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Ires bilanci Coordinamento Claudio Stacchini CGIL Piemonte A cura di Francesco Montemurro Collaborazione di: Carlotta Guaragna e Stefano Menegat Ires bilanci Novembre 2015 L’analisi dei bilanci dei comuni e delle caratteristiche socio-economiche della provincia di Cuneo

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Ires bilanci

Coordinamento

Claudio Stacchini CGIL Piemonte

A cura di Francesco Montemurro

Collaborazione di:

Carlotta Guaragna e Stefano Menegat

Ires bilanci

Novembre 2015

L’analisi dei bilanci dei comuni e delle caratteristiche socio-economiche della provincia di Cuneo

Sommario

Premessa ....................................................................................................................................................... 5

La lettura dei bilanci .......................................................................................................................................... 5

L’analisi dei bilanci comunali: gli indicatori più importanti per la contrattazione sociale. ........................... 6

Il risultato di amministrazione. ...................................................................................................................... 8

L’equilibrio finanziario o saldo economico della parte corrente ................................................................. 10

La spesa corrente ......................................................................................................................................... 12

Ancora sulla spesa sociale ........................................................................................................................... 15

La crisi degli investimenti. ........................................................................................................................... 16

I fabbisogni standard ................................................................................................................................... 17

L’applicazione dell’Isee ................................................................................................................................ 20

La mensa scolastica nelle scuole primarie ............................................................................................... 22

L’analisi delle condizioni sociali della popolazione .......................................................................................... 23

Premessa ..................................................................................................................................................... 23

L’analisi delle condizioni sociali della popolazione nella provincia di Cuneo .............................................. 24

Condizioni occupazionali, redditi medi e potere d'acquisto delle famiglie piemontesi .............................. 26

I patrimoni delle famiglie piemontesi, distribuzione della ricchezza nelle diverse province ...................... 30

L'andamento del credito e dei consumi, analisi dei livelli e dei trend nelle province piemontesi ............. 32

Il profilo socio-demografico ed economico dei principali comuni .............................................................. 35

La condizione professionale ........................................................................................................................ 37

Le pensioni e i redditi .................................................................................................................................. 38

Le imprese e i settori produttivi .................................................................................................................. 39

Conclusioni ...................................................................................................................................................... 43

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Premessa Avviata in via sperimentale negli anni ottanta, la prassi della contrattazione sociale ha conosciuto un forte sviluppo in seguito al varo della riforma delle autonomie locali (legge n. 142 del 1990) e al consolidamento dell’amministrazione pubblica decentrata (legge 59/1997 e decreti attuativi, Legge Costituzionale 3/2001). Il concetto di autonomia locale ha subìto un sostanziale rovesciamento di prospettiva, passando da una lettura fondata sul ruolo dello Stato centrale quale dispensatore, regista e garante delle attribuzioni per Regioni ed enti locali, a un’impostazione profondamente diversa, che trova nelle comunità locali la legittimazione primaria all’esercizio di tutte le funzioni attinenti al loro sviluppo. Per questo motivo nei primi anni novanta il processo di contrattazione sociale ha interessato in modo crescente l’ente Comune in forma singola e associata (Piani sociali di zona, Unioni di comuni, gestione associata mediante aziende partecipate, ecc.), nonché gli altri enti territoriali (in primo luogo l’Asl). Tuttavia, negli anni recenti, proprio il nuovo sviluppo di politiche accentratrici (manifestatisi soprattutto attraverso un’impostazione rigida del Patto di Stabilità Interno e l’applicazione di un Federalismo “nostrano”1) ha finito per penalizzare l’autonomia degli enti locali e, dunque, l’azione della contrattazione sociale a livello territoriale. In linea generale, la contrattazione sulle politiche di bilancio è finalizzata ad affermare i principi della responsabilità pubblica e della cittadinanza attiva, promuovere l’inclusione sociale e il rispetto dei diritti umani, garantire maggiore equità nell’allocazione delle risorse pubbliche e uguaglianza nell’accesso alle opportunità. A fronte dei processi di crisi economico-finanziaria che ancora oggi interessano il nostro Paese, spesso la contrattazione sociale si è posta come l’unico valido strumento per ridurre le disuguaglianze, difendere le condizioni di vita degli anziani, rispondere alle nuove domande di disoccupati e cassaintegrati, calmierare le tariffe, potenziare la progressività fiscale. Negli ultimi anni però le amministrazioni comunali hanno spesso opposto resistenza ai processi di negoziazione sociale alla luce dei progressivi tagli ai trasferimenti statali. Sempre più spesso gli amministratori pubblici ritengono che tale prassi possa essere praticata dal Comune a patto che nelle casse dell’ente confluiscano risorse aggiuntive. In realtà, il processo di contrattazione sociale dovrebbe focalizzarsi, in coerenza con quanto previsto dalla Costituzione (le P.A. sono chiamate a promuovere la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni all’esercizio delle attività amministrative), sulle principali linee di programmazione degli enti territoriali (politiche sociali e sistema di welfare, politiche di entrata, società partecipate, ecc.), per verificarne la coerenza nei confronti della domanda sociale e sollecitare eventualmente l’adozione di nuove priorità nell’agenda dell’ente locale, finalizzate a una più efficace tutela dei diritti sociali.

La lettura dei bilanci Attraverso l’esame attento dei bilanci dei Comuni è possibile valutare gli effetti delle recenti scelte legislative adottate dallo Stato in materia di finanza locale, nonché i principali orientamenti delle politiche locali: sensibilità verso il welfare, spesa per l’auto-amministrazione e gli organi politici, tassazione nei confronti dei cittadini e del sistema imprese; elementi di progressività fiscale, orientamento agli investimenti ecc. Negli ultimi anni il bilancio (previsione e consuntivo) dei Comuni si è trasformato, impoverendosi di dati e informazioni. Il fenomeno va posto in relazione con il forte ricorso dei Comuni alle esternalizzazioni di servizi e, più in generale, con lo sviluppo delle esperienze di gestione associata di funzioni e servizi; si tratta di fattori che determinano la fuoriuscita di risorse in entrata e in uscita dal bilancio comunale, oppure

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Esemplificativo è, a questo proposito, il commento della Corte dei Conti alla recente evoluzione della finanza pubblica (Corte

dei Conti, Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, anni 2013 e 2014): il punto di debolezza più forte andrebbe rintracciato nel processo di transizione al federalismo fiscale e municipale, caratterizzato allo stesso tempo dall’accelerazione sul lato delle entrate (si legga taglio dei trasferimenti) e dai forti ritardi che hanno invece interessato il lato delle spese (fabbisogni standard, finanziamento delle funzioni fondamentali).

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maggiori attribuzioni di risorse pubbliche a Comuni “capofila” e, viceversa, minori attribuzioni agli enti convenzionati con quei Comuni. Dunque, sotto il profilo della capacità esplicativa delle politiche di bilancio, la lettura dei documenti finanziari dei Comuni può perdere parte del suo valore. In conseguenza, dati, informazioni e indicatori di bilancio vanno utilizzati con molta prudenza e ad essi va attribuita soprattutto una funzione “segnaletica”. In particolare nell’effettuare confronti tra enti locali è necessario fare molta attenzione poiché le amministrazioni e le rispettive comunità prese in considerazione sono naturalmente molto diverse tra loro. In sostanza, i comuni presentano tra loro innumerevoli particolarità. Inoltre, le differenze nella presenza delle attività terziarie, del turismo e delle seconde case influiscono su varie voci di bilancio relative alle entrate e alle spese (ad esempio sul gettito della tassazione immobiliare e della addizionale irpef, etc.). Nell’ambito della contrattazione sociale il sindacato sempre più spesso utilizza un’ampia gamma di indicatori finanziari per acquisire elementi di conoscenza sulle politiche di bilancio attivate dagli enti locali. Gli indicatori sono quozienti tra valori/quantità tratte dai documenti programmatici e dai consuntivi dei Comuni. In sostanza tramite gli indicatori finanziari diventa possibile analizzare la gestione nei suoi diversi aspetti, sia in fase di preventivo che di consuntivo. La presente ricerca è focalizzata ad analizzare i bilanci dei comuni della provincia di Cuneo e in particolare i nove principali comuni (Alba, Borgo San Dalmazzo, Bra, Cuneo, Fossano, Mondovì, Racconigi, Saluzzo, Savigliano) al confronto con i dati socio-economici del territorio, allo scopo di individuare possibili gap d’intervento delle politiche di bilancio in relazione con lo stato dei bisogni della popolazione.

L’analisi dei bilanci comunali: gli indicatori più importanti per la contrattazione sociale2. Negli ultimi cinque anni la pressione tributaria esercitata dai comuni cuneesi nei confronti di cittadini e imprese è aumentata in misura considerevole, dai 355 euro del 2010 ai 571 euro del 2014. Il fenomeno deriva in parte dalla recente evoluzione della normativa vigente, che autorizzando lo Stato a tagliare una parte cospicua dei trasferimenti erariali in prospettiva dell’applicazione del Federalismo fiscale e municipale, ha sollecitato le amministrazioni comunali a ritoccare le aliquote di tributi e tariffe per finanziare le spese. Tuttavia, sulla forte crescita del gettito dei tributi locali hanno influito anche le scelte politiche adottate liberamente dagli enti territoriali, tenuto conto che la Corte dei Conti ha recentemente osservato come negli ultimi venti anni la crescita delle entrate locali si sia accompagnata ad un significativo, anche se più limitato, ridimensionamento dei trasferimenti statali: fra il 1990 e il 2012, le prime segnalano una crescita di 4,9 punti di Pil, i secondi si riducono di poco più della metà (2,7 punti) (Corte dei Conti, 2013). Relativamente ai 9 principali comuni della provincia di Cuneo, nel 2010/2014 il trend in crescita della pressione tributaria risulta più marcato a Mondovì (da 298 euro a 674 euro pro capite), Alba (da 484 euro a 643 pro capite), Cuneo (da 450 a 599 euro pro capite), Saluzzo (da 394 a 540 euro pro capite) e Savigliano (da 418 a 588 euro pro capite). I divari rilevati dipendono sia dalle scelte discrezionali effettuate dalle amministrazioni nell’applicare le aliquote fiscali sia dalle caratteristiche morfologiche e socio-economiche (vocazione turistica, insediamenti produttivi diffusi, numero e prezzi delle seconde case, ecc.) dei comuni considerati. Se isoliamo le entrate accertate da addizionale Irpef (la leva fiscale più discrezionale a disposizione dei comuni) notiamo come queste crescano progressivamente nel quinquennio esaminato in tutti i comuni considerati (fatta eccezione per Bra e Fossano), con imposizione più elevata registrata nel 2014 a Borgo San Dalmazzo (111,3 euro pro capite), Cuneo (94,6 euro) e Bra (92,3 euro). Esaminando le aliquote effettivamente applicate dai comuni, si osserva come i Comuni di Borgo San Dalmazzo e - soprattutto - Racconigi si distinguano per l’assenza di criteri di progressività nel loro sistema di prelievo fiscale, visto che in entrambi i casi gli amministratori hanno rinunciato a modulare l’aliquota in base agli scaglioni di reddito (multialiquota), previsti dalla normativa vigente. I comuni di Alba e Fossano risultano invece quelli con

2 L’analisi dei bilanci è stata condotta su 209 comuni della provincia di Cuneo, per i quali nell’ottobre 2015 erano

disponibili i consuntivi dal 2010 al 2014. Gli indicatori sono stati elaborati calcolando solo i comuni per i quali le

singole voci presentavano valori diversi da zero. Naturalmente, tale operazione non ha eliminato la possibilità che le

esternalizzazioni effettuate dagli enti locali influenzassero i calcoli degli indicatori.

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aliquote Irpef più contenute a carico dei redditi più bassi (fino a 15mila euro), fermo restando che 4 comuni (Borgo San Dalmazzo, Bra, Mondovì e Saluzzo) hanno introdotto soglie di esenzione dal pagamento dell’addizionale Irpef a favore delle famiglie meno abbienti. Tabella 1. La pressione tributaria (valori in €)

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 355 534 550 540 571

CUNEO 450 650 647 - € 599

ALBA 484 650 690 596 643

BRA 443 636 651 590 575

MONDOVI 298 466 533 556 674

SALUZZO 394 521 539 429 540

SAVIGLIANO 418 556 609 456 588

FOSSANO 444 612 526 439 564

Fino a 1.000 Abitanti 366 697 740 760 774

1.001 - 3.000 Abitanti 362 559 572 599 590

3.001 - 5.000 Abitanti 321 493 506 490 511

5.001 - 10.000 Abitanti 276 404 417 459 469

10.001 - 20.000 Abitanti 391 514 523 443 565

20.001 - 50.000 Abitanti 424 592 609 534 609

Fonte: elaborazione Ires Morosini su bilanci comunali.

Sempre i dati di bilancio ci aiutano a comprendere come nel 2010/2014, a fronte della crescita della pressione tributaria si sia verificata una sensibile riduzione della spesa corrente destinata ai servizi sociali. Questa quota di risorse, infatti, è diminuita, considerando tutti i comuni della provincia di Cuneo, da 83,6 euro a 79,1 euro pro capite, con riduzioni più marcate ad Alba (da 113,2 a 93,7 euro pro capite) e Borgo San Dalmazzo (da 72,6 a 65,8 euro pro capite). In controtendenza risultano i comportamenti di spesa dei comuni di Cuneo e Fossano, dove le risorse destinate ai servizi sociali sono cresciute lievemente. In termini assoluti, nel 2014 gli impegni di spesa pro capite più alti si hanno a Bra (119,2 euro), dove il valore rilevato vale quasi il doppio di quanto rilevato a Borgo San Dalmazzo e risulta più alto di almeno il 20% rispetto agli altri comuni principali della provincia di Cuneo (fatta eccezione per il capoluogo). Dalla lettura dei due indicatori sopra esposti ne emerge un quadro della finanza locale complesso e una situazione penalizzante per i cittadini, che negli ultimi anni hanno visto la spesa sociale diminuire a fronte di un maggior esborso per i tributi. In definitiva, generalizzando l’esperienza dei comuni cuneesi, il federalismo avrebbe dovuto portare a un aumento dell’autonomia impositiva degli enti locali, facendo

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esplicitamente salvo il principio dell’invarianza della pressione fiscale complessiva a carico del contribuente. Nella sua fase attuativa, invece, il federalismo non si è ispirato al principio di compensazione, ma, prevalendo la tendenza alla duplicazione di spese ed entrate, le entrate locali hanno conosciuto una forte crescita; tale processo è stato accompagnato dall’inasprimento dei vincoli alla spesa (Patto di stabilità), con conseguenze negative nei confronti dei servizi, e in particolare per quelli alla persona. Tabella 2. Funzioni nel settore sociale, valore pro capite degli impegni (valori in €)

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 83,6 79,6 81,2 79,7 79,1

CUNEO 111,3 114 111,9 - € 112,4

ALBA 113,2 108,8 103,8 99,4 93,7

BRA 121,6 116,3 124,5 123,6 119,2

MONDOVI 98,6 98,2 100,5 94 90,9

SALUZZO 100,3 104,8 94,4 100,4 95,1

SAVIGLIANO 105,3 106 100,4 96,2 95,3

FOSSANO 90,1 70 70,5 68 93,1

BORGO SAN DALMAZZO 72,6 72,2 74,8 74 65,8

RACCONIGI 102,9 103 104,4 - € - €

Fino a 1.000 Abitanti 72 73,5 76,7 77,3 80,4

1.001 - 3.000 Abitanti 71,4 74,7 75,5 75,7 74,9

3.001 - 5.000 Abitanti 84,8 60,4 65,7 64,5 62,3

5.001 - 10.000 Abitanti 70,4 73,1 75,7 72,2 70,4

10.001 - 20.000 Abitanti 88,6 91 86,2 89,3 82,6

20.001 - 50.000 Abitanti 106,9 100,7 100,9 97,4 99,2

Fonte: elaborazione Ires Morosini su bilanci comunali.

Il risultato di amministrazione3. Un ulteriore indicatore altamente segnaletico delle recenti tendenze della finanza pubblica, è il risultato di amministrazione, che nel 2014 è assai positivo per tutti i comuni cuneesi, pari a circa 201 euro pro capite (erano “solo” 139 euro nel 2013 e 100 nel 2010), cioè mediamente il 25,5% delle entrate correnti.

3

Il risultato contabile di amministrazione costituisce il dato di sintesi dell’intera gestione finanziaria dell’Ente. Ne può scaturire un

risultato positivo, e allora si parlerà di avanzo di amministrazione, o negativo, e in questo caso il termine utilizzato sarà disavanzo di amministrazione. In coerenza con quanto stabilito dall’ordinamento contabile degli enti locali (art. 186 del d. lgs. 267/2000), il risultato contabile di amministrazione rappresenta, in termini puramente finanziari, la somma al termine dell’esercizio delle giacenze di cassa (+), dei crediti (+) e dei debiti (-). Il risultato di amministrazione scaturisce dall’effetto combinato della gestione di competenza (risparmi conseguiti durante l’esercizio finanziario) con le risultanze degli esercizi precedenti (dinamica dei residui).In genere il risultato di amministrazione è espresso in valori assoluti, in valori pro-capite e viene inoltre rapportato alle entrate correnti (incidenza %).

