuni aspetti dell’attualità politi-ca affrettano la fine del ruolo privi-legiato di Parigi nella cultura speri-mentale. Ma non fanno che espri-mere più in fretta un inevitabiledeperimento. La concentrazioneinternazionale a Parigi non traduce-va nient’altro che le abitudini prece-denti. La nuova cultura, unificata suscala planetaria, non può svilupparsiche laddove compariranno dellecondizioni sociali autenticamenterivoluzionarie. Non si fisserà più suquesto o quel punto privilegiato, masi estenderà e cambierà ovunque,con le vittorie della nuova forma disocietà. Non potrà infine essereaffermata in prevalenza nei paesi dirazza bianca. Prima dell’inevitabile eauspicabile mescolanza razziale pla-netaria, i popoli gialli e neri checominciano a prendere in mano laloro sorte vi avranno il ruolo di pro-tagonisti. Noi salutiamo nell’emanci-pazione dei popoli colonizzati e sot-tosviluppati, realizzata da loro stessi,la possibilità di risparmiarsi le fasiintermedie percorse altrove, sianell’industrializzazione che nella cul-tura e nell’uso stesso di una vita

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liberata da tutto. L’Internazionalesituazionista attribuisce un’importan-za fondamentale al suo legame con

gli elementi di avanguardia del-l’Africa nera, dell’America latina,dell’Asia: e per il futuro, e subito.

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TEORIA DEI MOMENTI E COSTRUZIONE DI SITUAZIONI

«Questo intervento si tradurrebbe, a livello della vita quotidia-na, in una migliore distribuzione dei suoi elementi e dei suoiistanti nei «momenti», in modo da intensificare il rendimento vitaledella quotidianità, la sua capacità di comunicazione, di informa-zione e anche e soprattutto di godimento della vita naturale esociale. La teoria dei momenti non si situa quindi al di fuori dellaquotidianità, ma si articolerebbe con essa unendosi alla critica perintrodurre in essa ciò che manca alla sua ricchezza. Tenderebbecosì a superare, nel quotidiano, in una nuova forma di godimentoparticolare unito al totale, le vecchie contrapposizioni della legge-rezza e della pesantezza, della serietà e dell’assenza di serietà.»

Henri Lefebvre (La Somme et le Reste)

Nel pensiero programmaticoappena esposto da Henri Lefebvre,i problemi della creazione della vitaquotidiana sono direttamente inte-ressati dalla teoria dei momenti, cheegli definisce come «modalità di pre-senza», una «pluralità di momentirelativamente privilegiati». Quali rap-porti intrattengono questi «momenti»con le situazioni che l’I.S. si è pro-posta di definire e di costruire?Quale uso si può fare dei rapportitra questi concetti per realizzare lerivendicazioni comuni che compaio-no adesso?

La situazione, come momentocreato, organizzato (Lefebvre espri-me questo desiderio: «L’atto liberoche si definisce allora attraverso lacapacità... di cambiare di «momento»in una metamorfosi e forse di crear-ne») comprende degli istanti peritu-ri, effimeri, unici. È un’organizzazio-ne d’insieme che domina (favorisce)simili istanti casuali. La situazionecostruita rimane dunque nella pro-spettiva del momento lefebvriano,contro l’istante, ma ad un livellointermedio tra istante e «momento».Così, benché ripetibile in una certa

misura (come direzione, «senso»),non è in sé ripetibile come il«momento».

La situazione, come il momento,«si può estendere nel tempo o con-densarsi». Ma vuole fondarsisull’oggettività di una produzioneartistica. Una simile produzione arti-stica rompe radicalmente con leopere durevoli. È inseparabile dalsuo consumo immediato, comevalore d’uso essenzialmente estra-neo ad una conservazione sottoforma di merce.

La difficoltà, per Henri Lefebvre,è di compilare una lista dei suoimomenti (perché citarne dieci inve-ce che quindici o venticinque, ecce-tera?). La difficoltà quanto al«momento situazionista» è, al con-trario, di contrassegnare la sua fineesatta, la sua trasformazione in untermine differente di una serie disituazioni (e questa può costituireuno dei momenti lefebvriani) oppu-re in tempo morto.

In realtà, il «momento» postocome categoria generale ritrovabileimplica a lungo andare il costituirsidi una lista sempre più completa. La

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situazione, più indifferenziata, sipresta ad un’infinità di combinazio-ni. Sicché non si può definire esatta-mente una situazione, e il suo limi-te. Ciò che caratterizzerà la situazio-ne, è la sua prassi stessa, la sua for-mazione deliberata.

Ad esempio, Lefebvre parla del«momento dell’amore». Dal punto divista della creazione dei momenti,dal punto di vista situazionista, biso-gna prendere in considerazione ilmomento di quell’amore, dell’amoredi quella tale persona. Il che vuol

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dire: di quella persona in quelle cir-costanze.

Il massimo del «momento costrui-to» è la serie di situazioni collegatead uno stesso tema (questo amoredi quella persona): un «tema situa-zionista» è un desiderio realizzato.Questo è particolarizzato e irripeti-bile, al confronto col momento diHenri Lefebvre. Ma molto esteso e,relativamente, durevole in confrontocon l’istante unico-effimero.

Lefebvre, analizzando il «momen-to», ha indicato molte delle condi-

zioni fondamentali del nuovocampo di azione in cui si poneadesso una cultura rivoluzionaria.Così, quando osserva che il momen-to tende all’assoluto, e se ne libera.Il momento, come la situazione, èallo stesso tempo proclamazione diassoluto e coscienza del passaggio.Si trova effettivamente sul percorsodi un’unità tra lo strutturale e il con-giunturale ed il progetto di unasituazione costruita potrebbe anchedefinirsi come un tentativo di strut-tura nella congiunzione.

Il «momento» è principalmentetemporale, fa parte di una zona ditemporalità, non pura ma dominan-te. La situazione, strettamente artico-lata nel luogo, è completamentespazio-temporale (cfr. A. Jorn, sullospazio-tempo di una vita; A.Frankin,sulla pianificazione dell’esistenzaindividuale). I momenti costruiti in«situazioni» potrebbero essere consi-derati come i momenti di rottura, diaccelerazione, le rivoluzioni nellavita quotidiana individuale. Ad unlivello spaziale più ampio (piùsociale) un urbanismo che corri-sponde con grande precisione aimomenti di Lefebvre e alla sua ideadi sceglierli e di lasciarli a volontà,si trova proposta con i «quartieri statid’animo» (cfr. «Formulario per unnuovo urbanismo» di G. Ivain,Internazionale Situazionista, nume-ro 1), in quanto un fine di disaliena-zione è perseguito esplicitamentenella sistemazione del «QuartiereSinistro».

Infine, il problema dell’incontrodella teoria dei momenti con unaformulazione operativa della costru-zione delle situazioni pone ilseguente problema: quale mescolan-za, quali interazioni devono soprag-giungere tra il flusso (e le rinascite)del «momento naturale», nel signifi-cato di Henri Lefebvre, e certi ele-menti artificialmente costruiti, quin-di introdotti in tale flusso e che loperturbano, quantitativamente e,soprattutto, qualitativamente?

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La quarta Conferenza dell’Internazionale situazionista verrà convocata aLondra, alla fine del mese di settembre del 1960.

Lo studio di Lorenzo Guasco sulle attività sperimentali dell’I.S. in Italia,pubblicato a Torino nel gennaio del 1960, è un’accozzaglia di imbecillità.Guasco non scopre nulla dell’interesse reale del lavoro di Pinot Gallizio, adesempio, e l’interesse che egli vi trova non corrisponde a niente. Maneggiandodecisamente, con l’eleganza di un elefante nel negozio di cristalleria, l’amalga-ma che meglio conviene all’interesse di chissà quale mercante d’arte, ad ogniparagrafo Guasco si rende ridicolo e termina interpretando la nozione di artecollettiva alla luce della metafisica. Ciò prova, una volta di più, che i criticiparcellari dell’estetica borghese (quelli che l’Indirizzo dell’I.S. alla loro assem-

Informazioni situazioniste

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blea di Bruxelles, nel 1958 chiamava: «brandelli di critici d’arte, critici di fram-menti di arti...»), anche quando ci mettono la massima buona volontà, nonpotranno comprendere l’insieme di un movimento come l’I.S.

Il senso di un testo sull’urbanismo unitario, scritto da Debord e pubblicatoin tedesco da una galleria di Essen il 9 gennaio 1960, è profondamente altera-to a causa di numerosi tagli. C’è forse bisogno di ricordare a questo propositoche, se noi ci dichiariamo estranei a qualsiasi concezione della proprietà priva-ta delle idee o delle frasi, ciò significa che noi lasceremo che chiunque pubbli-chi, senza citare le fonti o addirittura con l’attribuzione che si voglia, in parte ointegralmente, qualunque scritto situazionista, ma ad eccezione delle nostresole firme? È assolutamente inaccettabile che le nostre pubblicazioni venganorimaneggiate - se non dall’insieme dell’I.S. - e facciano mostra di continuare adimpegnare la responsabilità dei loro autori. Occorre far sapere che ritiriamo lafirma alla minima censura.

Il libro sperimentale di Jorgen Nash, Stavrim, Sonetter (Copenaghen, marzo1960) prosegue la serie delle pubblicazioni iniziate dall’I.S. nei paesi scandina-vi con Permild e Rosengreen.

Gli architetti Alberts e Oudejans, accettando di costruire una chiesa aVolendam, si sono posti immediatamente e senza discussioni possibili al difuori dell’I.S.

La nostra sezione olandese assumerà le misure opportune allo scopo diinformare l’opinione pubblica di questo fatto ineluttabile.

