l'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

87
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia Aziendale Tesi di Laurea L'EVOLUZIONE STORICA DELLA POLITICA COMUNITARIA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE Laureando Relatore Renato Franchitto Prof. Raffaele Chiarelli Anno Accademico 2007-2008 1 Renato Franchitto

Upload: renato-franchitto

Post on 24-Jun-2015

575 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

Immigrazione e politiche comunitarie dal Trattato di Roma in poiPrestare attenzione agli errori ed imprecisioni

TRANSCRIPT

Page 1: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA

Facoltà di Economia

Corso di laurea in Economia Aziendale

Tesi di Laurea

L'EVOLUZIONE STORICA DELLA POLITICA

COMUNITARIA IN

MATERIA DI IMMIGRAZIONE

Laureando Relatore

Renato Franchitto Prof. Raffaele Chiarelli

Anno Accademico 2007-2008

1 Renato Franchitto

Page 2: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

2 Renato Franchitto

Questo mondo sta per esplodere sotto i nostri occhi e noi europei lo sappiamo bene. Se non riusciamo a creare, intellettualmente innanzitutto e poi praticamente, cioè politicamente una nuova immagine della società, allora non resteranno nient’altro che i tecnocrati da un lato e gli ayatollah dall’altro.”

Touraine

Page 3: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

IntroduzioneIntroduzione

L'obiettivo di questo lavoro è descrivere l'evoluzione della politicaL'obiettivo di questo lavoro è descrivere l'evoluzione della politica

comunitaria in tema di valorizzazione ed integrazione dei cittadini deicomunitaria in tema di valorizzazione ed integrazione dei cittadini dei

Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio dell'Unione europea.Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio dell'Unione europea.

Il fenomeno migratorio ha da sempre interessato tutte le popolazioniIl fenomeno migratorio ha da sempre interessato tutte le popolazioni

coinvolte, sia ospitanti sia “offerenti”; così pure è avvenuto per l'Europacoinvolte, sia ospitanti sia “offerenti”; così pure è avvenuto per l'Europa

quando questa iniziò lentamene a prendere forma ovvero dallaquando questa iniziò lentamene a prendere forma ovvero dalla

sottoscrizione del Trattato Istitutivo fino ai tempi più recenti in cui stiamosottoscrizione del Trattato Istitutivo fino ai tempi più recenti in cui stiamo

assistendo alla realizzazione della più alta forma di integrazione tra Statiassistendo alla realizzazione della più alta forma di integrazione tra Stati

mai vista prima in Europa.mai vista prima in Europa.

Certo, i problemi legislativi in materia sono costantemente mutatiCerto, i problemi legislativi in materia sono costantemente mutati

negli anni, basta analizzare i flussi in entrata (soprattutto in paesinegli anni, basta analizzare i flussi in entrata (soprattutto in paesi

recentemente entrati nelle destinazioni “preferite” dell'immigrazione darecentemente entrati nelle destinazioni “preferite” dell'immigrazione da

paesi terzi come per esempio l'Italia) oppure la quota di stranieri giàpaesi terzi come per esempio l'Italia) oppure la quota di stranieri già

presenti nel paese per renderci conto di quanto sia effettivamentepresenti nel paese per renderci conto di quanto sia effettivamente

cresciuta la portata della "questione immigrazione”.cresciuta la portata della "questione immigrazione”.

Personalmente trovo di fondamentale importanza ripercorrere lePersonalmente trovo di fondamentale importanza ripercorrere le

tappe di questo processo, significa in un certo modo apprendere e fartappe di questo processo, significa in un certo modo apprendere e far

proprie le radici della futura Europa, null'altro che un passo in più verso laproprie le radici della futura Europa, null'altro che un passo in più verso la

strada comune per sentirci sempre di più cittadini europei.strada comune per sentirci sempre di più cittadini europei.

3 Renato Franchitto

Page 4: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Ricercare le cause di questo continuo movimento di individui versoRicercare le cause di questo continuo movimento di individui verso

l'area comunitaria non è semplice. In linea generale si può comunquel'area comunitaria non è semplice. In linea generale si può comunque

affermare che alla base dello spostamento vi è la volontà di esercitare iaffermare che alla base dello spostamento vi è la volontà di esercitare i

diritti economici, sociali e culturali garantiti ai cittadini degli Stati membri;diritti economici, sociali e culturali garantiti ai cittadini degli Stati membri;

diritti che, data la particolare situazione economica politica in cui versa ildiritti che, data la particolare situazione economica politica in cui versa il

paese di origine del migrante, spesso non possono essere oggetto dipaese di origine del migrante, spesso non possono essere oggetto di

garanzia. Vi sono poi i vincoli coloniali, i legami familiari (immigrazione dagaranzia. Vi sono poi i vincoli coloniali, i legami familiari (immigrazione da

ricongiungimento familiare), che incidono in modo determinante sullaricongiungimento familiare), che incidono in modo determinante sulla

scelta europea. A parte questi casi, è tuttavia indubbio che una partescelta europea. A parte questi casi, è tuttavia indubbio che una parte

degli individui emigra dal proprio paese con l'aspirazione di acquisire neldegli individui emigra dal proprio paese con l'aspirazione di acquisire nel

tempo la cittadinanza europea con tutti i diritti, anche sotto il profilotempo la cittadinanza europea con tutti i diritti, anche sotto il profilo

politico, che dal suo possesso derivano.politico, che dal suo possesso derivano.

Le situazioni di emergenzaLe situazioni di emergenza

che talvolta sono derivate,che talvolta sono derivate,

anche a causa dell'entitàanche a causa dell'entità

numerica di entrambi inumerica di entrambi i

fenomeni, cioè l'immigrazionefenomeni, cioè l'immigrazione

regolare e quella clandestina,regolare e quella clandestina,

hanno imposto agli Stati dellahanno imposto agli Stati della

comunità europea l'adozionecomunità europea l'adozione

di strategie di intervento dadi strategie di intervento da

decidersi non più in mododecidersi non più in modo

individuale, ma collettivo nellaindividuale, ma collettivo nella

casa comune europea.casa comune europea.

4 Renato Franchitto

Page 5: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Il tema della presenzaIl tema della presenza

strastraniera costituiniera costituiscesce

ormai, a liormai, a livello non solovello non solo

italiano, ma europeo editaliano, ma europeo ed

ininternazionale unaternazionale una

costante del dibattitocostante del dibattito

connesso allaconnesso alla

globalizzazioglobalizzazione. Inne. In

particolare, nell’ambitoparticolare, nell’ambito

dell’Unione Europea sidell’Unione Europea si

intrecciano preoccuintrecciano preoccu--

pazioni, testimoniatepazioni, testimoniate

anche dal rilievo che ad esse viene dato dagli organi di informazione.anche dal rilievo che ad esse viene dato dagli organi di informazione.

Secondo le stime ufficiali, in assenza di migrazioni, la popolazione euSecondo le stime ufficiali, in assenza di migrazioni, la popolazione eu--

ropea che oggi, nella corte di età compresa fra i 20 e i 59 anni, contaropea che oggi, nella corte di età compresa fra i 20 e i 59 anni, conta

poco più di 416 milioni di abitanti, calerebbe a 370 milioni nel 2050poco più di 416 milioni di abitanti, calerebbe a 370 milioni nel 205011..

Si tratta di un declino repentino che colpisce, in particolare, le forzeSi tratta di un declino repentino che colpisce, in particolare, le forze

che saranno presenti sul mercato del lavoro e, potenzialmente, quelle cheche saranno presenti sul mercato del lavoro e, potenzialmente, quelle che

dovrebbero garantire il ripristino della popolazione locale. Appare dunquedovrebbero garantire il ripristino della popolazione locale. Appare dunque

evidente come l’immigrazione diventerà un tema fondamentale per misuevidente come l’immigrazione diventerà un tema fondamentale per misu--

rare la volontà di costruzione dell’Europa. Quest’ultima costituisce unrare la volontà di costruzione dell’Europa. Quest’ultima costituisce un

banco di prova nella costruzione di una nuova identità europea. Le quebanco di prova nella costruzione di una nuova identità europea. Le que--

stioni più spinose sono quelle che riguardano l’affermazione dei diritti delstioni più spinose sono quelle che riguardano l’affermazione dei diritti del--

la persona, della libertà religiosa, il diritto alla costruzione della societàla persona, della libertà religiosa, il diritto alla costruzione della società

1 Cfr. Caritas/Migrantes ”Immigrazione. Dossier Statistico XV Rapporto”, 2005 Pag. 116

5 Renato Franchitto

Page 6: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

politica, il rispetto delle regole democratiche, la distinzione tra politica epolitica, il rispetto delle regole democratiche, la distinzione tra politica e

religione. L’inserimento lavorativo costituisce un diritto di cittadinanza e,religione. L’inserimento lavorativo costituisce un diritto di cittadinanza e,

nel contempo, uno strumento di integrazione sociale essenziale.nel contempo, uno strumento di integrazione sociale essenziale.

Secondo le stime dell'Eurostat, negli anni novanta, più di tre milioni diSecondo le stime dell'Eurostat, negli anni novanta, più di tre milioni di

persone hanno acquistato alla cittadinanza di uno Stato membro.persone hanno acquistato alla cittadinanza di uno Stato membro.

Settembre 2008Settembre 2008 Renato FranchittoRenato Franchitto

6 Renato Franchitto

Page 7: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Le origini dell'intervento comunitario in tema di

immigrazione

La genesi storica dell'evoluzione della politica comunitaria in materia di

immigrazione è rintracciabile fin dai primi trattati istitutivi della Comunità

Europea. Il Trattato di Roma, nella sua versione originaria, non conteneva

alcuna disposizione che attribuisse all'istituzione una competenza in mate-

ria di immigrazione. Usualmente con Trattato di Roma si indica, il solo

trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. Questo trattato è

ancora la base legale di molte decisioni prese dall'Unione europea e lo ri-

marrà anche in seguito all'approvazione del Trattato di Lisbona che preve-

de però di cambiarne il nome2.

Questo trattato prevedeva sostanzialmente:

l'eliminazione dei dazi doganali tra gli Stati Membri;

l'istituzione di una tariffa doganale esterna comune;

l'introduzione di politiche comuni nel settore dell'agricoltura e dei

trasporti;

la creazione di un Fondo Sociale Europeo;

l'istituzione della Banca Europea degli Investimenti;

lo sviluppo della cooperazione tra gli Stati Membri.

Per raggiungere questi obiettivi il Trattato pone alcune linee guida e

definisce il quadro per l'attività legislativa delle istituzioni comunitarie, in

particolare riguardo alla politica agricola comune (articoli 3843), la politica

2 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Trattati_di_Roma

7 Renato Franchitto

Page 8: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

dei trasporti (articoli 7475) e una politica commerciale comune (articoli

1101/13).

La libera circolazione delle persone, in realtà fu intesa sin dall'inizio

come limitata ai soli cittadini degli Stati membri3. Infatti in tal senso sia

l'articolo 52 CEE che l'articolo 59 CEE relativi l'uno al diritto di stabilimento

l'altro alla libera prestazione di servizi si riferivano espressamente ai

cittadini degli Stati membri.

Un riferimento ai cittadini dei paesi terzi è invece contenuto nel

secondo comma dell'articolo 59, ai sensi del quale il Consiglio avrebbe

potuto estendere la disciplina prevista anche a prestatori di servizi che

avessero cittadinanza di un paese terzo, purché fossero stabiliti nella

comunità. Tale facoltà non venne, però, mai esercitata.

In realtà una più attenta analisi del trattato rivelava comunque che i

cittadini dei paesi terzi potevano beneficiare di alcuni aspetti del mercato

comune. Basta infatti far riferimento alla libera circolazione delle merci che

riguardava le merci di origine comunitaria o immesse in libera pratica, in-

dipendentemente dalla nazionalità degli operatori economici che tale trat-

tamento invocavano.

La libera prestazione dei servizi comportava l'eliminazione di ogni

discriminazione fondata sulla nazionalità o sulla residenza del prestatore.

Pertanto, il prestatore poteva offrire i propri servizi a beneficio di chiunque,

compresi coloro che non erano cittadini di alcuno Stato membro, se resi-

denti nella comunità. Anzi, la nazionalità del destinatario non rilevava4, ai

fini dell'eliminazione delle discriminazione poste al prestatore. In sostanza

3 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene op. cit. 236

4 Cfr. Trattato istitutivo della Comunità economica europea, Commentario, vol.I, op. cit. p. 471

8 Renato Franchitto

Page 9: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

come emerge da tale sintetica ricostruzione, i cittadini dei paesi terzi po-

tevano vantare alcuni diritti derivanti dal diritto comunitario, ma mancava

una disciplina organica e completa riferita al loro status, perché quest'era

frammentata e variava a seconda dello Stato membro di residenza.

La contrapposizione tra cittadini degli Stati membri, che beneficiano

del regime previsto dal diritto comunitario, e cittadini di paesi terzi, assog-

gettati alla disciplina nazionale, si impone, dunque, sin dall'origine5.

Le ragioni di una simile mancanza vanno ricercate considerando due

elementi generali. Per prima cosa ai tempi dei padri fondatori delle

Comunità l'immigrazione non rappresentava ancora un fenomeno

quantitativamente rilevante. Non era considerato ancora un problema tale

da richiedere un coordinamento delle singole politiche nazionali in materia.

In secondo luogo bisogna ricordare che l'integrazione europea ha

avuto un'origine più economica che sociale. Infatti, seguendo l'idea di

un'integrazione per settori, la CECA6 è stata istituita nel 1952, per iniziativa

franco-tedesca, al fine di mettere in comune le risorse europee nella

produzione del carbone e dell'acciaio (vedi il piano Schuman del 9 maggio

1950).

Come appena sottolineato, dell'esperienza comunitaria, la manodopera

straniera presente nella comunità proveniva in prevalenza dagli Stati

membri, e segnatamente all'Italia: solo in un secondo tempo, a partire

5 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene, op. cit. p. 259

6 Il Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio è stato firmato a Parigi il 18 aprile 1951, ed è entrato in vigore il 23 luglio 1952. Avendo le parti contraenti stabilito una durata di 50 anni del Trattato, la CECA ha cessato di esistere nel luglio del 2002, con il relativo passaggio dei settori del carbone e dell'acciaio sotto il regime di diritto comune del Trattato CE.

9 Renato Franchitto

Page 10: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

dagli anni settanta, assunse rilevanza l'immigrazione proveniente da Stati

terzi. Questo di fatto spiega l'attenzione e l'interesse verso l'eliminazione

degli ostacoli alla circolazione dei lavoratori comunitari mentre gli Stati

erano liberi di disciplinare il trattamento dei cittadini di Stati terzi,

fenomeno che per dimensione rivestiva un'importanza del tutto residuale.

Tra gli stranieri non comunitari, un posto particolare hanno sempre

occupato i rifugiati7, in ragione della protezione dagli Stati che erano

impegnati ad assicurare loro, in forza di convenzioni internazionali. Benché

essi non potessero beneficiare della libera circolazione8, gli Stati membri si

impegnavano ad esaminare con particolare favore l'ammissione nei loro

territori di rifugiati stabiliti in altri Stati membri, al fine dell'accesso al

lavoro. Nella stessa ottica può essere vista anche la disciplina per quanto

riguarda l'origine degli apolidi.

Verso l'inizio degli anni settanta, il panorama dell'immigrazione muta:

una parte considerevole di immigrati proviene ora da Stati non membri.

Come già è entrato, ad essi si applicava il diritto nazionale non già il diritto

comunitario. Tuttavia, l'entità dei problemi di integrazione nello stato ospite

che gli immigrati incontrano, indipendentemente dalla cittadinanza, in-

dusse la commissione ad affrontare la questione in modo unitario, nella

consapevolezza che un trattamento differenziato poteva peggiorare il

livello generale delle condizioni di vita e di lavoro nella comunità,

7 Per la definizione più generale del termine “rifugiato ” si utilizza quella contenuta nell’art.1 della Convenzione di Ginevra del 28-7-1951 sullo Status dei Rifugiati, che lo indica come “colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue ragioni politiche, si trova fuori dal paese di cui è cittadino e non può e non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese”.

8 Cfr. la Dichiarazione dei rappresentati dei governi degli Stati membri della comunità economica europea, riuniti in seno al Consiglio, n. 64/305/CEE del 25 marzo 1964, relativa ai rifugiati, in GUCE, n. 78 del 22 maggio 1964.

10 Renato Franchitto

Page 11: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

contravvenendo agli obiettivi di cui all'ex articolo 117 CEE9.

Due sono le linee d'azione proposte, alle quali le istituzioni si

manterranno, tutto sommato fedeli nel corso degli anni. Sotto il primo

profilo, la commissione indica come prioritaria l'estensione ai lavoratori

degli Stati terzi del regime comunitario di sicurezza sociale ovvero il

programma d'azione a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. È

da sottolineare oltre che interessante che la piena estensione del

regolamento 1408/71 /CEE ai lavoratori extracomunitari, da lungo tempo

auspicata, si è realizzata solo nel 200310.

