liberamente - n.2 settembre 2010

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APPROFONDIMENTO lÊINFORM- AZIONE L ibera M ente EDITORIALE Diritto di parola di Mauro Aquino Agli inizi degli anni novanta quando un innovativo stru- mento di comunicazione è en- trato a far parte della nostra quotidianità, ci eravamo imma- ginati che fosse possibile unÊIn- ternet senza limiti e confini, ma oggi a distanza di pochi anni le leggi e le restrizioni nazionali, oltre alle logiche imprenditoriali, stanno riconquistando il potere e vanificato la speranza. Dalla Cina al Medio Oriente, dallÊEu- ropa allÊItalia, praticare la li- bertà di parola e il libero accesso allÊinformazione va fa- cendosi sempre più difficile. Ciò vale anche per lÊaffermazione dei diritti umani e la lotta al cri- mine organizzato, e non ri- guarda più soltanto i Paesi in via di sviluppo. Alla base del nostro vivere civile ci sono la li- bertà di pensiero e quella di espressione ed esiste una rela- zione imprescindibile tra la tu- tela dei diritti dei cittadini e l'accesso all'informazione. Bat- taglie fondamentali come quelle sui diritti del malato o sui diritti degli immigrati sarebbero im- possibili senza la possibilità di avere al proprio fianco giornali- sti disposti a dare voce ad in- formazioni che vengono dalla gente e che riflettono situazioni concrete, modi di vedere le cose, problemi che non si ve- dono, o meglio che non si vo- gliono vedere, dai „piani alti‰. Avere trasmissioni, come ad esempio Report, Ballarò che, tempo fa, in uno scenario di pa- linsesti televisivi e telegiornali orientati più dalla politica che dal dovere (anche se dovrei scri- vere diritto) di cronaca, sono le poche che rappresentano quel- lÊinformazione, che pur con tutti i suoi limiti documenta questioni, fa parlare gli attori, prospetta soluzioni, è quanto mai utile per supportare la co- noscenza su grandi questioni le- gate alla trasparenza, alla legalità l'interesse generale. La tv è sempre stato un grande mezzo di comunicazione. Ma adesso la ÂÊtv-spazzaturaÊÊ pre- vale sui programmi educativi, ÂÊcestinandoliÊÊ e rendendo così lo spettatore sempre più ozioso ed ignorante. Quando la televi- sione entrò in commercio alla fine degli anni 50 molte per- sone che la comprarono non parlavano lÊitaliano ma solo il dialetto locale. La tv allora svolse un ruolo importantis- simo nellÊeducazione dei citta- dini alla lingua italiana, diffondendo stili, modelli, va- lori, appartenenza (chi ricorda la trasmissione „Non è mai troppo tardi‰ condotta dal mae- stro Alberto Manzi?). Invece al giorno dÊoggi la televisione stra- ripa di programmi di basso li- vello, fornendo così allo spettatore ideali distorti e mo- Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.2 settembre 2010 L’ASSOCIAZIONE lÊAccoglienza Intervista al direttore pag.2 VOLONTARIATO Vivere il volontariato pag.7 NEWS Notizie Informazioni ed Eventi pag.10 CULTURA E SPETTACOLO Nasce Teatro ASSUD pag.15 Il dovere di cronaca consiste nel diritto a raccontare i fatti per come accadono, con ogni mezzo ritenuto idoneo. Tale di- ritto deriva direttamente dalla norma che tutela la libertà di espressione, sancita dall'art. 21 della Costituzione della Repub- blica Italiana. Un giornalista ha il diritto a rac- contare dell'avvenimento di un evento di pubblico interesse. Il diritto di cronaca si estende a chiunque, anche non iscritto al- l'albo dei giornalisti, voglia rac- contare ad altri vicende avvenute. Il diritto di cronaca si manifesta quindi attraverso la narrazione di fatti, rivolgendosi alla collettività indiscriminata. - 1 - Sede dellÊAccoglienza - Avellino

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LiberaMente il bimestrale dell'Associazione "La Casa sulla Roccia" Centro di Solidarietà

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Page 1: LiberaMente - n.2 settembre 2010

APPROFONDIMENTO

lÊINFORM-

AZIONELiberaMenteEDITORIALE

Diritto diparoladi Mauro Aquino

Agli inizi degli anni novantaquando un innovativo stru-mento di comunicazione è en-trato a far parte della nostraquotidianità, ci eravamo imma-ginati che fosse possibile unÊIn-ternet senza limiti e confini, maoggi a distanza di pochi anni le

leggi e le restrizioni nazionali,oltre alle logiche imprenditoriali,stanno riconquistando il poteree vanificato la speranza. DallaCina al Medio Oriente, dallÊEu-ropa allÊItalia, praticare la li-bertà di parola e il liberoaccesso allÊinformazione va fa-cendosi sempre più difficile. Ciòvale anche per lÊaffermazionedei diritti umani e la lotta al cri-mine organizzato, e non ri-guarda più soltanto i Paesi invia di sviluppo. Alla base del

nostro vivere civile ci sono la li-bertà di pensiero e quella diespressione ed esiste una rela-zione imprescindibile tra la tu-tela dei diritti dei cittadini el'accesso all'informazione. Bat-taglie fondamentali come quellesui diritti del malato o sui dirittidegli immigrati sarebbero im-possibili senza la possibilità diavere al proprio fianco giornali-sti disposti a dare voce ad in-formazioni che vengono dallagente e che riflettono situazioniconcrete, modi di vedere le

cose, problemi che non si ve-dono, o meglio che non si vo-gliono vedere, dai „piani alti‰.Avere trasmissioni, come adesempio Report, Ballarò che,tempo fa, in uno scenario di pa-linsesti televisivi e telegiornaliorientati più dalla politica chedal dovere (anche se dovrei scri-vere diritto) di cronaca, sono lepoche che rappresentano quel-lÊinformazione, che pur contutti i suoi limiti documentaquestioni, fa parlare gli attori,

prospetta soluzioni, è quantomai utile per supportare la co-noscenza su grandi questioni le-gate alla trasparenza, allalegalità l'interesse generale. Latv è sempre stato un grandemezzo di comunicazione. Maadesso la ÂÊtv-spazzaturaÊÊ pre-vale sui programmi educativi,ÂÊcestinandoliÊÊ e rendendo cosìlo spettatore sempre più oziosoed ignorante. Quando la televi-sione entrò in commercio allafine degli anni 50 molte per-sone che la comprarono non

parlavano lÊitaliano ma solo ildialetto locale. La tv allorasvolse un ruolo importantis-simo nellÊeducazione dei citta-dini alla lingua italiana,diffondendo stili, modelli, va-lori, appartenenza (chi ricordala trasmissione „Non è maitroppo tardi‰ condotta dal mae-stro Alberto Manzi?). Invece algiorno dÊoggi la televisione stra-ripa di programmi di basso li-vello, fornendo così allospettatore ideali distorti e mo-

Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.2 settembre 2010

L’ASSOCIAZIONE

lÊAccoglienzaIntervista aldirettorepag.2

VOLONTARIATO

Vivere ilvolontariatopag.7

NEWS

Notizie InformazioniedEventipag.10

CULTURA E SPETTACOLO

Nasce Teatro ASSUDpag.15

Il dovere di cronaca consiste neldiritto a raccontare i fatti percome accadono, con ognimezzo ritenuto idoneo. Tale di-ritto deriva direttamente dallanorma che tutela la libertà diespressione, sancita dall'art. 21della Costituzione della Repub-blica Italiana.Un giornalista ha il diritto a rac-contare dell'avvenimento di unevento di pubblico interesse. Ildiritto di cronaca si estende achiunque, anche non iscritto al-l'albo dei giornalisti, voglia rac-contare ad altri vicendeavvenute. Il diritto di cronaca simanifesta quindi attraverso lanarrazione di fatti, rivolgendosialla collettività indiscriminata.

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Sede dellÊAccoglienza - Avellino

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delli di vita diseducativi. Il pubblico semprepiù pigro e passivo, ingurgita, come ungrosso buco nero, migliaia di idee pre-con-fezionate. La classe più sensibile è quella deigiovani ( che un giorno saranno i padronidel mondo) che vengono imbottiti di falsivalori. Freedom House, che in italiano sitraduce in – casa della libertà -, è un istitutodi ricerca americano che ha sede a Wa-shington, ed ha come obiettivo la promo-zione della democrazia liberale nel mondo.Il rapporto sulla libertà di stampa della Fon-dazione Freedom House in 195 paesi delmondo, nel 2009 ha declassato l'Italia dallafascia dei "paesi liberi" alla fascia intermediadei paesi "parzialmente liberi". Siamo statil'unico paese dell'Europa occidentale ad es-sere stato declassato. Siamo penultimi tra i

paesi dell'Europa Occidentale; abbiamo die-tro solo la Turchia. Infatti la Germania è15ma, lÊInghilterra 17ma, la Francia 21mae la Spagna 22ma. LÂItalia in Europa è24ma, dietro persino a Cipro, Malta e la

Grecia.Uno dei motivi principali del declassamento

è rappresentato dal ruolo della politica edalla sua invadenza nella tv pubblica e com-merciale che non è un fenomeno limitato al-lÊera berlusconiana ma che è sempreesistito, soprattutto per la lottizzazione delletelevisioni pubbliche da parte dei partiti,anche se adesso ha assunto dimensioni adir poco catastrofiche. Vorremmo, comecittadini normali, non dover ricorrere a in-ternet o a circuiti alternativi dÊinformazione,ma solo un po' più di libertà, meno occu-pazione del potere, maggiore professiona-lità negli addetti ai lavori, più accettazionedella critica nella consapevolezza che que-sta aiuta la crescita singola e comunitaria e,soprattutto più spazio per parlare, per dia-logare, per innovare e ridare la giusta di-mensione al diritto di parola.

