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Università degli Studi di L’Aquila Facoltà di Scienze della Formazione Tesina di Tecnologia dell’Istruzione e dell’Apprendimento I VIDEOGIOCHI NEL CONTESTO EDUCATIVO Docente Studentessa 1

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Università degli Studi di L’Aquila

Facoltà di Scienze della Formazione

Tesina di

Tecnologia dell’Istruzione e dell’Apprendimento

I VIDEOGIOCHI NEL CONTESTO EDUCATIVO

Docente Studentessa

Prof.ssa Pellegrino Vincenza Monacelli Gargaro Rosalia

Matr. n. 174294

a.a 2010/2011

1

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INDICE

INTRODUZIONE p. 3

IL COMPUTER COME STRUMENTO DIDATTICO p. 5

A. CAI: Metodi e programmi di insegnamento p. 9

B. CAI: Vantaggi e limiti p. 15

L’UTILIZZO DEI VIDEOGIOCHI NEL CONTESTO EDUCATIVO p. 30

ESEMPIO DI VIDEOGIOCO: “TUX, OF MATH COMMAND”

ADDIZIONI E SOTTRAZIONI

p. 34

CONCLUSIONI p. 44

BIBLIOGRAFIA p. 49

2

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INTRODUZIONE

La diffusione sempre più ampia e rapida dei sistemi di programmazione

informatica che caratterizza il mondo contemporaneo ha determinato

l’opportunità di esplorare le loro potenzialità sul piano didattico.

Oggi l'uso del computer nelle scuole ha assunto un ruolo di fondamentale

importanza, molti sono i progetti avanzati dalle scuole di ogni ordine e grado

che integrano l'uso dei computer per l'apprendimento dei bambini.

La questione è molto delicata come emerge anche da un accurato studio

sull’intera problematica, Il software per la scuola, in cui gli autori

sottolineano come l’inserimento del computer nella didattica scolastica abbia

suscitato in molti la paura che esso potesse sconvolgere il rapporto

insegnante-alunno e distruggere l’ambiente scolastico. 1

Per quanto riguarda l’aspetto specificamente didattico, una risposta

efficace alle perplessità e alle resistenze relative all’impiego del computer

nella didattica è quella fornita da K. Ahmad ed i suoi collaboratori: “The

computer is a tool, of itself incapable of action. It has no inborn wisdom, no

1 C. Rovelli, D. Casati, E. Rovelli, Il software per la scuola, Milano, Arnoldo Mondadori, 1985, p. 243

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mind of its own, no initiative, and no inherent ability to learn or to teach…It

is the teacher, then, who can make the computer assume various roles”. 2

2 K. Ahmad, G. Corbett, M. Rogers, R. Sussex, Computers, Language Learning Language Teaching, Cambridge, Cambridge University Press, 1985, p. 2.

4

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I CAPITOLO: IL COMPUTER COME

STRUMENTO DIDATTICO

Il computer è diventato un mezzo importante della vita moderna. Gli

studenti hanno bisogno di conoscere le caratteristiche e le modalità d’uso del

computer affinché possano far fronte alla società tecnologica presente e

futura.

L’utilizzazione del computer nell’istruzione è indicata con la sigla CAI

(Computer-Assisted Instruction). All’eccessivo ottimismo iniziale riguardo

all’innovazione tecnologica rappresentata dal computer, nel corso degli anni

si è passati a una riflessione più profonda su come essa dovrebbe essere

impiegata, soprattutto nel contesto educativo. J. H. Underwood sostiene che:

“We will learn to talk to our computer, and we will teach them to talk to us.

But at the same time we must not overestimate the value of this

conversation”.

5

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L’inserimento del computer nella scuola dovrebbe essere organizzato in

modo che l’insegnante non solo conservi il suo ruolo centrale, ma accresca

anche la propria creatività.

Una soluzione si trova nel “principio dell’alternanza” postulato dallo

Schwartz nel suo libro L’informatica e l’educazione-rapporto alla CEE –

1985 secondo cui, poiché un medium non fornisce che talune risposte e solo a

taluni obiettivi, lo si impiega in alternanza con altri media che forniscono ciò

che il primo non può fornire. 3

L’insegnante, adottando questo principio, può utilizzare tutti i materiali

didattici a sua disposizione. Ad esempio, può servirsi del computer come

audiovisivo in modo da poter intervenire nei processi e nei meccanismi

concettuali in misura nettamente superiore a quella consentita dagli altri

sussidi, oppure come banca dati per archiviare informazioni utili che di solito

non si trovano nei libri, alternandolo al loro utilizzo.

L’aiuto che il computer fornisce nell’esecuzione di operazioni faticose e

ripetitive come le esercitazioni in classe consente all’insegnante di dedicare

più tempo alla discussione su argomenti letterari o scientifici. In questo modo

3 B. Schwartz, L’informatica e l’educazione – rapporto alla CEE, Roma, Armando Editore, 1985, p. 32.6

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l’insegnante può seguire e valutare meglio lo sviluppo formativo degli

studenti.

Un inconveniente dell’impiego del computer da parte dell’insegnante di

fronte a una classe è che esso potrebbe rinforzare la barriera tra l’insegnante e

lo studente che gli ultimi orientamenti didattici vorrebbero eliminare.

Questi rappresentano uno spostamento verso un apprendimento basato

sulla scoperta e sulla ricerca molto distante dall’insegnamento espositivo. Gli

aspetti positivi dell’apprendimento basato sul metodo della scoperta

consistono nel conseguimento da parte dello studente di una comprensione

più profonda di quello che egli apprende e di obiettivi di più alto livello.

Inoltre, poiché la ricerca può essere svolta in gruppo dagli studenti, esso

incoraggia la cooperazione più che la competizione.

