"l'impresa come opera d'arte" - articolo pubblicato sulla rivista...
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Cosa intendiamo per "impresa come opera d'arte e lavoro come capolavoro".TRANSCRIPT
L’IMPRESA, IL LAVORO, LA FORMAZIONE COME OPERE D’ARTE
il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
di Trento e Rovereto
È possibile trasformare la propria azienda, il lavoro e la formazione in capolavori, proprio come quelli che vediamo solitamente nei musei, in opere d'arte destinate a durate e a essere ammirate nel tempo? Questa è la domanda da cui trae spunto questo articolo1 e l’iniziativa di riferimento ad esso correlata, realizzata periodicamente dal 2012 presso il MART, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, da parte di COME, Competenze Metodologiche per lo Sviluppo della Cultura Organizzativa: un’iniziativa formativa che prevede l’alternanza tra la fruizione delle opere d’arte presenti nella collezione, secondo un percorso pensato ad hoc, e momenti di approfondimento e di action learning orientati verso l’applicazione concreta dell’idea artistica nelle realtà organizzative di provenienza dei partecipanti. Questa recente via di ricerca e proposta applicativa si impernia sul costrutto e sull'esperienza dell'opera d'arte, perché essa, più di ogni altra realizzazione dell'essere umano, è percepita come qualcosa che ha in sé uno scarto dalla norma, un valore di a-‐tipicità ed eccezionalità che la rende bella, emozionante, durevole nel tempo, accessibile per tutti: un ‹‹classico che non ha mai finito di dire quel che ha da dire›› per dirla con Calvino, qualcosa che ‹‹comunica molto più di quel che dice››, scriveva già 2500 anni fa Aristotele.
1. IL MONDO DEL LAVORO A UN BIVIO: DECLINO O RINASCITA Negli ultimi anni le uniche società di consulenza che hanno fatto grossi profitti sono state quelle che hanno portato dentro le aziende il verbo dell’efficientamento, del “cost-‐cutting” e, in definitiva, della riduzione degli organici. Peccato che oramai la Sociologia del Lavoro ci dica in tutti i modi che questi interventi non siano stati generativi di opportunità e di cambiamento positivo per ridare “senso” al nostro agire lavorativo ed innescare un circolo virtuoso, tale da consentire di uscire dal “cul de sac” in cui ci siamo cacciati! Gli investimenti sulle soft skills e sulla formazione manageriale in generale sono in picchiata e i professionisti della formazione lavorano (quando ci riescono) sui temi della formazione obbligatoria o di quella tecnico-‐specialistica (quando viene considerata strettamente indispensabile e “abilitativa” all’esercizio di un mestiere). Le poche iniziative, sorte recentemente a livello internazionale, intorno alle possibilità generative dell’opera d’arte si sono poste sul mercato della formazione come risposta radicalmente antitetica alla “mainstream”, appoggiandosi a una modalità di pensiero che potrebbe essere definita “controintutiva”. Il perché è ben sintetizzato in queste parole di Albert Einstein: ‹‹La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi››. Di fronte all’avvitamento progressivo del
1 Questo articolo riporta costitutivamente i contributi di Max Caccamo e Chiara Bottini, co-‐ideatori e co-‐attuatori dell’esperienza di COME.
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sistema aziendale (figlio dell’avvitamento progressivo del sistema economico-‐sociale) sembra sia arrivato il momento di “fermare le macchine” e ripartire secondo una direzione che può avere tanti connotati diversi ad esclusione di uno solo: perseverare nei modelli e nei piani d’azione seguiti fino ad oggi.
