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Le strategie del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la sicurezza stradale* Sergio Dondolini Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento dei trasporti terrestri e dei sistemi informativi e statistici, Direzione Generale della motorizzazione e della sicurezza del trasporto terrestre Premessa La circolazione stradale nel nostro Paese registra annualmente circa 8.000 morti, più di un milione di feriti, 25.000 invalidi con un costo sociale di circa 20 miliardi di Euro. Questo tragico bilancio corrisponde ad un trend che da molti anni a que- sta parte è rimasto sostanzialmente stabile: il che sta ad evidenziare che le ini- ziative che fino ad oggi si è cercato di attivare non hanno conseguito i risul- tati auspicati. Si tratta dunque di vedere – nell’ambito di un contesto caratterizzato dalla presenza di circa 45 milioni di veicoli (un veicolo ogni 1,7 abitanti: stessa den- sità degli Stati Uniti) e oltre 35 milioni di abilitati alla guida – quali azioni si debbano perseguire per centrare quell’obiettivo che l’attuale Governo sente come un dovere prioritario e cioè una decisa riduzione della incidentalità. Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS) La piena consapevolezza della centralità del tema della sicurezza stradale e della necessità di affrontarlo in modo sistematico e strutturale è maturata solo negli ultimi anni. La legge 144 istitutiva del “Piano Nazionale della Sicurezza Stradale” pro- mulgata nel 1999 è la testimonianza evidente del ritardo con cui è stata presa piena coscienza del problema e della necessità di predisporre uno strumento pianificatorio per affrontarlo. 19 Franco Taggi (a cura di) “Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto) Istituto Superiore di Sanità, Roma 2003 Accordo Quadro ISS - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti * Estratto dal documento predisposto dal Dipartimento dei trasporti terrestri per l’audizione del 27 febbraio 2003 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulle questioni concernenti la sicurezza stradale presso la IX Commissione della Camera dei Deputati.

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Le strategie del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la sicurezza stradale*

Sergio Dondolini

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento dei trasporti terrestri edei sistemi informativi e statistici, Direzione Generale della motorizzazione e dellasicurezza del trasporto terrestre

Premessa

La circolazione stradale nel nostro Paese registra annualmente circa 8.000morti, più di un milione di feriti, 25.000 invalidi con un costo sociale di circa20 miliardi di Euro.

Questo tragico bilancio corrisponde ad un trend che da molti anni a que-sta parte è rimasto sostanzialmente stabile: il che sta ad evidenziare che le ini-ziative che fino ad oggi si è cercato di attivare non hanno conseguito i risul-tati auspicati.

Si tratta dunque di vedere – nell’ambito di un contesto caratterizzato dallapresenza di circa 45 milioni di veicoli (un veicolo ogni 1,7 abitanti: stessa den-sità degli Stati Uniti) e oltre 35 milioni di abilitati alla guida – quali azioni sidebbano perseguire per centrare quell’obiettivo che l’attuale Governo sentecome un dovere prioritario e cioè una decisa riduzione della incidentalità.

Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS)

La piena consapevolezza della centralità del tema della sicurezza stradalee della necessità di affrontarlo in modo sistematico e strutturale è maturatasolo negli ultimi anni.

La legge 144 istitutiva del “Piano Nazionale della Sicurezza Stradale” pro-mulgata nel 1999 è la testimonianza evidente del ritardo con cui è stata presapiena coscienza del problema e della necessità di predisporre uno strumentopianificatorio per affrontarlo.

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Franco Taggi (a cura di)“Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto)

Istituto Superiore di Sanità, Roma 2003

Accordo Quadro ISS - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

* Estratto dal documento predisposto dal Dipartimento dei trasporti terrestriper l’audizione del 27 febbraio 2003 del Ministro delle infrastrutture e deitrasporti sulle questioni concernenti la sicurezza stradale presso la IXCommissione della Camera dei Deputati.

La definizione del documento ha seguito un complesso iter proceduraleche ha fatto ampiamente ricorso a procedimenti di concertazione e verificacon i numerosi soggetti competenti sulla materia.

In particolare, a tal fine è stato necessario istituire due organismi i cuilavori hanno avuto una fase di avvio più lenta, dovendo tenere conto dell’in-tervenuta riforma del titolo V della Costituzione e del conseguente passaggiodi numerose competenze alle Regioni:• la Consulta Nazionale per la Sicurezza Stradale, alla quale partecipano le rap-

presentanze delle imprese e delle parti sociali, costituita tramite un accordocon il CNEL;

• il Comitato Nazionale per la Sicurezza Stradale, al quale partecipano tutte leistituzioni interessate (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT),Ministero dell’interno, Ministero della salute, Ministero dell’istruzione, del-l’università e della ricerca, Ministero dell’ambiente e della tutela del territo-rio, ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni);

Al termine del complesso iter procedurale, nel mese di novembre del 2002si raggiunge una piena intesa tra Governo centrale e rappresentanti deiGoverni regionali, delle Province e dei Comuni, sui termini della attuazionedel Piano.

Il 29 novembre 2002 il CIPE approva contestualmente il Piano Nazionaledella Sicurezza Stradale e il primo programma di attuazione.

Obiettivi e contenuti del piano

Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale ha l’obiettivo di ridurre ilnumero delle vittime degli incidenti stradali del 40% in un decennio. Taleobiettivo, sulla base delle indicazioni della Commissione europea, è statoadottato da tutti i Paesi dell’UE, con poche eccezioni che hanno adottato unpiù impegnativo obiettivo di ridurre il numero di morti del 50%.

La strategia fondamentale del Piano può essere riassunta in tre punti:a) sviluppo di un’azione immediata sulle situazioni a maggior rischio e dove

sussistono le condizioni tecniche e organizzative per poter avviare subitogli interventi, a tale proposito il Piano individua le strade a massimorischio, le tipologie di utenti della strada che risultano più vulnerabili (gio-vani e anziani), i tipi di mobilità che determinano le più elevate quote divittime (i tragitti casa lavoro) e propone di intervenire prioritariamente intali situazioni;

b) rafforzamento delle strutture tecniche e della strumentazione necessariaper governare efficacemente la sicurezza stradale, a tale proposito il Pianoevidenzia come sia necessario un notevole impegno sul piano conoscitivoe, soprattutto, sul piano degli strumenti tecnico-amministrativi per recupe-rare un ritardo che sta diventando sempre più ampio (negli ultimi diecianni l’Italia ha ridotto il numero di vittime dell’8%, il tasso più basso tratutti i Paesi sviluppati, nell’UE il tasso medio di riduzione è di poco infe-

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riore al 30%, alcuni Paesi hanno ampiamente superato il 40%, in sostanza ilnostro Paese deve passare da una velocità di riduzione dello 0,8% ad unavelocità cinque volte superiore, 4,0% annuo, e tale cambiamento non appa-re raggiungibile senza un’adeguata riorganizzazione e un efficace sviluppodelle strutture tecniche, dei processi decisionali, della strumentazione);

c) coinvolgimento delle imprese e delle parti sociali nella attuazione delPiano e nella verifica dei risultati delle azioni intraprese (la sicurezza stra-dale da un lato è questione che riguarda tutto il Paese nel suo complesso,imprese, famiglie e istituzioni, e dall’altro rappresenta un problema chepuò essere risolto solo con la piena adesione e collaborazione di tutte lecomponenti sociali; per realizzare tale coinvolgimento in modo efficace eproficuo il Piano individua le necessità di creare una nuova cultura dellasicurezza stradale e cioè una maggior consapevolezza del problema esoprattutto una nuova consapevolezza su come ciascuna componentesociale, ciascun settore produttivo, ciascuna istituzione possa concreta-mente concorrere al miglioramento della sicurezza stradale).Per concretizzare tale strategia il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale

definisce:

a) cinque linee di azione di primo livello 1) messa in sicurezza delle strade extraurbane a massimo rischio (individua-

te attraverso opportune analisi ed elencate nell’Allegato Tecnico del Piano)2) miglioramento della sicurezza nelle zone urbane ad elevata incidentalità (si

ricorda che il 42% dei morti e il 72% dei feriti si determina su strade urba-ne);

3) provvedimenti a difesa degli utenti a rischio (giovani, anziani, pedoni,ciclisti, conducenti di motocicli);

4) rafforzamento e intensificazione dell’azione di contrasto e repressione deicomportamenti di guida ad elevato rischio (tale azione, per essere svilup-pata con piena efficacia, richiede anche una modificazione dell’attuale nor-mativa);

5) gestione dei limiti di velocità;

b) dodici linee di azione di secondo livello1) riorganizzazione e sviluppo di strutture tecniche e strumenti a supporto

dell’azione di governo della sicurezza stradale, ivi compresa la costruzio-ne di una rete di monitoraggio nazionale, regionale e locale);

2) costruzione di una nuova cultura della sicurezza stradale (riferita allapopolazione in età scolare, agli adulti, ai tecnici delle amministrazionicompetenti in materia, ai responsabili delle imprese che operano nelcampo delle reti e dei servizi di trasporto e, anche, ai decisori delle politi-che di sicurezza stradale);

3) rafforzamento dell’azione generale di prevenzione, controllo e repressio-ne (con particolare riferimento ad un maggior coordinamento tra le forzedi polizia e ad una maggiore finalizzazione dell’azione verso la sicurezza

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stradale);4) miglioramento e riorganizzazione dell’azione del sistema sanitario nazio-

nale;5) messa in sicurezza di sistemi stradali e sistemi di mobilità (interventi inte-

grati a livello comunale e provinciale);6) miglioramento della qualità della rete e sviluppo della manutenzione pro-

grammata (analisi del rischio, individuazione dei cicli di obsolescenza edelle soglie critiche, programmazione degli interventi con ottimizzazionedel rapporto tra spesa e risultati in termini di riduzione dei livelli dirischio, etc.);

7) sviluppo del sistema assicurativo affinché possa contribuire al migliora-mento della sicurezza stradale;

8) miglioramento della sicurezza del parco veicoli;9) rafforzamento dei livelli di sicurezza per il guidatori professionali e, più

in generale, per tutti coloro che guidano per motivi di lavoro e creazionedi condizioni di maggiore sicurezza per la mobilità casa-lavoro;

10) riorganizzazione del trasporto collettivo al fine di rafforzarne il contribui-to al miglioramento della sicurezza stradale;

11) creazione di condizioni di maggiore sicurezza per il settore del trasportoe distribuzione merci su gomma;

12) elaborazione di un Piano di aree di sosta e servizio per l’autotrasporto.

Ogni linea di azione viene articolata in diverse attività o campi di inter-vento specifici che descrivono in concreto gli interventi da realizzare.

Costi e benefici del piano

Per realizzare le azioni sopra indicate nell’arco di un decennio e per rag-giungere l’obiettivo della riduzione delle vittime degli incidenti stradali del40% il Piano stima un fabbisogno finanziario complessivo di circa 19.500milioni di euro, in linea con il volume di investimenti in sicurezza stradalerealizzato dalla maggior parte dei Paesi dell’UE.

L’ipotesi di copertura del fabbisogno potrà essere soddisfatto in parteattraverso investimenti aggiuntivi (12.000 milioni di Euro) e in parte attra-verso la rifinalizzazione verso interventi di miglioramento della sicurezzastradale della spesa in reti e servizi di trasporto (7.500 milioni di Euro).

Gli investimenti aggiuntivi, nello scenario delineato dal Piano, si riparti-scono tra Governo centrale (7.150 milioni di Euro, sempre in dieci anni),Regioni, Province e Comuni (3.250 milioni di Euro), Società concessionariedei servizi autostradali (1.200 milioni di Euro), investimenti del settore priva-to derivanti da accordi di partenariato (400 milioni di Euro).

Nell’arco del decennio, l’investimento annuale evolve da meno di 300milioni di Euro nel primo anno di attuazione a oltre 2.700 milioni di Euro nel-l’ultima fase, in relazione al progressivo sviluppo delle capacità tecniche e dispesa di tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione del Piano.

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A fronte di tale spesa si stima un beneficio economico (derivante dallariduzione dei costi sociali determinati dagli incidenti stradali) di oltre 30.000milioni di Euro.

Si evidenzia dunque che migliorare la sicurezza stradale non costituiscesolo un impegno (un obbligo) etico e sociale ma anche un’azione economica-mente vantaggiosa per tutto il Paese e, in particolare, per le Amministrazionipubbliche, per le imprese (che subiscono notevoli danni economici a causadegli incidenti stradali) e per le famiglie.

Il primo programma annuale di attuazione

Il primo Programma Annuale di Attuazione seleziona 15 azioni specificheche vengono considerate particolarmente urgenti e la cui attuazione può esse-re avviata subito. Tali azioni sono: 1) messa in sicurezza delle strade extraurbane a massimo rischio;2) messa in sicurezza delle zone urbane ad alta incidentalità;3) manutenzione programmata della rete extraurbana al fine di migliorare i

livelli di sicurezza;4) moderazione del traffico e riqualificazione urbana per migliorare la sicu-

rezza stradale, con particolare riferimento agli utenti più vulnerabili(anziani, pedoni, ciclisti, giovani, etc.);

5) rafforzamento dell’azione di informazione e delle campagne di sensibiliz-zazione ai valori della sicurezza stradale;

6) rafforzamento e miglioramento dell’azione di educazione stradale nellescuole;

7) miglioramento della sicurezza stradale nei tragitti casa-lavoro;8) riorganizzazione del trasporto collettivo per rafforzarne il contributo alla

sicurezza stradale;9) miglioramento del contributo del sistema assicurativo alla sicurezza stra-

dale;10) creazione di centri di pianificazione, programmazione e monitoraggio

della sicurezza stradale a livello comunale e provinciale;11) creazione di uffici di polizia locale dedicati esclusivamente al migliora-

mento della sicurezza stradale e collegata formazione professionale;12) interventi integrati su rete, mobilità, regolamentazione del traffico, coor-

dinamento e sviluppo dell’azione di controllo, prevenzione e repressione,etc.;

13) progetti pilota per la redazione e attuazione di Piani o programmi inte-grati a livello comunale o intercomunale o provinciale;

14) elaborazione di intese e convenzioni tipo per incentivare forme di parte-nariato pubblico-privato;

15) definizione dell’architettura della rete di monitoraggio sulla sicurezzastradale, sull’attuazione del Piano e sui risultati da questo conseguiti.

Tutte queste azioni potranno essere realizzate da Comuni, Province e

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Regioni (se proprietarie di strade) in relazione a indirizzi, criteri e parametrifissati dal Programma.

Principi di riferimento del programma

Regioni, Province e Comuni, nell’allocazione delle risorse e nell’attuazio-ne degli interventi, dovranno uniformarsi ai seguenti principi di riferimento:1. premialità dei finanziamenti sulla base di criteri di merito (efficacia, tem-

pestività, etc.);2. proporzionalità dell’impegno finanziario al danno sociale e cioè, interve-

nire con maggiori risorse laddove il numero delle vittime degli incidentistradali è più elevato);

3. specificità e aggiuntività e cioè, finanziare interventi dedicati in modoesclusivo al miglioramento della sicurezza stradale e impiegare le risorsedel Programma in modo aggiuntivo al fine di aumentare il monte com-plessivo di risorse che afferiscono al settore della sicurezza stradale;

4. priorità e cioè, intervenire in via prioritaria nelle situazioni con i più gravifattori di rischio;

5. intersettorialità e completezza e cioè, favorire, a parità di altre condizioni,gli interventi che:a. intervengono su tutti i fattori di rischio;b. coinvolgono tutti i soggetti (pubblici e privati) che possono contribuire

al miglioramento della sicurezza stradale.

Le risorse del primo programma e i meccanismi di allocazione

Le risorse finanziarie per l’attuazione del primo Programma Annuale sonoquelle rese disponibili dalla legge n°488/99 (Disposizioni per la formazionedel bilancio annuale e pluriennale dello Stato), art. 56, pari, per l’anno 2002, acirca 130 milioni di Euro, sotto forma di cofinanziamento agli enti proprieta-ri delle strade - ad eccezione della rete stradale statale per la quale il mecca-nismo di finanziamento è indicato dall’art. 32 della legge n.144/99 e dall’ulti-ma finanziaria - e dalle risorse proprie di Comuni e Province, valutabili incirca 150 milioni di Euro. Nel complesso, dunque, il primo ProgrammaAnnuale di Attuazione del Piano dovrebbe attivare circa 280 milioni di Euro.

Il meccanismo di base di allocazione delle risorse indicato dal programmaè il seguente:a) Il Governo nazionale, tramite il Programma Annuale di Attuazione, fissa i

principi di riferimento, gli indirizzi, i parametri e i criteri per la selezionedelle proposte di miglioramento della sicurezza stradale che rientrino inuno dei campi di intervento sopra elencati.

b) Sempre il Governo nazionale ripartisce le risorse di cui alla legge n.488/99(130 milioni di Euro) tra le Regioni in modo proporzionale al danno socia-le determinato dagli incidenti stradali (costo sociale dei morti e dei feriti daincidenti stradali). La ripartizione è già indicata nel programma.

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c) Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regioni, Province e Comuniconcordano criteri e parametri per la selezione delle proposte da finanzia-re e per la concreta attuazione del Piano.

d) Le Regioni, sulla base degli indirizzi del Programma e in conformità ai cri-teri e parametri sopra indicati, emanano bandi regionali (o altri meccanismidi scelta delle proposte) e attribuiscono le risorse alle proposte che offronomaggiori garanzie di efficacia e tempestività. Regioni, Province e Comunicostituiscono le Commissioni regionali per la scelta delle proposte dafinanziare.Si segnala infine che il programma definisce anche i massimali di cofi-

nanziamento sia in valore assoluto (somma massima erogabile come finan-ziamento dello Stato), sia in valore percentuale (quota massima di partecipa-zione delle risorse statali ai costi dell’intervento) attraverso un’attenta gra-duazione che tiene conto della effettiva capacità di investimento delle diver-se tipologie di Province e Comuni e tende a trovare un soddisfacente equili-brio tra l’esigenza della massima diffusione degli incentivi (in modo da inne-scare il più ampio processo di rafforzamento della sicurezza stradale) e l’esi-genza di dimensionare gli incentivi in modo che questi determinino una realeinnovazione nei processi di miglioramento della sicurezza stradale (dimen-sionando quindi gli incentivi in modo da superare una soglia minima al disotto della quale non si innescherebbero degli efficaci processi di riorganizza-zione, sviluppo e innovazione).

Tali massimali potranno essere modificati dalle Regioni in relazione a par-ticolari e specifiche caratteristiche dell’incidentalità regionale.

Allo stato attuale i massimali indicati dal Programma dovrebbero consen-tire il cofinanziamento di 120 – 150 interventi, a seconda della composizionee delle caratteristiche delle proposte.

Studi e ricerche sui fattori umani e infrastrutturali

E’ allo studio un progetto, da completare nel breve-medio periodo, che sifonda sulla realizzazione e interazione di due banche di dati, una volta all’a-nalisi dei fattori di rischio derivanti dalle condizioni socio-sanitarie, epide-miologiche e biomeccaniche (quest’ultime in particolare sugli utenti deboliquali anziani, portatori di disabilità) associate ai comportamenti del guidato-re negli incidenti stradali, l’altra che verrà popolata da una messe di dati sugliincidenti stradali la quale, georeferenziandosi attraverso un’ulteriore interre-lazione con un dettagliato archivio delle strade a rilevanza nazionale e locale,consentirà la realizzazione di una puntuale mappa di rischio infrastrutturale.

L’interazione tra le banche dati permetterà il continuo costante monito-raggio del fenomeno dell’incidentalità e sulle cause da cui lo stesso origina,sia di tipo comportamentale che di natura infrastrutturale, consentendo inol-tre:

• un miglioramento nel governo degli interventi di primo e di pronto soc-

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corso;• uno sviluppo mirato di metodiche di riabilitazione;• una mappatura dei punti cosiddetti “critici” della rete viaria;• una programmazione mirata di interventi sulle infrastrutture a rischio;• una campagna formativa e di educazione stradale più mirata rivolta sia

agli utenti che agli addetti istituzionali e non;• lo sviluppo di un processo di scambio di informazioni e raccomanda-

zioni tecniche con l’industria dell’auto;• la proposta di nuove normative di natura tecnica o sanzionatoria da

avanzare presso le sedi istituzionali che si rendessero necessarie a fron-te degli sviluppi delle nuove conoscenze;

• una verifica in termini di benefici economici diretti ed indiretti per lacollettività dati dai nuovi approcci.

Lo studio prende le mosse dagli obiettivi indicati dal PNSS (PianoNazionale Sicurezza Stradale).

L’esigenza nasce dalla consapevolezza che manca un panorama italiano inmerito all’analisi dei fattori umani per la sicurezza stradale ed un confrontocon lo stato dell’arte in Europa

In questo senso il Dipartimento dei Trasporti Terrestri del Ministero delleinfrastrutture e dei trasporti (MIT) sta analizzando l’opportunità di realizza-re un

Centro Studi e Ricerche sui Fattori Umani ed Infrastrutturali nella Sicurezza

Il progetto vede la presenza di promotori istituzionali tra i quali, oltre ilMinistero delle infrastrutture e dei trasporti, quelli degli Interni, della Salute,dell’Istruzione, la partecipazione delle autonomie locali, la presenza di part-ner quali l’Istituto Superiore di Sanità, l’ISTAT, l’ACI, Associazioni di costrut-tori, di operatori di settore e vari Istituti di cura e riabilitazione.

Di seguito si offre un maggior dettaglio, rispetto alla premesse, delle ipo-tesi di sviluppo.

Obiettivi specifici:

1. Miglioramento della conoscenza, attraverso una raccolta di dati tempesti-va, qualitativa e completa sull’incidentalità;

2. Identificazione e quantificazione dei fattori di rischio della sicurezza stra-dale da un punto di vista causale, epidemiologico e biomeccanico;

3. Sviluppo di supporti tecnico-modellistici alle attività di prevenzionemesse in atto e sviluppo prototipale di nuove strategie, con particolareriferimento agli aspetti sanitari ed alla disabilità;

4. Valutazione dell’impatto socio-sanitario delle azioni di prevenzione pro-mosse sul territorio e quantificazione delle corrispondenti ricadute econo-miche;

5. Istituzione di corsi di formazione e aggiornamento per il personale delMIT, del Ministero della salute, del Servizio Sanitario Nazionale (diparti-

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menti prevenzione delle ASL) e di altre Istituzioni sul problema della sicu-rezza stradale.Per ogni obiettivo specifico corrisponde una linea di attività di studio e

ricerca.

Linee di attività di studio e ricerca

1. Raccolta di dati dalle Autorità di vigilanza (polizia stradale, carabinieri,vigili urbani, ecc.) e mediante accesso diretto ai Centri ospedalieri e di ProntoSoccorso.

I primi sono gli stessi dati che andranno a popolare anche la Banca Dati sugli incidenti stradali in realizzazione presso il CED del Dipartimento deiTrasporti Terrestri del MIT.

I dati relativi alle caratteristiche geometriche e di traffico della infrastrut-tura stradale nel luogo dell’incidente andranno ad alimentare l’appositabanca dati curata dall’ACI attraverso “l’Osservatorio per la sinistrosità stradale”.Tali dati dovranno essere opportunamente georeferenziati, attraverso adesempio l’incrocio degli stessi con la Banca Dati costituita dall’”ArchivioNazionale delle Strade” in corso di realizzazione da parte del Dipartimentodelle Opere Pubbliche e dell’Edilizia del MIT.

Altre fonti di dati potranno essere costituite dalle Commissioni Medico-locali per le patenti, nonché da quelle provenienti dagli Istituti Assicurativi.

Con i vari dati si andranno ad analizzare la gravità, in termini di mortali-tà, invalidità, traumi secondari degli incidenti stradali.

2. Elaborazione dei dati (infrastrutturali e umani)

Dati infrastrutturaliAttraverso l’elaborazione dei dati “infrastrutturali” si potrà migliorare la

conoscenza della localizzazione degli incidenti mediante ampliamento emanutenzione della “Tabella strade” ed implementazione della “TabellaStrade Provinciali”. Dalla georeferenziazione degli incidenti sarà possibileprodurre mappe tematiche dell’incidentalità stradale.

Dati umaniAttraverso l’elaborazione dei dati potranno essere analizzati la tipologia e

gli aspetti biomeccanici degli incidenti, le caratteristiche e l’efficacia biomec-canica dei dispositivi di sicurezza offrendo in tal modo un forte contributonella ricerca costruttiva dei veicoli ed allo sviluppo di una conseguente mira-ta evoluzione normativa.

Ancora l’elaborazione dei dati condurrà ad offrire un quadro sistemico suicomportamenti a rischio, sulle caratteristiche psicofisiche dell’utenza anchecon riferimento ai soggetti portatori di disabilità (anche mediante utilizzo dimetodiche neuro-psicologiche e di simulatori di guida), sulla distribuzionenella popolazione di patologie e situazioni invalidanti di interesse per laguida, sui comportamenti a rischio con particolare riguardo ai giovani ed alle

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altre fasce d’utenti deboli (guida aggressiva, disturbi dell’attenzione, manca-to utilizzo del casco e delle cinture, uso del cellulare, sonnolenza, stanchezza,influsso dell’alcol e di sostanze stupefacenti e di farmaci, rischi associati all’e-tà ed a particolari condizioni patologiche).

Tutto ciò permetterà anche un affinamento delle azioni di prevenzione edella normativa di sostegno alle stesse.

3. Sviluppo di un supporto tecnico-modellistico

Lo sviluppo di un supporto tecnico-modellistico, consentirà azioni tese almiglioramento della gestione del Primo Soccorso e del Pronto Soccorso conconseguente positiva ricaduta sulla riduzione delle conseguenze dell’inci-dente stradale e sul miglioramento della tempestività delle procedure diriabilitazione.

Azione sinergica con quelle appena dette potrà svilupparsi avviando unprocesso di riabilitazione alla guida anche per utenti definitivamente porta-tori di disabilità da effettuarsi con prove reali su apposito circuito di prova esu simulatori.

4. Impatto socio-sanitario

I modelli matematici di cui al punto 3, permetteranno inoltre un costante econtinuo controllo di dati osservazionali e di indicatori mediante i quali potràessere apprezzata l’efficacia dei nuovi approcci sanitari, delle mirate azioni pre-ventive accompagnate dalla necessaria normativa come detto al punto 2, valu-tando l’incidenza che questi avranno sui costi associati agli incidenti stradali intermini di benefici economici diretti ed indiretti sulla collettività.

5. Formazione e aggiornamento

I corsi di formazione e di aggiornamento costituiranno per il Centro, unmomento fondamentale per la diffusione e la divulgazione a tutte le istitu-zioni ed enti a vario titolo interessati, delle nuove metodiche, dei nuoviapprocci, delle azioni di prevenzione.

Tali corsi dovranno essere accompagnati dall’indizione di convegni, dallaproduzione di materiale formativo-informativo, dalla produzione di libri, dirapporti ecc..

Va a questo punto detto che esistono già numerose realtà organizzate cheper singole tematiche hanno già conseguito notevoli risultati, ancorché par-ziali rispetto al tema di più ampio respiro illustrato in queste pagine.

Tali progetti già in corso potrebbero confluire nell’attività del Centro ed inquesto senso sono stati avviati contatti con le realtà Istituzionali e non, titola-ri dei detti progetti, registrando un ampio consenso al riguardo.

Se ne illustra a seguire un campione rappresentativo.

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• Progetti a carattere permanente

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Accordo Quadro ISS - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

OGGETTO

Valutazione in tempo reale della morta-lità per incidente stradale

Valutazione in tempo reale dei ricoveriper incidente stradale

Valutazione in tempo reale degli accessial Pronto Soccorso per incidente stradale

Valutazione in tempo reale dell’inci-denza di traumi particolarmente invali-

danti secondari a incidente stradale

Valutazione in tempo reale della tipolo-gia dei soggetti presenti negli istituti diriabilitazione per traumi cranici e spi-

nali secondari a incidente stradale

Sorveglianza in tempo reale su scalanazionale dell’uso casco e cinture (siste-

ma nazionale ULISSE)

Indagine annuale multirischio per stu-denti delle scuole superiori italiane

(Progetto AMR/Scuole)

Monitoraggio e miglioramento delleattività commissioni medico-legali

(progetto COMPATT)

Sito web www.sicurezzastradale.iss.it

Riabilitazione alla guida del traumatiz-zato cranioencefalico

Alcol, droghe ed incidenti stradali(entro il 2003 sono previsti più di 5000test sulla saliva in conducenti infortu-

nati in incidenti stradali)

Analisi e valutazione dei dati raccoltinei centri di mobilità FIAT AUTO su

soggetti disabili in prove su simulatore

METODOLOGIA

Progetto DATIS (ISS) e ISTAT

Progetto DATIS (ISS)

Progetto DATIS e collegamento con ilSistema SINIACA (ISS e Regioni)

Progetto DATIS (ISS) e Società diMedicina

Progetto DATIS e progetto COMASS(ISS) e dall’IRCCS “Fondazione Santa

Lucia” e dalle Società di medicina dellariabilitazione

Progetto DATIS (ISS) e dal MITattualmente funzionante a cadenza

mensile

Progetto DATIS (ISS) e Progetto EPIV(ISS)

Gruppo di lavoro V – Mobilità,Ministero della Salute

Realizzato da MIT e ISS nel progettoDATIS

Progetto COMASS in coll. tra MIT, ISS,IRCCS “Fondazione Santa Lucia”, Fiat

Auto – Programma Autonomy

Ramo del progetto EPIV(Epidemiologia e prevenzione degliincidenti e della violenza) dell’ISS

Progetto CMFIATCentri di Mobilità Fiat

Esempi di attività e di progetti che potrebbero essere attivati nel medio-ter-mine:• Studi mirati alla misurazione della “Capacità di guida”, valutate attraverso

simulatori (VCR) e prove di guida secondo specifici parametri, i cui risul-tati potranno essere recepiti ai fini del miglioramento degli standard di unasoglia minima di accesso alla patente di guida;

• Realizzazione nell’ambito del Centro di una “Pista” che permetta le attivi-tà di guida di una vettura standard o modificata appositamente per disabi-li. La pista potrà essere usata nell’ambito delle valutazioni di efficacia dimetodologie per l’educazione stradale e per le prove di guida e potrà esse-re punto di riferimento nazionale per tutti gli enti pubblici che intendonosostenere ed incentivare tale attività;

• Corsi di Formazione e Aggiornamento.

Si riassumono infine i prodotti conseguibili con l’attività del Centro:

Prodotti del Centro destinati ad una molteplicità di enti ed istituzioni

• Banca dati su:- mortalità, ricoveri, accessi al Pronto Soccorso, incidenza di traumi parti-colarmente invalidanti, dati descrittivi per determinare cause degli inci-denti stradali;- localizzazione incidenti stradali;

• Mappe tematiche sull’incidentalità stradale;• Report periodici sull’attività di studio e ricerca condotta;• Raccomandazioni tecniche da avanzare presso l’industria dell’auto;• Raccomandazioni tecniche e proposte di normativa da avanzare presso le

sedi istituzionali competenti;• Sviluppo di nuove strategie per aspetti sanitari e utenze deboli.

Prodotti del Centro di specifico interesse per il Ministero delle Infrastrutturee Trasporti

• Banca dati descrittiva delle cause degli incidenti stradali (interconnessionetra la Banca dati degli incidenti del CED del Dipartimento dei TrasportiTerrestri del MIT, la banca dati dell’ACI per la localizzazione e caratteristi-che infrastrutturali del luogo dell’incidente e la Banca Dati “ArchivioNazionale delle Strade” del Dipartimento delle Opere Pubbliche edell’Edilizia del MIT);

• Raccomandazioni tecniche da avanzare presso l’industria dell’auto;• Raccomandazioni tecniche e proposte di normativa da avanzare presso le

diverse sedi istituzionali competenti;• Report sul monitoraggio dei risultati conseguiti per il raggiungimento degli

obiettivi.

Franco Taggi (a cura di)“Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto)

Istituto Superiore di Sanità, Roma 2003

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La sicurezza stradale nella Regione Europeae gli indirizzi di strategie preventive dell’OMS(Organizzazione Mondiale della Sanità)

Francesca Racioppi

Organizzazione Mondiale della Sanità, Centro Europeo Ambiente e Salute, Roma,Programma Incidenti, Trasporto e Salute

1. La sicurezza stradale in Europa: un problema di sanità pubblica di vaste proporzioni

Secondo stime su base globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità1,nell’anno 2000 più di 1,2 milioni di persone hanno perso la vita in incidentistradali, e ci si aspetta che questo numero raddoppierà entro il 2020. Un deci-mo circa di queste vittime appartiene alla Regione Europea, dove si stima chele morti per incidenti stradali ammontino per difetto a circa 121.000 all’anno,mentre gli infortuni a circa 2,5 milioni2.

Per i cittadini dell’Unione Europea, gli incidenti stradali restano la primacausa di morte e ricovero ospedaliero per le persone di età inferiore ai 45 anni3,e nel 2000 hanno causato più di 41.000 morti4

La Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)ha stimato che la perdita economica risultante da decessi e infortuni da inci-denti stradali ammonta a fino circa il 4 % del prodotto interno lordo (PIL) dialcuni dei suoi stati membri5. L’età media delle vittime è un elemento determi-nante del costo degli incidenti. Un terzo dei morti e degli infortunati ha menodi venticinque anni, mentre i ragazzi di età inferiore ai 18 anni rappresentanocirca il 10% dei morti e il 15% dei feriti. Queste morti premature, oltre a rap-presentare una tragedia umana di vaste proporzioni, contribuiscono a far sì chei costi per la società degli incidenti stradali siano particolarmente elevati, siaper la perdita di produttività, che per il costo dei trattamenti medici e dell’assi-stenza necessaria a chi riporta invalidità permanenti o di lunga durata. L’analisidel “burden of disease” (vedi Tabella 1), una stima combinata del “peso” chediverse condizioni patologiche hanno in termini di mortalità, perdita di anni divita, e anni vissuti con invalidità, mostra come nel caso degli incidenti stradaliil numero di anni perduti sia una componente particolarmente “pesante” nellavalutazione complessiva dell’impatto degli incidenti stradali.

