l'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione
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Immigrazione e politiche comunitarie dal Trattato di Roma in poiPrestare attenzione agli errori ed imprecisioniTRANSCRIPT
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
Facoltà di Economia
Corso di laurea in Economia Aziendale
Tesi di Laurea
L'EVOLUZIONE STORICA DELLA POLITICA
COMUNITARIA IN
MATERIA DI IMMIGRAZIONE
Laureando Relatore
Renato Franchitto Prof. Raffaele Chiarelli
Anno Accademico 2007-2008
1 Renato Franchitto
2 Renato Franchitto
Questo mondo sta per esplodere sotto i nostri occhi e noi europei lo sappiamo bene. Se non riusciamo a creare, intellettualmente innanzitutto e poi praticamente, cioè politicamente una nuova immagine della società, allora non resteranno nient’altro che i tecnocrati da un lato e gli ayatollah dall’altro.”
Touraine
IntroduzioneIntroduzione
L'obiettivo di questo lavoro è descrivere l'evoluzione della politicaL'obiettivo di questo lavoro è descrivere l'evoluzione della politica
comunitaria in tema di valorizzazione ed integrazione dei cittadini deicomunitaria in tema di valorizzazione ed integrazione dei cittadini dei
Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio dell'Unione europea.Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio dell'Unione europea.
Il fenomeno migratorio ha da sempre interessato tutte le popolazioniIl fenomeno migratorio ha da sempre interessato tutte le popolazioni
coinvolte, sia ospitanti sia “offerenti”; così pure è avvenuto per l'Europacoinvolte, sia ospitanti sia “offerenti”; così pure è avvenuto per l'Europa
quando questa iniziò lentamene a prendere forma ovvero dallaquando questa iniziò lentamene a prendere forma ovvero dalla
sottoscrizione del Trattato Istitutivo fino ai tempi più recenti in cui stiamosottoscrizione del Trattato Istitutivo fino ai tempi più recenti in cui stiamo
assistendo alla realizzazione della più alta forma di integrazione tra Statiassistendo alla realizzazione della più alta forma di integrazione tra Stati
mai vista prima in Europa.mai vista prima in Europa.
Certo, i problemi legislativi in materia sono costantemente mutatiCerto, i problemi legislativi in materia sono costantemente mutati
negli anni, basta analizzare i flussi in entrata (soprattutto in paesinegli anni, basta analizzare i flussi in entrata (soprattutto in paesi
recentemente entrati nelle destinazioni “preferite” dell'immigrazione darecentemente entrati nelle destinazioni “preferite” dell'immigrazione da
paesi terzi come per esempio l'Italia) oppure la quota di stranieri giàpaesi terzi come per esempio l'Italia) oppure la quota di stranieri già
presenti nel paese per renderci conto di quanto sia effettivamentepresenti nel paese per renderci conto di quanto sia effettivamente
cresciuta la portata della "questione immigrazione”.cresciuta la portata della "questione immigrazione”.
Personalmente trovo di fondamentale importanza ripercorrere lePersonalmente trovo di fondamentale importanza ripercorrere le
tappe di questo processo, significa in un certo modo apprendere e fartappe di questo processo, significa in un certo modo apprendere e far
proprie le radici della futura Europa, null'altro che un passo in più verso laproprie le radici della futura Europa, null'altro che un passo in più verso la
strada comune per sentirci sempre di più cittadini europei.strada comune per sentirci sempre di più cittadini europei.
3 Renato Franchitto
Ricercare le cause di questo continuo movimento di individui versoRicercare le cause di questo continuo movimento di individui verso
l'area comunitaria non è semplice. In linea generale si può comunquel'area comunitaria non è semplice. In linea generale si può comunque
affermare che alla base dello spostamento vi è la volontà di esercitare iaffermare che alla base dello spostamento vi è la volontà di esercitare i
diritti economici, sociali e culturali garantiti ai cittadini degli Stati membri;diritti economici, sociali e culturali garantiti ai cittadini degli Stati membri;
diritti che, data la particolare situazione economica politica in cui versa ildiritti che, data la particolare situazione economica politica in cui versa il
paese di origine del migrante, spesso non possono essere oggetto dipaese di origine del migrante, spesso non possono essere oggetto di
garanzia. Vi sono poi i vincoli coloniali, i legami familiari (immigrazione dagaranzia. Vi sono poi i vincoli coloniali, i legami familiari (immigrazione da
ricongiungimento familiare), che incidono in modo determinante sullaricongiungimento familiare), che incidono in modo determinante sulla
scelta europea. A parte questi casi, è tuttavia indubbio che una partescelta europea. A parte questi casi, è tuttavia indubbio che una parte
degli individui emigra dal proprio paese con l'aspirazione di acquisire neldegli individui emigra dal proprio paese con l'aspirazione di acquisire nel
tempo la cittadinanza europea con tutti i diritti, anche sotto il profilotempo la cittadinanza europea con tutti i diritti, anche sotto il profilo
politico, che dal suo possesso derivano.politico, che dal suo possesso derivano.
Le situazioni di emergenzaLe situazioni di emergenza
che talvolta sono derivate,che talvolta sono derivate,
anche a causa dell'entitàanche a causa dell'entità
numerica di entrambi inumerica di entrambi i
fenomeni, cioè l'immigrazionefenomeni, cioè l'immigrazione
regolare e quella clandestina,regolare e quella clandestina,
hanno imposto agli Stati dellahanno imposto agli Stati della
comunità europea l'adozionecomunità europea l'adozione
di strategie di intervento dadi strategie di intervento da
decidersi non più in mododecidersi non più in modo
individuale, ma collettivo nellaindividuale, ma collettivo nella
casa comune europea.casa comune europea.
4 Renato Franchitto
Il tema della presenzaIl tema della presenza
strastraniera costituiniera costituiscesce
ormai, a liormai, a livello non solovello non solo
italiano, ma europeo editaliano, ma europeo ed
ininternazionale unaternazionale una
costante del dibattitocostante del dibattito
connesso allaconnesso alla
globalizzazioglobalizzazione. Inne. In
particolare, nell’ambitoparticolare, nell’ambito
dell’Unione Europea sidell’Unione Europea si
intrecciano preoccuintrecciano preoccu--
pazioni, testimoniatepazioni, testimoniate
anche dal rilievo che ad esse viene dato dagli organi di informazione.anche dal rilievo che ad esse viene dato dagli organi di informazione.
Secondo le stime ufficiali, in assenza di migrazioni, la popolazione euSecondo le stime ufficiali, in assenza di migrazioni, la popolazione eu--
ropea che oggi, nella corte di età compresa fra i 20 e i 59 anni, contaropea che oggi, nella corte di età compresa fra i 20 e i 59 anni, conta
poco più di 416 milioni di abitanti, calerebbe a 370 milioni nel 2050poco più di 416 milioni di abitanti, calerebbe a 370 milioni nel 205011..
Si tratta di un declino repentino che colpisce, in particolare, le forzeSi tratta di un declino repentino che colpisce, in particolare, le forze
che saranno presenti sul mercato del lavoro e, potenzialmente, quelle cheche saranno presenti sul mercato del lavoro e, potenzialmente, quelle che
dovrebbero garantire il ripristino della popolazione locale. Appare dunquedovrebbero garantire il ripristino della popolazione locale. Appare dunque
evidente come l’immigrazione diventerà un tema fondamentale per misuevidente come l’immigrazione diventerà un tema fondamentale per misu--
rare la volontà di costruzione dell’Europa. Quest’ultima costituisce unrare la volontà di costruzione dell’Europa. Quest’ultima costituisce un
banco di prova nella costruzione di una nuova identità europea. Le quebanco di prova nella costruzione di una nuova identità europea. Le que--
stioni più spinose sono quelle che riguardano l’affermazione dei diritti delstioni più spinose sono quelle che riguardano l’affermazione dei diritti del--
la persona, della libertà religiosa, il diritto alla costruzione della societàla persona, della libertà religiosa, il diritto alla costruzione della società
1 Cfr. Caritas/Migrantes ”Immigrazione. Dossier Statistico XV Rapporto”, 2005 Pag. 116
5 Renato Franchitto
politica, il rispetto delle regole democratiche, la distinzione tra politica epolitica, il rispetto delle regole democratiche, la distinzione tra politica e
religione. L’inserimento lavorativo costituisce un diritto di cittadinanza e,religione. L’inserimento lavorativo costituisce un diritto di cittadinanza e,
nel contempo, uno strumento di integrazione sociale essenziale.nel contempo, uno strumento di integrazione sociale essenziale.
Secondo le stime dell'Eurostat, negli anni novanta, più di tre milioni diSecondo le stime dell'Eurostat, negli anni novanta, più di tre milioni di
persone hanno acquistato alla cittadinanza di uno Stato membro.persone hanno acquistato alla cittadinanza di uno Stato membro.
Settembre 2008Settembre 2008 Renato FranchittoRenato Franchitto
6 Renato Franchitto
Le origini dell'intervento comunitario in tema di
immigrazione
La genesi storica dell'evoluzione della politica comunitaria in materia di
immigrazione è rintracciabile fin dai primi trattati istitutivi della Comunità
Europea. Il Trattato di Roma, nella sua versione originaria, non conteneva
alcuna disposizione che attribuisse all'istituzione una competenza in mate-
ria di immigrazione. Usualmente con Trattato di Roma si indica, il solo
trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. Questo trattato è
ancora la base legale di molte decisioni prese dall'Unione europea e lo ri-
marrà anche in seguito all'approvazione del Trattato di Lisbona che preve-
de però di cambiarne il nome2.
Questo trattato prevedeva sostanzialmente:
l'eliminazione dei dazi doganali tra gli Stati Membri;
l'istituzione di una tariffa doganale esterna comune;
l'introduzione di politiche comuni nel settore dell'agricoltura e dei
trasporti;
la creazione di un Fondo Sociale Europeo;
l'istituzione della Banca Europea degli Investimenti;
lo sviluppo della cooperazione tra gli Stati Membri.
Per raggiungere questi obiettivi il Trattato pone alcune linee guida e
definisce il quadro per l'attività legislativa delle istituzioni comunitarie, in
particolare riguardo alla politica agricola comune (articoli 3843), la politica
2 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Trattati_di_Roma
7 Renato Franchitto
dei trasporti (articoli 7475) e una politica commerciale comune (articoli
1101/13).
La libera circolazione delle persone, in realtà fu intesa sin dall'inizio
come limitata ai soli cittadini degli Stati membri3. Infatti in tal senso sia
l'articolo 52 CEE che l'articolo 59 CEE relativi l'uno al diritto di stabilimento
l'altro alla libera prestazione di servizi si riferivano espressamente ai
cittadini degli Stati membri.
Un riferimento ai cittadini dei paesi terzi è invece contenuto nel
secondo comma dell'articolo 59, ai sensi del quale il Consiglio avrebbe
potuto estendere la disciplina prevista anche a prestatori di servizi che
avessero cittadinanza di un paese terzo, purché fossero stabiliti nella
comunità. Tale facoltà non venne, però, mai esercitata.
In realtà una più attenta analisi del trattato rivelava comunque che i
cittadini dei paesi terzi potevano beneficiare di alcuni aspetti del mercato
comune. Basta infatti far riferimento alla libera circolazione delle merci che
riguardava le merci di origine comunitaria o immesse in libera pratica, in-
dipendentemente dalla nazionalità degli operatori economici che tale trat-
tamento invocavano.
La libera prestazione dei servizi comportava l'eliminazione di ogni
discriminazione fondata sulla nazionalità o sulla residenza del prestatore.
Pertanto, il prestatore poteva offrire i propri servizi a beneficio di chiunque,
compresi coloro che non erano cittadini di alcuno Stato membro, se resi-
denti nella comunità. Anzi, la nazionalità del destinatario non rilevava4, ai
fini dell'eliminazione delle discriminazione poste al prestatore. In sostanza
3 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene op. cit. 236
4 Cfr. Trattato istitutivo della Comunità economica europea, Commentario, vol.I, op. cit. p. 471
8 Renato Franchitto
come emerge da tale sintetica ricostruzione, i cittadini dei paesi terzi po-
tevano vantare alcuni diritti derivanti dal diritto comunitario, ma mancava
una disciplina organica e completa riferita al loro status, perché quest'era
frammentata e variava a seconda dello Stato membro di residenza.
La contrapposizione tra cittadini degli Stati membri, che beneficiano
del regime previsto dal diritto comunitario, e cittadini di paesi terzi, assog-
gettati alla disciplina nazionale, si impone, dunque, sin dall'origine5.
Le ragioni di una simile mancanza vanno ricercate considerando due
elementi generali. Per prima cosa ai tempi dei padri fondatori delle
Comunità l'immigrazione non rappresentava ancora un fenomeno
quantitativamente rilevante. Non era considerato ancora un problema tale
da richiedere un coordinamento delle singole politiche nazionali in materia.
In secondo luogo bisogna ricordare che l'integrazione europea ha
avuto un'origine più economica che sociale. Infatti, seguendo l'idea di
un'integrazione per settori, la CECA6 è stata istituita nel 1952, per iniziativa
franco-tedesca, al fine di mettere in comune le risorse europee nella
produzione del carbone e dell'acciaio (vedi il piano Schuman del 9 maggio
1950).
Come appena sottolineato, dell'esperienza comunitaria, la manodopera
straniera presente nella comunità proveniva in prevalenza dagli Stati
membri, e segnatamente all'Italia: solo in un secondo tempo, a partire
5 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene, op. cit. p. 259
6 Il Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio è stato firmato a Parigi il 18 aprile 1951, ed è entrato in vigore il 23 luglio 1952. Avendo le parti contraenti stabilito una durata di 50 anni del Trattato, la CECA ha cessato di esistere nel luglio del 2002, con il relativo passaggio dei settori del carbone e dell'acciaio sotto il regime di diritto comune del Trattato CE.
9 Renato Franchitto
dagli anni settanta, assunse rilevanza l'immigrazione proveniente da Stati
terzi. Questo di fatto spiega l'attenzione e l'interesse verso l'eliminazione
degli ostacoli alla circolazione dei lavoratori comunitari mentre gli Stati
erano liberi di disciplinare il trattamento dei cittadini di Stati terzi,
fenomeno che per dimensione rivestiva un'importanza del tutto residuale.
Tra gli stranieri non comunitari, un posto particolare hanno sempre
occupato i rifugiati7, in ragione della protezione dagli Stati che erano
impegnati ad assicurare loro, in forza di convenzioni internazionali. Benché
essi non potessero beneficiare della libera circolazione8, gli Stati membri si
impegnavano ad esaminare con particolare favore l'ammissione nei loro
territori di rifugiati stabiliti in altri Stati membri, al fine dell'accesso al
lavoro. Nella stessa ottica può essere vista anche la disciplina per quanto
riguarda l'origine degli apolidi.
Verso l'inizio degli anni settanta, il panorama dell'immigrazione muta:
una parte considerevole di immigrati proviene ora da Stati non membri.
Come già è entrato, ad essi si applicava il diritto nazionale non già il diritto
comunitario. Tuttavia, l'entità dei problemi di integrazione nello stato ospite
che gli immigrati incontrano, indipendentemente dalla cittadinanza, in-
dusse la commissione ad affrontare la questione in modo unitario, nella
consapevolezza che un trattamento differenziato poteva peggiorare il
livello generale delle condizioni di vita e di lavoro nella comunità,
7 Per la definizione più generale del termine “rifugiato ” si utilizza quella contenuta nell’art.1 della Convenzione di Ginevra del 28-7-1951 sullo Status dei Rifugiati, che lo indica come “colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue ragioni politiche, si trova fuori dal paese di cui è cittadino e non può e non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese”.
8 Cfr. la Dichiarazione dei rappresentati dei governi degli Stati membri della comunità economica europea, riuniti in seno al Consiglio, n. 64/305/CEE del 25 marzo 1964, relativa ai rifugiati, in GUCE, n. 78 del 22 maggio 1964.
10 Renato Franchitto
contravvenendo agli obiettivi di cui all'ex articolo 117 CEE9.
Due sono le linee d'azione proposte, alle quali le istituzioni si
manterranno, tutto sommato fedeli nel corso degli anni. Sotto il primo
profilo, la commissione indica come prioritaria l'estensione ai lavoratori
degli Stati terzi del regime comunitario di sicurezza sociale ovvero il
programma d'azione a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. È
da sottolineare oltre che interessante che la piena estensione del
regolamento 1408/71 /CEE ai lavoratori extracomunitari, da lungo tempo
auspicata, si è realizzata solo nel 200310.
Sotto il secondo profilo, la commissione presentò nel 1978 una
proposta di direttiva relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri concernenti la lotta contro la immigrazione clandestina e
l'occupazione illegale, ma qui non fu assicurato alcun seguito.
