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Ecoturismo sulle strade del caffè Ecoturismo sulle strade del caffè quaderni LVIA 1966 2006

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Ecoturismosulle strade del caffèEcoturismosulle strade del caffè

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LVIA

1966 • 2006

fatto che l’aiuto è efficace soltanto nella misura in cui l’azione è“fatta propria” dalla comunità locale e che una vera titolarità dell’aiu-to nelle mani dei destinatari si ottiene solo quando le diverse orga-nizzazioni e soggetti della società civile sono pienamente ricono-sciuti nel processo di pianificazione, realizzazione e controllo delleiniziative di aiuto allo sviluppo. Ne deriva quindi che la cooperazio-ne allo sviluppo non si configura più tanto come “aiuto”, piuttostocome rafforzamento delle capacità locali per agire insieme versoil rispetto dei diritti negati, che si configura come una responsa-bilità comune delle società del Nord e del Sud.

In tal senso, ogni singolo individuo, ente, associazione, istituzionepuò agire concretamente attivandosi in prima persona. Infatti,anche la cooperazione allo sviluppo sta cambiando e, accanto allevarie forme di cooperazione tradizionale, si sta affermando lacosiddetta cooperazione decentrata – che preferiamo definirecooperazione tra comunità – che è prima di tutto relazione: darecentralità alle relazioni significa riconoscere e valorizzare nei terri-tori in cui operiamo, nel Nord e nel Sud, un importante capitaleumano e sociale nel quale investire per l’esercizio di una cittadi-nanza consapevole. La centralità della relazione rimanda alla cen-tralità della persona quale soggetto capace di relazione e che nellarelazione genera cambiamento.

In questo caso specifico il territorio di Forlì-Cesena, con il coinvol-gimento diretto dell’Amministrazione Provinciale, della Camera diCommercio e della sede territoriale LVIA Associazione Forlì TerzoMondo, ha deciso di impegnarsi con noi nella realizzazione di unprogetto di lotta alla povertà attraverso la promozionedell’Ecoturismo sulle strade del caffè: una cooperazione tracomunità che vede coinvolti tanti enti in Italia ed in Etiopia. Un pro-getto che mette in relazione conoscenze e competenze deiterritori al Nord e al Sud. Lo scopo è quello di creare possibilitàed opportunità in uno dei paesi più poveri del mondo, valorizzan-do le potenzialità locali: le capacità delle cooperative dei produtto-ri di caffè e le meraviglie naturalistiche dell’area.

È necessario creare delle prospettive future per chi, soprattutto igiovani, vive in contesti poveri di opportunità. È una questione digiustizia, ed è anche l’unico modo affinché tutti possiamo vivere inun mondo più sicuro.

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L’interdipendenza crescente tra paesi, comunità e personenel mondo, porta con sé la possibilità del cittadino di farsiattore di processi globali e apparentemente lontani dalla

propria realtà. Comporta, cioè, la possibilità di ampliare il nostrodiritto/dovere di cittadinanza nell’ambito di una società che dalocale è diventata globale: abbiamo oggi la possibilità, il diritto,o meglio, il dovere di essere cittadini del mondo.

In effetti, negli ultimi due decenni è aumentata la consapevolezzadel ruolo cruciale della società civile nel determinare il successodei programmi di lotta alla povertà elaborati da organizzazioni eagenzie internazionali, tanto che nelle stesse Nazioni Unite si èfatto strada il concetto di Partenariato Globale per lo Sviluppo(Ottavo Obiettivo di Sviluppo del Millennio): un appello ai Governi,alle Istituzioni e alle Società civili del Nord e del Sud del mondoad imboccare un cammino, un lavoro comune nella costruzione diun mondo più equo.

In quest’ottica, è necessario educarci alla cooperazione allo svi-luppo aumentando la nostra comprensione di cause ed effettidelle questioni globali, richiamandoci ad una maggior consapevo-lezza e quindi all’impegno personale e all’azione collettiva econcertata.

Il ruolo che la LVIA si propone di rivestire in quanto associazioneche opera da più di una quarantennio nella cooperazione interna-zionale, oltre a collaborare concretamente con i territori del Sudnella promozione dello sviluppo umano, è quello di incoraggiarela piena partecipazione di tutti i cittadini allo sradicamento dellapovertà nel mondo ed alla lotta contro l’esclusione, ed in questomodo promuovere politiche nazionali e internazionali più eque esostenibili a livello economico, sociale, ambientale ed in materia didiritti umani.

Vogliamo essere nella società il lievito capace di far crescerel’impegno a difesa dei “beni comuni”.

Proprio il concetto di “bene comune” deve sostituirsi nel modo dipensare e di agire della cooperazione allo sviluppo a quello piùclassico di “aiuto”: la LVIA ha maturato la consapevolezza che ènecessario pensare ed agire partendo da una concezione di dirittie responsabilità e non più di bisogni e di beneficiari. Del resto,sono gli stessi partner del Sud del mondo a dircelo. Nel corso dellarecente Conferenza di Accra sull’efficacia dell’aiuto allo svilup-po, ministri, responsabili di organismi di sviluppo e rappresentantidella società civile di tutto il mondo si sono dichiarati concordi sul

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Gigliola CasadeiPresidente Associazione Forlì Terzo Mondo LVIA

Sandro BobbaPresidente LVIA

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di allargare la linea dell’orizzonte oltre unadimensione puramente locale, ritiene che sianecessario acquisire la coscienza, e quindi laresponsabilità, di raggiungere e mantenereun equilibrio dentro a un sistema economicodivenuto ormai “globale”. Instaurare efficaci rapporti di collaborazioneintorno a progetti cooperativi con il Sud delmondo rientra tra le possibili strategie cheruotano attorno alla parola chiave “sosteni-bilità” e che, nel contesto della cooperazio-ne internazionale, mirano a promuovere ilprotagonismo delle popolazioni locali,ripensando un modello di convivenza piùadeguato per tutti.A conferma di ciò, la Camera di Commerciodi Forlì-Cesena presenta, pubblicizzandolo,il progetto riguardante una regionedell’Etiopia, il Sidamo, predisposto da LVIA,associazione non governativa impegnata daanni in iniziative volte a promuovere la soli-darietà, la giustizia e la pace in diverse partidel mondo con particolare attenzioneall’Africa e ai Paesi in via di sviluppo (PVS). La scelta del paese non è casuale, infatti laRepubblica Democratica Federale d'Etiopia,Stato dell'Africa orientale che vanta un'iden-tità plurimillenaria – è considerato il piùantico stato africano - versa in condizionieconomiche gravissime: le guerre civili e lefrequenti siccità hanno reso l'Etiopia unodei paesi più poveri del mondo.

Il progetto ha come obiettivo quello diaumentare i benefici economici dellecomunità etiopi attraverso l'identificazio-ne e la valorizzazione delle loro risorse,come l’attività eco-turistica e la formazio-ne di operatori locali del settore, in unoscambio sinergico e di supporto con lenostre imprese.

Tiziano AlessandriniPresidente Camera di Commercio

di Forlì-Cesena

LaCamera di Commercio diForlì-Cesena, istituzione pub-blica preposta alla crescita

delle attività economiche in ambito provin-ciale, è un organismo aperto alle esigenzedel territorio, collegato in rete con l’interosistema camerale in Italia e all’estero, soste-nuto dalla collaborazione delle Associazionidi Categoria. Nei riguardi delle impreseassume un ruolo di promozione e valorizza-zione, lavorando per la diffusione della cul-tura d’impresa, per la formazione imprendi-toriale e per la creazione di nuove opportu-nità produttive e commerciali, confermandoun impegno, costante nel tempo, a favoredell’economia del territorio.

A diretto contatto con gli interessi locali, insinergia con Enti ed istituzioni, offre servizidi informazione, formazione, assistenza epromozione a fianco degli imprenditori edelle loro associazioni, per proiettarneall’esterno esigenze ed esperienze e peradeguare la dimensione economica locale aicomplessi ed ampi scenari internazionali. Intale direzione, la Camera rappresenta illuogo dell’integrazione e della sintesi fraconcetti complessi come crescita e sviluppo,cooperazione e competizione, semplificazio-ne e qualità, protagonismo dei singoli e strut-tura capace di visione sociale, localismo eglobalizzazione, istituzione della rappresen-tanza e rappresentanza degli interessi, speci-ficità economiche e coesione territoriale.

Il legame tra conoscenza e identità rappre-senta un aspetto fondamentale per la cresci-ta e dalla sua intensità discende la capacitàdi un territorio di avviarsi verso la “via altadello sviluppo”, nella quale le determinantieconomiche della competitività si intreccia-no con la sostenibilità e la responsabilità.

Capitale umano, culturale, sociale eambientale sono elementi fondamentalidell’identità territoriale e costituiscono il dif-ferenziale che rende un sistema localeattrattivo e gli consente di affrontare esostenere con le premesse migliori il pro-cesso di globalizzazione.

La maggior parte delle piccole e medieimprese, che hanno un ruolo di rilievo neltessuto imprenditoriale provinciale, è inseri-ta in reti relazionali e si ricava un propriospazio di mercato, spesso però circoscrittodal punto di vista territoriale, delle cono-scenze e delle relazioni. E’ necessario quin-di delineare azioni che agevolino le impre-se nel “passaggio dalle reti corte a quellelunghe”: la singola impresa componentedella rete, anche se di piccole dimensioni,deve orientare la sua strategia alla costru-zione di una “nicchia globale” all’interno direti più grandi al fine di valorizzare e ampli-ficare le competenze specialistiche, raggiun-gere una clientela alla quale le reti cortenon arrivano, ampliare i livelli di condivisio-ne, collaborazione e scambio delle cono-scenze. Tutto ciò sempre più in una logicadi “intersettorialità” che amplifica la capacitàdi competere sui mercati internazionali, equindi di creare valore, nella quale piccole,medie e grandi imprese siano complemen-tari e possano sviluppare forti sinergie.In questo contesto assume un significatoimportante anche l’azione dell’Ente chespende la propria immagine per sostenereprogrammi che promuovano lo sviluppo el’utilizzo consapevole delle risorse, a favo-re non solo delle singole comunità, ma del-l’intera collettività umana. Ciò in considerazio-ne del fatto che la Camera di Commercio,impegnata nell’attività di valorizzazione delproprio tessuto imprenditoriale, ma nell’ottica

I governi, gli enti locali, hanno il dovere dirilanciare gli Obiettivi del Millennio con con-vinzione e di sostenere le tante ONG eAssociazioni religiose e laiche che con serie-tà lavorano per lo sviluppo dei paesi poveri.

La Provincia di Forlì-Cesena da anni è impe-gnata in tale senso collaborando e sostenen-do le Associazioni e ONG del territorio pro-vinciale che operano in Albania, Etiopia eSierra Leone, ecc..Fra queste associazioni, di cui la Provinciasostiene iniziative di cooperazione interna-zionale, particolarmente interessante è lacollaborazione con l’Associazione Forlì TerzoMondo LVIA. L’Associazione Forlì Terzo Mondo, gruppo ter-ritoriale dell’organizzazione non governativadenominata LVIA con sede a Cuneo, dallasua costituzione ha sempre avuto comeobiettivo principale quello della sensibilizza-zione riguardo alle tematiche Nord-Sud.Per questa “sensibilità” la Provincia, da diver-si anni, ne sostiene le attività in paesi poveridel mondo e in particolare per il progetto“Eco-turismo sulle strade del caffè nella“Sidamo Area” in Etiopia” in quanto presen-ta le caratteristiche di essere un innovativoprogramma di cooperazione decentrata chepartendo da un prodotto locale e dalle tradi-zioni mira a creare le condizioni per l’autono-mia economica del territorio.