2. L’INCONTRO TRA IMPRESA E OPERA D’ARTE: DALL’IMPOSSIBILE AL POSSIBILE
“Poesia è l’impossibile
reso possibile”. Federico Garcia Lorca
A. Qual è il confine tra possibile e impossibile? È questo un quesito apparentemente provocatorio e poco pertinente rispetto al contesto organizzativo, specie in un momento nel quale il bisogno di concretezza e ottimizzazione viene scambiato con l’impossibilità di alzare il capo e dare uno sguardo oltre il quotidiano. Eppure, giocando sul sottile filo che separa vero e verosimile, oggettivamente rappresentato e soggettivamente intuito, lo scrittore Massimo Bontempelli, nel suo “Quasi d’amore”, ci dimostra come una suggestione ben costruita sia in grado di rendere irrilevante la presenza di spiegazioni oggettive, lasciando che il piacere dell’incontro con questo racconto risieda proprio nella contaminazione e nello sfiorarsi tra i piani del possibile e dell’impossibile, piani che non solo convivono adiacenti più spesso di quel che sembri, ma la cui natura può essere invertita in qualsiasi momento grazie all’intervento interpretativo del lettore. L’organizzazione è un sistema dalle variabili estremamente variegate; come in qualsiasi contesto complesso, perché possa essere gestita la miriade di informazioni e di eventi del tessuto circostante, diventa fisiologicamente indispensabile una qualche forma di semplificazione, di lettura parziale e circostanziata. Pertanto, diventa operazione ardita affermare che esista una realtà oggettiva riconosciuta universalmente, cui tutti sentano di appartenere nel medesimo modo, risolvendo così per sempre il tema del cosa si possa o non possa fare. E’ probabilmente più corretto affermare l’esistenza di un’insieme di percezioni, di visioni, una costante costruzione e ricostruzione degli scenari ai quali vengono attribuiti significati e importanza del tutto personali, pur in presenza di medesimi obiettivi. La corrente letteraria del Realismo Magico, di cui Bontempelli è stato massimo esponente italiano, nasce proprio dal bisogno di ‹‹reimparare l’arte di costruire, per inventare i miti freschi onde possa scaturire la nuova atmosfera di cui abbiamo bisogno per respirare››. La ricerca di nuove chiavi interpretative diventa l’azione indispensabile per relazionarsi con l’arte, che ci colloca in una posizione leggermente diversa rispetto alla realtà, stimolandoci ad essere possibilisti e meno prevenuti, in modo che la domanda cruciale smetta di essere ‹‹cosa è successo realmente?›› e diventi ‹‹come possiamo riuscire a crederlo?››. La Letteratura, la Musica, l’Arte figurativa interrogano l’organizzazione, aiutandola a rivedere i meccanismi percettivi e ad ampliare i confini di senso. B. Alcune possibilità Come può avvenire, almeno potenzialmente, l’incontro tra arte e mondo del lavoro? Recenti sperimentazioni su scala internazionale, se pure isolate e ancora in forma embrionale, mostrano alcuni livelli come più emergenti. A) Il livello più radicale: si possono assumere artisti in alcuni ambiti organizzativi chiedendo loro di ripensare integralmente il lavoro in chiave artistica. È stata in parte la visione di Olivetti2, anche 2 Segnalo un bell’articolo sulla lettera22 che merita d’essere letto: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-‐-‐-‐e-‐-‐-‐idee/2011-‐-‐-‐08-‐-‐-‐11/quella-‐-‐-‐lettera-‐-‐-‐esposta-‐-‐-‐moma-‐-‐-‐063950.shtml?uuid=AaMr7QvD). Nei primi anni 50 l’Italia è ancora un cumulo di macerie, il boom economico di là da venire. L’Olivetti entra in crisi a causa di difficoltà di mercato. Si registrano sovrapproduzione e magazzini pieni. Adriano reagisce in maniera inconsueta: mentre due dirigenti gli
se la radicalità di questa prospettiva è anche la sua criticità: senza un po’ di Olivetti al comando sarà assai difficile che essa prenda piede. B) Si può cercare di definire sia il processo artistico sia le “skills” dell’artista e insegnare a chi lavora l’uno e le altre.
