la montagna tradita

6
DAVIDE CAPARINI DAVIDE CAPARINI

Upload: severino-damiolini

Post on 07-Apr-2016

212 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

Davide Caparini (Lega Nord), Berzo Demo (Bs), 13 febbraio 2015

TRANSCRIPT

DAVIDE CAPARINIDAVIDE CAPARINI

La montagna merita autonomiaLa crisi economica si affronta in modo credibile solo con pratiche quotidiane e formestrutturali di autonomia come hanno fatto in Svizzera dove l’ordinamento federale subase cantonale immunizza da qualsiasi forma di centralismo, sia nazionale cheregionale. La necessità è di porre al centro della discussione una proposta che diaautonomia e responsabilità alle popolazioni che abitano la montagna, che la conoscono,che la vivono anche con sacrificio e che abbiano esigenze comuni. Spesso i “soloni”dell’italico riordino amministrativo non sanno che piccoli comuni delle Alpi amministranoterritori immensi, altri non sono che modesti villaggi. Serve addivenire a un nuovoconcetto di montanità che qualifichi come montani esclusivamente quei territori concaratteristiche montane vere, anche se a volte molto diverse tra loro. La prima forma diautonomia è quella di lasciare recuperare ai comuni gli istituti premoderni di auto-organizzazione economica-sociale-politica. Quando è subentrato lo stato assistenziale,ora in crisi, si era prefisso di assicurarli a costi sempre più elevati, ormai insostenibili.

La democrazia comincia dal comuneLa democrazia comincia dal comune, che è cosa dei cittadini. L’autogoverno continuanella Regione, che come lo Stato da sé si fa le sue leggi. Le forme intermedie sonoinutili. Per contribuire a risollevare la sua montagna, la Lombardia può ben utilizzarel’articolo 116 della Costituzione, lì dove consente ad una Regione di contrattare formeparticolari di autonomia per sé o per una parte del suo territorio. Se un Ente intermedioserve, in luogo delle misere quanto dannose Comunitá montane istituiamo “areemontane autonome” su soli territori veramente montani per gestire la vera montanità:trasporti, viabilità, proventi dallo sfruttamento del territorio (acqua, boschi…), impianti dirisalita. La capacità di riattivazione di forme di auto-organizzazione può rappresentarela soluzione per fornire quei servizi che lo Stato non è più in grado di assicurare aicomuni di montagna e anche riattivare circuiti di microeconomia informali.

La montagna non ha bisogno di vincoliPer realizzare qualcosa servono le risorse ma anche l’eliminazione dei vincoli e dellepastoie burocratiche. Per attuare una politica per la montagna non servono le costosequanto inefficienti Comunitá montane. Se due o più comuni montani hanno bisogno diattivare iniziative sovracomunali sono perfettamente in grado di farlo senza doverdelegare ad ulteriore burocrazia. Il fallimento della politica per la montagna italiana èplasticamente raffigurato nella fuga dai nostri paesi al contrario di ció che è avvenutonei Paesi confinanti.

Il blu e l’azzurro rappresentano lo “spopolamento”, rispecchiano proprio i confini con glialtri Stati delle Alpi. Perché non possiamo anche noi adottare le leggi e le procedurecome i dirimpettai francesi, svizzeri o austriaci? La questione è veramente da meditarebene perché maggiori forme di autonomia e di autogoverno sono necessarie per gestireproblemi e risorse secondo la logica propria di un territorio di montagna. In passatoavevano individuato i Comuni ed hanno funzionato per oltre un millennio. Negli ultimicinquant’ anni hanno inventato le Comunità montane, le Unioni, i Comprensori, ecc, manon hanno funzionato. Vogliamo perseverare nell’errore.

Tagli ai comuni e alla regioneI Comuni pesano solo per il 7,8% della spesa della pubblica amministrazione, ma in ottoanni hanno rinunciato a 16 miliardi di euro tra Patto di stabilità e tagli di trasferimentierariali; i Comuni lombardi, dal 2010 al 2014, hanno subito una stretta finanziaria di 1,8miliardi, con un sacrificio pari a 180 euro per abitante. Per rispettare gli stringenti vincolidi bilancio, gli investimenti dal 2008 al 2012 sono stati ridotti del in Lombardia del14,1%. I spendono oltre il 70% delle loro risorse per servizi ai cittadini e il 28% per ilfunzionamento dei loro uffici. I comuni erogano i servizi e lo Stato non può ridurreulteriormente i trasferimenti in quanto servono a garantire i servizi: i soldi li investiamonell’assistenza agli anziani, cure domiciliari, manutenzione delle strade, trasportopubblico, scuole materne...cioè tutte quelle cose per le quali siamo stati eletti».