Le molteplici prese di posizione sul caso Chessman non hanno consideratoil suo vero carattere. Hanno portato ad una proliferazione delle vecchiediscussioni sulla pena di morte. La morte di Chessman in effetti partecipa alproblema globale dello spettacolo così come si costituisce nello stadio più svi-luppato della società capitalista. Questa sfera dello spettacolo industrializzato,che si impone sempre di più, conferma in questo caso l’antica sfera dellapena capitale la quale, al contrario, va verso la sua prossima estinzione legaleper tutte le pene contemplate dal diritto ordinario. Questo incontro ha prodot-to qui una lotta televisiva di gladiatori, in cui le armi erano dei cavilli giuridici.Ciascuno dei rinvii di Chessman è stato concesso da una istanza giudiziariadiversa e non c’era altro motivo di interrompere la serie che la stanchezzadegli spettatori, normale dopo dodici anni e tanti bestseller. Poiché Chessmanera molto antipatico, secondo i parametri del modo di vita americano, il pub-blico e gli organizzatori di pubbliche emozioni, hanno alla fine mostrato polli-ce verso (solo l’ultimo rinvio di Chessman fu estraneo allo spettacolo, provo-cato da considerazioni diplomatiche localizzate: non conteneva più alcunascommessa). Al di fuori degli Stati Uniti, l’indignazione generale era ambiguain quanto comportava allo stesso tempo l’accesso a questo spettacolo, sfruttatoal massimo da tutti i sistemi di informazione, e una mancanza di abitudine e di

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naturalezza verso le regole del gioco: non soltanto il pubblico propendeva perla grazia al lottatore, ma spesso metteva in discussione, in nome delle vecchieregole morali, lo spettacolo stesso. Questa reazione esprime principalmente ilritardo col quale quei paesi avanzano verso la stessa meta: la modernizzazionedel capitalismo e i rapporti umani che essa fa trionfare. Ad esempio, nellamisura in cui la Francia è una nazione ancora parzialmente arcaica in econo-mia e in politica, non si è mai visto un uomo messo a morte sotto i riflettoridopo dodici anni. Accade che si scompaia, semplicemente, dopo torture chesono tenute più o meno segrete. Chessman non interessava in quanto vittimain generale, ma per la sua partecipazione al mondo di Brigitte Bardot e delloscià dell’Iran, come elemento sfortunato e vittima in quel mondo, quello dellarappresentazione della vita per le masse passive escluse dalla vita.

La società che sancirà i primi comportamenti umani non dovrà farlo innome di questa o quella mistificazione umanistica o metafisica del passato;realizzando per ciascuno le condizioni della libera creazione della propria sto-ria, rinvierà tutte le forme di spettacolo - inferiori o sublimi - al posto che spet-ta loro: al museo delle antichità, assieme allo Stato.

Dal 1958, il Belgio è stato teatro dei seguenti incidenti: 1) Hornu. Il 27dicembre 1958: due feriti - 2) Quaregnon, dicembre 1958: un morto (HacèneKitouni, di tendenza FLN) - 3) Jemappes, 1959: un ferito (Nor Tayeb, di ten-denza FLN) - 4) Elonges, 12 maggio 1959: un morto (Houat Ghaouti), un ferito(Hadj Mirebad, di tendenza FLN) - 5) Quiévrain: un morto (Lounas Sebki, ditendenza FLN) - 6) Charleroi: fallito attentato contro Chérif Attar (di tendenzaFLN) - 7) Mons: un morto (Saïd Moktar, dirigente MNA aderente al FLN) - 8)Bléharies: Berthommier (arrestato con una bomba) - 9) Bruxelles, 9 marzo1960: assassinio di Akli Aïssiou - 10) Liegi, 25 marzo 1960: assassinio di G.Laperches e fallito attentato contro P. Legrève a Ixelles.

Questi attentati compiuti a intervalli regolari in territorio belga e che pren-dono di mira gli algerini, lavoratori e profughi politici, non possono avere cheun unico significato: l’instaurazione di un’atmosfera di terrore contro l’emigra-zione algerina. Infatti, le attività sovversive degli algerini, membri del FLN, resi-denti in Belgio, sono inesistenti. Gli acquisti di armi e di esplosivi vengonoeffettuati con la massima regolarità possibile, con la tacita approvazione delgoverno belga e attraverso intermediari come Puchers. Inoltre, gli algeriniassassinati non erano affatto dei responsabili importanti del Fronte. Lo scopovoluto è di provocare il panico tra gli algerini e di spingerli quindi a reagire inmaniera brutale, il che permetterebbe alla polizia belga di espellere quelli cherisiedono in Belgio e di non accogliere alcun altro rifugiato dalla Francia. Lapolizia prende il pretesto dagli attentati già compiuti e tuttavia chiaramente fir-mati, per espellere giornalmente degli algerini (venti espulsioni dopo l’assassi-nio di Akli), facendo così il gioco dei servizi francesi.

L’esposizione «Antagonismes», organizzata in febbraio al Musée des ArtsDecoratifs dal «comitato delle arti del Congresso per la libertà della cultura», èstata l’espressione pura e semplice di un estremo tentativo dello sciovinismofrancese per affermarsi là dove gliene restano, così crede, i mezzi: nella storiaartistica, attraverso il rigonfiaggio e l’incollaggio di una «Scuola di Parigi», la cuicirconferenza non è da nessuna parte ma il cui centro è soltanto a Parigi.

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Questo pallone gonfiato comprende tutto e in particolare la speranza di faredella Parigi di Malraux, in seno al nuovo impero romano di Washington, unaspecie di Grecia pronta ad attirare i suoi truci vincitori e collezionisti. Il pesan-te catalogo, in cui si sfoga Julien Alvard, è tutto da leggere per avere un’ideaesatta della decomposizione culturale dominante, di cui ci si rende sempre piùconto in termini intellettuali essi stessi avariati.

«Lutero», dice dopo aver precisato che «non è per la semplice comicità delrapporto», «...è una prefazione abbastanza buona ai pittori che si sono rivelatidapprima attraverso il gesto o le macchie.» E cita il prete Georges Mathieu cheegli così getta allegramente nell’eresia. Con Lutero si accompagnano ugual-mente Ruskin, Nietzsche e, ma sì, Stéphane Lupasco. Vengono menzionati altricento nomi importanti del pensiero moderno e tutti erroneamente.

In questa orgia di citazioni, si nota la curiosa maniera in cui l’espressioni-smo è contemporaneamente menzionato ed eluso, trapiantato tutto intero aParigi e nel contempo accidentalmente smarrito (pagine 15-16). Questa deci-sione di far scomparire il carattere tedesco e nordeuropeo dell’espressionismo,e l’imbarazzo che ne deriva per un fanfarone maldestro come Alvard, locostringe a non mettere, tra tutti i quadri riprodotti nel suo fumoso catalogo,che una semplice incisione di Nolde. Ed è poi attribuita a Kirchner perché,non c’era dubbio, i cani da guardia dei musei del «Congresso per la libertàdella cultura» non hanno mai paura di prendersi delle libertà con la cultura.Soprattutto quando il loro lavoro è imbarazzante. Così, nel minestrone filosofi-co estensivo di Alvard, due stupefacenti assenze - Hegel e Kierkegaard - nonsono evidentemente dovute a carenza di informazione giornalistica dell’autore,quanto piuttosto al timore di tutto ciò che si potrebbe trovare a partire da lì,che spiegasse l’arte moderna quanto la ragion d’essere di questo ignobileCongresso.

In sintesi, il fiasco colossale dell’esposizione «Antagonismes» è quello delcomitato in questione - e dei suoi simili - di fronte ai problemi attuali della cul-tura. Ecco la prova di quanto era chiaramente prevedibile: ossia che sarebbepericoloso per i partigiani incondizionati della confusione nella cultura e nellavita sociale, realizzare un’esposizione di insieme, anche fatta sotto il segnodella confusione, anche fatta nello stile di Alvard.

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ABBOZZI PROGRAMMATICI

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«Zarathustra è felice che la lotta delle caste sia finita. Che siavenuto infine il tempo di una gerarchia degli individui. Il suoodio per il sistema democratico di livellamento era solo inprimo piano. Di fatto, è molto felice che si sia arrivati a questopunto. Ormai, potrà risolvere il suo problema.»

Nietzsche, Meriggio ed eternità (Frammenti postumi)

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Il concetto del Non-Futuro corrisponde al rapporto politico esprimibile frala classe e il partito e alle sue conseguenze nella durata rivoluzionaria. Il Non-Futuro non è né la negazione di ogni futuro, né la possibilità di una qualun-que previsione politica a partire dalle condizioni date: è insieme la realizzazio-ne di ogni futuro in quanto la situazione attuale lo contiene frammentariamen-te, e la ricerca di mezzi idonei a dominare l’immediato.

Il Non-Futuro è l’applicazione politica di una visione globale della tempo-ralità rivoluzionaria nel XX secolo. Le sue tesi non possono essere separatedallo studio obiettivo dei fatti sociali quali ci vengono rivelati dalla tripliceevoluzione dei paesi capitalisti, socialisti e sottosviluppati. In questa evoluzio-ne, esso tende a stabilire una dialettica dei problemi attuali che rivestaun’importanza uguale per questi paesi, si rifiuta di legare meccanicamente laserie dei problemi particolari di questi paesi, in cui si insabbia fatalmente ogniconcezione, anche dinamica, della coesistenza pacifica. La coesistenza pacifi-ca, quale viene espressa attualmente dai teorici alla Luigi Filippo dei partiticomunisti, significa l’abbandono delle posizioni rivoluzionarie sia in Russiache nei confronti dei paesi del Terzo Mondo o dei paesi altamente industria-lizzati.

Il Non-Futuro è fondato sulla convinzione che le forze produttive più evo-lute dei paesi capitalisti permettono, fin d’ora, in questi paesi, di fare a menodella fase transitoria della società socialista. In questi paesi, il socialismo nonpuò restare all’ordine del giorno, se non a condizione di intraprendere lademistificazione totale dei suoi strumenti politici attuali, che esprimono i rap-porti di produzione superati dall’accumulazione dei mezzi tecnici, dal ricorsocostante alla spersonalizzazione, eccetera. Si trovano riunite tutte le condizioniper l’appropriazione dei mezzi di produzione e per il loro utilizzo a fini socia-listi.

Il Non-Futuro è fondato parimenti sull’apprezzamento decisivo derivantedalle rivoluzioni anticolonialiste. In questi paesi del Terzo Mondo, lo sviluppodelle forze produttive, fin dalla sua origine, entra in conflitto con l’apparatoburocratico, sia esso retaggio della colonizzazione o introduzione dei metodidi pianificazione in uso nei paesi socialisti. I paesi del Terzo Mondo sono ilcardine della rivoluzione del XX secolo perché il loro accesso all’indipendenzaè anche il crogiolo delle forze vive dell’uno e dell’altro blocco. In questi paesi,e per la prima volta dai tempi delle comunità primitive, ciò che nasce adOvest e ciò che nasce ad Est è suscettibile di essere unito e amalgamato inuna forma sociale totalmente indipendente, purché l’espansione di questipaesi non venga frenata.

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Il Non-Futuro è fondato infine sulla certezza che lo stato di cose attualenon può, in nessun caso, essere considerato come uno stato di pace o diguerra. Né la pace né la guerra sono ormai possibili, ma neppure la rivoluzio-ne lo è se la si limita ad un concetto puramente evoluzionista che impliche-rebbe automaticamente il deperimento dello Stato, eccetera. Il Non-Futuroconsidera, prima di tutto, che in Russia e in Cina esistono società senza classi.La presa di coscienza di questo fatto implica la possibilità di un processo rivo-luzionario accelerato che culmini finalmente in società di masse socializzate.

