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Numero centotre Marzo 2015 Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra DISTRIBUZIONE GRATUITA www.socratealcaffe.it la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30 agioni e motivazioni della condivisione» è un’espressione che ho usato recentemente e che chiama in causa i nostri modi di cooperare, di collaborare, di stare insieme, di fare alleanze. Together, come ci suggerisce il titolo del bel libro di Richard Sennett. Proviamo a gettar luce in una prospettiva filosofica, sempre che il vecchio Socrate ce lo permetta, sulle circostanze che favoriscono l’insorgenza della cooperazione, sullo spazio delle ragioni per la cooperazione e sul ruolo delle motivazioni. Il tratto distintivo delle circostanze che favoriscono la cooperazione ha a che vedere con la dimensione temporale e, in particolare, con la prospettiva del futuro. Quanto più è estesa l’ombra che il futuro proietta sul presente, tanto più si danno circostanze favorevoli all’insorgenza e alla stabilità della cooperazione. L’espressione “ombra del futuro sul presente” deriva da alcuni elementi fondamentali, messi in luce da tempo dalla teoria dei giochi. Consideriamo il celebre caso del dilemma del prigioniero che mostra come le singole scelte razionali individuali, prese in isolamento, generano un esito sociale o collettivo insoddisfacente e meno che razionale. Il dilemma del prigioniero ha luogo in una sorta di eterno presente. (Continua a pagina 6) GIORGIO FORNI a pagina 8 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE IN RETE LOCALE PER EXPO NEL MONDO PER IL MADE IN ITALY L’EDITORIALE La gatta di Montaigne di Salvatore Veca FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ Il 17 febbraio, gli amici “storici” di Socrate al Caffè hanno voluto fe- steggiare il decennale dell’Associazione e il centesimo numero del Giornale. E lo hanno fatto con un’autentica “festa a sorpresa” allestita nella Sala del Caminetto a Palazzo Broletto. Nell’occasione, il direttore re- sponsabile del Giornale, Sisto Capra, ha ricevuto l’affettuoso abbraccio della città. Sono in- tervenuti, tra gli altri, Salvato- re Veca e il sindaco Massimo De Paoli. Nella foto, da sini- stra: il sindaco; Mirella Capo- ni (redattrice del Giornale); Veca e, visibilmente com- ALLE PAGINE 4-5-6 Il senso della vita LA BISACCIA DI PROTAGORA Pier Giuseppe Milanesi Alle PAGINE 2-3 L’ora breve Cristina Bellon A PAGINA 7

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Page 1: La gatta - socrate.apnetwork.itsocrate.apnetwork.it/blog/wp-content/uploads/2015/03/socrate103.pdfLa gatta di Montaigne di Salvatore Veca FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ Il

Numero centotre – Marzo 2015

Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca

Direttore responsabile Sisto Capra

DISTRIBUZIONE GRATUITA

www.socratealcaffe.it

la Feltrinelli a Pavia,

in via XX Settembre 21.

Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30

agioni e motivazioni

della

condivisione» è

un’espressione

che ho usato

recentemente

e che chiama

in causa i

nostri modi di

cooperare, di collaborare, di

stare insieme, di fare alleanze.

Together, come ci suggerisce il

titolo del bel libro di Richard

Sennett. Proviamo a gettar luce

in una prospettiva filosofica, sempre che il vecchio Socrate

ce lo permetta, sulle

circostanze che favoriscono

l’insorgenza della cooperazione, sullo spazio delle ragioni per la

cooperazione e sul ruolo delle

motivazioni. Il tratto distintivo

delle circostanze che

favoriscono la cooperazione ha

a che vedere con la dimensione

temporale e, in particolare, con

la prospettiva del futuro.

Quanto più è estesa l’ombra

che il futuro proietta sul presente, tanto più si danno

circostanze favorevoli

all’insorgenza e alla stabilità

della cooperazione.

L’espressione “ombra del

futuro sul presente” deriva da

alcuni elementi fondamentali,

messi in luce da tempo dalla

teoria dei giochi. Consideriamo

il celebre caso del dilemma del

prigioniero che mostra come le

singole scelte razionali

individuali, prese in

isolamento, generano un esito sociale o collettivo

insoddisfacente e meno che

razionale. Il dilemma del

prigioniero ha luogo in una

sorta di eterno presente.

(Continua a pagina 6)

GIORGIO FORNI a pagina 8

FONDAZIONE

SARTIRANA

ARTE

IN RETE LOCALE PER

EXPO NEL MONDO

PER IL MADE IN ITALY

L’EDITORIALE

La gatta

di

Montaigne

di Salvatore Veca

FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ

Il 17 febbraio, gli amici “storici” di Socrate al Caffè hanno voluto fe-

s t e g g i a r e i l d e c e n n a l e dell’Associazione e il centesimo

numero del Giornale. E lo hanno fatto con un’autentica “festa a sorpresa” allestita nella Sala del

Caminetto a Palazzo Broletto. Nell’occasione, il direttore re-

sponsabile del Giornale, Sisto Capra, ha ricevuto l’affettuoso abbraccio della città. Sono in-

tervenuti, tra gli altri, Salvato-re Veca e il sindaco Massimo

De Paoli. Nella foto, da sini-stra: il sindaco; Mirella Capo-ni (redattrice del Giornale);

Veca e, visibilmente com-

ALLE PAGINE 4-5-6

Il senso della vita

LA BISACCIA DI PROTAGORA

Pier Giuseppe Milanesi Alle PAGINE 2-3

L’ora breve Cristina Bellon

A PAGINA 7

Page 2: La gatta - socrate.apnetwork.itsocrate.apnetwork.it/blog/wp-content/uploads/2015/03/socrate103.pdfLa gatta di Montaigne di Salvatore Veca FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ Il

Pagina 2 Numero centotre - Marzo 2015

Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè

Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca

Direttore responsabile Sisto Capra Editore

Associazione “Il giornale di Socrate al caffè” (iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale)

Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected]

Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia

Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002

I PUNTI SOCRATE

n pratica il

“senso della vita” consiste

nella nostra

ordinaria

modalità di

rapportarci al mondo,

dacché il mondo si offre

all’umana esperienza come

una rete di senso, anche se,

in fondo, un senso vero e proprio non ce l’ha: “Perché

c’è l’essere e non piuttosto il

nulla?” – si domanda ancora

il filosofo. Però l’individuo,

ogni individuo, vive in una realtà intrisa di significati, fin

dal momento stesso in cui

comincia a rapportarsi al

mondo attraverso il linguaggio. Questo bagno

universale in un mare di

significati è giusto il “senso

della vita”: il senso del mare,

delle montagne, del sole, degli alberi, eccetera. Anche

gli eventi che capitano non

sono semplici eventi, bensì

frammenti di una

narrazione: storie da narrare

e da raccontare giorno per giorno. La vita scorre avvolta

da fogli di giornale, tra i

cinguettii dei social network e

le news, grazie alle quali il

mondo si colora di significati,

assumendo per così dire una presenza “linguistica”, uno

scorrimento di parole, come

si addice all’aristotelico zoon logon echon. Ai confini di questa rete si estende il regno del nulla,

ossia il “non senso”

fondamentale della vita; un

contorno oscuro che tende ad

estendersi qualora la sottile e invisibile rete di fili che ci

salda con la sostanza

“semantica” del mondo

incomincia a cedere,

innescando un processo di espulsione dal mondo. Per

quanto la corrosione del

senso si rifletta

inevitabilmente sulla

struttura del linguaggio, anche la morte acquista una voce e incomincia a

chiamare.

