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LOOKING FORWARD DALLE INCERTEZZE DEI MERCATI ALLE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA Quinto volume Articoli di Carlo Alberto Carnevale Maffè, Alberto Antonietti, Enrico Sassoon, Fabrizio Sarrocco, Eugenio Bonomi, Danilo Mazzara, Alessandro Zanotti, Roberto Giordano, Andrea Pagliai, Danilo Troncarelli. Interventi di Mauro Accroglianò, Luca Catzola, Paolo Fiorentino, Fabio Leoncini, Andrea Martino, Stefano Quintarelli, Alceo Rapagna, Andrea Rossi, Stefano Tremolanti. Supplemento allegato al n. 5.2012 di ITALIA INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

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LOOKING FORWARDDALLE INCERTEZZE

DEI MERCATI ALLE OPPORTUNITÀ

DI CRESCITA

Quinto volumeArticoli di Carlo Alberto Carnevale Maffè, Alberto Antonietti, Enrico Sassoon, Fabrizio Sarrocco, Eugenio Bonomi, Danilo Mazzara, Alessandro Zanotti, Roberto Giordano, Andrea Pagliai, Danilo Troncarelli.

Interventi di Mauro Accroglianò, Luca Catzola, Paolo Fiorentino, Fabio Leoncini, Andrea Martino, Stefano Quintarelli, Alceo Rapagna, Andrea Rossi, Stefano Tremolanti.

Supplemento allegato al n. 5.2012 diITALIA

ITALIA

INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

LOOKING FORWARDDALLE INCERTEZZE

DEI MERCATI ALLE OPPORTUNITÀ

DI CRESCITA

Quinto volumeArticoli di Carlo Alberto Carnevale Maffè, Alberto Antonietti, Enrico Sassoon, Fabrizio Sarrocco, Eugenio Bonomi, Danilo Mazzara, Alessandro Zanotti, Roberto Giordano, Andrea Pagliai, Danilo Troncarelli.

Interventi di Mauro Accroglianò, Luca Catzola, Paolo Fiorentino, Fabio Leoncini, Andrea Martino, Stefano Quintarelli, Alceo Rapagna, Andrea Rossi, Stefano Tremolanti.

PREFAZIONEElogio dell’incertezza di Carlo Alberto Carnevale Ma!è

INTRODUZIONELe opportunità nascoste nelle pieghe della crisidi Alberto Antonietti ed Enrico Sassoon

Innovare il business model assicurativo per vincere nel nuovo contesto di mercatodi Fabrizio Sarrocco, Massimiliamo Livi, Fabrizio Farris, Antonio Serrapica

Il sistema bancario italiano in un contesto di forte incertezza: opportunità e sfide per uscire dall’empassedi Eugenio Bonomi, Andrea Bargioni, Giorgio Coppola, Matteo Agostini

Il mondo editoriale nel vortice della digitalizzazionedi Andrea Pagliai, Luca Pettinari e Max F. Baldelli

Mercato dei carburanti, liberalizzazione e nuovi modelli operatividi Danilo Troncarelli, Giovanni Campa e Luca Venturini

Tempo di scelte per le aziende biofarmaceutichedi Danilo Mazzara e Francesco Scaccheri

Come a!rontare le nuove sfide della crisi nella spesa pubblica di Roberto Giordano, Andrea Sabatini e Christian Valdivia Torres

Strategie e scenari energetici per gestire i cambiamenti in corsodi Danilo Troncarelli, Pietro Di Maria e Andrea Frau

Marketing etnico: la nuova sfida per il retail di Alessandro Zanotti, Ra!aella Campagnoli, Gianmarco Loreti, Chiara Anna Micale, Giulia Ghiselli e Marco Lancioni

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LOOKING FORWARDDALLE INCERTEZZE DEI MERCATI ALLE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA

SOMMARIO

ITALIA

Direttore responsabile Enrico Sassoon [email protected]

Comitato editorialeRoger Abravanel, Umberto Bertelè, Armando Brandolese, Federico Butera, Carlo Alberto Carnevale-Maffè, Roberto Casaleggio, Maurizio Decina, Alessandro Di Fiore, Vito Di Bari, Guido Di Stefano, Manuela Doglio, Franco Giacomazzi, Raoul C. D. Nacamulli, Luca Pacces, Elserino Piol, Stefano Preda, Walter G. Scott

Collaborazione editoriale Brigida Forese

Collaborazione grafica Carlo Baiardi

Segreteria editoriale Eva Sportoletti Baduel [email protected]

Pubblicità Andrea De RoseTel. 02.6659.4804 [email protected]

StrategiQs Edizioni srlVia Nirone 19, 20123 MilanoTel. 02.3659.9235 – Fax [email protected]

Informazioni e abbonamenti Eva Sportoletti [email protected]

Consiglio di Amministrazione:

Alessandro Di Fiore PresidenteEnrico Sassoon Amministratore Delegato Donato Pinto Consigliere

Via Nirone 19, 20123 Milano - www.hbritalia.it

Testata registrata presso il Tribunale di Milano n. 192 del 20/03/2006 Stampa Industria Grafica -Graphic Scalve, Loc. Ponte Formello Vilminore di Scalve (BG) Distributore per l’Italia: Arnol-do Mondadori Editore S.p.A. 20090 Segrate (Mi) Abbonamenti: Press-Di, Milano Oltre, via Cassanese 224, 20090 Segrate (MI). Per infor-mazioni: tel. 199.111.999; fax 030.3198.202; e-mail: [email protected]. Indirizzo postale: Servizio Abbonati – Casella Postale 97 – 25197 Brescia. Abbonamento annuale: Euro 99,90 (Euro 135,00, sconto 26%),oltre spese di spedizione secondo tari!e per l’estero. Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la can-cellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a Press Di srl – Distribuzione Stampa e Multimedia - U"cio Privacy – Milano Oltre - Via Cassanese, 224 - 20090 Segrate (MI)

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QUANT’È BELLA INCERTEZZA, CHE S’INVENTA STRATEGIA. In un’economia di mercato, solo i burocrati odiano l’incertezza. I giovani talenti, gli imprenditori, chi fa ricerca e innovazione, no. La rispettano, la studiano, ma non la temono. In fondo, l’incertezza è base fondamentale del profitto schumpeteriano, tempesta perfetta sulle rendite di posizione, fattore irrinunciabile di mobilità sociale per il merito.L’incertezza è rivoluzionaria. Lascia vuoti da riempire, apre territori di nuove domande. E’ l’oc-casione d’oro dei followers per scalzare leader consolidati, è il salto di vento che consente stram-bate competitive a chi vuol provare a uscire dal gruppone di regata.Altro che “terza via”: l’incertezza è il più efficace sistema di redistribuzione sociale della ric-chezza. Forse non il più equo, ammesso che ne esista uno, ma certo il più drastico. L’incertezza distrugge patrimoni consolidati, e certo ricrea indesiderabili sacche di povertà: ma in compenso genera nuove fonti di reddito e libera energie imbrigliate dalla conservazione del potere.Qualcuno ancora rimpiange la “stabilità”, costosissimo prodotto sociale delle istituzioni. De-siderabile, certo, ma fino a un certo punto. Non necessariamente dagli ultimi, dagli esclusi, dai giovani senza opportunità, dai talenti senza raccomandazioni e senza amicizie influenti.Talvolta la propaganda della stabilità è una forma di psicofarmaco sociale, una sostanza stupe-facente spacciata da chi ha interesse al mantenimento dello status quo. Se la presunta stabilità è la facciata di cartapesta di un’arcigna difesa del potere consolidato, non è un “bene pubblico”.Invece sono le regole - e il loro rispetto – a essere un public good, che può essere prodotto solo con un accordo collettivo. Se l’incertezza non è “sulle” regole, ma “dentro” alle regole condivise, allora l’economia dell’incertezza è un’economia interessante e sfidante, vera condizione di mer-cato imprenditoriale e competitivo. Per chi ha responsabilità d’impresa, dunque, il contesto di un’economia dell’incertezza è il ter-reno di sfida su due fronti: quello interno e quello esterno all’organizzazione.

Elogio dell’incertezzadi Carlo Alberto Carnevale Ma!è *

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1) Verso l’interno: l’incertezza spinge a progettare nuove strutture di costi, nuovi processi e border competences, e ad assumere leadership manageriale con robusti strumenti di risk management.L’incertezza richiede nuove border competences perché il nuovo centro delle strategia è sui con-fini dell’organizzazione. Sono le “competenze di confine” quelle più critiche: risk management, business venturing, cost management marginale, gestione dell’ecosistema. In particolare, il risk management va visto come come logica di strategia ex ante, non come tardiva polizza assicura-tiva ex post.L’incertezza richiede una cost strategy della flessibilità organizzativa. Ma obbliga anche a una precisa strategia patrimoniale, a una ridefinizione della struttura delle passività di bilancio. Esige una nuova strategia finanziaria, diversi rapporti tra banca e impresa, innovativi sistemi di traspa-renza informativa reciproca. Va superato il mercato opportunistico del multiaffidamento ban-cario, che ha costituito il brodo di coltura del credit crunch, dove le imprese non si impegnano alla trasparenza e al controllo dei risultati, e le banche non si sforzano di capire e di discriminare tra merito e demerito di credito. E va recuperato un rapporto stabile tra azienda e intermediari finanziari, che consenta di gestire meglio l’incertezza finanziaria proprio usando la leva della riduzione di asimmetrie informative reciproche.2) Verso l’esterno: l’incertezza porta a progettare nuovi mercati e a innovare le regole del gioco competitivo, invitando alla leadership imprenditoriale e istituzionale. L’incertezza alza il prezzo del rischio di mercato. Quindi i profitti di chi sa gestirlo. Mentre la bonaccia della stabilità fa muovere tutti alla stessa velocità, l’incertezza consente arbitraggi di valore tra i pavidi e i co-raggiosi. Richiede di saper progettare mercati, non solo prodotto o servizi. E quindi progettare regole, non solo subirle.I mercati sono luogo di elaborazione dinamica dell’incertezza, di processi adattivi tra domanda e offerta. Creare mercati dove ci sono monopoli, introduce flessibilità al posto di rigidità. Il primo esempio è quello dell’organizzazione del lavoro: dove in tempi statici e prevedibili può prevalere il modello gerarchico-funzionale, stabile ed efficiente, in tempi d’incertezza emerge il modello imprenditoriale-divisionale, le organizzazioni si frammentano ed entrano in relazione di mercato tra loro. La domanda di servizi professionali cresce in contesti di incertezza, perché essi sono il sale della flessibilità operativa e della tempestività.La buona notizia è che finalmente l’incertezza riguarda anche il sancta sanctorum del settore pubblico, cresciuto a dismisura e in maniera inefficiente, invadendo spazi di mercato con il suo peso burocratico e clientelare. E’ certo disorientante, ma anche sfidante, non poter più usare il rendimento dei titoli pubblici come tasso risk free nei calcoli sul costo medio ponderato del capitale nei piani d’impresa.L’incertezza normativa richiede nuove capacità non solo di lobbying, ma anche di autoregola-mentazione dei soggetti d’impresa. I soggetti istituzionali tradizionali diventano più deboli e impegnati sul fronte del consolidamento interno, finanziario e organizzativo, più che su quello di regolatori di mercato. Poiché interferiscono sul mercato dei capitali, distorcendo i tassi d’in-teresse, gli enti pubblici si sono trasformati da arbitro in giocatore pasticcione nel mercato del rischio.L’incertezza fa cambiare Governi e istituzioni. E le imprese assumono, in tempi d’incertezza, nuovi ruoli istituzionali, diventando esse stesse garanti di servizi – educazione, welfare, salute – troppo spesso maldestramente occupati dall’inefficienza statale.Che cos’è l’innovazione, d’altra parte, se non produzione intenzionale d’incertezza? L’in-certezza endogena e volontaria dell’innovazione è solo l’altro lato della medaglia rispetto all’incertezza esogena e sistemica del mercato. Chi è abituato a innovare, non ha ragione di temere l’incertezza. In fondo, è la migliore compagna di viaggio della magnifica avventura che chiamiamo “fare impresa”.

* Carlo Alberto Carnevale Ma!è è Docente di Strategia, Scuola di Direzione Aziendale, Università Bocconi.

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PER LE IMPRESE ITALIANE L’OBIETTIVO DA CENTRARE NEI PROSSIMI MESI È QUELLO DELLA CRESCITA. La domanda che ci si pone, al termine (si spera) di quello che a buon titolo può considerarsi come il “decennio perduto” dell’economia italiana, che si è distinta per il poco onorevole primato della crescita zero, è se le condizioni interne ed esterne lo consentiranno. E, una volta che si sia raggiunta una ragionevole certezza che queste condizioni si stiano deter-minando, cosa devono fare le imprese per uscire dalla stagnazione e far ripartire investimenti, occupazione e crescita.Iniziando dal contesto internazionale, occorre rilevare che le incognite più gravi che offusca-vano il quadro fino a pochi mesi fa sono almeno parzialmente risolte. L’economia italiana non è più vista come la mina vagante in grado di far affondare il convoglio europeo ma, al contrario, il governo Monti ha in poco tempo raccolto consensi e approvazione generale grazie a riforme e provvedimenti sufficientemente chiari ed efficaci. L’altra minaccia al quadro europeo, la Grecia, a sua volta sembra avere disinnescato, almeno per ora, il rischio di default, anche se le pre-occupazioni restano. Ma se la Grecia terrà, e se non si manifesteranno nuovi punti di rottura nell’Unione europea (ad esempio, il Portogallo) il peggio della crisi europea potrebbe essere alle spalle, come ha più volte lasciato intendere il presidente della Bce Mario Draghi.Un altro elemento positivo è rappresentato dagli Stati Uniti dove la crescita, pur lenta, è ormai realtà e dove, forse anche grazie al ciclo elettorale, la domanda si sta irrobustendo, favorendo i piani di investimento e crescita delle imprese. Un ottimismo diffuso rispecchiato dall’anda-mento di Wall Street, che ha recuperato a marzo i livelli perduti nel 2008. E per quanto riguarda i Paesi emergenti, i segnali restano dinamici in molti dei principali Paesi – Cina, India e Brasile in testa – nonostante qualche rallentamento connesso alle onde d’urto globali della crisi. Ma è lì che, per motivi ovvi, la domanda continua a crescere a ritmi elevati.Insomma, se non emergeranno traumi inattesi (e il petrolio desta qualche preoccupazione) il

Le opportunità nascoste nelle pieghe della crisidi Alberto Antonietti ed Enrico Sassoon *

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2013 potrà costituire l’inizio di un nuovo ciclo di espansione, i cui protagonisti saranno indub-biamente i Paesi emergenti.Al quadro italiano si è accennato. Al governo in carica vanno riconosciuti molti meriti per quanto realizzato in meno di sei mesi. Il famoso (o famigerato) indicatore rappresentato dallo spread è lì a dimostrare che l’opinione dei mercati è mutata in un breve lasso di tempo; persino le agenzie di rating, che hanno così violentemente declassato l’Italia nel clou della nostra crisi di credibilità, lasciano filtrare un possibile rialzo del rating italiano a media scadenza. Se guardiamo, però, al quadro attuale della competitività e delle imprese, dobbiamo sottoline-are che la situazione non sta ancora migliorando in modo sensibile e convincente. L’Italia, nel suo insieme, arranca molto in basso nella scala mondiale della competitività, al 43° posto nel ranking del World Competitiveness Report, laddove gli Stati Uniti stanno al 5° posto. Del tema della competitività si parla troppo poco e si agisce ancora meno. E la realtà vera è che il quadro italiano è estremamente disomogeneo, con un numero limitato di aziende che ha continuato a performare in modo egregio anche durante il peggio della crisi, e molte altre che arrancano tra le mille difficoltà del mercato interno, incapaci di realizzare le strategie di investimento e inno-vazione necessarie a competere in Italia e fuori.Certo, la crisi è dura, specie in relazione al virtuale blocco del mercato del credito per un periodo troppo lungo di tempo. Ma al credit crunch non si possono attribuire tutte le responsabilità, dato che vi è chi è riuscito a emergere nonostante la evidente crisi di liquidità. Si è giustamente rilevato che sono ancora troppo numerose le aziende che aspettano aiuti dal si-stema pubblico e che attendono passivamente che la domanda interna dia segnali di risveglio. Il ben noto divario tra le imprese internazionalizzate e quelle ancora totalmente o prevalentemente dipendenti dal mercato interno rimane forte e forse anche più ampio che in passato. Eppure è sotto gli occhi di tutti che il mercato italiano, e gran parte di quello europeo, mostrano gradi di dinamismo molto inferiori agli effervescenti mercati dell’Asia e dell’America Latina, dove le opportunità di business sono crescenti e disponibili, sempre che si decida di provare a coglierle.Occorrono, certamente, chiarezza di idee e coraggio imprenditoriale, senza di che un programma di internazionalizzazione diventa un’avventura rischiosa e potenzialmente fatale. Occorre una visione d’insieme che punti a innovare prodotti e processi in funzione di una accresciuta qualità e competitività, e anche questo si rivela un handicap purtroppo ancora molto comune.Ma l’Italia offre comunque due elementi di forza su cui contare: una vera e propria “nuvola” di servizi professionali per le imprese di elevata qualità; e una elevata professionalità manageriale temprata nel fuoco del marasma stagnante e burocratico generato da una pubblica amministra-zione non all’altezza della situazione.Come sempre, dunque, l’Italia dell’economia e delle imprese presenta un quadro di luci e ombre. Compito di tutti noi, a partire da un Governo che dobbiamo sperare più longevo di quanto per ora è dato attendersi, è fare in modo che i punti di forza si consolidino e i punti di debolezza recedano in tempi non biblici, ma operativamente ragionevoli.I saggi di questo rapporto speciale di Accenture, il quinto in tre anni in uscita con Harvard Bu-siness Review Italia, vogliono contribuire a individuare le strategie d’impresa che possano con-sentire, nell’attuale contesto internazionale, di trasformare le ombre in luci, senza nascondersi che le ombre sono ancora molto fitte. Fuori di metafora, il vero problema oggi è individuare le opportunità che si nascondono spesso in mezzo a laghi d’incertezza, coscienti del fatto che per quanto negative, le difficoltà e le incertezze hanno un merito, poiché spesso creano quei differenziali di tensione che generano il movimento e dunque, una volta ancora le opportunità, rendendole più visibili e utilizzabili.Uno dei settori cruciali per ogni sistema economico è quello bancario, e l’Italia non fa certo eccezione. L’articolo di Eugenio Bonomi, Andrea Bargioni, Giorgio Coppola e Matteo Agostini

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analizza le criticità attuali e le prospettive future di un settore che se vorrà vincere la sfida della crescita dovrà prima di tutto avviare una profonda trasformazione dei modelli di business e operativi non più sostenibili in un contesto di rallentamento dei ricavi che implica rapporti di cost-income eccessivamente elevati. Le banche dovranno ispirare la loro azione al principio del

“new size & new shape”, inteso come un insieme di interventi riconducibili alle seguenti direttrici principali: una riconfigurazione dell’assetto distributivo, attraverso l’adozione di modelli di governo delle Reti più “corti” ed efficaci, la rivisitazione dei format di filiale e il potenziamento delle iniziative di remotizzazione della clientela; un modello operativo snello e flessibile, in ter-mini di standardizzazione dei processi, rinnovamento dell’architettura IT e creazione di centri di eccellenza gestiti in partnership. Al fine di valorizzare le efficienze realizzate occorre puntare sulla capacità di portare a reddito le risorse “liberate”, mediante l’ingresso in nuovi business o strategie mirate di “insourcing”. Messaggi coerenti con quanto descritto sopra vengono anche dall’intervento di Paolo Fiorentino, COO di UniCredit Group, che sottolinea l’importanza dei risultati già ottenuti dal Gruppo con interventi di revisione del modello di business e operativo (progetto “One4C”) e di ottimizzazione della macchina operativa (creazione di UBIS - UniCre-dit Business Integrated Solution - All4Quality).Anche il settore assicurativo attraversa una fase connotata da rischi e incertezze che vanno affrontate – sostengono gli autori dell’articolo Fabrizio Sarrocco, Massimiliano Livi, Fabrizio Farris e Antonio Serrapica – con l’obiettivo di promuovere delle istanze, ormai non più rinviabili, di cambiamento e rottura con i modelli tradizionali. D’altronde, l’evoluzione del comporta-mento dei clienti e della normativa indica già una strada per la trasformazione delle compagnie assicurative, che dovranno basarsi su una più accentuata capacità previsionale e una più pronta capacità di reazione al verificarsi degli eventi, adottando un modello operativo e di business sempre più leggero, efficiente, digitale e integrato. In questo contesto, di cui l’innovazione tecnologica costituisce un elemento cruciale, le compa-gnie devono più che mai puntare all’eccellenza, attivando soluzioni operative che consentano di migliorare la capacità di predire gli scenari futuri, utilizzando la conoscenza approfondita della clientela, reagendo velocemente al cambiamento e sfruttando l’innovazione su ogni pilastro del proprio modello di business.Snellire i processi facendo leva sulla dematerializzazione delle informazioni e dei documenti,

“vivere” il nuovo mondo dei Social Media per incrementare il patrimonio informativo e gestire proattivamente la relazione con il cliente, sviluppare nuovi prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico (es: black box) sono solo alcuni tra i tanti esempi di nuovi comportamenti “virtuosi” che devono essere alla base del nuovo modo di competere delle compagnie di domani.Se la crisi ancora in atto impone al mondo del business di cambiare e trovare nuove strade, di certo questo vale a maggior ragione nell’ambito del settore pubblico, dove la necessità del riordino dei conti pubblici si somma all’esigenza di fornire servizi migliori e più efficienti ai cittadini. In quest’ottica, rilevano gli autori dell’articolo dedicato ai servizi pubblici (Roberto Giordano, Andrea Sabatini e Christian Valdivia Torres) l’efficienza della spesa pubblica diventa una criticità alla quale le Amministrazioni devono rispondere al più presto con soluzioni convin-centi. Dati i vincoli imposti da un rinnovato rigore dei bilanci pubblici, i dirigenti delle funzioni acquisti devono mettere in atto interventi concreti di razionalizzazione delle spese agendo in particolare su tre leve gestionali: la qualità della fornitura in termini di rispondenza agli effettivi requisiti espressi dalle pubbliche amministrazioni; il controllo sui volumi delle forniture per evitare situazioni di spreco; e l’introduzione di processi innovativi di appalto che consentano di agire sul prezzo delle forniture di prodotti e servizi. Gli autori avanzano così dettagliate proposte operative finalizzate a riqualificare le modalità di spesa e basate su una maggiore professionalizzazione della funzione acquisti, sull’industrializ-