Negli ultimi anni si è potuto constatare che le caratteristiche

dell’apprendimento assistito dal computer sono particolarmente adatte a certe

categorie di studenti come i bambini con problemi di comunicazione che,

premendo un tasto, possono essere stimolati dalla capacità del computer di

dare risposte interessanti ad azioni semplici; oppure i bambini portatori di

handicap che non possono essere in grado di acquisire alcune abilità

7

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naturalmente e, perciò, hanno grandi difficoltà nel soddisfare il loro

potenziale di apprendimento.

8

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A. CAI: Metodi e programmi di insegnamento

Schwartz individua quattro principi cardine dell’Insegnamento

programmato:

a) Lo studente impara in modo tanto più efficace quanto più

progredisce attraverso una serie di piccole tappe attentamente

elaborate. Se ogni tappa da superare è breve, gli errori sono meno

probabili. (Principio delle piccole tappe)

b) I risultati dello studio sono tanto migliori quanto più vi è

partecipazione attiva dello studente al proprio lavoro. (Principio

della partecipazione)

c) I risultati dello studio sono tanto migliori quanto più lo studente può

verificare immediatamente la risposta. (Principio del rinforzo)

d) Ogni studente può superare una tappa con la velocità o con la

lentezza che preferisce. (Principio del ritmo personale). 4

Nel campo dell’educazione una delle teorie più note è la “teoria

idraulica” di cui P. M. Davies parla in questi termini: “The most recent

4 B. Schwartz, op. cit., p. 36.9

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advance in Hydraulic Theory, and certainly the most exciting, is the use of the

computer and the multimedia console as a means of mediating Programmed

Instruction. The console, with its graphic display and audio channel, is able

to inundate the student with a flood of visual and auditory stimuli, literally

filling every channel inlet, passage, and canal leading to the student’s brain”.

Questa è solo una delle teorie educative che hanno applicato l’uso del

computer ai propri principi.

Dagli anni ’50, periodo in cui ebbe inizio la storia del computer nella

didattica, fino ad oggi, si è potuto assistere al passaggio da approcci volti

all’uso del computer molto rigidi ad altri più flessibili rivolti a chi apprende.

Agli inizi, l’Insegnamento Programmato, nato intorno al 1954 per opera

dello psicologo americano Skinner, era unicamente del tipo “lineare”. La

metodologia della programmazione lineare deriva dal principio del

condizionamento operante, la legge fondamentale che afferma: “if the

occurence of an operant is followed by the presentation o a reinforcing

stimulus, the strength is increased”. 5

5 T. O’ Shea, J. Self, op. cit., p. 69.1

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Si possono individuare tre stadi nel metodo skinneriano: nel primo, allo

studente viene mostrato un po’ di materiale nella forma di piccoli quadri

successivi, detti frames o items. Questo materiale è stato preparato in modo

che lo studente faccia un piccolo passo verso il comportamento desiderato.

Nel secondo, lo studente fornisce qualche risposta riempiendo uno o due

spazi vuoti. Nel terzo, il programma continua nella struttura successiva che è

stata predeterminata dall’autore del materiale di insegnamento ed è

indipendente dalla correttezza della risposta dello studente.

Il principale contributo della programmazione lineare è la sua enfasi

sull’importanza del feedback e dell’apprendimento individualizzato.

Naturalmente, è importante che lo studente sia informato della correttezza

della sua risposta, ma nel metodo lineare il feedback è considerato importante

solo dopo le risposte esatte, nonostante vi siano anche risposte sbagliate,

mentre un feedback molto più costruttivo viene usato per giocare, come

vedremo nel capitolo successivo. L’unica individualizzazione che lo studente

riceve è che egli può studiare il materiale secondo il ritmo che gli è più

congeniale.

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Nel 1959 Crowder progettò dei programmi ramificati nei quali, al

contrario di quelli lineari in cui è richiesta una sola risposta, quella giusta, lo

studente poteva scegliere tra più risposte già formulate. Egli scrisse che: “The

essential problem is that of controlling a communication process by the use

of feedback. The student’s response serves primarily as a means of

determining whether the communication process has been effective and at the

same time allows appropriate corrective action to be taken”. 6

Le principali differenze tra la programmazione lineare e l’approccio del

Crowder, chiamato intrinsic programming, si possono riassumere attraverso

il confronto con i tre stadi del metodo skinneriano. Nel primo, le strutture

tendono ad essere unità più ampie, dal momento che l’autore non deve

cercare di assicurare che lo studente risponda correttamente. Nel secondo, lo

studente risponde ad una domanda inserita in un esercizio di multiple-choice.

Risposte alternative possono essere più o meno accettabili, piuttosto che

interamente corrette o sbagliate. Nel terzo, lo studente riceve qualche

commento sulla sua risposta e, o ripete l’esercizio o continua in quello

successivo in una sequenza predeterminata di frames.

6 T. O’ Shea, J. Self, op. cit., p. 73.1

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Con l’approccio del Crowder si ottiene una migliore padronanza del

feedback e dell’individualizzazione dell’apprendimento. Il feedback serve

principalmente alla correzione degli errori da parte dello studente, e questo si

accorda con le opinioni correnti riguardo al suo ruolo nel processo educativo.

Kulhavy sostiene che: “supplying feedback after an error is probably far

more important than providing confirmation”. 7

Il feedback, in questo caso, può passare da una semplice risposta si/no

alla preparazione di un’importante informazione correttiva che può essa

stessa assumere la forma di una nuova istruzione.

Poiché gli effetti dell’insegnamento sono determinati dalle risposte dello

studente, alcuni studenti di solito non riceveranno lo stesso materiale, ma

quelli meno abili riceveranno correzioni più esplicative.