Sotto il secondo profilo, la commissione presentò nel 1978 una

proposta di direttiva relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati

membri concernenti la lotta contro la immigrazione clandestina e

l'occupazione illegale, ma qui non fu assicurato alcun seguito.

Proprio le competenze che il trattato assegnava alla commissione in

tema di politica sociale sono state utilizzate per cercare di realizzare un

embrione di politica comunitaria in materia di immigrazione.

Con decisione 85/331/CEE11, la commissione istituì un obbligo di

comunicazione e concertazione sulle politiche migratorie degli Stati

9 L'articolo 117, nella versione originaria, recitava: “gli Stati convengono sulla necessità di promuovere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera che consenta la loro parificazione nel progresso. Gli Stati ritengono che una tale evoluzione risulterà sia dal funzionamento del mercato comune, che favorirà la armonizzarsi dei sistemi sociali, sia delle procedure previste dal presente trattato e dal ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative”.

10 Cfr. Il regolamento (CE) n. 859/2003 del consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini dei paesi terzi cui tali disposizioni non siano applicabili unicamente a causa della nazionalità, in GUUE, L. 124 del 20 maggio 2003

11 Decisione dell'8 luglio 1985, in GUCE, L217 del 14 agosto 1985. La decisione individua la propria base giuridica nell'art. 118 CEE.

11 Renato Franchitto

Page 12: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

membri: ogni Stato doveva trasmettere alla commissione i progetti di leggi,

atti amministrativi o accordi internazionali relativi all'ingresso, soggiorno e

al trattamento dei cittadini di paesi terzi (art. 1), al fine di avviare una

concertazione che poteva mirare, tra l'altro, ad "esaminare l'opportunità di

misure che potrebbero essere prese o dalla comunità o dagli Stati membri

sei settori di cui all'articolo 1, sostanzialmente allo scopo di progredire

verso l'armonizzazione delle legislazioni nazionali sugli stranieri,

promuovere l'inclusione degli accordi bilaterali del maggior numero di

disposizioni comuni"12.

C'è da ricordare che la decisione fu impugnata da cinque Stati membri e

annullata dalla corte perché usciva dai limiti dei poteri assegnati alla com-

missione. Quindi la decisione fu annullata sostituita con un provvedimento

di identico contenuto, depurato degli elementi giudicati esorbitanti dalla

corte. Benché non si potesse escludere il ricorso all'articolo 100 CEE come

base giuridica per una politica comunitaria dell'immigrazione13, di fatto la

disciplina della materia è stata lasciata alla competenza degli Stati

membri14.

12 Cfr. L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea, Manca L. op. cit. pag 179

13 Per Approfodire, I lavoratori extracomunitari. Norme interne ed internazionali, A. Adinolfi. p. 450

14 Cfr. Risoluzione del Consiglio del 16 luglio 1985,in GUCE, C 186 del 26 luglio 1985 p. 3

12 Renato Franchitto

Page 13: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Verso Maastricht: L'Atto Unico europeo, gli accordi di

Schengen e la cooperazione intergovernativa

L'esigenza di una politica comunitaria di immigrazione emerge

prepotentemente con il progetto di istituire il mercato interno, quale

spazio senza frontiere, in cui si è assicurata la libera circolazione delle

merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.

Bisogna ricordare che il progetto di istituire il mercato interno, per

dare nuovo slancio al progetto di integrazione comunitaria, fu realizzato

attraverso l'Atto Unico europeo15, che realizza sotto forma di revisione del

Trattato Istitutivo la proposta elaborata dalla commissione europea con il

libro bianco sull'instaurazione del mercato comune16.

L'abolizione dei controlli alle frontiere interne presuppone un

rafforzamento degli stessi alle frontiere, che separano la comunità dagli

Stati terzi. Di qui l'esigenza di politiche comuni in materia di visti, di asilo

e di status dei rifugiati. Se così non fosse, gli Stati con una politica di

immigrazione più favorevole, o dove i controlli fossero condotti con

minore attenzione, avrebbero potuto attrarre un considerevole flusso di

persone che, contando sulle possibilità offerte dal mercato interno, oltre

che negli stati di loro interesse effettivo, avrebbero potuto così aggirare la

legislazione più restrittiva prevista.

A tal fine, la Commissione europea, nel libro bianco sull'instaurazione

15 Per Atto Unico Europeo s'intende il Trattato consolidato che ha emendato i Trattati di Roma del 1957 con cui è stata istituita le Comunità economica europea. L'Atto è entrato in vigore il 1° luglio 1987. È stato poi modificato dal Trattato di Maastricht.

16 COM (1985) 310 del 14 giugno 1985, par. 55

13 Renato Franchitto

Page 14: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

del mercato comune17, aveva indicato un calendario per la presentazione

di proposte, tra l'altro sull'asilo e sulla condizione dei cittadini dei paesi

terzi. In questo documento, la Commissione aveva insistito, tra l'altro,

sulla formazione scolastica del lavoratore straniero, nella consapevolezza

che per partecipare alla vita sociale e professionale, sarebbe stato

necessario per detto lavoratore e i membri della sua famiglia

l'acquisizione almeno sufficiente della lingua del paese ospitante. Accanto

all'istruzione, gli altri settori sui quali avrebbe dovuto essere avviata

l'integrazione concernevano la situazione sanitaria, le condizioni di

alloggio, generalmente inferiori rispetto a quelle dei lavoratori nazionali di

pari reddito, e le misure relative alla sicurezza sociale.

In realtà tale programma non fu però attuato e di fatto le istituzioni

accettarono che fossero restati a sviluppare tra loro forme di coo-

perazione intergovernativa18. Peraltro, nelle dichiarazioni allegate all'Atto

unico europeo gli Stati, pur rivendicando la loro competenza circa discipli-

na dell'immigrazione, si dichiaravano pronti a sviluppare tra loro forme di

cooperazione in materia.

Legare l'immigrazione all'abolizione dei controlli alle frontiere interne

denota l'esigenza di evitare gli effetti indesiderati della libera circolazione

e comporta che solo quegli aspetti del fenomeno che siano funzionali

all'instaurazione del mercato interno siano considerati meritevoli di

costituire oggetto di cooperazione.

In altre parole, solo la lotta all'immigrazione clandestina assume una

17 COM (1985) 310 del 14 giugno 1985

18 Cfr. Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B. Nascimbene, op. cit. 269

14 Renato Franchitto

Page 15: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

dimensione di impatto sufficiente a poter essere oggetto di consi-

derazione dagli Stati.

Quindi gli Stati sostanzialmente volevano preservare le proprie

competenze nella misura più ampia possibile, affrontando secondo la via

della cooperazione, solo il minimo indispensabile alla realizzazione

dell'obiettivo prefissato. Ciò ha comportato, che solo gli aspetti patologici

dell'immigrazione, quindi l'immigrazione clandestina, soddisfacevano

questa esigenza.

Questo è il motivo per cui anche oggi è possibile individuare come

politica di immigrazione qualcosa che sia frutto principalmente della

reazione agli effetti indesiderati, e non come ci si potesse auspicare il

realizzarsi di un'effettiva armonizzazione delle legislazioni nazionali,

attraverso l'adozione di regole comuni per tutti gli aspetti rilevanti19.

Infatti si è anche assistiti alla formazione, tra Stati portatori di

interessi omogenei quali il Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi

Bassi, di una convenzione relativa a misure necessarie a realizzare la

libera circolazione delle persone. Gli accordi di Schengen non delineano

una disciplina completa circa l'ingresso e il soggiorno dei cittadini

provenienti dai paesi terzi, ma dettano alcune norme comuni, funzionali

all'eliminazione dei controlli alle frontiere interne.

Con gli accordi di Schengen si fa riferimento a un trattato che

coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione europea sia Stati terzi20. Gli

accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero

19 Cfr. Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene op. cit. 129

20 Riferimenti web: www.wikipedia.com

15 Renato Franchitto

Page 16: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

parte con il Trattato di Amsterdam, e vennero integrati dal Trattato

sull'Unione europea (meglio noto come Trattato di Maastricht). Gli stati

membri che non fanno parte dell'"area Schengen" (nome con cui i paesi

membri del trattato in questione indicano l'insieme dei territori su cui il

trattato stesso è applicato) sono il Regno Unito e l'Irlanda, in base a una

clausola di opt-out21.

Gli stati terzi che partecipano a Schengen sono Islanda, Norvegia e

Svizzera: un totale di 28 stati europei aderisce quindi allo spazio Schen-

gen. Fra questi, quattro (Cipro, Svizzera, Romania e Bulgaria) non hanno

ancora attuato nella pratica tutti gli accorgimenti tecnici necessari per

aderire all'area Schengen, e pertanto, in via provvisoria, mantengono tut-

tora i controlli alla frontiera.

Si può definire Schengen come una cooperazione rafforzata all'interno

dell'Unione europea. Obiettivi22:

Abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere inter-

ne dello spazio Schengen

Rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello spazio

Schengen

Collaborazione delle forze di polizia e possibilità di queste di inter-

venire in alcuni casi anche oltre i propri confini (per esempio duran-

te inseguimenti di criminali)

Coordinamento degli stati nella lotta alla criminalità organizzata di

21 L'opt-out, o opting out (in italiano: clausola d'eccezione) è la deroga che, onde impedire un blocco generale, è concessa agli Stati membri che non desiderino associarsi agli altri Stati membri con riguardo ad un particolare settore della cooperazione comunitaria.

22 Cfr. www.wikipedia.it

16 Renato Franchitto

Page 17: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

rilevanza internazionale (per esempio mafia, traffico d'armi, droga,

immigrazione clandestina)

Integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il Sistema di in-

formazione Schengen, detto anche SIS).

Alcune delle norme principali riguardano l'attraversamento delle

frontiere esterne che debba essere effettuato solo presso i valichi appositi

e le persone siano soggette a controlli condotti secondo modalità

dettagliatamente disciplinate. I cittadini dei paesi terzi devono di regola

essere in possesso di un visto per l'ingresso negli stati dell'area

Schengen. Per i soggiorni di breve durata (tre mesi al massimo), è

prevista la concessione di un visto uniforme, il cui rilascio richiede la

soddisfazione dei requisiti previsti all'art. 5.

Al contrario, spetta agli Stati definire le condizioni per il rilascio dei

permessi per i soggiorni di durata superiore a tre mesi e il titolare di un

visto uniforme (o lo straniero esonerato) o di un permesso di soggiorno

gode di un limitato diritto di circolazione negli altri Stati dell'area.

La limitazione attiene alla durata (non superiore ai tre mesi) e allo

scopo del soggiorno, perché è escluso il diritto di accesso al lavoro (salvo

che la persona soddisfi le condizioni previste dalla legislazione dello Stato

ospite).

Tra i motivi che possono ostacolare la concessione di un visto

uniforme o di un permesso di soggiorno è la segnalazione ai fini della non

ammissione23. Ai sensi dell'articolo 96, la segnalazione consegue a

23 La convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, come visto, istituisce una banca dati, denominata Sistema di informazione Schengen – SIS in cui confluiscono informazioni rilevanti per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia.

17 Renato Franchitto

Page 18: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

decisioni di un'autorità amministrativa o giurisdizionale, "fondate sulla

circostanza che la presenza dello straniero nel territorio nazionale

costituisce una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la

sicurezza nazionale degli Stati. Ciò si può verificare quando lo straniero è

stato condannato per un reato per il quale è prevista una pena detentiva

di almeno un anno, oppure quando sussistono "seri motivi per ritenere

che abbia commesso fatti punibili gravi o nei cui confronti esistono indizi

reali che intenda commettere fatti simili nel territorio della parte

contraente", oppure ancora quando sia stato oggetto di una misura di

allontanamento "fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni

nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri".

Le critiche maggiori24 al funzionamento di Schengen sono basate sulla

teoria che ogni paese facente parte del trattato ha i propri permessi di

soggiorno che in teoria non permetterebbero l'espatrio, salvo quanto

previsto dal trattato stesso che assicura la validità del permesso di

soggiorno per la libera circolazione all'interno dello spazio di Schengen.

Questo purché si effettui una dichiarazione di presenza nello stato in cui

l'individuo si trasferisce entro 60 giorni dall'arrivo e per un soggiorno

massimo di 90 giorni totali.

A causa della mancanza di frontiere vi sono dubbi che questa regola

sia effettivamente applicabile25. Inoltre da quando vi è Schengen le

agenzie di dogana (in Italia Agenzia delle Dogane e Guardia di Finanza)

hanno più difficoltà ad applicare le norme sulle merci importate, in quanto

i passeggeri transitati nei vari hub europei arrivano nella zona Schengen

24 Cfr. Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 263

25 Cfr. Da Schengen a Maastricht, Bruno Nascimbene, op. cit. 100

18 Renato Franchitto

Page 19: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

degli aeroporti di destinazione (dove i controlli sono molto più limitati in

quanto è la zona di arrivo condivisa dai voli nazionali).

Occorre far notare che ci possono essere differenze (anche notevoli)

sul piano normativo fra i differenti paesi facenti parte di Schengen. Ad

esempio in Olanda le droghe cosiddette leggere sono libere mentre in al-

tri Paesi no, e di conseguenza è evidente che la mancanza di frontiere

renda più difficoltoso fare controlli.

Se una persona di cittadinanza extraeuropea, non appartenente agli

stati membri, vuole entrare in un paese UE dell'area Schengen passando

per un altro paese membro UE, saranno le autorità del secondo paese a

operare le procedure di controllo e di verifica dei passaporti, applicando le

regole previste dal trattato e le proprie leggi che, in alcuni casi, possono

differire rispetto a quelle del paese di destinazione.

Ciò segnala come un ulteriore mancato passo avanti la Carta

comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori26: secondo i

progetti avrebbe dovuto riguardare tutti i lavoratori legalmente impiegati

nella Comunità, indipendentemente dalla cittadinanza, ma nella versione

approvata si applica solo ai lavoratori comunitari e si limita nel preambolo

ad affermare che “spetta agli stati membri garantire che i lavoratori dei

paesi terzi e i loro familiari che soggiornano legalmente in uno Stato

membro interessato27”.

26 Approvata a 11 (senza il Regno Unito) dal Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989

27 Sul punto, cfr. A. Adinolfi, I lavoratori extracomunitari, op. cit. pag. 276

19 Renato Franchitto

Page 20: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Il Trattato di Maastricht

Tuttavia, con l’adozione del Trattato sull’Unione europea firmato a

Maastricht nel 1992 si realizza un importante cambiamento. Il Trattato di

Maastricht attribuisce una competenza in materia di immigrazione

mediante il Titolo VI (artt. K.1 – K.9 TUE), deputato alla “cooperazione

nei settori della giustizia e degli affari interni” (c.d. Terzo pilastro).

Il Terzo pilastro28 è dedicato alla realizzazione, nell’ambito degli

obiettivi dell’Unione, della libera circolazione delle persone. Tale scopo

viene perseguito attraverso la cooperazione tra Stati membri nei settori di

“interesse comune” richiamati nella norma K.129:

1) la politica di asilo30;

2) le norme che disciplinano l’attraversamento delle frontiere esterne

degli Stati membri da parte delle persone e l’espletamento dei relativi

controlli;

28 Si definiscono, in senso figurato, Pilastri dell'Unione europea le tre strutture normative sulle quali si fonda l'architettura dell'Unione delineata dal Trattato di Maastricht.

cfr. R. Adam, La cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni: da Schengen a Maastricht, in Rivista di diritto europeo, 1994, p.225 ss.;

29 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Maastricht

30 Con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992) si cominciò a intravedere come necessaria la creazione di politiche comuni in materia di visti, asilo e immigrazione, allo scopo di realizzare pienamente il progetto politico di uno spazio senza frontiere interne nel quale fosse assicurata la libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, cui era preliminare il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne. Inizialmente l’opzione prescelta dagli Stati non fu, però, quella comunitaria della attribuzione alla CE di una nuova competenza: il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992), che per la prima volta ha previsto una politica comune in materia di asilo, ha infatti qualificato tale politica come mero “settore di comune interesse” da trattare con il metodo tradizionale della cooperazione intergovernativa.

20 Renato Franchitto

Page 21: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

3) la politica d’immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei

cittadini dei paesi terzi:

le condizioni di entrata e circolazione dei cittadini dei paesi terzi nel

territorio degli Stati membri;

le condizioni di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi nel territorio

degli Stati membri, compresi il ricongiungimento delle famiglie e

l’accesso all’occupazione;

la lotta all’immigrazione, il soggiorno e il lavoro irregolari di cittadini

dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri;

4) la lotta contro la tossicodipendenza, nella misura in cui questo

settore non sia già contemplato dai punti 7, 8 e 9;

5) la lotta contro la frode su scala internazionale, nella misura in cui

questo settore non sia già contemplato dai punti 7, 8 e 9;

6) la cooperazione giudiziaria in materia civile;

7) la cooperazione giudiziaria in materia penale;

8) la cooperazione doganale;

9) la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta

contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e di altre forme gravi di

criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di

cooperazione doganale, in connessione con l’organizzazione a livello

dell’Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio

europeo di polizia (Europol)”.