Proprio le competenze che il trattato assegnava alla commissione in
tema di politica sociale sono state utilizzate per cercare di realizzare un
embrione di politica comunitaria in materia di immigrazione.
Con decisione 85/331/CEE11, la commissione istituì un obbligo di
comunicazione e concertazione sulle politiche migratorie degli Stati
9 L'articolo 117, nella versione originaria, recitava: “gli Stati convengono sulla necessità di promuovere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera che consenta la loro parificazione nel progresso. Gli Stati ritengono che una tale evoluzione risulterà sia dal funzionamento del mercato comune, che favorirà la armonizzarsi dei sistemi sociali, sia delle procedure previste dal presente trattato e dal ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative”.
10 Cfr. Il regolamento (CE) n. 859/2003 del consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini dei paesi terzi cui tali disposizioni non siano applicabili unicamente a causa della nazionalità, in GUUE, L. 124 del 20 maggio 2003
11 Decisione dell'8 luglio 1985, in GUCE, L217 del 14 agosto 1985. La decisione individua la propria base giuridica nell'art. 118 CEE.
11 Renato Franchitto
membri: ogni Stato doveva trasmettere alla commissione i progetti di leggi,
atti amministrativi o accordi internazionali relativi all'ingresso, soggiorno e
al trattamento dei cittadini di paesi terzi (art. 1), al fine di avviare una
concertazione che poteva mirare, tra l'altro, ad "esaminare l'opportunità di
misure che potrebbero essere prese o dalla comunità o dagli Stati membri
sei settori di cui all'articolo 1, sostanzialmente allo scopo di progredire
verso l'armonizzazione delle legislazioni nazionali sugli stranieri,
promuovere l'inclusione degli accordi bilaterali del maggior numero di
disposizioni comuni"12.
C'è da ricordare che la decisione fu impugnata da cinque Stati membri e
annullata dalla corte perché usciva dai limiti dei poteri assegnati alla com-
missione. Quindi la decisione fu annullata sostituita con un provvedimento
di identico contenuto, depurato degli elementi giudicati esorbitanti dalla
corte. Benché non si potesse escludere il ricorso all'articolo 100 CEE come
base giuridica per una politica comunitaria dell'immigrazione13, di fatto la
disciplina della materia è stata lasciata alla competenza degli Stati
membri14.
12 Cfr. L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea, Manca L. op. cit. pag 179
13 Per Approfodire, I lavoratori extracomunitari. Norme interne ed internazionali, A. Adinolfi. p. 450
14 Cfr. Risoluzione del Consiglio del 16 luglio 1985,in GUCE, C 186 del 26 luglio 1985 p. 3
12 Renato Franchitto
Verso Maastricht: L'Atto Unico europeo, gli accordi di
Schengen e la cooperazione intergovernativa
L'esigenza di una politica comunitaria di immigrazione emerge
prepotentemente con il progetto di istituire il mercato interno, quale
spazio senza frontiere, in cui si è assicurata la libera circolazione delle
merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
Bisogna ricordare che il progetto di istituire il mercato interno, per
dare nuovo slancio al progetto di integrazione comunitaria, fu realizzato
attraverso l'Atto Unico europeo15, che realizza sotto forma di revisione del
Trattato Istitutivo la proposta elaborata dalla commissione europea con il
libro bianco sull'instaurazione del mercato comune16.
L'abolizione dei controlli alle frontiere interne presuppone un
rafforzamento degli stessi alle frontiere, che separano la comunità dagli
Stati terzi. Di qui l'esigenza di politiche comuni in materia di visti, di asilo
e di status dei rifugiati. Se così non fosse, gli Stati con una politica di
immigrazione più favorevole, o dove i controlli fossero condotti con
minore attenzione, avrebbero potuto attrarre un considerevole flusso di
persone che, contando sulle possibilità offerte dal mercato interno, oltre
che negli stati di loro interesse effettivo, avrebbero potuto così aggirare la
legislazione più restrittiva prevista.
A tal fine, la Commissione europea, nel libro bianco sull'instaurazione
15 Per Atto Unico Europeo s'intende il Trattato consolidato che ha emendato i Trattati di Roma del 1957 con cui è stata istituita le Comunità economica europea. L'Atto è entrato in vigore il 1° luglio 1987. È stato poi modificato dal Trattato di Maastricht.
16 COM (1985) 310 del 14 giugno 1985, par. 55
13 Renato Franchitto
del mercato comune17, aveva indicato un calendario per la presentazione
di proposte, tra l'altro sull'asilo e sulla condizione dei cittadini dei paesi
terzi. In questo documento, la Commissione aveva insistito, tra l'altro,
sulla formazione scolastica del lavoratore straniero, nella consapevolezza
che per partecipare alla vita sociale e professionale, sarebbe stato
necessario per detto lavoratore e i membri della sua famiglia
l'acquisizione almeno sufficiente della lingua del paese ospitante. Accanto
all'istruzione, gli altri settori sui quali avrebbe dovuto essere avviata
l'integrazione concernevano la situazione sanitaria, le condizioni di
alloggio, generalmente inferiori rispetto a quelle dei lavoratori nazionali di
pari reddito, e le misure relative alla sicurezza sociale.
In realtà tale programma non fu però attuato e di fatto le istituzioni
accettarono che fossero restati a sviluppare tra loro forme di coo-
perazione intergovernativa18. Peraltro, nelle dichiarazioni allegate all'Atto
unico europeo gli Stati, pur rivendicando la loro competenza circa discipli-
na dell'immigrazione, si dichiaravano pronti a sviluppare tra loro forme di
cooperazione in materia.
Legare l'immigrazione all'abolizione dei controlli alle frontiere interne
denota l'esigenza di evitare gli effetti indesiderati della libera circolazione
e comporta che solo quegli aspetti del fenomeno che siano funzionali
all'instaurazione del mercato interno siano considerati meritevoli di
costituire oggetto di cooperazione.
In altre parole, solo la lotta all'immigrazione clandestina assume una
17 COM (1985) 310 del 14 giugno 1985
18 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene, op. cit. 269
14 Renato Franchitto
dimensione di impatto sufficiente a poter essere oggetto di consi-
derazione dagli Stati.
Quindi gli Stati sostanzialmente volevano preservare le proprie
competenze nella misura più ampia possibile, affrontando secondo la via
della cooperazione, solo il minimo indispensabile alla realizzazione
dell'obiettivo prefissato. Ciò ha comportato, che solo gli aspetti patologici
dell'immigrazione, quindi l'immigrazione clandestina, soddisfacevano
questa esigenza.
Questo è il motivo per cui anche oggi è possibile individuare come
politica di immigrazione qualcosa che sia frutto principalmente della
reazione agli effetti indesiderati, e non come ci si potesse auspicare il
realizzarsi di un'effettiva armonizzazione delle legislazioni nazionali,
attraverso l'adozione di regole comuni per tutti gli aspetti rilevanti19.
Infatti si è anche assistiti alla formazione, tra Stati portatori di
interessi omogenei quali il Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi
Bassi, di una convenzione relativa a misure necessarie a realizzare la
libera circolazione delle persone. Gli accordi di Schengen non delineano
una disciplina completa circa l'ingresso e il soggiorno dei cittadini
provenienti dai paesi terzi, ma dettano alcune norme comuni, funzionali
all'eliminazione dei controlli alle frontiere interne.
Con gli accordi di Schengen si fa riferimento a un trattato che
coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione europea sia Stati terzi20. Gli
accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero
19 Cfr. Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene op. cit. 129
20 Riferimenti web: www.wikipedia.com
15 Renato Franchitto
parte con il Trattato di Amsterdam, e vennero integrati dal Trattato
sull'Unione europea (meglio noto come Trattato di Maastricht). Gli stati
membri che non fanno parte dell'"area Schengen" (nome con cui i paesi
membri del trattato in questione indicano l'insieme dei territori su cui il
trattato stesso è applicato) sono il Regno Unito e l'Irlanda, in base a una
clausola di opt-out21.
Gli stati terzi che partecipano a Schengen sono Islanda, Norvegia e
Svizzera: un totale di 28 stati europei aderisce quindi allo spazio Schen-
gen. Fra questi, quattro (Cipro, Svizzera, Romania e Bulgaria) non hanno
ancora attuato nella pratica tutti gli accorgimenti tecnici necessari per
aderire all'area Schengen, e pertanto, in via provvisoria, mantengono tut-
tora i controlli alla frontiera.
Si può definire Schengen come una cooperazione rafforzata all'interno
dell'Unione europea. Obiettivi22:
Abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere inter-
ne dello spazio Schengen
Rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello spazio
Schengen
Collaborazione delle forze di polizia e possibilità di queste di inter-
venire in alcuni casi anche oltre i propri confini (per esempio duran-
te inseguimenti di criminali)
Coordinamento degli stati nella lotta alla criminalità organizzata di
21 L'opt-out, o opting out (in italiano: clausola d'eccezione) è la deroga che, onde impedire un blocco generale, è concessa agli Stati membri che non desiderino associarsi agli altri Stati membri con riguardo ad un particolare settore della cooperazione comunitaria.
22 Cfr. www.wikipedia.it
16 Renato Franchitto
rilevanza internazionale (per esempio mafia, traffico d'armi, droga,
immigrazione clandestina)
Integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il Sistema di in-
formazione Schengen, detto anche SIS).
Alcune delle norme principali riguardano l'attraversamento delle
frontiere esterne che debba essere effettuato solo presso i valichi appositi
e le persone siano soggette a controlli condotti secondo modalità
dettagliatamente disciplinate. I cittadini dei paesi terzi devono di regola
essere in possesso di un visto per l'ingresso negli stati dell'area
Schengen. Per i soggiorni di breve durata (tre mesi al massimo), è
prevista la concessione di un visto uniforme, il cui rilascio richiede la
soddisfazione dei requisiti previsti all'art. 5.
Al contrario, spetta agli Stati definire le condizioni per il rilascio dei
permessi per i soggiorni di durata superiore a tre mesi e il titolare di un
visto uniforme (o lo straniero esonerato) o di un permesso di soggiorno
gode di un limitato diritto di circolazione negli altri Stati dell'area.
La limitazione attiene alla durata (non superiore ai tre mesi) e allo
scopo del soggiorno, perché è escluso il diritto di accesso al lavoro (salvo
che la persona soddisfi le condizioni previste dalla legislazione dello Stato
ospite).
Tra i motivi che possono ostacolare la concessione di un visto
uniforme o di un permesso di soggiorno è la segnalazione ai fini della non
ammissione23. Ai sensi dell'articolo 96, la segnalazione consegue a
23 La convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, come visto, istituisce una banca dati, denominata Sistema di informazione Schengen – SIS in cui confluiscono informazioni rilevanti per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia.
17 Renato Franchitto
decisioni di un'autorità amministrativa o giurisdizionale, "fondate sulla
circostanza che la presenza dello straniero nel territorio nazionale
costituisce una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la
sicurezza nazionale degli Stati. Ciò si può verificare quando lo straniero è
stato condannato per un reato per il quale è prevista una pena detentiva
di almeno un anno, oppure quando sussistono "seri motivi per ritenere
che abbia commesso fatti punibili gravi o nei cui confronti esistono indizi
reali che intenda commettere fatti simili nel territorio della parte
contraente", oppure ancora quando sia stato oggetto di una misura di
allontanamento "fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni
nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri".
Le critiche maggiori24 al funzionamento di Schengen sono basate sulla
teoria che ogni paese facente parte del trattato ha i propri permessi di
soggiorno che in teoria non permetterebbero l'espatrio, salvo quanto
previsto dal trattato stesso che assicura la validità del permesso di
soggiorno per la libera circolazione all'interno dello spazio di Schengen.
Questo purché si effettui una dichiarazione di presenza nello stato in cui
l'individuo si trasferisce entro 60 giorni dall'arrivo e per un soggiorno
massimo di 90 giorni totali.
A causa della mancanza di frontiere vi sono dubbi che questa regola
sia effettivamente applicabile25. Inoltre da quando vi è Schengen le
agenzie di dogana (in Italia Agenzia delle Dogane e Guardia di Finanza)
hanno più difficoltà ad applicare le norme sulle merci importate, in quanto
i passeggeri transitati nei vari hub europei arrivano nella zona Schengen
24 Cfr. Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 263
25 Cfr. Da Schengen a Maastricht, Bruno Nascimbene, op. cit. 100
18 Renato Franchitto
degli aeroporti di destinazione (dove i controlli sono molto più limitati in
quanto è la zona di arrivo condivisa dai voli nazionali).
Occorre far notare che ci possono essere differenze (anche notevoli)
sul piano normativo fra i differenti paesi facenti parte di Schengen. Ad
esempio in Olanda le droghe cosiddette leggere sono libere mentre in al-
tri Paesi no, e di conseguenza è evidente che la mancanza di frontiere
renda più difficoltoso fare controlli.
Se una persona di cittadinanza extraeuropea, non appartenente agli
stati membri, vuole entrare in un paese UE dell'area Schengen passando
per un altro paese membro UE, saranno le autorità del secondo paese a
operare le procedure di controllo e di verifica dei passaporti, applicando le
regole previste dal trattato e le proprie leggi che, in alcuni casi, possono
differire rispetto a quelle del paese di destinazione.
Ciò segnala come un ulteriore mancato passo avanti la Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori26: secondo i
progetti avrebbe dovuto riguardare tutti i lavoratori legalmente impiegati
nella Comunità, indipendentemente dalla cittadinanza, ma nella versione
approvata si applica solo ai lavoratori comunitari e si limita nel preambolo
ad affermare che “spetta agli stati membri garantire che i lavoratori dei
paesi terzi e i loro familiari che soggiornano legalmente in uno Stato
membro interessato27”.
26 Approvata a 11 (senza il Regno Unito) dal Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989
27 Sul punto, cfr. A. Adinolfi, I lavoratori extracomunitari, op. cit. pag. 276
19 Renato Franchitto
Il Trattato di Maastricht
Tuttavia, con l’adozione del Trattato sull’Unione europea firmato a
Maastricht nel 1992 si realizza un importante cambiamento. Il Trattato di
Maastricht attribuisce una competenza in materia di immigrazione
mediante il Titolo VI (artt. K.1 – K.9 TUE), deputato alla “cooperazione
nei settori della giustizia e degli affari interni” (c.d. Terzo pilastro).
Il Terzo pilastro28 è dedicato alla realizzazione, nell’ambito degli
obiettivi dell’Unione, della libera circolazione delle persone. Tale scopo
viene perseguito attraverso la cooperazione tra Stati membri nei settori di
“interesse comune” richiamati nella norma K.129:
1) la politica di asilo30;
2) le norme che disciplinano l’attraversamento delle frontiere esterne
degli Stati membri da parte delle persone e l’espletamento dei relativi
controlli;
28 Si definiscono, in senso figurato, Pilastri dell'Unione europea le tre strutture normative sulle quali si fonda l'architettura dell'Unione delineata dal Trattato di Maastricht.
cfr. R. Adam, La cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni: da Schengen a Maastricht, in Rivista di diritto europeo, 1994, p.225 ss.;
29 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Maastricht
30 Con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992) si cominciò a intravedere come necessaria la creazione di politiche comuni in materia di visti, asilo e immigrazione, allo scopo di realizzare pienamente il progetto politico di uno spazio senza frontiere interne nel quale fosse assicurata la libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, cui era preliminare il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne. Inizialmente l’opzione prescelta dagli Stati non fu, però, quella comunitaria della attribuzione alla CE di una nuova competenza: il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992), che per la prima volta ha previsto una politica comune in materia di asilo, ha infatti qualificato tale politica come mero “settore di comune interesse” da trattare con il metodo tradizionale della cooperazione intergovernativa.
20 Renato Franchitto
3) la politica d’immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei
cittadini dei paesi terzi:
le condizioni di entrata e circolazione dei cittadini dei paesi terzi nel
territorio degli Stati membri;
le condizioni di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi nel territorio
degli Stati membri, compresi il ricongiungimento delle famiglie e
l’accesso all’occupazione;
la lotta all’immigrazione, il soggiorno e il lavoro irregolari di cittadini
dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri;
4) la lotta contro la tossicodipendenza, nella misura in cui questo
settore non sia già contemplato dai punti 7, 8 e 9;
5) la lotta contro la frode su scala internazionale, nella misura in cui
questo settore non sia già contemplato dai punti 7, 8 e 9;
6) la cooperazione giudiziaria in materia civile;
7) la cooperazione giudiziaria in materia penale;
8) la cooperazione doganale;
9) la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta
contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e di altre forme gravi di
criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di
cooperazione doganale, in connessione con l’organizzazione a livello
dell’Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio
europeo di polizia (Europol)”.
La cooperazione tra Stati membri nei settori di “interesse comune”
21 Renato Franchitto
doveva avvenire, inoltre, nel rispetto “della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (4 novembre
1950) e della Convenzione relativa allo status dei rifugiati (28 luglio
1951)” (art. K.2).