L’ASSOCIAZIONE

PROGETTOUOMO : LÊACCOGLIENZANon è solo la fase di un programma: è una dimensioned'ascolto e di attenzione versotutti, senza discriminazione e pregiudizi.

di Anna Iovino e Maddalena Pecchia

La forma del cerchio è il più importante ediffuso simbolo geometrico che viene ri-prodotto anche secondo lÊimmagine delSole e della Luna. Stando alla filosofia pla-tonica e neoplatonica il cerchio è la formapiù perfetta. Il cerchio è lÊemblema tradi-zionale di ciò che non ha inizio né fine, nédirezione né orientamento, rappresenta laperfezione, la compiutezza,lÊunione, ciò chenon ha rottura e cesura, formato da unalinea unica le cui estremità si ricongiungonoper annullarsi lÊuna nellÊaltra.

Come il nuovo logo de „La Casa sulla Roc-cia‰ prende spunto proprio dalla forma delcerchio così tutti quelli che „entrano‰ inProgetto Uomo, che siano persone chehanno deciso di entrare a far parte del pro-getto sia come utenti,come operatori, cometirocinanti o volontari, tutti indipendente-mente vengono accolti da un grande cer-chio. Un cerchio fatto di persone, strettelÊuna allÊaltra in un grande abbraccio.Come tutti anche per noi questo è stato ilprimo impatto con la casa sulla roccia.La Casa sulla Roccia nasce dallÊiniziativa diun gruppo di giovani provenienti dal mondodel Volontariato. Opera come Centro di So-lidarietà nel sostenere persone, e le loro fa-miglie, che tra tante difficoltà ne hanno unain più: lÊessere dipendente da sostanze.Come strumento specifico dÊintervento, talestruttura, ha scelto il programma terapeu-tico-ribilitativo denominato „Progetto-Uomo‰. Si tratta di un percorso che ponela persona al centro di un intervento multi-disciplinare accogliendola nella sua fragilitàe nel suo disagio esistenziale. Invita lÊindivi-duo a riflettere sui propri comportamenti,ad approfondire la conoscenza di sé, a con-dividere i propri sentimenti stimolando la

comunicazione e facilitando i rapporti in-terpersonali. Fonda le sue radici nella filo-sofia del self-help (auto—-aiuto) dellaComunità terapeutica riscoperta dagli Al-colisti Anonimi negli anni 30 dello scorsosecolo.Tre sono le fasi in cui si articola il pro-gramma-terapeutico:• Accoglienza;• Comunità terapeutica;• Reinserimento socio-lavorativo.La prima fase del programma terapeuticoche dura in media 4-6 mesi ha luogo pressola sede dellÊaccoglienza. In questa faselÊobiettivo è favorire e promuovere un pro-cesso di motivazione al cambiamento dellostile di vita. Questo percorso incomincia con uno o piùcolloqui, dove vengono fornite informazionirelative al programma proposto e modalitàdi accesso, e viene valutato quanto la per-sona sia realmente motivato ad entrare nelprogramma.Punto importante del progetto è la parteci-pazione ai gruppi di auto-aiuto, rivolti adutenti e familiari, dove viene progettato ecostruito man mano un percorso di recu-pero personalizzato, quanto più rispondentea chi chiede aiuto. Inoltre, in questa primafase, si viene aiutati a ridare un senso allavita, riprendendo un contatto con la realtàe ristabilendo un rapporto significativo conse stessi e con il mondo esterno.Nella fase dellÊaccoglienza, il ProgettoUomo prevede quattro gruppi di auto-aiuto:• Centro Crisi;• Orientamento;• Intermedio;• Pre-comunità;A differenza del modello americano dÊori-gine, nella fase del Centro Crisi, „La Casasulla Roccia‰ accoglie anche ragazzi chenon hanno ancora superato lÊastinenza, so-stenendo gli utenti con una Terapia di sca-laggio farmacologico verso un percorso di

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stabilizzazione. Nei restanti tre gruppi(orientamento, intermedio e pre-comunità),lo scopo fondamentale è quello di condurrelÊutente ad una maggiore conoscenza di sè.La persona dapprima viene invitata a ri-flettere sui propri comportamenti, poi sicerca di renderla più consapevole delle re-sistenze, delle difese e dei giudizi che hamesso in atto durante la sua vita e succes-sivamente viene resa in grado di ricono-scere le emozioni „primarie‰. Tutto questoè la descrizione dellÊAccoglienza che ad unosservatore esterno potrebbe anche bastarema per chi come noi è stato accolto da quelgrande cerchio lÊaccoglienza è anche tantoaltro.

Emozioni, condivisione e crescita personale

non solo per chi sceglie di entrare a far

parte del programma come utente ma

anche per chi, come noi, entra come vo-

lontario. Una grande famiglia⁄questa è

lÊaccoglienza!

Intervista a Franco Lopriore direttore della prima fase del programma terapeutico “Progetto Uomo”.

di Anna Bellizzi

Direttore, lei è responsabile della prima fasedel programma terapeutico-educativo „pro-getto uomo‰, può spiegarci in che cosaconsiste?LÊAccoglienza è il primo stadio del pro-gramma, allÊinterno di questa sede, il lavorosi concentra sulla stimolazione, sul dare lapossibilità ai ragazzi di scegliere una vita di-versa. La nostra struttura non propone uni-camente il progetto classico, ProgettoUomo, quindi non cÊè solo la fattispeciedellÊinserimento nei gruppi Orientamento,Intermedio e Pre-Comunità, che poi con-ducono al secondo stadio, ma vi è un ulte-riore modulo, il Centro Crisi. Questa è unastruttura che offre, a coloro che necessitanodi essere coadiuvati con un supposto far-macologico, la possibilità di essere gestiti incollaborazione con i Servizi Pubblici Terri-toriali o i Dipartimenti di Salute Mentale inquanto, da pochi anni, abbiamo stipulatoun protocollo dÊintesa con la Neuro Psi-chiatria Infantile dellÊASL e un accordo diprogramma con il Dipartimento di Giusti-zia Minorile, per dare lÊopportunità ai mi-nori affetti da doppia diagnosi di ricevereun aiuto che possa essere o semplicementedi accompagnamento o di totale „guari-gione‰ della patologia finora diagnosticata.

Questa struttura, convenzionata con il mi-

nistero della giustizia, ospita anche detenutidipendenti che scelgono la comunità comemisura alternativa alla detenzione. come sistrutturano questi percorsi?Questi sono percorsi alternativi. I ragazzipossono avvalersi della normativa vigentee scegliere di non permanere in carcere maintraprendere un percorso presso una strut-tura convenzionata. La presa in carico diquesti ragazzi avviene in maniera differente,cerchiamo di costruire con coloro un rap-porto ex-ante, gli operatori infatti entranoallÊinterno delle strutture penitenziarie e ini-ziano a creare una relazione, anche al finedi capire le reali motivazioni sottostanti alla

richiesta. Solo il 15% della nostra utenzaproviene degli Istituti Previdenziali, prefe-riamo infatti che allÊinterno della struttura cisiano ragazzi che giungano da una dimen-sione totalmente libera dove la scelta dicambiare stile di vita possa essere reale,dato che lo scopo ultimo non deve sempli-cemente essere quello di liberarsi dalla so-stanza, ma darsi la possibilità di raggiungereuna qualità di vita altra.NellÊambito del programma elemento fon-damentale sono „i gruppi di auto-aiuto‰,qual è la loro funzione, come e da chi ven-gono condotti?Nella struttura lavora una equipe multi-pro-fessionale, formata da sociologi, assistentisociali, psicologi, educatori e psicotera-peuti. Inoltre cÊè un gran numero di volon-tari che ruota intorno al centro, volontariprofessionalmente validi, con una loro com-

petenza e una formazione di base, i qualioffrono un aiuto indispensabile. Il lavoro te-rapeutico dellÊAccoglienza è basato perl'appunto sullÊauto-aiuto, questo è un mec-canismo necessario perché, nel provare adare una mano agli altri quello che si ver-balizza diventa quasi una presa di respon-sabilità per se stessi. Per cui nel confrontoreciproco si struttura quel meccanismo diauto-responsabilizzazione nei confronti dise stesso e degli altri. Il tutto ruota intornoa tre pilastri fondamentali: la Responsabi-lità – il Rispetto – lÊOnestà; I ragazzi ven-gono stimolati al confronto tra di loro suquesti elementi, parte di un sistema valo-riale che durante il loro percorso tossico-manico è, per varie condizioni, venutomeno. In base alle capacità poste in essere,ogni ragazzo viene inserito in una tipologiadi gruppo, quello iniziale è lÊOrientamento,seguito dallÊIntermedio e la Pre-Comunità.Al principio i ragazzi hanno bisogno diorientarsi non solo verso se stessi ma ancheverso la struttura, per adattarsi e rientrarein un sistema di norme, quelle basilari delvivere civile, spesso dimenticate. Ecco per-ché il primo traguardo diventa quello dirientrare in una condizione in cui si prendeconsapevolezza che per poter vivere con glialtri è necessario sottoporsi a delle regole,perché rispettarle significa poter ricevere ri-spetto dagli altri.

Per questo è importante che si generi una„cultura di comunità‰, ovvero un insieme diregole condivise tanto dagli utenti quantodagli operatori?Certo, questo è molto importante. Ciò cheviene loro chiesto è tornare ad essere un in-dividuo in grado di autogestirsi ed entrare inuna dimensione di interdipendenza contutti quelli che sono i sistemi sociali con cui,al termine del percorso dovrà confrontarsi,lavoro, scuola, famiglia..