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Il socialismo, in qualunque ambito lo si esamini, non può più essere limi-tato alla semplice antitesi del capitalismo. Tutto ciò che ritarda l’avvento dellemasse socializzate è un’alienazione rinascente nel cuore della società socialista(transitoria o no).

Il problema è far prendere coscienza a queste masse «del massimo dicoscienza possibile», per evitare che il rapporto storico modificato dalla societàsenza classi sia un ritorno al vecchio rapporto esistente fra la classe e il parti-to, fra la classe e il sindacato. Le masse socializzate agiscono in quanto forzeautonome. Se, come sosteneva Marx, la politica e l’economia sono destinate ascomparire, è evidente che i partiti e gli organi della lotta di classe dovrannoscomparire con loro. Più un partito o un sindacato sono stati capaci di portareavanti il loro ruolo, più sarà facile eliminarli in quanto tali nella società senzaclassi. Questa sussiste dopo la soppressione della politica e dell’economia per-ché allora la coscienza politica delle masse significa una rottura - e non unadattamento - di queste masse, liberate da forze produttive ormai in grado disuperare tutti i rapporti di produzione. Responsabilità e sradicamento dellemasse socializzate non sono più ostacoli, ma le condizioni di base perchénasca, in qualunque momento, la necessità di una rivoluzione.

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L’espressione politica delle masse socializzate, in quanto mira alla scom-parsa di ogni politica, ha per obiettivo primario la possibilità, conquistata perla prima volta nella storia, di una situazione in cui l’umanità intera sfugga allalegge storica dello sviluppo diseguale. La rivoluzione diventa il teatro di sestessa.

Importa sapere e determinare, fin d’ora, come la conquista dello spaziointersiderale, il lavoro umano considerato come lotta contro la natura in quan-to è la scomparsa dell’ambiente tecnico per mezzo della tecnica stessa, la com-parsa della coscienza cosmica nella società senza classi, l’abolizione di ognisegno funzionale nei rapporti umani, la nascita di sentimenti nuovi e altrisconvolgimenti non prevedibili, accelerino per l’umanità intera e contempora-neamente il processo che conduce allo stadio di questa civiltà dialettica deltempo disponibile e del lavoro.

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La creazione di questa storia senza tempi morti è legata alla filosofia marxi-sta esistenziale. L’idea della pianificazione individuale dell’esistenza che risco-pra il caso permetterebbe di abbozzare una filosofia della presenza spazio-temporale dove sensazioni e sentimenti non dipendessero più dalla memoria,ma dallo sbocciare di tutte le virtualità dell’essere attraverso la moltiplicazione

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ed il rinnovamento di esperienze, non più isolatamente collettive o isolata-mente personali, di esperienze realizzabili come l’immaginario stesso, cioècontemporaneamente collettive e personali in tutti gli atti.

Lo sconvolgimento quotidiano della durata della vita stessa presuppone ilvalore cosmico e acosmico di ogni situazione. Al limite di questo infinito sottoi nostri occhi e dell’accumulazione rivoluzionaria di questa storia, la ricchezzadella vita esige una riproduzione sempre maggiore, non più delle abitudini oanche di uno stile, ma del quotidiano reso impossibile. I nuovi antagonismi fravalori terrestri e cosmici non potranno essere risolti con la semplice comunica-bilità delle evidenze.

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Le condizioni della libertà, una volta realizzate dalla pianificazione indivi-duale dell’esistenza, diverranno i valori, esistenti o in grado di esistere comedifferimento, fra le nostre attitudini nel controllo e l’esercizio di gradi qualitati-vi della costruzione delle situazioni. I concetti di essere, avere e fare scompari-ranno con questa libertà, inizio della negazione pratica di ogni filosofia. Lalibertà si definirà come una cosmogonia della temporalità e una acosmogoniadelle situazioni costruite. La libertà, questa struttura fluida e tenace di ognienergia, permetterà il superamento della vecchia tipologia di «uomini liberi» o«non liberi» grazie al potere che tutti gli uomini avranno di trasformare ilmondo come ognuno di noi desidera vederlo trasformato, realizzato contro ciòche in origine era questo potere.

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I tre ordini del divenire sono:A) L’ordine delle costruzioni della situazione. È quello a partire da cui que-

sto potere della libertà inscriverebbe lo stile di vita di ognuno come un’operatotale, cioè la realizzazione permanente della totalità vissuta contro tutto ciòche, fino ad allora, sono stati solo mezzi dispersi o significati frammentari(cosmico, politico, artistico, eccetera). Sarebbe l’ordine della prassi in quantocritica radicale effettuata, e non più auspicata, indicata.

B) L’ordine della pianificazione individuale dell’esistenza. Sarebbe la possi-bilità, data una volta per tutte, di superare i sentimenti finora noti, compresa lasensazione antinomica di «felicità-dolore». I sentimenti umani diventano senti-menti altri ma non sovrumani o disumani, per il fatto di essere ormai legatiall’energia cosmica.

C) L’ordine della tragedia dell’intelligenza. Sarebbe quello dei due mondiastratti (uno derivato dalla lotta contro la natura e l’altro, per opposizione,dalla dominazione del cosmo da parte dell’uomo). In questo senso, la tragediadell’intelligenza non è forse il non poter evitare la follia come condizionenaturale, ma situarsi d’un sol colpo al di là della follia, e non al di qua come èstato fatto finora.

André FRANKIN

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I semplici accenni frammentari di un programma ven-gono presentati qui come elementi teorici della costruzionedelle situazioni nella società socialista (transitoria in sé) ecome primo contributo ad un gruppo di lavoro che pensia-mo di riunire per la definizione di un contenuto globaledella rivoluzione della vita quotidiana.

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LA FINE DELL’ECONOMIAE LA REALIZZAZIONE DELL’ARTE

Il tempo per l’uomo non è altroche una successione di fenomeni inun punto di osservazione dello spa-zio, mentre lo spazio è l’ordine dicoesistenza dei fenomeni neltempo, o il processo.

Il tempo è il cambiamento chenon è concepibile che sotto formadi movimento in progressione nellospazio, mentre lo spazio è l’elemen-to stabile che non è concepibile chenella partecipazione ad un movi-mento. Né lo spazio né il tempopossiedono una realtà, o valore,fuori dal cambiamento, o processo,cioè fuori dalla combinazione attivaspazio-tempo. L’azione dello spazio-tempo è il processo, e questo pro-cesso è esso stesso il cambiamentodel tempo in spazio e il cambiamen-to dello spazio in tempo.

Così vediamo che l’aumento diqualità, o resistenza contro il cam-biamento, è dovuto all’aumentoquantitativo. Vanno di pari passo.Questo sviluppo è il fine del pro-gresso socialista: l’aumento dellaqualità attraverso l’aumento dellaquantità. E esso riconosce che que-sto doppio aumento è forzatamenteidentico alla diminuzione del valore,dello spazio-tempo. Questa è la rei-ficazione.

La grandezza che determina ilvalore è lo spazio-tempo, l’attimo ol’avvenimento. Lo spazio-tempo cheè riservato all’esistenza della specieumana sulla terra manifesta il suovalore negli avvenimenti. Senzaavvenimenti, non c’è storia. Lo spa-zio-tempo di una vita umana, è lasua proprietà privata. È la grandescoperta di Marx, nella prospettivadella liberazione umana, ma nellostesso tempo il punto di partenzadegli errori dei marxisti, perché una

proprietà non diventa valore se nonrealizzandosi, liberandosi, adoperan-dosi, e quello che fa dello spazio-tempo di una vita umana una realtà,è la sua variabilità. E quello che fadell’individuo un valore sociale, è lasua variabilità di comportamento inrapporto agli altri. Se questa variabi-lità è diventata privata, esclusa dallavalorizzazione sociale, come è inrealtà nel socialismo autoritario, lospazio-tempo dell’uomo è diventatoirrealizzabile. Così il carattere priva-to delle qualità umane (gli hobby) èdiventato una devalorizzazioneancora più grande della vita umanarispetto alla proprietà privata deimezzi di produzione poiché l’inutileè, nel determinismo socialista, inesi-stente. Il socialismo, invece di aboli-re il carattere privato delle proprietà,non ha fatto altro che aumentarlofino all’estremo, rendendo l’uomostesso inutile e socialmente inesi-stente.Il fine dello sviluppo artistico è la

liberazione dei valori umani, attra-verso la trasformazione delle qualitàumane in valori reali. Ed è qui checomincia la rivoluzione artistica con-tro lo sviluppo socialista, la rivolu-zione artistica che è legata al proget-to comunista...

Il valore dell’arte è così un contro-valore in rapporto ai valori pratici, esi misura in senso opposto a questi.L’arte è l’invito ad un dispendio dienergia, senza fine preciso al difuori di quello che lo spettatore stes-so può apportarvi. È la prodigalità...Si è pertanto immaginato che il valo-re dell’arte fosse nella sua durata,nella sua qualità. E si è creduto chel’oro e le pietre preziose fossero deivalori artistici, che il valore artisticofosse una qualità inerente all’oggetto

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in sé. Invece l’opera d’arte non èaltro che la conferma dell’uomocome essenziale sorgente di valore...

La rivoluzione capitalista è stataessenzialmente una socializzazionedel consumo. L’industrializzazionecapitalista apporta all’umanità unasocializzazione tanto profondaquanto la socializzazione propostadai socialisti: quella dei mezzi diproduzione. La rivoluzione sociali-sta è il compimento della rivoluzio-ne capitalista. L’unico elemento dalevare al sistema capitalista è ilrisparmio, perché la ricchezza delconsumo è stata già eliminata daicapitalisti stessi. Trovare oggi uncapitalista il cui consumo superi leesigenze più meschine, è davveroraro. La differenza del tenore di vitatra un gran signore del XVII secoloed un gran capitalista dell’epoca diRockefeller è grottesca, e si vaaccentuando sempre di più.

La ricchezza nella variabilità delconsumo è stata economizzata dalcapitalismo, perché la merce non ènient’altro che un oggetto d’usosocializzato. È per questo che i so-cialisti evitano di occuparsi del-l’oggetto d’uso.