Quando le analisi degli incidenti stradali prendono in considerazione dif-

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Franco Taggi (a cura di)“Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto)

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ferenze a livello sub-regionale, appare che i Paesi che appartenevano all’ex-Unione Sovietica registrano un tasso di mortalità di circa 15 per 100.000 abi-tanti, che è più che doppio rispetto alla mortalità che si registra nei PaesiNordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia), dove negli ultimianni questa è riportata intorno a 7 per 100.000 abitanti. (Figura 1)

L’osservazione delle tendenze negli ultimi anni mostra anche che il pro-gresso raggiunto in molti Paesi nella riduzione della mortalità da incidentistradali appare rallentato, indicando la necessità di riconsiderare le strategiepreventive attualmente in atto, per verificare la necessità di apportare corretti-vi che consentano di compiere ulteriori progressi. La difficoltà nel ridurre ulte-riormente la mortalità e morbosità appare anche dall’analisi dei dati relativiall’andamento degli incidenti stradali, che negli ultimi anni appare stabile o inleggero aumento (Figura 2). Da questa analisi si evince anche che i Paesidell’Unione Europea, che registrano il tasso più alto di incidenti con infortu-nati, ma uno dei tassi di mortalità più bassi a livello sub-regionale, sono statiparticolarmente capaci nel ridurre la mortalità degli incidenti stradali, senzaperò essere riusciti ad essere ugualmente efficaci nel ridurre l’occorrenza degliincidenti stessi.

Franco Taggi (a cura di)“Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto)

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Tabella 1: Il “burden of disease” degli infortuni (WHO, 2000)

DALY Morti Anni Anni di vita(000) (000) vissuti perduti

con invalidità (000)(000)

Tutte le cause di morte e malattia 153.112 9.664 68.055 85.017

Infortuni 22.708 817 6.455 16.253

Infortuni accidentali 15.601 514 5.736 9.865

1. Incidenti stradali 3.763 121 1.006 2.7572. Avvelenamenti 2.275 109 54 2.2213. Cadute 2.274 76 1.605 6694. Incendi 526 22 124 4035. Annegamenti 1.174 47 0 1.1746. Altri infortuni accidentali 5.588 138 2.948 2.641

Infortuni causati deliberatamente 7.106 303 719 6.388

1. Infortuni auto-inflitti 3.904 186 267 6.7272. Violenza 2.093 78 328 1.5773. Guerra 1.043 37 124 60Altri infortuni causati deliberatam. 65 3 0 14

Pertanto, mentre miglioramenti nel primo soccorso e nel trattamento deitraumi e l’introduzione di misure di prevenzione secondaria (cioè di quellemisure atte a diminuire la gravitaà dell’esito degli incidenti, cinture di sicurez-za, casco e dispositivi come l’air-bag) hanno sicuramente dato un importantissi-mo contributo alla riduzione della mortalità da incidente stradale, per compie-re ulteriori progressi sarà necessario rafforzare l’impegno verso misure di pre-venzione primaria, cioè di quelle misure che prevengono l’occorrenza stessadegli incidenti, come per esempio misure volte alla moderazione della velocità,e alla protezione degli utenti deboli della strada (pedoni e ciclisti in primoluogo).

Fra gli stessi Paesi dell’Unione Europea esistono grandi differenze in termi-ni di performance nazionale sul piano della sicurezza stradale, e se alcuni Paesihanno raggiunto importanti successi, come per esempio la Svezia, che è riuscitaa portare il tasso di mortalità per incidenti stradali intorno a 5 per 100.000 abi-tanti, altri faticano a raggiungere gli stessi traguardi e riportano tassi di mortali-tà fino a quattro volte più alti.

Fra gli elementi di maggior successo nel pacchetto di politiche preventiveadottate dalla Svezia, merita particolare attenzione la “Visione Zero”, adottatadal Parlamento e basata sul principio secondo il quale la società deve rifiutarele morti e gli infortuni causati dagli incidenti stradali. L’accettazione di questoprincipio determina la massima velocità tollerabile dal sistema, dal momentoche questa deve essere calibrata tenendo conto del danno fisico sopportabiledal corpo umano in funzione dell’energia cinetica al momento della collisio-

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Average standardised death rates by road traffic accidents per 100,000 population

0

5

10

15

20

25

1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

EUROPE EU average CEE average NIS average Nordic average CAR average

Figura 1: Tassi medi di mortalità standardizzati per incidenti stradali per 100.000 abitanti (WHO, Health for All Database, 2003)

ne6. La “Visione Zero” ha quindi nel controllo della velocità del traffico veico-lare uno dei suoi pilastri, insieme al concetto di condivisione della responsabi-lità per la sicurezza stradale fra gli utenti della strada e chi è responsabile diassumere e dare seguito a decisioni in termini di pianificazione del trasporto edi fornitura di servizi, infrastrutture, e veicoli. Da un punto di vista pratico,l’abbassamento del limite di velocità in aree urbane da 50 km/ora a 30 km/orain prossimità delle scuole o in aree residenziali densamente popolate è stima-to aver prodotto una riduzione della mortalità pari al 70 % e una riduzionedegli infortuni gravi del 60 %. Il mantenimento del limite di velocità a 30 kmall’ora è supportato da accorgimenti di tipo ingegneristico, come corsie a pavi-mentazione differenziata, piccoli dossi, e restringimenti della sede stradale neipunti di interscambioV.

Un ulteriore elemento di riflessione nasce dall’osservazione che, contraria-mente a quanto talvolta si possa percepire, solo il 5 % circa degli incidenti stra-dali avviene sulle autostrade, mentre circa il 65 % si verifica all’interno di areeurbane, dove è particolarmente elevata fra le vittime la presenza di utentideboli della strada. Fra questi, i pedoni rappresentano circa il 21 % del totaledelle morti, e il 25 % degli infortuni, mentre i ciclisti sono vittime del 4 % dellemorti e degli infortuni7. Questo implica che interventi preventivi particolar-mente efficaci e dai ritorni più elevati sembrerebbero essere quelli che miranoalla riduzione degli incidenti e della gravità delle loro conseguenze soprattut-to in ambito urbano.

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Number of road traffic accidents with injury/100,000 population

0

50

100

150

200

250

300

350

400

1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

EUROPE EU average CEE average NIS average Nordic average CAR average

Figura 2: Numero di incidenti stradali con infortuni per 100.000 abitanti (WHO, Health for All Data base, 2003)

Gli indirizzi di intervento e la visione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Europa

Negli ultimi anni l’OMS ha prestato un’attenzione crescente al problemadella sicurezza stradale, che attualmente viene visto dall’Organizzazione comeuna delle priorità globali di sanità pubblica. Tale attenzione è testimoniata dalladecisione di dedicare la Giornata Mondiale della Sanità del 2004 al tema dellasicurezza stradale, nonché dalla preparazione, in collaborazione col la BancaMondiale, del primo Rapporto Mondiale sulla Prevenzione degli Infortuni daTraffico, che verrà pubblicato in occasione della Giornata del 2004.

Nella Regione Europea, l’avvio del programma “Incidenti, Trasporto eSalute”8 ha segnato un punto di discontinuità nel modo di affrontare gli effet-ti del trasporto per la salute, promuovendo una visione in cui la prevenzionedegli incidenti stradali è vista come parte di una strategia integrata, che allostesso tempo si rivoge ai problemi posti dall’inquinamento atmosferico e acu-stico, dalll’aumento della sedentarietà, nonché dagli effetti psico-sociali e pri-vilegia interventi di cui sono attori non solo il settore sanitario, ma anche quel-li dell’ambiente, dei trasporti e della pianificazione dell’uso del territorio.

In questa visione, la prevenzione primaria riveste un ruolo particolarmen-te rilevante, e interventi che, per esempio, creano condizioni favorevoli allamobilità ciclistica e pedonale appaiono particolarmente desiderabili perchénon solo consentono di ridurre il rischio e la gravità degli incidenti, ma con-temporaneamente creano le condizioni per la possibile sostituzione di alcuniviaggi effettuati con mezzi a motore con altri effettuati a piedi o in bicicletta,contribuendo a ridurre le emissioni di inquinanti e di rumore, nonché adaumentare il livello di attività fisica nella popolazione, e a migliorare la quali-tà della vita urbana.

E’ interessante notare che il Parlamento Europeo nel 2001 ha adottato unarisoluzione in cui viene espressa la convinzione secondo la quale la sicurezzastradale deve essere vista nel contesto generale di politiche di mobilità soste-nibile, implicando un uso maggiormente integrato di tutte le modalità di tra-sporto e la promozione di quelle maggiormente compatibili con l’ambiente,come i mezzi su rotaia, i canali interni, i brevi spostamenti di merci via mare,e il trasporto combinato, in congiunzione con la promozione del trasportopubblico. Il Parlamento Europeo ha anche espresso la necessità che il dibattopolitico a livello Europeo sulla sicurezza stradale tenga conto degli aspettiambientali, producendo stime degli effetti sanitari del rumore e dell’inquina-mento atmosferico prodotti dal traffico, e adattando le politiche per la sicurez-za stradale a questi risultati.9

La prevenzione degli incidenti richiede dunque un insieme articolato dimisure, che devono includere sia incentivi per comportamenti e interventi cheaumentano la sicurezza dei sistemi di trasporto, che disincentivi per scorag-giare comportamenti rischiosi e la crescita incontrollata del traffico motorizza-to associata alla mancanza di attenzione da parte dei pianificatori alle esigen-ze della sicurezza.

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Le misure necessarie includono: la promozione di una cultura che rifiuti ilconcetto di incidente come fatalità che prescinde dalla possibilità di controllo;interventi volti a migliorare l’informazione e l’educazione sui rischi e sullestrategie e comportamenti atti a ridurli; atti normativi, che assicurino il rispet-to delle norme di sicurezza, anche attraverso una maggiore certezza del san-zionamento delle infrazioni; interventi di ampio respiro, che portino ad unripensamento della mobilità in funzione dell’organizzazione e destinazioned’uso del territorio, tenendo maggiormente in considerazione le esigenze diaccessibilità degli utenti più deboli (ciclisti, pedoni, bambini e anziani); laricerca di maggiori sinergie con strategie di mobilità sostenibile che, nel casodel trasporto urbano, privilegino uno spostamento modale in favore del tra-sporto pubblico e della mobilità ciclistica e pedonale.

Per sostenere i suoi Paesi membri nel far sì che le politiche di mobilità ed usodel territorio siano più attente alle conseguenze che le scelte di oggi potrannoavere sulla salute dei cittadini e delle generazioni future, l’OMS ha promosso efacilitato il negoziato della “Carta su Trasporto, Ambiente e Salute”10, che è stataadottata dai 51 Paesi della Regione Europea dell’OMS nel corso della TerzaConferenza Ministeriale su Ambiente e Sanità, tenutasi a Londra dal 16 al 18Giugno 1999.

La Carta contiene obiettivi sanitari volti alla riduzione dell’inquinamentodell’aria e di quello acustico, alla prevenzione degli incidenti, principalmentedi quelli stradali, e alla promozione di modalità di trasporto salubri e benefi-che, come camminare, andare in bicicletta e utilizzare i mezzi di trasporto pub-blico. La Carta contiene anche un piano d’azione per:• favorire l’integrazione della tutela della salute nelle politiche di mobilità enella pianificazione territoriale a livello internazionale, nazionale e locale;• promuovere modalità di trasporto e politiche di pianificazione del territorioche diano maggiori vantaggi per la salute (trasporti pubblici, spostamenti apiedi e in bicicletta), ponendo enfasi sulle decisioni che vengono prese a livel-lo locale;• dar vita ad interventi-pilota e promuovere ricerche sugli effetti per la salutenon ancora pienamente chiariti e per una migliore valutazione dei costi deglieffetti sanitari (fra questi andrebbero inclusi, per esempio, i costi per l’aumen-to del rischio di malattie cardio-circolatorie dovuto alla maggiore sedentarietàdella popolazione e i costi relativi alla restrizione della libertà di quanti si trat-tengono dal compiere spostamenti a piedi o in bicicletta per timore degli inci-denti, fin qui non considerati dalle valutazioni economiche).

L’attuazione della Carta ha anche promosso un maggiore co-ordianamentodelle azioni in favore della mobilità sostenibile intraprese a livello pan-Europeoe ha di recente portato all’elaborazione di un “Piano Pan-Europeo suTrasporto, Sanità e Ambiente” (Transport, Health and Environment Pan-European Programme, THE PEP)11. Il Piano è stato adottato dai ministeri deiTrasporti, Sanità e Ambiente della Regione Europea dell’OMS e dell’UNECE epresentato al World Summit for Sustainable Development (Johannesburg, 26Agosto – 4 Settembre 2002)12. Il Piano identifica priorità e definisce proposte di

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lavoro per il raggiungimento di sistemi di trasporto sostenibili attraverso l’in-tegrazione di aspetti sanitari e ambientali nelle politiche del trasporto, la ogestione della domanda di trasporto e la redistribuzione modale e la promo-zione e sviluppo di politiche di trasporto urbano.

NOTE

1 World Health Organization – The global burden of disease 2 Dora, C., Phillips, M. (eds). Transport, environment and health. WHO Regional Publications, EuropeanSeries, No. 89. WHO Regional Office for Europe, 2000. http://www.euro.who.int/document/e72015.pdf3 European Transport Safety Council, 2003 http://www.etsc.be4 CARE – Community Road Accident Data Base, http://www.europa.eu.int/comm/transport/home/care/index_en.htm5 OECD - Safety on Roads – What’s the vision? 2002 -OECD, Paris France6 Nollvisionen (The Vision Zero), Stockholm, National Society for Road Safety, Sweden, undated(http://www.ntf.se/english/pdf/policy_eng2.pdf )7 1997 Statistics of road traffic accidents in Europe and North America. Geneva, United NationsEconomic Commission for Europe, 1997 http://www. unece.org/trans/roadsafe/rs3ras.html8 http://www.euro.who.int/transport9 European Parliament resolution on the Commission communication to the Council, the EuropeanParliament, the Economic and Social Committee and the Committee of the Regions on the ‘Prioritiesin EU road safety - Progress report and ranking of actions’ (COM(2000) 125 – C5-0248/2000 –2000/2136(COS))10 Charter on Transport, Environment and Health (1999) Third Ministerial Conference onEnvironment and Health, London, 16-18 June 1999. Copenhagen, WHO Regional Office for Europe,1999 http://www.euro.who. int/document/peh-ehp/charter_transporte.pdf (accessed on 4 march2003)11 Transport, Health and Environment Pan European Programme (THE PEP) 2002, http://www.the-pep.org12, 13 http://www.johannesburgsummit.org/html/sustainable_dev/p2_ health _sd.html

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Il Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositivi

Carlo Alberto Barbi

Direttore del Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositividel Dipartimento per i Trasporti Terrestri e per i Servizi Informativi e Statisticidel Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

I Centri Prove Autoveicoli dell’allora Direzione Generale dellaMotorizzazione Civile e dei Trasporti in Concessione del Ministero dei Trasporti(oggi Dipartimento per i Trasporti Terrestri e per i Sistemi Informativi e Statisticidel Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), sono stati istituiti con ilDecreto Ministeriale 10 aprile 1968, n° 430.

Con il Decreto del Presidente della Repubblica del 2 marzo 1974 il CentroProve Autoveicoli è stato elevato al rango di CENTRO SUPERIORE RICERCHE E

PROVE AUTOVEICOLI E DISPOSITIVI e, con successivo Decreto, è stato prepostoalla sua Direzione un Funzionario del grado di Dirigente Superiore Tecnico.

La sede del Centro Superiore, ubicata in Via di Settebagni al civico n° 333,sorge su un’area di circa dieci ettari comprendente una palazzina uffici, uncapannone pesi e misure, diversi edifici ed ambienti per i laboratori, un edifi-cio per esposizione ed uno per servizi generali; in aggiunta poi alle aree coper-te, per un totale di 73.000 m3 ed alle sistemazioni a verde, 20.000 m2, sono staterealizzate rampe per le prove di spunto in salita con pendenze dello 0 8%, del12% e del 16%, una pista per prove fonometriche, piazzali di sosta ed aree dimanovra, per una superficie complessiva di 40.000 m2.

Nell’edificio uffici è stata ricavata una sala per riunioni internazionali dellacapacità di 70 persone, con possibilità ed attrezzature per la traduzione simul-tanea in quattro lingue, dotata di tutti i servizi accessori quali regia, sussidiaudiovisivi, cinema e così via.

I più importanti nuclei nei quali si esplicano alcuni dei compiti istituzionalidel Centro Superiore sono rappresentati dai Laboratori: – Prova motori : 3 banchi prova per motori endotermici terrestri e marini per

una potenza massima di 515 kW (700 CV);– Inquinamento da gas di scarico;– Freni (prove statiche impianti di frenatura);– Prove a fatica (dispositivi di traino);– Caschi per motociclisti;

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– Prove dinamiche su sistemi di ritenuta dei conducenti e dei passeggeridegli autoveicoli (cinture di sicurezza),

– Isotermia per i veicoli adibiti al trasporto di derrate alimentari deperibili inregime di temperatura controllata;

– Fonometria per i dispositivi di segnalazione acustica, dotato di una attrez-zatissima camera anecoica;

– Fotometria per i dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione e perle pellicole catarifrangenti;

– Vetri di sicurezza per i veicoli;– Specchi retrovisori;– Prove chimico-fisiche sui materiali facenti parte di un veicolo: prove di per-

meabilità, di resistenza all’usura e di infiammabilità su pannelli di rivesti-mento degli interni (pavimenti, pareti e soffitti);

– Elettronica, per manutenzione apparecchiature di misura del Centro;– Etilometri: prove primitive e periodiche sulle apparecchiature in uso alle

forze addette ai servizi di polizia stradale per la determinazione, tramiteanalisi sull’espirato, di eventuale presenza di alcool (etanolo) nel sangue deiconducenti.Quest’ultimo laboratorio, uno dei tre attualmente esistenti nell’Unione

Europea (gli altri due si trovano in Germania ed in Francia rispettivamente), èstato istituito con la Circolare n° 87/91 del 6 giugno 1991, emanata dalMinistro dei Trasporti (Bernini) d’intesa con il Ministro della Sanità (DeLorenzo) a seguito del Decreto Interministeriale 22 maggio 1990, n° 196, ema-nato dal Ministro dei Trasporti (Bernini) di concerto con il Ministro dei LavoriPubblici (Prandini), della Sanità (De Lorenzo) e dell’Interno (Gava) avente comeoggetto: “Regolamento recante l’individuazione degli strumenti e delle proce-dure per l’accertamento dello stato di ebbrezza”.

Con l’entrata in vigore poi della Legge n° 111 del 18 marzo 1988 e del sus-seguente Decreto Ministeriale del Ministro dei Trasporti, di concerto con ilMinistro della Sanità, del 27 settembre 1988, n° 419, con cui sono state apporta-te sostanziali modifiche alle precedenti norme concernenti la guida dei veicolia motore da parte di conducenti affetti da mutilazioni, o minorazioni fisiche dialtro tipo, il Ministro dei Trasporti (Bernini) emanò la Circolare n° 148/91 del 30ottobre 1991, avente per oggetto “Adattamenti per la guida di veicoli a moto-re da parte di conducenti disabili affetti da una o più minorazioni”.

Sulla base di quel supporto giuridico e con successive Circolari sullo stes-so argomento, il Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositividi Roma è stato deputato all’approvazione di detti dispositivi tecnici e, almomento, sono state rilasciate più di cento omologazioni riguardanti dettotipo di dispositivi.

E’ da segnalare in merito che il Centro Superiore affianca e collabora condiverse Aziende, impegnate nel citato settore, allo studio ed alla sperimentazio-ne di nuove soluzioni, che, utilizzando le tecnologie più avanzate oggi disponi-bili in campo elettronico, idraulico e dei servocomandi, hanno di fatto consenti-to la conduzione di un autoveicolo da parte di persone affette da minorazioni

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invalidanti anche di una certa gravità, quali focomelia e tetraplegia, con risulta-ti invero incoraggianti, tant’è che si rende improcrastinabile l’emanazione dinorme più attuali ed appropriate al particolare settore coinvolgente competenzee professionalità di diversificate branche della scienza e della tecnologia.

Il Codice della Strada (approvato con Decreto Legislativo n. 285 del 30 apri-le 1992), ha previsto, fra l’altro, che le revisioni periodiche delle autovetture pos-sano essere affidate anche ad officine private debitamente autorizzate a condi-zione che, fra le varie caratteristiche che le devono contraddistinguere, sianoattrezzate con idonee apparecchiature di misura e di controllo. L’idoneità di taliapparecchiature è verificata dal C.S.R.P.A.D. sulla base dell’Allegato Tecnico alDecreto Ministeriale 4 ottobre 1994 n. 653, e al Decreto Ministeriale 23 ottobre1996, n. 628.

I controlli periodici sulle officine delle imprese sono effettuati, in confor-mità e con le modalità di cui alla Legge 1° dicembre 1986, n. 870, da Personaledel C.S.R.P.A.D. in possesso di laurea ad indirizzo tecnico ed inquadrato inqualifiche funzionali e profili professionali corrispondenti alle qualifiche dellaex carriera direttiva tecnica, individuati nel Regolamento di esecuzione delCodice della strada medesimo.

Ai Centri Prove Autoveicoli, e quindi al C.S.R.P.A.D., è demandata, qualeattività primaria, l’esecuzione delle verifiche e prove per l’omologazione deltipo: è l’insieme dei controlli che detti Centri compiono, per delega delMinistro dei Trasporti, al fine di accertare sui veicoli destinati alla produzionein serie, la sussistenza dei requisiti di idoneità alla circolazione. Tali requisiti,originariamente identificati nelle caratteristiche di sicurezza e di silenziositàdel veicolo si sono, nel corso degli anni moltiplicati e diversificati investendoaltre importanti problematiche della civiltà attuale quali la difesa dell’am-biente ed i consumi energetici.

Lo stesso problema della sicurezza della circolazione, affrontato nel passa-to come insieme di norme e requisiti specialmente orientati alla prevenzionedegli incidenti stradali (sicurezza attiva) è articolato oggi in due distinti filoni,essendosi universalmente riconosciuta, accanto alla prevenzione, l’utilità e larilevanza sociale dei requisiti finalizzati alla riduzione delle conseguenze degliincidenti stradali, una volta che questi sono avvenuti (sicurezza passiva).

Pertanto le verifiche e prove per l’omologazione del tipo di un veicoloeffettuate dal Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositivirisultano suddivise nelle seguenti aree di norme e regolamenti:– Sicurezza attiva – in quest’area ricadono l’impianto di frenatura, di sterzo,

gli pneumatici, le sospensioni, i vetri, il campo di visibilità del conducente,gli specchi retrovisori, ecc.;

– Sicurezza passiva – trovano in quest’area collocazione il comportamentodel dispositivo di guida (sterzo) in caso d’urto, i dispositivi di protezioneposteriore e laterale, le sporgenze esterne, le finiture interne, il fissaggio deisedili conducente e passeggeri, le cinture di sicurezza unitamente ai lorosistemi di ancoraggio, ecc.;

– Difesa dell’ambiente – dai diversi tipi di inquinamento fra i quali fanno

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spicco quello dovuto al rumore prodotto dal veicolo durante la sua marcia,dovuto al motore endotermico, al rotolamento degli pneumatici sul mantostradale, alla resistenza opposta dall’aria alla marcia del veicolo (dipenden-te dal coefficiente di penetrazione dinamica posseduta dallo stesso), e cosìvia, e quello dovuto dall’immissione nell’atmosfera dei residui della com-bustione termodinamica, ovvero dai gas di scarico, raggruppabili in idro-carburi incombusti (HC), ossido di carbonio (CO), anidride carbonica(CO2), ossidi di azoto di varia valenza (NOX), unitamente poi a polveriquali il particolato, e, argomento che sta assurgendo a grossa importanzaoggi, l’ inquinamento radioelettrico;

– Consumi di energia – per l’individuazione dei quali si procede, oltre al rile-vamento delle curve caratteristiche del motore, al rilevamento del consumodi carburante in condizioni normalizzate di circolazione: alla velocitàcostante di marcia di 90 km/h, a velocità costante di 120 km/h, e su un per-corso convenzionale simulante le tipiche situazioni di una circolazione in uncentro abitato (ciclo urbano).Questo insieme di verifiche si sono sviluppate fondamentalmente per l’im-

pulso fornito da due organismi internazionali: la Commissione Economica perl’Europa (E.C.E.) dell’O.N.U., avente sede a Ginevra, e la Commissione per laComunità Economica Europea (U.E.) operante a Bruxelles, che hanno operatointensamente nella emanazione di Regolamenti (E.C.E./O.N.U.) e Direttive(C.E.), contenenti norme tecniche per l’omologazione dei veicoli stradali.

L’adozione o l’accettazione dei Regolamenti e delle Direttive, in aggiuntaod in sostituzione di analoghe norme di portata nazionale, produce effetti intre distinte aree:– nella produzione;– nella omologazione;– nella circolazione.

Pertanto i compiti dei Centri Prove, ed in particolare del C.S.R.P.A.D., pre-suppongono attività così distinte:– verifiche e prove per l’omologazione dei prototipi;– controllo di conformità al tipo omologato della produzione in serie;– ricerca e sperimentazione su progetti di norme o di modifica delle stesse.

Per quanto attiene la prima sfera di attività, e cioè le verifiche e prove diomologazione, va osservato che talune di esse sono particolarmente sofisticatee richiedono l’impiego di attrezzature e strumenti dal costo assai elevato (peresempio l’omologazione delle cinture di sicurezza, dei caschi di protezione peri motociclisti, dei vetri di sicurezza, l’analisi dei gas di scarico, la compatibilitàelettromagnetica, ecc.) tanto da consigliare la decisione di non estendere a tuttii Centri Prove Autoveicoli la dotazione completa di siffatti laboratori, concen-trando bensì in un solo Centro, il Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicolie Dispositivi (C.S.R.P.A.D.) per l’appunto, l’esecuzione delle prove e dei test piùsofisticati unitamente alle attività di ricerca e sperimentazione.

Il controllo sulla conformità di produzione al tipo omologato è l’attivitàmediante la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si assicura,

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ed occorrendo fornisce assicurazione in sede internazionale, della risponden-za alle norme di quanto il costruttore produce e pone in commercio e, conse-guentemente, in circolazione, una volta ottenuta l’autorizzazione ad emetterela dichiarazione di conformità. In caso di contestazione i siffatti controlli ven-gono concentrati in un’unica sede, il C.S.RP.A.D., idonea a risolvere ogni pos-sibile dubbio.

Al C.S.R.P.A.D. è demandato altresì il compito della verifica dei progetti diRegolamenti e Diritti proposti in sede internazionale per controllarne larispondenza alle finalità proposte, il grado di ripetibilità delle prove e deirisultati, il livello di generalità della norma rispetto alle diverse situazioni dadisciplinare, e così via.

Esaminando più specificatamente l’attività materialmente svolta dal C.S.R.P.A.D., si rileva come la stessa si incentra nelle seguenti aree operative:A – Verifiche e prove per l’omologazione e l’approvazione di :

A.1. – veicoli stradali;A.2. – dispositivi di equipaggiamento dei veicoli;A.3. – imbarcazioni;A.4. – motori marini;A.5. – attrezzature di officina per la revisione periodica dei veicoli.

B – Sperimentazione di nuovi dispositivi;C – Incarichi di ricerca;D – Partecipazione a Comitati e Gruppi di lavoro nazionali ed internaziona-

li.Per quanto riguarda l’attività di omologazione (punti A.1. e A.2.) afferenti

i veicoli stradali a propulsione elettrica e i dispositivi di equipaggiamento deiveicoli destinati ad essere condotti dai disabili il C.S.R.P.A.D. ha competenzaesclusiva; la stessa cosa vale per i punti A.3., A.4. e A.5.

Esiste poi l’omologazione di unità tecniche indipendenti, previste dallanormativa CEE, in merito alle quali il Centro, oltre alla competenza nazionale,è il Laboratorio ufficialmente riconosciuto in ambito CE e ONU. Tali entità tec-niche sono: – specchi retrovisori;– serbatoi carburante;– dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione;– avvisatori acustici;– vetri;– caschi per motociclisti;– cinture di sicurezza;– inquinamento gas di scarico per motori alimentati a GPL e metano;– radiodisturbi;– potenza motori.

Tanto per rendere in concreto l’impegno temporale richiesto, appareopportuno evidenziare che l’omologazione di un tipo di vettura, comportantela verifica di 44 allegati tecnici e di altrettante direttive CE obbligatorie, iltempo necessario ad un “team” tecnico composto da tre funzionari dedicato a

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detto compito è stimabile in non meno di tre mesi.Per quanto concerne i compiti di sperimentazione, questa si esplica, pre-

valentemente, su nuovi dispositivi antinquinamento (emissioni) e sui nuovidispositivi di blocco dei veicoli stradali; di recente è stata posta in essere unasperimentazione riguardante i veicoli destinati al trasporto in comune dellepersone (autobus) conformi alla Direttiva 2002/CE del Parlamento Europeo edel Consiglio, del 18 febbraio 2002, che ha portato la loro lunghezza massimaa 15 metri.

E’ inoltre incaricato di seguire gli studi e le esperienze su sistemi innovati-vi che l’industria del trasporto su strada propone: gli ultimi impegni in pro-posito riguardano la trasformazione a metano di autobus urbani tradizional-mente alimentati a gasolio unitamente ad altre novità derivanti dall’uso di car-buranti alternativi (GPL, idrogeno, energia elettrica con captazione esterna oproduzione a bordo o con sistemi compositi).

Infine, a proposito della citata Area Operativa “D”, il Centro partecipa aiseguenti Comitati e Gruppi di lavoro:– EEVC – Eurpean Experimental Vehicles Committe– Group à Haut Niveau sur la Sécourité Routiere – e nell’ambito del

Gruppo ai seguenti Gruppi di Lavoro:– WG1 – l’alcool e la guida –– WG2 – l’educazione stradale e i giovani conducenti –– HELIOS II – programma comunitario per la mobilità dei disabili.

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Il contributo delle statistiche sociali dell’Istat alla conoscenza del fenomeno degli incidentistradali: attualità e prospettive

Vittoria Buratta, Raffaella Amato , Silvia Bruzzone

Istituto Nazionale di Statistica

1. Introduzione

L’incidentalità stradale è un fenomeno assai complesso, caratterizzato daaspetti che vanno da quelli più propriamente demo-sociali a quelli culturalied economici. La richiesta di sicurezza è strettamente connessa all’esigenza dimobilità che, in Italia, come in tutti i paesi economicamente avanzati, èaumentata con un tasso superiore all’incremento del prodotto interno lordo.

L’Italia, come gli altri paesi dell’Unione Europea, si è posta l’obiettivo diridurre del 40 per cento entro il 2010 il numero di morti e di feriti causati daincidenti stradali. Questo rende sempre più necessario disporre di informa-zioni attendibili che permettano di monitorare l’effettivo livello della sicurez-za stradale.

Per effetto degli incidenti stradali, la nostra società è soggetta ogni annoad un costo che non ha confronti con qualsiasi altro fenomeno. Tale proble-matica va, quindi, analizzata nella sua totalità cogliendo le molteplici pecu-liarità che la contraddistinguono. Per un miglioramento della sicurezza stra-dale è necessario, perciò, operare su più fronti con un’azione coordinata negliinterventi in quanto le competenze necessarie per affrontare questa materiasono innumerevoli e difficilmente sono concentrate in un’unica Istituzione.

L’attuale base informativa sull’incidentalità stradale è ampia ma al tempostesso molto frammentaria; le informazioni statistiche sul settore costituisco-no un insieme estremamente eterogeneo poiché provengono da molteplicifonti, alcune di natura amministrativa ed altre a carattere epidemiologico.

Questo comporta che i dati disponibili presentino talvolta livelli di quali-tà diversi e non del tutto comparabili tra loro, in quanto si riferiscono a rile-vazioni che in alcuni casi adottano definizioni, classificazioni, nomenclaturee metodologie diverse, risentono di un’impostazione indirizzata ad analiz-zare la sicurezza stradale con un approccio mirato, mentre i bisogni informa-tivi portano alla necessità di adottare una visione integrata dei fenomeni.

La fonte di informazione principale in tema di sicurezza sulle strade è costi-

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tuita dall’indagine sugli incidenti stradali Istat-ACI, basata sulle informazionidesunte dai verbali compilati dalle autorità di polizia.

Se da un lato i rapporti di polizia restano un’insostituibile risorsa infor-mativa sulla dinamica dell’incidente, sulle tipologie dei veicoli coinvolti, sullalocalizzazione del sinistro, dall’altro sembra essere necessario affiancare aqueste informazioni quelle relative all’ambiente stradale, agli esiti dell’inci-dente, alle lesioni riportate dagli infortunati, ai costi ospedalieri, ecc. prove-nienti anche da altre indagini.

Le fonti di informazioni su mobilità e incidentalità sono molte, sia all’in-terno dell’Istat sia presso altre Istituzioni; per quanto riguarda l’Istat ricor-diamo l’indagine sulle cause di morte, l’indagine “multiscopo sulle fami-glie”, le statistiche giudiziarie, l’indagine sui viaggi degli italiani, l’indaginesui consumi delle famiglie, l’indagine sul trasporto merci su strada. Le fontiesterne curate da altri enti sono rappresentate, invece, dagli archivi dell’ACIche forniscono informazioni sulla consistenza del parco veicolare, dagliarchivi del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, dall’IstitutoSuperiore di Sanità, dagli Archivi degli Enti proprietari di strade: Stato,Regioni, Province e Comuni, dall’ ANAS, dai Comuni che forniscono infor-mazioni sulla geometria e le caratteristiche della località dove si è verificatoil sinistro, dalle Strutture Sanitarie dalle quali si attingono informazioni sugliinfortunati in incidenti stradali dimessi dagli ospedali, tipi di traumi, duratadella degenza, costi sanitari, dagli Istituti di Assicurazione, dagli Enti gesto-ri di strade per i dati sul traffico autostradale.

Le basi informative delle quali si tratterà più a fondo nel presente lavororiguardano principalmente:• la rilevazione sull’incidentalità stradale;• l’indagine sulle cause di morte; • la rilevazione dei dimessi dagli Istituti di ricovero pubblici e privati.

Ciascuna delle indagini sopraccitate misura il fenomeno dell’incidentalitàosservandolo da angolazioni diverse in relazione agli obiettivi conoscitivi del-l’indagine stessa.

