leve articolari, proviamoci!

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Leve articolari, proviamoci…

Grazie al blog e alla presenza su Internet ricevo “molte” e-mail e sono in contatto con “molte” persone. Le virgolette sono d’obbligo perché andrebbe definito quantitativamente ed oggettivamen-te il “molto”: nel mio caso si tratta complessivamente di circa 2-6 contatti interessanti al giorno, domande e quesiti sugli argomenti che mi piacciono e che mi impegnano la la mente.

Ricevo anche molti complimenti che fanno ovviamente piacere, come anche critiche. Molto spesso queste ultime sono delle vere idiozie, tipicamente quelle di YouTube: senza conoscere quello che fai, molto spesso la gente urla commenti senza senso o delizie tipo “suca” o “sei piccolo”. Altre volte le critiche sono motivate e infatti sono quelle che fanno più “male” perché impongono una ri-flessione, ma sono proprio queste che permettono di migliorare.

L’ultima che ho ricevuto conteneva molti elementi su cui diplomaticamente dico che non concordo, ma un punto meritava attenzione: “... fare grafici ed essere ermetici per darsi un tono, non porta a nulla…”

Ok, non ho problemi a definirmi uno schizofrenico, un narcisista di merda, un presuntuoso, un falli-to che parla solo dell’unico suo interesse maniacale in cui sacrifica tempo e soldi, però i grafici, le formule, i conti sono per me un modo per rendere più chiari gli argomenti, non più incasinati!

Perciò, in questi articoli vorrei affrontare argomenti già trattati per compendiarli completamente e ri-spiegarli in maniera più comprensibile. Se così non fosse, vi prego di farmelo notare e non dirmi “bravo” perché tanto è tutto gratis.

Il corpo umano, la macchina adattativa più perfetta mai apparsa sul pianeta Terra, è complicato: per descrivere i più semplici movimenti è necessario tirare in ballo quasi subito un bel pacco di Fisica, Algebra, Trigonometria.

E’ sicuramente possibile creare modelli semplificati per assimilare concetti importanti, sorvolare su aspetti non rilevanti ai fini didattici, lasciar perdere argomenti importanti che però sono finezze e “seghe mentali” in funzione del contesto. Non è però possibile semplificare oltre una certa soglia, pena lo scadere nel semplicistico: questi argomenti richiedono comunque un certo grado di applica-zione del cervello, un impegno maggiore rispetto a guardare le foto di Flex al cesso.

Occorre, cioè, “studiare” nel senso letterale del termine: un minimo ma… è necessario.

Problemino

Sull’ultimo numero di Functional Training For Elite Lifter c’era uno splendido articolo su Training onto a non steady-state surface for a better deadlift, perciò GinoPL e PinoPL si costruiscono una specie di altalena a base larga per sperimentare questa innovativa tecnica.

Come tutti i powerlifter, non sono particolarmente furbi e sbagliano le misure “sbicentrando” l’appoggio. Quanto deve caricare PinoPL (quello a sinistra) per equilibrare il peso di GinoPL (quel-lo a destra)?

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Soluzione

Chiunque abbia avuto un’infanzia normale non da sociopatico sa che:

se l’altalena è centrata correttamente, un bambino obeso terrà prigioniero in alto quello sec-co.

se l’altalena è fuori centro, per rimanere entrambi sospesi è necessario far sedere il grasso dalla parte del lato più corto.

I nostri due amici generano due forze peso che agiscono, a meno che dalle vostre parti Newton non sia stato un venditore di pizzette, entrambe verso il terreno. Creano però due rotazioni opposte per come sono applicate alla tavola: per quanto scritto sopra, l’equilibrio della tavola dipende sia dall’intensità della forza che dalla distanza dal centro di rotazione.

L’altalena è un classico esempio di leva, due segmenti solidali fra loro detti bracci, appoggiati (in generale incernierati) su un punto chiamato fulcro e ruotanti alla stessa velocità angolare e nello stesso verso. Senza perdersi in sofismi, su una leva agiscono sempre due forze che la inducono a ruotare.