La socializzazione dell’oggettod’uso, che permette di considerarlocome una merce, ha tre aspettiprincipali:

a) Soltanto l’oggetto d’uso di inte-resse comune, desiderato da unaquantità abbastanza alta di persone,può servire come merce. La merceideale è l’oggetto desiderato datutti. Per aprire la strada alla produ-zione industriale verso una similesocializzazione, il capitalismo hadovuto distruggere l’idea della pro-duzione individuale e artigianale,considerarla «formalismo»;

b) Perché si possa parlare dimerce, bisogna avere una quantitàdi oggetti tutti uguali. L’industrianon si occupa che di oggetti inserie, di fabbricazione sempre piùnumerosa;

c) La produzione capitalista è

caratterizzata da una propagandadel consumo popolare che raggiun-ge una forza ed un volume incredi-bile. La pubblicità per una produ-zione socialista non è che la conse-guenza logica della pubblicità perun consumo socializzato.

Il denaro è la merce completamen-te socializzata, che indica la misuradi valore comune a tutti...

La socializzazione costituisce real-mente un sistema fondato sul ri-sparmio assoluto. Consideriamo, ineffetti, l’oggetto d’uso. Abbiamoindicato che l’oggetto d’uso diventauna merce nel momento in cuidiventa immediatamente inutile, incui viene a mancare il legame cau-sale tra il consumo e la produzione.Soltanto un oggetto d’uso trasforma-to in risparmio, immagazzinato,diventa merce, e questo solo nelcaso in cui esista una quantità dioggetti d’uso in magazzino. Questosistema di stoccaggio, che è la radi-

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ce della merce, non viene eliminatodal socialismo, al contrario: il siste-ma socialista è fondato sull’imma-gazzinamento di tutta la produzionesenza eccezione, prima della suadistribuzione, allo scopo di assicu-rare un controllo perfetto di questadistribuzione.

Fino ad ora, nessuno ha mai ana-lizzato l’accumulazione - l’immagaz-zinamento o il risparmio - nellaforma che le è propria, quella delcontenitore. L’immagazzinamento sifa in funzione del rapporto tra con-tenitore e contenuto. Abbiamo fattonotare, all’inizio, che la sostanza,spesso chiamata contenuto, non èaltro che il processo e, sotto formadi contenuto, sta a significare unamateria immagazzinata, una forzalatente. Ma noi l’abbiamo sempreconsiderata a partire dalla suaforma stabile. Essa, la forma di uncontenitore, è una forma contraria

alla forma del suo contenuto: la suafunzione è di impedire al contenutodi entrare in processo, salvo in con-dizioni controllate e limitate. Laforma-contenitore è così qualchecosa di ben diverso dalla forma

della materia in sé, dove non c’èmai altro che la forma del contenu-to: qui uno dei termini si trova incontraddizione assoluta con l’altro.È solo nel campo biologico che ilcontenitore diventa funzione ele-mentare. Tutta la vita biologica si èevoluta, per così dire, opponendo leforme-contenitori alle forme dellamateria. E lo sviluppo tecnico seguelo stesso cammino, e tutti i sistemidi misura, di controllo scientifico,sono delle relazioni di forme ogget-tive con delle forme-contenitori.

Le forme-contenitore sono stabili-te come contraddizione delle formemisurate. La forma-contenitorenasconde di solito la forma del con-tenuto, e possiede così una terzaforma: quella dell’apparenza.Queste tre forme non sono maidistinte chiaramente nelle discussio-ni sulla forma...

Il denaro è la misura del temponello spazio sociale... Il denaro è ilmezzo di imporre la stessa velocitàin uno spazio dato, che è quellodella società. L’invenzione dellamoneta è alla base del socialismo«scientifico», e la distruzione dellamoneta sarà alla base del supera-mento del meccanismo socialista. Lamoneta è l’opera d’arte trasformatain cifre. Il comunismo realizzatosarà l’opera d’arte trasformata intotalità della vita quotidiana...

La burocrazia appare, ovunque simanifesti (nel capitalismo, nel rifor-mismo, nel potere cosiddetto «co-munista») come la realizzazionedella socializzazione controrivolu-zionaria comune, in certo modo, aidiversi settori rivali del mondoattuale. La burocrazia è la forma-contenitore della società: blocca ilprocesso, la rivoluzione. In nomedel controllo dell’economia, la buro-crazia economizza senza controllo(per i suoi fini, per la conservazionedell’esistente). Ha tutti i poteri,salvo quello di cambiare le cose. Eogni tipo di cambiamento si fa anzi-tutto contro di essa...

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Il comunismo reale sarà il salto nelterritorio della libertà e dei valori,della comunicazione. Il valore arti-stico, il contrario del valore utilitario(chiamato di solito materiale) è ilvalore progressivo perché è la valo-rizzazione dell’uomo stesso, attra-

Questo testo è estratto da un opuscolo di Jorn: Critica dellapolitica economica, che è appena stato pubblicato nella seriedei «Rapporti presentati all’I.S.» (Bruxelles, maggio 1960).

verso un processo di provocazione.La politica economica ha mostrato,dopo Marx, le sue impotenze e isuoi capovolgimenti. Una iperpoliti-ca dovrà tendere alla realizzazionediretta dell’uomo.

Asger JORN

SEGNALE PER INIZIARE UNA CULTURA RIVOLUZIONARIA IN ISRAELE

Il concetto stesso di situazionecostruita è continuamente falsatodall’esistenza di una psicosi quoti-diana che immerge l’essere umanoin un pathos di irrimediabile medio-crità. Bisogna lottare contro lamediocrità, contro il giusto mezzotra i passivi e i sedicenti progressistiche si accontentano di imputridirenel loro sproloquio adinamico.Occorre fin d’ora dedicarsi alla rivo-luzione permanente delle menti,colpire le immaginazioni, distoglierele attenzioni dalle psicosi e dallastampa di regime, essere insommadegli «agenti provocatori».

Il paradosso atroce della nostraattuale civiltà è che solo le potenzeeconomiche possiedono, hanno aloro disposizione, i mezzi tecnicipiù moderni, e che usano questimezzi unicamente per «far soldi»,mettere insieme milioni al fine didedicarsi in seguito stupidamente,borghesemente, bestialmente ai lorosvaghi. E le masse sono soggiogatedalla loro mancanza di desideri, edalla dittatura paternalista dei sinda-cati che hanno sostituito il principa-le, il padrone delle ferriere di cin-quant’anni fa.

In Israele, paese in crescita, le

forze in gestazione hanno molta dif-ficoltà ad esprimersi perché i pro-blemi del «come vivere» si impongo-no all’individuo in modo mortifican-te. Questi, ancora legato ad atavismiancestrali che lo intorpidiscono finnel suo subcosciente, non pensapiù - non può pensare - cheall’immediato, cioè ai mezzi adatti amigliorare il suo comfort. Il popola-mento si è effettuato con l’apportodi elementi umani in maggioranzaprimitivi, e la fusione si è compiutacon il dono di un comfort america-no; comfort in un senso obbligato-rio e addirittura forzato. Si sonodate al poveraccio abbrutito da undogma rigido (che ci si sforza dimantenere con l’insegnamento dellesupreme stupidità della Bibbia), edabbellendole di un’aureola verdera-me di socialismo e di liberalismo,lavatrici, frigoriferi, alloggi schifosi.Si è perseguita in alto loco lacementazione di un sindacalismoall’americana, che si oppone feroce-mente ad ogni tentativo di libera-zione, e diffida dell’intellettualitàdelle persone coscienti. Le paratiestagne sono piazzate, e le castedefinite.

Non ci sono nemmeno conflitti

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di classe in questo nuovo paese chesi vuole socialista e che è soltantoforgiato da una nuova classe di diri-genti ritrovatasi al potere per viadelle circostanze, e dall’abnegazio-ne di alcune migliaia di persone,alla testa di una nazione in embrio-ne i cui diversi elementi sono inprocinto di essere livellati e, soprat-

tutto - quando non sono comprati -spersonalizzati.

Ci si sarebbe potuti aggrapparead una speranza, più solida deldesiderio verbale o dell’augurio diun avvenire migliore, se fosse sca-turita da qui qualche arte particola-re e rivoluzionaria, che avrebbe ali-mentato una fonte di creazione.

Anche qui, la delusione è forte.L’artista che vuole creare del nuovo,che vuole infrangere l’ossatura di ungiudaismo restrittivo, se ne va.

Un barbarismo israeliano comin-cia, per altro, a formarsi, ed è suquesto che contiamo. Appartienealla nuova generazione: ragazziabbronzati e ragazze emozionanti.La fauna delle città è imputridita. Lacampagna, cioè il kibbutz e la colo-nizzazione agricola cooperativa, vaavanti a caso, malgrado tutto. Lenuove industrie impiantate dopo laFondazione hanno generato, egenerano un proletariato. Ma inco-sciente. Robot.

Il giovane contadino si allontana-va dai suoi vecchi stanchi, mentre ilgiovane proletario si automatizza, esi vede svuotato della sua animagiorno dopo giorno.

La coscienza rivoluzionaria diIsraele non potrà venire che dallaterra, dal deserto, dal Negev colora-to, dallo sforzo. La coscienza rivolu-zionaria di Israele verrà anchedall’intelligenza, da qualche menteragionante e sempre in movimento.Il futuro di Israele prende forma.Comincerà quando l’impatto delleforze nuove, che si intravede daindizi certi, si ripercuoterà nellamente degli israeliani. Non bisognafermarsi a nessun modernismo.

Nella società veramente rivolu-zionaria, il nuovo si distruggerà dasé.

Jacques OVADIA

DESCRIZIONE DELLA ZONA GIALLA

Questo isolato, che è situato aiconfini della città, deve il suo nomeal colore di una parte abbastanzagrande del suolo, in particolare alsecondo piano ad Est. Questa parti-

colarità si somma all’atmosfera piut-tosto gioiosa che predispone l’isola-to al suo adattamento come zona digioco. I differenti livelli - tre ad Est,due ad Ovest - sono sostenuti da

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una costruzione metallica, staccatadal suolo. Per la costruzione portan-te dei piani e degli edifici all’inter-no, è stato utilizzato il titanio; per ilpavimento e il rivestimento di tra-mezzi e pareti, il nylon. La leggerez-za di questa costruzione spiega nonsolo l’impiego minimo di supporti,ma anche una grande elasticità neltrattamento delle diverse parti, e lasoppressione totale dei volumi. Lacostruzione metallica può essereconsiderata come la base per unasistemazione di elementi tipo, mobi-li, intercambiabili, smontabili, chefavoriscono la variazione permanen-te degli ambienti. Così anche ladescrizione che segue si limiterà alquadro generale della sistemazione.La struttura a livelli sovrappostiimplica che la maggior parte dellasuperficie debba essere illuminata eclimatizzata artificialmente. Non si ècercato tuttavia da nessuna parte diimitare le condizioni naturali, ma, al

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contrario, si è cercato di trar profittoda questa circostanza, creando con-dizioni climatologiche e modi d’illu-minazione. Questo fa parte integran-te dei giochi d’atmosfera che sonouna delle attrazioni della zona gialla.È da notare, inoltre, che in parecchipunti si passa improvvisamenteall’aria aperta.