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L’avanzo di amministrazione è definito dalla Corte dei Conti come "risparmio pubblico, ovvero eccedenza di risorse sottratte ai contribuenti e agli utenti, rispetto alle previsioni di spesa per i servizi da erogare" (Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo della Lombardia, 61/PAR/2009). Nel caso sia superiore alle percentuali fisiologiche rapportate alle entrate correnti (quota che in genere viene fissata al 4/5%), "può rappresentare un sintomo di eccessivo prelievo fiscale, non coerente con le reali esigenze di spesa dell'ente locale" (Corte dei Conti, cit.). L'avanzo potrebbe essere anche un segnale di inefficienza dell'ente, segno di "un eccesso di pressione tributaria e tariffaria rispetto ai bisogni reali per finanziare i servizi comunali". Le alte percentuali di avanzo rilevate nei bilanci dei comuni cuneesi devono essere oggetto di una approfondita riflessione, tenuto conto che tali somme non possono essere considerate “certe”, in quanto l’avanzo di amministrazione si compone anche di poste che presentano un margine di aleatorietà, riguardo alla possibile sovrastima dei residui attivi e alla sottostima dei residui passivi, vale a dire voci di bilancio oggetto di periodici riaccertamenti, che incidono consistentemente sull’ammontare dell’avanzo. Ad ogni modo, anche tenendo conto che la formazione dell’avanzo di amministrazione è influenzata in modo importante dalla gestione dei residui e dalle regole del Patto di Stabilità Interno, si può tuttavia ritenere come i consistenti utili rilevati nei bilanci dei comuni cuneesi dipendano almeno in parte da una non adeguata capacità programmatoria (allineamento della capacità di entrata alla capacità di spesa) messa in campo dalle amministrazioni. Esaminando i consuntivi 2014è facile intuire che in molti casi la soglia fisiologica dell’avanzo (4/5% se rapportato alle entrate correnti) viene ampiamente superata, fino a raggiungere quote assai elevate, superiori al 30%. Peraltro, la Corte dei Conti rileva come nel 2014 i comuni piemontesi abbiano risparmiato in eccesso rispetto agli obiettivi di limitazione di spesa fissati dal Patto di Stabilità nazionale. In sostanza, complessivamente, i comuni del Piemonte hanno rispettato l’obiettivo programmatico di risparmio fissato dal Patto di Stabilità (pari a circa 281 milioni) conseguendo poi un ulteriore risparmio non richiesto, che ammonta a ben 145,6 milioni, cioè circa il 50% in più del necessario. Tra le cause del problema: il lento processo di riscossione delle entrate (necessario a garantire liquidità alle amministrazioni locali) collegato anche alla consistente riduzione dei trasferimenti statali (che i comuni incassavano con minori sforzi rispetto a quanto richiede la riscossione di tributi e tariffe presso i cittadini), le non adeguate capacità progettuali (servizi complessi, investimenti) messe in mostra da numerosi enti (specie i più piccoli), i deboli equilibri finanziari (forte consistenza del debito e di crediti inesigibili, ulteriori “incertezze” di bilancio) che hanno indotto numerose Amministrazioni ad assumere un comportamento di spesa molto prudente, pur in presenza di una dinamica fiscale e tariffaria sostenuta. Dai dati a nostra disposizione si evince come gli avanzi di amministrazione realizzati dai Comuni nel 2014 in numerosi casi risultino così cospicui da salvaguardare gli equilibri finanziari e garantire le amministrazione dal rischio “crediti inesigibili”. Infatti, focalizzando l’attenzione sui principali comuni della provincia di Cuneo, il valore complessivo dell’avanzo di amministrazione dichiarato nei rendiconti 2014 risulta pari a ben 34,8 milioni, di cui circa un terzo (11 milioni di euro) è “non vincolato”, dunque non giustificato da fragili equilibri di bilancio e invece utilizzabile liberamente dai comuni secondo specifiche finalità individuate dal legislatore. Si tratta di “margini di manovra” sufficientemente ampi. In particolare, i comuni di Alba (4,7 milioni), Mondovì (2,1 milioni), Cuneo (1,6 milioni) e Fossano (1,6 milioni) hanno registrato gli avanzi di amministrazioni non vincolati più cospicui, un dato che riveste sicuramente interesse per le parti sociali impegnate nelle azioni di contrattazione sociale con le amministrazioni comunali. Dunque, il paradosso che emerge dalla lettura dei primi tre indicatori di bilancio è che a fronte della realizzazione di un forte risparmio di spesa osserviamo un significativo incremento delle entrate tributarie (in particolare per quanto riguarda l’addizionale Irpef comunale) o “surplus di entrate” non pienamente giustificato. In presenza, dunque, di un avanzo di amministrazione molto elevato, la contrattazione sociale può sollecitare il comune a esprimersi chiaramente sull’opportunità di ridurre il risultato positivo garantendo un maggior equilibrio tra entrate correnti e spese correnti anche attraverso la diminuzione della pressione fiscale (da conseguire anche attraverso il potenziamento della progressività fiscale); oppure è possibile sollecitare una ripartizione dell’avanzo di amministrazione coerente con le necessità e i bisogni della popolazione di riferimento, in base alle disposizioni normative vigenti.

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Tabella 3. Risultato di amministrazione (valori in €)

Fondi di cassa al 1 gennaio

2014

Risultato di amministrazione

Fondo accantonamento

svalutazione o per dubbia esigibilità di

crediti

Vincolato Spese in conto

capitale Non vincolato

% non vincolato/avanzo

di amministrazione

Comuni Alba 6.085.398,71 15.513.429,75 5.116.424,73 1.724.751,14 3.983.865,57 4.688.388,31 30,22%

Borgo S. Dalmazzo 1.014.034,07 1.218.230,26 48.475,84 872.552,96 668.361,01 297.201,46 24,40%

Bra 843.803,22 884.135,09 724.834,54 0 159.300,55 0 0,00%

Cuneo 16.361.805,98 4.861.395,80 813.396,29 2.745.055,22 482.996,09 1.633.344,49 33,60%

Fossano 9.198.006,07 4.277.296,09 7.500,00 689.000,00 1.985.800,95 1.594.995,14 37,29%

Mondovì 10.661.856,50 5.693.472,94 130.000,00 868.282,99 2.566.564,32 2.128.625,63 37,39%

Racconigi 1.011.260,72 434.935,94 193.653,40 0 197.085,34 237.850,60 54,69%

Saluzzo 587.632,38 683.747,82 43.032,07 12.754,63 196.509,91 431.451,21 63,10%

Savigliano 1.039.447,95 1.274.213,85 95.692,51 917.846,12 259.925,21 0 0,00%

Fonte: elaborazione Ires Morosini su bilanci comunali.

L’equilibrio finanziario o saldo economico della parte corrente Un importante strumento per la comprensione dei bilanci comunali è la lettura dell’indice dell’equilibrio della situazione corrente, che fa riferimento al Testo Unico degli Enti locali, il quale prescrive che “Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo”. In sostanza tale indice misura la capacità dell’ente di finanziare la gestione corrente senza far ricorso alle entrate straordinarie4. Quando il valore è superiore a 100 (pareggio del bilancio per la parte corrente) significa che il Comune, avendo assicurato gli equilibri di bilancio, ha margini di manovra - compatibilmente con gli obiettivi programmatici fissati dal Patto di Stabilità interno e con le esigenze di ristrutturare il debito - per finanziare gli investimenti e le spese correnti, oppure può agire per la riduzione delle entrate tributarie (alleggerimento della pressione fiscale, potenziamento della progressività fiscale). Tanto più alto è il valore dell’indice tanto più si evidenzia una sostenibilità delle politiche di bilancio, almeno nel breve periodo. Negli ultimi anni, proprio a fronte dell’inasprimento del Patto di stabilità, il valore dell’indice di equilibrio di parte corrente è cresciuto al di sopra del pareggio (100) per numerosi comuni, un risultato che va messo in relazione anche con l’impossibilità da parte degli enti di superare tetti di spesa sempre più rigidi. Si ha cioè un surplus di entrate correnti rispetto alle spese correnti, una quota di risorse che, come detto, può essere indirizzata verso diverse mete: il potenziamento degli investimenti o delle spese correnti sociali (compatibilmente con i vincoli del Patto), il raffreddamento della pressione fiscale, con l’effetto di ridurre l’avanzo di amministrazione e, in conseguenza, il valore dell’equilibrio di parte corrente. Come si vede nella tabella, che riporta i valori dell’indice di equilibrio di parte corrente per tutti i comuni cuneesi (per i quali è disponibile il bilancio), nell’ultimo quinquennio (2010-2014) le prestazioni di tale indice sono progressivamente migliorate, e il valore medio è cresciuto da 100,8% a 113,2%. In particolare sono i comuni di Alba (120%), Mondovì (120%) e Borgo San Dalmazzo (114,3%) a presentare i valori più alti dell’equilibrio finanziario di parte corrente.

4

L’indice dell’equilibrio di parte corrente è in sostanza il rapporto tra le entrate correnti accertate, dei primi tre titoli del bilancio

(tributi, trasferimenti pubblici ed entrate extra-tributarie, cioè tariffe e multe) e le spese impegnate riferite al titolo 1 (spese correnti) e del titolo 3 (rimborso di prestiti), limitatamente al rimborso quote capitale di mutui e prestiti, di prestiti obbligazionari e di debiti pluriennali.

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Tabella 4. Equilibrio di parte corrente

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 100,80% 102,60% 100,50% 103,00% 113,20%

CUNEO 102,80% 100,40% 96,80% - 101,40%

ALBA 99,40% 98,70% 101,70% 116,30% 120,00%

BRA 99,60% 100,60% 97,60% 99,80% 104,20%

MONDOVI 99,60% 101,30% 101,20% 103,80% 120,00%

SALUZZO 100,90% 99,80% 97,80% 99,70% 107,40%

SAVIGLIANO 98,00% 100,00% 101,40% 95,60% 104,50%

FOSSANO 104,00% 103,50% 96,20% 99,90% 107,80%

BORGO SAN DALMAZZO 104,80% 106,80% 97,80% 99,50% 114,30%

RACCONIGI 99,00% 98,10% 95,90% - -

Fino a 1.000 Abitanti 102,00% 105,80% 103,70% 105,20% 114,90%

1.001 - 3.000 Abitanti 101,40% 104,10% 101,00% 103,00% 115,90%

3.001 - 5.000 Abitanti 99,00% 101,40% 99,80% 102,10% 113,30%

5.001 - 10.000 Abitanti 101,20% 102,40% 100,20% 101,90% 111,70%

10.001 - 20.000 Abitanti 102,40% 102,50% 97,80% 99,60% 110,10%

20.001 - 50.000 Abitanti 100,10% 100,60% 99,70% 103,90% 111,70%

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno. Rendiconti comunali. In linea generale il risultato ottenuto da tutti i comuni più importanti della provincia di Cuneo (con esclusione del comune di Racconigi) indica che il loro bilancio presenta ampi o almeno sufficienti margini di manovra nella parte corrente, e che essi – anche sollecitati dalle parti sociali – possono utilizzare tali spazi per calibrare meglio le scelte di entrata e di spesa in ordine alle esigenze della popolazione e del territorio (contrattazione sociale). Naturalmente, affinché la situazione di bilancio di un comune risulti sufficientemente chiara (compatibilmente con i limiti dell’analisi quantitativa) occorre esaminare in modo contestuale una serie di indicatori finanziari tra loro strettamente connessi, operando, se possibile, una comparazione con i bilanci di altri comuni aventi dimensioni demografiche simili. In sostanza per farsi un’idea dei margini di manovra di un comune (e, dunque, delle potenzialità della contrattazione sociale) occorre almeno analizzare le diverse componenti dell’equilibrio di parte corrente e dell’utile (avanzo di amministrazione), la gestione di competenza e quella residui, il livello della spesa corrente e per gli investimenti, il livello del debito, la quantità di risorse destinate agli interventi sociali (tenendo in considerazione anche le eventuali risorse sociali esternalizzate e in capo alla gestione di altri enti). Il dato interessante è che al trend in diminuzione della spesa corrente ha corrisposto l’incremento delle

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La spesa corrente La spesa corrente pro capite impegnata da tutti i comuni cuneesi è pari nel 2014 a 697,1 euro, circa lo 0,2%in meno (in valori nominali) dei 712,5 euro impegnati nel 2010. entrate correnti (entrata ordinarie derivanti dal gettito dei tributi, delle tariffe e dai trasferimenti pubblici correnti). Queste sono infatti cresciute nel periodo considerato da 764 a 789 euro pro capite. Relativamente alla spesa corrente è importante comprendere come essa viene ripartita per settori d’intervento. Nel 2014, la quota di spesa per le funzioni generali di amministrazione di gestione e di controllo (governo del territorio e auto-amministrazione) impegnata dai comuni cuneesi era pari al 33,9% della spesa corrente totale. Si tratta di un valore molto elevato. Infatti, secondo gli esperti in materia, un’incidenza della spesa per l’amministrazione generale superiore al 25%- 30% della spesa corrente totale indica in genere un surplus di risorse impiegate per l’auto-amministrazione (segreteria, uffici centrali, gabinetto del sindaco) e/o i costi della politica (organi elettivi, uffici di supporto). Il dato ottenuto nella provincia di Cuneo va messo in relazione anche con l’elevato numero di piccoli e piccolissimi comuni presenti. Tale voce di spesa è composta dalle seguenti sub-funzioni: la gestione degli organi istituzionali, partecipazione e decentramento, le indennità per i consiglieri e gli amministratori, la segreteria generale, personale e organizzazione, la gestione economica e finanziaria, i servizi di ragioneria, provveditorato e controllo di gestione, i servizi per le entrate e la gestione dei beni demaniali e patrimoniali, l’ufficio tecnico, l’anagrafe e l’ufficio elettorale, altri servizi. Tabella 5. Entrate Correnti, valore pro capite sugli impegni (valori in €)

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 764 769,2 766,9 817,2 789

CUNEO 1031,7 982,2 943,4 - 882,6

ALBA 955,5 930,6 968,1 938,9 911,6

BRA 831,3 859,5 858,9 876,2 781,9

MONDOVI 807 771,7 765 870,9 938,1

SALUZZO 832,6 797,7 797,3 802,1 814,9

SAVIGLIANO 721,2 736 756,8 728,3 728,3

FOSSANO 794,5 775,7 683,8 691 755,6

BORGO SAN DALMAZZO 709,7 698,2 665,7 673,5 744,2

RACCONIGI 651 640,7 639,6 - -

Fino a 1.000 Abitanti 1121,3 1161,5 1153,8 1228,6 1202,7

1.001 - 3.000 Abitanti 765,9 801,5 799,1 874,1 819,5

3.001 - 5.000 Abitanti 678,5 667,2 671,5 704 668,2

5.001 - 10.000 Abitanti 588,5 585,9 589,8 676,8 636,2

10.001 - 20.000 Abitanti 780,6 755,7 741,9 747,7 784,9

20.001 - 50.000 Abitanti 832,2 824,9 818,3 830,4 826,7

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno. Rendiconti comunali.

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Relativamente ai comuni più importanti della provincia di Cuneo, questo indice presenta valori molto differenziati, a conferma che le amministrazioni talvolta adottano comportamenti di spesa basati su criteri storici piuttosto che improntanti a criteri di efficienza. Nel 2014 una bassa incidenza della spesa per l’amministrazione generale (sul totale delle risorse correnti) si rileva presso i comuni di Cuneo (20,9%) e Mondovì (21,4%); al contrario Fossano (31%) e Saluzzo (32,9%) fanno registrare la quota di spesa per l’auto-amministrazione più alta in assoluto, mostrando, dunque, margini di manovra importanti per conseguire maggiori economie di scala e ottenere risparmi da liberare verso altri settori d’intervento. Da sottolineare, inoltre, che, calcolata su tutti i comuni cuneesi, l’incidenza della spesa per l’amministrazione generale si mantiene stabile nell’arco del quinquennio considerato. Tabella 6. Spese Correnti, impegni pro-capite (valori in €)

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 712,5 702,8 707 748,4 697,1

CUNEO 950,6 923 904,7 - 870,6

ALBA 899,7 867 805,5 807,4 759,9

BRA 803,7 821,2 811,6 842,2 750,4

MONDOVI 731,8 687,5 673,4 780,3 781,6

SALUZZO 785,1 759,9 767,3 764,5 758,4

SAVIGLIANO 713,9 712,4 722 700,6 697,2

FOSSANO 729,8 678,5 666,3 656,4 701,2

BORGO SAN DALMAZZO 638,5 653,4 642,8 638,7 650,8

RACCONIGI 627,2 618,8 631 - -

Fino a 1.000 Abitanti 1033,9 1035 1044,1 1090,5 1046,9

1.001 - 3.000 Abitanti 709 721,7 739,5 794,8 707,3

3.001 - 5.000 Abitanti 638,9 611,5 623,1 639,3 590

5.001 - 10.000 Abitanti 544,5 537,4 550,6 632,7 569,4

10.001 - 20.000 Abitanti 723 714,9 714,9 711,4 712,8

20.001 - 50.000 Abitanti 785,7 763,5 743,3 763,9 740

Oltre 50.000 Abitanti - - - - -

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno. Rendiconti comunali.

Dai dati rilevati è facile osservare come i comuni con dimensioni demografiche e caratteristiche morfologiche abbastanza simili, presentino al contrario un’incidenza percentuale della spesa per l’amministrazione generale molto differenziata, un fenomeno che può essere spiegato ricorrendo soprattutto a criteri di efficienza. In diversi casi, specie nei piccoli comuni, tale quota di risorse assorbe anche più del 40% della spesa corrente totale, indicando che sono necessari interventi di razionalizzazione da realizzare con il ricorso a metodi diversi (cooperazione istituzionale, riduzione del costo della politica, innovazione tecnologica, ecc.).

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In particolare, i comuni fino a mille abitanti della provincia di Cuneo fanno registrare nel 2014 un’incidenza molto elevata della spesa per l’auto-amministrazione, pari al 48,6%. Il valore dell’indice si abbassa poi al 37,9% se calcolato tra i comuni compresi tra 1.000 e 3.000 abitanti, e scende fino al 34,2% nei comuni compresi tra 3.000 e 5.000 abitanti. Le diseconomie di scala assorbono risorse cospicue; queste, se gestite in modo più efficace attraverso un maggior ricorso alla gestione associata oppure adottando scelte istituzionali coraggiose e innovative (come ad esempio la fusione dei comuni), potrebbero essere liberate e destinate ad interventi di maggiore utilità sociale. Si tratta di dati interessanti, che mostrano come l’andamento dei bilanci comunali possa essere messo in relazione non solo con l’evoluzione del Patto di Stabilità Interno ma piuttosto con le scelte politiche e le capacità amministrative espresse dagli enti locali. Tabella 7. Funzioni generali di amministrazione di gestione e di controllo, incidenza % degli impegni sul totale della spesa corrente.

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 34,00% 34,70% 34,80% 32,70% 33,90%

CUNEO 21,40% 21,50% 22,50% - 20,90%

ALBA 23,90% 23,90% 24,80% 25,00% 24,70%

BRA 28,40% 28,70% 29,10% 32,20% 28,50%

MONDOVI 24,70% 26,00% 27,20% 21,20% 21,40%

SALUZZO 31,70% 31,40% 31,90% 30,00% 32,90%

SAVIGLIANO 27,60% 27,90% 27,10% 26,80% 27,00%

FOSSANO 28,30% 30,50% 29,80% 29,80% 31,00%

BORGO SAN DALMAZZO 23,00% 22,00% 20,80% 21,90% 24,20%

RACCONIGI 28,30% 26,80% 26,30% - -

Fino a 1.000 Abitanti 47,50% 48,70% 48,70% 47,40% 48,60%

1.001 - 3.000 Abitanti 38,60% 38,00% 38,20% 34,90% 37,90%

3.001 - 5.000 Abitanti 33,60% 35,30% 34,50% 33,10% 34,20%

5.001 - 10.000 Abitanti 33,00% 34,30% 33,90% 29,10% 31,10%

10.001 - 20.000 Abitanti 28,50% 27,80% 27,70% 26,90% 29,50%

20.001 - 50.000 Abitanti 26,40% 27,10% 27,50% 27,20% 26,50%

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno. Rendiconti comunali.

Almeno dall’analisi dei bilanci si evince come anche le Unioni di Comuni mostrino un impatto non molto significativo sulla popolazione e sul territorio. Ad oggi, in diversi casi il numero degli interventi gestiti in collaborazione dai comuni risulta esiguo, ed esigue sono conseguentemente le quantità di risorse “coordinate”e gestite dalle Unioni di comuni. Mediamente, la spesa per l’auto-amministrazione rilevata tra i comuni capofila delle Unioni localizzate nella provincia di Cuneo è molto elevata, e, soprattutto, risulta in crescita rispetto all’anno precedente la costituzione dell’Unione. A questo proposito va detto che, quando si tratta di raggiungere economie di scala e capacità adeguate di governo del territorio, la letteratura in

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materia spesso si orienta per la soluzione della fusione, ritenuta più valida ed efficace rispetto all’unione e alla convenzione tra comuni5. L’obiettivo prioritario non è tanto ipotizzare forme di aggregazione comunali in grado di garantire risparmi e di innalzare i livelli di efficienza amministrativa, quanto piuttosto individuare soluzioni organizzative e istituzionali capaci realmente di governare la complessità del territorio e promuovere sviluppo sia economico che sociale. Il ripensamento delle forme istituzionali e degli assetti della governance locale dovrebbe essere accompagnato da uno sforzo riflessivo e progettuale, aperto a una molteplicità di soggetti sociali, teso a disegnare in modo integrato le linee di sviluppo del territorio. Occorre che tale sforzo ruoti attorno alla creazione di un’idea forza, in grado di valorizzarne le principali vocazioni e specializzazioni6.

