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Centro di Aiuto alla Vita di Vimercate - Onlus NOTIZIARIO CAV • N. 32 • febbraio 2010 • Distribuzione gratuita “La forza della vita una sfida per la povertà” GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA 7 FEBBRAIO 2010 32 a

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Page 1: La parola al Presidentesalvare l'uomo nella sua interezza, la Chiesa si impegna per lo sviluppo umano integrale, che richiede anche il superamento dell'indigenza e del biso-gno. La

Centro diAiuto alla Vita

di Vimercate - Onlus

NOTIZIAR

IO CAV

• N. 32• febbraio 2010 • D

istribuzione gratuita

“La forza della vita una sfida per la povertà”

G I O R N ATA

NAZIONALE

PER LA VITA7 F E B B R A I O 2 0 1 0

32a

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Anche dietro un gesto semplice si cela la testimonianza di un rispetto pro-fondo per la vita e il desiderio di proteggerla e difenderla dai mille attac-chi fisici e ulturali che continuamente la minacciano.

SommarioLa parola al Presidente 03

La forza della vita una sfida per la povertà 04

Non c’è pace senza difesa della vita 05

La Messa per la vita 06

Legge 40: ancora manipolazioni 08

Non occorre essere buoni per accogliere 12

CAV: “entrate” diverse 13

C’è chi spreca... e chi ricicla per il CAV 16

I “Girasoli” chinano il capo? 17

Giornata Nazionale della Colletta Alimentare 20

Mamma, nonna, bisnonna e... prima volontaria del CAV 20Prossimi appuntamenti 23

Stampato in 4.000 copie

Orario di apertura: da Lunedì a Venerdì - ore 9,30/11,30

Sabato 1° e 3° del mese - ore 10,00/11,30

Centro di Aiuto alla Vitadi Vimercate - OnlusSede: Via Mazzini, 35 - Tel. 039/6084605 - Fax 039/6388112

• Il Centro di Aiuto alla Vita di Vimercate è un’associazione di natura umanitaria e culturale, priva discopo di lucro e commerciale, fondata sul volontariato e aperta alla collaborazione di tutti coloro chene condividono le finalità.

• Lo scopo primario del Centro di Aiuto alla Vita è quello di affermare il valore di ogni vita umana equindi di essere “a servizio della vita nascente” aiutando madri sole e coppie in difficoltà ad accettareil figlio concepito - anche quando ciò è fonte di fatiche e di difficoltà - a ritrovare ragioni e convinzioni,a superare i disagi e paure nell’accogliere la vita nascente o appena venuta alla luce, sostenendo lemadri prima e dopo la nascita del bambino.

• Il Centro di Aiuto alla Vita è nato dalla volontà delle 30 Parrocchie del Decanato di Vimercate, soste-nute da gruppi associativi e da medici dell’Ospedale, come gesto di carità sollecitato dal Card. MariaMartini.Le Parrocchie, riunite in Convegno Decanale, vi aderirono.Si realizzava così, nel Dicembre 1987, un progetto provvidenziale: tutte le Parrocchie si costituironosoci fondatori del Centro di Aiuto alla Vita di Vimercate.

• I 90 volontari del CAV e i 35 rappresentanti parrocchiali operano sul territorio in collaborazione conle Parrocchie del Decanato e tutti i comuni del Vimercatese. I 2500 soci, con il loro contributo, sonola fonte primaria di sostegno per l’associazione.L’attuale Giunta Esecutiva è così costituita: Presidente Michele Barbato,Anna Cereda, don Giovanni Frigerio, Emanuela Spreafico, Roberto Teruzzi, Don Giovanni Verderio, Bianca Villa.

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Con affetto e riconoscenzaDott. Michele Barbato

Carissimi amiciDa qualche tempo si è venuta a creare una situazione parti-colare tra il CAV e le parrocchie. Molti di noi hanno l’im-pressione che si sia rotto un feeling. Diverse possono esserele cause: di fatto in molte parrocchie si sono avviate le nuoveunità pastorali, con tutte le problematiche che si sonoaperte per la vita pastorale, e le nuove modalità di rapportotra parrocchie diverse. In questo contesto il CAV non sem-bra essere una delle preoccupazioni principali dell’azionepastorale. Infine, di tutti gli attuali parroci, solo uno è firma-tario dell’atto costitutivo del CAV. Personalmente penso che,dopo questa fase di disorientamento ed apparente disinte-resse, le parrocchie torneranno ad essere il luogo dellanostra azione e ci percepiranno come risorsa caritativa dellenostre comunità pastorali, rivolta alla vita nascente. Questoperò ci chiede di riproporre il CAV come luogo dove porre inatto concrete iniziative per sostenere la cultura della vita, perdifendere ed accogliere la vita che è sempre aggredita, sop-pressa, vilipesa e maltrattata più che mai. Nonostante que-ste difficoltà il CAV si muove, vive, lavora accoglie i bisognisempre nuovi che le circostanze e la Provvidenza ci pon-gono di fronte. In questo ultimo anno si sono venute a con-cretizzare due nuove iniziative: Lo sportello CAV in ospedalee la costituzione della Fondazione CAV.Con lo sportello CAV in ospedale, per la prima volta,abbiamo la possibilità di offrire, alle mamme che chiedonol’interruzione volontaria della gravidanza, una soluzionealternativa ad un gesto cosi grave di rifiuto della vitanascente. A noi è chiesta capacità di accoglienza e condivi-sione che deve essere sollecita a sfruttare lo spazio di tempoche intercorre tra la decisione di interrompere la gravidanzae il giorno fissato per l’intervento. Dobbiamo anche offriresolidarietà alla donna, che spesso decide per la morte delfiglio perché è sola, e questa solitudine distrugge il coraggiodell’accoglienza. A volte ci è chiesto il coraggio di condivi-dere delle difficoltà economiche o disagio sociale, anchesenza il concorso delle realtà pubbliche. Le mamme peròdevono intravedere solo un cuore che accoglie, non un giu-dizio, ma uno sguardo che riconosce in loro un valore chenon è sminuito dalla situazione in cui si trovano.

Chiediamo insiemeal Signore Gesù diessere capaci di toc-care il cuore di tantemamme e che laSua grazia ci con-ceda di assistere atanti miracoli diaccoglienza.La nascita dellaFondazione CAV è stata possibile, grazie al lascito dellasignora Chiara Farina, al patrimonio che il CAV ha costituitoin questi 22 anni di attività e alla donazione di un privato. La responsabilità per la gestione di questo patrimonioimmobiliare, ha messo subito all’opera i membri del consi-glio di amministrazione. Si stanno individuando le strutture da costruire per esseresempre più capaci di accoglienza in un settore particolar-mente difficile che è quello degli alloggi per le persone in dif-ficoltà. Si pensa inoltre alla costituzione di abitazioni pro-tette per mamme in difficoltà e a servizi a favore di famigliee mamme della zona: è un grande sforzo di immaginazioneper realizzare un luogo di bellezza, segno dell’abbraccioamorevole del Signore Gesù. Queste due nuove iniziative si affiancano a tutto quello cheil CAV già fa.Ciò mi sollecita a chiedere ai nostri volontari nuove capacità,ma soprattutto cuori traboccanti dell’amore di Gesù, che siaffianchino a noi per questa straordinaria iniziativa di carità.Per poter realizzare tutto questo ci verrà chiederà la dispo-nibilità forti somme, ma la Provvidenza non ci ha fatto maimancare il suo sostegno, servendosi della nostra inventiva edella generosità di tanti benefattori che vogliamo incorag-giare a continuare a sostenerci come e ancor più che in pas-sato. Tutto ciò chiede un sostegno particolare del SignoreGesù. Riprendiamo con coraggio ed entusiasmo la SantaMessa per la Vita, riproponiamola nelle nostre parrocchie eimploriamo costantemente la Grazia di essere strumentidella Sua azione.