Si può arrivare in questa zona

della città sia per via aerea, poichéla terrazza offre spazi per i campid’atterraggio, sia a livello del suolo,con l’automobile, sia, infine, con untreno sotterraneo - secondo le di-stanze da percorrere. Il livello delsuolo, tagliato in tutte le direzionidalle autostrade, è privo di costru-zioni, ad eccezione di qualche pila-stro che regge la struttura, e di unedificio circolare, a sei piani (A), chefunge da supporto alla parte sospesadella terrazza. Questi supporti, attor-no a cui è stato previsto uno spazioper la sosta dei mezzi di trasporto,contengono degli ascensori che por-tano ai piani della città o nel suosottosuolo. L’edificio (A) che ospita iservizi tecnici, è separato dal restodell’isolato e vi si può accedere soloa partire dalle terrazze o dal piano-terra. Tutto il resto è comunicanteall’interno e costituisce un grandespazio comune, da cui bisognaescludere soltanto due edifici allaperiferia della città, adibiti ad abita-zioni (B e C). Tra queste due costru-zioni-alloggio, le cui finestre dannosul paesaggio, si trova, all’angoloNord-Est della città sopra la terrazzasuperiore, il grande atrio degli arrivi(D), costruzione metallica coperta dilamiera di alluminio, di forma abba-stanza libera, i cui due piani ospita-no la stazione dei viaggiatori e idepositi per la distribuzione dellemerci. Questo atrio si trova ancoraall’aperto, mentre l’interno dell’isola-to stesso è interamente coperto.

La parte ad Est è divisa in senso

Pianta generale della zona gialla

I servizi tecnici e l’aereoporto

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verticale in due piani coperti, più laparte della terrazza dove si troval’aerodromo. Per mezzo di paretimobili, i piani sono ordinati in ungran numero di sale comunicanti -orizzontalmente, e anche per mezzodi scale, verticalmente - i cui am-bienti variabili sono modificati dicontinuo da squadre situazioniste,in collegamento con i servizi tecnici.Vi si praticano soprattutto dei giochiintellettuali.

La parte ad Ovest appare subitopiù complicata. Vi si trova la grandecasa labirinto, e la piccola (L e M),che riprendono e sviluppano le vec-chie possibilità della confusionearchitettonica: i giochi d’acqua (G),il circo (H), il gran ballo (N), lapiazza bianca (F) sotto cui è sospe-sa la piazza verde, che gode di unavista splendida sul traffico delleautostrade che passano al di sotto.

Le due case labirinto sono costitui-te da un gran numero di stanze diforma irregolare, di scale a chioccio-la, di angoli sfuggenti, di campiincolti, di vicoli ciechi. Vi si vaall’avventura. Ci si può ritrovare

nella sala sorda, rivestita di materia-le isolante; la sala chiassosa daicolori vivaci e dai suoni opprimenti;la sala degli echi (giochi di emittentiradiofoniche); la sala delle immagi-ni (giochi cinematografici); la saladella riflessione (giochi degli influssipsicologici); la sala del riposo; lasala dei giochi erotici; la sala dellecoincidenze, eccetera. Un soggiornodi lunga durata in queste case hal’effetto benefico di un lavaggio delcervello ed è praticato frequente-mente per evitare il formarsi di abi-tudini.

I giochi d’acqua si trovano tra que-ste due case, all’aperto, poiché laterrazza superiore ha un’apertura inquesto punto, che lascia vedere ilcielo. Getti d’acqua e fontane sialternano a palizzate e a costruzionidalle forme bizzarre, tra cui unagrotta di vetro, riscaldata, dove ci sipuò fare il bagno in pieno inverno,sempre guardando le stelle.

Prendendo il passaggio K che, alposto delle finestre, è dotato di lar-ghe lenti ottiche che ingrandisconodi molto la vista sull’isolato vicino,

Veduta ravvicinata dei settori G ed E

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si arriva al grande ballo. O ancora,si passa sulle terrazze attorno ai gio-chi d’acqua, che sovrastano la piaz-za bianca, visibile più in basso,dove si tengono delle manifestazio-ni e che permettono anche l’accesso

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alla piazza verde del piano inferiore.Scendendo sotto questa piazza, sipossono trovare delle auto pubbli-che che conducono in altri quartieri.

CONSTANT

La zona gialla è il primo itinerario delle Passeggiate a NewBabylon, guida descrittiva di questi plastici di isolati, il cuiinsieme costituisce un modello ridotto della «città coperta».Constant, nel numero 3 di questo bollettino, ha formulato iprincipi di base di questa ipotesi particolare di urbanismounitario.

ORIGINALITÀ E GRANDEZZA(sul sistema di Isou)

Isidore Isou, confutando gli scrittidi uno dei suoi amici di un’epocarecente, che chiama sobriamente Xper non fargli una pubblicità imme-ritata, dichiara nel n°10 di PoésieNouvelle (primo trimestre 1960):

«Una delle menzogne più meschi-ne dell’autore di Grammes, è di par-lare del mio sistema filosofico gene-rale quando : a) questo sistema nonl’ho mai pubblicato e b) X non è unprofeta o un cartomante per indovi-narlo.

Se molti dei miei compagni concui lavoro da parecchi anni, daPomerand a Lemaître, hanno prova-to a indovinare questo sistemagenerale (e non potendolo farehanno almeno l’onestà di tacere suquesto argomento), come potrebbeimpadronirsene il superficiale X chemi conosce appena?... L’unica cosache il signor Grammes può saperedel mio Ordine intellettuale è chequesto attribuisce alle creazioni inogni campo un valore essenziale,determinante, in rapporto agli altrivalori. Ora, è quello che fanno altre-

sì gli X successivi che, dopo avermiconosciuto, non hanno altro supre-mo desiderio che quello di diventa-re dei creatori. Dunque, l’unicolume che X ha del mio sistema facapo al suo sforzo cosciente o inco-sciente di seguirlo, quando, perl’appunto, l’ignoranza dell’insiemedi questo sistema lo conduceall’incapacità reale di creare e loobbliga a sostituire questa creazionecon dei pettegolezzi e delle pretesemenzognere su ciò che ignora... Èsolamente accettando la gerarchiacreatrice dell’unico movimento diavanguardia contemporaneo - chia-mato in modo generale «lettrismo» -assimilando francamente la veritàinnovatrice del passato immediato edel presente, e riconoscendo aperta-mente le forme di evoluzione futuradelle discipline estetiche, che silavorerà veramente per la storiadella cultura e per il posto di ognirealizzatore in questa storia.» (sotto-lineato da A.J.).

L’argomentazione di Isou è costrui-ta su quell’errore fondamentale

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secondo il quale la conoscenza diun sistema non sarebbe possibileche dopo aver conosciuto tutte leconseguenze dell’applicazione diquel sistema: idea spinta all’estremoquando implica la testimonianza delrapporto individuale iniziatico perarrivare a scoprire il sistema, e l’im-portanza dell’uso particolare che ilmaestro può fare del proprio siste-ma. In realtà il sistema è un meto-do. È il metodo di coordinazionedelle posizioni, degli stati. E, poichéle posizioni non cambiano, i siste-mi, o i metodi posizionali, sonosempre rivelabili analizzando unacombinazione presa a caso nelsistema.

Il sistema di Isou non è un siste-ma scientifico, perché non ci sonopiù sistemi scientifici. Se il sistemadi Isou fosse stato un sistema scien-tifico, non avrebbe potuto essere il«sistema di Isou» ma soltanto l’appli-cazione, fatta da Isou, del sistemascientifico in un dato campo. Ilsistema di Isou necessita di Isou. Èun sistema di rapporti tra soggettoed oggetto. Questo sistema èun’ottica. Non bisogna essere né

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ma classico pretendendo che l’istan-te sia l’unico valore. Isou si opponea questo stabilendo una piccolagamma di valori tra il passatoimmediato e il presente (quello cheoggi Isou sta facendo). Isou si ponecome una grandezza nella sua stessaprospettiva. Quelli che si occupano,con il ritardo obbligatorio dei segua-ci, di quello che Isou ha già fatto,sono più piccoli, e diminuiscono, daLemaître a Pomerand, per arrivareinfine al punto zero dove si trova ilpovero signor X che, nel sistema diIsou, è il niente assoluto, la nullità,il non-luogo storico (ma è il non-luogo dello spazio storico di Isou,cosa che spiega l’importanza accor-data da Isou alla descrizione ripetutadi questo nulla, di questa personifi-cazione dell’anonimato). Se si pro-lungano le linee di prospettiva al di

profeti né cartomanti per decifrarlo,bisogna essere completamente di-staccati. Non conosco Isou, e co-mincio appena a conoscere il suosistema. L’ordine in cui sistema gliavvenimenti storici è qualcosa diestremamente divertente ed interes-sante, del tutto nuovo nell’otticaeuropea: egli misura tutti i valorinella prospettiva cinese, mentre apartire dal Rinascimento sono staticostantemente misurati nella pro-spettiva centrale.

Oggi è un fatto abbastanza gene-ralmente riconosciuto che il tempo èuna dimensione come le altre, datrattare come quella dello spazio.L’esistenzialismo si oppone al siste-

Prospettiva cinese e prospettiva occidentale(la freccia nel rettangolo A indica la posizioneabituale dello sguardo).

Prospettiva cinese di Isou

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là di questo punto zero, la storia siingrandisce di nuovo verso il passa-to pre-isouiano, e più le grandezzesi allontanano nel passato, più ven-gono riconosciute da Isou, acritica-mente, e caratterizzate secondo laloro reputazione pesantemente sco-lastica (Omero, Cartesio, eccetera).Questo è l’ordine gerarchico di Isoudal lato del passato, da quello delfuturo, dove conta in ogni caso divedersi riconoscere per l’eternità unposto creativo centrale, aspetteràche un sistema ancora più grande losostituisca, e nello stesso tempo loconfermi. Ammette, «al fine di stabi-lire meglio le possibilità di durata diuna sezione di avanguardia», lafamosa formula di Breton «sullanascita di un movimento più eman-cipatore». Nulla è più confortevoleche attendere così i propri successo-ri. Ma ogni «avanguardia» va versol’invecchiamento e la morte senzavedere i suoi successori, perché lasuccessione non avviene in lineadiretta, ma per contraddiizione.