Ancora sulla spesa sociale Ragionando ancora in termini di incidenza settoriale della spesa, la quota delle risorse correnti destinate ai servizi sociali in senso stretto (impegni iscritti nella funzione 10 della classificazione di bilancio al netto delle spese cimiteriali e delle esternalizzazioni) da tutti i comuni della provincia di Cuneo, pari nel 2014 all’11,4% delle risorse correnti totali, decresce lievemente nel corso del quinquennio considerato (dall’11,7% all’11,4%) pur in presenza – come si è visto in apertura di questo commento – di una diminuzione più marcata ottenuta ragionando in termini di spesa corrente pro capite (da 83,6 a 79,1 euro pro capite, pari a – 4,5%). A nostro parere, le cause della decrescita delle risorse destinate ai servizi sociali vanno rintracciate soprattutto nel progressivo ridimensionamento dei fondi sociali nazionali (ragionamento valido però fino al 2013, quando i fondi sociali sono stati rimpinguati prima dal governo Monti, poi dai governi di centro-sinistra) e nell’atteggiamento prudenziale di spesa messo in mostra da numerose amministrazioni comunali a fronte del progressivo inasprimento dei vincoli del Patto di Stabilità e delle incertezze che ormai caratterizzano la finanza locale. Occorrerebbe però approfondire le modalità di erogazione della spesa per comprendere se la flessione delle risorse sia da mettere in relazione anche con una certa rigidità rilevata nell’offerta e nella programmazione dei servizi sociali erogati, specie per quanto riguarda la capacità dei comuni di leggere e interpretare i bisogni sociali della popolazione. Peraltro, la spesa complessiva destinata ai servizi socio-assistenziali (si parla delle risorse gestite sia dai comuni sia dagli enti gestori titolari dei Piani di zona) appare caratterizzata da livelli di integrazione (tra fonti di finanziamento diverse e a livello di settori d’intervento) ancora non pienamente soddisfacenti. Si fa riferimento, da una parte alla scarsa integrazione tra interventi socio-sanitari e politiche abitative e per l’inserimento lavorativo, dall’altra alla separazione tra interventi comunali e quelli attivati dagli altri enti preposti alle politiche sociali. Forti sono inoltre i divari territoriali nell’erogazione della spesa sociale in senso stretto : basti pensare, infatti, che nel 2014 l’incidenza % di tale quota di spesa è pari al 15,9% a Bra, al 12,3% ad Alba e al 10,1% a Borgo San Dalmazzo), e le differenze osservate appaiono così marcate da lasciare pensare che i diritti sociali si applicano in modo ineguale. Anche in questo caso la chiave di lettura della dimensione demografica risulta molto esplicativa dell’andamento della spesa sociale, visto che, mediamente, sempre nel 2014 i comuni con meno di mille abitanti hanno impegnato solo il 7,7% della spesa corrente in interventi sociali, percentuale che cresce fino al 10,6% nei comuni da mille a cinquemila abitanti, e si attesta al 13,4% tra i comuni più grandi della provincia di Cuneo (tra 20mila e 50mila abitanti).

5In particolare, Fraschini. A., Osculati F., op. cit., Dafflon B. Autonomie et fusions de communes: sont-ellesantinomiques?, Journées

de Réflexionsur la questiondesfusions de communesenSuisse,Yverdon 4 mai 2011, paper; Bianco A., La gestione associata tra i comuni: lo stato dell’associazionismo ed indicazioni operative, CEL Editore, 2002. Ermini B.; Salvucci S, L’associazionismo intercomunale, analisi e riflessioni sull’esperienza delle unioni di comuni nelle marche. Economia Pubblica, 3-4, 2006. Inoltre, va segnalato che la legge regionale del Veneto, n. 18 del 27 aprile 2012, recante Disciplina dell'esercizio associato di funzioni e servizi comunali, prevede che la Giunta regionale ripartisca le risorse disponibili per l’associazionismo comunale prioritariamente alle fusioni di comuni rispetto alle forme associative. 6Montemurro F., Governare lo sviluppo economico del territorio, Rimini, Maggioli, 2006, Fadda M, Montemurro F, Fondi Ue e Sviluppo locale, Milano, Il Sole 24 Ore, 2004.

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Tabella 8. Funzioni nel settore sociale,incidenza degli impegni sul totale della spesa corrente.

ANNI 2010 2011 2012 2013 2014

PROVINCIA DI CUNEO 11,70% 11,30% 11,50% 10,60% 11,40%

CUNEO 11,70% 12,40% 12,40% - 12,90%

ALBA 12,60% 12,60% 12,90% 12,30% 12,30%

BRA 15,10% 14,20% 15,30% 14,70% 15,90%

MONDOVI 13,50% 14,30% 14,90% 12,10% 11,60%

SALUZZO 12,80% 13,80% 12,30% 13,10% 12,50%

SAVIGLIANO 14,80% 14,90% 13,90% 13,70% 13,70%

FOSSANO 12,30% 10,30% 10,60% 10,40% 13,30%

BORGO SAN DALMAZZO 11,40% 11,10% 11,60% 11,60% 10,10%

RACCONIGI 16,40% 16,60% 16,50% - -

Fino a 1.000 Abitanti 7,00% 7,10% 7,30% 7,10% 7,70%

1.001 - 3.000 Abitanti 10,10% 10,40% 10,20% 9,50% 10,60%

3.001 - 5.000 Abitanti 13,30% 9,90% 10,50% 10,10% 10,60%

5.001 - 10.000 Abitanti 12,90% 13,60% 13,70% 11,40% 12,40%

10.001 - 20.000 Abitanti 12,30% 12,70% 12,10% 12,50% 11,60%

20.001 - 50.000 Abitanti 13,60% 13,20% 13,60% 12,80% 13,40%

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno. Rendiconti comunali.

La crisi degli investimenti. Gli investimenti comunali costituiscono l’intervento strategico fondamentale dell’ente locale, finalizzato alla realizzazione e alla manutenzione straordinaria di infrastrutture: primarie per dotare le città dei principali servizi, viarie e per il trasporto pubblico, per la tutela dell’ambiente, per la realizzazione di interventi di edilizia, ecc. I meccanismi introdotti dal patto di stabilità ed i conseguenti vincoli, sempre più stringenti (fino al 2014), cui devono forza di cose sottostare le amministrazioni comunali, spingono gli enti a realizzare saldi finanziari coerenti con le direttive ministeriali riducendo quindi, complessivamente, la spesa. Tenuto conto della “rigidità” della spesa corrente e della complessità della programmazione degli investimenti, sono quindi le voci di spesa in conto capitale a subire i tagli più rilevanti. Tale presupposto trova appunto riscontro nei dati di bilancio esaminati che mettono il luce come la capacità di investimento dei comuni cuneesi abbia subito una forte contrazione nell’ultimo quinquennio. Se infatti nel 2010 tutti i comuni della provincia di Cuneo riuscivano ad impegnare nella spesa in conto capitale (escluse le concessioni di crediti ed anticipazioni) mediamente 259 euro pro capite, tale quota scendeva progressivamente negli anni seguenti fino ai 160 euro del 2014.

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Ciò che preoccupa sono i bassi livelli degli impegni di spesa per gli investimenti registrati nei comuni di Bra, Fossano e Borgo San Dalmazzo (al di sotto dei 70 euro pro capite). In genere tali voci di spesa vengono analizzate per un periodo temporale più lungo dell’anno solare, in considerazione della straordinarietà degli investimenti e della tempistica necessaria (in diversi casi molto lunga) alla realizzazione degli stessi. Un’ulteriore indicazione sull’ammontare della spesa per gli investimenti ci viene fornita dall’indice di propensione all’investimento che evidenzia appunto l’incidenza delle spese in conto capitale rispetto al totale delle spese di bilancio. In relazione a quanto sopra esposto risulta evidente come tale indice di propensione risulti mediamente per i comuni cuneesi in flessione tra il 2010 ed il 2014 dal 23,8% al 18,2%, con una flessione più forte rilevate nei comuni con popolazione compresa tra i 3mila e i 5mila abitanti (dal 28,4% al 13,0%). Altro elemento negativo è il dato sui residui passivi creati nei bilanci 2014 a valere sulla spesa per gli investimenti. Complessivamente, infatti, degli 89,8 milioni impegnati dai comuni della provincia di Cuneo per la spesa in conto capitale, solo il 25,7% (pari a 23,1 milioni) si sono concretizzati in pagamenti. E’ un chiaro segnale delle forti difficoltà finanziarie e organizzative dei comuni, sia per quanto riguarda gli accertamenti in entrata (a copertura delle spese), lenti da realizzare, sia con riferimento alla capacità programmatorie e in termini di progettazione.

I fabbisogni standard Le politiche di bilancio degli enti locali e i processi di contrattazione sociale sono influenzati da recenti innovazioni normative, introdotte nel 2015 in applicazione della legge 42 del 2009 in materia di Federalismo fiscale. I “fabbisogni standard” costituiscono infatti i nuovi criteri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, allo scopo di pervenire al graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Questo superamento costituisce uno dei principali obiettivi del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali delineato dalla legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale, orientato alla sostituzione del sistema di finanza derivata con l’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a enti locali e Regioni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale. I criteri generali di delega recati dalla legge n. 42/2009 e attuati dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, hanno introdotto il parametro del fabbisogno standard per il finanziamento delle funzioni fondamentali e la “perequazione della capacità fiscale”. In sostanza, in sostituzione del costo storico (che indica quanto storicamente si è speso per un determinato servizio)7 si avrà un costo standard, in base al quale il costo di un determinato servizio dovrà avvenire nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza, garantendo i livelli essenziali di prestazione. Il costo standard (fabbisogno standard per gli enti locali) è il criterio a cui fare riferimento per il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali degli enti locali (art. 11, comma 1, lettera b) della legge 42/2009). Il calcolo dei fabbisogni standard è ancorato all’idea che le necessità finanziarie dell’ente locale sono espressione dei servizi offerti, delle caratteristiche territoriali e degli aspetti sociali, economici e demografici della popolazione residente. Per la definizione di fabbisogno standard si possono dunque utilizzare diversi concetti che vanno dal principio di spesa efficiente a quello di esborso necessario o ottimale, passando per quello di livello essenziale della prestazione. Per determinare i fabbisogni standard lo Stato ha utilizzato i dati di spesa storica, tenendo conto dei gruppi omogenei nonché della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata. Si è considerata una quota di spesa per abitante e la sua produttività, e la diversità di tale spesa in relazione ai specifici fattori, espressamente indicati. Per quanto riguarda i comuni, sul calcolo dei fabbisogni standard incidono i seguenti fattori:

7In passato i comportamenti di spesa delle pubbliche amministrazioni locali hanno seguito il criterio del costo storico: quanto veniva trasferito ai vari enti territoriali sotto forma di trasferimenti dipendeva da quanto un ente aveva speso nell’anno precedente.

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il numero della popolazione residente per il 20%, i servizi offerti per il 13,7%, la morfologia e il territorio per l’8,7%, l’economia locale per l’8%, i prezzi dei fattori produttivi (costo del lavoro e livello delle locazioni uso ufficio) per il 7,9%, i fattori esogeni di carico (ad esempio l’attività di sportello al pubblico dell’anagrafe) per il 7,5%, gli immobili per il 6,8%, le scelte organizzative non modificabili nel breve periodo per il 5,8%, il disagio sociale per il 5,3%, i veicoli e il traffico stradale per il 5,2%, la struttura demografica della popolazione per il 4,9%, il turismo per il 4,8% e gli investimenti per l’1%. Dal 2015 i fabbisogni standard dei Comuni, insieme alla stima della capacità fiscale, vengono utilizzati per ripartire una quota (il 20%) del Fondo di Solidarietà comunale, consentendo così il graduale superamento del criterio della spesa storica, ritenuto una delle principali cause d’inefficienza nella gestione della spesa da parte dei governi locali e d’iniquità nella distribuzione delle risorse statali. Per il 2016 e 2017 il disegno di legge per la Stabilità 2016 prevede che tale quota aumenti rispettivamente fino al 30 e al 40% del Fondo di solidarietà comunale. Entro i prossimi mesi i fabbisogni standard dei Comuni e delle Province verranno aggiornati, facendo riferimento ai dati del 2013 e 2014 per i Comuni. L’Ires Morosini sta predisponendo una banca dati per il monitoraggio dei fabbisogni standard e della capacità fiscali dei comuni, allo scopo di migliorare le analisi dei bilanci e contribuire al potenziamento della contrattazione sociale. La rilevazione dei fabbisogni standard può incidere in modo significativo sui processi di contrattazione sociale, in quanto tali parametri(attualmente applicati alla spesa storica rilevata presso i comuni nel 2010) consentono di acquisire informazioni utili sui comportamenti di spesa degli enti locali e sugli squilibri che da essi derivono (ad esempio ci aiutano a rilevare la sotto-dotazione della spesa sociale piuttosto che un surplus di risorse assorbito dalla spesa per il funzionamento degli uffici centrali, etc.) . Come si leggono i dati sui fabbisogni standard? Considerando il valore medio espresso dai comuni del Piemonte, i dati pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Mef- (www.opencivitas.it) mostrano come i fabbisogni standard rilevati per tutte le funzioni/servizi risultino superiori al livello della spesa storica (dati 2010) (+7,48%). Una spesa inferiore al fabbisogno standard può indicare efficienza oppure, al contrario, l’erogazione di servizi con un livello più basso. Considerando i principali comuni della provincia di Cuneo, Alba, Fossano, Racconigi e Saluzzo spendono meno del fabbisogno standard e offrono meno servizi rispetto a comuni con caratteristiche simili. Anche Borgo San Dalmazzo, Savigliano, Bra e Cuneo spendono meno del fabbisogno standard, ma sembrano offrire più servizi relativamente ad altri comuni. Solo Mondovì ha una spesa superiore al fabbisogno standard. Grafico 1. Tutte le funzioni fondamentali dei principali comuni della provincia di Cuneo. Fabbisogni standard e spesa storica

Fonte: Elaborazioni Ires Morosini su dati Opencivitas

Alba

Borgo San Dalmazzo

Bra

Cuneo

Fossano

Mondovì

Racconigi

Saluzzo

Savigliano

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Il dato cambia se isoliamo la spesa sociale in senso stretto con esclusione dell’asilo nido. In questo caso i fabbisogni standard risultano di poco inferiori alla spesa storica (-1,77%). Una spesa superiore al fabbisogno standard può indicare l’erogazione di servizi con un livello più elevato, oppure, al contrario, inefficienza. Tuttavia il dato sulla spesa sociale in Piemonte è condizionato dal risultato del comune di Torino (fabbisogni standard assai inferiori alla spesa storica); infatti, in tutte le province escluse l’area di Torino, i fabbisogni standard per la spesa sociale risultano superiori alla spesa storica, in particolare per quanto riguarda le aree di Alessandria (+111,61%), Asti (+84,14%%) e Cuneo (+39,92%). Focalizzando l’attenzione ancora una volta sui principali comuni della provincia di Cuneo, Alba, Fossano, Mondovì e Saluzzo spendono meno del fabbisogno standard per gli interventi sociali e offrono meno servizi rispetto a comuni con caratteristiche simili. Anche Borgo San Dalmazzo, Bra, Cuneo, Saluzzo e Savigliano una spesa storica inferiore al fabbisogno standard, ma sembrano offrire più servizi relativamente ad altri comuni. Solo Racconigi ha una spesa superiore al fabbisogno standard. Si tratta di indicazioni importanti. Tuttavia il dato sui fabbisogni standard da solo non è sufficiente per poter esprimere un giudizio sulle risorse impiegate dai comuni. Per poter avere un’informazione più completa occorre conoscere un altro elemento: la capacità fiscale standard dell’ente, ovvero la quantità di risorse di cui l’ente poteva disporre senza esercitare alcuno sforzo fiscale (o, più correttamente, un sforzo fiscale superiore a quello medio). In altri termini per capacità fiscale standard si intende il valore attuale massimo del gettito da entrate proprie prodotto da un Comune nel lungo periodo. Per i comuni del Piemonte, mediamente, è stata rilevata (Mef-Sose) una capacità fiscale standard pari a 641 euro, superiore alla media nazionale di 604 euro. Infine, le modalità di determinazione dei fabbisogni standard adottate dallo Stato non soddisfano pienamente tutti gli esperti e gli addetti ai lavori (parzialità delle informazioni rilevate, enfasi sugli aspetti quantitativi, ecc.). Occorre tuttavia notare che il sistema di variabili rilevate per il calcolo dei fabbisogni standard è molto ampio: prevede la rilevazione attraverso questionario di informazioni sui servizi prestati, quelli esternalizzati, le caratteristiche della popolazione, l’organizzazione degli interventi, il personale e molti altri aspetti, tutti condivisi con l’Associazione nazionale dei comuni (Anci). Inoltre, fabbisogni standard e capacità fiscali standard sono, proprio in quanto stime, certamente imperfetti. I risultati raggiunti sono sicuramente da affinare e la stessa normativa permette di intervenire progressivamente in questo senso, in primo luogo attraverso gli aggiornamenti periodici dei dati di base. In definitiva, i fabbisogni standard ci orientano sulle sensibilità di spesa del Comune e offrono preziose informazioni sull’equità dell’azione dell’ente locale e sulla capacità dello stesso di tutelare i diritti sociali e innescare politiche di sviluppo. Occorre però sempre approfondire gli aspetti qualitativi sottesi ai flussi di spesa per esprimere un giudizio in termini di efficacia ed efficienza. Grafico 2. Le funzioni fondamentali dei servizi sociali nei principali comuni della provincia di Cuneo. Fabbisogni standard e spesa storica