Le novità introdotte dal Trattato di Maastricht riguardano31, da un
lato, una partecipazione (in qualche misura) delle istituzioni comunitarie
che in ambito Schengen non era prevista, dall’altro aver inserito, in modo
dettagliato, nell’art. K.1 i diversi settori (punto 3, lettera a, c ) che
assumono rilievo per una politica di immigrazione32 europea.
Quindi, il carattere essenzialmente intergovernativo, ancorché
istituzionalizzato, della cooperazione nelle materie di cui si tratta risulta
ancor più evidente ove si consideri il ruolo limitato, nel procedimento
decisionale, della Commissione e del Parlamento europeo: a parte la
prevista creazione di un Comitato speciale con funzioni di coordinamento
(articolo K. 4, par.1), la Commissione era semplicemente “associata” ai
lavori nei settori della giustizia e degli affari interni (punto 2); il
Parlamento, informato dalla Presidenza e dalla Commissione dello
svolgimento di detti lavori, era consultato dalla prima, che teneva in
"debito conto" le opinioni dello stesso Parlamento; inoltre a quest'ultimo
31 Cfr. La libertà di circolazione delle persone, diritti dei cittadini dell'unione e dei paesi terzi, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 107
32 In questo senso cfr. L. Manca, L’immigrazione nel diritto …, cit., p. 60. Il Trattato, però, presenta una “carenza”, infatti, è stato rilevato che “ … il Trattato non tiene conto degli accordi di Schengen. L’art. K § 7 si limitava in modo assai generico, ad affermare che nulla nel Trattato si opponeva “all’instaurazione o allo sviluppo di una cooperazione più stretta tra due o più Stati membri, sempre che tale cooperazione non sia in contrasto con quella prevista dal presente titolo né la ostacoli”. Nonostante tale generico riferimento, di fatto le difficoltà di coordinamento sono state tali da ostacolare e condizionare l’esercizio delle competenze previste dal Trattato di Maastricht ”. Cfr. M. Condinanzi, A. Lang, B. Nascimbene, Cittadinanza dell’Unione e …, cit., p. 233.
22 Renato Franchitto
era riconosciuta la possibilità di rivolgere al Consiglio interrogazioni e
raccomandazioni e partecipare annualmente a un dibattito sull'attuazione
del Titolo VI (art. K.6).
Infine l'articolo K. 3 si limitava a contemplare l'eventuale attribuzione
alla Corte di giustizia della competenza sull'interpretazione delle
convenzioni, in base alla disciplina pertinente contenuta nell'atto da
interpretare.
Insomma il Trattato di Maastricht coinvolgeva variamente le istituzioni
comunitarie nella cooperazione intergovernativa indirizzata, per sua
natura, come è facile scorgere dagli apprezzamenti politici degli Stati
membri e dalla decisione di alcuni soltanto di questi, di realizzare una
cooperazione più stretta, non contrastante con quella prevista del Titolo
VI (art. K.7).
Quanto ai risultati conseguiti dall'attività svolta in base al terzo
pilastro, può dirsi che gli elementi di commistione, prima ricordati, tra
competenza intergovernativa e comunitaria, hanno ostacolato i progressi
nella realizzazione della libera circolazione delle persone33; che si è
trattato essenzialmente di interventi a mezzo di posizioni comuni, azioni
comuni e di altre iniziative concernenti aspetti tecnici e ben circoscritti dei
settori in esame; di interventi, cioè, a mezzo di strumenti - diversi dalle
fonti tipiche del diritto comunitario - direttamente condizionati dalle scelte
politiche degli Stati membri34.
33 Brevi note sul “terzo pilastro” del Trattato di Maastricht, A. Lang, B. Nascimbene. p. 391
34 Da ricordare, in particolare, la decisione adottata dal consiglio il 30 novembre 1994 (94/795/GAI) relativa a un'azione comune sulle “agevolazioni per i viaggi di scolari di paesi residenti in uno stato membro” (in GUCE n. L 327, del 19 dicembre 1994, p.1 s.); la posizione comune, del 4 marzo 1996 (96/196/GAI), “sull'applicazione armonizzata della definizione del
23 Renato Franchitto
Dagli atti35 pertinenti risulta un orientamento che, in linea con quello
già seguito nell'ambito del sistema Schengen, rafforzava i controlli alle
frontiere e limitava l'ingresso dei migranti extracomunitari in cerca di
lavoro36.
Dagli atti in parola, cioè, emerge una politica restrittiva dell'asilo e
dell'immigrazione.
Su queste basi, nella citata comunicazione sulle "politiche di
immigrazione e di asilo", la Commissione suggeriva un approccio globale
in materia; inoltre, il Parlamento europeo raccomandava la progressiva
“comunitarizzazione” dei settori in parola, raccomandazione scartata dal
consiglio che adottava misure invece fondate sul terzo pilastro37.
Il Titolo VI del Trattato di Maastricht è stato criticato in
considerazione dell'omessa indicazione degli obiettivi da perseguire con la
termine 'rifugiato' ai sensi dell'art. 1 della convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiati” (in GUCE n. L 63, del 13 marzo 1996); l'azione comune, dello stesso giorno (96/197/GAI), “sul regime di transito aeroportuale”; l'azione comune (96/443/GAI), adottata nell'ambito dell'azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (in GUCE n. L 185, del 24 luglio 1996); la posizione comune (96/622/GAI), relativa alle “missioni di assistenza e di informazione effettuate prima della frontiera” (in GUCE n. L 281, del 31 ottobre 1996); la posizione comune, adottata tre giorni dopo (96/637/GAI), “istitutiva di un programma di formazione, di scambi e di cooperazione nel campo dei documenti di identità ('Sherlock'), in GUCE n. L 287, dell'8 novembre 1996; l'azione comune, del 16 dicembre 1996 (97/11/GAI), relativa a “un modello per i permessi di soggiorno” (in GUCE n. L 7, del 10 gennaio 1997); l'azione comune, del 24 febbraio 1997 (97/154/GAI), “sulla tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini” (in GUCE n. L 63, del 24 febbraio 1997), “per il finanziamento di progetti specifici a favore degli sfollati che hanno trovato una protezione temporanea negli Stati membri e dei richiedenti asilo” (in GUCE n. L 205, del 31 luglio 1997). Per approfondire LUIGINO MANCA L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea.
35 Un elenco molto accurato degli atti adottati in base al terzo pilastro può leggersi in A. Tizzano, Codice dell'Unione europea, p. 451
36 In proposito, per approfondire: NASCIMBENE, La politica in materia di immigrazione e di asilo.
37 In proposito v. le Conclusioni del Consiglio, del 20 giugno 1994, relative alla Comunicazione della Commissione, in GUCE n. C 274, del 19 settembre 1996.
24 Renato Franchitto
disciplina delle materie di "interesse comune"; a causa della commistione
che - come si è visto - veniva a determinarsi, in alcuni dei settori indicati,
tra competenza comunitaria ed intergovernativa; inoltre si rilevava
l'inadeguatezza delle azioni e posizioni comuni a disciplinare i settori
indicati, trattandosi di atti che - anche a voler prescindere dai problemi
sollevati dalla loro natura e valore - erano bensì utilizzabili operativamente
o per fornire indirizzi politici. Anche l'assetto istituzionale del terzo pilastro
era criticato, soprattutto in considerazione del ruolo limitato del
Parlamento europeo e della Corte, per di più, in settori particolarmente
sensibili quali le esigenze di tutela delle libertà e dei diritti fondamentali
della persona.
Si tratta di problemi - era attentamente suggerito - risolvibili a mezzo
della comunitarizzazione delle materie rientranti nel Titolo VI TUE;
comunitarizzazione da estendere - sulla base di rilievi di contenuto
analogo a quelli poc'anzi riassunti - al cosiddetto sistema Schengen, che
conviveva con quel Titolo prevalendo di fatto sullo stesso.
Quindi in estrema sintesi la grave lacuna consiste nel fatto che il
Trattato non tiene conto degli accordi di Schengen. L'articolo K §7 si
limitava, in modo assai generico, ad affermare che nulla nel Trattato si
opponeva “all'instaurazione o allo sviluppo di una cooperazione più stretta
fra due o più Stati membri, sempre che tale cooperazione non si è in
contrasto o con quella prevista dal presente titolo né la ostacoli”.
Nonostante tale vago riferimento, di fatto le difficoltà di coordinamento
sono state tali da ostacolare e condizionare l'esercizio delle competenze
previste dal trattato di Maastricht.
25 Renato Franchitto
Il Trattato di Amsterdam e la “comunitarizzazione” della
materia
Con l’adozione del Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed
entrato in vigore il 1° maggio 1999, il quadro europeo in materia di immi-
grazione, muta sensibilmente.
Il nuovo Trattato ha “comunitarizzato”38 la materia di “visti, asilo,
immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle
persone” e ha provveduto all’incorporazione dell’acquis di Schengen
(nuovo titolo IV TCE; artt. 61- 69). Con la “comunitarizzazione” gli Stati
membri hanno deciso di trasferire, progressivamente (c.d. periodo
transitorio, ovvero cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato), dal
terzo al primo pilastro diverse materie39:
a) controllo delle frontiere;
b) il rilascio dei visti;
c) la circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio
comunitario (art. 62);
d) le misure in materia di asilo (competenza ad esaminare le
domande di asilo, norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo,
sull’attribuzione della qualifica di rifugiato, sulla concessione o revoca
dello status di rifugiato);
38 Si tratta della grande novità introdotta dal Trattato di Amsterdam, si è passati dalla mera cooperazione intergovernativa alle competenze comunitarie.
Sull'argomento cfr. L'Unione europea e i diritti dei cittadini dei paesi terzi, B. Nascimbene, op. cit. 264
39 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Amsterdam_Treaty
26 Renato Franchitto
e) le misure applicabili a rifugiati e sfollati (protezione temporanea,
equilibrio degli sforzi fra gli Stati che ricevono i rifugiati e sfollati) (art. 63,
n. 1 e n. 2);
f) le misure in materia di politica di immigrazione (condizioni di
ingresso e soggiorno, rilascio di visti a lungo termine e di permessi di
soggiorno, compresi quello per ricongiungimento familiare);
g) l’immigrazione e il soggiorno irregolare compreso il rimpatrio degli
irregolari (art. 63, n. 3);
h) le misure relative al soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi in Stati
membri diversi da quello in cui risiedono legalmente (art. 63, n. 4)”.
Detto questo, occorre precisare che il nuovo Titolo IV, ha previsto che
in un arco di tempo di cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato, il
Consiglio dei Ministri dell’Unione adotti una serie di “misure” relative alle
materie “comunitarizzate”. Tuttavia, l’art. 63, ultimo comma, ha stabilito
tre ‘settori’ per i quali il suddetto limite non si applica:
A) “promozione di un equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che
ricevono i rifugiati e gli sfollati e subiscono le conseguenze
dell’accoglienza degli stessi”;
B) “condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il
rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi
di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di
ricongiungimento familiare”;
C)“misure che definiscono con quali diritti e a quali condizioni i
cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro
27 Renato Franchitto
possono soggiornare in altri Stati membri”.
Per quanto riguarda, invece, la natura decisionale, l’art. 67 TCE
afferma che:
1. Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del
Trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della
Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione
del Parlamento europeo.
2. Trascorso tale periodo di cinque anni:
− il Consiglio delibera su proposta della Commissione; la Commissione
esamina qualsiasi richiesta formulata da uno Stato membro affinché
essa sottoponga una proposta al Consiglio;
− il Consiglio deliberando all’unanimità previa consultazione del Parla-
mento europeo, prende una decisione al fine di assoggettare tutti o
parte dei settori contemplati dal presente titolo alla procedura di cui
all’articolo 251 e di adattare le disposizioni relative alle competenze
della Corte di giustizia”.
Tale procedura, individua “l’unanimità” quale condizione per emanare
atti in materia di visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con
la libera circolazione delle persone, salvo poche eccezioni previste all’art.
67, par. 3. Tuttavia, al termine del periodo transitorio, la Commissione
otterrà il potere esclusivo di iniziativa (anche se dovrà esaminare qualsiasi
richiesta degli Stati membri) e il Consiglio continuerà a deliberare
all’unanimità (dopo aver consultato il Parlamento europeo), salvo che
decida di assoggettare tutte o solo alcune materie del Titolo IV alla
28 Renato Franchitto
procedura di co-decisione ex art. 251 CE (art. 67, par. 2).
E’ significativo rilevare che, il nuovo Titolo IV TCE, contribuisce,
insieme al Titolo VI TUE, al perseguimento dello scopo generale di
“conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e
giustizia” (art. 2 TUE). In sostanza, la costruzione dello “spazio di libertà,
sicurezza e giustizia”, pur comprendendo ambiti di competenza distinti
(relativamente primo e terzo pilastro) avviene in stretta sinergia.
Il Trattato di Amsterdam, inoltre, ha provveduto all’incorporazione del
c.d. acquis di Schengen nel quadro dell’Unione, mediante un Protocollo. Il
contenuto del Protocollo riguarda: l’accordo e la convenzione di Schen-
gen, i protocolli e gli accordi di adesione dei Paesi dell’Area, i numerosi
atti prodotti dal Comitato esecutivo e dagli organi da esso istituiti. Con
decisione n. 1999/435/CE40 il Consiglio dell’Unione ha modificato il conte-
nuto dell’acquis decidendo di non attribuire valore giuridico per alcune di-
sposizioni o atti, mentre con decisione n. 1999/436/CE ha rinvenuto negli
artt. 62 e 63 CE le basi giuridiche dell’acquis.
40 Decisione del 20 maggio 1999, in GUCE, L 176 del 10 luglio 1999 p.1.
29 Renato Franchitto
La “spinta di Tampere”
Nel lungo processo di integrazione europea si è soliti ricordare, per
ogni settore, l’anno di svolta, l’anno a partire dal quale i partner decidono
di passare dalla mera enunciazione dei principi alla loro pratica
attuazione.
Nel settore dell’immigrazione e dell’asilo, l’anno di svolta può
senz’altro individuarsi nel 199941. In quell’anno, infatti, si verificarono due
importanti avvenimenti: il 1° maggio entrò in vigore il Trattato di
Amsterdam, sottoscritto il 2 ottobre 1997, e fu convocato, il 15 e 16
ottobre a Tampere, in Finlandia, un Consiglio Europeo straordinario sul
tema dell’immigrazione e dell’asilo.
L’Unione Europea si apriva ai temi dell’accoglienza di chi fugge le
persecuzioni e la miseria. Prima del Trattato di Amsterdam, le materie
dell’immigrazione e dell’asilo erano di stretta pertinenza intergovernativa.
Le iniziative derivavano, quindi, non dalla Comunità Europea (come si
chiamava allora) bensì dalla volontà comune dei Paesi che ne facevano
parte. Il trattato di Amsterdam introdusse importanti novità come già
visto precedentemente, dettate dalle norme artt. 63 e 67 TCE,
introducendo quindi il vincolo, per il consiglio, della deliberazione per
unanimità.
Il Trattato di Nizza42 ha, poi, modificato l’art. 67 TCE prevedendo, per
41 A tal riguardo cfr. http://www.sergioferraiolo.it/direttive_Ue/vento_di_Tampere.pdf
42 Il Trattato di Nizza è uno dei trattati fondamentali dell'Unione Europea, riguarda le riforme istituzionali da attuare in vista dell'adesione di altri Stati. Il trattato di Nizza ha modificato il Trattato di Maastricht e i Trattati di Roma. È stato approvato al Consiglio europeo di Nizza,
30 Renato Franchitto
le materie inerenti l’asilo l’obbligo della procedura di co-decisione,
sebbene il Consiglio abbia già adottato una normativa comunitaria che
definisca i principi essenziali della materia.
L’asse della produzione normativa in materia di immigrazione e di
asilo si è quindi spostato verso Bruxelles43 e gli Stati membri dovranno
adeguare le norme interne a quanto deciso in sede comunitaria. Così ha
dovuto fare anche l’Italia, modificando, di conseguenza, il decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286.
Per celebrare questo impegno di apertura a migranti e richiedenti
asilo, il 15 e 16 ottobre 1999, a Tampere, i Capi di Stato e di Governo
dell’Unione Europea dedicarono un Consiglio Europeo straordinario alla
costruzione di “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.