LE OPPORTUNITÀ NASCOSTE NELLE PIEGHE DELLA CRISI

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zazione dei processi e sull’innovazione nelle modalità di acquisizione. Attribuendo tali funzioni di demand management alle amministrazioni, i benefici conseguenti saranno percepiti non solo in termini di risparmio nella spesa pubblica, ma anche di ricadute positive sui livelli di innova-zione tecnologica dell’intero sistema-paese.Anche il settore delle utility, in particolare quelle attive nella filiera dell’energia elettrica, sta attraversando un periodo di marcati cambiamenti in seguito ai forti mutamenti già da tempo in atto nelle politiche pubbliche, all’emergere di nuove tecnologie e alle scelte dei consumatori. Le aziende del settore, ritengono gli autori dell’articolo ad esso dedicato (Danilo Troncarelli, Pietro Di Maria e Andrea Frau), dovranno accettare di operare in regime di incertezza in tutte le fasi della catena del valore così come si viene oggi a configurare, potenziando le competenze di risk management, in modo da non perdere posizioni di mercato e allo scopo di posizionarsi al meglio sia nei business consolidati, sia in quelli che stanno emergendo.Le direttrici strategiche da perseguire riguarderanno in particolare una maggiore automazione dei processi e lo sviluppo di modelli matematici sempre più affidabili; il miglioramento dei servizi a valore aggiunto verso i clienti con l’adozione contestuale di avanzati sistemi di CRM; un’evoluzione delle attività complessive di pianificazione e programmazione in ottica forward looking sia nella generazione elettrica sia nelle funzionalità di back office, con l’obiettivo di ot-timizzare i costi e di massimizzare il ritorno degli investimenti. Cruciale sarà anche la capacità di introduzione di elementi di innovazione tecnica e di offerta commerciale, tenendo conto della crescente sensibilità della domanda in campo ambientale e della pressione competitiva eserci-tata da nuovi attori, talvolta più snelli e flessibili, nella filiera dell’energia.Strettamente connesse alle problematiche del settore delle utility energetiche si pongono le tematiche del mercato dei carburanti, caratterizzato da forti differenziali di prezzo rispetto agli altri principali paesi europei e da una struttura distributiva che contiene forti potenziali di miglioramento in termini di redditività ed efficienza. Come scrivono nel loro articolo Danilo Troncarelli, Giovanni Campa e Luca Venturini, il differenziale di prezzo della benzina è sfavore-vole all’Italia anche solo considerando il prezzo industriale e tralasciando le componenti delle accise e dell’Iva, e un suo annullamento si ripercuoterebbe in un forte risparmio per i consu-matori finali, il che costituisce l’obiettivo primario della liberalizzazione attualmente perseguita dal Governo italiano.Il differenziale di prezzo è frutto di molteplici componenti: morfologia del territorio, alto nu-mero dei distributori, bassi volumi commercializzati, scarsi ricavi non oil, orari contenuti di apertura, assenza di un trasparente mercato all’ingrosso, scarsa presenza di distributori indi-pendenti e di GDO nella distribuzione dei carburanti. La liberalizzazione contribuirà a mutare l’attuale contesto di mercato. Per una vera discesa dei prezzi finali, occorrerà un deciso ripensa-mento del modello di business dei gestori di impianti di distribuzione dei carburanti che punti a sviluppare una maggiore fidelizzazione della clientela, nuovi servizi e fonti di reddito e un geopricing avanzato.Un segmento di mercato di particolare interesse si riferisce alla nuova realtà multietnica che connota tutti i principali paesi avanzati, Italia compresa, e che costituisce una rilevante op-portunità di business per le aziende retail che sanno comprenderla e gestirla con gli opportuni strumenti di marketing. Il marketing etnico, spiegano gli autori del saggio su questo tema (Ales-sandro Zanotti, Raffaella Campagnoli, Gianmarco Loreti, Chiara Anna Micale, Giulia Ghiselli e Marco Lancioni) consente di definire nuovi cluster di clientela con caratteristiche differenti rispetto al mercato come è stato finora considerato. Gli operatori che applicano con successo i principi del marketing etnico sono oggi quelli più inclini a proporre servizi dedicati in base a provenienza geografica, credo religioso, abitudini di spesa e alimentari, background culturale e comportamento di acquisto, come emerge in particolare nei settori analizzati (telecomunica-

* Alberto Antonietti è Accenture Strategy Lead, Italy, Eastern European Countries, Middle East Enrico Sassoon è Direttore responsabile di Harvard Business Review Italia.

zioni, banking, grocery e beauty).Gli autori suggeriscono una precisa metodologia per aggredire con successo questo mercato di crescente dimensione e importanza, basata sulla comprensione e la valorizzazione di differenze fondamentali all’interno dei segmenti di clientela target. Adottare il marketing etnico come leva di differenziazione, tuttavia, non si limita alla definizione della strategia e alla misurazione dei risultati; il successo di tali iniziative non può infatti prescindere da un adeguamento anche organizzativo da parte delle aziende con l’utilizzo di team multifunzionali e, perché no, anche multietnici. Un altro settore in cui le dinamiche del cambiamento appaiono particolarmente elevate è quello della salute, dove le scelte che si pongono oggi alle aziende bio-farmaceutiche risentono di mu-tamenti strutturali in atto in tutti i principali paesi avanzati. La scadenza di importanti brevetti sta accelerando la fine del modello blockbuster-driven, con il mercato delle grandi molecole sem-pre più dominato dai grandi genericisti, mentre le politiche di efficientamento della spesa pub-blica sanitaria limitano l’espansione del mercato dei farmaci più innovativi in area specialistica.Questo si traduce – sostengono gli autori del saggio, Danilo Mazzara e Francesco Scaccheri - nell’incertezza in merito alla sostenibilità degli attuali modelli di business, da cui sembrano “salvarsi” solo le aziende che hanno consolidato la propria posizione di leadership su alcune aree chiave.Nei prossimi 5 anni i cambiamenti strutturali in atto nel settore della salute obbligheranno le aziende farmaceutiche a ridefinire con chiarezza il proprio posizionamento strategico, ade-guando di conseguenza il modello di business per salvaguardare la marginalità a fronte di un mercato sempre più maturo, non più disposto a garantire indistintamente un premium price. Per ottenere elevate performance sostenibili nel medio termine le aziende farmaceutiche dovranno identificare le proprie aree di eccellenza (tangibili e intangibili) e ristrutturare il proprio modello operativo coerentemente con il nuovo focus identificato.Questo rapporto speciale di Accenture si conclude con una approfondita analisi elaborata da Andrea Pagliai, Luca Pettinari e Max F. Baldelli sul mondo dell’editoria, oggi nel pieno di un vortice di cambiamento determinato in misura prevalente dalla digitalizzazione dei media e accentuato dalla crisi del contesto economico globale che agiscono di conserva nel determinare una marcata contrazione dei volumi e dei ricavi di vendita. Fenomeni irreversibili e dai confini ancora incerti, ma che vedono da un lato operare nuovi player di diversa natura (come social network, local editor, blogger, twitter, portali di immagini, aggregatori di contenuti, piattaforme di blogging e altro ancora) e da un altro lato un nuovo tipo di cliente e lettore, sempre meno fedele e distinguibile. Il business dell’editoria, rileva l’autore, è ormai maturo nella misura in cui le fonti principali di ricavo (vendite e pubblicità) sono fortemente messe in discussione dal calo dei volumi e dall’au-mento del tempo speso dai lettori sui media digitali, che sposta la spesa pubblicitaria dai mezzi cartacei a quelli innovativi.In questa situazione di cambiamento galoppante, gli editori devono rapidamente trasformare il proprio modello di business anche se l’obiettivo minimo fosse quello della semplice soprav-vivenza. L’articolo identifica con precisione le nuove caratteristiche dei lettori, degli strumenti tecnologici e dei canali di distribuzione che le aziende editoriali devono imparare a gestire in modo attivo e propositivo, in una prospettiva che vedrà con ogni probabilità affermarsi un numero limitato di grandi realtà editoriali capaci di fungere da catalizzatore per un insieme di realtà editoriali di minore dimensione in una logica di service e di collaborazione/alleanza. In-novazione di piattaforma, velocità e flessibilità saranno, in questo contesto, le leve su cui giocare la capacità competitiva del futuro.

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LE OPPORTUNITÀ NASCOSTE NELLE PIEGHE DELLA CRISI

10 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

I consumatori assicurativi stanno cambiando rapida-mente: sono sempre meno fedeli alla compagnia, più informati e attenti al prezzo (anche se disposti a pagare un premium price per prodotti e servizi personalizzati e “a valore”), più maturi e attenti alle innovazioni tec-nologiche, utilizzano digital device e social network come principali fonti per la ricerca di informazioni e la condivisione di opinioni su prodotti e servizi. Si assi-ste però anche a un certo deterioramento del rapporto assicuratore-cliente, testimoniato dall’incremento della sinistrosità “sociale”, attraverso la quale il cliente, in condizione di bisogno, cerca di rivalersi sulla com-pagnia di un rapporto economico percepito erronea-mente come vessatorio.Anche le recenti evoluzioni normative (non ultimo il decreto liberalizzazioni del governo Monti), spin-gono il settore verso il cambiamento, incoraggiando e premiando un modello di compagnia più leggero, efficiente, digitale e integrato. Da un lato, sono ulte-riormente accentuati i classici concetti di efficienza, con la revisione del modello operativo e organizzativo in ottica di miglioramento continuo e di trasparenza, con l’introduzione di ulteriori obblighi di informativa.

Il settore assicurativo si ritrova oggi ad es-sere colpito da ciò che è solito gestire per conto dei propri clienti: rischio e incer-tezza. La condizione di discontinuità eco-nomica e sociale può tuttavia costituire un momento di rottura per il cambiamento e lo sviluppo del settore, tendenzialmente caratterizzato da modelli di business sta-

tici e tradizionali. L’evoluzione del comportamento dei clienti e della normativa indicano già una strada per la trasformazione del modello di compagnia, che dovrà basarsi su due concetti già familiari al settore: capacità previsionale e pronta reazione al verificarsi degli eventi. Tali concetti dovranno essere centrali per garantire la sopravvivenza delle compagnie stesse, che devono fronteggiare un mercato (2011) in contrazione nella raccolta premi (-13% 3Q11 vs. 3Q10) a fronte di un brusca decrescita del comparto Vita (-18,7% 3Q11 vs. 3Q10) non controbilanciata dalla crescita nei Danni (+2,8% 3Q11 vs. 3Q10). Ma quale direzione pren-dere per l’evoluzione? Spunti interessanti derivano dal cambiamento del comportamento dei consumatori e dall’evoluzione della normativa.

Innovare il business model assicurativo per vincere nel nuovo contesto di mercatoIn un mercato in contrazione, il settore assicurativo deve a!rontare con strategie nuove le crescenti condizioni di rischio e incertezza, migliorando le proprie capacità previsionali e accentuando la reattività di fronte al verificarsi degli eventi. di Fabrizio Sarrocco, Massimiliano Livi, Fabrizio Farris e Antonio Serrapica

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La capacità predittiva comporta una rivisitazione del rapporto compagnia – cliente in grado di far leva sulla profonda conoscenza delle esigenze attuali e prospet-tiche della clientela stessa. La grande mole di dati a disposizione delle compagnie è inutile se permette di rispondere solo alla domanda “Cosa è accaduto?” in-vece di “Cosa sta per accadere?”.I modelli di propensione all’abbandono (combinati con indicatori di valore del cliente), permettono politiche di retention calibrate: capire che un cliente sta valutando altre soluzioni e sapere come intervenire per trattenerlo non è più un miraggio ma una scelta consapevole.Allo stesso modo, modelli avanzati di propensione all’acquisto permettono di individuare il momento giu-sto per offrire il prodotto giusto (next-product life cycle based) portando le iniziative commerciali di cross/up selling a un livello di efficacia a oggi impensata:

+12% di ricavi a fronte dello stesso investimento mar-

Dall’altro viene introdotta una nuova importante prio-rità: l’innovazione tecnologica, che si traduce nella di-gitalizzazione e integrazione del modo di fare business (es. dematerializzazione della documentazione, banche dati integrate, sistemi antifrode evoluti, prodotti con black box etc.).In questo contesto, più che mai le compagnie devono tendere all’eccellenza, ripensando profondamente il proprio modello di business per gestire rischio e incer-tezza in maniera strutturale, attivando delle soluzioni operative che consentano di:1. predire scenari futuri, sfruttando la conoscenza

approfondita del cliente e le dinamiche del suo comportamento in tutti i momenti del rapporto assicurativo, dall’acquisto della polizza al sinistro;

2. reagire velocemente al cambiamento, sfruttando l’innovazione su ogni pilastro del proprio modello di business.

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Fonti: Osservatorio multicanalità Nielsen, Connexia e School of Management Polimi, Accenture Customer Experience Survey 2011, Accenture

Customer Driven innovation Survey 2011, Corriere della Sera, 03/02/2011, ISVAP

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- 71,1% di customer retention nel 2011 vs. 79,6% nel 2010 e 82,9% nel 2009

- 25% dei clienti con intenzione di cambiare compagnia entro un anno

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~80% utilizza internet come principale fonte di raccolta informativa

~ 90% delle Compagnie ritiene che il proprio cliente è più informato per l’acquisto

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L’incidenza dei sinistri fraudolenti è in continua crescita (dal 2,3% nel 2008 al 2,5% nel 2009)

Quasi il 7% di contrassegni contraffatti

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~80% dei Clienti ritiene considera il prezzo come primo driver di scelta

~77% dei Clienti è disposto a cambiare operatore per prodotti più personalizzati e il 41% sarebbe disposto a pagarli di più)

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~13 milioni di individui attivi online al giorno (+ 7,5% YoY)

~15 milioni di individui con connessione mobile (+37% YoY)

~ 6 milioni di “surfer “ navigano dal cellulare su social network

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Capacità Predittiva

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Il Cliente oggi...

La normativa di oggi...

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180mm

12 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

propri “promoter” più fedeli, più inclini all’acquisto seriale, più efficaci nel pubblicizzare la compagnia con amici, colleghi e social connectors.Ma come garantire l’eccellenza nella customer expe-rience? Innanzitutto, gestendo al meglio il cosiddetto moment of truth, l’unica vera occasione in cui l’assi-curato si aspetta di ricevere il servizio per il quale ha pagato un premio: il sinistro. È in quel momento che le compagnie “si giocano” la fiducia e la lealtà del cliente.La propensione alla mobilità aumenta drasticamente in caso di cliente insoddisfatto (churn rate clienti non soddisfatti 84% vs. 18%); 1 assicurato su 5 ritiene che

keting o anche risparmio del 25% sugli stessi costi per un incremento dei ricavi del 5%.La chiave per il successo sta proprio nell’evoluzione dell’approccio (da descrittivo a previsionale) che si concretizza nell’anticipazione dei bisogni del cliente che ne supera la semplice soddisfazione. Segmenta-zioni su basi comportamentali (abitudini, esigenze e aspettative), per valore (attuale e potenziale) o event based abilitano strategie di comunicazione e di of-ferta mirate che non solo ottimizzano le performance aziendali ma, soprattutto, rendono la customer expe-rience eccellente: non più “semplici” clienti ma veri e

La gestione ottimale dell’incertezza

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Fonti: Osservatorio multicanalità Nielsen, Connexia e School of Management Polimi, Accenture Customer Experience Survey 2011, Accenture

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180mm

Viviamo in un contesto di nuovi rischi dove l’incer-tezza si a!erma come unica vera certezza e la fiducia gioca un ruolo centrale. La fiducia nei confronti della finanza è ai suoi minimi storici, anche nei confronti delle assicurazioni, ed è paradossale dato che il set-tore è emerso come uno dei “pezzi sani” del sistema, per mestiere gestisce rischi di lungo periodo ed è un pilastro del welfare complessivo. I dati di una nostra ricerca evidenziano come in Italia il 71% dei consumatori manifesti scetticismo nei confronti degli assicuratori, anche se poi il 65% condivide l’assunto che la vita sia più tranquilla con una buona assicurazione. Il calo della fiducia “sistemica” nei confronti delle compagnie assicura-tive è connesso da una parte al carattere intrinseco dell’attività, "che si basa su una promessa di denaro o servizio, mantenuta solo al verificarsi di un determi-nato rischio, a fronte di un esborso certo di denaro da parte del cliente. Prendo oggi per dare – forse - domani. E l’intero settore so!re degli e!etti negativi di contagio per i comportamenti distorti anche di pochi nella fase della realizzazione della promessa e dei “fatti”. Cui si aggiungono le ben note questioni tari!arie, che troppo spesso distolgono l’attenzione

dall’altrettanto importante piano di confronto strate-gico e competitivo legato al “momento di verità” del sinistro e alla fase di servizio. In Italia occorre innescare una fair competition in una gara al rialzo dei servizi che forniamo a beneficio dei clienti e penso alla qualità del servizio, l’esserci veramente quando serve, a maggior ragione in caso di sinistri gravi, la vicinanza nei tempi, nei modi e nei lin-guaggi. Ad esempio, AXA Assicurazioni ha lanciato una Carta degli Impegni, un vero “contratto” d’impegno di servizio con i propri clienti con il quale si impegna a pagare per eventuali ritardi o imperfezioni su tempi e modi di interazione con il cliente. Nel 2011 il 98,4% dei sinistri, su circa 82.000 liquidazioni, sono stati li-quidati entro 21 giorni, mentre il 96% delle polizze vita liquidate sono state evase entro i 15 giorni, come da impegni presi. Questi risultati portano anche benefici in azienda, con un processo di continuo miglioramen-to dell’e#cienza del modello operativo. E’ possibile quindi portare avanti logiche win win in cui alla maggiore e#cienza e redditività per la com-pagnia si a#anca un ra!orzamento della relazione con il cliente e della fiducia. E la nuova competizione si sta giocando anche su questi aspetti centrali.

Migliorare i servizi per riconquistare la fiducia dei clienti

di Andrea Rossi Amministratore Delegato, AXA Assicurazioni

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 13

l’esperienza vissuta nella gestione del sinistro sia il principale deterrente a raccomandare la propria com-pagnia ad amici e conoscenti.La conoscenza della base clienti, e la relativa segmenta-zione, consentono di differenziare e ottimizzare i servizi offerti in fase di gestione del sinistro in coerenza con le preferenze e aspettative del cliente e con il suo valore. La compagnia può quindi essere in grado di compren-dere e anticipare le aspettative del cliente in termini di canale di interazione con l’assicuratore (digitale, self service, tramite agente, con operatore dedicato) o di modalità di risarcimento (pecuniario o in forma specifica) e assegnare livelli di servizio differenziati in funzione del valore del cliente. Lo sviluppo di claims analytics permette inoltre l’intercettazione di casi frau-dolenti, e più in generale l’anticipazione del percorso gestionale più efficiente ed efficace dei casi complessi (per esempio lesioni gravi a rischio di contenzioso).I benefici sono a dir poco significativi. In Italia solo l’in-cidenza delle frodi note è di circa il 2,8%, ma si stima che il fenomeno delle “frodi sommerse” faccia crescere tale percentuale a quasi il 10%. Considerato un sovrae-sborso medio tra i 1.500 e i 2.000 euro per sinistro frau-dolento, come si evince da casi reali, si sta assumendo una potenziale di riduzione del loss ratio di 4-5 punti. Minori costi quindi, associati a un miglior servizio al cliente, alla riduzione del leakage, ma anche all’aumento di efficienza degli addetti alla liquidazione sinistri, in grado di risparmiare tempo e di focalizzarsi fin da su-bito sul modo più efficace della gestione del caso in trat-

tazione. Ad esempio, l’utilizzo degli analytics permette la preventiva identificazione di sinistri che evolveranno verso una gestione complessa o in contenzioso e, quindi, un immediato indirizzamento delle relative azioni.Il “meccanismo” è peraltro incrementale. L’alimenta-zione degli analytics engines permette la definizione di algoritmi progressivamente più accurati, che consen-tono alla compagnia di reagire più rapidamente ed ef-ficacemente alle diverse sollecitazioni del cliente (nuovi prodotti tailored, nuovi canali integrati, nuovi strumenti a supporto, …) e di ricercare e quotare nuovi rischi con maggiore sensibilità.Veniamo alla “capacità di reazione” che, anche e so-prattutto per una compagnia assicurativa, è intrinse-camente collegata alla capacità di innovazione della stessa. In un contesto in cui gli investimenti si fanno per necessità più selettivi, la focalizzazione sulle iniziative veramente strategiche diventa un imperativo categorico e, a nostro avviso, la digitalizzazione è senza dubbio uno dei principali fattori critici di successo.Il nuovo paradigma di “Compagnia Digitale” si svi-luppa su 3 pilastri fondamentali:

modello di offerta dinamico e modulare, in grado di supportare lo sviluppo di prodotti in base ai bisogni reali del cliente, capitalizzando le innovazioni tecno-logiche (es: black box per le polizze Auto);modello distributivo multi-canale, per raggiun-gere il cliente proattivamente e cogliere le oppor-tunità offerte dai principali fenomeni “social” (es: Facebook e Twitter) e dalla diffusione virale e an-

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INNOVARE IL BUSINESS MODEL ASSICURATIVO PER VINCERE NEL NUOVO CONTESTO DI MERCATO

14 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

voluzione di prodotto quale, ad esempio, il passaggio da “pay-per-use” a “pay-as-you-drive”, con prodotti basati sull’effettivo stile di guida dell’assicurato in cui la tariffa può essere oggettivata sul reale profilo di rischio, abilitando livelli di risparmio molto consistenti (fino al 25-30% del premio).Il modello multi-canale è una necessità indotta dal cambiamento dei modelli di consumo: nel 2011 i consumatori multicanale italiani sono stati circa 24,6 milioni, pari al 47% della popolazione sopra i 14 anni (+7% rispetto al 2010). Il mercato assicurativo non ha ancora sviluppato correttamente il potenziale legato ai canali più innovativi, basti pensare che circa il 42% de-gli assicurati usa internet per reperire informazioni sui prodotti assicurativi, a fronte di una raccolta premi sul canale pari a solo l’1,7% del totale.La customer experience offerta è ancora inadeguata e i canali innovativi non rappresentato pertanto – oltre a luoghi di vendita “tout court” - un vero e proprio vo-lano di crescita dei canali tradizionali. Anche in questo caso, è il cambiamento nelle abitudini del consumatore a dettare la linea evolutiva e le compagnie stanno dimo-strando un sempre maggiore interesse verso i “digital device” (con quasi 20 milioni di smartphone e circa 9 milioni di tablet, l’Italia è al 1° posto tra i paesi UE per mobility device) e, soprattutto, verso i social network che rappresentano un importantissimo laboratorio di customer experience a interazione diretta con l’utente, oltre che un incredibile bacino di potenziali clienti (in

ticiclica di tablet e smartphone;modello operativo snello, integrato e fortemente basato sulla de-materializzazione, per abilitare maggiore velocità di reazione al cambiamento e rispondere ai vincoli del recente “Decreto Libe-ralizzazioni”.