Tutti i dati statistici prodotti dall’Istat, riferiti all’analisi degli incidenti stra-dali e delle conseguenze in termini di lesività e di mortalità, contribuiscono, seletti in una chiave unitaria, ossia, in forma integrata, ad identificare quali sonoi principali fattori di rischio e, successivamente, forniscono i dati di partenzaper definire una corretta politica di prevenzione.

La strada su cui si muove l’Istat è quella della costruzione di un sistemainformativo integrato dell’incidentalità nel suo complesso, che includa infor-mazioni riguardanti non solo gli incidenti stradali ma anche quelli occorsi sullavoro, domestici e in altri contesti ambientali.

Obiettivo principale è, quindi, l’integrazione delle informazioni relative alsettore in un ottica sistemica, ciò significa promuovere il passaggio da uninsieme di statistiche parziali e settoriali alla costruzione di sistemi informati-vi statistici, intesi come insieme di dati inseriti in uno schema integrato di con-cetti, definizioni e classificazioni omogenee.

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2. Le fonti statistiche sull’incidentalità stradale

La rilevazione sugli incidenti stradali:L’informazione statistica sull’incidentalità è raccolta mediante una rileva-

zione totale a cadenza mensile di tutti gli incidenti stradali verificatisi sull’in-tero territorio nazionale che hanno causato lesioni alle persone (morti o feriti).

La suddetta rilevazione è il frutto di un’azione congiunta e complessa trauna molteplicità di Enti: l’Istat, l’ACI, il Ministero dell’interno, la PoliziaStradale, i Carabinieri, la Polizia Municipale, gli Uffici Statistici dei comunicapoluoghi di provincia e gli Uffici Statistici di alcune province che hanno sot-toscritto una convenzione con l’Istat.

La rilevazione avviene tramite la compilazione del rapporto statistico diincidente stradale da parte dell’autorità che è intervenuta sul luogo (PoliziaStradale, Carabinieri, Polizia Municipale) per ogni incidente stradale in cui ècoinvolto un veicolo in circolazione sulla rete stradale e che comporti dannialle persone.

Il modello statistico, se compilato in modo corretto in ogni sua parte con-tiene tutte le informazioni necessarie all’identificazione della localizzazione edella dinamica dell’incidente: data e luogo del sinistro, l’organismo pubblicodi rilevazione, l’area o localizzazione dell’incidente (se nel centro urbano ofuori dell’abitato), la dinamica del sinistro, il tipo di veicoli coinvolti, le circo-stanze che hanno dato origine all’incidente e le conseguenze alle persone e aiveicoli.

Per quanto riguarda i decessi, a partire dal 1° gennaio 1999 l’Istat ha este-so da sette a trenta giorni il periodo di tempo necessario alla contabilizzazio-ne del numero dei decessi degli incidenti stradali.

L’aggiornamento sulla situazione sanitaria del ferito rappresenta una fasemolto impegnativa per le autorità pubbliche che debbono stabilire un contat-to con le istituzioni sanitarie (pubbliche o private) per essere informate sullecondizioni dell’infortunato, del suo eventuale trasferimento a diversa struttu-ra e dell’eventuale decesso. Se questa comunicazione non avviene, si generauna sottostima dei decessi.

Questa è la ragione principale per la quale il numero dei morti rilevati inquesto contesto risulta generalmente minore di quello prodotto dalle statistichesulle cause di morte. Nel 1998, ultimo anno per il quale sono disponibili i datisanitari, questa divergenza è pari al 27,6 per cento.

Il campo di osservazione è costituito da tutti gli incidenti stradali verificati-si nelle vie o piazze aperte alla circolazione, nei quali risultano coinvolti vei-coli (o animali) fermi o in movimento e dai quali siano derivate lesioni a per-sone. Sono esclusi pertanto dalla rilevazione i sinistri da cui non sono deri-vate lesioni alle persone, quelli che non si sono verificati nelle aree pubblichedi circolazione, cioè, in quelle aree come cortili, stazioni di servizio, depositidi mezzi di trasporto, strade ferrate riservate esclusivamente per il trasportotranviario o ferroviario, ecc. e i sinistri in cui non risultano coinvolti veicoli.

I dati sono trasmessi all’Istat per via telematica dal Ministero dell’Interno

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(incidenti rilevati dalla polizia stradale) e dai principali comuni e per via car-tacea dai carabinieri e dai piccoli e medi comuni.

I risultati dell’indagine vengono pubblicati regolarmente dal 1952.L’indagine è stata più volte ristrutturata, l’ultima volta nel 1991.

Recentemente l’Istat sta valorizzando forme di collaborazione a livellolocale che consentono agli operatori provinciali di collaborare alla fase di rile-vazione.

Questo indirizzo contribuisce anche alla promozione di osservatori infor-mativi di natura statistica in grado di supportare la programmazione e la pia-nificazione degli interventi e degli investimenti dell’ente locale in tema di inci-dentalità e sicurezza stradale. Questa forma di collaborazione si è per ora svi-luppata per le province di Milano, Mantova, Bolzano, Modena, Bologna,Ferrara e Torino.

Per un’analisi approfondita dell’incidentalità sarebbe utile disporre di unindicatore di frequenza dei sinistri calcolato come rapporto tra il numero di inci-denti ed il volume di circolazione, ottenuto come prodotto dei veicoli circolantiper la percorrenza media chilometrica nell’anno.

Tuttavia, il secondo elemento è disponibile solo per le autostrade a paga-mento ed è stimabile solo con un basso livello di approssimazione a livellonazionale; la sua disponibilità per aree più limitate richiederebbe la costruzio-ne di sistemi di monitoraggio del volume di traffico nei tratti di strada piùsignificativi, giornalmente e nelle diverse ore della giornata. In mancanza dirilevazioni sistematiche sul volume di circolazione si ricorre a stime basate sulnumero di veicoli circolanti e sul consumo di carburante che comunque nontengono conto dei veicoli appartenenti a non residenti, dei percorsi e dei rifor-nimenti di benzina effettuati fuori del comune residenziale.

La non disponibilità di questi indicatori non permette un corretto confron-to del livello di incidentalità tra le diverse tipologie di strade ed una correttaidentificazione dei “black spot” (punti dove si è verificato un numero partico-larmente elevato di sinistri).

L’indagine sulle cause di morte: Anche la rilevazione sulle cause di morte fornisce indirettamente un con-

tributo determinante alla definizione del quadro informativo sulla sicurezzastradale.

Le statistiche di mortalità per causa, come noto, sono basate convenzional-mente su una singola causa di morte, la cosiddetta “causa iniziale” la cui defi-nizione è sancita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) comesegue:1) “la malattia o il traumatismo che avvia il concatenamento degli eventi mor-bosi che conduce direttamente alla morte”, o 2) “l’insieme delle circostanze dell’accidente o della violenza che hanno pro-vocato la lesione traumatica mortale”.

L’individuazione e la codifica della causa primaria avviene quindi sullabase di opportuni criteri di decisione, in accordo con le regole di codifica for-

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nite dall’OMS, tenendo conto di tutte le informazioni demografiche e sanitarieriportate sulla scheda di morte.

Nel caso si tratti di una causa di morte violenta ed in particolare di un inci-dente stradale, accanto al codice causa iniziale, compreso nel settore XVII dellaClassificazione Internazionale delle Malattie ICD IX Revisione 1975“Traumatismi ed avvelenamenti” (codici ICD IX 800-999), viene aggiunto unsecondo codice, riferito al mezzo o modo con cui la lesione è stata causata,appartenente alla classificazione E della ICD IX e compreso nel gruppo E810-E819 riferito agli incidenti stradali da veicolo a motore.

Per i codici di questa categoria è prevista l’aggiunta di sottocategorie,rappresentate dalla quarta cifra dei codici ICD IX del gruppo E810-E819, uti-lizzate per specificare la persona coinvolta e deceduta nell’incidente, come adesempio conducente, passeggero, motociclista, pedone etc. .

E’ necessario sottolineare che i decessi per incidente stradale, rilevati tra-mite l’indagine Istat sulle cause di morte, sono comprensivi di tutti i casi veri-ficatisi anche se l’intervallo tra la lesione e la morte supera i 30 giorni. Il medi-co certificatore, infatti, è tenuto a descrivere il tipo di lesione e le modalità concui è stata provocata, anche se il decesso interviene in una fase successiva.

Per questa ragione come già anticipato, il numero dei decessi, rilevati tra-mite l’indagine sulle cause di morte, risulta più elevato rispetto a quello osser-vato con la rilevazione sugli incidenti stradali.

Le differenze nelle informazioni rilevate sono legate, presumibilmente,anche alle diverse finalità conoscitive delle due rilevazioni; mentre l’indaginesulle cause di morte, infatti, ha come obiettivo principale quello di raccogliereinformazioni demografiche, sociali e sanitarie sul singolo individuo, la rileva-zione sugli incidenti stradali accentra unicamente l’attenzione sull’evento inci-dente, in particolare sulla dinamica, sulla localizzazione e sulle condizionistradali.

In quest’ottica, risulta strategica l’integrazione tra le due fonti, per sfrut-tare al meglio la caratteristica di complementarietà che lega le due rilevazio-ni e per consentire una lettura unitaria ed esaustiva del fenomeno.

La rilevazione sui ricoveri:Il fenomeno delle dimissioni ospedaliere fino al 1994 era rilevato dall’Istat

mediante una “Indagine campionaria riferita ai dimessi dei primi sette giornidi ogni mese dell’anno”.

Dal 1995 è stata introdotta la “Scheda di Dimissione Ospedaliera” (SDO)per tutti i ricoveri effettuati dagli Istituti pubblici e privati.

La rilevazione è effettuata mediante la raccolta di dati, per il tramite delleRegioni, per ogni paziente dimesso, compresi i deceduti. La SDO, che costi-tuisce uno stralcio della cartella clinica, contiene informazioni sulle caratteri-stiche socio-demografiche dell’individuo e su diversi aspetti del ricovero.

La Scheda di dimissione ospedaliera costituisce sicuramente la base infor-mativa potenzialmente più ricca, attualmente disponibile a livello nazionale,sia per studi epidemiologici che per analisi di efficienza e di performance del

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sistema ospedaliero. L’informazione su traumatismi o intossicazioni viene fornita solo nel caso

in cui il ricovero sia causato da un trauma/incidente o di una intossicazioneed è una variabile per cui è prevista la compilazione facoltativa.

3. Prospettive

L’obiettivo prioritario perseguito dall’Istat è sicuramente il raggiungimen-to dell’ottimizzazione della qualità e dei tempi di diffusione dell’informazionestatistica. Tale traguardo può essere raggiunto soltanto attraverso un’azionecongiunta di tutti i protagonisti e le istituzioni coinvolte nel processo di pro-duzione dei dati.

Le direttive che l’Istat ha seguito per migliorare la qualità dell’informazio-ne statistica e favorire l’armonizzazione del dato diffuso sono molteplici e divaria natura. La maggior parte dei progetti, infatti, in cui l’Istat è stato coin-volto negli ultimi anni, ha come obiettivo strategico l’integrazione delle fontie l’innovazione dei processi. Questo obiettivo è perseguito anche attraverso leazioni di seguito elencate:• sviluppo di un sistemi informativi orientati alla diffusione tramite Web; • riorganizzazione dei flussi informativi di raccolta, controllo e registrazione

dei dati; • applicazione di sistemi di software automatizzati per il controllo e la corre-

zione dei dati elementari integrando le componenti deterministiche e pro-babilistiche;

• orientamento, laddove possibile, ad una totale informatizzazione della tra-smissione dei dati elementari;

• creazione di un sistema informativo integrato sull’incidentalità nel suo com-plesso, comprensivo di informazioni su Traumi, Incidenti e Violenze. La rea-lizzazione di tale sistema sarà possibile solo grazie allo sviluppo di sinergietra i diversi soggetti protagonisti.

Per quanto riguarda l’indagine sugli incidenti stradali è già operativo unGruppo di lavoro definito all’interno di un accordo quadro di collaborazione isti-tuito fra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Istituto Superiore diSanità, l’Automobile Club d’Italia e l’Istituto Nazionale di Statistica finalizza-to alla predisposizione di studi e ricerche per il miglioramento dell’informa-zione statistica nel settore dell’incidentalità stradale

4. Conclusioni

Negli ultimi anni l’obiettivo delle autorità competenti per la sicurezza stra-dale in Europa si è andato spostando dalla riduzione del “numero degli inci-denti” alla riduzione del “numero degli infortunati”; ciò, come già evidenzia-to, comporta la necessità di disporre di un maggior numero di informazioniestese anche alle conseguenze sanitarie degli incidenti in termini di costi e diimpegno.

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La rilevazione Istat-ACI costituisce la fonte di informazioni più ampia sulfenomeno e consente:• la verifica dell’efficacia di un provvedimento normativo (l’introduzione

delle cinture di sicurezza, nuovi limiti di velocità, ecc.);• l’individuazione tempestiva di “punti neri” della rete stradale in cui si è veri-

ficato un numero di incidenti particolarmente elevato, permette di prenderegli opportuni provvedimenti in tempi brevi.

• di evidenziare, sulla base di un’analisi delle differenze dei livelli e dellecaratteristiche degli incidenti stradali rilevati in aree geografiche diverse,gli elementi sui quali le autorità devono mirare i loro interventi.

La rilevazione, come già detto in precedenza, ha per oggetto, in accordocon la definizione internazionale, tutti gli incidenti che hanno provocato lesio-ni alle persone, escludendo pertanto quelli che hanno causato solo danni mate-riali. La scelta, effettuata in sede internazionale, di limitare il campo di osser-vazione ai soli incidenti con danni alle persone è stata fatta per concentraretutte le risorse sugli incidenti più gravi sia perchè questi comportano unamaggiore rilevanza sociale sia perchè, pur costituendo solo il 5% di tutti i sini-stri, comportano il maggior costo per la collettività.

La rilevazione attuale presenta diversi limiti: non è ancora sufficientementenoto il legame tra le tipologie di sinistro ed il tipo di traumatologia provocato.Le statistiche rilevano la dinamica dell’incidente, il tipo di veicoli, l’ambientestradale, ecc. ma non forniscono indicazioni sufficienti sugli infortunati, d’altraparte non è possibile per le autorità di polizia che intervengono sul luogo del-l’incidente raccogliere questo tipo di informazioni che sono di competenzadelle istituzioni sanitarie e sono disponibili solo in un periodo successivo.

I futuri sviluppi saranno quelli di collegare in modo sistematico le stati-stiche sugli incidenti stradali alle altre statistiche, una fra tutte quella suidimessi dagli ospedali e quella sulle cause di morte, anche sulla base di ope-razioni di record linkage o di matching statistico tra archivi.

Questi passaggi potranno consentire di sviluppare un primo approccio alcalcolo dei costi sociali dell’incidentalità. Come già osservato, infatti, in Italiagli enti istituzionali non effettuano ordinariamente una stima del costo socialedegli incidenti stradali, stima che è effettuata correntemente nella maggiorparte dei paesi europei. Questo ha provocato un proliferare di valutazioni piùo meno attendibili, con l’utilizzo di metodologie spesso scarsamente traspa-renti, effettuate da parte di molti enti e società private, ma le autorità pubbli-che non dispongono di informazioni sufficienti del costo reale degli incidenti,del loro impatto sul sistema sanitario nazionale, dei costi futuri derivanti daperdita di attività lavorativa, invalidità e da mancati guadagni.

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APPENDICE ALA RILEVAZIONE SUGLI INCIDENTI STRADALI

1. Il campo di osservazione, le unità di rilevazione e le principali definizioni

Il campo di osservazione è costituito dall’insieme degli incidenti stradali avvenutisul territorio nazionale nell’arco di un anno solare.

L’unità di rilevazione è il singolo incidente stradale.La rilevazione è riferita al momento in cui l’incidente si è verificato. E’ con riguardo a

tale momento, quindi, che di ciascuna unità vengono considerati i caratteri e le modalità,le cause o le circostanze determinanti, le conseguenze sia per le persone che per le cose.

Di seguito si riportano le principali definizioni utilizzate nell’indagine:• incidenti stradali: risultano quelli che si verificano in una strada aperta alla circolazione pubblica, in

seguito ai quali una o più persone sono rimaste ferite o uccise e nei quali almeno un vei-colo è rimasto implicato.

Prima del 1991 l’Istat rilevava tutti gli incidenti stradali, anche quelli che non neces-sariamente comportavano lesioni alle persone ma solo danno alle cose. La definizioneattuale di incidente stradale dà luogo ad un concetto più interessante sotto il profilo del-l’analisi, poiché restringendo il campo di osservazione ai soli incidenti che causanodanno alle persone si ottiene una lettura più corretta e mirata dei sinistri più gravi; inol-tre, permette di effettuare confronti internazionali.

• morti: le persone decedute sul colpo (entro le 24 ore) o quelle decedute dal 2° altrentesimo giorno, a partire da quello dell’incidente compreso.

Tale definizione, anch’essa conforme alle norme internazionali, si applica agli inci-denti stradali verificatisi a partire dal 1° gennaio 1999. Prima di tale data il periodo ditempo necessario per determinare il numero dei decessi era pari a sette giorni dalmomento dell’incidente.

• feriti: le persone che hanno subito lesioni al proprio corpo a seguito dell’incidente. Data la difficoltà di definire criteri obiettivi sul livello di gravità delle lesioni subite,

non si distingue tra feriti gravi o leggeri.

2. I modelli di rilevazione, i flussi e i soggetti coinvolti

La rilevazione, come accennato già sopra, viene effettuata mediante autocompila-zione del questionario cartaceo o informatizzato (modello Istat/CTT/INC).

Gli organi rilevatori (Polizia Stradale, Carabinieri e Polizia Municipale), a secondadel proprio grado di informatizzazione, trasmettono i dati elementari all’Istat inviandoi modelli compilati o i file già registrati su supporto magnetico (floppy disk o e-mail).

La qualità del dato statistico prodotto è fortemente legata al livello di collaborazio-ne dei rispondenti.

La rilevazione è eseguita con la collaborazione della Polizia Stradale, i Carabinieri ela Polizia Municipale preposti al controllo della circolazione e alla disciplina del traffico.

In particolare, la rilevazione viene effettuata tramite la compilazione del “rapportostatistico d’incidente stradale” (modello di rilevazione) da parte dell’autorità che è inter-venuta sul luogo del sinistro in cui è coinvolto almeno un veicolo in circolazione sullarete viaria. Tutti i modelli di rilevazione contenenti i dati elementari relativi agli inci-denti stradali vengono inviati all’Istat che provvede al loro controllo, all’elaborazione,all’analisi e alla diffusione delle statistiche prodotte.

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Principali caratteri rilevatiData e Località dell’incidente - Organo di rilevazione - Localizzazione dell’incidente:fuori dalla zona abitata o nell’abitato - Tipo di strada - Pavimentazione - Fondo strada-le - Segnaletica - Condizioni meteorologiche - Natura dell’incidente (scontro, fuoriscita,investimento…) - Tipo di veicoli coinvolti - Circostanze dell’incidente - Conseguenzedell’incidente alle persone e ai veicoli.

APPENDICE BL’INDAGINE SULLE CAUSE DI MORTE

1. Il campo di osservazione, le unità di rilevazione e le principali definizioni

Il campo di osservazione dell’indagine è costituito dall’insieme dei decessi verifica-tisi, sul territorio nazionale, nell’arco di un determinato periodo di riferimento (annosolare).

L’unità di rilevazione ed analisi è rappresentata dal singolo individuo deceduto.Accanto ai codici della Classificazione Internazionale delle malattie rivestono un

ruolo molto importante anche le definizioni delle entità che entrano in gioco sia nellafase di certificazione che nella fase di codifica. Riportiamo qui di seguito alcune impor-tanti definizioni utilizzate nell’indagine nel caso di decesso per incidente stradale :

• accidente stradale da veicolo a motore: è ogni accidente da veicolo a motore chesi verifica sulla pubblica via (ad es. che origina, termina o coinvolge un veicolo parzial-mente sulla pubblica via). Si presume che un accidente da veicolo a motore abbia luogosulla pubblica via, a meno che non sia specificato un posto diverso. Fanno eccezione icasi di accidenti che coinvolgono solamente i veicoli a motore “fuori strada”, classifica-ti come accidenti non stradali, a meno che non sia dichiarato il contrario.

• via pubblica (via di traffico o strada): è l’intera estensione di ogni via o piazzacompresa fra i limiti di proprietà (o di altre linee di demarcazione), di cui una parte siaaperta al pubblico per la circolazione dei veicoli sia per il diritto che per consuetudine.

• carreggiata: è quella parte della via pubblica progettata, costruita e ordinariamen-te utilizzata per la circolazione dei veicoli.

• veicolo a motore: è ogni mezzo mosso meccanicamente o elettricamente, non cir-colante su rotaie, su cui possono essere trasportate persone o cose sulla pubblica via. Ognioggetto trainato da un veicolo a motore, come un rimorchio, un carrello, una slitta, unvagone è considerato parte del veicolo a motore.

2. I modelli di rilevazione, i flussi , i soggetti coinvolti e la codifica delle cause di morte

2.1 I modelli di rilevazione

L’indagine sulle cause di morte” viene effettuata correntemente dall’ISTAT attraver-so l’utilizzo dei modelli ISTAT/D.4 (scheda di morte per maschio oltre il primo anno divita), ISTAT/D.5 (scheda di morte per femmina oltre il primo anno di vita), ISTAT/D.4bis (scheda di morte per maschio nel primo anno di vita), ISTAT/D.5 bis (scheda dimorte per femmina nel primo anno di vita). Su tali modelli vengono riportate le notizierelative al decesso fornite dal medico curante o necroscopo (Parte A della scheda dimorte) e le informazioni di carattere demografico e sociale (Parte B della scheda dimorte) a cura dell’ufficiale di Stato Civile.

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Le informazioni richieste nella Parte A della scheda di morte, a cura del medicosono:- provincia e comune di decesso;- descrizione della lesione;- malattie o complicazioni eventualmente sopravvenute a seguito della lesione;- stati morbosi preesistenti che hanno eventualmente contribuito al decesso;- mezzo o modo col quale la lesione è stata determinata- data dell’accidente (ora, gg/mm/aaaa)- intervallo tra l’azione violenta e la morte - luogo dell’accidente.

Le principali variabili di natura demografica e sociale (Parte B) rilevate sono:- località dell’evento - provincia e comune di decesso;- data di morte (giorno, mese, anno);- data di nascita (giorno, mese, anno);- località di nascita - comune e provincia o stato estero;- età compiuta (in anni se si tratta di un individuo oltre il 1° anno di vita, in ore, giornio mesi se si tratta di un decesso nel 1° anno di vita);- stato civile (se coniugato viene richiesto di specificare l’anno di nascita del coniugesuperstite e l’anno di matrimonio);- località di residenza - comune e provincia o stato estero;- grado di istruzione (nel caso di individui deceduti nel 1° anno di vita, l’informazionesi riferisce alla condizione dei genitori);- condizione professionale o non professionale, posizione nella professione e ramo diattività economica (nel caso di individui deceduti nel 1° anno di vita, l’informazione siriferisce alla condizione dei genitori);- cittadinanza (se straniera viene richiesto di indicare il codice cittadinanza straniera);- codice individuale del deceduto.

2.2 I flussi

Ogni anno, l’Istat provvede ad inviare le nuove edizioni dei modelli D4, D5, D4bis,D5bis agli Uffici Regionali e a tutti i comuni italiani (8100). Le aziende sanitarie locali (ASL),gli ospedali e i medici di famiglia devono rivolgersi, infatti, agli Uffici Comunali di compe-tenza o gli Uffici Regionali per effettuare il ritiro delle schede cartacee da compilare.

Dopo avere completato la parte sanitaria, il medico provvede ad inviare il modelloai comuni.

L’ufficiale di stato civile inserisce, nella parte A del modello, le informazioni demo-grafiche del deceduto.

Copia della scheda di morte (copia per la ASL) deve essere inviata entro trenta gior-ni, dal comune ove è avvenuto il decesso all’unità sanitaria locale nel cui territorio dettoComune è ricompreso. Qualora il deceduto fosse residente nel territorio di una unitàsanitaria locale diversa da quella ove è avvenuto il decesso, quest’ultima deve inviarecopia della scheda di morte all’unità sanitaria localedi residenza. Nel caso di comunicomprendenti più unità sanitarie locali, tali comunicazioni sono dirette a quella compe-tente. (Cfr. Art. 7 - Regolamento di Polizia Mortuaria D.P.R. n. 285 del 10 settembre1990). Una seconda copia viene inviata alla sede centrale dell’Istat di Roma, dopo esse-re passata per le Prefetture e gli Uffici Istat regionali , i quali sono tenuti ad effettuare unprimo controllo quantitativo del materiale pervenuto.

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2.3 I soggetti coinvolti

Il medico certificatore è tenuto a compilare tutti quesiti (Parte A dei modelli D.4,D.5, D.4bis, D.5bis) relativi alla causa di decesso presenti sulla scheda di morte ed in par-ticolare deve riportare la “causa iniziale” ossia la malattia che attraverso eventuali com-plicazioni o stati morbosi intermedi ha condotto al decesso, la “causa intermedia o com-plicazione” che include l’eventuale successione morbosa della malattia indicata al primoquesito, la “causa terminale” per la quale si intende la malattia o lo stato morboso cheha direttamente provocato il decesso e gli “altri stati morbosi rilevanti” tra i quali si con-siderano le malattie e gli stati morbosi che hanno contribuito al decesso. Nel caso in cuisi tratti di causa di morte violenta il medico dovrà anche indicare con esattezza la“descrizione della lesione”, “le malattie o complicazioni”, “gli stati morbosi preesisten-ti” ed il “mezzo o modo” col quale la lesione è stata determinata.

La compilazione della scheda termina con la data, la firma leggibile, sotto la dichia-razione che le notizie date in “scienza e coscienza” sono vere e con l’indicazione dellaqualifica, se curante o necroscopo, del medico certificatore.

La Parte B della scheda di morte contiene le informazioni a cura dell’Ufficiale diStato Civile riguardanti le notizie di natura demografica, sociale ed economica.

Accanto alle informazioni di tipo sanitario, riferite al processo morboso, il medicocertificatore è tenuto ad indicare anche la data dell’accidente (ora, gg/mm/aaaa), l’in-tervallo tra l’azione violenta e la morte, il luogo dell’accidente e l’intervallo di tempointercorso tra la lesione e la morte.

2.4 La codifica delle cause di morte

L’identificazione della causa iniziale ed il mezzo o modo di lesione viene effettuatasulla base delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le regolesu cui si basa la codifica sono fondate sulla nozione di causa iniziale, cioè lo stato mor-boso o il traumatismo che è all’origine del concatenamento che ha prodotto il decesso.Quando la causa è un traumatismo, la codifica è fatta tenendo conto delle cause esternedello stesso o della sua natura o di entrambi.

La classificazione supplementare delle cause esterne dei traumatismi ed avvelena-menti (codici E ICD9 Rev.1975) viene utilizzata per la codifica delle circostanze e dellecondizioni ambientali dei traumatismi stessi. Ogni qual volta si utilizza un codice dellaclassificazione supplementare si intende che esso sia adoperato in aggiunta ad un codi-ce del settore del Settore della ICD che indica la natura della causa morbosa.

APPENDICE CLA RILEVAZIONE SUI RICOVERI

1. Il campo di osservazione, le unità di rilevazione e principali definizioni

Il campo di osservazione della rilevazione è costituito dall’insieme dei dimessi dagliIstituti di ricovero pubblici e privati, in tutto il territorio nazionale, in un determinatoperiodo di riferimento (anno solare).

L’unità di rilevazione ed analisi è rappresentata dal singolo ricovero ospedaliero.Riportiamo qui di seguito alcune importanti definizioni utilizzate nella rilevazione

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sui ricoveri:• dimissione ospedaliera: tutti gli istituti di ricovero, pubblici e privati, inviano con

periodicità almeno trimestrale alla Regione o alla Provincia autonoma di appartenenzale informazioni contenute nelle schede di dimissione ospedaliere (D.M. n.180 26/07/’93)relative a tutti propri dimessi, con l’esclusione dei neonati sani ospitati nel nido;

• istituto di ricovero: si intende qualsiasi entità ospedaliera funzionalmente auto-noma, dipendente da una struttura pubblica o privata;

• regime di ricovero: il regime di ricovero si distingue tra ricovero “ordinario” e “inday-hospital”. Il ricovero in regime di day-hospital si differenzia da quello ordinariopoiché nel primo caso si tratta di ricovero programmato, limitato ad una sola parte dellagiornata e che non ricopre, quindi, l’intero arco delle 24 ore dal momento del ricovero.Tramite questo tipo di ricovero vengono fornite prestazioni multiprofessionali e/o plu-rispecialistiche, che necessitano di un tempo di esecuzione che si discosta in modo nettoda quello necessario per una normale prestazione ambulatoriale.

• diagnosi principale alla dimissione: la diagnosi principale di dimissione costi-tuisce la condizione morbosa principale trattata o presa in esame durante il ricovero,ovvero la condizione morbosa che nel corso del ricovero ha comportato importanti pro-blemi esistenziali e quindi ha assorbito la maggiore quantità di risorse in termini dia-gnostici e/o di trattamento;

• diagnosi concomitante o complicante: sono rappresentate dalle forme morboseche coesistono accanto alla malattia principale e che complicano quest’ultima. Fra que-ste diagnosi devono essere riportate anche le eventuali specificazioni alla diagnosi prin-cipale.

2. Le informazioni rilevate, i flussi , i soggetti coinvolti e la codifica delle cause di dimissione

2.1 Le informazioni rilevate tramite la SDO

Le informazioni disponibili sulla scheda di dimissione ospedaliera sono elencate nelDecreto Ministeriale del 26 Luglio 1993 (D.M. 26.7.93 – G.U. 3/08/1993 n.180) conte-nente le norme per la disciplina del flusso informativo sui dimessi dagli Istituti di rico-vero pubblici e privati.

Le variabili disponibili sulle SDO sono riferite a dati relativi al singolo paziente edal singolo ricovero.

I dati personali del paziente rilevati sono:Codice istituto, Numero della scheda, Sesso, Data di nascita, Comune di nascita,

Stato civile, Luogo di residenza, Cittadinanza, Regione di appartenenza, U.S.L. di iscri-zione.

Le informazioni relative al ricovero rilevate con la SDO sono:Regime di ricovero (ordinario o day-hospital), Data di ricovero, Onere della degen-

za, Tipo e Motivo di ricovero, Traumatismi o intossicazioni (rilevato solo per i ricovericon regime ordinario), Reparto e Area Funzionale di dimissione, Data di dimissione omorte, Modalità di dimissione, Riscontro autoptico, Sistema di codifica diagnosi, inter-venti e procedure, Diagnosi principale, Diagnosi concomitante o complicante (una prin-cipale e fino a tre secondarie), Data intervento chirurgico principale, Intervento chirur-gico (uno principale e fino a tre secondarie), Motivo ricovero day-hospital, Numero gior-nate day-hospital.

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2.2 I flussi

Tutti gli Istituti di ricovero, pubblici e privati, inviano con periodicità almeno tri-mestrale alla Regione o alla Provincia autonoma di appartenenza, le informazioni con-tenute nelle schede di dimissione ospedaliere relative a tutti i propri dimessi ad esclu-sione dei neonati sani ospitati nel nido (Cfr. D.M. 26/07/1993 - Art.2– punto 1).

2.3 I soggetti coinvolti

Il Direttore Sanitario provvede ad attivare sistemi di verifica della completezza, tempe-stività e qualità delle informazioni contenute nella scheda di dimissione ospedaliera (Cfr.D.M. 26/07/1993 - Art.2– punto 2).

Le Regioni e le Province autonome provvedono a raccogliere da tutti gli Istituti dicura presenti nel proprio territorio le informazioni, procedendo anche a verificarne laqualità ed infine le inviano trimestralmente al Dipartimento competente del Ministerodella Salute (Cfr. D.M. 26/07/1993 - Art.3).

2.4 La codifica delle cause di dimissione

La diagnosi principale e le diagnosi concomitanti o complicanti vengono codificatesulla base della Classificazione Internazionale delle Malattie ICD IX - CM (InternationalClassification of Diseases – Clinical Modification). Il sistema di codifica ICD-9-CM ver-sione italiana 1997 (edita dall’Istituto Poligrafico dello Stato) è comunque fortemente rac-comandato in ragione della sua maggior adeguatezza alle necessità descrittive cliniche edel più recente aggiornamento (Cfr. Rilevazione e trasmissione dei dati sui dimessi dagliIstituti pubblici e privati (Scheda di dimissione ospedaliera - SDO) .Regole essenziali di codificadelle variabili cliniche. Nota del Ministero della Salute dell’8/05/2000).

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Il contributo degli istituti di riabilitazione alla lotta degli esiti degli incidenti stradali*

Rita Formisano1, Umberto Bivona2 , Carlo Caltagirone1, Luigi Amadio1

1 IRCCS Fondazione Santa Lucia - Roma2 Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità

Il trauma cranico grave

Gli incidenti stradali rappresentano la principale causa di disabilità neigiovani, non soltanto per la notevole incidenza di traumi cranici, ma anche perla frequenza elevata di traumi midollari e di politraumatismi, talvolta cosìgravi da richiedere l’amputazione di uno o più arti.

Anche le ustioni multiple in caso di incidenti stradali possono determina-re una prolungata sindrome di immobilità, con esiti gravi non soltanto dalpunto di vista estetico, ma anche e soprattutto rispetto a patologie neuromu-scolari periferiche e articolari, evitabili soltanto con un precoce e prolungatointervento riabilitativo.

Proprio in relazione agli incidenti della strada, va sottolineato che in ter-mini sociosanitari ed economici, essi rappresentano uno dei principali proble-mi a livello mondiale. Nei Paesi industrializzati, in particolare, i traumi daincidente stradale costituiscono generalmente la prima causa di morte in sog-getti di età inferiore ai 40 anni; nei Paesi in via di sviluppo, invece, dove solo iceti economicamente più avvantaggiati possono disporre di un autoveicolo,essi costituiscono una delle principali cause di morte per i soggetti particolar-mente qualificati (laureati, tecnici, ecc.).