Sebbene l’approccio del Crowder sia stato formulato in opposizione a

quello dello Skinner, essi presentano molte somiglianze. Infatti, entrambi

mettono in evidenza la preminenza dell’esposizione sistematica sull’attività

propria di chi apprende e si preoccupano dell’efficienza dell’insegnamento

più che della qualità dell’apprendimento, poiché considerano quest’ultimo

7 Ibidem, p. 74.1

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come l’acquisizione di “sapere” più che di “esperienza” e non tengono conto

delle dimensioni emotive e spirituali. Infine, entrambi tendono a spingere lo

studente a fare quello che ci si aspetta più che a fargli esporre le proprie

interpretazioni.

Il risultato è stato il sorgere di un approccio combinato, chiamato

programmed learning, che è stato preso ad esempio da molti insegnanti

nell’ambito del Computer Assisted Learning (CAL). Laver nel 1976, in

un’introduzione all’uso del computer, scrive che il Computer Assisted

Learning “stands or falls on the merits of programmed learning for the

computer is simply the means of increasing its convenience to the pupil”. 8

8 T. O’ Shea, J. Self, op.cit., p. 77.1

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B. CAI: Vantaggi e limiti

Non c’è dubbio che l’uso del computer sia motivante.

S. Windeatt offre una spiegazione precisa di questo termine: “The term

motivation can be interpreted in a number of different ways, and the degree to

which a particular task is motivating can similarly be measured by reference

to a number of different criteria including enjoyment, an appreciation of

usefulness, a perception of learning, a willingness to repeat a similar

exercise, and persistence in working to solve a problem or complete a task”. 9

La reazione degli insegnanti a questo strano fenomeno va dalla tolleranza

alla preoccupazione espressa in base a varie ragioni: secondo alcuni, le

attività praticate attraverso il computer sono una perdita di tempo per lo

studente; secondo altri, molte ore davanti a un terminale danneggiano

l’integrazione sociale dello studente e lo sviluppo di un’elite del computer

può essere socialmente dannosa. Queste preoccupazioni non possono essere

respinte, ma si può cercare di adottare un atteggiamento positivo nei

confronti del computer. In primo luogo, molte esercitazioni basate sul gioco

9 G. Leech, C. N. Candlin, Computers in English Language Teaching and Research, New York, Longman, 1986, p. 33.

1

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hanno una funzione più educativa di quanto possa sembrare; i giochi con il

computer possono avere un effetto sulla componente affettiva del

comportamento dello studente che porta a migliorare le attitudini al processo

educativo.

La programmazione è attualmente un’attività di gruppo ed è ormai

riconosciuto che la maggior parte del lavoro non è svolta al computer, ma

attraverso la discussione del problema e del disegno del programma. Allo

stesso modo, gli ambienti ben strutturati di apprendimento basato sul

computer aumentano più che far diminuire l’interazione sociale.

Negli ultimi anni le spiegazioni circa le motivazioni che spingono all’uso

del computer si appoggiano su ipotesi filosofiche che riguardano l’aspetto

della determinazione personale. Il computer incoraggia l’autodeterminazione

in due modi: facilita l’apprendimento autonomo poiché gli studenti possono,

in teoria, apprendere qualsiasi cosa, quando, come e dove essi vogliono;

procura un ambiente in cui gli errori sono previsti ed in cui, di conseguenza,

gli studenti si sentono più liberi di fare esperimenti.

L’attività al computer è intrinsecamente motivante perché non c’è

nessuna ricompensa apparente eccetto l’attività stessa. Deci sostiene che:

1

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“Intrinsic motivation is based on the human need to be competent and self-

determining”. 10

Il bisogno di essere competenti indica che il comportamento cerca

qualche sfida ottimale da superare. Quando un esercizio è troppo difficile o

completamente risolto, l’interesse svanisce. La programmazione con il

computer è un’attività che offre sfide ottimali. Higgins sottolinea che “[…]

part of the challenge of such software for the learner is in trying to beat the

computer, finding out where the rules which are programmed into it fail”. 11

Contro la conclusione a cui giunge Oettinger secondo il quale “learning

as now measured is largely independent of the details of means” 12 è

opportuno esporre alcune proprietà distintive del computer.

Il computer è l’unico medium che, come l’insegnante, può intervenire

mentre insegna. Infatti, può essere programmato in principio per capire uno

studente ed usare questa comprensione per organizzare le sue attività di

apprendimento.

10 T. O’ Shea, j. Self., op.cit., p. 58.

11 G. Leech, C. N. Candlin, op. cit., p. 214.

12 T. O’ Shea, J. Self, op. cit., p. 59.1

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Senza dubbio, le sue qualità migliori sono la capacità di interagire con lo

studente e la sua flessibilità come anche Stoulorow sottolinea: “…No other

aid provides the computer’s logical capability for organizing information to

make it dependent upon the characteristics of the individual student”. 13

Diversamente da un libro, esso può presentare frammenti che si

aggiungono all’insieme con qualche ritardo programmato nel tempo, scelto

dallo studente o selezionato per lui; consente allo studente di scegliere se

continuare, dopo aver chiesto aiuto, o fermarsi in qualsiasi punto del

programma; può variare l’esercizio ogni volta che esso viene eseguito ed

adattare la sua lingua a quella che lo studente produce, senza alcun limite.

Questa è la caratteristica che da una parte gli permette di variare

continuamente gli stimoli in un esercizio e, dall’altra, di produrre risposte

appropriate in una conversazione interattiva. Come sottolinea Uttal: “A

computer allows us not only to simulate all other classes of teaching

machines but also to approach full simulation of the human tutorial process.