Imprimere dinamicità all’offerta assicurativa significa de-finire un modello che colga a pieno le diverse sensibilità di ciascun profilo cliente al prezzo e ai contenuti dell’offerta, facendo leva su un catalogo prodotti snello, fortemente modulare e caratterizzato da prodotti tecnologicamente innovativi. In sintesi, prodotti più facili da vendere.L’innovazione tecnologica di prodotto, d’altra parte, può rappresentare un importante fattore di governo della leva prezzo, come nel caso dei sistemi di scatola nera per il mercato Auto, al centro dell’attenzione gra-zie ai recenti interventi normativi del governo Monti. Tali prodotti non rappresentano una novità nel pano-rama assicurativo: i primi prodotti sono apparsi in Ita-lia già nel 2003, anche se, ad oggi, la loro penetrazione del mercato è contenuta (circa 1,5 milioni di autovet-ture, pari al 3,5% del parco circolante).Il recente intervento normativo impone un impor-tante elemento di discontinuità, prevedendo la ridu-zione di premio al cliente che richieda l’installazione della scatola nera. Le compagnie si dovranno quindi dotare di modelli in grado di “sostanziare” gli sconti, di renderli sostenibili anche da un punto di vista tecnico e di supportare l’e-

Benefici del modello predittivo (es. P&C Underwriting)

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SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 15

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Italia ci sono 22 milioni di iscritti a Facebook, oltre il 75% degli iscritti ha un età superiore ai 30 anni).Abilitare una compagnia digitale significa, infine, in-tervenire sul suo motore operativo in senso stretto, semplificando le strutture a supporto dell’azione com-merciale dei canali tradizionali e non.Sono note le difficoltà storiche del settore relative all’eccessivo carico di attività non a valore sui canali distributivi. Il canale agenziale, ad esempio, soffre da sempre un peso troppo elevato di attività amministra-tive (circa il 56,5% del totale), che limita il tempo da dedicare alla fase commerciale. Gli effetti sono tangi-bili, poiché circa il 74% dei clienti dichiara di non aver ricevuto contatti di tipo commerciale nell’ultimo anno dal proprio agente.Una struttura operativa snella deve, prioritariamente, sottrarre attività non a valore ai canali tradizionali e supportare adeguatamente lo sviluppo dei canali non

tradizionali. Per fare ciò, occorre partire dai propri pro-cessi “core”, con l’obiettivo di accentrare il più possi-bile soprattutto i processi di post-vendita e di gestione sinistri (con modalità diverse, da tarare in base alla compagnia).Ciò che è indubbio sono i vantaggi per i canali distribu-tivi tradizionali, in grado di arrivare ad una riduzione delle spese amministrative del 70-85%, in particolare per le agenzie di piccole dimensioni (oltre il 60% del panorama assicurativo nazionale).In questo modello gioca un ruolo chiave la de-materia-lizzazione delle informazioni. Visti i recenti interventi normativi che interessano il contrassegno assicurativo e l’attestato di rischio, la de-materializzazione diventa al contempo un obbligo e un’opportunità da cogliere. Basta considerare gli impressionanti numeri della carta: circa 80.000 fogli consumati ogni giorno in una com-pagnia media.

Modello di o!erta - Il paradigma del valore

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INNOVARE IL BUSINESS MODEL ASSICURATIVO PER VINCERE NEL NUOVO CONTESTO DI MERCATO

Obiettivi strategici

Leadership di prezzo Differenziazione

16 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Lo snodo critico per vincere la sfida di un modello “full paperless” risiede all’origine del contratto, ovvero nei processi di pre-vendita e di vendita, per garantire una polizza nata già de-materializzata. I digital device rap-presentano un supporto fondamentale, oltre che per una esperienza di costruzione interattiva dell’offerta, anche per la sua sottoscrizione, attraverso la tecnolo-gia di firma biometrica su tablet. Tale tecnologia con-sente di riconoscere la firma autografa apposta dal cliente, basandosi sulle sue caratteristiche distintive (tracciato, velocità, accelerazione, direzione e pres-sione del tratto). Associata al riconoscimento de visu da parte dell’agente, la firma biometrica può sostituire la firma originale sui contratti di vendita.In questo modo, la polizza, già nativamente de-mate-rializzata, è in grado di abilitare a costo zero le succes-sive fasi di post-vendita (quali l’archiviazione, l’invio dell’attestato di rischio, la gestione del contrassegno de-materializzato), chiudendo il circolo virtuoso che genera l’eccellenza della compagnia digitale.In conclusione occorre ribadire quanto indubbia-mente il contesto attuale abbia spinto l’incertezza a livelli limite per tutti i settori economici. Tuttavia, per un business come quello assicurativo, la cui natura in-trinseca risiede nel trasformare in opportunità rischio e incertezza, questa condizione può e deve rappresentare un’occasione per generare valore. Vincere questa sfida è alla portata di quelle compagnie che sapranno guar-dare al futuro con più consapevolezza e adattarsi ad esso con rapidità ed efficacia.

Fabrizio Sarrocco, Insurance Management Consulting Lead, Accenture Italy, Eastern European Countries, Middle East

Massimiliano Livi, Partner Strategy, AccentureFabrizio Farris, Senior Manager Strategy, AccentureAntonio Serrapica, Senior Consultant Strategy, Accenture

Da sinistra: Antonio Serrapica, Massimiliano Livi, Fabrizio Sarrocco, Fabrizio Farris

Gli autori

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18 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

giore per gli investimenti (-5,7%)2;stress da crisi del debito pubblico, sfociata in gen-naio con il declassamento del rating Italiano; tut-tavia le recenti manovre correttive sembrano aver generato effetti positivi sulla corsa dello spread, facendo altresì prevedere una diminuzione com-plessiva delle spese per gli interessi nel 2012 pari a circa 15-20%3; interventi regolamentari sui requisiti patrimoniali (EBA) e azioni straordinarie di rifinanziamento da parte della BCE (che tra dicembre e febbraio ha rifinanziato il sistema bancario europeo per 1.019 miliardi di euro, di cui 255 in Italia)4;

Il sistema economico e il settore banca-rio stanno affrontando le conseguenze di una serie di discontinuità che, dalla crisi del 2008 alla recente crisi greca e dei debiti sovrani, hanno introdotto ele-menti di incertezza e volatilità. Alcuni nuovi trend contribuiranno ad incidere sulle prospettive future del settore; in

particolare l’attuale contesto evidenzia:prospettive di decrescita economica del sistema Italia, testimoniate da una previsione al ribasso sul PIL per il 2012 (stimata tra -1/-1,5%)1, tendenza simile per i consumi delle famiglie e ancora peg-

Il sistema bancario italiano in un contesto di forte incertezza: opportunità e sfide per uscire dall’empassePer vincere la sfida saranno necessari un forte impegno dei vertici aziendali e la capacità da parte della banca di “guardarsi dentro”, rivedendo i tradizionali modelli operativi e distributivi, non più sostenibili.di Eugenio Bonomi, Andrea Bargioni, Giorgio Coppola, Matteo Agostini

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 19

dove appare chiaro lo sforzo progettuale teso a sup-portare una “crescita sostenibile”, intesa come equili-brio tra sviluppo del business ed efficienza operativa. L’impegno realizzativo finalizzato allo sviluppo del business si focalizza principalmente su:

nuovi modelli di servizio “value based”;strumenti avanzati di CRM, per rispondere proat-tivamente e in modalità “real time” alle esigenze del cliente;semplificazione ed evoluzione dell’offerta com-merciale anche attraverso l’apertura a servizi non bancari;nuovi processi di pianificazione commerciale coe-renti con i profili di rischio/ rendimento della clien-tela e con le strategie di allocazione del capitale.

la ricerca di maggiore produttività/ efficienza opera-tiva sarà invece perseguita attraverso:

crescente rilevanza dei nuovi canali digitali (es. social media) e l’affermarsi di nuovi paradigmi tecnologici (es. cloud computing) che potranno influenzare i modelli di business del futuro.

Il contesto sopracitato si riflette significativamente sulle banche italiane; secondo un recente studio Ac-centure, il ROE medio stimato per il 2012-13 si attesta attorno al 5%5, assai lontano dal 10-15% del 2005-07. Le proiezioni su tempi e modalità della ripresa sono incerte, ma un ritorno ai passati valori di ROE sembra percorribile solo in seguito a rilevanti trasformazioni del modello di business/ operativo.La risposta delle banche italiane a questo contesto, in cui la sfida più urgente ha riguardato il ripristino di un’adeguata patrimonializzazione e l’ottimizzazione della gestione del capitale, si può in parte evincere dai diversi piani industriali presentati nell’ultimo anno,

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FIGURA 1Azioni chiave per il recupero di un ROE “double digit”

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Azioni chiave per il recupero di un ROE “double digit”

Evoluzione ROE Banche nei mercati maturi - (analisi 2011, %)

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Fonte: analisi Accenture su dati ABI, Banca d’Italia, Banca di Spagna ed esperienze progettuali.

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Fonte: analisi Accenture su dati ABI, Banca d’Italia,Banca di Spagna ed esperienze progettuali.

Italia Spagna

20 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

nando così duplicazioni di strutture e traguardando una gestione costi maggiormente sostenibile.In altri termini riteniamo che, per tornare vincenti in un contesto di forte volatilità, le banche dovranno ispirare la loro azione al principio del “new size & new shape”, inteso come un insieme di interventi volti a semplificare e migliorare il modello di business e ope-rativo in base alle seguenti direttrici principali:

una riconfigurazione dell’assetto distributivo, capace di adattarsi agilmente alle specificità dei di-versi mercati e focalizzato sulla dimensione com-merciale e creditizia;un modello operativo snello e flessibile, in grado di contenere i costi soddisfacendo ancora di più le priorità di business;la capacità di portare a reddito le risorse “libe-rate”, così da valorizzare le efficienze realizzate nell’ottica del rispetto della “funzione sociale” in-sita nel fare impresa e dell’obiettivo di massimiz-zarne la produttività nei nuovi ruoli aziendali.

programmi di cost management; semplificazione, in ottica “lean”, di processi e procedure aziendali;razionalizzazione ed efficientamento della rete distributiva;piena integrazione dei canali (filiale vs. canali remoti).potenziamento della macchina operativa di Gruppo.

Dare priorità alla produttività e all’eccellenza operativaPer vincere la sfida saranno necessari il commitment dei vertici aziendali e la capacità da parte della banca di “guardarsi dentro”, rivedendo i tradizionali mo-delli operativi e distributivi, non più sostenibili in un contesto di rallentamento dei ricavi che implica rapporti di cost-income eccessivamente elevati. E’ tempo di avviare programmi di trasformazione che, ponendo le basi per il modello di business ed opera-tivo dei prossimi 5-10 anni, siano in grado di gene-rare la redditività necessaria per remunerare in modo sostenibile gli azionisti e preservare un livello di soli-dità patrimoniale indispensabile per prevenire nuovi shock. Secondo un recente studio di Accenture, sarà grazie a una gestione strategica dei costi che le banche potranno recuperare fino a 6 p.p. di ROE tornando quindi a una redditività a doppia cifra (Figura 1). Dal punto di vista dell’efficienza, il nostro sistema presenta considerevoli aree di miglioramento rispetto ad altri paesi europei: ad esempio il cost/ income del Sistema Italia si attesta attorno al 65% rispetto al 45% della Spagna (Figura 2). Anche l’allocazione dei costi risulta piuttosto differente, soprattutto per la parte della catena del valore riguardante le operations (back office, IT, Governance centrale), differenza ascrivibile al cammino intrapreso già da anni da alcune banche europee, che hanno avviato percorsi di efficienta-mento facendo leva su accentramenti, automazione e offshoring. Giganti internazionali come Santander, BBVA e Barclays, ma anche player domestici come Banco Sabadell in Spagna si sono evoluti verso mo-delli sempre più efficienti e profittevoli facendo leva, tra l’altro, su paperless, cashless e multicanalità. La priorità è stata diminuire l’operatività transazionale in filiale per favorire una maggiore focalizzazione della

“salesforce” sull’iniziativa commerciale.Guardando al nostro paese, la revisione del modello operativo è ad esempio una delle priorità su cui da qualche anno si concentra Unicredit: l’iniziativa One4C ha condotto alla fusione in un’unica entità delle banche italiane precedentemente in essere, elimi-

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Azioni chiave per il recupero di un ROE “double digit”

Evoluzione ROE Banche nei mercati maturi - (analisi 2011, %)

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Fonte: analisi Accenture su dati ABI, Banca d’Italia, Banca di Spagna ed esperienze progettuali.

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FIGURA 2Sistema bancario Italia vs. Spagna

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Sistema Bancario Italia vs. Spagna

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Fonte: analisi Accenture su dati ABI, Banca d’Italia,Banca di Spagna ed esperienze progettuali.

Italia Spagna

IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO IN UN CONTESTO DI FORTE INCERTEZZA: OPPORTUNITÀ E SFIDE PER USCIRE DALL’EMPASSE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 21

amministrativa è automatizzata tramite ATM evoluti e le risorse sono specializzate in attività consulenziali.La semplificazione dell’assetto distributivo richiede inoltre una revisione degli assetti di Governance delle banche Rete. L’adozione di modelli di governo delle Reti più “corti” ed efficaci richiede interventi su banche Rete e Società prodotto talvolta difficili, come riduzione di organi di staff, comitati, funzioni di coordinamento intermedio, per garantire efficienza e velocità di risposta.L’obiettivo dovrebbe essere quello di non avere più di 2 livelli di coordinamento e ridurre le risorse distribu-ite nei nodi intermedi della Rete fino ad un’incidenza massima del 5% sul totale personale di Rete (in molte realtà del nostro sistema bancario più del 10%

Riconfigurare l’assetto distributivoConsiderando che più del 60% dei costi del sistema bancario è collegato alla distribuzione, ne consegue la necessità di intervenire tempestivamente sulle reti di vendita per poterne diminuire l’incidenza di costo complessiva.Occorre in primo luogo pensare a una razionalizza-zione della filiera distributiva, mediante riduzione della densità delle filiali soprattutto in territori a basso potenziale e una rivisitazione dei loro format in termini di dimensioni medie e di concept, al fine di aumentare l’utilizzo della tecnologia, ridurre l’opera-tività a basso valore e contemporaneamente garan-tire il presidio dei territori. Alcune banche spagnole hanno introdotto filiali “Zero Teller” in cui l’attività

Proiettarsi oltre l’incertezza

Il contesto di forte incertezza evidenziato nell’articolo richiede alle banche di operare un forte scatto evolu-tivo che si basa in primis su di una fase di visioning, in cui il top management deve comprendere l’evoluzione di lungo termine della banca orientando coerente-mente tutte le proprie scelte. La banca del futuro rappresenterà per famiglie e imprese un partner con cui interfacciarsi fisicamente in caso di bisogni di consulenza, facendo leva sulla componente web per l’operatività quotidiana. La banca, inoltre, rappresen-terà una struttura sempre più focalizzata su tutto ciò che genera direttamente valore per il cliente, e ciò si tradurrà in una sostanziale riconsiderazione dell'in-sieme delle attività / strutture intervenendo sugli elementi che non rispettano questo principio.Coerentemente con questa vision, in Unicredit Group abbiamo intrapreso già da alcuni anni un percorso di revisione del nostro modello di business e opera-tivo con il progetto “One4C”; con questa iniziativa abbiamo superato le criticità del precedente modello divisionale migliorando l’e!cienza grazie all’accor-pamento di molte direzioni generali. Il precedente modello era appropriato nel contesto degli anni 2000, ma attualmente non più sostenibile in termini di costi. Inoltre, con il recente piano industriale ab-biamo continuato questo percorso verso la banca del futuro, individuando delle direttrici di azione, alcune delle quali citate anche nell’articolo di Accenture, in grado di far evolvere il gruppo ulteriormente verso gli obiettivi strategici del Gruppo; un esempio è la revisione del modello distributivo, con una forte riduzione delle filiali che hanno una piena operatività (full service branches) che diventeranno circa il 25% della rete entro il 2015, mentre le restanti dipenden-ze (cash less e cash light) saranno maggiormente fo-calizzate su servizi a valore aggiunto e di consulenza

alla clientela; conseguentemente anche la superficie media delle filiali è destinata a diminuire. L’altra direttrice che stiamo perseguendo è l’otti-mizzazione della macchina operativa, infatti con il recente progetto di creazione di UBIS (UniCredit Business Integrated Solution) - All4Quality, abbiamo accorpato 13 società, accentrando in un unico ciclo industriale servizi quali i sistemi informativi, il back o!ce, la gestione degli immobili e degli acquisti, dando così vita a una tra le più grandi società euro-pee nell’ambito dei servizi, con oltre 13.000 risorse e un’operatività multinazionale (es. Italia, Germania, Austria, paesi del Centro ed Est Europa). È impor-tante sottolineare che la creazione di un consorzio unico per i servizi di operations, oltre ad abilitare rilevanti e!cienze di costo e semplificazioni organiz-zative, consente anche a Unicredit Group di o"rire un servizio flessibile e integrato, regolato secondo logiche end-to-end, ma qualitativamente eccellente grazie all'elevata specializzazione o"erta delle linee di business. In quest’ottica viene privilegiato il cliente rispetto alla tipologia di servizio proposto, con una modalità di accesso ai servizi di operations semplifi-cata e rapida. La nuova configurazione, fortemente integrata e suddivisa per aree di business, è coerente con l’obiettivo di ampliare la quota di servizi di operations o"erti a società esterne al Gruppo, anche grazie alla collaborazione con partner industriali. Sintetizzando non c’è dubbio che le sfide o"erte dal contesto attuale, in termini soprattutto di com-pressione dei margini, volatilità e incremento della pressione competitiva siano rilevanti ma rappresen-teranno una spinta al cambiamento per le Banche, che permetterà di compiere grandi progressi sia sul fronte dell'e!cacia che dell'e!cienza, o"rendo così significativi benefici prima di tutto ai loro clienti.

di Paolo Fiorentino COO di UniCredit Group

22 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Il principio guida deve essere il cosiddetto “Once and done”, cioè la minimizzazione delle eccezioni e delle rielaborazioni di back office, raggiungibile solo con un elevato grado di automazione e processi disegnati

“ad hoc”. Ad esempio nel mondo dei pagamenti il pas-saggio a transazioni completamente automatizzate riduce di 4 volte il costo degli incassi di un bonifico grazie all’eliminazione della documentazione carta-cea e alla riduzione delle eccezioni7. Un altro esempio di rinnovamento dell’architettura IT e spinta all’au-tomazione viene, infine, dall’esperienza di Unicredit che, con il progetto EuroSIG, sta implementando un’unica piattaforma applicativa di core banking tra i principali paesi del gruppo.Tuttavia, la buona automazione è quella che consente di ottimizzare l’utilizzo dei fattori di produzione (ca-pitale e lavoro) in modo da minimizzare il costo di produzione. Tale obiettivo non è esclusivamente rag-giungibile con l’automazione dei processi, ma può es-sere ottenuto anche attraverso un’efficace allocazione del fattore lavoro (es. offshoring).Flessibili in termini di riduzione dell’incidenza dei costi fissi a favore di quelli variabili mediante creazione di centri di eccellenza dove attività infrastrutturali (es. call center, infrastrutture IT, acquisti) sono condivise con partner, anche di altri settori (es. telco). In altri termini, il modello operativo della banca si presta alla creazione di un “ecosistema allargato”, che introduce elementi di efficientamento, flessibilità, disponibilità di asset e competenze, e time-to-market fortemente differenzianti. L’ecosistema allargato può anche costituire un mo-tore per lo sviluppo di nuovi modelli di business: negli USA il consorzio ISIS (Barclays e 3 operatori telco: AT&T, Verizon, AT Mobile) ha sviluppato una piattaforma di mobile commerce convenzionando più di 7 milioni di merchant e aggredendo un mercato potenziale di 200 milioni di consumatori.Ulteriori iniziative di trasformazione come ad esem-pio l’esternalizzazione o l’o!shoring possono concor-rere a definire un modello operativo snello e flessibile. Accenture ha individuato come, per alcune aree di operations, sia possibile realizzare in offshore una quota di attività maggiore del 50% con significativi ri-sparmi sul costo del lavoro. Una giusta combinazione delle iniziative di trasformazione sopracitate (part-nership, esternalizzazione, offshoring) può portare a risultati estremamente significativi, difficilmente ottenibili attraverso le iniziative convenzionali di ridu-zione dei costi. Secondo la nostra esperienza questo tipo di azioni possono traguardare un abbattimento della base costo del 15-20% in 2-3 anni.

del personale svolge attività di coordinamento nei centri dislocati sul territorio, con punte oltre il 15%)6.Nella ricerca di un assetto distributivo sostenibile si pone un dilemma tra la spinta verso modelli altamente integrati (cfr. modello universale), orientati verso nuove frontiere di efficienza, e la necessità di conservare auto-nomie decisionali “locali” e legami con il territorio (cfr. banca territoriale), importanti per un paese dal tessuto economico in prevalenza micro-imprenditoriale.A nostro parere è possibile coniugare efficienza e vi-cinanza al territorio, se si facilita la “messa a terra” delle decisioni aziendali accorciando la catena di trasmissione Centro-Rete. L’attenzione passa quindi sulle filiali, con l’obiettivo di valorizzare le compe-tenze “distintive”e favorire l’erogazione di “servizi ad alto valore”. Alcuni player hanno industrializzato team di coaching specializzati che supportano le filiali a comprendere e superare le criticità, promuovendo sistematicamente la cultura della performance. Altre banche italiane hanno avviato iniziative di potenzia-mento manageriale del Direttore di filiale, per aumen-tarne la capacità di leadership della “squadra di filiale” e renderlo promotore dell’adozione di comportamenti finalizzati al miglioramento dell’efficienza operativa.Infine, un’ulteriore priorità di intervento sui costi distributivi riguarda il potenziamento della coopera-zione tra canale fisico e virtuale: effetti significativi si possono ottenere specializzando il modello di servizio in base ai diversi stili di interazione con la banca. Di-versi player hanno potenziato l’operatività sui canali evoluti, creando modelli di offerta “full direct” per in-centivare la clientela meno redditizia ad utilizzare tali canali, ottimizzando il cost-to-serve e garantendo allo stesso tempo elevati standard di servizio.Il nostro sistema presenta significative opportunità di miglioramento: una recente ricerca Accenture rivela che, rispetto alla media europea, l’Italia mostra un differenziale di circa il 20% sull’utilizzo dell’internet banking e del 15% circa sui call center.

Ripensare un modello operativo snello e flessibileTrasformare il modello operativo si rivela necessario soprattutto per le banche italiane che hanno spe-rimentato le aggregazioni degli ultimi anni, in cui spesso si è privilegiata la velocità di integrazione a scapito dell’ottimizzazione della macchina opera-tiva. L’attuale contesto richiede, infatti, un’evoluzione verso modelli snelli e flessibili.Snelli in termini di standardizzazione e razionalizza-zione dei processi e rinnovamento dell’architettura IT.

IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO IN UN CONTESTO DI FORTE INCERTEZZA: OPPORTUNITÀ E SFIDE PER USCIRE DALL’EMPASSE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 23

Tutti gli elementi menzionati si ricompongono in una nuova visione di banca, in cui la Rete è dedicata prin-cipalmente ad attività commerciali e di consulenza (circa 70% del tempo) e la filiale concentra l’operati-vità transazionale in un unico sportello. Nella nuova banca più dell’80% delle transazioni saranno svolte su canali evoluti e le strutture centrali diventeranno centri di eccellenza snelli e flessibili per supportare la Rete e consentire tempi di risposta competitivi nella finalizzazione delle proposte e l’erogazione dei servizi.

Oltre l’e!cienza, la capacità di portare a reddito le risorse “liberate” Le banche italiane hanno già intrapreso iniziative volte al raggiungimento di nuove frontiere di efficienza. Ad esempio, diversi player hanno avviato operazioni di M&A intra-aziendale (es: creazione di UBIS in Uni-credit Group, “Grande Banco Popolare”, Polo Assi-curativo di Intesa Sanpaolo), riducendo così costi di staff, comitati e funzioni di coordinamento. Iniziative di questo tipo, affiancate dalle azioni di riduzione costi illustrate in precedenza, porteranno alla liberazione di un potenziale di risorse e di energie rilevante. La capacità di riconversione e potenziamento delle professionalità della “nuova” forza lavoro costituisce un fattore propulsivo per raggiungere nuove frontiere di crescita, anche considerando le minori possibilità di prepensionamenti derivanti dalla recente riforma previdenziale.Un primo potenziale intervento riguarda l’utilizzo delle forze “liberate” per veicolare servizi di opera-tions alle imprese, ampliando le aree d’offerta non tradizionali e a basso assorbimento di capitale e fa-vorendo il processo di fidelizzazione della clientela. L’offerta può riguardare l’erogazione di piattaforme cloud, la fornitura di piattaforme per l’automazione (ERP, CRM, HR), o veri e propri pacchetti di servizi integrati per il business che permettono all’azienda di delegare alcuni processi, come ciclo attivo e passivo, amministrazione del personale, gestione del credito.Alcuni player internazionali hanno intrapreso tali ini-ziative di crescita: ad esempio BBVA Soluciones rap-presenta l’offerta di servizi completi di gestione HR/ Payroll della grande banca spagnola.La commercializzazione di prodotti e servizi profes-sionali al mercato imprese suggerisce il disegno di modelli di vendita multicanale basati su specialisti di prodotto e portali evolutivi/ contact center per lo svi-luppo del remote selling.La valorizzazione delle risorse liberate può par-tire anche da una strategia mirata di “insourcing” (re-internalizzazione di attività precedentemente esternalizzate), che può favorire maggiori livelli di in-tegrazione e controllo e abilitare lo sviluppo di nuove competenze. Recentemente alcune banche hanno manifestato la volontà di attivare centri specialistici in specifici contesti territoriali, in cui accentrare per tutto il Gruppo attività operative fino a quel momento svolte in filiale, coltivare le eccellenze operative e in-serire parzialmente le risorse in esubero, liberando altresì tempo commerciale per le risorse di front-line.

1. Istat, marzo 20122. Istat, marzo 20123. Analisi Accenture su dati MEF, marzo 20124. Ansa, dicembre 2011/febbraio 20125. Analisi Accenture su dati Prometeia, febbraio 20126. Fonte: Analisi Accenture, 20117. Fonte: SEPA Survey 2011, BCE: passaggio a transazioni STP (Straight Through Processing)

Eugenio Bonomi, Managing Director Banking EALA, AccentureAndrea Bargioni, Partner Strategy, Accenture

Giorgio Coppola, Senior Manager Strategy, Accenture Matteo Agostini, Manager Strategy, Accenture

Da sinistra: Eugenio Bonomi, Matteo Agostini, Giorgio Coppola, Andrea Bargioni.

Gli autori

24 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

fondamente il modello operativo e di business di alcuni dei principali attori della catena del valore. Attori che devono e dovranno nel prossimo futuro far fronte a un modo definitivamente diverso che i loro lettori/clienti avranno di “vivere” l’informa-zione. Libri e giornali si trasformano non soltanto con l’evoluzione degli strumenti tecnologici abilitanti ma anche in base alle diverse condizioni politiche, economiche e sociali di ogni parte del mondo. Il valore delle “gazzette” (a partire dal 1600 circa) era sostanzialmente legato alla loro capacità

È un ineluttabile processo di trasformazione quello che ha ormai travolto il mondo editoriale in tutte le sue componenti. Non si tratta solo di arginare la contra-zione dei ricavi e dei volumi, principalmente legati agli

effetti che hanno avuto sul business tradizionale cartaceo sia un contesto macroeconomico non favorevole negli ultimi anni sia la crescita della componente digitale; ma si tratta di evolvere pro-

Il mondo editoriale nel vortice della digitalizzazioneCome molti altri, anche il settore dell’editoria si trova in una fase di intensa trasformazione, determinata in parte dalle di!coltà connesse alla crisi economica e in parte dal processo di penetrazione della componente digitale. In queste condizioni, continuamente mutevoli, anche i modelli di business finora utilizzati dagli editori devono cambiare. di Andrea Pagliai, Luca Pettinari e Max F. Baldelli

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 25

Pulse, da blogging platform come il Huffington Post; e fruito attraverso un pletora di strumenti inter-connessi tra loro come smartphone, tablet, pc, per finire alla connected tv di domani. Questi strumenti hanno altresì dilatato il tempo (e il modo) in cui il lettore fruisce dell’informazione e interagisce con il mondo dell’informazione stessa. Il business è “ma-turo” nella misura in cui le due fonti principali di ricavo sono ormai messe fortemente in discussione a causa:

della fisiologica riduzione della diffusione (nu-mero di copie vendute); dell’aumento del tempo speso dai lettori su me-dia digitali (internet & mobile) rispetto ai media cartacei, che genererà uno spostamento della spesa pubblicitaria oggi ancora troppo concen-trata sul cartaceo.

Negli ultimi anni, gli effetti si cominciano a ve-dere nella componente quotidiani/periodici dove a fronte di una crescita significativa del numero di lettori (dovuta principalmente al contributo dei visitatori unici del web, di cui pochi “attivi”), si è

ed esclusività di portare notizie nelle città in cui erano presenti. Cominciano a perdere parte del loro ruolo con l’avvento della radio, che cambia i rapporti tra le parti aggiungendo “tempestività” alle notizie. Ma restano sempre un importante veicolo di informazione e di opinione anche con il successivo avvento della TV e poi all’alba dell’era di Internet. Quello che rimane nel tempo è che il prezzo del giornale (o del libro) e la raccolta pub-blicitaria sono le principali fonti di ricavo (al netto delle sovvenzioni) in una catena del valore sostan-zialmente immutata fino a “ieri”. Oggi, e sempre più domani, questa immutabilità è messa in crisi. Un editore ha sempre meno certezze che il suo lettore rimanga fedele alle sue notizie perché vincolato geograficamente e linguistica-mente alla sua edizione come un tempo. Considera il suo business più “volatile” in quanto la notizia è oggi diffusa e diffondibile da una miriade di attori istituzionali o meno, da social network o local edi-tor, da blogger o twitter, dalle immagini su You Tube, da aggregatori di contenuti quali Flipboard e

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Matrice di posizionamento dei contenuti editoriali multimediali

26 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

per mitigare la naturale riduzione dei ricavi sui prodotti editoriali, ma anche per creare dei nuovi modelli di servizio (quindi nuove fonti di ricavo) per domani.Se l’editore di oggi categorizzasse il proprio por-tafoglio informativo secondo le variabili: Time de-pendent, Time independent, Skill based, Opinion based e Awareness only, si accorgerebbe che or-mai le offerte di prodotti editoriali dipendenti dal tempo e basate sulla sola “awareness” informativa non assicurano più un legame vincolante con il lettore. Se il lettore, infatti, può leggere la stessa informazione ovunque e se l’elemento cruciale di scelta del canale è la rapidità, la qualità dell’infor-mazione (e quindi la linea editoriale) perde centra-lità nel processo di acquisto. Gli utenti di questo tipo di offerta informativa di-ventano così indistinti e indistiguibili, poco inclini a spendere secondo un qualsiasi modello di mone-tizzazione, non vincolati da bundling all-inclusive e difficilmente targetizzabili per una eventuale cam-pagna di pubblicità mirata. Parliamo quindi di in-formazione a valore “zero”, elevata disponibilità, forte competizione con basse barriere all’ingresso e all’uscita che da sola contribuisce e contribuirà

registrata una sostanziale diminuzione del ricavo medio per lettore (sia nella componente di vendita dei contenuti, sia nella componente advertising) con un CAGR (’07-’10) del -17% in Italia.Inoltre, sia nel mondo dei giornali sia per i libri la trasformazione digitale ha accorciato le distanze della catena rendendo possibile: allo scrittore vendere direttamente al suo lettore, al giornalista/scrittore di interagire con i suoi lettori, produ-cendo contenuti ad hoc, riservando scoop inte-grando i propri contenuti multimediali, definendo lui stesso una propria linea editoriale. Le distanze sono talmente corte che persino il lettore si è tra-sformato facilmente in giornalista/scrittore, ren-dendo disponibile al mondo le proprie opinioni e i propri contributi multimediali. Abbondanza di offerta, miriadi di informazioni suppur sempre di molteplice qualità. Tralasciando per un attimo il necessario cambia-mento che questo comporta sul modello di giorna-lismo da adottare e al valore intrinseco associato al profilo editoriale, contenuto, contenitore e let-tore diventano parte di una piattaforma unica, ed è qui che l’editore deve necessariamente intervenire per avere il ruolo centrale di un tempo. Non solo

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Evoluzione del valore dell’informazione (!/lettore per uscita)

IL MONDO EDITORIALE NEL VORTICE DELLA DIGITALIZZAZIONE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 27

Intervista ad Alceo Rapagna

In un contesto di mercato in cui i ricavi editoriali per quotidiani e periodici si stanno riducendo, quali sono i modelli di remunerazione che domani possono favorire un recupero di crescita e redditi-vità da parte degli editori attraverso il digitale?Il digitale crea opportunità per bilanciare il decre-mento di redditività e gli editori – in particolare quelli di maggior dimensioni che possano investire “at sca-le” nell’innovazione - possono cogliere questa oppor-tunità seguendo tre direzioni di crescita: 1) maggior monetizzazione di contenuti e pubblicità, grazie alla continua innovazione del prodotto e dell’experience multimediale (es. tablet, video) e allo sviluppo di piattaforme e competenze analitiche che consentano una superiore capacità di comprensione dei bisogni e dei comportamenti delle persone (es. bundle pricing, paywall, pubblicità su target profilati); 2) creazione di un “ecosistema” di prodotti e servizi multimediali per i propri lettori, di natura non necessariamente edito-riale (es. eCommerce) ma coerenti con la proposta di ciascun brand; 3) la messa a servizio dei propri asset digitali (tra!co e informazioni sui consumatori, piat-taforme, competenze, reti commerciali) sia al mondo delle imprese – dai servizi di digital marketing all’eLe-arning – sia alla “coda lunga” di piccoli e medi editori che possano beneficiare della scala lungo la catena del valore, dalla produzione di contenuti multimediali fino alla vendita di pubblicità digitale.Lo sviluppo lungo queste direzioni non può prescinde-re dalle potenzialità insite nei singoli brand editoriali, in particolare per quelli che hanno per loro natura la capacità di definire una propria e distintiva experience multimediale avendo: capacità aggreganti (es. verso il mondo del social), e capacità di espansione verso componenti non strettamente editoriali (es. integrando servizi transattivi). Né è un esempio il percorso che abbiamo inziato con la nostra testata di viaggi Dove, già da tempo attiva su piattaforma web e TV ed ora evoluta in un “virtual tour operator” che o"re soluzioni di viaggio di qualità “contestuali” con il contenuto editoriale.Ogni editore dovrà trovare la “sua” strada alla crescita digitale lungo queste direttrici, in base allo specifico contesto competitivo ma – ancor più – alle propria “cultura dell’innovazione”, indicata come la principale sfida alla trasformazione digitale per gli editori Usa da un recentissimo studio dell’autorevole Project for Excellence in Journalism. Per coloro che non investiranno in com-petenze, cultura e – ovviamente – tecnologia, la crescita “naturale” del digitale sarà in grado di compensare non più del 40-50% della altrettanto “naturale” pressione sul business tradizionale. Per quanto ci riguarda, la nostra azione su tutte e tre le linee di sviluppo sta già dando forti risultati (+16% di crescita digitale nel 2011).

Ci troveremo quindi sempre di più in un “business di piattaforme” più che di contenuti editoriali. E’ ragionevole pensare che, in questo contesto, il passo successivo per crescere sia quello di assicu-rarsi una riguardevole scala internazionale?Per molti editori lo sviluppo organico sarà prevalente-mente “locale”, con alcune eccezioni dettate anzitutto dalla esportabilità della lingua madre (che mette in pole position anglosassoni e spagnoli) o dalla presenza di “piattaforme globalizzabili” in termini di contenuti (es. portali femminili come Au Feminin), servizi (es. classifieds come Monster, eCommerce come eBay) o, in casi più rari per un editore, in termi-ni puramente tecnologici (es. Zanox di Axel Springer). Nel caso di RCS, ad esempio, l’orizzonte internazio-nale editoriale è certamente una delle opportunità di crescita per il quotidiano spagnolo Marca – che già vede il 30-40% dei propri lettori digitali provenire dal continente americano – mentre sul fronte delle piat-taforme stiamo facendo leva su servizi (es. eLearning) e su soluzioni innovative in partnership con startup già attive su diversi mercati (es. Stipple).La digitalizzazione sta incidendo soprattutto a valle della catena, disintermediando e metten-do in crisi alcuni ruoli quali quello dei retailer (pensiamo al caso degli eBook e all’e!etto che hanno avuto su Borders in Usa le scelte di Amazon e Barnes & Nobles). Nel contesto italiano quali cambiamenti ci aspettiamo?E’ indubbio che la digitalizzazione stia ridisegnando la struttura dell’industria dei media, dalla musica alla distribuzione audiovisiva ai libri, spesso creando nuova domanda a scapito dei distributori tradizionali. E’ tutta-via riconosciuto in tutti i settori consumer facing il va-lore complementare dei canali fisici con quelli digitali, come misurato dall’indice cosiddetto ROPO – research online and purchase o!ine e il reciproco research o!i-ne and purchase online – che spiega il comportamento di acquisto multicanale del 40-70% dei consumatori dall’elettronica di consumo fino ai servizi finanziari.Anche nel settore dell’editoria è quindi necessario ripensare il ruolo che ha il canale nella costruzione di un esperienza di acquisto sempre più multimediale come valida alternativa al rischio della disinterme-diazione digitale. Per fare questo i touch point fisici, siano esse edicole o librerie, devono quindi essere sempre più integrati e in grado di interagire con le piattaforme di content e service delivery digitali degli editori – avendo la riconoscibilità e le informazioni del cliente al centro di questa architettura (la famosa chimera del ”CRM multicanale”). Di nuovo una sfida innanzitutto culturale e di modelli organizzativi, prima che tecnologica.

Alceo RapagnaChief Digitial O!cer RCS Mediagroup

28 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

accompagnandolo all’acquisto di servizi tran-sattivi, forniti anche da partner terzi, che com-pletano l’esperienza di fruizione del contenuto editoriale; Aumentare la propria audience cercando di ren-derla più globale;Gestire il catalogo di prodotti e servizi edi-toriali con elevata flessibilità, indirizzando azioni commerciali in funzione del ciclo di vita del lettori. Un esempio è rappresentato dalle campagne di up selling e cross selling dove, al verificarsi di particolari eventi tracciati nella di-namica interazione con il cliente, si trasforma il contenuto a valore “zero” in un anchor per tracciare il cliente e poi guidarlo verso offerte a maggiore valore (premium), rese disponibili in base alle caratteristiche e il profilo del segmento di appartenenza.

In questo modo sarà possibile abilitare nuove poli-tiche di monetizzazione aumentando il lock-in del cliente, la stickiness del prodotto editoriale e cre-ando nuove fonti di ricavo in particolare relativi ai nuovi aspetti transazionali e di servizio.Per poter fare tutto questo è necessario in primis che la piattaforma “contenuto, contenitore e let-tore” si realizzi in un architettura applicativa in grado di dar forma alle capabilities sopra indicate. La raccolta all’interno della propria struttura di molteplici dati rilasciati dagli utenti (es. soci de-mografici, geo-localizzati, comportamentali) ri-

sempre meno alla generazione del valore per l’e-ditore.Il passaggio chiave per vincere la sfida è nella ca-pacità di riconoscere e gestire i propri lettori lungo tutto il loro ciclo di vita, attraverso canali fisici (es. edicole, librerie), digitali e creando una vera e propria “esperienza” di lettura distinta rispetto agli altri editori. Il concetto di linea editoriale esce dalle sole righe degli articoli, dalle pagine del libro e determina tutti i differenti livelli di servizio che un editore multimediale deve assicurare ai propri lettori in funzione del loro segmento di apparte-nenza. La conoscenza e gestione del cliente/lettore diventa elemento primario per la generazione di valore. E questo è possible solo attraverso la di-sponibilità di un nuovo set di capabilities che con-sentano di:

Riconoscere e clusterizzare i propri clienti e pro-spect in modo univoco indipendentemente dal touch point e dalla tipologia di offerta editoriale utilizzati; Saper costruire e adattare opportunamente il contenuto editoriale, integrandolo con com-ponenti anche di servizio, in base al profilo del singolo lettore; Essere sempre più in grado di veicolare pub-blicità targetizzata ad ogni utente con diversi formati e molteplici modalità di erogazione

“cross-mediali”; Guidare il lettore oltre il contenuto editoriale

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IL MONDO EDITORIALE NEL VORTICE DELLA DIGITALIZZAZIONE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 29

Intervista a Stefano Quintarelli

Assisitiamo a un evoluzione del business dell’e-ditore; la causa è l’avvento del digitale, ma quali sono le conseguenze?Cominciamo con il dire che le parole, ad esempio “giornale” o “quotidiano”, non hanno più cittadinanza nel business editoriale di domani. Le notizie (news) sono diventate commodity e grazie al digitale viviamo immersi in un mare di informazioni che riceviamo dai diversi mezzi di comunicazione e attraverso i molteplici device interconnessi tra loro e alla rete. In questo contesto non è certo che i “giornali” e!ettivamente potranno soprav-vivere a questo cambiamento nella loro forma attuale; forse solo alcuni che operano a livello globale. Gli altri dovranno profondamente cambiare. Ma non basterà cambiare solo la pelle del prodotto editoriale. È sempre più necessario riconoscere quale siano le regole con cui si gioca questa partita oggi. Se non cambiano alcune regole questi saranno sempre più stretti da una parte dai grandi “player di piattaforma”, che con una posizione predominante sul mercato digitale convogliano circa il 30% del fatturato digitale generato dagli editori, e dall’altro lo stato che mantie-ne per lo stesso prodotto editoriale un regime di IVA di!erenziato (al 4% se cartaceo, al 21% se digitale). L’altra leva è l’advertising, ma ad oggi non si riesce ancora a veder riconosciuto un premium value importante per la capacità che si dà con il digitale agli inserzionisti di raggiungere un target più mirato e a valore. Più della qualità viene apprezzato oggi il volume di tra"co generato, anche se indi!erenziato, e sussiste ancora una predilezione verso le inserzioni sul giornale di carta rispetto all’on line.In questa evoluzione gli editori come li concepiamo oggi non hanno in realtà grandi prospettive di crescita per bilanciare l’ormai fisiologica contrazione del busi-ness editoriale tradizionale.Una nota positiva, per l’Italia, è che in realtà il nostro paese ha una elevata fetta della popolazione che ama la carta (anche per ragioni anagrafiche), una forte fedeltà alla testata che si ripercuote in una preferente lettura di versioni on line dello stesso quotidiano in formati simili a quello cartaceo (.pdf).Esistono quindi tre tipi di clienti oggi in Italia: quelli che amano la carta, quelli che accedono al sito web (tipicamente meno fedeli degli altri perchè dirottati tipicamente dai vari motori di ricerca) e quelli che amano la versione digitale, che beneficiano del trasci-namento della percezione di valore dalla carta al di-gitale. Ognuno ha marginalità diverse per l’editore e il futuro è nella capcità di massimizzare il mix di clienti posseduti e di adattare conseguentemente la propria struttura di costi. Infatti chi ha una struttura di costi fatta tempo fa per sostenere il lucrativo business

della carta, in un evoluzione al digitale è svantaggiato rispetto a chi nasce con una struttura di costi più leggera; e la sua scommessa sarà quella di spostare la sua massa di clienti da un mondo all’altro, da un segmento all’altro mentre ricostruisce dall’interno la sua struttura per essere sostenibile nel futuro.Il digitale deve consentire di immaginare un futuro diverso per l’editore. Un futuro dove, più che alla copia venduta, presteremo attenzione al valore riconosciu-to dal nostro cliente ogni volta che otteniamo la sua attenzione. L’evoluzione ci porterà quindi a non avere più soggetti verticalmente integrati, produttori e aggregatori di contenuti, ma editori che che saranno in grado di monetizzare l’attenzione dei propri clienti nel massimo numero dei modi, con il maggior numero di strumenti e nel maggior numero di occasioni possibili di contatto. Come cambia quindi il modo di produrre informazione?Il contenuto è comunque l’elemento chiave, ma dovrà cambiare il modo di fornire l’informazione all’interno di un prodotto editoriale sempre più multimediale e partecipativo. È necessario procedere verso una razionalizzazione dell’infrastruttura di sviluppo, erogazione, produzione e delivery del contentuto edi-toriale. Questo in particolare a causa di un aumentata pluralità di dispositivi di contatto con il cliente da gestire e di prodotti editoriali da produrre (questo ri-chiede una forte attenzione al contentimento dei costi di produzione editoriale), e all’esigenza di sostenere comunque il prodotto cartaceo, non disperdendo i benefici pregressi acquisiti (in termini di segmenti di clientela già acquisiti es. tra abbonati e nuovi clienti).Questo vuol dire che da una infrastruttura editoriale “prodotto centrica” si dovrà passare a una soluzione “cliente multidevice centrica” che richiede quindi:1. Maggiore integrazione fra i vari back end editoriali di CMS;2. Capacità di gestire il profilo unico del cliente e del relativo accounting;3. Dotarsi di sistemi di User Tracking, Analytics e di strumenti avanzati di categorizzazione semantica delle informazioni;4. Essere in grado di supportare la gestione centraliz-zata del catalogo prodotti editoriali; 5. Abilitare funzionalità di e-commerce, credit checks per i diversi device abilitati.È necessario quindi definire un “sistema” unico di co-municazione tra i vari back-end editoriali e canali di delivery dell’informazione non perdendo nel digitale il look and feel dell’edizione cartacea, ma assicurando una esperienza di lettura “aumentata” rendendo il prodotto editoriale di domani realmente multimedia-le e partecipativo.