La parola al Presidente

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Chi guarda al benessere economico allaluce del Vangelo sa che esso non è tutto,ma non per questo è indifferente. Infatti,può servire la vita, rendendola più bella eapprezzabile e perciò più umana.Fedele al messaggio di Gesù, venuto asalvare l'uomo nella sua interezza, laChiesa si impegna per lo sviluppoumano integrale, che richiede anche ilsuperamento dell'indigenza e del biso-gno. La disponibilità di mezzi materiali,arginando la precarietà che è spessofonte di ansia e paura, può concorrere arendere ogni esistenza più serena e dis-tesa. Consente, infatti, di provvedere a sée ai propri cari una casa, il necessariosostentamento, cure mediche, istru-zione. Una certa sicurezza economicacostituisce un'opportunità per realizzarepienamente molte potenzialità di ordineculturale, lavorativo e artistico.Avvertiamo perciò tutta la drammaticità dellacrisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta:la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano pos-sono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti,può abbrutire e l'assenza di un lavoro sicuro può far per-dere fiducia in se stessi e nella propria dignità. Si tratta,in ogni caso, di motivi di inquietudine per tante famiglie.Molti genitori sono umiliati dall'impossibilità di provve-dere, con il proprio lavoro, al benessere dei loro figli emolti giovani sono tentati di guardare al futuro con cre-scente rassegnazione e sfiducia. Proprio perchè cono-sciamo Cristo, la Vita vera, sappiamo riconoscere ilvalore della vita umana e quale minaccia sia insita in unacrescente povertà di mezzi e risorse. Proprio perchè cisentiamo a servizio della vita donata da Cristo, abbiamoil dovere di denunciare quei meccanismi economici che,producendo povertà e creando forti disuguaglianzesociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprat-tutto i più deboli e indifesi. Il benessere economico,però, non è un fine ma un mezzo, il cui valore è deter-minato dall'uso che se ne fa: è a servizio della vita, manon è la vita. Quando, anzi, pretende di sostituirsi allavita e di diventarne la motivazione, si snatura e si per-verte. Anche per questo Gesù ha proclamato beati ipoveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ric-chezze (cfr Lc 6,20-25). Alla sua sequela e testimoniandola libertà del Vangelo, tutti siamo chiamati a uno stile divita sobrio, che non confonde la ricchezza economicacon la ricchezza di vita. Ogni vita, infatti, è degna diessere vissuta anche in situazioni di grande povertà.L'uso distorto dei beni e un dissennato consumismopossono, anzi, sfociare in una vita povera di senso e diideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e

di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cuisiamo custodi e non padroni. Del resto, tutti cono-sciamo persone povere di mezzi, ma ricche di umanità ein grado di gustare la vita, perchè capaci di disponibilitàe di dono.Anche la crisi economica che stiamo attraversando puòcostituire un'occasione di crescita. Essa, infatti, ci spingea riscoprire la bellezza della condivisione e della capacitàdi prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non èla ricchezza economica a costituire la dignità della vita,perchè la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e per-ciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denun-ciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano delgiudizio etico, il delitto dell'aborto. Sarebbe assai poveraed egoista una società che, sedotta dal benessere,dimenticasse che la vita è il bene più grande. Del resto,come insegna il Papa Benedetto XVI nella recenteEnciclica Caritas in veritate, "rispondere alle esigenzemorali più profonde della persona ha anche importanti ebenefiche ricadute sul piano economico" (n. 45), inquanto "l'apertura moralmente responsabile alla vita èuna ricchezza sociale ed economica" (n. 44).

Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essereancora più solidali con quelle madri che, spaventatedallo spettro della recessione economica, possonoessere tentate di rinunciare o interrompere la gravi-danza, e ci impegna a manifestare concretamente loroaiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che, nella ricchezza onella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tuttisiamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoroprezioso dal momento del concepimento fino al suo spe-gnersi naturale.

“La forza della vita una sfida per la povertà”Messaggio CEI per la 32a Giornata Nazionale per la Vita

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Che c’entra la difesa della vita con la battaglia contro la pena di morte? A rispondere alledomande di Zenit è Ernesto Olivero fondatore del Sermig (Servizio Missionario Giovani)e dell’Arsenale della Pace di Torino.

“Per chi come me si impegna da sempre ad aiutare nel mondo vite umaneschiacciate dalle guerre e dalla fame, come non spendersi per salvare unavita che nasce? Ci sarà pace quando la vita dell’uomo sarà rispettata,accolta, amata sempre, dal concepimento alla morte, sempre con il mede-simo amore, in ogni parte del mondo”.

La cultura dell’Io dominante ha fatto sì che anche l’aborto venisse considerato un dirittodella donna. Anche su questo punto Olivero è categorico. “Se Io sono al centro di tutto,i miei dritti non sono in discussione. E’una questione di scala di valori e in questo siamotutti da rieducare, soprattutto noi cristiani che abbiamo perso la nostra identità. Oggioccorre avere il coraggio di fare un passo indietro nei nostri diritti acquisiti e pensare cheper offrire a tutti le medesime opportunità di vita, forse dobbiamo accontentarci tutti diavere di meno. Sicuramente dobbiamo mettere al centro il più debole: l’anziano, ilmalato, il bambino… Chi crede che la vita è un valore in sé, crede che lo è sempre ecomunque, dal primo momento fino alla fine; crede che non c’è vita che vale più di un’al-tra: la mamma e il bambino vanno accolti entrambi e aiutati entrambi. Il diritto alla vitaè diritto di tutti e soprattutto è diritto della vita più debole ad essere fasciata di cure, diaffetto, di attenzione.Se avessimo vera-mente a cuore ledonne, se le amas-simo veramente, leaiuteremmo a capireche l’aborto creauna ferita che nonsi rimargina più, leaiuteremmo a nonarrivare ad un attodi così grande cru-dezza.Oggi viviamo in unmondo che conti-nua a tuffarsi nelbaratro della mortee per ribaltare que-sta tendenza lastrada da intrapren-dere è quella dell’amore, è quella di farsi gli affari degli altri. Le azioni concrete di ognunodi noi possono contribuire perché ogni vita sia vissuta in pienezza.In un luogo come l’Arsenale della Pace, la realizzazione della culla della vita resta unsegno, un richiamo per tutti noi a guardarci attorno perché accanto a donne e madri indifficoltà non manchi mai un consiglio, un aiuto, una mano amica.Dobbiamo lavorare perché ogni persona abbia le opportunità per vivere una vita pienadi dignità, in ogni fase della vita.

Non c’è pace senza difesa della vita

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“Rompere il ghiaccio del nostro cuore per lasciar penetrare la Luce”

È l’augurio di questa Giornata per la Vita

Intervista a Ernesto Olivero, fondatore del Sermig

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Il CAV, o meglio, la gente di questa nostra Onlus, ha una vita un po’ complicata: ci sono mille problemi darisolvere, iniziative da organizzare o da rilanciare, contatti da tenere, incontri e colloqui giornalieri, visitee guai piccoli o grandi da dipanare… e poi-ché gli amici del CAV sono tanti e la loropresenza è indispensabile, è sempremolto importante fare attenzione che lascelta di essere Popolo della Vita non siappanni mai, sia decisa e precisa negliorientamenti, nelle convinzioni e nellostile di vita concreto, altrimenti questaAssociazione, oltre a perdere la sua viva-cità e i suoi frutti, smarrirebbe anche ilsenso del suo esistere. La scelta fondantedel CAV è accogliere la Vita, servirla, difen-derla, proteggerla nella sua dignità.Questi principi non sono “altro” dalCristianesimo vissuto come intendeCristo, ma per essere sempre in grado di“rendere ragione” delle nostre scelte difondo, compresa quella di questo chiaroamore per la Vita, è indispensabile averleradicate fortemente nella coscienza e nellaragione, averle, cioè, pensate, ragionate, discusse, poste a confronto con le Parole del Nazareno e, infine,averne tratto tutte le conseguenze logiche e pratiche possibili. Una delle scelte fondamentali del CAV è LaMessa per la Vita. Anzi, a dire il vero, prima è nata la Messa per la Vita, poi è nato il CAV. Così possiamoben dire che questo momento mensile è non solo importante, ma indispensabile alla vita stessa del CAV.Però, come ogni decisione presa, per mantenersi valida e coerente, è necessario appunto riguardarla ognitanto, ripensarci e ri-motivarla per riscoprirne le ragioni e la validità. Per fare questo abbiamo pensato dichiedere l’aiuto del nostro Decano, don Giovanni Verderio, così gli abbiamo fatto una breve intervista.

Da sempre lei condivide pienamente i principi del Cav e sostiene con impegno la nostra attività sul terri-torio; poiché abbiamo l’impressione che ultimamente le Messe per la Vita abbiano perso un po’ di smalto,vedano cioè una comunione d’intenti un po’ scarsa e “impigrita” da parte di alcuni soci e confratelli, lechiediamo di aiutarci a rivedere questa iniziativa e a rimotivarne l’origine.