Ma la mortalità provocata dagli incidenti della strada non è che uno deimolti aspetti da considerare: il peso sociosanitario della morbosità e dell’inva-lidità associate a questi eventi, infatti, è altrettanto rilevante e legato, tra l’al-tro, a traumi cranici che potevano essere evitati. In linea generale, sulla basedei dati più recenti possiamo dire che circa la metà dei traumi cranici è secon-daria ad incidenti stradali e che circa la metà di questi potrebbe essere evita-

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* Il presente lavoro è stato elaborato nell’ambito dell’Accordo Quadro traIstituto Superiore di Sanità e IRCCS Fondazione Santa Lucia sui temi dellasicurezza. Il lavoro, peraltro, rientra nell’ambito del Progetto DATIS (AccordoQuadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sui problemi della sicurezza stradale).

ta mediante il costante e generalizzato utilizzo del casco e delle cinture disicurezza, fatto che contribuirebbe, peraltro, anche a ridurre la gravità cheattualmente si osserva per questi traumi.

Purtroppo, le proiezioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)sull’evoluzione dei problemi sanitari nei primi decenni degli anni 2000, sonopessimistiche sia in termini di dimensioni che di costi. Nei Paesi in via di svi-luppo, ad esempio, si prevede che gli incidenti stradali passino, in termini dicausa rilevante per la salute pubblica, dall’undicesimo al secondo posto. IPaesi industrializzati sarebbero invece in controtendenza, in considerazionedelle azioni di prevenzione già attuate o programmate.

La riduzione della mortalità per incidenti stradali, quindi, è ormai consi-derata un obiettivo primario sia dall’OMS che dall’Unione Europea. In Italia,in particolare, questo obiettivo è stato recentemente inserito anche nel PianoSanitario Nazionale.

È quindi evidente l’interesse sociale, non soltanto della prevenzione, maanche dell’ottimizzazione nell’assistenza al traumatizzato cranico attraversopercorsi clinici individualizzati.

Questo punto di vista è esplicitamente riportato negli Indirizzi generali elinee guida di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale(Ministero dei Lavori Pubblici, Marzo 2000), nell’ambito del capitolo su“L’azione sanitaria”, che contiene particolari raccomandazioni sia per la razio-nalizzazione della riabilitazione (punto 3.4.4.3), sia per quanto riguarda i pro-tocolli per il trattamento dei traumi (punto 3.4.4.4).

Proprio in questo senso il presente lavoro, sviluppato in parte nell’ambitodel rapporto di collaborazione tra l’Istituto di Ricovero e Cura a CarattereScientifico (IRCCS) Fondazione Santa Lucia e l’Istituto Superiore di Sanità(ISS), all’interno del progetto DATIS (Dati Incidenti Stradali, progetto asse-gnato all’ISS dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e da questi finan-ziato), si pone anche come contributo alle attività segnalate come prioritarienegli Indirizzi generali e linee guida di attuazione del Piano Nazionale dellaSicurezza Stradale (Formisano 2001).

La riabilitazione rappresenta la principale risorsa in grado di riequilibrarel’asse definito dall’ultima classificazione ICIDH-2: Menomazioni - Limitazioninelle Attività - Riduzione nella Partecipazione Sociale, a favore di un incre-mento dell’autonomia funzionale e recupero di un ruolo attivo nella società.

Una precoce accoglienza dei pazienti con esiti di trauma cranico grave inospedali di riabilitazione qualificati consente infatti di incrementare in termi-ni quantitativi e qualitativi il reinserimento sociale di soggetti ancora in fasciadi età produttiva e con maggiore speranza di vita. Il progetto riabilitativo ècentrato non soltanto sul recupero neuromotorio, ma si estende alla riabilita-zione dei disturbi cognitivo-comportamentali, spesso causa di una mancatareintegrazione sociale. In particolare, l’estensione del percorso riabilitativo alreinserimento scolastico per i soggetti in età scolare, e alla riqualificazionelavorativa nella fascia di età produttiva, consente il recupero di un numerosempre maggiore di soggetti, che in precedenza erano destinati alla dipenden-

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za e all’assistenza di altri.Questo processo vuole potenziare l’investimento di risorse umane ed eco-

nomiche verso una politica sociale non più assistenziale ma mirata al recupe-ro della dignità individuale, intesa in termini di autonomia e capacità produt-tiva, quando possibili.

Unità riabilitative specifiche per l’accoglienza di pazienti con traumi crani-ci gravi e coma prolungato, definite come Unità per Gravi Cerebro-LesioniAcquisite (UGCLA) rappresentano quindi una necessità irrinunciabile perconsentire l’avvio di un processo riabilitativo quanto mai complesso e multi-disciplinare.

I traumatizzati cranici gravi sono infatti generalmente soggetti giovani, dai15 ai 35 anni, con necessità assistenziali di tipo intensivo per la presenza di can-nula tracheostomica per la respirazione e di sondino naso-gastrico o PEG (per-cutaneous endoscopic gastrostomy) per l’alimentazione enterale. Oltre ai gravideficit neuromotori in fase di risveglio dal coma, i pazienti presentano disturbidella deglutizione, della parola, delle funzioni cognitive e del comportamento,talvolta associati anche a deficit sensoriali, visivi e uditivi in particolare.

Il trauma cranico, inoltre, non coinvolge solo la persona colpita ma l’interafamiglia, che necessita di uno specifico e continuo supporto informativo e psi-cologico, dalla fase acuta a quella riabilitativa, fino al reinserimento familiaree sociale.

Ruolo specifico dell’ospedale di riabilitazione è quindi quello di consenti-re, in primo luogo, un recupero sempre maggiore di traumatizzati cranici alritorno in famiglia piuttosto che all’istituzionalizzazione. Nei casi ad evolu-zione favorevole, l’obiettivo riabilitativo è invece quello del recupero dell’au-tonomia nelle attività della vita quotidiana e quando possibile del reinseri-mento scolastico-lavorativo e sociale più in generale.

La programmazione sanitaria ha mostrato finora uno sbilanciamento dellerisorse economiche a favore della fase acuta di diagnosi e cura, trascurando laparte fondamentale della prevenzione e della riabilitazione.

Il trattamento riabilitativo, tra l’altro, riveste un ruolo attivo e di primopiano nella prevenzione secondaria, contribuendo a ridurre il rischio di incor-rere in nuovi incidenti domestici e/o stradali e quindi in nuovi traumatismi.Infatti, nel caso di soggetti che in seguito a grave trauma cranico presentinoesiti di tipo cognitivo-comportamentale, è nota l’aumentata frequenza di inci-denti stradali, verosimilmente secondaria ad una riabilitazione cognitiva nonspecificamente mirata al recupero di un’abilità complessa come quella dellaguida di un’automobile (Formisano 2001).

Il trauma midollare

La paraplegia e la tetraplegia rappresentano gli esiti neutomotori più gravidi lesioni midollari traumatiche, frequentemente associati a disturbi del con-trollo degli sfinteri e delle funzioni sessuali. A seconda del livello della lesionepossono essere associati disturbi della respirazione e, nel caso di prolungata

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immobilità, si può verificare una sindrome da allettamento con rischio di ulce-re da decubito, atrofia muscolare ed anchilosi a livello delle principali artico-lazioni.

Come incidenza del fenomeno in Italia, stime relative agli anni ‘80 riporta-no circa 15 paraplegici traumatici/anno/milione di abitanti (Castellano, 1987,in Santilli e Castellano, 1994), per un totale di circa 800-900 nuovi casi per anno(Caroli, 1994). Rispetto alla prevalenza, invece, in Italia si stimano 700 casi permilione di abitanti, per un totale di circa 40.000 casi (Caroli, 1994).

L’intervento riabilitativo precoce e specifico è in genere in grado di preve-nire le complicanze della sindrome da prolungata immobilità e di promuove-re il recupero neuromotorio, della funzione respiratoria, quando compromes-sa, e del controllo degli sfinteri e dell’attività sessuale.

Oltre alla riabilitazione neuromotoria tradizionale e alla idrochinesitera-pia, sono attualmente in uso nuovi approcci riabilitativi che prevedono l’au-silio di tapis roulant (“treadmill”) con sistemi di supporto del paziente (imbra-catura mediante sollevatori speciali) e specifiche ortesi che facilitano la riabili-tazione del cammino (Reciprocating Gait Orthosis - RGO).

Il controllo della spasticità, che spesso rallenta e compromette il recuperodella funzione motoria, è inoltre ricercato non soltanto mediante il trattamen-to riabilitativo e farmacologico, ma anche attraverso metodiche più recenti,quali l’infiltrazione locale dei muscoli ipertonici con la tossina botulinica, o,nei casi estremi, l’impianto neurochirurgico di dispositivi che rilasciano lenta-mente e in maniera controllata, a livello intratecale, farmaci antispastici qualiil baclofen.

La terapia occupazionale rappresenta una fase successiva del programmariabilitativo, con l’obiettivo di recuperare in primo luogo l’autonomia neglispostamenti (letto-carrozzina, quando necessaria), nelle attività della vita quo-tidiana, fino al recupero della capacità di guida dell’automobile. Per la pro-gressione di un progetto riabilitativo così complesso, in soggetti prevalente-mente giovani e con funzioni cognitive integre, il supporto psicologico puòessere necessario dalla fase acuta fino a quella del reinserimento sociale, persostenere la motivazione del paziente e le potenzialità di recupero, ma soprat-tutto prevenire sindromi depressive reattive.

I Politraumatismi

Pur in assenza di trauma cranico i politraumatismi gravi possono richie-dere ugualmente tempi lunghi di riabilitazione.

Fratture multiple, talvolta esposte, necessitano infatti di interventi com-plessi di chirurgia ortopedica con inevitabili periodi di immobilità e rischio dicompromissione dell’articolarità a livello delle principali articolazioni e dilesioni neuromuscolari periferiche associate. Anche patologie ortopediche noncorrettamente trattate dal punto di vista riabilitativo possono quindi esitare inlimitazioni funzionali importanti fino alla compromissione di un reinserimen-to sociale soddisfacente.

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Tra gli esiti estremi dei politraumatismi gravi, l’amputazione di uno o piùarti rappresenta un’evenienza drammatica soprattutto per soggetti giovani,con più lunga speranza di vita e nella fascia di età più produttiva.

Una riabilitazione precoce e prolungata di rinforzo muscolare e di poten-ziamento delle abilità motorie residue consente l’adattamento e l’addestra-mento a protesi individualizzate di arti che possono consentire un recuperocompleto della partecipazione sociale dei soggetti riabilitati. Il trattamentoriabilitativo di soggetti amputati richiede comunque un’equipe altamente spe-cializzata e con esperienza specifica soprattutto nella scelta e preparazionedella protesi prima provvisoria e poi definitiva. La fase finale riguarda l’ad-destramento all’uso della protesi in autonomia. Questa fase prevede un inter-vento specifico di terapia occupazionale, che consente al soggetto riabilitato digeneralizzare le tecniche apprese nella vita di tutti i giorni. Il rischio maggioredi una riabilitazione che non miri al raggiungimento di obiettivi ecologici èinfatti quello verificato in molti studi epidemiologici di follow-up dello scarsoutilizzo delle protesi prescritte durante il corso della riabilitazione, con intui-bili conseguenze sulle possibilità di autonomia del soggetto.

Programmazione sanitaria

Nell’ottica di una programmazione sanitaria che mira al contenimentodella spesa pubblica, una svolta decisiva può essere rappresentata da una piùilluminata distribuzione delle risorse economiche a vantaggio della preven-zione e della riabilitazione.

Di fronte all’esubero dell’ospedalità che si occupa della fase acuta di dia-gnosi e cura, ancora troppo poco viene fatto a livello di informazione per pre-venire lo sviluppo di patologie così gravemente disabilitanti, come quelle pro-vocate dagli incidenti domestici e stradali.

Ancora poco viene fatto nella promozione di ricerche epidemiologiche conl’obiettivo di censire la reale entità delle patologie traumatiche più disabilitan-ti, come ad esempio il trauma cranico grave. Se infatti le iniziative e la spintacostruttiva delle Associazioni dei Paraplegici ha consentito il raggiungimentodello sviluppo di un numero adeguato di Unità Spinali, meno è stato ottenutoper la disponibilità di Centri di riabilitazione per i gravi cerebrolesi traumaticie ad altra eziologia. Le Unità per Gravi Cerebrolesioni Acquisite (UGCLA) defi-nite in alcune Regioni come Centri o Unità di Risveglio, non coprono infatti lenumerose esigenze delle Terapie Intensive e Neurochirurgie, che con il miglio-ramento delle tecniche di intervento della fase acuta, consentono sempre unamaggiore sopravvivenza di soggetti con gravi cerebrolesioni, disabilità neuro-motorie e neuropsicologiche ed esigenze riabilitative specifiche e complesse.

La carenza di tali strutture associata alla quasi totale assenza di serviziriabilitativi territoriali determina la compromissione di un continuum riabili-tativo, che rappresenta l’unica vera possibilità di recupero di una vita socialedignitosa per soggetti generalmente giovani già gravemente discriminati dallapatologia traumatica.

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BIBLIOGRAFIA

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Ruolo, programma, obiettivi della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale*

Mario Sai

Presidente della Commissione VI del CNEL e coordinatore della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale

1. La necessità di affiancare all’azione “istituzionale” un ampio e diretto coin-volgimento di altri soggetti non esprime solo una generica istanza di parteci-pazione al Piano ma deriva da ragioni profonde, connesse alla natura stessadel Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, così come viene esplicitato chia-ramente nel documento “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”, appro-vato dai Ministri competenti in materia di sicurezza stradale e dallaConferenza Stato, Regioni e Autonomie locali: “... il raggiungimento degli obiet-tivi di riduzione del numero delle vittime degli incidenti stradali si basa da un lato sul-l’efficacia delle linee di azione e degli interventi attuati dai diversi settori e livellidell’Amministrazioni pubblica e dall’altro sulla concreta e attiva adesione al Piano daparte di numerose strutture e organismi esterni alla pubblica amministrazione: il siste-ma delle rappresentanze sociali, il sistema delle imprese, le associazioni di cittadini, gliutenti della strada.”1

La “Relazione al Parlamento sullo Stato della Sicurezza Stradale” ha infatti rive-lato come gli incidenti stradali siano determinati da un’ampia gamma di fat-tori, molti dei quali non sono governabili direttamente o completamente dauna o più Amministrazioni. Infatti, gli organismi ai quali è affidata la sicurez-za stradale possono creare i presupposti, le condizioni di base, per una mobi-lità sicura ma per conseguire un rilevante e stabile miglioramento dei livelli disicurezza stradale è necessario anche il concorso attivo di altri soggetti.

In alcuni casi, un’attenta pianificazione degli orari consente di ridurre ilivelli di congestione e, soprattutto, di governare meglio le interazioni tra idiversi tipi di traffico; in altri casi, il rafforzamento del trasporto collettivo (sugomma o su ferro) ottenuto con il consenso delle imprese locali e delle rap-presentanze dei lavoratori consente di spostare quote rilevanti di traffico suvettori che presentano livelli di sicurezza molto più elevati del trasporto indi-

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* Il presente testo è stato rielaborato a partire dall’intervento del ConsigliereMario Sai all’insediamento della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradalee alla luce del lavoro svolto nei mesi successivi.

viduale. Più in generale, la collaborazione degli utenti della strada si riveladecisiva ai fini del conseguimento di una sostanziale e stabile riduzione dellevittime e dei costi determinati dagli incidenti stradali.

Infine, nel processo di formazione del Piano, risulta di vitale importanza lacapacità di acquisire informazioni complete e dirette sulle esigenze di mobili-tà e di sicurezza stradale espresse dalle diverse tipologie di utenti della strada.

Appare evidente che un Piano tradizionale, elaborato a tavolino da ungruppo ristretto di tecnici, rischia di non tener conto di esigenze e proposte diintervento provenienti dal sistema delle imprese e delle parti sociali, da un latoe, dall’altro, rischia di poter contare su una gamma di contributi e azioni benpiù limitata di quella necessaria per una riduzione delle vittime degli inciden-ti stradali e dei connessi costi sociali ed economici in linea con gli obiettivieuropei e nazionali.

2. L’esigenza di conoscere direttamente i bisogni delle diverse tipologie diutenti e di coinvolgere soggetti di diversa natura nell’attuazione delle misureper migliorare la sicurezza stradale è percepita in modo assai chiaro dallamaggior parte dei Paesi dell’Unione europea.

In molti Paesi viene favorita, infatti, la costituzione, di appositi organismicon l’obiettivo di raccogliere le istanze delle diverse tipologie di soggetti coin-volti e di promuovere la definizione di forme di collaborazione e partenariatoefficaci e coerenti con gli indirizzi e le finalità generali della politica di sicu-rezza stradale adottata.

In Svezia, ad esempio, la NTF (Società Nazionale per la Sicurezza Stradale)raccoglie 24 contee, 2 città e circa 70 organizzazioni nazionali con lo scopo disensibilizzare il sistema delle imprese, le Amministrazioni pubbliche, le rap-presentanze sociali sui temi della sicurezza stradale e di favorire la definizionee l’attuazione di iniziative e interventi che si possano ricondurre al “ProgrammaNazionale per la Sicurezza Stradale” o che possano arricchirne i contenuti.

In Danimarca è attivo fin dal 1935 il DRSF (Consiglio danese per laSicurezza Stradale), associazione privata che raccoglie circa 40 organismi e hacome obiettivo principale quello di promuovere la sicurezza stradale attraver-so azioni di informazione e sensibilizzazione.

Altrove, le funzioni di sensibilizzazione, consultazione, promozione diforme di collaborazione e partenariato sono sviluppate direttamente dagliorganismi governativi. É il caso dello IBSR (Istituto Belga per la SicurezzaStradale), del CNSR (Consiglio Nazionale della Sicurezza Stradale) delPortogallo, istituito nel 1997, del Comitato Interministeriale per la SicurezzaStradale francese. In altri Paesi ancora le funzioni di sensibilizzazione e d’in-centivazione alla collaborazione e al partenariato sono distribuite tra soggettidi diversa natura.

Al di là delle differenze formali, tutti questi organismi si muovono all’in-terno degli obiettivi generali e delle linee guida degli strumenti di pianifica-zione e programmazione dedicati al miglioramento della sicurezza stradale;

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agiscono in stretta collaborazione con gli organismi governativi che svolgonotali funzioni e attuano gli interventi necessari; sono affiancati da organismi tec-nici che svolgono la duplice funzione di supporto alla definizione di accordi elinee di intervento e di verifica dei risultati raggiunti.

In altri termini, quasi tutti i Paesi dell’Unione europea si sono dotati, informa più o meno compiuta, di uno “strumento” attraverso il quale il Governocentrale, da un lato, può verificare la propria politica della sicurezza stradalealla luce delle esigenze rappresentate dalle diverse componenti del mondoproduttivo e delle parti sociali e, dall’altro, può esercitare una funzione di indi-rizzo e coordinamento, incentivando interventi e forme di collaborazionecoerenti con gli obiettivi adottati.

La differenza, rispetto alle sedi tradizionali di rappresentazione di istanzesettoriali, consiste nel fatto che tali organismi non si limitano a registrare pas-sivamente esigenze e obiettivi dei diversi soggetti, ma tendono a promuovere- attraverso forme organizzate di analisi, confronto e proposta – un sistema diinterventi per il miglioramento della sicurezza stradale pienamente coerentecon gli obiettivi e le priorità delle politiche di sicurezza stradale.

Lo stato attuale delle conoscenze non consente di avere dati certi sul gradodi efficacia di tali organismi rispetto agli obiettivi dichiarati, ciò nonostanteappare chiaro che i Paesi che sono riusciti a coinvolgere maggiormente orga-nismi pubblici e privati nel processo di definizione e attuazione delle misureper migliorare la sicurezza stradale sono anche quelli che attualmente regi-strano i più bassi tassi di mortalità per incidenti e la più soddisfacente evolu-zione della sicurezza stradale.

3. In Italia, la prima proposta in questo senso viene nel marzo del 1999 con“Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”, dove si legge di un organismo“... che favorisca, incentivi e organizzi la partecipazione all’attuazione del Piano daparte delle associazioni di categoria, del sistema delle imprese, delle parti sociali, deicittadini.”2

Quasi due anni dopo, il 21 gennaio 2001, il Ministero dei Lavori Pubblici eil CNEL sottoscrivevano un accordo per la costituzione della “ConsultaNazionale per la Sicurezza Stradale” allo scopo di promuovere: la conoscenzadella “Relazione al Parlamento sullo Stato della Sicurezza Stradale”, del “PianoNazionale della Sicurezza Stradale” e dei “Programmi Annuali di Attuazione”; lapartecipazione delle parti sociali e delle rappresentanze dei cittadini, delleRegioni e del sistema delle Amministrazioni locali, alla definizione e all’attua-zione coordinata del “Piano nazionale della Sicurezza Stradale” e dei connessi“Programmi Annuali di Attuazione”, attraverso la promozione di forme di par-tenariato pubblico-privato; la valutazione dei risultati conseguiti e la formula-zione di indirizzi e orientamenti sui provvedimenti da adottare per migliora-re l’efficacia del Piano.

Il programma che la Consulta si è data fin dal suo insediamento il 4 luglio2001 può essere ricondotto a quattro tipologie di attività:- promuovere e partecipare a iniziative mirate a favorire la più ampia infor-

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mazione e sensibilizzazione sugli obiettivi e sugli interventi del “PianoNazionale della Sicurezza Stradale”;- organizzare seminari allo scopo di elaborare proposte di interventi e di lineedi azione da inserire nel “Piano Nazionale della Sicurezza Stradale”;- incentivare la formazione di accordi, intese e forme di partenariato per la rea-lizzazione di interventi;- organizzare conferenze di valutazione sullo stato di attuazione del Piano esui risultati progressivamente conseguiti in materia di sicurezza stradale edelaborare un rapporto da inserire nelle prossime edizioni della “Relazione alParlamento sullo Stato della Sicurezza Stradale”.

La Consulta, nella seduta di insediamento, ha deciso di promuovere losviluppo di tali attività, e in particolare dell’ elaborazione di proposte di inter-vento, attraverso la costituzione in gruppi di lavoro tematici così essere piùefficace e tempestiva nell’avanzare proposte operative. I quattro gruppi, chehanno lavorato in questi mesi e hanno predisposto i materiali3 per il PianoNazionale – approvato in questi giorni – sono: “Gli infortuni stradali sul lavo-ro e per lavoro e il sistema assicurativo”; “la mobilità in area urbana e il tra-sporto pubblico locale”; ”Il sistema infrastrutturale extraurbano e il governodella circolazione”; “L’autotrasporto, la logistica, il parco veicoli e le nuove tec-nologie.

Attraverso l’elaborazione di questi quattro gruppi si è giunti nel mese difebbraio di quest’anno a predisporre un documento, condiviso da tutte leorganizzazioni presenti nella Consulta, da proporre al Ministero delle infra-strutture e dei trasporti al fine di un arricchimento del Piano annuale.

I contenuti del Documento “Otto proposte per il piano nazionale dellasicurezza stradale” sono stati in gran parte recepiti nel Piano stesso e riguar-dano, come recita lo stesso titolo, otto importanti argomenti sui quali laConsulta ha discusso e ragionato giungendo a formulare una serie di indica-zioni condivise da tutti i soggetti coinvolti.

Primo fra tutti è proprio la costruzione di una cultura della sicurezza stra-dale, come strumento indispensabile alla predisposizione di un contesto favo-revole allo sviluppo di un processo sistematico di miglioramento della sicu-rezza stradale. Seguono, nell’ordine: la messa in sicurezza delle reti stradali edei sistemi della mobilità, la cui analisi intende individuare azioni mirate arimuovere e/o ridurre i fattori di rischio che determinano situazioni di eleva-ta incidentalità; il miglioramento della qualità e della manutenzione della rete;il sistema assicurativo; il parco veicoli; l’incidentalità sul e per il lavoro; il tra-sporto e la distribuzione delle merci; il piano delle aree di sosta per il traspor-to merci.

Come appare evidente, l’attenzione della Consulta si è concentrata su quel-le aree problematiche e su quelle linee di azione che per essere sviluppate inmodo compiuto richiedono la collaborazione e il partenariato tra diversi sog-getti, ognuno dei quali potenzialmente interessato alle ricadute sociali, econo-miche, di immagine, etc. del miglioramento della sicurezza stradale.

In questa logica il principio base al quale si sono ispirati i lavori per la defi-

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nizione delle ipotesi di partenariato è che ogni partecipante possa sottoscrive-re accordi impegnativi che, a loro volta, stabiliscano con chiarezza le misure ele azioni da realizzare, gli oneri da sostenere, il modo in cui tali oneri vengonoripartiti tra i soggetti che partecipano all’accordo, le ricadute e i benefici deri-vanti dall’attuazione delle misure e degli interventi previsti; il tutto, in condi-zioni di trasparenza tali da consentire la verifica dei risultati conseguiti.

NOTE

1 “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”, Cap. 4.1, Le strutture del Piani, Par. 4.1.2, Consultasulla Sicurezza Stradale.2 “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”, Cap. 4.1, Le strutture del Piani, Par. 4.1.2, Consultasulla Sicurezza Stradale.3 “Otto proposte per il piano nazionale della sicurezza stradale” dicembre 2001.

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Sicurezza stradale e politiche di tutela della salute: i piani sanitari regionali

Giancarlo Dosi & Franco Taggi

Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità

Il sistema delle autonomie locali nel Piano nazionale della sicurezza stradale

Il problema della sicurezza della circolazione stradale costituisce - per leconseguenze che vi sono associate in termini di mortalità, morbosità ed inva-lidità1 - una questione di particolare emergenza per il nostro Paese, che su que-sto terreno deve recuperare con forza incertezze e ritardi non ancora comple-tamente superati.

Questa consapevolezza, che negli ultimi anni è andata diffondendosi instrati sempre più ampi dell’opinione pubblica, si è riflessa positivamenteanche nelle politiche complessive di contrasto dell’incidentalità stradale, chehanno visto col tempo il concorso univoco di tutte le diverse componentichiamate in causa. In questa direzione, il Piano Nazionale della SicurezzaStradale 2001-2010, definito con la collaborazione di molteplici attori istituzio-nali2, si pone come uno spartiacque per certi versi storico nella cultura dellasicurezza stradale del nostro Paese, rappresentando contemporaneamenteuna cartina di tornasole per verificare l’effettiva maturità del sistema rispettoagli obiettivi proposti.

Il Piano - facendo proprie le indicazioni che provengono dall’UnioneEuropea3 - è teso a ridurre in Italia di almeno il 40% entro il 2010 gli indici dimortalità e di grave morbosità conseguenti agli incidenti stradali. Si tratta diun traguardo non facile da raggiungere4 che tuttavia deve rappresentare unpunto di riferimento per la scelta degli interventi da realizzare, consentendoanche di valutare in itinere l’efficacia delle azioni intraprese.

Il Piano disegna una strategia di contrasto del fenomeno dell’incidentalitàstradale a due livelli: da una parte individua gli obiettivi a medio e lungo termi-ne che dovranno guidare la strategia di governo della sicurezza stradale per iprossimi anni, e quindi improntare l’azione di tutti i soggetti che vi sono coin-volti, dall’altra indica alcune azioni prioritarie che, nell’immediato, possonoavere un impatto positivo in termini di riduzione del numero e delle conse-guenze degli incidenti stradali. Le azioni sono concentrate soprattutto in cin-

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que aree: le tratte extraurbane a massimo rischio, le zone urbane ad elevataincidentalità, gli utenti più deboli, i comportamenti di guida ad elevato rischioe la gestione dei limiti di velocità. Gli interventi proposti sono consideratianche particolarmente efficaci in relazione alle risorse impiegate, cioè caratte-rizzati da un elevato rapporto tra risultati attesi e investimenti necessari perraggiungerli5.

I criteri fondamentali che hanno guidato l’individuazione delle priorità daaffrontare nel primo biennio di applicazione del Piano - tenendo anche contodella loro fattibilità in tempi adeguati alla gravità del problema - sono soprat-tutto due. In primo luogo vi è l’entità del danno sociale determinato dalle diver-se tipologie di incidenti stradali, in modo da concentrarsi su quelle azioni chehanno la massima ricaduta in termini di contenimento degli effetti dell’inci-dentalità. Le misure previste sono quindi direttamente mirate a rimuovere ocomunque a ridurre situazioni di rischio particolarmente diffuse, i cui effetti,da un punto di vista dei costi sociali, si rivelano particolarmente pesanti per lacollettività. Il secondo criterio che ha determinato la scelta delle iniziative damettere in campo è la loro sostenibilità a livello locale, cioè il potenziale che vi èincorporato in termini di capacità di contrasto del fenomeno dell’incidentalitàstradale da parte delle amministrazioni locali. Coerentemente con l’evolversidel nostro ordinamento, il Piano tende in questa direzione a valorizzare inmodo particolare il ruolo che gli enti locali possono esercitare anche sul terre-no della sicurezza stradale.

Proprio il sistema delle autonomie locali rappresenta, da molti punti di vista, lavera chiave di volta delle possibilità di successo del Piano. Soltanto infatti se lepriorità e gli obiettivi individuati saranno pienamente assunti dalle amministra-zioni locali, e in primo luogo dalle regioni, trasformandosi in una cornice diprincìpi e di vincoli condivisi, e in programmi e linee di azione adeguati, saràpossibile affrontare con efficacia una situazione che presenta ancora caratteri diacuta gravità in molte aree del nostro Paese. In effetti il processo di transizionein atto dal regionalismo al federalismo rinvia non ad un semplice decentramen-to di competenze ma ad un modello costituzionale completamente rinnovatoche pone al centro dell’intero sistema statuale il principio di sussidiarietà, ele-vando gli enti locali (i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni)ad elementi costitutivi della Repubblica e chiamandoli ad esercitare tutta la pie-nezza della loro sovranità.

Il processo di riforma del sistema sanitario

Il ruolo fondamentale che gli enti locali possono svolgere nella direzioneauspicata dal Piano consente di cogliere in una nuova e più ampia prospettivaanche il contributo che il sistema sanitario può offrire al miglioramento deilivelli di sicurezza stradale nel nostro Paese.

Il processo di riforma che ha interessato il nostro ordinamento negli ultimianni - sancito nel 2001 con le modifiche al titolo V della Costituzione6 - ha por-tato infatti all’affermazione di una piena potestà delle regioni anche in ordine

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alla definizione delle politiche di salute e delle modalità di funzionamento delservizio sanitario, sia per quanto riguarda gli aspetti organizzativi che finan-ziari, riconoscendo e sottolineando più volte la funzione insostituibile digoverno che gli enti locali devono poter svolgere anche sul versante delle poli-tiche di tutela della salute.

Il nuovo sistema sanitario uscito dal processo di riforma7 si pone dunque nonpiù come un complesso di funzioni e di attività svolte dallo Stato, nell’acce-zione tradizionale del termine, ma dai servizi sanitari regionali, ai quali spet-tano - nel rispetto del principio di economicità nell’impiego delle risorse - icompiti e le responsabilità della promozione e della tutela della salute comediritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. Il ruolo delloStato in materia di sanità si è profondamente trasformato: “da una funzionepreminente di organizzatore e gestore di servizi a quella di garante dell’equi-tà sul territorio nazionale”8. Se allo Stato spetta in sostanza la formulazione deiprincìpi fondamentali che riguardano la tutela della salute, cioè l’individua-zione e la determinazione dei livelli essenziali di assistenza da garantire sul-l’intero territorio nazionale, l’attuazione di quei princìpi dipenderà d’ora inavanti esclusivamente dalle Regioni.

Da questo punto di vista, se il Piano Sanitario Nazionale - che fissa a scaden-za triennale gli obiettivi fondamentali da conseguire - costituisce il documentoessenziale di indirizzo, l’aspetto strategico degli interventi è rappresentato daiPiani Sanitari Regionali, in cui ciascuna regione indica, per l’ambito di propriacompetenza, obiettivi e modalità di organizzazione e di finanziamento dei ser-vizi. Ugualmente può dirsi per gli altri strumenti della programmazione sani-taria locale (i piani programmatici, i piani attuativi locali, i piani metropolitani)nell’ambito dei quali i Comuni e le Province sono chiamati a svolgere un ruolopreminente nella selezione delle priorità e nella verifica delle attività svoltedalle aziende sanitarie, esercitando quindi fino in fondo anche su questo terre-no le loro prerogative istituzionali di indirizzo.

Obiettivi di salute e sicurezza stradale

Questa cornice istituzionale completamente rinnovata che fa da sfondo allepolitiche sanitarie delle regioni, può costituire un’inedita opportunità per rea-lizzare sul territorio una più forte integrazione tra politiche della sicurezza strada-le e politiche di tutela della salute, con rilevanti benefici per l’intera collettività.

Per la Sanità in particolare si tratta di un compito ineludibile. La tutela dellasalute dipende infatti in primis dal servizio sanitario, ma i determinanti socialidella salute, cioè i fattori che determinano lo stato di salute della popolazione,non rientrano nella sfera esclusiva di competenza della sanità e riguardanoambiti e competenze che attengono settori e responsabilità anche diverse daquelle sanitarie. Da qui il compito che il servizio sanitario deve anche assume-re di catalizzare lo sviluppo delle politiche che agiscono sulla salute - come lapolitica dell’ambiente, l’educazione, le politiche per il lavoro, la sicurezza stra-dale - per attuare un approccio di tipo intersettoriale al problema e puntare

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all’integrazione tra i diversi livelli di gestione delle politiche della sicurezza, siain senso orizzontale che in senso verticale. Questa scelta mette in luce tutto ilvalore strategico di una forte cooperazione tra sistema sanitario, sistema deglienti locali e altri centri di responsabilità competenti nelle materie che riguarda-no la salvaguardia della salute, ponendo in evidenza la necessità di definire - apartire dagli obiettivi individuati - forme adeguate di consultazione e di opera-tività e percorsi anche amministrativi integrati9.

E’ pure questo, a ben vedere, il salto di qualità che il Piano Nazionale dellaSicurezza Stradale e il Piano Sanitario Nazionale si attendono dagli enti loca-li, perché esercitino con maggior forza sul versante della promozione dellasicurezza stradale quella titolarità e quella pienezza di funzioni che l’ordina-mento affida loro e che la rilevanza del problema richiede.