Illuminante dello spirito che, allora, pervadeva i Governi dell’Unione
europea è la lettura delle conclusioni di quel Vertice44: “Tale libertà non
dovrebbe, tuttavia, essere considerata appannaggio esclusivo dei cittadini
dell'Unione. La sua stessa esistenza serve da richiamo per molti altri che
nel mondo non possono godere della libertà che i cittadini dell'Unione
danno per scontata. Sarebbe contrario alle tradizioni europee negare tale
libertà a coloro che sono stati legittimamente indotti dalle circostanze a
cercare accesso nel nostro territorio. Ciò richiede a sua volta che l'Unione
elabori politiche comuni in materia di asilo e immigrazione, considerando
nel contempo l'esigenza di un controllo coerente alle frontiere esterne per
l'11 dicembre 2000 e firmato il 26 febbraio 2001. Dopo essere stato ratificato dagli allora 15 stati membri dell'Unione europea, è entrato in vigore il 1° febbraio 2003.
43 A tal riguardo vedere anche: http://europa.eu.int/comm/justice_home/fsj/immigration/fsj_immigration_intro_en.htm
44 Cfr. http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier/dossier5/cap3/conclusioni.htm
31 Renato Franchitto
arrestare l'immigrazione clandestina e combattere coloro che la
organizzano commettendo i reati internazionali ad essa collegati. Queste
politiche comuni devono basarsi su principi che siano chiari per i nostri
cittadini e offrano allo stesso tempo garanzie per coloro che cercano
protezione o accesso nell'Unione europea.
Il Consiglio europeo ribadisce l'importanza che l'Unione e gli Stati
membri riconoscono al rispetto assoluto del diritto di chiedere asilo. Esso
ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in
materia di asilo, basato sull'applicazione della Convenzione di Ginevra in
ogni sua componente, garantendo in tal modo che nessuno venga
esposto nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di
non-refoulement45. E, quindi, norme di ravvicinamento per protezione
temporanea, Stato competente a trattare una domanda di asilo, misure di
accoglienza, qualifica ed elementi sostanziali dello status di rifugiato.
L'Unione europea deve garantire l'equo trattamento dei cittadini dei
paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri.
Una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro
diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'UE.
Il Consiglio europeo riconosce la necessità di un ravvicinamento delle
legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei
cittadini dei paesi terzi, in base a una valutazione comune sia degli
sviluppi economici e demografici all'interno dell'Unione sia della situazione
45 Il divieto per uno Stato di respingere verso il Paese di origine una persona (rifugiato o anche richiedente asilo) per la quale il ritorno in tale Paese implicherebbe una minaccia grave e seria per la sua incolumità ( ad esempio perché nel Paese di origine c'è guerra, o un disastro naturale)E' un principio di jus cogens, poi codificato nella Convenzione di Ginevra del 1951
32 Renato Franchitto
nei paesi di origine. A tal fine, esso chiede al Consiglio decisioni rapide,
sulla base di proposte della Commissione.
Occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini dei paesi terzi a
quello dei cittadini degli Stati membri. Alle persone che hanno
soggiornato legalmente in uno Stato membro per un periodo di tempo da
definire e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga
durata dovrebbe essere garantita in tale Stato membro una serie di diritti
uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell'UE,
ad esempio il diritto a ottenere la residenza, ricevere un'istruzione,
esercitare un'attività in qualità di lavoratore dipendente o autonomo; va
inoltre riconosciuto il principio della non discriminazione rispetto ai
cittadini dello “Stato di soggiorno”.
Prima dell’esame delle singole Direttive proposte dalla Commissione
già approvate o in via di approvazione, appare utile, per comprendere la
progressiva evoluzione della trattativa fra governi e Commissione
spendere alcune parole sul particolare procedimento di negoziazione
previsto per le normative in materia di immigrazione ed asilo dall’art. 67
TCE.
Le proposte di Direttiva o di Regolamento vengono dapprima discusse
nei gruppi di lavoro del Consiglio (Gruppo Asilo e Gruppo Migrazione)
composti da esperti dei singoli Stati membri (principalmente funzionari
ministeriali) e da un rappresentante della Commissione. Il gruppo
Migrazione, a sua volta, si articola in due composizioni diverse e parallele;
la composizione “Ammissione” discute delle normative connesse
all’ingresso legale degli stranieri nell’Unione europea; la composizione
33 Renato Franchitto
“Espulsione”, invece, discute delle normative connesse al contrasto
dell’immigrazione clandestina e alla collaborazione fra le forze di polizia.
L’istanza successiva, sempre tecnica, prevede la discussione presso il
“Comitato Strategico per le Frontiere, l’Immigrazione e l’Asilo” (SCIFA)
anch’esso composto da tecnici ministeriali che coordina i lavori dei vari
gruppi.
Prima dell’istanza finale, costituita dal Consiglio dell’Unione Europea
nella composizione dei Ministri dell’Interno e/o della Giustizia (GAI o JHA
secondo le diverse lingue), le Direttive e i Regolamenti sono soggetti
all’esame politico del “Comitato dei Rappresentanti Permanenti”
(COREPER) formato dagli Ambasciatori degli Stati membri presso l’Unione
Europea.
L’esame progressivo nelle diverse istanze dell’intero testo del
provvedimento, nell’evoluzione pratica del meccanismo decisionale, è
stato sostituito dalla frequente sottoposizione alle istanze superiori dei
singoli punti nodali o più prettamente politici.
Le decisioni su tali punti tornano ai gruppi di lavoro e fanno stato
consentendo il prosieguo della discussione (cosiddetto sistema ad
ascensore). In questo meccanismo, praticamente intergovernativo, si
inserisce, a latere, il parere del Parlamento europeo, obbligatorio, ma non
vincolante. Di seguito, si propone un breve escursus delle Direttive
approvate o in via di approvazione, ponendo l’accento sulle modifiche che
il testo originario, proposto in genere dalla Commissione, ha subito nel
corso del dibattito presso le diverse istanze del Consiglio. Si darà conto,
per le Direttive di maggior peso, senza approfondire i frequenti problemi
34 Renato Franchitto
di compatibilità con l’ordinamento italiano vigente, con l’ovvia premessa
che l’inesistenza, nel nostro Paese, di una disciplina organica sul diritto di
asilo fa diminuire, e di molto, i possibili conflitti fra le disposizioni europee
e la nostra normativa in materia di asilo.
I Regolamenti, come è noto, sono direttamente applicabili e non
hanno bisogno di recepimento.
35 Renato Franchitto
Il contesto normativo attuale
Tra i testi normativi46 approvati o discussi in attuazione soprattutto del
programma di Tampere vanno segnalate varie direttive e proposte, che
individuano degli standard minimi cui tutte le legislazioni nazionali hanno
dovuto (o dovranno) adeguarsi.
Direttiva 2003/109/CE47 del Consiglio del 25/11/2003
relativa allo status dei cittadini di paesi terzi residenti di
lungo termine (GUCE L 14/44 del 3/01/2004).
Essa non impedisce che vigano norme nazionali più favorevoli, ma
l’art. 13 prevede che, in ogni caso, i titoli rilasciati a condizioni più
favorevoli non diano accesso al diritto di soggiorno in un altro stato
membro.
Prima di entrare nelle specifiche previsioni del testo, va detto che la
scelta di fondo che si presentava al legislatore comunitario riguardava la
scelta del metodo: o equiparare, di base, la condizione degli stranieri non
comunitari residenti di lungo periodo a quella dei cittadini UE, salve le
deroghe espresse; oppure, al contrario, differenziarla, elencando gli
specifici diritti attribuiti ai cittadini di paesi terzi.
La direttiva 2003/109/CE sceglie il secondo metodo. Essa afferma che
il principale criterio per l’attribuzione dello status di cittadino di paese
terzo residente di lungo termine è quello cronologico, e richiede almeno
cinque anni di residenza legale e continuativa nel territorio dello stato
46 Fonte delle norme qui esaminate presso il sito web: http://europa.eu/scadplus
47 http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l23034.htm
36 Renato Franchitto
(art. 4); al criterio cronologico, si aggiungono altri requisiti e cioè il
possesso di sufficienti risorse economiche e la titolarità di
un’assicurazione sanitaria (art. 5). Inoltre, la domanda può essere
rigettata per motivi di ordine pubblico o sicurezza (art. 6): in tal caso,
però, la pericolosità sociale dello straniero deve essere valutata tenendo
nel dovuto conto anche la durata del soggiorno e l’esistenza di legami con
il paese di soggiorno (come nella direttiva sul ricongiungimento familiare,
vengono positivizzati criteri della giurisprudenza della Corte di Giustizia);
gli stessi criteri che debbono essere considerati anche nel caso di
espulsione (art. 12).
Vengono proposte procedure uniformi per l’esame delle istanze ed il
rilascio del titolo di soggiorno, che è permanente (artt. 7,8), cioè può
essere revocato solo nei casi, nei modi e secondo le garanzie di cui agli
artt. 9 e 10.
Quanto al contenuto dello status di residente di lungo periodo, l’art.
11 dispone che esso conferisca parità di trattamento con il cittadino
comunitario in alcuni settori:
1. l’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma;
2. l’istruzione e la formazione professionale;
3. il riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli professionali;
4. le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale;
5. le agevolazioni fiscali;
6. l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazio-
ne degli stessi, come ad esempio l’alloggio;la libertà d’associazione,
37 Renato Franchitto
adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o datori di
lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria;
7. il libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro che conferi-
to il titolo di soggiorno.
L’art. 14 prevede che lo straniero con titolo di soggiorno di lungo
periodo ha il diritto di soggiornare, per un periodo superiore a 3 mesi, nel
territorio di qualsiasi altro stato membro, facendo richiesta – nel secondo
stato – di un apposito permesso di soggiorno. Il secondo stato può
comunque applicargli le proprie norme relative all’accesso degli stranieri
al mercato del lavoro: il possesso di un titolo di soggiorno permanente nel
primo stato, cioè, non legittima, di per sé, una condizione di particolare
favore in un altro.
Direttiva 2003/86/CE48 del Consiglio del 22/09/2003
relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GUCE L
251/12, 3/10/2001).
La materia del ricongiungimento familiare è estremamente
importante, in considerazione del fatto che una cospicua parte dei
movimenti dei cittadini di paesi terzi nell'area comunitaria è dettata
dall'esigenza di ricongiungersi con un proprio familiare.
Dopo all'incirca cinque anni di intense discussioni, è stata adottata
nell'ottobre 2003. L'iter di formazione di questo atto comunitario è stato
alquanto travagliato. Infatti sin dal 1999 la commissione europea aveva
48 La direttiva si applica a tutti gli Stati membri dell'Unione europea ad eccezione del Regno Unito, dell'Irlanda e della Danimarca.
Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32003L0086:IT:HTML
38 Renato Franchitto
presentato una prima proposta al riguardo, successivamente oggetto di
varie modifiche.
La direttiva presenta diversi aspetti di significativo interesse. Nel
preambolo è contenuto un importante rinvio ai principi fondamentali
nell'ambito della tutela dei diritti umani. Si tratta, in primo luogo, del
principio della non discriminazione, in base al quale gli Stati sono tenuti
ad applicare le disposizioni della direttiva senza alcuna forma di
discriminazione riguardo al sesso, alla razza, al colore della pelle,
all'origine etnica o sociale, alle caratteristiche genetiche, alla lingua, alla
religione e alle convinzioni politiche o di qualsiasi altra natura,
all'appartenenza ad una minoranza nazionale, al censo, alla nascita, alla
disabilità, all'età o alle tendenze sessuali.
Quanto alla sua sfera di applicazione essa è limitata ai soggiornanti
titolari di un permesso di soggiorno della durata pari o superiore ad un
anno. Sono dunque esclusi i richiedenti asilo, i beneficiari della protezione
temporanea49, e su proposta del Parlamento europeo, i cittadini di paesi
terzi autorizzati a soggiornare in uno Stato membro in virtù di un forme
sussidiarie di protezione50.
Quindi, all'analisi della direttiva risulta immediatamente evidente che
talune norme sono formulate in modo tale da garantire una certa
discrezionalità agli Stati nel riconoscere l'esercizio del diritto di
ricongiungimento.
49 Ciò è dovuto al fatto che, a tale proposito, specifiche disposizioni (vedi articolo 15) erano già state previste in una recente direttiva regolante la concessione della protezione temporanea.
50 Tale disposizione non compare infatti di nella versione iniziale presentata dalla commissione; essa è stata inserita solo a seguito di un emendamento del Parlamento europeo.
39 Renato Franchitto
Ad esempio, la possibilità prevista all'articolo 4 par. 2 di
ricomprendere nella sfera dei familiari autorizzati a ricongiungersi anche i
figli maggiorenni non coniugati, sia pure a determinate condizioni, è
lasciata alla libertà degli Stati membri. Tale orientamento è supportato
dalla lettura della norma in questione nella quale si fa uso
dell'espressione "possono" anziché "devono".
Le medesime considerazioni si esprimono riguardo all'estensione del
ricongiungimento ai partner non coniugati, fattispecie sempre regolata dal
citato articolo 4.
La libertà degli Stati è inoltre garantita non solo sotto il profilo della
scelta dei familiari ma anche dei requisiti da richiedere ai fini dell'esercizio
del diritto in esame.
L'articolo 7 specificatamente dedicato a disciplinare questo aspetto è
infatti formulato allo stesso modo dell'articolo 4. Pertanto, gli Stati sono
liberi nello stabilire che il richiedente sia in possesso di un alloggio, di
un'assicurazione contro le malattie, di risorse "stabili e sufficienti per
mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di
assistenza sociale dello Stato membro interessato" e di "soddisfare le
misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale".
Appare evidente che, stante questo potere discrezionale, in alcuni
Paesi l'esercizio del diritto al ricongiungimento potrebbe essere più
agevole che in altri ciò in relazione al fatto che certi paesi potrebbero
richiedere il soddisfacimento di tutti i requisiti sopra indicati ed altri
limitarlo solo ad alcuni di essi.
Ulteriori rilievi vanno poi fatti con riferimento alla procedura e allo
40 Renato Franchitto
status dei familiari ricongiunti con il soggiornante.
Per quanto attiene alla procedura va valutata positivamente
l'indicazione di un limite temporale (nel caso di specie nove mesi) entro il
quale le autorità sono chiamate a pronunciarsi sull'eventuale richiesta di
ricongiungimento. Esso è garanzia di celerità ed evita che l'istanza si
protragga per anni, lasciando in condizioni di incertezza il richiedente.
Riguardo allo status dei familiari, ad essi è attribuito il diritto
all'istruzione, allo svolgimento di un'attività lavorativa ed autonoma,
all'accesso all'orientamento, alla formazione, al perfezionamento e
all'aggiornamento professionale. Con riferimento al diritto al lavoro, va
tuttavia rilevato che la direttiva lascia la libertà agli Stati di determinare le
condizioni in base alle quali questo diritto può essere esercitato, in
relazione anche alla situazione del mercato del lavoro.
Continuando nella disanima della direttiva, sempre con riferimento
alla condizione dei familiari, è di significativa importanza l'articolo 15 che
riconosce un diritto di soggiorno autonomo rispetto a quello del
soggiornante a favore del coniuge o del partner non coniugato e del figlio
divenuto maggiorenne (articolo 15). L'esercizio di questo diritto presenta
tuttavia dei limiti essendo stata lasciata libertà agli Stati di poter
restringere la sfera del beneficiari.
Parimenti importante è il Capo V della direttiva dedicato alla disciplina
del ricongiungimento familiare dei rifugiati (artt. 9-12). per essi è stato
individuato un regime particolare che tiene conto della situazione delicata
in cui versano e dunque dell'impossibilità, in taluni casi, di presentare atti
ufficiali rilasciati dalle proprie autorità comprovanti il vincolo familiare. La
41 Renato Franchitto
tutela della famiglia del rifugiato, è importante ricordare, non è regolata
dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951. Ad ogni
modo nel testo di tale direttiva compaiono specifiche raccomandazioni
verso tale Convenzione, infatti è tenuta in debito conto la situazione dei
minori non accompagnati ed obbliga gli Stati ad autorizzare l'ingresso ed
il soggiorno degli ascendenti diretti di primo grado stabilendo tra l'altro
una deroga circa le condizioni richieste per il loro ingresso dalla medesima
direttiva all'articolo 4 par. 2 precedentemente esaminato.
Ultima disposizione sulla quale si intende richiamare l'attenzione è
l'articolo 17 relativo al rigetto di una domanda, ritiro, mancato rinnovo o
adozione di una decisione di allontanamento. Esso introduce un limite
all'azione dello Stato in quanto nella scelta di uno dei citati provvedimenti
si impone l'obbligo agli Stati membri di tener conto di una serie di
elementi (ad esempio natura dei vincoli familiari, durata del soggiorno,
esistenza di legami culturali con i paesi di origine).
Direttiva del Consiglio 2004/114/CE51 del 13/12/2004
sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di
paesi terzi per motivi di studio, formazione, attività di
volontariato (GUCE 23/01/04).
Riguarda gli ingressi per motivi di studio, tirocinio, volontariato, e per
ovvi motivi non si applica a soggetti già coperti da altre disposizioni (art.