Parliamo proprio di famiglie, questa strut-tura rende loro unÊulteriore servizio. nellagenesi del problema della dipendenza in-fatti,è innegabile quanto il sistema famigliasvolga una non trascurabile influenza.quanto diventa importante allora che fami-liari e utenti svolgano un percorso di recu-pero parallelo?Solitamente i familiari pensano che il pro-blema è del loro caro quindi è sua la re-sponsabilità di risolverlo. Ma quando iragazzi decidono di intraprendere un pro-gramma, non fanno più uso di sostanza,quindi il problema non lo hanno più, infattinon siamo soliti chiamarli tossicodipen-denti, non sono neanche ex tossicodipen-denti, sono solo persone che hanno fattouna esperienza di vita e ora scelgono di farealtro, e la famiglia deve rendersi conto che,

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rispetto a questo, ha delle responsabilità.Spesso questi ragazzi manifestano unagrandissima sofferenza, una grandissimarabbia per alcuni vissuti specifici dei quali lafamiglia non aveva la minima conoscenza.Ecco perché è importante che familiari eutenti imparino a relazionarsi in manieraproduttiva, diversamente da come avvenivaprima, non solo per costruire un percorsoinsieme, ma perché se si vuole che lÊaltromigliori e aderisca ad un progetto di vitaqualitativo si deve necessariamente colla-borare.

Accade spesso che i familiari scelgano dinon essere coinvolti? e quanto incide que-sto atteggiamento sul recupero del ragazzo? La difficoltà sta proprio nel far comprendereloro quanto siano indispensabili per il realerecupero dei propri cari inseriti in percorso.La risoluzione di una dimensione tossico-manica necessita di tanto aiuto, e la rete fa-miliare è una delle principali fonti che deveinvestire in tempo, spazio e collaborazione,altrimenti il tentativo resterà vano. Quandoi ragazzi che arrivano al centro acquisisconopiena consapevolezza della propria condi-zione, non parlano più di droghe, ma di re-lazioni anaffettive, di quanto è mancatoaffettivamente, di quanto non abbianoavuto la capacità di gestire alcune relazionisociali. Questo pone in evidenza realmenteche il problema non è la droga, perciò nonsi deve lavorare unicamente per debellare lasostanza, ma piuttosto per restituire al sog-getto stima e fiducia nelle proprie potenzia-lità. Per liberare i ragazzi da una dipendenzaè necessario che tutto ciò che si è vissutonella propria esistenza, tutto ciò che ha ruo-tato allÊinterno delle proprie esperienze, cisia nuovamente e si rimetta in gioco sul

piano delle relazioni, questo vale non soloper i familiari, ma per chiunque abbia vo-glia di investire nuovamente con il soggettoche è temporaneamente portatore del disa-gio, al fine di ricucire i rapporti ed impararea perdonarsi e a perdonare.

Appare evidente che la dipendenza sia ilfrutto di un disagio più profondo, ma vistala sua esperienza può certamente fornircidati significativi rispetto al problema, adesempio vuole spiegarci che differenza cÊètra uso e abuso di sostanze? La differenza tra uso e abuso sta ovvia-mente nel consumo, dipende da che cosasi consuma, quanto se ne consuma, come siconsuma, ovvero se si tratta di un utilizzosporadico continuo o convulsivo. Un sog-getto che sporadicamente utilizza cannabisnon è dipendente dalla sostanza, ma sem-plicemente sceglie di vivere una esperienzache non necessariamente deve essere di ini-ziazione rispetto allÊutilizzo di altre sostanze.Oggi il fenomeno sociale della droga èmolto cambiato rispetto al passato, non cÊèpiù quella tipicità dei gruppi che caratteriz-zava i consumatori negli anni Â80/Ê90, al-lora era possibile fare distinzione tra ilgruppo che utilizzava cocaina e quello checonsumava eroina ad esempio, poiché cia-scuno aveva le proprie caratteristiche, traloro diversi anche nella fisiognomica. Oranon cÊè più questa netta distinzione, sonostate introdotte sul mercato un numeroenorme di sostanze sintetiche, ogni giornose ne scoprono di nuove, cambia il modo diconsumarle si può fumare erba, coca oeroina, e il luogo in cui reperirle, un tempoi ragazzi sapevano che per consumare ha-scisc si dovevano recare in una specificazona, oggi cÊè il mercato delle sostanze dap-

pertutto. Inoltre allÊinterno dello stessogruppo è possibile trovare una eterogeneitàdi soggetti, tra cui quelli che non fanno usodi nulla, altri che utilizzano sostanze tra loromolto diverse ma tutte accettate allo stessomodo dal gruppo. Può accadere perciò chein una serata si faccia uso di più sostanze,il poli-abuso è una esperienza frequente tracoloro che sono alla ricerca di sensazioninuove, immediate, ma inconsapevoli ri-spetto agli effetti reali.

In conclusione direttore, come vede proiet-tato nel futuro il lavoro del centro di solida-rietà la casa sulla roccia?Questa attività è in grande crescita, recen-temente abbiamo adottato un sistema di ve-rifica interna per valutare la qualità degliinterventi svolti dagli operatori. Lo scorsoanno, abbiamo ottenuto un riconoscimentocome Centro di Eccellenza della Campania.Ci si è adoperati per costruire una serie diinterventi che non fossero esclusivamentefocalizzati sul progetto classico „ProgettoUomo‰, descritti precedentemente, alloscopo di offrire una risposta diversa a pro-blematiche differenti. Ci siamo sperimentatiin tanti altri progetti, ad esempio abbiamoorganizzato un corso per i volontari al finedi puntare ancora una volta sulla qualità, efar in modo di formare questi ultimi tantoda un punto di vista teorico quanto pratico.Ed inoltre, per prenderci cura di quella fettadi vita ex-post dei nostri ragazzi, abbiamocostituito due Cooperative di Servizi che of-frono lavoro a coloro che hanno ultimato ilpercorso terapeutico, affinché questi ra-gazzi possano realmente sperimentarsi conle proprie capacità, diventando „quellaparte di un tutto con il proprio contributoda offrire..‰ come recita la nostra filosofia.

Progetto de

La Casasulla Rocciae del Teatrodi GLUCK

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Quanti anni hai?Ho 43 anni;

Da quante persone è formata la tua famiglia?Da me e da mio figlio;

Come definiresti la tua infanzia? Ci sono stati entrambi, anche momenti terribili, è stato passare daun eccesso allÊaltro, intendo da unÊatmosfera familiare sana fino alcompleto opposto, della serie una tranquillità infantile fino ad unaviolenza subita, ho subito una violenza a livello sessuale, questo miha creato dei problemi con la famiglia perché dovevo nasconderela cosa.. è stata causa del mio turbamento. Questa persona non eradella famiglia ma un conoscente;

Ti piaceva andare a scuola?Si

Quale era il modo di rapportarti ai tuoi coetanei?Normale, cÊerano ovviamente gli amici con cui condividevo piùcose.. lÊamico del cuore;

Come definiresti il rapporto con i tuoi genitori?..Non responsabile, mia madre aveva una relazione extra coniu-gale.. mio padre anche, pian piano il loro rapporto si è deterio-rato, non erano come gli altri genitori. Io assistevo alle lorodiscussioni e avevo 12 anni, per me rappresentavano solo dellepersone irresponsabili che si accusavano tra loro , anche se non mihanno fatto mai mancare niente;

Accettavi i loro consigli?Non sempre

Ricordi, nel corso della tua adolescenza, momenti o fatti che tihanno avvicinato ai tuoi genitori?Hanno provato ma io non li accettavo, i momenti belli sono statimolto sporadici.

Quando hai cominciato a fare uso di stupefacenti?A 14 anni

Quanto è durata la tua tossicodipendenza?25 anni

Cosa ti ha indotto a provare?Prima ho iniziato con le canne, ne sentivo parlare e vedevo i ragazziche fumavano in mia presenza, mi definivo malinconico, ero sem-pre triste, una sera ho visto gli altri in uno stato di euforia, li vedevoridere e allora ho provato e mi è venuto da ridere anche a me. Perla verità la sostanza che ho provato per prima è stata lÊalcool a 10anni, in famiglia, ho iniziato a berlo con lÊacqua , mi chiudevo nelsalone, bevevo liquori.. mi stonavo. Successivamente sono passatoalle canne, poi allÊeroina sporadicamente e alla cocaina;Quando ritieni che il tuo uso di sostanze si sia trasformato in di-pendenza?Dopo un paio di anni dal matrimonio è diventata quotidiana.. cro-nica;

Nel momento in cui tua moglie ne è venuta a conoscenza, come hareagito?Anche lei con me faceva uso di sostanze, fino a che è rimasta in-cinta ed ha deciso di smettere totalmente, ha avuto un periodo bre-vissimo di metadone dopo di che ha detto „ho altro da pensare‰ ..è stata fortissima.. e ha smesso;

Come è cambiato il tuo rapporto con la tua famiglia dÊorigine?Io mi sono distaccato da loro piano piano già a 16 - 17 anni , hocercato di essere autonomo da questa famiglia e oggi con loro la si-tuazione è cambiata perché cÊè rispetto, responsabilità anche sesiamo comunque distanti.. anche perché ho toccato il fondo, sonostato in galera..

Cosa ti ha spinto a smettere e a rivolgerti ad una struttura specia-lizzata?In realtà già ho avuto esperienze di Comunità, lo facevo per breviperiodi unicamente per riprendermi a livello fisico non perché vo-levo cambiare.. finché mi è capitato lÊennesimo episodio in cui horischiato di morire.. ha preso fuoco casa. Quindi mi sono deciso.Avevo già contatti con il posto, sapevo che era una struttura adattaa me, mi era stata consigliata da un amico;

Che cosÊè per te la Comunità? Tutto;

Come sei stata accolto?Benissimo;

Quanto è durato il tuo percorso terapeutico? Quasi tre anni, ma la mia determinazione a voler cambiare è av-venta in carcere dicendo basta a tutto quello che avevo fatto fino

NOI CE LÊABBIAMO FATTAParlano due dei ragazzi che hanno completato ilpercorso in comunità. Ecco le loro storie: dalla dipendenza fino alla rinascita (seconda parte)

di Emilia Riccardo e Anna Bellizzi

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ad allora;

Questo è un percorso che prevede il coinvolgimento attivo delle fa-miglie. Quale dei tuoi familiari ha fatto questa esperienza?In particolare mio padre e mio figlio, mia madre no, neanche miamoglie anche perché ci siamo separati anche se abbiamo un bel-lissimo rapporto;

Quando hai cominciato a credere nel programma come risposta altuo „problema‰?