Stefano QuintarelliChief Digitial O"cer del Gruppo 24 Ore

30 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Gestire la diffusione su diversi canali e device attraverso un adattamento di formati e conte-nuti in funzione del contesto e della user expe-rience risultante da ciascun device con strumenti di Multimedia Content Management/Delivery e di Multimedia Service Delivery.

Mentre per abilitare servizi transattivi sarà ne-cessario avere anche strumenti di Convergent Charging, Invoicing e di Financial Customer Ma-nagement. Inoltre dovremmo disporre di una ca-pacità organizzativa e operativa in grado di fare continuamente scouting a livello globale per identi-ficare e integrare contenuti e servizi di una pletora di piccoli e grandi player nei nostri prodotti mul-timediali. Una molteplicità di attori che dovranno poi esser gestiti in modo flessibile lungo l’intero processo di Content Creation, Content Manage-ment e Delivery, attraverso strumenti di Partner-ship ManagementIl nuovo modello operativo in grado di gestire tutto questo evidenzia un complessità applicativa e una novità importante rispetto a molte realtà editoriali di oggi. Questo ci fa capire quanto è pervasivo il processo di trasformazione che deve essere realiz-zato e come pochi attori domani saranno in grado di realizzare sia il proprio intero set di capabilites necessarie per competere, sia un “Agile Enterprise” in grado di far condividere operativamente il vec-

chiede la disponibilità di strumenti di Customer Relationship Management e Customer Analytics che abilitino una visione e gestione integrata cross testata/piattaforma editoriale del lettore. Abilitare i canali distributivi (ad esempio le edicole o le librerie) all’interazione “attiva” con il cliente/lettore e quindi alla raccolta di informazioni di usage e behaviour. Questo vuol dire disporre di ac-cordi commerciali e una gestione attiva di content distribution con i principali attori della catena re-tail e di distribuzione. Veicolare pubblicità su misura richiede di aggior-nare i diversi processi di vendita dell’inventory multimediale (Multimedia Advertising Sales Ma-nagement), di veicolare il contenuto pubblicitario in base alle diverse tipologie di clientela e di esser in grado sempre più di associarne il valore alle per-formance misurate. Questo attraverso strumenti di Advertising Analytics, di Real Time Decisio-ning, di Semantic Analysis, di Consumer Analysis e di Content Tagging Management. Per avere una gestione efficace del processo di costruzione e di-stribuzione del prodotto editoriale multimediale attarverso tutti i canali on line e off line domani abilitati è necessario:

sfruttare al massimo le potenziali sinergie di con-tenuti tra le diverse testate (ad esempio attraverso la realizzazione di una “integrated newsroom”).

Il nuovo editore

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IL MONDO EDITORIALE NEL VORTICE DELLA DIGITALIZZAZIONE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 31

chio e il nuovo, identificando le capabilities da di-smettere, da mantenere e da evolvere. Si creeranno quindi i presupposti per cui alcuni player saranno in grado di giocare il ruolo di cata-lizzatori con le loro piattaforme verso un insieme più piccolo di realtà editoriali. Quest’ultimi usu-fruiranno in “service” delle capabilities necessarie per rendere il loro prodotto editoriale appetibile e in grado di competere nel mercato di domani (non perdendo la loro caratteristiche e linee editoriali). Questo aprirà nuovi spazi nel mondo editoriale verso modelli di collaborazione e alleanze, aprirà la strada ad attori in grado di sostenere modelli di business B2B come “wholesaler” o “service provi-der”, offrendo capabilities come “service” tra gli attori della catena del valore. Solo chi sarà in grado di compiere questo per-corso di trasformazione in modo rapido e com-pleto potrà svolgere domani il ruolo di centro di una galassia editoriale, sarà in grado di com-petere a livello nazionale giocando un ruolo importante a livello globale. Innovazione di piat-taforma, velocità e flessibilità operativa sono le due leve per evitare di scomparire, di essere di-sintermediati, di essere semplicemente travolti dal vortice della digitalizzazione.

Andrea Pagliai, Senior Manager Strategy, Accenture

Luca Pettinari, Manager Strategy, AccentureMax F. Baldelli, Senior Consultant Strategy, Accenture

Da sinistra: Max F. Baldelli, Andrea Pagliai, Luca Pettinari

Gli autori

32 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

periore nell’81% dei casi rispetto alla Francia, nel 30% dei casi, se confrontato con la Germania e nel 43% dei casi con il Regno Unito. Nello stesso arco temporale, il diesel italiano ha registrato quota-zioni superiori a quelle francesi nel 99% dei casi, a quello tedesco nel 73% e mai a quello Inglese. Questo veloce confronto ci conferma l’elevato li-vello assoluto dei prezzi, ma non consente la com-prensione dei razionali sottostanti. Come noto il prezzo della benzina e del diesel an-drebbe scomposto nelle sue tre componenti prin-cipali:

Prezzo industriale (combustibile più margine lordo);Accise;IVA.

Abbiamo deciso di evitare ogni riflessione sul li-

n questo articolo proponiamo un’analisi critica delle componenti del prezzo della benzina e dei fattori ad essa collegati e un confronto con i principali paesi europei, concludendo con alcuni spunti su come sia possibile combinare riduzione dei prezzi al consumatore finale con l’aspettativa di un adeguata redditività per i gestori.

Il livello dei prezzi Come primo step dell’analisi abbiamo confron-tato il livello di prezzo dei carburanti con i paesi di area EU comparabili (Germania, Francia, Regno Unito), prendendo in considerazione la finestra temporale compresa tra gennaio 2006 e febbraio 2012. Confrontando il prezzo mensile della ben-zina, l’Italia registra un costo medio mensile su-

Mercato dei carburanti, liberalizzazione e nuovi modelli operativiIl governo Monti ha dato chiara dimostrazione di voler favorire una maggiore competizione nel settore dei carburanti, così da generare significativi risparmi per il cliente finale. di Danilo Troncarelli, Giovanni Campa e Luca Venturini

I

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 33

I determinanti del di!erenziale di prezzo con i paesi EU Il differenziale di prezzo con gli altri paesi EU è gene-rato da diversi determinanti, tra cui la diversa morfo-logia del territorio nazionale, il numero di distributori di benzina e i volumi medi commercializzati, la scarsa incidenza dei cosidetti “ricavi non oil”, l’orario di apertura, l’assenza di un mercato all’ingrosso tra-sparente e, infine, la scarsa presenza di distributori indipendenti dalle principali compagnie petrolifere e la limitata presenza della GDO nel settore della distri-buzione dei carburanti.La morfologia del territorio è causa di un maggiore costo logistico, vista la maggiore percentuale di ter-ritorio collinare e montuoso e la difficoltà di ottimiz-zare la logistica. In questo campo i miglioramenti sono marginali e per lo più legati alla condivisione dei depositi tra gli operatori e alla diminuzione del capi-tale investito.Storicamente il nostro paese è stato caratterizzato da un elevato numero di distributori di benzina, polverizzato su tutto il territorio nazionale. Prendendo in conside-razione gli ultimi 15 anni assistiamo a due fenomeni. Il primo vede un significativo calo nel periodo 1995-2005, caratterizzato da un tasso composto annuo di crescita (CAGR) negativo del 2% e un conseguente passaggio da 28.200 a 22.400 distributori. Il secondo vede una lenta crescita tra il 2006 e il 2010, l’aumento di 500 nuovi distributori e un CAGR del 0,55%.A valle di questi fenomeni possiamo concludere

vello di accise e dell’IVA, concentrando la nostra attenzione sui fattori industriali e le sfide gestio-nali, anche perchè non avremmo sufficiente spazio in un articolo per trattare in modo adeguato anche temi, ampi e complessi, come quelli di politica fi-scale e economico-industriale del paese. È possibile altresì confrontare il prezzo industriale italiano con quello degli altri paesi EU. Dal gen-naio 2011 al febbraio 2012 il nostro paese ha scon-tato un prezzo industriale della benzina superiore di 0,049 euro rispetto alla media dei paesi EU e di 0,041 euro sul gasolio.Restringendo il confronto a Germania, Francia e Regno Unito, prendendo in considerazione solo il periodo dal novembre 2011 al febbraio 2012, il confronto è ancora più ingeneroso: il differen-ziale sulla benzina si allarga a 0,050 euro e sul gasolio a 0,060 euro, pari rispettivamente a un so-vraprezzo del 7,6% e dell’8,2%. A giudicare dalle notizie dei giornali radio mentre scriviamo que-sto articolo, il delta è destinanto ad aumentare a breve termine. Sulla base dei dati di consumo 2010, il recupero di questo differenziale significherebbe un beneficio per i consumatori finali pari a circa 1,9 miliardi di euro annui, o a 32 euro per ciascun cittadino italiano, ne-onati e ultranovantenni inclusi. Anche sulla base di queste valutazioni, il governo Monti ha incluso il settore della distribuzione dei carburanti tra quelli compresi nel decreto “liberalizzazioni”.

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Fonte: Unione Petrolifera

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Fonte: Elaborazione Accenture

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Lo stacco Italia – EU sui prezzi industriali

34 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

vendita di tabacchi e giornali presso i distributori di carburanti, come indirizzato dal decreto.Il ridotto orario di apertura degli esercizi è con-seguenza del modello di business dei distributori italiani, ed è, nella maggior parte dei casi, limitato alle ore del giorno. I distributori italiani lavorano mediamente dieci ore al giorno per 280 giorni l’anno, il corrispondente britannico 16 ore per 364 giorni2, ovvero il 108% di ore di apertura in più. Un cambiamento dell’orario di servizio sarà pos-sibile solo a valle della ridefinizione del modello di business, perché come è facile immaginare non è solo un tema di orari di apertura, ma soprattutto di cosa e come i punti di distribuzione commercia-lizzano al cliente finale. L’assenza di un mercato all’ingrosso dei carbu-ranti trasparente rende impossibile per il gestore di un impianto “brandizzato” anche il confronto del prezzo di fornitura del combustibile. L’idea del governo Monti di creare un mercato trasparente e di svincolare, seppur parzialmente i gestori dai contratti di fornitura in esclusiva mira ad abbas-sare il prezzo di fornitura.Infine, ultimo determinante dell’alto livello dei prezzi italiani è la scarsa presenza di operatori

“bianchi”, o indipendenti: in Italia le pompe bianche rappresentano il 6% dei distributori, anche se in volume la loro market share è net-tamente superiore, grazie ai prezzi più compe-titivi resi possibili da un approvvigionamento non in esclusiva. Ciò si aggiunge allo scarso peso della GDO nella distribuzione oil. In Francia la market share è pari al 40%, in Ger-mania al 10%.

che l’Italia è l’unico paese (rispetto a Germania, Francia e Regno Unito) che vede un aumento del numero dei distributori, mentre tutti gli altri ne di-minuiscono il numero.Di conseguenza il nostro paese presenta un distri-butore ogni 2640 abitanti e 1597 auto. La classifica vede al secondo posto la Francia, con un distri-butore ogni 5173 abitanti e 2587 auto, al terzo la Germania, con 5573 abitanti per distributore e 2842 auto, e il Regno Unito fuori dal podio con 6976 abitanti e 3279 auto. Già questi numeri pre-sentano il mercato potenziale per ogni distributore nostrano come decisamente inferiore a quello degli altri paesi europei. Se aggiungiamo all’analisi i volumi di erogato, ve-diamo come i nostri distributori, su base annua, hanno commercializzato in media meno di 1,5 mi-lioni di litri, contro i 3 milioni della Germania, i 3,5 della Francia e i 4 milioni del Regno Unito. Emerge chiaramente l’attuale necessità di mag-giori margini sul litro per ripagare gli investimenti relativi a ogni distributore. Al tempo stesso, giudi-cando non efficiente tale situazione, sottolineiamo la necessità di rinnovare profondamente il sistema distributivo italiano. I nostri distributori sono in gran parte chioschi di vendita del carburante con nessuna disponibilità o scarsa rilevanza dei ricavi “non oil”. I ricavi non oil dei distributori italiani sono inferiori al 10% dei ricavi complessivi1. Un significativo incremento di questa percentuale ri-chiede investimenti e un cambio della mentalità dei gestori, oltrechè un cambiamento della regolazione vigente su alcuni prodotti, vedi la preclusione della

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Fonte: Unione Petrolifera

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Fonte: Elaborazione Accenture

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Il confronto Italia – EU sull’organizzazione del settore – 2010

Fonte: Unione Petrolifera

MERCATO DEI CARBURANTI, LIBERALIZZAZIONE E NUOVI MODELLI OPERATIVI

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 35

Evoluzione del mercato e nuovi modelli di businessL’allineamento o l’avvicinamento al prezzo indu-striale medio europeo passa necessariamente dalla riduzione del numero di distributori e dal ripensa-mento del modello di business di chi vuole garan-tirsi da prima maggiori probabilità di sopravvivere ad un processo di liberalizzazione, che porterà del bene a livello sistema ma di sicuro anche tanti cambiamenti nel settore. Il nuovo modello opera-

E!etti attesi del decreto liberalizzazioniIl fatto che ogni gestore possa liberamente approvvi-gionarsi sul mercato per il 50% della fornitura pattuita consente di prevedere un calo del prezzo medio di ap-provvigionamento dei distributori. Non è detto che questo calo sia automaticamente tra-sferito al cliente finale: la ripartizione sarà frutto del livello di intensità competitiva del mercato locale della distribuzione carburanti.Il calo del prezzo medio di fornitura si ribalterà in una diminuzione corrispondente del margine operativo delle compagnie oil. Ciò porterà, con buona probabilità, a un ulteriore focus sull’ottimizzazione della logistica, al taglio dei costi operativi e all’ottimizzazione dei processi.La singola misura non è sufficiente a colmare lo stacco con l’Europa, ma è un significativo passo nella giusta direzione. L’allineamento dei prezzi industriali impone il rinnovo della struttura della distribuzione dei carburanti.A tal fine, il governo deve continuare nella sua opera, prestando attenzione anche alla normativa regionale che limita la concorrenza (vedi norme regionali che impongono ai nuovi distributori di offrire anche un combustibile “green”, quale metano o GPL). Que-ste normative regionali pongono i nuovi entranti in situazione di svantaggio rispetto ai player tradizionali, obbligandoli a investimenti addizionali e a disporre di maggiori superfici, viste le stringenti norme di sicu-rezza sui combustibili “green”.Contribuirà alla riduzione del differenziale con gli altri paesi dell’Unione Europea la commercializzazione di combustibili “green” (ovvero che includono quote di biofuels al loro interno), riducendo i volumi di benzina e di gasolio richiesti alle raffinerie italiane. Unendo que-sto fattore al calo dei consumi oil già in atto, possiamo ipotizzare un mercato all’ingrosso animato da una forte competizione sul prezzo, nel prossimo futuro.

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Fonte: Unione Petrolifera

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Marginalità attesa dei prodotti non oil e distanza dal core business del gestore

Fonte: Elaborazione Accenture

ESEMPI DI DISTRIBUTORI CHE STANNO INNOVANDO LA LORO OFFERTAL’elenco seguente vuole presentare come alcuni distributori stiano già modificando ed integran-do la loro o!erta di servizi.Centro Agip 24 (Aosta) - www.agip24.itIl centro Agip 24 ad Aosta o!re servizi di di-stribuzione carburante e vendita di bevande, di servizi telematici e di accessori per auto e primo soccorso stradale. La stazione di servizio, inoltre, o!re servizi aggiuntivi di sostituzio-ne e riparazione pneumatici, auto"cina per riparazioni di vario genere e manutenzione con il rilascio di tagliandi e un servizio di consegna auto a domicilio. L’o!erta è completata da un servizio di noleggio sia di auto sia di veicoli commerciali e industriali. Agip e Auto Mille – Limbiate - www.automille.itAutoMille è una società di Limbiate, provincia di Milano, che propone ai suoi clienti, oltre alla tradizionale distribuzione dei carburanti, o"cina auto, autolavaggio, elettrauto, cambio gomme, un market con accessori per auto, servi-zi di vendita di auto nuove e usate.

36 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Danilo Troncarelli Partner Strategy, AccentureGiovanni Campa, Senior Manager Strategy, Accenture

Luca Venturini Manager Strategy, Accenture

tenza su cui costruire una vera loyalty nelle com-pagnie petrolifere. I gestori per continuare ad approvvigionarsi di tutti i volumi di benzina dall’operatore di riferimento devono vedere il valore aggiunto portato dal brand e dai programmi di loyalty. L’emergere di strumenti di comparazione dei prezzi su internet / smartphone aumenta la complessità da presidiare e impone ai gestori un’attenzione ag-giuntiva alle politiche di geopricing. Le compagnie oil potrebbero sviluppare soluzioni avanzate che aiutino il gestore a indirizzare al meglio le politiche di pricing. Ciò significa sviluppare sistemi avanzati di simulazione e di business intelligence.

tivo richiede di sviluppare:Nuovi servizi e fonti di reddito;Loyalty con i clienti finali;Geopricing avanzato.

I distributori del domani non possono limitarsi a fornire benzina, dovranno soddisfare dei biso-gni aggiuntivi, dai “classici” servizi auto (lavag-gio, meccanica di base, etc.) alla preparazione della spesa serale, ordinata su internet e raccolta dal pendolare sulla via di casa, dai servizi di spe-dizione a quelli di lavanderia, dalla vendita dei biglietti unici di accesso alla città ai servizi di gastronomia, passando da un inevitabile allun-gamento degli orari di servizio. Ciò implica inve-stimenti significativi, garantisce elevate economie di scala e richiede professionalità gestionali: è pro-babilmente terminata l’era del gestore della singola pompa di benzina. Nel frattempo, le compagnie oil, per evitare di per-dere margini e volumi devono fidelizzare il cliente finale, sviluppando un programma di loyalty avan-zato che raccolga le best practices degli altri set-tori, e fornisca valore aggiunto a una commodity tramite servizi tailorizzati. Le offerte, i servizi e le esperienze cumulate dalle compagnie aeree e dalla grande distribuzione sono un’ottima base di par-

BIOFUELS E UN’ECCELLENZA ITALIANA: MOSSI & GHISOLFIMossi e Ghisolfi è un’azienda chimica Italiana di eccellenza. Negli ultimi anni, guidata dalla vision dei proprietari e del management ha investito con coraggio e maestria nel mercato dei biofuels. In particolare, M&G ha sviluppato un processo produttivo capace di ricavare biofuel di seconda generazione, mediante utilizzo di enzimi speciali per catalizzare il processo, trasformando delle biomasse ricavate da terreni marginali e dunque non in competizione con l’utilizzo agricolo a fini alimentari e a basso impiego di zuccheri. L’ec-cellenza del processo produttivo e dei costi sarà presto ben dimostrata sul campo nell’impianto di Crescentino (Vercelli). La tecnologia sviluppata da M&G aiuterà l’Italia a rispettare gli impegni Europei: trattando all’interno di impianti simili biomasse coltivate sul 3%3 dei terreni italiani abbandonati avremo a disposizione il biofuel necessario.

1. Analisi Nomisma Energia, La rete carburanti nel 2009: il confronto con l’Europa.2. IBL Special Report, Stacco matto ai carburanti? Perché il pieno in Italia costa di più e cosa fare per evitarlo.3. Agronotizie su fonte M&G, 2011.

Da sinistra: Giovanni Campa, Luca Venturini, Danilo Troncarelli

Gli autori

WWW.HBRITALIA.IT

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 37

ralizzata delle aspettative di crescita da cui sembrano “salvarsi” – come conferma l’analisi sull’incidenza del future value sull’enterprise value (figura 1) – solo quelle che hanno consolidato la propria posizione di leadership su alcune aree chiave (es. Teva come cham-pion nei generici, Novo Nordisk come leader nella cura del diabete e dell’emofilia). Le continue innovazioni nell’area della diagnostica e nella gestione della patologia cronica (dispositivi medici e farmaci senza obbligo di prescrizione) abi-literanno il self caring con evidenti impatti sul ruolo dell’assistenza primaria. Inoltre, un paziente sempre più informato e consapevole dei propri diritti si muo-

I cambiamenti in atto nel settore Life Science sono strutturali e nei prossimi 5 anni lasceranno il passo a un contesto competitivo radicalmente diverso. Com’è noto, la scadenza di importanti bre-vetti sta accelerando la fine del modello blockbuster-driven, con il mercato delle grandi molecole sempre più dominato dai

grandi genericisti, mentre le politiche di efficientamento della spesa pubblica sanitaria limitano l’espansione del mercato dei farmaci più innovativi in area specialistica.Questo si traduce nell’incertezza sulla sostenibilità de-gli attuali modelli di business, con una riduzione gene-

Tempo di scelte per le aziende biofarmaceuticheIl settore della Salute sta attraversando un cambiamento radicale, a fronte del quale le aziende farmaceutiche dovranno porre in atto strategie chiare, facendo leva su poche competenze chiave che consentano di sostenere un posizionamento distintivo nel medio lungo termine. di Danilo Mazzara e Francesco Scaccheri

38 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Anche i sistemi di welfare evolvono di conseguenza ed è ormai chiaro che l’accesso alle terapie più innovative non potrà più essere a copertura universale, finanziato integralmente attraverso il ricorso alla spesa pubblica come è stato finora. L’efficientamento della spesa farmaceutica a carico dello Stato resta la priorità nei Paesi maturi. Accanto al taglio dei costi (l’esempio della Spagna è eclatante con il taglio del 13% nell’arco di un solo anno) emer-gono nuovi modelli di reimbursement basati su logiche di payment by result che oltre alla maggiore efficacia terapeutica tengono in considerazione i maggior costi e benefici associati alle gestione completa della pato-logia.Parallelamente, le assicurazioni private e i fondi sani-tari si stanno affermando – in modi e tempi differen-ziati nei diversi Paesi – come meccanismo di copertura della spesa out of pocket per garantire l’accesso alle te-rapie più innovative (es . farmaci biologici e dispositivi medici di ultima generazione). La risposta ai nuovi bisogni dei pazienti cambia e la convergenza settoriale è una realtà: in particolare

verà per accedere ai servizi sanitari migliori con evi-denti impatti sull’assistenza secondaria che risulterà sempre concentrata su poli ultraspecialistici.Siamo di fronte a un’esplosione nell’utilizzo di Inter-net e dei social media in diversi ambiti della salute (più del 40% delle persone accede alla rete per ottenere in-formazioni su patologie e terapie) e, nei mercati più evoluti come gli Stati Uniti, le comunità di pazienti più radicate, come PatientLikeMe, sono una fonte pri-maria di informazione su cui fare leva fino al recluta-mento per lo svolgimento delle prove cliniche.La mobilità del paziente verso centri diagnostici e tera-peutici più qualificati è già una realtà (negli Stati Uniti il turismo sanitario verso i Caraibi è ormai consolidato e in Medio Oriente si stanno facendo importanti in-vestimenti in ospedali e cliniche per attrarre pazienti europei) e crescerà ulteriormente: la recente Direttiva 2011/24/UE dell’Unione Europea ha avviato un per-corso normativo finalizzato ad agevolare l’accesso a un’assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità, garantendo la mobilità dei pazienti a livello europeo.