Non credo certo di sbagliare affermando che il Centro di Aiuto alla Vita è sorto proprio a partiredall’Eucaristia. Da Dio, che in suo Figlio si dà completamente nelle nostre mani, viene in luce chiarissimal’unica, vera ed efficace evidenza per una piena realizzazione umana… vale a dire: “Io ho dato la vita pervoi, completamente e totalmente, senza condizioni. Voi, che siete figli e fratelli tra voi, prendete esempio da mee date la vita gli uni per gli altri…” L’Eucaristia, dunque, è il momento in cui si rinnova concretamente que-sta “enormità”, questo fatto misterioso e tenerissimo di Dio che ancora si dà ai suoi poveri figli, perchéessi, trasformati in Lui, abbiano la forza di darsi ai fratelli. Da questo fatto, partecipato e condiviso confede e consapevolezza, non può che nascere il desiderio di porsi sempre e comunque al servizio di que-sto dono grande che è la Vita, personale e dei fratelli. Da qui l’amore per la stessa esistenza in tutte le suemanifestazioni; da qui scaturisce ogni modo personale di tradurre in realtà una vera attenzione alla Vita e,infine, anche l’idea e la costruzione di questa Associazione, che guarda a ogni vita come sua finalità. Alloraè indispensabile, per “chiarirsi dentro”, richiamarsi sempre al centro di tutto, cioè all’Eucaristia. Se, ragio-nevolmente, abbiamo riconosciuto questo momento di fede come “luogo” da cui scaturiscono l’atten-zione e l’amore per l’esistenza umana, è soprattutto col frequentare tale luogo che si rinnova e si rafforzal’energia da mettere in campo per servire efficacemente la Vita!

La Messa per la vita

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Intervista al decano Don Giovanni Verderio

La grande Messa per la Vita concelebrata da tutti i sacerdoti del decanato in occasione del

20° Anniversario di forndazione del CAV

Carmen Mazza

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Lei ha detto ragionevolmente e ha inserito, giustamente, la ragione nel-l’atto di fede che riconosce nella Messa anche il ripetersi del sacrificiodi Cristo a servizio dell’umanità. Vuole chiarirci ora perché, celebrandoper la Vita si dovrebbe rinnovare il nostro impegno?

Intanto, come dice l’antico Elia presbitero, “…né è buona la prassi senzala ragione, né è buona la ragione senza la prassi…” vale a dire che il faresenza l’uso del ragionamento e viceversa, non può funzionare, non èpienamente umano; sicché anche il portare a compimento un impe-gno, come quello a favore della vita, richiede un pensiero compiuto eaccettato dalla logica (vedi la scelta e l’indicazione del Signore dellaVita riguardo l’esistenza dell’uomo) e nello stesso tempo, il gran ragio-nare sui perché, sulle scelte e sui bei proclami risulta sterile, se nons’accompagna a un giocarsi materialmente a favore di chi vive o chiededi vivere, oppure ha semplicemente la vita in sé. Se nell’Eucaristia c’è ilrichiamo esigente ad essere realmente custodi e cultori della Vita, eccoche il vivere insieme la S. Messa indirizza e sostiene in quel senso.

Ma non è forse riduttivo o strumentale fare Messe per la vita?

Certamente no. La Messa non è usabile contro nessuno, se per stru-mentale s’intendesse questo. La Messa che facciamo per i nostri morti,ad esempio, non può certo essere considerata contro i vivi; oppure laMessa per un matrimonio… contro chi? O quella per i Caduti, o tutte le altre che portano una qualchededica o memoria. La Messa ha un infinito valore, un’infinita ricchezza in sé, tale da poter evidenziare unaspetto o un altro, a favore dei partecipanti, senza alterare alcunché del suo essere tesoro grande. NelleMesse per la Vita, si sottolinea, come dicevo prima, il dono d’amore grande che Gesù ha fatto, la sua infi-nita considerazione della vita dell’uomo, l’invito a servire l’esistenza in quel modo bellissimo! Dunque in tutto questo entra la preghiera che accompagna i bambini non nati, la richiesta d’aiuto per lemamme che non hanno saputo o potuto dar loro la vita, l’invocazione per chi sbaglia e distrugge la pro-pria e l’altrui esistenza, la domanda di perdono per chi offende la vita in qualche suo aspetto, l’istanza disostegno e accompagnamento per chi si trova al limitare del percorso umano… e oltre a tutto questo, ine-vitabilmente, nella Messa ci si confronta con noi stessi, le nostre aspirazioni, debolezze e miserie. Altro che strumentale!

La Messa per la Vita, nella condizione storica in cui citroviamo, è anzi un ottimo mezzo educativo: siamotutti a rischio di ottundimento sul fronte dei principifondamentali, sia per quanto riguarda la fede, sia perciò che attiene il vivere civile. Spesso è troppo facileaccettare per buono anche ciò che immiserisce eaddirittura scalza il rispetto per la vita, perciò laMessa, che svolge una continua operazione dirichiamo verso la parola, l’amore e l’esempio diGesù, è (come d’altronde è sempre stata) il centroirradiante di ogni serio impegno dell’uomo e perl’uomo.

Per concludere, avrebbe qualche suggerimento ariguardo della Messa per la Vita?

Visto tutto quel che ho detto fin qui, è chiaro che a questa Messa io tengo molto e ritengo che esprimaproprio la stima e l’amore incondizionato per la Vita. Mi sembrerebbe sensato che ogni parrocchia, aturno, oltre che nella canonica Giornata per la Vita, celebrasse questa Messa almeno un’altra volta nel-l’anno, invitando fortemente i parrocchiani alla partecipazione e curandone ogni aspetto. Cioè: anzichéfatta sempre in ospedale (lì si potrebbe fare alla fine dell’anno pastorale, per tutti, una volta) la vedrei pro-prio nelle parrocchie, come momento davvero importante per celebrare questo dono del Padre e per sen-sibilizzare su questo e altri principi inerenti. Ritengo che per un’iniziativa in tal senso i sacerdoti, pur dav-vero oberati da tantissimi impegni e scelte anche nuove e coinvolgenti, potrebbero coordinarsi e ordinareil tutto.

Grazie, don Giovanni!

La Messa non è usabile contronessuno, se per strumentale s’in-tendesse questo. La Messa chefacciamo per i nostri morti, adesempio, non può certo essereconsiderata contro i vivi. LaMessa per la Vita, nella condi-zione storica in cui ci troviamo, èanzi un ottimo mezzo educativo:spesso è troppo facile accettareper buono anche ciò che immise-risce e addirittura scalza il rispettoper la vita, perciò la Messa, chesvolge una continua operazionedi richiamo verso la parola, l’a-more e l’esempio di Gesù è il cen-tro irradiante di ogni serio impe-gno dell’uomo e per l’uomo.

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"Come sa bene l'opinione pub-blica, almeno quella più avver-tita di fronte ai problemi dellabioetica, la recente legge 40sulla procreazione assistita -che già era uscita egregiamentedalla prova referendaria - hasubito un duro attacco attra-verso una recente sentenzadella Corte Costituzionale (n.151/2009). Tale attacco non hacancellato la legge, andando atoccarne solo alcuni punti. Iproblemi che si aprono, però,sono molteplici: l'impiantosostanziale di una legge chetenta di ridurre al minimo lo

"spreco" di embrioni (leggi: viteumane) resta comunque in piedi? Quali punti sono rimessi in discussione? Suquali aspetti legislativi si può ancora fare leva per un percorso di fecondazioneche sia comunque rispettoso della vita? Come si comportano, nella realtà deifatti, consultori, centri di fecondazione artificiale, operatori del settore?Per approfondire questi temi delicati, abbiamo chiesto il contributo di un esperto,il professor Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale nella Università Cattolica- Piacenza, il quale, con grande precisione, ci conduce attraverso una attenta ana-lisi della situazione legislativa ed apre una seria questione su piano operativo."

La sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale e la legge 40/2004

La pronuncia della Corte Costituzionale depositata lo scorso 8 maggio 2009determina una situazione di notevole ambiguità, dalla quale taluni hanno volutodedurre lo scardinamento delle regole fondamentali che la legge n. 40/2004 haintrodotto in materia di fecondazione extracorporea a fini procreativi: tali regole,tuttavia, restano per gran parte vigenti, sebbene si possa temere che a seguitodella sentenza ne risulti favorito un aggiramento di fatto.I possibili riflessi di tale sentenza posso essere distinti in due punti: il primo rife-rito agli embrioni ordinariamente coinvolti nella procedura procreativa e ilsecondo relativo alla problematica della c.d. diagnosi preimpiantatoria.La sentenza prevede, rispetto all’art. 14 co. 2 della legge, il venir meno sia dellimite tassativo di tre embrioni generabili per ciascuna applicazione delle «tecni-che», sia del vincolo costituito dalla loro destinazione «ad un unico e contem-poraneo impianto». Il limite previsto in materia dalla legge resta in tal modo rife-rito, oggi, al permanente divieto di «creare un numero di embrioni superiore aquello strettamente necessario»: con un’evidente problematica interpretativacirca il significato di tale necessità (nell’ambito di una tecnica che non è mai ingrado di assicurare il successo di un singolo ciclo di trasferimento embrionarioin utero), problematica che viene elusa dalla sentenza, in sede di motivazione,col mero rimando all’«autonomia» e alla «responsabilità» del medico. Resta chiaro, peraltro, che gli embrioni non trasferiti in utero non possono essere

