ly - rebecca libri

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Ly

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CHI CAMBIA IL MONDO NEL NASCONDIMENTO

DI UN FIUME INQUINATO

Io non ci sono mai stato in Vietnam.Non ho idea di cosa sia un villaggio di catapec-

chie e di barche sul fiume.Non so cosa sia un fiume inquinato come una

fogna, e che sapore abbiano i pesci pescati lì.Non so cosa significhi viverci. Sperare e di-

sperarsi. Essere salvati e poi perduti.Amare e morire.E se penso a quante cose non so, pensando

invece di sapere come è che va il mondo, mi ven-gono i brividi.

Io non conosco davvero cosa sia la sofferenza.Non conosco sino in fondo il mistero del dolo-

re. Cosa è che ci fa davvero soffrire e cosa è che ci rende davvero felici.

Conosco Ly, però, adesso, attraverso il raccon-to di don Luigi.

E conosco il suo segreto. Ly sa cosa è che ci unisce.Ly sa che nessuno può salvarsi da solo. Conosco Ly e attraverso la sua storia cono-

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sco anche un po’ più me stesso, vedo con occhi diversi chi mi sta intorno, e anche chi forse non vedrò mai. Tutto acquista una luce diversa: illu-sioni, disillusioni; fatica, riposo; vicino, lontano; speranza, sconforto.

Vedo Ly innanzitutto. Vedo i suoi occhi. Vedo la sofferenza, il dolore, e soprattutto la bellezza, la fiducia e la felicità di chi non si arrende. Di chi cambia il mondo nel nascondimento di un fiume inquinato, di chi perdona e semina.

Vedo Dio in lei e capisco perché don Luigi ha tanto insistito per incontrarla.

Vedo tante cose, e fatico a trovare le parole per spiegare cosa è che vedo.

Ripenso così al Vangelo. A quante volte lo ho letto o ascoltato.

A quante volte lo ho tradito. A quante volte non ho capito che non è Dio che si nasconde, siamo noi che non lo vediamo. Concentràti come siamo su noi stessi.

Ripenso a cosa significa essere uomini, a cosa ci unisce in unico destino.

Ripenso a una esortazione di Papa Francesco: «Tutti, prima di parlare, dovremmo recuperare la capacità di guardare negli occhi e lasciarci in-

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terrogare in ogni momento dagli uomini in carne ed ossa. Non dai concetti o dai pregiudizi ma dai volti solcati di dolore dei più poveri, da cui possiamo imparare autentiche lezioni di vita, di umanità, di dignità».

Penso che don Luigi sul Fiume Rosso, e in tutti i suoi viaggi, cerchi Dio. E lo incontri. E per questo riparta, ogni volta. Per nostalgia di Dio.

Quanti sono i poveri nel mondo nei cui occhi Dio aspetta di essere riconosciuto?

Diceva don Primo Mazzolari: «Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano. Eppure v’è chi tiene la statistica dei poveri e ne ha paura: paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe diventare un ur-lo, paura del loro lamento che potrebbe diventare un canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potreb-bero farsi barricata. E sarebbe così facile anda-re incontro al povero! Ci vuol così poco a dargli speranza e fiducia! Invece, la paura non ha mai suggerito la strada giusta».

Per questo don Luigi non ha avuto paura di andare dove gli veniva sconsigliato di andare; di

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cercare ricchezza dove il mondo vede solo pover-tà; speranza dove gli altri vedono solo disperazio-ne; Dio nei luoghi che diciamo abbandonati da lui.

Per questo sento di doverlo ringraziare.Per ciò che ha visto e che ci fa vedere: l’amore

che regge il mondo.Vista da laggiù, dalle fondamenta, la felicità

non ha nulla a che fare con le illusioni a caro prez-zo che inseguiamo instancabili.

Visto da laggiù, dal fiume maleodorante, il mondo è capovolto. Poggia sulle spalle di Ly, degli uomini e delle donne come lei. Immagine vivente di Dio.

Visto da laggiù, attraverso le crepe che solo l’amore sa scavare nella sofferenza, Dio si svela.

Siamo noi che non vogliamo vederlo. Che non vogliamo capire che «la pietra scartata dai co-struttori è diventata pietra d’angolo».