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Dati al1/2012Future Value = Enterprise Value - Current ValueFonte: Analisi Accenture su dati Capital IQ, Annual Report e Quarterly Report

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FIGURA 1Future Value in percentuale dell’Enterprise Value per un campione di Aziende Biofarmaceutiche

TEMPO DI SCELTE PER LE AZIENDE BIOFARMACEUTICHE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 39

conferma la direzione strategica intrapresa di valoriz-zazione del business nutrizionale.Da questi elementi di mercato emerge con forza il bisogno per le aziende farmaceutiche di rispondere a questo scenario con scelte strategiche mirate, che pre-vedano una chiara ridefinizione del proprio modello di business in particolare nella ridefinizione della combi-nazione del portafoglio prodotti/servizi e nelle logiche di approccio al mercato.

I nuovi modelli di businessLe aziende farmaceutiche tradizionali hanno finora adottato un modello integrato che va dalla R&S fino alla piena commercializzazione che, a fronte dei mag-giori investimenti richiesti per lo sviluppo di nuove molecole e della maggiore imprevedibilità del mercato (volumi attesi e prezzi), è diventato estremamente ri-schioso. Una crescita sostenibile nel medio-lungo ter-mine per le aziende del settore richiede una profonda evoluzione dei modelli di business e in particolare: 1. La definizione di un nuovo posizionamento stra-

tegico;

nel segmento dei farmaci da banco e in quello per la prevenzione e la cura di patologie croniche a elevata diffusione (es. colesterolo).La joint venture (JV) avviata da Procter&Gamble e Teva Pharmaceutical è l’esempio più recente della con-tiguità tra settore farmaceutico e largo consumo. La JV accelererà la crescita di entrambi i player nell’offerta OTC e nei mercati più interessanti: P&G accederà al portafoglio OTC, alla capacità produttiva e alle com-petenze regolatorie di Teva che, a sua volta, potrà raf-forzare il proprio posizionamento globale nelle catene di farmacie e GDO avvantaggiandosi dell’eccellenza di P&G nel brand building e marketing.L’Healthcare e la Nutrizione sono già stati identificati dal gruppo Nestlè come uno dei principali motori di crescita per il futuro, con investimenti previsti nei prossimi anni superiori ai 500 milioni di dollari per sviluppare prodotti mirati per la cura di diabete, ma-lattie cardiovascolari e Alzheimer; Danone è già attiva da anni nella prevenzione delle patologie cardiova-scolari con il Danacol e il recente lancio di Danaos, un prodotto specifico per la patologie osteoarticolari,

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FIGURA 2Modelli di business del futuro per le aziende farmaceutiche

40 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

e, non da ultimo, una capacità di cassa generata dal business consolidato, ampliano il proprio portafoglio prodotti muovendosi per adiacenze rispetto al proprio core business. L’obiettivo è quello di integrare “servizi” per gestire il paziente a 360 gradi lungo tutto il ciclo della patologia (es. diagnostica, trattamento, nutri-zione e home caring) e mettere a fattore comune ca-pabilites (es. multicanalità, compliance management e direct to pharmacy) che, grazie al crescente ruolo delle nuove tecnologie, possono essere condivise tra busi-ness apparentemente distanti (Primary Care, OTC, prodotti maturi e generici). Per questo tipo di aziende, la capacità di fare acquisizioni in serie e la velocità di integrare le aziende acquisite nel portafoglio esistente è fondamentale per massimizzare la sinergie.Il modello “portfolio” appare come la naturale evo-luzione di quello “Big Pharma”: Johnson & Johnson e Sanofi si sono già mosse in questa direzione, se-gnando una nuova che rotta che difficilmente potrà essere ignorata da altri.Insomma, il tempo dei miglioramenti incrementali (prodotti “me too” con pochi benefici addizionali rispetto a quelli esistenti) e quello delle grandi acqui-sizioni per anticipare il calo di fatturato in vista della scadenza dei brevetti, sembra avere segnato il passo; è per questo che è necessaria una sensibile revisione dei modelli business esistenti. Il percorso di avvici-namento verso il nuovo modello target dovrà essere gestito gradualmente, minimizzando la disruption e facendo leva su quelle competenze chiave di cui l’a-zienda già dispone.Il primo passo richiede l’analisi delle capabilities esi-stenti per individuare quelle “foundation” (compe-tenze chiave con perfomance allineate alle leading practices) su cui far leva per sviluppare il modello di business target in termini di value proposition per i clienti, aree terapeutiche, prodotti, servizi e approccio al mercato.Successivamente alla definizione del modello di busi-ness dovranno essere finalizzate scelte di modello ope-rativo (organizzazione, processi, strumenti a supporto ed infrastrutture) coerenti con il posizionamento di business identificato. Le opzioni di modello operativo, ovviamente, sono molto diverse e vanno affrontate caso per caso ma, sulla base della nostra esperienza, ci sono alcuni principi guida che devono essere con-siderati, quali: il bilanciamento tra centralizzazione e localizzazione per tenere conto delle specificità rego-latorie e di mercato a livello locale; la flessibilità per consentire la veloce integrazione di altri business e allo stesso tempo il supporto a strategie di accesso al

2. L’identificazione di quelle competenze coerenti con il posizionamento atteso;

3. L’avvio di trasformazioni radicali per raggiungere il posizionamento target.

Sul mercato stanno emergendo con forza tre modelli di business di riferimento, “Value”, “Volume” ed infine

“Portofolio”.Le aziende “Value” adottano un approccio research-based che punta ad offrire soluzioni integrate di prodotti e servizi per bisogni terapeutici non coperti, ovvero a fornire terapie innovative che, facendo leva sulle recenti innovazioni in ambito biotecnologico, forniscono risposte personalizzate alle specificità del singolo paziente. Sotto tale profilo, i maggiori ambiti di applicazione si registrano nell’oncologia e nella cura delle alterazioni del sistema immunitario (es. artrite reumatoide e sclerosi multipla).Per questo tipo di aziende la capacità di misurare in modo preciso l’outcome (benefici delle terapie e rela-tivi impatti sui costi) è chiave per ottenere l’autorizza-zione alla commercializzazione e prezzi di rimborso coerenti con gli elevati costi di sviluppo sostenuti. L’elevata innovazione delle terapie, ad esempio nelle modalità di somministrazione, richiede anche lo svi-luppo di servizi a valore aggiunto (Health Coaching e Home Caring) per consentire al paziente di aderire pienamente al percorso terapeutico. Le aziende value sono tipicamente di emanazione bio-tech che, avendo superato con successo la fase di start up, hanno conquistato posizioni di indiscussa leader-ship globale nella cura di alcune patologie. Tra queste citiamo ad esempio NovoNordisk (diabete), Biogen Idec (sclerosi multipla), Shire (malattie rare, colite ulcerosa). Le aziende “Volume” sono focalizzate sulla produ-zione e la commercializzazione di farmaci generici, prodotti maturi e OTC. Per questa tipologia di aziende la principale leva competitiva è il prezzo; la capacità di fare profitti è quindi strettamente legata al raggiungi-mento di elevate economie di scala grazie a un footprint manifatturiero e distributivo di eccellenza in grado di integrarsi a monte (es. produzione di principi attivi) e a valle nella distribuzione per minimizzare i rischi di rottura di stock. Tra le aziende “Volume” spicca sicuramente l’israeliana Teva che ha raggiunto una posizione di leadership nella produzione di farmaci generici, insieme a Sandoz e Zentiva, le business unit che producono generici rispettivamente appartenenti ai gruppi Novartis e Sanofi.Le aziende “Portfolio”, facendo leva su brand globali forti, competenze di accesso al mercato già radicate

TEMPO DI SCELTE PER LE AZIENDE BIOFARMACEUTICHE

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 41

Per ottenere elevate performance sostenibili nel medio termine le aziende farmaceutiche devono identificare le proprie aree di eccellenza (tangibili e intangibili) e ristrutturare il proprio modello operativo coerente-mente con il nuovo focus identificato.

mercato anche molto diverse per paese (es. Azienda Diretta, Joint Venture e accordi di licensing); e, infine, la scalabilità per sostenere la crescita di medio termine, ma allo stesso tempo rispondere a cambi repentini del mercato.Le competenze sulle quali focalizzare i maggiori in-vestimenti sono quelle relative al modello di business target. Nel “modello value”, ad esempio, sono chiave quelle per la gestione di alleanze e partnership per ridurre il time to market, il presidio di standard di qualità eccellenti in ambito manifatturiero (vista la complessità del processo produttivo e la concentra-zione in pochi stabilimenti) e infine il Key Account Management, vista la necessità di dover interagire con diversi stakeholder (pagatori, medici, manager). Nel

“modello volume” quelle di vicinanza al cliente per una efficiente sincronizzazione della “supply chain”. Nel

“modello portfolio”, infine, oltre alla già citata capacità di fare acquisizioni, sono fondamentali quelle in area Sales & Marketing per la gestione del brand (spesso unico elemento di differenziazione nel caso di prodotti maturi) e soprattutto quelle di supporto alla multica-nalità vista la necessità di dovere integrare all’unisono sia canali di promozione scientifica tradizionali sia innovativi (Informatori Scientifici, Agenti, Contact Center, Canali digitali).

Conclusioni Nei prossimi 5 anni i cambiamenti strutturali in atto nel settore della Salute obbligheranno le aziende far-maceutiche a ridefinire con chiarezza il proprio posi-zionamento strategico, adeguando di conseguenza il modello di business per salvaguardare la marginalità a fronte di un mercato sempre più maturo non più di-sposto a garantire indistintamente un premium price.

Danilo Mazzara, Senior Manager Strategy, Accenture Francesco Scaccheri, Manager Strategy, Accenture

Da sinistra: Danilo Mazzara e Francesco Scaccheri

Gli autori

FIGURA 3Capability chiave a supporto dei diversi modelli di business

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42 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

che appare oramai strutturale, non possono più permettersi di “ragionare a risorse illimitate”, ma, al contrario, devono dimostrare di saper far qua-drare i propri bilanci.In quest’ottica, l’efficienza della spesa pubblica diventa una criticità alla quale le Pubbliche Am-ministrazioni devono rispondere al più presto con soluzioni convincenti.Nel clima di relativo benessere che i paesi occi-dentali hanno vissuto nei recenti anni sino all’at-tuale crisi, il controllo e il monitoraggio della spesa non sono stati necessariamente la priorità

L e Pubbliche Amministrazioni occidentali, nella fattispecie quelle europee, si sono tro-vate a passare rapidamente dall’avere un ruolo di rego-lamentazione del mercato all’essere considerate esse stesse soggetti economici

che devono rispondere al mercato del proprio operato per sostenere il valore dei propri titoli. L’assunto dietro questa dinamica è che gli Stati, in un contesto di incertezza socio-economica

Come affrontare le nuove sfide della crisi nella spesa pubblica Mai come durante quest’ultima crisi economica c’è stata un’attenzione così elevata in merito alla gestione dell’apparato statale. di Roberto Giordano, Andrea Sabatini e Christian Valdivia Torres

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 43

visioni incerte di crescita mondiale nei prossimi anni, non è sufficiente pensare di poter reagire nel breve periodo con sacrifici una tantum, al con-trario, è necessario identificare nuovi paradigmi operativi che sostengano l’efficienza della spesa nel lungo periodo.

Le strategie di razionalizzazione della spesa pubblicaMentre tale esigenza di rigore dei conti si va con-solidando, i dirigenti delle funzioni acquisti della Pubblica Amministrazione devono mettere in atto degli interventi concreti per agire sulle tre leve di razionalizzazione della spesa. In primo luogo c’è da gestire la qualità della fornitura in termini di rispondenza agli effettivi requisiti espressi dalle Pubbliche Amministrazioni, evitando sia situa-zioni di performance del prodotto/servizio sotto le aspettative, sia prestazioni sovradimensionate rispetto a quanto richiesto, che inevitabilmente hanno un riflesso diretto o indiretto sul prezzo pagato. Ci sono poi i volumi della fornitura, i quali spesso risultano sovrabbondanti, determi-nandone quasi automaticamente una situazione

in testa alle agende delle Pubbliche Amministra-zioni – a differenza del settore privato; in molti casi, inoltre, l’accumulo progressivo di deficit di bilancio è stato sottovalutato e ritenuto eventual-mente risolvibile in extremis tramite misure stra-ordinarie, ma tutto sommato praticabili.Ora tuttavia la pressante richiesta del mercato per un maggiore rigore finanziario sta mettendo in grave affanno le Pubbliche Amministrazioni che si trovano strette fra due morse. Da una parte, devono gestire una riduzione delle entrate fiscali dovuta alla contrazione del PIL – spesso necessariamente compensata dall’aumento della pressione fiscale; dall’altra, la necessità di un maggiore sforzo nel fronteggiare gli impatti socio-economici della crisi, richiede servizi più efficaci ed innovativi verso i cittadini e le imprese e, di conseguenza, più risorse.In questo contesto le Pubbliche Amministrazioni più in difficoltà sono quelle che si trovano ad avere limitate capacità di governo dei propri co-sti e che stentano a identificare le modalità più efficaci di ristrutturazione della spesa a fronte del taglio ai budget. In considerazione delle pre-

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Spesa pubblica Italiana in percentuale del PIL

44 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

riqualificare le modalità di spesa e contribuire all’efficienza dei costi: professionalizzazione della funzione acquisti, industrializzazione e innova-zione dei processi delle modalità di acquisizione.

Professionalizzazione della funzione acquistiLe funzioni acquisti delle Pubbliche Amministra-zioni possono ottenere un notevole incremento

di spreco. Infine è possibile agire sul prezzo del prodotto/servizio acquistato, facilitando contesti negoziali più competitivi, anche attraverso l’in-troduzione di processi innovativi d’appalto che possono per altro stimolare l’offerta ed essere ap-prezzati dalle imprese.Questo articolo propone un approccio basato su tre direttive che le funzioni acquisto delle Pubbli-che Amministrazioni potrebbero perseguire per

Le leve strategiche per la razionalizzazione della spesa pubblica 141mm

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Fonte - Pubblicazione Ragioneria Generale dello Stato: La spesa dello Stato dall’Unita d’Italia

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COME AFFRONTARE LE NUOVE SFIDE DELLA CRISI NELLA SPESA PUBBLICA

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 45

IL CASO CONSIPIl Lean Six Sigma per sviluppare il potenziale innovativo nella Pubblica Amministrazione

Consip - azienda in-house del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ha ridotto i propri tempi di sviluppo di bandi di gara per l’acquisizione di beni e servizi a favore della Pubblica Amministrazione tramite l’applica-zione della metodologia Lean Six Sigma.Consip è a!dataria, a livello nazionale, del programma di Razionalizzazione della Spesa Pubblica promosso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. In attuazione di tale programma Consip eroga a Mini-steri ed altre Pubbliche Amministrazioni italiane servizi evoluti di procurement (es. centralizzazione della spesa, piattaforme di acquisto on-line, etc.) realizzando un

risparmio stimato pari a circa 3,6 miliardi di euro l’anno (2010).Il progetto Lean Six Sigma ha previsto l’appli-cazione degli strumenti di analisi tipici della metodologia da parte degli attori stessi del processo, i quali hanno poi identificato auto-nomamente un insieme di soluzioni pratiche da applicare al proprio lavoro. Nel caso di Con-sip l’asso vincente della metodologia è stato il riuscire a mettere al centro del processo di cambiamento le risorse interne all’organizza-zione, sbloccandone il potenziale innovativo attraverso il loro coinvolgimento sistematico in tutte le fasi del programma di miglioramento. “L’esperienza di Consip mostra come sia

possibile ottenere un aumento significativo delle performance facendo leva sull’enorme impatto che può scaturire dal cambiamento dei comportamenti e delle modalità di lavoro dei singoli individui dell’organizzazione” fa notare Andrea Sabatini, Senior Manager Accenture responsabile del programma. Il rischio di molti classici interventi di reinge-gnerizzazione di processo è che vengano percepiti come imposti dall’alto e ‘rigettati’ dall’organizzazione. In un intervento Lean Six Sigma, al contrario, il singolo si sente artefice e responsabile del mutamento e, pertanto, attiva volontariamente quei comportamenti virtuosi che fanno la di"erenza.

“Consip ha tenuto fede alla propria voca-zione di organizzazione ad alto contenuto d’innovazione volendo essere tra i pionieri nell’applicazione della metodologia Lean Six sigma nel settore della Pubblica Amministra-zione in Italia. I risultati che sta ottenendo confermano

che le professionalità e i talenti possono emergere anche nel contesto dei servizi pubblici, anche se alcuni processi#sono caratterizzati da schemi e tempistiche rigide dettati dalle norme di legge. L’approccio Lean Six Sigma in questo ci ha aiutato.”

L’INTERVISTAStefano Tremolanti

dell’efficienza delle forniture: dal disporre al pro-prio interno di forti competenze tecniche sulle merceologie trattate e sui relativi mercati, all’a-vere capacità manageriali evolute per facilitare una gestione efficace dei contratti. Il successo di una fornitura infatti può essere garantito dal riuscire a sviluppare e mettere in campo le cono-scenze e gli approcci migliori per governare e tra-sformare in opportunità i fattori di complessità che si presentano lungo il ciclo di vita della forni-tura: dall’analisi delle esigenze, alla preparazione del bando di gara fino al monitoraggio ex-post della fornitura. Ad esempio, durante le fasi di rilevazione delle esigenze, il responsabile dell’acquisizione, fa-cendo leva su una profonda conoscenza della merceologia, può interpretare le proiezioni di utilizzo del fruitore del prodotto/servizio gui-dandolo più efficacemente nella declinazione dei requisiti. Nella stesura del disciplinare di gara invece, ven-gono stabiliti elementi molto importanti per il buon esito della gara stessa, come la base d’a-sta, il numero e la dimensione dei lotti banditi, la formula di aggiudicazione: il bilanciamento ot-timale di questi fattori deriva da complesse con-

siderazioni di tipo merceologico e dall’impiego di modelli di simulazione economica attraverso i quali si identifica il mix di variabili che permette di pagare strettamente il livello di performance necessario e minimizzare la presenza di caratteri-stiche non richieste. In questo campo, i modelli che le funzioni acqui-sti più virtuose mettono in pratica sono basati su un utilizzo esteso dei benchmark; particolar-mente utili sono i benchmark sui livelli di prezzo ritenuti competitivi che rendono possibile la miti-gazione dell’asimmetria informativa fra fornitore e banditore, tali modelli hanno però bisogno di essere alimentati da evolute attività di ricerca e di dialogo con il mercato.Un altro frangente in cui sofisticate analisi pos-sono fare la differenza è il monitoraggio ex-post dei consumi delle forniture attivate. Questo può essere sfruttato in due modalità, da una parte permette di verificare la coerenza fra quanto è stato acquistato e successivamente fornito, al fine di innescare un feedback che ottimizzi i con-tratti di fornitura futuri; dall’altra, l’analisi del consumo effettivo del prodotto/servizio abilita alla definizione del livello opportuno di approv-vigionamento e di acquisto, innescando processi

Il Lean Six Sigma è una meto-dologia per l’ottimizzazione dei processi focalizzata sulla velo-cità di esecuzione (eliminazio-ne degli sprechi) e sulla qualità del prodotto/servizio erogato (eliminazione dei difetti). La società di consulenza George Group, fondata dal padre della metodologia Michael L. Geor-ge, è stata acquisita nel 2007 da Accenture, società leader mondiale nella consulenza direzionale e tecnologica, divenendo in tal modo centro di competenze internazionale della metodologia.

Stefano Tremolanti Responsabile della Direzione Acquisti Pub-blica Amministrazione della Consip, società del Ministero dell’Eco-nomia e delle Finanze

46 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

In quale stato di avanzamento si trova l’appalto pre-commerciale nella sua organizzazione?

La Centrale Acquisti della Regione Lombardia sta osservando con molto interesse lo strumen-to dell’appalto pre-commerciale, monitorando il complesso percorso di contestualizzazione e ade-guamento delle direttive europee alle peculiarità del nostro sistema giuridico, ancora non completa-mente maturo in questo ambito. In senso prospettico, ritengo che nella nostra esperienza di centrale di committenza regionale, la relazione di partnership instaurata a livello locale con le Pubbliche Amministrazioni possa consentirci di partire da un contesto di condivisione già avviata rispetto alle potenziali esigenze del territorio favo-rendo così l’utilizzo dell’appalto pre-commerciale. La sensibilità sviluppata a contatto con il sistema pubblico lombardo ci permette quindi di ipotizzare dei futuri scenari di co-innovazione delle modalità di acquisto, conciliando obiettivi di ottimizzazione della spesa con aspettative legate alla qualità. In relazione al mercato, inoltre, lo strumento del pre-commercial procurement consente di valoriz-zare la capacità di produrre innovazione, fenomeno favorito dalla maggiore flessibilità e adattabilità dell’organizzazione coinvolta: in questo senso le PMI, organizzazioni tipicamente meno complesse sono più facilitate nell’intraprendere strade innova-tive e possono quindi rappresentare uno stakehol-der importante per supportare tale percorso.

Quali sono gli ambiti merceologici e i contesti della Pubblica Amministrazione in cui si pre-vede che l’introduzione dell’appalto pre-com-merciale possa apportare il maggior beneficio? A quali si punterà in maniera prioritaria per le prime applicazioni?

Non è facile identificare sin d’ora quali saranno gli ambiti che sicuramente recepiranno per primi il modello di appalto pre-commerciale, è tuttavia molto probabile che questo sarà più adeguato lì dove ven-gono già portate avanti politiche di acquisto rivolte all’innovazione.Tra i settori più sensibili, in ambito sanitario il merca-

to dei dispositivi medici ad alta complessità tecnolo-gica consentiranno di supportare l’obiettivo primario della centralità del paziente, rispetto al quale Regione Lombardia sta investendo molto e, in ottica trasver-sale, l’e!cientamento energetico e ambientale: un tema su cui le Pubbliche Amministrazioni si trove-ranno progressivamente a confrontarsi rispetto alla prestazione ambientale dei prodotti (beni e servizi) nel contesto del loro intero ciclo di vita."""

Quali sono le principali sfide nell’introduzione dell’appalto pre-commerciale in generale e, nello specifico, nel contesto italiano?