Questa disconnessione può

essere favorita da eventi

contingenti: il venir meno dei

supporti relazionali (un lutto, una perdita, un distacco, un

incidente, una disgrazia, una

infrazione, una accusa, una

punizione, la perdita del

posto di lavoro, la fine di una relazione, eccetera) è ritenuto

“causa” in grado di

determinare un processo di

espulsione dal mondo, ossia

di attivare automatismi autodistruttivi. Anche in

molte specie animali, una

separazione dal proprio gruppo o ambiente, la

riduzione in cattività eccetera

generano uno stato

depressivo che favorisce

comportamenti autolesionistici, in prima

istanza il rifiuto ostinato del

cibo: la modalità più

frequente di suicido negli

animali. Colpisce l’ineluttabilità del

processo autodistruttivo; è

come se questa reazione

obbedisse ad un riflesso naturale primario, un effetto di terminazione - per ricorrere

a una immagine romanzesca

- che si attiva nel momento

in cui viene evocato uno

scenario conflittuale primordiale, che non è tipo

“psicologico” - come ad

esempio descritto da Freud -

bensì è “qualcosa di più

vasto”, dove le tensioni in gioco obbediscono a una

dialettica superiore che

l’individuo può solo

parzialmente controllare e

ritardare. I nichilisti sosterrebbero che

proprio il crollo delle relazioni

di senso farebbe emergere il

nulla su cui si fonda ogni

esistenza, aprendo così una

voragine dentro la quale l’esistenza scompare. Scheler

e Heidegger ornarono

diversamente questo

concetto, sostenendo che la morte non è un semplice

evento che “capita” a una

data ora, ma è piuttosto un

fardello che l’esistenza si

trascina dietro, come la chiocciola si trascina la sua

casa.

Se prolunghiamo un poco

questa teoria, magari fino a

connetterla con tracce e reminiscenze freudiane,

potremmo anche aggiungere

che proprio perché la morte

abita “dentro di noi”, essa

può farsi soggetto e trasformarsi in una

irresistibile pulsione: può

sbucare fuori all’improvviso,

inaspettata, oppure corrodere (Continua a pagina 3)

Il noto scrittore e giornalista Eugenio Scalfari si è recentemente cimentato con un tema che fino ad ora offriva argomenti a ogni filosofo dilettante per parlare a vanvera senza timore di essere smentito, ossia il senso della vita! Ah, il senso della vita! Il senso della vita!

di Pier Giuseppe Milanesi

LA BISACCIA DI PROTAGORA

Platone, a sinistra col volto di Leonardo da Vinci, e Aristotele in un particolare della

“Scuola di Atene”, affresco di Raffaello Sanzio databile al 1509-1510, situato nella Stanza

della Signatura, una delle quattro Stanze Vaticane poste all’interno dei Palazzi Apostolici.

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Marzo 2015 - Numero centotre Pagina 3

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subdolamente l’anima,

impadronendosi del soggetto, armando persino la sua

mano contro se stesso,

inibendo i processi fisiologici

che alimentano emozioni e

motivazioni positive, spegnendo via via tutte le luci

che rischiarano il cammino

dell’esistenza, affinché

l’individuo veda solo buio e

viva con terrore l’avanzare nel tempo! Le domande che è

d’obbligo porsi sono queste:

da dove questa pulsione trae

energia tale da costringere

l’individuo a farsi carnefice di se stesso? Dove precisamente

tiene casa la morte dentro di

noi?

Nella tradizione teologica, e anche filosofica (il Fedone

platonico), la morte apre

all’individuo le porte del cielo,

dell’eternità, della piena

conoscenza. Essa dunque va

a collocarsi in uno spazio ideale di incontro e

mediazione tra il singolo, da

un lato, e l’Universale,

l’Assoluto, dall’altro. Sarebbe

questa dunque l’abitazione principale della morte: un

punto di confine dove la

struttura individuale, per così

dire, “sfuma” e si aprono i

confini con l’Universale e con

l’infinito. Questi punti di confine, nell’essere umano,

sono però molteplici. Quanti

“universali” abitano

nell’uomo! E altrettante sono

dunque le porte attraverso cui la morte fa capolino nel

sistema: porte che si aprono

sotto la spinta di una

conflittualità che di volta in

volta vede contrapporsi individualità e universalità,

limitatezza e trascendenza,

realtà e possibilità, tempo ed

eternità, reale e ideale. Questo stridore di dimensioni

incommensurabili produce

una risonanza che vibra alla

base della nostra esistenza e

che possiamo già percepire in

forme tenui, soffuse, tra le pieghe del tempo che passa, in quelle forme di irrequietezza dove il desiderio non si volge più verso un preciso oggetto, ma si fa esso stesso universale: vuota aspirazione, anelito, desiderio infinito, desiderio di tutto e di nulla. È proprio dentro a questo nulla che la morte sbircia dal suo pertugio, e poiché essa viene richiamata dalla conflittualità del desiderio, prende sostanza facendosi essa stessa desiderabile. Se molteplici sono i momenti di confine in cui l’uomo esperisce questo rapporto stridente e incommensurabile con l’Universale, tuttavia esistono particolari contesti in cui questa conflittualità si evolve in contesti reali e concreti per cui anche la morte stessa dismette il suo volto fantasmagorico e diventa qualcosa di “reale” e di progettuale. In particolare noi dobbiamo considerare il più reale e naturale di tutti i contesti, il contesto biologico-evolutivo dove l’Universale che sovrasta gli individui è il genere, e l’incommensurabilità ontologica a cui si è fatto appena accenno si misura col fatto che l’involucro individuale entra a far parte di un rito sacrificale, dove i singoli vengono immolati per assicurare l’eternità della specie. È dunque in questo particolare contesto conflittuale - il conflitto del genere - che la morte non solo si “materializza” biologicamente, ma si carica di quella forza “naturale” con

cui può irrompere

improvvisamente nella vita

devastandola. Ciò che - freudianamente o non

freudianamente - possiamo

chiamare “pulsione di morte”