La cooperazione tra Stati membri nei settori di “interesse comune”

21 Renato Franchitto

Page 22: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

doveva avvenire, inoltre, nel rispetto “della Convenzione europea per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (4 novembre

1950) e della Convenzione relativa allo status dei rifugiati (28 luglio

1951)” (art. K.2).

Le novità introdotte dal Trattato di Maastricht riguardano31, da un

lato, una partecipazione (in qualche misura) delle istituzioni comunitarie

che in ambito Schengen non era prevista, dall’altro aver inserito, in modo

dettagliato, nell’art. K.1 i diversi settori (punto 3, lettera a, c ) che

assumono rilievo per una politica di immigrazione32 europea.

Quindi, il carattere essenzialmente intergovernativo, ancorché

istituzionalizzato, della cooperazione nelle materie di cui si tratta risulta

ancor più evidente ove si consideri il ruolo limitato, nel procedimento

decisionale, della Commissione e del Parlamento europeo: a parte la

prevista creazione di un Comitato speciale con funzioni di coordinamento

(articolo K. 4, par.1), la Commissione era semplicemente “associata” ai

lavori nei settori della giustizia e degli affari interni (punto 2); il

Parlamento, informato dalla Presidenza e dalla Commissione dello

svolgimento di detti lavori, era consultato dalla prima, che teneva in

"debito conto" le opinioni dello stesso Parlamento; inoltre a quest'ultimo

31 Cfr. La libertà di circolazione delle persone, diritti dei cittadini dell'unione e dei paesi terzi, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 107

32 In questo senso cfr. L. Manca, L’immigrazione nel diritto …, cit., p. 60. Il Trattato, però, presenta una “carenza”, infatti, è stato rilevato che “ … il Trattato non tiene conto degli accordi di Schengen. L’art. K § 7 si limitava in modo assai generico, ad affermare che nulla nel Trattato si opponeva “all’instaurazione o allo sviluppo di una cooperazione più stretta tra due o più Stati membri, sempre che tale cooperazione non sia in contrasto con quella prevista dal presente titolo né la ostacoli”. Nonostante tale generico riferimento, di fatto le difficoltà di coordinamento sono state tali da ostacolare e condizionare l’esercizio delle competenze previste dal Trattato di Maastricht ”. Cfr. M. Condinanzi, A. Lang, B. Nascimbene, Cittadinanza dell’Unione e …, cit., p. 233.

22 Renato Franchitto

Page 23: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

era riconosciuta la possibilità di rivolgere al Consiglio interrogazioni e

raccomandazioni e partecipare annualmente a un dibattito sull'attuazione

del Titolo VI (art. K.6).

Infine l'articolo K. 3 si limitava a contemplare l'eventuale attribuzione

alla Corte di giustizia della competenza sull'interpretazione delle

convenzioni, in base alla disciplina pertinente contenuta nell'atto da

interpretare.

Insomma il Trattato di Maastricht coinvolgeva variamente le istituzioni

comunitarie nella cooperazione intergovernativa indirizzata, per sua

natura, come è facile scorgere dagli apprezzamenti politici degli Stati

membri e dalla decisione di alcuni soltanto di questi, di realizzare una

cooperazione più stretta, non contrastante con quella prevista del Titolo

VI (art. K.7).

Quanto ai risultati conseguiti dall'attività svolta in base al terzo

pilastro, può dirsi che gli elementi di commistione, prima ricordati, tra

competenza intergovernativa e comunitaria, hanno ostacolato i progressi

nella realizzazione della libera circolazione delle persone33; che si è

trattato essenzialmente di interventi a mezzo di posizioni comuni, azioni

comuni e di altre iniziative concernenti aspetti tecnici e ben circoscritti dei

settori in esame; di interventi, cioè, a mezzo di strumenti - diversi dalle

fonti tipiche del diritto comunitario - direttamente condizionati dalle scelte

politiche degli Stati membri34.

33 Brevi note sul “terzo pilastro” del Trattato di Maastricht, A. Lang, B. Nascimbene. p. 391

34 Da ricordare, in particolare, la decisione adottata dal consiglio il 30 novembre 1994 (94/795/GAI) relativa a un'azione comune sulle “agevolazioni per i viaggi di scolari di paesi residenti in uno stato membro” (in GUCE n. L 327, del 19 dicembre 1994, p.1 s.); la posizione comune, del 4 marzo 1996 (96/196/GAI), “sull'applicazione armonizzata della definizione del

23 Renato Franchitto

Page 24: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Dagli atti35 pertinenti risulta un orientamento che, in linea con quello

già seguito nell'ambito del sistema Schengen, rafforzava i controlli alle

frontiere e limitava l'ingresso dei migranti extracomunitari in cerca di

lavoro36.

Dagli atti in parola, cioè, emerge una politica restrittiva dell'asilo e

dell'immigrazione.

Su queste basi, nella citata comunicazione sulle "politiche di

immigrazione e di asilo", la Commissione suggeriva un approccio globale

in materia; inoltre, il Parlamento europeo raccomandava la progressiva

“comunitarizzazione” dei settori in parola, raccomandazione scartata dal

consiglio che adottava misure invece fondate sul terzo pilastro37.

Il Titolo VI del Trattato di Maastricht è stato criticato in

considerazione dell'omessa indicazione degli obiettivi da perseguire con la

termine 'rifugiato' ai sensi dell'art. 1 della convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiati” (in GUCE n. L 63, del 13 marzo 1996); l'azione comune, dello stesso giorno (96/197/GAI), “sul regime di transito aeroportuale”; l'azione comune (96/443/GAI), adottata nell'ambito dell'azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (in GUCE n. L 185, del 24 luglio 1996); la posizione comune (96/622/GAI), relativa alle “missioni di assistenza e di informazione effettuate prima della frontiera” (in GUCE n. L 281, del 31 ottobre 1996); la posizione comune, adottata tre giorni dopo (96/637/GAI), “istitutiva di un programma di formazione, di scambi e di cooperazione nel campo dei documenti di identità ('Sherlock'), in GUCE n. L 287, dell'8 novembre 1996; l'azione comune, del 16 dicembre 1996 (97/11/GAI), relativa a “un modello per i permessi di soggiorno” (in GUCE n. L 7, del 10 gennaio 1997); l'azione comune, del 24 febbraio 1997 (97/154/GAI), “sulla tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini” (in GUCE n. L 63, del 24 febbraio 1997), “per il finanziamento di progetti specifici a favore degli sfollati che hanno trovato una protezione temporanea negli Stati membri e dei richiedenti asilo” (in GUCE n. L 205, del 31 luglio 1997). Per approfondire LUIGINO MANCA L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea.

35 Un elenco molto accurato degli atti adottati in base al terzo pilastro può leggersi in A. Tizzano, Codice dell'Unione europea, p. 451

36 In proposito, per approfondire: NASCIMBENE, La politica in materia di immigrazione e di asilo.

37 In proposito v. le Conclusioni del Consiglio, del 20 giugno 1994, relative alla Comunicazione della Commissione, in GUCE n. C 274, del 19 settembre 1996.

24 Renato Franchitto

Page 25: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

disciplina delle materie di "interesse comune"; a causa della commistione

che - come si è visto - veniva a determinarsi, in alcuni dei settori indicati,

tra competenza comunitaria ed intergovernativa; inoltre si rilevava

l'inadeguatezza delle azioni e posizioni comuni a disciplinare i settori

indicati, trattandosi di atti che - anche a voler prescindere dai problemi

sollevati dalla loro natura e valore - erano bensì utilizzabili operativamente

o per fornire indirizzi politici. Anche l'assetto istituzionale del terzo pilastro

era criticato, soprattutto in considerazione del ruolo limitato del

Parlamento europeo e della Corte, per di più, in settori particolarmente

sensibili quali le esigenze di tutela delle libertà e dei diritti fondamentali

della persona.

Si tratta di problemi - era attentamente suggerito - risolvibili a mezzo

della comunitarizzazione delle materie rientranti nel Titolo VI TUE;

comunitarizzazione da estendere - sulla base di rilievi di contenuto

analogo a quelli poc'anzi riassunti - al cosiddetto sistema Schengen, che

conviveva con quel Titolo prevalendo di fatto sullo stesso.

Quindi in estrema sintesi la grave lacuna consiste nel fatto che il

Trattato non tiene conto degli accordi di Schengen. L'articolo K §7 si

limitava, in modo assai generico, ad affermare che nulla nel Trattato si

opponeva “all'instaurazione o allo sviluppo di una cooperazione più stretta

fra due o più Stati membri, sempre che tale cooperazione non si è in

contrasto o con quella prevista dal presente titolo né la ostacoli”.

Nonostante tale vago riferimento, di fatto le difficoltà di coordinamento

sono state tali da ostacolare e condizionare l'esercizio delle competenze

previste dal trattato di Maastricht.

25 Renato Franchitto

Page 26: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Il Trattato di Amsterdam e la “comunitarizzazione” della

materia

Con l’adozione del Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed

entrato in vigore il 1° maggio 1999, il quadro europeo in materia di immi-

grazione, muta sensibilmente.

Il nuovo Trattato ha “comunitarizzato”38 la materia di “visti, asilo,

immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle

persone” e ha provveduto all’incorporazione dell’acquis di Schengen

(nuovo titolo IV TCE; artt. 61- 69). Con la “comunitarizzazione” gli Stati

membri hanno deciso di trasferire, progressivamente (c.d. periodo

transitorio, ovvero cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato), dal

terzo al primo pilastro diverse materie39:

a) controllo delle frontiere;

b) il rilascio dei visti;

c) la circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio

comunitario (art. 62);

d) le misure in materia di asilo (competenza ad esaminare le

domande di asilo, norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo,

sull’attribuzione della qualifica di rifugiato, sulla concessione o revoca

dello status di rifugiato);

38 Si tratta della grande novità introdotta dal Trattato di Amsterdam, si è passati dalla mera cooperazione intergovernativa alle competenze comunitarie.

Sull'argomento cfr. L'Unione europea e i diritti dei cittadini dei paesi terzi, B. Nascimbene, op. cit. 264

39 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Amsterdam_Treaty

26 Renato Franchitto

Page 27: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

e) le misure applicabili a rifugiati e sfollati (protezione temporanea,

equilibrio degli sforzi fra gli Stati che ricevono i rifugiati e sfollati) (art. 63,

n. 1 e n. 2);

f) le misure in materia di politica di immigrazione (condizioni di

ingresso e soggiorno, rilascio di visti a lungo termine e di permessi di

soggiorno, compresi quello per ricongiungimento familiare);

g) l’immigrazione e il soggiorno irregolare compreso il rimpatrio degli

irregolari (art. 63, n. 3);

h) le misure relative al soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi in Stati

membri diversi da quello in cui risiedono legalmente (art. 63, n. 4)”.

Detto questo, occorre precisare che il nuovo Titolo IV, ha previsto che

in un arco di tempo di cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato, il

Consiglio dei Ministri dell’Unione adotti una serie di “misure” relative alle

materie “comunitarizzate”. Tuttavia, l’art. 63, ultimo comma, ha stabilito

tre ‘settori’ per i quali il suddetto limite non si applica:

A) “promozione di un equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che

ricevono i rifugiati e gli sfollati e subiscono le conseguenze

dell’accoglienza degli stessi”;

B) “condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il

rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi

di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di

ricongiungimento familiare”;

C)“misure che definiscono con quali diritti e a quali condizioni i

cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro

27 Renato Franchitto

Page 28: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

possono soggiornare in altri Stati membri”.

Per quanto riguarda, invece, la natura decisionale, l’art. 67 TCE

afferma che:

1. Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del

Trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della

Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione

del Parlamento europeo.

2. Trascorso tale periodo di cinque anni:

− il Consiglio delibera su proposta della Commissione; la Commissione

esamina qualsiasi richiesta formulata da uno Stato membro affinché

essa sottoponga una proposta al Consiglio;

− il Consiglio deliberando all’unanimità previa consultazione del Parla-

mento europeo, prende una decisione al fine di assoggettare tutti o

parte dei settori contemplati dal presente titolo alla procedura di cui

all’articolo 251 e di adattare le disposizioni relative alle competenze

della Corte di giustizia”.

Tale procedura, individua “l’unanimità” quale condizione per emanare

atti in materia di visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con

la libera circolazione delle persone, salvo poche eccezioni previste all’art.

67, par. 3. Tuttavia, al termine del periodo transitorio, la Commissione

otterrà il potere esclusivo di iniziativa (anche se dovrà esaminare qualsiasi

richiesta degli Stati membri) e il Consiglio continuerà a deliberare

all’unanimità (dopo aver consultato il Parlamento europeo), salvo che

decida di assoggettare tutte o solo alcune materie del Titolo IV alla

28 Renato Franchitto

Page 29: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

procedura di co-decisione ex art. 251 CE (art. 67, par. 2).

E’ significativo rilevare che, il nuovo Titolo IV TCE, contribuisce,

insieme al Titolo VI TUE, al perseguimento dello scopo generale di

“conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e

giustizia” (art. 2 TUE). In sostanza, la costruzione dello “spazio di libertà,

sicurezza e giustizia”, pur comprendendo ambiti di competenza distinti

(relativamente primo e terzo pilastro) avviene in stretta sinergia.

Il Trattato di Amsterdam, inoltre, ha provveduto all’incorporazione del

c.d. acquis di Schengen nel quadro dell’Unione, mediante un Protocollo. Il

contenuto del Protocollo riguarda: l’accordo e la convenzione di Schen-

gen, i protocolli e gli accordi di adesione dei Paesi dell’Area, i numerosi

atti prodotti dal Comitato esecutivo e dagli organi da esso istituiti. Con

decisione n. 1999/435/CE40 il Consiglio dell’Unione ha modificato il conte-

nuto dell’acquis decidendo di non attribuire valore giuridico per alcune di-

sposizioni o atti, mentre con decisione n. 1999/436/CE ha rinvenuto negli

artt. 62 e 63 CE le basi giuridiche dell’acquis.

40 Decisione del 20 maggio 1999, in GUCE, L 176 del 10 luglio 1999 p.1.

29 Renato Franchitto

Page 30: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

La “spinta di Tampere”

Nel lungo processo di integrazione europea si è soliti ricordare, per

ogni settore, l’anno di svolta, l’anno a partire dal quale i partner decidono

di passare dalla mera enunciazione dei principi alla loro pratica

attuazione.

Nel settore dell’immigrazione e dell’asilo, l’anno di svolta può

senz’altro individuarsi nel 199941. In quell’anno, infatti, si verificarono due

importanti avvenimenti: il 1° maggio entrò in vigore il Trattato di

Amsterdam, sottoscritto il 2 ottobre 1997, e fu convocato, il 15 e 16

ottobre a Tampere, in Finlandia, un Consiglio Europeo straordinario sul

tema dell’immigrazione e dell’asilo.

L’Unione Europea si apriva ai temi dell’accoglienza di chi fugge le

persecuzioni e la miseria. Prima del Trattato di Amsterdam, le materie

dell’immigrazione e dell’asilo erano di stretta pertinenza intergovernativa.

Le iniziative derivavano, quindi, non dalla Comunità Europea (come si

chiamava allora) bensì dalla volontà comune dei Paesi che ne facevano

parte. Il trattato di Amsterdam introdusse importanti novità come già

visto precedentemente, dettate dalle norme artt. 63 e 67 TCE,

introducendo quindi il vincolo, per il consiglio, della deliberazione per

unanimità.

Il Trattato di Nizza42 ha, poi, modificato l’art. 67 TCE prevedendo, per

41 A tal riguardo cfr. http://www.sergioferraiolo.it/direttive_Ue/vento_di_Tampere.pdf

42 Il Trattato di Nizza è uno dei trattati fondamentali dell'Unione Europea, riguarda le riforme istituzionali da attuare in vista dell'adesione di altri Stati. Il trattato di Nizza ha modificato il Trattato di Maastricht e i Trattati di Roma. È stato approvato al Consiglio europeo di Nizza,

30 Renato Franchitto

Page 31: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

le materie inerenti l’asilo l’obbligo della procedura di co-decisione,

sebbene il Consiglio abbia già adottato una normativa comunitaria che

definisca i principi essenziali della materia.

L’asse della produzione normativa in materia di immigrazione e di

asilo si è quindi spostato verso Bruxelles43 e gli Stati membri dovranno

adeguare le norme interne a quanto deciso in sede comunitaria. Così ha

dovuto fare anche l’Italia, modificando, di conseguenza, il decreto

legislativo 25 luglio 1998 n. 286.