3), quali rifugiati, familiari di cittadini europei, lungo residenti.
51 La presente direttiva mira a ravvicinare le legislazioni nazionali relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.
Riferimenti Web: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l33163a.htm
42 Renato Franchitto
Il Capo II della direttiva regola le condizioni per l’ammissione, che in
sostanza consistono nell’esibizione di documentazione idonea a
comprovare la condizione di studenti o partecipanti ad un programma di
tirocinio o di attività non retribuita. Il permesso di soggiorno così
rilasciato avrà durata minima di un anno, rinnovabile se persistono le
condizioni per il rilascio (art. 12).
Proposta COM (2001) 38652 dell’ 11 luglio 2001 di direttiva
del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei
cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro autonomo o
subordinato.
La direttiva sul cruciale argomento dell’ingresso per motivi di lavoro è
l’unica a non essere stata adottata, non essendo stata rispettata la
scadenza ai fini della ratifica del 1° maggio 2004. In particolare, il
Consiglio ha dato solo una prima lettura della proposta; le altre istituzioni
comunitarie si sono invece già espresse positivamente. A seguito delle
esortazioni contenute nelle conclusioni dei Consigli di Salonicco (giugno
2003) e Bruxelles (giugno 2004) affinché l’Unione si doti di una efficace
politica comune di gestione dell’immigrazione, pur nel rispetto delle
competenze nazionali nella determinazione di eventuali quote di ingresso,
la Commissione pubblicò un Libro Verde sull’approccio dell’Unione
Europea alla gestione delle migrazioni economiche, COM (2004) 811
dell’11/01/2005. Si tratta di un documento che pone una serie di
questioni di fondo sulla gestione delle migrazioni economiche, chiedendo
alle istituzioni comunitarie e ai vari stakeholders di fornire dei contributi
52 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0387:FIN:IT:PDF
43 Renato Franchitto
alla discussione, in modo da rivitalizzare il percorso verso l’approvazione
di un quadro normativo sulle condizioni di ingresso e sullo status giuridico
dei lavoratori non comunitari. Il Libro Verde, quindi, rimette
profondamente in discussione proprio la proposta COM (2001) 386, la
quale, in sostanza, faceva perno su due principi. Il primo è il cosiddetto
“principio di preferenza”: un impiego può essere assegnato allo straniero
solo quando non vi sia la disponibilità di un lavoratore comunitario, e salvi
eventuali obblighi di diritto internazionale. Il secondo, è che può ottenere
un permesso di soggiorno per motivi di lavoro lo straniero che ne fa
richiesta nel proprio paese di origine essendo in possesso di un valido
contratto o di un’offerta vincolante di lavoro nello stato di destinazione. Il
permesso consente solo l’esercizio dell’attività economica per cui è
rilasciato, che può essere un lavoro subordinato, autonomo, od anche
stagionale. Il titolare del permesso gode poi dei seguenti diritti: ingresso,
soggiorno e reingresso nel territorio dello stato; transito nel territorio di
altro stato membro, se necessario per l’ingresso in quello che ha rilasciato
il permesso; eguale trattamento con i cittadini UE quanto alle condizioni
di lavoro, alla libertà di associazione e ai diritti sindacali, alla formazione
professionale, alla sicurezza sociale ed all’accesso ai servizi pubblici in
materia di salute, alloggio ed altri beni pubblici.
È probabile, peraltro, che questa proposta sia ampiamente modificata
nel prosieguo del suo percorso verso l’approvazione. Il Libro Verde,
infatti, pone in discussione molti suoi contenuti. Innanzitutto, la
Commissione si chiede se sia utile continuare a perseguire una
regolamentazione generale che si occupi di tutte le categorie di lavoratori
autonomi o subordinati (cd.“approccio orizzontale”) o se non sia il caso di
44 Renato Franchitto
prevedere discipline diverse per diverse categorie di lavoratori (cd.
“approccio settoriale”), se non altro per velocizzare l’iter di approvazione,
come è avvenuto per la direttiva sull’ingresso per studenti, tirocinanti e
volontari. Viene anche avanzata l’ipotesi di prevedere procedure comuni
preferenziali nel caso in cui sul mercato emergessero carenze di
specifiche figure professionali.
La domanda di fondo, cioè, è: a quale livello di armonizzazione l’UE
può o dovrebbe aspirare? Va tenuto conto, infatti, che la materia
dell’ingresso e soggiorno dei migranti sarà, fino all’adozione di un nuovo
Trattato europeo, soggetta alla procedura decisionale con voto
all’unanimità; è quindi ipotizzabile che l’attuale situazione di stallo sia
destinata a protrarsi fin almeno a quando il Trattato di Lisbona diverrà
operativo. Poi, accogliendo le osservazioni contenute soprattutto nel
parere del Comitato Economico e Sociale, la Commissione si chiede se il
procedimento che lega l’ingresso dello straniero al possesso di un
contratto di lavoro o di un’offerta vincolante non crei eccessiva rigidità, ed
in sostanza dia vita ad un canale di immigrazione legale difficilmente
praticabile. L’alternativa potrebbe essere quella di consentire l’ingresso
anche per la ricerca di un lavoro, in modo che l’incontro domanda-offerta
avvenga nel territorio dello stato di destinazione. La Commissione si
chiede, infine, se sia opportuno mantenere il principio per cui i diritti di
cui gode lo straniero debbano essere commisurati alla durata della sua
permanenza nello stato, ed in quale misura, rispetto a quali diritti, possa
esserci una differenziazione tra il lavoratore in possesso di un titolo di
soggiorno temporaneo ed il lungo residente.
45 Renato Franchitto
Se richiamiamo la direttiva 2003/109/CE, infatti, e la confrontiamo
con la proposta COM (2001) 386 vediamo che la condizione del lungo
residente si distingue solo per il carattere tendenzialmente permanente
del titolo di soggiorno, e per la possibilità, a determinate condizioni, di
soggiornare in uno stato diverso da quello in cui ha ottenuto detto titolo.
La necessità di arrivare ad una regolamentazione comune
dell’immigrazione è stata sottolineata con forza anche nel Programma de
L’Aja53, approvato, come si diceva, nel mese di novembre del 2004, che
individua, inoltre, i seguenti obiettivi54:
un efficace controllo delle frontiere esterne, basato sui principi di
solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità, comprese
quelle finanziarie, tra i diversi stati membri;
l’integrazione dei migranti nelle società di destinazione, attraverso
la creazione di eguali opportunità di partecipazione nella società,
che coinvolgano in maniera adeguata anche le istituzioni e gli sta-
keholders a livello locale e regionale. A tal proposito, il Consiglio
elenca anche una serie di principi comuni in materia di
integrazione, che viene definita “un processo permanente e
biunivoco, che coinvolge sia lo straniero sia il paese di
destinazione”;
collegamento tra le politiche di asilo e immigrazione, e le relazioni
esterne dell’UE, attraverso forme di partnership con paesi terzi, so-
53 Il programma di Tampere è stato sostituito dal programma dell'Aja, che ha praticamente definito una nuova agenda pluriennale dell'Unione. Adottato dal Consiglio europeo del 4/5 novembre 2004, in GUCE, gennaio 2005
54 Per un esame più dettagliato, cfr. R. Adam, La cooperazione in materia di giustizia ed affari interni.
46 Renato Franchitto
prattutto i paesi di origine e di transito dei migranti;
necessità di stabilire standard minimi comuni in materia di procedu-
re di espulsione, in modo che sia garantito il rispetto dei diritti e
della dignità dei migranti.
Il Programma de L’Aja riprende quindi gli elementi critici rispetto
all’attuazione dell’agenda stabilita a Tampere nel 1999, già sottolineati
dalla Comunicazione della Commissione COM (2004) 4002 del 2 giugno
2004 su spazio di libertà, sicurezza e giustizia: valutazione del programma
di Tampere e orientamenti per il futuro, quali ad esempio la lentezza del
metodo decisionale e la mancanza di un reale approccio comune alla
gestione dei flussi migratori. Alla prima nota critica ha risposto la
decisione del Consiglio del 22 novembre 2004, che, come detto sopra, ha
esteso a quasi tutte le decisioni in materia di immigrazione e asilo la
procedura di co-decisione; quanto alla gestione dei flussi, il Libro Verde
denota una certa apertura verso soluzioni che rendano maggiormente
praticabili i canali di immigrazione legale. È sperabile quindi che nel
prossimo quinquennio si arrivi ad una implementazione del Programma,
capace di accogliere ed integrare correttamente i migranti che giungono
sul territorio europeo, stimolando in tal senso, di necessità, anche i
legislatori nazionali.
Proposta di direttiva del Consiglio del 23 ottobre 2007 sulle
condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi
che intendano svolgere lavori altamente qualificati55.
Si tratta solo di una proposta di direttiva che però assume dimensioni
55 Cfr. http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14573.htm
47 Renato Franchitto
importantissime visto che lo scopo della presente direttiva è aumentare la
capacità dell'Unione europea di attrarre cittadini di paesi terzi che
intendano svolgere lavori altamente qualificati. Si tratta non soltanto di
potenziare la competitività nel contesto delle nuove strategie derivanti
anche dai recenti accordi di Lisbona, ma anche soprattutto di limitare la
fuga dei cervelli. Gli obiettivi della direttiva sono:
facilitare l'ammissione dei cittadini in questione, armonizzando le
condizioni del loro ingresso e soggiorno nell'Unione europea;
semplificare le procedure di ammissione;
migliorare lo status giuridico di coloro che sono già presenti sul
territorio degli Stati membri.
Le condizioni ai fini di essere ammessi sono essenzialmente un
contratto di lavoro o un'offerta di lavoro vincolante, un documento di
viaggio valido, la prova che beneficia di un'assicurazione contro le
malattie ed eventualmente documenti che dimostrino che egli rispetta le
condizioni necessarie per esercitare una professione regolamentata.
Se il candidato soddisfa le condizioni di cui sopra e le autorità
nazionali decidono di ammetterlo, egli riceve una Carta blu UE valida due
anni e rinnovabile per almeno due anni. La domanda di rilascio della
Carta deve essere presentata obbligatoriamente dal candidato o dal suo
datore di lavoro. La risposta è notificata entro un termine di 30 giorni
dalla presentazione della domanda (che può essere prolungato per un
massimo di 60 giorni). In caso di accettazione, il beneficiario ottiene le
agevolazioni necessarie per l'ottenimento di un visto.
48 Renato Franchitto
La Carta blu UE può essere revocata qualora siano stati presentati
documenti falsificati od ottenuti con la frode, oppure se lo Stato decide,
alla luce della situazione del mercato del lavoro, di accordare la
preferenza per esempio a cittadini comunitari.
La Carta può inoltre essere revocata in caso di disoccupazione
prolungata di durata superiore a tre mesi.
Nell'applicazione delle linee guida sottolineate dal Programma dell'Aja,
il Consiglio europeo sottolinea inoltre la priorità di sviluppare
ulteriormente e in maniera decisa la politica comune europea in materia
di visti.
Uno dei risultati più importanti è stato il Codice comunitario dei visti
che porterà ben presto ad una decisa semplificazione della materia.
Codice comunitario dei visti. Proposta di regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio COM(2006) 40356 (non
ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale)
E' a tal fine la Commissione è stata invitata a riesaminare l'Istruzione
consolare comune (ICC) la quale ancora oggi costituisce lo strumento di
base che disciplina le procedure e le condizioni per il rilascio dei visti per
soggiorni di breve durata, dei visti di transito e dei visti di transito
aeroportuale. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'ICC è
parte integrante del diritto comunitario.
La rifusione prevista semplificherà il quadro giuridico, dato che la
politica comune in materia di visti sarà d'ora in avanti disciplinata dai
56 Cfr. http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14524.htm
49 Renato Franchitto
seguenti quattro strumenti:
il regolamento CE n° 539/2001 del 15 marzo 200157 che adotta
l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso
del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e
l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo;
il regolamento CE n° 1683/96 del 29 maggio 199558 che
istituisce un modello uniforme per i visti .
il regolamento CE n° 333/2002 del 18 febbraio 2002 che
istituisce un modello uniforme di foglio per l'apposizione del
visto;
il presente regolamento.
57 Comunicazione della Commissione in applicazione del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [Gazzetta ufficiale C 363 del 19.12.2001]
Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?539
58 Il regolamento intende per "visto" qualsiasi autorizzazione rilasciata o decisione adottata da uno Stato membro che sia necessaria al fine di entrare nel suo territorio per un soggiorno previsto in tale Stato membro o in diversi Stati membri la cui durata globale non superi i tre mesi oppure altresì un transito attraverso il territorio o l'area di transito aeroportuale di tale Stato membro o di diversi Stati membri. Gli Stati membri hanno facoltà di utilizzare il modello uniforme per i visti per scopi diversi da quelli summenzionati, purché si escluda ogni possibilità di confusione con tale visto uniforme. Le informazioni contenute nel modello uniforme per i visti sono conformi: alle specifiche tecniche riportate nell'allegato al regolamento, che stabiliscono delle caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili e visibili ad occhio nudo; alle specifiche tecniche segrete, che mirano ad impedire la contraffazione e la falsificazione del visto.
Riferimenti Web: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14009.htm
Il 24 settembre 2003 la Commissione ha presentato due proposte volte a modificare il regolamento (CE) n. 1683/95/CE e il regolamento (CE) n. 1030/2002 allo scopo di integrare il più rapidamente possibile le nuove tecniche in materia di biometria nei visti e nei permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. L'inserimento di identificatori biometrici costituisce una tappa importante verso l'utilizzazione di nuovi elementi che consentano di creare un legame più sicuro tra il visto e il suo titolare, fornendo in tal modo un notevole contributo alla protezione del visto contro la sua utilizzazione fraudolenta.
50 Renato Franchitto
Tale semplificazione è avvenuta tramite una proposta di regolamento
del Parlamento europeo e del Consiglio attraverso un codice comunitario
dei visti COM(2006) 403 (non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale).
La presente proposta costituisce uno dei quattro strumenti che
formano il diritto relativo alla politica comune dei visti.
Essa integra in un unico codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che
disciplinano le decisioni sui visti, segnatamente l'Istruzione consolare
comune(ICC).
ll progetto del Codice comunitario dei visti presenta tra le molteplici
novità:
l'incorporazione in un unico documento tutte le disposizioni che
disciplinano il rilascio di visti e le decisioni relative ai visti
rilasciati. Per esempio, le disposizioni del documento SCH/Com-
ex (93) 24 e dell'ICC (allegato 14, punto 2) relative
all'annullamento e alla revoca dei visti rilasciati sono state fuse e
costituiscono oramai due articoli distinti del codice;
crea nuove dimensioni della procedura di rilascio dei visti
tenendo conto dei lavori sul Sistema d'informazione visti;
sviluppa alcune parti dell'acquis di Schengen. Per esempio, il
progetto di Codice comunitario dei visti migliora la trasparenza e
la parità di trattamento dei richiedenti il visto stabilendo un
termine massimo per il rilascio e l'obbligo, per gli Stati membri,
di comunicare ai cittadini tutte le informazioni utili sul rilascio dei
visti;
51 Renato Franchitto
precisa alcuni aspetti per rafforzare l'applicazione armonizzata
delle disposizioni legislative. A tal fine, incorpora in un unico
articolo tutte le disposizioni relative al rilascio dei visti con
validità territoriale limitata, chiarisce alcune ambiguità relative al
diritto attuale riguardo all'assicurazione sanitaria di viaggio e
rende vincolanti alcune delle linee direttrici addizionali;
chiarisce lo status giuridico degli allegati dell'ICC e riordina i 18
allegati in essa contenuti, conservando soltanto quelli
direttamente legati all'esecuzione delle disposizioni figuranti nel
corpo del testo;
attua soppressioni quali i riferimenti ai visti nazionali e collettivi;
provvede a un'applicazione armonizzata del progetto di codice.
Affinché gli Stati membri si astengano d'ora in poi dall'elaborare
istruzioni nazionali che si sovrappongano alle norme comuni, la
Commissione ha studiato in parallelo il formato e il contenuto di
un documento: "le Istruzioni relative all'applicazione pratica del
Codice dei visti". Tale documento, di natura meramente
operativa, mira a definire le prassi e le procedure armonizzate
che le missioni diplomatiche e consolari degli Stati membri
dovranno seguire per il trattamento delle domande di visto. Esse
saranno finalizzate entro la data di entrata in vigore del codice.
La proposta sviluppa inoltre alcuni aspetti della legislazione attuale
per tener conto delle evoluzioni recenti e colmare le lacune esistenti,
aumenta la trasparenza e la certezza del diritto precisando lo status
giuridico delle disposizioni dell'ICC eliminando le disposizioni ridondanti o
52 Renato Franchitto
di carattere pratico e operativo, rafforza le garanzie procedurali e
consolida la parità di trattamento dei richiedenti il visto.