trova fondamento in una

dinamica in cui l’individuo, nel momento in cui si espone

in una relazione conflittuale

con il genere, evoca in se

stesso la potenza superiore dell’universale, la prepotenza

sacrificale del genere, in forza della quale egli provvede da

se stesso a distruggere se

stesso. Si tratta quindi di un

processo che si sviluppa sul

piano “ontologico”, non “psicologico”, per cui in effetti

possiamo dire che la

psicologia può fare poco per

bloccarlo. Il contesto naturale ove la

struttura individuale e

l’essenza universale e

superiore del genere entrano

“pericolosamente” a contatto è il rapporto sessuale. È

perciò all’interno del rapporto

tra i sessi che maturano

quelle circostanze per cui, in

uno scenario corroso dalla

conflittualità naturale dell’individuo e del genere, la

morte può irrompere

all’improvviso, travolgendo gli

attori sulla scena. La cronaca

ci riporta ricorrentemente episodi di delitti compiuti

all’interno del rapporto

amoroso. Se si escludono le

guerre e gli incidenti stradali,

i delitti d’amore o “di genere”,

sono oggi la causa principale

di morte violenta. Non è certamente un fenomeno

recente: tormenti, pene e

conflitti d’amore che si

risolvono in modo

drammatico riempiono antiche e recenti pagine di

letteratura. L’ombra della

morte svolazza

sull’innamorato

“eternamente” infelice - una infelicità “ontologica”, dove lo

stridore tra sfere

incommensurabili viene

generato dal fatto che

l’individuo stesso, nella sua finitezza, non è in grado di

sopportare l’assolutezza e

l’universalità del suo stesso

sentimento.

I neuroscienziati spiegano questa

negatività come

effetto dell’

abbassamento

dei valori serotoninergici:

una caduta in

parte indotta dal

parallelo

aumento dei livelli

dopaminergici

che alimentano

l’infatuazione amorosa (romantic love) e che

determinerebbe conseguenze

negative sul piano emotivo

(depressione) e

comportamentale

(aggressività). Questa negatività che cova sotto le

ceneri dell’eros non

costituisce di per sé una

contraddizione. Infatti essa è

funzionale a una strategia di consolidamento del rapporto

amoroso: l’aggressività è utile

a difendere la “conquista

amorosa” - ossia il primato

del genere - in un contesto

assoluto ed esclusivo, mentre la depressione, una certa

dose di autolesionismo -

l’affievolimento dello spirito di

autoconservazione -

diventano condizioni affinché

l’individuo non abbia freni

nel mettere in gioco anche la propria vita in nome di una

strategia superiore.

Noi vediamo dunque che, già

in questi momenti,

l’Universale, il negativo, è “penetrato” nell’involucro

individuale, attivandosi come

una forza interna

potenzialmente consuntiva,

come il germe di una patologia mortale. In uno

stadio di deterioramento di

questo quadro conflittuale -

deterioramento che può essere causato anche da

cause contingenti - noi

vediamo che l’individuo, con

facilità, è in grado di elevare a

potenza questa negatività del genere che è in lui,

volgendola contro se stesso e

contro l’intero costrutto che

racchiudeva il rapporto

amoroso. Nella sfera dell’eros - e cioè

nel rapporto dell’individuo

con l’universalità del genere -

riscontriamo il più alto livello

di tensione che può

raggiungere una conflittualità che si manifesta anche in

altri contesti e che attiva, in

modo più o meno efficace, il

processo evocativo della

morte. L’universale evocato come potenza assolutamente

positiva, ma in grado di

trasformarsi in potenza

negativa altrettanto assoluta,

non ha solo il volto del genere - ossia il volto dell’amato o

dell’amata - ma può

assumere molti altri volti: ha

il volto di Dio, del Padre, della

Madre, del Giudice, della Patria, della Pubblica

Opinione, dell’Idea, eccetera,

e ciascuna di queste entità

può innescare un processo distruttivo che richiede il

sacrificio dell’individualità,

della propria o di quella

altrui.

Pier Giuseppe Milanesi

(Continua da pagina 2)

Nella tradizione teologica,

e anche filosofica, la morte apre

all’individuo le porte del cielo,

dell’eternità, della piena conoscenza.

Essa va a collocarsi in uno spazio ideale

di incontro tra il singolo e l’Universale

Sigmund Freud

(1856-1939),

neurologo

e psicanalista austriaco, fondatore

della psicanalisi;

Max Scheler

(1874-1928)

e Martin Heidegger

(1889-1976), filosofi tedeschi.

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Pagina 4

La strategia è dunque fare qualità e portarla nel mondo. Portare l’italian way of eating nel mondo con risotti capaci di conquistare i palati stranieri, e con una diversificazione di prodotti a base riso coerente, sempre più articolata, che oltre ad interessare i prodotti sarà anche di canale. Valentina e Francesca, sesta generazione di risieri e figlie dell’attuale Presidente e Amministratore Delegato Dario Scotti, stanno sviluppando progetti proprio in questo senso: mettendo a punto format di ristorazione moderna con respiro internazionale (http://sorisoscotti.it/ ), e prodotti biologici dedicati al canale specializzato per il benessere, capaci di interpretare la

coscienza contemporanea rivolta alla sostenibilità (http://biolover.it in costruzione).

La nuova frontiera? La Cina! Dove Riso Scotti ha già iniziato a commercializzare le sue bevande vegetali Chiccolat - molto apprezzate in un Paese che registra l’80% di intolleranti al lattosio - e dove l’Azienda sta concentrando notevoli sforzi per tessere relazioni stabili ed aprire nuovi canali ad una gamma più estesa di prodotti. Vendere dall'Italia prodotti a base di riso ai cinesi sembra paradossale, ma

l'economia globalizzata consente anche questo. E per Riso Scotti è divenuta realtà. Con la collaborazione del mediatore culturale Armando Tschang e il suo supporto nella ricerca di partner commerciali, l’Azienda ha siglato un contratto per la fornitura di bevande vegetali derivate dal riso tramite CCIG Mall, la più grande piattaforma di e-commerce B2B con la Cina, in diretta concorrenza con il gigante Alibaba. Così, nel dicembre scorso è partito il primo container con oltre 21mila litri di bevande vegetali Chiccolat, 100% di produzione italiana e gluten free. Altre spedizioni analoghe sono imminenti: tutto prodotto dallo stabilimento pavese di Bivio Vela che

vanta una capacità produttiva di circa 20 milioni di litri all'anno. “Dopo 9 mesi di negoziazioni, visite ai nostri stabilimenti da parte degli operatori cinesi, e nostri incontri a Pechino, siamo riusciti a fare partire questo progetto - spiega Pedro Soro Gomar, International Sales Director per la gamma di bevande vegetali Riso Scotti -. Oltre l'80% della popolazione cinese ha problemi di intolleranza al lattosio per la mancanza dell'enzima che sintetizza la caseina, quindi non può bere il latte tradizionale o altri prodotti affini”. Un aspetto importante, che però non basta ad aprire un varco in quel mercato. “I consumatori cinesi – prosegue Soro Gomar - sono molto

esigenti sia sul fronte della qualità sia su quello della sicurezza alimentare, e un marchio italiano legato al food come quello di Riso Scotti rappresenta una garanzia. Inoltre, nonostante si tratti del più grande produttore al mondo di riso e questo alimento da millenni faccia parte dell'alimentazione di base della popolazione, la Cina non dispone del know-how e della tecnologia necessaria per realizzare le bevande vegetali, dal momento che il riso viene prevalentemente consumato come materia prima senza subire nessuna trasformazione. Per questo siamo certi che si rivelerà u mercato molto ricettivo per i nostri prodotti” - conclude Soro Gomar.

