l'estate è finita

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Chiara, 17 anni, siciliana. Ogni giorno trascorre identico a quello appena passato, ogni anno le solite vacanze nella solita casa di campagna con i soliti amici, Marta e Valerio. La voglia di qualcosa di nuovo comincia a farsi sentire, il desiderio di amare qualcuno inizia a essere forte… Qualcuno che non sia quel gran bravo ragazzo di Valerio. Non immagina neanche quanto rimpiangerà il vento del cambiamento che la fine dell’estate porta con sé. Chiara, sempre quella Chiara, solo verso i 30 anni. È sola nella vecchia e polverosa casa di campagna in cui era solita passare l’estate. Niente è rimasto come allora, la polvere e il tempo hanno usurato tanto la casa quanto le persone che vi ruotavano attorno. In mezzo a tutto quell’abbandono, l’unica cosa che può fare è guardare dalla finestra e ricordarsi di quelle estati sempre immobili ma così piene di vita. Ancora non sa che aprendo la finestra tornerà quel vento d’estate.

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Page 1: L'estate è finita
Page 2: L'estate è finita
Page 3: L'estate è finita

..............................................................................L’estate è finita 4

..................................................................La casa della memoria 5

......................................................................Nuove conoscenze 28

.....................................................................Ritratto di famiglia 46

............................................................Una giornata particolare 56

.........................................................Una notte al chiaro di luna 70

.....................................................................Una serata perfetta 97

............................................................L’incantesimo si è rotto 123

.............................................................................Nuove verità 143

..........................................................................L’estate è finita 172

........................................................................Verso il domani 189

Page 4: L'estate è finita

L’estate è finita

di Rita Massaro

Progetto editoriale:Absolutely Free sasGrafica e impaginazione:Nicoletta AzzoliniFoto di copertina:Moreno Scorpioni

© Copyright, 2011

Absolutely Free Editorevia Roccaporena, 44 - 00191 RomaE-mail: [email protected]

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico, non autorizzata

ISBN 978-88-97057-07-9

Page 5: L'estate è finita

La casa della memoriaEd eccomi nuovamente qui. Chi l’avrebbe mai detto che

questo posto, che avevo odiato per tanto tempo, sarebbe divenuto

il mio rifugio? Saranno stati almeno cinque o forse sei anni che

non varcavo questo cancello.

I treni sporchi, gli ostelli più simili a delle caserme, le

lunghe camminate con zaino in spalla per le strade d’Europa.

Tutto era meglio che venire qui. Ma ora, stranamente, sento che

questo è l’unico posto che possa accogliermi, l’unico posto dove

ho voglia di venire a nascondermi.

Fuggire. A volte non è vigliaccheria. A volte è

sopravvivenza. E ho imparato, anche, che non serve allontanarsi

di molti chilometri, mettere miglia di distanza fra noi e il “nostro”

mondo. Ci sono tanti modi di fuggire. Uno di questi è fare un

percorso all’indietro, nei luoghi lontani e nascosti della memoria.

Si può fuggire nel passato, e può anche capitare di ritrovarsi.

Ho un legame con questa casa, ma fin’ora non lo sapevo.

Sto riflettendo su questo, mentre scarico le valigie

dall’auto e mi accingo a percorrere il vialetto pieno di erbacce.

Sto anche pensando che bisognerà ripulire un po’ il giardino.

Dovrei chiamare quel contadino che chiamava sempre mio padre,

ma forse lo ripulirò io, tanto per fare qualcosa. Ho una necessità

impellente di adoperare le mani, come se il flusso di energia, che

mi sento esplodere nel cervello, avesse bisogno di fuoriuscire da

qualche parte del mio corpo.

Page 6: L'estate è finita

Ci sono momenti in cui vorrei che, con una siringa, mi

aspirassero tutti i pensieri. Questa frase non è mia, eppure, mai

come adesso sento che mi appartiene.