In this sense a computer represents the only research tool that does not limit

our imagination and creativity. 14

13 T. O’ Shea, J. Self, op. cit. p. 2.

14 Ibidem.1

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Esso, inoltre, può unire l’informazione grafica visiva al testo ed

evidenziare le sue caratteristiche, usando il colore ed il movimento, o può

controllare sistemi audio e video per simulare dialoghi.

Attraverso il feedback il computer è in grado di analizzare quello che lo

studente produce e di tenerne conto successivamente. Un modo di utilizzare

questa capacità è la correzione di un errore. Come sottolinea Underwood,

Pusack 15 indica cinque modi in cui ci si può comportare nella correzione di

un errore. Il primo consiste nel non valutarlo assolutamente come

nell’approccio comunicativo; il secondo è il più comune, vale a dire quello di

giudicare se la risposta è corretta o sbagliata. In alcuni programmi, dopo due

o tre risposte sbagliate, il computer fornisce la risposta esatta, mentre in altri

esso fornisce una risposta parziale per cercare di analizzare l’errore.

Un approccio molto diverso è quello conosciuto come pattern markup, in

cui la risposta dello studente è considerata come una sequenza di caratteri

senza senso da opporre alla risposta “corretta”; ogni discrepanza nella

risposta dello studente viene segnata. Gli studenti, quindi, ricevono una

valutazione visiva più che verbale su quello che hanno scritto. Il quarto

15 J. H. Underwood, Linguistics Computers and the Language Teacher, Rowley, Newbury House Publishers, 1984, p. 6.

1

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riguarda la comparazione della risposta dello studente con un elenco di

risposte sbagliate ed è conosciuto come error anticipation.

L’ultimo è quello dell’analisi, in cui il programma è incorporato in una

strategia per esaminare la risposta dello studente e scoprire la presenza di

anomalie. Il computer, quindi, può definire l’errore dello studente, dare

consigli appropriati e basare la sua operazione successiva su un’analisi di

quello che lo studente produce, o in termini di aumento delle difficoltà

dell’esercizio o di una risposta in una conversazione o della modificazione di

quello che viene mostrato sullo schermo. Questa qualità viene messa in

evidenza dal Brown: “The computer can act as a mentor or a coach and

observe the use of the medium by the student. It can interrupt students at

appropriate times to get them out of ruts or to point out some aspect of their

current activity illustrates an important principle”. 16

L’insegnante, basandosi sull’analisi eseguita dal computer, può adattare i

programmi alle necessità specifiche dei suoi studenti.

16 T. O’ Shea, J. Self., op.cit., p.2.2

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Il computer come mezzo educativo presenta, però, anche alcuni limiti e

problemi creati sia dalla reazione degli insegnanti che da problemi di

progettazione e realizzazione dei programmi.

Per quanto riguarda il primo punto, la resistenza al computer è dovuta sia

al fatto che gli insegnanti temono di perdere la loro occupazione, dal

momento che la maggior parte dei programmi mira ad imitare le attività

dell’insegnamento umano, sia al fatto che essi non vogliono che le loro

abitudini normali siano condizionate dalla necessità di tenersi aggiornati con

gli sviluppi in ambito informatico o da quella di essere responsabili per la

sicurezza e la catalogazione delle risorse del computer.

Per quanto riguarda il secondo punto, la situazione è resa grave sia dal

fatto che la documentazione circa il materiale di apprendimento assistito dal

computer non viene garantita sia perché le tecniche ancora non concordano

su di essa sia perché la documentazione stessa deve soddisfare diverse classi

di fruitori, in particolare programmatori, insegnanti e studenti, che richiedono

diversi tipi di informazione, sia dalle disfunzioni dell’ hardware e dagli errori

dei programmi.

2

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Il computer, inoltre, è ritenuto “rigido ed inumano”. Questo, come spiega

Nelson, dipende dal fatto che: “Rigid and inhuman computer systems are the

creation of rigid and inhuman people”. 17

Il fatto rassicurante è, comunque, l’impossibilità per il computer di

sostituire completamente l’insegnante poiché come sostengono K. Ahmad ed

i suoi collaboratori: “The computer, in short, cannot effectively conduct an

«open-ended» dialogue with the student. It has neither the vocabulary, nor the

ability, to understand the enormous range of utterances possible in any human

language”. 18

Sarebbe molto facile sostenere che tutti gli insegnanti dovrebbero

acquisire una certa comprensione di come il computer lavora e di cosa esso

può fare. Sarebbe altrettanto facile asserire che tutti gli insegnanti dovrebbero

considerare gli esercizi di programmazione come parte della loro formazione

professionale, ma per confermare queste asserzioni occorre prima chiarire il

significato del verbo “programmare”.

17 J.H. Underwood, op. cit., p. 95.

18 K. Ahmad, G. Corbett, M. Rogers, R. Sussex, op. cit., p. 6. 2

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J. Higgins ritiene che per un profano programmazione significhi l’intero

processo della creazione di programmi per computer, ma lo specialista

dovrebbe distinguere quattro stadi diversi:

1) Analisys: determinare in modo preciso quale è il problema da

risolvere o il compito da eseguire.

2) Design: creare un algoritmo, una serie di procedure che risolveranno il

problema o eseguiranno il compito, ed elaboreranno la sequenza di inputs e

messaggi attraverso i quali l’insegnante ed il computer interagiranno.

3) Coding: la creazione di linee di codice del computer in una lingua

specifica per computer che realizzeranno l’algoritmo creato al secondo

stadio.

4) De-bugging: far funzionare il codice creato al terzo stadio e

modificarlo per correggere errori o migliorare le disposizioni. 19

Tuttavia, anche se gli insegnanti possono essere in grado di progettare la

struttura generale di un programma e di chiarire i loro scopi pedagogici, essi

vanno incontro a grandi difficoltà nel comprendere il codice di scrittura.