A integrazione della proposta la Commissione ha manifestato
l'intenzione di presentare delle "Istruzioni relative all'applicazione pratica
del Codice dei visti". Esse rappresentano l'aspetto operativo del codice
comunitario e saranno messe a punto al momento della sua entrata in
vigore.
Il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati
tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata59
[COM(2005) 835 def. - Non ancora pubblicata nella
Gazzetta ufficiale]
La proposta di regolamento in esame definisce lo scopo e le
funzionalità del sistema di informazione visti (VIS), precisando le
condizioni e le procedure per lo scambio dei dati tra gli Stati membri in
merito alle richieste di visto per soggiorni brevi e alle decisioni di rifiuto,
proroga, annullamento o revoca di visti.
ll VIS è inteso a rendere più agevole l'attuazione della politica comune
in materia di visti, la cooperazione consolare e la consultazione tra
autorità consolari centrali al fine di:
prevenire le minacce alla sicurezza interna degli Stati membri;
evitare che i criteri sanciti dal regolamento di Dublino II60
59 http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14517.htm
60 Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo [Gazzetta ufficiale L 50 del 25 febbraio 2003].
53 Renato Franchitto
vengano elusi;
contribuire alla lotta contro la frode documentale;
facilitare i controlli ai valichi delle frontiere esterne;
contribuire al rimpatrio di immigrati in situazione irregolare.
Ogni Stato membro comunica alla Commissione un elenco delle
autorità competenti, il cui personale ha accesso al sistema VIS ai fini
dell'introduzione, della modifica, della soppressione e della consultazione
dei dati.
Al ricevimento di una richiesta, l'autorità competente avvia quanto
prima la relativa pratica e inserisce nel VIS una serie di dati quali: lo
stadio del procedimento, indicando che è stata inoltrata richiesta di visto;
l'autorità presso la quale è stata inoltrata la richiesta, il nome, la
nazionalità, il luogo e la data di inoltro. Al ricevimento di una richiesta,
l'autorità competente avvia quanto prima la relativa pratica e inserisce nel
VIS una serie di dati quali: lo stadio del procedimento, indicando che è
stata inoltrata richiesta di visto; l'autorità presso la quale è stata inoltrata
la richiesta, il nome, la nazionalità, il luogo e la data di inoltro.
Qualora uno Stato membro ricorra alla consultazione tra autorità
centrali, l'autorità competente inserisce una serie di dati supplementari
relativi alla principale destinazione e alla durata del soggiorno previsto,
Il presente regolamento mira a sostituire le disposizioni della convenzione di Dublino del 1990 con una normativa europea; a individuare il più rapidamente possibile lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo; a fissare termini ragionevoli per ciascuna fase della procedura di determinazione dello Stato competente; nonché a prevenire l'abuso delle procedure d'asilo riscontrabile nel fenomeno delle domande d'asilo multiple.
Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod!DocNumber
54 Renato Franchitto
alla data di arrivo e di partenza.
Una volta adottata la decisione di rilascio del visto, l'autorità
competente inserisce ulteriori dati, quali lo stadio del procedimento,
indicando che il visto è stato rilasciato, la data e il luogo del rilascio, il tipo
di visto e il numero della vignetta.
Dati specifici vanno inoltre inseriti in caso di rifiuto di esaminare una
richiesta e di rifiuto, proroga, annullamento o revoca di un visto.
L'autorità competente in materia di visti ha accesso al VIS ai fini
dell'esame della richiesta e della decisione di rifiuto, nonché della
proroga, dell'annullamento o della revoca del visto. Essa può interrogare i
seguenti dati: numero unico della richiesta, cognome alla nascita e da
sposati, nome, sesso, data, luogo e paese di nascita, dati relativi al
documento di viaggio, cognome della persona che invita l'interessato o
che si fa carico delle sue spese di sostentamento durante il soggiorno,
fotografie, impronte digitali, numero della vignetta del visto.
Qualora la ricerca in base a uno dei dati elencati indichi che i dati del
richiedente sono già registrati nel VIS, l'autorità competente dei visti è
allora autorizzata a consultare la pratica della richiesta.
Lo Stato membro incaricato di esaminare la richiesta chiede di
consultare le autorità centrali nazionali, indicando il numero della
domanda al VIS e specificando lo Stato o gli Stati membri da consultare;
questi ultimi trasmettono la risposta al VIS che la inoltra allo Stato
membro che ha formulato la domanda.
Le autorità competenti in materia di visti hanno accesso, unicamente
55 Renato Franchitto
a fini statistici, ai seguenti dati: stadio del visto; autorità competente;
nazionalità del richiedente; primo valico d'ingresso; data e luogo della
domanda o della decisione relative al visto; tipo di visto richiesto o
rilasciato; tipo di documento di viaggio; motivi addotti per le decisioni
relative al visto o alla richiesta di visto; autorità competente che ha
respinto precedenti richieste.
Le autorità competenti dei controlli alle frontiere esterne hanno
accesso ai seguenti dati unicamente per ricerche finalizzate a verificare
l'identità della persona e/o l'autenticità del visto: tipo e numero del
documento di viaggio, autorità che lo ha rilasciato e data del rilascio, dati
relativi al documento di viaggio, fotografie, impronte digitali, numero della
vignetta del visto.
Le autorità competenti in materia di immigrazione hanno accesso ai
seguenti dati unicamente ai fini di ricerche miranti all'identificazione e al
rimpatrio di immigranti in situazione irregolare: tipo e numero di
documento di viaggio, autorità che lo ha rilasciato e data del rilascio,
fotografie e impronte digitali. Lo stesso vale per le autorità competenti in
materia di asilo, che in base ai dati di cui sopra possono effettuare
ricerche mirate a determinare lo Stato membro responsabile ad
esaminare una domanda di asilo.
Ogni pratica di richiesta viene conservata nel VIS per cinque anni.
Solo lo Stato membro responsabile è abilitato a modificare o a sopprimere
i dati trasmessi al VIS.
Lo Stato membro responsabile fornisce agli interessati le informazioni
relative all'identità della persona che si occupa dell'elaborazione dei dati
56 Renato Franchitto
nel VIS, ai motivi della loro elaborazione, ai destinatari dei dati,
all'esercizio del diritto di accesso e rettifica degli stessi.
Qualsiasi cittadino ha il diritto di ottenere che gli vengano comunicati
i dati registrati nel VIS che lo riguardano, con la menzione dello Stato
membro che li ha trasmessi al sistema. L'accesso ai dati può essere
autorizzato soltanto da uno Stato membro. Lo stesso cittadino può
chiedere la rettifica di eventuali dati inesatti che lo riguardano o la
cancellazione di dati illecitamente registrati.
Ogni Stato membro fa sì che un'autorità di controllo nazionale,
istituita conformemente alla direttiva 95/46/CE, verifichi la liceità del
trattamento dei dati personali. Il garante europeo della protezione dei
dati controlla le attività della Commissione.
Le autorità comuni di controllo collaborano attivamente a tutela dei
diritti sanciti dalla proposta di regolamento.
In ogni Stato membro, qualsiasi cittadino ha il diritto di intentare
un'azione o presentare un ricorso presso il giudice competente qualora si
veda rifiutato il diritto di accesso, rettifica o soppressione dei dati che lo
riguardano.
Per ciò che riguarda invece il permesso di soggiorno la normativa più
importante è certamente rappresentata dal regolamento che istituisce un
modello unico.
57 Renato Franchitto
Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13
giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i
permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi.61
Tale regolamento sostituisce l'azione comune 97/11/JAI del Consiglio
relativa a un modello uniforme di permesso di soggiorno nonché le
misure adottate dal Consiglio ai fini della sua applicazione. Nell'ambito
della convenzione di Schengen, il permesso di soggiorno accompagnato
da un documento di viaggio può sostituire il visto. Un cittadino di un
paese terzo, presentando il proprio passaporto e il suo permesso di
soggiorno, può entrare in uno Stato membro appartenente allo spazio
Schengen e restarvi per un soggiorno di breve durata.
Il regolamento descrive le caratteristiche generali del modello
uniforme, di cui un esemplare è allegato al regolamento. Il modello
uniforme può essere prodotto sotto forma di autoadesivo o di documento
separato.
Le altre disposizioni tecniche volte a lottare contro la contraffazione e
la falsificazione devono rimanere segrete e sono decise dalla
Commissione e dal suo comitato istituito mediante il regolamento (CE) n.
1683/95. Le disposizioni di cui sopra sono comunicate solo agli organismi
responsabili della stampa del permesso di soggiorno designati dagli Stati
membri.
Gli Stati membri rilasciano il modello uniforme di permesso di
soggiorno in conformità con il presente regolamento al più tardi entro un
anno dall'adozione delle misure di sicurezza complementari. Le
61 Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!
58 Renato Franchitto
autorizzazioni rilasciate in precedenza su altri permessi di soggiorno
restano valide, salvo disposizioni contrarie degli Stati membri.
L'Irlanda e il Regno Unito hanno notificato la loro volontà di
partecipare all'adozione e all'applicazione del regolamento. Per quanto
riguarda la Danimarca, la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia, il
regolamento costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen.
Il 24 settembre 2003 la Commissione ha presentato due proposte
volte a modificare il regolamento (CE) n. 1683/95 e il regolamento (CE)
n. 1030/2002 al fine di integrare nel più breve tempo possibile nei visti e
nei permessi di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi le nuove tecniche in
materia di biometria.
L'inserimento di elementi di identificazione biometrica costituisce un
passo importante verso l'impiego di un legame più affidabile fra il modello
uniforme di visto e il suo titolare, fatto che contribuisce in modo notevole
a proteggere il visto contro un suo impiego fraudolento.
Per quanto riguarda la materia dell'asilo il piano d'azione per attuare il
programma dell'Aja prevede l'adozione delle proposte relative alla
creazione di un regime in materia di asilo entro il 2010. Tale libro verde si
propone di individuare le possibili scelte per definire la seconda fase della
creazione del regime comune europeo in materia di asilo.
59 Renato Franchitto
Libro verde, del 6 giugno 2007, sul futuro regime comune
europeo in materia di asilo COM (2007) 301 def. - Non
ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale
Con questo Libro verde, la Commissione intende lanciare un'ampia
consultazione i cui risultati dovrebbero risultare nella pubblicazione di un
programma d'azione. Questo documento, previsto a breve, raccoglierebbe
tutte le misure necessarie per mettere in piedi un regime d'asilo europeo
comune.
Nel Trattamento delle domande di asilo la Commissione suggerisce di
aumentare le possibilità di presentare una domanda d'asilo. In questa
ottica, viene proposto di rafforzare le garanzie giuridiche che
accompagnano la presentazione della domanda alla frontiera; altresì
viene raccomandata la possibilità di ravvicinare ulteriormente alcune
norme nazionali con riferimento a determinati aspetti non contemplati
dalle disposizioni della prima fase, quali la qualità del processo
decisionale, la valutazione dei documenti probatori presentati dai
richiedenti e le procedure di ricorso.
Inoltre il suggerimento di rivalutare il contenuto di determinati
meccanismi procedurali introdotti nella prima fase dell'armonizzazione,
come ad esempio i concetti di paesi d'origine sicuri, paesi terzi sicuri e
paesi terzi europei sicuri.
Per quanto riguarda le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo,
la Commissione propone di limitare eventualmente il margine di
discrezione, attualmente previsto dalle disposizioni della direttiva 2003/9/
60 Renato Franchitto
CE in vigore62, sulle condizioni di accoglienza negli Stati membri. Fra i
settori nei quali sarebbe possibile ridurre questo potere risultano l'accesso
dei richiedenti asilo al mercato del lavoro e la forma e il livello delle
condizioni materiali di accoglienza di cui beneficiano i richiedenti asilo.
Inoltre le constatate notevoli carenze in termini di definizione e di
procedure nazionali previste per determinare la categoria dei richiedenti
asilo più vulnerabili rende evidente e necessario un intervento più incisivo
della Comunità europea in tutte le fasi del processo di valutazione di una
domanda d'asilo. La Commissione prevede di concentrarsi su diverse
tematiche quali una migliore definizione del concetto di assistenza e
consulenza medico-psicologica adeguata. Come pure programmi di
formazione europei destinati agli operatori del settore (operatori sanitari,
insegnanti, psicologi, interpreti, avvocati, operatori sociali, ONG, ecc.)
oppure eventuali norme comuni in materia di qualifiche nonché un
meccanismo di controllo volto a garantire livelli elevati di qualità dei
servizi forniti alle persone più vulnerabili.
In sostanza la Commissione propone inoltre di garantire maggior
sostegno alle attività interessate, nonché un meccanismo di controllo
concreto e sistematico per valutarne gli esiti, e prevede di varare, in
tempi brevissimi, uno studio di fattibilità per esaminare le possibilità a tale
riguardo. Tra queste attività figura la trasformazione delle strutture per la
cooperazione pratica in un ufficio europeo di sostegno.
Fondamentale inoltre approfondire la riflessione sui principi e sugli
obiettivi sottesi al sistema di Dublino (costituito dai regolamenti "Dublino"
62 Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod!DocNumber&lg=it&type_doc=Directive&an_doc=2003&nu_doc=9
61 Renato Franchitto
e " EURODAC63 ") nell'intento di garantire che il sistema sia applicato in
modo da consentire una più equa ripartizione tra gli Stati membri delle
domande di asilo e/o dei beneficiari di una protezione internazionale.
Come pure fondamentale secondo la Commissione trovare soluzioni per
un utilizzo ottimale del Fondo europeo per i rifugiati (FER)64 volto a
ridurre le disparità e innalzare il livello delle norme esistenti. Perché il FER
consegua maggiori risultati, si propone di adottare, su scala nazionale e a
livello dell'UE, una serie di meccanismi per la consultazione e lo scambio
di informazioni.
La Commissione ha elaborato il concetto di programmi di protezione
regionale dell'UE allo scopo di garantire una maggiore protezione dei
rifugiati e di offrire loro soluzioni durature nelle loro regioni di origine e di
transito. Attualmente sono in corso due progetti piloti: uno nei nuovi Stati
indipendenti occidentali e l'altro in Tanzania. Si tratta di progetti ancora in
una fase iniziale anche se, alla luce delle valutazioni che ne saranno fatte,
la Commissione si chiede in che modo l'UE potrebbe aiutare i paesi terzi a
63 Ci si riferisce al regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino
Il presente regolamento mira a un sistema per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e degli immigranti clandestini per agevolare l'applicazione regolamento di Dublino II che permette di determinare quale Stato sia competente per l'esame di una domanda d'asilo.
Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartuyt6g
64 Decisione 2000/596/CE del Consiglio, del 28 settembre 2000, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati. L'Unione europea ha creato il Fondo europeo per i rifugiati al fine di riunire in un unico strumento le azioni in materia di integrazione e quelle relative all'accoglienza e al rimpatrio volontario dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli sfollati anche in caso di afflusso massiccio. Istituito in un primo momento per un quinquennio (2000-2004), il Fondo è stato rinnovato per altri sei anni (2005-2010).
riferimenti web:
http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!cele8889
62 Renato Franchitto
far fronte alle problematiche connesse all'asilo. L'altro quesito è come
migliorare le strategie globali dell'UE nei confronti dei paesi terzi e come
fare in modo che siano più coerenti.
Parallelamente alla realizzazione di programmi di protezione
regionale, la Commissione si chiede come erogare aiuti finanziari globali
agli interventi di reinsediamento da parte degli Stati membri.
Quanto ai flussi misti alle frontiere (arrivo contemporaneo di
immigrati clandestini e di persone bisognose di protezione), la
Commissione invita a riflettere su possibili soluzioni quali l'istituzione di
gruppi di esperti in materia d'asilo chiamati ad assistere
temporaneamente gli Stati membri in caso di necessità. Ove la soluzione
prescelta consistesse nella creazione di un Ufficio europeo di sostegno,
questo potrebbe essere incaricato di coordinare le missioni dei gruppi;
l'istituzione di gruppi di esperti in materia d'asilo chiamati ad assistere
temporaneamente gli Stati membri in caso di necessità. Ove la soluzione
prescelta consistesse nella creazione di un Ufficio europeo di sostegno,
questo potrebbe essere incaricato di coordinare le missioni dei gruppi.
Oppure la concessione di aiuti di emergenza a detti Stati membri per
aiutarli ad accogliere i richiedenti asilo e ad espletare le procedure di
esame delle domande. Eventuali ulteriori misure da adottare per garantire
che gli obblighi di protezione derivanti dall'acquis comunitario e dal diritto
internazionale in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo diventino parte
integrante della gestione delle frontiere esterne. Appare senz'altro
interessante in questo contesto rievocare la direttiva inerente Condizioni
da soddisfare per ottenere la concessione dello status di rifugiato o di
63 Renato Franchitto
beneficiario di protezione internazionale:
Direttiva 2004/83/CE65 del Consiglio, del 29 aprile 2004,
recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi
terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona
altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché
norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
Obiettivo della presente direttiva è stabilire le condizioni che i cittadini
dei paesi terzi e gli apolidi devono soddisfare affinché sia attribuita loro la
qualifica di rifugiato o di persona che, per diverse ragioni, necessita di
protezione internazionale, e il contenuto della protezione accordata.