In effetti, questo è uno di quei momenti in cui preferirei

non pensare. È per questo che sono qui. Ma non credo ce la farò. I

pensieri, in verità, sono indipendenti da noi. Vengono e vanno

indifferenti al nostro volere o ai nostri desideri e si può fare poco

per fermarli.

Per esempio, mi sta tornando in mente, all’improvviso,

un’estate di dieci anni fa. Anche allora ero una che si poneva

troppe domande. Mi chiedevo se, nella vita, era meglio inseguire i

propri sogni o vivere con i piedi per terra. Io, per la mia natura

irrimediabilmente idealista e, probabilmente, anche per l’età, ero

portata a pensare che avrei scelto di essere me stessa e non quello

che la vita e soprattutto il mondo esterno mi imponevano di

diventare. Oggi, invece, la domanda che mi faccio è un’altra.

Veramente abbiamo una scelta o siamo tutti schiavi della

necessità?

A ogni modo, avevo diciassette anni e passavo la maggior

parte del mio tempo a leggere romanzi e riviste per adolescenti,

ascoltare i Duran Duran, i Queen, i Police e gli U2, scrivere i miei

pensieri su fogli vaganti, torturare i miei delicati capelli biondi

con permanenti, lacca e pinzoni con enormi fiocchi, organizzare

feste di compleanno in casa mia o dei miei compagni di scuola.

Tutto sommato, per me, l’adolescenza fu un periodo

sereno. I problemi c’erano, ma non erano mai insormontabili.

Ricordo che vivevo intensamente ogni attimo delle mie giornate.

Avevo la sensazione di vivere una parte irripetibile della mia

Page 7: L'estate è finita

esistenza e, quindi, cercavo di imprimere nella mia memoria il

maggior numero di ricordi possibile. Ci sono persone che

riempiono il proprio conto in banca di denaro, per paura di

rimanere a secco. Altri riempiono i propri cassetti di gioielli o i

propri armadi di vestiti. Io cercavo di riempire vorticosamente la

mia vita di momenti bellissimi, come se avessi saputo che un

giorno o l’altro avrei avuto bisogno di riaprire il cassetto dei

ricordi e volevo essere certa di trovarlo pieno.

Oltre l’età, anche il periodo storico mi aiutava. Io, che

sono sempre stata particolarmente sensibile agli umori della gente,

mi sentivo addosso l’euforia di quegli anni. Credo che chiunque

abbia vissuto la sua adolescenza negli anni Ottanta ricordi la

spensieratezza, la fiducia, l’ottimismo che si respirava nell’aria.

Parole come crisi, disoccupazione, inquinamento, licenziamento,

fallimento, cambiamenti climatici, desertificazione, disastro

ambientale non facevano parte del vocabolario comune. Persino la

guerra fredda pareva un male necessario per i film di James Bond!

Al massimo, fra i più “alternativi”, facevano capolino,

ogni tanto, la fame nel mondo e il neonato buco nell’ozono.

È anche vero che in tutta quell’ostentazione di benessere

c’era qualcosa di esagerato e mistificante, che, forse, avrebbe

dovuto aprirci gli occhi su quello che sarebbe venuto dopo, ma chi

ci pensava allora? Eravamo talmente occupati a divertirci, che non

rimaneva molto tempo per pensare. In ogni caso, così come in

quegli anni tutto era facile e sicuro e, ovunque, si respirava quella

certa aria rassicurante, oggi, a soli dieci anni di distanza, tutto è

difficile, precario, insicuro. Ma non voglio parlare di questo, ora.

Page 8: L'estate è finita

C’è una grande opera di pulizia da fare anche all’interno

della casa. Polvere e ragnatele hanno preso il sopravvento

ovunque. Saranno un paio d’anni che i miei non vengono, neppure

in estate, e quindi nessuno ha più pulito. C’è anche odore di

chiuso e persino le tracce dell’ultimo capodanno che mio fratello

Nicola ha organizzato qui con i suoi amici. Lui, con la scusa che

era il più piccolo, si è sempre risparmiato. Ricordo le litigate che

ci facevamo perché non voleva mai aiutare in casa. Mia nonna

diceva che eravamo “lagnusi”. Lei, a ottant’anni suonati, era

ancora una matrona, dura e forte come una roccia. Mi ero sempre

chiesta dove prendesse tutta quell’energia che, poi, elargiva a

piene mani a tutta la famiglia. “Voi non avete fatto la guerra”, ci

diceva e ci guardava quasi con disgusto, come se fossimo stati

tutti robetta che si poteva spezzare con un grissino. E aveva

ragione.