Per celebrare questo impegno di apertura a migranti e richiedenti

asilo, il 15 e 16 ottobre 1999, a Tampere, i Capi di Stato e di Governo

dell’Unione Europea dedicarono un Consiglio Europeo straordinario alla

costruzione di “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

Illuminante dello spirito che, allora, pervadeva i Governi dell’Unione

europea è la lettura delle conclusioni di quel Vertice44: “Tale libertà non

dovrebbe, tuttavia, essere considerata appannaggio esclusivo dei cittadini

dell'Unione. La sua stessa esistenza serve da richiamo per molti altri che

nel mondo non possono godere della libertà che i cittadini dell'Unione

danno per scontata. Sarebbe contrario alle tradizioni europee negare tale

libertà a coloro che sono stati legittimamente indotti dalle circostanze a

cercare accesso nel nostro territorio. Ciò richiede a sua volta che l'Unione

elabori politiche comuni in materia di asilo e immigrazione, considerando

nel contempo l'esigenza di un controllo coerente alle frontiere esterne per

l'11 dicembre 2000 e firmato il 26 febbraio 2001. Dopo essere stato ratificato dagli allora 15 stati membri dell'Unione europea, è entrato in vigore il 1° febbraio 2003.

43 A tal riguardo vedere anche: http://europa.eu.int/comm/justice_home/fsj/immigration/fsj_immigration_intro_en.htm

44 Cfr. http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier/dossier5/cap3/conclusioni.htm

31 Renato Franchitto

Page 32: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

arrestare l'immigrazione clandestina e combattere coloro che la

organizzano commettendo i reati internazionali ad essa collegati. Queste

politiche comuni devono basarsi su principi che siano chiari per i nostri

cittadini e offrano allo stesso tempo garanzie per coloro che cercano

protezione o accesso nell'Unione europea.

Il Consiglio europeo ribadisce l'importanza che l'Unione e gli Stati

membri riconoscono al rispetto assoluto del diritto di chiedere asilo. Esso

ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in

materia di asilo, basato sull'applicazione della Convenzione di Ginevra in

ogni sua componente, garantendo in tal modo che nessuno venga

esposto nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di

non-refoulement45. E, quindi, norme di ravvicinamento per protezione

temporanea, Stato competente a trattare una domanda di asilo, misure di

accoglienza, qualifica ed elementi sostanziali dello status di rifugiato.

L'Unione europea deve garantire l'equo trattamento dei cittadini dei

paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri.

Una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro

diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'UE.

Il Consiglio europeo riconosce la necessità di un ravvicinamento delle

legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei

cittadini dei paesi terzi, in base a una valutazione comune sia degli

sviluppi economici e demografici all'interno dell'Unione sia della situazione

45 Il divieto per uno Stato di respingere verso il Paese di origine una persona (rifugiato o anche richiedente asilo) per la quale il ritorno in tale Paese implicherebbe una minaccia grave e seria per la sua incolumità ( ad esempio perché nel Paese di origine c'è guerra, o un disastro naturale)E' un principio di jus cogens, poi codificato nella Convenzione di Ginevra del 1951

32 Renato Franchitto

Page 33: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

nei paesi di origine. A tal fine, esso chiede al Consiglio decisioni rapide,

sulla base di proposte della Commissione.

Occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini dei paesi terzi a

quello dei cittadini degli Stati membri. Alle persone che hanno

soggiornato legalmente in uno Stato membro per un periodo di tempo da

definire e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga

durata dovrebbe essere garantita in tale Stato membro una serie di diritti

uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell'UE,

ad esempio il diritto a ottenere la residenza, ricevere un'istruzione,

esercitare un'attività in qualità di lavoratore dipendente o autonomo; va

inoltre riconosciuto il principio della non discriminazione rispetto ai

cittadini dello “Stato di soggiorno”.

Prima dell’esame delle singole Direttive proposte dalla Commissione

già approvate o in via di approvazione, appare utile, per comprendere la

progressiva evoluzione della trattativa fra governi e Commissione

spendere alcune parole sul particolare procedimento di negoziazione

previsto per le normative in materia di immigrazione ed asilo dall’art. 67

TCE.

Le proposte di Direttiva o di Regolamento vengono dapprima discusse

nei gruppi di lavoro del Consiglio (Gruppo Asilo e Gruppo Migrazione)

composti da esperti dei singoli Stati membri (principalmente funzionari

ministeriali) e da un rappresentante della Commissione. Il gruppo

Migrazione, a sua volta, si articola in due composizioni diverse e parallele;

la composizione “Ammissione” discute delle normative connesse

all’ingresso legale degli stranieri nell’Unione europea; la composizione

33 Renato Franchitto

Page 34: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

“Espulsione”, invece, discute delle normative connesse al contrasto

dell’immigrazione clandestina e alla collaborazione fra le forze di polizia.

L’istanza successiva, sempre tecnica, prevede la discussione presso il

“Comitato Strategico per le Frontiere, l’Immigrazione e l’Asilo” (SCIFA)

anch’esso composto da tecnici ministeriali che coordina i lavori dei vari

gruppi.

Prima dell’istanza finale, costituita dal Consiglio dell’Unione Europea

nella composizione dei Ministri dell’Interno e/o della Giustizia (GAI o JHA

secondo le diverse lingue), le Direttive e i Regolamenti sono soggetti

all’esame politico del “Comitato dei Rappresentanti Permanenti”

(COREPER) formato dagli Ambasciatori degli Stati membri presso l’Unione

Europea.

L’esame progressivo nelle diverse istanze dell’intero testo del

provvedimento, nell’evoluzione pratica del meccanismo decisionale, è

stato sostituito dalla frequente sottoposizione alle istanze superiori dei

singoli punti nodali o più prettamente politici.

Le decisioni su tali punti tornano ai gruppi di lavoro e fanno stato

consentendo il prosieguo della discussione (cosiddetto sistema ad

ascensore). In questo meccanismo, praticamente intergovernativo, si

inserisce, a latere, il parere del Parlamento europeo, obbligatorio, ma non

vincolante. Di seguito, si propone un breve escursus delle Direttive

approvate o in via di approvazione, ponendo l’accento sulle modifiche che

il testo originario, proposto in genere dalla Commissione, ha subito nel

corso del dibattito presso le diverse istanze del Consiglio. Si darà conto,

per le Direttive di maggior peso, senza approfondire i frequenti problemi

34 Renato Franchitto

Page 35: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

di compatibilità con l’ordinamento italiano vigente, con l’ovvia premessa

che l’inesistenza, nel nostro Paese, di una disciplina organica sul diritto di

asilo fa diminuire, e di molto, i possibili conflitti fra le disposizioni europee

e la nostra normativa in materia di asilo.

I Regolamenti, come è noto, sono direttamente applicabili e non

hanno bisogno di recepimento.

35 Renato Franchitto

Page 36: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Il contesto normativo attuale

Tra i testi normativi46 approvati o discussi in attuazione soprattutto del

programma di Tampere vanno segnalate varie direttive e proposte, che

individuano degli standard minimi cui tutte le legislazioni nazionali hanno

dovuto (o dovranno) adeguarsi.

Direttiva 2003/109/CE47 del Consiglio del 25/11/2003

relativa allo status dei cittadini di paesi terzi residenti di

lungo termine (GUCE L 14/44 del 3/01/2004).

Essa non impedisce che vigano norme nazionali più favorevoli, ma

l’art. 13 prevede che, in ogni caso, i titoli rilasciati a condizioni più

favorevoli non diano accesso al diritto di soggiorno in un altro stato

membro.

Prima di entrare nelle specifiche previsioni del testo, va detto che la

scelta di fondo che si presentava al legislatore comunitario riguardava la

scelta del metodo: o equiparare, di base, la condizione degli stranieri non

comunitari residenti di lungo periodo a quella dei cittadini UE, salve le

deroghe espresse; oppure, al contrario, differenziarla, elencando gli

specifici diritti attribuiti ai cittadini di paesi terzi.

La direttiva 2003/109/CE sceglie il secondo metodo. Essa afferma che

il principale criterio per l’attribuzione dello status di cittadino di paese

terzo residente di lungo termine è quello cronologico, e richiede almeno

cinque anni di residenza legale e continuativa nel territorio dello stato

46 Fonte delle norme qui esaminate presso il sito web: http://europa.eu/scadplus

47 http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l23034.htm

36 Renato Franchitto

Page 37: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

(art. 4); al criterio cronologico, si aggiungono altri requisiti e cioè il

possesso di sufficienti risorse economiche e la titolarità di

un’assicurazione sanitaria (art. 5). Inoltre, la domanda può essere

rigettata per motivi di ordine pubblico o sicurezza (art. 6): in tal caso,

però, la pericolosità sociale dello straniero deve essere valutata tenendo

nel dovuto conto anche la durata del soggiorno e l’esistenza di legami con

il paese di soggiorno (come nella direttiva sul ricongiungimento familiare,

vengono positivizzati criteri della giurisprudenza della Corte di Giustizia);

gli stessi criteri che debbono essere considerati anche nel caso di

espulsione (art. 12).

Vengono proposte procedure uniformi per l’esame delle istanze ed il

rilascio del titolo di soggiorno, che è permanente (artt. 7,8), cioè può

essere revocato solo nei casi, nei modi e secondo le garanzie di cui agli

artt. 9 e 10.

Quanto al contenuto dello status di residente di lungo periodo, l’art.

11 dispone che esso conferisca parità di trattamento con il cittadino

comunitario in alcuni settori:

1. l’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma;

2. l’istruzione e la formazione professionale;

3. il riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli professionali;

4. le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale;

5. le agevolazioni fiscali;

6. l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazio-

ne degli stessi, come ad esempio l’alloggio;la libertà d’associazione,

37 Renato Franchitto

Page 38: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o datori di

lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria;

7. il libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro che conferi-

to il titolo di soggiorno.

L’art. 14 prevede che lo straniero con titolo di soggiorno di lungo

periodo ha il diritto di soggiornare, per un periodo superiore a 3 mesi, nel

territorio di qualsiasi altro stato membro, facendo richiesta – nel secondo

stato – di un apposito permesso di soggiorno. Il secondo stato può

comunque applicargli le proprie norme relative all’accesso degli stranieri

al mercato del lavoro: il possesso di un titolo di soggiorno permanente nel

primo stato, cioè, non legittima, di per sé, una condizione di particolare

favore in un altro.

Direttiva 2003/86/CE48 del Consiglio del 22/09/2003

relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GUCE L

251/12, 3/10/2001).

La materia del ricongiungimento familiare è estremamente

importante, in considerazione del fatto che una cospicua parte dei

movimenti dei cittadini di paesi terzi nell'area comunitaria è dettata

dall'esigenza di ricongiungersi con un proprio familiare.

Dopo all'incirca cinque anni di intense discussioni, è stata adottata

nell'ottobre 2003. L'iter di formazione di questo atto comunitario è stato

alquanto travagliato. Infatti sin dal 1999 la commissione europea aveva

48 La direttiva si applica a tutti gli Stati membri dell'Unione europea ad eccezione del Regno Unito, dell'Irlanda e della Danimarca.

Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32003L0086:IT:HTML

38 Renato Franchitto

Page 39: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

presentato una prima proposta al riguardo, successivamente oggetto di

varie modifiche.

La direttiva presenta diversi aspetti di significativo interesse. Nel

preambolo è contenuto un importante rinvio ai principi fondamentali

nell'ambito della tutela dei diritti umani. Si tratta, in primo luogo, del

principio della non discriminazione, in base al quale gli Stati sono tenuti

ad applicare le disposizioni della direttiva senza alcuna forma di

discriminazione riguardo al sesso, alla razza, al colore della pelle,

all'origine etnica o sociale, alle caratteristiche genetiche, alla lingua, alla

religione e alle convinzioni politiche o di qualsiasi altra natura,

all'appartenenza ad una minoranza nazionale, al censo, alla nascita, alla

disabilità, all'età o alle tendenze sessuali.

Quanto alla sua sfera di applicazione essa è limitata ai soggiornanti

titolari di un permesso di soggiorno della durata pari o superiore ad un

anno. Sono dunque esclusi i richiedenti asilo, i beneficiari della protezione

temporanea49, e su proposta del Parlamento europeo, i cittadini di paesi

terzi autorizzati a soggiornare in uno Stato membro in virtù di un forme

sussidiarie di protezione50.

Quindi, all'analisi della direttiva risulta immediatamente evidente che

talune norme sono formulate in modo tale da garantire una certa

discrezionalità agli Stati nel riconoscere l'esercizio del diritto di

ricongiungimento.

49 Ciò è dovuto al fatto che, a tale proposito, specifiche disposizioni (vedi articolo 15) erano già state previste in una recente direttiva regolante la concessione della protezione temporanea.

50 Tale disposizione non compare infatti di nella versione iniziale presentata dalla commissione; essa è stata inserita solo a seguito di un emendamento del Parlamento europeo.

39 Renato Franchitto

Page 40: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Ad esempio, la possibilità prevista all'articolo 4 par. 2 di

ricomprendere nella sfera dei familiari autorizzati a ricongiungersi anche i

figli maggiorenni non coniugati, sia pure a determinate condizioni, è

lasciata alla libertà degli Stati membri. Tale orientamento è supportato

dalla lettura della norma in questione nella quale si fa uso

dell'espressione "possono" anziché "devono".

Le medesime considerazioni si esprimono riguardo all'estensione del

ricongiungimento ai partner non coniugati, fattispecie sempre regolata dal

citato articolo 4.

La libertà degli Stati è inoltre garantita non solo sotto il profilo della

scelta dei familiari ma anche dei requisiti da richiedere ai fini dell'esercizio

del diritto in esame.

L'articolo 7 specificatamente dedicato a disciplinare questo aspetto è

infatti formulato allo stesso modo dell'articolo 4. Pertanto, gli Stati sono

liberi nello stabilire che il richiedente sia in possesso di un alloggio, di

un'assicurazione contro le malattie, di risorse "stabili e sufficienti per

mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di

assistenza sociale dello Stato membro interessato" e di "soddisfare le

misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale".

Appare evidente che, stante questo potere discrezionale, in alcuni

Paesi l'esercizio del diritto al ricongiungimento potrebbe essere più

agevole che in altri ciò in relazione al fatto che certi paesi potrebbero

richiedere il soddisfacimento di tutti i requisiti sopra indicati ed altri

limitarlo solo ad alcuni di essi.

Ulteriori rilievi vanno poi fatti con riferimento alla procedura e allo

40 Renato Franchitto

Page 41: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

status dei familiari ricongiunti con il soggiornante.

Per quanto attiene alla procedura va valutata positivamente

l'indicazione di un limite temporale (nel caso di specie nove mesi) entro il

quale le autorità sono chiamate a pronunciarsi sull'eventuale richiesta di

ricongiungimento. Esso è garanzia di celerità ed evita che l'istanza si

protragga per anni, lasciando in condizioni di incertezza il richiedente.

Riguardo allo status dei familiari, ad essi è attribuito il diritto

all'istruzione, allo svolgimento di un'attività lavorativa ed autonoma,

all'accesso all'orientamento, alla formazione, al perfezionamento e

all'aggiornamento professionale. Con riferimento al diritto al lavoro, va

tuttavia rilevato che la direttiva lascia la libertà agli Stati di determinare le

condizioni in base alle quali questo diritto può essere esercitato, in

relazione anche alla situazione del mercato del lavoro.

Continuando nella disanima della direttiva, sempre con riferimento

alla condizione dei familiari, è di significativa importanza l'articolo 15 che

riconosce un diritto di soggiorno autonomo rispetto a quello del

soggiornante a favore del coniuge o del partner non coniugato e del figlio

divenuto maggiorenne (articolo 15). L'esercizio di questo diritto presenta

tuttavia dei limiti essendo stata lasciata libertà agli Stati di poter

restringere la sfera del beneficiari.

Parimenti importante è il Capo V della direttiva dedicato alla disciplina

del ricongiungimento familiare dei rifugiati (artt. 9-12). per essi è stato

individuato un regime particolare che tiene conto della situazione delicata

in cui versano e dunque dell'impossibilità, in taluni casi, di presentare atti

ufficiali rilasciati dalle proprie autorità comprovanti il vincolo familiare. La

41 Renato Franchitto

Page 42: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

tutela della famiglia del rifugiato, è importante ricordare, non è regolata

dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951. Ad ogni

modo nel testo di tale direttiva compaiono specifiche raccomandazioni

verso tale Convenzione, infatti è tenuta in debito conto la situazione dei

minori non accompagnati ed obbliga gli Stati ad autorizzare l'ingresso ed

il soggiorno degli ascendenti diretti di primo grado stabilendo tra l'altro

una deroga circa le condizioni richieste per il loro ingresso dalla medesima

direttiva all'articolo 4 par. 2 precedentemente esaminato.

Ultima disposizione sulla quale si intende richiamare l'attenzione è

l'articolo 17 relativo al rigetto di una domanda, ritiro, mancato rinnovo o

adozione di una decisione di allontanamento. Esso introduce un limite

all'azione dello Stato in quanto nella scelta di uno dei citati provvedimenti

si impone l'obbligo agli Stati membri di tener conto di una serie di

elementi (ad esempio natura dei vincoli familiari, durata del soggiorno,

esistenza di legami culturali con i paesi di origine).

Direttiva del Consiglio 2004/114/CE51 del 13/12/2004

sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di

paesi terzi per motivi di studio, formazione, attività di

volontariato (GUCE 23/01/04).

Riguarda gli ingressi per motivi di studio, tirocinio, volontariato, e per

ovvi motivi non si applica a soggetti già coperti da altre disposizioni (art.