19 C. Benefit, M. Phillips, P. Skenan, Computers in English Language Teaching, Oxford, Pergamon Press, 1985, p. 69.

2

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Si possono ipotizzare due soluzioni: nella prima, l’insegnante o

l’organizzazione didattica può impiegare programmatori specializzati per

codificare secondo le indicazioni della didattica in modo che i programmi

non siano banali. La seconda è quella di servirsi o di authoring systems o di

authoring languages o di un linguaggio di programmazione generale come

Java, C++, Php, Visual basic ecc.

Gli authoring systems sono semplicemente programmi che scrivono altri

programmi nel senso che permettono all’insegnante di inserire le proprie

istruzioni e di cambiare il contenuto del materiale di insegnamento. La

procedura è la seguente: il computer sceglierà un particolare tipo di software,

per esempio degli esercizi di stimulus-response, e in seguito consentirà

all’insegnante di inserire le proprie istruzioni come la sequenza degli esercizi,

il tempo limite per rispondere, le spiegazioni da fornire e quali sono le

risposte giuste.

Così, l’insegnante non ha bisogno di imparare il codice di

programmazione, ma è in grado di produrre materiale che è attinente alle

necessità della propria didattica.

2

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Il campo degli authoring systems sta costantemente crescendo poiché ne

sono stati progettati altri che aiutano a scrivere simulazioni, role plays,

databases, e programmi di vario genere.

Vi sono diversi authoring systems, da quelli meno flessibili, ma più facili

da usare, chiamati mini-authoring systems, a quelli che possono servire da

struttura o template per creare lezioni completamente nuove. J. H.

Underwood riguardo a questi ultimi sostiene che: “A good template system

will require no special skills for the teacher other than the ability to type on

computer”. 20

Essi, però, presentano anche alcuni limiti di cui il principale è quello

della loro rigidità. Infatti, non possono essere usati per adattare un

programma in un modo non considerato in origine e, come sottolinea Self:

“…with their rigid frameworks may stunt any teacher creativity”. 21

Lo scopo degli authoring languages è di consentire all’insegnante di

usare il computer senza che egli debba essere completamente confuso dal

trattare i dati binari da esso richiesti. In altre parole, un authoring language

ha la capacità di cambiare il livello di rappresentazione dall’esposizione del

20 J.H. Underwood, op. cit., p. 90.

21 G. Leech, C. N. Candlin, op. cit., p. 1262

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programma, così come è stato scritto dall’insegnante, ai numeri binari che il

computer richiede.

Ogni linguaggio prende una strada diversa per raggiungere lo stesso

scopo sopra enunciato. È probabile che questo sia il motivo per cui ogni

linguaggio abbia punti di forza e di debolezza rendendone alcuni più

appropriati di altri per scopi particolari.

Un problema cruciale è indubbiamente quello dell’integrazione del

computer con altri sussidi e strumenti di informazione ed elaborazione, ed il

ruolo che esso può svolgere nell’ambito di lezioni, esercitazioni ed unità

didattiche.

Uno degli studiosi che più si è interessato e sostiene l'uso dei computer

come supporto all'istruzione e ambiente di apprendimento è Seymour Papert,

creatore di un programma, il LOGO, che permette ai bambini di usufruire del

computer per fare qualsiasi cosa: musica, arte, giochi, ricerche, ecc... In

questo modo l'insegnante diventa l'animatore della classe, promuove e

controlla le attività dei bambini. Nella didattica di Papert, assume un ruolo

d'importanza la gestione dell'errore, in cui ogni bambino deve essere in grado

2

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di avere coscienza dei propri errori, per questo l'insegnante deve essere

capace di guidare il bambino in caso di errore.

Secondo Papert bisogna fornire a ciascun bambino la possibilità di

utilizzare un computer in ambito scolastico e la scuola dovrebbe lasciare gli

insegnanti liberi di agire nell'ambito di questa didattica. A tal fine, egli

sostiene che occorre creare all'interno delle scuole delle situazioni in cui i

ragazzi portino avanti idee e progetti interessanti per loro. Il docente che

assume in questo caso il ruolo di guida dovrà rispettare le idee dei suoi

alunni.

Nella pratica didattica, in generale, l'insegnante ha difficoltà a mettere in

atto strategie basate sull’esperienza. Le difficoltà maggiori si incontrano

quando bisogna mettere in contatto diretto gli allievi con l'oggetto di studio.

Questo si verifica principalmente quando si lavora su concetti astratti quando

si osservano fenomeni lontani nel tempo e nello spazio, quando l'oggetto da

osservare è troppo grande o troppo piccolo per essere percepito dai sensi.

Queste difficoltà hanno fatto sì che nella scuola ci sia l'apprendimento

simbolico ricostruttivo, incentrato sul linguaggio e sul testo scritto:

l'insegnante o il libro trasmettono le informazioni che vengono decodificate e

2

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rielaborate dalla mente dello studente. L'apprendimento dipenderà da due

fattori: dalla capacità del docente di trasmettere informazioni in modo

adeguato e dalla capacità dello studente di elaborare i messaggi ricevuti..

Tutto avviene nella mente di chi apprende.