Mentre mio nonno era in guerra, aveva allevato, da sola,

quattro figli, pur avendo dovuto lasciare la casa e tutte le sue cose

per sfollare in un paese delle Madonie. Faceva la ricamatrice da

quando era bambina, poi era diventata sarta. Dopo che il nonno

era tornato, avevano avuto altri due figli, di cui l’ultima affetta da

un grave ritardo mentale. Insieme avevano lavorato, comprato una

casa, fatto studiare tutti i figli e pagato le cure e l’assistenza di cui

aveva bisogno mia zia. Ancora oggi, che ha raggiunto i

novant’anni, quasi tutta la famiglia, per qualsiasi problema, si

rivolge a lei. L’anno scorso, quando zia Caterina, la sorella

maggiore di mia madre, voleva separarsi dal marito, riuscì a farla

desistere. “Tu ci devi dare l’illusione che è iddu ca cumanna”, le

Page 9: L'estate è finita

diceva, “però ha fari chiddu ca rici tu. Na fimmina bona sapi comi

teniri l’omo in pugnu”.

Cara nonna, non ci sono più le donne di una volta, e

neppure gli uomini. Oggi tutti vogliamo fare quello che ci passa

per la testa, ma nessuno ha la spina dorsale per farlo veramente e

diamo sempre la colpa agli altri quando non ci riusciamo. Ci

vogliamo sentire liberi di fare le nostre scelte, ma poi dobbiamo

andare da uno psicologo per capire cosa veramente vogliamo.

Parliamo molto di più di quanto non facevate voi, ma non ci

capiamo. Dovremmo essere più felici, ma non lo siamo. A volte,

le vorrei dire tutto questo, ma poi rinuncio, perché so che non

capirebbe.

Anche quell’estate, non ero per niente contenta di venire

qui. Trovavo la campagna noiosa e desolante e mi importava

veramente poco dei sacrifici che aveva fatto la mia famiglia per

realizzare quella casa.

In quel periodo era scoppiata la moda della villeggiatura

e, dal momento che costruire dal nulla non costava troppo e non

necessitava di una licenza edilizia, tanto prima o poi sarebbe

arrivata la sanatoria, si costruiva abusivamente praticamente

ovunque, senza ritegno, rispetto e tanto meno estetica. File di

baracche di cemento sorgevano dall’oggi al domani in riva al

mare, ma anche in montagna o in collina, seppure meno gettonate,

non mancavano le seconde case a distruggere senza pietà paesaggi

bellissimi.

La legalità era considerata un hobby che pochi potevano

permettersi, per certi versi, anche stupido e inutile. Se ne parlavi,

e ti andava bene, venivi etichettato come idealista. Quando

Page 10: L'estate è finita

crescerai ti renderai conto che nella vita queste cose contano poco.

Era sottinteso che contavano i soldi e bisogna riconoscere che,

finché ci furono, si stava abbastanza bene. Quando cominciarono

a scarseggiare iniziarono anche i problemi e fu in quel momento

che qualcuno si accorse che si erano persi di vista i valori più

importanti e bisognava recuperarli. Secondo me era già troppo

tardi.

Fatto sta che anche quell’anno mi dovetti rassegnare e la

prima notte che ci dormii, rifeci un sogno che facevo spesso.

Camminavo, reggendo con le mani un vassoio che conteneva dei

bicchieri di cristallo, molto preziosi. Cercavo di stare molto

attenta, perché avevo paura di romperli. A un certo punto

inciampavo, ma mi svegliavo sempre prima di sapere se i

bicchieri si erano rotti o se ero riuscita a salvarli. Anche quella

volta mi svegliai, in preda all’angoscia, chiedendomi cosa fossero

mai quei bicchieri che avevo tanta paura di rompere.