Alberto ManniAssessore al Welfare,

Sicurezza dei Cittadini e del Territorio, Provincia di Forlì-Cesena

Loscandalo della povertà nelmondo manifesta l’inadegua-tezza degli attuali sistemi di

convivenza umana nel promuovere la realiz-zazione del bene comune (cfr. gaudium etspes, 1969).

“Combattere la povertà, costruire la pace” èstato il messaggio della 42° giornata dellaPace 2008, che ripropone una attenta rifles-sione sulle cause profonde della povertàmateriale da ricercarsi prima di tutto nellamiseria culturale e spirituale, che rende l’uo-mo indifferente alle sofferenze del prossimoe chiuso nel suo più squallido egoismo. Nel2000, adottando la Dichiarazione delMillennio, 189 leaders mondiali si sonoimpegnati ad eliminare la povertà estrema.

In ambito ONU è stato fissato l’impegno didevolvere alla cooperazione alla sviluppo lo0,70% del Prodotto Interno Lordo (P.I.L.),ma solo 5 Paesi su 22 donatori hannorispettato tale impegno.L’Italia si attesta solo allo 0,19% del PIL inaiuto pubblico allo sviluppo.

Nel nostro paese ci scandalizziamo per tantifatti di cronaca, ma diamo per normale lamorte di 9,6 milioni di bambini ogni anno,più di 26.000 al giorno; diamo per scontatoche milioni di bambini non possano avereneppure l’istruzione primaria; che milioni diesseri umani non abbiano cibo sufficienteed acqua sicura; che milioni di esseri umaniper fuggire dalla guerra, dalle persecuzioni,dalla fame estrema, siano disposti ad attua-re viaggi pericolosi e raggiungere le coste ita-liane in carrette del mare che provocanomigliaia di morti.

Quelli che riescono a sbarcare in Italia e cheaffollano i nostri “centri di permanenza tem-poranea” sono profughi e immigrati irregolari.Ci si preoccupa di come poterli rimpatriare,perché l’immigrazione va governata, ci sonole quote d’ingresso, ma troppo poco si fa perrilanciare la cooperazione allo sviluppo chepermetterebbe una vita dignitosa nel propriopaese, nel proprio villaggio.

Lo Stato, gli enti locali, le Banche, i privati cit-tadini, hanno non solo il dovere, ma anchela convenienza a sostenere progetti di svi-luppo nei paesi poveri e così frenare l’immi-grazione irregolare.

Un miliardo e mezzo di persone nel sud delmondo, vive con meno di un dollaro al gior-no, mercanti occidentali e grandi aziende incerca di minerali, di COLTAN per i nostri tele-foni, diamanti, uranio, preferiscono convin-cere i dittatori locali a comprare armi piutto-sto che trattori e computer, perché nel disor-dine, nella guerra civile, riescono meglio asoddisfare i loro insaziabili interessi.

Questa strada porterà solo rovine, morte einfelicità all’umanità, perché senza giustizia,come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, nonci sarà mai pace e l’unica globalizzazionepossibile è nella solidarietà.“Mettere i poveri al primo posto”, ha dettoBenedetto XVI, “e combattere la povertà ini-qua che minaccia la pace, riscoprendosobrietà e solidarietà”.

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Provincia di

FORLÌ-CESENA

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Idati dell’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO) ci dico-no che l’Etiopia è tra i primi 10 paesi produttori di caffè. Il caffè

è, infatti, una voce importante dell’economia del paese, rappre-sentando circa il 60% della bilancia commerciale.L’area del Sidamo, in Etiopia, è riconosciuta in tutto il mondocome zona elettiva per la produzione di caffè d’elevatissima qua-lità. Quest’area è a soli 150 km dalla zona arcaica di origine delcaffè primigenio selvatico (Kaffa).

L’unicità del prodotto e l’esperienza della cooperativaSIDAMA UNION L’Etiopia Sidama Union caffè è un prodotto certificato da Ctm-altromercato, monorigine, 100% Arabica d’altura. Come la mag-gior parte delle miscele pregiate, viene sottoposto ad un proces-so di pulitura a “umido” che lo rende un caffè “lavato”. L’unicitàdel suo gusto si scopre nell’aroma dai toni fruttati e nell’intensacorposità.Viene coltivato con il metodo del garden system: seguendo i cri-teri dell’agricoltura biologica, le piante vengono concimate conrifiuti organici e, per permettere al terreno di rigenerarsi, sonointervallate con colture alternative. Questo caffè viene prodotto in Etiopia, nell’area del Sidamo, unadelle 13 regioni meridionali, così chiamata dal nome della popo-lazione locale.Qui, nel 2001, ha origine l’esperienza della Sidama Union, unarete di cooperative di piccoli produttori che grazie al canaledel fair trade ha raggiunto in poco tempo la sostenibilità eco-nomica. Un vero e proprio motore di sviluppo economico esociale per le popolazioni locali: oggi le cooperative esistenti con-tano circa 87.000 soci in un’area di 70.000 ettari, con una pro-duzione annuale di 35.000 tonnellate. Gli associati usufruisco-no di assistenza tecnica alla produzione, servizi di magazzino,finanziamento, formazione ed istruzione.Inoltre, attraverso il fair trade premium che permette, nell’ambi-to del sistema di certificazione Fairtrade, di fissare un prezzoequo che comprenda una quota destinata ad investimenti socia-li, è stato possibile un miglioramento delle strutture sociali,come testimoniato dal rinnovo di una scuola elementare e dalpotenziamento delle strade di collegamento tra i vari distretti. Tutte le fasi della lavorazione di questo prodotto sono parte diuna filiera certificata: la produzione, l’importazione, la torrefazio-ne e la commercializzazione sono registrate per consentirne larintracciabilità. Una volta importato, il caffè grezzo viene controlla-to al porto di Trieste dalla Silocaf, che ne verifica gli standard diqualità Altromercato. Successivamente, la torrefazione e il confe-zionamento avvengono nello stabilimento di Treviso ad operadella Goppion S.p.A. Infine, i controlli sul rispetto della normativabiologica e la certificazione di filiera sono svolti dalla IMC.

Il rito del caffè: una tradizione antichissima che si tramanda ancora oggiLa cerimonia del caffè è una parte integrante della vita sociale e cul-turale etiope. Un invito a essere presente alla cerimonia del caffè èconsiderato un segno di amicizia, ospitalità e rispetto.La cerimonia segue dei rituali antichi, che si sono tramandati fino adoggi: si tratta di un preciso ed elaborato cerimoniale pieno di fasci-no, condotto dopo aver consumato il pasto. Inizialmente la padrona di casa cosparge sacralmente l’area destina-ta alla cerimonia e la delimita con una stuoia fatta con lunghe fogliedi goosgwaze, tipica erba locale che, appena tagliata, emana un fre-sco profumo. In questo modo viene ricreato uno scenario naturaleche rievoca l’originale legame tra l’uomo e la natura. In questa atmo-sfera, la donna si siede su uno sgabello davanti ad un braciere e congesti antichi e rituali accende dell’incenso. Di solito prepara qualcosada mangiucchiare, spesso pop-corn o kolo (cereali e noccioline tosta-ti con berberè) o dabo kolo (chicchi di pane dolci fritti), distribuen-doli tra gli invitati. In seguito arrostisce i chicchi verdi di caffè, agitan-doli in una scodella concava per farli tostare uniformemente. Unavolta tostati i chicchi, la scodella fumante viene fatta passare sotto ilnaso dei partecipanti, che sventolano una mano per poterne annu-sare e gustare l’aroma. Il caffè, così tostato, viene macinato lenta-mente nel mukecha, un piccolo mortaio. La polvere così ottenutaviene introdotta nella jebena: una caffettiera in ter-racotta nera dal collo lungo e stretto con-tenente acqua calda pronta per l’ebol-lizione. Quindi, dopo aver scaldatol’acqua della brocca sul braciere,aggiunge il caffè macinato eporta il tutto a bollire.L’ultima fase della cerimoniaè quella del consumo.Seguendo un antico proverbioche dice: “caffè e amore sigustano meglio quandosono caldi”, il caffè viene servi-to bollente e zuccherato, partendodall’ospite più anziano, negli spini, leclassiche tazzine senza manico, che ven-gono riempite fino all’orlo, dal momento chelasciare un po’ della tazza vuota sarebbe segno di poca ospitalità.Quando tutti hanno bevuto, la donna raccoglie le tazze, aggiungealtra acqua e prepara il secondo giro, usando gli stessi chicchi. La tra-dizione vuole che se ne faccia un terzo, se gli ospiti lo desiderano.

il caffè in Etiopia

Perché l’EcoturismoNegli ultimi decenni si èassistito ad una crescitaesponenziale del turismofavorita dallo sviluppo deitrasporti e delle comunica-zioni: ogni anno quasi 600milioni di persone viaggia-no all’estero e un lavorato-re su 15 nel mondo èoccupato nel settore delturismo.Purtroppo non semprequesto sviluppo è andatodi pari passo con coscienzae rispetto dei luoghi visitati:il turismo ha spesso avutoeffetti negativi su ambienti,culture, società ed econo-mie dei paesi di destinazio-ne, specialmente nel Suddel mondo.Da questa consapevolezzanasce la volontà di svilup-pare forme di turismoresponsabile che favorisca-no la positiva interazionetra industria del turismo,comunità locali e viaggiatorisecondo principi di giustiziasociale ed economica. Traqueste l’Ecoturismo nascedall’esigenza di generarebenefici economici per lecomunità locali coinvolte eresponsabilizzate nellagestione delle risorse natu-rali e nella promozione turi-stica delle stesse.

il nuovo progetto LVIA in EtiopiaL’ecoturismo, così come promosso dalla LVIA in questo intervento, permette di coniugare turi-smo responsabile e sviluppo endogeno locale. Permette, cioè, di facilitare dei processi che raffor-zino gli attori locali e che mettano in rete tutti coloro che sul territorio sono potenzialmente inte-ressati nella promozione di uno sviluppo partecipato del turismo sulle vie del caffè. L’idea alla base del progetto è quella di realizzare percorsi di ecoturismo le cui ricadute eco-nomiche possano essere pienamente valorizzate dalle comunità locali. Nello stesso tempo,le attività sono volte a rafforzare le competenze locali affinché sia la stessa rete territorialea diventare promotrice dello sviluppo turistico.

Dove si sviluppa il progetto: area del Sidamo, la zona del caffè d’eccellenzaIl progetto si sviluppa nell’area del Sidamo, riconosciuta in tutto il mondo come zona elettiva perla produzione di caffè d’elevatissima qualità. Quest’area è a soli 150 km dalla zona arcaica di ori-gine del caffè primigenio selvatico (Kaffa). Nel 2005 la LVIA, in associazione con l’Unione dei produttori di caffè del Sidamo (SCFCU), esostenuta dall’agenzia delle Nazioni Unite IFAD, ha elaborato uno studio sulle potenzialità turisti-che dell’area intitolato: “Strada del Caffè: Ecoturismo nell’area del Sidamo, Etiopia”. Da questoprimo documento, tra il luglio e l’agosto 2006 è stato redatto uno studio di fattibilità

1, che si è con-

cretizzato in una proposta progettuale2

finanziata in parte dalla provincia di Forlì - Cesena, le cuiattività sono formalmente iniziate nel giugno del 2007. Le attività sono state elaborate e si stanno sviluppando in maniera partecipata, all’interno di unarete - associazioni, enti locali, enti turistici e culturali, università - che al Sud e al Nord stalavorando alla buona riuscita dell’iniziativa.Per la LVIA, non è stato difficile conoscere e coinvolgere i partner locali poiché il Sidamo è un’areaa cavallo tra due regioni dove la LVIA è presente da anni: il West Arsi, realizzando programmi diapprovvigionamento idrico, e l’Hadiya, con programmi di sicurezza alimentare.Di fondamentale importanza è la collaborazione dell’Unione dei produttori di caffè del Sidamo, siaper i contatti con le cooperative locali che per la realizzazione delle analisi relative alla potenzialitàturistica della zona: piantagioni di caffè e strutture di produzione, ma anche villaggi, foreste e tuttoil contesto naturale e socio-culturale che il turista si troverà a visitare.