Fonte : Elaborazioni Ires Morosini su dati Opencivitas

Alba

Borgo San Dalmazzo

Bra Cuneo

Fossano

Mondovì Racconigi

Saluzzo

Savigliano

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L’applicazione dell’Isee Allo scopo di comprendere se nell’uso delle leve della fiscalità i comuni hanno prestato attenzione al principio della progressività fiscale e alla tutela delle fasce più deboli della popolazione (introducendo agevolazioni e esenzioni o modulando gli incrementi delle aliquote), abbiamo condotto un’inchiesta sull’applicazione dell’ISEE relativamente ai principali servizi a domanda individuale. La ricerca, effettuata attraverso la rilevazione di dati e informazioni presso i siti web comunali, si è concentrata sui comuni piemontesi più grandi (con popolazione superiore ai 10.000 abitanti) per un totale di 70 comuni piemontesi. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’ISEE da parte dei Comuni, pur esistendo un accordo con l’Anci del 2006, sono ancora molti gli enti che non utilizzano strumenti trasparenti per la tutela delle fasce più deboli dei cittadini. In Piemonte, in base ai dati stimati dalla CGIL regionale, sono più di un milione i cittadini che utilizzano l’ISEE, e rispetto al 2006 sono quasi triplicati a causa della crisi e soprattutto per effetto della contrattazione sociale che in questi anni ha prodotto centinaia di accordi di CGIL-CISL-UIL con i Comuni piemontesi. Tuttavia la gran parte delle dichiarazioni ISEE è concentrata nelle grandi aree urbane e nell’area metropolitana torinese, dove si supera una incidenza dell’utilizzo dell’ISEE sulla popolazione superiore al 28%; mentre invece per la provincia di Cuneo la diffusione di questo strumento è molto più bassa, pari al 12,1% della popolazione (elaborazioni statistiche CGIL sulla base dei dati forniti dall’INPS). L’accesso ai principali servizi alla persona (asilo nido, trasporto scolastico, mense scolastiche) è regolato nella provincia di Cuneo da un apprezzabile sistema di fasce ISEE, a conferma della marcata sensibilità sociale messa in mostra complessivamente dalle amministrazioni pubbliche locali. Tuttavia, in diversi casi sembra che le soglie per l’accesso ai servizi siano state progettate in modo non adeguato, con il risultato di escludere – per ragioni di cassa - dall’accesso agevolato ai servizi una quota importante di famiglie a basso reddito, la cui fonte principale di sostentamento è il lavoro dipendente. Non sono rari infatti i casi di comuni che per l’accesso all’asilo nido o alla mensa scolastica applicano fasce minime ISEE bassissime, addirittura al di sotto del valore di 2.000 euro, di cui beneficiano in genere pochissime famiglie, praticamente in condizione di povertà (andrebbe approfondito il rischio di includere in queste fasce famiglie a rischio di evasione). Per quanto riguarda in particolare i servizi per l’infanzia, in presenza dell’applicazione di tariffe di solito elevate per l’accesso all’asilo nido, con l’applicazione di fasce ISEE massime molto basse, i comuni finiscono per scoraggiare le famiglie con reddito medio-basso, riducendo in modo significativo la portata universalistica del servizio educativo. Va infatti tenuto conto che solitamente le graduatorie comunali per l’accesso all’asilo nido privilegiano i nuclei familiari in cui entrambi i genitori lavorano. Occorrerebbe dunque una maggiore attenzione alla progettazione dei servizi e delle relative fasce ISEE, allo scopo di far coesistere le esigenze di cassa dei comuni e l’obiettivo di garantire alla cittadinanza l’accesso ai servizi fondamentali in base alla capacità di reddito. Per quanto riguarda i principali comuni della provincia di Cuneo al confronto con i comuni più grandi del Piemonte, la situazione risulta alquanto diversificata sia in merito al numero di fasce che al valore ISEE minimo e massimo. I comuni con la più ampia articolazione di fasce (57 nel comune di Settimo Torinese, 36 ad Ivrea, 24 a Chieri, Trofarello e Torino) sono quelli che tentano di applicare il principio di progressività tariffaria attraverso una maggiore diversificazione degli scaglioni di prezzo, e tra questi non figurano gli enti cuneesi (la rilevazione è stata effettuata al 31 dicembre 2014). Tuttavia, Alba e Cuneo hanno introdotto un buon numero di fasce ISEE (11 in entrambi i casi), i servizi all’infanzia del comune di Saluzzo poggiano invece su 7 fasce ISEE. Tra i comuni che invece non si sono sforzati di applicare il principio di progressività, scegliendo quindi di non adeguare le tariffe alle diverse situazioni economiche esistenti tra gli utenti di questo servizio, troviamo Fossano, che applica solo due fasce ISEE: Dall’analisi del valore ISEE minimo e massimo emergono dubbi sulla reale efficacia di questo strumento che in alcuni casi, a causa delle soglie decisamente basse, rischia di escludere l’accesso al servizio ad un alto numero di utenti. E’ il caso ad esempio del comune di Savigliano, che ha applicato al servizio di asilo nido

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una ISEE minimo pari a 3.500 euro, limitando così l’accesso di un numero elevato di famiglie con lavoro dipendente alla tariffa più bassa. Anche l’applicazione di un ISEE massimo relativamente basso, come nel caso di Alba (18.000 euro), Cuneo (18.320 euro) e Savigliano (16 mila euro), porta all’esclusione di molte famiglie dalla tariffa agevolata. Tra i Comuni invece che hanno deciso di allargare le riduzioni delle tariffe anche ai redditi più alti, dando così la possibilità ad un maggiore numero di utenti di usufruire del servizio ad un prezzo ridotto, non figurano gli enti cuneesi. Rientrano invece in questa casistica, tra gli altri, i comuni di Asti (40 mila per i lavoratori dipendenti), Beinasco (40.001 euro), Collegno (40 mila euro) e Cossato (oltre 37.197 euro). Alcuni comuni più sensibili alla condizione dei lavoratori dipendenti hanno deciso di differenziare il numero di fasce o l’ISEE minimo o massimo in base alla tipologia di lavoratori. Si legge in questo modo la decisione del comune di Saluzzo di privilegiare le attestazioni provenienti dai lavoratori dipendenti, con riferimento sia al numero di fasce che per l’ISEE massimo. Tabella 9. Fasce Isee per gli asili nido comunali

Comune Isee min Tariffa Euro Isee max Tariffa Euro

Alba € 2.000,00 € 162,00 € 18.000,00 447,00 €

Borgo San Dalmazzo

2,60% su valore ISEE € 170,00 2,60% su valore 550,00 €

Bra n.d. min 206 € n.d. 488,00 €

Cuneo n.d. € 100,00 oltre € 18.320,00 458,00 €

Fossano n.d. € 177,00 Asilo Nido 501,00€ Micronido 450,00€ Sez. Primavera 415,0€

n.d.

Mondovì € 5.000,00 € 108,00 oltre € 23.000,00 500,00 €

Racconigi n.d. n.d. n.d. n.d.

Saluzzo € 9.500,00 € 130,88 € 20.000,00 (lav.aut.) € 22.000,00 (lav.dip.)

€ 436,27 € 480,23

Savigliano € 3.500,00 € 165,90 € 16.000,00 474,60 €

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati comunali

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La mensa scolastica nelle scuole primarie

Le fasce ISEE vengono inoltre applicate anche al servizio di mensa scolastica nelle scuole primarie. I criteri per accedere alle tariffe più basse sono legate principalmente alla situazione economica del nucleo familiare e al numero di figli. La tariffa minima risulta difficilmente accessibile per la gran parte delle famiglie visto il valore ISEE minimo che in qualche caso non supera i 6 mila euro. Il principio di progressività viene rispettato parzialmente se analizziamo il numero di fasce. La maggior parte dei comuni hanno deciso un numero limitato che si colloca tra le 4 e le 7 fasce. I comuni di Saluzzo e Savignano applicano una fascia diversa in base alla tipologia di lavoratore, favorendo la categoria dei lavoratori dipendenti sia per quanto riguarda l’ISEE (minimo e massimo) sia in merito alle fasce ISEE. Risulta abbastanza bassa la soglia della fascia minima ISEE nei comuni di Alba (4.000 euro) e Savigliano (3.500 euro per i lavoratori dipendenti), mentre relativamente alla fascia massima il Comune di Fossano applica una soglia da ritenersi adeguata, pari a 32.000 euro. Tabella 10. Fasce Isee per la mensa scolastica

Comune Isee min Tariffa Euro Isee max Tariffa Euro

Non residenti N° fasce

Alba 4.000 1,45 20.000 4,55 5

Borgo San Dalmazzo

8.000 1 oltre 8.000 3,73 5,13 2

Bra 3.500 1 fino a 6.000 1,8 3,33 2

Cuneo 9.500 1,25 22.000 5,1 5,3 5

Fossano 6.000 1,17 fino a 32.000 4,61 5,03 lineare

Mondovì fino a 6.000 4,00 x isee/6.000

oltre 6.000 4 4 lineare

Racconigi n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.

Saluzzo 9.500 1,9 20.000 (lav. aut.) 22.000 (lav. dip.)

4,8 5,3 6 X lav.dip.5 X lav.aut.

Savigliano 2.000 (lav. aut.) 3.500 (lav.dip.)

0,92 7.800,0 (lav.aut.) 13.000 (lav.dip.)

3,29 4,73 5 x lav. aut. 5 x lav. dip.

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati comunali

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L’analisi delle condizioni sociali della popolazione

Premessa

L’analisi delle condizioni sociali rappresenta il momento fondamentale per la definizione degli obiettivi della contrattazione sociale. Per essere efficace tale operazione va contestualizzata nell’esame più generale del territorio di riferimento (morfologia e frazionamento istituzionale, ambiente, sistema produttivo e dei servizi, ricchezza e vocazioni economiche e sociali, popolazione ed evoluzione demografica) almeno attraverso la padronanza dei principali indicatori, demografici e di tipo socio-economico. Spesso le inchieste sociali organizzate dal sindacato esplorano bisogni e condizioni sociali ricorrendo in larga misura agli indicatori sociali oggettivi, cioè a quelle misure che, sotto forma di rapporti percentuali, indici o tassi, facilitano enormemente la lettura e la comprensione dei dati8. Gli indicatori sociali consentono infatti di monitorare l’andamento di alcuni fenomeni riferibili allo stato dei bisogni e alla qualità della vita: povertà, reddito e potere d’acquisto, occupazione ed economia, condizione sociale e familiare, salute e non autosufficienza, cambiamenti epidemiologici e trasformazioni demografiche, coesione sociale9. Nelle analisi sociologiche, la scelta degli indicatori dipende in primo luogo dal tema dell’analisi e dagli obiettivi perseguiti. Nelle analisi delle condizioni sociali spesso accordiamo la preferenza a indicatori per la cui costruzione possono essere utilizzati dati provenienti da fonti statistiche ufficiali o già raccolti per altri scopi e dati da rilevare direttamente presso enti (Comuni, Camere di commercio, ecc.) con competenze amministrative e gestionali nelle materie che attengono ai fenomeni considerati10. Gli archivi di un Comune sono ricchi di dati, tuttavia non tutti questi dati sono utilizzabili per produrre risultati statisticamente validi; spesso per diventare patrimonio di dati statistici la qualità e l’organizzazione di queste informazioni dovrebbero essere “negoziate” con gli enti locali. Inoltre, essi devono subire elaborazioni a posteriori che li trasformino in grandezze statistiche.

Per quanto riguarda le aree tematiche di interesse, è opinione prevalente che le principali linee interpretative della qualità della vita siano riconducibili alle teorie dei bisogni umani e dello sviluppo sostenibile11. Spesso le inchieste sociali organizzate dalle Agenzie pubbliche per il welfare e dalle organizzazioni sindacali prediligono un approccio integrato che tenga conto di tutti questi aspetti e anche degli aspetti individuali. Si privilegia il ricorso a indicatori sociali che attengono ai principali temi della qualità urbana: rischio di povertà ed esclusione sociale della popolazione; sistema del welfare; marginalità del Comune e sviluppo sostenibile; condizioni di salute ed evoluzione della struttura della popolazione; ambiente; coesione sociale. Particolare importanza assume il rapporto tra qualità della vita urbana e povertà, soprattutto per le nuove forme che quest’ultima tende ad assumere negli anni di “crisi economica internazionale”. Si prenda a riferimento, ad esempio, l’elevata incidenza dei bassi salari e delle forme contrattuali flessibili nell’ambito delle professioni qualificate collegate all’industria e ai servizi; oppure, le forme di disagio sociale ed economico (collegate anche al costo elevato delle abitazioni, dei trasporti

8Nella accezione più ampia, per “indicatori” si intendono indici sintetici di descrizione e di misura di un fenomeno frutto di elaborazioni di dati statistici, cfr. S. Schifini D'Andrea, “Teoria degli indicatori sociali”, in M. Strassoldo, E. Mattioli, S. Schifini, Teoria dei numeri indici dei prezzi e degli indicatori economici, finanziari e sociali, Cedam, 1996. Per indicatori oggettivi s’intendono rappresentazioni dei fatti indipendenti da valutazioni personali, mentre gli indicatori sociali soggettivi sono basati su soggettive percezioni e valutazioni delle condizioni sociali. 9Con il termine “indicatore sociale”, si fa riferimento a un’informazione quantitativa, una misura numerica, su un qualsiasi aspetto della realtà (in relazione ad un territorio o ad un gruppo sociale) che permetta di descrivere la situazione in cui quel territorio o quella collettività si pongono rispetto al fenomeno considerato. Per quanto riguarda l'aggettivo sociale, in astratto è possibile attribuire a questo termine il significato di “concernente la società”, cioè un significato amplissimo in cui rientra l’analisi di numerosi fenomeni (ad es. benessere socio-economico, povertà, qualità della città, partecipazione ecc.). Sulla definizione del concetto di indicatore sociale vedi in particolare R. Curatolo, Indicatori sociali, Sis, Atti della XXVII RiunioneScientifica, Palermo, 29-31 maggio 1972, vol. 1, pp. 25-153; R. Curatolo (a cura di), Gli indicatori sociali per la Toscana, RegioneToscana, Firenze, 1979; F. Zajczyk, Il mondo degli indicatori sociali, Nis, Roma, 1997; S.Benasso, M. Palumbo, S. Poli, Gli indicatori tra costruzione teorica e spendibilità empirica: un caso di studio,Università di Genova,paper, 2010; C. Bezzi, L. Cannavò, M. Palumbo, a cura di, Costruire e usare indicatori nella ricerca sociale e nella valutazione, Franco Angeli, 2010. 10Si veda al riguardo, L’indagine statistica, paper, www2.stat.unibo.it/.../statistica%20economica. 11Si vedano ad esempio, G. Ruffolo, La qualità sociale. Le vie dello sviluppo, Laterza, 1990, A. Sen, La diseguaglianza, Il Mulino,1994.

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pubblici e privati e delle altre tariffe) che interessano in misura crescente le persone che vivono sole nelle città e il sempre più folto gruppo di individui separati/divorziati con o senza prole.

L’analisi delle condizioni sociali della popolazione nella provincia di Cuneo Per quanto concerne il prodotto interno lordo, nel periodo pre-crisi il Piemonte registrava una crescita tendenziale inferiore rispetto alle altre regioni del Nord Italia (fatta eccezione per la Liguria). Nel periodo 2001-2007 l'economia regionale ha registrato un incremento di 6,4 punti percentuali, un dato nettamente inferiore a quello della Lombardia (+ 9,4%), del Veneto (+9,5%), dell'Emilia Romagna (+10,5%) ed in generale del resto del Nord Italia (+9,7%) e, nello specifico, del Nord Ovest (+8,3%) (tabella 11).

Tabella 11. Variazione del PIL nelle regioni italiane nel periodo 2001 – 2012 ( tassi medi annui di variazione % calcolati sui valori concatenati – anno di riferimento 2005).

2001-2007 2008-2013 2001-2013

2012 2013 m.a. cumulata m.a. cumulata m.a. cumulata

Piemonte -3,4 -2,6 0,9 6,4 -2 -11,6 -0,5 -6

Valle 0,8 -4,4 1,5 10,8 -1 -5,6 0,4 4,7

Lombardia -1,7 -0,8 1,3 9,4 -0,6 -3,8 0,4 5,2

Trentino -1,4 1,3 1 7,6 -0,2 -1 0,5 6,5

Veneto -2,2 -3,6 1,3 9,5 -1,9 -10,9 -0,2 -2,4

Friuli -1,9 -1,4 1 7,2 -1,6 -9,1 -0,2 -2,6

Liguria -4 -0,4 0,8 5,5 -1,7 -9,6 -0,4 -4,6

Emilia-Romagna -2,5 -1,5 1,4 10,5 -1,3 -7,3 0,2 2,4

Toscana -1,3 0 1,2 8,7 -0,7 -4,1 0,3 4,3

Umbria -2,4 -3,2 1 7,6 -2,3 -12,9 -0,5 -6,3

Marche -2,7 -2,9 1,7 12,5 -2,2 -12,3 -0,1 -1,3

Lazio -1,9 -0,5 2,1 15,3 -1 -5,8 0,6 8,6

Abruzzo -2,7 -1,8 0,8 5,5 -1,3 -7,3 -0,2 -2,2

Molise -1,8 -3,2 1,1 7,9 -3 -16,5 -0,8 -9,9

Campania -2 -2,1 1,2 8,5 -2,3 -13 -0,4 -5,6

Puglia -2,9 -5,6 0,5 3,9 -2,5 -14,3 -0,9 -11

Basilicata -3,7 -6,1 0,5 3,4 -2,9 -16,3 -1,1 -13,4

Calabria -2,1 -5 0,9 6,5 -2,4 -13,3 -0,6 -7,7

Sicilia -4,8 -2,7 1,3 9,3 -2,6 -14,6 -0,5 -6,6

Sardegna -4,3 -4,4 1,1 7,7 -2,3 -13 -0,5 -6,3

Mezzogiorno -3,2 -3,5 1 7,1 -2,4 -13,3 -0,6 -7,2

Nord -2,1 -1,4 1,3 9,7 -1,2 -7 0,2 2

Nord-Ovest -2,3 -1,2 1,1 8,3 -1,1 -6,3 0,1 1,4

Nord-Est -2,2 -2,1 1,3 9,5 -1,4 -8,4 0 0,3

Centro -1,9 -0,8 1,7 12,3 -1,1 -6,5 0,4 5

Italia -2,4 -1,9 1,3 9,1 -1,5 -8,5 0 -0,2

Fonte: SVIMEZ 2013

La crisi economica ha portato il sistema piemontese a soffrire il generale calo della produzione lorda più delle altre regioni del settentrionali, tanto che la variazione tendenziale del Pil piemontese (-8,4% di media cumulata sull'intero periodo) risultava molto peggiore rispetto al calo registrato in generale per le regioni del Nord Ovest (-4,6%). Nel complesso, tra il 2001 e il 2012 l'economia piemontese ha perso circa 2,6 punti percentuali.

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Tabella 12. Valore del prodotto interno lordo pro-capite per provincia, 2013

Provincia Valore pro capite Graduatoria Nazionale

Cuneo 26719 20

Torino 26365 23

Biella 25440 33

Alessandria 23621 43

Vercelli 23105 47

Novara 23000 48

Asti 21582 58

Verbano-Cusio-Ossola 19102 70

Piemonte 25194 9

Italia 21558

Fonte: Elaborazione Ires Lucia Morosini su dati Unioncamere – Istituto G. Tagliacarne

Al 2013 la classifica nazionale delle province per Pil pro-capite trovava come prima provincia piemontese Cuneo in ventesima posizione, dove il valore medio registrato era pari a 27.702,00 € (tabella 12). A seguire Torino, ventitreesima, Biella (33°), Alessandria (43°), Vercelli (47°), Novara (48°), Asti (58°) e Verbania (70°). Questo primo dato mette in luce come le sperequazioni regionali in termini meramente economici siano profonde. La differenza tra il valore aggiunto pro-capite della prima provincia piemontese (Cuneo) e la l'ultima provincia della Regione mostra un valore molto elevato, pari quasi a 8.000,00 €. In generale, a prescindere dal livello iniziale di ricchezza, la condizione economica delle province piemontesi ha risentito della recessione in maniera trasversale. Analizzando i dati relativi al Nord Italia, le province piemontesi si dimostrano le più colpite dalla crisi (tabella 13), mentre con riferimento alle performance negative delle province del solo Nord Ovest, sono addirittura 4 le province subalpine nelle prime 6 posizioni (grafico 3). Nello specifico, durante il periodo 2007-2013, le province in questione (Novara, Cuneo, Alessandria, Asti) hanno registrato un calo del reddito pro capite compreso tra il -12% di Novara e il -4,8% di Cuneo.