Paolo RuffiniPrefetto del Dicastero per la Comunicazione

della Santa Sede

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LA SIGNORA DELLE ONDEDI MEN THI BUI

NELLA MISERIA PER INCONTRARE LY

La storia che sto per raccontarvi, e che è am-bientata in un quartiere di massimo degrado di Hanoi, capitale del Vietnam, forse, dopo averla letta, vi farà esclamare: “Può una donna vivere un’esistenza così miserabile?”. Vi farà sentire un peso sullo stomaco e vi mancherà il respiro. Capi-rete, come io e mia sorella Mia abbiamo capito con don Gigi, che la nostra vita è molto più fortunata di quella di molte altre persone in questo mondo e quanto la vita deve esser rispettata.

Ero già stata a trovare Ly e, in verità, avevo dormito nella sua abitazione una notte, trascinata da don Gigi in un’impresa pazzesca! Al termine della formidabile esperienza di quella notte, don Gigi mi ha chiesto se me la sentivo di scrivere con lui il libretto che racconta di Ly e parla della sua vi-ta nella miseria in un quartiere malfamato di Hanoi.

Gli ho detto di sì, e ho coinvolto mia sorella. Ho sentito forte il desiderio di ritornare da Ly e approfondire la sua conoscenza. Così, in modo un

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po’ avventuroso, mi sono decisa a tornare alcuni giorni dopo la partenza di Gigi per l’Italia. Certo il luogo malfamato e misero è pericoloso e non me la sentivo di andare da sola. Così ecco due giovani donne di 33 e 25 anni partire per incontrare Ly e il marito. Don Gigi ci ha rimproverato, quando lo ha saputo in Italia, perché siamo state forse troppo spericolate, ma l’avventura che vi stiamo per rac-contare è stata per noi molto bella e arricchente.

Dopo la Messa, una domenica pomeriggio, nel caldo di quasi 40 gradi, mia sorella e io ci dirigia-mo in moto verso Phuc Xa Ward, nel distretto di Ba Dinh. Questo sobborgo di Hanoi è tristemente conosciuto per essere un quartiere molto povero, nonostante sia collocato vicino al centro di Hanoi. Trovare il luogo dove vivono Quang e la moglie Ly non è per niente facile per due giovani ragazze, per di più sole. Dopo aver parcheggiato la moto, camminiamo per circa un chilometro per raggiun-gere il Fiume Rosso.

Ora, chiudete gli occhi e immaginate di es-sere lì, sulla riva del fiume: una vegetazione fitta con una montagna di spazzatura intorno a voi,

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di fronte un fiume fangoso ricoperto di felci ac-quatiche che galleggiano. Com’è pensabile che due persone vivano in una discarica su un fiume? Ammesso sia possibile, si può immaginare forse una casa con solide fondamenta… Invece la loro abitazione è una semplice barca ormeggiata nella spazzatura! Vicino alla prima barca ce n’è una se-conda, più piccola, dove ho dormito la prima volta

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che ho incontrato Ly. Mia sorella non avrebbe mai pensato che delle persone potessero vivere in un posto simile.

Giunti al fiume li abbiamo chiamati e Ly, re-mando su una piccola imbarcazione, è venuta a prenderci. La barchetta serve per giungere a riva dalla casa galleggiante e per pescare. Ly ha appe-na compiuto 71 anni, ha una buona salute e un ca-rattere forte. Mentre attraversiamo vediamo che, sulla barchetta, sono raccolti, in un gran recipien-te, molte bottiglie di plastica e lattine di bibite, oltre a pochi pesci. Ly vive anche della vendita di plastica e lattine tolte dalla spazzatura. L’anziana ci dice che, quando non va a pescare, va a rovi-stare nella discarica per fare qualche soldo in più.

Suo marito Quang è magro; i suoi occhi sono piccoli e la bocca senza denti. Ci aspetta in piedi su un lato della barca abitazione, tira la catena di ferro arrugginito e ci fa salire. Sono le due del pomeriggio con un gran caldo e il sole che picchia forte. Entrando nella loro catapecchia troviamo un arredamento vecchio e logoro, e i loro piatti e bicchieri altro non sono che scarti raccolti dalla discarica e ripuliti.