In tale direzione appare comunque necessario rafforzare la consapevolez-za della necessità di una più efficace presenza su questi temi anche all’internodel sistema sanitario. Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 aveva sottolineatocon forza alle Regioni l’importanza di un’azione diretta a contenere i rischi ele conseguenze degli incidenti stradali nel nostro Paese, soprattutto in età gio-vanile10. Ma sono ancora troppo pochi i piani sanitari regionali che hannoassunto nelle proprie strategie di tutela della salute anche l’obiettivo esplicitodi una riduzione della mortalità e delle principali patologie connesse con l’in-cidentalità stradale - che pure presentano in molte aree del nostro Paese valo-ri estremamente preoccupanti - con il risultato che le potenzialità del sistemasanitario in tale direzione non si sono finora pienamente espresse11. Ed ancoratroppo esigue, rispetto alla gravità del problema, appaiono le risorse allocatein questa prospettiva.

Anche nell’ambito degli obiettivi generali di salute individuati dal nuovoPiano Sanitario Nazionale 2002-2004 - che vede la luce proprio in questi giorni -gli incidenti stradali sono considerati un’emergenza sanitaria da affrontare inmodo radicale. Il PSN indica al riguardo la necessità di rovesciare le tendenzeattuali, facendo proprio l’obiettivo dell’OMS (Organizzazione Mondiale dellaSanità) di ridurre drasticamente nei prossimi anni la mortalità e la disabilitàconseguenti ad incidenti stradali12. Gli interventi di prevenzione individuati -in una logica di approccio complessivo al problema - riguardano in particola-re, come nel precedente piano, oltre alle azioni che concernono gli stili di vita(fumo, alcol, sostanze, ecc.), l’uso corretto dei dispositivi di sicurezza, la ridu-zione della guida sotto l’influsso di bevande alcoliche, l’accrescimento deglistandard di sicurezza dei veicoli, il miglioramento della viabilità nelle zone adalto rischio, la promozione di comportamenti di guida sicura ed anche ilpotenziamento del trasporto pubblico, come possibilità di ridurre, soprattut-to nelle aree urbane, gli intensi e crescenti indici di motorizzazione privata chevi si registrano.

Tra gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale vi è anche il rafforzamentodei servizi di emergenza-urgenza e delle capacità complessive di interventodel sistema sanitario in ordine al trattamento dei traumi conseguenti ad even-ti accidentali, in particolare per quanto riguarda le lesioni del midollo spinale

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e i traumi cranioencefalici, che possono comportare conseguenze altamenteinvalidanti. Un miglioramento dell’efficacia e della tempestività degli inter-venti in questo campo, anche per quanto riguarda i trattamenti di riabilitazio-ne, non può che riflettersi positivamente in termini di contenimento deglieffetti dell’incidentalità stradale.

L’efficacia del Piano dipenderà comunque - come peraltro lo stesso PSNmette in luce - da come l’intera articolazione del sistema sanitario riuscirà,sotto l’impulso delle Regioni e degli enti locali, in una efficace cooperazionetra i diversi livelli di responsabilità chiamati in causa, a trasformare quegliobiettivi in progetti e ad attuarli, adottando soluzioni organizzative e gestio-nali adeguate13.

E’ il compito che le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano sitroveranno a dover affrontare nei prossimi mesi per definire nei rispettivi ter-ritori di competenza - nell’ambito delle strategie sanitarie di riorganizzazionedell’offerta di salute - politiche efficaci di prevenzione e di riduzione deglieffetti dell’incidentalità stradale, in linea con le finalità indicate sia dal PianoSanitario Nazionale che dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale.

Il contributo della Sanità al miglioramento della sicurezza stradale

Più in particolare il contributo che i sistemi sanitari regionali possono offri-re al miglioramento della sicurezza stradale si snoda lungo alcune linee fon-damentali di azione.

Un primo importante settore di presenza del sistema sanitario nel campodella sicurezza stradale - come è stato peraltro ben messo in luce dal PianoNazionale della Sicurezza Stradale - riguarda il miglioramento delle conoscenzeepidemiologiche legate al fenomeno dell’incidentalità stradale e la costruzione diun efficace sistema di sorveglianza di tutti gli aspetti sanitari del fenomeno,anche in funzione delle attività di prevenzione, di valutazione e di controllo deiprincipali fattori di rischio che vi sono connessi.

Si tratta di una problematica che rinvia direttamente alla creazione e allagestione di sistemi informativi maggiormente adeguati, basati sulla raccolta el’analisi dei dati sanitari rilevati dalle schede di morte, di dimissione ospeda-liera e di assistenza resa in regime di pronto soccorso, chiamando in causa lecapacità complessive di elaborazione e di utilizzazione dei dati in funzione delraggiungimento degli obiettivi di salute individuati14. Disporre di un flusso diinformazioni certe e complete a questo livello consente infatti di poter contaresu indicatori di processo e di risultato affidabili non soltanto per l’individua-zione delle priorità da affrontare ma anche per valutare la reale efficacia delleiniziative in corso, potendo attuare con cognizione di causa tutto un ventagliodi azioni tese a rimuovere situazioni o comportamenti maggiormente arischio. Il miglioramento delle conoscenze epidemiologiche in questo settoreconsente inoltre di determinare con più precisione l’entità dei costi sociali e sani-tari sopportati dal sistema a causa degli incidenti stradali, potendo offrire utiliindicazioni anche in termini di allocazione e di redditività sociale delle risorse

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da impiegare per interventi mirati di prevenzione. A nessuno può sfuggire l’importanza di tali dati per la definizione di ade-

guate politiche di settore, anche a livello locale, dove l’organizzazione e il fun-zionamento del sistema sanitario - tenuto al rispetto dei vincoli di bilancioattraverso l’equilibrio di costi e ricavi - deve in ogni caso essere informato a cri-teri di efficacia, efficienza ed economicità. L’ampliamento delle conoscenze epi-demiologiche nel settore della sicurezza stradale deve accompagnarsi anche adun innalzamento complessivo della qualità e dei risultati della ricerca, offrendoulteriori opportunità di miglioramento alle attività di controllo e di regolamenta-zione dei fattori di rischio sanitario, in particolare per quanto si riferisce alle con-dizioni psico-fisiche dei conducenti (alcol, sostanze psicotrope, farmaci, ecc.) e,più in generale, ai comportamenti di guida di tutti gli utenti della strada.

Strettamente connessi con l’analisi epidemiologica del fenomeno dell’in-cidentalità stradale sono i compiti di comunicazione del rischio che il sistemasanitario deve svolgere per accrescere nella collettività la consapevolezza diun’azione maggiormente efficace sul versante della sicurezza stradale. Su taleterreno la Sanità può assumere una funzione veramente propulsiva sul terri-torio indicando con vigore e senza timidezze ingiustificate, sulla base delleevidenze scientifiche, obiettivi ed azioni irrinunciabili delle politiche di rimo-zione, riduzione e controllo dei principali fattori di rischio di pertinenza sani-taria connessi con i comportamenti di guida e più in generale con le proble-matiche della sicurezza stradale.

Un ulteriore campo di intervento della Sanità sul versante della sicurezzastradale riguarda il rafforzamento delle attività di prevenzione, che devono esseresupportate da una forte capacità di lettura del territorio e finalizzate sia aridurre il verificarsi degli incidenti che a contenerne la gravità.

Di non minore importanza sono poi le questioni connesse con il poten-ziamento della tempestività e dell’efficacia degli interventi di pronto soccor-so, di assistenza e di riabilitazione, che costituiscono - se così si può dire -parte della missione storica della sanità. Si tratta di problemi che riguardanoil miglioramento complessivo dell’assistenza sanitaria in questo settore, che giàmolte amministrazioni hanno positivamente affrontato anche attraversoazioni di sensibilizzazione e di informazione, potenziando le capacità dirisposta nel campo della traumatologia ed elevando gli standard di efficaciadella medicina d’urgenza e degli interventi di primo e pronto soccorso. E’una direzione di intervento che ha già prodotto significativi progressi in ter-mini di riduzione della mortalità e della gravità delle conseguenze dei trau-mi associati agli incidenti stradali e su cui dovrà continuare a concentrarsil’attenzione di tutti i soggetti coinvolti.

NOTE

1 Secondo i dati delle Statistiche Sanitarie dell’Istat e in base alle stime effettuate dall’IstitutoSuperiore di Sanità (Progetto SISI, 1989-1995), ogni anno si osservano in Italia a seguito di inciden-ti stradali quasi 8.000 morti, 20.000 invalidi e oltre 170.000 ricoveri. Com’è noto i dati di mortalità

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registrati nelle statistiche Aci-Istat degli incidenti stradali, basati sulle verbalizzazioni delle forzedell’ordine, sono sottostimate di circa il 27%, anche a causa dei decessi che si registrano nei giornisuccessivi all’incidente, che sfuggono inevitabilmente ai verbali. 2 Gli indirizzi e le linee guida di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale sono statielaborati dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Ispettorato Generale per la Circolazione ela Sicurezza Stradale), di concerto con i ministri dell’Interno, dell’Istruzione, Università e RicercaScientifica e della Salute, avvalendosi del contributo di un gruppo tecnico di lavoro costituito da rap-presentanti di detti ministeri, dell’Istituto Superiore di Sanità, del ministero dell’Ambiente, dalCoordinamento delle Città Metropolitane e dell’Anas. Alla realizzazione del Piano - sottoposto anchea dibattito parlamentare - hanno inoltre collaborato un apposito Comitato nazionale per la sicurezzastradale e la Consulta costituita nel 2001 presso il Cnel, al fine di favorire la partecipazione delleRegioni e degli Enti locali ed accrescere la partecipazione delle parti sociali e delle rappresentanzedei cittadini.3 Si veda in particolare il Secondo Programma per la sicurezza stradale approvato nel 1997 dallaCommissione Europea (Promuovere la sicurezza stradale nell’Unione europea: il programma 1997-2001) cheha indicato la necessità di ridurre di almeno il 40% entro il 2010 gli indici di mortalità e di grave mor-bosità conseguenti agli incidenti stradali. Per raggiungere tale obiettivo i tassi di mortalità (morti ogni100.000 abitanti) dovrebbero ridursi in media, nel periodo indicato, di circa il 3% annuo. Nen settem-bre 2001, nell’ambito del Libro bianco su La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scel-te, la Commissione europea - rilevando i progressi compiuti da alcuni paesi membri - ha proposto l’o-biettivo di una riduzione del numero dei morti per incidenti stradali più elevato, invitando a ridurrela mortalità del 50% nel corso del decennio 2000-2010, con una contrazione media annua, in questocaso, attorno al 5%.4 Tra il 1993 e il 1998 - l’ultimo quinquennio per il quale si dispone dei dati delle statistiche sanitariedell’Istat - i tassi di mortalità conseguenti agli incidenti stradali hanno registrato in Italia, a livellonazionale, una riduzione media annua dell’1,5%, non sufficiente, a meno di una radicale accelera-zione, a raggiungere entro il 2010 gli obiettivi indicati dall’Unione Europea e dal Piano Nazionaledella Sicurezza Stradale.5 Per una descrizione puntuale delle azioni previste dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale peril primo biennio di applicazione (2001-2002) si rinvia al documento sulle “Azioni Prioritarie” predi-sposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,Piano Nazionale della Sicurezza Stradale. Azioni Prioritarie, vol. 1, Marzo 2002; Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti, Piano Nazionale della Sicurezza Stradale. Azioni Prioritarie. Allegati tecnici,vol. 2, Marzo 2002. Detti volumi, in forma cartacea e su Cd-Rom, possono essere richiesti al Ministerodelle Infrastrutture e dei Trasporti. 6 La Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il titolo V della seconda parte dellaCostituzione, ha introdotto i princìpi della potestà di legislazione concorrente dello Stato e delleRegioni e della potestà regolamentare delle Regioni in materia di sanità. A seguito di tale modificherientrano nella competenza esclusiva dello Stato in materia sanitaria la determinazione dei livelliessenziali di assistenza delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garan-titi su tutto il territorio nazionale (art. 117).7 Si veda in particolare il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 recante “Riordino della disci-plina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” con le modificazio-ni apportate dalle successive disposizioni di legge e, più recentemente, dal decreto legislativo 19 giu-gno 1999, n. 229 recante “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a normadell’art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419”.8 Si rinvia in particolare sull’argomento alla parte prima del Piano Sanitario Nazionale 2002-2004: “Ilnuovo scenario e i fondamenti del Servizio sanitario nazionale”.9 Si segnala per inciso che, in base alla revisione della Costituzione attuata nel 2001, anche per le retidi trasporto e il governo del territorio la potestà legislativa spetta alle Regioni e al sistema degli EntiLocali, che hanno dunque acquisito piena sovranità in relazione alle politiche che riguardano la sicu-rezza stradale.10 Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 aveva proposto, in riferimento alla situazione relativa al1993, di ridurre entro il 2000 la mortalità derivante dagli incidenti stradali in media del 20%, ecomunque non meno del 20% nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, dove si registra invece una preoc-

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cupante stabilità dei tassi di mortalità. Ugualmente indicava la necessità di addivenire ad una con-trazione delle menomazioni gravi permanenti conseguenti a incidenti stradali. In tale direzioneaveva indicato alcune azioni considerate prioritarie tra cui l’utilizzo del casco e degli altri dispositi-vi di sicurezza, il rispetto dei limiti di velocità e la riduzione della guida in stato di ebbrezza, soprat-tutto nelle ore serali e notturne.11 Sono soltanto otto i piani sanitari che, in coerenza con le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale1998-2000, prevedono esplicitamente obiettivi di riduzione della mortalità e della morbosità conse-guenti ad incidenti stradali. Si tratta in particolare dei piani regionali dell’Emilia Romagna (PSR1999-2001), Friuli-Venezia Giulia (2000-2002), Lazio (2002-2004), Liguria (1999-2001), Lombardia(2002-2004), Umbria (1999-2001) e dei piani delle Province Autonome di Trento (2000-2002) e Bolzano(2000-2002).12 L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato nel 1999 l’obiettivo di una riduzione dialmeno il 50% della mortalità e della disabilità conseguenti ad incidenti stradali entro il 2020.13 In base al riordino della legislazione sanitaria, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano,entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del Piano Sanitario Nazionale, devono adottare o ade-guare, ove già esistano, i rispettivi piani sanitari regionali. 14 A seguito della Legge 3 dicembre 1999, n. 493 sugli infortuni domestici, presso l’Istituto Superioredi Sanità è stata avviata la realizzazione di un sistema informativo per la raccolta dei dati sugli inci-denti domestici rilevati dagli osservatori epidemiologici regionali in collaborazione con le unità sani-tarie locali. Le metodologie utilizzate nell’ambito di questo sistema di sorveglianza possono essereutilmente applicate, in collaborazione con le regioni, anche nel settore degli incidenti stradali.

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I dati europei della sicurezza stradale: confronti e riflessioni*

Marco Giustini & Franco Taggi

Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità

Introduzione

Quando si vogliono confrontare dati che provengono da rilevazioni dif-ferenti, la prima cosa che è necessario fare è accertarsi che dette rilevazionisiano standardizzate secondo ben determinati criteri, in modo tale da evita-re che possano essere introdotte nell’analisi delle distorsioni dipendentidalla particolarità dei metodi di rilevazione stessi. Questo fenomeno, benconosciuto in epidemiologia, prende il nome di “bias”, ovvero “errore siste-matico”.

Il bias in genere induce deviazioni o distorsioni in una determinata dire-zione e può riscontrarsi quando, ad esempio, tra due gruppi, uno nel qualeviene sperimentata una nuova cura, l’altro (gruppo di controllo) nel quale aipazienti viene somministrata una cura tradizionale, c’è una differente distri-buzione di alcune variabili (ad esempio sesso ed età) che caratterizzano i sog-getti e che possono essere in relazione stretta con la risposta studiata; un biaspuò introdursi quando si è in presenza di una diseguale perdita di soggetti alfollow-up nei diversi gruppi studiati; e si è certo in presenza di un potenzia-le bias anche quando – e questo è il nostro caso – c’è una differente metodo-logia di rilevazione dei dati.

Sulla mortalità per incidenti stradali, due sono le fonti di dati in Italia: lestatistiche sanitarie delle cause di morte e le Statistiche degli incidenti stra-dali.

Come è noto, le Statistiche degli incidenti stradali si basano sui verbali chele forze dell’ordine compilano al momento dell’incidente e che inviano, poi,all’ISTAT. La quantità di dati che pervengono all’ISTAT, tuttavia, non rispec-

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* Il presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto DATIS (DatiIncidenti Stradali, finanziato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)e del progetto EPIV (Epidemiologia e Prevenzione degli Incidenti e dellaViolenza, finanziato dall’Istituto Superiore di Sanità).

chia la totalità degli eventi che si verificano perché in questo modo vengonopresi in considerazione solo i morti entro i 30 giorni successivi all’incidente.Rispetto ai dati desumibili dalle statistiche sanitarie delle cause di morte(basate sui certificati di morte) che considerano tutti i decessi che accadonoentro l’anno, la sottostima è dell’ordine del 30%. Inoltre può verificarsi il casoche per qualche annualità possano mancare dati di alcune zone, talvoltaanche importanti. Questi problemi, peraltro strutturali con queste proceduredi rilevamento dati, rendono deboli i confronti internazionali per due ordinidi motivi:

• trasversalmente, perché questi problemi sono comuni a tutti i sistemi dirilevazione basati sui verbali degli incidenti stradali, e il loro peso varia daPaese a Paese;

• longitudinalmente, perché nel tempo la qualità del dato può variare anchenello stesso Paese.

Un approccio più sicuro per evitare di trarre false conclusioni è quello diprendere in considerazioni dati certamente omogenei, la cui copertura delfenomeno sia totale. Anche se, per problemi legati al controllo di qualità di unenorme volume di dati, non sono disponibili in tempi brevi, le statistiche sani-tarie relative alle cause di morte offrono un sicuro banco di prova per moni-torare, anche se a distanza di qualche anno, l’andamento della mortalità perincidente stradale.

Queste statistiche evitano i problemi sopra evidenziati in quanto assicu-rano nel tempo l’assoluta copertura di tutti gli eventi mortali che si verifica-no entro l’anno solare (almeno per i principali Paesi occidentali), attribuendoad ogni causa di morte un codice preciso che fa riferimento all’InternationalClassification of Disease, IX revision (è ora in corso di apllicazione una ulte-riore revisione della ICD, la X). In base a questa classificazione, gli incidentistradali sono identificabili in maniera univoca dai codici di causa esterna(ovvero l’evento che ha provocato il trauma mortale) che vanno da 810.0 a819.9. Per le ragioni ora segnalate, nel seguito faremo riferimento a questoinsieme di dati, costituito dalle statistiche di mortalità annuale di diversiPaesi, raccolte dall’OMS.

Analisi dei dati europei e confronti internazionali: risultati e discussione

Nel 1999, ultimo anno per il quale ad oggi si dispongono in Italia dei datisanitari di mortalità, nei paesi dell’Unione Europea (UE) sono decedute inseguito ad incidente stradale circa 39.400 persone, il 70% delle quali sullestrade di Francia, Germania, Spagna, Italia.

Certamente queste cifre sono di per sé sufficienti a delineare uno scenario

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di notevole gravità, che apparentemente può indurre a ritenere che vi siaun’Europa a due velocità: da una parte i quattro Paesi citati, ove la circola-zione è intrinsecamente pericolosa, e gli altri, dove tutto sommato si può stareragionevolmente tranquilli.

Questa conclusione, basata sul concetto di rischio, seppur non del tuttoerrata, rappresenta con scarsa precisione il fenomeno dell’incidentalità stra-dale nei Paesi dell’UE.

Infatti, un approccio più corretto nei confronti internazionali è quello dirapportare il numero di morti alla popolazione sottostante dai quali questimorti provengono, esprimendo il fenomeno in termini di tassi di mortalità. Inaltri termini, se Francia, Germania, Spagna e Italia insieme avessero il 70%della popolazione dell’UE, non vi sarebbe nulla di anomalo se producesseroanche il 70% della mortalità per incidente stradale, anche alla luce di unasituazione abbastanza “spalmata” in termini di motorizzazione e delle rela-zioni profondamente non-lineari tra motorizzazione e mortalità per inciden-te stradale. Viceversa, se la popolazione complessiva dei 4 Paesi fosse, adesempio il 30% di quella dell’UE, quella stessa percentuale della mortalità perincidente stradale in essi registrata (70%) rappresenterebbe un fatto inaspet-tato ed allarmante.

Fortunatamente, la realtà si colloca molto vicino alla situazione descrittanel primo esempio, poiché nei quattro Paesi considerati risiede il 63% dellapopolazione dell’UE.

Esprimendo, quindi, la mortalità in termini di tassi di popolazione, si può

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Tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'Unione Europea (anno 1999)

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FIG.1

FONTE: elaborazione ISS su dati WHO

notare come l’Italia presenti dei valori contigui quelli propri dell’UnioneEuropea (fig.1), con un tasso di mortalità di 12,1 morti per 100.000 residen-ti/anno contro i 10,5 morti dell’UE.

Parlando, quindi, in termini di tassi di mortalità (ovvero facendo riferi-mento ad un indicatore più legato al vero rischio che non il numero assolutodei morti), si può già osservare come l’Italia sia, per così dire, nel mezzo delgruppo e come, con l’eccezione della Grecia, vi sia una certa omogeneità nelledifferenze tra un Paese e l’altro.

Seguendo nel tempo i tassi di mortalità osserviamo come nella gran partedei Paesi, le politiche di contrasto degli incidenti stradali hanno avuto, sia purcon efficacia differente, degli effetti positivi (fig.2), visto che quasi ovunque itassi di mortalità sono diminuiti negli ultimi 30 anni di un ordine di gran-dezza che oscilla dal 40 al 75%.

Per inciso si osservi come anche in questo caso la diminuzione osservatain Italia sia della stessa entità di quella che mediamente si è riscontrata intutta l’Unione Europea (-50,9% vs –52,9%).

Meno rosea appare la situazione se facciamo riferimento non già ad unperiodo molto ampio, nel quale oltretutto è cambiata con dei ritmi assoluta-mente differenti la motorizzazione dei singoli Paesi, e concentriamo l’analisiai 5 anni che vanno dal 1995 al 1999. In questo caso si possono avere le “ulti-me tendenze” del fenomeno e constatare se per caso non vi siano delle allar-manti inversioni di tendenza rispetto ad un trend trentennale.

L’analisi dei dati relativi a quest’ultima finestra temporale conferma alcu-ne situazioni, ma ne ribalta altre. Usando una metafora mutuata dal gergo

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Variazione percentuale dei tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'Unione Europea (periodo 1970-1999)

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FONTE: elaborazione ISS su dati WHO

FIG.2

ciclistico, l’Italia ultimamente appare mostrare dei segni di stanchezza e stac-carsi dal grosso del gruppo. Paesi molto “virtuosi” come Finlandia e Sveziasembrano aver raggiunto un livello al di sotto del quale stentano a scenderee si trovano, per così dire, a “raschiare il fondo”. Viceversa Grecia e, soprat-tutto, Portogallo (ovvero i Paesi a più recente motorizzazione) stanno com-piendo in fretta sostanziali progressi.

Tuttavia si osservi che questo spiccato calo riflette in parte un effetto non-lineare di sistema, come ben mostrato dalla Legge di Smeed (1944), in basealla quale la crescita dei veicoli circolanti è spesso accompagnata da una dimi-nuzione “fisiologica” del numero dei decessi. Ad esempio in Italia nel 1972,quando circolavano circa 13 milioni di veicoli, i morti erano più di 12.000;attualmente, con oltre 40 milioni di veicoli sulle nostre strade, i morti sonoquasi 8.000

Va tuttavia osservato che un confronto più interessante dovrebbe esserefatto tra aree omogenee, ovvero tra Paesi nei quali le problematiche in senoalla circolazione stradale possono in via di principio considerarsi simili. Inaltri termini dire che l’Italia presenta un tasso di mortalità 3 volte e mezzosuperiore a quello che si registra a Malta può certamente costituire uno spun-to di riflessione; tuttavia è necessario rendersi conto che il paragone con unarealtà completamente differente dalla nostra, quanto a dimensioni, disponibi-lità di risorse economiche, parco circolante, sviluppo e variabilità delle carat-teristiche della rete viaria, condizioni climatiche, ecc., se preso acriticamentepuò portare a delle conclusioni semplicistiche ed erronee.

Prendendo in considerazione aree omogenee per vastità geografica,

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Variazione percentuale dei tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'Unione Europea (periodo 1995-1999)

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FONTE: elaborazione ISS su dati WHO

FIG.3

dimensioni della popolazione e del parco circolante nonché sviluppo dellerete viaria (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), sembrano deli-nearsi tre situazioni differenti: Italia, Francia e Spagna hanno dei tassi di mor-talità assai contigui tra loro, leggermente superiori a quelli della Germania, laquale a sua volta si posizione ad un livello intermedio tra il Regno Unito e iPaesi dell’area mediterranea, anche se più vicini a questi ultimi. In altri ter-mini, i Paesi più popolosi dell’Unione Europea sembrano essere soggetti adinamiche simili. Da questo quadro si discosta nettamente il Regno Unito nelquale la cultura della sicurezza stradale ha radici così profonde ed antiche daprodurre effetti macroscopici su vasta scala.

L’andamento nel tempo relativo ai 5 paesi dell’Unione Europea cheabbiamo identificato in base ai criteri di omogeneità scelti, mostra come essosia in progressivo e costante calo (fig.4).

Si osservi la sovrapposizione tra i tassi di mortalità dell’Italia e quelli dellaFrancia, una nazione che, perlomeno nell’accezione comune, viene ritenutapiù avanti del nostro Paese quanto a politiche di contrasto dell’incidentalitàstradale (uso dei dispositivi di sicurezza più elevato, maggior numero di con-trolli dell’alcolemia dei conducenti, vasto utilizzo di rotonde stradali, ecc…).

Eclatante è, invece, la differenza tra questi Paesi ed il Regno Unito ovesinergiche strategie di prevenzione sono messe in atto da decenni e quindihanno avuto modo e tempo di manifestare i propri benefici effetti.

Conclusioni

Pur rimanendo il nostro parere quello di considerare tutte le possibili fontiinformative della sicurezza stradale, integrandole e relazionandole quantoprima e quanto meglio possibile, per quanto riguarda la mortalità crediamoche un “gold standard” sia costituito da quanto derivabile dai dati oradescritti.

Ma se questa opinione può aver valore anche per altri, allora è necessarioinsieme riflettere sulla netta differenza che ben può osservarsi tra il nostropaese e il Regno Unito. Non può certo consolare il fatto di essere in questo inbuona compagnia, affiancati come siamo da Francia, Germania e Spagna:quello su cui bisogna fissare l’attenzione è quanto sono riusciti ad ottenere neltempo gli inglesi. E risultati di questo tipo non nascono per caso o per occa-sione, come funghi dopo una forte temporale: sono frutto di un intenso lavo-ro, sul piano normativo, sul quello delle opere pubbliche, sul piano culturale,in particolare con operazioni di informazione-educazione della popolazione.

Il nuovo scenario che si è determinato a livello internazionale con le pre-cise indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’UnioneEuropea per ridurre il fenomeno degli incidenti stradali e delle loro conse-guenze, come pure l’adozione da parte del nostro paese di un “PianoNazionale della Sicurezza Stradale” e di chiare raccomandazioni nel Piano

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Sanitario Nazionale, lasciano ben sperare in un raggiungimento di quei livel-li di sicurezza che il Regno Unito, con tenacia e pragmatismo, ci ha mostratopossibile raggiungere.

RICONOSCIMENTI

Alla realizzazione del presente lavoro ha collaborato Gianni Fondi.

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I “veri” dati sanitari della sicurezza stradale in Italia: mortalità, invalidità, ricoveri, accessi al pronto soccorso, costi*

Franco Taggi (a), Marco Giustini (a), Giancarlo Dosi (a) , Alessio Pitidis (a)

Francesco Cipriani (b), Vittoria Buratta (c), Silvia Bruzzone (c), Raffaella Amato (c)

(a) Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità(b) Agenzia Regionale di Sanità, Osservatorio di Epidemiologia, Regione Toscana(c) ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica

1. Introduzione

L’impatto degli incidenti stradali sulla salute della popolazione costituisce– per le dimensioni e gli aspetti che caratterizzano questo fenomeno - un pro-blema di assoluta emergenza per il Paese, il cui controllo non può essere ulte-riormente ritardato.

Gli incidenti stradali provocano meno dell’1,5% dei decessi che si verifica-no annualmente in Italia, ma tra i 15 e i 24 anni questa proporzione sale ad oltreil 40%, costituendo in assoluto la prima causa di morte in questa fascia di età,con conseguenze estremamente rilevanti in termini di costi umani e sociali.Questi eventi costituiscono inoltre una importante causa di ricovero e di acces-so alle prestazioni di pronto soccorso, nonché la causa determinante di graviinvalidità traumatiche, quali paraplegia, tetraplegia e traumatismi intracranici.

In tale quadro è auspicabile che quella nuova cultura della sicurezza stra-dale che sembra emergere nel Paese – che ha portato all’approvazione di alcu-ne importanti modifiche al Codice della Strada - possa riflettersi positivamen-te anche nelle iniziative di prevenzione da attuare, in parte già individuate nel-l’ambito del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, accrescendone inmaniera significativa l’efficacia nel breve-medio termine.

Tuttavia, è esperienza di tutti che spesso, da parte di operatori, della stam-pa, dei media in genere, vengono riportate cifre tra loro diverse su questofenomeno, senza alcun riferimento critico sulle fonti.

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* Il presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto DATIS (DatiIncidenti Stradali, finanziato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)e del progetto EPIV (Epidemiologia e Prevenzione degli Incidenti e dellaViolenza, finanziato dall’Istituto Superiore di Sanità).

Abbiamo, perciò, voluto produrre il presente lavoro in modo da fornire atutti i dati che noi riteniamo essere quelli che più correttamente rappresenta-no il fenomeno.

A questo scopo abbiamo scelto di esaminare criticamente e di fornire lestime per: Mortalità, Ricoveri, Accessi al Pronto Soccorso, Invalidità, Costi.

2. La Mortalità conseguente ad incidente stradale

L’incidentalità stradale è un fenomeno assai complesso, caratterizzato daaspetti che vanno da quelli più propriamente demo-sociali a quelli culturali edeconomici.

L’Italia, come gli altri paesi dell’Unione Europea, si è posta l’obiettivo diridurre del 40% entro il 2010 il numero di morti e di feriti causati da incidentistradali.

La mortalità annua per incidente stradale in Italia, desunta dalle statistichesanitarie dell’ISTAT sulle cause di morte, è per il 1999 pari a 7.829 soggetti (13,7decessi/100.000 abitanti). Per il 2000, in base ai dati provenienti dalla statisti-ca ISTAT sugli incidenti stradali con lesioni alle persone verbalizzati dalleautorità di polizia, possiamo inoltre stimare un corrispondente numero dimorti nell’anno pari a 7.583, ossia 13,3 decessi/100.000 abitanti (il fattore dicorrezione utilizzato, 1,1803, è quello ricavato dal rapporto tra le morti nel-l’anno e quelle riportate nelle suddette statistiche degli incidenti verbalizzati,calcolato sui dati del 1999). Le lesioni che più frequentemente determinano lamorte per incidente stradale sono costituite dal trauma cranico con o senzafrattura (45,8%) e da traumatismi interni del torace, addome e bacino (41,6%).

Per quanto riguarda la tipologia di utenza, nel 2000 oltre la metà dellemorti (55,1% si riferisce ad automobilisti, il 19.2% a utenti delle due ruotemotorizzate, il 5,8% a ciclisti, il 13,2% a pedoni ed il restante 6,7% ad altrautenza della strada (mezzi pesanti, mezzi pubblici, ecc.)

3. I Ricoveri conseguenti ad incidente stradale

Il numero di ricoveri attribuibili agli incidenti stradali è desumibile dallestatistiche relative alle schede di dimissione ospedaliera (SDO). In base aquesta fonte di dati, che oggi copre praticamente la totalità degli Istituti diricovero e cura pubblici e privati, si contano nel 1999 per questa causa128.830 ricoveri (226 ricoveri/100.000 abitanti). Si osservi che questi datisono sottostimati in quanto in molte schede relative a cause traumatichemanca ancora l’indicazione della causa esterna, ovvero del tipo di evento cheha determinato il trauma. Da nostre valutazioni, basate sui ricoveri dellaregione Lazio e sui ricoveri nazionali per trauma cranico, riteniamo che lasottostima in gioco sia dell’ordine del 15%, il che comporta un totale corret-to intorno ai 145.000 casi.

Lesioni determinanti il ricovero a seguito di incidente stradale sono soprat-tutto frattura del cranio (4,5%), traumatismi intracranici senza frattura (24,1%),

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altre fratture (34,8%), contusioni e schiacciamenti (11,4%), distorsioni e distra-zioni di articolazioni e muscoli (7,4%).

4. Gli Accessi al Pronto Soccorso conseguenti ad incidente stradale

Numericamente assai più consistente, come logico, appare il ricorso ai cen-tri di Pronto Soccorso (PS). In questo ambito non esiste ancora una fonte stati-stica organica di rilevamento mirata al fenomeno infortunistico in quanto, puressendo una gran parte dei PS attualmente informatizzata (intorno al 70%), neisoftware utilizzati per la raccolta delle informazioni non è in generale ancorapresente la causa esterna: in altre parole, si sa qual è il trauma (ad es. traumacranico), ma non si conosce la causa che lo ha determinato (incidente stradale,aggressione, caduta, ecc.), né all’interno della causa, caratteristiche più speci-fiche sulla tipologia dell’evento (es. pedoni, ciclisti, automobilisti, ecc.).Tuttavia, questa informazione, sia pur limitata alla sola conoscenza che l’e-vento è relativo ad un incidente stradale, è presente in tutti i PS della RegioneLazio, nel quale l’Agenzia di Sanità Pubblica Regionale ha osservato per il2000 149.500 accessi riconducibili ad incidenti stradali, su una popolazionesottostante di circa 5.400.000 abitanti. In base a questi dati, essendo storica-mente i valori del Lazio prossimi alla media italiana dell’infortunistica strada-le, ha senso effettuare una proiezione a livello nazionale. La cifra che così sidetermina è pari a 1.578.000 accessi/anno (2.768 accessi/100.000 abitanti).Certamente, si tratta di una grossa cifra; comunque, al di là di possibili distor-sioni indotte dalla proiezione, si può ben dire che questa stima è consistente-mente superiore da quella proveniente dalla statistica dei soli incidenti verba-lizzati, che per il 2000 riporta 301.559 soggetti infortunati.