Una delle prime sfide ritengo possa essere l’e!cace bilanciamento tra la valorizzazione delle capacità di determinate aziende di produrre innovazione attraverso la ricerca e lo sviluppo ed eventuali rischi di monopolio che possono emergere in contesti di novità di mercato (penso al tema dei brevetti, o alla costituzione di nuovi monopoli, ad esempio). Pren-dendo spunto dal modello americano, un approccio di dual sourcing utilizzato in ambito militare, calato e adattato a tale contesto, può limitare eventuali rischi.Le regole dell’appalto pre-commerciale prevedono inoltre un certo livello di complessità in termini di meccanismi organizzativi da gestire: questo aspetto dovrà prevedere un miglioramento nella reattività degli apparati organizzativi pubblici e una governance più propensa alla gestione del rischio e alla generazione di proposte innovative. Per il successo dell’iniziativa sarà quindi fonda-mentale la funzione catalizzatrice che svolgeranno le Pubbliche Amministrazioni più all’avanguardia che porteranno avanti le prime sperimentazioni. La nostra organizzazione in Lombardia è pronta ad approfondire e supportare lo sviluppo dei primi schemi attuativi per sperimentare l’utilizzo dell’ap-palto pre-commerciale, valutarne i benefici sulla domanda di acquisti per le Pubbliche Amministra-zioni e gli impatti sul mercato della fornitura. In questo senso l’istituto del partenariato pubblico-privato può rappresentare un volano per struttu-rare e consolidare ulteriori strumenti di dialogo con il mercato in linea con gli obiettivi dell’appalto pre-commerciale.

L’INTERVISTAAndrea Martino

Andrea Martino Direttore Centrale Acquisti Regione Lombardia

COME AFFRONTARE LE NUOVE SFIDE DELLA CRISI NELLA SPESA PUBBLICA

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 47

che prevengono gli sprechi tramite l’introduzione del concetto di “consumo standard” che facilita logiche di contingentamento.

Industrializzazione dei processiL’altro fronte sul quale le Pubbliche Amministra-zioni possono agire è l’efficienza dei propri pro-cessi, e sopratutto per i processi di acquisto che sono spesso deteriorati dalla stratificazione di successivi aggiornamenti normativi mal recepiti all’interno delle procedure. Nel contesto privato, agli interventi tradizionali che spesso presup-pongono un cambiamento significativo imposto dall’alto, si sono già da tempo affiancati nuovi approcci che, inizialmente sviluppati in contesti manifatturieri, hanno riscontrato un ampio suc-cesso anche nell’ambito dei servizi. Tali approcci sono raccolti all’interno della metodologia Lean Six Sigma e sono caratterizzati da un forte focus sull’attivazione di un processo di innovazione continua di tipo incrementale sostenuto dalle risorse stesse dell’organizzazione: una visione quindi più lungimirante rispetto ai tradizionali interventi one-time. Il punto di forza di questo approccio consiste proprio nel mettere al centro del processo di cambiamento le risorse dell’orga-nizzazione, sbloccandone il potenziale innovativo attraverso il loro coinvolgimento sistematico in tutte le fasi del programma di miglioramento. In un intervento Lean Six Sigma, una task force interfunzionale, costituita da risorse interne all’organizzazione, lavora congiuntamente per individuare le criticità e le sorgenti di spreco che sono responsabili delle basse performance del processo applicando degli strumenti di analisi ad hoc che la metodologia mette a disposizione. Lo stesso team sviluppa poi le soluzioni articolan-dole ad esempio in regole di comportamento, best practice di processo, nuovi referenti operativi e strumenti di lavoro (fogli di calcolo, modulistica, check-list, etc.). Le soluzioni vengono in seguito integrate nelle modalità di lavoro dell’organizza-zione attraverso un periodo di “applicazione as-sistita” con il supporto dei colleghi che le hanno sviluppate.

Innovazione delle modalità d’acquisizioneL’ulteriore leva sul quale il settore pubblico può agire per ridurre i costi e migliorare la qualità della spesa è l’introduzione di strategie innova-

tive per le modalità di acquisto. Occorre ricor-dare che il meccanismo tradizionale delle gare pubbliche contiene delle aree di inefficienza che potremmo definire strutturali, in ragione di un minimo comune denominatore di attività “stan-dard” che rappresentano una invarianza rispetto al valore dell’importo dei lavori, delle forniture o delle attività messe a gara. In altre parole alcune attività comuni ad ogni processo di procurement pubblico, spesso impo-ste dalla normativa di riferimento, non possono essere ridotte od eliminate neppure in presenza di gare di basso importo/complessità, ciò si-gnifica che tanto minore è l’importo della gara tanto maggiore è il peso percentuale delle attività

“standard”, ripetitive, ma non eliminabili. E sin qui il tema del costo e delle inefficienze interne alle Pubbliche Amministrazioni, ma c’è anche un extra costo verso il mercato/sistema paese delle gare non correttamente bandite o perfettibili: se consideriamo che il costo interno per un’azienda o raggruppamento arriva spesso a rappresentare fino ad un 7-10% del valore messo a gara è facile osservare come a fronte di bandi con una elevata risposta del mercato, il valore bandito può essere persino inferiore al costo sopportato dal mercato complessivamente per rispondere alla gara stessa, con un saldo finale sostanzialmente negativo tra pubblico e privato.Risulta quindi importante introdurre elementi di innovazione che permettano di ovviare a queste disottimizzazioni dei costi interni e del mercato, agendo sulla standardizzazione delle procedure di gara e/o l’introduzione di nuovi meccanismi di acquisizione di natura più innovativa. Già da qualche anno sono in fase di sviluppo e sperimentazione piattaforme elettroniche che permettono di far incontrare domanda ed of-ferta attivando meccanismi che da una parte permettono ai fornitori di praticare condizioni di fornitura competitive e, dall’altro, facilitano le funzioni acquisto nell’individuazione del pro-dotto che maggiormente risponde alle esigenze della propria amministrazione.Ma fra le proposte più interessanti di innovazione dei meccanismi di acquisizione c’è il caso dell’ap-palto pre-commerciale, attualmente in fase di svi-luppo ed introduzione da parte delle Pubbliche Amministrazioni a seguito delle iniziative lanciate dalla Commissione Europea.In una procedura pre-commerciale vengono

48 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Roberto Giordano Public Services Lead, Accenture Management Consulting Andrea Sabatini Senior Manager Strategy, Accenture

Christian Valdivia Torres Manager Strategy, Accenture

tecnologici e innovativi che serviranno al paese negli anni successivi, determinando cosi indiret-tamente anche l’avanzamento tecnologico del nostro paese.

acquistati servizi di ricerca e sviluppo. In parti-colare, alle imprese appaltatrici, viene chiesto di sviluppare parallelamente il prototipo di un prodotto non già presente sul mercato, che possa rispondere ad una specifica esigenza espressa dall’Amministrazione in termini di prestazioni e non di requisiti tecnici relativi a prodotto/servizio specifico; in sintesi quindi, l’oggetto del bando non è un prodotto finito ma l’ideazione di una soluzione innovativa a un problema. Tale approccio permette vantaggi notevoli. L’Am-ministrazione infatti ha la possibilità di verificare in corso d’opera i risultati intermedi raggiunti ed eventualmente fornire indicazioni per meglio adattarli alle proprie esigenze. Allo stesso tempo, in tal modo, le imprese riescono a rispondere più efficacemente perché, disponendo già di un mer-cato certo – l’Amministrazione stessa – possono ridurre notevolmente i rischi, ed i relativi costi, che normalmente caratterizzano le attività di R&S. In generale inoltre, la discrezionalità nell’iden-tificazione della soluzione, fermi restando i re-quisiti di prestazione espressi, apre nuovi spazi di competizione nei quali ciascuna impresa può essere libera di fare leva sulle proprie capacità distintive ed identificare una soluzione che possa essere sia economicamente vantaggiosa per l’Amministrazione, sia remunerativa per l’impresa stessa.

La sintesiIn sintesi, tagli ai bilanci e manovre fiscali sono insufficienti per governare l’impatto dell’at-tuale crisi economica sui conti pubblici. Avendo compreso come questo costituisca un “punto di non ritorno” per la Pubblica Amministrazione, è evidente come allo stesso tempo ci si trovi davanti a una grossa opportunità di trasforma-zione delle modalità di spesa nonché di riqua-lificazione dei livelli di servizio offerti verso il cittadino. Oltre infatti agli interventi volti a rea-lizzare efficienza e risparmio, è possibile anche introdurre nuovi paradigmi di spesa pubblica, ad esempio attribuendo alle Pubbliche Ammi-nistrazioni un ruolo di demand management per il sistema paese, ovvero affidandogli non solo obiettivi economici di saving - spendere di meno per comprare i beni e servizi oggi necessari - ma anche la responsabilità di acquistare quei servizi

Da sinistra: Andrea Sabatini, Roberto Giordano, Christian Valdivia Torres

Gli autori

50 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

, spostatesi verso l’efficienza, la conservazione, lo sviluppo di fonti rinnovabili, man mano che divenivano più cogenti i temi del cambiamento climatico, della sicurezza della fornitura, della crescita economica nonché le pressioni alla liberalizzazione del settore dell’energia.

. La produzione di-stribuita, le tecnologie di accumulo, il concetto di smart grid da un lato hanno determinato una enorme complessità nella pianificazione e nella gestione delle reti e, dall’altro, hanno favorito l’ac-cesso di nuovi operatori e la nascita di nuove figure.

Solo alla fine del secolo scorso il consolidato modello di “fi-liera dell’energia elettrica”, consistente nelle fasi di pro-duzione-trasmissione-distri-buzione-vendita, è andato in crisi con il venir meno dei fat-tori che lo avevano sostenuto,

quali l’accesso illimitato ai combustibili fossili, la na-zionalizzazione del settore, sistemi regolatori sostan-zialmente protettivi, il ruolo passivo dei consumatori. Sinteticamente, le trasformazioni intervenute possono ricondursi a tre aree:

Strategie e scenari energetici per gestire i cambiamenti in corsoI forti cambiamenti attesi nello scenario energetico europeo e italiano - guidati dall’evoluzione della domanda finale, dalle sfide del climate change, dalla necessità di assicurare le forniture energetiche nonché dai nuovi assetti competitivi e regolatori – richiederanno alle utility e a tutti gli operatori del settore di adeguarsi per non perdere posizioni di mercato o per acquisire una definitiva leadership in nuovi e vecchi business, che il cambiamento e l’incertezza stanno modellando. di Danilo Troncarelli, Pietro Di Maria e Andrea Frau

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 51

1), per effetto della diminuzione dell’intensità energe-tica, dovuta alle misure di efficienza e ad altre con-cause, quali l’aumento della quota elettrificata della domanda energetica e il passaggio ad una low carbon economy. La domanda di energia elettrica, per con-tro, aumenterà nel tempo, per effetto della maggiore elettrificazione dei consumi in settori rilevanti quali i trasporti. Gli impatti e le conseguenze per l’Utility possono così sintetizzarsi:

aumento dei consumi di elettricità che compor-terà l’aumento dei volumi di trading associati ma anche una maggiore volatilità degli stessi;volumi maggiori di trading della CO2, soprat-tutto in Europa occidentale;volumi maggiori dei certificati di efficienza energetica.

Climate changeL’impegno internazionale per la riduzione delle emis-sioni di gas a effetto serra aumenterà di intensità e di rilevanza economica, per l’effetto combinato dell’au-mento del costo a tonnellata dei certificati di emissione della CO2 e dell’aumento dei costi per l’abbattimento delle emissioni “in house” con tecnologie proprieta-rie e non. Il costo addizionale per la produzione di energia elettrica diventerà importante, arrivando a far raddoppiare entro il 2020 il costo della produzione da

, divenuti più esigenti in tema di controllo dei con-sumi, di risparmio sui costi e di impatto ambien-tale. Per contro, gli operatori hanno acquisito molte informazioni sui consumi e sui comporta-menti dei propri clienti.

La nuova catena del valore vede i diversi fattori descritti fortemente interconnessi. La loro interdi-pendenza, unitamente alla crescente incertezza e variabilità, ha certamente comportato una maggiore complessità del business. Non è inoltre da escludere che fattori marginali possano divenire in futuro im-portanti o determinanti (come già avvenuto con la regolamentazione sui Titoli di Efficienza energetica) e che altri, al contrario, divengano marginali (ad esempio, riduzione degli incentivi al fotovoltaico).Nel breve-medio termine, inoltre, non sono prevedi-bili tecnologie “breakthrough”, in grado di risolvere tutte o in parte le problematiche del settore, né que-sto risultato potrà conseguirsi con soli interventi re-golatori, come dimostrano le difficoltà di riduzione degli impatti sul cambiamento climatico.Di conseguenza, le Utility dovranno accettare la sfida di operare scelte in regime di incertezza in tutte le fasi della catena del valore quale oggi si configura, poten-ziando le competenze di risk management.

Cosa sta cambiando nel mercato europeo dell’energia elettricaL’attuale contesto di mercato energetico europeo con-sente di individuare alcune linee evolutive, quali la riduzione dell’intensità energetica, il ruolo crescente della gestione delle emissioni di gas ad effetto serra, la sicurezza degli approvvigionamenti ed il suo spo-stamento verso un livello integrato europeo e transna-zionale. Sulla base di queste ed altre più approfondite osservazioni, appaiono di rilevante importanza i se-guenti fattori o business drivers di cambiamento:

Domanda EnergeticaClimate ChangePianificabilità della Fornitura EnergeticaCompetizione ed Aspetti Regolatori

Domanda energeticaLe nostre analisi prevedono che la domanda di ener-gia complessiva a livello europeo sarà in leggero au-mento fino al 2015 e successivamente si stabilizzerà tra il 2015 e il 2020, per poi ridursi fino al 2050 (Figura

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Fonte: Analisi Accenture su dati “2030 Energy trend

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FIGURA 1Domanda di energia in Europa

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52 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

i trade-off tra marcia e sosta degli impianti saranno influenzati anche dai limiti imposti alle emissioni cumulate degli impianti; le Utility opereranno sui mercati dei certificati ener-getici e di emissione su scala internazionale.

Pianificabilità della fornitura energeticaNel breve-medio periodo l’obiettivo della sicurezza delle forniture energetiche sarà conseguito con un progressivo aumento delle forniture gas, che però farà aumentare la dipendenza dalle importazioni da paesi non politicamente stabili.Nel medio-lungo periodo, la questione si sposterà sulla necessità di realizzare i grandi investimenti ne-cessari per sostituire l’attuale parco della generazione elettrica. Si aprono nuovi scenari che vedono contrap-poste le opportunità di rinnovare gli impianti esistenti rispetto a costruirne di nuovi: riteniamo che il supera-mento della crisi finanziaria ridefinirà le modalità e le possibilità di accesso ai capitali e influenzerà, quindi, anche le future scelte tra diverse tecnologie.Di conseguenza, per la copresenza di molte variabili aleatorie di natura diversa, è necessario ipotizzare più scenari energetici alternativi in termini di mix (Figura 3).Gli impatti e le conseguenze per le Utility possono così sintetizzarsi:

centrali alimentate a carbone (Figura 2).L’aumento dell’efficienza energetica sarà la maggiore leva per ridurre le emissioni sia a livello di consumi, attraverso il cambiamento dei comportamenti dei con-sumatori finali e l’evoluzione delle apparecchiature, sia a livello di centrali termoelettriche, con l’introdu-zione delle nuove tecnologie per efficientare i consumi specifici e le componenti ausiliarie, nonché mediante l’adozione dei sistemi di Carbon Capture & Storage (CC&S). Tutti interventi e tecnologie queste, che sono sempre più promosse da specifici interventi normativi. Inoltre, la caratteristica stessa dell’effetto serra ha reso sin da subito la gestione del cambiamento climatico un tema globale e ciò ha comportato una prolifera-zione a livello internazionale dei mercati, degli schemi di trading e di pricing della CO2.In base alle esperienze passate e in modo similare al settore finanziario, è prevedibile un rapido aumento degli acquisti dei permessi su e tra diversi schemi e piattaforme di scambio, una volta superati i limiti al ri-conoscimento dei crediti di emissione a livello interna-zionale, specie all’aumentare del prezzo per tonnellata e in presenza di eventuali discrasie tra i diversi mercati e schemi. Gli impatti e le conseguenze per le Utility possono così sintetizzarsi:

gli economics degli operatori saranno fortemente influenzati dal costo della CO2;

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Fonte: Analisi Accenture su dati “2030 Energy trend

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picchi sui mercati interconnessi, un contestuale bi-lanciamento delle necessità energetiche versus la produzione con una naturale contrazione dei mar-gini per gli operatori di riferimento, a beneficio dei consumatori finali.Dal punto di vista degli operatori, inoltre, si assiste alla creazione di gruppi industriali di maggiori di-mensioni e alla nascita di nuove tipologie di operatori, quali ad esempio i prosumer1, nonchè di operatori completamente nuovi per la loro value proposition, come gli aggregator, oppure al forte sviluppo di altri operatori come le Energy Service Company.Gli impatti e le conseguenze per le Utility possono così sintetizzarsi:

le opere di interconnessione come tutte le azioni re-golatorie renderanno sempre più integrati i mercati dell’energia elettrica dei paesi europei;la diffusione di nuovi operatori e di nuove figure concorrenziali e dei prosumer (si vedano i progetti e i programmi smart city).

l’aleatorietà dei parametri macro-economici e degli assetti geopolitici incrementerà il rischio connesso al ritorno degli investimenti in asset produttivi;la sicurezza energetica continuerà a dipendere da un mix combinato di tecnologie e fonti mature, an-che perché non si evidenziano tecnologie “disrup-tive” nella generazione elettrica;il trading gas sarà sempre più strategico almeno fino al 2030;le fonti di energia rinnovabili avranno un peso sem-pre maggiore nel rendere imprevedibili la domanda netta di energia e il prezzo.

Competizione e aspetti regolatoriConsiderata la ferma volontà della Commissione Europea di definire interventi normativi e sponsoriz-zare investimenti infrastrutturali che permettano di accelerare la creazione di un mercato europeo “unico” dell’energia, si determinerà, oltre alla riduzione dei

FIGURA 3Scenari di produzione dell’energia elettrica

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STRATEGIE E SCENARI ENERGETICI PER GESTIRE I CAMBIAMENTI IN CORSO

54 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

La diffusione di nuovi operatori e dei prosumer com-porterà un aumento del mercato spot e la necessità di rinforzare e potenziare gli investimenti nei modelli di forecasting associati per gestire le posizioni e le attività di trading. In generale, saranno richieste sempre mag-giori capacità di previsione, continui miglioramenti nei modelli di rischio, che dovranno essere sempre più di-namici, forward looking e capaci di gestire sempre più dati per granularità, volumi e profondità storica. L’affi-dabilità sarà una caratteristica fondamentale richiesta ai modelli di previsione della domanda energetica, sulla base della quale saranno prese numerose decisioni di business tra cui, ad esempio, gli investimenti, il portafo-glio produttivo, le strategie di acquisto dei combustibili.Infine, in uno scenario di business caratterizzato da fat-tori in continuo cambiamento, la capacità di introdurre elementi innovativi diventerà particolarmente impor-tante. L’innovazione dovrà rispondere alla necessità di produrre energia nel modo più efficiente possibile, ridu-cendo gli impatti ambientali (es. carbone “pulito”, tecno-logie CCS, biofuel di seconda e terza generazione, RES di varia tipologia e natura), di avere impianti di generazione chiamati a produrre in contesti di forte variabilità della domanda per effetto delle rinnovabili (impianti super-flessibili), di tenere il passo dei nuovi attori concorrenti che propongono servizi e prodotti della nuova “filiera dell’energia” (efficienza energetica, micro-generazione e co-generazione, smart-building, ecc.).

ConclusioniI forti cambiamenti attesi nello scenario energetico europeo - guidati dall’evoluzione della domanda fi-nale, dalle sfide del climate change, dalla necessità di assicurare le forniture energetiche nonché dai nuovi assetti competitivi e regolatori – richiederanno alle utility e a tutti gli operatori del settore di adeguarsi per non perdere posizioni di mercato o per prendere una definitiva leadership in nuovi e vecchi business, quali il cambiamento e l’incertezza modelleranno. Nel breve-medio termine, le Utility dovranno accet-tare la sfida di operare scelte in regime di crescente complessità ed incertezza. Ciò renderà necessario una maggiore automazione dei processi e lo sviluppo di modelli matematici sempre più affidabili.Le Utility dovranno essere in grado di aumentare e mi-gliorare i propri servizi a valore aggiunto verso i pro-pri clienti, si dovranno dotare di sempre più avanzati sistemi di CRM. L’adeguamento ai trend dell’energia e del mercato comporterà evidenti cambiamenti an-che nei back office, spingerà sempre più verso logiche di forward looking, sia per le attività di power che di

I fattori critici di successoIl passaggio a una economia “low-carbon” costitui-sce una forte discontinuità per le Utility Europee che dovranno modificare di conseguenza il loro “modo di far business” e la loro organizzazione. Uno dei fat-tori critici di successo sarà la capacità di controllare e presidiare diversi mercati, intesi in senso geografico, di commodities, di piattaforme di trading, ecc., il che richiederà nuovi modelli di funzionamento capaci di indirizzare un’operatività globale, multi lingua e multi trading. Tale necessità sarà altresì alimentata dal consolidamento ulteriore delle economie di scala e scopo, ancora da realizzare nelle fusioni ed incor-porazioni già avvenute e in quelle che comunque con-tinueranno ad avvenire nel settore.La crisi finanziaria ed economica, come pure i moti delle ormai famose “primavere arabe”, hanno altresì evidenziato, quale fattore critico di successo, la capa-cità di gestire con eccellenza e quantificare con preci-sione e tempestività il rischio-paese. Anche gli scenari più prettamente energetici pongono e stressano sem-pre di più l’importanza di dotarsi di adeguate piatta-forme di trading e gestione dei rischi di commodity. La diffusione delle iniziative di efficienza energetica a li-vello europeo potrebbe aprire invece nuove opportunità di hedging e trading di certificati bianchi. Anche le rinno-vabili richiederanno una sempre maggiore sofisticazione per gestirne i rischi specifici e le relative correlazioni con il pricing e volatilità della power e delle fonti fossili.

“Oggi per le Utility italiane, come per tutte quelle europee - dichia-ra Mauro Marchiaro, responsabile Resources di Accenture - si pro-spetta la grandissima opportunità di governare un periodo in cui sarà necessario cimentarsi con il binomio più classico del fare impresa, cioè quello impresa-innovazione. Siamo proprio alle soglie di una nuova era nell’energia e, come avrebbe detto Schumpeter, solo le Utility, che sapranno cogliere prima delle altre le necessità del cambiamento e tradurlo in innovazione, riusciranno ad acquisire un vero e sostanziale vantaggio.

I trend in atto e il nuovo e forte interesse per un’energia sostenibile, la forte attenzione per lo sviluppo del settore gas e tutti gli altri trend in atto, rendono evidente come le Utility si avviano a rivedere pro-fondamente i loro assetti, modelli, processi e non meno i propri mec-canismi di governance. Specie in un momento storico e tecnologico come quello attuale in cui le Utility sono chiamate a com-partecipare attivamente a pianificare e costruire città più sostenibili, in cui il valore aggiunto dell’energia e dell’ambiente sia più alto e accessi-bile a tutti”.