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Ecoturismo sulle strade del caffèuna via alternativa alla lotta alla povertà

1 “Progetto pilota nell’area del Sidamo: verso un programma di ecoturismo a sostegno delle comunità più povere”. A cura di Roberto Ravaioli e Giuseppe De Santis.

2 La proposta progettuale è stata redatta da Daniele Morbin, già volontario LVIA in Etiopia

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Trekking sulle strade del caffè Ospiti della Cooperativa di produttoridi caffè Wotonna Bultumma, sareteguidati tra le coloratissime coltivazionidi caffè nel magnifico paesaggionaturale del Sidamo, con un percorsodi trekking di circa 1 ora. Sarà poipossibile visitare la stazione di lavora-zione del caffè, incluso il processo diselezione dei chicchi di diversa quali-tà. Su prenotazione, sarà preparatoun pranzo tipico, chiamato Bursame,seguito dalla celebre cerimonia delcaffè etiope. La visita terminerà nelCoffee visitors center: la struttura, cheriflette una tradizionale casa Sidama,è un centro ricettivo e divulgativosulla coltura del caffè dove sarà pos-sibile reperire informazioni, assisterea simulazioni di torrefazione ed effet-tuare degustazioni

Trekking tra biodiversità ed ereditàculturaleCollocato a 13 Km dalla cittadina diAleta Wondo, il nuovo percorso ditrekking, della durata di 2 ore, vi per-metterà di entrare in contatto con lacultura ancestrale del Sidamo. Il per-corso inizierà con la visita al sito dellestele, risalenti al XV secolo, e lungo iltragitto una guida locale vi mostreràla ricca biodiversità della bellissimaforesta con dettagli circa le diversespecie di alberi e boscaglia e l’utilizzodelle piante da parte della comunitàlocale a scopi curativi. Sarete infineaccolti in un tipico tukul: i tukul delSidamo sono stati eletti a simbolodell’Etiopia a livello internazionale.

Tutte le visite ai siti di ecoturismosaranno accompagnate da guidelocali, rappresentative della coope-rativa dei produttori di caffè.

Gli obiettivi: lotta alla povertà, opportunitàdi lavoro e sviluppo delle capacità locali nellapromozione del turismoPartecipano direttamente al progetto i 2500 membridella cooperativa di produttori di caffè WotonnaBultumma.

Il progetto supporta i soci della cooperativa con dueimportanti obiettivi: migliorare le capacità di marketing

del caffè prodotto e acquisire maggiori competenze perpromuovere lo sviluppo turistico del proprio territorio. Si pre-

vede quindi di realizzare uno studio sulla biodiversità dell’area,volto a fornire ai soci della cooperativa una base scientifica utile ad otte-

nere idonea certificazione del caffè prodotto e di conseguenza a migliorarne il marketing.Inoltre, il documento sarà un valido strumento a disposizione dei servizi turistici locali pervalorizzare e promuovere le caratteristiche del ricco ecosistema dell’area. Ancora a supporto dello sviluppo turistico, saranno formate quattro guide specializzateper accompagnare i turisti attraverso gli itinerari proposti e sarà realizzato un CoffeeVisitors Center: una struttura di informazione, degustazione e simulazione del ciclo delcaffè studiata per ospitare e completare gli itinerari turistici. In particolare, con il supporto di un video documentario realizzato nell’ambito dello stes-so progetto, il Centro permetterà la divulgazione di informazioni approfondite sulla coltu-ra e il ciclo del caffè; i visitatori avranno l’opportunità di degustare il pregiato caffè delSidamo e di assistere a simulazioni di torrefazione. Potranno, infine, fare acquisti nel vici-no negozietto.Le visite dei turisti alle piantagioni di caffè e i percorsi naturalistici nell’area porteranno unbeneficio d’immagine ed un immediato risvolto sociale, oltre che economico: le comuni-tà locali aumenteranno la consapevolezza delle proprie potenzialità e dell’interessesuscitato dal proprio patrimonio ambientale, sociale e culturale. In questo modo, ilterritorio sarà più propenso a valorizzare ulteriormente queste risorse attraverso una mag-giore promozione del turismo.Sempre in questo contesto, il progetto sta supportando i soci della cooperativa WotonnaBultumma nello sviluppo di attività commerciali basate sulla valorizzazione dell’identitàlocale, dalla commercializzazione del caffè alla produzione artigianale, allo scopo di diffon-dere la consapevolezza che è possibile aumentare il proprio reddito valorizzando ciò cheè parte della propria tradizione.

I PARTNER• L’Unione dei produttori di caffè del Sidamo (SCFCU): è il partner locale principale.Fondata nel 2001, questa cooperativa rappresenta nel complesso 87.000 piccoli proprie-tari e coltivatori nell’area del Sidamo. La propria rete di assistenza tecnica promuove la pro-duzione e la commercializzazione del prodotto.• La Commissione Turismo Parchi e Hotel del Sidamo: è il referente istituzionaledelle attività connesse con la pianificazione, organizzazione e regolamentazione dei sitituristici.• Il Wondo Genet Forestry College: è stato contattato per una consulenza che ha por-tato alla redazione di una relazione sulla biodiversità nell’area di progetto.• L’Ente di Cultura e Conservazione delle Risorse Storiche del Sidamo: coinvoltoin quanto responsabile delle attività associate alla promozione della cultura tradizionale ealla gestione dei siti archeologici.Inoltre, allo scopo di promuovere gli itinerari ecoturistici, si sono coinvolti molti altri attorieconomici e sociali, in particolare gestori di Ristoranti ed Alberghi, non dimenticando comeriferimenti nella zona il dipartimento di “Tourist management” dell’Università di Awasa el’associazione delle guide turistiche del lago di Awasa.• SNV: agenzia di cooperazione governativa olandese. La LVIA è in procinto di firmare conSNV, ufficio regionale di Awasa, un accordo che prevede anche la realizzazione di un corsodi formazione per guide turistiche. SNV ha maturato una lunga esperienza nel campo delturismo sostenibile lavorando attivamente nella regione meridionale dell’Etiopia, in colla-borazione con l’agenzia del turismo regionale e con le amministrazioni locali. L’agenziaolandese fornirà il supporto in termini metodologici, formativi e di analisi di mercato.• Provincia di Forlì-Cesena

I percorsi turistici

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alla scoperta dell’Etiopia

Con un Indice di Sviluppo Umano che la pone al 170° posto su177 paesi nella classifica stilata dalle Nazioni Unite, l’Etiopia si

presenta come uno dei paesi più poveri del mondo.In base ai dati ONU (UNDP, 2004) l’Etiopia attualmente conta unapopolazione di 75.600.000 abitanti, il 45% dei quali ha meno di 15anni di età. La speranza di vita è di soli 47 anni. La mortalità infanti-le è elevata: quasi due bambini su 10 non raggiungono i cinqueanni di età. Appena il 22% della popolazione – una persona su cin-que – ha accesso ad una fonte d’acqua potabile e solo il 13% - unapersona su 10 – dispone di servizi igienici e sanitari adeguati.L’alfabetizzazione è ancora modesta: solo il 40% della popolazione(in prevalenza maschi) frequenta le scuole elementari e medie.

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Il territorioSituata nel Corno d’Africa, l’Etiopia confinaa Nord-Est con l’Eritrea e il Gibuti, a Est e aSud-Est con la Somalia, a Sud-Ovest con ilKenya, a Ovest e a Nord-Ovest con il Sudan.La superficie del Paese è di 1.133.380 kmqe la sua capitale è Addis Abeba. Il cuore dell’Etiopia è costituito da un eleva-to altopiano: l’Acroro etiopico, che occupa

quasi la metà del territorio. L’altitudinemedia è di quasi 2.000 mt con

picchi oltre 4.500 mt (RasDascian, 4.620 mt).L’altopiano è attraversatodalla Rift Valley ed ospitanumerosi fiumi, tra i quali ilNilo Blu.

La capitaleAddis Abeba (in amarico “nuovo fiore”)venne fondata nel 1887 dall’ImperatoreMenelik II e divenne la capitale dell’Etiopianel 1889. La città sorge proprio al centrodel vasto altopiano (a circa 2.355 mt di alti-tudine) e attualmente conta circa 4 milionidi abitanti. La capitale è stata teatro di unrapido sviluppo urbanistico ed oggi è il cro-cevia di importanti vie di comunicazione,nonché il cuore politico, commerciale e cul-turale del paese. È dotata di un aeroportointernazionale e di un collegamento ferro-viario con Gibuti, nel golfo di Aden,momentaneamente sospeso. Addis Abebaospita diverse industrie: manifatturiere,meccaniche, tessili, del cuoio, del vetro, delcemento e del tabacco. Non mancano sta-zioni televisive e radiofoniche, così come isti-tuzioni culturali e musei – in particolare ilMuseo Etnografico, il Museo Nazionale,l’Università – e da non dimenticare il gran-de mercato all’aperto, che con i suoi 30kmq è uno dei più grandi d’Africa. Qui si

può trovare di tutto: dal cibo agli oggetti diartigianato (monili, sandali), dagli abiti fatti amano con materiali di riciclo, ai cammelli.

L’assetto politicoL’Etiopia è il più antico paese indipenden-te del continente africano. Se si esclude unbreve periodo di occupazione italiana,l’Etiopia è uno dei pochi paesi africani a nonessere mai stato colonizzato.Nel 1974, la Repubblica fu rovesciata da uncolpo di stato e sottoposta ad un regimedittatoriale filosovietico che restò al poterefino al 1991, quando cadde ad opera del-l’azione del Fronte rivoluzionario democrati-co del popolo. Nel 1994, la nuova costituzione ha diviso ilpaese in 11 Regioni autonome e federali,con due città a statuto speciale (AddisAbeba e Dire Dawa). Ciascuna regione èdivisa a sua volta in Zone, poi in Wereda edinfine in Kebele, che rappresentano l’unitàamministrativa più piccola.

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L’economiaL’economia del paese si basa essenzial-mente sull’agricoltura e l’allevamento.L’agricoltura è praticata ancora con tecnichearcaiche volte all’auto-sussistenza. I prodot-ti maggiormente esportati sono il caffè,rinomato in tutto il mondo per la sua quali-tà, il chat, foglie da masticare con proprietàblandamente eccitanti, ed il pellame. Nel2001 i guadagni sulle principali partite diesportazioni del paese erano così distribui-ti: 34,5 % caffè, 17,2% pelli, 13% chat.Il settore industriale è concentrato nellacapitale.