Un’ulteriore conferma di questo elevato numero di prestazioni di ProntoSoccorso per incidente deriva da una recente esperienza effettuata dall’ISS edallASR della Toscana, i cui risultati sono riportati in dettaglio in una relazio-ne contenuta nel presente volume.

In sintesi, la Toscana si colloca intorno alla mediana nazionale di presta-zioni di PS (mediana italiana: 420 accessi x 1000 abitanti/anno; Toscana: 370).Il numero totale in Italia di queste prestazioni per il 1999 è stato pari a23.678.330 (Toscana: 1.303.822). Applicando la percentuale mediana di inci-denti stradali rilevata sul totale degli accessi del campione di PS toscani otte-niamo 2.012.658 casi/anno per l’Italia e 110.825 per la Toscana. Questa stima,anche se preliminare, è particolarmente “forte” in quanto ben si collega aquanto noto sui ricoverati in base alle SDO. Infatti, la percentuale di ricoveroin seguito ad accesso al PS per incidente stradale osservata in Toscana è statapari al 7.2%: se a questa sommiamo lo 0.7% di trasferiti in altra struttura (pre-sumibilmente gravi), otteniamo un valore di 7.9%. Applicando questo valoreai totali visti, otteniamo le stime dei ricoverati nell’anno in Italia e in Toscanaper incidente stradale. Avremo per l’Italia 150.000 casi/anno e per la Toscana8.755. Si osservi l’elevato accordo tra il numero di ricoveri/anno stimati perl’Italia e il corrispondente valore ricavato in precedenza dalle SDO.

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5. L’Invalidità conseguente ad incidente stradale

Anche per quanto riguarda l’invalidità secondaria ad incidenti stradali, inparticolare quella grave, i dati sono scarsi e frammentari. Tuttavia, da studirecentemente effettuati, possiamo dire che il 55-60% dei soggetti ricoverati inistituti di riabilitazione presenta lesione midollare post-traumatica a seguito diincidente stradale; questa percentuale sale fino al 70-80% in caso di traumacranio-encefalico. Tenendo conto che per ogni deceduto si hanno circa 2-3invalidi particolarmente gravi, possiamo stimare in 20-25.000 casi/anno que-sti soggetti. Una valutazione più accurata dell’invalidità sarà effettuata nelcorso del 2004 in base a nuovi modelli che che l’ISS sta sperimentando.

Quanto detto delinea un quadro estremamente allarmante, pur se suscetti-bile di ampi margini di intervento.

6. I Costi di assistenza sanitaria conseguente ad incidente stradale

Dai dati SDO del 1999, con riferimento alle sole schede correttamente com-pilate ed utilizzando i dati di costo tariffario, risulta che il costo ospedalierounitario imputabile agli incidenti stradali - cui corrisponde una degenzamedia pari a 6,4 giorni - ammonta a 2.473 Euro per ricovero. Assumendo chela spesa relativa alle schede con errata compilazione presenti la stessa distri-buzione di quella relativa alle schede correttamente compilate, e considerandola stima di 145.000 casi come quella più attendibile concernente i ricoveri, sipossono valutare in maniera conservativa i costi totali dei ricoveri per inci-dente stradale in 359 milioni di Euro l’anno. Nella configurazione dei costi diassistenza sanitaria rientrano vari elementi, tra questi il ruolo di maggior rilie-vo, quanto ad intensità di risorse assorbite e complessità del processo assi-stenziale, è tuttora rivestito dall’assistenza ospedaliera. Dalla letteratura inter-nazionale tale tipo di assistenza per i traumi risulta rappresentare una quotacompresa tra il 60 ed il 70 per cento dei costi di assistenza sanitaria.

In Italia non disponiamo di una valutazione specifica per i traumi, tuttaviale stime più recenti (Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 1996) sulla spesasanitaria pubblica complessiva valutano la spesa (effettiva) per l’assistenzaospedaliera essere pari a circa il 60 per cento di quella totale. In base a talevalutazione possiamo stimare in almeno 598 milioni di Euro all’anno la spesatotale di assistenza sanitaria per soggetti ricoverati per incidente stradale.

RICONOSCIMENTI

Alla realizzazione del presente lavoro hanno collaborato Gianni Fondi eAntonella Crenca.

BIBLIOGRAFIA

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Analisi epidemiologica degli incidentistradali dalle dimissioni ospedaliere

Fulvio Basili, Carla Ceccolini, Franco Pennazza

Ministero della Salute, Direzione Generale del Sistema Informativo e Statistico e degli Investimenti Strutturali e Tecnologici

Introduzione

La scheda di dimissione ospedaliera, comunemente nota con l’acronimoSDO, costituisce un assai consistente flusso di dati raccolti presso la singolastruttura ospedaliera. Vengono quindi inviati dall’ospedale alla Regione com-petente territorialmente e di qui inviati al Ministero della Salute.

Detto flusso di dati è regolato da specifica normativa, che ne fissa i tempidi acquisizione e le variabili oggetto di rilevazione.

La SDO contiene informazioni che costituiscono oggetto di interesse perun’analisi epidemiologica degli incidenti.

In particolare ci siamo soffermati ad analizzare gli episodi di ricovero aseguito di incidente stradale, procedendo ad un’analisi statistico-descrittivadel fenomeno.

Riferimenti normativi

Con D.M. 18/12/1991 è stata istituita la scheda di dimissione ospedaliera(SDO), contenente un insieme di informazioni relative a ciascun pazientedimesso, a seguito di ricovero, da istituti di cura pubblici e privati. Il suddet-to Decreto fa obbligo agli istituti di cura di adottarla quale parte integrantedella cartella clinica e di inviare tutte le SDO alla Regione di competenza perambito territoriale, che provvede a sua volta alla loro raccolta, validazione etrasmissione al Ministero della Salute. Il successivo D.M. del 26/07/1993 hapoi fornito specifiche indicazioni sul contenuto di alcune variabili rilevate conla SDO e le codifiche da adottare nella compilazione.

La novità assoluta adottata dal D.M. del 27/10/2000, (concernente i dati apartire dal 2001) è che la scheda si compone di due distinte sezioni: la primacontenente le informazioni anagrafiche del dimesso, incluso il proprio codicefiscale; la seconda è dedicata alle informazioni attinenti al ricovero e al tratta-mento ospedaliero. Sono stati previsti tutti gli accorgimenti introdotti dalla L.

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31 dicembre 1996 n°675 a garanzia della privacy del cittadino. E’ stato inoltreribadito l’obbligo di compilazione delle schede da parte degli istituti di rico-vero pubblici e privati, fanno eccezione le strutture a prevalente caratteresocio-assistenziale, le comunità protette, le strutture manicomiali residuali egli istituti che svolgono esclusivamente attività di riabilitazione (ex art.26 dellaL. 833 del 28 dicembre 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale). Conle recenti Linee Guida adottate, si è cercato di fornire indicazioni per unifor-mare la codifica di diagnosi, interventi e procedure per migliorare l’utilizzodella rilevazione sia a fini amministrativi che epidemiologici.

La struttura delle schede di dimissione ospedaliera

La scheda di dimissione ospedaliera è stata istituita allo scopo di poter dis-porre, a tutti i livelli di operabilità del Servizio Sanitario, di un flusso infor-mativo di carattere epidemiologico e con dettagliate informazioni circa la tipo-logia di assistenza erogata.

Uno strumento di conoscenza di questo genere rappresenta, per le aziendesanitarie e le Regioni, un supporto insostituibile per i processi di valutazione,programmazione e gestione dell’attività ospedaliera.

Tale flusso informativo, regolato da una normativa nazionale, consenteinoltre di rendere confrontabili tanto i dati amministrativi che epidemiologicirilevati presso le singole Regioni; inoltre consente di avviare il processo di raf-fronto dei nostri dati di attività ospedaliera con quelli rilevati negli altri Paesieuropei.

Il significato e la finalità della SDO risultano ulteriormente enfatizzati conl’adozione del principio di remunerazione delle prestazioni di assistenza ospe-daliera. Queste sono attualmente classificate in base a criteri di omogeneità percaratteristiche cliniche e per consumo delle risorse impiegate; il loro costoquindi viene quantificato con tariffe forfettarie.

I DRG (Diagnosis Related Group) rappresentano categorie di prestazioniospedaliere aventi analoghe caratteristiche cliniche e che richiedono per il lorotrattamento quantità omogenee di risorse ospedaliere. Per l’individuazione diun DRG è necessario conoscere l’età e il sesso del paziente oltre che la diagno-si principale, le diagnosi secondarie, gli eventuali interventi chirurgici e leprincipali procedure diagnostico-terapeutiche effettuati.

Ogni set di informazioni relative ad una dimissione contiene:• le caratteristiche anagrafiche del paziente (ad es. data di nascita, sesso, luogodi nascita e di residenza; a partire dai dati relativi al 2001 anche il codice fisca-le e lo stato civile);• il regime di ricovero: distingue se trattasi di ricovero ordinario o di ricoverodiurno (day hospital); • la diagnosi principale: individuata al termine dell’episodio di ricovero, èquella che risulta essere la principale responsabile del bisogno di trattamentoe/o di indagini diagnostiche. Inoltre devono essere segnalate eventuali dia-gnosi secondarie, coesistenti al momento del ricovero o che si sviluppano in

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seguito, che comunque hanno influenza sul trattamento e sulla durata delladegenza;• l’intervento chirurgico principale ed eventuali ulteriori interventi effettuatinel corso dello stesso episodio di ricovero e/o eventuali, più importanti, pro-cedure diagnostico-terapeutiche praticate. La codifica da adottare tanto per lediagnosi quanto per le procedure è la classificazione internazionale ICD-IX-CM International Classification of Disease - Clinical Modification;• l’esito complessivo del trattamento sanitario sul paziente al momento delladimissione, ossia la modalità di dimissione: ad esempio se deceduto, trasferi-to ad altro istituto di ricovero, o trasferito al proprio domicilio. Qualora ilpaziente fosse deceduto deve essere indicato se si è proceduto o meno alriscontro autoptico;• la codifica della causa esterna deve essere riportata qualora il ricovero sia statocausato da un trauma, un incidente o da un’intossicazione.

Qualora il ricovero sia causato da un trauma, da un incidente o da unaintossicazione, è necessario compilare, oltre alle informazioni relative alle dia-gnosi, anche l’informazione “Traumatismi o intossicazioni” che specifica lacausa del trauma.

La causa esterna del traumatismo è espressamente classificata attraversocinque distinte tipologie, identificate dai codici compresi tra 1 e 5:1. infortunio sul lavoro2. infortunio in ambiente domestico3. incidente stradale4. violenza altrui (indipendentemente dal luogo ove è avvenuta)5. autolesione o tentativo di suicidio (indipendentemente dal luogo ove èavvenuto).

E’ stata inoltre prevista un’ulteriore codifica (9), da utilizzare qualora causaesterna non rientri in una di quelle precedentemente esplicitate.

L’analisi è pertanto circoscritta alle SDO relative ai dimessi con almeno unadiagnosi prevista nel “Capitolo XVII - Traumatismi ed avvelenamenti (800-999)” della codifica ICD-IX-CM.

Risultati

Una prima analisi non poteva non soffermarsi sulla qualità della valoriz-zazione delle variabili, mettendo in relazione le singole informazioni elemen-tari che caratterizzano ciascuna scheda e valutandone la congruenza. Dettaanalisi ha dunque consentito di evidenziare quali informazioni, previste nellascheda, non dovrebbero essere omesse completamente o indicate con maggio-re precisione, al fine di intraprendere d’intesa con le Regioni le opportune ini-ziative volte al miglioramento ed arricchimento di detto flusso informativo.

Esaminando la complessiva attività ospedaliera relativa all’anno 2000, siritiene rilevante evidenziare che sono stati dimessi dagli istituti di ricoverocirca 12.290.000 pazienti (tab.1).

Di questi ben 1.143.305 presentano almeno una diagnosi di traumatismo e

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avvelenamento (codice compreso tra 800 e 999 della classificazione ICD-IX-CM), e costituiscono il 9,3% della totalità delle dimissioni. Valore percentualegrossomodo invariato rispetto a quello osservato dall’analisi della SDO relati-va all’anno precedente.

La tabella presenta la distribuzione regionale della totalità dei dimessi e dicoloro che presentano almeno una diagnosi di traumatismo e avvelenamento.

Inoltre nell’ultima colonna è stata riportata l’incidenza delle dimissioni pertraumatismo ogni 10.000 pazienti dimessi.

Le regioni che registrano la più elevata incidenza di traumatismi sono, par-tendo dal nord, il Trentino Alto Adige, la Campania, la Basilicata e la Sicilia.

A livello nazionale ogni 10.000 dimessi dagli istituti di ricovero 930 sono ipazienti con almeno una diagnosi di traumatismo.

La Provincia Autonoma di Bolzano presenta in assoluto il massimo valoredell’indicatore: 1.357 dimissioni per traumatismo ogni 10.000 dimissioni.

Tassi di dimissione più bassi, ma pur sempre superiori al valore medionazionale, si hanno in Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo e Calabria.

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Tab. 1 - DIMISSIONI OSPEDALIERE PER REGIONE – ANNO 2000

Regione Numero di cui dimessi dimessidimessi per traumatismo per traumatismo

ogni 10.000 dimessi

Piemonte 814.315 63.411 779Valle D'Aosta 21.896 1.81 827Lombardia 2.061.832 174.143 845Prov. Aut. Bolzano 100.86 13.685 1.357Prov. Aut. Trento 101.937 10.63 1.043Veneto 937.802 80.009 853Friuli V. Giulia 229.361 21.796 950Liguria 408.678 39.497 966Emilia Romagna 923.662 83.543 904Toscana 712.05 70.363 988Umbria 201.793 20.475 1.015Marche 309.36 27.547 890Lazio 1.140.673 94.343 827Abruzzo 324.852 31.771 978Molise 67.227 5.858 871Campania 1.153.736 131.94 1.144Puglia 954.472 90.668 950Basilicata 115.05 12.609 1.096Calabria 402.45 39.081 971Sicilia 968.764 103.105 1.064Sardegna 359632 27.021 751

Italia 12.290.402 1.143.305 930

Le regioni che, invece, presentano dei tassi più bassi sono Friuli, EmiliaRomagna, Marche, Molise e Puglia e Veneto.

A livello nazionale, per oltre la metà dei casi di dimissioni a seguito di trau-matismo (55,6%) viene completamente omessa la causa esterna (tab.2).

La questione della completezza della codifica riguarda un po’ tutte leRegioni, anche se per alcune di loro l’omissione della causa esterna rappresen-ta quasi la regola: in Umbria oltre l’85% delle schede presenta una codifica erra-ta o mancante e solo del 9% è possibile stabilire con certezza quale sia stata lacausa esterna del traumatismo. All’opposto, nella Provincia Autonoma diTrento, del 57% dei dimessi per traumatismo è stata esplicitata la causa esterna.

E’ qui opportuno notare che il 23% delle dimissioni attribuite ad “altro tipodi incidente” è una percentuale estremamente elevata. Infatti si dovrebbericorrere a questo codice nei casi che non rientrano tra quelli esplicitati.

Ritenendo importante migliorare la qualità di questa informazione,nell’Accordo Stato Regioni per la stesura delle “Linee guida per la codificadelle informazioni cliniche presenti nella scheda di dimissione ospedaliera”, si

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Tab. 2 - DISTRIBUZIONE % DEI CODICI DI TRAUMATISMOPER REGIONE – ANNO 2000

Regione Codice traumatismo Totale Totale traumatismi

omesso 1 - 5 9 altro

Piemonte 46.2 24.1 29.8 0.0 100.0 63,411 Valle d'Aosta 3.9 13.9 15.2 67.0 100.0 1,810 Lombardia 35.7 30.0 34.3 0.0 100.0 174,143 Prov. Aut. Bolzano 32.1 18.1 49.9 0.0 100.0 13,685 Prov. Aut. Trento 36.0 57.0 7.0 0.0 100.0 10,630 Veneto 61.2 20.7 18.1 0.0 100.0 80,009 Friuli V. Giulia 43.7 20.9 35.4 0.0 100.0 21,796 Liguria 66.4 13.3 20.2 0.0 100.0 39,497 Emilia Romagna 55.8 30.4 13.8 0.0 100.0 83,543 Toscana 58.6 22.5 18.8 0.0 100.0 70,363 Umbria 83.1 9.0 5.4 2.5 100.0 20,475 Marche 43.0 17.6 39.3 0.0 100.0 27,547 Lazio 65.1 25.2 9.7 0.0 100.0 94,343 Abruzzo 81.2 13.4 5.4 0.0 100.0 31,771 Molise 24.3 24.6 51.1 0.0 100.0 5,858 Campania 63.3 12.9 23.8 0.0 100.0 131,940 Puglia 76.4 14.0 9.6 0.0 100.0 90,668 Basilicata 85.6 10.5 3.9 0.0 100.0 12,609 Calabria 77.2 10.9 11.9 0.0 100.0 39,081 Sicilia 35.9 12.7 44.0 7.4 100.0 103,105 Sardegna 56.7 20.3 22.5 0.5 100.0 27,021

ITALIA 55.6 20.5 23.1 0.8 100.0 1,143,305

è ribadito che, qualora il ricovero sia causato da trauma, incidente o intossi-cazione, si deve dare indicazione della causa esterna che lo ha determinato.

In tab.3 è riportata le distribuzione dei ricoveri con almeno una diagnosi ditraumatismo, in base alla causa esterna che lo ha determinato. Si ricorda a talproposito che nel corso del 2000 sono stati 1.143.305 i casi di ricovero per trau-matismo.

In particolare, sono attribuibili ad incidente stradale 108.316 dimissioni,pari al 9,5% delle dimissioni con almeno una diagnosi di traumatismo.

L’elevata incidenza delle schede con codice di traumatismo mancante oerrato (56,4%) ci fa capire quanto siano sottostimate le dimissioni a seguito diincidente stradale.

Le iniziative volte a migliorare la segnalazione della causa esterna dovreb-bero essere rivolte direttamente alla direzione sanitaria dei singoli istituti affin-ché non sottovalutino l’importanza di questa informazione. Essa infatti oltre arappresentare un elemento fondamentale per il monitoraggio delle conse-guenze sanitarie degli incidenti stradali, consentirebbe di valutare gli effettidelle campagne di prevenzione adottate.

Una iniziativa che potrebbe essere adottata dalla direzione sanitaria è quel-la di attivare le misure idonee per garantire il passaggio dell’informazione dalpronto soccorso fino al reparto di dimissione.

Gli incidenti stradali

Con riferimento al regime di ricovero, oltre il 98% dei ricoverati a seguitodi incidente stradale viene dimesso da reparti che operano in regime didegenza ordinaria, la rimanente quota da reparti in cui si pratica attività in dayhospital.

Per quanto riguarda la distribuzione dei dimessi per tipo di attività ospe-daliera, si osserva che il 98,6% dei pazienti viene dimesso da reparti per il trat-tamento degli acuti, l’1,2% da reparti di riabilitazione, ed il restante 0,2% dareparti di lungodegenza.

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Tab.3 - DISTRIBUZIONE DEI RICOVERI PER CAUSA – anno 2000

CAUSA DEL TRAUMATISMO DIMESSI PESO %

Infortunio sul lavoro 33.821 3,0Infortunio in ambiente domestico 79.989 7,0Incidente stradale 108.306 9,5Violenza altrui 7.947 0,7Autolesione o tentativo di suicidio 3.879 0,3Altro tipo di incidente 263.890 23,1Codice errato o mancante 645.473 56,5

Totale 1.143.305 100,0

La forte concentrazione delle dimissioni da reparti per acuti è da attribui-re anche al fatto che per circa il 75% dei dimessi da reparti di riabilitazione edi lungodegenza è stata omessa la causa del traumatismo. Verosimilmente ciòavviene perché si perde memoria dell’evento che ha originato l’iter delle cureospedaliere.

Limitando l’analisi alle sole dimissioni in regime ordinario, si è osservatauna degenza media di 6,4 giorni per i dimessi da reparti per il trattamento degliacuti, di 50,2 giorni per i dimessi da reparti di riabilitazione, e di 44,9 giorni peri dimessi da reparti di lungodegenza.

In Fig.1 viene rappresentata la distribuzione geografica dei dimessi aseguito di incidente stradale.

Nella classe con il più elevato numero di dimessi per incidente stradale(tonalità più intensa di blu) troviamo la Lombardia con 22.167 dimessi, laCampania (10.952), il Lazio (10.950) e l’Emilia Romagna (10.367).

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FIG.1DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEI DIMESSI PER INCIDENTE STRADALE

oltre 10.000 (4)da 6.000 a 10.000 (5)oltre 10.000 (4)da 6.000 a 10.000 (5)da 2.000 a 6.000 (5)meno di 2.000 (7)

Nella classe successiva troviamo invece cinque regioni: Toscana (6.959),Puglia (6.778), Piemonte (6.630), Sicilia (6.566) e Veneto (6.331).

Con la tonalità più chiara di blu sono rappresentate la Liguria (3.247), laCalabria (3.185), la Sardegna (2.719), le Marche (2.496) ed il Friuli VeneziaGiulia (2.465).

Infine, sono evidenziate in bianco le regioni appartenenti all’ultima classe,quella con il minor numero di dimessi per incidente stradale: Abruzzo (1.875),Provincia Autonoma di Trento (1.269), Provincia Autonoma di Bolzano (993),Umbria (892), Basilicata (764), Molise (586) e Valle d’Aosta (115).

Tali dati sono influenzati sia da fattori territoriali (ad es. estensione e carat-teristiche della rete viaria, dotazione regionale delle strutture ospedaliere), siadalla qualità della codifica della causa esterna che, come abbiamo visto, variada regione a regione.

La distribuzione dei dimessi a seguito di incidente stradale per classe di etàmostra che il 65,7% dei casi si concentra nelle tre classi comprese tra 14 e 44anni (tab.4).

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Tab.4DISTRIBUZIONE PERCENTUALE RICOVERI PER INCIDENTE STRADALE NELLECLASSI DI ETA’NEI MASCHI E NELLE FEMMINE – anno 2000

100,012,816,835,720,89,14,7totale

100,017,919,531,418,67,55,1femmine

100,010,415,437,822,09,94,5maschi

65+45-6425-4418-2414-170 - 13 totaleclasse di età

Sesso

100,012,816,835,720,89,14,7totale

100,017,919,531,418,67,55,1femmine

100,010,415,437,822,09,94,5maschi

65+45-6425-4418-2414-170 - 13 totaleclasse di età

Sesso

Tab.5DISTRIBUZIONE PERCENTUALE RICOVERI PER INCIDENTE STRADALE PER SESSONELLE DIVERSE CLASSI DI ETA’ – anno 2000

100,0100,0100,0100,0100,0100,0100,0totale

32,945,838,328,929,327,035,5femmine

67,154,261,771,170,773,065,4maschi

65+45-6425-4418-2414-170 - 13 totaleclasse di età

Sesso

100,0100,0100,0100,0100,0100,0100,0totale

32,945,838,328,929,327,035,5femmine

67,154,261,771,170,773,065,4maschi

65+45-6425-4418-2414-170 - 13 totaleclasse di età

Sesso

Considerando separatamente i maschi e le femmine, nella suddetta classedi età, notiamo che per i primi tale valore sale al 69.7%, per le seconde scendeal 57,5%.

Considerando invece la distribuzione per sesso si nota come le dimissionia seguito di incidente stradale riguardano nel 67,1% dei casi i maschi e nel32,9% le femmine, con un rapporto di circa 2 a 1 (tab.5).

La prevalenza dei dimessi di sesso maschile si verifica in tutte le classi dietà considerate raggiungendo valori molto elevati nelle classi di età compresetra 14 e 44 anni.

L’analisi delle diagnosi riportate nelle SDO dei dimessi a seguito di inci-dente stradale è stata effettuata tenendo conto sia della diagnosi principale siadelle diagnosi secondarie. I codici di diagnosi presi in considerazione sonoquelli compresi tra 800 e 999 della classificazione ICD-IX-CM.

Sono state complessivamente esaminate 210.607 diagnosi, che corrispon-dono mediamente a circa due diagnosi di traumatismo per ciascun dimesso.

Nella tabella 6 sono stati riportati i blocchi di categoria della classificazio-ne ICD-IX-CM che nel loro insieme assommano l’89% delle diagnosi esamina-te. Nell’ultima colonna della tabella è stato riportato il peso di ciascun bloccodi categoria. Inoltre è stato riportato il peso di ciascun blocco di categoriaall’interno delle singole classi di età.

In particolare si osserva come all’interno della classe di età 0-13 anni i“Traumatismi intracranici esclusi quelli associati a frattura del cranio” hannoun peso maggiore di quello che si osserva considerando la totalità dei dimes-si (19,4 contro 15,1).

Per le classi di età 14-17 anni e 18-24 anni sono invece le “Fratture del cra-nio” ad avere un peso maggiore (rispettivamente 5,4 e 5,7 contro 4,9).

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Tab.6DISTRIBUZIONE PERCENTUALE RICOVERI PER INCIDENTE STRADALE PER SESSO ECLASSI DI ETA’ – anno 2000

4,94,94,24,75,75,44,4Fratture del cranio (800-804)

30,042,636,328,621,927,823,4Altre fratture (805-829)

12,36,111,415,114,49,94,4Lussazioni, distorsioni e distrazioni di articolazioni e muscoli adiac. (830-848)

15,115,013,514,216,915,719,4Traumatismi intracranici esclusi quelli associati a frattura cranio (850-854)

17,513,616,117,419,519,221,8Contusioni senza soluzione di continuo (920-924)

7,36,26,37,18,38,58,0Ferite aperte (870-897)

4,04,34,43,94,03,23,4Traumatismi interni del torace, dell’addome e della pelvi (860-869)

65+45-6425-4418-2414-170 - 13 totaleclasse di età

Blocchi di categoria ICD-IX-CM

4,94,94,24,75,75,44,4Fratture del cranio (800-804)

30,042,636,328,621,927,823,4Altre fratture (805-829)

12,36,111,415,114,49,94,4Lussazioni, distorsioni e distrazioni di articolazioni e muscoli adiac. (830-848)

15,115,013,514,216,915,719,4Traumatismi intracranici esclusi quelli associati a frattura cranio (850-854)

17,513,616,117,419,519,221,8Contusioni senza soluzione di continuo (920-924)

7,36,26,37,18,38,58,0Ferite aperte (870-897)

4,04,34,43,94,03,23,4Traumatismi interni del torace, dell’addome e della pelvi (860-869)

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Blocchi di categoria ICD-IX-CM

Per la classe di età 25-44 anni si segnala un peso più elevato delle“Lussazioni, distorsioni e distrazioni delle articolazioni e muscoli adiacenti”(15,1 contro 12,3).

Infine per le classi di età 45-64 anni e 65+ sono le fratture del collo, troncoe arti (“Altre fratture”) a pesare in misura maggiore (rispettivamente 36,3 e42,6 contro 30,0).

Conclusioni

L’analisi dei flussi informativi desumibili dalle schede di dimissione ospe-daliera relative all’anno 2000 mettono in mostra le elevate potenzialità diconoscenza ottenibili da questa fonte di dati. In particolare, accanto alle finali-tà legate alla valutazione dell’attività ospedaliera e del relativo onere econo-mico, l’utilizzo delle informazioni presenti nelle SDO appare di grande inte-resse sia per finalità statistico-epidemiologiche di carattere generale, finalizza-te all’analisi dello stato sanitario del Paese, sia per finalità più specifiche comeil monitoraggio degli effetti di campagne di prevenzione.

Certamente, però, non possiamo non rimarcare la necessità di migliorare lacorrettezza e la completezza del flusso informativo delle SDO mediante unmaggior coinvolgimento delle Regioni al quale, però, deve corrispondere l’in-dividuazione e l’eventuale rimozione delle criticità relative al processo diacquisizione dei dati.

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La sorveglianza del Pronto Soccorso nella determinazione degli accessi per incidentestradale: l’esperienza della Regione Lazio*

Gabriella Guasticchi, Antonella Polenta, Maurizio Di Giorgio, Paolo Giorgi Rossi

Agenzia di Sanità Pubblica - Regione Lazio

Introduzione

Nella Regione Lazio su circa 5.4 milioni di abitanti si registrano circa 1.645decessi per anno dovuti a trauma, di cui il 73.5% nella città di Roma (1). La mor-talità associata agli incidenti stradali rappresenta il 6,14% della totalità deidecessi per trauma (1). Il Piano Sanitario Nazionale si pone l’obiettivo di ridur-re la mortalità per incidente stradale in media del 20% e comunque non menodel 20% nella fascia di età compresa fra i 15 e i 24 anni (2), il cui tasso di mor-talità, rilevato dall’ISTAT nell’anno 1998 (3. Istat 98), è pari a 28.9 su 100.000residenti per i maschi e a 6.6 su 100.000 per le femmine. Il Piano Nazionale perla Sicurezza Stradale, elaborato su iniziativa del governo, mira, invece, a unariduzione del 40% del numero dei morti e dei feriti sulle strade entro l’anno2010 (4).

Nel Lazio, prima dell’attivazione del sistema informativo dell’emergenzasanitaria, che ha reso possibile monitorare la casistica degli accessi nei ProntoSoccorso per incidente stradale, questa tipologia di eventi era desumibile o dalregistro cartaceo di Pronto Soccorso, in quanto esisteva l’obbligo di registra-zione degli incidenti stradali, o da altre fonti informative indirette: quali ilRENCAM (Registro Nominativo delle Cause di Morte) (1) e il SIO (SistemaInformativo Ospedaliero) (5) attraverso il quale si può seguire il percorso cli-nico del paziente ricoverato. Si deve, inoltre, considerare che i dati riguardan-ti gli infortuni da incidente stradale sono rilevati da soggetti diversi (forze del-l’ordine, compagnie di assicurazione, ACI), ciascuno dei quali ha differentimetodi e obiettivi rispetto alla rilevazione stessa. Per questo motivo è spesso

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* Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito dell’Accordo Quadro tra IstitutoSuperiore di Sanità e ASP - Lazio sui problemi degli incidenti e della violenzae fa parte delle ricerche promosse all’interno del Progetto DATIS (AccordoQuadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sulla sicurezza stradale).

difficile ricostruire le dinamiche che legano l’incidente con le conseguenzesulla salute. Così come è spesso problematico ricostruire e descrivere gliaspetti che riguardano, oltre alla morbosità e mortalità, gli esiti in termini didisabilità e inabilità e i costi sociali e sanitari che da esse derivano. Ciòdetermina incompletezza nella descrizione del fenomeno e difficoltà ad avereinformazioni su cui strutturare e valutare l’attività di prevenzione. E’ utilepertanto disporre di un sistema di sorveglianza che permetta di descrivere ilfenomeno degli infortuni da incidente stradale, di monitorarne l’andamento eavere un punto di riferimento per la valutazione dell’impatto degli interventidi prevenzione. Tale sistema si basa sull’utilizzo di indicatori descrittivi dispecifici aspetti del fenomeno, ricavabili da data base comuni, attendibili,facilmente e uniformemente rilevabili e omogenei nei contenuti.

Nell’ambito della riorganizzazione del sistema Emergenza/ Urgenza delLazio, l’esigenza di valutare le caratteristiche della domanda di cure urgenti, ilprocesso assistenziale e i suoi esiti ha posto le basi per l’istituzione del SistemaInformativo dell’Emergenza Sanitaria (SIES), a integrazione del SistemaInformativo Ospedaliero (SIO). Tale sistema, preposto alla registrazioneomogenea delle attività ospedaliere di PS/DEA, è stato attivato, ai sensi dellaDGR 7628/1999, dal 1 gennaio 1999(6). La rete di emergenza si estende sulterritorio regionale con 60 strutture, suddivise, in base al grado dispecializzazione, alla dotazione di attrezzature diagnostiche, al tipo di cureofferte, in PS e DEA di 1° e 2° livello. All’interno di ciascuna struttura sonotenuti all’adempimento dell’obbligo informativo SIES sia i Pronto Soccorsogenerali, che eventuali Pronto Soccorso di specialità. Lo strumento informaticodi supporto alle attività di PS è rappresentato da GIPSE (GestioneInformazioni Pronto Soccorso Emergenza) che consente l’assolvimentodell’obbligo informativo del SIES. GIPSE si articola in due moduli: GIPSE/PS,per la gestione dei PS e per la raccolta delle informazioni SIES e GIPSE/AC perl’accettazione e il controllo della qualità degli archivi SIES.

I dati, archiviati su supporto magnetico, vengono trasmessi, con cadenzatrimestrale, all’Agenzia di Sanità Pubblica (ASP), dove vengono sottoposti aprocedure per verificarne la conformità, la completezza e la qualità, nonché acontrolli analitici. Le aree informative del SIES sono rappresentatedall’anagrafica del paziente, dalle modalità e condizioni cliniche all’entrata,dalle diagnosi e procedure e dall’esito dell’assistenza prestata. Al fine di renderepiù esaustive le informazioni raccolte, in alcuni campi, quali modalità di entrata,inviato da, problemi principali, triage, luogo del trauma, esito, sono state inseritealcune specifiche volte a conferire una descrizione più dettagliata del fenomeno.

Per garantire la riservatezza dei dati personali sensibili, ai sensi degli artt.22 e 23 della legge 675/96 (7), il trattamento dei dati avviene attraverso l’usodi due file disgiunti (file A: dati anagrafici; file B: dati sanitari). Ilricongiungimento dei file avviene solo per il tempo necessario alla fase diaccettazione, al termine della quale vengono prodotti dei report, indicanti,per ciascuna informazione, la percentuale di errore riscontrata.

La rilevazione dei dati relativi agli accessi per trauma da incidente stradale

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nelle strutture dell’emergenza del Lazio consente, quindi, di descrivere l’anda-mento del fenomeno sia per quanto riguarda la morbosità e mortalità, sia perquanto riguarda la gravità delle lesioni conseguenti al trauma. Attraverso linka-ge con altri sistemi informativi sanitari è possibile seguire il percorso, negliaspetti diagnostico-terapeutici e negli esiti, del paziente che dalla struttura dipronto soccorso sia stato successivamente ricoverato in reparto di degenzamedica o chirurgica. Tale rilevazione, inoltre, costituisce la base per attivare,monitorare e valutare le iniziative rivolte alla prevenzione del rischio specifico.

orso za)Materiali e Metodi

La fonte dei dati. Sono stati utilizzati i dati del Sistema Informativodell’Emergenza Sanitaria, riferiti agli accessi in Pronto Soccorso nell’anno2000, per un totale di 1.980.343 record. Nello studio sono state prese in consi-derazione le seguenti variabili: problemi principali, luogo del trauma, diagno-si principale, modalità di accesso, triage, esito, distretto corporeo. Alcune diqueste variabili, quali la modalità di accesso, l’esito e l’ora di arrivo in ProntoSoccorso sono state, poi, rapportate al triage.