La capacità di una forza a mettere in rotazione un oggetto è detta coppia meccanica o momento meccanico, o semplicemente momento. Più il momento di una forza è elevato e più questa può po-tenzialmente far ruotare un oggetto. In questo caso l’intensità del momento meccanico è pari al pro-dotto della forza per la distanza dal centro di applicazione: se P è la forza e L è la distanza, il mo-mento vale PL, che giustifica il comportamento intuitivo dell’altalena: è importante sia il peso, sia la distanza di questo dal centro di rotazione.

Perché l’altalena sia in equilibrio è necessario che i momenti delle due forze si equivalgano in in-tensità ma abbiano verso opposto: due rotazioni che si compensano.

Invece di scrivere “il peso di PinoPL” i matematici usano una notazione più compatta: la frase “il peso di” diventa semplicemente P. Poi, adorano usare quei caratteri “bassi” ma non scrivono PPinoPL : semplicemente una cosa come P1. Così per tutte le altre grandezze.

??P1 P2

L1 L2

11

212211 P

L

LPLPLP

Eh eh eh…

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La prima parte della formula del disegno è l’uguaglianza dei momenti. Con dei passaggi algebrici da scuola media scrivo la stessa formula nel formato a destra.

La freccia nel mezzo si legge “perciò” e la formula è la forma compatta di: “l’altalena è in equili-brio se i momenti generati dai due idioti hanno la stessa intensità, perciò è necessario che il peso complessivo di PinoPL sia pari a quello complessivo di GinoPL moltiplicato per il rapporto delle rispettive distanze sulle tavole”. Una formula è perciò un linguaggio, un gergo per dire cose signi-ficative in poco spazio, un po’ come scrivere 6x6@80% che tutti i palestrati capiscono essere un al-lenamento impegnativo. Lo capiscono però perché “masticano” di queste cose, hanno “studiato” certi argomenti.

Scopo di una formula è aiutarci a capire ciò che stiamo osservando: ad esempio ci dice che PinoPL deve pesare complessivamente cinque volte quanto GinoPL se è distante dal centro di rotazione un quinto della distanza di GinoPL, viceversa GinoPL può pesare un quinto di PinoPL se è ad una di-stanza dal centro cinque volte superiore.

Il gioco delle leve avvantaggia o svantaggia! Si capisce perciò come pinze, tenaglie, tronchesi, chiavi inglesi permettano compiti impossibili senza: moltiplicano la forza umana nel punto dove deve essere applicata.

Tipi di leva

Il disegno rappresenta due leve di primo genere: il fulcro è sempre posizionato fra le due forze. In questo caso GinoPL a destra è il “motore” e agisce sul braccio-potenza di questo sistema meccanico mentre PinoPL a sinistra interpreta l’emozionante ruolo di zavorra e agisce sul braccio-resistenza.

GinoPL avrà un vantaggio o uno svantaggio nell’uso della leva a seconda della posizione del fulcro: nel caso a sinistra GinoPL è più lontano dal fulcro di quanto non lo sia PinoPL, pertanto il rapporto fra i due bracci nella formula che abbiamo calcolato è sempre minore di uno: GinoPL equilibrerà PinoPL con una forza inferiore a quella necessaria a tirarlo su senza leva.

Nel caso a destra avviene l’inverso e GinoPL avrà uno svantaggio nell’uso della leva poiché dovrà generare molta più forza rispetto a non usarla!

Perciò una leva di primo genere si dice vantaggiosa se il braccio-potenza è più lungo del braccio-resistenza, se accade il contrario la leva si dice svantaggiosa.

P

F

PFLLPL

LF 12

2

1 ;

L1

L2

Eh eh eh…

P

F

PFLLPL

LF 12

2

1 ;

L1

L2

Ora non ridi più eh..

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Nel caso i bracci abbiano la stessa lunghezza la leva si dice indifferente: una buona altalena è una leva di primo genere indifferente.

A sinistra una leva di secondo genere: la resistenza è sempre posizionata fra il fulcro e la forza ap-plicata. Una leva di secondo genere è sempre vantaggiosa: più il braccio-potenza ha una lunghezza paragonabile a quella del braccio-resistenza e meno la leva è vantaggiosa, ma non diventerà mai svantaggiosa. L’esempio classico è la carriola che usate nelle vostre prove da strongman denoartri, invece che la Conan Wheel la Paolino Wheelbarrow.