Il climaLocalizzata tra l’Equatore ed il Tropico delCancro, l’Etiopia è caratterizzata da unclima tropicale. La piovosità annuale variada 2.200 mm, sull’altopiano a sud-ovest, a600 mm. sull’altopiano di nord-est, fino araggiungere meno di 200 mm nei basso-piani a est e sud-est. Sugli altopiani a sud ead est la distribuzione delle piogge nell’an-no è bimodale, con una breve stagionedelle piogge (belg), tra febbraio ed aprile, euna lunga stagione delle piogge (meher)tra giugno e settembre. Nella fascia tropica-le (al di sotto dei 1.830 m) si registranotemperature medie annue di 27 °C, conpiovosità scarsa. La fascia subtropicale (trai 1.830 e i 2.440 mt) include gran partedell’altopiano e presenta una temperaturamedia di 22 °C, con una maggior piovosi-tà. Oltre i 2.440 m si situa una fascia tem-perata con medie intorno ai 16 °C e conuna discreta piovosità.

La flora e la faunaLa vegetazione rispecchia la varietà dellezone climatiche. Le valli e le gole (zonakolla) sono ricoperte da una rigogliosavegetazione, dove la pianta più imponenteè il baobab, che sovrasta il “mare d’erba”tipico della savana. La zona temperata(woyna dega) è caratterizzata da prati e dapascoli, mentre i rilievi più elevati (zonadega) si distinguono per una vegetazionepiù arbustiva. Negli ultimi anni, la deforesta-zione ha colpito pesantemente il Paese ecirca il 75-80% delle foreste è stato abbat-tuto per far fronte alla richiesta di legna daardere e legname per costruzioni. Sonostate importate alla fine del XIX secolo pian-te di eucalipto, che ora sono diffuse in tuttoil Paese, utili per la loro veloce crescita, mapovere di nutrimento per il sottobosco, cau-sando un veloce avanzamento dell’erosio-ne sui pendii. Negli anni ’70 vennero intro-dotti fitti boschi di conifere, che però oggi, adistanza di trent’anni, presentano seri pro-blemi di sopravvivenza. Il vanto principale del paese è il patrimonioornitologico, che conta la presenza di 20specie di uccelli endemici, oltre a più di800 altre specie. Altre particolarità faunisti-che sono il lupo etiope, o sciacallo delSimien (Canis simensis), il babbuino geladae lo stambecco del Simien, specie endemi-che avvistabili nel parco del Simien. Nonmancano poi ippopotami, coccodrilli, antilo-pi, zebre, kudu, facoceri, iene e sciacalli. Nelsud del paese possono venire avvistatianche leopardi e leoni.

quella cattolica, nei riti, nelle credenze enelle basi teologiche, con forti contamina-zioni di rituali ebraici dell’epoca precristiana.L’islamismo, l’ultima delle religioni rivelate, siè diffusa in Etiopia a seguito delle azioni diconquista da parte degli Arabi. Attualmentemetà della popolazione etiope professa lareligione islamica. Le abitazioni variano da regione a regione:nell’Ogaden, in ambiente pastorale, le popo-lazioni nomadi vivono in insediamenti mobi-li, mentre le montagne di Bale sono popola-te da agglomerati di villaggi, dove le casesono costruite prevalentemente con tronchid’albero ricoperti di fango e il tetto può esse-re di paglia o di lamiera ondulata. In altreregioni, la forma delle abitazioni è a cupolao di basso pagliaio: sono i caratteristici tukul.I muri possono essere rivestiti da ritagli divecchie riviste, mentre l’arredamento ècostituito da semplici accessori di legno.

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Gli altri sette principali gruppi etnici sono:Amhara e Tigrini (32%) che abitano granparte dell’altipiano, Sidamo (9%), Shankella(6%), Somali (6%), Afar (4%), Gurage(2%), e il restante 1% raggruppa una varie-tà di gruppi minori.Un vero e proprio mosaico di popoli, acui corrisponde una notevole varietà lin-guistica. In Etiopia, infatti, oltre all’amharico,la lingua ufficiale, si parlano ben 83 lingue. Iprincipali gruppi linguistici sono quattro:semitico, cuscitico, ometo e nilotico. In Etiopia sono professate le tre principalireligioni monoteiste, che convivono con lospirito animista. Nella regione etiope a norddi Gondar vive ancora oggi una minoranzaetnica (flasha) che ha conservato gli antichirituali dell’ebraismo biblico, risalenti al 2000e al 1000 a.C. La cristianizzazione dell’Etiopiaavvenne in tempi antichi, durante l’Impero diAksum, agli albori del cristianesimo. LaChiesa cristiana etiope è molto diversa da

Un mosaico di popoliL’Etiopia è popolata da 8 etnie principali, dif-ferenti per lingua, religioni, costumi, rituali.Tra queste, il gruppo più numeroso, con 24milioni di persone (circa il 32% della popo-lazione), è quello degli Oromo. La societàOromo è tradizionalmente basata sul siste-ma di classi sociali detto gadaa, oggi in usosoprattutto fra i Borana, stanziati nella zonadi confine con il Kenya, che prevede unastratificazione dei maschi in classi d’età,dette luba. Vi sono undici diversi gradi diluba, a ciascuna delle quali un uomo appar-tiene per un ciclo di otto anni, al cui terminesi tiene un’assemblea popolare, la GumiGayo, durante la quale i membri delle diver-se luba hanno la possibilità di passare allaluba superiore. Il passaggio è segnato dauno specifico rito di iniziazione e ogni lubaè caratterizzata da un insieme di diritti eresponsabilità.

Tra arte e cultura I gioielli in metallo, la cui raffinata lavorazio-ne risale al XVII secolo, venivano già ammi-rati e riconosciuti come una preziosa operad’arte dagli stranieri che transitavano inEtiopia tra il XVIII e il XIX secolo. Le zone piùfamose per la produzione di ornamentisono le regioni musulmane dell’Harerge edella Dancalia, dove l’argento viene lavora-to con un’elaborata tecnica di cesella edintarsio. Questi gioielli, oltre a rivelare la ric-chezza di chi li indossa, racchiudono unvalore simbolico e spirituale. Un elementomolto utilizzato nel settore della gioielleria èl’ambra, ma prospera anche una gioielleriafatta con metalli “poveri”, quali alluminio,nichel, rame e ferro. L’arte orafa, secondo il disegno e lo stile,connota aree geografiche differenti. Le donne delle popolazioni dell’Acrocoro,ad esempio, indossano le croci etiopi: tipicogioiello dell’altopiano e simbolo dell’anticaarte cristiana. Il simbolo della croce compa-re per la prima volta con l’avvento del

L’arte scultorea e l’architettura. L’Etiopiavanta le più antiche sculture in pietra e inlegno dell’intero continente africano. Tra lesculture in pietra ricordiamo i troni votivi delre e le stele risalenti all’Impero di Aksum.Nel successivo periodo cristiano, ebberogrande diffusione le chiese monolitichenella città di Lalibela: separate in due distin-ti gruppi dal fiume Giordano, vennero scol-pite nel tenero tufo color rosso mattone.Altre interessanti tipologie sono le croci pro-cessionali in legno arricchite con inserti d’ar-gento e le sculture animiste (wagas), realiz-zate in onore dei defunti. La musica. La tradizione del canto polifoni-co è molto antica, soprattutto nelle regionimeridionali. I canti etiopi parlano di assenzae di memoria, di bambini partiti, di madrinostalgiche. Nel paese dei Dokos (SudOvest) ogni gesto quotidiano è ritmato dalcanto. Attraverso i canti si evocano gli eroimitici, i guerrieri, ma anche gli avi e gli ante-nati. Insieme al canto, la musica occupa unposto di prim’ordine. Gli strumenti più diffu-si sono i tamburi (kabaro), che con il tsin-tseil (una specie di sonaglio) sono utilizzatinelle cerimonie religiose, seguiti da stru-menti per musica profana: la Kerar (Lira asei corde), la Begana (una sorta di arpa), ilMasenko (strumento monocorda suonatocon un arco).I tessuti. La tessitura ricopre un ruolo impor-tante tra le popolazioni del Sud: i Konsosono rinomati per i loro articoli in lana, e iDorze per la lavorazione del cotone, cheproduce i gabi (toghe di cotone) e glishamma, dagli elaborati bordi colorati.

Archeologia e bellezze naturaliL’Etiopia è una terra ricca di storia. Questopaese, infatti, è stato una delle culle del-l’umanità: il ritrovamento di Lucy, l’ominideche visse 3,2 milioni di anni fa, rinvenutonel 1974, fu seguito nel 1992 da quello diun ominide datato ben 4,4 milioni di anni.L’Etiopia è menzionata anche nella Bibbia,uno dei più antichi testi dell’umanità. Dal IVsecolo a.C. era conosciuta dai grandi popo-li del Mediterraneo (Egizi, Greci, Persiani)come crocevia per i traffici commerciali. Durante il I millennio a.C. le popolazionisemitiche provenienti dalla penisola arabicaattraversarono il Mar Rosso e fondarono ilRegno di Aksum. Questo potente Imperofu conquistato dagli arabi tra il VII e VIIIsecolo d.C. Seguì il breve regno della dina-stia Zagwe che ci lasciarono le stupefacentichiese rupestri di Lalibela.Musei e siti archeologici testimoniano que-sto affascinante passato. La Città di Gondar,ad esempio, non a caso è conosciuta daituristi come la Camelot africana: rappre-senta infatti un’unicità nel continente per isuoi castelli medievali che ricordano il pas-sato di una città che raggiunse l’apice dellosplendore nel XVII secolo, quando vennescelta dal negus (imperatore) Fasilidascome nuova capitale del regno.Presso l’Università di Addis Abeba trovia-mo il Museo Etnografico dove sono espo-sti superbi manufatti e prodotti artigianalidei popoli dell’Etiopia, nonché oggetti diarte sacra e strumenti musicali tradizionali. IlMuseo Nazionale Etiope ospita un’impor-tante mostra di paleontologia, i cui pezziforti sono i fossili di un enorme felino daidenti a sciabola e la già menzionata Lucy. Ancora nella capitale è possibile visitare ilMausoleo dell’Imperatore Menelik II e lacattedrale cristiano-copta di San Giorgiorisalente al 1896.Tra le bellezze naturali spiccano, nelle regio-ni del Nord, la zona del lago Tana, le cimedella montagna Symein, di origine vulcani-ca e protette all’interno del Parco NaturaleNazionale, e le sorprendenti cascate delNilo Blu, dette anche “le cascate dell’ac-qua che fuma”. Nelle regioni del Sud tro-viamo il Parco Nazionale dei Monti Bale,dove è possibile avvistare il lupo etiopico, ilParco Nazionale del Nechisar, famoso per lezebre di Burchell e gli alcelafi di Zwayne, eil Parco Nazionale del Mago e dell’Omo,dove oltre ad una natura incontaminata, c’èun’altissima concentrazione di tribù di diver-se etnie dalle interessanti tradizioni ance-strali. Il 5,5 % del territorio naturale etiopeè ufficialmente tutelato: nel complesso, nelpaese ci sono tre santuari faunistici, undi-ci riserve naturali e ben nove parchinazionali.