L'obiettivo di Riso Scotti è quello di poter andare oltre l'esportazione delle sole bevande vegetali, arrivando anche alla vendita di riso e altri prodotti derivati, come gli snack dolci e salati, direttamente ai buyers e ai consumatori cinesi. Il fermo proposito rimane far conoscere ed apprezzare nel mondo il risotto made in Italy, proponendolo come specialità gastronomica.

“Italian way” Riso Scotti nel mondo: specialità e qualità Riso Scotti distribuisce i suoi prodotti in oltre 70 Paesi, di cui molti extra-europei; ha suddiviso il mondo in cinque aree strategiche,

presidiate da un’organizzazione capillare e ugualmente snella e veloce, che si interfaccia con culture e religioni differenti, con la ferma convinzione che oggi, per muoversi in questo difficile momento congiunturale,

per rispondere alla generalizzata crisi dei consumi, vince chi esporta l’Italian way.

NELLE FOTO

Sopra a sinistra La ruota storica

del mulino

delle origini.

A destra Veduta aerea

del Polo industriale

al Bivio Vela

NELLE FOTO

A sinistra

Angelo Dario Scotti

con la figlia

Francesca

Qui

Valentina Scotti

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Pagina 5

La strategia è dunque fare qualità e portarla nel mondo. Portare l’italian way of eating nel mondo con risotti capaci di conquistare i palati stranieri, e con una diversificazione di prodotti a base riso coerente, sempre più articolata, che oltre ad interessare i prodotti sarà anche di canale. Valentina e Francesca, sesta generazione di risieri e figlie dell’attuale Presidente e Amministratore Delegato Dario Scotti, stanno sviluppando progetti proprio in questo senso: mettendo a punto format di ristorazione moderna con respiro internazionale (http://sorisoscotti.it/ ), e prodotti biologici dedicati al canale specializzato per il benessere, capaci di interpretare la

coscienza contemporanea rivolta alla sostenibilità (http://biolover.it in costruzione).

La nuova frontiera? La Cina! Dove Riso Scotti ha già iniziato a commercializzare le sue bevande vegetali Chiccolat - molto apprezzate in un Paese che registra l’80% di intolleranti al lattosio - e dove l’Azienda sta concentrando notevoli sforzi per tessere relazioni stabili ed aprire nuovi canali ad una gamma più estesa di prodotti. Vendere dall'Italia prodotti a base di riso ai cinesi sembra paradossale, ma

l'economia globalizzata consente anche questo. E per Riso Scotti è divenuta realtà. Con la collaborazione del mediatore culturale Armando Tschang e il suo supporto nella ricerca di partner commerciali, l’Azienda ha siglato un contratto per la fornitura di bevande vegetali derivate dal riso tramite CCIG Mall, la più grande piattaforma di e-commerce B2B con la Cina, in diretta concorrenza con il gigante Alibaba. Così, nel dicembre scorso è partito il primo container con oltre 21mila litri di bevande vegetali Chiccolat, 100% di produzione italiana e gluten free. Altre spedizioni analoghe sono imminenti: tutto prodotto dallo stabilimento pavese di Bivio Vela che

vanta una capacità produttiva di circa 20 milioni di litri all'anno. “Dopo 9 mesi di negoziazioni, visite ai nostri stabilimenti da parte degli operatori cinesi, e nostri incontri a Pechino, siamo riusciti a fare partire questo progetto - spiega Pedro Soro Gomar, International Sales Director per la gamma di bevande vegetali Riso Scotti -. Oltre l'80% della popolazione cinese ha problemi di intolleranza al lattosio per la mancanza dell'enzima che sintetizza la caseina, quindi non può bere il latte tradizionale o altri prodotti affini”. Un aspetto importante, che però non basta ad aprire un varco in quel mercato. “I consumatori cinesi – prosegue Soro Gomar - sono molto

esigenti sia sul fronte della qualità sia su quello della sicurezza alimentare, e un marchio italiano legato al food come quello di Riso Scotti rappresenta una garanzia. Inoltre, nonostante si tratti del più grande produttore al mondo di riso e questo alimento da millenni faccia parte dell'alimentazione di base della popolazione, la Cina non dispone del know-how e della tecnologia necessaria per realizzare le bevande vegetali, dal momento che il riso viene prevalentemente consumato come materia prima senza subire nessuna trasformazione. Per questo siamo certi che si rivelerà u mercato molto ricettivo per i nostri prodotti” - conclude Soro Gomar.

L'obiettivo di Riso Scotti è quello di poter andare oltre l'esportazione delle sole bevande vegetali, arrivando anche alla vendita di riso e altri prodotti derivati, come gli snack dolci e salati, direttamente ai buyers e ai consumatori cinesi. Il fermo proposito rimane far conoscere ed apprezzare nel mondo il risotto made in Italy, proponendolo come specialità gastronomica.

“Italian way” Riso Scotti nel mondo: specialità e qualità Riso Scotti distribuisce i suoi prodotti in oltre 70 Paesi, di cui molti extra-europei; ha suddiviso il mondo in cinque aree strategiche,

presidiate da un’organizzazione capillare e ugualmente snella e veloce, che si interfaccia con culture e religioni differenti, con la ferma convinzione che oggi, per muoversi in questo difficile momento congiunturale,

per rispondere alla generalizzata crisi dei consumi, vince chi esporta l’Italian way.

rasile,

Sudamerica

in genere, India, Cina,

Europa

Occidentale

e Orientale,

qualche

Paese dell’Africa, i

Paesi arabi:

insomma,

tutto il mondo. È l’orizzonte

globale di Riso Scotti. All’indomani dell’annuncio

dell’inizio della

commercializzazione delle sue

bevande vegetali Chiccolat in

Cina, approfondiamo i temi della

ennesima svolta Riso Scotti con Pedro Soro Gomar, International

Sales Director per la gamma

delle bevande vegetali del gruppo

con sede a Pavia, di cui è

presidente e amministratore delegato Dario Scotti e che ha al

suo vertice anche le figlie

Valentina e Francesca Scotti,

sesta generazione della famiglia

in azienda.