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Legge 40: ancora manipolazioniLuciano Eusebiordinario di Diritto penale nella Università Cattolica – Piacenza

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distrutti, stante il permanente divieto della loro soppressione, di cui all’art. 14 co.1 della legge. Dal che deriva, come attestano i giudici costituzionali, «la neces-sità del ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodottima non impiantati per scelta medica».Inoltre, la sentenza richiede rispetto al co. 3 del medesimo articolo «che il tra-sferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come previsto intale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna»:con la ben nota problematica che riguarda l’interpretazione e l’estensione delconcetto di salute, nonché il rapporto tra tale bene, inerente alla donna, e la vitadel concepito.A tal proposito la sentenza della Corte costituzionale attribuisce alla stessa leggen. 40 di aver previsto un declassamento della tutela relativa all’embrione e confi-gura, in tal modo, la sua pronuncia come se si ponesse in continuità con le sceltedi fondo già operate dalla legge stessa: il che costituisce una palese forzatura.La sentenza afferma infatti che la legge in oggetto avrebbe comunque ammesso«un limite alla tutela apprestata all’embrione, poiché anche nel caso di limita-zione a soli tre del numero di embrioni prodotti, si ammette comunque chealcuni di essi possano non dar luogo a gravidanza, … consentendo un affievoli-mento della tutela dell’embrione al fine di assicurare concrete aspettative di gra-vidanza». Per cui, così si conclude, «la tutela dell’embrione non ècomunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare ungiusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procrea-zione».La sentenza n. 151/2009 desume pertanto dall’inevitabile incer-tezza (una volta ammessa la fecondazione in vitro) del destino cuiandranno incontro gli embrioni trasferiti in utero, una scelta direlativizzazione circa la tutela degli embrioni coinvolti. Il che, tut-tavia, sovrappone problemi fra loro ben diversi. È vero che ilricorso alle tecniche di c.d. procreazione assistita implica, tuttora,percentuali elevate di mancato annidamento degli embrioni tra-sferiti: e ciò di certo rappresenta un problema etico nel ricorso auna tecnica per sé «non naturale». Ma è noto che anche a seguitodi concepimento «naturale» molti embrioni non riescono adannidarsi (e taluni, come ben si sa, enfatizzano i tassi presumibilidi una tale evenienza). Per cui, secondo l’argomentazione dellaCorte, il fatto stesso del concepire implicherebbe, paradossal-mente, una disponibilità «affievolita» alla tutela dell’embrione.In realtà, la legge n. 40 intendeva assicurare che gli embrionigenerati (tutti gli embrioni generati, salvo quelli strutturalmenteinidonei) avessero la possibilità concreta dell’annidamento, comeaccade per gli embrioni concepiti mediante atto sessuale. In talmodo evitando ciò che ora sembra tornare possibile, cioè la sus-sistenza di molteplici embrioni soprannumerari, destinati all’in-certissima condizione, nei suoi esiti, del congelamento (sempreche tali embrioni vengano effettivamente crioconservati).Più in generale, la scelta fondamentale della legge, apprezzata anche in sedeinternazionale, era stata quella di non favorire procedure di c.d. procreazionemedicalmente assistita di scarsa qualità, in quanto costruite sulla moltiplica-zione degli embrioni coinvolti: offrendo, piuttosto, una forte indicazione almiglioramento delle tecniche, tale da ridurre progressivamente il numero degliembrioni perduti (e tale da evitare, in futuro, la stessa stimolazione ovarica delladonna). Non si dimentichi, d’altra parte, che la legge tedesca continua a preve-dere il limite riferito a tre soli ovociti fecondabili. Supportato, dunque, da un’argomentazione capziosa, viene ripreso dalla sen-tenza l’assunto di una «bilanciabilità» della tutela inerente alla vita del concepitocon altre esigenze (anche di natura soggettiva): assunto sul quale già si era fon-data la sentenza n. 27/1975 della Corte costituzionale in materia di aborto, al finedi legittimare quest’ultimo in presenza di un pericolo (lo si richiedeva «grave e

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In Italia (ma non solo)sta diventando abitualeil picconamento dileggi eticamente sensi-bili attraverso impu-gnazioni e sentenze.Ma non è accettabileche venga affidata allamagistratura la riscrit-tura della mappa antro-pologica di un popolo, nell’ignavia di tanti.

(Avvenire, giovedì 3 dicembre 2009)

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medicalmente accertato») per la salute della donna (che nella legge n. 194/1978diviene «salute fisica o psichica»), pur non sussistendo la proporzione tra il benetutelato e quello sacrificato prevista dalla norma sullo «stato di necessità» (art.54 c.p.), cui in quel caso veniva fatto riferimento. Tutto questo sulla base di undistinguo – insostenibile sotto il profilo logico e bio-logico – tra il rango della vitaprenatale e quello della vita postnatale (circa i rischi di una flessibilizzazione delruolo dei diritti inviolabili connessi alla dignità umana, e in particolare del benevita, rispetto ad altre esigenze, si considerino, per esempio, i molteplici interventidel ben noto costituzionalista tedesco E.-W. Böckenförde). La sentenza in esame motiva, inoltre, l’abrogazione del limite dei tre embrioniavendo riguardo esclusivo all’intento di evitare (grazie a una riserva di embrionicongelati) il ricorso a ripetute stimolazioni ormonali nei confronti della donna:

trascurando del tutto di considerare che l’intento limita-tivo della legge intendeva evitare, proprio a tuteladella salute della donna, stimolazioni particolar-mente intense (quali sono necessarie per indurre lamaturazione di numerosi ovociti), idonee talora aingenerare la pericolosa sindrome da iperstimola-zione ovarica (tra l’altro, gli ovociti derivanti da sti-molazioni blande si manifestano di migliore qualitàai fini della procedura procreativa).Non può del resto trascurarsi che di regola, per ovvieragioni, non è auspicato dalla donna, ai fini del-l’embryo-transfer, il ricorso a embrioni i quali abbianosubito una procedura di congelamento e successivoscongelamento.Attualmente, dunque, il medico non deve «creare unnumero di embrioni superiore a quello strettamentenecessario», senza specifica indicazione del criteriodi riferimento per valutare tale necessità: a rigore, sidovrebbe concludere che quando si progetti di tra-

sferire in utero, come oggi per lo più accade, dueembrioni e non vi sia la disponibilità della donna ad

accettare comunque, successivamente, il trasferimento di eventuali embrionicrioconservati debba procedersi alla fecondazione di due soli ovociti. In ognicaso, gli embrioni non trasferiti (sovrannumerari) devono essere crioconservatie non possono essere soppressi (con persistente applicabilità, in caso di viola-zione, delle sanzioni penali previste dalla legge). Il trasferimento degli embrioni(«freschi» o crioconservati) deve comunque avvenire, come riconosce la stessasentenza n. 151, «non appena possibile» (art. 13, co. 3), ma dev’essere effettuato,secondo la Corte, «senza pregiudizio della salute della donna»: d’altra parte, giàprima della sentenza il medico non era nella condizione di realizzare un trasferi-mento coattivo. In ogni caso, non può procedersi, una volta effettuato il trasferi-mento, ad aborti selettivi, essendo «vietata la riduzione embrionaria di gravi-danze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge n. 194/1978» (art. 13, co. 4). In questo quadro, non si vede come potrebbe reputarsi corretta, secondo i primitre commi dell’art. 14, una prassi la quale preveda ab initio il generare embrionieccedenti rispetto al numero di essi che s’intenda trasferire immediatamente inutero, facendo conto sul fatto che in caso di successo del trasferimento la donnaabbandonerà gli embrioni residui, richiamandosi a un supposto pericolo, altri-menti, per la sua salute psichica.La problematica si complica ulteriormente con riguardo all’abolizione (recepitadalle Linee guida vigenti, in base alla sentenza n. 398/2007 TAR Lazio) dellaregola che, secondo le Linee guida del 2004, limitava la diagnosi sugli embrioniin vitro al profilo osservazionale: abolizione la quale, tuttavia, non ha fatto venirmeno né il divieto di ricerca su ciascun embrione quando essa non abbia «fina-

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lità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allosviluppo dell’embrione stesso» (art. 13, co. 2), né il dato di fatto per cui la dia-gnosi preimpiantatoria implica un intervento quanto mai invasivo (e pericoloso)sull’embrione (con risultati per giunta scarsamente affidabili), privandolo di unao due cellule quando ne ha meno di otto, né il divieto di «ogni forma di selezionea scopo eugenetico degli embrioni» (art. 13, co. 3, lett. a), né l’orientamento degliatti fecondativi a sole finalità procreative (con esclusione,dunque, di quelle selettive), ex art. 1, co. 1 (il quale, delresto, continua a individuare ciascun embrione comesoggetto titolare di diritti).Si prospetta, dunque, l’eventualità che, attraverso forza-ture interpretative di norme non modificate della legge n.40, il numero degli embrioni generati possa essere dila-tato per operarne successivamente una selezione aseguito di diagnosi preimpiantatoria, e ciò in termini talida garantire probabilità significative di poter trasferire(in relazione, soprattutto, a determinate malattie geneti-camente trasmissibili) embrioni non portatori di carat-teri indesiderati: con abbandono degli embrioni residui,a seguito di rifiuto della donna al trasferimento (rifiutomotivato con il pericolo, in caso contrario, di danni perla salute psichica).In tal senso si avrebbe per la prima volta una genera-zione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioènon finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgerel’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzio-nale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già ini-ziata. Il che orienta a perseguire strade le quali evitino lagenerazione di vite umane segnate da gravi malattie senza prevedere l’interru-zione delle medesime quando già sussistano, in contrasto insanabile coi principifondamentali relativi alla dignità di ogni esistenza umana.