Cristianesimo, sotto il Regno di Aksum,sostituendo il simbolo della luna, veneratofino a quel momento dalla popolazione direligione prevalentemente animista. Lacroce etiope può assumere forme diversee, in genere, presenta disegni elaborati ecomplicati intrecci di linee che simboleggia-no l’eternità. Oltre alla croce, sono moltoindossate anche collane, pendenti, braccia-letti e cavigliere. I manoscritti religiosi rappresentano unadelle ricchezze culturali del paese: si stimache esistano almeno 500.000 volumi origi-nali, molti dei quali magnificamente illustra-ti. Scrivere ed illustrare libri è stato per seco-li un vero e proprio mestiere. Questi prezio-si manoscritti, oggi conservati nelle chiese enelle moschee, descrivono avvenimentireligiosi e raramente trattano di argomentistorici, filosofici, astronomici e medici.Questi volumi hanno copertine in legno,oppure, nel caso di libri di pregio, sono rico-perti in pelle su cui sono impresse immagi-ni eleganti. Al loro interno contengono foglidi pergamena. I manoscritti cristiani spicca-no per le suggestive illustrazioni a soggettobiblico, quelli musulmani vantano una raffi-nata calligrafia. L’arte pittorica, oltre alle miniature sui libri esui rotoli di pergamena chiamati scrolls, con-templa la pittura murale, realizzata su telaincollata al muro, e quella su legno. La pittu-ra etiope ha principalmente un contenutoreligioso ed è largamente diffusa all’internodelle chiese. In questi dipinti è evidente l’in-fluenza stilistica bizantina e siriana.

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luoghi e itinerariMonti Simien Noti come “il più meraviglioso dei paesaggiabissini”, i Monti Simien offrono uno degliscenari più spettacolari non solodell’Etiopia, ma dell’Africa intera. Oltre aimagnifici panorami, offrono la possibilità difarsi un’idea della ricchezza della flora edella fauna etiopiche. Il Parco è stato dichia-rato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Monti BaleI Monti Bale sono noti più di qualsiasi altroparco dell’Etiopia per gli animali selvaticiche lo popolano, con oltre 60 specie dimammiferi e 260 specie di uccelli. I fiumiscavano profonde gole attraverso gli altipia-ni e il paesaggio è animato dai corsi d’ac-qua, cascate e laghi alpini. Gli abitanti per-corrono sentieri secolari sui loro cavalli,uccelli bellissimi volteggiano tra i fiori selva-tici che crescono numerosi.

Makallé e Lago TanaI monasteri e le chiese rupestri di Makallémeritano una visita, così come vale la penaeffettuare un’escursione in barca lungo ilLago Tana, da cui sgorga il Nilo, e visitarealcune delle sue isole.

Harar e gli uomini delle ieneAi piedi dei Monti Chercher, a un’altitudinedi 1.856 mt, sorge la città di Harar. A pochecentinaia di chilometri dalla regione cristia-na degli altipiani, la musulmana Hararpotrebbe esser volata via e giunta qui attra-verso le acque del Mar Rosso. Per secoli èstata un punto nevralgico per i commerci,diventando un crocevia commerciale traAfrica, India e Medio Oriente. Harar fuanche a capo della penetrazione islamicanell’Africa sub-sahariana e ancora oggi rive-ste un ruolo particolare per la popolazionemusulmana dell’Etiopia. Il poeta franceseArthur Rimbaud passò qui parte dei suoiultimi anni. Gli uomini delle iene di Hararsono la più famosa attrazione della città. Avolte essi arrivano a nutrire le iene dalla pro-pria bocca.

Laghi salatiI laghi salati intorno ad Asaita sono di unabellezza desolata e quasi surreale. La varie-tà di uccelli è notevole: cicogne, fenicotteri,ibis, aironi bianchi, avvoltoi e rapaci. Lecanne che crescono lungo i corsi d’acquasono usate dagli afar per realizzare le lorocaratteristiche stuoie.

Cascate del Nilo AzzurroUno spettacolo naturale mozzafiato, comeevoca il nome “Nilo fumante”, con il qualesono conosciute. La loro ampiezza supera i400 mt, per 45 mt di profondità. Le casca-te hanno sviluppato un vero e propriomicroclima che ha dato origine ad una pic-cola foresta pluviale.

GondarCon i suoi numerosi castelli e chiese, è con-siderata la Camelot d’Africa. Il periodo d’orodi Gondar (1600-1800) è uno dei momen-ti più pittoreschi della storia d’Etiopia e,vagando negli antichi palazzi, nelle sale deibanchetti e nei giardini, è facile immaginarelo sfarzo dell’epoca.

Aksum Costellata da palazzi diroccati, tombe sotter-ranee, stele e iscrizioni, questa cittadinafaceva parte del regno aksumita, definito“l’ultima delle grandi civiltà antiche ad esse-re svelata alla conoscenza moderna”.Aksum è uno dei più spettacolari siti antichidell’Africa sub-sahariana, dichiaratadall’UNESCO Patrimonio Mondialedell’Umanità.

Deserto della DancaliaIl deserto della Dancalia, che scende fino a100 mt sotto il livello del mare, è uno deiluoghi più caldi della terra, con temperaturefino a 50°C. La regione è, nonostante ciò,abitata dall’affascinante popolo afar, che persecoli ha estratto e trasportato il sale dailaghi salati della Dancalia ai mercati deglialtipiani.

Lalibela Nota anche come la “Petra africana”,Lalibela con le sue chiese rupestri è uno deiluoghi di maggior richiamo dell’Etiopia.Situata sulle aspre pendici dei Monti Lasta,ad un’altitudine di 2.630 mt, è un luogo dipellegrinaggio e uno dei più importanti sitistorico-religiosi del mondo cristiano. I mulipossono rivelarsi una vera comodità per ipercorsi più lunghi.

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GIORNO 1:

Addis Abeba Visite ai luoghi caratteristici, al MuseoEtnografico, che offre un affascinante pano-rama dei popoli dell’Etiopia, e al MuseoNazionale, che ospita “Lucy”, l’ominide chevisse più di tre milioni di anni fa.

GIORNO 2:

Lago LanganoDurante il tragitto verso sud si possono visi-tare:Melka Kunture: sito preistorico lungo ilfiume Ausac, con numerosi insediamentifino 1,7 milioni di anni fa. Adadi Maryam:chiesa scolpita nella roccia risalente al XII-XIII secolo.Tiya: in questo sito UNESCO si trovano 36stele antiche, di cui 32 con incisioni simboli-che. Sulle sponde del Lago Ziway è possibi-le fare una sosta per un pranzo a base dipesce. Il Lago Ziway è tra i più grandi della

GIORNO 4:

Pecorsi ecoturistici nel SidamoIncontrando una cooperativa dell’Unionedei produttori di caffè del Sidamo, i turistipotranno approfondire il ciclo del caffè emangiare un pranzo tradizionale all’internodi un tukul (abitazione tipica) seguito dallaCerimonia del Caffè per vivere il fascinodella tradizione legata a questo preziosoprodotto locale. Una passeggiata nella fore-sta prossima ai campi di caffè conduce aduno sito di stele antiche. È possibile visitareil villaggio sidamo adiacente e conosceredai suoi abitanti le leggende legate allestele.

Rift Valley ed è noto per la sua avifauna(pellicani bianchi, cicogne, aironi neri, mar-tin pescatori e l’aquila africana) e, sorpren-dentemente, per le fragole.Lago di Langano, ribattezzato “la tazza di tèpiù grande del mondo” per il colore brunodelle sue acque, è in realtà uno dei pochilaghi balneabili.

GIORNO 3:

Parco Nazionale del Lago Abiata-ShalaNel Parco Nazionale si trovano i “laghigemelli” di Abiata e Shala. Le acque dellago Abiata attirano colonie di fenicotteri; ilLago Shala risiede invece nel cratere piùprofondo della Rift Valley (260mt) e ospitaun’avifauna legata alle acacie. Sulla rivanord-orientale si trova una sorgente sulfu-rea calda dove non è raro vedere la gentedel posto cucinare il mais.

GIORNO 5:

Awasa e le sorgenti calde di WondoGenetVisita al mercato del pesce di Awasa, assi-stendo alla pulitura del pesce svolta secon-do un’antica tecnica. Awasa si trova sullesponde del lago omonimo, dove si posso-no avvistare uccelli e ippopotami.Successivamente, a Wondo Genet, si pro-pone un’escursione nella foresta circostan-te le sorgenti calde per poi rilassarsi nellepiscine termali. Con un po’ di fortuna, èpossibile avvistare una specie endemica discimmie.

Una proposta di itinerario nell’Etiopia

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GIORNO 6:

Shashemene. Visita ai progetti LVIA ealla comunità RastafarianaNel 1985, per operare più strettamente coni partner locali della regione, la LVIA ha aper-to una sede operativa a Shashemene. Nelcorso degli anni, gli interventi sono statimolteplici e di diversa natura. Attualmentegli interventi si concentrano nella generazio-ne di energia pulita, tramite un progettoEnergy Facility, che sarà possibile visitare. Èprevista anche una visita alla comunitàRasta: Shashemene è infatti un luogo sacroper il Movimento Rastafariano.

GIORNO 8:

Parco Nazionale di Nechisar - ArbaMinchIl nome di questo parco in amarico significa“Erba bianca” a richiamare l’immensa diste-sa di erba argentata tipica di questa savana.Il parco include il corridoio montuoso chesepara i laghi di Abaya e Chamo, notocome “Ponte del cielo”, che offre splendidipanorami sull’arcipelago di isolotti vulcanicidel Chamo. Grazie alla diversità di habitat,nel parco sono presenti 91 specie di mam-miferi e 351 di uccelli che, uniti allo scena-rio del blu profondo dei Monti Sidamo, offro-

no al visitatore uno scenario spettacolare.È facile avvistare la zebra di Burchell, i kudumaggiori (antilopi con le corna a spirale), idik-dik, la gazzella di Grant, l’alcelafo diSwayne e i coccodrilli. Parte del parco è abi-tata da tribù di Guji che navigano sui laghicon le tradizionali ambatch, imbarcazioni dicanna di papiro. Arba Minch significa “40sorgenti” e il suo nome deriva dalle nume-rose piccole sorgenti presenti nella forestasempreverde ai piedi della città.

GIORNO 7:

DorzeAttraversando la parte nord-orientale dellaregione del Sidamo, si è accompagnati dalverde brillante delle foglie dell’onnipresenteensete, il “falso banano” da cui si ricava lafarina per produrre il tipico pane non lievita-to. Costeggiando poi la Riserva Naturale diSankele, si raggiunge il caratteristico villaggiodi Dorze, abitato da un ingegnoso popolo dicontadini che sfrutta il terreno montuosocreando terrazzamenti e costruendo grandicapanne dalla caratteristica forma a testa dielefante, alte fino a 12 mt. Qui si può ammi-rare la produzione di uno dei migliori tessu-ti di cotone del paese: gli shamma (toghe dicotone) e i gabi (più pesanti).

Meridionale con la LVIA

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GIORNO 9:

JinkaLasciandosi alle spalle il lago Chamo, siattraversa una grande pianura coltivata perpoi addentrarsi nella Bassa Valle dell’Omo.Qui vivono ancora alcuni fra i popoli piùinteressanti dell’Etiopia. Jinka si trova suirilievi alle porte dei Parchi del Mago e diOmo e durante il mercato è possibile vede-re diverse popolazioni incontrarsi qui escambiarsi i prodotti locali tipici. Una visita alMuseo del Sud dell’Omo può aiutare acomprendere meglio questo mosaico diculture.