Dal carcere, dove cÊè stata una visione totale perché ho co-minciato lÊastinenza senza nessun arbitrio e mi sono reso contodella differenza rispetto al primo programma dove venivo seguito,anche se il primo programma lÊho fatto in maniera disonesta purdi portarlo a termine, però mi sono reso conto che vivere in unaltro modo.. si può fare!

Quali sono stati i momenti più difficili del percorso?Essere consapevole dei propri limiti perché qui „ti sbattono la re-altà in faccia‰, hai la consapevolezza di tutto.

Quando sei riuscito ad affidarti veramente allÊaltro e a stabilire dellerelazioni di fiducia con gli operatori?Nel primo programma avevo un rapporto complicatissimo conloro, mentre nel secondo ho imparato ad affidarmi totalmente,sono stato sempre lineare e trasparente, lo sapevo che era lÊunicostrumento per poter essere in pace con me stesso.. per strutturaredelle relazioni, infatti mi assumevo le mie responsabilità nonostantesapessi che andavo incontro a delle conseguenze, cosa che nonavevo fatto prima per paura.. invece oggi ho scelto di essere com-pletamente trasparente, responsabile nel lavoro, rispettoso dei rap-porti. Il cambiamento è avvenuto già dal carcere a cui devo diregrazie;

Ti sentivi supportato dagli altri ragazzi nella tua stessa condizione?Si;

Quando, guardandoti attorno ti sei reso conto di „non esseresolo‰?Appena ho messo piede qui, nel momento in cui mi hanno apertoil cancello;

La Comunità ha dunque una funzione educativa perché determinalÊacquisizione di „sane abitudini di vita‰. Quanto è stato difficile perte accettare le regole del posto?Sulla scia del vecchio programma ho acquisito un atteggiamento re-sponsabile, e su quelle regole ho imparato che cosÊè il rispetto: acominciare dal tenere pulito lÊambiente in cui vivi, una regola che

ho imparato ad applicare alla mia vita. Ora grazie a quello che hoimparato aspiro a fare solo una vita dignitosa.

La Comunità ti ha aiutato a porti degli obiettivi e a perseguirli re-sponsabilmente attraverso le attività svolte al suo interno?Si partecipare alle attività come il laboratorio teatrale o il settoremedico di cui mi occupavo, la lavanderia, la cucina , mi ha indottoa pormi degli obiettivi.. Oggi lavoro per obiettivi;

Quante volte hai creduto di non farcela e hai avvertito il desideriodi fuggire?Quando sono stato lasciato dalla mia compagna, quando ho litigatocon mio fratello e quando ho rotto i rapporti con la mia famiglia..ho lasciato il programma quando ero nella fase B del rientro;

Hai mai abbandonato il percorso?Ho lasciato il programma quando ero nella fase B del rientro;

Successivamente, cosa ti ha spinto a continuare?La voglia di cambiare, fuori vivevi di debolezze perché sapevi dinon aver portato a termine qualcosa.. come tante altre nella miavita.. tranne uno straccio di diploma che ho preso;

Cosa ritieni ti abbia lasciato questo percorso fatto principalmentedi relazioni umane?Tutto,sono diventato una persona completamente diversa, ora hounÊagenda piena di numeri telefonici, di persone esterne ed internea questo posto, cosa che prima non mi sarei mai sognato.. ho im-parato a costruire una rete di relazioni soprattutto nella fase delrientro;

Oggi chi sei?Sono un uomo diverso, che ha degli obiettivi da raggiungere, checonosce i suoi limiti e sa come auto-gestirsi perché ora so quale at-teggiamento adottare di fronte alle tentazioni;

Conduci la vita che volevi?La precedente no, quella che ho scoperto che può esistere si, per-ché la vita è meravigliosa..

Quali sono i tuoi i progetti futuri?Sono soprattutto economici, vorrei trovare una compagna, far lau-reare mio figlio, aprirmi un ristorante come attività;

Cosa consiglieresti ad un ragazzo che non sa come risolvere i suoiproblemi e cerca di raggirarli evadendo?Consiglierei di affidarsi, di credere in se stesso ed imparare a chie-dere una mano e di dialogare, perché parlare è importantissimo;

Progetto direinserimento

lavorativo de

La Casasulla

Roccia

via

luigi

amabile

78

viale

Italia

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VOLONTARIATO

VIVERE IL VOLONTARIATOALLA CASA SULLA ROCCIAMomenti di condivisione, tra canti e suoni con i ragazzi di “Villa Dora”di Fabio Petitto

Henry Moore diceva „"Il segreto della vita è avere un compito.Qualcosa a cui dedicate tutta la vostra vita, qualcosa per cui datetutto, ogni minuto del giorno per tutta la vita".Da ormai tanto tempo cerco di regalare un sorriso, un momentodi condivisione, tante voci musicali attraverso un karaoke, diverselÊun dallÊaltra, generi differenti e spesso lontani, che creano un ef-fetto quasi magico: questo il mio impegno, il principale impegnoda volontario alla Casa sulla Roccia, realizzare momenti dÊinsieme,con i ragazzi dellÊAccoglienza e con i ragazzi della Comunità „VillaDora‰. E il tutto viene pensato, realizzato e organizzato dai tanti volontarie volontarie, che rappresentano il cuore pulsante, la linfa vitale delCentro. E più di ogni altra cosa non conta il tempo che si impiegaper realizzare tutto ciò, ogni volta è sempre unÊemozione nuova, di-versa, da vivere, da respirare in pieno senso di condivisione, e lemie serate, le tante serate che trascorro appoggiato al cuscino ameditare su nuovi giochi e sempre più originali e nuovi modi dicondividere un pomeriggio dÊinsieme, le interminabili liste di can-

zoni che i ragazzi scelgono per realizzare il loro karaoke, i premi chespesso mettiamo in palio durante il corso di determinati giochi,tutto è sempre magico, è unÊemozione che a parole è difficile in-terpretare, si vive nel cuore, come una missione, ogni volta con

sempre maggior vigore, sempre di più. E così nel corso della sta-gione estiva le gare in piscina tra squadre per indovinare il titologiusto delle canzoni, corride musicali, palloncini colorati usati comeimprobabili campanelli per rispondere a giusti quesiti durante ungioco a quiz diventano momenti in cui ragazzi sorprendono lorostessi, lÊemozione del gioco aiuta ad acquisire in loro nuove mo-dalità per entrare in relazione con il mondo esterno, attraverso ilgioco ciascuno di loro aumenta le proprie potenzialità intellettive,affettive e relazionali. "⁄l'uomo è pienamente tale solo quandogioca", dice Schiller, perché si ritrova e si conosce: giocando, in-fatti, ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contami-nazioni esterne, quale può essere il giudizio altrui, e ha la possibilitàdi scaricare la propria istintualità ed emotività. Platone diceva„Caro amico, non con la costrizione dovrai formare i giovani, macon il gioco, in modo che anche tu sia in grado di distinguere qualisiano le naturali predisposizioni di ciascuno‰. Così arriva il mo-mento del gioco a pegni, un animale da imitare, una canzone in cuiesibirti, un film da mimare, un ballo in cui scatenarti, momenti cheinizialmente i ragazzi vivono con paura, magari con un iniziale di-sagio, la paura di affrontarsi, dinanzi a se stessi e agli altri, il met-tersi a giudizio, la paura di apparire ridicoli, di sbagliare che poi coltempo vengono vinte, perché alla fine vince la logica del gruppo,del momento di assoluta condivisione, dellÊarricchimento reciproco,vivere un momento di sorriso, di scherzo, come arricchimento per-sonale e in totale sintonia con il gruppo che è intorno a loro; ilgioco così finisce per divenire uno strumento, il più alto momentodi espressione per ciascuna individualità, lo spunto di riflessionesu come molte volte sia possibile superare le proprie paure con fa-cilità, soprattutto se si decide di condividerle. Poi cÊè la musica,espressa attraverso il karaoke, o comunque elemento trainante diun gioco di gruppo, vuoi come pegno, vuoi come corrida, vuoicome sfida canora, la musica è lÊelemento cruciale per giocare, per

divertirsi, per comunicare, per esprimersi, per ricercare, per stareinsieme. La musica così finisce per divenire un essenziale percorsopedagogico tenendo presente che essa può essere veicolo privile-giato di conoscenza di sé attraverso lÊaltro e, soprattutto, linguag-gio per esprimere emozioni e creatività. Si canta per esprimeregioia e allegria, per affrontare meglio le piccole e le grandi diffi-coltà, per scacciare la malinconia, per condividere con gli altri lestesse emozioni, la musica è elemento cruciale di condivisione delgruppo, vuoi che sia Comunità o Accoglienza. Alla luce di quantofin qui esposto il mio unico obiettivo continua ad essere quello direndere migliori e, perché no?, piacevoli le giornate dei miei ra-gazzi, portando nelle loro vite allegria, sorrisi e divertimento. Ognigiorno lÊesperienza mÊinsegna che, nonostante il dolore e la sof-ferenza, cÊè sempre voglia di sorridere alla vita. Oggi per me „LaCasa sulla Roccia‰ non rappresenta solamente un Centro di soli-darietà, ma si è consolidata nel tempo come una vera famiglia nellamia vita, in particolare la struttura di Villa Dora è ormai divenutala mia seconda casa. Gli operatori, i ragazzi e i volontari: tutto con-corre a ridarmi fiducia nel domani e ad urlare, come loro, ognigiorno: BUONGIORNO VITA!