Ciò che complessivamente s’è detto esigerebbe, quantomeno, un attento moni-toraggio delle prassi adottate nei Centri di c.d. procreazione medicalmente assi-stita dopo l’emanazione della sentenza n. 151/2009, in modo che le medesimepossano essere discusse e rimangano, in ogni caso, conformi alla legislazionevigente.

PER APPROFONDIRE:

www.medicinaepersona.org/cm/argomento.jhtml→ fecondazione assistitawww.scienzaevita.org/dossier.php→ legge 40www.forumfamiglie.org/rassegna.php→ bioetica → fecondazione artificiale

Sfuggito alla pillola anticoncezionale, a quella del giorno dopo, alle tecnichedi procreazione in vitro, alla selezione pre-impianto, alla crioconservazione eallo scongelamento, alla riduzione soprannumeraria, agli esami di diagnosticaprenatale e all’aborto (chirurgico o “fai date”)...

… oggi ogni bambino che nasce è sempre un “bambino prodigio”!

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Non occorre essere buoni per accogliereSara Meazzini

Sfuggito alla pillola anticoncezionale, a quella del giorno dopo, alle tecniche di procreazione in vitro, allaselezione pre-impianto, alla crioconservazione e allo scongelamento, alla riduzione soprannumeraria, agliesami di diagnostica prenatale e all’aborto (chirurgico o “fai date”),… oggi ogni bambino che nasce è sempre un “bambino prodigio”!Galeotto fu un gelato preso a Burago euna breve passeggiata fino alla bacheca della Chiesa dove era appeso un volantino dal titolo “Non è neces-sario essere buoni per accogliere”. Ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto partecipare a questi veri epropri esercizi spirituali, anche perché predicati da Monsignor Mauro Inzoli, che conoscevo “di fama” perla realtà di affido sorta 25 anni fa intorno a lui. Inoltre, dopo il secondo recente aborto spontaneo, eromisteriosamente desiderosa di aprire la mia vita, spinta a un’accoglienza, pur senza aver chiara la formache quest’ultima avrebbe potuto prendere. La meditazione è stata un commento, pieno di concretezza, allaseconda lettera di San Paolo ai Corinzi, capitolo IV e V: “Un tesoro in vasi di creta; Una casa non fatta damani d’uomo”. Queste le parole, che più mi hanno colpito, durante l’incontro. Noi, vasi di creta, portiamoun tesoro, perché appaia la potenza straordinaria di Dio. La vita di Gesù, che ha scelto di morire per noi,si manifesta ORA nella nostra carne mortale, nella nostra vita, con i pregi e i difetti di ciascuno. Se fissiamolo sguardo sulle cose invisibili,eterne, ci accorgeremo che l’amoredi Cristo ci spinge, che siamo crea-ture nuove! Gesù è morto e risortoper me, che sono stato voluto, e cosìè con me tutti i giorni, qualsiasi cosaio faccia. La carità è introdurre al rap-porto con il Signore, che ti cerca edesidera. Allora, se si parte dal rap-porto col Signore, si diventa creaturenuove, capaci anche di sopportarel’ingratitudine di un figlio che acco-gli, perché “tutto io posso in coluiche mi dà forza”. Durante la matti-nata c’è stata anche la testimonianzadi Emilio, un papà “naturale-affidata-rio-adottivo”. Dal suo racconto,pieno di sincerità, è apparso evi-dente come la fatica e le difficoltàlegate all’accoglienza in sensoampio, siano sopportabili e supera-bili grazie al rapporto con sua moglie, condon Mauro e con gli altri coniugi che con-dividono l’esperienza dell’affido. Davanti aipropri sbagli, fatiche e/o limiti Emiliodiceva di sentirsi trattato con misericordiae quindi amato e perdonato. È puntando losguardo sulle cose invisibili che ci si buttain avventure che sarebbero, altrimenti, daconsiderare assurde! È il caso dell’affido diun bambino piccolo, gravemente malato,accolto congiuntamente da tre famiglieche, per la sua breve vita, è stato amato etrattato come un tesoro! La prospettiva del-l’accoglienza si può forse riassumere conquesta frase: cosa facciamo oggi, Signore,io e Te? Cosa, chi mi fai incontrare oggi? Equesto, credo, possa valere per tutti, al di làdell’affido o dell’adozione!

Cafarnao, anno 30 d.C.; Roma, anno 1600. Lo stesso fatto,lo stesso gesto. Questo aveva in mente Caravaggio quandodipinse la Vocazione di San Matteo, tanto che veste Matteoe i suoi compari non alla nazarena, ma con gli abiti di fine‘500; tanto che la faccia di Matteo, come quelle dei com-pari, erano le facce dei suoi amici, che lui usava comemodelli per dipingere; tanto che mentre la mano destra diGesù chiama Matteo, la sinistra è rivolta verso lo spettatore.Caravaggio sapeva che ad esistere è solo l’istante, nonaltrove, non domani o tra un minuto. Qui e ora. Tanto che,sebbene tutti i personaggi vengano investiti dalla luce diGrazia della chiamata che irrompe teatralmente con Cristo,solo uno di loro capisce di essere chiamato. Chiamato inquell’istante. Qui e ora. Come noi, davanti a questa imma-gine, in questo inizio d’anno.

Vimercate, anno 2009: tu a chi rispondi, qui e ora?

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Via Mazzini,45. Al primo piano c’è l’ingresso; di fianco, una statua dellaMadonnina dal manto azzurro. Un’occhiata al viso dolce: “Meno maleche ci sei tu a tenermi d’occhio!!”. Entro. “Ciao a tutti!” Mi rispondonomolte voci. A sinistra del breve corridoio, in cui Anna litiga con il fax, tremagnifiche donne sono molto prese a discutere dei bisogni dell’ultimo“caso” accolto: “Ci sono ancoraomogeneizzati?” “Eh, credodi sì, ma ci vogliono ancheindumenti caldi” “Quelli lipreparo io, vado giù inmagazzino da Giovanna…”Tra loro, sulla scrivania, èaperto il registro con nomi eappuntamenti per i “pac-chi”di sostegno alle famigliein difficoltà. La confusionefra le tre è solo apparente:ciascuna sa bene cosa fare ecome muoversi tra gliarmadi, i nomi e i vari fogli efoglietti. A destra c’è lasaletta dell’attesa: lì è sedutauna giovane donna dallosguardo un po’ smarrito. Ricambia volentieri il mio sorriso quandoaccarezzo la testa del bimbo che gioca ai suoi piedi; il pavimento èpieno di pupazzetti e automobiline che qualche volontaria ha fornito alpiccolo. La mamma è incinta e attende di venir chiamata nella stanzaaccanto, dove le due Assistenti sociali, dietro la porta chiusa, stannoparlando con un’altra donna. “Chissà se si sentono sorelle queste duemadri? Ciascuna di loro porta certo con sé una serie di problemi, ma è lastessa identica povertà di un vivere complesso, doloroso e pesante”. Difronte alla porta dei colloqui c’è il fervere degli “amministrativi”: anchelì fogli e foglietti, mentre i due PC hanno l’aria bollente del lavoro diorganizzazione, registrazione e conteggi vari. Sono in tre anche in que-sta stanza: Beppe, Michele e Dianora non si fermano un istante. C’è unmucchio di lavoro, come sempre. Alla fine del corridoio, di fianco allosgabuzzino dei pacchi, c’è la segreteria. “Eccomi! Come andiamo qua?”Marinella è alle prese con un verbale, all’altro PC Pinuccia cerca di rior-dinare gli elenchi dei soci e chissà quanto altro da archiviare con ordine;Rinaldo, dietro una scrivania, fa i conti con le utenze degli alloggi d’ac-coglienza. A nessuno manca il sorriso e un “benvenuta” cordiale… Hogià capito dagli sguardi: non manca lavoro anche per me. Intanto sonopassati Renzo, per un saluto, e Carletto sempre di corsa e sempre affac-cendato in mille cose. Marinella parla al telefono con un parroco… ”E iovado avanti a sistemare il verbale. Anche questo è un lavoro che serve”.Qualcuna delle donne sta ora chiacchierando con la mamma in attesa,la voce è tranquilla e materna: “Brava! Così si fa! Sono contenta di averesorelle così: magari chiassose e un po’ casiniste, ma pronte, accoglienti epiene di vera premura”.