GIORNO 10:

Bassa Valle dell’OmoDalle aride pianure della savana, alla forestafluviale che costeggia i fiumi Omo e Mago,il territorio è molto vario. Il fiume Omosegna il confine tra i due parchi più vastidell’Etiopia: Parco Nazionale dell’Omo eParco Nazionale del Mago, che vantano unanotevole varietà di animali (tra cui leopardi,bufali, elefanti e leoni). Esplorando alcunivillaggi della Bassa Valle Omo si possonoammirare usi e costumi di alcune delle suepopolazioni, tra le più antiche della regione:gli Ari possiedono grandi mandrie di bestia-me; i Banna sono dediti all’agricoltura e allacaccia; i Mursi costruiscono gli alveari concorteccia d’albero e sterco bovino. Tra leloro tradizioni più conosciute ci sono il com-battimento con i bastoni tra gli uomini e ilpiattello labiale portato dalle donne.

GIORNO 11:

Konso, YabeloSarà interessante attraversare i villaggi diKey Afar e Konso nel giorno di mercato. Trale attività artigianali più tipiche c’è quelladella lavorazione del legno, nella cui produ-zione spiccano le statue totemiche wagas.

GIORNO 12:

Mana Soda. I Borana e i “pozzi cantanti”Dirigendosi verso sud da Yabelo è possibileraggiungere i villaggi di Dublock ed El Sod.Da qui, è possibile scendere nel cratere finoalle sponde del lago vulcanico Mana Soda,dove si estrae il pregiato sale nero, utilizza-to per scopi alimentari e come medicinale.Poco lontano si incontra il popolo Borana,che abbevera le mandrie scavando pozziprofondi fino a 30 mt. L’acqua viene porta-ta in superficie tramite una catena umanache dal fondo del pozzo si passa i secchipieni d’acqua cantando delle melodiepastorali che facilitano i movimenti ritmici eordinati.

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Miti e storie di una bevanda miracolosaLa parola caffè deriva dall’arabo anticoqahwa, “vino eccitante”, a sottolineare lapeculiare proprietà della caffeina. Recentiricerche individuano l’origine della piantadel caffè (Coffea Arabica) nello Yemen, masecondo altre fonti la pianta proverrebbedalle regioni abissine e sarebbe stata porta-ta in Yemen proprio dagli abissini che ave-vano occupato quei territori nel VI secolod.C. Pochi sono i dati documentaristici,molto più ci dicono le leggende tramanda-te oralmente. Il frate maronita AntonioFausto Naironi, nel 1671 scrisse un trattatosulla storia del caffè, il De saluberrimapotione, in cui racconta che nello Yemen,presso un monastero, un pastore pascolan-do le capre di proprietà dei monaci notòche queste si agitavano dopo aver brucatole bacche di un particolare arbusto. Decisedi raccoglierne un po’ e di portarle ai mona-ci, i quali le credettero opera del diavolo ele lanciarono nel fuoco. Le bacche allorarilasciarono un piacevole ed intenso aroma.I monaci tentarono di recuperarle e, semi-bruciate, le immersero in acqua. L’acqua,diventata profumata e di color bruno, venneassaggiata da un monaco. Egli scoprì che,oltre ad essere buona, questa sostanza “rin-vigoriva il corpo e lo spirito”: aiutava, infatti,a stare svegli durante le orazioni notturne.Era nato il caffè.

Diffusione in EuropaIl caffè arrivò in Europa nel XVII secolo, gra-zie all’aumento dei traffici che collegavanoOccidente e Oriente. Le bacche, partendodal porto yemenita di Moca, approdavanonei principali porti europei seguendo la Viadelle spezie. La prima Bottega di degusta-zione di caffè nacque a Venezia nel 1645.Nel 1700, il consumo di caffè in Europa eraancora riservato a pochi privilegiati: la bevan-da veniva sorseggiata nei circoli intellettuali.Il caffè, infatti, con le sue raffinate proprietàorganolettiche ed eccitanti, era consideratauna bevanda vivace e pregiata.Successivamente, a partire dagli ultimidecenni del XVIII secolo, il caffè si imposeanche nel gusto della popolazione. La diffu-sione può essere collegata all’esplosione

della rivoluzione industriale: è interessantenotare, ad esempio, che le proprietà stimo-lanti del caffè potevano diventare utili nel-l’eseguire lavori ripetitivi e monotoni comequelli previsti nelle fabbriche. Fin dalla fine del 1600, Francia e Olanda, ein seguito altri paesi colonizzatori, iniziaronoad impiantare la produzione di caffè nellecolonie situate in zone tropicali, soprattuttoin America Latina e nelle Indie. Le conse-guenze furono pesanti per le economielocali: le regole di gestione delle terre ven-nero stravolte, il patrimonio rurale si con-centrò nelle mani di pochi proprietari, per lopiù coloni stranieri, e le popolazioni nativefurono presto costrette a lavorare sottopa-gate per produrre prodotti estranei alla pro-pria cultura a beneficio della ricchezza dialtri. Inoltre, lo sfruttamento delle terre acaffè spinse le autorità locali a fare investi-menti (strade, ferrovie, porti…) funzionaliall’economia di dipendenza dalla potenzacolonizzatrice piuttosto che promuovere losviluppo dell’area.

La pianta del caffèLa pianta del caffè è un arbusto apparte-nente alla famiglia delle Rubiacee e puòraggiungere gli 8 metri di altezza, anche secon un’opportuna potatura le piante resta-no più alla portata dei raccoglitori delle bac-che (2-3 metri di altezza). Le foglie oblun-ghe e di colore verde scuro assomigliano aquelle dell’alloro; i fiori, piccoli e bianchi,emanano un profumo intenso simile aquello del gelsomino. I frutti (drupe) asso-migliano a piccole ciliegie poste direttamen-te sul ramo, di colore verde che a matura-zione completata diventano rosse.All’interno della polpa si trovano due semi:i futuri chicchi di caffè, di forma allungata epiatta, solcati da una parte e arrotondati dal-l’altra. I chicchi sono avvolti da una pellicolasottile chiamata pergamino.

Le varietà Le varietà di caffè finora classificate sono 60,di cui 25 sono coltivate per ottenere un pro-dotto da consumo. Le più importanti sono: • Coffea Arabica: cresce in altura, oltre i

600 mt e predilige i terreni di origine vul-canica. È una pianta dalle profonde radici,

delicata e difficile da coltivare, ma di qua-lità nettamente superiore alle altre varietà.Ha un gusto soave ed aromatico e unbasso contenuto di caffeina (0,8-1,5%).

• Coffea Robusta: cresce bene in pianura,ha radici poco profonde ed è molto resi-stente ai parassiti. Fiorisce tutto l’anno e igrani sono più piccoli e tondeggiantirispetto a quelli dell’Arabica, ricchi di caf-feina (1,6-2,4%). Viene utilizzata permiscele forti.

Coltivazione e lavorazioneDietro la quotidiana tazzina di caffè si cela-no lavoro e fatica. Per fiorire, la pianta del caffè necessita diterreni ricchi di sali minerali e di un climatropicale. Inizia a dare i primi frutti dopo 3-4 anni, e raggiunge la sua massima produt-tività dopo 10-15 anni. Durante l’interoperiodo è necessario concimare, estirpareerbacce, potare e difendere la pianta daparassiti e malattie con diversi trattamenti.La fioritura avviene dopo la stagione dellepiogge, e occorrono 7-8 mesi per la matu-razione del frutto. Per questo motivo, è pos-sibile avere sulla stessa pianta frutti a stadidi maturazione diversi. Esistono due metodi di raccolta dei frutti: • manuale (picking): i frutti maturi vengono

selezionati e raccolti manualmente.Questo sistema è utilizzato per le varietàpiù pregiate;

• meccanico (stripping): questo sistema èutilizzato principalmente in Brasile e spogliail ramo di tutte le bacche, anche se nontutte sono giunte a perfetta maturazione.

La prima lavorazione avviene nella zona diproduzione dove, nei centri di raccolta, sieffettua la separazione della polpa dai semi:• metodo a secco (caffè naturali): i frutti,

lasciati seccare all’aria aperta per 20 gior-ni, vengono frantumati per separare l’invo-lucro dai due chicchi;

• metodo a umido (caffè lavati): i fruttivengono immersi in vasche d’acqua per35 ore. Dopo la fermentazione, avvienel’asportazione della polpa ancora mucilla-ginosa e l’essiccatura dei due chicchi.

il caffèun prodotto e una cultura

18

Questo metodo di solito è utilizzato per levarietà più pregiate, i cosiddetti caffè “lava-ti”. Questo particolare trattamento richiedegrande abbondanza d’acqua.Successivamente il chicco viene liberato dalpergamino, la pellicola che lo avvolge, cheviene rimossa a secco. Prima dell’esporta-zione, il caffè viene ulteriormente seleziona-to ripulendolo dalle impurità e dai granidifettosi, con il sussidio di macchinari mec-canici o elettronici ed infine con la cernita amano. Quasi sempre gli impianti sono situa-ti presso le capitali dei paesi produttori.Al termine, si ottiene il cosiddetto chiccoverde, chiamato così per la sua colorazione,che è di un verde brillante specie nelle qua-lità lavate, le più pregiate. Il chicco vienestoccato in pile di sacchi di juta da 60, 69 o70 Kg, e stipato generalmente in containerventilati, per poi essere caricato su navi equindi esportato.

Tostatura e macinazioneQuesti processi avvengono per la maggiorparte nei paesi di destinazione e consumodel caffè, per venire incontro alla varietà delgusto dei consumatori. La tostatura, o torre-fazione, può avvenire in modo blando(all’americana) o più spinto (all’italiana).Con questo processo, i chicchi si gonfiano,perdendo circa il 20% del proprio peso eliberando i principi aromatici. A questopunto, vengono elaborate le miscele, il piùdelle volte composte da Arabica e Robusta -quindi corpose e dal gusto deciso - oppurecon soli caffè Arabica - dolci ed aromatiche.

Il mercato del caffèCon una produzione mondiale che raggiun-ge annualmente quasi i 6 milioni di tonnel-late, il caffè è la commodity più trattata suimercati finanziari del pianeta, seconda soloal petrolio. Necessitando di un clima tropi-cale, il caffè è coltivato in una fascia di5.000 km intorno all’equatore, in totaleun’ottantina di nazioni, e rappresenta permolti di esse la principale partita di esporta-zione e fonte di valuta pregiata. La filiera del caffè è molto articolata e com-plessa e vede coinvolti una grande varietàdi attori:• produzione: i contadini, piccoli e mediproduttori, le cooperative e le grandi pianta-gioni statali e private;• la commercializzazione nei paesi produt-tori è nelle mani di commercianti locali inca-ricati degli acquisti da parte degli esportatorio di gruppi stranieri interessati alla materiaprima (sovente grandi multinazionali);• molte imprese sono al servizio del mondodel caffè per l’immagazzinaggio, il trasportoe la riempitura dei container (staffing): com-

pagnie di navigazione, assicuratori, enti dicontrollo ed analisi, associazioni di categoria.• la filiera prosegue nei paesi consumatoricoinvolgendo gli sdoganatori e le ditte di ser-vizio nei porti di importazione (spedizionie-ri). La commercializzazione è in buona partenelle mani di agenti e rappresentanti diesportatori di caffè crudo, broker privati egruppi multinazionali. Il caffè viene torrefattoda grandi industrie e, soprattutto in Italia, daun gran numero di piccole e medie torrefa-zioni per il mercato locale. Realtà recentisono la catena di negozi del commercioequo e solidale e l’attività di tutela di enti dicertificazione e controllo.