3), quali rifugiati, familiari di cittadini europei, lungo residenti.

51 La presente direttiva mira a ravvicinare le legislazioni nazionali relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

Riferimenti Web: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l33163a.htm

42 Renato Franchitto

Page 43: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Il Capo II della direttiva regola le condizioni per l’ammissione, che in

sostanza consistono nell’esibizione di documentazione idonea a

comprovare la condizione di studenti o partecipanti ad un programma di

tirocinio o di attività non retribuita. Il permesso di soggiorno così

rilasciato avrà durata minima di un anno, rinnovabile se persistono le

condizioni per il rilascio (art. 12).

Proposta COM (2001) 38652 dell’ 11 luglio 2001 di direttiva

del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei

cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro autonomo o

subordinato.

La direttiva sul cruciale argomento dell’ingresso per motivi di lavoro è

l’unica a non essere stata adottata, non essendo stata rispettata la

scadenza ai fini della ratifica del 1° maggio 2004. In particolare, il

Consiglio ha dato solo una prima lettura della proposta; le altre istituzioni

comunitarie si sono invece già espresse positivamente. A seguito delle

esortazioni contenute nelle conclusioni dei Consigli di Salonicco (giugno

2003) e Bruxelles (giugno 2004) affinché l’Unione si doti di una efficace

politica comune di gestione dell’immigrazione, pur nel rispetto delle

competenze nazionali nella determinazione di eventuali quote di ingresso,

la Commissione pubblicò un Libro Verde sull’approccio dell’Unione

Europea alla gestione delle migrazioni economiche, COM (2004) 811

dell’11/01/2005. Si tratta di un documento che pone una serie di

questioni di fondo sulla gestione delle migrazioni economiche, chiedendo

alle istituzioni comunitarie e ai vari stakeholders di fornire dei contributi

52 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0387:FIN:IT:PDF

43 Renato Franchitto

Page 44: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

alla discussione, in modo da rivitalizzare il percorso verso l’approvazione

di un quadro normativo sulle condizioni di ingresso e sullo status giuridico

dei lavoratori non comunitari. Il Libro Verde, quindi, rimette

profondamente in discussione proprio la proposta COM (2001) 386, la

quale, in sostanza, faceva perno su due principi. Il primo è il cosiddetto

“principio di preferenza”: un impiego può essere assegnato allo straniero

solo quando non vi sia la disponibilità di un lavoratore comunitario, e salvi

eventuali obblighi di diritto internazionale. Il secondo, è che può ottenere

un permesso di soggiorno per motivi di lavoro lo straniero che ne fa

richiesta nel proprio paese di origine essendo in possesso di un valido

contratto o di un’offerta vincolante di lavoro nello stato di destinazione. Il

permesso consente solo l’esercizio dell’attività economica per cui è

rilasciato, che può essere un lavoro subordinato, autonomo, od anche

stagionale. Il titolare del permesso gode poi dei seguenti diritti: ingresso,

soggiorno e reingresso nel territorio dello stato; transito nel territorio di

altro stato membro, se necessario per l’ingresso in quello che ha rilasciato

il permesso; eguale trattamento con i cittadini UE quanto alle condizioni

di lavoro, alla libertà di associazione e ai diritti sindacali, alla formazione

professionale, alla sicurezza sociale ed all’accesso ai servizi pubblici in

materia di salute, alloggio ed altri beni pubblici.

È probabile, peraltro, che questa proposta sia ampiamente modificata

nel prosieguo del suo percorso verso l’approvazione. Il Libro Verde,

infatti, pone in discussione molti suoi contenuti. Innanzitutto, la

Commissione si chiede se sia utile continuare a perseguire una

regolamentazione generale che si occupi di tutte le categorie di lavoratori

autonomi o subordinati (cd.“approccio orizzontale”) o se non sia il caso di

44 Renato Franchitto

Page 45: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

prevedere discipline diverse per diverse categorie di lavoratori (cd.

“approccio settoriale”), se non altro per velocizzare l’iter di approvazione,

come è avvenuto per la direttiva sull’ingresso per studenti, tirocinanti e

volontari. Viene anche avanzata l’ipotesi di prevedere procedure comuni

preferenziali nel caso in cui sul mercato emergessero carenze di

specifiche figure professionali.

La domanda di fondo, cioè, è: a quale livello di armonizzazione l’UE

può o dovrebbe aspirare? Va tenuto conto, infatti, che la materia

dell’ingresso e soggiorno dei migranti sarà, fino all’adozione di un nuovo

Trattato europeo, soggetta alla procedura decisionale con voto

all’unanimità; è quindi ipotizzabile che l’attuale situazione di stallo sia

destinata a protrarsi fin almeno a quando il Trattato di Lisbona diverrà

operativo. Poi, accogliendo le osservazioni contenute soprattutto nel

parere del Comitato Economico e Sociale, la Commissione si chiede se il

procedimento che lega l’ingresso dello straniero al possesso di un

contratto di lavoro o di un’offerta vincolante non crei eccessiva rigidità, ed

in sostanza dia vita ad un canale di immigrazione legale difficilmente

praticabile. L’alternativa potrebbe essere quella di consentire l’ingresso

anche per la ricerca di un lavoro, in modo che l’incontro domanda-offerta

avvenga nel territorio dello stato di destinazione. La Commissione si

chiede, infine, se sia opportuno mantenere il principio per cui i diritti di

cui gode lo straniero debbano essere commisurati alla durata della sua

permanenza nello stato, ed in quale misura, rispetto a quali diritti, possa

esserci una differenziazione tra il lavoratore in possesso di un titolo di

soggiorno temporaneo ed il lungo residente.

45 Renato Franchitto

Page 46: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Se richiamiamo la direttiva 2003/109/CE, infatti, e la confrontiamo

con la proposta COM (2001) 386 vediamo che la condizione del lungo

residente si distingue solo per il carattere tendenzialmente permanente

del titolo di soggiorno, e per la possibilità, a determinate condizioni, di

soggiornare in uno stato diverso da quello in cui ha ottenuto detto titolo.

La necessità di arrivare ad una regolamentazione comune

dell’immigrazione è stata sottolineata con forza anche nel Programma de

L’Aja53, approvato, come si diceva, nel mese di novembre del 2004, che

individua, inoltre, i seguenti obiettivi54:

un efficace controllo delle frontiere esterne, basato sui principi di

solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità, comprese

quelle finanziarie, tra i diversi stati membri;

l’integrazione dei migranti nelle società di destinazione, attraverso

la creazione di eguali opportunità di partecipazione nella società,

che coinvolgano in maniera adeguata anche le istituzioni e gli sta-

keholders a livello locale e regionale. A tal proposito, il Consiglio

elenca anche una serie di principi comuni in materia di

integrazione, che viene definita “un processo permanente e

biunivoco, che coinvolge sia lo straniero sia il paese di

destinazione”;

collegamento tra le politiche di asilo e immigrazione, e le relazioni

esterne dell’UE, attraverso forme di partnership con paesi terzi, so-

53 Il programma di Tampere è stato sostituito dal programma dell'Aja, che ha praticamente definito una nuova agenda pluriennale dell'Unione. Adottato dal Consiglio europeo del 4/5 novembre 2004, in GUCE, gennaio 2005

54 Per un esame più dettagliato, cfr. R. Adam, La cooperazione in materia di giustizia ed affari interni.

46 Renato Franchitto

Page 47: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

prattutto i paesi di origine e di transito dei migranti;

necessità di stabilire standard minimi comuni in materia di procedu-

re di espulsione, in modo che sia garantito il rispetto dei diritti e

della dignità dei migranti.

Il Programma de L’Aja riprende quindi gli elementi critici rispetto

all’attuazione dell’agenda stabilita a Tampere nel 1999, già sottolineati

dalla Comunicazione della Commissione COM (2004) 4002 del 2 giugno

2004 su spazio di libertà, sicurezza e giustizia: valutazione del programma

di Tampere e orientamenti per il futuro, quali ad esempio la lentezza del

metodo decisionale e la mancanza di un reale approccio comune alla

gestione dei flussi migratori. Alla prima nota critica ha risposto la

decisione del Consiglio del 22 novembre 2004, che, come detto sopra, ha

esteso a quasi tutte le decisioni in materia di immigrazione e asilo la

procedura di co-decisione; quanto alla gestione dei flussi, il Libro Verde

denota una certa apertura verso soluzioni che rendano maggiormente

praticabili i canali di immigrazione legale. È sperabile quindi che nel

prossimo quinquennio si arrivi ad una implementazione del Programma,

capace di accogliere ed integrare correttamente i migranti che giungono

sul territorio europeo, stimolando in tal senso, di necessità, anche i

legislatori nazionali.

Proposta di direttiva del Consiglio del 23 ottobre 2007 sulle

condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi

che intendano svolgere lavori altamente qualificati55.

Si tratta solo di una proposta di direttiva che però assume dimensioni

55 Cfr. http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14573.htm

47 Renato Franchitto

Page 48: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

importantissime visto che lo scopo della presente direttiva è aumentare la

capacità dell'Unione europea di attrarre cittadini di paesi terzi che

intendano svolgere lavori altamente qualificati. Si tratta non soltanto di

potenziare la competitività nel contesto delle nuove strategie derivanti

anche dai recenti accordi di Lisbona, ma anche soprattutto di limitare la

fuga dei cervelli. Gli obiettivi della direttiva sono:

facilitare l'ammissione dei cittadini in questione, armonizzando le

condizioni del loro ingresso e soggiorno nell'Unione europea;

semplificare le procedure di ammissione;

migliorare lo status giuridico di coloro che sono già presenti sul

territorio degli Stati membri.

Le condizioni ai fini di essere ammessi sono essenzialmente un

contratto di lavoro o un'offerta di lavoro vincolante, un documento di

viaggio valido, la prova che beneficia di un'assicurazione contro le

malattie ed eventualmente documenti che dimostrino che egli rispetta le

condizioni necessarie per esercitare una professione regolamentata.

Se il candidato soddisfa le condizioni di cui sopra e le autorità

nazionali decidono di ammetterlo, egli riceve una Carta blu UE valida due

anni e rinnovabile per almeno due anni. La domanda di rilascio della

Carta deve essere presentata obbligatoriamente dal candidato o dal suo

datore di lavoro. La risposta è notificata entro un termine di 30 giorni

dalla presentazione della domanda (che può essere prolungato per un

massimo di 60 giorni). In caso di accettazione, il beneficiario ottiene le

agevolazioni necessarie per l'ottenimento di un visto.

48 Renato Franchitto

Page 49: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

La Carta blu UE può essere revocata qualora siano stati presentati

documenti falsificati od ottenuti con la frode, oppure se lo Stato decide,

alla luce della situazione del mercato del lavoro, di accordare la

preferenza per esempio a cittadini comunitari.

La Carta può inoltre essere revocata in caso di disoccupazione

prolungata di durata superiore a tre mesi.

Nell'applicazione delle linee guida sottolineate dal Programma dell'Aja,

il Consiglio europeo sottolinea inoltre la priorità di sviluppare

ulteriormente e in maniera decisa la politica comune europea in materia

di visti.

Uno dei risultati più importanti è stato il Codice comunitario dei visti

che porterà ben presto ad una decisa semplificazione della materia.

Codice comunitario dei visti. Proposta di regolamento del

Parlamento europeo e del Consiglio COM(2006) 40356 (non

ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale)

E' a tal fine la Commissione è stata invitata a riesaminare l'Istruzione

consolare comune (ICC) la quale ancora oggi costituisce lo strumento di

base che disciplina le procedure e le condizioni per il rilascio dei visti per

soggiorni di breve durata, dei visti di transito e dei visti di transito

aeroportuale. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'ICC è

parte integrante del diritto comunitario.

La rifusione prevista semplificherà il quadro giuridico, dato che la

politica comune in materia di visti sarà d'ora in avanti disciplinata dai

56 Cfr. http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14524.htm

49 Renato Franchitto

Page 50: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

seguenti quattro strumenti:

il regolamento CE n° 539/2001 del 15 marzo 200157 che adotta

l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso

del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e

l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo;

il regolamento CE n° 1683/96 del 29 maggio 199558 che

istituisce un modello uniforme per i visti .

il regolamento CE n° 333/2002 del 18 febbraio 2002 che

istituisce un modello uniforme di foglio per l'apposizione del

visto;

il presente regolamento.

57 Comunicazione della Commissione in applicazione del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [Gazzetta ufficiale C 363 del 19.12.2001]

Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?539

58 Il regolamento intende per "visto" qualsiasi autorizzazione rilasciata o decisione adottata da uno Stato membro che sia necessaria al fine di entrare nel suo territorio per un soggiorno previsto in tale Stato membro o in diversi Stati membri la cui durata globale non superi i tre mesi oppure altresì un transito attraverso il territorio o l'area di transito aeroportuale di tale Stato membro o di diversi Stati membri. Gli Stati membri hanno facoltà di utilizzare il modello uniforme per i visti per scopi diversi da quelli summenzionati, purché si escluda ogni possibilità di confusione con tale visto uniforme. Le informazioni contenute nel modello uniforme per i visti sono conformi: alle specifiche tecniche riportate nell'allegato al regolamento, che stabiliscono delle caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili e visibili ad occhio nudo; alle specifiche tecniche segrete, che mirano ad impedire la contraffazione e la falsificazione del visto.

Riferimenti Web: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14009.htm

Il 24 settembre 2003 la Commissione ha presentato due proposte volte a modificare il regolamento (CE) n. 1683/95/CE e il regolamento (CE) n. 1030/2002 allo scopo di integrare il più rapidamente possibile le nuove tecniche in materia di biometria nei visti e nei permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. L'inserimento di identificatori biometrici costituisce una tappa importante verso l'utilizzazione di nuovi elementi che consentano di creare un legame più sicuro tra il visto e il suo titolare, fornendo in tal modo un notevole contributo alla protezione del visto contro la sua utilizzazione fraudolenta.

50 Renato Franchitto

Page 51: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Tale semplificazione è avvenuta tramite una proposta di regolamento

del Parlamento europeo e del Consiglio attraverso un codice comunitario

dei visti COM(2006) 403 (non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale).

La presente proposta costituisce uno dei quattro strumenti che

formano il diritto relativo alla politica comune dei visti.

Essa integra in un unico codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che

disciplinano le decisioni sui visti, segnatamente l'Istruzione consolare

comune(ICC).

ll progetto del Codice comunitario dei visti presenta tra le molteplici

novità:

l'incorporazione in un unico documento tutte le disposizioni che

disciplinano il rilascio di visti e le decisioni relative ai visti

rilasciati. Per esempio, le disposizioni del documento SCH/Com-

ex (93) 24 e dell'ICC (allegato 14, punto 2) relative

all'annullamento e alla revoca dei visti rilasciati sono state fuse e

costituiscono oramai due articoli distinti del codice;

crea nuove dimensioni della procedura di rilascio dei visti

tenendo conto dei lavori sul Sistema d'informazione visti;

sviluppa alcune parti dell'acquis di Schengen. Per esempio, il

progetto di Codice comunitario dei visti migliora la trasparenza e

la parità di trattamento dei richiedenti il visto stabilendo un

termine massimo per il rilascio e l'obbligo, per gli Stati membri,

di comunicare ai cittadini tutte le informazioni utili sul rilascio dei

visti;

51 Renato Franchitto

Page 52: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

precisa alcuni aspetti per rafforzare l'applicazione armonizzata

delle disposizioni legislative. A tal fine, incorpora in un unico

articolo tutte le disposizioni relative al rilascio dei visti con

validità territoriale limitata, chiarisce alcune ambiguità relative al

diritto attuale riguardo all'assicurazione sanitaria di viaggio e

rende vincolanti alcune delle linee direttrici addizionali;

chiarisce lo status giuridico degli allegati dell'ICC e riordina i 18

allegati in essa contenuti, conservando soltanto quelli

direttamente legati all'esecuzione delle disposizioni figuranti nel

corpo del testo;

attua soppressioni quali i riferimenti ai visti nazionali e collettivi;

provvede a un'applicazione armonizzata del progetto di codice.

Affinché gli Stati membri si astengano d'ora in poi dall'elaborare

istruzioni nazionali che si sovrappongano alle norme comuni, la

Commissione ha studiato in parallelo il formato e il contenuto di

un documento: "le Istruzioni relative all'applicazione pratica del

Codice dei visti". Tale documento, di natura meramente

operativa, mira a definire le prassi e le procedure armonizzate

che le missioni diplomatiche e consolari degli Stati membri

dovranno seguire per il trattamento delle domande di visto. Esse

saranno finalizzate entro la data di entrata in vigore del codice.

La proposta sviluppa inoltre alcuni aspetti della legislazione attuale

per tener conto delle evoluzioni recenti e colmare le lacune esistenti,

aumenta la trasparenza e la certezza del diritto precisando lo status

giuridico delle disposizioni dell'ICC eliminando le disposizioni ridondanti o

52 Renato Franchitto

Page 53: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

di carattere pratico e operativo, rafforza le garanzie procedurali e

consolida la parità di trattamento dei richiedenti il visto.