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CAV: “entrate” diverseCarmen Mazza

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“Questo è il 35.” La ragazza guarda il numero in alto e poi si ferma, inde-cisa. Sembra insicura. Mette la mano sulla maniglia e apre il portone divetro. Ancora una pausa. Pare come imbarazzata, piena di dubbi. Dopoun po’, quegli occhi, prima un po’ tristi e preoccupati, si schiariscono,come quelli di chi non ha ancora perso ogni speranza e vuole di nuovotentare una strada, così il suo corpo torna a muoversi con decisione eimbocca i gradini. Davanti alla porta del CAV ritorna il dubbio, si affac-ciano nuovamente i brandelli di una storia gonfia di ostacoli troppograndi, forse, per quell’anima confusa. “E questa chi è? Sei quella chechiamano Madonna? Facile per te, vero? Te ne stai lì, immobile. Di gesso.Tu non sai. Non sai la fatica mia: il mio paese tanto bello, il viaggio e ilfreddo, la solitudine e il disprezzo di questa gente. E gli occhi strani di que-sti uomini… e l’unico momento di calore e di pace, il momento in cui ho cre-duto di non essere più sola, di aver trovato una spalla buona, un uomo fortee pronto a difendermi… ecco, quel momento distrugge la mia vita. Lui nonera quello che credevo… e poi, e poi, io sono rimasta peggio di prima… è così.Cosa posso fare? Dimmelo tu! Io non voglio questo figlio!! Non posso darglinulla! Nemmeno un tetto! E non potrò lavorare con quella pancia! Perchémi hanno detto di venire qui?” Ora non ci crede più. Sta per voltarsi eriprendere le scale. Andrà in ospedale. Un aborto e via. Poi troverà unlavoro e potrà rispondere che è sicuro, che non aspetta figli, non ha pro-blemi e non teme la fatica… D’altra parte, risolto questo “problema”, leida sola saprà cavarsela meglio e potrà adattarsi a tutto… Dalla portaimprovvisamente esce unasignora. La guarda negliocchi e le sorride. “E que-sta, cosa vuole? Come maimi guarda così? Io non so seposso fidarmi”. Lei l’ esorta ad entrare e anon temere nulla; lechiede se ha bisogno diqualcosa. “Ma cosa dice?Io non capisco neanche que-sta. Però ha una voce gen-tile, non mi guarda male…”Ha difficoltà nel compren-dere bene l’italiano, masente dentro come unabbraccio che la racchiudee si lascia accompagnare.All’interno c’è un po’ di confusione, però le fanno capire di attendere unattimo, accanto a una mamma che la guarda seria, ma anche con com-prensione. “Che bel bambino! Chissà come sarebbe il mio… Ma, mi sa chequesta ne aspetta un altro. Perché è qui anche lei? Ma cosa ci diranno?Potranno davvero aiutarci?” Torna la signora di prima accompagnata daun’altra: le indicano la stanza di fianco e la fanno sedere davanti a unascrivania. Di là dal tavolo c’è una ragazza giovane come lei che leprende le mani e poi le mostra la foto dei suoi bambini. “Come sa, lei,che io ho qui con me un bimbo? Le dirò il mio nome. Basterà?…” E forse,per la prima volta dopo tanto tempo, s’accorge di poter dire, di poterchiedere, di poter credere ancora che c’è qualcosa da sperare

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“ Però Luisa poteva anche venire con me! Io come faccio a entrare? Dico:ecco sono qui… e chi c’è, mi guarda e dice: Beh? E io cosa ribatto? Avetebisogno, ho un po’ di tempo libero? Suona malissimo! Ma chi me l’ha fattofare?! Solo che ormai ho detto che sarei venuta…” Il portoncino è aperto.Sale le scale, poi si ferma un attimo. “Te pareva! Anche qui Maria!Scusami! Sai che voglio bene anche a te… Solo che ormai ho un po’ di orrore

per un certo clericalismo,fatto di proclami, morali-smi, statue e immagi-nette… Perdonami, tunon c’entri niente… anzi!Chiedi a tuo Figlio dimandarmi un po’ diSpirito, mi raccomando,piccola Madre!”Abbassa la maniglia edentra. “E adesso? Dovevado? Che macello!!”Davanti e nelle stanzeattorno c’è un sacco digente che gira e traffica

e tutti si parlano comese avessero diecimila cose

da dirsi, mentre fanno andare le mani a portare cartellette, fogli, pacchi,pannolini, copertine e altre mille cose. Solo in un locale a destra c’èsilenzio: una mamma, con un piccolo che le tira la sottana, si guardaattorno senza parlare. A lei chiede informazioni, ma non sa nulla e leindica la stanza in fondo. Ci va e trova due donne al computer, un’altraappoggiata a un tavolo che scrive e un signore che controlla il contenutodi un dossier. “Buongiorno! Scusate, Luisa m’ha detto che potrei esserviutile…” La signora più vicina ricambia il saluto, come gli altri tre, poi lainvita a sedere e si chiacchiera un po’. “Sono gentili e cordiali, menomale! Si sta bene qui. Chissà se hanno capito che sono più operativa cheportata per altre cose?!” In realtà basta poco: Marinella l’accompagna daGiovanna, nel box-magazzino del Centro. È un luogo con le pareticoperte da scaffalature, armadi e cassettiere; il pavimento è nascosto dalettini, culle, passeggini, carrozzine e fasciatoi, mentre, dappertutto, sivedono o s’intuiscono vestiti, completini, maglie, cappotti, giacche egiacconi, tutine, giocattoli, biberons e attrezzature varie per piccolis-simi, bambini e adulti. La nuova conoscenza, minuta e piena d’energia,l’accoglie a braccia aperte: “Sei proprio un dono del Signore!! Vedi, quidentro ho bisogno di qualcuno che mi dia una mano! È necessario rior-ganizzare, ordinare, dividere… Altrimenti, come si fa a servire bene chiha sempre bisogno di queste cose?”. “OK io sono la volontaria per te.Questo è il mio pane. Certo che è un bel caos! Una persona sola non puòfarcela!”. Un paio d’ore la settimana, il grembiule davanti come l’Amicodi una storica cena e il CAV ha acquistato un nuovo cuore pronto a darecon la D maiuscola.

Al Cav si entra in tanti, si entra con pensieri diversi, emo-zioni differenti, disponibilità e aspettative che nascono dal-l’esistenza di ciascuno. La vita è un tessuto di mille fili ches’intrecciano, s’annodano e si sovrappongono in arazzisempre, in fondo, belli, anche se complicati. Ma è proprio laVita, la vita umana che “fa” il nostro Centro; e tutto è dono,e tutto si rivolge alla stessa fonte che possiede acqua viva eabbondante per ogni creatura.

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C’è chi spreca... e chi ricicla per il CAV

“C’è qui un bel mucchio di roba che l’ospedale butta via… so chetua moglie ha a che fare con il CAV e forse c’è dentro qualcosa chepuò interessare…” Claudio non avrebbe esitazioni, però ha capitoche il tutto è ingombrante. Che fare?“Ascolta, facciamo così: con il tuo camion, mi porti il tutto inmagazzino, così fai una cosa buona anche tu. E poi vedremo sedavvero può servire!” Quella sera, l’automezzo dell’amico scaricòben 15 bancali di scatoloni, davanti a un allibito Claudio che, in unangolino della mente si chiedeva perché si fosse reso disponibile

con tanta velocità e comediavolo avrebbe potutooccuparsi di tuttaquella roba. Salutato e ringraziatol’amico, bisognavafronteggiare la situa-zione, per capire comee se ci fosse davveroqualcosa di utilizzabileper il Centro di Aiutoalla Vita, così aprì unodei tanti involucri.Dentro c’erano 30 vali-gette di cartone colo-rato, ciascuna dellequali conteneva librettipubblicitari, buoni

sconto da restituire, unpannolino per neonato e un paio di mutande da donna (in duebustine trasparenti).Claudio si fece due conti e capì che lì, in quella montagna di roba,si nascondevano più di cinquemila pannolini!!! Gli faceva male ilcuore pensare che si sarebbe buttato via con leggerezza ciò chepotrebbe servire a tante mamme che non hanno quasi nulla…”Nonsia mai!!!” e così si mise all’opera: la carta a destra, il cartone a sini-stra, i buoni da restituire in disparte e in due scatoloni le mutandee i pannolini. Questo amico fa un lavoro che lo impegna dalle 5 delmattino fino alle 14 del pomeriggio, così, a partire dalle 15, ognigiorno, si mette all’opera per il CAV; da solo; perché pare molto dif-ficile trovare aiutanti (la moglie lavora). Assai raramente s’affacciaun’anima pia ben disposta che dà una mano a rinsaldare la spe-ranza di vedere la fine di un lavoro titanico… Ce la farà? Noi pen-siamo di sì, perché la generosità vera, come quella di Claudio, è bensostenuta e apprezzata in Alto, là dove il servizio ai fratelli si valutaa peso d’oro fino. Grazie, amico, grazie a nome di mamme e bimbiche dovranno a te almeno un po’ di serenità in più!