A destra una leva di terzo genere: la forza è applicata sempre fra fulcro e resistenza. Una leva di terzo genere è sempre svantaggiosa: più il braccio-potenza ha una lunghezza paragonabile a quella del braccio-resistenza e meno la leva è svantaggiosa, ma non diventerà mai vantaggiosa. L’esempio classico è il corpo umano, sigh!

Tristi esempi…

Il disegno vuole essere una rappresentazione schematica dell’articolazione del gomito: questo è il fulcro intorno a cui ruota la leva costituita dall’avambraccio, radio e ulna. I muscoli bicipite e trici-pite si inseriscono sull’avambraccio, generando due forze applicate a due bracci, come in figura.

PFLLPL

LF 12

1

2 ;

P

F

L1

L2

Fregato di nuovo…

PFLLPL

LF 12

2

1 ;

F

P

Tu credi…

L1

L2

Fb

Ulna

Tuberositàradiale

db

Forza del bicipite

dtFulcro

Ft

Forza del tricipite

Omero

Radio

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Al centro la configurazione di un curl: una leva di terzo genere perciò svantaggiosa, come si nota dal confronto con il disegno a destra.

Al centro la configurazione di un push down ai cavi: una leva di primo genere svantaggiosa, come si nota dal confronto a destra, perché il braccio del tricipite è più corto di quello della forza del ca-vo.

L’esempio della figura è più complicato dei precedenti: l’omino blu è seduto su una leg extension, il manicotto imbottito che fa ruotare il pacco pesi è indicato dal pallino colorato.

Immediatamente a sinistra dell’omino una rappresentazione a segmenti della tibia (fidatevi, è così e l’esempio verrà analizzato nel dettaglio in un prossimo articolo): è possibile ricondursi ad una leva con una rotazione di 90° sia del segmento orizzontale che della forza ad esso applicata. Così facen-

Omero

Radio

Forza del bicipite

Carico

Forza del tricipite

Omero

RadioCarico

Tibia

Rotula

Forza dei quadricipiti

Carico

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do, infatti, non viene alterata la rotazione intorno al fulcro indotto dalla forza “modificata”: il verso ed intensità sono sempre gli stessi.

La leg extension, in generale qualsiasi esercizio in cui vi è l’utilizzo del ginocchio, è una leva di primo genere svantaggiosa.

Questi esempi permettono due importanti considerazioni:

Nel corpo umano sono presenti solamente leve svantaggiose, dato che le inserzioni muscola-ri sugli arti hanno bracci più corti dei punti di applicazione delle forze: controllate dove sono le vostre inserzioni muscolari rispetto al punto di applicazione delle forze!

Il rapporto fra braccio-resistenza e braccio-potenza arriva facilmente a 20, ciò significa che le leve articolari sono sempre mooooolto svantaggiose: che i nostri muscoli generano ben più forza rispetto ai carichi che muovono.

Scomposizione delle forze

Nel disegno è facilmente riconoscibile una situazione da deficienti. Perché? GinoPL sta tirando l’altalena in una direzione in cui non è possibile farla ruotare: una forza applicata parallelamente al suo braccio non ha nessun effetto sulla leva, il suo momento è zero!

P

Che idiota…

??F

-

10

20

30

40

50

60

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90

Inclinazione della forza rispetto al suo braccio

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Nei casi precedenti la forza era invece applicata allo stesso braccio perpendicolarmente, la condi-zione migliore per far ruotare una leva: il momento è massimo e appunto pari al prodotto PL: lun-ghezza del braccio per la forza ad esso applicata.

Forza parallela e forza perpendicolare al relativo braccio sono le due condizioni estreme di applica-zione di una forza, nel mezzo tutta una serie di valori intermedi del momento meccanico, descritti dalla curva del grafico.

E’ possibile schematizzare una forza applicata ad una leva come la composizione di due forze, una parallela e una perpendicolare alla leva, come nel disegno a sinistra: invece di tirare “per storto” è come se si tirasse “per dritto per poi girare a destra o a sinistra”.