Incontriamo il manager spagnolo nato a Valencia in una pausa

pavese del suo impegno a tutto

tondo, che lo vede presente in

tutto il mondo.

«Sono operativo qui dal 10 aprile

2012 - racconta Pedro Soro

Gomar - Provenivo dalla

multinazionale italiana Valsoia,

leader nelle bevande, quotata

alla borsa italiana. L’attività qui in Scotti è una start up, un

progetto ancora embrionale ma

dai grandi sviluppi. La mia

missione è la creazione e la

costruzione di una rete

commerciale, di un portafoglio

prodotti. Sono convinto che l’estero si fa dall’estero e non

dall’Italia, bisogna viaggiare in

lungo e in largo, incontrare

persone, parlare delle lingue.

Siamo presenti attualmente in

più di settanta paesi. Più della metà del mio tempo la passo

all’estero. Una delle nuove

frontiere è la Cina. Da dicembre

siamo sbarcati nel Paese

dell’Estremo Oriente. Siamo presenti dappertutto. Negozi,

supermercati, ristoranti.

Vendiamo tramite la piattaforma

di e-commerce B2B, diretta

concorrente del gigante Alibaba.

Un progetto multicanale».

Qual è il presupposto

dell’operazione Riso Scotti in

Cina?

«Il mercato - risponde - parte dal

presupposto che in Cina l’80%

della popolazione è intollerante

al lattosio. Quindi queste

persone fanno fatica a

consumare prodotti a base di latte vaccino. Si tratta di un

mercato enorme e culturalmente

molto diverso quello che

affrontiamo. Non è un mercato

radicato. Abbiamo dato ai nostri partner la possibilità di

conoscerci e lavorare con noi a

un progetto comune. Il mercato

cinese è molto curioso, ci sono

grandi opportunità da cogliere.

Le modalità di consumo sono peculiari. C’è chi consuma latte

al gusto di cioccolato a pranzo,

ad esempio. Non è inusuale che

abbinino la pasta al cioccolato,

ad esempio, hanno abitudini

alimentari molto diverse».

Che tipo di consumatore è il

cinese tipo?

«Ai cinesi piace sperimentare i

sapori e abbinarli. Siamo partiti

con un primo container di 21 mila litri. A dicembre. Ci sono

parametri standardizzati che

accomunano tutti i paesi ma poi

ogni paese ha le sue differenze,

le sue specificità. Sfruttiamo al massimo i parametri standard e

poi disegniamo la migliore

strategia per ogni Paese. Qui a

Pavia ho una struttura di back

office e mi avvalgo di distributori

nei vari paesi. La mia settimana tipo è organizzare il lavoro di qui

e poi viaggiare all’estero.

L’azienda deve lavorare su tre

parametri: qualità del prodotto,

servizio e flessibilità, innovazione del prodotto. Le aspettative

devono essere soddisfatte, la

risposta deve essere immediata,

è un aspetto decisivo del nostro

business».

Che cosa ha significato per

Riso Scotti imbarcarsi in

questa impresa?

«Per Riso Scotti avere un progetto così diversificato sulle

bevande vegetali ha imposto un

cambio di mentalità, un salto

culturale. Il progetto, una volta

entrati con questa linea di

prodotti, è piano piano allargare la base e fare entrare altri

prodotti. A metà marzo partirà

per la Cina una delegazione,

guidata dallo stesso presidente

Dario Scotti, per incontrare i

partner commerciali potenzialmente interessati, in

modo da estendere la rete che

abbiamo cominciato a costruire.

Bisogna capire come creare un

mercato per i nostri prodotti

dolci e salati di derivazione dal riso, per i risotti pronti. Partiamo

da una buona base, che è la

qualità percepita del mondo

Scotti e l’apprezzamento per il

Made in Italy, che è molto apprezzato in Cina. Il nostro

consumatore tipo è trasversale.

Sono clienti attratti dal nostro

prodotto vegetale al cento per

cento, dall’alta qualità dai

contenuti salutistici. La gamma di prodotti vegetali richiesti dal

mercato cresce anche a doppia

cifra. Anche con il Giappone

siamo a un ottimo punto. La

Cina è l’esordio per crescere e svilupparci. È l’Italia in realtà

che esportiamo in Cina. L’Italia

ha un altissimo profilo di

immagine e qualità. Un

proverbio cinese dice: per fare

un percorso di cinquemila chilometri si comincia con un

passo. Pazienza, cultura,

(Continua a pagina 6)

Pedro Soro Gomar,

International Sales Director

Foto Pinca-Manidi/Pavia Fotografia

L’azienda pavese

è presente

in più di settanta

Paesi nel mondo

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Pagina 6 Numero centotre - Marzo 2015

IMPRESA CALISTI PAVIA

1928-2015

TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVOTRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVOTRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO DI EDIFICI E MONUMENTI STORICIDI EDIFICI E MONUMENTI STORICIDI EDIFICI E MONUMENTI STORICI

Semplicemente, si tratta di una scelta

singola e per i giocatori non sono

previste altri incontri o, come si dice in

gergo, iterazioni del

dilemma. Quindi, non c’è alcun’ombra del futuro sul

presente e la cooperazione non si

innesca, perché non circola fiducia, il

cemento della società di David Hume. Il

dilemma del prigioniero è una singola

partita. Ma ci basta pensare a un

dilemma del prigioniero iterato nel

tempo, non più a una singola partita,

quanto piuttosto a un torneo, per

introdurre la dimensione temporale per

i giocatori e, così, estendere l’ombra del

futuro sul presente. Si può mostrare, in

questo modo, che saranno favoriti

giochi di reciprocità e che prevarrà per

gli attori la disposizione alla cooperazione, piuttosto che alla

defezione. E crescerà il fondamentale

capitale della mutua fiducia. Perché il

cooperare e il collaborare

presuppongono una mutua promessa,

una sorta di patto sociale. E promesse e

patti sociali presuppongono, a loro

volta, mutua fiducia. Se si riesce a

evadere dalla condanna al breve

termine, se l’ombra del futuro si

estende sul presente, se si accumula

capitale di fiducia, allora possono darsi

orizzonti di speranze ragionevoli.

Speranze ragionevoli in che cosa

precisamente? In un futuro sostenibile.

Si consideri che, nella morsa del breve

termine, l’idea stessa di sostenibilità

evapora o si trasforma in slogan

ipocriti. L’omaggio del vizio alla virtù.

L’espressione “speranze ragionevoli”

chiama in causa direttamente lo spazio

delle ragioni. E, a questo proposito,

vorrei richiamare l’attenzione su una

distinzione importante. La distinzione, cara al filosofo della giustizia John

Rawls, fra razionale e ragionevole. La

razionalità ha a che vedere con il

perseguimento dei nostri interessi

individuali. La ragionevolezza, invece,

chiama in causa il perseguimento di

obiettivi condivisi con altri. Nel definire

e proporre le nostre ragioni, noi

teniamo a che esse siano condivisibili e

accettabili per altri, con cui impegnarci

in un’impresa cooperativa nel tempo.