Tagliato il trasferimento al trasporto pubblico locale

Il Governo ha tagliato 155 milioni alla Regione Lombardia sul Trasportopubblico locale: le tariffe sarebbero aumentate del 25-30 per cento chesiamo riusciti a contenere al minimo indispensabile (al 4-5 per cento).

Il Patto di stupiditáStop agli appalti pubblici per le opere, economia del territorio bloccata e come effettocollaterale aumento delle tasse per i cittadini e imprese locali: queste sono leconseguenze dell'estensione del patto di stabilità ai piccoli Comuni al di sotto dei 5 milaabitanti a partire dall'anno in corso, il 2013, norma prevista dal Governo e già entrata invigore. Ma perché una norma che è stata pensata per bloccare il proliferare della spesapubblica in realtà va a penalizzare i comparti produttivi e tutta l'economia? Il saldo delpatto di stabilità è un sottoinsieme del saldo di bilancio comunale, il cui obiettivo èdefinito sulla scorta della percentuale indicata da Roma sulla spesa media calcolatasullo storico del triennio 2007-2009 (per il patto 2013)1. Ogni anno le modalità di calcoloe il triennio di riferimento possono variare leggermente. Il patto di stabilità primaancora che bloccare i lavori, blocca i pagamenti alle imprese. Per recuperarel'obiettivo di patto i comuni non hanno altra scelta che contenere le spese da una partee alzare qualche imposta locale dall'altra come Irpef e Imu. Per forza di cose asacrificare gli investimenti, cioè le opere, riducendole al minimo, a contenere la spesadove possibile, cioè nell'erogazione dei servizi, e contestualmente ad aumentare letasse. Sopra ai 15 mila abitanti, le città spesso hanno dei patrimoni che possonoalienare per rientrare più facilmente negli obiettivi di patto.

Chiusura delle scuole di montagnaCi sono 900 mila studenti nelle millequattrocento scuole di montagna e delle piccoleisole d'Italia. Non è storia da poco. Negli ultimi tre anni gli studenti fuori zona, dallaprima elementare alla terza media, sono rimasti invariati, ma gli istituti sono statifalcidiati: 236 scuole montane-isolane, in prevalenza montane, non ci sono più. Il 17 percento del totale in tre anni. È un fenomeno amministrativo parallelo a quello che èsuccesso con gli accorpamenti degli istituti in pianura, da 12.000 a 8.500, mal'operazione soppressione sulle Dolomiti e sui picchi dell'Abruzzo sta regalando allefamiglie disagi notevoli, viaggi chilometrici. Una rete aperta a tutti i presidi che per

1 Il saldo del patto di stabilità è definito poi in termini di competenza mista: competenza

per la parte corrente e cassa per la parte in conto capitale (opere e investimenti). In pratica alla definizione del saldo concorrono le entrate correnti (tributarie, trasferimenti ed extratributarie) e le spese correnti (utenze, funzionamento della macchina amministrativa, stipendi, erogazione di servizi) di competenza, le entrate in conto capitale (oneri di urbanizzazione e trasferimenti in conto capitale) e le spese in conto capitale (opere,

manutenzioni straordinarie, investimenti) di cassa. La differenza è sensibile: tutte le spese

e le entrate correnti sono valutate nel saldo di patto quando maturano, indipendentemente

dal fatto che siano effettivamente state sborsate o percepite, le spese e le entrate per investimenti, invece, sono registrate al momento dell'effettivo esborso.

superare l'isolamento vogliono introdurre formule didattiche nuove. Uno dei problemiprincipali, in questi casi, è la difficoltà di assegnazione dell'organico e l'elevato turnoverdei docenti: durano poco, in montagna, e la discontinuità dell'insegnamento rallental'apprendimento degli alunni. Nelle rete toscana, undici scuole, Indire ha previsto duemodelli, esportabili: "didattica condivisa" e "ambiente di apprendimento allargato". Ladidattica condivisa prevede l'uso quotidiano della videoconferenza tra due o più classiappartenenti a istituzioni scolastiche diverse. Nelle piccole scuole la lezione condivisafavorisce lo scambio di esperienze e garantisce l'insegnamento di tutte le discipline. Leclassi lontane spesso sono "classi capovolte", con gli studenti che imparano da soli, acasa, la teoria, poi la sperimentano in classe.