E rieccomi nella mia stanza, nel mio mondo, in quelle

quattro mura che ti segnano una vita. Anche adesso la prima cosa

che faccio è aprire le persiane e uscire sul terrazzo. Quante volte

ho visto l’alba da quassù. La sensazione visiva del sole che usciva

dall’acqua facendo strani colori nel cielo era straordinaria. Ma, da

queste parti, probabilmente si è tanto abituati ai colori forti che,

spesso, non se ne apprezza la bellezza fino in fondo, almeno fino

a quando non si è costretti ad andare via.

La cosa che mi dava maggior piacere erano i suoni della

campagna che si sveglia, che mi facevano pensare alla vita che si

sveglia. Non era soltanto la natura, ma anche i contadini che si

alzavano presto per andare a lavorare la terra. Mi sembrava, nella

Page 11: L'estate è finita

mia visione romantica e adolescenziale delle cose, che uomini e

animali si fossero dati appuntamento a una data ora e iniziassero a

suonare tutti insieme, come in una grande orchestra. La bellezza è

armonia, pensavo, e io, in quel momento, per il solo fatto di essere

lì a guardare ed ascoltare quello spettacolo, mi sentivo parte del

tutto. Probabilmente se fossi stata io a dovermi alzare alle cinque

del mattino per andare a lavorare la terra, l’avrei pensata

diversamente.

Amavo la mia terra e mi sentivo legata a essa in modo

quasi viscerale. Con il tempo, questo sentimento si è trasformato

in amore-odio, proprio come tutti quei sentimenti troppo forti che

finiscono per procurarci molto dolore, per cui, se adesso mi fosse

data la possibilità di andarmene, so che farei la valigia domani

mattina per poi vivere di nostalgia altrove, il giorno dopo.

Tornando a quell’estate, la campagna mi annoiava

profondamente, perché come tutti quelli che avevano la mia età,

ero alla disperata ricerca di emozioni e sensazioni forti.

Nonostante ciò, c’erano due ottimi motivi che mi rendevano quei

mesi estivi sopportabili, si chiamavano Marta e Valerio. Con i figli

della nostra vicina eravamo cresciuti insieme ed eravamo

diventati un trio quasi inseparabile.

Una cosa che mi divertiva moltissimo era paragonare le

persone a degli oggetti o a degli animali. Talvolta mi venivano in

mente anche entità astratte come un numero, una parola o una

figura geometrica. Quando vedevo Marta e Valerio non potevo

fare a meno di pensare a due alberi. Lui era una quercia grande,

maestosa e, pur essendo giovane, resistente e con le radici ben

piantate nel terreno. Marta, invece, era un albero più piccolo e

Page 12: L'estate è finita

colorato, forse un mandorlo in fiore, ma ben piantato nella terra,

come l’albero Valerio. Io, che ero l’indecisione fatta persona e

avevo sempre dubbi su tutti e tutto, invidiavo da sempre la loro

sicurezza e le loro inequivocabili certezze.

Tutto sommato, però, non si può dire che non mi piacessi.

Ero una che voleva sempre capire di più e, in fondo, trovavo

giusto farsi delle domande. Quando pensavo a me, vedevo un

arcobaleno colorato, sospeso fra terra e cielo, sempre proteso

verso il mondo delle mie fantasie e, al tempo stesso, sempre

pronto a tornare alla realtà. Alla fine, era come avere a

disposizione uno di quegli album di disegni che ci regalavano da

bambini. Io lo coloravo a mio piacimento.

Per me Valerio era sempre stato come un fratello

maggiore. Ma qualcosa era cambiato dopo che avevo compiuto il

mio tredicesimo compleanno. Valerio ne aveva sedici e io avevo

notato in lui un mutamento, che è difficile notare nelle persone

che ci stanno vicine e che, tuttavia, in lui era straordinario. Lo

vedevo dal modo in cui mi guardava e con cui, certe volte, mi

sfiorava, quasi per caso. All’inizio ero infastidita da quelle sue

nuove, strane e improvvise attenzioni. Più di una volta glielo feci

capire, poi arrivai a dirglielo apertamente.