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Un incontro sportivo quale momento di socializza-zione e per costruire spirito di squadra e condivisione. di Claudia Minocchia

Sono Claudia, una volontaria del Centro di Solidarietà „La Casasulla Roccia‰, la mia esperienza di volontariato ha inizio nellÊotto-bre dello scorso anno quando, dopo aver partecipato ad un corsodi formazione teorico-pratico bandito dallÊAssociazione stessa, hodeciso di continuare ad offrire il mio contributo. Le attività di cuiprevalentemente mi occupo, insieme ad altri volontari, sono quelleludico-ricreative, ovvero quelle che nel gergo comunitario vengonodenominate: „momenti dÊinsieme‰, previsti almeno due volte a set-timana, nello specifico il martedì e il giovedì pomeriggio. Nei mesiinvernali abbiamo gestito questi spazi organizzando il cineforumseguito da dibattiti sui temi presentati o attività seminariali in cor-rispondenza di ricorrenze significative, ad esempio il ‰Giorno dellaMemoria‰ (27 Gennaio), abbiamo discusso con i ragazzi di Olo-causto; in occasione del Carnevale si è parlato invece dellÊoriginedi alcune tra le maschere più conosciute e a conclusione abbiamorealizzato con loro dei lavori per abbellire e colorare gli ambienti incui trascorrono gran parte delle loro giornate. Certamente quelleche proponiamo sono attività semplici, ma richiedono la parteci-pazione attiva e lÊimpegno personale di tutti i ragazzi, al fine di sti-molare la loro creatività e la libera espressione di ciascuno. ConlÊarrivo della bella stagione abbiamo deciso di sfruttare gli spazi an-tecedenti alla struttura per organizzare un torneo di pallavolo. Lamia esperienza di sportiva e amante dello sport mi ha indotto a so-stenere e promuovere insieme ad una mia amica e collega volon-taria questa iniziativa, perché consapevole di quanto lo sport,praticato con un determinato criterio, abbia una funzione realmenteaggregativa. DÊaltra parte la valenza sociale dello sport è indiscussa.La pratica sportiva costituisce un momento di convivialità, di ami-cizia, di fatica, di sfogo, di sfida con se stessi per superare i proprilimiti, lo sport dà tante emozioni, aiuta ad imparare a stare ingruppo e a rispettare non solo le regole ma anche i propri com-pagni, e alla fine questo è un poÊ il senso e lo spirito della nostracomunità terapeutica. Per realizzare il torneo, abbiamo chiesto lÊaiuto delle famiglie perlÊacquisto delle t-shirt blu sulle quali successivamente i ragazzihanno disegnato i numeri delle quadre, avvalendosi di strumentisemplici come la candeggina e mascherine tagliate nel cartone. Lemagliette sono poi state sorteggiate, in modo che ognuno ne

avesse una propria, e si assumesse la responsabilità di lavarle e riu-tilizzarle ogni qualvolta gioca la propria squadra. Anche la forma-zione delle squadre è stata messa a sorteggio per garantire chenon ci fossero discriminazioni di alcun genere. Ciascuna ha poiscelto il nome e il motto con cui identificarsi, tra i più simpatici ri-porto quello della squadra dei JOK : „ Se non vince Remo vinceRomolo‰!Il 22 Giugno alle ore 15 cÊè stata la prima partita del torneo, i ra-gazzi pieni di entusiasmo si sono sfidati in uno sport che molti diloro non conoscevano quasi per nulla. Da quel giorno, ogni mar-tedì si sono sfidate due delle quattro squadre in gara, per coinvol-gere i ragazzi che non hanno giocato abbiamo affidato loro deicompiti di responsabilità, alcuni arbitrano, altri fanno da guardali-nee, e coloro che proprio non si lasciano convincere fanno da spet-tatori, ma capita spesso che dopo un poÊ ritrovano lÊentusiasmo ela voglia di fare e si propongono per qualche palleggio alla finedella partita. La finale del torneo è prevista per il giorno 5 Otto-bre, così facendo siamo riusciti ad impegnarli per tutto il periodoestivo, e ci sono alcuni „giocatori‰ che aspettano davvero il mo-mento dÊinsieme per giocare la loro partita. Sono queste le coseche gratificano noi volontari!LÊambito nel quale organizziamo queste attività, è lÊAccoglienza,cioè la prima fase del Programma Terapeutico, ovvero quella incui si cerca di motivare i ragazzi al cambiamento, una sollecitazioneche avviene soprattutto attraverso la condivisione, non a caso loslogan del centro è „tu solo puoi farlo ma non da solo‰. Il momentodÊinsieme, così come dal centro viene concepito, ha esattamentequesto scopo: creare spirito di squadra, condivisione, affiatamento,per questo partecipare è fondamentale. Cambiare significa ancheriuscire a stare con gli altri e saper fare gruppo, avere un obiettivoe riuscire a lavorare insieme per raggiungerlo, assumendosi re-sponsabilità comuni, a partire dal montare la rete, prendere il pal-lone e sopratutto ricordarsi e ricordare agli altri che il martedìbisogna indossare la maglietta del torneo.Non è sempre facile per noi volontari coinvolgere e motivare i ra-gazzi a partecipare al momento dÊinsieme, nel caso del torneo dipallavolo, fondamentale è stato lÊaiuto dei capigruppo nel diffon-dere lÊentusiasmo e lÊamore per questo sport. Altre volte si faticaparecchio ad attirare la loro attenzione, ma non cÊè cosa più belladel sentirsi dire alla fine di una lunga giornata: „grazie, per il tempoche ci hai dedicato‰: a me è successo una sola volta, ma è stata suf-ficiente a capire che ero nel posto giusto e stavo facendo la cosagiusta!

ufficioAdozioni

Internazionali

[email protected]

tel.0825 - 72420/72419

fax 0825 - 71610

Per informazioni e contatti

lunedì - venerdì

dalle 9,00 alle 17,00

domenica

dalle 11,00 alle 17,00

venerdì 24 settembre 2010 apre, presso l’Associazione “La Casa sulla Roccia”

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Davide Demichelis, Angelo Ferrari, Raf-faele Masto, Luciano ScalettariLÊInformazione deviataGli inganni dei mass media nellÊepocadella globalizzazione

Zelig editore, 202

Libro-collage di saggi, riflessioni, opinioni,ma soprattutto di dati, fatti concreti, sto-rie vissute da parte di un sociale che sem-pre più spesso viene dimenticato dalla

logica del mercato mediale. LÊintero libro è incentrato sul ruolo gio-cato dai mass media nello scacchiere della globalizzazione che haevidentemente un sostanziale scopo prefissato, diametralmente op-posto a quello dellÊuguaglianza economica tra Nord e Sud delmondo. LÊultima parte è dedicata interamente ad ipotesi di lotta edi disinformazione di questa logica.

Antonella Galli, Silvia NidasioFare notizia con il non profitEditore, Francoangeli

Creare un ponte tra chi opera in am-bito sociale, in special modo nelle or-ganizzazioni non profit, e il mondodella stampa. Ecco lÊidea da cui sonopartite le autrici di questo libro, en-trambe con una significativa cono-scenza professionale di questi duecampi, lÊuna come giornalista, lÊaltra

come esperta di comunicazione e raccolta fondi. Il testo indaga larealtà dellÊinformazione sociale, sfatando alcuni luoghi comuni edevidenziando i veri obiettivi che questa deve raggiungere. Il vo-lume è pensato anche per chi si avvicina al lavoro di comunica-zione senza una preparazione professionale specifica e si fondasullÊesperienza dellÊoperato di diverse organizzazioni, di varia na-tura e dimensione,che le autrici hanno avuto modo di osservare.

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Abbiate sempre il coraggio di dire ciò che pensate

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IL GIORNALISMOSECONDO MEIntervista a Generoso Picone, daun anno alla guida de Il Mattinodi Avellino.di ENZA PETRUZZIELLODice di essere prossimo alla pensione. Manoi non gli crediamo. Generoso Picone, 52anni, ha da poco spento la prima candelinaalla direzione de Il Mattino di Avellino. Loincontriamo in uno dei suoi rari momentiliberi, in una calda giornata di agosto. Innanzitutto parlaci della tua esperienza alladirezione di uno dei quotidiani più impor-tanti della nostra provincia. ÿPer me è stato un ritorno nella città da cuisono partito venticinque anni fa come gior-nalista. Era il 1978 quando ho incominciatoa collaborare con un quotidiano locale, at-traverso un abusivismo consentito che -come spesso accade - diventa il modo peressere assunti. Assunzione che è arrivatanel 1983. Dopo un anno sono approdato alMattino di Napoli, occupandomi inizial-mente di spettacoli e libri. Sono stato 4 annicaporedattore della politica e poi della cul-

tura. Dopo tanto tempo nel capoluogocampano, avevo voglia di tornare nella miacittà, di cambiare scenario. E così eccomiqua. Conosco bene i problemi della nostrarealtà, avendo svolto anche il ruolo di as-sessore culturale per il Comune di Avellino.Certo, lavorare come giornalista sul territo-rio irpino è unÊesperienza di altro tipo. Laprovincia di oggi è per molti versi interes-sante perché si possono cogliere nuovi fer-menti. Purtroppo non sempre a questescintille di attivismo corrisponde un pro-getto preciso. ˚ come se tutto fosse ancoraalla ricerca di una sua identità. LÊIrpinia èuna realtà che non ha ancora ben chiara laprospettiva cui muovere. Si passa facil-mente da grandi suggestioni a grandi delu-sioni. Il giornale svolge quindi un ruoloimportante: non solo raccontare i fatti, maanche diventare riferimento critico di ciòche ci circonda. Insomma il bilancio del mioprimo anno è di un bel lavoro ancora dasvolgereŸ. LÊIrpinia dal punto di vista informativo è unarealtà sui generis. Tanti quotidiani ed emit-tenti locali per una piccola provincia. Cosane pensi?ÿEÊuna realtà fuori dallÊordinario senza dub-

bio, soprattutto perché non cÊè una granderichiesta di mercato. Credo che di fondo cisia una spiegazione culturale. Il giornalismoin Irpinia infatti è sempre stato molto vivo.EÊ sempre stato luogo di dibattito e scontropolitico, basti pensare al Corriere di GuidoDorso. Il quotidiano diventa quindi da unlato strumento per manifestare le proprieidee politiche in maniera non sempre legit-tima, dallÊaltro risponde al bisogno di am-maliare una comunità e di tenere unita ecompatta la provincia. Non vorrei, però,che questa proliferazione di quotidiani fosse