Così delineato il sistema di valo-rizzazione di Isou, adesso siamoobbligati a porre un problemaessenziale: si tratta di un sistemareligioso oppure artistico? Se Isounon ha ancora pubblicato il noccio-lo del suo sistema, deve essere per-ché non è capace di prendere unadecisione su questo punto. A legge-re lo sviluppo del suo pensiero nelmateriale accessibile, sembra che sipossa discernere uno slittamentoverso l’aspetto religioso e cultualeche sostituisce sempre di piùl’aspetto artistico; l’aspetto gerarchi-co diventa più importante del movi-mento della prospettiva cinese.

Bisogna sempre, per orientarsi, edunque per misurare , in unadimensione qualsiasi, trovare unpunto zero, il punto di partenza od’origine, da cui procedono tutte lemisurazioni. Ma la questione che sipone allora è: il punto zero di Isouè fissato nella storia, come la nascitadi Cristo all’origine del nostro calen-

dario? Isou diventa allora più gran-de man mano che va avanti. O piut-tosto la sua prospettiva cinese sisposta storicamente attraverso iltempo? In questo caso, Isou si vedediventare sempre più piccolo finoad essere il punto zero di unanuova avanguardia, e soltanto dopoaccedere all’ingrandimento del pas-sato. Ovvero, domanda equivalente:il sistema di Isou può essere impie-gato come metodo da altri, cosa cheaccrescerebbe l’importanza del suosistema, ma dovrebbe diminuirel’importanza della sua persona? Siha l’impressione che vorrebbe bene-ficiare di entrambi i vantaggi, ma èimpossibile prima che egli abbiadistrutto e rinnovato tutto questodisgraziato sistema. Non si puòescludere teoricamente questa even-tualità. Isou arriva quasi ad una sco-perta del genere nelle sue recentiriflessioni sulla prodigalità, dove sitrova obbligato ad ammettere lasuperiorità delle pratiche situazioni-ste sul sistema lettrista. La contrad-dizione insormontabile su tale que-stione religiosa, e il doppio sensoobbligato a questo proposito, hacontribuito a dissolvere più veloce-mente l’avanguardia raggruppatarealmente intorno ad Isou verso il1950. Si ritrova, ridotta a farsa,nell’eterna discussione di Isou conMaurice Lemaître (cfr. lo stessonumero di Poésie Nouvelle), poichéda anni quest’ultimo rappresenta dasolo «il gruppo lettrista» di Isou.

L’inconveniente del sistema diIsou è di situare il punto zero comepunto divino nel passato, mentre sipone lui stesso come oggetto sacro.Non è per caso che si ritrovi la pro-spettiva cinese all’interno diun’ideologia segretamente tentatadal buddismo. Il sistema classico, alcontrario, poneva il punto zero,divino, al centro della prospettivadel futuro, ed il sacro nell’antimon-do che si irradiava verso l’infinito,oltre il punto estremo della realtà.La pratica artistica è una sistematiz-

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zazione dei fatti che ignora essastessa il proprio sistema. Quandoquesto si è svelato, stabilito, il valo-re artistico è sempre respinto altro-ve (la visione innocente si è capo-volta in principi). Così come le ric-che ricerche «lettriste» (nel sensocomune della parola) dei manoscrit-ti della fine del Medioevo sono

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state eliminate dalla stampa (diffu-sione quantitativa della scrittura,attraverso un’eliminazione dellevariabili), la scoperta della prospet-tiva centrale nel Rinascimento haradicalmente portato a compimentol’arte cristiana, le cui variabili eranostate eliminate da questa caratteristi-ca organizzazione dello spazio cri-stiano. In effetti la prospettiva cen-

trale, se la trasportiamo nella di-mensione temporale, rappresentaesattamente la metafisica cristiana,trovandosi aldilà nel futuro immagi-nario, indicato da due punti succes-sivi: la morte e il Giudizio Uni-versale. Gli utopisti hanno ricolloca-

to questa prospettiva sulla terra (nelfuturo storico), e l’ispirazione artisti-ca dei tempi moderni è essenzial-mente un utopismo futurista.

Potremmo così confrontare la pro-spettiva cinese di Isou con la pro-spettiva dell’io-zero (identità divi-no-sacro), l’ottica del soggettivismoirradiante di Vilhelm Bjerke-Petersen, così tipica del pensieroscandinavo, e vedere i notevoli van-taggi del sistema di Isou in questocampo. Si può infine evocare unaprospettiva moderna che consideralo sviluppo quantitativo di grandez-ze. È l’ottica puramente scientifica,caratterizzata dal suo punto di origi-ne nel passato, punto zero di un ini-zio temporale. È quest’ottica che tro-viamo attualmente confermata alivello cosmico con la teoria dell’u-niverso in espansione. Il socialismoscientifico è legato a quest’ottica. Mal’insieme di questo problema è trop-po vasto, perché troppe nuove otti-

che si formano adesso.Il problema religioso di Isou si

complica inoltre di una perplessitàsul seguente tema: «Io sono dio, operché dio è la gioventù, o perchéio sono Isou, il punto di origine».Deve scegliere tra la sua originalitàpersonale e quella di un sistema cheha creato, e che lo esclude automa-ticamente, alla fine della giovinezza,dalla sfera dell’originalità. Le riserveche si cominciano ad avvertire daparte di Isou rispetto al propriosistema si spiegano troppo facilmen-te. Si invecchia, amico mio!

Doppia prospettiva dell’Europa classica

Prospettiva di V.Bjerke-Petersen (ottica misticadell’identità passato-presente-futuro)

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La divinizzazione del passatoimmediato è la divinizzazione deivecchi (la vecchia generazione),cosa che si associa, nell’uso dinami-co della prospettiva cinese di Isou,al suo concetto della gioventù sacra.(«Faremo strada...»). Così dunquecon l’età, Isou vede la nuova gio-ventù cominciare ad abbatterlo, invirtù del suo stesso sistema, e sirifugia in luoghi più sicuri, protettidai libri di Breton. Si vede il dram-ma: è appunto il lettrismo che hasuperato il surrealismo. Per cuicomincia a rivendicare la sua pen-sione nell’immortalità letteraria. Chefesta! Benedetta gioventù! Ritornasempre, ed è sempre la stessa cosa.Avevo svelato il trucco ne La Rouede la Fortune, libro scritto nel 1948.

È giunto il momento di prenderecoscienza dell’insufficienza di tutti isistemi di prospettiva edificati a par-tire dalla geometria classica. Moltierrori discendono da una grandeillusione degli scienziati moderni:una volta stabilita la distinzione trala geometria «classica» e «moderna»,credere che si possa salvaguardarel’autonomia della geometria classicaed insegnarla come se questa geo-metria e quella che l’ha superatafossero contemporaneamente vere.Nella geometria euclidea, e questo è

stato trasmesso a dei sistemi noneuclidei, il punto si definisce comeun luogo spaziale senza dimensionespaziale. Si è trascurato il fatto cheil punto sprovvisto di dimensionispaziali rappresenta tuttavia, acausa della sua durata, la dimen-sione temporale. Il punto è cosìl’introduzione della dimensione deltempo nell’organizzazione spaziale,ciò che sta alla base di una nuovageometria elementare. (È grazie aquesto nuovo studio del punto chesi può comprendere la situazionecome opera spazio-temporale estra-nea alle vecchie caratteristichedell’arte). Quando il punto era con-siderato come una pura idea, lageometria era infetta di metafisica, esi prestava alle più vane costruzionidella metafisica. Non ne rimarrànulla. La creazione umana non asso-miglia a questa specie di giardinoalla francese che Isou vorrebberispettosamente abbellire e di cuicrede di essere giunto ad occuparedefinitivamente il centro semplice-mente perché, predicando instanca-bilmente nel vuoto, preconizza(nella sua terminologia, è «l’aperturadi un nuovo amplico») di riprodurretutto simmetricamente, dall’altraparte di Isou.

Asger JORN

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A PROPOSITODI ALCUNI ERRORI DI INTERPRETAZIONE

Bisogna riconoscere allo studiodi Robert Estivals, su ciò che eglichiama il sistema situazionista(Grammes, numero 4) l’onestà diuna ricerca di informazione esatta,ancora assai poco comune quandosi tratta dell’I.S. Fatto che ci spingea segnalare le cause della trasforma-zione del suo sforzo critico inincomprensione globale. Questa

esplode nell’incoerenza dei suoiapprezzamenti, poiché egli rimpro-vera alla teoria situazionista la sua«megalomania» - senza che vengadefinita prima la grandezza in que-stione - e, ancor più bizzarramente,la sua «scarsa erudizione», per arri-vare alla conclusione generale che«essa ha tutte le caratteristiche chepossiedono le creazioni autentiche».

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Estivals non è certamente ostaco-lato da una mancanza quantitativadi conoscenze, ma da un insuffi-ciente livello di pensiero. Questoriguarda, come Estivals, tutti gli«avanguardisti» che decidono disuperare l’estetica borghese serven-dosi degli strumenti concettualidella borghesia.

In effetti, l’analisi di Estivals sco-pre che la situazione costruita,essendo partecipe di un’interazionetra un comportamento umano el’ambiente che esso modifica, èsicuramente un dualismo filosoficoereditato da Auguste Comte. Estivalsautonomamente decide (pag.24)che «il situazionista crea liberamentela sua situazione... sospesa alla suapropria volontà» e l’idea del «liberoarbitrio» ch’egli ci attribuisce domi-nerebbe notoriamente tutto il nostrogiudizio sull’arte moderna. È stranoche Estivals non abbia riconosciuto,nelle sue letture, come noi abbiamoin primo luogo legato questo giudi-zio dell’arte moderna alla lotta diclasse, al ritardo della rivoluzione.Strano anche che egli riconduca aldualismo un metodo che è divenutoabbastanza usuale dopo che Engels,esplicitando una tesi di Marx assaicelebre, scriveva: «La coincidenzadel cambiamento delle circostanze edell’attività umana non può essereconsiderata, e compresa razional-mente, se non in quanto praticarivoluzionaria». Ciò nonostante,Estivals confessa le sue infermitàideologiche notando che, poiché sifonda su una «prospettiva sintetica»,«la concezione situazionista... nonpuò intravedere la realtà storicafatta di settori fondamentalmenteseparati...» (pag.26). Sono io chesottolineo questa affermazione diEstivals, e di molti altri, perché illu-mina adeguatamente il suo punto divista, che è all’opposto del nostro.«Il regno della categoria della totalitàè il portatore del principio rivoluzio-nario nella scienza», come diceLukács. E ciò che manca ad Estivals,

poiché sembra non mancare di eru-dizione, è la dialettica.