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LA COLPA DI ESSERE NATA BAMBINA

Ly ci invita a sederci sul lato della barca più esposto al vento perché nella baracca non c’è cor-rente elettrica e non ci sono neppure ventilatori. Da dove siamo sedute si vede, in lontananza, il caratteristico ponte di Long Bien. Il vento soffia ed è ancora molto caldo. Proprio accanto a dove ci siamo sedute, in una gabbia di ferro, abbaiano per la paura e per la fame diversi cani che mi im-pauriscono. Piano piano ci adattiamo e così chie-do a Ly di raccontare la sua esistenza così forte e piena di miseria. La donna inizia a raccontare. Noi stiamo molto attente, come quando si ascolta una favola e non fatti, purtroppo, reali di vita. I suoi occhi sono pieni di tristezza, il volto pieno di rughe e con alcune macchie sulla fronte. E così il suo racconto ha inizio.

Ly con voce chiara inizia a raccontare: “Devi sapere, Men, che sono nata a Phu Tho,

una campagna molto povera che si trova nel nord-ovest del Vietnam. Sai che, 70 anni fa, non era semplice mangiare un piatto di riso e ho provato, da piccola, tanta ma tanta fame e innumerevoli

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privazioni. A quei tempi in Vietnam la donna non valeva nulla. Ciò che nel mio villaggio contava era essere maschio. Essere donna significava essere inferiore e senza diritti. Sono cresciuta così fino a dodici anni…”.

Mentre Ly racconta, mi ricordo perfettamente la sera che siamo arrivati con le suore e don Gigi nella barchetta di questi poveri infelici. Io ero se-duta vicino a don Gigi per la traduzione e l’anzia-na donna ci aveva proprio colpito per il racconto di quanto aveva subito da piccola.

“Sì, mi ricordo molto bene Ly. Raccontami me-glio quello che ci hai raccontato la notte che siamo venuti a dormire qui con le due suore della Caritas e don Gigi!”.

Ly sorride orgogliosa: “Io sono buddista, ma sai che mai e poi mai mi

sarei aspettata che qualcuno venisse a trovarmi e addirittura volesse passare la notte qui in questa catapecchia?”.

Quang la interrompe: “Hai ragione Ly, nessuno dei due credeva che

ben sei persone venissero a dormire in una topaia del genere, e una di queste sei persone venisse da così lontano per dormire nella miseria.”.

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Sorrido compiaciuta. Anch’io sono rimasta af-fascinata dalla forte esperienza di condivisione: mai avrei pensato di fare tutto questo! All’alba, quando avevamo lasciato la baracca galleggiante, avevo nel cuore la voglia di raccontare a tutti la nostra impresa… la mia povera sorella Mia è stata la mia prima preda. Rido tra me. Mia mi guarda e chiede a Ly:

“Scusa Ly, continua a raccontarci quello che stavi dicendo a Men!”.

Ly, con uno sguardo forte, zittisce il povero marito che si fa muto e lei può continuare tranquil-

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la il suo racconto nell’umido e nel caldo delle ore centrali del giorno. Un caldo davvero asfissiante.

“La mia vita di miseria a Phu Tho divenne una tragedia quando i miei genitori, stanchi di me e del mio essere femmina, mi picchiarono a sangue, poi mi misero in una piccola imbarcazione e die-dero una spinta alla barca che, senza comando, iniziò a seguire la corrente del fiume. Ricordo il dolore delle botte ancora calde, il sangue delle ferite che mi avevano provocato quei disgraziati, l’orrore di una barca senza guida che proseguiva il suo viaggio nel pericolo e senza una meta. Ricor-do la notte buia come l’inchiostro, la solitudine, le lacrime e il disagio profondo intimo, il senso di morte! Gridavo per il dolore, per l’angoscia e la di-sperazione, piangevo lacrime calde che continua-vano a bagnarmi il volto sporco e tumefatto dalle percosse. Uno zigomo mi faceva male. Finalmente, esausta, mi addormentai profondamente. Al mio risveglio la gamba mi faceva tanto, ma tanto male. Iniziai nuovamente a piangere… era l’alba e un pescatore, sentendo le mie urla, fermò la barca e mi curò. Il canale su cui navigavo in verità era diventata una fogna: la fogna di Ba Xuan che oggi non esiste più”.

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IO VIVO IN UNA FOGNA

Conosco bene mia sorella Mia. Ha solo 25 anni ed è più giovane di me che ne ho 33. Leggo sul suo volto l’incredulità e la sofferenza. Per rassicurarla le rivolgo un sorriso e continuo a scrivere.

Mia interviene: “Scusa Ly, sembra tutto così impossibile: i ge-

nitori che ti prendono a botte, la barca, la gamba rotta e ora… navigare in una fogna!”.