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Maria Adele aveva avuto un’idea di quelleformidabili: i Nidi erano l’anello mancantetra la prima accoglienza delle mamme indifficoltà e il loro recupero all’indipen-denza ed autonomia. I “Girasoli”, dopo la nascita del lorobimbo, permettevano la ricerca e l’adempi-mento di un lavoro, la possibilità di cono-scere famiglie e altre persone, l’opportu-nità educativa di incontri, approfondimentie consigli. Il progetto, accurato e lungimi-rante, era stato approvato e i Nidi erano“partiti”.Nel tempo sono diventati quattro e hannoraggiunto ottima qualità, insieme agliobiettivi previsti. Il CAV si è occupato del-

l’amministrazione, delle assicurazioni, delleassunzioni delle educatrici, delle sedi e dell’approvvigionamento generale.Sono stati anni bellissimi, con qualche difficoltà e tanta tanta fatica, ma altrettante grandisoddisfazioni, ora purtroppo non riusciamo più a continuare. Perché? In realtà, già dopoi primi tre anni, ci si era resi conto che, per mantenere rette “umane”, si creavano pro-blemi notevoli dal punto di vista finanziario: non si riusciva a raggiungere il pareggio dibilancio… Non si cercava certo un guadagno, ma la perdita continua non è certo buonacosa. Nel frattempo le direttive regionali aumentavano le pretese di adeguamento deglispazi e cresceva la precisione richiesta sul numero dei bambini ricevibili, sulla qualità equantità di documentazione da presentare e, per sovrappiù, non tutti i Comuni, sul cuiterritorio si trovavano i Nidi, offrivano riconoscimento, aiuto economico e convenzioni.Trascorso ancora un anno, si imponeva una decisione seria e ponderata. Le domandeerano queste: a) Siamo davvero in grado di offrire e mantenere un servizio ineccepibile dal punto divista normativo e legale? Pur di “andare avanti”, non stiamo scendendo a patti con unamentalità un po’ troppo pres-sappochista? (metri quadri inmeno, bambini in più, normedi sicurezza a volte addossatepiù agli angeli custodi che nonad altro…) b) È giusto portare avanti que-sta iniziativa, pur così impor-tante, se impegna costante-mente persone e denaro chepotrebbero essere utilizzatiprevalentemente a favore diun maggior numero dimamme e famiglie in diffi-coltà, secondo le finalità fon-dative del CAV? A fronte di tali questionic’erano, pesanti, altre con-

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I “Girasoli” chinano il capo?Anna Venegoni e Carmen Mazza

I “Girasoli” di Carnate

I “Girasoli” di Agrate

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siderazioni: l’affetto per mamme e bambini, l’impegno proficuo delle educatrici, il loroposto di lavoro, la passione delle numerose volontarie, la premura e la partecipazione deigenitori, della psicopedagogista e delle assistenti sociali, senza dimenticare il valore in sédei “Girasoli” per l’accompagnamento delle madri assistite dal CAV e non solo per loro.Ne abbiamo parlato lungamente e molti tra noi ci hanno riflettuto anche con sofferenza,perché i Girasoli sono cosa ottima che ”prende” anche dal punto di vista affettivo, soprat-

tutto chi ha esperienza di maternità e paternità. Alla fine abbiamo dovuto capitolare e rimetterela decisione, com’era giusto, al direttivo delCAV. Così è stata decisa la chiusura dei Nidi.Sicuramente abbiamo commesso degli errori,forse non siamo riusciti a toccare i tasti giustinei vari comuni per ottenere più aiuti, ma èaltrettanto vero che ci abbiamo messo tantapassione e tanto amore per poter continuare.Siamo certi però che le cose non accadono maicosì, per caso, evidentemente come laProvvidenza ci ha aiutato in tutti questi anni,adesso ci ha fatto capire che dobbiamo ripen-sarci, riorganizzarci e cercare soluzioni alter-native, perché quelle che al momento parevano

disponibili e fattibili, risultavano concretamenteprive di sbocchi. L’impresa Nido, se vuol essere giusta da tutti i punti di vista, deverispondere anche a una questione di dimensione regolamentata (nidi famiglia come inostri: 5 bambini iscritti, non di più), quindi diventerebbe praticamente impossibileun’autonomia tale da ricavarne di che vivere per le educatrici e permetterne serenamentele spese aggiuntive necessarie al buon funzionamento. Ideale sarebbe stata la possibilità (che non c’è) di aprire un unico e grande Girasole, condue o tre educatrici, ampi spazi e relativa possibilità di accogliere tanti bambini da diversiComuni dei dintorni…Chissà, non precludiamoci a qualche miracolo che potrà esserci concesso, vogliamo cre-dere che presto I GIRASOLI sbocceranno di nuovo, più alti e più brillanti !!!!!Sicuramente dobbiamo ringraziare di vero cuore le educatrici e tutte le volontarie chehanno collaborato in questi anni: sono state veramente grandi, e molto preziose; senzail loro aiuto questa meravigliosa avventura sarebbe naufragata subito, probabilmentenon avrebbe potuto neppure salpare, né permettere a tutti questa esperienza di crescitaentusiasmante.

Quest’anno il Nido Famiglia “i Girasoli” di Burago è diventato Micro Nido, pur conti-nuando a seguire i principi ispiratori che hanno contraddistinto questa realtà sin dallasua fondazione. Il valore aggiunto di questo nuovo progetto è l’attenzione particolare verso i bambini e leloro famiglie, resa possibile dal fatto che possono essere accolti un numero massimo didieci bambini dai 6 mesi ai 3 anni e lasciando la flessibilità per le famiglia di scegliere lamezza giornata (dalle 8.30 alle 12.30) o quella intera (fino alle 16.30). In questo modo è possibile mantenere un ambiente familiare nella struttura del nostronido, conservando la disposizione tipica di una casa e contemporaneamente realizzandotutto a misura di bambino. Anche il bagno è stato fatto proprio per loro, alla loro“altezza”... Questa modifica ci ha permesso di migliorare l’ambiente per i bambini e diadeguarlo alle norme di sicurezza e igenico-sanitarie, divenute più restrittive per questatipologia di servizio. Ciò è stato possibile grazie all’intervento del Comune di Burago che si è fatto carico diquesta spesa ed è sempre stato presente (e lo è tutt’ora) non solo dal punto di vista eco-nomico, ma anche per la sua sensibilità: di questo non possiamo che ringraziare

I “Girasoli” di Ronco Briantino

A Burago... “variazioni in atto”Federica Cantù - Paola Passoni

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l’Amministrazione Comunale. Per creare un ambiente accoglientenon è sufficiente la sola struttura, ma sono indispensabili il caloreumano, la disponibilità, la professionalità e l’accoglienza che con-traddistinguono le educatrici, le volontarie e le altre figure checompongono l’equipe impegnata in questo servizio. La nostra equipe si è formata e consolidata nel corso degli anni:per questo dobbiamo ringraziare la costanza e la sensibilità dellenostre volontarie, i nostri “angeli”, che ci stanno accompagnandoin questa grande ed importante avventura, oltre ad alcuni volontaridel CAV sensibili a questa attività. È infatti grazie al prezioso con-tributo che queste persone offrono gratuitamente che ci è per-messo migliorare il funzionamento del Micro Nido ed offrire unservizio di qualità a bambini e genitori. Questo aspetto rende speciale ed unico il progetto del nostroMicro Nido, che vuole affiancare alla guida professionale delleeducatrici la presenza di figure più familiari ai bambini, quali levolontarie, che nella loro realtà quotidiana sono mamme, nonne,sorelle.

Cosa altro aggiungere se non che per continuare questo progettoabbiamo bisogno del vostro aiuto?