Bisogna credere che Estivals siamolto legato alla metafisica perché,per lui, «la nozione di momentoconduce ad un’opposizione allavisione tradizionale della storia,quindi alla metafisica e alla moraleche ne discendevano, che essasostituisce con un’altra, derivata evi-dentemente da se stessa». Costretti,ad ogni modo, a riconoscersi in unametafisica o in un’altra, dove vannodunque i situazionisti? SecondoEstivals, è la metafisica del «presenti-smo» che riscuote i nostri favori.Perché? Perché noi respingiamo inblocco le nozioni, molto curiosa-mente amalgamate, «di evoluzione,di progresso, di eternità, che rap-presentano la fede moderna dopo lafine del XVII secolo» (pag.22).Questa apparizione dell’eternità allafine del secolo XVII evoca quasil’humour di un titolo di J.L. Borges:Nuova confutazione del tempo. MaEstivals non scherza. La situazionenon è mai stata tuttavia presentatacome un istante indivisibile, isolabi-le, nel senso metafisico di Hume,per esempio, ma come un momentonel movimento del tempo, mo-mento contenente i suoi fattori didissoluzione, la sua negazione. Seessa pone l’accento sul presente, ènella stessa misura in cui il marxi-smo ha potuto formulare il progettodi una società nella quale «il presen-te domina il passato». Questa strut-tura del presente che conosce la suainevitabile scomparsa, che concorrealla sua sostituzione, è più lontanada un «presentismo» di quanto nonlo sia l’arte tradizionale, che tendevaa trasmettere un presente ipostatiz-zato, estratto dalla sua realtà mobile,privato del suo contenuto di passag-gio.

La metafisica e l’eternità cheingombrano Estivals si accompagna-no naturalmente con una risoluta

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sopravvalutazione della creazioneidealista individuale. Nel caso dellacreazione «situazionista», egli è tantogentile da attribuirmene personal-mente e subito la maggior parte. Misembra che ciò significhi cheEstivals è ancora largamenteinfluenzato dal sistema ideologicodi Isou, di cui ha fatto un’insuffi-ciente critica «sociologica», nellafalsa chiarezza del ragionamentomeccanicista.

Testimoniando più di ogni altrodella dissoluzione della cultura con-temporanea, l’arte che Isou ha pro-posto è la prima arte del solipsismo.Nel quadro di un’espressione artisti-ca sempre più unilaterale e separa-ta, e completamente illuso da que-sto, Isou è giunto alla soppressioneteorica del pubblico, giungendocosì all’assoluto - che è la morte el’assenza - una delle tendenze fon-damentali della vecchia attività arti-stica. Così annunciava nella suaseconda Memoria sulle forze futuredelle arti plastiche e sulla loro morte(apparso sulla rivista Ur, 1951): «Sicreeranno ogni giorno delle formenuove; non ci si darà più la pena diprovarle, di verificare la loro resi-stenza con delle «opere valide»...«Ecco dei tesori possibili», si dirà.«Ecco delle opportunità per delleopere secolari». Ma nessuno si inchi-nerà a raccogliere una pietra. Siandrà più lontano al fine di scoprirealtre «sorgenti secolari» che si abban-doneranno a loro volta, nelle stessostato di virtualità non sfruttata. Ilmondo traboccherà di ricchezzeestetiche di cui non si saprà chefare». L’involontaria ammissione daparte di Isou, della scomparsa dellearti, è un riflesso della scomparsareale delle arti. Ma Isou, che si sco-pre collocato, per caso o grazie adun tratto del suo genio, ad un puntozero della cultura, si affretta ad arre-dare questo vuoto con una culturasimmetrica che fatalmente si ria-prirà, dopo che era stata ridotta a

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niente, con degli elementi simili aquelli vecchi. E, approfittandodell’insperata fortuna per divenire ilsolo creatore definitivo di questaneocultura, Isou si appropria diconcessioni sempre più grandi su

terreni artistici che non occuperà.Isou, prodotto di un’epoca d’arteinconsumabile, ha soppresso l’ideastessa del suo consumo. Non ha piùbisogno del pubblico. Ha bisognosolo di credere ancora alla presenzadi un giudice nascosto - quasi nulla,la sua variante personale del «Diospettatore» - giudice di un piccolotribunale esterno al tempo, la cuisola funzione resta quella di omolo-gare i titoli di proprietà di Isou, eter-namente.

Il «sistema di creazione» di Isou èun sistema di perorazioni, una com-posizione del suo dossier il più este-sa possibile, per difendere su ognipunto il suo dominio ideale controla cattiva fede e i cavilli di un even-tuale concorrente alla creazione, checercasse di farsene riconoscere frau-dolentemente una particella. Nientelimita la sovranità di Isou, salvo ilfatto che né il tribunale né il codicedi procedura esistono al di fuori delsuo sogno.

Tuttavia, questo sistema non èstato applicato in modo assoluta-mente puro, perché il proposito di

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costituire nel secolo un movimentod’avanguardia ha condotto Isou arealizzare, quasi accidentalmente,molte reali esperienze della decom-posizione artistica contemporanea(libri «metagrafici», cinema). Io credoche Estivals, confutando Isou innome dell’obbiettività più evidente,non ha distinto abbastanza chiara-mente tra il settore dell’attività prati-ca del lettrismo, almeno tra il 1946 eil 1952, ed il settore dell’alienazioneidealista, e i rapporti e le contraddi-zioni tra di loro. Di modo che,quando affronta le posizioni situa-zioniste - non senza avanzare molteconsiderazioni parziali e anche delleipotesi che, nel dettaglio, sono giu-ste - è ancora, nell’insieme, vittimadella sua concezione mistificatadella creazione d’avanguardia fon-damentalmente idealista, che, inogni caso, accetta come tale (e dicui critica solo l’esagerazione, lapropensione al delirio). Siccomedeve ricondurre tutto ad un indivi-duo, che esorterà in seguito a rima-nere modesto, Estivals creaall’occorrenza il suo creatore: «Isounon faceva del romanzo tridimen-sionale che un rovesciamento par-ziale di un ramo della creazioneartistica. Debord trova nella situa-zione, composta da tutte le attivitàumane, i mezzi per rovesciarle tutteinsieme». Io me ne vedo ancoraabbastanza lontano, tuttavia. E nonpenso di farlo da solo.

Vale ancora la pena di ripeterlo?Non esiste «situazionismo». Io stessonon sono situazionista che per ilfatto della mia partecipazione, inquesto momento e in certe condi-zioni, ad una comunità praticamenteriunita in vista di un compito, che

saprà o non saprà adempiere.Accettare la nozione di dirigente,anche in una direzione collegiale, inun progetto come il nostro, signifi-cherebbe già la nostra rinuncia adesso. L’I.S. è evidentemente compo-sta da individui molto diversi eanche da diverse tendenze indivi-duabili i cui rapporti di forza sonogià cambiati alcune volte. La suaattività complessiva è indiscutibil-mente presituazionista. Noi nondifendiamo in alcun modo delle«creazioni» che apparterrebbero adalcuni, e ancor meno ad uno solo dinoi: al contrario, troviamo moltopositivo che i compagni che siaggiungono a noi abbiano già svi-luppato da soli una problematicasperimentale che confermi la nostra.Il più sicuro sintomo del delirioidealista è d’altronde la stagnazionedegli stessi individui, che si sosten-gono o litigano per anni attornoagli stessi valori arbitrari, perchésono i soli a riconoscerli come rego-le di un povero gioco. I situazionistili lasciano ai loro allevamenti di pol-vere. Estivals ha sopravvalutato illoro interesse, fino a trarne dei crite-ri di giudizio inapplicabili altrove,forse perché l’ottica troppo stretta-mente parigina del suo lavoro sulperiodo delle avanguardie recentiingrandisce troppo questi dettagli.Una simile conoscenza degli aned-doti deve almeno fargli sapere chenon ho mai considerato come unmotivo per occuparmi delle personei rapporti di subordinazione cheesse erano capaci di intrattenerecon me. Ma ho altri gusti.

G.-E. DEBORD

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GANGLAND E FILOSOFIA

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«Il Peipin-Bao è il quotidiano più vecchio del mondo.Appare da quindici secoli. Il suo primo numero è stato stam-pato nel IV secolo a Peiping, l’attuale Pechino. I redattori diquesto giornale sono spesso caduti in disgrazia presso isovrani cinesi, perché attaccavano l’infallibilità dello Stato edella religione. Il giornale è uscito nonostante tutto ogni gior-no, benché molti redattori l’abbiano pagato con la vita. Nelcorso di questi quindici secoli, 1500 redattori del Peipin-Baosono stati impiccati».

(Ujvidéki Magyar Szo, 1957)

La tendenza situazionista non ha il fine di impedire la costruzione dellesituazioni. Questa prima restrizione nel nostro atteggiamento ha numeroseconseguenze. Noi facciamo un certo sforzo per aiutare lo sviluppo di questeconseguenze.

«La parola «protezione» è la parola chiave del racket del Garment Center. Ilmeccanismo è il seguente: un giorno ricevete la visita di un signore che vi pro-pone gentilmente di «proteggervi». Se siete veramente molto ingenuo, chiederete:Protezione contro che?» (S.Groueff e D.Lapierre, Les Caïds de New York).

Se per esempio, il caid dell’esistenzialismo ci assicura che, per lui, l’adatta-mento di un materialismo volgare è molto difficile perché la cultura è parteintegrante di noi stessi, noi possiamo dire della cultura all’incirca la stessacosa, ma senza essere certi di doverne essere così fieri. Ecco una conseguen-za.

Come concepire l’edificazione della nostra cultura e della nostra informa-zione filosofica e scientifica? La psicologia moderna ha eliminato gran partedelle dottrine che stavano attorno al problema. Ricerca i motivi: perché accet-tiamo un’«idea» o un imperativo, perché li rifiutiamo? «Si può considerare cheuno dei risultati più importanti del processo di socializzazione è lo sviluppo diun sistema di equilibrio normativo, che si sovrappone al sistema dell’equilibriobiologico. Quest’ultimo regola il comportamento dei bisogni e delle esigenze(alimentazione, difesa contro il freddo, contro i colpi eccetera), mentre ilprimo sistema decide quali sono le azioni che possono essere considerate «fat-tibili» o semplicemente «pensabili» (P.R. Hofstäter). Così, qualcuno prendecoscienza dell’attività situazionista. La «comprende» e segue «razionalmente» inostri argomenti. Nonostante la sua momentanea adesione intellettuale, egliricade. Domani non ci comprenderà più. Noi proponiamo una leggera modifi-ca della descrizione psicologica citata più sopra, per seguire il gioco delleforze che gli hanno impedito di considerare diverse cose «fattibili» o semplice-mente «pensabili», mentre noi le sappiamo possibili. Esaminiamo l’ingrandi-mento sperimentale di questa reazione: «Il processo contro Dio e i suoi complicicominciò. Avvenne allora una cosa straordinaria e scandalosa. Il primo testi-mone, Gondolfo Miranti, rifiutò di parlare. Negò tutte le deposizioni che avevafatte davanti all’F.B.I. Il giudice si spazientì. Furioso, ricorse all’ultimo argo-mento: - Vi ordino di rispondere. Sennò, avrete cinque anni di prigione, urlò.Miranti, senza esitare, accettò i cinque lunghi anni di prigione. Al banco degli

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accusati, Johnny Dio, elegante e ben rasato, sorrideva ironicamente». (op. cit.).È difficile non riconoscere un analogo comportamento in colui che non osaparlare dei problemi così come sono, come gli sono stati fatti vedere. Ci sideve chiedere: è vittima di una intimidazione? Sì, lo è certamente. Qual è dun-que il meccanismo comune a questi due tipi di paura?