Nell'ottobre 1999, in occasione del Consiglio europeo di Tampere, gli
Stati membri si erano impegnati a definire un regime comune europeo in
materia di asilo, basato sull'applicazione integrale della convenzione di
Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiati, completata dal protocollo
di New York del 1967, garantendo in tal modo che nessuno venga esposto
nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di "non-
refoulement". La realizzazione di tale regime avrebbe comportato, a breve
termine, il ravvicinamento delle disposizioni relative al riconoscimento e
agli elementi essenziali dello status di rifugiato.
In merito alle disposizioni generali, la presente direttiva definisce
alcuni termini chiave come: "protezione internazionale", "rifugiato",
"protezione sussidiaria", "domanda di protezione sussidiaria" e "familiare
a carico".
La direttiva poi potrà essere applicata ad ogni domanda presentata
65 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:197:0003:0004:IT:PDF
64 Renato Franchitto
alla frontiera così come sul territorio di uno Stato membro. Gli Stati
membri resteranno tuttavia liberi di adottare o di mantenere in vigore
disposizioni più favorevoli.
Le condizioni da soddisfare per la concessione di protezione
internazionale sono essenzialmente quelle di qualsiasi cittadino di un
paese terzo che si trovi fuori dal suo paese di origine e che non voglia
farvi ritorno perché teme di essere perseguitato per motivi di razza,
religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato
gruppo sociale. Costui può chiedere lo status di rifugiato. Possono avere
accesso allo stesso status anche gli apolidi. I richiedenti che non
soddisfano le condizioni necessarie perché venga riconosciuto loro lo
status di rifugiato possono chiedere una protezione sussidiaria. Secondo
quanto prevede la direttiva, gli Stati membri accordano lo status di
protezione sussidiaria alla persona richiedente la protezione
internazionale che si trovi fuori dal paese di origine e non possa ritornarvi
in quanto teme danni gravi e ingiustificati, quali ad esempio la tortura o
altra forma di trattamento inumano o degradante, la condanna a morte o
all'esecuzione, la minaccia grave contro la propria vita derivante dalla
violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o
internazionale.
In linea generale, i familiari del richiedente beneficeranno della stessa
forma di protezione concessa a quest'ultimo.
Ovviamente per valutare correttamente i timori del richiedente, gli
Stati membri dovranno considerare molteplici aspetti del rifugiato e cioè:
tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d'origine al momento
65 Renato Franchitto
dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le
disposizioni legislative e regolamentari del paese d'origine e relative
modalità di applicazione;
l'esistenza di una ragionevole possibilità che il richiedente sia
perseguitato;
il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni
gravi;
la sua situazione individuale (il passato, l'età, il sesso, ecc.);
qualsiasi attività esercitata dal richiedente da quando ha
abbandonato il suo paese di origine.
Gli Stati membri dovranno prendere in considerazione l'origine della
minaccia.
In questo caso, la minaccia dovrà provenire essenzialmente dallo
Stato, da partiti o organizzazioni che controllano lo Stato, da soggetti non
facenti parte dello Stato nel caso in cui questo non possa o non voglia
accordare una protezione effettiva.
Ai fini della presente direttiva, la protezione "dello Stato" può essere
assicurata anche da partiti o organizzazioni, ivi comprese le organizzazioni
internazionali, che controllano una regione o una superficie importante
del territorio dello Stato.
Dopo aver accertato la fondatezza dei timori del richiedente di essere
perseguitato o di subire altri danni gravi e ingiustificati, gli Stati membri
possono verificare se tale timore sia chiaramente circoscritto ad una zona
definita del territorio del paese d'origine e se il richiedente possa
66 Renato Franchitto
eventualmente essere trasferito in un'altra parte del paese dove non
avrebbe ragione di nutrire tali timori.
Vi sono poi regole particolari relative alle condizioni di riconoscimento
dello status di rifugiato.
Ai fini della presente direttiva, sicuramente rientrano nel termine
"persecuzione" determinati atti, precisamente possiamo indicarne alcuni:
i danni gravi (a causa della loro natura o del loro carattere
reiterato) e ingiustificati basati su ragioni di razza, religione,
nazionalità o opinioni politiche;
le violenze fisiche o mentali, comprese le violenze sessuali;
le misure legali, amministrative, di polizia o giudiziarie messe in
atto in modo discriminatorio;
le azioni giudiziarie o le sanzioni sproporzionate o discriminatorie.
Non è necessario che il richiedente possieda le caratteristiche che
determinano la discriminazione; è sufficiente che tali caratteristiche gli
siano attribuite dal soggetto che mette in atto la persecuzione. Allo stesso
modo non comporta differenze la persecuzione messa in atto da parte
dello Stato, di partiti o organizzazioni che lo controllano, o da parte di
soggetti non legati allo Stato in casi nei cui questo non può o non vuole
accordare una protezione effettiva, o il fatto che il richiedente provenga
da un paese in cui numerosi individui, o addirittura l'intera popolazione,
debbano far fronte ad un rischio di oppressione generalizzata.
I rifugiati potranno in alcuni casi perdere il loro status, ad esempio in
caso di acquisizione di nuova cittadinanza, di rimpatrio volontario nel
67 Renato Franchitto
paese d'origine, ecc. In ogni caso, spetta allo Stato membro provare che
il rifugiato non soddisfa più le condizioni necessarie per beneficiare della
protezione internazionale.
Lo status di rifugiato, e quello definito dalla protezione sussidiaria
potranno essere negati agli individui ritenuti colpevoli di:
un crimine di guerra, contro l'umanità o contro la pace;
un reato grave di diritto comune;
atti contrari ai principi delle Nazioni unite .
In ogni caso, gli Stati membri dovranno garantire al richiedente la
possibilità di impugnare una decisione che lo escluda dalla protezione
internazionale.
La protezione sussidiaria potrà essere riconosciuta a colui che non
può tornare nel paese di origine in quanto teme di divenire oggetto di
torture, subire la pena di morte o trattamenti inumani o degradanti.
La protezione sussidiaria potrà cessare se le condizioni nel paese di
origine cessano di esistere o evolvono in misura tale che la protezione
non sia più necessaria.
Gli stati membri s'impegnano a garantire particolare attenzione a
determinate categorie di soggetti (minori, minori non accompagnati,
disabili, anziani, donne incinte, genitori soli accompagnati da figli minori,
vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o
sessuale). La direttiva prevede che gli Stati membri garantiscano ai
beneficiari dello status di rifugiato o di una protezione sussidiaria tutta
una serie di diritti, in particolare:
68 Renato Franchitto
il diritto di non-respingimento (non refoulement);
il diritto di ricevere comunicazioni in una lingua da loro compresa;
il diritto ad un permesso di soggiorno valido almeno tre anni e
rinnovabile per i rifugiati e almeno un anno e rinnovabile per i
beneficiari di protezione sussidiaria;
il diritto di esercitare un'attività dipendente o autonoma, così come
la possibilità di seguire dei corsi di formazione professionale;
l'accesso all'istruzione per i bambini e ai corsi di formazione
professionale per gli adulti;
l'accesso a cure mediche e psicologiche e ad ogni altra forma di
assistenza necessaria per le categorie con necessità specifiche
(minori, donne che hanno subito violenza, ecc.);
l'accesso ad una sistemazione adeguata;
l'accesso a programmi che promuovano l'integrazione all'interno
della società e a quelli miranti a facilitare il rientro volontario nel
paese d'origine.
In conclusione ciascuno Stato membro dovrà designare un punto di
contatto nazionale, provvedendo a comunicarne i dati alla Commissione.
69 Renato Franchitto
Immigrazione e allargamento ad Est dell’Unione Europea,
il Trattato di adesione 2004
Nello stesso anno in cui veniva approvata e firmata la Costituzione
europea il 1° maggio 2004 vi è stato un altro momento fondamentale del
processo di integrazione europea: dieci nuovi stati (Cipro, Estonia, Lettonia,
Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria)
sono entrati a far parte dell’Unione Europea, dando vita al cosiddetto
“allargamento”, il quinto, nella storia dell’Unione, processo che tra l'altro non
risulta ancora terminato visto l'ulteriore allargamento avvenuto nel 2007 con
l'ingresso della Romania e della Bulgaria. Gli altri allargamenti sono avvenuti
nel 1973 (Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca), 1981 (Grecia), 1986 (Spagna
e Portogallo), 1995 (Austria, Svezia, Finlandia)66.
L’allargamento del 2004 giunse a conclusione di un percorso cominciato
nel 1993, quando il Consiglio europeo di Copenaghen stabilì i criteri che i
paesi candidati avrebbero dovuto soddisfare per l’adesione. Il
raggiungimento di tali standard minimi, in campo economico e politico, è
quindi stato sancito ufficialmente con la sottoscrizione ad Atene il 16 aprile
2003 del Trattato di adesione da parte dei dieci candidati e dei quindici stati
membri, che definisce le condizioni di adesione ed apporta le opportune
modifiche ai Trattati costitutivi.
Il Trattato di Atene prevedeva67 che in alcuni settori l’adesione dei nuovi
stati membri alle regole comunitarie fosse stata graduale. Si tratta anche di
settori di vitale importanza, tra i quali per l'appunto l’ingresso nell’Unione
66 Riferimenti web: http://en.wikipedia.org/wiki/Enlargement_of_the_European_Union
67 Cfr. http://antexnews.b2blavoro.com/commento/soggetto-11/Cod-851.html
70 Renato Franchitto
monetaria e, per quanto riguarda gli argomenti inerenti il tema
dell'immigrazione, l’adesione al sistema Schengen, il godimento da parte dei
nuovi cittadini europei della libertà di circolazione e soggiorno nel territorio
dell’UE.
Per i nuovi cittadini comunitari c'era la previsione di circolare nel
territorio dell’Unione semplicemente esibendo passaporto o carta d’identità,
ma i controlli alle frontiere interne non sarebbero spariti fino a che non fosse
stata presa una apposita decisione in tal senso del Consiglio europeo.
L’estensione dell’acquis di Schengen (che per l’appunto presuppone
l’assenza di controlli alle frontiere tra un paese membro ed un altro) ai nuovi
stati membri quindi non è avvenuta automaticamente con l’allargamento del
2004, come del resto non era accaduto negli allargamenti precedenti: ad
esempio, la Grecia ha fatto ingresso nel sistema Schengen solo nel 1999,
mentre Danimarca, Svezia e Finlandia nel 2001.
L’idea è che l’abolizione dei controlli sulle persone che attraversano le
frontiere interne possa avere luogo solo nel momento in cui non ci sia il
rischio di una diminuzione del livello di sicurezza per i cittadini europei.
Con riferimento, quindi, ai nuovi stati membri, le cui frontiere sono
diventate le frontiere esterne dell’Europa, essi sono effettivamente entrati
nel sistema Schengen solo quando le loro frontiere sono risultate monitorate
adeguatamente, cioè con lo stesso livello di sicurezza garantito dai controlli
effettuati dagli stati attualmente parte di Schengen. A tal fine, allo stato
attuale tutti i nuovi stati membri dell'allargamento 2004 hanno già adeguato,
in senso restrittivo, la loro legislazione sull’immigrazione e si sono dotati di
sistemi più aggiornati ed efficaci di controllo delle frontiere.
L’UE, oltre a destinare alla cooperazione amministrativa tra organismi di
71 Renato Franchitto
controllo delle frontiere parte dei fondi del programma PHARE68, ha anche
istituito dei programmi ad hoc denominati Schengen facility e Transition
facility, cui sono stati destinati, per il 2004-2006, rispettivamente 900 e 380
milioni di euro.
Il Trattato di adesione prevedeva anche, nei confronti di tutti i nuovi stati
membri ad eccezione di Cipro e di Malta, un’applicazione graduale del
regime di libera circolazione dei lavoratori. Le restrizioni, che riguardano solo
l’ingresso per lavoro dipendente, e lasciano quindi impregiudicata la libertà
di ingresso e stabilimento per motivi di studio o lavoro autonomo, erano
rimesse alla decisione di ciascuno stato membro e risultarono articolate nel
seguente modo69:
fino al 2006 l’accesso al mercato del lavoro nazionale dei cittadini dei
nuovi stati membri sarebbe stato disciplinato dalle legislazioni
nazionali, o da accordi bilaterali tra stati;
a metà del 2006 la Commissione avrebbe presentato un rapporto sul
funzionamento del periodo transitorio, e ciascuno stato avrebbe
comunicato cosa fare sino alla metà del 2009;
in casi particolari invece, quando fosse stato possibile dimostrare che
l’estensione del regime di libera circolazione dei lavoratori anche ai
cittadini dei nuovi stati membri avrebbe potuto arrecare, o minacciare,
uno stato di seria turbativa al mercato del lavoro nazionale, allora si
68 Si tratta di un programma di aiuto comunitario ai paesi dell'Europa centrale e orientale e costituisce il principale strumento finanziario della strategia di preadesione per i paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO) candidati all'adesione all'Unione europea. Dal 1994, le missioni Phare sono state adeguate alle priorità e alle necessità di ciascun paese PECO. Originariamente il programma Phare era riservato ai paesi PECO, tuttavia esso è stato esteso anche ai nuovi paesi candidati nei Balcani occidentali.
69 Cfr. http://88.45.238.194/public/europa/mastantuono.pdf
72 Renato Franchitto
sarebbe potuto chiedere l’autorizzazione a protrarre la moratoria fino
al 2011.
Le posizioni degli stati sono risultate piuttosto variegate: si va da Gran
Bretagna e Irlanda, che fin dai momenti iniziali hanno optato per la non
applicazione di alcuna restrizione, salvo prevedere per i lavoratori provenienti
dai nuovi stati membri restrizioni all’accesso al welfare, a Francia e Austria,
che anticiparono di volersi avvalere della moratoria fino al 2011.
Sembra interessante a questo punto la domanda di come valutare
queste restrizioni70, che, per quanto limitate ai criteri per l’accesso al
mercato del lavoro in rapporti di lavoro subordinato, segnano una pesante
frammentazione negli status soggettivi e nel godimento dei relativi diritti
(infatti, da un lato nasce un terzo status personale, oltre a quelli del
cittadino europeo e dello straniero non comunitario; dall’altro, questo
tertium genus è rimesso alle decisioni dei singoli stati membri, che
potrebbero anche assumere decisioni diverse a seconda dei diversi stati di
provenienza dei “nuovi cittadini”).
Si tratta di atteggiamento “prudente” dell’UE verso i propri nuovi membri
che non è nuovo: già nel 1986, con l’ingresso di Spagna e Portogallo, fu
stabilito un periodo di transizione per l’applicazione della libertà di
circolazione dei lavoratori, e certamente il grande numero dei candidati
all’adesione, e la scarsa solidità delle loro economie, hanno contribuito a
creare un certo timore rispetto ad una “invasione” di migranti provenienti da
questi paesi.
70 Nascimbene in proposito, Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, op. cit. 271
73 Renato Franchitto
Dall'insuccesso del “Trattato che adotta la Costituzione per
l'Europa” fin al “Trattato di Riforma”
L'ulteriore importantissima tappa percorsa dagli Stati membri lungo il
difficile cammino verso la realizzazione di una delle più significative
manifestazioni dell’integrazione europea, ha riguardato il “Progetto di
Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”, il cui testo, in
minima parte modificato, è stato approvato il 18 giugno 2004.
Il suo scopo, oltre a quello di sostituire i diversi trattati esistenti che al
momento costituiscono la base giuridica dell'Unione Europea, era
principalmente quello di dare all'UE un assetto politico chiaro71 e
tendenzialmente definitivo riguardo le sue istituzioni, le sue competenze,
le modalità decisionali, la politica estera.
Il perché della necessità urgente di una Costituzione europea è dipesa
sostanzialmente dal fatto che all'inizio del nuovo millennio l'Unione
europea, ormai esistente in diverse forme da circa mezzo secolo, si è
trovata a dover affrontare nuove importanti sfide.
Nel 2000 le norme di base della legislazione europea venivano
rinnovate con il Trattato di Nizza, che introduceva flessibilità e riforme in
vista di un allargamento dell'Europa da 15 a 27 membri (2007).
Sebbene le innovazioni introdotte abbiano migliorato i processi
decisionali e meglio organizzato le istituzioni dell'UE, il Trattato di Nizza
era nato come compromesso tra le diverse idee dei paesi membri e quindi
71 In tal senso l'idea della Costituzione era quella di unificare le materie in solo trattato, alla “comunitarizzazione” del Trattato di Amsterdam sarebbe succeduta la “unionizzazione” del Trattato istitutivo della Costituzione.