A integrazione della proposta la Commissione ha manifestato

l'intenzione di presentare delle "Istruzioni relative all'applicazione pratica

del Codice dei visti". Esse rappresentano l'aspetto operativo del codice

comunitario e saranno messe a punto al momento della sua entrata in

vigore.

Il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati

tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata59

[COM(2005) 835 def. - Non ancora pubblicata nella

Gazzetta ufficiale]

La proposta di regolamento in esame definisce lo scopo e le

funzionalità del sistema di informazione visti (VIS), precisando le

condizioni e le procedure per lo scambio dei dati tra gli Stati membri in

merito alle richieste di visto per soggiorni brevi e alle decisioni di rifiuto,

proroga, annullamento o revoca di visti.

ll VIS è inteso a rendere più agevole l'attuazione della politica comune

in materia di visti, la cooperazione consolare e la consultazione tra

autorità consolari centrali al fine di:

prevenire le minacce alla sicurezza interna degli Stati membri;

evitare che i criteri sanciti dal regolamento di Dublino II60

59 http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l14517.htm

60 Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo [Gazzetta ufficiale L 50 del 25 febbraio 2003].

53 Renato Franchitto

Page 54: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

vengano elusi;

contribuire alla lotta contro la frode documentale;

facilitare i controlli ai valichi delle frontiere esterne;

contribuire al rimpatrio di immigrati in situazione irregolare.

Ogni Stato membro comunica alla Commissione un elenco delle

autorità competenti, il cui personale ha accesso al sistema VIS ai fini

dell'introduzione, della modifica, della soppressione e della consultazione

dei dati.

Al ricevimento di una richiesta, l'autorità competente avvia quanto

prima la relativa pratica e inserisce nel VIS una serie di dati quali: lo

stadio del procedimento, indicando che è stata inoltrata richiesta di visto;

l'autorità presso la quale è stata inoltrata la richiesta, il nome, la

nazionalità, il luogo e la data di inoltro. Al ricevimento di una richiesta,

l'autorità competente avvia quanto prima la relativa pratica e inserisce nel

VIS una serie di dati quali: lo stadio del procedimento, indicando che è

stata inoltrata richiesta di visto; l'autorità presso la quale è stata inoltrata

la richiesta, il nome, la nazionalità, il luogo e la data di inoltro.

Qualora uno Stato membro ricorra alla consultazione tra autorità

centrali, l'autorità competente inserisce una serie di dati supplementari

relativi alla principale destinazione e alla durata del soggiorno previsto,

Il presente regolamento mira a sostituire le disposizioni della convenzione di Dublino del 1990 con una normativa europea; a individuare il più rapidamente possibile lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo; a fissare termini ragionevoli per ciascuna fase della procedura di determinazione dello Stato competente; nonché a prevenire l'abuso delle procedure d'asilo riscontrabile nel fenomeno delle domande d'asilo multiple.

Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod!DocNumber

54 Renato Franchitto

Page 55: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

alla data di arrivo e di partenza.

Una volta adottata la decisione di rilascio del visto, l'autorità

competente inserisce ulteriori dati, quali lo stadio del procedimento,

indicando che il visto è stato rilasciato, la data e il luogo del rilascio, il tipo

di visto e il numero della vignetta.

Dati specifici vanno inoltre inseriti in caso di rifiuto di esaminare una

richiesta e di rifiuto, proroga, annullamento o revoca di un visto.

L'autorità competente in materia di visti ha accesso al VIS ai fini

dell'esame della richiesta e della decisione di rifiuto, nonché della

proroga, dell'annullamento o della revoca del visto. Essa può interrogare i

seguenti dati: numero unico della richiesta, cognome alla nascita e da

sposati, nome, sesso, data, luogo e paese di nascita, dati relativi al

documento di viaggio, cognome della persona che invita l'interessato o

che si fa carico delle sue spese di sostentamento durante il soggiorno,

fotografie, impronte digitali, numero della vignetta del visto.

Qualora la ricerca in base a uno dei dati elencati indichi che i dati del

richiedente sono già registrati nel VIS, l'autorità competente dei visti è

allora autorizzata a consultare la pratica della richiesta.

Lo Stato membro incaricato di esaminare la richiesta chiede di

consultare le autorità centrali nazionali, indicando il numero della

domanda al VIS e specificando lo Stato o gli Stati membri da consultare;

questi ultimi trasmettono la risposta al VIS che la inoltra allo Stato

membro che ha formulato la domanda.

Le autorità competenti in materia di visti hanno accesso, unicamente

55 Renato Franchitto

Page 56: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

a fini statistici, ai seguenti dati: stadio del visto; autorità competente;

nazionalità del richiedente; primo valico d'ingresso; data e luogo della

domanda o della decisione relative al visto; tipo di visto richiesto o

rilasciato; tipo di documento di viaggio; motivi addotti per le decisioni

relative al visto o alla richiesta di visto; autorità competente che ha

respinto precedenti richieste.

Le autorità competenti dei controlli alle frontiere esterne hanno

accesso ai seguenti dati unicamente per ricerche finalizzate a verificare

l'identità della persona e/o l'autenticità del visto: tipo e numero del

documento di viaggio, autorità che lo ha rilasciato e data del rilascio, dati

relativi al documento di viaggio, fotografie, impronte digitali, numero della

vignetta del visto.

Le autorità competenti in materia di immigrazione hanno accesso ai

seguenti dati unicamente ai fini di ricerche miranti all'identificazione e al

rimpatrio di immigranti in situazione irregolare: tipo e numero di

documento di viaggio, autorità che lo ha rilasciato e data del rilascio,

fotografie e impronte digitali. Lo stesso vale per le autorità competenti in

materia di asilo, che in base ai dati di cui sopra possono effettuare

ricerche mirate a determinare lo Stato membro responsabile ad

esaminare una domanda di asilo.

Ogni pratica di richiesta viene conservata nel VIS per cinque anni.

Solo lo Stato membro responsabile è abilitato a modificare o a sopprimere

i dati trasmessi al VIS.

Lo Stato membro responsabile fornisce agli interessati le informazioni

relative all'identità della persona che si occupa dell'elaborazione dei dati

56 Renato Franchitto

Page 57: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

nel VIS, ai motivi della loro elaborazione, ai destinatari dei dati,

all'esercizio del diritto di accesso e rettifica degli stessi.

Qualsiasi cittadino ha il diritto di ottenere che gli vengano comunicati

i dati registrati nel VIS che lo riguardano, con la menzione dello Stato

membro che li ha trasmessi al sistema. L'accesso ai dati può essere

autorizzato soltanto da uno Stato membro. Lo stesso cittadino può

chiedere la rettifica di eventuali dati inesatti che lo riguardano o la

cancellazione di dati illecitamente registrati.

Ogni Stato membro fa sì che un'autorità di controllo nazionale,

istituita conformemente alla direttiva 95/46/CE, verifichi la liceità del

trattamento dei dati personali. Il garante europeo della protezione dei

dati controlla le attività della Commissione.

Le autorità comuni di controllo collaborano attivamente a tutela dei

diritti sanciti dalla proposta di regolamento.

In ogni Stato membro, qualsiasi cittadino ha il diritto di intentare

un'azione o presentare un ricorso presso il giudice competente qualora si

veda rifiutato il diritto di accesso, rettifica o soppressione dei dati che lo

riguardano.

Per ciò che riguarda invece il permesso di soggiorno la normativa più

importante è certamente rappresentata dal regolamento che istituisce un

modello unico.

57 Renato Franchitto

Page 58: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13

giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i

permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi.61

Tale regolamento sostituisce l'azione comune 97/11/JAI del Consiglio

relativa a un modello uniforme di permesso di soggiorno nonché le

misure adottate dal Consiglio ai fini della sua applicazione. Nell'ambito

della convenzione di Schengen, il permesso di soggiorno accompagnato

da un documento di viaggio può sostituire il visto. Un cittadino di un

paese terzo, presentando il proprio passaporto e il suo permesso di

soggiorno, può entrare in uno Stato membro appartenente allo spazio

Schengen e restarvi per un soggiorno di breve durata.

Il regolamento descrive le caratteristiche generali del modello

uniforme, di cui un esemplare è allegato al regolamento. Il modello

uniforme può essere prodotto sotto forma di autoadesivo o di documento

separato.

Le altre disposizioni tecniche volte a lottare contro la contraffazione e

la falsificazione devono rimanere segrete e sono decise dalla

Commissione e dal suo comitato istituito mediante il regolamento (CE) n.

1683/95. Le disposizioni di cui sopra sono comunicate solo agli organismi

responsabili della stampa del permesso di soggiorno designati dagli Stati

membri.

Gli Stati membri rilasciano il modello uniforme di permesso di

soggiorno in conformità con il presente regolamento al più tardi entro un

anno dall'adozione delle misure di sicurezza complementari. Le

61 Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!

58 Renato Franchitto

Page 59: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

autorizzazioni rilasciate in precedenza su altri permessi di soggiorno

restano valide, salvo disposizioni contrarie degli Stati membri.

L'Irlanda e il Regno Unito hanno notificato la loro volontà di

partecipare all'adozione e all'applicazione del regolamento. Per quanto

riguarda la Danimarca, la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia, il

regolamento costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen.

Il 24 settembre 2003 la Commissione ha presentato due proposte

volte a modificare il regolamento (CE) n. 1683/95 e il regolamento (CE)

n. 1030/2002 al fine di integrare nel più breve tempo possibile nei visti e

nei permessi di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi le nuove tecniche in

materia di biometria.

L'inserimento di elementi di identificazione biometrica costituisce un

passo importante verso l'impiego di un legame più affidabile fra il modello

uniforme di visto e il suo titolare, fatto che contribuisce in modo notevole

a proteggere il visto contro un suo impiego fraudolento.

Per quanto riguarda la materia dell'asilo il piano d'azione per attuare il

programma dell'Aja prevede l'adozione delle proposte relative alla

creazione di un regime in materia di asilo entro il 2010. Tale libro verde si

propone di individuare le possibili scelte per definire la seconda fase della

creazione del regime comune europeo in materia di asilo.

59 Renato Franchitto

Page 60: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Libro verde, del 6 giugno 2007, sul futuro regime comune

europeo in materia di asilo COM (2007) 301 def. - Non

ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale

Con questo Libro verde, la Commissione intende lanciare un'ampia

consultazione i cui risultati dovrebbero risultare nella pubblicazione di un

programma d'azione. Questo documento, previsto a breve, raccoglierebbe

tutte le misure necessarie per mettere in piedi un regime d'asilo europeo

comune.

Nel Trattamento delle domande di asilo la Commissione suggerisce di

aumentare le possibilità di presentare una domanda d'asilo. In questa

ottica, viene proposto di rafforzare le garanzie giuridiche che

accompagnano la presentazione della domanda alla frontiera; altresì

viene raccomandata la possibilità di ravvicinare ulteriormente alcune

norme nazionali con riferimento a determinati aspetti non contemplati

dalle disposizioni della prima fase, quali la qualità del processo

decisionale, la valutazione dei documenti probatori presentati dai

richiedenti e le procedure di ricorso.

Inoltre il suggerimento di rivalutare il contenuto di determinati

meccanismi procedurali introdotti nella prima fase dell'armonizzazione,

come ad esempio i concetti di paesi d'origine sicuri, paesi terzi sicuri e

paesi terzi europei sicuri.

Per quanto riguarda le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo,

la Commissione propone di limitare eventualmente il margine di

discrezione, attualmente previsto dalle disposizioni della direttiva 2003/9/

60 Renato Franchitto

Page 61: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

CE in vigore62, sulle condizioni di accoglienza negli Stati membri. Fra i

settori nei quali sarebbe possibile ridurre questo potere risultano l'accesso

dei richiedenti asilo al mercato del lavoro e la forma e il livello delle

condizioni materiali di accoglienza di cui beneficiano i richiedenti asilo.

Inoltre le constatate notevoli carenze in termini di definizione e di

procedure nazionali previste per determinare la categoria dei richiedenti

asilo più vulnerabili rende evidente e necessario un intervento più incisivo

della Comunità europea in tutte le fasi del processo di valutazione di una

domanda d'asilo. La Commissione prevede di concentrarsi su diverse

tematiche quali una migliore definizione del concetto di assistenza e

consulenza medico-psicologica adeguata. Come pure programmi di

formazione europei destinati agli operatori del settore (operatori sanitari,

insegnanti, psicologi, interpreti, avvocati, operatori sociali, ONG, ecc.)

oppure eventuali norme comuni in materia di qualifiche nonché un

meccanismo di controllo volto a garantire livelli elevati di qualità dei

servizi forniti alle persone più vulnerabili.

In sostanza la Commissione propone inoltre di garantire maggior

sostegno alle attività interessate, nonché un meccanismo di controllo

concreto e sistematico per valutarne gli esiti, e prevede di varare, in

tempi brevissimi, uno studio di fattibilità per esaminare le possibilità a tale

riguardo. Tra queste attività figura la trasformazione delle strutture per la

cooperazione pratica in un ufficio europeo di sostegno.

Fondamentale inoltre approfondire la riflessione sui principi e sugli

obiettivi sottesi al sistema di Dublino (costituito dai regolamenti "Dublino"

62 Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod!DocNumber&lg=it&type_doc=Directive&an_doc=2003&nu_doc=9

61 Renato Franchitto

Page 62: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

e " EURODAC63 ") nell'intento di garantire che il sistema sia applicato in

modo da consentire una più equa ripartizione tra gli Stati membri delle

domande di asilo e/o dei beneficiari di una protezione internazionale.

Come pure fondamentale secondo la Commissione trovare soluzioni per

un utilizzo ottimale del Fondo europeo per i rifugiati (FER)64 volto a

ridurre le disparità e innalzare il livello delle norme esistenti. Perché il FER

consegua maggiori risultati, si propone di adottare, su scala nazionale e a

livello dell'UE, una serie di meccanismi per la consultazione e lo scambio

di informazioni.

La Commissione ha elaborato il concetto di programmi di protezione

regionale dell'UE allo scopo di garantire una maggiore protezione dei

rifugiati e di offrire loro soluzioni durature nelle loro regioni di origine e di

transito. Attualmente sono in corso due progetti piloti: uno nei nuovi Stati

indipendenti occidentali e l'altro in Tanzania. Si tratta di progetti ancora in

una fase iniziale anche se, alla luce delle valutazioni che ne saranno fatte,

la Commissione si chiede in che modo l'UE potrebbe aiutare i paesi terzi a

63 Ci si riferisce al regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino

Il presente regolamento mira a un sistema per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e degli immigranti clandestini per agevolare l'applicazione regolamento di Dublino II che permette di determinare quale Stato sia competente per l'esame di una domanda d'asilo.

Riferimenti web: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartuyt6g

64 Decisione 2000/596/CE del Consiglio, del 28 settembre 2000, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati. L'Unione europea ha creato il Fondo europeo per i rifugiati al fine di riunire in un unico strumento le azioni in materia di integrazione e quelle relative all'accoglienza e al rimpatrio volontario dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli sfollati anche in caso di afflusso massiccio. Istituito in un primo momento per un quinquennio (2000-2004), il Fondo è stato rinnovato per altri sei anni (2005-2010).

riferimenti web:

http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!cele8889

62 Renato Franchitto

Page 63: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

far fronte alle problematiche connesse all'asilo. L'altro quesito è come

migliorare le strategie globali dell'UE nei confronti dei paesi terzi e come

fare in modo che siano più coerenti.

Parallelamente alla realizzazione di programmi di protezione

regionale, la Commissione si chiede come erogare aiuti finanziari globali

agli interventi di reinsediamento da parte degli Stati membri.

Quanto ai flussi misti alle frontiere (arrivo contemporaneo di

immigrati clandestini e di persone bisognose di protezione), la

Commissione invita a riflettere su possibili soluzioni quali l'istituzione di

gruppi di esperti in materia d'asilo chiamati ad assistere

temporaneamente gli Stati membri in caso di necessità. Ove la soluzione

prescelta consistesse nella creazione di un Ufficio europeo di sostegno,

questo potrebbe essere incaricato di coordinare le missioni dei gruppi;

l'istituzione di gruppi di esperti in materia d'asilo chiamati ad assistere

temporaneamente gli Stati membri in caso di necessità. Ove la soluzione

prescelta consistesse nella creazione di un Ufficio europeo di sostegno,

questo potrebbe essere incaricato di coordinare le missioni dei gruppi.

Oppure la concessione di aiuti di emergenza a detti Stati membri per

aiutarli ad accogliere i richiedenti asilo e ad espletare le procedure di

esame delle domande. Eventuali ulteriori misure da adottare per garantire

che gli obblighi di protezione derivanti dall'acquis comunitario e dal diritto

internazionale in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo diventino parte

integrante della gestione delle frontiere esterne. Appare senz'altro

interessante in questo contesto rievocare la direttiva inerente Condizioni

da soddisfare per ottenere la concessione dello status di rifugiato o di

63 Renato Franchitto

Page 64: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

beneficiario di protezione internazionale:

Direttiva 2004/83/CE65 del Consiglio, del 29 aprile 2004,

recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi

terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona

altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché

norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

Obiettivo della presente direttiva è stabilire le condizioni che i cittadini

dei paesi terzi e gli apolidi devono soddisfare affinché sia attribuita loro la

qualifica di rifugiato o di persona che, per diverse ragioni, necessita di

protezione internazionale, e il contenuto della protezione accordata.