In questo complesso panorama esistonodiverse modalità di produzione e commercia-lizzazione. Ogni paese produttore ha una suastoria, una cultura ed una politica del caffè.Il primo produttore mondiale è il Brasile,che produce principalmente la varietàArabica (naturale) e Robusta. Altri grandiproduttori sono la Colombia e l’insieme deipaesi centroamericani che esportanosoprattutto l’Arabica (lavato) e negli ultimianni è cresciuta di molto la produzione dicaffè Robusta in Vietnam.Buona parte della produzione mondiale èfrutto delle attività di grandi aziende, ma in

molti Paesi sono diffusi i piccoli produttori,proprietari di pochi ettari di terra, per i qualisovente il caffè rappresenta l’unica fonte disostentamento. Di regola, i piccoli produtto-ri non hanno la possibilità di accedere diret-tamente al mercato e contrattare il prezzodel proprio raccolto, ma sono costretti avendere il caffè a intermediari che a lorovolta dipendono da società multinazionali. In Africa il quadro è particolarmente criticoa causa delle liberalizzazioni imposte daiprogrammi strutturali del Fondo MonetarioInternazionale e della Banca Mondiale a par-tire dalla fine degli anni Ottanta, che hannodeterminato lo smantellamento dei controllistatali sulla commercializzazione del caffè el’indebolimento del Marketing Board, entepubblico per la commercializzazione delcaffè che assicurava anche ai piccoli produt-tori un prezzo minimo sulle vendite, svolteattraverso aste pubbliche, e hanno favoritol’ingresso delle compagnie straniere.In Brasile, come nel resto dell’AmericaLatina, il caffè viene invece coltivato preva-lentemente in grandi piantagioni a produ-zione intensiva. I dati sulla concentrazionedella proprietà terriera nel sub continenteamericano sono a questo proposito interes-santi: ci dicono che il 75% dei piccoli pro-duttori possiede appena il 5% delle terre. I

25,48

13,12

10,74

5,74

3,58 3,34 3,10 2,92 2,67 2,50 2,07 2,00

10,60

0

5

10

15

20

25

30

Totale 87,86

Brasile

Vietnam

Colombia

Indonesia

India

Guatemala

Perù

Honduras

Etiopia

Messico

Costa d’Avorio

Uganda

ALTRI

11,96

9,379,05

8,73

7,71

6,64

5,785,23

4,20 4,16

3,403,07

1,33

0

2

4

6

8

10

12Fi

nlan

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ESPORTAZIONE MONDIALE DI CAFFÈ(in milioni di sacchi da 60Kg cadauno) dati ICO (Organizzazione Internazionale per il Caffè) 2005/2006Allegati alla Relazione del Presidente del Comitato Italiano del Caffè, 20/10/2007

CONSUMI PROCAPITE PER PAESE NEL 2006 (kg/anno)

Dati ICO (Organizzazione Internazionale per il Caffè) 2005/2006Allegati alla Relazione del Presidente del Comitato Italiano del Caffè, 20/10/2007

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grandi proprietari terrieri possono quindisfruttare un’enorme quantità di manodope-ra impiegando i braccianti a basso costo,nonostante i governi locali fissino dei salariminimi a tutela dei lavoratori.

L’altalena dei prezzi e la speculazione economicaIl prezzo del caffè sui mercati internazionaliè profondamente influenzato dalle specula-zioni sui mercati finanziari più che dalladomanda e dall’offerta reale. La commer-cializzazione del caffè, infatti, oltre che convendita diretta, avviene soprattutto attraver-so transazioni a termine, le quali si svolgo-no nelle Borse di New York (Arabica) eLondra (Robusta): sostanzialmente, il caffèviene acquistato/venduto ancor prima diessere raccolto; accade, quindi, che tra lachiusura del contratto e il momento dellaconsegna si verifichi una variazione delprezzo, che rappresenta un rischio sia per ilcompratore che per il venditore. Comeforma di tutela, questi operatori effettuanodelle operazioni di copertura in Borsa conl’acquisto/vendita di contratti per consegnafutura a prezzi prefissati. In questo mercato, i contratti possono esse-re acquistati e rivenduti (liquidati) con pos-sibilità di grandi profitti e questo attira l’inte-resse di speculatori (banche, finanziarie,fondi di investimento, ecc…) che interven-gono con ingenti investimenti di capitalepuntando sull’incremento o sulla caduta deiprezzi. Muovendo grandi quantità di capita-le, i grandi enti finanziari finiscono perinfluenzare pesantemente il mercato.Il prezzo finale del caffè sui mercati interna-zionali è quindi in grandissima parte il risul-tato delle speculazioni di soggetti estraneialla filiera del caffè, che non hanno alcuninteresse nel prodotto fisico.Questo penalizza i Paesi produttori (permolti dei quali il caffè rappresenta la vocepiù importante del bilancio commerciale) inquanto non possiedono capitali sufficientiper agire in Borsa e sostenete i prezzi. Alcunitentativi sul piano internazionale per stabiliz-zare il prezzo di produzione ad un livello mini-mo ragionevole sono falliti, come nel casodegli accordi stipulati dall’OrganizzazioneInternazionale del caffè (ICO)1. Le ragioni delfallimento vanno ricercate nella sovrappro-duzione di caffè, lo strapotere dei grandigruppi industriali, il disaccordo tra i Paesiproduttori e la scarsa collaborazione di alcu-ni Paesi importatori.

LLaa ttaabbeellllaa mmoossttrraa ll’’aannddaammeennttoo ddeeii pprreezzzziiddaa lluugglliioo 22000077 aa mmaarrzzoo 22000088 rriilleevvaattii aallllaaBBoorrssaa ddii NNeeww YYoorrkk eedd eesspprreessssii iinn UUSScceennttss//lliibbbbrraa:: aall 1133 mmaarrzzoo 22000088 ppeerr ii ccoonn--ttrraattttii ccoonn ccoonnsseeggnnaa aa mmaaggggiioo 22000088,, 11 lliibbbbrraa((445533 ggrr)) ccoossttaa 11,,4499 $$.SSii rriilleevvaannoo ddaall ggrraaffiiccoo dduuee iimmppeennnnaattee ddeeiipprreezzzzii aa mmeettàà sseetttteemmbbrree 22000077 eedd aa ffeebb--bbrraaiioo 22000088,, iinn ccoorrrriissppoonnddeennzzaa ddeellllaa ccrriissiiddeeii mmuuttuuii aammeerriiccaannii ee qquuiinnddii ddeellll’’eennttrraattaaddeecciissaa ddeeggllii ssppeeccuullaattoorrii eessttrraanneeii aall ccaaffffèècchhee rriicceerrccaannoo pprrooffiittttii nneellllee ccoommmmooddiittiieess..

Nel mercato internazionale, fatta salva laquota riservata al commercio equo e solida-le, il caffè è commercializzato dai:• torrefattori: per buona parte grosse dittenazionali e alcune multinazionali che riforni-scono di caffè i propri impianti e le catenedi distribuzione acquistando direttamenteall’origine, dagli esportatori. Ad essi spetta il60% del totale messo in vendita nelmondo.• ditte commerciali (brokers): multinazio-nali finanziate da grosse banche d’affari chevendono il caffè ai torrefattori del Nord delmondo fornendo ai propri clienti anche ser-vizi di copertura in borsa e contratti digaranzia dei prezzi e delle consegne future.Il caffè che passa nelle mani delle multina-zionali commerciali rappresenta il 40% deltotale messo in vendita nel mondo.Secondo uno studio di CTM Altromercato diTrento, la distribuzione del prezzo è indica-tiva della disparità nel flusso di commercia-lizzazione: circa il 90% del prezzo del caffèche noi consumatori finali paghiamo, siferma nel Nord del mondo. Solo il 10% fini-sce al Paese produttore, dove viene divisotra Stato, esportatore, grossista, lavorazionedel caffè (decorticazione) e contadino pro-duttore. A quest’ultimo spetta meno del3% del prezzo totale.

Il commercio equo e solidaleContro questa logica, il commercio equo esolidale cerca di attenuare le oscillazionispeculative del mercato garantendo prezziminimi ai produttori e realizzando sistemi dicredito e contratti duraturi a favore della sta-bilità finanziaria per una migliore pianifica-zione delle attività. In Italia, il maggiore consorzio no profit èCTM Altromercato2, che si occupa da oltre15 anni di commercio equo e solidale attra-verso una rete di più di 300 Botteghe delmondo, veri e propri punti di vendita e diinformazione. Le Botteghe importano edistribuiscono prodotti alimentari e di artigia-nato provenienti da 40 Paesi dislocati inAmerica Latina, Asia e Africa. L’obiettivo ègarantire ai produttori un prezzo adeguato aireali costi di produzione e rapporti diretti econtinuativi che consentano loro un futurodignitoso. Il sistema prevede inoltre il con-trollo costante sulle modalità di impiego deilavoratori nel rispetto dell’etica, della legalitàe della sicurezza, e di una equa retribuzione. Sono interessanti varie altre modalità dicommercio equo e solidale, in particolarevolte al supporto dei piccoli produttori: ricor-diamo le iniziative di torrefazioni e di distri-butori, il marchio internazionale di tutela FairTrade e l’attività dell’americano Starbucks.

1 L’ICO, fondata nel 1962, conta tra i suoi membri50 paesi produttori e 24 paesi acquirenti, complessi-vamente interessati al 99% delle esportazioni e al90% delle importazioni mondiali.

2 Ctm Altromercato opera nel commercio equo esolidale in collaborazione con organizzazioni euro-pee e internazionali: EFTA (European Fair TradeAssociation) IFAT (International Federation AlternativeTrade), RIOCES (Registro Italiano delleOrganizzazioni del Commercio Equo e Solidale).

L’ANDAMENTO DEI PREZZI DELLA BORSA DI NEW YORKContratto C consegna maggio 2008Fonte: www.futuresources.com del 17/03/2008

tati progetti di sicurezza alimentare, progettiidrici e, ultimamente, interventi di genera-zione di energia pulita, tramite un progettoEnergy Facility che si sviluppa nelle weredadi Nansebo, Benso, Kokosa, Shashego eAlaba, tra l’Oromia e le Southern Nations.Nel 1998 LVIA ha promosso la nascita di unaONG locale, Shoa Community DevelopmentAssociation (SCDA) e ha messo in atto unaserie di iniziative mirate al supporto istitu-zionale di questa, in particolare attraversol’aiuto finanziario per la realizzazione delleiniziative nella Regione Oromia, la presenta-zione congiunta di progetti nella RegioneAmhara e il rafforzamento della presenzanella Regione Afar.Con la fine della guerra civile nel 1992, perfornire aiuto alle grandi masse di profughi chesi stabilivano nella capitale, la LVIA ha avviatouna serie di interventi di emergenza ad AddisAbeba, che si sono protratti fino al 1999.Negli anni ‘90, nella zona di Meki sono statirealizzati 54 impianti idrici attraverso la tri-vellazione e l’equipaggiamento dei pozzicon le eoliane (pompe che sfruttano l’ener-gia del vento) e più recentemente un pro-

getto dedicato ha permesso di effettuareuna campagna sugli schemi e classificazio-ne degli interventi di manutenzione, for-mando tecnici locali per garantire la sosteni-bilità dell’intervento.Dal 1995 la LVIA ha aperto una sede aMoyale, un villaggio a cavallo tra le regioniOromia e Somali nell’estremo sud dell’Etiopia,al confine con il Kenya. La presenza aMoyale è iniziata nell’ambito di un progettofinanziato dall’Unione Europea, che ha pre-visto la ricostruzione di cliniche di medicinae di veterinaria, di scuole primarie, di siste-mi d'approvvigionamento idrico (in specialmodo mediante la trivellazione e l’installa-zione di pompe ad energia solare), il riforni-mento di alcuni input per l’agricoltura(come sementi ed attrezzi) e interventivolti a migliorare la sicurezza alimentare,sia in termini di produzione locale di ciboche di creazione di lavoro. L’ultima evolu-zione della strategia LVIA nella zona preve-de una crescente attenzione per lo svilup-po dei sistemi agricoli e pastorali che portiad un crescente scambio con gli attori atti-vi nell’area.