74 Renato Franchitto
non adeguatamente capace di rispondere alle future sfide dell'Europa72.
Per tale motivo all'atto finale della conferenza intergovernativa che
avrebbe varato il nuovo trattato venne aggiunta all'ultimo momento una
"Dichiarazione sul futuro dell'Unione".
In essa si ponevano i nuovi
problemi da risolvere entro il 2004,
anno dell'allargamento dell'Unione
ad altri 10 membri. La dichiarazione
concerneva73:
le modalità per stabilire e
mantenere una più precisa
delimitazione delle com-
petenze tra l'Unione europea
e gli Stati membri, nel
rispetto del principio di
sussidiarietà;
lo status della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza;
una semplificazione dei trattati al fine di renderli più chiari e meglio
comprensibili senza modificarne la sostanza;
il ruolo dei Parlamenti nazionali nell'architettura europea;
migliorare e continuare a garantire la legittimità democratica e la
trasparenza dell'Unione e delle sue Istituzioni, per avvicinarle
maggiormente ai cittadini degli Stati membri.
72 Cfr. http://www.lazioeuropa.it/cgi-bin/download_documenti/allargamento%20UE.pdf
73 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Treaty_establishing_a_Constitution_for_Europe
75 Renato Franchitto
È iniziato quindi il lungo processo di ratifica del testo costituzionale da
parte dei 25 paesi dell’Unione europea (oggi 27), ratifica che è avvenuta
o per via parlamentare – come nel caso italiano – o tramite referendum
popolari.
Alla fine ha prevalso l'idea di un "testo ridimensionato" e si è
convenuto di approvare il c.d. “Trattato di riforma” il cui processo di
approvazione ha subito nei mesi scorsi una decisa battuta d'arresto a
seguito del referendum irlandese.
Ad ogni modo è utile ricordare l'innovazione e la portata della
“versione consolidata provvisoria del Trattato che istituisce una Costi-
tuzione per l’Europa”, che considerava la materia immigrazione come uno
degli elementi dello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, previsto nella
parte III (“Le politiche e il funzionamento dell’Unione”).
In particolare74, la politica di immigrazione viene contemplata fra le
politiche (e azioni) interne, unitamente alle politiche che riguardano i
controlli alle frontiere e all’asilo (titolo III, sezione II del capo IV).
E' importante sottolineare in questa sede l'importanza delle di-
sposizioni che riguardano la “politica comune dell’immigrazione” (art. III-
168, par. 1), e rilevare un maggior interesse, rispetto alla normativa
“precedente”, verso alcune di quelle “priorità” definite dal Consiglio
europeo straordinario di Tampere (15-16 ottobre 1999), come ad
esempio, la prevenzione e il contrasto dell’immigrazione clandestina e una
gestione più efficace dei flussi migratori.
74 Per approfondire, in proposito, cfr. La libertà di circolazione delle persone, diritti dei cittadini dell'unione e dei paesi terzi, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 159
76 Renato Franchitto
La Costituzione costituisce e rappresenta uno “spazio“ che si realizza
grazie o “attraverso” l'adozione di leggi e leggi quadro, tese a ravvicinare
o armonizzare, se necessario, le legislazioni nazionali. Quindi sono
strumenti giuridici per disciplinare sia le condizioni di ingresso e
soggiorno, i visti e i titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli a
scopo di ricongiungimento familiare (art. III-168, par. 2, lett. a); sia i di-
ritti dei cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato
membro e le condizioni di circolare, soggiornare, negli altri Stati membri
(art. III-168, par. 2, lett. b); nonché, l’immigrazione e il soggiorno
irregolare, allontanamento e rimpatrio (art. III-168, par. 2, lett. c); infine,
la lotta contro la tratta di esseri umani (art. III-168, par. 2, lett. d) e gli
accordi di riammissione (art. III-168, par. 3).
La Costituzione, concludendo, era la previsione di misure volte “a
incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri al fine di favorire
l’integrazione dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel loro
territorio” con esclusione, però, “di qualsiasi armonizzazione delle di-
sposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” (art. III-168,
par. 4) e il diritto degli Stati di “determinare il volume di ingresso nel loro
territorio dei cittadini di paesi terzi” che “immigrano ” per trovare lavoro
subordinato o autonomo (art. III-168, par. 5).
Come noto il progetto di una Costituzione per l'Europa è fallito
miseramente dopo i "no" francese e olandese al processo di ratifica del
Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto che ha originato
un periodo di profonda incertezza all'interno della Ue durato all'incirca
due anni. Tale incertezza ha portato alla stesura e firma del “Trattato di
77 Renato Franchitto
riforma”, avvenuto il 13 dicembre 2007.
L'entrata in vigore prevista del Trattato di Lisbona era prevista per il 1
gennaio 2009, purtroppo i recenti esiti di ratifica sfavorevoli avvenuti in
Irlanda produrranno delle conseguenze certamente negative sul processo
di ratifica stesso, sebbene sembra che il processo di entrata in vigore del
Trattato di Lisbona continuerà ad insistere nel senso della direzione già
tracciata.
La soluzione all'inpasse si è avuta quando ritenuto chiuso il "periodo
di riflessione" durato due anni, il Consiglio europeo ha convenuto di
convocare una conferenza intergovernativa75 (CIG) ai sensi dell'articolo 48
del trattato UE che, ebbe una rapida conclusione.
Gli Stati membri, con una dichiarazione adottata al Consiglio europeo
del 16-17 giugno 2005, presero atto dei risultati dei referendum avvenuti
in Francia e nei Paesi Bassi e del limitato numero di Stati membri (dieci)
che avevano ratificato il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa
("Costituzione europea" sottoscritto a Roma nell'ottobre 2004).
75 Il termine conferenza intergovernativa (CIG) indica una trattativa tra i governi degli Stati membri, che si svolge con l'obiettivo di apportare modifiche ai trattati. Questo tipo di conferenze svolge un ruolo fondamentale negli sforzi di integrazione europea, dal momento che ogni cambiamento istituzionale deve essere il frutto o dei negoziati cui esse danno luogo.
Le conferenze sono aperte, su iniziativa di uno Stato membro o della commissione, dal Consiglio dei ministri, che delibera a maggioranza semplice in seguito alla consultazione del Parlamento europeo e, se del caso, della Commissione.
I lavori preparatori sono affidati a un gruppo composto da un rappresentante di governo per ciascuno Stato membro, cui tradizionalmente si è sempre aggiunto un rappresentante della commissione. Il Parlamento europeo è associato da vicino a tutti i lavori, grazie alla presenza di osservatori e a scambi di vedute cui partecipa il presidente del Parlamento. Il gruppo riferisce regolarmente al Consiglio Affari generali le decisioni finali sono adottate, nel corso di un Consiglio europeo, dai capi di Stato e di governo.
I lavori della CIG del 2007 possono essere approfonditi al seguente indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/showpage.asp?id=1207&dang=it
78 Renato Franchitto
La delicatezza del momento era data dal fatto che pur essendo
necessario e fondamentale "intraprendere una riflessione comune" alla
luce di ciò che era avvenuto era altresì fondamentale non rimettere "in
questione la validità della prosecuzione dei processi di ratifica" avvenuti
fino a quel momento al Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006 si
decideva che, sulla scorta della valutazione delle consultazioni compiute,
venisse presentata una relazione da parte della presidenza di turno
(tedesca) del primo semestre 2007, che il ricordato Consiglio europeo del
21-22 giugno 2007 aveva accolto favorevolmente, decidendo di procedere
nell'auspicato processo di riforma, convocando la conferenza
intergovernativa (CIG).
La conferenza, si afferma, deve operare "conformemente al mandato"
allegato alle conclusioni del consiglio: il mandato (precisa l'allegato alle
conclusioni) "costituirà la base e il quadro esclusivi dei lavori della CIG"; i
lavori dovranno concludersi "il più presto possibile, e in ogni caso entro
2007, al fine di concedere tempo sufficiente perché il trattato risultante
possa essere ratificato prima delle elezioni del Parlamento europeo del
giugno 2009".
I lavori si concludevano il 18 ottobre 2007 (la conferenza
intergovernativa a livello di capi di Stato o di Governo approvava il
progetto di Trattato che modifica il Trattato dell'Unione europea e il
Trattato che istituisce la Comunità europea) e il Trattato è stato firmato al
Lisbona il 13 dicembre 2007.
L'impegno, dopo la battuta d'arresto subita dal processo di ratifica
della Costituzione europea (diciotto sul totale degli Stati membri che
79 Renato Franchitto
l'avevano ratificata, ma era richiesta la totalità per via dell'ex art. IV-447,
par. 2 della Costituzione, qualora fosse entrata in vigore) è di non poco
conto; sebbene occorre evidenziare che si tratta di un compromesso fra
una revisione, per così dire, ordinaria, come quelle di Maastricht,
Amsterdam e Nizza e una revisione, per così dire, speciale o
costituzionale, come quella della Costituzione europea.
Il testo di un nuovo Trattato modificherà dunque, secondo il mandato,
il Trattato UE e il Trattato CE. In particolare, quest'ultimo assumerà la
nuova denominazione di "Trattato sul funzionamento dell'unione europea"
(trattato FUE); è fatta esplicita menzione nel mandato del fatto che "il
progetto costituzionale è abbandonato".
Quindi il Trattato di Lisbona non si sostituisce ai trattati esistenti un
nuovo, unico testo, bensì "integra" nei trattati vigenti le innovazioni
contenute nella costituzione (il mandato, per la precisione, non utilizza
mai il termine "costituzione" ma le " innovazioni risultanti dalla CIG del
2004").
L'Unione Europea si fonderà, pertanto, su due trattati: il trattato UE
modificato e il trattato sul funzionamento dell'unione (già trattato CE,
modificato) che avranno "lo stesso valore giuridico"76.
Pur non avendo più un carattere costituzionale, il nuovo trattato
mantiene le principali realizzazioni del trattato che adotta una
Costituzione per l'Europa, sottoscritto nel 2004 ma mai ratificato.
Per superare i punti di disaccordo fra gli Stati membri e superare
76 Cfr. Il Trattato di Lisbona dopo il NO irlandese, Umberto Allegretti, articolo di prossima pubblicazione con altro titolo anche sulla rivista “Rocca”
80 Renato Franchitto
l’immobilismo degli ultimi anni, sono stati eliminati determinati punti
presenti nella Costituzione europea. L'”Unione” sostituisce e succede al
termine “Comunità" cioè il termine "Comunità" sarà sostituito ovunque
dal termine "Unione"77.
Il nuovo Trattato rafforzerà la capacità d'azione dell'Unione europea
aumentando l'efficienza e l'efficacia delle istituzioni e dei meccanismi
decisionali. Con il nuovo Trattato, l'Unione europea potrà far fronte alle
nuove sfide globali e alla tematiche che più interessano i cittadini, quali il
cambiamento climatico, la sicurezza energetica, il terrorismo
internazionale, la criminalità organizzata trans-frontaliera, l'asilo e
l'immigrazione.
Il trattato di Lisbona assicurerà che i cittadini europei possano far
sentire la loro voce negli affari europei ed inserisce i loro diritti
fondamentali in un'apposita Carta. L'UE sarà meglio attrezzata per
rispondere alle aspettative dei cittadini in ambiti quali l'energia, il
cambiamento climatico, la criminalità trans-frontaliera e l'immigrazione.
L'UE sarà anche in grado di esprimersi in modo univoco sulla scena
internazionale.
In massima sostanza tra i principali miglioramenti previsti vi sono
un'Unione più democratica, più aperta e più responsabile – sia i cittadini
che i parlamenti nazionali vedranno aprirsi al pubblico scrutinio le
decisioni adottate in prima istanza nel corso del processo legislativo.
I cittadini europei avranno l'opportunità di influire sulle proposte
77 Cfr. Lisbon Treaty and Immigration, Andrew Duff, deputato al PE (ALDE/UK), era uno dei tre rappresentanti del Parlamento europeo alla Conferenza intergovernativa del 2007 insieme a Elmar Brok (PPE/D) e Enriqué Baron Crespo (PSE/ES).
81 Renato Franchitto
legislative dell'UE78. In tal modo vedremo un'Unione più efficace anche
grazie a istituzioni più efficaci e snellite e a un processo decisionale più
celere e coerente in materia di pubblica sicurezza.
L'UE sarà meglio in grado di lottare contro il crimine, il terrorismo e la
tratta di esseri umani; maggiori diritti per i cittadini europei – i valori e gli
obiettivi dell'UE saranno illustrati in modo quanto mai chiaro. Inoltre la
Carta dei diritti fondamentali godrà di uno status giuridico identico a
quello dei trattati stessi.
Avremo un attore globale di maggiore spicco. L'UE si adopererà per
assicurare maggiore coerenza tra i filoni della sua politica esterna quali la
diplomazia, la sicurezza, gli scambi e gli aiuti umanitari. Il tutto con
un'unica personalità giuridica in modo da consolidare il potere negoziale.
Questi miglioramenti conferiscono all'Unione la capacità di imprimere
cambiamenti, di assicurare maggiore sicurezza e prosperità ai cittadini
europei dando loro l'opportunità di partecipare attivamente alla
globalizzazione.
Se verrà ratificato, il trattato di Lisbona consentirà di compiere un
passo decisivo verso l'evoluzione costituzionale dell'Unione europea. Dal
punto di vista storico la sua importanza è equiparabile a quella del
trattato di Maastricht (1991) che introdusse la moneta unica e definì le
prime disposizioni in materia di politica estera e di sicurezza e per la
cooperazione nelle attività di polizia e giudiziarie.
L'accordo sul nuovo Trattato segnerà la fine di una fase di
integrazione politica controversa iniziata con la convenzione sulla Carta
78 Cfr. http://europa.eu/lisbon_treaty
82 Renato Franchitto
dei diritti fondamentali nel 1999 e successivamente sviluppata con il
Trattato di Nizza (2000), la dichiarazione di Laeken (2001), la convenzione
sul futuro dell'Europa (2002-03), il Trattato che adotta una Costituzione
per l'Europa (2004), i referendum svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi
(2005) e il successivo "periodo di riflessione".
Con l'entrata in vigore del nuovo trattato, l'Unione europea non avrà
bisogno e non cercherà il trasferimento di nuove competenze da parte
degli Stati membri. Sebbene un'ulteriore razionalizzazione e
semplificazione siano possibili e auspicabili, il sistema di governo stabilito
a Lisbona dovrebbe, in linea di principio, essere forte e stabile.
83 Renato Franchitto
INDICEINDICE
Introduzione
1. Le origini dell'intervento comunitario in tema di immigrazione
2. Verso Maastricht: l'Atto Unico europeo, gli accordi di Schengen
3. Il Trattato di Maastricht
4. Il Trattato di Amsterdam e la “comunitarizzazione” della materia
5. La "spinta" di Tampere
6. Il contesto normativo attuale
7. Immigrazione ed allargamento ad est dell'Unione europea
8. Dall'insuccesso del “Trattato che adotta la Costituzione per
l'Europa” fin al “Trattato di Riforma”
Indice
Bibliografia
84 Renato Franchitto
BibliografiaBibliografia
Fondazione Nord Est LaPolis-Università di Urbino Quinto Rapporto
”Immigrazione e cittadinanza in Europa. Orientamenti e atteggiamenti
dei cittadini europei” - (a cura di I. Diamanti e F. Bordignon) Quaderni
FNE Collana Osservatori, n.21-novembre 2005
ll Trattato di Lisbona dopo il NO irlandese, Umberto Allegretti, Rocca;
Cfr.Caritas/Migrantes ”Immigrazione. Dossier Statistico XV Rapporto”,
2005
Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene
La libera circolazione dei lavoratori, Bruno Nascimbene
Circolazione dei lavoratori dei paesi terzi alle dipendenze di
imprenditori comunitari e libera prestazione dei servizi, Gulotta
Il rapporto tra gli orientamenti in materia di occupazione, introdotti
con il Trattato di Amsterdam, e gli indirizzi di massima per le politiche
economiche degli Stati membri, S. Cafaro
The Treaty of Amsterdam and migration law, K. Hailbronner
Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B.
Nascimbene
L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea, Manca L.
Da Schengen a Maastricht, Bruno Nascimbene
L'Unione europea e i diritti dei cittadini dei Paesi terzi, in Il trattato di
Amsterdam, Bruno Nascimbene
85 Renato Franchitto
Siti Web:
http://europa.eu/scadplus
http://eur-lex.europa.eu [Normativa e direttive]
http://www.immigrationboard.com
http://europa.eu.int/comm/justice_home/
http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier
http://www.wikipedia.com [IT - EN]
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