Così, possiamo dire, il ragionevole mira

alla costruzione di un qualche “noi”, dai

confini variabili. E ciò presuppone una

qualche forma di comprensione e di

interpretazione delle aspettative, dei

bisogni, degli ideali degli altri.

Presuppone un impegno alla relazione e

alla connessione con gli altri. Ed è qui

che entrano in gioco le motivazioni della

condivisione. Solo le motivazioni

motivano, come si usa dire. Le

motivazioni sono come delle ragioni che

diventano interne per noi e ci inducono,

nel nostro caso, ai metodi e alle forme del cooperare, del collaborare, del

condividere. Le motivazioni della

condivisione presuppongono, come ho

accennato, una qualche comprensione e

relazione con l’altro. Con gli altri.

Assume qui un ruolo importante, nello

spazio delle motivazioni, l’empatia. Un

termine classico della filosofia morale,

che è tornato prepotentemente al centro

della riflessione anche di economisti

eterodossi nel contesto della crisi

strutturale in cui siamo intrappolati.

L’empatia ha a che vedere con la nostra

capacità immaginativa di guardare al

mondo e a noi stessi adottando la

prospettiva dell’altro, o degli altri. È

una risorsa cruciale per la costruzione

di reti di mutua fiducia. Molte

circostanze economiche e sociali

possono dissipare la risorsa cruciale, come abbiamo visto a proposito delle

circostanze favorevoli alla cooperazione.

Ma senza il suo impiego, è molto

difficile pensare al successo di modi di

cooperare nella durata. Una sola breve

glossa, prima che Socrate cominci con i

suoi inquietanti interrogativi: esercitare

l’empatia con altri non equivale a

mirare a una società o una forma di vita

in cui ci si omologa al tedio della

trasparenza totale. L’empatia è

intrinsecamente incompleta e

imperfetta. E questo è un omaggio alla

gatta di Montaigne, “Quando gioco con la mia gatta, come faccio a sapere se

non sia lei che sta giocando con me?”,

cui dedica le sue ultime pagine Richard

Sennett. La cosa veramente importante

è “realizzare qualcosa insieme”. Anche

se la gatta è enigmatica. Il Sileno ora è

sorpreso: non aveva mai pensato che

potessimo imparare qualcosa dai nostri

amici, animali non umani. Ma mi ha

promesso che ci pensa su.

Salvatore Veca

(Continua da pagina 1)

innovazione: questi gli

ingredienti per il successo».

Com’è il vostro partner

cinese?

«Prima dobbiamo mettere

piede, costruire un terreno solido. Le trattative sono

lunghe, estenuanti, “toste”. I

cinesi sono venuti qui, a

Pavia, hanno voluto

conoscere il nostro modello produttivo. Vogliono

conoscere anche la storia,

quali sono i premi, i

riconoscimenti. La prima cosa

che ti chiedono dal punto di

vista commerciale è la tua capacità produttiva. Voglio

conoscerti, valutare le tue

potenzialità».

Come tutelarsi dalla capacità dei cinesi di

copiare?

«Per loro il fatto che il

prodotto sia autoprodotto è

un vantaggio, li mette al riparo dai rischi.

Certo c’è il problema

dell’Italian sounding, dei

prodotti non italiani realizzati

all’estero e che si propongono

come italiani. Noi mettiamo bene in chiaro

che il prodotto si realizza qui,

a Pavia. Produrre là? Mai dire

mai. Ma andiamo piano, con

calma. La politica dei piccoli passi.

Esportare e costruire e

radicare il marchio sui vari

mercati.

Le bevande vegetali sono un

asset strategico, consentono di fare breccia. Abbiamo la

consapevolezza di muoversi

su un mercato globale, il

mercato locale non esiste più.

Oggi i prodotti si lanciano contemporaneamente su tutti

i mercati».

s.c.

(Continua da pagina 5)

L’EDITORIALE

L’enigmatica gatta di Montaigne

RISO SCOTTI SPA

DIMENSIONE ECONOMICA: UN TREND IN CRESCITA DA DUE DE-CENNI

LA LEADERSHIP

Leader nel riso bianco: Arborio e Carnaroli

Leader nella diversificazione a base riso: pasta di riso, olio di riso, gallette di riso, latte di riso

IL POLO INDUSTRIALE

Risone grezzo processato: 1,9 milioni quintali/anno

Riso trasformato: 1,25 milioni quintali/anno

Riso confezionato: 865.000 quintali

ECONOMICS

Revenues: Riso Scotti Gruppo 219 mln di euro; Capogruppo Riso Scotti SpA 171 mln di euro

Crescita a valore: 5,6%

Quota Export: Riso Scotti Gruppo 45%; Capogruppo Riso Scotti SpA 24%

Dipendenti Gruppo: oltre 400

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Marzo 2015 - Numero centotre Pagina 7

a scienza, che io divulgo, ne è la rappresentazione. Allo stato attuale della nostra conoscenza scientifica - ovvero

solo il quattro per cento dell’universo - è difficile escludere che nessuna nuova teoria possa rivoluzionare le convinzioni moderne, quelle cioè che aveva dimostrato Albert Einstein tra il 1905 e il 1913. Da allora nessuna nuova teoria ha albeggiato nella nostra epoca, ad esclusione della teoria delle stringhe, ancora in fase di sviluppo, che cerca di conciliare il mondo dell’estremamente piccolo (la meccanica quantistica) con il mondo delle grandi ampiezze (la relatività generale). Ad oggi sappiamo che il novantasei per cento dell’universo, che rimane da scoprire, è fatto di materia ed energia oscura, senza sapere però di che cosa sono fatte le due amiche o le due nemiche, chissà. Tra quello che sappiamo e quello che rimane da conoscere c’è un mare di novità, che sconvolgeranno la nostra vita. Io mi sono presa la briga di ipotizzare eventi che da una parte vi faranno sognare e dall’altra vi spaventeranno, ma sicuramente direte di aver letto qualcosa di speciale. “L’ora breve” è frutto di un’improvvisa ispirazione. Nessuno sa esattamente che cos’è l’ispirazione. Immaginiamo che sia una sorta di onda, qualcosa che cade sulla testa dello scrittore come un fulmine dal cielo e ti ordina di scrivere. Non saprei spiegarvelo. Invece, tutti sappiamo che cosa sono le stelle. Le abbiamo viste in cielo fin da quando eravamo bambini e ci hanno sempre affascinato. Tra queste ce ne sono alcune fatte di neutroni, e molte di esse, sono magnetiche. Le stelle di neutroni magnetiche sono chiamate magnetar. Il 15 agosto 2013 su tutti i giornali si leggeva “scoperta la calamita più potente dell’universo” (Corriere della Sera), “il faro d’agosto che spazza via la Via Lattea” (La Stampa), “italiani scoprono il campo