Preferivo stare con Marta, e io e lei, a poco a poco,

tendemmo a escluderlo. Vivevamo nel nostro mondo fatto di

sogni, in cui Valerio, così reale e concreto, era un intruso. Noi

volevamo un ideale, non un ragazzo vero, e lui disturbava le

nostre fantasie. Lui, però, non si arrese mai. Con i suoi modi

pratici e sicuri, ci imponeva la sua presenza, prendendoci in giro e

distruggendo tutti i nostri castelli in aria con quel suo terribile

Page 13: L'estate è finita

sorrisetto ironico. E, a onor del vero, devo ammettere che non era

facile escluderlo, perché sapeva anche come rendersi adorabile.

Continuò a insistere con quelle sue invadenti

manifestazioni d’affetto nei miei riguardi. Iniziai a ritrovarmi le

sue mani dappertutto, la sua presenza ovunque. Cominciò una

specie di lotta ideale ma anche fisica fra me e lui, durante la quale

arrivai persino a schiaffeggiarlo e a fargli male, ma era tutto

inutile. Lui non se la prendeva e mi rispondeva con una carezza o

con un bacio. Alla fine, quello che era iniziato come uno scontro

finì per diventare uno strano gioco che ci portava inevitabilmente

verso la naturale scoperta dei nostri corpi e del loro potere.

Generalmente si accontentava di tenermi abbracciata,

accarezzarmi quasi ovunque, baciarmi in continuazione le mani o

i capelli, ma una volta mi ritrovai la sua bocca troppo vicina alla

mia, sentendo quasi il suo respiro confondersi con il mio. Quando

capii le sue intenzioni lo respinsi istintivamente, ebbi una specie

di senso di repulsione; capii che, in quel momento, per me quel

gioco stava andando troppo oltre e che mi faceva un po’ senso

pensare di condividere quelle mie prime esperienze con Valerio.

Così, ignorando il potenziale negativo delle mie parole,

gli dissi semplicemente che dovevamo tornare a comportarci

come ciò che eravamo, cioè due affettuosi amici di lunga data, e

che volevo conoscere altri ragazzi. Valerio, ovviamente, ci rimase

male ma rispettò il mio desiderio, anche se non smise più di

guardarmi in quello strano modo e io non smisi più di sentirmi in

imbarazzo quando lui lo faceva. Nonostante ciò, continuai a

parlargli sinceramente di tutto, come se quella breve parentesi non

fosse mai esistita.

Page 14: L'estate è finita

Quell’anno, come sempre, la prima persona che avevo

cercato era Marta. Ci sentivamo spesso al telefono e ci vedevamo

qualche volta, anche in inverno, ma durante l’estate diventavamo

quasi una cosa sola. A volte, mentre parlava, la osservavo,

guardavo i suoi riccioli neri sempre scomposti, il volto pieno di

lentiggini, gli occhi piccoli e intelligenti. Aveva gli occhi più

mobili che avessi mai visto, non stavano mai fermi o fissi su

qualcosa, come invece facevano spesso i miei. Sembrava che

fosse sempre attenta e vigile su tutto e, talvolta, dava

l’impressione di voler penetrare nei segreti più nascosti di quelli

che capitavano sotto quello sguardo indagatore.

Sapevo che lei non si piaceva fisicamente, si lamentava

della sua mancanza di forme, del suo viso irregolare, della sua

pelle piena di macchie e dei suoi occhi troppo piccoli; io, invece,

la trovavo bellissima, di una bellezza inusuale, non comune e,

proprio per questo, particolare rispetto alla norma, ma lei non mi

credeva e mi rispondeva che non ero obiettiva, perché le volevo

bene. Su questo aveva ragione, era la mia migliore amica, anzi

una sorella, e mi sembrava impossibile pensare che non sarebbe

stato così per sempre.