Miranti abitava fin dalla giovinezza nel gangland e ciò spiega molte cose.«Gangland», nel gergo dei gangster di Chicago, significa il territorio del crimine,il campo di azione del racket. Propongo di studiare alla base il funzionamentodel «bisness», malgrado il rischio di venire implicati nella storia: «Colui che cer-casse di scioglierli, di far loro risalire la china», domandava già Platone (LaRepubblica, VII,1), «non credi che se potessero averlo in mano e metterlo amorte, lo metterebbero effettivamente a morte?» La filosofia non deve dimenti-care che ha parlato sempre fra scenari da Grand-Guignol.

Bisogna sviluppare qui un piccolo compendio di vocabolario stravolto.Propongo che, a volte, invece di leggere «quartiere» si legga: gangland. Invecedi organizzazione sociale: protezione. In luogo di società: racket. Invece dicultura: condizionamento. Invece di divertimenti: delitto protetto. In luogo dieducazione: premeditazione.

Le informazioni di base sistematicamente falsate, per esempio le concezio-ni idealiste dello spazio di cui l’esempio più clamoroso è la cartografia comu-nemente ammessa, sono le prime garanzie della grande menzogna impostadagli interessi del racket a tutto il gangland dello spazio sociale.

Secondo P.R. Hofstäter, «non si può ancora designare attualmente un meto-do «scientifico» per modellare il processo di socializzazione». Noi, al contrario,pensiamo di essere capaci di costruire un modello di meccanismo di produzio-ne e di recezione delle informazioni. Ci basterebbe controllare con un’inchie-sta completa, per un breve lasso di tempo, tutta la vita sociale di un settoreurbano delimitato per ottenere una rappresentazione esatta, in spaccato, delbombardamento di informazioni che piomba, in un tempo dato, sugli agglo-merati attuali. L’I.S. è naturalmente cosciente di tutte le modificazioni che ilsuo controllo stesso apporterebbe immediatamente nel settore occupato, per-turbando profondamente il monopolio di controllo permanente del gangland.

«L’arte integrale, di cui si è tanto parlato, non poteva realizzarsi che al livel-lo dell’urbanismo.» (Debord.) Sì, qui c’è un limite. Su questa scala, si possonogià ricavare gli elementi decisivi del condizionamento. Ma se, nello stessotempo, ci attendessimo un risultato dalla scala, e non dalla sua stessa elimina-zione, allora avremmo commesso il più grande errore possibile.

Il neocapitalismo ha del pari scoperto nella vasta scala qualche cosa per ilproprio uso. Giorno e notte, non parla che della sistemazione del territorio.Ma per esso ciò che è di per sé evidente è il condizionamento della produzio-ne delle merci, che sente sfuggirgli senza il ricorso alla nuova scala. L’accade-mismo urbanistico ha definito in tal modo la «regione difettosa» dal punto divista del neocapitalismo del dopoguerra ed al suo servizio. La sua tecnica dirisanamento è basata su criteri antisituazionisti, vuoti.

Bisogna fare questa critica di Mumford: se il quartiere non è consideratocome un elemento patologico (gangland), non si può pervenire a delle nuovetecniche (terapie).

Il costruttore di situazioni deve arrivare a leggere le situazioni nei loro ele-menti costruttivi e ricostituibili. Attraverso questa lettura, si comincia a com-prendere il linguaggio parlato delle situazioni. Si è capaci di parlarlo, ci si saesprimere con questo linguaggio e alla fine si sa dire per suo mezzo ciò chenon si era ancora mai detto, con delle situazioni costruite e quasi-naturali.

Attila KOTANYI

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m a n i f e s t o

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Una nuova forza umana, che il quadro esistente nonpotrà soggiogare, si accresce di giorno in giorno conl’irresistibile sviluppo tecnico e l’insoddisfazione per isuoi impieghi possibili nella nostra vita sociale privata disenso. L’alienazione e l’oppressione nella società nonpossono venire pianificate in nessuna delle loro varianti,ma solo rigettate in blocco con questa stessa società.Ogni progresso reale è evidentemente sospeso alla solu-zione rivoluzionaria della multiforme crisi del presente.Quali sono le prospettive d’organizzazione della vita inuna società che, autenticamente, «riorganizzerà la produ-zione sulle basi di una associazione libera ed uguale deiproduttori»? L’automazione della produzione e la socializ-zazione dei beni vitali ridurranno sempre di più il lavorocome necessità esterna, e daranno infine la libertà com-pleta all’individuo. Liberato così da ogni responsabilitàeconomica, liberato da tutti i suoi debiti e le sue colpeverso il passato e gli altri, l’uomo avrà a disposizione unnuovo plusvalore, incalcolabile in denaro perché impossi-bile da ridurre a misura del lavoro salariato: il valore delgioco, della vita liberamente costruita. L’esercizio di que-sta creazione ludica è la garanzia della libertà di ognunoe di tutti, nel quadro della sola uguaglianza garantita conil non sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La liberazionedel gioco, è la sua autonomia creativa, che supera l’anti-ca divisione tra il lavoro imposto e i divertimenti passivi.La Chiesa ha bruciato un tempo le cosiddette streghe perreprimere le tendenze ludiche primitive conservate nellefeste popolari. Nella società attualmente dominante, cheproduce in maniera massiccia degli squallidi pseudogio-chi di non partecipazione, una vera e propria attività arti-stica è classificata necessariamente come criminalità. Èsemiclandestina. Si presenta come fatto scandaloso. Cos’è,in effetti, la situazione? È la realizzazione di un giocosuperiore, con più esattezza, è la provocazione a quelgioco che è la presenza umana. I giocatori rivoluzionaridi tutti i paesi possono unirsi nell’I.S. per cominciare aduscire dalla preistoria della vita quotidiana. Proponiamofin d’ora un’organizzazione autonoma dei produttori della

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nuova cultura, indipendente dalle organizzazioni politi-che e sindacali che esistono in questo momento, poichénon riconosciamo loro la capacità di organizzarenient’altro che il riassetto dell’esistente. L’obiettivo piùurgente che fissiamo per questa organizzazione, dalmomento in cui esce dalla sua fase sperimentale inizialeper una prima campagna pubblica, è la presa dell’UNE-SCO. La burocratizzazione, unificata su scala mondiale,dell’arte e di tutta la cultura è un fenomeno nuovo cheesprime la profonda affinità dei sistemi sociali coesistentinel mondo, sulla base della conservazione eclettica edella riproduzione del passato. La risposta degli artistirivoluzionari a queste nuove condizioni deve essere untipo nuovo di azione. Siccome l’esistenza stessa di questaconcentrazione direttoriale della cultura, localizzata in unsolo edificio, favorisce la conquista con un putsch; e sic-come l’istituzione è del tutto sprovvista della possibilità diun uso sensato al di fuori della nostra prospettiva sovver-siva, ci troviamo giustificati, di fronte ai nostri contempo-ranei, se ci impossessiamo di questo apparato. E l’avre-mo. Siamo determinati ad impadronirci dell’UNESCO,anche se per poco tempo, perché siamo sicuri di fareall’istante un’opera che resterà tra le più significative perilluminare un lungo periodo di rivendicazioni.

Quali dovranno essere i caratteri principali della nuovacultura, prima di tutto in rapporto all’arte del passato?

Contro lo spettacolo, la cultura situazionista realizzataintroduce la partecipazione sociale.

Contro l’arte conservata, è un’organizzazione delmomento vissuto, direttamente.

Contro l’arte parcellare, sarà una pratica globale basatacontemporaneamente su tutti gli elementi utilizzabili.Tende naturalmente ad una produzione collettiva e senzadubbio anonima (almeno nella misura in cui, non essendole opere immagazzinate in merci, questa cultura non saràgovernata dal bisogno di lasciare delle tracce). Le sueesperienze si propongono, come minimo, una rivoluzionedel comportamento ed un urbanismo unitario dinamico,suscettibile di essere esteso all’intero pianeta, e di esserepoi diffuso su tutti i pianeti abitabili.

Contro l’arte unilaterale, la cultura situazionista saràun’arte del dialogo, un’arte dell’interazione. Gli artisti -con tutta la cultura visibile - si sono separati del tuttodalla società, come sono separati tra loro dalla concorren-za. Ma anche prima di questa impasse del capitalismo,l’arte era essenzialmente unilaterale, senza risposta. Essasupererà questo periodo chiuso del suo primitivismo afavore di una comunicazione completa.

Poiché tutti diventeranno artisti ad uno stadio superio-re, cioè in modo inseparabile produttori-consumatori diuna creazione culturale totale, si assisterà alla rapida dis-soluzione del criterio lineare di novità. Poiché tutti diven-teranno, per così dire, situazionisti, si assisterà ad

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un’inflazione multidimensionale di tendenze, esperienze,di «scuole», radicalmente differenti, e tutto questo non piùsuccessivamente ma simultaneamente. Inauguriamo oraquello che sarà, storicamente, l’ultimo dei mestieri. Ilruolo di situazionista, di dilettante-professionista, di anti-specialista è ancora una specializzazione fino a quelmomento di abbondanza economica e mentale in cui tuttidiventeranno «artisti», in un senso che gli artisti nonhanno raggiunto: la costruzione della loro vita. Tuttavia,l’ultimo mestiere della storia è così vicino alla societàsenza divisione permanente del lavoro, che non gli siriconosce la qualifica di mestiere quando fa la sua appari-zione nell’I.S. A quelli che non ci comprendessero bene,diciamo con un irriducibile disprezzo: «I situazionisti, dicui vi credete forse i giudici, vi giudicheranno un giornoo l’altro. Vi aspettiamo alla svolta, che è la liquidazioneinevitabile del mondo della privazione, sotto tutte leforme. Questi sono i nostri fini, e saranno i fini futuridell’umanità.»

17 maggio 1960

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