Tabella 13. Graduatoria delle province italiane per livello di impatto generato dalla crisi, 2007-2013 Province Italia del Nord Province Italia Nord-Ovest

Provincia Punteg

-gio

Clas-sifica Nord

Clas-sifica nazionale

Provincia Punteg

-gio

Clas-sifica Nord

Clas-sifica nazionale

Provincia Punteg

-gio

Clas-sifica nazionale

Classifica

Nord

Novara 61,4 1 3 Padova 44,3 24 69 Novara 61,4 3 1 Cuneo 58,6 2 11 Parma 43,6 25 63 Cuneo 58,6 11 2 Udine 58,6 3 13 Venezia 43,6 26 74 Asti 57,9 16 3 Rimini 58,2 4 15 Verbania 43,4 27 75 Alessandria 57,8 17 4 Asti 57,9 5 16 Pavia 43,3 28 76 Bergamo 56,2 20 5 Alessandria 57,8 6 17 Pordenone 42,2 29 78 Brescia 55,7 22 6 Piacenza 56,7 7 19 Ravenna 41,9 30 80 Vercelli 55,7 23 7 Bergamo 56,2 8 20 Bologna 41,5 31 81 Imperia 54 26 8 Ferrara 55,8 9 21 Trieste 40 32 86 Savona 53,1 28 9 Brescia 55,7 10 22 Forlì-Cesena 39,2 33 88 Varese 52,2 33 10 Vercelli 55,7 11 23 La Spezia 38,8 34 89 Como 51,3 37 11 Imperia 54 12 26 Sondrio 38,3 35 90 Lodi 51,1 39 12 Savona 53,1 13 28 Reggio Emilia 37,7 36 91 Lecco 50,8 41 13 Varese 52,2 14 33 Treviso 37,2 37 92 Torino 49,6 47 14 Como 51,3 15 37 Trento 37 38 93 Cremona 48,4 57 15 Lodi 51,1 16 39 Milano 36,2 39 94 Biella 48,1 60 16 Lecco 50,8 17 41 Aosta 36 40 95 Verbania 43,4 75 17 Rovigo 50,3 18 42 Verona 35,2 41 96 Pavia 43,3 76 18 Torino 49,6 19 47 Genova 33 42 98 La Spezia 38,8 89 19 Gorizia 49,1 20 52 Mantova 32,2 43 100 Sondrio 38,3 90 20 Cremona 48,4 21 57 Modena 32,2 44 101 Milano 36,2 94 21 Biella 48,1 22 60 Bolzano 30,2 45 102 Aosta 36 95 22 Belluno 45,2 23 66 Vicenza 28,9 46 103 Genova 33 98 23 Mantova 32,2 100 24

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Il Sole 24 Ore e Prometeia

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Gli effetti della crisi hanno certamente contribuito a definire in modo incisivo i profili di sofferenza socio-economica dei diversi territori della regione, tuttavia, come si vedrà nei prossimi paragrafi, il legame tra l'incidenza della crisi economica, la radicalizzazione della povertà in alcuni contesti e l'emersione di nuove povertà in altri, non può essere sempre considerato scontato. Grafico 3. Province del Nord Italia, impatto della crisi economica. Confronto valori province piemontesi (in rosso) e altre province (in blu).

Fonte: elaborazione Ires Lucia Morosini su dati Il Sole 24 Ore

Condizioni occupazionali, redditi medi e potere d'acquisto delle famiglie piemontesi L'analisi sui livelli medi di ricchezza delle famiglie piemontesi deve necessariamente essere approfondita attraverso l'analisi delle diverse tipologie di reddito sui quali i nuclei famigliari possono contare. A livello generale, il trend storico relativo alle dinamiche dei redditi, del potere d'acquisto e della spesa delle famiglie per consumi finali, presenta alcune particolarità (grafico 4). Nello specifico è rinvenibile un netto disaccoppiamento tra redditi percepiti e potere d'acquisto già a partire dal 2005, per diventare poi via via più incisivo a partire dal 2008. La spesa delle famiglie registra per contro un andamento molto simile ai redditi arrivando a superare il valore del potere d'acquisto medio a partire dal 2010. A livello regionale la riflessione sull'evoluzione della ricchezza delle famiglie deve innanzitutto prendere in considerazione l'andamento delle diverse componenti del sistema del lavoro piemontese, partendo dagli occupati e dai disoccupati, dalla struttura e dalle diverse componenti del reddito.

Il livello di disoccupazione è uno degli indicatori principali nell'analisi delle condizioni socio-economiche della popolazione residente in un territorio. Tuttavia, mentre la misura degli impatti aggregati della crisi mostrava una certa debolezza per alcune specifiche province con valori inferiori alla media regionale, nel caso della disoccupazione il dato si presenta alquanto differente. La provincia di Cuneo ad esempio, nonostante la performance negativa registrata per gli indicatori di resistenza alla crisi (tabella 14), mostra tassi di disoccupazione significativamente inferiori alla media regionale (6,9% contro il 10,5% regionale). Per contro, la provincia di Novara si conferma come uno dei territori dove le condizioni occupazionali sono più rischio, con un tasso di disoccupazione superiore alla media regionale e nazionale (12,4% contro il 10,6%

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regionale e il 12,2% nazionale). Le province di Torino, Alessandria e Vercelli sono le altre province piemontesi che mostrano maggiormente i segni della crisi sui tassi di disoccupazione (rispettivamente 11,4%, 12% e 11,7%). Le suddette province mostrano anche i più alti valori relativamente ai tassi di disoccupazione giovanile, un dato estremamente importante nell'analisi delle fragilità socio-economiche dei territori. Torino, in particolare, risulta la provincia settentrionale con il livello più alto di disoccupati nella fascia 15-24 anni, insieme ad Alessandria e Vercelli. Sempre Torino è l'unico capoluogo di regione del centro-nord Italia in cui si supera il 45% di disoccupati in tale fascia d'età (ORML, 2014). Le province che invece mostrano il minor impatto sulle condizioni occupazionali dei giovani sono ancora Cuneo (22,8%) e Verbania (28,6%), per quanto comunque il dato rimanga preoccupante e fortemente negativo (Ires Lucia Morosini, 2014). E' importante inoltre notare come il fenomeno dei NEET, vale a dire dei giovani che non studiano e non lavorano, sia cresciuta durante la crisi fino a toccare soglie preoccupanti. Come si evince dalla tabella 7, il tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni non inseriti ne in percorsi di formazione ne in condizioni lavorative, era superiore al 15% in tutte le province. Per quanto la media nazionale risulti ancora molto superiore (26%), il fenomeno è da considerare molto grave anche in Piemonte. Il dato pone un'incognita sul futuro di questa categoria di giovani, che, negli anni a venire, potrebbe riscontrare elevate difficoltà a trovare un’occupazione, aumentando nel contempo il carico economico riposto sulle famiglie.

Grafico 4. Andamento a livello nazionale di redditi medi, consumi e potere d'acquisto delle famiglie. Trend 1999-2013

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati ISTAT

Tabella 14. Tasso di disoccupazione province piemontesi, disoccupazione giovanile e NEET, anno 2013

Maschi Femmine Maschi e femmine Disoccupazione giovanile Incidenza NEET

Torino 11,1 11,7 11,4 46,4 17,5

Vercelli 11,1 13,1 12,0 46,2 15,9

Novara 11,9 13,0 12,4 42,1 17,1

Cuneo 7,2 6,5 6,9 22,8 14,8

Asti 10,3 8,7 9,6 38 14,9

Alessandria 9,0 15,0 11,7 46,7 16,5

Biella 8,6 10,5 9,5 39,1 16,7

Verbano-Cusio-Ossola 7,7 6,8 7,3 28,6 15,8

Piemonte 10,2 11,1 10,6 40,2 22,7

Italia 11,5 13,1 12,2 40,0 26,0

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati ISTAT e IRES Piemonte.

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In questo contesto, la popolazione piemontese nel 2013 ha prodotto redditi per un ammontare pari a circa 64 miliardi di €. Di questa cifra, più dell'85% corrisponde a redditi da lavoro dipendente o da pensione, mentre il reddito di lavoratori autonomi ed imprenditori incide per circa l'8% del totale. La restante parte è costituita da redditi derivanti da fabbricati (circa 3%) e redditi da partecipazioni (circa il 5%). In termini di reddito medio pro-capite, le diverse province piemontesi mostrano importi compresi tra il valore massimo di 21.074 € di Torino e i 18.093 € di Verbania (Tabella 15).

Tabella 15. Composizione dei redditi dei contribuenti piemontesi per fonte di reddito e indice di disuguaglianza dei redditi per provincia, anno 2013.

Reddito medio immobili reddito da

dipendente reddito da pensionato

reddito autonomo

reddito imprenditore

reddito partecipazione

Alessandria 19404,28 3,5% 50,1% 35,7% 3,4% 4,5% 4,4%

Asti 18465,99 3,6% 50,0% 34,6% 3,2% 5,3% 5,8%

Torino 21074,23 3,5% 52,4% 33,3% 3,8% 4,2% 4,8%

Verbania 18093,66 3,8% 48,9% 35,2% 4,2% 5,4% 5,2%

Cuneo 18773,45 3,8% 51,8% 31,3% 3,3% 5,5% 7,6%

Biella 19478,46 2,7% 49,2% 36,9% 3,5% 4,9% 5,5%

Vercelli 19337,26 3,0% 50,4% 36,6% 3,1% 4,7% 4,0%

Novara 20882,14 3,1% 55,0% 31,8% 3,7% 4,2% 4,3%

Piemonte 20197,88 3,5% 51,9% 33,5% 3,6% 4,5% 5,1%

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati MEF

La distribuzione dei contribuenti piemontesi per classe di reddito mostra come ad essere preponderanti in termini percentuali in tutte le province siano i percettori di redditi medio-bassi (sotto i 15.000 € annui). In particolare, la fascia di reddito al di sotto dei 10.000 € annui raccoglie in tutti i contesti provinciali più del 20% della popolazione (tabella 16), con dei picchi relativi alle province di Verbania (29%), Cuneo (28%) e Asti (28%). A livello regionale il 26,3% dei soggetti si trova al di sotto della soglia dei 10.000 € annui (tabella 10), una cifra inferiore rispetto alla media italiana (30,7%) ma superiore ai livelli di Lombardia ed Emilia Romagna (rispettivamente 23,6% e 24,2%). In totale circa 790.000 piemontesi percepiscono redditi inferiori a tale livello, anche se è bene ricordare che questo dato non rappresenta di per se un indicatore di povertà ne di disagio sociale. Infatti, i nuclei famigliari possono includere diverse fonti di reddito, ottenendo così un ottimale accesso alle risorse e ai servizi necessari al mantenimento di un adeguato standard di vita. I dati qui riportati sono tuttavia utili a identificare in maniera approssimativa alcune variabili che possono influenzare indirettamente la struttura dei redditi dei lavoratori piemontesi. Nello specifico, la fascia di lavoratori a basso reddito è distribuita tra gli oltre 1.200 comuni piemontesi secondo un rapporto di correlazione, che può essere riportato a diversi elementi del contesto socio-economico e geografico.

Tabella 16. Composizione della popolazione di contribuenti piemontesi per classe di reddito e provincia, anno 2013.

Reddito complessivo inferiore a

10000 euro

Reddito complessivo da 10000 a 15000 euro

Reddito complessivo da 15000 a 26000 euro

Reddito complessivo da 26000 a 55000 euro

Reddito complessivo da 55000 a 75000 euro

Reddito complessivo da 75000 a

120000 euro

Reddito complessivo oltre 120000

euro

Indice di disuguaglianza

del reddito

Alessandria 26% 15% 35% 19% 2% 1% 1% 40,2%

Asti 28% 15% 34% 18% 2% 1% 0% 39,0%

Torino 24% 13% 35% 22% 2% 2% 1% 32,5%

Verbania 29% 14% 34% 18% 1% 1% 0% 27,3%

Cuneo 28% 15% 33% 19% 2% 1% 1% 46,2%

Biella 22% 16% 40% 17% 2% 1% 1% 22,1%

Vercelli 23% 15% 38% 19% 2% 1% 0% 29,8%

Novara 23% 14% 37% 21% 2% 2% 1% 20,7%

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati MEF e ISTAT

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Tramite un'analisi di regressione lineare si è infatti rilevato come vi sia una correlazione tra laconcentrazione di percettori di redditi bassi (sotto la soglia dei 10.000 € annui) ed alcune variabili specifiche (tabella 17). In generale 5 variabili si sono dimostrate significative nel determinare il livello di incidenza dei redditi bassi e bassissimi a livello territoriale. Dal punto di vista demografico si registra come la maggiore incidenza della popolazione in età da pensione nel territorio dei singoli comuni sia un fattore importante nel determinare una maggior incidenza di redditi bassi (correlazione positiva, significativa e di magnitudine consistente). Per contro, il tasso di disoccupazione e la presenza di lavoratori stranieri non rappresentano necessariamente una condizione di fragilità per i redditi medi dei residenti (significatività alta ma segni ambigui e magnitudine trascurabile ridimensionano il rapporto di correlazione). Interessanti sono infine i valori relativi all'urbanizzazione e alla dimensione media delle famiglie che, mostrando entrambi segno negativo, implicano una minore incidenza dei redditi bassi laddove le famiglie siano più numerose oppure i centri urbani più sviluppati. Non sono stati invece riscontrati livelli di significatività sufficienti nel caso della relazione tra complessità geografica dei territori (indice di montuosità), dimensione demografica comunale (in termini di numero di contribuenti), e la relativa incidenza dei bassi redditi.

Tabella 17. Analisi OLS, concentrazione redditi inferiori ai 10.000 € annui nei comuni piemontesi. Sintesi delle correlazioni

Modello 1: OLS, usando le osservazioni 1-1206

Variabile dipendente: Fino_a_10000

Coefficiente Errore Std. rapporto t p-value

Const 0,430363 0,0301436 14,2771 <0,00001 ***

Incedenza_pensionati_su

_totale_

0,12523 0,0338659 3,6978 0,00023 ***

Tasso_disoccupazione -0,00600668 0,000637618 -9,4205 <0,00001 ***

n_membri_famiglia -0,0504024 0,00887182 -5,6812 <0,00001 ***

urbanizzazione -0,036812 0,00354397 -10,3872 <0,00001 ***

Inc_popolaz_straniea 0,00325604 0,000447321 7,2790 <0,00001 ***

Media var. dipendente 0,290388 SQM var. dipendente 0,071004

Somma quadr. residui 4,312224 E.S. della regressione 0,059946

R-quadro 0,290170 R-quadro corretto 0,287213

F(5, 1200) 98,10920 P-value(F) 8,59e-87

Log-verosimiglianza 1685,827 Criterio di Akaike -3359,655

Criterio di Schwarz -3329,084 Hannan-Quinn -3348,142

Statistica test: F(2, 1198) = 0,232344

con p-value = P(F(2, 1198) > 0,232344) = 0,792709

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Istat e MAE

L'analisi sui redditi deve infine tener conto delle condizioni di disuguaglianza diffuse tra le famiglie piemontesi. A tal scopo risulta utile l'esame dell'indice di disuguaglianza del reddito disponibile, vale a dire il rapporto tra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione più ricca e quello ricevuto dal 20% della popolazione più povera (tabella 9). Nel caso specifico, occorre notare come siano le province di Cuneo, di Alessandria e di Asti a registrare i più alti valori di tale rapporto, sintomo di un elevato grado di disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Le province con maggiore omogeneità sono invece quelle di Novara e Biella, con valori del rapporto che si attestano intorno al 20%. Il capoluogo regionale esprime un rapporto vicino alla media regionale, pari a circa il 35%.

Nel prossimo paragrafo ci si occuperà di analizzare la situazione patrimoniale dei nuclei famigliari piemontesi, al fine di fornire una descrizione più dettagliata di quelli che sono i principali fattori di caratterizzazione della condizione di povertà e di nuova povertà che affliggono il tessuto sociale della regione.

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I patrimoni delle famiglie piemontesi, distribuzione della ricchezza nelle diverse province Al fine di tratteggiare una prima fotografia della situazione della famiglia media piemontese, è utile far ricorso all'indagine sui bilanci delle famiglie italiane a cura della Banca d'Italia. Tra le 600 e oltre famiglie piemontesi inserite nel campione della ricerca, spiccano infatti alcuni dati estremamente interessanti, che permettono non solo di rilevare la situazione patrimoniale media dei piemontesi, ma anche di fornire un esempio di come la ricchezza sia strutturata e distribuita tra i diversi percentili della popolazione regionale.

Per quello che concerne le caratteristiche patrimoniali della famiglia-tipo occorre definire in maniera chiara il tipo di indicatore utilizzato. La media dei valori che caratterizzano le famiglie facenti parti del campione, risulta infatti pesantemente distorta da valori positivi eccessivi, misurati per nuclei appartenenti a categorie socio-economiche estremamente ricche. Per l'analisi delle proprietà della famiglia media, è spesso opportuno fare uso del concetto di mediana, misura che evidenzia il valore centrale di una distribuzione. Nel caso del patrimonio delle famiglie piemontesi, l'analisi del valore mediano rileva alcune caratteristiche interessanti (tabella 18): per quanto la significatività statistica non sia particolarmente elevata, l'analisi del valore mediano riferito alle famiglie piemontesi, lombarde, venete e emiliane evidenzia un disequilibrio sostanziale, che varia tra i 201.000 € detenuti dalla famiglia emiliana ai 130.000 € detenuti dalla famiglia piemontese. La caratteristica comune delle famiglie è comunque il possesso di un'abitazione, che costituisce circa il 90% del patrimonio complessivo detenuto. Ridotta ma costante la presenza di oggetti di valore e di depositi bancari, così come il possesso di beni durevoli. L'esposizione bancaria è riferita, quando presente, al mutuo per l'acquisto della casa. Il confronto tra questi valori e quelli relativi alla famiglia mediana del Nord Italia mostrano un'ulteriore disequilibrio. Quest'ultima infatti appare più ricca delle altre, con consistenti attività finanziarie diverse dai depositi bancari (investimento in titoli, azioni o altro).

Tabella 18. Valori mediani delle caratteristiche patrimoniali delle famiglie piemontesi e del Nord Italia, anno 2013

Attività reali, di cui Attivita finanziarie, di cui Passività Altri beni durevoli, di cui

Ricchezza netta immobili oggetti valore

depositi Altri titoli banche mezzi

trasporto mobili

beni durevoli

Famiglia mediana piemontese

130000 120000 2000 7725,872 0 0 8000 5000 13000

Famiglia mediana lombarda

191562,4261 260000 5000 11562,43 0 85000 6050 10000 16050

Famiglia mediana Veneto

157000 150000 5000 2000 0 0 10000 4000 14000

Famiglia mediana Emilia Romagna

201000 200000 1000 0 0 0 1100 2000 3100

Famiglia mediana Nord Italia

211000 170000 0 1000 40000 0 5000 2000 7000

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Banca d'Italia

Al di là dei valori mediani occorre ancora rilevare come siano distribuite le diverse famiglie piemontesi a seconda dei patrimoni detenuti. Dal prospetto fornito in tabella 13a, si evince come il 50% della popolazione componga una generica “classe media”, in grado di accumulare patrimoni tra i 50.000 e i 300.000 €. Il 15% delle famiglie detiene patrimoni per importi superiori, mentre addirittura il 27% risulta in possesso di ricchezze inferiori ai 10.000 €. Dalla tabella 13b si può invece cogliere nel dettaglio l'incidenza delle famiglie non in possesso di abitazione (il 34%), con debiti a carico (il 13%), senza mezzi di trasporto propri (22%), con un patrimonio uguale a zero (il 6%) oppure addirittura negativo, in virtù di debiti contratti e nessuna garanzia reale a copertura (il 2% delle famiglie).