In definitiva, i computer possono avere un ruolo importante nella

realizzazione di una scuola dove si impara esplorando, inventando e

progettando. Le simulazioni al PC e i videogiochi possono essere un modo

per facilitare l'apprendimento esperienziale, basato sull'azione, dove si

impara facendo. A tale scopo, è stato introdotto sempre più frequentemente

nell’organizzazione della didattica l’uso di giochi didattici a tal punto che,

per identificarlo, è stato addirittura coniato anche un neologismo partendo

dalle parole in lingua inglese “edu(cation)” e “enter(tainment)” la cui

“fusione” ha dato origine al termine “edutainment”, che sta ad indicare tutta

quella categoria di giochi attraverso i quali si apprende divertendosi. Occorre,

però, sempre tenere presente che l’uso dei videogiochi come medium

educativo deve essere sempre controbilanciato da una formazione basata sui

metodi tradizionali in modo che non si rischi di eccedere nel divertimento a

discapito dell’educazione. Riprendendo il vecchio adagio per cui prima viene

2

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il dovere e poi il piacere, l’“edutainment” suggerisce che forse i due termini

vadano invertiti, sebbene entrambi debbano sempre essere rispettati, per cui

viene prima il piacere e poi il dovere.

2

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L’UTILIZZO DEI VIDEOGIOCHI NEL

CONTESTO EDUCATIVO

Un computer game è un’attività che, secondo Bannet, presenta quattro

speciali proprietà:

1) Vengono usati effetti audiovisivi per presentare la situazione del

gioco.

2) Il gioco può accrescere la sua capacità di sfidare il giocatore; è

necessario che non diventi troppo semplice e noioso.

3) Il gioco incorpora elementi fantastici.

4) Il computer può fissare il tempo per le risposte del giocatore e

calcolare il punteggio.

Tra i computer games negli ultimi anni hanno avuto sempre più successo

quelli che si basano sulla simulazione e che sono conosciuti comunemente

con il termine “videogiochi”.

In ambito didattico, il termine simulazione si riferisce a metodologie

educative basate su rappresentazione, funzione virtuale di cose, persone e

3

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situazioni. Solitamente, una simulazione al computer è un programma che

riproduce un sistema. Il punto di forza delle simulazioni come didattica è

costituito dalla flessibilità. Il docente lo può utilizzare in vari modi: per

creare giochi didattici, esperimenti di laboratorio, esercitazioni e verifiche.

Ma l'aspetto più importante è che le simulazioni permettono di realizzare

ambienti di apprendimento. I vantaggi sono molteplici. Le simulazioni e i

giochi attirano e mantengono l'attenzione dello studente e favoriscono la

motivazione.

L’idea essenziale della simulazione è di rappresentare una situazione

della vita reale in modo che possano essere sviluppate ed esercitate abilità

particolari.

Sebbene la struttura fondamentale delle simulazioni rimanga

essenzialmente la stessa, tuttavia la loro durata può variare. Il primo stadio di

una simulazione dovrebbe essere rivolto alla trasmissione dell’informazione

necessaria per la sua esecuzione; il secondo è la simulazione stessa; il terzo è

quello in cui essa viene discussa, valutata ed analizzata. Quest’ultimo stadio

procura un feedback di grande valore.

3

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Nelle simulazioni è sempre presente la richiesta di problem-solving.

Questo tipo di approccio all’apprendimento assistito dal computer è basato

sull’ipotesi che l’immaginazione richiesta per scrivere un programma aiuti lo

sviluppo di abilità generali per la risoluzione di un problema.

Esso si differenzia dalla simulazione poiché considera più importante

l’attività di programmazione che l’argomento specifico del programma. Nella

simulazione, invece, allo studente viene dato il modello programmato da

usare e non viene chiesto di scriverlo o cambiarlo. Come mettono in evidenza

T. O’ Shea e J. Self: “The underlying educational philosophy of the problem-

solving approach is a belief in what may be summarised as learning by doing,

as opposed to simulation’s learning by seeing”. 22

Tra i vantaggi più significativi delle diverse forme di simulazione

possono essere citati l’alto grado di interesse e di implicazione che essi

stimolano negli studenti, la possibilità di combinatory acquisition che essi

offrono, la specificità del loro scopo, la flessibilità del loro livello di

difficoltà e la possibilità di effettuarle con i microcomputer e i cd-rom, che

22 T. O’ Shea, J. Self., op. cit., p. 107.3

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consente a coloro che studiano a casa di accedere ad una scelta di materiali

efficaci ed interessanti basati sulle situazioni della vita reale.

Altri due importanti vantaggi sono sottolineati da J. Higgins: “One

advantage is that the machine can, with slavish accuracy, handle very

complex procedures without the complexity being evident to the user […] A

second, and greater, advatage is that the machine’s interactive facility allows

it to act as the controller in a simulation, that neutral and austere role which

usually assigned by default to the teacher in paper-and-pencil simulations”. 23

23 G. Leech, C. N. Candlin, op. cit., p. 37.3

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ESEMPIO DI VIDEOGIOCO: “TUX, OF MATH

COMMAND”

ADDIZIONI E SOTTRAZIONI

Il videogioco che è stato utilizzato come esempio di software per

l’insegnamento della matematica a bambini della scuola primaria si chiama

“Tux of Math Command”.

Il programma è stato scaricato dal sito http://tux-of-math-command.softonic.it/.

“Tux, of Math Command”, o più semplicemente “TuxMath” è parte del

progetto “Tux4Kids”, un insieme di software educativi che coniugano

l'apprendimento al gioco, è multipiattaforma, quindi gira anche sotto

Windows e sotto Mac, ed è gratuito.

Il gioco consiste in uno “sparatutto aritmetico” pensato per i giocatori

più giovani. Il pinguino Tux spara solo dopo una risposta corretta alle

operazioni matematiche proposte sullo schermo. È molto semplice e non va

oltre l'aritmetica insegnata alle scuole elementari. Addizioni, sottrazioni e

tabelline, insomma. Inizia proprio dalle basi: il primo livello proposto si

occupa semplicemente di riconoscimento dei numeri.3

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Lo scopo del gioco è semplicemente fare delle operazioni. Dall'alto

piovono operazioni, il giocatore deve calcolare il risultato, digitarlo, premere

Invio, e se la risposta è corretta un raggio laser distruggerà l'operazione prima

che questa tocchi terra.