magnetico più intenso dell’universo” (Rai News 24). Ed è proprio una magnetar, la protagonista de “L’ora breve”. Più precisamente: un lampo gamma che rompe la crosta della stella e si espande nello spazio, raggiungendo il nostro sistema solare e il nostro pianeta. L’annunciatore della catastrofe è un precursore di luce, che spunta all’improvviso nei nostri cieli. Sin dalle prime pagine il lettore viene inondato di emozioni e viene trascinato all’interno della storia per il bavero del cappotto. Ora, anche se voi non indossate un cappotto, non sarete risparmiati. Sarebbe meglio non comprare il libro, ma è già troppo tardi, perché state leggendo questo articolo e la curiosità vi corrode. Non c’è scampo. Come sembra non ci sia scampo per gli abitanti della Terra, perché un lampo gamma che impatta sul nostro pianeta significa la distruzione di tutto quello che esiste in superficie (vegetali, animali, uomini) e, nell’ipotesi peggiore, la distruzione completa della Terra. Non ci fu scampo nemmeno per i dinosauri, quando, 66 milioni di anni fa, si estinsero a causa di un asteroide che cadde sulla Terra e la sua onda d’urto ne cambiò le condizioni climatiche. Dovremmo essere grati all’asteroide, perché l’estinzione dei dinosauri fu una benedizione per gli Adamo e le Eva della nostra specie. Senza quell’asteroide noi non esisteremmo. Ed è quello che pensa il giovane scienziato de “L’ora breve”, che si affaccia dall’ultimo piano del Burj Khalifa di Dubai. Lui ha una visione ossessiva per salvare l’umanità. Ma non vuole salvare l’umanità dal lampo gamma, bensì da un processo d’involuzione, già iniziato, che riporterà l’uomo al suo stato primitivo. Se dunque il lampo gamma è il mezzo per epurare la specie umana, che scende verso la ripida china dell’involuzione, ben venga. La sua visione folle e, nello stesso tempo audace, è solo per pochi. Per

chi può pagare ingenti somme di denaro. Il progetto gamma-genesi (è così che viene chiamato) incarna il desiderio di ogni uomo moderno: vivere più a lungo, senza malattie, potenziando capacità intellettive e muscolari, e regolare le emozioni, causa di molti errori. Davanti alle richieste emergenti di un’umanità che regredisce, ma che non si ferma davanti ad alcun ostacolo morale ed etico, c’è l’uroboro: il serpente che morde la coda, simbolo dell’infinito per eccellenza. La visione del giovane attecchisce velocemente su un terreno corrotto e amorale. Una rete di società e di ricercatori sperimenta le nuove tecniche di manipolazione genetica e crea infrastrutture nel sottosuolo che ospiteranno la nuova specie, in attesa che le condizioni della superficie si riequilibrino. Si dovrà aspettare anni, secoli, millenni. Non ha importanza perché il progetto gamma-genesi è a un passo dalla conquista dell’immortalità, la condizione in cui il tempo è solo relativo e ininfluente. Per fortuna esistono ancora le persone oneste e altruiste, come Patrizia Rovati, la bella genetista dai capelli rossi, che scoprirà il folle progetto e cercherà di fermarlo. Un gesto che le costerà molto caro, che le farà sacrificare tutto di sé, ma che insegna molto a noi. Patrizia deve fare un lavoro difficile, quello con cui nessuno vuole avere niente a che fare. Perché noi vogliamo vivere comodi nelle nostre case, cucinare con il microonde, guardare la tv in 3D, e lasciare fuori tutti i problemi, soprattutto se non sono nostri. Ma, forse, c’è qualcosa di più, qualcosa che dobbiamo scoprire, un fine per il quale siamo stati creati… “Dobbiamo arrivare molto al di là della nostra personale esistenza, dobbiamo pensare non come individui, ma come specie”. Non sono le mie parole, sono quelle

che Christopher Nolan mette in bocca al dottor Brand, nel film “Interstellar”. Le stesse parole che direbbe Alessandro Lamberti, il protagonista de “L’ora breve”, dovendo decidere tra il suo destino e quello

dell’umanità. Alessandro è uno scienziato che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca astrofisica. E ora è messo alla prova, più di ogni altro. È chiamato a rispondere a una sola domanda: come salvare la Terra dalla distruzione. Il professor Lamberti non è l’eroe della Marvin. È umano, con limiti e difetti. Ma non discute quando si trova a essere il primo della fila. Agisce e mette a disposizione la sua intelligenza, la sua esperienza, e la vita stessa. È nell’Osservatorio di Monte Porzio a Roma, che, insieme ad altri colleghi, Lamberti perfeziona la teoria della Timecage. Una teoria rivoluzionaria, che sconvolge il sapere della fisica moderna. Per salvare la Terra, è necessaria una navicella spaziale che superi la velocità della luce, e addirittura attraversi la barriera spazio temporale. Il lampo gamma non aspetta nessuno. E per organizzare la missione c’è poco tempo e soprattutto non c’è denaro, nemmeno di fronte alla fine del mondo. Sarà la Brain Projects, una società privata, a finanziare la costruzione della navetta e il suo propulsore antigravitazionale.

Questo sembra il tratto più fantascientifico di tutto il romanzo, ma, se diamo uno sguardo alla realtà, ci accorgiamo che la mia idea non è poi così distante. Esiste un laboratorio, denominato X, dove Google studia, in gran segreto, come migliorare il futuro dell’umanità. Un posto, cioè, dove si trovano soluzioni insolite a enormi problemi globali. Nelle stanze di Google X, una selezione dei migliori cervelli del mondo lavora nella ricerca per trovare la pillola che ti avvisa quando stai per avere un tumore, la lente a contatto che rivela la glicemia per combattere il diabete e il cucchiaio per i parkinsoniani che assorbe il tremore. Le riserve di liquidità che Google avrebbe accumulato vendendo pubblicità su internet superano i 62 miliardi di dollari. Per questo la compagnia sta virando i suoi interessi verso nuovi campi applicativi. Sapevate di Google X? Se la risposta è no, allora chi può dire che accanto a voi non vi sia un prototipo di gamma-genesi e che un lampo gamma non stia arrivando dallo spazio profondo? Intanto, vi consiglio di leggere il romanzo. In una notte lo finirete.