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Al di là dell'indagine campionaria svolta dalla Banca d'Italia, altri dati interessanti permettono di valutare l'incidenza che ha avuto la crisi sui territori e i relativi effetti percepiti dalle famiglie. Il primo indicatore riguarda i depositi bancari delle famiglie (tabella 19), che durante il periodo della crisi in tutto il paese sono cresciuti in media del 67,4%. Tra le province piemontesi a far peggio della media italiana vi sono solamente Biella (+63,8%) e Novara (+67,2%). Tra le province in cui i depositi hanno registrato i maggiori incrementi vi sono Vercelli (+95,4%), Cuneo (+84,6%) ed Alessandria (+81,5%). In termini assoluti i risparmi delle famiglie piemontesi sono maggiori in provincia di Torino (valore medio pari a 24.630 €), con Cuneo (22.162 €), Novara (20.868 €) ed Alessandria (20.220 €) rispettivamente in seconda, terza e quarta posizione. Con circa 19.651 € Vercelli si colloca a metà della classifica, seguita da Biella (18.477 €), Asti (17.422 €) e Verbania (15.095 €). Tra tutte le province piemontesi solo Asti e Verbania rivelano depositi medi per abitante inferiori alla media nazionale, pari a 17.705 €.

Tabella 19. Depositi bancari, variazioni 2007-2013 per Provincia Provincia Classifica nazionale Valore 2007 Valore 2013 Variazione periodo

Biella 42 11283 18477 63,8%

Novara 49 12481 20868 67,2%

Torino 57 14423 24630 70,8%

Verbano‐Cusio‐O 59 8825 15095 71,0%

Asti 67 9810 17422 77,6%

Alessandria 71 11140 20220 81,5%

Cuneo 73 12007 22162 84,6%

Vercelli 81 10056 19651 95,4%

Italia - 10575 17705 67,4%

Fonte: Elaborazioni Sole 24 Ore su dati Banca d'Italia

Un altro indicatore utile a comprendere lo stato di salute delle finanze delle famiglie piemontesi è il livello medio di beni durevoli posseduti (tabella 20). Per tale indicatore le province piemontesi mostrano, in coerenza con la dinamica nazionale, una contrazione del valore medio dei beni durevoli posseduti. La riduzione osservata è compresa tra il 16,7% di Cuneo e il 20,4% di Asti tra il 2008 e il 2013. In termini di valori assoluti, le famiglie con più disponibilità sono quelle di Biella (976 € pro-capite), seguite da quelle di Verbania (952€), Cuneo (951 €), Torino (940 €), Novara (934 €). A chiudere la classifica vi sono Vercelli (898 €), Alessandria (894 €) e Asti (870 €).

Tabella 20. Livello consumo beni durevoli (mobili, elettrodomestici, informatica)

Provincia Classifica nazionale Livello 2007 Livello 2013 Variazione periodo

Asti 28 1093 870 -20,4%

Novara 30 1172 934 -20,3%

Biella 34 1218 976 -19,9%

Torino 37 1169 940 -19,6%

Alessandria 39 1109 894 -19,4%

Verbania 48 1167 952 -18,4%

Vercelli 55 1090 898 -17,6%

Cuneo 67 1142 951 -16,7%

Italia - 1062 864 -18,6%

Fonte: Elaborazioni Sole 24 Ore su dati Findomestic

Come già accennato nella parte introduttiva al paragrafo, le famiglie piemontesi possono contare in media su patrimoni piuttosto consistenti, costituiti per lo più da beni immobiliari. Nella classifica nazionale, tra le prime 10 province italiane spicca Cuneo, sesta, con 466.355 € di patrimonio immobiliare per famiglia. Seguono di poco distanti Biella (442.079 €) e Verbania (440.837 €). Le famiglie del Vercellese dell'Astigiano e del Torinese possono in media contare su patrimoni compresi tra i 412.911 € e i 404.470 €. Sotto i 400.000 € a famiglia si trovano invece le province di Alessandria e Novara (circa 380.000 €). I dati delle famiglie piemontesi indicano un livello medio di ricchezza immobiliare mediamente elevato, sicuramente

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maggiore della media nazionale (346.424 €) ma ancora distante dalle province più ricche delle altre regioni settentrionali (come ad esempio Sondrio, Aosta, Belluno o Milano).

I dati sulla complessiva ricchezza delle famiglie piemontesi indicano chiaramente come a fronte della crisi economica le famiglie riescano a mantenere piuttosto elevati i propri livelli di ricchezza. Il confronto tra valori pre e post-crisi ha evidenziato un aumento consistente nella propensione al risparmio delle famiglie, anche attraverso la riduzione nel consumo di beni durevoli. Come si è già discusso, un fattore fondamentale per comprendere al meglio la situazione delle famiglie è il possesso di beni immobiliari. In tal senso i dati registrano una situazione di discreta opulenza per le famiglie piemontesi, tanto che, come presumibile, gli effetti negativi della disoccupazione e della perdita di redditi risultano attutiti rispetto ad altri contesti. Tuttavia gli indicatori osservati situano il Piemonte in una condizione di maggiore vulnerabilità rispetto alle altre regioni del Nord Italia. I dati sulla famiglia mediana, per quanto potenzialmente soggetti ad errore statistico, mostrano una condizione patrimoniale positiva ma ancora lontana dai valori mediani delle altre regioni settentrionali. Per la famiglia-tipo descritta nella prima parte di questo paragrafo, l'eventuale perdita delle fonti di reddito potrebbe determinare una condizione di sofferenza economica e sociale molto forte, che, anche se attenuata dal discreto livello di ricchezza patrimoniale detenuta, nel medio-lungo periodo potrebbe ricondurre l'intero nucleo ad oltrepassare le soglie di povertà.

Inoltre, come riportato in merito alle stime elaborate a partire dal campione di analisi selezionato dalla Banca d'Italia per lo studio sulla ricchezza delle famiglie italiane, la distribuzione dei patrimoni risulta ancora fortemente ineguale. Per quanto concerne il Piemonte, la stima dei soggetti a rischio povertà, ovvero i cui patrimoni non siano sufficienti a garantire un'eventuale protezione delle condizioni di vita in caso di perdita di un reddito, presenta un'incidenza elevata, determinando così un elevato rischio sociale per il sistema socio-economico regionale. Prima di passare all'analisi di alcuni indicatori che potrebbero meglio definire queste condizioni, occorrerà ancora esaminare un indicatore fondamentale per comprendere la struttura socio-economica delle famiglie piemontesi: i consumi.

Tabella 21. dinamica dei consumi delle famiglie, andamento storico e previsioni.

Piemonte 2001–2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Pil 0,9 -1,9 -8,3 3,4 1 -2,5 -1,8 0,8 1,6

Consumi 0,9 -2,2 -1,3 2,9 0 -3,7 -2,4 0,7 1,1

Italia 2001–2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Pil 1,3 -1,2 -5,5 1,7 0,5 -2,4 -1,9 0,7 1,5

Consumi 0,7 -1 -1,8 1,6 -0,1 -3,8 -2,5 0,5 1

Fonte: IRES Piemonte su dati Istat e Prometeia

L'andamento del credito e dei consumi, analisi dei livelli e dei trend nelle province piemontesi A livello regionale i consumi delle famiglie piemontesi al 2013 erano circa l'8% inferiori rispetto ai valori del 2007 (IRES Piemonte). Il trend di contrazione dei consumi dei piemontesi ha seguito grosso modo il trend nazionale (tabella 21), passando attraverso un primo calo registrato tra il 2008 e il 2009, e una seconda contrazione tra il 2012 e il 2013. Le previsioni disponibili mostrano come per il 2014 e il 2015 i consumi dovrebbero tornare a crescere, in coerenza con quanto riportato in introduzione al presente lavoro.

Relativamente all'anno 2013, secondo i dati diffusi da Il Sole 24 Ore, le famiglie piemontesi risultavano ancora dotate di una elevata propensione al consumo (tabella 22). In particolare, la provincia di Biella registrava il più alto dato regionale in termini di consumi pro-capite, e addirittura il terzo dato nazionale (2.483 €). In seconda posizione la provincia di Verbania con 2.273 € di spesa pro-capite guida il gruppo delle altre province regionali, con un volume di consumi tra i 2.271 € pro-capite e i 2.141 € pro-capite. Questi dati collocano le province della Regione Piemonte su livelli superiori rispetto alla media delle province italiane (1.882 €). La composizione media della spesa delle famiglie piemontesi è cambiata a causa della crisi in

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maniera prevedibile (tabella 23): nel 2007 essa era composta per il 47,7 % da beni primari (alimentari, abitazione e combustibili), mentre nel 2013 la situazione ha visto una generale contrazione dell'incidenza di tutte le voci di spesa salvo di quelle relative ai consumi primari, appunto alimentazione, abitazione e combustibili, che sono aumentati in aggregato di 4,6 punti percentuali (52,3% della spesa complessiva). Questo dato dimostra che anche a livello aggregato è possibile individuare degli indicatori di fragilità economica alla base dell'aumentato rischio povertà per le famiglie (Romano, 2011).

Tabella 22. Livello medio dei consumi delle famiglie piemontesi per provincia, anno 2013.

Provincia Classifica nazionale Valore

Biella 3 2483

Verbano-Cusio-Ossola 19 2273

Cuneo 21 2271

Novara 23 2264

Vercelli 27 2243

Alessandria 34 2191

Torino 37 2184

Asti 41 2141

Italia - 1882

Fonte: Sole 24 ore su dati Findomestic

Tabella 23. Composizione della spesa delle famiglie piemontesi, confronto 2007-2013

Voci di spesa 2007 2013 Variazione

Alimentari e bevande 17,2 18,9 1,7

Tabacchi 0,7 0,7 0

Abbigliamento e calzature 6,2 4,5 -1,7

Abitazione 25,2 26,8 1,6

Combustibili e energia 5,3 6,6 1,3

Arredamento 6,3 4,6 -1,7

Servizi e spese per la salute 4,5 3,8 -0,7

Trasporti 14,7 14,7 0

Comunicazioni 1,9 1,7 -0,2

Istruzione 0,9 1,2 0,3

Tempo libero e cultura 5,1 4,6 -0,5

Altri beni e servizi 11,9 11,8 -0,1

Focus consumi primari 2007 2013 Variazione

Alimentari 17,2 18,9 1,7

Abitazione 25,2 26,8 1,6

Combustibili 5,3 6,6 1,3

Totale 47,7 52,3 4,6

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su Istat (2008) e Istat (2013)

Se da un lato la contrazione generalizzata dei consumi può essere un effetto diretto del calo registrato nei redditi medi e nel potere d'acquisto delle famiglie, d'altro canto si è assistito a partire dal 2007 ad un incremento progressivo e consistente del livello medio di indebitamento delle famiglie sia a livello nazionale che a livello regionale. In Piemonte le province con livelli medi di indebitamento per famiglia più alti sono Asti (20.163 €), Novara (20.534 €) e Torino (19.466 €). Sotto la media nazionale (19.251 €) si collocano invece le altre province piemontesi, con valori compresi tra i 17.234 € di Verbania e i 15.536 € di Vercelli (tabella 24). Nonostante gli elevati livelli di consumo, le famiglie biellesi mantengono un livello di indebitamento medio piuttosto basso, con un incremento sul 2007 pari al 14,3%. Per contro le province di

34

Asti, Verbania, Novara e Cuneo mostrano in maniera più spiccata l'incidenza della crisi sull'indebitamento delle famiglie, che è aumentato rispettivamente del 50,8% ad Asti, del 38,2% a Verbania, del 37,1% a Novara e del 34,3% a Cuneo.

Tabella 24. Livello medio di indebitamento delle famiglie piemontesi per provincia, anno 2013 e confronto periodo 2007-2013

Province Impieghi 2013 Variazione 2007/2013 Classifica nazionale

Asti 20163 50,8 37

Torino 19466 29 39

Verbano-Cusio-Ossola 17234 38,2 51

Cuneo 16545 34,3 57

Alessandria 16321 30,4 60

Biella 15627 14,3 71

Vercelli 15536 26,5 72

Novara 20534 37,1 34

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati CGIA Mestre

Contestualmente al dato sull'indebitamento medio occorre valutare altri due indicatori significativi: il tasso dei protesti registrato dalle famiglie piemontesi e il rischio medio di ricorso all'usura. Per quanto concerne il primo dato occorre notare come le province a più alta incidenza di protesti (ogni mille abitanti) siano quelle di Alessandria (11,6), Novara (9,4) e Torino (8,8). Molto rilevante è il dato relativo a Biella, in cui non sono stati rilevati protesti per il 2012. Le altre province misurano una proporzione di protesti inferiore alla media regionale (7,3), con il minimo rilevato a Cuneo (1,1) ed il massimo a Vercelli (6,5). Tutte le province piemontesi si collocano comunque sotto la media nazionale, pari a 11,9 protesti ogni mille abitanti (tabella 25).

Tabella 25. Numero protesti e ammontare complessivo e per procedimento per Provincia, anno 2012.

Numero protesti Ogni 1000 ab Ammontare (in migliaia) Ammontare per protesto (in migliaia)

Alessandria 5035 11,6 9262 1,84

Asti 1214 5,5 5285 4,35

Biella 0 0 0 0

Cuneo 675 1,1 1850 2,74

Novara 3502 9,4 5124 1,46

Torino 20316 8,8 37743 1,86

Verbano C.O. 619 3,8 922 1,49

Vercelli 1145 6,5 1802 1,57

Piemonte 32506 7,3 61987 1,91

Italia 708817 11,9 1859016 2,62

Fonte: Elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Istat.

Il secondo indicatore citato, relativo al rischio di usura, presenta alcuni dati positivi ed altri negativi per il Piemonte. Sono infatti ben due le province piemontesi ad essere tra le prime dieci province con minore rischio di usura a livello nazionale, Cuneo (3°) ed Asti (9°). Mentre le province di Biella e Vercelli risultano avere un rischio medio-basso, più preoccupante è la posizione delle province di Alessandria (48°), Novara (51°), Torino (52°) e soprattutto Verbania (61°). In un contesto di crisi perdurante, il rischio di usura e l'indebitamento patologico possono provocare danni molto gravi al tessuto sociale ed economico della regione. Dopo il 2007 anche questi aspetti devono destare l'attenzione dei decisori politici e della cittadinanza in generale, poiché i fattori che determinano il minore o maggiore bisogno di ricorso a tali strumenti sono strettamente legati all'occupazione, ai redditi, alla redistribuzione e, più in generale, alla qualità della vita del territorio in cui si risiede.

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Il profilo socio-demografico ed economico dei principali comuni In questo paragrafo analizziamola situazione socio-demografica ed economica dei principali comuni della provincia di Cuneo attraverso la descrizione di un buon numero di indicatori.

Nella tabella 26 sono riportati i principali indicatori socio-demografici. Osservando l’indice di vecchiaia, notiamo che il comune più anziano è Alba, con 193 anziani per ogni persona con meno di 14 anni. I comuni più giovani sono invece Borgo San Dalmazzo e Racconigi, con rispettivamente un indice di vecchiaia di 138 e di 153, entrambi al di sotto della media nazionale (157). Mondovì si distingue, invece, per un indice di dipendenza piuttosto elevato, cioè per un alto numero di persone in età non attiva (minori di 14 e maggiori di 64) su persone in età attiva (14-64). Tutti i comuni presentano poi un indice di struttura superiore a 100, che indica un minor dinamismo e adattabilità nel mercato del lavoro, ma anche una maggior esperienza, data la più alta presenza nel mercato del lavoro di persone con età superiore ai 40 anni. L’indice di struttura è infatti costruito come rapporto tra le persone 40-64 anni sulla popolazione di età compresa tra i 15 e i 39 anni, cioè il rapporto tra i (potenziali) lavoratori più grandi su quelli più giovani.

Il tasso di stranieri è, in media, attorno all'11%, mentre quello di minori stranieri raggiunge addirittura il 17% di media. Inoltre, non sembra essersi ancora manifestato un ringiovanimento della popolazione grazie alla presenza di stranieri. Si vedano a questo proposito i comuni di Mondovì, Bra e Alba.

Tabella 26. Indicatori socio-demografici dei principali comuni della provincia di Cuneo. Comuni Minori 0-14 75 e oltre Indice di

vecchiaia Indice di

dipendenza Indice di struttura

Tasso stranieri

Minori stranieri

Alba 12,6% 13,1% 193,4 58,7 133,1 12,4 19,7

Borgo S. D. 14,9% 10,0% 138,5 55,1 131,5 7,9 11,8

Bra 13,7% 11,4% 162,0 56,1 125,6 13,5 21,4

Cuneo 13,0% 12,4% 187,3 59,5 133,5 10,5 15,7

Fossano 14,3% 10,9% 153,9 57,1 124,6 10,5 16

Mondovì 13,7% 12,5% 173,5 60,0 125,4 12,9 20,9

Racconigi 14,0% 10,4% 153,2 55,0 134 10,2 18,6

Saluzzo 13,2% 12,3% 175,8 57,5 132 12,1 18,6

Savigliano 13,9% 11,7% 163,0 57,6 128,6 9,8 14,6

Medie 13,7% 11,6% 166,73 57,40 129,81 11,09 17,48

Diff. '14-'04 0,1% 2,2% 14,42 -0,56 21,02 6,33 9,76

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati Istat

Per quanto riguarda i comportamenti familiari, la percentuale di nuclei familiari monogenitori, uno degli indici di disagio familiare, non presenta invece un'elevata variabilità territoriale. Saluzzo e Alba occupano i primi posti, con rispettivamente il 16,4% e il 16% di famiglie con un solo genitore, mentre a Racconigi e Savigliano la percentuale scende sotto il 13%. Dobbiamo tenere presente, analizzando queste percentuali, che vengono considerate anche le persone anziane e che quindi una elevata percentuale di famiglie con un solo genitore può essere dovuta a nuclei in cui il genitore anziano è rimasto vedovo. In particolare, questo potrebbe essere il caso di Alba e Saluzzo, che, come abbiamo visto, presentano un elevato indice di vecchiaia.