Quante volte abbiamo percorso, a piedi, questo vialetto

che porta dalla mia casa alla sua. Lo ripercorro, pensando a noi e a

quei giorni. Il loro giardino è ordinato e pulito, l’orto coltivato, gli

alberi potati. Tutto come sempre. So che loro vengono qui ogni

estate, proprio come allora. La madre ci viene spesso anche

durante l’inverno, per pulire.

La signora Antonia, pur non vedendola da molto tempo,

me la ricordo perfettamente, sempre serena e sorridente. Il padre

Page 15: L'estate è finita

dei miei amici, invece, non lo avevo conosciuto. Sapevo che era

morto molti anni prima, poco dopo il loro ritorno dalla Germania.

Era lì che i loro genitori si erano conosciuti e poi sposati.

Lavoravano nella stessa fabbrica e la signora Antonia raccontava

sempre, sorridendo con nostalgia, come il suo futuro marito

l’avesse aspettata all’uscita, per quasi un mese, prima di avere il

coraggio di rivolgerle la parola. Altri tempi!

Fu qualche anno dopo la nascita di Marta che erano stati

costretti a tornare, perché era morta la madre della signora

Antonia e il padre era troppo anziano per vivere da solo. Gli altri

fratelli erano sparsi per il mondo, in luoghi ancora più lontani. E

così, suo marito trovò lavoro in un cantiere quaggiù e decisero di

rimanere. Probabilmente, era stata anche la nostalgia di casa a

farli propendere per questa soluzione. Purtroppo, però, poco dopo

il padre di Marta e Valerio era morto, cadendo da un’impalcatura.

Marta era troppo piccola per ricordarselo, ma Valerio ne

aveva sofferto atrocemente e, da allora, aveva sviluppato quella

rabbia e quell’odio profondo nei confronti delle ingiustizie e di

certe categorie di persone. Le chiamava i padroni, i capitalisti, le

sanguisughe. Diceva sempre che quello di suo padre era stato un

omicidio, perché gli imprenditori sapevano bene che,

risparmiando sulle misure di sicurezza, mettevano a rischio la vita

degli operai, ma poco gliene importava e questi stessi, pur

sapendolo, non fiatavano per paura di perdere il posto di lavoro.

La signora, pur avendo ricevuto una pensione a seguito

della disgrazia, per integrare le modeste entrate della famiglia,

faceva assistenza agli anziani per mezza giornata, mentre

nell’altra mezza si occupava della casa, del padre e dei ragazzi.

Page 16: L'estate è finita

Marta e Valerio erano cresciuti con la consapevolezza di

doversi occupare di loro stessi e di dover fare conto solo sulle

proprie capacità per cavarsela nella vita, pur se la presenza della

madre non era mai mancata ed era per loro una sorgente

inesauribile di forza ed energia.

Ricordo ancora il piacere che mi procurava vederla

cucinare. Il suo modo agile ma allo stesso tempo calmo e paziente

di tagliare, pulire, spellare, mescolare, rosolare, impastare… Non

so perché, mi dava una strana sensazione di benessere. Io non

avevo ricevuto quell’educazione che vedeva la donna come

l’angelo del focolare, ma vederla cucinare in quel modo aveva il

potere di rilassarmi e rassicurarmi.

Forse era perché mi mancava in famiglia qualcuno che

conoscesse e applicasse quell’arte con amore. Mia madre andava

sempre di fretta, odiava cucinare e lo faceva in modo nevrotico. A

casa mia si mangiava per vivere, non c’era il gusto di stare a

tavola e, il più delle volte, quando ancora eravamo seduti, i piatti

sparivano dalla nostra vista insieme all’ultimo boccone e,

magicamente, li vedevamo già lavati e poggiati sul piano a

scolare. Quante volte ho pensato che, da adulta, non sarei mai

stata come mia madre, e quante volte, oggi, inconsapevolmente,

mi ritrovo a fare le stesse cose.