La LVIAin Etiopia

20

Lapresenza della LVIA in Etiopia risa-le al 1972, con i primi volontari

nelle scuole tecniche di Meki, dove inizial-mente furono avviate delle attività per pro-muovere la formazione professionale.Nel 1974, la tipologia di intervento si èestesa nella zona a Nord di Addis Abeba,nell’area di Mendida, dove si sono succedu-ti più progetti di sviluppo integrato, con atti-vità negli ambiti dell’approvvigionamentoidrico, dell’agricoltura, l’orticoltura, la rifore-stazione, il miglioramento dell’habitat e laformazione tecnica.L’attività nell’area di Meki si è consolidatanegli anni ’80 con progetti volti a garantire idiritti in campo idrico, formativo e agricolo(riforestazione), in partenariato con laDiocesi.Dal 1985 è presente una sede a Shashe-mene, con l’obiettivo di fornire delle rispostealle difficoltà vissute dalle popolazioni nellewereda (distretti) di Shashemene, Sidamo eArsi Negelle in Oromia. Gli interventi inizialimiravano principalmente a promuovere l’in-novazione nel settore agricolo, a supportarele iniziative economiche locali, quali micro-credito e gruppi di trasformazione lattiero-casearia, ad agire nel campo del sociale e,parallelamente, ad aumentare la disponibilitàe l’accesso a fonti d’acqua sicure.Successivamente sono poi stati implemen-

21

La zona è afflitta da siccità periodiche e iprogetti della LVIA mirano sostanzialmentea rafforzare le capacità di pianificazionedelle comunità locali affinché possanoautonomamente far fronte a tutti i fattoriche potrebbero compromettere la sicurezzaalimentare: scarsità d’acqua potabile, malat-tie del bestiame e inefficienza delle struttu-re di mercato e dei sistemi di produzioneorientata al mercato. Le associazioni di allevatori locali hanno sti-lato le loro priorità: vaccinare il bestiame,incrementare la produzione e la commer-cializzazione casearia e creare punti diapprovvigionamento idrico, risorsa vitale siaper la popolazione che per il bestiame.La tecnologia, negli ultimi anni, sta svolgen-do un ruolo di crescente importanza. I tec-nici locali hanno familiarità con l’uso deisistemi GIS (Geographic InformationSystems) e ciò consentirà di migliorare sem-pre più la gestione delle risorse idriche edelle altre risorse naturali. Le popolazioniche vivono nelle wereda di Moyale eMiyo/Dirre, della zona Borana (RegioneOromia), e in quelli di Moyale e Hudet dellazona Liben (Regione Somali), stanno giàvedendo i primi miglioramenti del loro stan-dard di vita.

Si sono da poco conclusi interventi in ambi-to pastorale e di emergenza idrica, mentreè in corso dal 2006 un progetto di sicurez-za alimentare orientato alle realtà di vita deipastori nomadi, con componenti veterinarie(campagne vaccinazioni e formazione dipara-veterinari comunitari), idriche (riabilita-zione e/o costruzione di punti acqua tradi-zionali come invasi, Ella e Birka, follow-up dischemi moderni quali pozzi con pompesolari o generatori di elettricità), di sostegnoalla generazione del reddito (cooperative diproduzione/trasformazione del latte, coope-rative di raccolta e trasformazione di resine egomme), di diffusione di dati di mercato perla compravendita dei beni pastorali.

Gli interventi recenti nel PaeseLa sede di Shashemene coordina le attivitànella zona centro-meridionale del Paese,che va dalle Midlands delle Soutern Nationsalle Highlands dei Monti Bale e dell’Arsi.

Dal 2005, la LVIA opera nelle SouthernNations con un articolato intervento di sicu-rezza alimentare nelle wereda di Alaba eShahogo. Il progetto ha come priorità il supporto alleattività generatrici di reddito, come la tra-sformazione del latte e l’ingrasso animale,la protezione e conservazione del suolo,oggetto di deperimento e erosione da partedegli agenti atmosferici, la protezione di sor-genti d’acqua e di altre fonti, l’allestimentodi un canale di irrigazione, la formazione dipersonale governativo locale e la valorizza-zione di conoscenze di pratiche agricolealternative/innovative.

Dal 2006 è attivo nell’area del West Arsi, eprecisamente nelle wereda di Shashemene,Munesa, Nansebo, Siraro, Arsi Negelle, unesteso programma idrico con una fortecomponente implementativa “classica”(scavo di pozzi superficiali, protezione disorgenti, costruzione di acquedotti, trivella-

zione di pozzi profondi, raccolta di acquapiovana), abbinata a schemi-pilota di rimo-zione del fluoro delle acque potabili profon-de (un problema che affligge le popolazioniche vivono nella vasta area della Rift Valleydell’Africa Orientale) e a programmi di edu-cazione alle pratiche di buona igiene, con lacostruzione di latrine per le scuole.

Nel 2007 si è iniziato un progetto pilota diEcoturismo, in collaborazione con le coope-rative di produzione di caffè del Sidamo,nelle Southern Nations. Il progetto, pilota inquesto campo, intende rafforzare la capaci-tà organizzativa e valorizzare il grande patri-monio culturale legato alla coltivazione etrasformazione del caffè.

Nel 2008 parte, infine, un progetto di gene-razione di energia da fonti rinnovabili nellewereda di Kokosa, Nansebo, Benso, Alaba eShashego, che prevede la costruzione dimicro centrali idroelettriche e la diffusionedi schemi per la generazione di biogas abasso costo.

L’ufficio di Moyale coordina le attività con-dotte nella zona meridionale del Paese, alconfine con il Kenya.

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indicegli enti promotori

LVIA, Associazione di solidarietà e cooperazione internazionale 2Camera di Commercio di Forlì-Cesena 3Provincia di Forlì-Cesena 4

Il caffè in Etiopia 5

Ecoturismo sulle strade del caffè. Una via alternativa alla lotta alla povertà 6

Alla scoperta dell’Etiopia 8

Luoghi e itinerari 13

Il caffè, un prodotto e una cultura 17

La LVIA in Etiopia 20

Hanno collaborato alla redazione:Gigliola Casadei, Stefania Casadei, Gianfranco Cattai,

Lia Curcio, Pier Paolo Eramo, Vanni Fabbri, Monica Macciotta,Piergiovanni Ramasco, Roberto Ravaioli, Raffaele Vinai

Un particolare ringraziamento aLuigi Scotti per le fotografie.

Grafica: zazì - Torino

Stampa: Grafiche MdM SRL - Forlì

Lo studio grafico e la stampa sono finanziati dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena

Gennaio 2009LVIA, corso IV Novembre 28 - 12100 CUNEO

Tutti i diritti riservati per i singoli testi e per l’opera nel suo complesso

1966 • 2006

Lvia associazione di solidarietàe cooperazione internazionale

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I settori di interventoAcqua è vitaI programmi idrici della LVIA – pozzi, pompe, acquedotti e sistemidi raccolta – sono la base di qualsiasi processo di sviluppo.L’obiettivo finale è l’autonomia delle comunità locali, attraverso laformazione di personale tecnico e il miglioramento delle capacitàgestionali.

Sovranità alimentareSosteniamo un modello di agricoltura familiare per la produzionedi cibo sicuro, di buona qualità e sostenibile da un punto di vistaambientale. Promuoviamo il miglioramento delle tecniche produt-tive e commerciali sostenendo le associazioni contadine, incorag-giando la creazione di reti di produttori e allevatori e l’avvio di pic-cole imprese, anche attraverso la microfinanza.

Un ambiente più sanoSosteniamo le amministrazioni locali nella ricerca di soluzioni ai pro-blemi della gestione dei rifiuti, sempre più impellente nelle città afri-cane, in particolare attraverso la raccolta differenziata, il riciclaggiodella plastica, l’utilizzo delle energie rinnovabili e l’educazioneambientale nei quartieri e nelle scuole.

Il diritto alla saluteSosteniamo le istituzioni nel migliorare i servizi ai cittadini, conun’attenzione particolare alla salute materno-infantile, alla preven-zione dell’AIDS e delle altre malattie sessualmente trasmissibili,attraverso la formazione di personale medico, la costruzione dinuove strutture, il supporto nella gestione dei servizi sanitari.

Un nuovo dialogo Nord-Sud e Sud-SudLa LVIA promuove legami di solidarietà e di scambio progettuale tracomunità italiane e africane e il dialogo tra gli attori locali dello svi-luppo all’interno del continente africano, per valorizzare al meglioesperienze e competenze della società civile nei paesi in cui opera.

Educazione per tuttiCentinaia di famiglie italiane hanno già aderito al nostro program-ma di sostegno a distanza per garantire una formazione scolasticaa bambini e giovani: un investimento sul futuro.

Per una cultura della solidarietà e della cittadinanza attivaPer stimolare una maggiore informazione e azione della società suitemi dello sviluppo globale, promuoviamo concorsi per le scuole,progetti educativi e di scambio scolastico internazionale, mostre evideo, campagne di solidarietà, viaggi di conoscenza, commercioequo e solidale, finanza etica, cinema africano.

La LVIA - Associazione di Solidarietà e diCooperazione Internazionale è un'orga-nizzazione non governativa (ONG) presen-te in Africa da oltre 40 anni realizzandoprogrammi di sviluppo per valorizzare l’im-pegno, le capacità e le risorse delle comu-nità locali nello sradicamento della povertàe nel miglioramento delle condizioni divita. Riconosciuta dall'Unione Europea edal Ministero degli Affari Esteri, la LVIA hainviato, dopo un’adeguata formazione cul-turale e professionale, centinaia di volonta-rie e volontari a lavorare al fianco dellepopolazioni dei paesi più poveri delmondo. Attualmente, la LVIA è presente inBurkina Faso, Burundi, Etiopia, GuineaBissau, Guinea Conakry, Kenya, Mali,

Mauritania, Mozambico, Senegal, Tanzania,oltre che in Albania. Potenziamento del-l’agricoltura, dell’allevamento e dell’impren-ditoria, accesso permanente all’acqua pota-bile, tutela della salute, migliore qualità del-l’ambiente e della salubrità dell’habitat,opportunità di istruzione e lavoro, forma-zione professionale sono i settori in cuiinterviene.Il suo stile è quello di ricercare, con i partnerlocali, percorsi di sviluppo sostenibile ade-guati al contesto sociale e ambientale. Lametodologia di intervento consiste nonsolo nel realizzare opere e garantire servi-zi, ma anche e soprattutto nel rafforzare lecompetenze, per consolidare dinamicheendogene di sviluppo.

In Italia, propone azioni di informazione suitemi dello sviluppo globale e offre oppor-tunità di cittadinanza attiva. Sostiene ilcommercio equo e la finanza etica. Per il2007, la LVIA ha pubblicato il “Rapportoverso il Bilancio sociale”: uno strumentoche permette ai nostri donatori, ma anchea chi per la prima volta si avvicina allanostra associazione, di capire quali sonostati i risultati raggiunti in ogni nostro setto-re di intervento. Ad ulteriore garanzia deldonatore, la LVIA è verificata dall’IstitutoItaliano della Donazione, Entegarante della trasparenza edell’efficacia nell’utilizzo deifondi raccolti.

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2006/12