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Grafico 4. Nuclei monogenitori nei principali comuni della provincia di Cuneo

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati Istat

Un indicatore della capacità delle città di soddisfare i bisogni della popolazione è il tasso di pendolarismo per motivi di lavoro. Questo dato è infatti estremamente utile nella contrattazione sociale, in quanto collegato sia al tema dei trasporti che, più in generale, alla conciliazione lavoro e tempi di vita. Come si vede nel grafico 5, elaborato sulla base dei dati Istat del Censimento 2011, il tasso di pendolarismo tra la popolazione adulta varia da poco meno del 2% a quasi il 10%. Non stupisce che i comuni con il maggior tasso di pendolarismo siano Racconigi(con quasi il 10% di pendolari), Saluzzo e Borgo San Dalmazzo (tra il 6 e l’8%). Il primo e il terzo, infatti, mostrano gli indici di dipendenza della popolazione più bassi in assoluto, a indicare la presenza di un alto numero di persone in età attiva. Racconigi e Borgo San Dalmazzo presentano inoltre il più basso numero di unità locali, condividendo questo primato con il comune di Saluzzo. Al contrario, il comune più grande, Cuneo, presenta un basso tasso di pendolarismo, seguito solo da Savigliano. Grafico 5. Tasso di pendolarismo degli adulti nei principali comuni della provincia di Cuneo

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati Istat (Censimento 2011)

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

16,00

18,00

Saluzzo Alba Mondovì Cuneo Borgo S. D. Fossano Bra Racconigi Savigliano

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

Racconigi Saluzzo Borgo S. D. Mondovì Alba Bra Fossano Cuneo Savigliano

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La condizione professionale Analizziamo ora la condizione professionale della popolazione nella provincia di Cuneo, utilizzando i dati del Censimento del 2011. Nel prima tabella sono riportate le percentuali del totale della popolazione con età superiore ai 15 anni, mentre nella seconda i valori si riferiscono alla sola popolazione femminile. I comuni in cui la quota di occupazione totale è minore sono Racconigi (48,8%), che presenta anche una quota di disoccupati relativamente elevata, e Saluzzo (48,7%), in cui è particolarmente alta la percentuale di persone inattive. Le più alte quote di occupati si trovano, invece, in corrispondenza di Bra (52,9%) e di Mondovì (52,4%), i due comuni con il minor tasso di pensionati. Se osserviamo i dati riguardanti le donne, vediamo nella tabella 28 che la maggiore incidenza % di occupazione femminile si trova a Borgo San Dalmazzo (45,5%), comune in cui è più alta l'incidenza delle imprese operanti nel commercio e nelle attività manifatturiere. Racconigi presenta, invece, la quota più bassa di donne occupate (39,7%) e la maggior percentuale di donne casalinghe (17,5%). Infine, a Bra, il 4,6% delle donne di oltre 15 anni sono disoccupate, un valore più alto rispetto agli altri comuni analizzati. Tabella 27. La condizione professionale della popolazione totale nella provincia di Cuneo (%)

Occupati disoccupati pensionati studenti casalingo/a altro

Alba 50,6 3,6 27,7 6,7 8,2 3,2 Borgo San Dalmazzo

51,4 2,9 28,9 6,2 6,2 4,4 Bra 52,9 3,2 26,0 6,0 8,3 3,6 Cuneo 49,7 4,2 27,2 6,3 8,7 3,8 Fossano 49,4 3,3 29,2 6,6 7,0 4,5 Mondovì 52,4 3,4 27,0 6,3 7,4 3,6 Racconigi 48,8 4,3 29,7 6,9 6,9 3,4 Saluzzo 48,7 3,9 27,6 6,7 9,0 4,1 Savigliano 50,9 4,1 27,1 6,4 7,4 4,1

Provincia di Cuneo 51,6 3,0 28,5 6,0 7,6 3,4 Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati Istat (Censimento 2011)

Tabella 28. La condizione professionale della popolazione femminile nella provincia di Cuneo (%)

Occupate disoccupate pensionate studentesse casalinghe altro

Alba 44,9 3,0 30,6 6,0 11,3 4,3

Borgo San Dalmazzo 45,5 3,6 25,4 6,4 15,6 3,5

Bra 41,1 4,6 27,9 6,7 16,3 3,4 Cuneo 42,5 3,4 30,7 6,6 12,9 3,8 Fossano 43,7 3,8 28,4 6,4 14,2 3,5 Mondovì 41,1 4,3 31,3 6,9 13,0 3,4 Racconigi 39,7 4,1 27,8 7,0 17,5 3,9 Saluzzo 42,9 3,8 29,4 6,5 14,0 3,3 Savigliano 42,5 3,8 28,6 6,7 15,6 2,9

Provincia di Cuneo 43,2 3,2 29,8 6,2 14,5 3,1 Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati Istat (Censimento 2011)

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Le pensioni e i redditi Analizzando i dati sulle pensioni forniti dall’INPS e riportati in tabella 29, vediamo che in media questi nove comuni erogano 1.124 pensioni ogni mille abitanti, di cui il 64% è costituito da quelle di vecchiaia, il 23% da quelle dei superstiti e il 10% circa da assegni sociali e pensioni di invalidità civile. Il comune con il maggior numero di pensioni erogate rispetto alla popolazione è Fossano (1.187), che si discosta dalla media soprattutto per le pensioni di vecchiaia, nonostante presenti una bassa percentuale di persone over 75 (il 10,9%).Anche in questo caso non sembra esserci una forte correlazione tra pensioni erogate e percentuale di popolazione anziana, che a Cuneo è abbastanza elevata. Tabella 29. Numero delle pensioni erogate ogni mille abitanti nei principali comuni della provincia di Cuneo.

Numero pensioni ogni 1000 abitanti

Comuni Vecchiaia Superstiti Pensioni assegni sociali Invalidi civili Totali

Fossano 771 258 40 86 1187

Alba 773 254 37 85 1178

Bra 745 265 29 101 1175

Mondovì 719 252 28 87 1136

Saluzzo 722 263 38 76 1128

Borgo S. D. 713 259 36 80 1120

Savigliano 713 262 30 68 1096

Racconigi 667 257 34 73 1062

Cuneo 659 230 28 84 1032

Medie 720 255 33 82 1124

(%) 64% 23% 3% 7% 100%

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati INPS

Per quanto riguarda gli importi delle pensioni, notiamo che le più alte sono quelle di vecchiaia, in media 1.020 euro, mentre quelle per superstiti si collocano intorno ai 600 euro. Si nota immediatamente una forte diseguaglianza di genere per le pensioni di vecchiaia: le donne percepiscono assegni previdenziali in media la metà rispetto agli uomini. La tendenza si inverte però nelle pensioni per superstiti, in cui le donne ricevono un importo più alto. Alba, che presenta un’alta incidenza di servizi all’impresa e una presenza qualificata di grandi e medie imprese (si vedano le tabelle successive), eroga le pensioni più consistenti (1.339 per gli uomini e 698 per le donne), seguita da Cuneo. Saluzzo e Fossano, che presentano invece un elevato numero di unità locali operanti nel settore dell’agricoltura caratterizzato da bassi salari, sono, invece, al disotto della media per importi erogati che è di 1.231 euro per gli uomini e di 614 euro per le donne.

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Tabella 30. Importo delle pensioni erogate nei principali comuni della provincia di Cuneo, per genere.

Comuni Vecchiaia Superstite Totale

M F Tot M F Tot M F Tot

Alba 1.481 782 1.118 358 651 622 1.339 698 934

Cuneo 1.464 628 1.041 326 647 607 1.293 609 868

Borgo S. D. 1.380 626 1.036 369 661 625 1.240 610 868

Bra 1.405 659 1.035 342 654 617 1.242 628 866

Savigliano 1.347 619 1.019 354 639 607 1.228 607 864

Racconigi 1.388 628 1.029 359 622 591 1.240 601 854

Mondovì 1.357 627 992 345 631 597 1.216 602 834

Fossano 1.313 626 977 366 602 573 1.168 596 826

Saluzzo 1.253 607 935 361 569 541 1.116 573 786

Medie 1.376 645 1.020 353 630 598 1.231 614 856

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati INPS

Nella tabella 31 sono riportati i valori del reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef. Il reddito medio dei dichiaranti nel totale della provincia di Cuneo è di circa 22.400 euro. Notiamo subito, però, che i comuni principali della provincia di Cuneo presentano quasi tutti un reddito medio superiore a quello provinciale. Alba e Cuneo sono i comuni più ricchi, con un reddito medio di rispettivamente 26.046 e 25.746 euro. Fossano e Racconigi, invece, presentano i più bassi redditi medi tra i 9 comuni analizzati, ma solo Racconigi è al di sotto dell'importo medio provinciale.

Tabella 31. Reddito imponibile delle persone fisiche ai fini delle addizionali Irpef (valori in €) Comune Dichiaranti Popolazione Importo

Complessivo Reddito Medio Media/Pop

Alba 19.545 30.780 509.070.368 26.046 16.539

Cuneo 33.487 54.980 862.141.798 25.746 15.681

Saluzzo 9.854 16.934 243.703.878 24.731 14.391

Mondovì 13.334 22.177 318.354.093 23.875 14.355

Borgo San Dalmazzo 7.435 12.324 176.133.086 23.690 14.292

Bra 17.322 29.021 404.079.867 23.328 13.924

Savigliano 12.318 20.926 291.281.387 23.647 13.920

Fossano 14.384 24.701 338.757.506 23.551 13.714

Racconigi 5.809 10.031 123.580.248 21.274 12.320

Provincia di Cuneo 343.938 586.113 7.703.680.807 22.398 13.144

Fonte: elaborazione Ires Morosini su dati del Ministero dell’Economia e delle finanze.

Le imprese e i settori produttivi I dati sulla presenza delle imprese e l’articolazione dei settori produttivi hanno implicazioni importanti per la distribuzione degli insediamenti a livello territoriale e allorché si prenda in considerazione il tenore di vita della popolazione. Un primo utile indicatore è il tasso di diffusione delle imprese (in relazione al numero di

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abitanti), che indica una maggiore presenza di redditi da lavoro autonomo e di partite IVA nei comuni di Alba, Saluzzo e Mondovì. Da sottolineare che Saluzzo, insieme con Borgo San Dalmazzo, è l'unico comune nel cui territorio il numero delle unità locali è cresciuto dal 2009 ad oggi; al contrario, Fossano e Bra fanno registrare le riduzioni maggiori di unità locali nel periodo considerato; a Racconigi invece, la contrazione del numero di imprese non si manifestata solo nel periodo di crisi, ma riguarda almeno l'ultimo decennio (2004/2014). Relativamente ai settori d'intervento, i comuni di Fossano, Racconigi, Saluzzo e Savigliano presentano le maggiori concentrazioni di imprese operanti nell’agricoltura; al contrario Borgo San Dalmazzo e Racconigi mostrano un settore manifatturiero più robusto; ancora Borgo San Dalmazzo e Mondovì si distinguono per una forte presenza delle attività commerciali. Tabella 32. Imprese della provincia di Cuneo per settore (valori assoluti)

Unità locali totali (a),

di cui:

agricoltura attività manifatturiere

altre attività

industria in senso stretto

costruzioni commercio turismo altri servizi

Cuneo 7.266 795 497 87 794 1.901 400 2.542

Alba 4.921 404 391 66 529 1.240 291 1.835

Bra 3.537 265 285 37 608 922 197 1.119

Mondovì 3.056 373 268 45 347 843 190 849

Saluzzo 2.904 531 211 43 310 690 185 851

Savigliano 2.722 592 191 56 359 633 143 690

Fossano 3.131 725 274 56 376 760 133 712 Borgo San Dalmazzo 1.433 57 183 31 233 407 78 397

Racconigi 1.015 179 115 9 142 269 50 225

Savigliano 2.722 592 191 56 359 633 143 690

Tabella 33. Imprese della provincia di Cuneo per settore (valori in %)

Unità locali totali (a),

di cui:

agricoltura attività manifatturiere

altre attività

industria in senso stretto

costruzioni commercio turismo altri servizi

Cuneo 100% 10,9% 6,8% 1,2% 10,9% 26,2% 5,5% 35,0%

Alba 100% 8,2% 7,9% 1,3% 10,7% 25,2% 5,9% 37,3%

Bra 100% 7,5% 8,1% 1,0% 17,2% 26,1% 5,6% 31,6%

Mondovì 100% 12,2% 8,8% 1,5% 11,4% 27,6% 6,2% 27,8%

Saluzzo 100% 18,3% 7,3% 1,5% 10,7% 23,8% 6,4% 29,3%

Savigliano 100% 21,7% 7,0% 2,1% 13,2% 23,3% 5,3% 25,3%

Fossano 100% 23,2% 8,8% 1,8% 12,0% 24,3% 4,2% 22,7% Borgo San Dalmazzo 100% 4,0% 12,8% 2,2% 16,3% 28,4% 5,4% 27,7%

Racconigi 100% 17,6% 11,3% 0,9% 14,0% 26,5% 4,9% 22,2%

Fonte: Elaborazione Ires Morosini su Piemonte in cifre

41

Il rapporto tra imprese e numero di abitanti

Tabella 34 Il rapporto tra imprese e numero di abitanti durante l'ultimo decennio

Unità locali totali (a),

di cui: 2004 2009 2011 2012 2013 2014

Cuneo 7.150 7.276 7.385 7.338 7.303 7.266

Alba 4.680 4.974 5.096 5.055 5.018 4.921

Bra 3.563 3.727 3.740 3.696 3.630 3.537

Mondovì 2.935 3.121 3.146 3.100 3.106 3.056

Saluzzo 2.708 2.878 2.950 2.933 2.934 2.904

Savigliano 2.669 2.815 2.843 2.802 2.771 2.722

Fossano 3.376 3.357 3.351 3.277 3.209 3.131

Borgo San Dalmazzo 1.398 1.411 1.482 1.449 1.455 1.433

Racconigi 1.107 1.087 1.082 1.084 1.067 1.015

Gli indici di benessere Risulta inoltre interessante analizzare, accanto ai redditi dichiarati, anche i principali indicatori di benessere delle famiglie (tabelle 32 e 33). I redditi dichiarati sono relativamente uniformi nei principali comuni in esame, intorno ai 20.000 euro. Come già fatto notare, Alba è il comune più ricco, seguito da Cuneo, mentre Racconigi è il comune relativamente più povero (con 18.443 euro per dichiarante). Per quanto riguarda gli indicatori di benessere Alba presenta i valori più alti in assoluto relativamente alle quotazioni degli immobili e si colloca nei primi posti delle graduatorie che riguardano i consumi di energia elettrica, la produzione di rifiuti e l’immatricolazione di auto di grossa cilindrata. Questo comune, insieme con Bra, è l’unico a non presentare variazioni negative nell’andamento dei prezzi degli immobili residenziali per il 2013/2014.Anche Cuneo presenta valori elevati relativamente alla maggior parte degli indicatori rilevati. Più variegata è la situazione degli altri comuni. Con riferimento ai soli indici di consumo, Saluzzo e Savigliano fanno registrare le prestazioni più modeste. Alcune considerazioni interessanti si possono fare riguardo alle immatricolazioni di automobili. Se infatti l'alto numero di autovetture di alta cilindrata per 1.000 abitanti di Alba e Cuneo può essere giustificato dal reddito relativamente più elevato, più difficile è spiegare questo dato per il comune di Mondovì. Con un numero di autovetture ad alta cilindrata ogni mille abitanti 5 volte più alto di quello di Cuneo e quasi 50 volte quello di Racconigi (rispettivamente il secondo e l'ultimo comune per auto immatricolate) è possibile ipotizzare un rischio di evasione fiscale superiore alla media.

7.266

4.921

3.537 3.056 2.904 2.722

3.131

1.433 1.015

0

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

7.000

8.000

Cuneo Alba Bra Mondovì Saluzzo Savigliano Fossano Borgo SanDalmazzo

Racconigi

N° unità locali totali

2014

42

Tabella 35. Reddito dichiarato e consumi

popolazione residente (Istat)

Dichiaranti 2013 (Mef)

Reddito/di chiarante 2013 (Mef)

Auto/dichiarante 2013 (ACI)

Variazione auto 2012/2013

Rifiuti/dichiarante 2014 (Istat)

Autovetture immatricolate con cilindrata >2000 cc per 1000 ab (Anania et al.)

ALBA 31.353 23.833 22.406 0,92 -1,4% 0,88 7,5*

BRA 29.744 21.343 19.991 0,88 0,0% 0,79 2,5

CUNEO 56.116 41.716 21.473 0,92 -0,5% 0,72 10,4

FOSSANO 24.747 18.194 19.891 0,85 0,1% 0,65 2,1

MONDOVI' 22.672 16.517 20.264 0,97 -1,0% 0,59 52,9

SALUZZO 17.069 12.781 19.854 0,86 0,0% 0,64 3,5

RACCONIGI 10.112 7.056 18.443 0,89 1,2% 0,64 1,7

BORGO SAN DALMAZZO 12.491 9.147 19.891 0,94 -0,2% 0,80 2,2

SAVIGLIANO 21.330 15.581 19.791 0,83 0,8% 0,63 3,0

Fonte: Elaborazione Ires Morosini su statistiche varie Relativamente alla quotazione degli immobili, può essere interessante esaminare la differenza del valore delle abitazioni tra il centro e la periferia dei vari comuni, aggiustato per la popolazione. Notiamo come Saluzzo presenti quotazioni molto differenziate tra centro e periferia, mentre a Bra la quotazione delle unità residenziali ubicate in periferia non si discosta in misura significativa dai prezzi praticati nel centro storico. Tabella 36. Consumo di energia elettrica e quotazioni immobiliari

popolazione residente (Istat)

Consumi energia elettrica per utenti 2014 (Istat)

Quotazione media unità residenziali 2014 (Borsino Immobiliare)

Quotazione media unità residenziali, zone centrali 2014 (Borsino Immobiliare)

Quotazione media unità residenziali, zone periferiche 2014 (Borsino Immobiliare)

Differenza centro periferia (aggiustato per la popolazione)

Variazione 2013/2014 dei prezzi degli immobili residenziali (Borsino Immobiliare)