Chiusura degli uffici postaliPoste italiane in Lombardia riorganizza 180 uffici postali dei quali circa 121 sarannoridimensionati e altri 61 chiusi. In provincia di Brescia é prevista la chiusura di circa 10uffici e l'apertura a giorni alterni per altri 8 (chiuderanno le sedi di Botticino Mattina,Castelletto di Leno, Mazzano, Provezze di Provaglio d'Iseo, Brozzo di Marcheno, Cognodi Piancogno, Cogozzo di Villa Carcina e Magno di Gardone Valtrompia a giorni alterni,invece, saranno aperti quelli di San Martino della Battaglia a Desenzano, San Pancrazioa Palazzolo, Incudine in Valcamonica, ma anche Maderno, Ono San Pietro, PonteCaffaro a Bagolino, Prestine e Valvestino) descritte da Poste italiane come sedi«inefficienti, antieconomiche e che non svolgono un numero sufficiente di operazioni dagiustificarne costi di personale e di sede». I servizi postali, in particolare per le famigliee le imprese, sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane,come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di contocorrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze,soprattutto quelle di carattere legale.

Chiusura della sede staccata del Tribunale di BrenoDopo la chiusura del Tribunale Breno (con la gemella sede di Saló) ha perso unulteriore importante servizio: la sede Inail declassata da categoria “B” a “C”.

Iva sui pellet da riscaldamentoCosterà in media 50 euro in più a famiglia e produrrà un gettito previsto di 96 milioni dieuro per le casse dello Stato, la stangata sui pellet decisa dal governo Renzi.L’aumento dal 10 al 22% dell’Iva sui cilindretti di materiale legnoso che almeno duemilioni di famiglie utilizzano per alimentare le stufe che scaldano le loro abitazioni, avràinfatti un impatto consistente sui bilanci famigliari, già notevolmente alleggeriti da Imu,Tasi (Tassa sui servizi indivisibili), Tari (Tassa sui rifiuti) e dai vari aumenti adottati negliultimi anni. Che poi in questo caso a pagare saranno soprattutto le famiglie a bassoreddito, che negli ultimi anni avevano trovato nel pellet un combustibile economicoalternativo per far funzionare le stufe e risparmiare qualche centinaio di euro all'anno sulconto del riscaldamento, all'Esecutivo Renzi non sembra importare. Secondo l’ultimorapporto dell’Associazione italiana energie agroforestali (Aiel) l’Italia, con 3,3 milioni ditonnellate di pellet bruciati nel corso del 2013, è il primo consumatore in Europa di

questo materiale. Nel giro di pochi anni sono infatti state installate circa due milioni ditermostufe che utilizzando questo materiale, prodotto da scarti di produzione, sono ingrado garantire non solo il riscaldamento degli ambienti, ma anche quello dell’acquadomestica. Facile, quindi, capire perché il Governo abbia deciso di non assimilare più icilindretti in segatura compressa alla legna da ardere, sulla quale vale ancora l’impostasul valore aggiunto agevolata al 10%.

Imu montagnaBreve riassunto. I terreni agricoli l’Ici non la pagavano, poi arrivò il governo Monti con lasua manovra curiosamente detta Salva Italiae stangò pure gli agricoltori, EnricoLetta provò a sgravarne alcuni, ma senza esagerare visto che i conti pubblici eccetera.Ora siamo a Renzi, che ha deciso di non far pagare l’Imu sui terreni che stanno inmontagna. All’inizio aveva optato per un criterio altimetrico: niente imposta sopra i 600metri sul livello del mare (s.l.m.), imposta ridotta tra i 281 e i 599 metri.Poi, nel Consiglio dei ministri del 24 gennaio, ci ha ripensato: esenzione totale neicomuni montani e pure in quelli parzialmente montani però solo se il proprietario è unagricoltore. Chi decide com’è un Comune? Una tabella Istat: T (montano), P (così ecosì), NM (non montano).

Non fare nulla significa morireDa montanaro non sento che parlare di accorpamenti di comuni, di cancellazioni diprovince, di soppressione di tribunali, di uffici postali, di ospedali, di linee di trasporto,accorpamento di scuole e di tanto altro in nome dei risparmi. La burocraziaautoreferenziale romana che prepara le leggi ai politici, non si rende conto che ilmodello cittadino proposto non lo si può imporre alla montagna: “deve vivere soloquanto produce grandi guadagni”, lasciando continuare gli spechi a Roma. In questomodo le montagne diventeranno un deserto. Certo non mi riferisco a Pontedilegno,Madonna di Campigno o Livigno. Le uniche montagne conosciute dai politici e daiburocrati. La Politica non ha il coraggio di fondere i Comuni ed enfatizza le “Unioni” o le“Comunitá” destinatarie della gran parte delle funzioni dei Comuni con popolazione finoalla soglia di 3 mila abitanti prodromici centri di ulteriore burocrazia, di potere e dispesa. Di fatto si intende aggregare i piccoli Comuni montani con i Comuni più grandiposti a valle, con il risultato di azzerare la specifica rappresentanza democratica dellepopolazioni di montagna ed il loro storico impulso all’autogoverno. Se vogliamorilanciare la montagna da vivere, la strada da percorrere va decisamente nella direzioneopposta: autonomia.