Criteri di selezione degli incidenti stradali (figura 1). Sono stati utilizzati i1.980.000 accessi al PS del 2000 rilevati dal sistema informativo al 30/9/2001.Sono stati selezionati gli accessi dove la variabile luogo del trauma, che deveessere compilata solo in caso di trauma, riportava la modalità “strada”. Daquesti sono stati selezionati tutti quelli con diagnosi principale o secondaria ditrauma (codici ICD 9 CM 800-959), eccetto le diagnosi di corpo estraneo in ore-fizio diverso dall’occhio e postumi remoti di trauma (i codici ICD-9-CM sonoriportati in appendice). Gli accessi senza una diagnosi di trauma sono statiscartati con l’eccezione delle diagnosi che più probabilmente potevano sotten-dere a complicanze immediate di un trauma come, ad esempio, cervicalgia oemorragia intracranica (i codici ICD-9-CM sono riportati in appendice). Dalcorpus di accessi così ottenuto sono stati esclusi i ricoveri con problemi prin-cipali in palese contrasto con l’accesso per incidente stradale: “ricovero pro-grammato”, “febbre”, “intossicazione” ecc. Sono stati inoltre scartati gli acces-si con date di accesso anteriori al 1/1/2000 o posteriori al 31/12/2000.

Per stimare la sensibilità della definizione di accesso al Pronto Soccorso perincidente stradale è stata scelta una diagnosi molto specifica dell’incidenteautomobilistico, la distrazione della cervicale (codice 847.0) comunementedetta “colpo di frusta”. È stata poi calcolata la percentuale di queste diagnosicatturata dai criteri adottati per la definizione di incidente stradale.

Analisi. Per stimare la copertura per area geografica (le cinque provincepiù Roma città) è stata adottata un’ipotesi di distribuzione poissoniana degliaccessi per istituto per mese. Per ottenere un numero di accessi atteso è statacalcolata la media mobile di cinque mesi, il mese stesso, i due precedenti e idue successivi, degli accessi al pronto soccorso per mese per ogni istituto, daquesta media sono stati esclusi i mesi con zero, 1 o 2 accessi. È stata calcolatauna soglia minima di accettabilità del numero di accessi uguale alla media

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meno due deviazioni standard poisson. I mesi con zero, 1 e 2 accessi e quellisotto la soglia sono stati sostituiti con la media mobile. Per i pronto soccorsoche non hanno mai inviato dati nel 2000 l’atteso è stato considerato pari allamedia di accessi attesi degli altri PS della stessa area geografica, escludendo leaziende ospedaliere.

La variabile triage è un codice di urgenza del paziente che viene attribuitoal momento dell’accesso al PS, comunemente utilizzato per valutare la gravitàdel caso: rosso = trattamento non differibile, paziente con compromissionedelle funzioni vitali; giallo = mediamente critico, priorità intermedia; verde =interventi differibili; bianco = casi non gravi non di competenza del PS.

La variabile distretto corporeo è stata desunta dalle diagnosi; in caso fos-sero presenti altre diagnosi oltre alla principale riferite a diversi distretti, èstata attribuita la modalità “multiplo”. La popolazione residente utilizzata peril calcolo dei tassi è quella ISTAT 1998.

Risultati

Gli accessi con luogo del trauma “strada” sono risultati 170900, di questi138600 riportavano una diagnosi di trauma. Dai primi sono stati esclusi 5100con diagnosi di corpo estraneo in orifizio, o postumi remoti di trauma; dai32300 accessi senza alcuna diagnosi di trauma ne sono stati recuperati 19700con diagnosi compatibili con complicanze immediate di un trauma. Sono statipoi scartati 3000 ricoveri perché il motivo principale era in contraddizione conun trauma da incidente stradale e 700 con date incongruenti. Sono stati cosìselezionati 156000 accessi per incidente stradale.

Le diagnosi per colpo di frusta, catturate dai criteri di selezione degli inci-denti stradali, sono pari al 58% (8049/14010) e rappresentano il 5.2% delle dia-gnosi all’interno degli incidenti stradali e lo 0.3% dei restanti accessi (tabella 1).

La copertura del sistema informativo, stimata attraverso l’ipotesi di unadistribuzione poissoniana degli accessi al pronto soccorso per mese, èdell’89.2% per l’intera regione. Tutte le aree geografiche hanno una coperturastimata superiore al 90%, con l’eccezione delle province di Frosinone e diRoma città, dove alcuni PS non hanno inviato dati e di altri mancano alcunimesi (tabella 2).

La tabella 3 mostra la distribuzione degli accessi per incidente stradale peresito. Nei morti sono inclusi sia i giunti cadavere, sia i deceduti al PS. L’82.8%degli accessi si risolve con una dimissione immediata, il 16.6% esita nella pro-posta di ricovero da parte dei medici del pronto soccorso che viene rifiutatanella metà dei casi.

L’incidenza di accessi al PS è di 2953/100000 abitanti anno, la mortalità inambulanza o in PS è di 1.9/100000 abitanti anno, l’incidenza di ricovero (rico-verati e trasferiti) è di 244/100000 abitanti anno.

I maschi rappresentano il 58.7 degli accessi. La figura 2 mostra l’andamen-to del tasso d’incidenza per sesso ed età. È evidente il picco che ha il suo mas-simo nelle classi di età fra i 16 e i 25 anni dove nei maschi giunge a circa 8000

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accessi per 100000 abitanti l’anno e nelle femmine a 5000. La figura 3 mostra la percentuale di accessi al pronto soccorso avvenuti con

trasporto d’urgenza per ogni triage. La percentuale di accessi avvenuti con tra-sporto d’urgenza sul totale è del 23%, ma varia in base alla gravità del triage:la quasi totalità dei triage rossi, che rappresentano lo 0.5% del totale, è avve-nuta con trasporto d’urgenza; i triage gialli, 4% del totale, accedono per il 70%tramite trasporto d’urgenza; nei triage verdi, che sono più del 70%, i trasportid’urgenza scendono a meno del 25%; nei triage bianchi, che sono il 22%, nonarriva al 10%. Nel 13.7% degli accessi il triage non è stato attribuito, questiaccessi hanno un percentuale di trasporto d’urgenza di poco superiore allamedia totale.

Anche l’esito è strettamente legato alla gravità del triage (figura 4): la quasitotalità degli accessi con triage rosso esita in un ricovero o in un trasferimen-to, mentre i triage bianchi esitano quasi tutti in dimissione a domicilio; la nonadesione da parte del paziente alla proposta di ricovero avviene più spesso neitriage gialli e verdi e nei casi in cui triage non è stato attributo.

La figura 5 mostra l’incidenza per area geografica. Il range va da1377/100000 di Frosinone a 3355/100000 di Latina. L’incidenza dell’area urba-na di Roma non si discosta dalle altre.

Gli arti sono il distretto corporeo interessato nel 44% degli accessi, segue ilcollo con il 26% e l’encefalo con il 15.8%, torace e addome contribuiscono percirca l’1% ciascuno; i traumi multipli sono il 7.8%. Il 4.2% degli accessi ha unadiagnosi mal definita per la localizzazione del trauma (figura 6).

I distretti con una maggior quota di triage gravi sono addome, torace edencefalo, e i traumi multipli. Le diagnosi che interessano il collo e le mal defi-nite per la localizzazione del trauma presentano un’alta proporzione di triagebianchi.

Discussione

L’archivio SIES che, come abbiamo visto ha una copertura per l’anno 2000vicina al 90% di tutti gli accessi al pronto soccorso, ha permesso di misurare,per la prima volta nella regione Lazio, l’entità delle conseguenze sanitarie deitraumi avvenuti sulla strada.

Si è cercato di valutare la qualità dei criteri di selezione utilizzati per indi-viduare e selezionare le conseguenze degli incidenti stradali all’interno deldataset del SIES, i risultati ottenuti sono incoraggianti: infatti circa il 60% dellediagnosi di “colpo di frusta”, un trauma che supponiamo essere molto speci-fico dell’incidente automobilistico anche se non esclusivo, sono rientrati nelladefinizione di incidenti stradali.

Il numero di accessi per incidente stradale individuati dai criteri di selezio-ne sono 149500 per il 2000, con un tasso di incidenza di 2769 casi per 100000 abi-tanti anno, e un tasso di ricoveri di 244/100000. La magnitudo di questi tassi èmaggiore di quella riscontrata dalle rilevazioni periodiche dell’ISTAT, per il 200023407 feriti, cioè 433 casi /100000 (8). La definizione di caso basata sull’accesso

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al pronto soccorso è sicuramente diversa da quella di ferito adottata dalla rile-vazione ISTAT. È probabile che molti dei casi rilevati dal SIES siano casi non suf-ficientemente gravi per essere segnalati dalle fonti della rilevazione ISTAT: poli-zia, carabinieri e vigili urbani. Il SIES, essendo un sistema informativo sanitario,permette di valutare la gravità delle conseguenze in maniera analitica fino alla

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diagnosi formulata dal medico di pronto soccorso. L’accesso al pronto soccorso,e in particolar modo l’accettazione o il trasporto in ambulanza, è il momento piùvicino all’evento incidente a cui assista un medico o un infermiere, quello dovela raccolta anamnestica delle cause esterne è più immediata.

I risultati del progetto SISI (riguardante gli accessi al PS per cause acci-dentali e violente in tre regioni, Liguria, Marche e Molise) avevano già messoin evidenza che il fenomeno delle conseguenze sanitarie degli incidenti stra-dali ha dimensioni più grandi di quanto emerge dalle rilevazioni ISTAT: sonostati riscontrati nel 1996 1430 accessi al PS/100000 abitanti e 270 ricove-ri/100000 (9). Mentre il dato sui ricoveri è sostanzialmente simile a quellorilevato nella regione Lazio per il 2000, il dato sugli accessi è circa la metà.Questa differenza potrebbe essere spiegata con un aumento di incidenza del100% del fenomeno dal 1996 al 2000; ma potrebbe, più semplicemente, esseredovuta a un differente utilizzo dei PS, ad esempio una maggiore accessibilitàper i pazienti nel Lazio rispetto alle regioni interessate dal progetto SISI (9).

Iniziative future

Il corpus di eventi, accessi al pronto soccorso, legati a incidenti stradali cosìselezionato sarà la base per costruire un archivio sanitario degli incidenti strada-li nella regione Lazio attraverso il linkage nominativo con il Sistema InformativoOspedaliero (5) e il Sistema Informativo dell’Assistenza Specialistica (10) che rac-colgono, il primo tutti i ricoveri avvenuti nel Lazio e il secondo tutte le presta-zioni ambulatoriali. Inoltre il registro nominativo delle cause di morte (REN-

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CAM) (1) può completare il quadro fornendo informazioni sui decessi avvenutiin strada prima ancora di ogni intervento sanitario (figura 7).

È previsto che il SIES in futuro raccolga informazioni dettagliate sullemodalità dell’incidente stradale attraverso una specifica scheda aggiuntiva.

APPENDICE

Diagnosi non trauma incluse nella selezione

codice ICD-9-CM Descrizione

285.1 anemia postemorrargica acuta286 difetti della coagulazione360.5-360.9 corpo estraneo nell'occhio e altre malattie del globo oculare361 distacco della retina362.8-362.9 altre affezioni della retina363.6-363.9 emorragia, rottura, distacco e altre affezioni della coroide364.7-364.9 aderenze, rotture e altre alterazioni dell'iride e del corpo ciliare369 cecità e ipovisione372.00;372.20;372.30; 372.39 congiuntivite e blefarocongintuvite acute e non specificate372.71-372.73 iperemia emorragia e edema congiuntivale374.81;374.83;374.86; emorragia, edema, corpo estraneo e altre affezioni delle

374.89;374.9 palpebre 376.32;376.33;376.47;376.6; emorragia, edema,deformazioni, corpo estraneo e altre376.89;376.9 affezioni dell'orbita379.21-37 degenerazione, emorragia, prolasso e altre affezioni del

corpo vitreo379.32-379.39 sublussazione, dislocazione, altre affezioni del cristallino

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379.9 disturbi non specificati dell'occhio e degli annessi380.22 altre otiti esterne acute380.31;380.39 ematoma e altri disturbi non infettivi del padiglione auricolare380.89;380.9 altri disturbi orecchio esterno381.03 otite media acuta sanguinante384.00;384.09 timpanite acuta 384.2 perforazione membrana timpanica384.9 disturbi non specificati della membrana timpanica386.10;386.11;386.19 altre vertigini periferiche386.2 vertigine di origine centrale386.9 sindromi vertiginose e disturbi del labirinto non specificati386.6 otorrea388.8 altri disturbi dell'orecchio 430;431;432.1;432.9 emorragia subaracnoidea, cerebrale, subdurale e intracranica

non specificata470 deviazione del setto nasale512 pneumotorace525.1;525.9 perdita e altre malattie dei denti623.6;624.5 ematoma vaginale e della vulva703.9 affezioni non specificate dell'unghia717 lesioni interne del ginocchio718.0-718.4;718.6-718.9 altre lesioni articolari,escluse anchilosi719.0;719.1;719.4-719.7; versamento articolare, emartro, dolore e rigidità 719.9 articolare, zoppia e altri disturbi articolari722.0-722.7;722.9 patologie dei dischi intervertebrali, esclusa insufficienza

vertebrale postlaminectomia723.1;723.4;723.5;725.8; cervicalgia, torcicollo e altre patologie regione 723.9 cervicale724.1;724.3;724.5-724.7; rachialgia dorsale, sciatalgia, dorsalgia, patologie del sacro e

del coccige

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727.3 borsiti727.50;727.59 rottura della sinovia726.6 rottura del tendine727.81;727.9 altre patologie della sinovia, tendine, borse728.4;728.5 lassità legamentosa728.83-728.85;728.9 rottura, diastasi, contrattura e altri disturbi dei legamenti e

delle fasce729.5;729.6;729.81;726.89 dolore, corpo estraneo, edema e altri sintomi degli altri733.0;733.1;733.4;733.9 osteoporosi, frattura patologica, necrosi asettica delle ossa e

altri disturbi dell'osso e della cartilagine738.0 deformazioni acquisite del naso780.0 alterazioni della coscienza782.2;782.3;782.9 tumefazioni, edema, altri sintomi della pelle784.7;784.9 epistassi, tumefazioni, e altri sintomi della testa e del collo786.50;786.52;786.59;7866 tumefazione, dolore toracico,respirazione dolorosa

Diagnosi trauma escluse dalla selezione

codice ICD-9-CM Descrizione

870.4;871.5;871.6;910.6; corpo estraneo in orefizio naturale, escluso l'occhio910.7;911.6;911.7;912.6;912.7;913.6;913.7;914.6;914.7;915.6;915.7;916.6;916.7;917.7;919.6;919.7931-939905-909 postumi di traumatismi, avvelenamenti, effetti tossici ed altre

cause esterne

BIBLIOGRAFIA

1) Michelozzi P, Capon A, Barca A, Fano V, Greco A, Kierchmayer U, Peano MR, Perucci CA. La mor-talità a Roma e nel Lazio, 1993-1998. Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio, Roma, 2001.2) Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, G.U. della Repubblica Italiana Parte I N.201/98.3) ISTAT- ACI. Statistica degli incidenti stradali. Anno 1998. Informazioni n. , ISTAT, Roma, 1999.4) Legge 17 maggio 1999, n. 144 SO n. 99/L alla GU 22 maggio 1999, n.118.5) Arcà M, Cesaroni G, De Pascali V, Di Lena P, Ferro S, Materia E, Papini P, Perucci CA. Rapportosull’attività di assistenza ospedaliera nel Lazio, RAD 1997. Progetto Salute, 1998; 41.6) Deliberazione della Giunta Regionale n. 7628 del 22.12.1998 “Attivazione Sistema Informativosull’Emergenza Sanitaria (SIES), integrazione del Sistema Informativo Ospedaliero.7) Legge 31 dicembre 1996, n. 685 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento deidati personali”.8) ISTAT-ACI. Statistica degli incidenti stradali. Anno 2000. Informazioni n. 38, ISTAT, Roma, 2001.9) Taggi F, Di Cristofaro Longo G. I dati socio-sanitari della sicurezza stradale (progetto DATIS). ISS,Roma, 2001.10) Balducci M, Cacciani L, D’Ippoliti D, Montiroli PM, Papini P, Perucci CA, Petrelli A, Saitto C, TorriC, Trifelli S, Vantaggiato G. Rapporto sull’attività di assistenza specialistica nel Lazio, SIAS 1999.Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio, Roma, 2001.

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Valutazione del numero di accessi al ProntoSoccorso in seguito ad incidente stradale: sperimentazione nella regione Toscana di una tecnica rapida*

Francesco Cipriani1, Chiara Lorini1, Eva Buiatti2, Franco Taggi3

1 Agenzia Regionale di Sanità, Osservatorio di Epidemiologia, Regione Toscana2 Dipartimento Sanità Pubblica, Università di Firenze3 Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità

1. Introduzione

E’ ben noto come le cifre relative agli aspetti sanitari della sicurezza stra-dale presentino molti problemi. Infatti, le specifiche statistiche degli incidentistradali si riferiscono agli incidenti che vengono verbalizzati e avendo comeunità statistica studiata l’incidente, non gli infortunati, risultano relative aduna parte del fenomeno e solo in termini accessori dedicate agli aspetti sanita-ri. Tutto questo comporta sottostime di mortalità e morbosità. Tra le statistichepiù squisitamente sanitarie, la mortalità nell’anno, il migliore indicatore adoggi per questo aspetto, si rende disponibile in tempi ancora troppo dilatati; leschede di dimissione ospedaliera (SDO), fondamentali per quantificare ilnumero di ricoveri e la tipologia e gravità delle lesioni che dagli incidenti stra-dali conseguono, hanno il problema che non tutti gli eventi vengono caratte-rizzati per la causa esterna (in una quota ragguardevole di SDO, questa non èindicata); anche gli accessi al Pronto Soccorso, misura assai sensibile della“massa” delle conseguenze sanitarie di questo fenomeno, non riportano nellaquasi totalità dei casi la causa esterna.

Abbiamo, perciò, stime globali da diverse fonti che differiscono tra loro perun ordine di grandezza. Le statistiche degli incidenti stradali parlano di235.142 incidenti, 6.682 morti e 334.879 feriti (anno 2001); la mortalità nell’an-no fornisce un numero di morti che è in genere superiore a quello visto del

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* Il presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto DATIS (DatiIncidenti Stradali, linea C: morbosità, finanziato dal ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti), del progetto EPIV (Epidemiologia ePrevenzione degli Incidenti e della Violenza, finanziato dall’Istituto Superioredi Sanità) e dell’accordo in corso di formalizzazione tra ARS Toscana e ISS suiproblemi degli Incidenti e della Violenza.

30% (ultimamente, questa differenza si sta collocando al di sotto del 20%); leSDO, almeno quelle correttamente compilate, segnalano che il numero di sog-getti ricoverati nell’anno in seguito ad incidente stradale è intorno a 150.000;studi effettuati dall’ISS presso il Pronto Soccorso tra il 1989 e il 1995, stimava-no il numero di accessi per incidente stradale intorno alle 800.000 unità; proie-zioni più recenti, effettuate dall’ISS sulla base dei dati del sistema SIES dellaregione Lazio, collocano questo numero intorno a 1.500.000.

In attesa che i sistemi informativi migliorino, abbiamo messo a punto unatecnica rapida per stimare il reale numero di accessi al pronto soccorso perincidente stradale su scala nazionale. L’idea è quella di far registrare per unasettimana ad un campione di Centri di Pronto Soccorso il numero di presta-zioni erogate e quante tra queste fossero relative ad incidenti stradali. Questastima è chiaramente di massima, ma ha una sua validità in quanto il fenome-no è sostanzialmente “spalmato” nel corso dell’anno. Peraltro, distribuendoopportunamente le settimane di rilevazione sul campione nazionale da utiliz-zare, la stima può essere resa più accurata.

Comunque, obiettivo primario resta valutare in termini affidabili il nume-ro attuale di accessi al Pronto Soccorso per incidente stradale e conoscere traquesti quanti vengono ricoverati, in modo da poter disporre anche di un fat-tore correttivo per la non completa indicazione della causa esterna sulle SDO.

La sperimentazione di cui riferiamo i risultati è stata effettuata nella setti-mana tra il 21 e il 27 ottobre 2002, su un consistente campione di Centri diPronto Soccorso della Regione Toscana.

2. Materiali e metodi

Le fonti dei dati di interesse epidemiologico sugli incidenti stradali dispo-nibili su tutto il territorio regionale sono numerose, alcune anche stabilizzateo ruotinarie. La fonte ufficiale di dati relativi agli incidenti stradali è rappre-sentata dall’ISTAT, in particolare dai rapporti statistici di incidente stradale(ISTAT/ACI CTT-INC), redatti dalle Autorità di polizia intervenute sul luogodell’evento, e dai certificati di decesso. Entrambi sono diffusi su tutto il terri-torio nazionale: i primi consentono di avere informazioni dettagliate sul luogodell’evento, ma presentano una sottostima cospicua variabile da zona a zona,in parte dovuta al fatto che solo una parte dei sinistri vengono rilevati dalleForze dell’ordine. Le schede di dimissione ospedaliera sono un’altra impor-tante fonte di informazioni relative agli incidenti stradali, anche se l’elevatapercentuale di ricoveri codificati come dovuti ad “altro tipo di incidente ointossicazione” che frequentemente compare è indice di una non accuratezzanella compilazione dei dati.

Il Pronto Soccorso rappresenta sicuramente l’unica fonte in grado di forni-re informazioni relative ai feriti lievi o supposti tali che non vengono ricove-rati. Purtroppo, il grado di informatizzazione e la disponibilità di archivi com-puterizzati nei Pronto Soccorso varia sul territorio nazionale. Anche inToscana, è emersa una carenza di dotazione di strumenti, una notevole varia-

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bilità del tipo di dati raccolti, ed anche una difficoltà ad estrarre ed elaborare idati quando disponibili. Per tali motivi, e come punto di partenza per poterutilizzare i Pronto Soccorso come fonte di dati sugli incidenti stradali, data laloro centralità anche in questo evento, abbiamo effettuato una rilevazionedegli accessi ai principali Pronto Soccorso toscani in una settimana campione( 21-27 ottobre 2002).

Ai principali Pronto Soccorso toscani abbiamo richiesto di rilevare in unasettimana campione (21-27 ottobre 2001):• il numero di accessi per incidente stradale e gli esiti (numero di soggetti rico-verati, trasferiti, deceduti o giunti cadaveri) per giorno della settimana, con-sultando soltanto l’archivio cartaceo, anche nel caso in cui fosse presente unarchivio informatizzato. Tale metodologia di rilevazione ha permesso di otte-nere informazioni anche dai Pronto Soccorso non informatizzati;• il numero di accessi per incidente stradale nella settimana campione secon-do l’archivio informatizzato, se presente, in maniera da valutare il grado diconcordanza tra tali fonti;• il numero di accessi per tutte le cause nella settimana campione.

Ai Pronto Soccorso è stato inoltre richiesto, all’inizio del 2003, il numero diaccessi per tutte le cause in tutto il 2002. I Pronto Soccorso che hanno partecipatoalla rilevazione sono stati circa il 50% di quelli presenti in Toscana, e, comunque,tutti i principali. In particolare hanno partecipato quelli dei presidi ospedalieri di:Massa, Carrara, Fivizzano e Pontremoli della ASL 1 , Campo di Marte di Lucca edella Valle del Serchio della ASL 2, Misericordia e Dolce di Prato della ASL 4, Lottidi Pontedera della ASL 5, Campostaggia di Poggibonsi ASL 7, Grosseto della ASL9, S. Giovanni di Dio, Santa Maria Nuova, Santa Maria Annunziata,Borgo SanLorenzo della ASL 10, Empoli della ASL 11, Versilia della ASL 12, AO Pisana(Santa Chiara), AO Senese (Le Scotte), AO di Careggi-Firenze (CTO).

3. Risultati e discussione

Un quadro analitico dei dati rilevati è riportato in tab. 1.

Tabella 1. Accessi ai Pronto Soccorso toscani che hanno partecipato alla rilevazionenella settimana dal 21 al 27 ottobre 2002 per giorno di rilevazione.

ASL 1 MS ASL 1 MS ASL 1 MS Massa Carrara Fivizzano

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 5 85 6 3 56 5 1 16 6MARTEDI 9 87 10 4 69 6 0 14 0MERCOLEDI 2 74 3 5 73 7 0 11 0GIOVEDI 10 95 11 8 69 12 0 19 0VENERDI 7 67 10 10 76 13 0 18 0SABATO 9 78 12 6 68 9 0 18 0DOMENICA 2 68 3 3 51 6 0 12 0TOTALE 44 554 8 39 462 8 1 108 1

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ASL 1 MS ASL 1 MS ASL 2 LUPontremoli Aulla Campo di Marte

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 1 31 3 0 1 0 20 141 14MARTEDI 1 30 3 0 4 0 14 133 11MERCOLEDI 0 17 0 1 10 10 13 144 9GIOVEDI 1 20 5 0 6 0 22 100 22VENERDI 0 22 0 0 1 0 16 111 14SABATO 2 32 6 0 11 0 20 144 14DOMENICA 0 18 0 0 4 0 4 123 3TOTALE 5 170 3 1 37 3 109 896 12

ASL 2 - LUCCA ASL 4 - PRATO ASL 5 - PISAValle del Serchio Misericordia e Dolce Pontedera

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 4 28 14 28 178 16 11 - -MARTEDI 1 24 4 25 153 16 23 - -MERCOLEDI 3 27 11 19 176 11 13 - -GIOVEDI 1 34 3 24 170 14 5 - -VENERDI 2 27 7 31 180 17 21 - -SABATO 5 27 19 16 137 12 10 - -DOMENICA 6 32 19 21 175 12 9 - -TOTALE 22 199 11 164 1169 14 92 1024 9

AO PISANA ASL 7 - SIENA AO SENESEPoggibonsi

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 19 187 10 4 - - 11 114 10MARTEDI 9 118 8 7 - - 17 137 12MERCOLEDI 9 150 6 4 - - 10 101 10GIOVEDI 17 157 11 4 - - 8 95 8VENERDI 13 186 7 6 - - 12 127 9SABATO 6 182 3 5 - - 16 101 16DOMENICA 6 179 3 10 - - 16 112 14TOTALE 79 1159 7 40 594 7 90 787 11

ASL 9 - GROSSETO ASL 10 - FIRENZE ASL 10 - FIRENZE S. Giovanni di Dio S. Maria Nuova

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 8 97 8 17 117 15 16 - -MARTEDI 5 102 5 28 136 21 14 - -MERCOLEDI 5 86 6 16 128 13 8 - -GIOVEDI 11 100 11 15 129 12 3 - -VENERDI 5 81 6 8 110 7 5 - -SABATO 9 103 9 13 124 10 9 - -DOMENICA 4 94 4 16 134 12 6 - -TOTALE 47 663 7 113 878 13 61 734 8

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1169 11591024

896 878 878 851 787 734 725 663 616 594 554462

199 170 108 37

448

0

300

600

900

1200

1500

PO - Pra

to

AO Pisa

na

PI - P

onte

dera

LU -

Lucc

a

FI - S

.Giov

anni

di Dio

Viareg

gio

AO Car

eggi

C.T.O

.

AO Sen

ese

FI - S

. Mar

ia Nuo

va

Empo

li

GR - Gro

sset

o

FI - S

. Mar

ia Ann

unzia

ta

SI - P

oggib

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MS -

Mas

sa

MS -

Carra

ra

FI - B

orgo

S.L

oren

zo

LU -

Valle

del S

erch

io

MS -

Pontre

moli

MS -

Fivizz

ano

MS -

Aulla

PS

N a

cces

si

Tabella 2. Accessi ai principali pronto soccorso toscani ed esito dell’accesso nellasettimana 21-27 ottobre 2002 per ASL.

ASL accessi per i.s. % % % %ricoverati rifiuto trasferiti % deceduti

ricovero

ASL 1- MS 90 14,4 10,0 1,1 0,0ASL 2 - LU 131 5,3 0,0 0,0 0,0ASL 4 - PO 164 3,7 0,6 0,6 0,0ASL 5 - PI + AO 172 9,9 0,6 0,0 0,0ASL 7 - SI + AO 130 10,0 0,0 0,0 0,0ASL 9 - GR 47 2,1 0,0 0,0 0,0ASL 10 - FI + AO 581 6,7 4,8 1,2 0,0ASL 11 - EMP 58 6,9 0,0 0,0 0,0ASL 12 - VIAR 77 6,5 3,9 1,3 0,0Totale 1450 7,2 2,9 0,7 0,0

Fig. 1. Accessi ai principali pronto soccorso toscani per tutte le cause nella settimana 21-27 ottobre 2002.

26.3 25.9

14.0 12.9 12.2 11.4 11.2 11.19.0 8.8 8.4 8.3 8.0 7.9 7.1 6.8 6.7

2.9 2.70.9

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

25.0

30.0

FI - B

orgo

S.L

oren

zo

AO Car

eggi

C.T.O

.

PO - Pra

to

FI - S

.Giov

anni

di Dio

LU -

Lucc

a

AO Sen

ese

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. Mar

ia Ann

unzia

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LU -

Valle

del S

erch

io

PI - P

onte

dera

Viareg

gio

MS -

Carra

ra

FI - S

. Mar

ia Nuo

va

Empo

li

MS -

Mas

sa

GR - Gro

sset

o

AO Pisa

na

SI - P

oggib

onsi

MS -

Pontre

moli

MS -

Aulla

MS -

Fivizz

ano

PS

% a

cces

si p

er is

Fig. 2. Accessi per incidente stradale ai principali pronto soccorso toscani pertutte le cause nella settimana 21-27 ottobre 2002: percentuali su tutte le cause.

ASL 10 - FIRENZE ASL 10 - FIRENZE S. Maria Annunziata Borgo S. Lorenzo

accessi tot % accesi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 11 97 11 23 68 34MARTEDI 19 102 19 18 66 27MERCOLEDI 10 96 10 12 56 21GIOVEDI 6 78 8 9 54 17VENERDI 8 87 9 16 64 25SABATO 8 79 10 21 73 29DOMENICA 7 77 9 19 67 28TOTALE 69 616 11 118 448 26

AO CAREGGI ASL 11 - EMPOLI ASL 12 C.T.O. VIAREGGIO

accessi tot % accesi tot % accessi tot %per i.s. accessi per i.s. accessi per i.s. accessi

LUNEDI 37 125 30 10 110 9 20 126 16MARTEDI 49 145 34 12 96 13 9 112 8MERCOLEDI 36 117 31 8 93 9 9 126 7GIOVEDI 27 119 23 10 102 10 10 126 8VENERDI 25 129 19 8 109 7 11 145 8SABATO 23 102 23 5 110 5 9 139 6DOMENICA 23 114 20 5 105 5 9 104 9TOTALE 220 851 26 58 725 8 77 878 9

*in alcuni casi non è stato rilevato il numero totale di accessi al pronto soccorso per giorno dellasettimana ma soltanto il totale del periodo di rilevazione.

I Pronto Soccorso che hanno riportato il maggior numero di accessi pertutte le cause nella settimana campione sono risultati quelli di Prato, dell’AO

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0

50

100

150

200

250

300

lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì sabato domenica

N a

cces

si

Fig. 3. Accessi per incidente stradale ai principali pronto soccorso toscani nellasettimana 21-27 ottobre per giorno della settimana (valori assoluti).

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Tab.3. Confronto tra il numero di accessi seconda l’archivio cartaceo e quello infor-matico nella settimana campione (Differenza tra informatico e cartaceo: 1.2%)

PS ACCESSI IS ACCESSI ISOTT. INFO CARTA

ASL 2 - LUCCA “Campo di Marte” 104 109SL 2 - LUCCA Valle del Serchio - 22ASL 4 - PRATO “Misericordia e Dolce” 156 164ASL 5 - PISA Potedera 92 92AO SENESE 90 90ASL 9 - GROSSETO - 47ASL 10 - FIRENZE S. Giovanni di Dio 118 113ASL 10 - FIRENZE S. Maria Nuova 84 61ASL 10 - FIRENZE S. Maria Annunziata - 69AO CAREGGI C.T.O. 193 220ASL 11 - EMPOLI - 58ASL 12 - VIAREGGIO 78 77TOTALE 915 926

(Mancano alcuni dati non comunicati)

Tab. 4. Stima del numero annuo (2002) di accessi per incidenti stradali nei principali Pronto Soccorso toscani.

PS ACCESSI % IS CARTA STIMA2002 SUL TOT ACCESSI

IS 2002

ASL 1 – MS Massa 30385 8 2413ASL 1 – MS Carrara 21687 8 1831ASL 1 – MS Fivizzano 5935 1 55ASL 1 – MS Pontremoli 8790 3 259ASL 1 – MS Aulla 2028 3 55ASL 2 - LUCCA “Campo di Marte” 57144 12 6952ASL 2 - LUCCA Valle del Serchio 11ASL 4 - PRATO “Misericordia e Dolce” 58673 14 8231ASL 5 - PISA Potedera 52088 9 4680AO PISANA 62103 7 4233ASL 7 - SIENA Poggibonsi 26842 7 1808AO SENESE 42624 11 4874ASL 9 - GROSSETO 7ASL 10 - FIRENZE S. Giovanni di Dio 44879 13 5776ASL 10 - FIRENZE S. Maria Nuova 41688 8 3465ASL 10 - FIRENZE S. Maria Annunziata 11ASL 10 - FIRENZE Borgo S. Lorenzo 52700 26 6682AO CAREGGI C.T.O. 41706 26 10782ASL 11 - EMPOLI 8ASL 12 - VIAREGGIO 66892 9 6020TOTALE 616.164 % IS (mediana) = 8.5 68.116

(Mancano alcuni dati non comunicati)

Pisana e di Pontredera (ASL5-Pisa); minor numero di accessi si è presentato,invece, in quelli della ASL 1 (Massa Carrara) (v. fig. 1):

I Pronto Soccorso che hanno presentato la maggior percentuale di accessiper incidente stradale su tutte le cause sono risultati quelli di Borgo SanLorenzo (ASL 10) e del C.T.O (AO Careggi, Firenze) (v. Fig. 2):

Il lunedì e il martedì sono risultati i giorni con un maggior numero diaccessi per incidente stradale; gli altri giorni della settimana presentano valo-ri molto più bassi e il numero di accessi più basso è stato rilevato durante ladomenica (v. fig. 3).