IL PUNTO DI VISTATradurre il cambiamento in innovazione

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 55

planning più in generale, ricercando sempre e con particolare attenzione occasioni di ottimizzazione dei costi, valutazione degli investimenti/disinvestimenti. Infine la capacità di introdurre elementi d’innova-zione tecnica ma anche di offerta commerciale di-venta particolarmente importante per generare un effettivo vantaggio competitivo, tenendo il passo soprattutto con le sempre crescenti richieste di soste-nibilità ambientale e resistendo alla pressione com-petitiva dei nuovi attori concorrenti che propongono servizi e prodotti della nuova “filiera dell’energia”, con una flessibilità ed una velocità elevata, grazie all’assenza di asset e contratti pre-esistenti.

Innowatio: una storia di successo tutta Italiana

Il gruppo Innowatio nasce in Italia nel 2008 dall’idea di un gruppo di esperti dei mercati energetici. Con più di 540 milioni di euro di fatturato nel 2011 e un EBITDA di quasi 10 milioni, dalla sua costituzione Innowatio ha più che quadruplicato il volume di energia gestita per i propri clienti, passando da poco più di 2,2 TWh del 2009, ai 9,7 TWh del 2011, generando e condividendo con i clienti un valore complessivo di oltre 110 milioni di euro, di cui la metà nel solo 2011, e quasi equamente divisi tra portfolio management e e!cienza energetica.Fabio Leoncini, CEO di Innowatio: «L’innovazione consiste, oltre alla rivoluzione dei termini contrattuali tradizionali, nell’approccio olistico ai temi energetici, nonché nella trasformazione del rapporto cliente/for-nitore in un rapporto di partnership in cui la remune-razione del gestore è direttamente legata al proprio operato, annullando pertanto il conflitto di interessi. A"rontando infatti in modo combinato sia le tematiche di prezzo (gestione dinamica del portafoglio) che di quantità (e!cienza energetica, ESCo), è possibile otte-nere benefici di molto superiori rispetto alle azioni che a"rontano singolarmente prezzo o consumo. In questo modo trasformiamo il classico approccio passivo della

domanda in uno reattivo agli stimoli dei mercati.Il nostro servizio di energy portfolio management è già evolutivo rispetto a quanto o"erto tipicamente dai Third Party Intermediaries del mercato UK, in quanto arricchito anche delle forniture fisiche e non limitato alla mera consulenza.La seconda tipologia di servizio o"erto, l’e!cientamen-to energetico in modalità ESCo, incide sulle quan-tità consumate nel modo più completo ed evoluto. Abbiamo sviluppato competenze di ingegneria, project management e O&M che permettono di agire lungo l’intera filiera dell’e!cienza, con particolare attenzione al finanziamento degli interventi, liberando il cliente dalla scelta di dove allocare le proprie risorse.Un ulteriore passo deriva proprio dalla gestione integrata delle due linee di servizio, che permette di capitalizzare, come opzioni fisiche all’interno dei portafogli energetici da ottimizzare, molti interventi di e!cienza energetica presso i clienti. Questo approccio accompagna l’operato di Innowatio fin dal primo contatto con il potenziale cliente, in modo da individuare immediatamente opportunità nascoste, in una logica di demand side management, su cui costruire le leve d’azione e i progetti di investimento».

STRATEGIE E SCENARI ENERGETICI PER GESTIRE I CAMBIAMENTI IN CORSO

Danilo Troncarelli, Partner Strategy, AccenturePietro Di Maria, Manager Strategy, Accenture

Andrea Frau, Senior Consultant Strategy, Accenture

Da sinistra: Andrea Frau, Pietro Di Maria, Danilo Troncarelli

1. Il termine “prosumer” deriva dalla crasi di Producer e Consumer (produttore e consumatore) e viene utilizzato per coloro che hanno il doppio ruolo di consumatori e produttori di energia elettrica. Per “aggregator” si intendono gli operatori privati o meno che operano servizi di bilanciamento di energia elettrica in bassa tensione. Per Energy Service Company (ESCO) come da Direttiva UE 2006/32 si intende: “persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici e/o altre misure di miglioramento dell’e!cienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa (totalmente o parzialmente) sul miglioramento dell’e!cienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti”.

Gli autori

Fabio Leoncini, CEO di Innowatio

56 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

degli stranieri residenti (36,5%) proviene da Paesi non appartenenti all’Unione Europea: il 25% si inse-dia dall’Africa, il 20,9% dall’Asia ed il restante 16,4% dalle Americhe. Il Medio Oriente è la regione a maggior concentra-zione di flussi migratori: nel 2010 gli stranieri resi-denti rappresentavano l’86,5% della popolazione del Qatar e il 70% di quella degli Emirati Arabi Uniti (UAE). In UAE l’etnia indiana, 1,75 milioni di pre-senze, conta il 40% della popolazione ed un signifi-cativo potere d’acquisto (circa 600 milioni di dollari la sola componente da lavoro dipendente), contro-bilanciato però da rimesse in patria per 2 miliardi di dollari annui1. È indubbio, tuttavia, che i 3,3 mi-lioni di expatriates provenienti anche da Paesi arabi limitrofi (23%), Paesi occidentali e altri Paesi asia-tici (7%)2 siano la prima fonte di ricavi per il retail. Quest’ultimo vale 30,9 miliardi di dollari nel 2011 (9% del PIL) ed è stimato crescere a 42,6 miliardi en-tro il 20153 (10,7% del PIL). In riferimento all’Italia si consideri che nel 2010, i 5 mi-lioni di stranieri residenti hanno generato il 9% del PIL. Gli expatriates inviano al Paese d’origine circa l’11% dei loro redditi generando per il mercato nostrano un con-sumo del valore pari a circa 40 miliardi di dollari all’anno4 (1,9% del PIL5). Il 40% delle presenze è ascrivibile a tre

In un momento, come l’attuale, di mar-cata e strutturale debolezza economica, caratterizzato da forte incertezza in merito alle prospettive di crescita del business, le aziende retail cercano di rivitalizzare i propri conti economici attraverso una lettura attenta dei trend di mercato, e la ricerca di sempre più

innovative strategie di sviluppo. Uno dei fattori di cambiamento, fonte di nuove opportunità, è quello legato alla maggiore mobilità delle persone: mosse da ragioni professionali o dalla disponibilità di tempo libero, sempre più numerosi sono coloro che trasferi-scono – più o meno legalmente – la propria residenza in Paesi diversi da quello di origine. Ed ecco che il fenomeno del “marketing etnico” prende forma, con-tribuendo al disegno di cluster di clientela nuovi e con caratteristiche differenti rispetto al mercato di qualche decennio fa.Negli Stati Uniti, ad esempio, si assiste a un bilancia-mento del potere d’acquisto a favore delle minoranze etniche: +349% per gli Ispanici, +337% per gli Asia-tici e +187% per gli Afroamericani nell’ultimo venten-nio rappresentati da circa 96 milioni di individui nel 2010 (32,1% della popolazione totale).Analogo il fenomeno in Europa, dove più di un terzo

Marketing etnico: la nuova sfida per il retail Il crescente fenomeno della mobilità personale, per le ragioni più diverse, apre nuove opportunità di business che le aziende devono imparare a interpretare e a cogliere. di Alessandro Zanotti, Ra!aella Campagnoli, Gianmarco Loreti, Chiara Anna Micale, Giulia Ghiselli e Marco Lancioni

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 57

in Italia sia all’estero. Il materiale informativo è stato diffuso in dodici lingue e sono stati lanciati servizi dedicati di customer care in lingua madre». Tra i cri-teri di scelta da parte del consumatore etnico, Mauro Accroglianò cita il prezzo, il concetto di comunità, la qualità dei servizi offerti e l’affidabilità dell’operatore. «Wind - conclude Mauro Accroglianò - continuerà ad investire sul mercato etnico, perseguendo sempre una strategia basata sulla semplicità, sulla trasparenza e sulla qualità del servizio. In linea con questa strategia di investimento c’è la partnership siglata con Western Union che permetterà di inviare denaro all’estero direttamente dal proprio telefonino e di ricevere in tempo reale una ricarica telefonica».In un mercato estremamente concentrato come quello della telefonia non mancano player di nicchia che in-dirizzano la propria offerta solo sul target straniero. Sono operatori che offrono tariffe estremamente convenienti verso Paesi specifici: Daily Telecom, ad esempio, che connette l’Italia alla Cina a costi estre-mamente competitivi, e Lycamobile, che copre un ampio ventaglio di Paesi (es. India, Cina, Filippine, Albania) con tariffe mediamente più basse rispetto a quelle degli operatori nazionali.

Retail Banking Anche nel retail banking la tematica del marketing etnico è tenuta in grande considerazione: il migrant banking, ovvero l’offerta di servizi creati ad hoc per gli immigrati, rappresenta una delle leve di differenzia-zione in forte sviluppo. Già da un decennio sono sem-pre più numerose le banche operative nel segmento della finanza islamica: HSBC e Islamic Bank of Britain sono esempi di istituti che hanno perfezionato un’of-ferta di servizi finanziari conformi ai precetti coranici. Anche in Italia il fenomeno è in crescita: il gruppo In-tesa San Paolo con il lancio dei “multiethnic point” ha aperto una serie di sportelli dedicati ai cittadini stra-nieri in cui il personale multilingue è in grado di offrire consulenza personalizzata; Banca Popolare di Milano ha lanciato il progetto “Extraordinario”, un articolato portafoglio di servizi (tra cui money transfer a tariffe vantaggiose e servizi di microcredito) dedicati ai cit-tadini immigrati.Particolarmente innovativo è il caso Extrabanca, isti-tuto nato nel 2009 espressamente per servire il mer-cato degli stranieri in Italia. «La clientela dei cittadini stranieri in Italia ha sicuramente bisogno di alcuni prodotti specifici», dichiara Alberto Rabbia, COO

gruppi: Rumeni (21% del totale), Albanesi (11%) e Ma-rocchini (10,2%). Seguono Cinesi, Ucraini e Filippini.

Leading practice nel retail Ad oggi gli operatori che applicano con successo i principi del marketing etnico sono quelli più inclini a soddisfare le esigenze di un mercato alla ricerca di servizi dedicati. Provenienza geografica, credo reli-gioso, abitudini di spesa e alimentari, background culturale e comportamento di acquisto divengono linee guida per l’individuazione dei nuovi cluster di clientela target nel panorama retail italiano ed estero: tali evidenze emergono dai casi presentati su più segmenti del retail (telecomunicazioni, banking, grocery, beauty).

Retail TelcoIl settore dei servizi di telefonia mobile è tra più attivi nel promuovere iniziative di marketing etnico. Negli Stati Uniti il colosso AT&T mette a disposizione dei propri clienti un customer service in oltre 160 lingue; poiché il gruppo latino-americano rappresenta un cluster significativo per l’operatore, in più del 30% dei 2.300 punti vendita AT&T offre assistenza ai propri clienti con personale bilingue inglese-spagnolo, pro-pone tariffe specifiche per chiamate verso i Paesi ispa-nici e nei quartieri a più alta concentrazione di taget latino-americano espone billboard con promozioni studiate in relazione a specifici eventi culturali e reli-giosi locali (come il messicano Cinco de Mayo).Verizon, il principale competitor di AT&T, ha creato un team di multicultural marketing all’interno della propria struttura: composto da rappresentanti di ogni principale gruppo etnico, il team si occupa di eseguire indagini di mercato sui bisogni degli stranieri residenti, di istruire la forza vendita a loro dedicata e di studiare campagne promozionali ad hoc.In Italia, il valore del segmento etnico stimato per le telecomunicazioni è superiore a 1 miliardo di euro. Le comunità più rappresentate sono quelle dell’Est Europa (Romania, Albania, Ucraina), Nord Afri-cane (Marocco, Egitto) e Asiatiche (Cina, India e Filippine). Mauro Accroglianò, Direttore Marketing Mobile Consumer di Wind, sostiene: «Wind è stata la prima compagnia di telefonia mobile italiana ad intuire le reali potenzialità del mercato etnico. Infatti, dal 2004, Wind applica una strategia di marketing integrata rivolta al segmento etnico, offrendo tariffe semplici e trasparenti per chiamare i propri cari sia

WWW.HBRITALIA.IT

Mauro Accroglianò, Direttore Marketing Mobile Consumer di Wind

58 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

suina e degli insaccati dedicato al target occidentale insieme alla lunga corsia dei cereali, al banco del pesce fresco, acquistato prevalentemente da residenti arabi.Anche in Europa, soprattutto in Paesi con una lunga tradizione di immigrazione quali Regno Unito, Fran-cia e Germania, le catene di distribuzione hanno adeguato la loro offerta inserendo nei loro punti di vendita reparti etnici sempre più forniti: la Francia, ad esempio, accoglie le popolazioni del Nord Africa sia per prossimità geografica che per questioni di lingua: non a caso i supermercati francesi presentano un va-sto assortimento di taboulè, cous cous, piatti pronti a base di agnello e una selezione di bevande analcoli-che (incluse quelle a base di malto) non paragona-bile al resto d’Europa. Non solo personalizzazione di prodotti ma anche di servizi: da considerare come inizio di un trend che tenderà a “costruire un mondo” intorno allo straniero residente, Tesco e Sainsbury nel Regno Unito, Carrefour (in collaborazione con MoneyGram) in Grecia, Spagna e Romania hanno iniziato ad offrire la possibilità di effettuare money transfer direttamente presso i punti vendita. In Italia il fenomeno è più recente, anche a causa delle peculiarità del mercato locale. Luca Catzola, Chief Marketing Officer di Carrefour Italia, infatti sostiene: «L’Italia ha una penetrazione etnica piuttosto ridotta rispetto ad altri paesi europei; per tale ragione Car-refour opera, a livello di maketing etnico, in maniera focalizzata per area geografica azionando leve spe-cifiche in ogni singolo punto vendita così da rispon-dere alle esigenze specifiche del bacino di attrazione». L’offerta ha un ruolo centrale ed è una delle variabili critiche di successo: «Gli assortimenti dedicati al cluster etnico (ad esempio prodotti halal e kosher) - commenta Luca Catzola – non superano l’1% dell’as-sortimento nelle superfici di grande formato (Iper) e a livello di comunicazione, le attività promosse tengono conto dei cluster di clientela specifici dei punti vendita (ad esempio, in alcune particolari occasioni, i volan-tini nella zona di Via Paolo Sarpi a Milano sono in lingua cinese)». Il core business per Carrefour Italia resta tuttavia la famiglia italiana: «Esiste una pro-fonda differenziazione del consumo a livello regio-nale – conclude Luca Catzola – e il nostro challenge è quello rispondere efficacemente a tale specificità (ad esempio, in Sardegna il 35% dei prodotti venduti è locale)». Oltre a Carrefour, anche molti degli altri pla-yer operanti a livello nazionale (Auchan, Lidl, Coop) stanno cominciando a offrire prodotti dedicati al tar-get etnico in molti punti vendita, soprattutto quelli posizionati in zone ad alta concentrazione di immi-

Extrabanca. Per assicurare un’accoglienza adeguata ai propri clienti e superare le barriere culturali e comu-nicative, il personale della banca è composto per oltre il 50% da cittadini stranieri di 14 nazionalità. Vengono offerti, tra l’altro, servizi di conto corrente “Extrapass”, dedicato ai clienti ancora in attesa del permesso di re-sidenza e di money transfer a tariffe molto competitive.

Retail Grocery L’industria del Grocery ha assimilato le peculiarità e le potenzialità del marketing etnico soprattutto in quanto ad abitudini alimentari. Negli Stati Uniti il gigante della distribuzione Walmart già da qualche anno ha inserito in assortimento un’ampia e profonda gamma di prodotti etnici, come i prodotti halal e kosher (rivolti gli uni ai Mussulmani e gli altri agli Ebrei), e realizza iniziative tagliate su misura per le diverse etnie target, come campagne promozionali e pubblicitarie (sia su mezzi tradizionali sia sul canale web) realizzate inte-ramente in lingue straniere - Mandarino, Cantonese, Spagnolo e Portoghese sono quelle più diffuse. Carrefour in Middle East offre una vasta selezione di prodotti dedicati alle maggioranze, in questo caso, etniche: dallo scaffale dei dolci indiani che ruota ogni settimana con nuovi prodotti, all’angolo della carne

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Fonte: elaborazione Accenture su dati Eurostat (2010)

Luca Catzola, Chief Marketing O!cer di Carrefour Italia

MARKETING ETNICO: LA NUOVA SFIDA PER IL RETAIL

SPECIALE ACCENTURE | 5.2012 59

share of wallet, ...) rappresentano la base per com-prendere elementi fondamentali quali: il potenziale – volume/valore - dei diversi cluster etnici per area geografica, la rilevanza delle leve di marketing mix per il target; il budget di spesa ed il relativo ritorno sull’investimento.

La fase di preparazione, della durata media di 2/3 mesi, si articola nei seguenti step:a. Identificazione dei segmenti target (volume,

valore, trend ...) e valutazione del potenziale per zona geografica/ piazza

b. Definizione della value propositionc. Definizione budget investimenti e risultati attesid. Identificazione piano di lavoro

2. Pilota: una volta definita la value proposition e indi-

viduato l’approccio teorico al mercato, si passa alla fase di test prima dell’estensione massiva. Ciò con-sente di apportare in itinere eventuali azioni correttive a quanto previsto dalla fase di preparazione a costi contenuti, capitalizzando sulla concreta applicazione delle leve identificate. Il pilota ha una durata variabile, 6 mesi circa, generalmente effettuato su diverse zone geografiche in contemporanea, e si compone di 4 fasi:a. Identificazione di punti vendita pilota e set up

dell’iniziativab. Esecuzione della strategia (anche differenziata,

nel caso) presso punti vendita pilota c. Misurazione dei risultati e benchmark tra punti

venditad. Definizione degli input per il raffinamento della

strategia di marketing etnico

3. Esecuzione: una volta raffinato il modello ed, eventualmente, reiterata la fase di test, l’imple-mentazione massiva è pronta ad essere lanciata. La fase di esecuzione non ha limiti di tempo pre-stabiliti, poiché il marketing etnico diventa parte integrante della strategia aziendale. Il monito-raggio dei risultati, già a partire dal pilota, deve essere costante e strutturato: la misurazione del riscontro delle azioni di marketing etnico risulta uno dei fattori critici atti a consentire un miglio-ramento continuo delle scelte applicate per clu-ster e zona geografica ed un punto di partenza fondamentale per la considerazione dei risultati ottenuti nonché degli obiettivi futuri.

Adottare il marketing etnico come leva di differen-ziazione, tuttavia, non si limita alla definizione della strategia e alla misurazione dei risultati: come di-mostra il caso Verizon citato poc’anzi, il successo

grati. Quindi, al momento, il marketing etnico sembra ancora una opportunità da cogliere.

Retail Beauty Il retail della bellezza applica il marketing etnico nel momento in cui siano rilevanti le differenze nella cura del corpo legate all’etnia di appartenenza. L’Oreal, ad esempio, dopo aver rilevato che le donne di colore spen-devano in prodotti per capelli 3 volte di più delle bianche, tra il 1998 e il 2000 acquisì Softsheen Products e Car-son, aziende leader rispettivamente nella produzione di prodotti per capelli per le donne di colore e cosmetici

“etnici”. La propensione all’adattamento dell’offerta alle esigenze delle diverse etnie è evidente dall’utilizzo di testimonials asiatiche, afroamericane e latine per pub-blicizzare le proprie linee di prodotto. Anche Sephora, completa il proprio assortimento con prodotti specifici (es. la linea Rx brown skin, pubblicizzata con il claim: “People are fundamentally the same - but their skin isn’t”). Le scelte di marketing etnico scaturiscono dalle inizia-tive dei brand internazionali e si diffondono sul mercato grazie all’accurato lavoro di analisi effettuato dai retai-ler: in aree ad alto tasso di immigrazione, come il Medio Oriente, ad esempio, la segmentazione della clientela in base all’etnia risulta un fattore critico di successo per comprendere a fondo il comportamento d’acquisto e le preferenze di prodotto/brand. Tali evidenze consentono la definizione di strategie di marketing e category mana-gement ad hoc finalizzate a cogliere il potenziale di cia-scun segmento e ad aumentare la capacità di attrazione e fidelizzazione del target attraverso un’offerta specifica. Ad esempio: dedicare la vetrina dei negozi, durante il periodo del Ramadan, a promozioni specifiche per il target asiatico ed europeo, snellire l’assortimento per le categorie a bassa rotazione e valorizzare i brand mag-giormente apprezzati dalla clientela ricorrente.

Approccio al marketing etnico: linee guida per la definizione del business modelL’approccio al marketing etnico, per quanto applicato in maniera specifica su diversi segmenti di mercato si basa su un comune punto di partenza: la compren-sione (prima) e valorizzazione (poi) di differenze fon-damentali all’interno dei segmenti di clientela target. Tre sono le fasi fondamentali per l’impostazione del modello di marketing etnico nell’ambito del retail:

1. Preparazione: la segmentazione e individuazione delle caratteristiche chiave del target (etnia, com-portamento e frequenza d’acquisto, religione,

60 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

di tale iniziativa non prescinde da un adeguamento/ disegno anche organizzativo da parte delle aziende. La ricetta prevede la composizione di un team mul-tifunzionale partecipato da: Business Development, Marketing, Vendite, Category Manager per la defini-zione dei principali pilastri della strategia; Acquisti per allineare il processo e la strategia di buying alle li-nee guida del nuovo stream; Organizzazione ed Ope-rations per il coinvolgimento delle linee operative al momento delle fasi pilota e di implementazione non-ché per la gestione delle attività di change manage-ment; Sistemi Informativi per garantire un adeguato monitoraggio delle performance e fornire input per il processo di miglioramento continuo. Il tutto condito con una spruzzata di popolazione multietinica.

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Fonte: A portrait of black America on the eve of 2010 censusNota: S - Stima

Afro-americani Ispanici Asiatici Totale

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Fonte: elaborazione Accenture su dati Eurostat (2010)

L’approccio al marketing etnico

1. Secondo i dati dell’ambasciata, nel 2011 il salario mensile di un immigrato indiano negli Emirati Arabi varia tra 600 dirham e 1.800 dirham, approssimativamente pari a 163 e 490 dollari mensili. www.indembassyuae.org/lw_minwages.phtml; www.indembassyuae.org/induae_community.phtml.2. CIA, World Factbook, 20113. United Arab Emirates Retail Report, Business Monitor International, Q1 2012.4. http://www.mixamag.it/rubriche/economixa/11.5. International Monetary Fund, 2010.

Alessandro Zanotti, Partner Strategy, AccentureRa!aella Campagnoli, Senior Manager Strategy, Accenture

Gianmarco Loreti, Senior Consultant Strategy, AccentureChiara Anna Micale, Senior Consultant Strategy, AccentureGiulia Ghiselli, Senior Consultant Strategy, AccentureMarco Lancioni, Senior Consultant Strategy, Accenture

Da sinistra: Marco Lancioni, Gianmarco Loreti, Giulia Ghiselli, Raffaella Campagnoli, Chiara Anna Micale

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