Quel primo giorno, come ormai da tradizione, andai a

casa loro di buon mattino. Quando arrivavo, infatti, andavo

sempre a salutare tutta la famiglia. Come al solito, la madre era

uscita presto perché, tranne un paio di settimane, lavorava anche

nei mesi estivi. Trovai Valerio e suo nonno in giardino. Marta,

invece, non si era ancora alzata, perché la sera si addormentava

Page 17: L'estate è finita

sempre molto tardi e la mattina faticava ad alzarsi. Diceva che era

un animale notturno, ma suo fratello le ribatteva che aveva

soltanto l’orologio biologico spostato in avanti e che avrebbe

dovuto porci rimedio prima che fosse arrivato il momento di

andare a lavorare.

Dopo che ci fummo salutati, Valerio tornò a fare quello

che stava facendo e che faceva sempre quando si trovava in

campagna. Aiutava suo nonno con le piante e, soprattutto, con gli

alberi del frutteto. Entrambi erano molto legati alla terra e

adoravano stare lì in mezzo, sporchi e sudati, a misurare i

progressi di quei piccoli frutti che loro avevano contribuito a far

crescere. E quando li mangiavano e li offrivano a tutti, non

facevano che decantarne il sapore speciale e la genuinità.

Mentre pensavo a tutto questo, quasi senza rendermene

conto, mi ero messa a osservare Valerio. Guardandolo

analiticamente, non si poteva dire che fosse bello. Aveva i

lineamenti marcati, il naso troppo pronunciato, gli occhi piuttosto

piccoli e non era neanche molto alto. Ma guardandolo nel

complesso, risultava un tipico ragazzo mediterraneo, scuro di

carnagione e di capelli, dagli occhi profondi e dalla bocca carnosa

e con un fisico asciutto, nonostante le spalle larghe.

La caratteristica principale del suo carattere era la

semplicità che, talvolta, risultava disarmante, ma non scadeva mai

nella volgarità o nella rozzezza. Era diretto in quasi tutti i suoi

comportamenti e odiava i preamboli e i giri di parole.

Quel giorno ero arrivata da non molto tempo quando mi

disse che doveva parlarmi. E così uscimmo a fare una passeggiata.

Quella mattina non riuscivo a smettere di guardarlo. Mi accorsi

Page 18: L'estate è finita

che aveva qualcosa di strano, di diverso dal solito. Era stato via

per un anno, a causa del militare. Forse, se non fosse mancato

dalla mia vista per tutto questo tempo non avrei notato quel

cambiamento. L’estate precedente senza di lui era stata strana, in

un certo senso vuota. La sua presenza ingombrante, qualche volta

fastidiosa, perché impediva alla mia mente di volare via, come

avrebbe voluto, per riportarmi prepotentemente alla realtà, era

venuta a mancare. Avevo sentito dentro come un filo sottile che

era stato reciso e quella rottura faceva un po’ male.

Ora era lì, con la solita maglietta sudata, che camminava

al mio fianco come aveva fatto tante altre volte, ma sentivo che

non era più lo stesso. C’era qualcosa in lui, forse nello sguardo,

che lo faceva sembrare più adulto. Un’ombra di tristezza, come di

chi ha perduto qualcosa, ma anche una nuova e intensa

passionalità animavano quegli occhi scuri.

«Chiara» – iniziò, come chi sta per fare un discorso che si

era da tempo preparato, ma poi si fermò e mi guardò dritto negli

occhi. Non dimenticherò mai quello sguardo. Mi aveva detto

tutto, senza proferire parola. Una comunicazione così intensa,

diretta e spontanea mi accese una specie di fuoco dentro. Nessuno

mi aveva mai guardata così e, fin’ora, nessuno l’ha più fatto. A

volte mi chiedo perché la maggior parte di noi ha quasi sempre

così tanta paura di esprimere i propri sentimenti, come se si

vergognasse di quella che considera una grande debolezza.

Valerio non era così, perché il suo modo di guardare, di

parlare, di muoversi, persino lo scatto nervoso delle mani che

esprimeva il suo stato d’ansia, tutto il suo essere non era fatto per