Il numero di accessi per incidente stradale, la percentuale di ricovero, dirifiuto, di trasferimento e di deceduti sono riportate nella tab. 2.

In seguito all’accesso non sono stati rilevati decessi per incidente stradale:questo fatto può a prima vista sorprendere, ma è normale: che il soggetto giun-ga cadavere o muoia al pronto soccorso è evento raro. Ad esempio, nel casospecifico, applicando alla popolazione della Toscana il tasso di mortalitànazionale nell’anno per incidente stradale (12 morti x 100.000 residenti/anno),si possono stimare circa 423 morti/anno, che in una settimana rappresentanocirca 8 morti su tutta la Regione, quindi 4 morti nelle ASL monitorate. Tenendoconto che una buona frazione dei soggetti muore sul luogo dell’incidente, enon perviene quindi in ospedale, e che una quota ancor più importante muoredopo il ricovero o, addirittura, dopo la dimissione, non aver osservato alcundecesso non appare quindi strano, anzi sembra essere il risultato da attender-si. La percentuale dei ricoverati è risultata più elevata nella ASL 1 (MassaCarrara) e a Siena (ASL7 e AO), più bassa a Grosseto (ASL 9). Molto bassa, ingenere, la percentuale dei soggetti che hanno rifiutato il ricovero e dei trasfe-riti, con la sola eccezione di Massa Carrara (ASL 1), dove la percentuale dellepersone che hanno rifiutato il ricovero ha raggiunto il 10%.

Il confronto tra il numero di accessi per incidente stradale nella settimanacampione secondo l’archivio cartaceo e quello informatizzato ha evidenziatouna buona rispondenza, intorno al 99% (v.tabella 3).

La tab. 4 riporta gli accessi nell’anno 2002 per tutte le cause, la percentua-le rilevata di incidenti stradali e la stima degli stessi nell’anno.

Sulla base di queste informazioni, possiamo cercare ora di sviluppare leproiezioni per l’Italia (per i dati nazionali del Pronto Soccorso ci riferiremo aquelli del SIS del ministero della Salute, relativi all’anno 1999).

In termini di accesso al Pronto Soccorso per tutte le cause, la Toscana si trovaun poco al di sotto della mediana nazionale (mediana italiana: 420 accessi x 1000abitanti/anno; Toscana: 370). Il numero totale di prestazioni dei Pronto Soccorsoper il 1999 è stato pari a 23.678.330 (Toscana: 1.303.822). Applicando la percen-tuale mediana di incidenti stradali rilevata sul totale degli accessi del nostrocampione abbiamo 2.012.658 casi per l’Italia e 110.825 per la Toscana. Comeosservato, la percentuale di ricovero è pari a 7.2%: se a questa sommiamo lo 0.7%di trasferiti in altra struttura (presumibilmente gravi), avremo un valore di 7.9%.Applicando questo valore ai totali visti, otteniamo le stime dei ricoverati nel-

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l’anno in Italia e in Toscana per incidente stradale. Avremo per l’Italia 159.000casi e per la Toscana 8.755. Si osservi l’accordo tra il numero di ricoveri stimatiper l’Italia e il corrispondente valore ricavato dalle SDO, accordo che fa pensareche la sottostima derivante dall’incompleta compilazione delle SDO non sia cosìgrave nel caso degli incidenti stradali.

4. Conclusioni

Alla luce dei risultati ottenuti, riteniamo che la procedura rapida da noiproposta e sperimentata abbia avuto un completo successo, anche alla luce delcarico di lavoro – minimo – richiesto al personale del Pronto Soccorso.

Le stime svolte, dato l’aspetto preliminare del progetto, sono state propo-ste senza riportare (anche se la tentazione è stata grande) ulteriori approfon-dimenti statistici ottenuti, in quanto quello che ci premeva era mostrare che lostrumento risulta adeguato e può funzionare su un campione ben più rappre-sentativo di quello della sperimentazione, valido per la Toscana, ma troppopuntuale per rappresentare il territorio nazionale.

Sulla base della congruenza complessiva dei risultati (in particolare lo stet-to accordo tra ricoveri stimati e ricoveri osservati dalle SDO), possiamo con-cludere che verosimilmente gli accessi nell’anno presso i Centri di ProntoSoccorso in seguito ad incidenti stradali si collocano attualmente nell’intornodi 1.500.000 casi (con tendenza verso i 2.000.000) e che i corrispondenti ricove-ri sono intorno ai 150.000/anno. Si osservi, infine, che i risultati della presentesperimentazione confermano (e amplificano) le stime effettuate dall’ISS suidati del SIES della regione Lazio. Quanto prima, proporremo a tutti i ProntoSoccorso del paese di effettuare la loro “settimana”, in modo che sfalsando lerilevazioni e campionando più capillarmente il territorio si possa fornire, conuna trattazione statistica completa, un quadro di riferimento utile sia in termi-ni di conoscenza sia in termini di programmazione sanitaria.

RICONOSCIMENTI

Hanno collaborato Franca Leonardi (Ospedale di Massa e Carrara, Asl 1 di Massa eCarrara), Dante Corsini (Ospedale di Fivizzano e Pontremoli, Asl 1 di Massa e Carrara),Marco Rossi (Ospedale di Lucca e della Valle del Serchio, Asl 2 di Lucca), Michele LaNigra (Ospedale Misericordia e Dolce di Prato, Asl 4 di Prato), Laura Spisni (OspedaleF. Lotti di Pontedera, Asl 5 di Pisa), Massimo Santini (Spedali Riuniti di S. Chiara, AO diPisa), Cesare Francois (Ospedale dell’Alta Valdelsa, Asl7 di Siena), Ilo Mazzolai,Ospedale Misericordia di Grosseto, Asl 9 di Grosseto), Roberto Gianni (Nuovo S.Giovanni di Dio, Asl 10 di Firenze), Alessandro Caneschi (S. Maria Nuova, Asl 10 diFirenze), Roberta Bellesi (S. Maria Annunziata, Asl 10 di Firenze), Francesco Venneri(Ospedale Nuovo del Mugello, Asl 10 di Firenze), Gianfranco Cotugno (CTO, Policlinicodi Careggi, AO di Careggi di Firenze), Stefano Pappagallo (Ospedale S. Giuseppe, Asl 11di Empoli), Gino Barbacci (Ospedale Versilia, Asl 12 di Viareggio).

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L’Osservatorio degli incidenti del trafficodella Provincia di Arezzo

Riccardo Buffoni*, Jacopo Comanducci**, Antonella Gentile*, AlessandraPedone**, Roberto Romizi**, Paolo Vadi*

* Servizio Viabilità della Provincia di Arezzo** Centro Francesco Redi

Le premesse dell’osservatorio

Gli incidenti stradali sono da tempo un’evidenza per il territorio di Arezzo.L’Atlante della mortalità evitabile anno 1999, edito da ISDE Italia ha indivi-duato la mortalità per incidente come unico dato significativamente superiorealla media italiana. La relazione sanitaria della Toscana registra per la ASL diArezzo tassi di mortalità per incidente da traffico tra i più elevati nella regione.

Nel 1992 la provincia commissionò alla Federconsumatori e utenti e alCentro Francesco Redi 1 , un’analisi del fenomeno, attraverso l’elaborazionedelle schede ISTAT. Fu costruita la mappa dei “punti neri” della città attraver-so l’analisi degli incidenti verificatisi negli anni dal 1985-1987 nel comune diArezzo. I dati furono presentati nel corso di un seminario cui parteciparono,per la prima volta riuniti intorno a tale problematica, il comune, la provincia,le forze di polizia e carabinieri, la motorizzazione civile, la scuola, l’ACI, alcu-ne assicurazioni e il dipartimento dell’emergenza e urgenza della ASL. In quel-l’occasione fu anche ipotizzata la costituzione di un osservatorio che rilevassesistematicamente gli incidenti e fosse in grado di restituire a chi deve assume-re decisioni in materia, informazioni sulla localizzazione, su eventuali situa-zioni di rischio e fosse in grado di verificare, a seguito di misure correttiveadottate, la loro efficacia.

Negli undici anni trascorsi da quella prima iniziativa è stata completata laraccolta dei dati dalle schede ISTAT fino al 1995, attraverso un finanziamentodella “Ricerca sanitaria finalizzata” della Regione Toscana. E’ stato possibileosservare anche i trend, verificare la perdita di dati enorme riguardo la loca-lizzazione e anche gli esiti degli incidenti: i morti, confrontati con gli archivi dimortalità del registro toscano sono risultati sottostimati di oltre il 35% (in 6anni di osservazione per il comune di Arezzo, il registro toscano della morta-lità segnala 148 morti, a fronte dei 96 rilevati dai certificati ISTAT).

Il Comune di Arezzo, subito dopo il seminario, aveva strutturato l’ufficiotraffico e aveva iniziato la registrazione degli incidenti anche su software geo-

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grafico. Erano state adottate contromisure in alcuni dei punti neri rilevati, ma leattività sono risultate più legate alla sensibilità del momento di amministratorie tecnici che non l’espressione di una volontà di adottare una metodologia diprogrammazione degli interventi e di verifica sistematica degli esiti degli stessi.L’attività è poi cessata, a seguito di cambiamenti di personale per poi riprende-re in modo discontinuo. Dal 1999 il Comune, già inserito nella rete italiana dellecittà sane, è stato ammesso al “Progetto Città Sane” cui partecipano 53 città dellaregione europea. In questo contesto sono state realizzate due versioni del“Profilo di salute della città”, secondo la metodologia indicata dall’OMS. LaProvincia ha promosso la realizzazione del “Profilo di Salute” per le altre 4 zone-distretto in cui è ripartita la provincia. Ancora una volta la tematica degli inci-denti è risultata particolarmente rilevante sia a livello del comune di Arezzo chedell’intera provincia.

La provincia, è stata poi coinvolta nel progetto “caschiamoci” che vedeimpegnate le scuole, le amministrazioni locali, la Prefettura, la ASL, l’ACI conl’obiettivo comune di creare una maggior sensibilizzazione sui temi della sicu-rezza stradale. Area tematica prioritaria anche per il progetto educativo inte-grato nelle scuole di ogni ordine e grado denominato “La scuola per una cittàsana e sostenibile”, coordinato dal Centro “Francesco Redi”.

L’avvio e l’organizzazione dell’Osservatorio

Solo verso la fine del 2000, nella prospettiva del passaggio alla provinciadelle competenze di parte delle strade dell’ANAS, di personale e mezzi, si èconcretizzata l’ipotesi dell’osservatorio. Viene stipulata una convenzione traprovincia, settore della viabilità e Centro Francesco Redi della durata di quat-tro anni.

E’ stato costituito un Comitato di indirizzo e monitoraggio, composto da 3rappresentanti della Provincia e 3 del Centro Francesco Redi. Il comitato siriunisce almeno mensilmente per la programmazione e verifica del lavorosvolto.

La struttura dell’osservatorio è minima: l’esperto del Centro si è occupatodell’elaborazione dei dati ISTAT, dell’organizzazione e coordinamento della rile-vazione presso la Prefettura, e della raccolta e inserimento della rassegna stam-pa nel data base. Due operatori a tempo parziale hanno effettuato queste attivi-tà. Un ingegnere della provincia ha curato la georeferenziazione e la rappresen-tazione su mappa degli incidenti. Il referente per la ASL ha garantito l’acquisi-zione dei dati sanitari e la loro elaborazione in collegamento con l’AgenziaRegionale della Sanità. Gli altri referenti della provincia e del Centro FrancescoRedi hanno curato i rapporti istituzionali con la Prefettura e gli enti.

Gli obiettivi dell’osservatorio individuati dalla convenzione sono:- Il recupero ed elaborazione delle schede ISTAT per il periodo 1995-2000 pertutti i comuni della Provincia (incidenti con lesioni alle persone). - La rilevazione sistematica di tutti gli incidenti con lesioni alle persone e laloro corretta localizzazione a partire dal 2001.

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- Il collegamento tra “incidente” e i dati sanitari relativi alle persone coinvolte. - L’acquisizione dei dati sanitari: accessi al PS e SDO relativi a incidenti stra-dali e loro elaborazione (a prescindere dal collegamento al singolo incidente).- L’attribuzione isorisorsa all’incidente, attraverso anche la rilevazione deicosti sanitari. - L’analisi della rassegna stampa per arricchire le informazioni relative all’inci-dente con elementi non rilevabili dai verbali o dalla scheda ISTAT.

La convenzione ha comunque lo scopo di arrivare a progettare e realizza-re l’osservatorio vero e proprio una volta sperimentate le modalità di acquisi-zione dei dati, verificata la loro correttezza, definito il loro utilizzo e sistema-tizzato il feedback.

Le attività dell’Osservatorio. I dati sugli incidenti

Dalla elaborazione delle schede ISTAT dal 1995 al 2000, è stato possibilequantificare la perdita di informazioni riguardo la localizzazione. Nel 91%degli incidenti è omesso il luogo, perché incomplete le informazioni riguar-danti il km., in caso di strada extraurbana, o la denominazione della stradacon il numero civico, per le strade urbane. La perdita scende al 73% nel casoin cui vi siano morti nelle 24 ore, risale all’83% nel caso di morti entro i 7 gior-ni e, relativamente ai feriti, la perdita sale al 97%.

Se si considera che è stimata la possibilità di riduzione del 25% del nume-ro degli incidenti attraverso interventi sui punti neri, ci possiamo rendereconto della gravità di tale perdita.

Cause della perdita della georeferenziazione e soluzione adottata (gold-stan-dard)

La rilevazione attraverso le schede ISTAT ACI è nata con scopi descrittivigenerali, quindi era più facile rilevare correttamente il dato sulle strade statalie provinciali e anche comunali (identificabili con un numero) che la stradaurbana, definita da un nome. Nel momento in cui se ne è tentato l’utilizzo alivello locale, è emersa la incompletezza della rilevazione.

Il primo obiettivo è stato, quindi, la rilevazione della localizzazione.Inizialmente era stato ipotizzato un accordo con i 39 comuni della provin-

cia per l’invio dei modelli CTT-ACI, poi, grazie alla disponibilità dellaPrefettura, a partire dal 2001, la raccolta dati è stata effettuata direttamente daiverbali degli incidenti inviati alla Prefettura da polizia stradale, municipale ecarabinieri, salvaguardando l’anonimato delle persone coinvolte. La descri-zione dell’incidente e i dati contenuti in esso sono esaustivi per la georeferen-ziazione e sono sovrapponibili ai dati contenuti nella scheda CTT/ACI sullanatura dell’incidente, dei veicoli coinvolti, il tipo di infrazione e altro. Il valo-re aggiunto è dato dalla possibilità di collegare l’incidente ai trattamenti sani-tari delle persone coinvolte, metodologia ad oggi utilizzata sperimentalmentepoiché i flussi informativi sono separati.

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La rilevazione dai verbali della Prefettura si è rivelata una procedura sem-plice, riproducibile, economica, esaustiva e semplificativa rispetto al supera-mento delle resistenze di varia natura, quali accordi, intese, protocolli, tanto dapoter essere considerato un gold-standard, intendendo con ciò, un impiego dirisorse minimo rispetto ai risultati ottenuti e una metodologia alternativaappropriata agli interessi locali.

E’ stato predisposto un data base per la raccolta dei dati, I campi utilizzati sono stati: numero pratica (per la rintracciabilità del ver-

bale e possibilità di ricontrollarlo) - il comune - la data: gg-mm-aa - l’ora - lageoreferenziazione: via (descrizione), km, hm, numero civico - la riattribuzionedella georeferenziazione alla localizzazione (strada urbana, prov.com extra) - ilcodice di accesso al PS - la descrizione sintetica delle circostanze e delle dina-miche dell’incidente e il contesto infrastrutturale, le violazioni, gli esiti.

Dai verbali del 2001, è stato possibile riportate su software geografico lelocalizzazioni disponibili. Su 1382 verbali di incidenti analizzati, è stato cor-rettamente georeferenziato il 99,49% degli incidenti. Solo 7 casi sono andatipersi (lo 0,5% rispetto al 91% del quinquennio precedente).

L’analisi ingegneristica e relative contromisure: l’esperienza della SP08 diBotriolo

Identificate tra le strade in gestione alla provincia quelle a maggior tassoincidentale e di mortalità, sono stati impostati dall’Ufficio Traffico e SicurezzaStradale del Servizio Viabilità della Provincia, studi dettagliati sulle infrastrut-ture che hanno avuto conclusione nella predisposizione di progetti di messa insicurezza.

In particolare l’attenzione è stata rivolta nei confronti della SP08 diBotriolo, storicamente tra le più pericolose tra quelle in proprietà dellaProvincia di Arezzo (talvolta definita sui giornali locali “strada killer” o “stra-da della morte”); nello studio sono state analizzate le caratteristiche geometri-che del tracciato planoaltimentrico e delle sue intersezioni con la viabilitàsecondaria, e confrontate con le richieste delle più recenti normative al fine dievidenziare eventuali mancanze e ponendo l’attenzione sul rispetto delledistanze di visibilità dei veicoli e sulla coerenza di esse con la velocità di pro-getto; sono state verificate segnaletica verticale ed orizzontale, oltre che nellasua conformità al Codice della Strada, valutando anche criteri di leggibilitàdell’utente nelle proprie condizioni al contorno; infine sono stati effettuatirilievi di traffico ai fini di una valutazione del livello di servizio dell’infra-struttura (metodo dell’HCM).

Parallelamente a tale indagine, di tipo tipicamente “ingegneristico”, sullecaratteristiche del tracciato, è stata effettuata l’analisi degli incidenti avvenutinel 2001; l’approccio permesso dalla disponibilità dei dati di cui ai verbalidelle Forze di Polizia, ha permesso la georeferenziazione esatta dell’evento ela comprensione delle reali dinamiche degli incidenti e della eventuale con-causa legata al tracciato stradale.

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La ripresa con telecamera digitale nei due sensi di marcia ha garantito unaanalisi orientata verso la reale percezione del tracciato e dei sui pericoli daparte dell’utente stradale.

A conclusione dello studio sono stati quindi proposti e raccolti in un pro-getto interventi di messa in sicurezza dell’infrastruttura suddivisi in interven-ti a breve termine (il cui finanziamento è stato interamente permesso dallesomme previste dalla Provincia di Arezzo per il “Progetto Sicurezza 2003”interamente finanziato in proprio) ed interventi a lungo termine la cui proget-tazione è già in atto e il cui finanziamento è già stato previsto nei piani di pro-grammazione dell’ente.

L’iter seguito permette pertanto relativamente al tracciato prescelto la chiu-sura del rischio strutturale; piuttosto che investire le somme del ProgettoSicurezza in interventi generici dispersi sul territorio, è prevista l’adozionedella stessa metodologia di indagine per gli altri tracciati a rischio tra i quali laSP 327 e tutte le Strade Regionali ex Statali.

Parallelamente, nella logica impostata dal Piano Nazionale per laSicurezza Stradale che prevede interventi di primo livello (messa in sicurezzadi tratti a rischio) e di secondo livello (creazione di servizi di gestione dellasicurezza stradale), la Provincia procede anche nella raccolta di banche dati sulcatasto strade, sulla segnaletica, sul traffico, sulla manutenzione programma-ta, sui disagi ai cittadini per lavori in corso, al fine della creazione di un siste-ma informativo stradale con l’obiettivo finale di raggiungere standard supe-riori di sicurezza stradale infrastrutturale.

I dati sanitari

Il Sistema informativo dell’ASL di Arezzo si è andato sviluppando neglianni con una particolare attenzione alla possibilità di integrazione dei diversiarchivi. Oggi dispone di una banca dati sanitari facilmente utilizzabile anchea fini clinici. L’anagrafe assistiti provinciale rappresenta, per i residenti ocomunque assistiti dalla ASL, la base di comune alimentazione dei dati ana-grafici. Ciò costituisce il presupposto per una corretta interrogazione degliarchivi.

Le basi dati disponibili sono rappresentate da: anagrafe assistiti - prontosoccorso - scheda di dimissione ospedaliera - attività ambulatoriale (tipologiadella prestazione per disciplina) - attività ambulatoriale per alcune specialitàinformatizzate (cardiologia, neurologia e neurofisiopatologia, oncologia) conesito della prestazione (referto) - diagnostica radiologica - laboratorio analisi -centro di ecografia - centro di endoscopia - laboratorio di immunoematologia- anatomia patologica e citogenetica - medicina legale - farmaceutica territo-riale - mortalità

Il sistema è stato sperimentato per i reparti di degenza per dare la possibi-lità di acquisire, relativamente ai degenti in reparto, le informazioni già dispo-nibili nei vari archivi della ASL. L’utilizzo del palmare al letto del malato per-mette di aggiornare in tempo reale la cartella clinica o di ricevere direttamen-

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te i referti degli esami richiesti.Il sistema, utilizzabile anche per le persone coinvolte in incidenti stradali,

apre prospettive di analisi nuove. Fino ad oggi le informazioni sulle persone coinvolte in incidenti si sono

fermate alla rilevazione del numero dei feriti e dei deceduti, spingendosi almassimo alla elaborazione degli indici di gravità e di lesività di strade o trattedi esse e, in alcune esperienze sono stati stratificati per DRG e MDC o alcunigruppi a rischio come gli alcolisti.

La storia sanitaria, limitatamente a ciò che è disponibile negli archiviinformatizzati della ASL, può fornire informazioni sulla “vulnerabilità” dellapersona. Si può ipotizzare che esistano alcune situazioni di rischio che predi-spongano all’incidente sia stradale o anche di altro genere. La loro conoscenzapotrebbe aprire nuove ipotesi di prevenzione, di educazione, di informazioneo nel caso degli utenti deboli della strada (anziani, bambini, pedoni, ciclisti),all’adozione di contromisure appropriate sull’organizzazione del traffico edella città.

Lo studio dei dati sanitari avviene a partire dal caso-incidente verso la sto-ria cronologica sanitaria precedente e post.

Il follow up, poi, a seguito dell’incidente, può permettere di rilevare gliesiti, non solo in termini di ricorso ai servizi sanitari e dei relativi costi, maanche di stato di salute. La conoscenza oggi dei danni sanitari provocati dagliincidenti e il numero delle invalidità a seguito di questi, è un dato oggetto solodi stima.

Per ciascuna persona coinvolta è stato rilevato il codice di accesso al pron-to soccorso.

Avevamo ipotizzato che, tramite questo, avremmo potuto disporre dellachiave univoca di accesso agli archivi sanitari. In provincia di Arezzo, coinci-dente con la ASL n. 8 della RT, ci sono 5 presidi ospedalieri con strutture dipronto soccorso che dispongono dello stesso software. I dati anagrafici deiresidenti o comunque assistiti dalla ASL 8 di Arezzo, che ricorrono alle presta-zioni del pronto soccorso, sono rilevati direttamente dall’anagrafe assistiti:l’individuazione delle persone è quindi certa e senza possibilità di errori diregistrazione del nome, della data di nascita e residenza. Dal codice di acces-so sarebbe poi stato possibile risalire al codice fiscale e, quindi, agli archivisanitari della ASL.

La Provincia ha notificato all’Autority per la tutela della privacy l’avviodell’attività dell’osservatorio e ha richiesto l’autorizzazione al trattamento deidati sensibili (dati sanitari delle persone coinvolte in incidenti stradali).

Il primo tentativo di ottenere il link in automatico tra dato dell’incidente edati sanitari delle persone coinvolte, tramite codice di accesso del PS non èriuscito se non in minima parte. I numeri riportati nel data base si possonoriferire ad uno dei 5 PS della provincia (ciascuno ha un proprio progressivoannuo), così come è possibile scambiare il codice di accesso con quello delreferto. Per il 2001, è in corso il recupero dell’informazione risalendo dal codi-ce fiscale del PS ai dati anagrafici e confrontando questi con i verbali. La solu-

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zione del problema per il futuro, senza possibilità di errore, sembra sia l’ac-quisizione da parte della Prefettura del codice fiscale delle persone coinvoltein incidente, tramite collegamento con l’anagrafe tributaria. Questo permette-rebbe un collegamento sicuro con gli archivi della ASL ma anche con i dati diritorno della mobilità nel caso residenti siano curati in presidi della regione oanche extraregionali.

L’Agenzia Regionale Sanitaria della Toscana segue con interesse lo svilup-po del progetto e ha dato la propria disponibilità a verificare le ipotesi che nenasceranno.

Anche in questo caso, come già avvenuto per la localizzazione, le rileva-zioni che fino ad oggi hanno avuto lo scopo di rappresentare complessiva-mente il fenomeno degli incidenti, si sono dimostrate insufficienti per “l’agirelocale”. Non serve più la statistica generale ma, a livello locale, interessa cono-scere la pericolosità delle infrastrutture e riattribuire la lesività alle stesse.

Dall’analisi che è comunque stata fatta, per il 2001, degli accessi ai 5 pron-to soccorso della provincia per “incidente stradale”sono emersi dati interes-santi. L’archivio del PS ha registrato 6125 accessi a fronte dei 1466 feriti rile-vati dai verbali della Prefettura. Ammesso che ci sia sovrapposizione tra que-sti e il PS, si evidenzia ancora una volta una perdita di informazione rilevante(circa il 75%) da parte degli organi da cui sono tratte attualmente le statistichesugli incidenti stradali.

E’ di estrema importanza l’iniziativa dell’Istituto Superiore della Sanità diproporre ai pronto soccorso, tramite le regioni, l’integrazione dei propri database con ulteriori informazioni riguardanti il ruolo della persona coinvolta inincidente (pedone, ciclista, automobilista, ecc.), se conducente o trasportato, sedurante il lavoro o altro. La ASL introdurrà anche la localizzazione, chieden-do ulteriore impegno al personale del PS, quale altro esempio di economia eutilizzo dell’informazione.

La ASL ha, inoltre, aderito con tutte e 5 le proprie strutture al progettoARGO, promosso dall’ISS, per il “Rilevamento per la valutazione operativadel dosaggio sulla saliva di sostanze psicotrope e per una prima stima dellaprevalenza dell’uso di dette sostanze in eventi accidentali o violenti (e in tar-get specifici)”.

Altri risultati

A poco più di 2 anni dalla costituzione dell’osservatorio si è inoltre:- completata l’elaborazione dei dati ISTAT dal 1995 al 2000 anche a livello disingolo comune per le variabili maggiormente significative. - effettuata un’analisi descrittiva dei dati sanitari (anni 1999, 2000 e 2001) degliaccessi al pronto soccorso, al ricovero, alla specialistica e diagnostica relativi aciascun incidente dove ci sia stato trattamento in strutture di ricovero e curadella Azienda USL 8. Le lesioni sono state classificate secondo la classificazio-ne internazionale delle malattie e traumatismi, e degli interventi o proceduresecondo ICD IX CM. E’ stata fatta la stratificazione statistica in MDC degli esiti

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di persone vittime di incidenti del traffico. - effettuata un’analisi approfondita del trauma cranico sui dati 1998-2000.- analizzata la stampa dei due giornali con cronaca locale “La nazione “ e “IlCorriere aretino”. Nel 2001 sono stati raccolti oltre 500 articoli che si riferisco-no ad un numero più limitato di incidenti poiché molti si ripetono su entram-be le testate. La chiave di lettura è per comune, data e sono indicizzate leparole contenute nel titolo (pedone, ciclista, automobilista, giovane, anziano).E’ stata realizzata l’analisi didattica per le scuole con guida alla lettura dell’in-cidente.- allestito il sito web dell’osservatorio (www.osservatorioincidenti.it) in cui èdisponibile e scaricabile tutto il materiale prodotto dall’osservatorio, gli attidel workshop tenutosi il 31 gennaio 2003, i link con i siti che si occupano degliincidenti.

Iniziative di supporto

Il piano della sicurezza stradale, in linea con le indicazioni della commis-sione europea, attribuisce un ruolo determinante alle azioni locali. La loroforza, ma che in alcuni casi può rappresentare un limite, è dato dalla sponta-neità e dalla specificità delle diverse realtà.

Il workshop realizzato nello scorso gennaio ad Arezzo, in collaborazionecon l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Regionale Sanitaria della Toscana,ha voluto rappresentare l’inizio di un momento di confronto tra esperienzelocali che non hanno, a questo scopo, sedi istituzionali.

A livello locale si sta realizzando un collegamento con iniziative promosseda altri soggetti.

I Medici di Medicina Generale sono coinvolti in una attività di informa-zione-educazione rispetto agli specifici stili di vita e di rivalutazione delle tera-pie prescritte.

Le associazioni che promuovono modalità diverse di mobilità nella cittàtrovano un sempre più ampio consenso. Le stesse autorità del traffico parteci-pano alle iniziative con una maggiore attenzione alla sicurezza.

Il futuro

A breve sarà siglato un accordo tra Provincia, Prefettura, ASL e CentroFrancesco Redi perché il lavoro divenga strutturato e trovi spazio dentro l’at-tività istituzionale di ciascun Ente.

La sperimentazione con esito positivo dell’utilizzo dei dati dellaPrefettura, effettuato da un tecnico della Provincia, darà luogo ad una raccol-ta sistematica comprensiva della localizzazione decodificata, effettuata dallaPrefettura stessa che risponda sia alle esigenza proprie che dell’osservatorio.

Una volta realizzato il collegamento tra incidente e dai sanitari delle perso-ne coinvolte, saranno effettuare analisi descrittive, sia riferite alla storia sanita-ria precedente che al follow-up. L’Agenzia Regionale Sanità della Toscana

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supervisionerà le ulteriori elaborazioni.Sarà importante creare il feedback con le amministrazioni dei 39 comuni,

con l’opinione pubblica, la scuola e i mass media in modo da far crescere lasensibilità sui temi della sicurezza e restituire un’informazione corretta allacollettività da cui è generata. Un’ipotesi potrebbe essere la costituzione di unaconsulta locale.

Il PSR 2002-2004, inoltre, individua lo strumento dei Piani Integrati diSalute quale modalità di integrazione tra enti per realizzare obiettivi comunidi salute. La sicurezza stradale può rappresentare un tema da confronto eimpegno tra enti a livello locale.

In definitiva come criterio innovativo viene attuata una strategia per l’inte-grazione di soggetti in grado di agire a livello capillare, locale e nazionale, inun’ottica intersettoriale, interdisciplinare ed interistituzionale, coinvolgendoorganismi governativi e non. Linee di azione previste: interventi strutturali; edu-cativi; preventivi; di sensibilizzazione; di vigilanza, monitoraggio e controllo suicomportamenti; per la riduzione del danno. Segnatamente educazione stradalenei confronti delle scuole, formazione nei confronti degli operatori e dei sogget-ti interessati; individuazione degli utenti con patologie a rischio; individuazionedi sistemi infrastrutturali ad elevato rischio, analisi dei fattori di rischio specifi-ci e definizione dei programmi di intervento; coinvolgimento attivo dei medicidi medicina generale; realizzazione del catasto stradale; costituzione di un cen-tro di documentazione e di una struttura stabile.

La progettualità in oggetto pone infine le basi per un “Osservatorio sullaMortalità Evitabili da Incidenti Stradali” i cui obiettivi sono:- trasferire alle amministrazioni locali i risultati delle evidenze epidemiologi-che relative agli incidenti stradali, da utilizzare come strumenti per la pianifi-cazione e la gestione;- promuovere, con preciso riferimento a quanto previsto dal Piano nazionaleper la sicurezza stradale, il raccordo e l’integrazione, tra organismi governati-vi e non governativi, a livello locale e nazionale, sui temi degli incidenti stra-dali correlati a tematiche di salute. Promuovere in particolare interventi voltia migliorare la salute dei cittadini relativi agli incidenti stradali, attraverso ivari settori ed istituzioni della città stessa, partendo da un’analisi sulla mor-bosità e mortalità evitabile;- promuovere ulteriori iniziative di approfondimento, privilegiando gli inter-venti concreti.- favorire una cultura che correli gli incidenti da traffico con gli stili di vita e icomportamenti e con gli altri fattori di rischio traffico correlati nell’ottica dellaintegrazione “Ambiente e Salute”.

La metodologia proposta prevede la costituzione di gruppi di lavoronazionali per aree tematiche, la realizzazione di attività formative stabiliannuali e l’attivazione di un sito dedicato.

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Conclusioni

Il lavoro fino ad oggi realizzato ha richiesto risorse economiche e umaneminime. Il finanziamento è di circa 40.000 annui e nessuna persona è dedi-cata a tempo pieno.

Il risultato principale è dato dalla sperimentazione dell’utilizzo di fontiinformative alternative a quelle tradizionali, poco costose e molto più utili perle esigenze locali. Con uno sforzo minimo sono standardizzabili e riproduci-bili anche in altre realtà.

L’accordo che verrà a breve siglato tra Provincia, Prefettura, ASL e CentroFrancesco Redi, garantiranno i flussi di dati necessari all’osservatorio per ilgoverno locale.

L’utilizzo integrato delle informazioni sull’incidente e i dati sanitari, costi-tuisce poi la novità dell’osservatorio. Il modello può essere esportato facil-mente, in presenza di archivi sanitari già integrati tra loro. Sarebbe, comunque,auspicabile che, a livello nazionale, fosse previsto il collegamento dei flussi.

NOTE

1 Il Centro Francesco Redi rappresenta l’Ufficio del progetto Città Sane di Arezzo ed è stato formal-mente promosso da Comune di Arezzo, Provincia di Arezzo, ARPAT, Azienda USL 8, Facoltà diLettere e Filosofia dell’Università di Siena, Ordine dei Medici, Provveditorato agli Studi,Associazione Aretina per la Ricerca Epidemiologica, Associazione Nazionale e Internazionale deiMedici per l’Ambiente, Federazione Italiana Medici di Medicina Generale-FIMMG, Società Italianadi Medicina Generale-SIMG, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.

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