In questo modo la forza viene sostituita con le sue componenti, come nel disegno a destra: la com-ponente parallela non contribuisce alla rotazione, che è dovuta solo al quella perpendicolare. Risulta evidente (spero ah ah ah) che più la forza di partenza è perpendicolare alla leva e più la componente parallela si riduce mentre aumenta quella perpendicolare: meno forza viene sprecata inutilmente per far ruotare la leva.

Per completezza, ma non importa che vi soffermiate

Dal lato di GinoPL ho disegnato due frecce fra loro perpendicolari, due assi cartesiani, che si in-contrano in un punto detto origine. Per quanto ci riguarda, gli assi cartesiani costituiscono un rife-rimento per distinguere fra destra, sinistra, alto e basso. Potreste chiamarli in un modo qualsiasi, ma i matematici nelle loro manie ossessive-compulsive gli assegnano sempre i nomi x e y.

E’ possibile adesso disegnare l’angolo fra la forza F e l’asse x, chiamato theta anch’esso per mille-naria consuetudine. A destra la scomposizione delle forze: conoscendo l’intensità di una forza, la sua lunghezza, e l’angolo con un asse di riferimento la trigonometria di base permette di calcolare le

P

Ma che fa?!

PF

Fpar

Fperp

Fpar

Fperp

FLsenLF

FF

FsenF

perp

par

perp

cos

F

x

y

F

x

y

Fpar

Fperp

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intensità/lunghezze delle rispettive componenti (il verso di ognuna è noto in partenza) grazie alle erotiche funzioni seno e coseno.

La formula in basso è pertanto la versione generale del momento di una forza applicata ad un ogget-to: sempre per consuetudine, il momento si indica con la lettera tau e risulta uguale proprio al pro-dotto fra intensità della forza, lunghezza del braccio a cui è applicata e seno dell’angolo compreso fra forza e braccio. Il grafico della variazione del momento rispetto all’angolo è proprio quello pre-cedente.

Conclusioni

Questi elementi di Fisica sono quanto basta per spiegare tantissima biomeccanica e verranno tutti usati nel prossimo articolo: vi prego di notare che ho introdotto una sola, unica formula e poi tutti disegnini per un totale di 8 pagine in Word con il Times New Roman corpo 12.

Spiegando il tutto introducendo le equazioni della Statica, un po’ di vettori e di momenti vettoriali, un bel seno trigonometrico come nel precedente paragrafo, disegnando un grafico “scientifico” a-vrei liquidato il tutto con la metà delle pagine e sarei stato sicuramente più preciso (cazzo… non ho nemmeno parlato di unità di misura!).

Così facendo avrei però distratto il lettore dai concetti, facendolo perdere fra le formule e i simboli: non pretendo di riuscirci, ma mi sforzo di far capire come funzionano le cose, per quello che so. Compito mio è renderle semplici e se così non fosse dovete dirmelo, ma compito vostro non è “leg-gere” o “sfogliare” o “fruire” ma proprio “studiare”, cioè batterci la testa.

Una roba del genere deve essere un po’ indigesta, “non ci sono cazzi” come diceva Confucio. Se non lo fosse… già la conoscereste e allora questo pezzo non vi servirebbe. Non è che io sono nato conoscendo queste cose, ma semplicemente… le ho studiate.

Studiate per comprendere il mondo che vi interessa: se veramente vi interessa, dovete comprenderlo e studiarlo è l’unico modo.

Mi ero scordato…

… della cosa più importante! Come sempre, perso nei dettagli, nello spiegare le cose in maniera semplice (o quanto meno provarci), ho dimenticato il quadro generale: perché l’Architetto della Matrice in cui tutti siamo immersi ha progettato gli arti del corpo umano come leve svantaggiose?

Il problema è che molto spesso diamo così per scontato che le cose intorno a noi siano come sono, che ci scordiamo di chiederci perché sono fatte così, accettandole senza metterle in discussione.

La nostra visione palestracentrica porta ad un giudizio negativo del fatto che le leve articolari siano sempre svantaggiose: perché cacchio il Creatore ci ha penalizzati in questo modo? Forse è il prezzo del Peccato Originale e Adamo ed Eva prima della cacciata dall’Eden avevano degli strani arti che permettevano loro di sollevare 500Kg nella panca?