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l’APPROFONDIMENTO

L’INFORMAZIONE

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il frutto di avventure editoriali che moltospesso crea solo illusioni occupazionalisenza diventare momento di formazioneprofessionale per i giovani giornalistiŸ. Tante anche le forme innovative di comu-nicazione. Penso a internet. ÿIl giornalismoon line deve trovare una sua strada perpoter durare nel tempo. Creare un sito èsemplicissimo, il difficile è saperlo usareŸ. Siparla sempre più spesso di mala informa-zione. Ma cosa vuol dire per te fare una cor-retta informazione? ÿBisogna sempre porsi il problema della de-ontologia. In molti casi la precarietà del rap-porto di lavoro, la necessità di riempire unospazio tipografico tende a stravolgere le re-gole di fondo. Purtroppo chi fa oggi questo

mestiere è più superficiale, è diventatounÊinconsapevole cassetta postale, finendoper non appartenersi più. ˚ necessario, in-vece, chiedersi sempre il senso della pro-pria attività e risalire alle regoledeontologiche fondamentali per chi vuolefare il giornalistaŸ. Che consiglio daresti ai tanti giovani che vo-gliono intraprendere questa professione?ÿDevono imparare a essere buoni informa-tori. Studiare e capire cosa è lÊopinione pub-blica, avere un bagaglio teoricoindispensabile e guardarsi intorno. Il gior-nalismo non è solo carta stampata. Sicura-mente è televisione, radio, internet,cellulare. Ciò non significa che con la velo-

cità debba sparire lÊapprofondimento. Con-siglio inoltre di recuperare la scrittura. Scri-vere significa aver letto e il lettore habisogno di una buona scrittura, di una ca-pacità narrativa attraverso cui dare ordineagli eventiŸ. Tu hai lavorato come giornalista politico eculturale. Ora sei a capo della redazione diAvellino. Quale di queste esperienze ti èpiaciuta di più? ÿSicuramente la cultura. LÊesperienza poli-tica è stata interessante, ma sfiancante. Lacultura mi piace e mi diverte molto perchési occupa di formare idee e opinioni. E poimi piacerebbe negli ultimi anni di lavoro de-dicarmi esclusivamente alla scritturaŸ.

QUANDO IL DIRITTO DICRONACA DIVENTA UNASCELTA DI VITADa Impastato a otto giornalisti uccisi dalla mafia,parlando di Giuseppe Fava e del suo giornale “I Siciliani”

I Cento passi di Giuseppe Impastato

Il 9 maggio del 1978 è una data chemolti associano al ritrovamento del ca-davere dell'onorevole Aldo Moro, uccisodalle Brigate Rosse. Ma è anche il giornoin cui fu ucciso a Cinisi, vicino a Pa-lermo, Giuseppe Impastato, meglio notocome Peppino. Lui fondò Radio Aut eattraverso la sua radio denunciò lo stra-potere mafioso del boss Tano Badala-

menti, padrone di Cinisi, ribellandosi al padre e alla maggioranzadei suoi compaesani. Peppino Impastato era nato nel 1948 a Ci-nisi, in provicia di Palermo. Vari membri della sua famiglia fannoparte di Cosa Nostra o comunque sono strettamente legati all'or-ganizzazione, come nel caso del padre Luigi. Peppino già da ado-lescente rompe i rapporti con il padre e inizia la sua militanzapolitico culturale antimafiosa.Radio Aut, fondata nel 1977 da Impastato, diventa un simbolo dellalotta alla mafia: Nel programma satirico ÂOnda Pazza' Peppinosbeffeggia mafiosi e politici. Le sue iniziative diventano scomodeper i boss locali: il più colpito è il capomafia Gaetano Badalamenti,i cui delitti e traffici illeciti vengono più volte denunciati dai micro-foni dell'emittente.Nel 1978 Peppino si candida alle elezioni comunali ma la sua corsaviene fermata. Lui viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 mag-gio, proprio durante la campagna elettorale.Cento sono i passi che occorre fare, nella piccola Cinisi, per col-mare la distanza tra la casa degli Impastato e quella del boss ma-fioso Tano Badalamenti e „i centro passi è il titolo di un film del2000 diretto da Marco Tullio Giordana dedicato alla vita e al-l'omicidio di Peppino Impastato.

I siciliani

In Sicilia nel 1983 il giornalista Giuseppe Fava, con altri colleghi,fondano „I Siciliani‰. Questo gruppo di giornalisti cercava di sti-molare la nascita di altri giornali locali e la crescita di giovani gior-nalisti attraverso i rapporti con le scuole, lÊorganizzazione di corsidi giornalismo, la creazione di una rete di supporto ai gruppi localiche volessero fare un giornale.ÿI Siciliani vuole essere appunto il documento critico di una realtàmeridionale che profondamente, nel bene e nel male, appartienea tutti gli italiani. Un giornale che ogni mese sarà anche un libro dacustodire. Libro della storia che noi viviamo. Scritto giorno pergiornoŸ. Con queste parole, nel 1983, si apriva il primo numero delgiornale fondato da Giuseppe Fava.Giuseppe Fava fu ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984, dopo unanno di inchieste, di battaglie, di denunce. Molti anni dopo - troppi- è iniziato il processo agli uomini del clan Santapaola, indicaticome esecutori e mandanti operativi del delitto. Tra il 1960 e il 1993 in Sicilia sono stati uccisi otto giornalisti nel-lÊesercizio del proprio lavoro. Otto uomini, otto storie cittadine e diprovincia, di professionisti assassinati, sequestrati, alcuni „suici-dati‰ per inganno. ˚ la storia di unÊaltra stampa in Sicilia, unascuola di un grande giornalismo antimafia e dÊinchiesta. Uominicaduti nella quotidiana lotta al sistema mafioso, giornalisti militantiche, assumendosi le proprie responsabilità, vedevano nellÊeserciziodella professione un unico scopo, politico e sociale, incrinare il si-stema mafioso, per rendere possibile un cambiamento culturale,per svegliare le coscienze assopite, per uscire da una subalternitàsecolare.

Tutti i giornalisti uccisi si sono contraddistinti per le loro inchiestesui poteri mafiosi; inchieste che difficilmente avevano spazio nel-lÊinformazione ufficiale. Due giornali principalmente, LÊOra e I Si-ciliani, ospitavano questi servizi giornalistici; dopo il 1996 nessunadi queste due testate è riuscita a sopravvivere nel panorama edito-

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riale siciliano. Dietro ogni morto lo stessomeccanismo: la delegittimazione, i depi-staggi, le calunnie. Solo dopo decenni èstato possibile accertare alcune responsabi-lità, sebbene per alcuni di questi morti an-cora non si conoscano i mandanti e gliesecutori. „Una coincidenza? O la dimo-strazione di trovarsi in una regione, in unoStato a democrazia limitata, dove la libertàdi informazione è stata sempre mal tolle-rata?‰

Cosimo Cristina

Corrispondente da Termini Imerese (PA) delquotidiano palermitano LÊOra. Collabora-tore dellÊAnsa, del Corriere della Sera e delGiorno. Cinque mesi prima della morteaveva fondato e diretto, insieme al collegaGiovanni Capuzzo, il periodico ProspettiveSiciliane. Con questo editoriale aveva inau-gurato il nuovo giornale: „Con spirito di assoluta obiettività, in pienaindipendenza da partiti e uomini politici, ciproponiamo di trattare e discutere tutti iproblemi interessanti la nostra Isola, avendocome nostro motto: „Senza peli sulla lin-gua‰. E poiché riteniamo che premessa in-dispensabile per ogni opera dirinnovamento sia la moralizzazione, denun-zieremo quindi ogni violazione ai principi dionestà amministrativa e politica, sicurianche in questo di interpretare i sentimentie le aspettative di un popolo di antica sag-gezza‰

Mauro De MauroUno dei più importanti giornalisti dÊinchie-sta de LÊOra e tra i più bravi cronisti dÊin-

vestigazione della storia del giornalismoitaliano. Giornalista poliedrico: scrive di cro-naca giudiziaria, di cronaca nera, di societàe nellÊultimo periodo anche di sport. In-sieme a Felice Chilanti scrive il „Rapportosulla Mafia‰ del 1963. Nel 1967 invecefirma „Tutti gli uomini della droga‰, inchie-

sta dÊimpianto investigativo. Il 16 settem-bre del 1970 viene sequestrato. Il suocorpo non sarà più ritrovato. De Mauro eraconsiderato uno che sapeva troppo; primadi essere rapito stava lavorando ad alcuneinchieste importanti, ed in questi lavori an-dava ricercato il movente della sua morte.Le piste più battute furono quelle relative altraffico di droga e quelle riguardanti il la-voro di ricostruzione degli ultimi giorni diEnrico Mattei in Sicilia

Giovanni SpampinatoGiornalista corrispondente da Ragusa perLÊOra, fondò LÊOpposizione di sinistra, unquindicinale che nasceva come „strumentodi informazione, o di controinformazione,

indispensabile dato lÊassoluto, incontrastatomonopolio a livello locale della stampa bor-ghese mistificatrice, asservita a precisi inte-ressi di classe e di gruppi di potere‰ Fu unodei primi giornalisti a scoprire lÊesistenza di„Gladio‰, lÊintreccio di neofascismo e ser-vizi segreti

Mario FranceseCronista giudiziario del Giornale di Sicilia,

ucciso da Leoluca Bagarella nel gennaio del1979. Nato in provincia di Siracusa, co-mincia, fin dagli inizi della propria carriera,a seguire i processi di mafia celebrati a Pa-lermo. Diventa un grandissimo conoscitore

della mafia palermitana, assistendo alleudienze più importanti: la strage di vialeLazio, il delitto Tandoj, le udienze di Lu-ciano Liggio. La vicinanza con la città e lafrequentazione dei quartieri popolari per-mettono al giornalista di costruirsi una fittarete di informatori che lo aiuteranno a ca-pire perfettamente gli interessi economicidella mafia degli anni Settanta.