Tuttavia, oltre a questo esemplificativo livello di razionalizzazione, esistono connessioni e associazioni cognitive ed emotive che (quanto a tipologia, intensità, sequenza, qualità e quantità) variano col variare del singolo artista e avvengono, per lo più, dentro un percorso misterioso che si genera nella sua black box. Inoltre, quanto alle skills, insegnare ad essere artista a chi non lo è almeno un po’ pare essere una strada impervia. In altre parole, mettere in mano un pennello a dei dirigenti d’industria può generare un’esperienza in qualche misura “liberatoria” sul piano emotivo, mentre sul piano dei risultati concreti è definibile con “pena” lo stato d’animo più ottimistico di un ipotetico orizzonte d’attesa valutativo. E spesso ancor più pena producono i tentativi dei formatori di convincere i diretti interessati che hanno prodotto dei capolavori. C) Si possono mettere a contatto i due mondi perché il primo, l’arte, funga da ispirazione al secondo, l’organizzazione. D) Si può provare ad esplorare “il business artistico” (ad esempio, l’organizzazione MART) per vedere come funziona il “fare dell’arte un business”.
3. UNA SPERIMENTAZIONE ITALIANA: L’APPROCCIO DI COME A. La Visione
“La letteratura che passa scompare perché ha voluto dire qualcosa, quella che resta rimane perché ha avuto qualcosa da dire”.
Francis Scott Fotzgerald Quale visione ha portato i ricercatori di COME a realizzare un’iniziativa di avvicinamento e innesto tra mondo del lavoro e opera d’arte presso il MART, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto? Un’idea dai tratti compositi! 1) Fare impresa può essere (anche o forse soprattutto in tempi di crisi) un mestiere affascinante che punta non solo a fare profitto, ma anche a creare capolavori e a rendere partecipi tutti dello spirito da “caccia all’oro” dei minatori del Klondike. 2) L’opera d’arte è una metafora necessaria per riprendere a pensare a 360 gradi sui temi organizzativi e delle risorse umane, mentre tentativi apparentemente più realistici (“conteniamo i danni”, “un passo alla volta”, “testa bassa e pedalare”) mantengono il pensiero organizzativo incatenato alle dinamiche dell’efficientamento e il pensiero delle “human relations” avvinghiato al recupero dello stile di management da “padrone delle ferriere”.
suggeriscono di licenziare 500 operai, egli invece licenzia i due dirigenti, raddoppia il numero dei venditori in Italia, il prezzo delle macchine viene ribassato, si aprono nuove filiali commerciali in Italia e all’estero. Per quanto riguarda la produzione si decide soltanto una riduzione degli orari. Sarà il punto di partenza del grande sviluppo che avrebbe investito l’Azienda (e il paese) qualche anno dopo.
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3) Se, per dirla con Adriano Tilgher, il grande valore dell’opera d’arte è nella “vastità della sintesi che la costituisce”, allora essa è la metafora più irrealistica possibile (se applicata ai tempi che si stanno attraversando) e contemporaneamente la più bella, stimolante e generativa possibile. B. Un mix molto concreto Il Network Come, tenuto conto delle criticità latenti in ognuno dei livelli precedentemente esposti, ha elaborato un mix ragionato di essi, scegliendo la strada dell’accostamento delle Arti (non di una sola) all’Organizzazione seguendo la duplice direttiva di: A) una full immersion in un ambiente che trasuda arte, il Mart. B) Una proposta ragionata di stimoli provenienti da Arti diverse secondo un percorso che aggiunge alle parole “accostamento”, “ispirazione” e “stimolo” il valore aggiunto dato dal processo formativo come sequenze pensate con un’intenzionalità didattico-‐trasformativa. È una proposta, dunque, all’interno di un perimetro che gioca sugli stimoli e sull’ispirazione che l’arte può dare a chi lavora per ripensare il lavoro a 360° (organizzazione, aree di responsabilità, attività, relazioni, etc) all’interno di una cornice coesa e volta a valorizzare sul piano formativo la trasferibilità dell’esperienza nel contesto organizzativo. C. Il valore aggiunto della formazione: le possibili letture di un’opera d’arte e le analogie col processo lavorativo
“L’attività artistica sta nel far rivivere in noi stessi una sensazione che si sia sperimentata, e dopo averla fatta rivivere in noi stessi trasformare tale sensazione in movimento, o in linee, o in colori,
o in suoni, o in forme espresse con le parole, così che altri possa provare quella stessa sensazione”.