Nel disegno seguente, in alto una leva di primo genere vantaggiosa: l’omino a destra può sollevare più peso di quanto non potrebbe fare senza la leva. Però a fronte di questo vantaggio deve abbassare il braccio dell’altalena dal suo lato molto di più rispetto a quanto si alza l’altro braccio.

A destra le posizioni iniziali e finali dell’altalena: con le formulette delle proporzioni dei triangoli che abbiamo imparato tutti (?) alle scuole medie, “il lato maggiore del triangolo a sinistra sta al lato maggiore del triangolo a destra come la base di quello a sinistra sta alla base di quello a destra”, da cui posso ricavare la base A1 che nel nostro caso è lo spostamento verso l’alto del peso.

La formula dice che più la leva è vantaggiosa, cioè la lunghezza L2 del braccio della forza si incre-menta e a parità di spostamento A2 il peso si solleverà sempre di meno dal suolo: del resto, non pos-so avere tutto! Più la leva è vantaggiosa e più peso posso sollevare, ma ad altezze sempre inferiori.

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Nel disegno in basso la situazione è esattamente speculare: più la leva è svantaggiosa, cioè la lun-ghezza del braccio L1 aumenta, e più il peso si solleverà a parità di spostamento A2: è vero che de-vo utilizzare sempre più forza, ma in compenso posso sollevarlo più in alto.

Lascio a voi la semplice dimostrazione che una leva di terzo genere, sempre svantaggiosa, si com-porta come una leva di secondo genere svantaggiosa (Dio come mi facevano incazzare i prof all’università quando usavano la frase “lascio agli studenti la semplice dimostrazione”, perché non era semplice per una minchia, semplicemente ci lasciavano le paccate di conti che si rompevano i coglioni a scrivere alla lavagna…)

Bene, che significa tutto questo? Sebbene i nostri arti non riescono ad esprimere a pieno la forza dei nostri muscoli, per essere mossi richiedono che i muscoli si accorcino molto poco rispetto agli spo-stamenti compiuti dalle estremità, e questo è sicuramente un vantaggio in termini di rapidità dei movimenti.

Quando contraete un bicipite, questo si accorcia di qualche centimetro, ma lo spostamento lineare della vostra mano è di circa mezzo metro. Analogamente, quando passeggiamo i nostri piedi si spo-stano linearmente di poco più di un metro, ma questo avviene a fronte di contrazioni muscolari dell’ordine dei centimetri.

Pensate invece se le leve articolari fossero vantaggiose: mani e piedi per compiere gli stessi sposta-menti necessiterebbero di muscoli che si dovrebbero contrarre per metri! Muscoli più lunghi dei no-stri, con più massa da nutrire, perciò più cibo necessario: evolutivamente perdenti.

Oppure, movimenti molto più brevi dei nostri per mantenere la massa muscolare a livelli accettabili pur avendo leve svantaggiose: lo stesso evolutivamente perdente dato che per compiere uno stesso tragitto sarebbero necessari molti più movimenti per un consumo calorico molto più elevato del no-stro corpo umano.

La struttura meccanica delle nostre leve articolari permette perciò di compiere movimenti lineari minimizzando la massa muscolare necessaria, a fronte di uno svantaggio meccanico. Questo svan-taggio, però, consente comunque di sollevare, trascinare, spostare, rotolare un peso pari a circa il nostro peso corporeo, probabilmente un livello di forza sufficiente a sopravvivere al mondo. Il cer-vello nei milioni di anni dalle protoscimmie ad oggi ha permesso all’Uomo di sopperire ai suoi li-miti fisici, facendolo sopravvivere.

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11

2

1

2

1 AL

LA

A

A

L

LP

F

L1

L2

P

F

L2L1

A1 A2

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11

2

1

2

1 AL

LA

A

A

L

L

P

F

P

F

L1

L2

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La genetica può avvantaggiare: inserzioni muscolari che creano leve articolari meno svantaggiose permettono di generare più forza, ma a meno di non essere un mutante, c’è un motivo per cui nes-suno potrà mai avere leve vantaggiose.

Ah…. L’ultimo pezzo psico-evolutivo è mio, perciò sono cazzate, tutto il resto, invece, è vero: an-che stavolta, l’Architetto non ha toppato…