Nell'ottobre 1999, in occasione del Consiglio europeo di Tampere, gli

Stati membri si erano impegnati a definire un regime comune europeo in

materia di asilo, basato sull'applicazione integrale della convenzione di

Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiati, completata dal protocollo

di New York del 1967, garantendo in tal modo che nessuno venga esposto

nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di "non-

refoulement". La realizzazione di tale regime avrebbe comportato, a breve

termine, il ravvicinamento delle disposizioni relative al riconoscimento e

agli elementi essenziali dello status di rifugiato.

In merito alle disposizioni generali, la presente direttiva definisce

alcuni termini chiave come: "protezione internazionale", "rifugiato",

"protezione sussidiaria", "domanda di protezione sussidiaria" e "familiare

a carico".

La direttiva poi potrà essere applicata ad ogni domanda presentata

65 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:197:0003:0004:IT:PDF

64 Renato Franchitto

Page 65: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

alla frontiera così come sul territorio di uno Stato membro. Gli Stati

membri resteranno tuttavia liberi di adottare o di mantenere in vigore

disposizioni più favorevoli.

Le condizioni da soddisfare per la concessione di protezione

internazionale sono essenzialmente quelle di qualsiasi cittadino di un

paese terzo che si trovi fuori dal suo paese di origine e che non voglia

farvi ritorno perché teme di essere perseguitato per motivi di razza,

religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato

gruppo sociale. Costui può chiedere lo status di rifugiato. Possono avere

accesso allo stesso status anche gli apolidi. I richiedenti che non

soddisfano le condizioni necessarie perché venga riconosciuto loro lo

status di rifugiato possono chiedere una protezione sussidiaria. Secondo

quanto prevede la direttiva, gli Stati membri accordano lo status di

protezione sussidiaria alla persona richiedente la protezione

internazionale che si trovi fuori dal paese di origine e non possa ritornarvi

in quanto teme danni gravi e ingiustificati, quali ad esempio la tortura o

altra forma di trattamento inumano o degradante, la condanna a morte o

all'esecuzione, la minaccia grave contro la propria vita derivante dalla

violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o

internazionale.

In linea generale, i familiari del richiedente beneficeranno della stessa

forma di protezione concessa a quest'ultimo.

Ovviamente per valutare correttamente i timori del richiedente, gli

Stati membri dovranno considerare molteplici aspetti del rifugiato e cioè:

tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d'origine al momento

65 Renato Franchitto

Page 66: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le

disposizioni legislative e regolamentari del paese d'origine e relative

modalità di applicazione;

l'esistenza di una ragionevole possibilità che il richiedente sia

perseguitato;

il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni

gravi;

la sua situazione individuale (il passato, l'età, il sesso, ecc.);

qualsiasi attività esercitata dal richiedente da quando ha

abbandonato il suo paese di origine.

Gli Stati membri dovranno prendere in considerazione l'origine della

minaccia.

In questo caso, la minaccia dovrà provenire essenzialmente dallo

Stato, da partiti o organizzazioni che controllano lo Stato, da soggetti non

facenti parte dello Stato nel caso in cui questo non possa o non voglia

accordare una protezione effettiva.

Ai fini della presente direttiva, la protezione "dello Stato" può essere

assicurata anche da partiti o organizzazioni, ivi comprese le organizzazioni

internazionali, che controllano una regione o una superficie importante

del territorio dello Stato.

Dopo aver accertato la fondatezza dei timori del richiedente di essere

perseguitato o di subire altri danni gravi e ingiustificati, gli Stati membri

possono verificare se tale timore sia chiaramente circoscritto ad una zona

definita del territorio del paese d'origine e se il richiedente possa

66 Renato Franchitto

Page 67: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

eventualmente essere trasferito in un'altra parte del paese dove non

avrebbe ragione di nutrire tali timori.

Vi sono poi regole particolari relative alle condizioni di riconoscimento

dello status di rifugiato.

Ai fini della presente direttiva, sicuramente rientrano nel termine

"persecuzione" determinati atti, precisamente possiamo indicarne alcuni:

i danni gravi (a causa della loro natura o del loro carattere

reiterato) e ingiustificati basati su ragioni di razza, religione,

nazionalità o opinioni politiche;

le violenze fisiche o mentali, comprese le violenze sessuali;

le misure legali, amministrative, di polizia o giudiziarie messe in

atto in modo discriminatorio;

le azioni giudiziarie o le sanzioni sproporzionate o discriminatorie.

Non è necessario che il richiedente possieda le caratteristiche che

determinano la discriminazione; è sufficiente che tali caratteristiche gli

siano attribuite dal soggetto che mette in atto la persecuzione. Allo stesso

modo non comporta differenze la persecuzione messa in atto da parte

dello Stato, di partiti o organizzazioni che lo controllano, o da parte di

soggetti non legati allo Stato in casi nei cui questo non può o non vuole

accordare una protezione effettiva, o il fatto che il richiedente provenga

da un paese in cui numerosi individui, o addirittura l'intera popolazione,

debbano far fronte ad un rischio di oppressione generalizzata.

I rifugiati potranno in alcuni casi perdere il loro status, ad esempio in

caso di acquisizione di nuova cittadinanza, di rimpatrio volontario nel

67 Renato Franchitto

Page 68: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

paese d'origine, ecc. In ogni caso, spetta allo Stato membro provare che

il rifugiato non soddisfa più le condizioni necessarie per beneficiare della

protezione internazionale.

Lo status di rifugiato, e quello definito dalla protezione sussidiaria

potranno essere negati agli individui ritenuti colpevoli di:

un crimine di guerra, contro l'umanità o contro la pace;

un reato grave di diritto comune;

atti contrari ai principi delle Nazioni unite .

In ogni caso, gli Stati membri dovranno garantire al richiedente la

possibilità di impugnare una decisione che lo escluda dalla protezione

internazionale.

La protezione sussidiaria potrà essere riconosciuta a colui che non

può tornare nel paese di origine in quanto teme di divenire oggetto di

torture, subire la pena di morte o trattamenti inumani o degradanti.

La protezione sussidiaria potrà cessare se le condizioni nel paese di

origine cessano di esistere o evolvono in misura tale che la protezione

non sia più necessaria.

Gli stati membri s'impegnano a garantire particolare attenzione a

determinate categorie di soggetti (minori, minori non accompagnati,

disabili, anziani, donne incinte, genitori soli accompagnati da figli minori,

vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o

sessuale). La direttiva prevede che gli Stati membri garantiscano ai

beneficiari dello status di rifugiato o di una protezione sussidiaria tutta

una serie di diritti, in particolare:

68 Renato Franchitto

Page 69: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

il diritto di non-respingimento (non refoulement);

il diritto di ricevere comunicazioni in una lingua da loro compresa;

il diritto ad un permesso di soggiorno valido almeno tre anni e

rinnovabile per i rifugiati e almeno un anno e rinnovabile per i

beneficiari di protezione sussidiaria;

il diritto di esercitare un'attività dipendente o autonoma, così come

la possibilità di seguire dei corsi di formazione professionale;

l'accesso all'istruzione per i bambini e ai corsi di formazione

professionale per gli adulti;

l'accesso a cure mediche e psicologiche e ad ogni altra forma di

assistenza necessaria per le categorie con necessità specifiche

(minori, donne che hanno subito violenza, ecc.);

l'accesso ad una sistemazione adeguata;

l'accesso a programmi che promuovano l'integrazione all'interno

della società e a quelli miranti a facilitare il rientro volontario nel

paese d'origine.

In conclusione ciascuno Stato membro dovrà designare un punto di

contatto nazionale, provvedendo a comunicarne i dati alla Commissione.

69 Renato Franchitto

Page 70: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Immigrazione e allargamento ad Est dell’Unione Europea,

il Trattato di adesione 2004

Nello stesso anno in cui veniva approvata e firmata la Costituzione

europea il 1° maggio 2004 vi è stato un altro momento fondamentale del

processo di integrazione europea: dieci nuovi stati (Cipro, Estonia, Lettonia,

Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria)

sono entrati a far parte dell’Unione Europea, dando vita al cosiddetto

“allargamento”, il quinto, nella storia dell’Unione, processo che tra l'altro non

risulta ancora terminato visto l'ulteriore allargamento avvenuto nel 2007 con

l'ingresso della Romania e della Bulgaria. Gli altri allargamenti sono avvenuti

nel 1973 (Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca), 1981 (Grecia), 1986 (Spagna

e Portogallo), 1995 (Austria, Svezia, Finlandia)66.

L’allargamento del 2004 giunse a conclusione di un percorso cominciato

nel 1993, quando il Consiglio europeo di Copenaghen stabilì i criteri che i

paesi candidati avrebbero dovuto soddisfare per l’adesione. Il

raggiungimento di tali standard minimi, in campo economico e politico, è

quindi stato sancito ufficialmente con la sottoscrizione ad Atene il 16 aprile

2003 del Trattato di adesione da parte dei dieci candidati e dei quindici stati

membri, che definisce le condizioni di adesione ed apporta le opportune

modifiche ai Trattati costitutivi.

Il Trattato di Atene prevedeva67 che in alcuni settori l’adesione dei nuovi

stati membri alle regole comunitarie fosse stata graduale. Si tratta anche di

settori di vitale importanza, tra i quali per l'appunto l’ingresso nell’Unione

66 Riferimenti web: http://en.wikipedia.org/wiki/Enlargement_of_the_European_Union

67 Cfr. http://antexnews.b2blavoro.com/commento/soggetto-11/Cod-851.html

70 Renato Franchitto

Page 71: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

monetaria e, per quanto riguarda gli argomenti inerenti il tema

dell'immigrazione, l’adesione al sistema Schengen, il godimento da parte dei

nuovi cittadini europei della libertà di circolazione e soggiorno nel territorio

dell’UE.

Per i nuovi cittadini comunitari c'era la previsione di circolare nel

territorio dell’Unione semplicemente esibendo passaporto o carta d’identità,

ma i controlli alle frontiere interne non sarebbero spariti fino a che non fosse

stata presa una apposita decisione in tal senso del Consiglio europeo.

L’estensione dell’acquis di Schengen (che per l’appunto presuppone

l’assenza di controlli alle frontiere tra un paese membro ed un altro) ai nuovi

stati membri quindi non è avvenuta automaticamente con l’allargamento del

2004, come del resto non era accaduto negli allargamenti precedenti: ad

esempio, la Grecia ha fatto ingresso nel sistema Schengen solo nel 1999,

mentre Danimarca, Svezia e Finlandia nel 2001.

L’idea è che l’abolizione dei controlli sulle persone che attraversano le

frontiere interne possa avere luogo solo nel momento in cui non ci sia il

rischio di una diminuzione del livello di sicurezza per i cittadini europei.

Con riferimento, quindi, ai nuovi stati membri, le cui frontiere sono

diventate le frontiere esterne dell’Europa, essi sono effettivamente entrati

nel sistema Schengen solo quando le loro frontiere sono risultate monitorate

adeguatamente, cioè con lo stesso livello di sicurezza garantito dai controlli

effettuati dagli stati attualmente parte di Schengen. A tal fine, allo stato

attuale tutti i nuovi stati membri dell'allargamento 2004 hanno già adeguato,

in senso restrittivo, la loro legislazione sull’immigrazione e si sono dotati di

sistemi più aggiornati ed efficaci di controllo delle frontiere.

L’UE, oltre a destinare alla cooperazione amministrativa tra organismi di

71 Renato Franchitto

Page 72: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

controllo delle frontiere parte dei fondi del programma PHARE68, ha anche

istituito dei programmi ad hoc denominati Schengen facility e Transition

facility, cui sono stati destinati, per il 2004-2006, rispettivamente 900 e 380

milioni di euro.

Il Trattato di adesione prevedeva anche, nei confronti di tutti i nuovi stati

membri ad eccezione di Cipro e di Malta, un’applicazione graduale del

regime di libera circolazione dei lavoratori. Le restrizioni, che riguardano solo

l’ingresso per lavoro dipendente, e lasciano quindi impregiudicata la libertà

di ingresso e stabilimento per motivi di studio o lavoro autonomo, erano

rimesse alla decisione di ciascuno stato membro e risultarono articolate nel

seguente modo69:

fino al 2006 l’accesso al mercato del lavoro nazionale dei cittadini dei

nuovi stati membri sarebbe stato disciplinato dalle legislazioni

nazionali, o da accordi bilaterali tra stati;

a metà del 2006 la Commissione avrebbe presentato un rapporto sul

funzionamento del periodo transitorio, e ciascuno stato avrebbe

comunicato cosa fare sino alla metà del 2009;

in casi particolari invece, quando fosse stato possibile dimostrare che

l’estensione del regime di libera circolazione dei lavoratori anche ai

cittadini dei nuovi stati membri avrebbe potuto arrecare, o minacciare,

uno stato di seria turbativa al mercato del lavoro nazionale, allora si

68 Si tratta di un programma di aiuto comunitario ai paesi dell'Europa centrale e orientale e costituisce il principale strumento finanziario della strategia di preadesione per i paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO) candidati all'adesione all'Unione europea. Dal 1994, le missioni Phare sono state adeguate alle priorità e alle necessità di ciascun paese PECO. Originariamente il programma Phare era riservato ai paesi PECO, tuttavia esso è stato esteso anche ai nuovi paesi candidati nei Balcani occidentali.

69 Cfr. http://88.45.238.194/public/europa/mastantuono.pdf

72 Renato Franchitto

Page 73: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

sarebbe potuto chiedere l’autorizzazione a protrarre la moratoria fino

al 2011.

Le posizioni degli stati sono risultate piuttosto variegate: si va da Gran

Bretagna e Irlanda, che fin dai momenti iniziali hanno optato per la non

applicazione di alcuna restrizione, salvo prevedere per i lavoratori provenienti

dai nuovi stati membri restrizioni all’accesso al welfare, a Francia e Austria,

che anticiparono di volersi avvalere della moratoria fino al 2011.

Sembra interessante a questo punto la domanda di come valutare

queste restrizioni70, che, per quanto limitate ai criteri per l’accesso al

mercato del lavoro in rapporti di lavoro subordinato, segnano una pesante

frammentazione negli status soggettivi e nel godimento dei relativi diritti

(infatti, da un lato nasce un terzo status personale, oltre a quelli del

cittadino europeo e dello straniero non comunitario; dall’altro, questo

tertium genus è rimesso alle decisioni dei singoli stati membri, che

potrebbero anche assumere decisioni diverse a seconda dei diversi stati di

provenienza dei “nuovi cittadini”).

Si tratta di atteggiamento “prudente” dell’UE verso i propri nuovi membri

che non è nuovo: già nel 1986, con l’ingresso di Spagna e Portogallo, fu

stabilito un periodo di transizione per l’applicazione della libertà di

circolazione dei lavoratori, e certamente il grande numero dei candidati

all’adesione, e la scarsa solidità delle loro economie, hanno contribuito a

creare un certo timore rispetto ad una “invasione” di migranti provenienti da

questi paesi.

70 Nascimbene in proposito, Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, op. cit. 271

73 Renato Franchitto

Page 74: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Dall'insuccesso del “Trattato che adotta la Costituzione per

l'Europa” fin al “Trattato di Riforma”

L'ulteriore importantissima tappa percorsa dagli Stati membri lungo il

difficile cammino verso la realizzazione di una delle più significative

manifestazioni dell’integrazione europea, ha riguardato il “Progetto di

Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”, il cui testo, in

minima parte modificato, è stato approvato il 18 giugno 2004.

Il suo scopo, oltre a quello di sostituire i diversi trattati esistenti che al

momento costituiscono la base giuridica dell'Unione Europea, era

principalmente quello di dare all'UE un assetto politico chiaro71 e

tendenzialmente definitivo riguardo le sue istituzioni, le sue competenze,

le modalità decisionali, la politica estera.

Il perché della necessità urgente di una Costituzione europea è dipesa

sostanzialmente dal fatto che all'inizio del nuovo millennio l'Unione

europea, ormai esistente in diverse forme da circa mezzo secolo, si è

trovata a dover affrontare nuove importanti sfide.

Nel 2000 le norme di base della legislazione europea venivano

rinnovate con il Trattato di Nizza, che introduceva flessibilità e riforme in

vista di un allargamento dell'Europa da 15 a 27 membri (2007).

Sebbene le innovazioni introdotte abbiano migliorato i processi

decisionali e meglio organizzato le istituzioni dell'UE, il Trattato di Nizza

era nato come compromesso tra le diverse idee dei paesi membri e quindi

71 In tal senso l'idea della Costituzione era quella di unificare le materie in solo trattato, alla “comunitarizzazione” del Trattato di Amsterdam sarebbe succeduta la “unionizzazione” del Trattato istitutivo della Costituzione.