ALBA 31.353 2230 1343 1536 1229 0,98 0,03

BRA 29.744 2160 1158 1182 1134 0,16 0,02

CUNEO 56.116 2068 1270 1477 1056 0,75 -0,04

FOSSANO 24.747 2114 1083 1221 961 1,05 -0,02

MONDOVI' 22.672 2056 1030 1229 898 1,46 -0,03

SALUZZO 17.069 2110 1073 1323 898 2,49 -0,04

RACCONIGI 10.112 2255 919 1028 867 1,59 -0,12

BORGO SAN DALMAZZO

12.491 2017 1217 1205 1134 0,57 -0,02

SAVIGLIANO 21.330 2094 1120 1064 1001 0,30 -0,08

Fonte: Elaborazione Ires Morosini su statistiche varie

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Conclusioni I dati esaminati consentono di svolgere alcune considerazioni sui “margini di manovra” di cui dispongono i principali comuni della provincia di Cuneo in termini di capacità di spesa e d’intervento sociale. Il sistema di welfare proposto in questi comuni presenta diversi elementi positivi, nonché alcune esperienze innovative e di eccellenza (Isee lineare, Fondi restituzione dei tributi per i lavoratori dipendenti, ecc.), la cui attivazione spesso è stata sollecitata dalle parti sociali. In questo paragrafo faremo però il punto sulle aree problematiche, così come emergono dalle elaborazioni dei dati finanziari ed extra-contabili. Relativamente alla situazione finanziaria e alle politiche di bilancio (consuntivi 2014), Alba e Mondovì si distinguono dagli altri comuni per un elevato livello di accertamenti da entrate correnti, più alto di circa il 15-20% rispetto alla media provinciale. Inoltre, un’alta pressione tributaria si associa a un equilibrio finanziario di parte corrente ampiamente positivo: infatti, nei consuntivi di entrambi i comuni il surplus delle entrate correnti rispetto alla tipologia analoga delle spese ammonta a circa il 20% delle risorse. Il paradosso è che una quota cospicua di queste entrate non viene utilizzata, confluendo nell’avanzo di amministrazione. In particolare, la presenza di quota elevate di avanzo non vincolato (superiore al 30%) e un livello di spesa sociale relativamente basso e inferiore alla media dei comuni principali, ci lasciano ritenere che Alba e Mondovì siano i comuni nei confronti dei quali con maggiore convinzione le parti sociali possono richiedere cambiamenti in seno alle politiche di bilancio. Gli sforzi della contrattazione sociale potrebbero indirizzarsi verso il raffreddamento della pressione tributaria e il potenziamento dei criteri di progressività fiscale e tariffaria, nonché verso la richiesta di interventi sociali più mirati alle reali esigenze della popolazione. Tutto ciò anche allo scopo di adeguare il livello di spesa ai fabbisogni standard, che risultano in entrambi i casi (specie per quanto riguarda Mondovì) sottodotati relativamente agli interventi sociali. Il perdurare della crisi, e in particolare le sue ricadute occupazionali e sociali, provocano un aumento della domanda di interventi di sostegno alle fasce di popolazione in difficoltà, in presenza di una progressiva riduzione dei servizi da parte del welfare nel suo complesso e in particolare con il graduale indebolimento di tutele e ammortizzatori sociali. Tra gli altri comuni, il capoluogo è quello che presenta maggiori similitudini con Alba e Mondovì relativamente alla capacità di entrata e all’avanzo di amministrazione non vincolato, sebbene Cuneo mostri un livello delle risorse impiegate più elevato rispetto ai due comuni citati ed equilibri finanziari meno felici. Da sottolineare che i fabbisogni standard per la funzione dei servizi sociali rilevati nel comune di Cuneo risultano molto più alti (circa il 27%) rispetto alla spesa sociale effettivamente liquidata dall'amministrazione locale. I comuni di Fossano e Saluzzo soffrono di un'alta incidenza della spesa per l'amministrazione generale (superiore al 30% della spesa corrente), le cui conseguenze penalizzano lo sviluppo degli altri settori d'intervento (è il caso di Saluzzo) e il livello degli investimenti (Fossano). Fossano, poi, si caratterizza per l’introduzione nel sistema di welfare di alcuni criteri innovativi e orientati a una maggiore copertura della domanda sociale; tuttavia, relativamente all’asilo nido, questo comune applica un numero di fasce ISEE troppo basso (solo 2), non differenziando in modo adeguato (in rapporto alle condizioni reddituali) le tariffe applicate alle famiglie. Bra si distingue dagli altri comuni principali per un livello di pressione tributaria non elevato, cui si associa una elevata incidenza della spesa sociale corrente, pur in presenza, però, di fabbisogni standard superiori alla spesa sociale storica. Questo comune inoltre presenta fasce ISEE minime molto basse relativamente ai principali servizi a domanda, alle quali corrispondono tariffe abbastanza elevate. Ancora Bra e Savigliano sono gli unici comuni con percentuali nulle di avanzo non vincolato, dato che indica la necessità, per i comuni in oggetto, di destinare l'intera quota di avanzo di amministrazione al miglioramento degli equilibri finanziari. Nel conteso di una situazione di bilancio delicata, le condizioni per l’accesso agevolato ai servizi previste nel comune di Savigliano risultano restrittive e penalizzanti per una quota cospicua delle famiglie, visto che le fasce ISEE minime applicate all’asilo nido e alla mensa scolastica non superano i 3.500 euro. Significativo, in senso negativo, è inoltre il più alto gettito pro capite da addizionale Irpef accertato dal comune di Borgo San Dalmazzo, tenuto conto che questo comune detiene

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anche il primato della spesa sociale pro capite più bassa. Peraltro, Borgo San Dalmazzo può contare su un cospicuo surplus di entrate correnti (valori positivi dell'equilibrio di parte corrente e dell'avanzo di amministrazione), di cui circa 300mila euro risultano disponibili (avanzo non vincolato). La contrattazione sociale può inoltre sollecitare i comuni ad adeguare la programmazione sociale alle caratteristiche della popolazione e del territorio. Con riferimento ad Alba e Borgo San Dalmazzo , a fronte della quota più alta di donne occupate residenti (superiore al 44% per entrambi i comuni) notiamo un forte gap della spesa per gli asili nido, certificato dai fabbisogni standard approvati dal ministero dell'Economia e delle Finanze (-54,4% rispetto ai fabb. st. per Borgo San Dalmazzo, - 40,3% per Alba). Occorrerebbe invece sostenere le politiche di conciliazione tra tempi forti della famiglia e prevedere lo sviluppo dell'asilo nido quale servizio educativo, anche potenziando gli interventi in convenzione. Infine, il comune di Savigliano è caratterizzato da un basso livello delle entrate correnti e, conseguentemente, delle spese correnti, nonché da equilibri finanziari più deboli rispetto alla maggior parte dei 9 comuni considerati. Eppure, fino ad oggi, questo comune non ha colto le opportunità concesse dalla normativa vigente agli enti locali, finalizzate alla cattura di risorse straordinarie (fondi Ue, recupero dell'evasione fiscale, ecc.). In questo caso la contrattazione sociale può sollecitare l'amministrazione comunale a potenziare e rendere più incisive le azioni anti-evasione a livello territoriale, allo scopo di destinare parte delle risorse recuperate allo sviluppo dei servizi. La contrattazione sociale può inoltre focalizzarsi di più sulla programmazione sociale delle amministrazioni comunali. Dai dati esaminati si ha infatti l'impressione che la sottodotazione della spesa sociale dipenda anche dalle rigidità dell’offerta: si pensi alle grandi categorie di servizi pensati uguali per tutti e poco mirati ai bisogni di nicchie significative della popolazione, alle fasce Isee molto basse (è il caso degli asili nido) che scoraggiano l'accesso ai servizi di una parte della popolazione in condizioni di disagio, alla scarsa attenzione di alcuni comuni nei confronti delle politiche di "ascolto". Occorrerebbe che il Sindacato e le Associazioni del Terzo settore sollecitassero e aiutassero le amministrazioni locali a riallineare la programmazione sociale ai bisogni della popolazione, con l'obiettivo di migliorare la capacità di leggere e interpretare le esigenze dei cittadini. Per avere successo, tali azioni dovrebbero però essere realizzate su scala sovracomunale (superando i limiti dell'azione singola dei piccoli e piccolissimi comuni) e mirare all'integrazione dei diversi settori del welfare: interventi socio-sanitari, politiche abitative e per l’inserimento lavorativo. Infine, sarebbe opportuno potenziare il coordinamento degli accordi comunali con la negoziazione di livello regionale e con gli altri enti sovraordinati, allo scopo di promuovere la programmazione strategica e fornire maggiore efficacia alle misure adottate. In ambito sociale nonostante le risorse dei bilanci siano limitate le Regioni sono chiamate ad esercitare svolgere un importante ruolo programmatorio a partire dalla legislazione di riferimento.

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Tabella 37. Indicatori finanziari a confronto Incidenza sugli

impegni dell'amministrazione

di gestione e controllo

incidenza sugli

impegni del settore sociale

Settore sociale, valori

procapite

Pressione tributaria

Equilibrio di parte corrente

Rigidità strutturale

Entrate correnti, valori procapite

Addizionale comunale all'IRPEF,

valore pro capite

I.M.U. valore pro

capite

PROVINCIA DI CUNEO 33,9% 11,4% 79,1 571

113,2% 27,5% 789 72,1 195,4

CUNEO 20,9% 12,9% 112,4 599

101,4% 26,0% 882,6 94,6 145,9

ALBA 24,7% 12,3% 93,7 643

120,0% 24,1% 911,6 61,7 230,1

BRA 28,5% 15,9% 119,2 575

104,2% 34,3% 781,9 92,3 188,1

MONDOVI 21,4% 11,6% 90,9 674

120,0% 27,2% 938,1 81,6 218,3

SALUZZO 32,9% 12,5% 95,1 540

107,4% 29,1% 814,9 82,9 213,4

SAVIGLIANO 27,0% 13,7% 95,3 588

104,5% 25,1% 728,3 84,4 195,1

FOSSANO 31,0% 13,3% 93,1 564

107,8% 28,7% 755,6 67,5 220,7

BORGO SAN DALMAZZO 24,2% 10,1% 65,8 n.d.

114,3% 20,5% 744,2 111,3 203,4

RACCONIGI n.d. n.d. n.d. n.d.

n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.

Fino a 1.000 Abitanti 48,6% 7,7% 80,4 774

114,9%

28,8% 1.202,7 60,2 218,9

1.001 - 3.000 Abitanti 37,9% 10,6% 74,9 590

115,9%

27,6% 819,5 63,2 210,9

3.001 - 5.000 Abitanti 34,2% 10,6% 62,3 511

113,3%

28,8% 668,2 68,1 162,4

5.001 - 10.000 Abitanti 31,1% 12,4% 70,4 469

111,7%

25,4% 636,2 74,6 167,2

10.001 - 20.000 Abitanti 29,5% 11,6% 82,6 565

110,1%

25,7% 784,9 95 209,2

20.001 - 50.000 Abitanti 26,5% 13,4% 99,2 609

111,7%

27,9% 826,7 77 210,9

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Tabella 38. Indicatori finanziari a confronto

Spese correnti, impegni pro capite

Spese correnti

istruzione pubblica,

impegni pro capite

Spesa corrente per lo sport e il

tempo libero, impegni pro

capite

Investimenti per abitante

Propensione all'investimento

Avanzo % non vincolato/avanzo

di amministrazione

Diff. %spesa storica tot./ fabbisogni

st.

Diff. %spesa sociale tot./ fabbisogni

st.

PROVINCIA DI CUNEO 697,1 73,3 16 160

18,2%

CUNEO 870,6 115,7 23,5 161

13,0%

4.861.395,80 33,6% -1,2 -27,2

ALBA 759,9 80,2 22,6 141

14,9%

15.513.429,75 30,2% -6,3 -12,9

BRA 750,4 77,8 9,6 66

7,3%

884.135,09 0,0% -2,5 -7,9

MONDOVI 781,6 52 15,9 184

12,2%

5.693.472,94 37,4% 4,2 -24,9

SALUZZO 758,4 59,8 21,4 117

7,0%

683.747,82 63,1% -1,8 -7,9

SAVIGLIANO 697,2 97,8 16,1 124

12,0%

1.274.213,85 0,0% -10,0 -4,0

FOSSANO 701,2 62,8 25,4 42

8,6%

4.277.296,09 37,3% -12,3 -19,4

BORGO SAN DALMAZZO 650,8 78,4 12,2 59

13,4%

1.218.230,26 24,4% -13,7 -24,3

RACCONIGI n.d. n.d. n.d. n.d.

n.d.

434.935,94 54,7% -2,8 18,2

Fino a 1.000 Abitanti 1046,9 81,6 25,1 545

30,6%

1.001 - 3.000 Abitanti 707,3 74,6 16,9 178

25,2%

3.001 - 5.000 Abitanti 590 71 13 145

13,0%

5.001 - 10.000 Abitanti 569,4 70,8 11,7 97

13,7%

10.001 - 20.000 Abitanti 712,8 67,7 17,5 92

9,6%

20.001 - 50.000 Abitanti 740 74,3 17,9 110

11,2%

Fonte: Elaborazione Ires Morosini su statistiche varie

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Glossario – Indicatori Pressione tributaria (€).

• Cosa significa: Evidenzia il prelievo tributario medio pro capite. • La formula: (Entrate tributarie) / (Popolazione) • Come si legge: Più elevato è il valore del rapporto, tanto maggiore è il prelievo fiscale a livello comunale. Spesso, quando l’analisi dei bilanci considera un numero elevato di Comuni, si rende necessario isolare dal calcolo della pressione tributaria le voci di entrata che possono essere esternalizzate. La pressione tributaria può essere misurata anche per singole voci di entrata, come nel caso dell’addizionale Irpef, dell’Imu (per il 2012) e della Iuc (a partire dal 2014). E’ evidente come, a fronte di una pressione tributaria elevata, la negoziazione sociale tenderà a concentrarsi su obiettivi di contenimento delle aliquote o di “restituzione” in termini di quantità e qualità della spesa sociale. Rigidità strutturale della spesa corrente (%).

• Cosa significa: Indica quanta parte della spesa corrente è destinata alle spese “vincolate”, e non è dunque disponibile per altri interventi. • La formula: [Spese personale + spese interessi passivi + spese rimborso prestiti)]/[(Entrate tributarie + contributi e trasferimenti + entrate extratributarie)] % • Come si legge: Quanto minore è il valore dell'indice, tanto maggiore è l'autonomia discrezionale della Giunta in sede di predisposizione del bilancio. Quanto più il valore si avvicina o supera il 35 -40% delle spese correnti, tanto minori sono le possibilità di manovra dell'Amministrazione. Spesa corrente pro capite (€) • Cosa significa: L'indicatore rileva la spesa corrente per abitante. • La formula: Rapporto tra la spesa corrente (impegni) e la popolazione. • Come si legge: La somma è tanto più elevata quanto maggiore è la spesa corrente in rapporto alla popolazione dell'ente. E’ utile per effettuare comparazioni tra comuni simili (per dimensione demografica, caratteristiche morfologiche, ecc.). Un amministrazione comunale che impegnasse importi di spesa corrente più bassi dei comuni simili o appartenenti alla stessa classe demografica, può essere stimolata ad incrementare tale voci di spesa specie se si è in presenza di quote elevate di avanzi di amministrazione o di un alto livello di imposizione fiscale. Propensione all’investimento (media ultimo triennio) (%).

• Cosa significa: Evidenzia l’incidenza delle spese di investimento sul totale delle spese di bilancio. • La formula: *Spese medie in conto capitale nell’ultimo triennio (Tit. II, escluso int. 10) + / * Spese medie nell’ultimo triennio (Tit. I+II+III) +. • Come si legge: Fornisce un’indicazione sull’ammontare della spesa di investimento. La percentuale è tanto più elevata quanto maggiori sono gli investimenti dell'ente. In presenza di un basso valore di tale indice per un arco di tempo pluriennale, è evidente come il territorio amministrato possa soffrire di carenze infrastrutturali, sia per quanto riguarda le dotazioni (naturalmente con riferimento agli investimenti di competenza dell’amministrazione comunale) sia per le necessità di manutenzione straordinaria (strade, edifici, ecc.). Spesa per investimenti pro capite (€) • Cosa significa: L'indicatore rileva la spesa di investimento per abitante. • La formula: *Spese medie in conto capitale nell’ultimo triennio (Tit. II, escluso int. 10) + / popolazione+

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• Come si legge: La somma è tanto più elevata quanto maggiori sono le risorse destinate agli investimenti in rapporto alla popolazione dell'ente. In presenza di un basso valore dell’indice per un arco di tempo pluriennale, è evidente come il territorio amministrato possa soffrire di carenze infrastrutturali, sia per quanto riguarda le dotazioni (naturalmente con riferimento agli investimenti di competenza dell’amministrazione comunale) sia per le necessità di manutenzione straordinaria (strade, edifici, ecc.).

Incidenza spesa per l’amministrazione generale/totale spesa corrente

• Cosa significa: Esprime il grado di “appesantimento burocratico” della spesa corrente, anche se va tenuto conto che tale voce di spesa è finalizzata alla gestione amministrativa del territorio. • La formula: *Spese per l’amministrazione generale+ / popolazione+. • Come si legge: Un valore elevato dell’indice, superiore al 25/ 30%, può indicare che una quota molto elevata di spesa corrente viene impiegata per l’auto-amministrazione (segreteria, uffici centrali, gabinetto del sindaco) e i costi della politica (organi elettivi, uffici di supporto). In diversi casi, specie nei piccoli comuni tale quota di spesa assorbe anche più del 40% della spesa corrente totale. Indica che sono necessari interventi di razionalizzazione da realizzare con il ricorso a metodi diversi (cooperazione istituzionale, riduzione del costo della politica, innovazione tecnologica, ecc.). Incidenza spesa sociale corrente/ totale spesa corrente • Cosa significa: Misura il grado di propensione alla spesa sociale. • La formula: [Spesa Corrente Impegni per interventi n. 10, Spesa per servizi sociali, escluse le Spese cimiteriali] / [Totale Spese correnti] • Come si legge: Fornisce un’indicazione di quanta parte del totale delle spese correnti viene impiegata per gli interventi sociali. E’ utile confrontare tali valori nel caso di comuni simili per dimensione demografica. Nella lettura di questo indicatore occorre fare attenzione alle quote di spesa sociale esternalizzata o gestita in modo associato attraverso il ricorso a un ente gestore esterno. Altri indici di spesa sociale Spesa corrente per: Asili nido, servizi per l'infanzia e per i minori pro-capite Strutture residenziali e di ricovero per anziani pro-capite Assistenza, beneficenza pubblica e servizi diversi alla persona pro-capite • Come si leggono: Forniscono l’indicazione di quanta parte del totale delle spese correnti viene impiegata per i servizi sociali. E’ utile confrontare tali valori nel caso di comuni simili per dimensione demografica. Nella lettura di questo indicatore occorre fare attenzione alle quote di spesa sociale esternalizzata o gestita in modo associato attraverso il ricorso a un ente gestore esterno. Avanzo di amministrazione Il risultato contabile di amministrazione è il dato di sintesi dell’intera gestione finanziaria dell’Ente. Ne può scaturire un risultato positivo, e allora si parlerà di avanzo di amministrazione, o negativo, e in questo caso il termine utilizzato sarà disavanzo di amministrazione. In coerenza con quanto stabilito dall’ordinamento contabile degli enti locali (art. 186 del d. lgs. 267/2000), il risultato contabile di amministrazione rappresenta, in termini puramente finanziari, la somma al termine dell’esercizio delle giacenze di cassa (+), dei crediti (+) e dei debiti (-). Il risultato di amministrazione scaturisce dall’effetto combinato della gestione di competenza (risparmi conseguiti durante l’esercizio finanziario) con le risultanze degli esercizi precedenti (dinamica dei residui). In genere il risultato di amministrazione è espresso in valori assoluti, in valori pro-capite e viene inoltre rapportato alle entrate correnti (incidenza %). L’avanzo di amministrazione, a norma del D.l.gs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), si compone dei seguenti elementi: fondi vincolati; fondi per il finanziamento delle spese in conto capitale; fondi di ammortamento; fondi non vincolati o liberi.

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La quota libera dell’avanzo di amministrazione dell’esercizio precedente, può essere utilizzata, dopo l’approvazione del rendiconto, con provvedimento di variazione di bilancio, per le seguenti finalità (fatto salvo il fondo crediti di dubbia esigibilità): copertura dei debiti fuori bilancio; provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio previsti dalla legislazione vigente, ove non possa provvedersi con mezzi ordinari; finanziamento di spese di investimento; finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente; estinzione anticipata dei prestiti. L’equilibrio finanziario di parte corrente E’ il rapporto tra

a) le entrate correnti accertate, dei primi tre titoli del bilancio (tributi, trasferimenti pubblici ed entrate extra-tributarie, cioè tariffe e multe) e b) le spese impegnate riferite al titolo 1 (spese correnti) e del titolo 3 (rimborso di prestiti), limitatamente al rimborso quote capitale di mutui e prestiti, di prestiti obbligazionari e di debiti pluriennali (sono quindi esclusi gli interventi del titolo 3 della spesa relativi a anticipazione di cassa, finanziamento a breve e estinzione anticipata di prestiti).

Come si legge: Tanto più alto è il valore dell’indice tanto più si evidenzia una sostenibilità delle politiche di bilancio, almeno nel breve periodo. In sostanza l’indice misura la capacità dell’ente di finanziare la gestione corrente senza far ricorso alle entrate straordinarie.