Mauro RostagnoTrasferitosi in Sicilia per fondare una co-munità di recupero per tossicodipendenti,

era diventato il direttore di RTC, una tele-visione privata di Trapani. Raccontava inuna lettera indirizzata ad un amico:„Ho cominciato a mandare le telecameretra la gente, farla parlare, ho fatto un grancasino sullÊacqua (che manca ed è inqui-nata), sulla monnezza (città sporche, i traf-fici loschi della nettezza urbana), sulle casepopolari, sulle scuole antigieniche e carenti,sui palazzi di giustizia lasciati deserti dai so-stituti procuratori, soprattutto sulla sanitàpubblica. Ho scelto di non fare televisioneseduto dietro a una scrivania, ma in mezzoalla gente, con un microfono in pugno men-tre i fatti succedono. Sociologicamente sichiama „primato dellÊesistenza sul teorico‰:e già questo a Trapani è profondamente an-timafioso‰. Rostagno fu ucciso in circostanze ancoramisteriose alle porte di Trapani, il 26 set-tembre del 1988. Sconosciuti i nomi deimandanti.

Beppe Alfano

Giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto(ME), corrispondente de La Sicilia. Condu-ceva la trasmissione „Filo diretto‰, perlÊemittente Telenews (dellÊeditore AntonioMazza, ucciso pochi mesi dopo Alfano),programma basato sugli interventi telefonicidegli ascoltatori, dove gli amministratorierano chiamati a rispondere. Aveva sco-perto gli scandali di unÊassociazione di assi-stenza dove avevano messo le mani insiemepolitici e mafiosi. Fu ucciso nel gennaio del1993.

Perché abbiamo parlato di tutto questo ?Per onorare la memoria di otto uomini chehanno scelto di spendere la loro vita a fa-vore di una informazione trasparente e al disopra delle parti.

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EVENTIIl 25 settembre 2010 apre l’ufficiodelle Adozioni Internazionalidi Anna De Stefano

La Casa sulla Roccia - centro di solidarietà- è entrata da tempo in un percorso di am-pliamento dei suoi servizi, passando daunÊazione incentrata soprattutto sulle di-pendenze a quella di concretizzare delle ri-sposte, anche diversificate, nella sfera delsociale. E quindi proprio nellÊambito del disagio edellÊ aiuto sta nascendo un percorso di so-lidarietà aperto alle coppie che voglionoadottare bambini in paesi stranieri conlÊapertura, al nostro interno, di un ufficioper le adozioni internazionali.LÊidea di un servizio così specifico ha avutola sua genesi in un percorso di adozionefatto da un volontario del Centro, il qualeda quasi un anno ha visto aumentare la suafamiglia di ben tre bambini brasiliani.Il passo successivo è stato quello di indivi-duare un ente autorizzato che rispondesseai requisiti comuni alla casa sulla roccia: as-sociazione di volontariato nata da genitoriche avevano già intrapreso lÊadozione in-ternazionale; solidarietà fattiva con la pro-mozione di progetti di solidarietà finalizzatia migliorare le condizioni di vita dei minorinei paesi di origine; chiarezza dÊinforma-

zione e trasparenza in tutte le fasi del per-corso adottivo finalizzate a dare una fami-glia ad un bambino in stato di abbandono;finalità educative tese a preparare ed ac-compagnare la coppia alla genitorialità con-sapevole, per accogliere il bambino la cuicentralità è preminente; far crescere il terri-torio attraverso lÊesperienza di solidarietàdelle famiglie, passando dalla consapevo-lezza del singolo alla coppia, alla comunitàe alla società: vera e duratura prevenzionesociale.LÊente autorizzato è stato istituito con leggen.476/98 ed ha il compito di affiancare lacoppia nella procedura di adozione inter-nazionale, di curare lo svolgimento al-lÊestero delle varie procedure ,di assisterladavanti allÊAutorità Straniera e di soste-nerla nel periodo di post-adozione. LÊente autorizzato individuato dalla Casasulla Roccia è stato „Il Centro adozioni LaMaloca‰di Parma Onlus (www.lamaloca.it)che opera sul territorio emiliano e nel nordItalia è operativo sin dal 1994 quale asso-ciazione di volontariato nato spontanea-mente da coppie di Parma e provincia, lequali avendo già adottato bambini prove-nienti da Paesi esteri conoscevano, per loroesperienza, le problematiche connesse al-lÊadozione internazionale , decidendo dimettere la loro esperienza a disposizione dialtre coppie che avessero deciso, a lorovolta, di intraprendere lo stesso percorso.Sono seguiti con i responsabili della Malocaalcuni incontri, nei quali ci si è conosciuti

più approfonditamente sui principi ispira-tori delle rispettive associazioni di volonta-riato e ci si è confrontati sugli obiettivi e lemetodologie; lÊintesa è stata soddisfacente esi è proceduto per la formazione degli ope-ratori.Il 24 settembre 2010 verrà presentato allanostra città e provincia, alla presenza deiresponsabili del Centro Adozioni „La Ma-loca‰ lÊapertura dellÊufficio di Adozioni In-ternazionali in Avellino, il quale estende lasua azione nella macroarea sud (Campa-nia,Puglia,Calabria, Basilicata,Sicilia non-ché Lazio e Molise) e che è disponibile adoffrire servizi in tale ambito e a sostenerequanti volessero intraprendere un percorsodi genitorialità nella sfera delle adozioni in-ternazionali, con riferimento alla Colombiae al Nepal.

Per info e contatti :la segreteria dellÊufficio adozioni è contat-tabile : - via mail allÊindirizzo :

[email protected] telefono : 0825/72420 – 72419- fax : 0825/71610- orari di apertura

: lunedì dalle h.9.00 alle 13.00: giovedì dalle 13.00 alle 18.00: sabato dalle h.10.00 alle 13.00

la segreteria dellÊAssociazione „La Casasulla Roccia‰ è disponibile a fornire infor-mazioni e appuntamenti anche dal lunedì alvenerdì dalle 9,00 alle 17,00 e la domenicadalle 11,00 alle 17,00.

NE

WS

EÊ nata lÊAssociazione Famiglie della Casa sulla Rocciadi Nicola De Rogatis

La Casa sulla Roccia utilizza il programma terapeutico „ProgettoUomo‰ per aiutare i ragazzi e le ragazze che si rivolgono al Cen-tro ad uscire dalle dipendenze dalle droghe vecchie e nuove (eroina,cannabis, alcool, sesso virtuale, internet, ecc.). Il programma pre-vede il coinvolgimento delle famiglie, dove esistenti, partendo dalprincipio che le motivazioni che hanno spinto i giovani a impattareil mondo della droga hanno origine antica nel tessuto familiaredove sono stati allevati ed educati. Inoltre, la famiglia rimane tut-tÊoggi punto di riferimento di valori inalienabili nonché luogo dove

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poter trovare aiuto e comprensione. Al pari dei ragazzi, i familiari(genitori, fratelli e sorelle, fidanzati, ecc.) seguono lo stesso pro-gramma parallelamente ai loro congiunti. Non entrano in comunitàma partecipano attivamente ai gruppi di auto-aiuto per compren-dere come poter migliorare il rapporto con se stessi e, quindi, coni figli. LÊessere umano ha sempre bisogno di sostegno per capiredove e quando ha sbagliato ed essere aiutato a rimediare, se pos-sibile, e comunque a non commettere più gli stessi errori.Tutti i familiari al pari dei ragazzi, come già detto, partecipano agliincontri tenuti dallÊoperatore dedicando anche parte del propriotempo libero alla gestione del Centro accogliendo, in primo luogo,le nuove famiglie.Al fine di coinvolgere sempre più i genitori nelle iniziative dellaCasa sulla Roccia e renderli protagonisti delle varie attività, in lineacon le indicazioni del programma terapeutico, il mese di giugno èstata costituita con atto pubblico lÊAssociazione Famiglie ProgettoUomo con i seguenti scopi e finalità:Promuovere e realizzare, mediante iniziative autonome, forme disolidarietà sociale e impegno civile tese a superare lÊemarginazione,migliorare la qualità della vita, le relazioni umane e prevenire si-tuazioni di bisogno;Svolgere unÊazione di stimolo e di coinvolgimento nellÊaccoglienzadelle nuove famiglie, simpatizzanti e benefattori;

Intrattenere rapporti con Enti e Istituzioni, sia pubbliche che pri-vate, ed organismi del Terzo Settore per favorire la partecipazionee la sensibilizzazione della collettività alle iniziative rivolte al soste-gno dellÊAssociazione famiglie;Porre in atto iniziative concrete per unÊefficace prevenzione e unacorretta informazione sulle dipendenze e sul disagio sociale in ge-nere; Promuovere iniziative rivolte alla raccolta di fondi da destinareal sostentamento delle attività dellÊAssociazione;Promuovere e curare la formazione dei propri soci quale occasionedellÊapprofondimento della cultura e dei valori dellÊazione volonta-ria, per accrescerne le capacità professionali in ordine alle capacitàdi aiuto alle persone, di prevenzione del disagio giovanile e fami-liare, di gestione delle risorse umane e materiali e beni dellÊAsso-ciazione; ecc. Tutti i membri prestano la loro opera in modoassolutamente volontario, tentano di diffondere sui territori di pro-venienza la cultura dellÊascolto e della solidarietà coinvolgendo entipubblici e privati partendo dal principio che i problemi derivantidallÊuso di droga e i disagi sociali, soprattutto giovanili, non ri-guardano solo loro ma tutta la società civile. AllÊAssociazione ade-riscono anche singoli volontari che, pur non avendo nessunfamiliare coinvolto nel programma, vogliono sposare la linea edu-cativa e terapeutica della Casa sulla Roccia facendosi anchÊessipromotori di iniziative. LÊAssociazione opera in modo autonomo ri-spetto al Centro con consiglio direttivo e patrimonio propri masegue, come già detto, la „mission‰ del Progetto Uomo.„Tu solopuoi farlo ma non da solo‰ non è uno slogan ad effetto ma è la re-altà che si trova ad affrontare chiunque voglia uscire dai canonidella delega e della deresponsabilizzazione. In una società basatasullÊimmagine, su quel che appare, sulle maschere che ogni giornoindossiamo, lÊAssociazione Famiglie Progetto Uomo vuole pro-porre ai propri soci, innanzitutto, e a tutte le persone che si la-sciano coinvolgere un modello sociale basato sulla responsabilità esulla collaborazione reciproca, dove ognuno è parte del tutto e iltutto è patrimonio del singolo anche se vissuto in modo diverso aseconda delle proprie capacità, sensibilità e livello di coinvolgi-mento.