74 Renato Franchitto

Page 75: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

non adeguatamente capace di rispondere alle future sfide dell'Europa72.

Per tale motivo all'atto finale della conferenza intergovernativa che

avrebbe varato il nuovo trattato venne aggiunta all'ultimo momento una

"Dichiarazione sul futuro dell'Unione".

In essa si ponevano i nuovi

problemi da risolvere entro il 2004,

anno dell'allargamento dell'Unione

ad altri 10 membri. La dichiarazione

concerneva73:

le modalità per stabilire e

mantenere una più precisa

delimitazione delle com-

petenze tra l'Unione europea

e gli Stati membri, nel

rispetto del principio di

sussidiarietà;

lo status della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza;

una semplificazione dei trattati al fine di renderli più chiari e meglio

comprensibili senza modificarne la sostanza;

il ruolo dei Parlamenti nazionali nell'architettura europea;

migliorare e continuare a garantire la legittimità democratica e la

trasparenza dell'Unione e delle sue Istituzioni, per avvicinarle

maggiormente ai cittadini degli Stati membri.

72 Cfr. http://www.lazioeuropa.it/cgi-bin/download_documenti/allargamento%20UE.pdf

73 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Treaty_establishing_a_Constitution_for_Europe

75 Renato Franchitto

Page 76: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

È iniziato quindi il lungo processo di ratifica del testo costituzionale da

parte dei 25 paesi dell’Unione europea (oggi 27), ratifica che è avvenuta

o per via parlamentare – come nel caso italiano – o tramite referendum

popolari.

Alla fine ha prevalso l'idea di un "testo ridimensionato" e si è

convenuto di approvare il c.d. “Trattato di riforma” il cui processo di

approvazione ha subito nei mesi scorsi una decisa battuta d'arresto a

seguito del referendum irlandese.

Ad ogni modo è utile ricordare l'innovazione e la portata della

“versione consolidata provvisoria del Trattato che istituisce una Costi-

tuzione per l’Europa”, che considerava la materia immigrazione come uno

degli elementi dello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, previsto nella

parte III (“Le politiche e il funzionamento dell’Unione”).

In particolare74, la politica di immigrazione viene contemplata fra le

politiche (e azioni) interne, unitamente alle politiche che riguardano i

controlli alle frontiere e all’asilo (titolo III, sezione II del capo IV).

E' importante sottolineare in questa sede l'importanza delle di-

sposizioni che riguardano la “politica comune dell’immigrazione” (art. III-

168, par. 1), e rilevare un maggior interesse, rispetto alla normativa

“precedente”, verso alcune di quelle “priorità” definite dal Consiglio

europeo straordinario di Tampere (15-16 ottobre 1999), come ad

esempio, la prevenzione e il contrasto dell’immigrazione clandestina e una

gestione più efficace dei flussi migratori.

74 Per approfondire, in proposito, cfr. La libertà di circolazione delle persone, diritti dei cittadini dell'unione e dei paesi terzi, Bruno Nascimbene, op. cit. p. 159

76 Renato Franchitto

Page 77: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

La Costituzione costituisce e rappresenta uno “spazio“ che si realizza

grazie o “attraverso” l'adozione di leggi e leggi quadro, tese a ravvicinare

o armonizzare, se necessario, le legislazioni nazionali. Quindi sono

strumenti giuridici per disciplinare sia le condizioni di ingresso e

soggiorno, i visti e i titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli a

scopo di ricongiungimento familiare (art. III-168, par. 2, lett. a); sia i di-

ritti dei cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato

membro e le condizioni di circolare, soggiornare, negli altri Stati membri

(art. III-168, par. 2, lett. b); nonché, l’immigrazione e il soggiorno

irregolare, allontanamento e rimpatrio (art. III-168, par. 2, lett. c); infine,

la lotta contro la tratta di esseri umani (art. III-168, par. 2, lett. d) e gli

accordi di riammissione (art. III-168, par. 3).

La Costituzione, concludendo, era la previsione di misure volte “a

incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri al fine di favorire

l’integrazione dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel loro

territorio” con esclusione, però, “di qualsiasi armonizzazione delle di-

sposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” (art. III-168,

par. 4) e il diritto degli Stati di “determinare il volume di ingresso nel loro

territorio dei cittadini di paesi terzi” che “immigrano ” per trovare lavoro

subordinato o autonomo (art. III-168, par. 5).

Come noto il progetto di una Costituzione per l'Europa è fallito

miseramente dopo i "no" francese e olandese al processo di ratifica del

Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto che ha originato

un periodo di profonda incertezza all'interno della Ue durato all'incirca

due anni. Tale incertezza ha portato alla stesura e firma del “Trattato di

77 Renato Franchitto

Page 78: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

riforma”, avvenuto il 13 dicembre 2007.

L'entrata in vigore prevista del Trattato di Lisbona era prevista per il 1

gennaio 2009, purtroppo i recenti esiti di ratifica sfavorevoli avvenuti in

Irlanda produrranno delle conseguenze certamente negative sul processo

di ratifica stesso, sebbene sembra che il processo di entrata in vigore del

Trattato di Lisbona continuerà ad insistere nel senso della direzione già

tracciata.

La soluzione all'inpasse si è avuta quando ritenuto chiuso il "periodo

di riflessione" durato due anni, il Consiglio europeo ha convenuto di

convocare una conferenza intergovernativa75 (CIG) ai sensi dell'articolo 48

del trattato UE che, ebbe una rapida conclusione.

Gli Stati membri, con una dichiarazione adottata al Consiglio europeo

del 16-17 giugno 2005, presero atto dei risultati dei referendum avvenuti

in Francia e nei Paesi Bassi e del limitato numero di Stati membri (dieci)

che avevano ratificato il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa

("Costituzione europea" sottoscritto a Roma nell'ottobre 2004).

75 Il termine conferenza intergovernativa (CIG) indica una trattativa tra i governi degli Stati membri, che si svolge con l'obiettivo di apportare modifiche ai trattati. Questo tipo di conferenze svolge un ruolo fondamentale negli sforzi di integrazione europea, dal momento che ogni cambiamento istituzionale deve essere il frutto o dei negoziati cui esse danno luogo.

Le conferenze sono aperte, su iniziativa di uno Stato membro o della commissione, dal Consiglio dei ministri, che delibera a maggioranza semplice in seguito alla consultazione del Parlamento europeo e, se del caso, della Commissione.

I lavori preparatori sono affidati a un gruppo composto da un rappresentante di governo per ciascuno Stato membro, cui tradizionalmente si è sempre aggiunto un rappresentante della commissione. Il Parlamento europeo è associato da vicino a tutti i lavori, grazie alla presenza di osservatori e a scambi di vedute cui partecipa il presidente del Parlamento. Il gruppo riferisce regolarmente al Consiglio Affari generali le decisioni finali sono adottate, nel corso di un Consiglio europeo, dai capi di Stato e di governo.

I lavori della CIG del 2007 possono essere approfonditi al seguente indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/showpage.asp?id=1207&dang=it

78 Renato Franchitto

Page 79: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

La delicatezza del momento era data dal fatto che pur essendo

necessario e fondamentale "intraprendere una riflessione comune" alla

luce di ciò che era avvenuto era altresì fondamentale non rimettere "in

questione la validità della prosecuzione dei processi di ratifica" avvenuti

fino a quel momento al Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006 si

decideva che, sulla scorta della valutazione delle consultazioni compiute,

venisse presentata una relazione da parte della presidenza di turno

(tedesca) del primo semestre 2007, che il ricordato Consiglio europeo del

21-22 giugno 2007 aveva accolto favorevolmente, decidendo di procedere

nell'auspicato processo di riforma, convocando la conferenza

intergovernativa (CIG).

La conferenza, si afferma, deve operare "conformemente al mandato"

allegato alle conclusioni del consiglio: il mandato (precisa l'allegato alle

conclusioni) "costituirà la base e il quadro esclusivi dei lavori della CIG"; i

lavori dovranno concludersi "il più presto possibile, e in ogni caso entro

2007, al fine di concedere tempo sufficiente perché il trattato risultante

possa essere ratificato prima delle elezioni del Parlamento europeo del

giugno 2009".

I lavori si concludevano il 18 ottobre 2007 (la conferenza

intergovernativa a livello di capi di Stato o di Governo approvava il

progetto di Trattato che modifica il Trattato dell'Unione europea e il

Trattato che istituisce la Comunità europea) e il Trattato è stato firmato al

Lisbona il 13 dicembre 2007.

L'impegno, dopo la battuta d'arresto subita dal processo di ratifica

della Costituzione europea (diciotto sul totale degli Stati membri che

79 Renato Franchitto

Page 80: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

l'avevano ratificata, ma era richiesta la totalità per via dell'ex art. IV-447,

par. 2 della Costituzione, qualora fosse entrata in vigore) è di non poco

conto; sebbene occorre evidenziare che si tratta di un compromesso fra

una revisione, per così dire, ordinaria, come quelle di Maastricht,

Amsterdam e Nizza e una revisione, per così dire, speciale o

costituzionale, come quella della Costituzione europea.

Il testo di un nuovo Trattato modificherà dunque, secondo il mandato,

il Trattato UE e il Trattato CE. In particolare, quest'ultimo assumerà la

nuova denominazione di "Trattato sul funzionamento dell'unione europea"

(trattato FUE); è fatta esplicita menzione nel mandato del fatto che "il

progetto costituzionale è abbandonato".

Quindi il Trattato di Lisbona non si sostituisce ai trattati esistenti un

nuovo, unico testo, bensì "integra" nei trattati vigenti le innovazioni

contenute nella costituzione (il mandato, per la precisione, non utilizza

mai il termine "costituzione" ma le " innovazioni risultanti dalla CIG del

2004").

L'Unione Europea si fonderà, pertanto, su due trattati: il trattato UE

modificato e il trattato sul funzionamento dell'unione (già trattato CE,

modificato) che avranno "lo stesso valore giuridico"76.

Pur non avendo più un carattere costituzionale, il nuovo trattato

mantiene le principali realizzazioni del trattato che adotta una

Costituzione per l'Europa, sottoscritto nel 2004 ma mai ratificato.

Per superare i punti di disaccordo fra gli Stati membri e superare

76 Cfr. Il Trattato di Lisbona dopo il NO irlandese, Umberto Allegretti, articolo di prossima pubblicazione con altro titolo anche sulla rivista “Rocca”

80 Renato Franchitto

Page 81: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

l’immobilismo degli ultimi anni, sono stati eliminati determinati punti

presenti nella Costituzione europea. L'”Unione” sostituisce e succede al

termine “Comunità" cioè il termine "Comunità" sarà sostituito ovunque

dal termine "Unione"77.

Il nuovo Trattato rafforzerà la capacità d'azione dell'Unione europea

aumentando l'efficienza e l'efficacia delle istituzioni e dei meccanismi

decisionali. Con il nuovo Trattato, l'Unione europea potrà far fronte alle

nuove sfide globali e alla tematiche che più interessano i cittadini, quali il

cambiamento climatico, la sicurezza energetica, il terrorismo

internazionale, la criminalità organizzata trans-frontaliera, l'asilo e

l'immigrazione.

Il trattato di Lisbona assicurerà che i cittadini europei possano far

sentire la loro voce negli affari europei ed inserisce i loro diritti

fondamentali in un'apposita Carta. L'UE sarà meglio attrezzata per

rispondere alle aspettative dei cittadini in ambiti quali l'energia, il

cambiamento climatico, la criminalità trans-frontaliera e l'immigrazione.

L'UE sarà anche in grado di esprimersi in modo univoco sulla scena

internazionale.

In massima sostanza tra i principali miglioramenti previsti vi sono

un'Unione più democratica, più aperta e più responsabile – sia i cittadini

che i parlamenti nazionali vedranno aprirsi al pubblico scrutinio le

decisioni adottate in prima istanza nel corso del processo legislativo.

I cittadini europei avranno l'opportunità di influire sulle proposte

77 Cfr. Lisbon Treaty and Immigration, Andrew Duff, deputato al PE (ALDE/UK), era uno dei tre rappresentanti del Parlamento europeo alla Conferenza intergovernativa del 2007 insieme a Elmar Brok (PPE/D) e Enriqué Baron Crespo (PSE/ES).

81 Renato Franchitto

Page 82: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

legislative dell'UE78. In tal modo vedremo un'Unione più efficace anche

grazie a istituzioni più efficaci e snellite e a un processo decisionale più

celere e coerente in materia di pubblica sicurezza.

L'UE sarà meglio in grado di lottare contro il crimine, il terrorismo e la

tratta di esseri umani; maggiori diritti per i cittadini europei – i valori e gli

obiettivi dell'UE saranno illustrati in modo quanto mai chiaro. Inoltre la

Carta dei diritti fondamentali godrà di uno status giuridico identico a

quello dei trattati stessi.

Avremo un attore globale di maggiore spicco. L'UE si adopererà per

assicurare maggiore coerenza tra i filoni della sua politica esterna quali la

diplomazia, la sicurezza, gli scambi e gli aiuti umanitari. Il tutto con

un'unica personalità giuridica in modo da consolidare il potere negoziale.

Questi miglioramenti conferiscono all'Unione la capacità di imprimere

cambiamenti, di assicurare maggiore sicurezza e prosperità ai cittadini

europei dando loro l'opportunità di partecipare attivamente alla

globalizzazione.

Se verrà ratificato, il trattato di Lisbona consentirà di compiere un

passo decisivo verso l'evoluzione costituzionale dell'Unione europea. Dal

punto di vista storico la sua importanza è equiparabile a quella del

trattato di Maastricht (1991) che introdusse la moneta unica e definì le

prime disposizioni in materia di politica estera e di sicurezza e per la

cooperazione nelle attività di polizia e giudiziarie.

L'accordo sul nuovo Trattato segnerà la fine di una fase di

integrazione politica controversa iniziata con la convenzione sulla Carta

78 Cfr. http://europa.eu/lisbon_treaty

82 Renato Franchitto

Page 83: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

dei diritti fondamentali nel 1999 e successivamente sviluppata con il

Trattato di Nizza (2000), la dichiarazione di Laeken (2001), la convenzione

sul futuro dell'Europa (2002-03), il Trattato che adotta una Costituzione

per l'Europa (2004), i referendum svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi

(2005) e il successivo "periodo di riflessione".

Con l'entrata in vigore del nuovo trattato, l'Unione europea non avrà

bisogno e non cercherà il trasferimento di nuove competenze da parte

degli Stati membri. Sebbene un'ulteriore razionalizzazione e

semplificazione siano possibili e auspicabili, il sistema di governo stabilito

a Lisbona dovrebbe, in linea di principio, essere forte e stabile.

83 Renato Franchitto

Page 84: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

INDICEINDICE

Introduzione

1. Le origini dell'intervento comunitario in tema di immigrazione

2. Verso Maastricht: l'Atto Unico europeo, gli accordi di Schengen

3. Il Trattato di Maastricht

4. Il Trattato di Amsterdam e la “comunitarizzazione” della materia

5. La "spinta" di Tampere

6. Il contesto normativo attuale

7. Immigrazione ed allargamento ad est dell'Unione europea

8. Dall'insuccesso del “Trattato che adotta la Costituzione per

l'Europa” fin al “Trattato di Riforma”

Indice

Bibliografia

84 Renato Franchitto

Page 85: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

BibliografiaBibliografia

Fondazione Nord Est LaPolis-Università di Urbino Quinto Rapporto

”Immigrazione e cittadinanza in Europa. Orientamenti e atteggiamenti

dei cittadini europei” - (a cura di I. Diamanti e F. Bordignon) Quaderni

FNE Collana Osservatori, n.21-novembre 2005

ll Trattato di Lisbona dopo il NO irlandese, Umberto Allegretti, Rocca;

Cfr.Caritas/Migrantes ”Immigrazione. Dossier Statistico XV Rapporto”,

2005

Immigrazione,asilo e soggiorno nella UE, Bruno Nascimbene

La libera circolazione dei lavoratori, Bruno Nascimbene

Circolazione dei lavoratori dei paesi terzi alle dipendenze di

imprenditori comunitari e libera prestazione dei servizi, Gulotta

Il rapporto tra gli orientamenti in materia di occupazione, introdotti

con il Trattato di Amsterdam, e gli indirizzi di massima per le politiche

economiche degli Stati membri, S. Cafaro

The Treaty of Amsterdam and migration law, K. Hailbronner

Cittadinanza dell'Unione e libera circolazione delle persone, B.

Nascimbene

L'immigrazione nel diritto dell'Unione europea, Manca L.

Da Schengen a Maastricht, Bruno Nascimbene

L'Unione europea e i diritti dei cittadini dei Paesi terzi, in Il trattato di

Amsterdam, Bruno Nascimbene

85 Renato Franchitto

Page 86: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

Siti Web:

http://europa.eu/scadplus

http://eur-lex.europa.eu [Normativa e direttive]

http://www.immigrationboard.com

http://europa.eu.int/comm/justice_home/

http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier

http://www.wikipedia.com [IT - EN]

86 Renato Franchitto

Page 87: L'evoluzione storica della politica comunitaria in materia di immigrazione

87 Renato Franchitto