In caso di errore il colpo andrà a vuoto.

È possibile esercitarsi con le quattro operazioni base, risolvere quelle che

potremmo definire semplici equazioni, giocare con i numeri relativi. Inoltre,

è possibile giocare in più persone oppure distruggere delle frazioni che

arriveranno verso di noi e che per essere abbattute dovranno essere  prima

semplificate. Possono essere scelte decine di tipi di operazioni, di difficoltà

via via crescente, oppure possono essere affrontate delle vere e proprie

missioni.

La grafica del gioco e la difficoltà delle operazioni sembrano suggerire

che sia indirizzato soprattutto ai bambini delle scuole elementari e delle

scuole medie inferiori. In realtà chiunque si può cimentare a fare una partita

con “TuxMath”, e potreste rendervi conto che è un gioco incentrato sulla

rapida risoluzione di semplici calcoli aritmetici, abbastanza divertente, ma

per nulla semplice, soprattutto se giocato ad i livelli di difficoltà maggiori. Le

3

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operazioni possono anche essere facili, ma quando avete poco tempo per

risolverle e il vostro schermo si riempie di operazioni le difficoltà aumentano

vertiginosamente. Utile anche per aumentare la velocità e l'agilità mentale

con la quale si svolgono i calcoli.

Si sono potuti riscontrare due difetti: il primo è la traduzione molto

parziale in italiano; il secondo è la ripetitività dei mini giochi proposti. In

pratica a variare sono solo le operazioni aritmetiche, ma non le meccaniche.

Qui di seguito sono riportate due schermate del gioco “catturate” dallo

schermo in modo da poter avere un’idea della grafica del gioco sia per quanto

concerne un esercizio di addizione che per quella che riguarda un esercizio di

sottrazione.

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Esempio di esercizio di addizione

3

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Esempio di esercizio di sottrazione

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Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo cambiamento da parte

dell’opinione pubblica nella percezione dei videogiochi,che molto spesso, in

passato,venivano associati a stereotipi di diverso tipo e si ritenevano avere un

impatto negativo sulle giovani generazioni.

In particolare si è cominciato a realizzare come videogiochi,se utilizzati in

modo corretto e responsabile,non solo costituiscono una forma di

intrattenimento positiva,ma presentano anche un potenziale per

l’apprendimento che solo in parte oggi è riconosciuto e sfruttato dalle agenzie

educative,quali le famiglie e le scuole.

Questo cambiamento di percezione è coinciso con la constatazione che oggi

si trova di fronte ad una nuova generazione di studenti,spesso definiti “nativi

digitali”,nati e cresciuti con il linguaggio delle tecnologie dell’informazione e

della comunicazione,le cui caratteristiche distintive vanno riconosciute e

prese in considerazione per assicurare il successo del loro apprendimento e

della loro motivazione.

Le prime esperienze di utilizzo dei videogiochi nelle scuole in Europa.3

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Le aspettative espresse dagli insegnanti europei sembrano trovare conferma

nelle prime esperienze di utilizzo dei videogiochi nelle scuole europee

recensite nel progetto.

Una larga parte di quest’ultimo,infatti,è stata dedicata alla raccolta del

maggior numero di informazioni possibili sulle sperimentazioni realizzate.

L’osservazione sul campo ha permesso di stabilire che gli esempi di utilizzo

dei videogiochi nelle scuole europee non sono ancora così numerosi,ma

stanno crescendo in modo significativo.

Alcuni di essi sono già sperimentazioni su media-larga scala che vanno bene

al di là dell’esperimento condotto dal singolo insegnante con la sua classe di

studenti.

Gli insegnanti scelgono i videogiochi,commerciali e non,da utilizzare nelle

classi per le loro qualità didattiche nell’ambito di un quadro pedagogico ben

strutturato.

Preferiscono di gran lunga i giochi che permettono di differenziare il percorso

di apprendimento e di verificare i progressi ottenuti,attraverso un riscontro

immediato sulle scelte effettuate e sulle strategie adottate.

4

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I videogiochi sono utilizzati in maniera collettiva ma anche su base

individuale,essenzialmente in combinazione con le tecniche di insegnamento

tradizionali.

Ad esempio videogiochi di intrattenimento di carattere storico sono spesso

introdotti dall’insegnante dopo che gli studenti hanno letto libri relativi al

tema del gioco e permettono di comparare i diversi modi di rappresentazione

dei due media.

Generalmente gli insegnanti informano previamente i genitori e la comunità

della scuola sui progetti che intendono condurre,anche per superare la diffusa

attitudine negativa verso i videogiochi,e ne condividono i risultati finali.

Gli studenti ,dal loro canto,appaiono sempre più motivati quando il

videogioco viene integrato nel processo di educazione e più entusiasti nel

mettere in pratica la propria creatività,attraverso la produzione di

contenuti,disegni o fotografie.

Apprezzano il fatto che questo approccio si avvicini alla loro vita di tutti i

giorni,affida loro un ruolo attivo e partecipativo nell’apprendimento quali

videogiocatori,e introduce una “componente”di gioco in un’attività scolastica

che viene tradizionalmente vista come “seria”.

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Certo introdurre l’uso dei videogiochi nelle scuole o addirittura integrarli nei

curricola scolastici non è semplice,sia per la disponibilità di strumentazione

informatica,sia per la scarsa attitudine verso il mezzo da parte dei docenti(per

loro stessa ammissione).