Ly la guarda intensamente, sorride e, lenta-mente:

“Tu non credi che questo sia vero? Che mi ab-biano salvato in un canale di una fogna? Vuoi una prova di questo?”.

Ly, dicendo così, si alza, scosta una specie di tenda consunta e la discarica puzzolente appare in tutta la sua schifezza…

“Mia, guarda, sotto quella discarica a 40 metri da qui viveva Chi Phuong; ma dove pensi che io viva oggi? Io oggi vivo in una fogna! I ratti ci fanno compagnia, la puzza, la plastica scartata dai ric-chi che diventa ricchezza per noi poveri. Viviamo degli scarti dei ricchi! Questa è una discarica, è una fogna”.

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Mia arrossisce:“Davvero oggi Ly, l’incontro con te ha per me

del surreale. Se non fossi seduta qui, se non vedes-si la discarica con i miei occhi, non crederei mai che una donna di settanta anni possa vivere così! Sicu-ramente tutto quello che ci hai raccontato è vero…”.

Guardo Ly: “Mia sorella Mia ha ragione. La notte che sono

giunta qui con don Gigi, mai avrei pensato fosse possibile tutto questo! Mentre scendevo la disca-rica e calpestavo l’immondizia provavo schifo e ri-brezzo e, al tempo stesso, paura perché è un luogo malfamato e mi chiedevo perché quel pazzo di Gigi venisse dall’Italia, prendesse un aereo e viaggiasse per 12 ore per dormire in una discarica! Quando me lo ha proposto, Ly, lo scorso anno, ho detto di no. Quest’anno lui lo ha chiesto nuovamente e in mo-do testardo. Non ho saputo dire di no ma, durante quella notte in cui siamo stati tuoi ospiti, ho riflet-tuto molto sulla mia comoda vita. Vorrei che tanti giovani come noi facessero la stessa esperienza”.

Quang sorride e ci offre un bicchiere di acqua che immediatamente svuotiamo. Ly, dopo aver be-vuto un sorso di acqua continua:

“La mia vita era molto dura. Ricordo ancora i

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soldati Vietcong su veicoli che attraversavano il ponticello su Ba Xuan. Pensa, Men, che loro mi vendevano alcune taniche di cherosene Mazut, che serviva ad alimentare i generatori, a basso prezzo. Io poi, per le strade, come venditore ambu-lante, rivendevo quel cherosene a un prezzo un po’ più alto che mi concedesse di mangiare qualche cosa per sopravvivere.

Avevo circa 14 o 15 anni e mi ricordo che non ri-uscivo a trovare lavori temporanei e soffrivo la fame. Per diversi giorni non mangiavo. Non c’era sempre cherosene da vendere. Arrivavo al punto di mangia-re di nascosto gli avanzi di cibo lasciato dalla gente: piccoli pezzi di pane o patate dolci. Tutta la mia vita si è svolta per settant’anni in una fogna, ho dormito in una discarica e… ho mangiato dalla spazzatura…”.

Mentre Ly parla mi ricordo dello scorso anno, quando ero in moto con don Gigi per le strade della periferia di Hanoi, un uomo povero, forse an-che squilibrato. Con la mano puliva il marciapiede dalle briciole e se le portava alla bocca. Fermammo la moto. Don Gigi lo ha fatto alzare, lo abbiamo abbracciato teneramente e abbiamo comperato per lui una ciotola di carne e riso, lasciandogli qualche soldo…

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INDICE

Chi cambia il mondo nel nascondimentodi un fiume inquinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

La signora delle onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Nella miseria per incontrare Ly . . . . . . . . . . . . . . . . . 10La colpa di essere nata bambina . . . . . . . . . . . . . . . . 14Io vivo in una fogna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18Un pezzo di pane come anello . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21Amore forte. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25Quattro disperati figli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Se sei caduto per i tuoi problemi,rialzati per i tuoi sogni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

Notte nella miseria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41Ly salva Chi Phuong . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50In viaggio inseguendo un sogno . . . . . . . . . . . . . . . . 61Neri capelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67Tao nella giungla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77Anton: l'incontro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90Nel villaggio di Khe Nhao . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100Yen Bai e la preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109L'inaugurazione di un acquedottoe di una nuova strada nella giungla . . . . . . . . . . . . . 119