Parlare, o meglio raccontare e mettere per iscritto della vita di unproprio figlio non è semplice. Specialmente se questi ha avuto unpercorso come M. La memoria, in questi casi, può aiutare nel met-tere ordine. Allora, immediatamente ed istintivamente chiedi a testesso: „quando è successo?‰. E quello che più di tutto mi tormentae mi angoscia: „come ho fatto a non accorgermene?‰. Purtroppo,nostro malgrado, è successo!I ricordi mi affollano la mente: quando da piccolo mi stringeva lamano così forte e mi guardava orgoglioso mentre passeggiavamoper le strade, nelle piazze, al mare.Quando da ragazzino lo accompagnavo e lo seguivo agli allena-menti ed alle partite di calcio, il suo sport preferito. Quando andaia prenderlo in aeroporto di ritorno da una vacanza che gli avrebbecambiato interamente la vita.

“la test imonianza di un padre”Quando ho vegliato accanto al suo letto in ospedale, fiducioso nelle

preghiere e nell'equipe medica di ridarmi mio figlio sano.Quando l'ho scoperto che si stava facendo di nuovo, e le sue pro-messe infantili, che si sarebbe allontanato, avrebbe chiuso con quelmondo e con quelle frequentazioni.In una parola si sarebbe curato. Io non gli ho creduto. Quante volte,in passato, mio figlio mi aveva mentito. Ora era giunto il momento,davvero, di cambiare.Dopo moltissime liti, accese e furiose, in famiglia, che ci hannovisti lacerati e contrapposti, vedo e sento mio figlio, per la primavolta, che vuole lottare, che vuole riprendersi la propria vita, vuoleuscire dalla droga. E' l'ennesima bugia? NO!Io so che deve e dovrà tirare fuori il meglio di sé dalle riflessioni sui

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CULTURA E SPETTACOLO

Nasce il teatro ASSUDdi Maurizio Picariello e Elena SpinielloLa Casa sulla Roccia, a decorrere dallÊanno 2006, ha inseritonelle attività della Comunità Terapeutica il laboratorio teatrale,come strumento educativo di espressione del sé, di incontro conlÊaltro e di prevenzione alle dipendenze;Anche questÊanno gli ospiti della Comunità Terapeutica „VillaDora‰, seconda fase del programma terapeutico proposto da LaCasa sulla Roccia, sono stati impegnati nelle attività di laborato-rio teatrale, seguiti dallÊAssociazione di artisti „Il Teatro di Gluck‰;questÊ anno però il progetto non si è fermato al laboratorio tea-trale ma ha intrapreso una nuova ambiziosa strada: la creazionedi una compagnia stabile formata da attori emergenti che hannoconcluso o stanno terminando il percorso terapeutico in comu-nità e attori professionisti del Teatro di Gluck.Il nome della compagnia che ha debuttato in estate con uno spet-tacolo teatrale per ragazzi, è Teatro Assud. Fare teatro al Sud èmolto difficile però il Sud, inteso come sud del mondo, come suddella vita, ha un enorme fascino; trascina con sé i profumi fortidelle storie, dei paesaggi, dei colori nitidi che rappresentano lepennellate dei luoghi della memoria del teatro.Lo spettacolo che è stato portato in scena da Agosto in tutte lepiazze campane e che poi replicherà nella stagione teatrale per lescuole è uno spettacolo per ragazzi scritto da P. Capozzo attoree autore teatrale irpino che ha vinto molti premi sia come scrit-tore di testi teatrali sia come attore.Al di là del Mare, questo il titolo dellÊatto unico che sarà recitatoballato e cantato dagli attori del Teatro Assud, è una storia che sisvolge nellÊanno 2040, anche se, a dire il vero, comincia qualchetempo prima (ad occhio e croce proprio alla fine del millennio),ed è ambientata da questa parte del mare, in uno dei tanti „Cen-tri di accoglienza, saluti e rimpatrio‰ nati negli ultimi anni su que-sta sponda. Qui vive un popolo civile e democratico, progreditofino al punto di possedere tutto, ma costretto a vivere barricatoper difendere il proprio benessere. Infatti una popolazione pri-mitiva che vive al di là del mare minaccia lÊequilibrio sociale fati-cosamente conquistato. Questi esseri selvaggi sono affamati e poverissimi, disposti a tuttoper sopravvivere e perciò pericolosi.Giungono su questa sponda con mezzi di fortuna, sempre più nu-merosi ed agguerriti, alla ricerca di cibo e di una nuova dimora.

Il popolo civile ne è terrorizzato, ma al tempo stesso è coscienteche non può restare inerte di fronte a tali attacchi. La storia, i personaggi, la tematica, tutto sembra fin troppo chiaroe consueto, „normale‰: ci sono i buoni e i cattivi, persino il finalesembra scontato, invece ⁄Al di là del Mare è una favola moderna, che, in forma di divertenteallegoria, racconta dei sentimenti contraddittori del mondo „evo-luto‰ (ovvero di quella parte del pianeta Terra che comunementeè detto occidente industrializzato) nei confronti dei popoli che<<vivono al di là del mare>>. EÊ chiaramente ispirata a fatti real-mente accaduti, che ancora stanno accadendo in varie parti delmondo e che, nel bene e nel male, ci vedono tutti coinvolti. Così il mare di questa favola diventa il simbolo di una linea di con-fine tra noi e „gli altri‰, tra bianco e nero, tra nord e sud. Il grandemare della nostra cattiva coscienza ci „difende‰ di volta in voltadagli „altri mondi‰: extracomunitari, Albanesi, terroni, barboni,zingari, etc.; un mare troppo grande anche solo per immaginaredi attraversarlo. Impegnati come siamo a presidiare le nostre „ric-chezze‰, dimentichiamo troppo spesso che a pochi chilometri didistanza ci sono intere popolazioni che muoiono per fame, o tragli stenti di una guerra, o più „banalmente‰ vittime delle torturedi regimi dittatoriali. Lo spettacolo che è nato da un laboratoriointorno a questa storia, è cantato e ballato, oltre che recitato, ecoinvolge sistematicamente il giovanissimo pubblico sul sottile filotra teatro e gioco, tra esilarante comicità e riflessione, tra il desi-derio naturale di voler essere dalla parte dei buoni ed il dubbio chein realtà i „buoni‰ non sono quelli che pensavamo!

Interpreti: Viviana De Prizio, Eduardo Graziuso, Elena Spiniello,Michelino de Vita, Ramona BarbieriRegia: Teatro di GluckDirezione Artistica; Maurizio PicarielloAiuto Macchinista: Alessandro AcciarinoRegistrazioni audio: Nicola Cucurachi

propri errori e dai momenti di crisi, specie col supporto e l'ausiliodegli operatori della „Casa sulla roccia‰. Io so che si può otteneretutto questo. Riponendo fiducia negli operatori e con la presenza

attiva e attenta dei familiari di tutti i ragazzi presenti in struttura.Credo che, anche se la strada è lunga, si possano raggiungere queirisultati che auspicano tutte le famiglie.

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LiberaMenteLiberaMenteBimestrale de La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa :5/10 R. del 15/07/2010

Diret tore EditorialeDiret tore EditorialeMauro Aquino

Diret tore ResponsabileDiret tore ResponsabileEnza Petruzziello

Capo Redat toreCapo Redat toreFrancesco Iannicelli

CoordinatoreCoordinatoreNicola De Rogatis

RedazioneRedazioneAnna BellizziAnna De Stefano Anna Iovino Claudia Minocchia Elena SpinielloEmilia RiccardoFabio PetittoMaddalena PecchiaMaurizio PicarielloNicola De Rogatis

EditoreEditoreAssociazione La Casa sulla Roccia ONLUSVia San Tommaso, 8583100 Avellinohttp://www.lacasasullaroccia.it

Per contat t i ed infoPer contat t i ed infotel.: 0825/72420 - 72419fax: 0825/71610mail : [email protected]

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La Comunicazione è sociale.

I bambini ci guardano. Non sappiamo cosa

pensano, ma vediamo come agiscono. Spesso

condizionati da fragilità e solitudine.

Crediamo in una società capace di comunicare

con i giovani, avendo rispetto e cura. Perchè il

loro futuro è il nostro futuro.

La Comunicazione è sociale.

Corruzione, collusione, condanne, volgarità,

risse, privilegi, prepotenze, bugie.

Crediamo che la comunicazione politica

possa ancora essere espressione di valori

fondanti il bene comune. Luogo di partecipa-

zione democratica. Confronto leale e

pacifico.