Associazione Amici dei Musei Pavesi

L’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pavesi propone per il mese di aprile

le seguenti iniziative culturali:

SABATO 11 APRILE - Visita alla mostra “Arte lombarda, dai Visconti agli Sforza”

Palazzo Reale - Milano

SABATO 18 APRILE - Visita alla mostra “Boldini. Lo spettacolo della modernità”

Musei di San Domenico - Forlì

Informazioni presso la segreteria di Santa Maria Gualtieri il martedì e il giovedì

dalle ore 16.30 alle ore 18.00 - email: [email protected]

C’È UNA COSA CHE IL MIO LAVORO DI SCRITTRICE MI HA INSEGNATO:

LA REALTÀ A VOLTE SUPERA LA FANTASIA. A un concorso, non vinsi perché mi dissero che la mia storia era inverosimile. Peccato

che fosse vera, e io avessi addolcito la crudeltà degli eventi accaduti. Da allora,

ho imparato che tutto può succedere, anche le cose che ci sembrano impossibili.

Cristina Bellon

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Pagina 8 Numero centotre - Marzo 2015

arà un gioioso “canto del cigno” questo 2015, terzo e ultimo anno di Fondart, in territorio pavese e

lomellino, grazie alle ultime azioni di messa in rete delle ormai collaudate relazioni tra Sartirana, Valle e Mede, cui si aggiungerà Pavia con il Broletto e forse - ancora attendiamo conferma - con l’Università. A maggio anche la Provincia chiuderà la sua partecipazione al progetto con una giornata di incontri in Sala Annunciata, utile per tirare le somme di tre anni di lavoro in cordata e per formulare un rapporto sui risultati da presentare a Fondazione Cariplo. Base per futuri sviluppi collaborativi, che hanno già in questo marzo il primo frutto con la mostra delle nostre “carte giapponesi” (1954) di Tomaso Buzzi, primo passo della nostra Fondazione in “Pavia in rete”. Ad essa seguiranno, come già accennato, altri interventi, in Castello ai Musei Civici e ancora poi in Broletto, sul tema del cibo, con il “carnevale in cucina” (le 56 opere di Buzzi, eseguite a Venezia tra il ‘51 e il ‘71 del secolo scorso, tra Torcello e Palazzo Labia) e con un allestimento (nelle sale del Romanico) con tavoli di design (Poggi /Cassina e Kartell, Zanotta...) apparecchiati con “stoviglie” in argento firmate dai nostri architetti più noti. Altro ponte lanciato a Milano Expo, sempre e comunque

“capitale del design”. E Bozzola, le cui opere sono state le “molliche”, segno/segnale guida/filo rosso di collegamento tra i siti e le diverse situazioni di cui sono state co/protagoniste? Che ne sarà del suo lavoro nei prossimi mesi? A Sartirana con altra scultura prima e poi con i più recenti oggetti di design dell’abitare. A Belgioioso con la moda e i tessuti vintage per l’arredamento. A Mede, a loro agio assoluto, con le opere della Collega Regina, poi con le nuove sperimentazioni fotografiche di Ugo Reitano. A Valle con gli affreschi romanici di Santa Maria e con i bronzi di Alberto Ghinzani, accanto a qualche ieratica seggiola curule di Mario

Ceroli e Marcello Pirro. A Pavia quest’anno il nostro Bozzola agirà in solitario, come già fece al Collegio Cairoli, magari riallacciando, anche in questa primavera che arriva, i rapporti consolidati con il lavoro di Benevelli e Staccioli. Occasione per rivedere il bel palazzo di Pollak (antico collegio germanico). Abbiamo mancato (e con grande rammarico) l’occupazione pacifica del castello di Vigevano. I suoi reggenti hanno preferito (alla nostra offerta, che era di cortesia e gratuita) una doppia e provincialissima importazione di foto di pregio, ma straviste dovunque . Al costo comunicato di forse 80.000 (dicansi ottantamila!) euros. Non centesimi! E poi

piangono! Peccato! Non hanno imparato a fare rete e sono stati sconfitti, come il gigante Golia, dal piccolo David dei Comuni lomellini, nella recente tenzone dei bandi regionali. Peccato due volte! Ma noi che invece siamo ormai vecchi del mestiere e delle pratiche di scambio collaborativo ..., che stiamo apparecchiando per la nuova stagione a Sartirana? Di nuovo in tandem di supporto con Pila Gallery, il Comune di Sartirana

e Pila Holding stiamo giocando altre carte design e moda, per tirare la volata a Bozzola, distratto dal progetto di tornare al rinnovato MAGA di Gallarate dal prossimo autunno. E allora a fine mese rimonteremo tutte le fonti luminose che abbiamo collezionato ed esposte in una dozzina di musei d’Africa ed Europa, Asia e Sud America. Arrivate a casa di recente dalla lunga tournée torneranno tra poco ad accendersi nei saloni ospitali dei vecchi magazzini da riso! Che già espongono lo strepitoso “food mood” di Ken Scott, imperdibile interpretazione artistico/decorativa del tema cibo, declinato con sfrenata ironia e fantasia. Da vedere assolutamente! Pila illuminata, dicevamo. Con le lampade storiche di Fontana Arte ed Artemide, seguite da quelle “vecchie” (di Stoppino e Colombo, per intenderci ) e nuove di Kartell. Poi Flos , La Murrina... Con quelle a metà strada tra produzione industriale e ricerca artistica (esempio Enzo Catellani) e quelle dichiaratamente opere “d’arte”, firmate anche se

magari in tiratura da Carmi, Lodola e Rinaldi... I semi lanciati stanno germogliando. Solo un deficit di braccia ed energia … impedisce a essi di impollinarsi in territori diversi e fecondare siti più lontani dal circuito attivato. Ci vorrà un nuovo bando Cariplo per allargare il cerchio. Come quello del

sasso lanciato nello stagno. Con ogni rispetto per gli

stagni... Ma cosa vi è di più eccitante della vista dell’acqua in movimento...? Come ambasciatori del “prodotto” made in Italia invece stiamo preparando spedizioni in Libano (una mostra, già annunciata ai lettori di Socrate al caffè, sulle sete per gli accessori di moda), e poi in Slovenia (un ritorno aggiornato della collezione di alta moda dopo la prima mostra/2002 al castello di Tivoli/Liublijana). A seguire, il trasferimento in Armenia della collezione di borse e calzature ancora a Bucarest, e una collezione delle nostre grafiche per il Verano Italiano a Buenos Aires, con un focus/omaggio a Carmi e Dova. Ma di questi viaggi parleremo sui prossimi numeri. Buona Pasqua ! Dalla … Fondazione Sartirana Arte Piazzale Ludovico da Breme 4, 27020 Sartirana Lomellina (PV)

FONDAZIONE

SARTIRANA

ARTE

NELLE FOTO

In alto, a sinistra Angelo Bozzola, Struttura architettonica

con posizioni variabili, 1954.

A destra Eugenio Carmi, Eva in terra 2.

Qui sopra

Roberta di Camerino 1970.

Qui a sinistra Foulards di Ken Scott: 1 - Jim

2 - Io scappo 3 - Kioto

4 - Johnny

di Giorgio Forni

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