Lev Nikolaevic Tolstoj
Già nelle sue componenti essenziali l'opera d'arte si presenta come una tessitura che intreccia molteplici fili e in questo è parsa fortemente ravvicinabile al mondo del lavoro. 1) Gli autori, con la loro biografia e le loro intenzioni generative, siamo noi. E noi siamo Persone con una storia, con motivazioni e aspirazioni, bisogni e desideri, calati in uno scenario caratterizzato da cambiamenti economici, politici e sociali di portata mondiale e dagli esiti assai poco definiti. Scenario che si riflette sulla vita organizzativa e la interroga trovando, spesso, risposte parziali o inadeguate. 2) L’opera in sé, decontestualizata da autore-‐tempo-‐storia, con i suoi elementi strutturali-‐ricorsivi che la rendono opera d’arte, la sua appartenenza a un genere, lo specifico codice, può a buon ragione essere avvicinata al nostro oggetto/progetto di lavoro e forse, prima ancora, all'idea stessa di lavoro a cui cerchiamo di dare, giorno dopo giorno, una fisionomia più personale, più “nostra” e, perciò stesso, più autentica. 3) I lettori/osservatori o, per usare un termine tecnico, i fruitori dell’opera d’arte che provano un'emozione, sentono un trasporto, decodificano e ne reinterpretano i significati, possono essere assimilati ai nostri clienti interni ed esterni. 4) il processo artistico fatto di ispirazione, intuizione, creatività ma anche di padronanza di una o più tecnologie produttive e di un incontro (auspicato) con i gusti del pubblico, non ha solo particolarità che lo rendono unico e speciale ma anche analogie e somiglianze al processo economico e di produzione del profitto.
4. I VANTAGGI DELL’INCONTRO FRA ORGANIZZAZIONE E MONDO DELL’ARTE
‹‹Nel correggere lo studio di un allievo, Brjullov lo ritoccò
appena qua e là, e quel brutto, morto disegno d’improvviso prese vita. “Come, lo avete ritoccato un pochino, e tutto è cambiato?”
disse uno dei suoi allievi. “L’arte incomincia là, dove incomincia quel pochino”, disse Brjullov,
esprimendo con queste parole il connotato più caratteristico dell’arte››. Lev Nikolaevic Tolstoj
Le proposte che, se pure ancora isolate, si stanno diffondendo a livello internazionale in tal senso non sono più solo la risultanza di una visione astratta di un gruppo di ricercatori, ma lo sviluppo di una risposta a un bisogno sentito all’interno delle organizzazioni. Quello che in particolare emerge dagli aziendali è il deterioramento dei rapporti interni e l’azzeramento di un ventennio di management “scientifico” delle risorse umane: l’impresa (e il lavoro e la formazione) come opera d’arte nasce come possibile risposta formativo-‐consulenziale a questo bisogno. Quali vantaggi l’impresa può ottenere da questa prospettiva? Ad esempio, attraverso l'opera d'arte è possibile ridefinire il concetto di qualità e valore. Se i criteri abituali sono profitto, margine di contribuzione, qualità attesa dal cliente, rapporto costi/benefici, è possibile far sì che il valore diventi infinitamente superiore al prezzo, che esso sia percepito non solo dagli stakeholders e dagli shareholders tradizionali ma da un pubblico esteso e non sia più solo economico, ma anche estetico e anche afferente alla qualità della vita tout court. Il valore si estende nel tempo e parla così anche a un futuro lontano e a persone lontane. Attraverso l’ibridazione del processo artistico con quello economico/produttivo è possibile mettere nuova linfa in un mondo del lavoro schiacciato dal peso della crisi e dalla ripetitività di ricette che sembrano caratterizzarsi unicamente per il “segno meno”.