Facciamo quindi un appello a tutte quelle persone che sono interessate a questa avven-tura, perchè si uniscano a noi per rendere speciale quest’esperienza per i bambini e gliadulti che vi contribuiscono…Abbiamo sempre bisogno di volontarie e di nuove iscrizioni, sia per il nuovo anno scola-stico che per quello in corso,dal momento che ci sonoancora posti liberi.Allora sbrigati… facciamo inmodo che questo Girasolesplenda ancora per molto enon sia costretto a chinare ilcapo. Noi in questo pro-getto ci abbiamo credutofortemente e continueremoa crederci.

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Per farci conoscere e per poter mostrare a tutti come e doveoperiamo, abbiamo deciso di realizzare delle aperture straordi-narie, chiamate OPEN DAY, programmate nei seguenti giorni:il 16 Gennaio 2010 dalle 9.30 alle 12.30 ed il 7 Febbraio 2010dalle 14.30 alle 17.30 presso la struttura in Via Gramsci 42 aBurago, tel. 346 0325260.

Genitori venite a trovarci insieme ai vostri bimbi così potretescoprire l’ambiente familiare che si respira… vi aspettiamo perconoscerci e per descrivervi il nostro progetto educativo!

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Si è svolta sabato 27 novembre in oltre 7600 supermercati e ipermercati italiani la XIII GiornataNazionale della Colletta Alimentare. Più di 100.000 volontari hanno raccolto 8.600 tonnellatedi prodotti alimentari che saranno distribuiti agli oltre 8.000 enti convenzionati con la reteBanco Alimentare che assistono 1,3 milioni di persone ogni giorno. Anche nel Vimercatese, come succede ormai da più di 10 anni si è svolta la colletta: nel nostrodecanato sono stati raccolti 26.235 kilogrammi di alimenti (24.384 Kg. l’anno scorso)Anche la generosità dei volontari, alcuni dei quali sono impegnati in quella giornata dalla mat-tina presto alla sera inoltrata, è da segnalare. La Giornata della Colletta è diventata una buonaabitudine per molti, tanto che non è più necessario programmare i turni perché i volontari sialternano in maniera naturale. La nostra Associazione, convenzionata con la rete Banco Alimentare partecipa alla colletta e poidurante l’anno riceve mensilmente dai 22 ai 25 pacchi alimentari che vengono recapitati a casadelle famiglie da 16 volontari. Ogni pacco contiene solitamente i generi di prima necessità qualipasta, riso, salsa di pomodoro, caffè zucchero, biscotti, marmellata, formaggio, e se disponi-bili anche alimenti per bambini quali pappe o omogeneizzati così preziosi per noi. Ci conforta constatare che anche in un periodo di confusione e crisi come quello attuale, lagenerosità delle persone è stata immensa: il dono di una parte della propria spesa è entrato nelcuore della gente, diventando un vero e proprio gesto di popolo. La carità continua ad esserepiù forte della crisi economica e l’esperienza della Colletta Alimentare è una risposta concretaal bisogno materiale del povero e allo stesso tempo al desiderio di rompere la catena della soli-tudine che sempre più spesso attanaglia le persone. Facciamo spesso l’esperienza che le famiglie ci attendono, non solo per il pacco, ma perchél’appuntamento mensile rappresenta un’occasione per sentirsi accolti, così come si è, nell’ab-braccio di una compagnia umana.

“In quel lontano dicembre 1987, Don Silvio aveva detto, durante la messa, chealcuni locali della parrocchia sarebbero stati predisposti per il CAV e chiedeva didare una mano per questo centro. Non ci ho pensato due volte e mi sono datada fare” E così Giuseppina Inzaghi, la “nonna Pinuccia” come amava essere chia-mata dagli amici, è diventata una socia fondatrice nonchè la prima volontaria delCAV di Vimercate. Visto il suo passato di mamma “super”, cinque figli, aveva ben chiaro il concettodella sacralità della vita. Si è occupata quasi subito della contabilità del centro conuna precisione che spaccava la lira. “Controllava perfino l’orario di arrivo dellevolontarie”, confessa con nostalgia Vittoria. Era molto esigente con se stessa econ gli altri, ma dava tanto e incondizionatamente. Non ammetteva pettegolezzi,ma lavorava nel silenzio e con scrupolosità. Poche le parole, lei faceva i fatti.Questo suo modo di fare ha impresso il senso di responsabilità in ogni volonta-ria che ha avuto la fortuna di lavorare con lei.La nostra nonna Pinuccia si è spenta lo scorso 1° gennaio all’età di quasi 96 anni,

sazia di giorni come i giusti della Bibbia. Con gioia ha potuto vedere la celebrazionenon solo del decimo anniversario di fondazione del CAV, ma anche quella del ventesimo.Lei ha lottato per la vita e ora ha raggiunto la pienezza della Vita.La sua grinta e la sua passione nel difendere con coraggio la dignità della vita fin dal suo sorgerehanno lasciato un’impronta indelebile al CAV.Grazie nonna Pinuccia!

Giornata Nazionale della Colletta AlimentareLuciana Panzeri

Mamma, nonna, bisnonna e… ...prima volontaria del CAV

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Tanti modiper sostenere il CAV

idee, regali,progetti, pubblicità ...

Offerte solidalicon bigliettid’accompagnamentoinvece che regaliper chi possiede già tuttoe di più.Partecipazioni con cartoncinoesplicativodi un’offerta, al posto delle bomboniereo regali di compleanno, Natale...

Questi sono solo esempi...Si può fare ancora megliopersonalizzando stile e contenuti.

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Notiziario CAV - N. 32 - febbraio 2010

P.I. 04060560960 - C.F. 94006190154 -Associazione O.N.L.U.S. iscritta al n. 716 SezioneSociale del Registro Volontariato RegioneLombardia con decreto n. 52045 del 07/02/94 e alRegistro Regionale delle Associazioni di SolidarietàFamiliare al n. 200 con decreto n. 28608 del14/11/2000.

Direttore:Silvana Ferrario

Comitato di Redazione:Giliola Gaviraghi, Carmen Mazza,Sonia Romanato, Franco Signoracci.

Redazione:Vimercate, via Mazzini 35tel. 039/6084605 - fax 039/6388112

Registrazione:Tribunale di Monza n. 1376del 16 gennaio 1999

Impaginazione:br mbilla grafica - Vimercate

Stampa:Tipolitografia CM Leoni R. & C.Ronco Briantino (MI) - Via I° Maggio, 109

Periodico del Centro di Aiutoalla Vita di Vimercate - o.n.lu.s

e-mail: [email protected]

È UN ATTO DI PENITENZA E DI RIPARAZIONE DELLA COMUNITÀIN MEMORIA DEI BAMBININON NATI.DA QUESTO GESTO CONDIVISOÈ NATO IL CAVCHE CONTINUA NEL SUO OPERATOPER DIFFONDERELA CULTURA DELLA VITA. LA VITA SI DIFENDE ANCHE CON LA PREGHIERA!

Invitiamo tutte le Parrocchie a continuarequesto gesto significativo come occasionedi riflessione e di preghiera affinché gliaborti procurati non rimangano una"strage di Santi Innocenti".

1° GIOVEDÌ DEL MESEORE 20.45

SANTA MESSAPER LA VITACHIESAOSPEDALE DI VIMERCATE

7 GENNAIO 2010CAMBIAGOParrocchia San Zenone

4 MARZO 2010ORNAGOParrocchia S. Agata

PROSSIMI

APPUNTAMENTI

25 Marzo 2010

Festa dell’Annunciazione: IL GIORNO DEL SI’ ALLA VITA

“Dio si è fatto uomo” dal primo istante dell’annuncio dell’Angelo

VEGLIA DECANALE DI PREGHIERA PER LA VITA

cammino di federiflessioni

testimonianzepreghiere

“Nell’odierno contesto sociale, segnato da una drammatica lotta tra “lacultura della vita” e “la cultura della morte”, occorre far maturare unforte senso critico, capace di discernere i veri valori e le autentiche esi-genze, urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comunesforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita.Tutti, insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita”.

In questa Veglia di Preghiera veniamo guidati a fissare lo sguardo e ilcuore sulle molteplici - a volte semplici, a volte eroiche - esperienze diaccoglienza della vita; è un’occasione preziosa, che ci è data per gra-zia, di contemplare come nonostante i quotidiani attacchi fisici e cul-turali alla vita, si accendono ovunque fiammelle di speranza concreta.

Il messaggio che ci risuona nel cuore e nella mente, dopo la Veglia, è:

la vita si può accogliere, la vita si deve difendere.

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Veglia di preghiera di Michele Barbato

RUGINELLO DI VIMERCATE (MI) • VIALE RIMEMBRANZA, 22 • TEL. 039.685.39.01

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