Usare i videogiochi a scuola può essere quindi un sistema per richiamare

l’attenzione dei ragazzi su argomenti considerati ostici o noiosi.

Molti videogiochi come per esempio quelli di avventura e quelli di

simulazione affrontano inconsapevolmente problemi matematici o si

muovono come poco prima accennato su ambientazioni storiche.

Quindi possono essere impiegati per aiutare bambini e ragazzi ad entrare

anche emotivamente “dentro”le materie che stanno studiando.

D’altra parte i videogiochi sono i software più usati tra i giovani che

possiedono un computer.

Una ricerca realizzata in Italia su 2.505 bambini di sesso maschile e

femminile e di un età compresa tra i 5 ai 13 anni ha stabilito che il computer

viene usato soprattutto per giocare.

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CONCLUSIONI

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Nella storia umana e sociale ogni progresso tecnologico, legato ai sistemi

di produzione, diffusione e fruizione di conoscenza, ha contribuito al

cambiamento dell’assetto culturale, dei rapporti interpersonali, della

rappresentazione del mondo. In base alla mia stessa esperienza personale,

durante il mio periodo di formazione e di crescita, ho potuto personalmente

verificare che il computer può diventare uno strumento di aggregazione,

altamente educativo, se viene usato in classe sotto il controllo di un

insegnante, e non di isolamento, come quando viene usato dai ragazzi nelle

loro camere senza la guida dei genitori.

A livello didattico, il computer è uno strumento molto duttile, flessibile,

in grado di catturare facilmente l’attenzione degli alunni attraverso l’utilizzo

di simulazioni di situazioni reali su cui agire e sperimentare. Gli ambienti

multimediali, integrando immagini, suoni e animazioni riescono a

coinvolgere in maniera più attiva il ragazzo e a renderlo maggiormente

partecipe in prima persona al proprio percorso educativo, poiché riescono a

far presa sulla sua fantasia che è libera di immaginare le diverse soluzioni al

problema che gli viene chiesto di risolvere. Grazie all’uso di videogiochi

4

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didattici l’alunno è in grado di esercitarsi in maniera divertente e in questo

modo rafforza le proprie conoscenze ed abilità.

Ho scelto di prendere come esempio di videogioco “Tux, of Math

Command” perché mi sembrava importante sottolineare come anche una

materia di studio molto ostica come quella della matematica, grazie

all’ausilio di un videogioco molto divertente, potesse diventare un mondo

fantastico in cui il bambino, con l'aiuto dell'insegnante e con la

collaborazione dei compagni, può aggirarsi per agevoli sentieri che lo

conducono alla conquista delle conoscenze matematiche, evitando il rischio

della patofobia, ancora così tanto diffuso, purtroppo, nelle nostre scuole.

Alcuni definiscono i giochi come un momento ludico fine se stesso;altri

ci vanno giù più pesanti,in particolare alcune associazioni religiose,non

hanno problemi a definire il giocatore come un “ragazzo molto

sensibile,ferito dalla vita o dalla propria storia familiare,che non riesce a

sviluppare correttamente una sua vita matura e si dedica al gioco per colmare

le proprie lacune affettive o per emergere in un campo a lui più congeniale”.

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A mio avviso invece il gioco è molto interessante e divertente anche

perché personalmente ho sempre creduto molto, a differenza di quanto

testimoniato prima,nelle capacità educative e terapeutiche.

E’vero, è solo un gioco ,ma non dimentichiamo che sono proprio i giochi

che permettono la formazione degli individui nei primi anni,e se ci si pensa

bene il gioco non è molto di simile da,quando eravamo bambini,fingevamo di

essere chi un poliziotto,chi un pompiere….

L’educazione ai videogiochi una soluzione durevole o un utopia?

L’educazione ai media è una problematica ineludibile della società

attuale e di quella di domani.

I videogiochi si rivelano essere dei supporti molto efficaci che

permettono agli educatori e agli alunni di comprendere l’incidenza dei loro

comportamenti sulla cultura contemporanea.

Essi consentono,nello stesso tempo,di avvicinare l’educazione al mondo

che circonda concretamente il giovane.

Sono da mettere in conto parecchie piste educative:

La produzione di video giochi;

L’analisi e la decostruzione;

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L’insegnamento delle teorie da essi sottese;

La presa di coscienza della dimensione psicoaffettiva;

L’elaborazione di attività ludiche.

I differenti attori che possono raccogliere questa sfida

dell’educazione ai media sono beninteso i responsabili

politici,il corpo docente e le strutture della scuola,la società

civile,l’industria e i cittadini stessi.

Mi piace terminare questa riflessione affermando che tanto i videogiochi

quanto l’educazione ai media sono dei campi in cui la ricerca scientifica,che

sia teorica o empirica,è necessaria ma ancora troppo poco presente.

Gli sforzi attuali,insufficienti ma promettenti,invitano ad aumentare le

sinergie,a moltiplicare i progetti fra industria,poteri pubblici e società civile.

Quanto all’avvenire della riflessione critica riguardo ai videogiochi,sono

abbastanza ottimista.

Infatti,la prima generazione di giocatori è diventata adulta,essa conta oggi

numerosi genitori ed insegnanti(l’età media dei giocatori in Europa è di

ventotto anni e di trentatré negli USA).

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Riteniamo che costoro guarderanno in maniera diversa i comportamenti dei

loro bambini e,probabilmente,potranno comunicare meglio con loro su questo

argomento.

E’ dunque ragionevole pensare che le problematiche dei videogiochi e

dell’educazione saranno esaminate in un contesto sdrammatizzato,più

sereno,più obiettivo,e quindi più fecondo.

BIBLIOGRAFIA

Testi

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